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Numero Speciale anno 2014 LA VALLE DELLA CUPA TRA MUSICA E ARCHITETTURA

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Numero Speciale anno 2014

LA VALLE DELLA CUPATRA MUSICA EARCHITETTURA

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BANDE A SUD.SUONI TRA DUE MARI

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Diretto dal maestroGioacchino Palma e promossodal Comune di Trepuzzi insie-me con il GAL Valle della Cupae il Comitato Feste Patronali, IlFestival Bande a Sud è cresciu-to all'interno di una fitta retedi enti ed associazioni.

“Bande a Sud è uno deiprogetti culturali più impor-tanti del Comune di Trepuzzi.Nato da soli tre anni è già di-ventato un punto di riferi-mento nel territorio per il pa-norama artistico e musicale”,dichiara Giuseppe Taurino,presidente del GAL Valle dellaCupa, tra i partner fondatoridel Festival. “Attraverso ilmessaggio delle bande e del-la musica, interpreti della no-stra cultura, riteniamo si siadato vita ad uno strumentonuovo, capace di rendere at-trattivo il nostro paese e cre-are i presupposti anche perlo sviluppo di nuove attivitàlavorative. Negli ultimi anniinfatti, Bande a Sud ha attira-to migliaia di persone, attra-verso un offerta musicale diqualità capace di fondere tra-

dizione e innovazione, unconnubio perfetto anche peri tanti turisti che ogni estatescelgono il Salento per le va-canze.”

Dopo i primi due anni delFestival, dedicati alle bandeda giro del meridione ed alconfronto tra diverse tradi-zioni musicali (come quella

Foto Archivio BANDE A SUD

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popolare balcanica e dellebande pugliesi), la terza edi-zione (2014) è stata dedicataall'ibridazione stilistica edall'incontro tra popoli e cultu-re. “Durante l'estate appenatrascorsa ” ha continuato ilpresidente Taurino, “è stato or-ganizzato un fitto calendariodi eventi, con la partecipazio-ne di nomi eccellenti che han-no riproposto il confronto del-le bande classiche con stili erepertori diversi da quelli tra-dizionali. Parliamo di artisticome Vinicio Capossela e laBanda della Posta, la Fanfaradi Tirana con i Transglobal Un-dergound, Admir Skurtaj e Re-

di Hasa, le Faraualla e i Ban-dervish. Partecipazioni im-portanti che hanno dato lu-stro alla manifestazione.

In parallelo, l'iniziativasull'enogastronomia locale,curata in modo particolaredal GAL Valle della Cupa, Ban-de a Food ha aggiunto un tas-sello importante al già riusci-to evento musicale”

“Il successo di pubblico ela risonanza mediatica rag-giunti dal 2012 ad oggi,” haconcluso Giuseppe Taurino,“evidenziano l'ottimo lavorosvolto sinora e le potenzialitàdi crescita, umana ed econo-mica, messe in moto dal Fe-

stival per l'intera comunitàsalentina. Felice di questi pri-mi risultati non posso che au-gurare che questa esperienzacontinui e si consolidi neltempo”.

Ilaria Florio

Foto Archivio BANDE A SUD

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CAPOSSELA A BANDE A SUD

Vedere Vinicio Caposselaa Trepuzzi è stato come

vedere un sogno che diventarealtà.

Un bellissimo sogno chenon vuole finire. Ed infatti, diquel 4 agosto , data in cui siè esibito il grande cantautore,si è continuato a parlare alungo. Come se il parlarnepotesse in qualche modoprolungare la magia che sirespirava quella fresca serad'estate.

L'atmosfera frizzante e ilgrande palco nel mezzo dellastrada principale, lasciavanopresagire da giorni, che perBande a Sud e per tutto il pa-ese, sarebbe stata una serataindimenticabile.

E così, infatti, è stato. Traun mormorio e l'altro, Capos-sela è arrivato, accolto con

calore e rispetto.Unica tappa nel Salentop e r l ' e s t a t e 2 0 1 5 ,

l'esibizione del cantautore hasprigionato gioia ed entusia-smo tra le migliaia di spetta-tori che si sono ritrovati nelpiccolo paese salentino, perassistere all'esibizione del piùeclettico cantautore italiano.Un concerto durato più di dueore, dove il poliedrico artistaha emozionato, eccitato ecoccolato il suo pubblico, at-traverso musica, poesia e can-zoni. Un sodalizio musicale eartistico (quello tra Caposselae la Banda della Posta) chenon poteva non incontrareBande a Sud, che da tre annicelebra tradizioni e sperimen-tazioni proprie dell'universobandistico.

E così, dalle 22.30 ha preso

il via un concerto, carico dimusica ed euforia, dove Ca-possela e il complesso di an-ziani musicisti si sono esibitiin danze e musiche, che sindagli anni '50 hanno allietatomatrimoni e feste con un re-pertorio musicale energico evitale, fatto di mazurke, polke,valzer, tango, tarantella, qua-driglia e fox trot. Specialguest femminile, la straordi-naria voce salentina Enza Pa-gliara, con il suo coro, che haeseguito un repertorio musi-cale folk, mescolandolo conil canto sociale e di lavoro, ilcanto anarchico e le canzonidi guerra, senza dimenticarei canti dell'emigrazione ferro-viaria degli anni '60.

Ilaria Florio

Foto Archivio BANDE A SUD

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Anche quest'anno la festadelle bande di strada del 6agosto ha avuto un grandis-simo successo. A soli duegiorni di distanza dal concer-to di Capossela, infatti,l'attesissima festa delle bandeha di nuovo invaso di musica,gente e colori il piccolo paesedel Nord Salento. Una festanella festa che, ogni anno, sisnoda per le vie del centro,contagiando grandi e bambi-ni. Dieci le formazioni, venuteda tutte le parti d'Italia, chesi sono esibite in un'allegrastaffetta di musica e suoni.Una parata musicale che haconfermato la sua unicità e ilsuo potenziale come eventodi richiamo per il Festival Ban-de a Sud, con un corteo gui-dato dalla la Carovana dei po-eti, la Tribù dei sempre allegri,i trampolieri, mangiafuoco ei tanti clown, che hanno pre-ceduto ed animato la festosasfilata, mescolndosi con lebande. A completare la sera-ta, gli originali stand enoga-

stronomici dedicati al gusto,alla cucina e all'artigianato.

Tra le street band che sisono esibite: le GirlesqueStreetBand, un gioioso grup-po, composta da 14 donnerovenienti dalla Toscana, cheha suonato e danzato congrinta e passione, portandoovunque la festa. Al loro se-guito, la Zastava Orkestar, ov-vero i musicisti provenientedall'Alta Maremma, semprepronti a sperimentare ed evo-care atmosfere ispirate ai filmdi Kusturica. Mentre in unvortice di suoni e sonoritàbalcaniche, hanno continua-to il corteo gli Ottoni Animati,la banda siciliana che ha ese-guito il proprio repertorio dimarce, arrangiate in chiavecontemporanea.

Ed ancora i Fiati Sprecati,che hanno contagiato tutticon la loro travolgente ener-gia, sino a notte fonda, quan-do insieme ad un gruppo disparuti turisti (ancora con lavoglia di far festa), hannosuonato e ballato un ballo di-menticato come la quadri-glia. Autodefinitisi come unabanda sociale, i Fiati Sprecatisono un vero e proprio pro-getto sociale senza direttorie capi ma solo musicisti, chehanno voglia di stare insieme

per il gusto di suonare. Arri-vavano dall'Abruzzo invecesono arrivati i quindici musi-cisti della Mo' Better Band,uniti dal gusto per il funkyanni '70 e dalla voglia di por-tare il sorriso ovunque. Unabanda di fiati in movimentoche ha trovato la sua dimen-sione ideale per strada, inpiazza, attraverso la parteci-pazione, il ritmo e la condivi-sione della musica. A comple-tare il quadro delle bande,ospiti di Bande a Sud per lostreet band day, la Banda Gio-vanile & Majorettes Materdo-na-Moro, composta da alunnied ex alunni di una scuola(Istituto Comprensivo DonCarlo Gnocchi di Castrignanodei Greci) e diretta dal profes-sore Cotardo. Seppur nellaloro diversità le dieci bandehanno suonato insieme, por-tando la festa e la voglia distare insieme in mezzo allagente che ha assistito alle lo-ro performance; ed anchequest'anno, la giornata dellebande di strada ha conferma-to il suo successo, non fossealtro per il clima di unione,allegria e spensieratezza chesi respira, sino a notte fonda,nel paese, ogni sei agosto.

Ilaria Florio

LE STREET BAND E LA FESTA TRA LE VIE

Foto Daniele Corriciati

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OGNI MALE FORA: IL CANTO DELLE FARAUALLAPER BANDE A SUD

Mercoledì 13 agosto,alle 22:00 a Trepuzzi, è statala volta delle Faraualla. Unconcerto carico di suggestio-ni, misticismo e forza, che hatravolto il pubblico di Bandea Sud in una serata indimen-ticabile, grazie all'energia diquattro donne. Quattro voca-list, con caratteristiche tuttemolto diverse, che si sonoispirate alla medicina popo-lare ed hanno trovato il loropunto in comune nell'usodella voce, come strumentoterapeutico e di espressione

creativa. Nel loro ultimo lavo-ro “Ogni male fore” hannoproposto canti e musiche, chedecine di anni fa erano scon-giuri e invocazioni ai santi, ri-tuali e sonorità, utili a curarespecifiche patologie o disagi.

Ogni brano, infatti, al tem-po, era destinato a guarireuna o più “malattie”. I testi del-le Faraualla sono in dialettopugliese e provengono dallearee del Gargano, del Salento,da Fasano (FG), Molfetta, Barie Conversano (BA). Ma la Pu-glia è solo il punto di parten-

za, perché ogni canto condu-ce in un viaggio infinito, chespazia dal canto popolare aljazz alle sperimentazioni piùvarie. Il nome del gruppo èispirato ad una delle cavitàcarsiche più profonde pre-senti sull'altopiano murgiano,a nord-ovest di Bari. Tantoprofonda quanto le voci diGabriella Schiavone, SerenaFortebraccio, Teresa Vallarellae Maristella Schiavone, ledonne che, sin dal 1995, com-pongono il gruppo, e che og-gi cantano insieme ai duepercussionisti ed al bassista.Provenienti da formazionemusicali differenti, le cantantihanno trovato il loro puntoin comune nell’uso della vocee nella pratica della polifonia,attraverso la conoscenza del-le espressioni vocali di diver-se etnie e di differenti periodistorici. Una ricerca che ha tro-vato la sua sintesi originalenella formazione musicale, incui emergono con forza le ra-dici culturali del gruppo.

Ilaria Florio

Foto Archivio BANDE A SUD

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Una calda serata d'estate,qualche posto a sedere da-vanti al palco e tanto pubbli-co in piedi. A chiuderel'edizione 2015 del Festivaldegli immaginari bandistici,non potevano che esserci lo-ro: i Bandervish, fusione mu-sicale tra artisti diversi, cheraccontano di storie lontanee vicine.

Un progetto ibrido, capa-ce di mettere insieme animedifferenti ed unire oriente eoccidente, attraverso la musi-ca, la poesia e il canto.

Un complesso lavoro diarrangiamento, realizzato daLivio Minafra, che ha messoinsieme la Banda di Sanni-candro di Bari, tra le più attivenel ricco panorama bandisti-co pugliese, e le dolci melo-die dei Radiodervish, che do-po quindici anni, di successie palchi importanti (in cuihanno incantato tutti con laloro musica, gioiosa, sensualee contemplativa), si sonomessi in gioco incontrandole sonorità della banda tradi-

I RADIODERVISH E LA BANDA DI SANNICANDRO

zionale.Da questo imprevedibile

connubio è nato Bandervish:un progetto musicale insolito,che nessuno aveva ancora im-maginato, capace di avvicinaremondi lontanissimi. Ad esibirsisul palco di Bande a Sud, il ca-rismatico Nabil, con la sua vo-ce suadente, ed i musicisti Mi-chele Lobaccaro ed Alessan-dro Pipino per i Radiodervish.

Dall'altra parte, l'interaBanda Giuseppe Verdi di San-

nicandro di Bari, accompa-gnata dalla fisarmonica di Li-vio Minafra, in una sorpren-dente miscellanea di suoniche, a partire dalle feste pa-tronali della Puglia, è rimbal-zata nel Mediterraneo, concitazioni da Ennio Morriconee Oum Kaltoum.

Ancora una volta la fusio-ne di stili diversi, ha emozio-nato ed incantato il pubblicodi Bande a Sud .

Ilaria Florio

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TRADIZIONI BANDISTICHE A CONFRONTOFRA COLTO E POPOLARE

Bande a Sud non si fermamai. Prima di arrivare alla lungaed intensa programmazioneestiva 2015, infatti, il progettodel Festival è arrivato nellescuole della Valle della Cupa.Trepuzzi, Monteroni, Squinza-no, Surbo sono solo alcuni deiComuni coinvolti nell'attivitàdi animazione e raccolta dellamemoria storica, attraverso lescuole. Grazie ad un progetto,finanziato dal programma cul-tura della Regione Puglia, egrazie all'entusiasmo dei pro-fessori coinvolti, il Festival èriuscito a mettere in moto unafervida attività, che ha resopossibile realizzare, per il se-condo anno consecutivo, una mostra di antiquariato bandi-stico e musicale (ricca di ogget-ti e di memorie), allestita sullavilla comunale di Trepuzzi. Unmomento dedicato alla risco-

perta di antiche tradizioni edusanze, attraverso fotografie,vecchie lettere, manifesti estrumenti musicali, che ha

coinvolto istituti scolastici, do-centi, alunni e famiglie in unracconto condiviso di storie le-gate al passato, attraverso lariscoperta di immagini ed og-getti, appartenenti ad un altroperiodo storico. Ai ragazzi edalle ragazze, infatti, è statochiesto di recuperare, conl'aiuto di genitori, nonni e an-ziani del paese, oggettid'epoca legati al mondo dellab a n d a e i n g e n e r a l eall'universo della musica. Unmodo costruttivo e creativoper promuovere la conoscenzadella tradizione e della culturabandistica, creando occasionie stimoli per avviare la ricerca,riscoprendo antiche storie le-gate alla musica e favorendo ildialogo e l'incontro con i piùgrandi.

Ilaria FlorioFoto Archivio BANDE A SUD

Foto Archivio BANDE A SUD

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ESPLORANDO LA VALLE DELLA CUPA

Geomorfologicamente, la Valle della Cupa èuna grande depressione carsica con un'areageografica ben definita, al cui centro c'è Leccee a cui fanno da corollario numerosi territori.Le 12 terre che circondando la cinta del capo-luogo fanno parte del Gal Valle della Cupa,precisamente: Squinzano, Surbo, Trepuzzi,Novoli, Arnesano, Monteroni, San Pietro inLama, San Cesarie di Lecce, Lequile, San Do-nato, Cavallino, Lizzanello.Numerose sono le testimonianze che attesta-no l'antica frequentazione dei suoi insedia-menti e delle strade che li collegavano con ilresto della penisola. Già durante il XVI secolo,una fitta rete di area partiva da Lecce e attra-versava l'area della Cupa; tali strade vengonoriportate anche in alcuni documenti del XVIIe XVIII secolo (la vecchia strada Lecce - Coper-tino, la strdada che da Porta Rudiae portavaa Leverano). La presenza di terreni fertili, lafacilità di prelevare acqua da una falda poco

profonda, la presenza di banchi calcareniti dausare come materiale da costruzione, furonoi fattori che facilitavano lo sviluppi e gli inse-diamenti e di attività umane nell'area dellaCupa.Cosimo De Giorgi, noto studioso leccese, cosìdescrisse i paesaggi della valle della cupaall'interno dei suoi "bozzetti di viaggio" sullaprovincia salentina. “Disposti a mille a mille,orti cascine e ville” scrisse nel 1882. Parlavadei tanti edifici di architettura minore chedecoravano e impreziosivano le terre dellavalle della Cupa.Di quell'antica bellezza, rimangono ben pochetestimonianze, ma ad uno sguardo attentonon potrà sfuggire il fascino delle opere rea-lizzate ormai decenni fa. Attraverso un piccoloviaggio virtuale, esploreremo il paesaggiorurale della valle della Cupa passando dallecostruzioni in pietra ai giardini, ai casini e alleville.

Alessandro Capodieci

I MURETTI A SECCO

Le prime costruzioni ruralirealizzate su questa terra disassi saranno i muri a secco,intersecati secondo un ordi-ne prestabilito per chiuderepiccole superfici di terra,

strappate alla roccia dal con-tadino.

Il sovrapporre le pietresenza alcun legante è proba-bilmente una manifestazioneistintiva dell'uomo, anche sela differente disposizione e latessitura delle pietre stessesono spesso importante chia-ve di lettura per la datazionedelle costruzioni. Nella mag-gior parte dei casi si tratta dimuretti che delimitano leproprietà fondiarie ingloban-do probabilmente antichimuri. Sui bordi di vecchiestrade campestri, si possono

individuare elementi che fan-no parte di quelle anticheconfinazioni, come i crepidi-nes e i gonphi, pietre piùgrosse infitte verticalmentenel terreno per montare a ca-vallo. Muri di piccole unitàparticellari e muri più spessi(paretoni, limitoni e parietigrossi) posti a confine di an-tichi possedimenti feudali erisalenti a periodi diversi sifondono in un mosaico checaratterizza fortemente il pa-esaggio rurale.

Alessandro Capodieci

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DAL GIARDINO AI CASINI E ALLE CASINE

Nel Settecento, nell'areadella Valle della Cupa, si con-centrarono nuclei di residen-ze suburbane dando luogo ainsediamenti tipici che neltempo hanno determinato ilridisegno e la riorganizzazio-ne del paesaggio rurale conla proliferazione di casini, ca-sine e ville.

I casini nascono sopraele-vando il cosiddetto “giardino”,un semplice fabbricato pian-terreno con locali a funzioneabitativa per la famiglia delgiardiniere, per riporre gli at-trezzi da lavoro e una stalla oun paramientu. il casino, conl'evoluzione del giardino di-venta un fabbricato palazzia-to a due piani legato, diversa-mente dal la vi l la , a l laproduzione agricola, asso-ciando la casa del mezzadro-colono (piano terra) con ladimora stagionale del pro-prietario senza palesare,nell'organizzazione di facciatee volumi, la distinzione fra ledue “zone sociali”, al contrariodella casina o della villa dovea prevalere è la residenza sta-gionale del proprietario, finoa mascherare l'alloggio delcontadino o del giardiniere.

Alle spalle del casino, nondi rado, si potevano trovaredei giardini chiusi, mai moltograndi, disegnati da viali pieni

di alberi da frutto e di piante.In questo contesto, mas-

serie e piccole costruzioni ru-rali vengono ampliate o ria-dattate sulla base delle nuoveesigenze abitative e produtti-ve e, ridisegnate secondo ungusto tardo barocco conun'attenzione particolare ri-volta al prospetto._Non di ra-do si assiste ad una commi-stione fra villa e casino, tantoda renderne difficile qualsiasidistinzione: i due termini ven-gono usati indifferentemen-te, tanto che la villa è spessosoltanto una modesta dimoraextraurbana appena impre-ziosita da qualche elementodecorativo di coronamento

o dalle monumentali colonnedi ingresso, mentre il casinoche farebbe pensare ad unamodesta costruzione, assumei connotati di una sontuosaed elegante residenza cam-pestre.

La casina e i villini eranoresidenze estive dalle dimen-sioni ridotte, ad un piano,espressione della piccola bor-ghesia locale, costituite daelementi indispensabili allavita quotidiana. Con un'areaagricola destinata quasi sem-pre a colture stagionali, questiedifici godevano anche dipergolati o piccoli frutteti

Alessandro Capodieci

Foto Archivio GAL

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LE MASSERIE

assumendo in seguito con-notazioni e organizzazionipiù evolute in relazione anuove esigenze produttive ealla fine delle incursioni.

Dall'impianto recintato sipassa alla corte chiusa, unatipologia certamente più ri-spondente alla struttura so-ciale della masseria, nel cuiinterno le varie attività agri-cole e familiari entrano in re-lazione. È la tipica “masseriaturrita” con un complessoedilizio caratterizzato sempreda un elemento più alto, latorre appunto, e, al piano su-periore, l'abitazione del mas-saro o la dimora stagionaledel proprietario. Una tipolo-gia, questa, che segna il pas-saggio dalla torre-masseriaalla masseria compatta, me-glio conosciuta come masse-ria-casino, dove, l'andronepassante che nella masseriatradizionale è soltanto un va-no carraio che immette allacorte, assumerà in seguito lafunzione di locale di accessoa l g i a r d i n o c h i u s o ,all'abitazione del contadinoe alla scala che conduce alladimora stagionale del pro-prietario. È in questa fase diprosperità che si diffondonodue elementi caratterizzantiil paesaggio rurale salentino:la torre colombaia e l'apiario.

Alessandro Capodieci

Di campagna in campa-gna, di paese in paese, nonc'è posto nel salento che nonabbia almento una masserianei suoi dintorni. Muretti asecco, recinti, cisterne, ma-gazzini, chiese, torri colomba-ie, stalle, qualche ambienteper la lavorazione del latte el'abitazione del massaro, so-no tutti elementi comuni allemasserie salentine che pre-sentano in genere impiantiplanimetrici molto semplici.

Etimologicamente il ter-mine masseria assume in Ita-lia meridionale un'accezionemolto ampia, accomunandonon di rado tutte le forme diinsediamento rurale, dai mo-desti fabbricati appena prov-visti di qualche recinto per glianimali, ai grandi complessirustici.

La masseria nasce, comeinsediamento di tipo padro-nale di organizzazione del la-tifondo ed ha all'origine unaspecifica valenza funzionalein relazione alle colture e alleattività storicamente domi-nanti nel territorio.

L'esigenza di realizzarequeste singolari architettureè databile al XVI secolo, con-testualmente ai saccheggi ealle incursioni di cui la peniso-la salentina sarà oggetto: ilpiano di difesa del territoriovoluto da Carlo V, determine-rà la costruzione di strutturedifensive sia lungo la costache nell'entroterra mediantela realizzazione di torri e forti-ficazioni; da qui le origini dellamasseria fortificata che nellamaggior parte dei casi si con-figura come torre-masseria

Foto Archivio GAL

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la casa colonica sorgeva neipressi del portone di ingressoin modo da svolgere anchela funzione di controllo. Adindicare il grado di prestigiodi una famiglia era la presen-za o meno di una cappellaprivata, che si affacciava sulpiazzale antistante l'edificio.Ma a decretarne la bellezzaerano sicuramente i fregi ar-chitettonici, le scalinate sce-nografiche, i terrazzi e i bal-coni balaustrati, con cui ognivilla veniva arricchita, oltreche i portali monumentalicon stemmi, spesso circonda-

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LE VILLE

Di proprietà di famiglienobili o dell'alta borghesia,le ville avevano sempre unaccesso attraverso un lungoviale alberato. Questa impo-nente tipologia costruttiva sidiffuse soprattutto tra la finedel XIX secolo e i primi annidel XX e quasi sempre rap-presentava il centro diun'azienda agricola che in-globava, oltre alla residenzapadronale, caseggiati ruralicome l'abitazione per i coloni,stalle, rimesse ed opifici. De-bitamente separata dalle abi-tazioni dei contadini, talvolta

ti da un parco o da un giardi-no; dove padiglioni con per-golati, vialetti interrotti dastatue e fontane e raffinatisedili in pietra leccese, rievo-cavano modelli e soluzionidelle ville romane e rinasci-mentali.

Alessandro Capodieci

Foto Archivio GAL

Poco appariscenti archi-tettonicamente, ma moltoimportanti all'interno delquadro economico dellemasserie sono gli apiari, la cuipresenza nella Valle della Cu-pa è testimoniata dalle de-scrizioni di molti complessimasserizi registrati nei CatastiOnciari della metà del Sette-cento. Apiari con numerose“bocche d'api” si presentano,di norma, come una pareteformata da conci di tufo sca-vati a mo' di piccoli cassettoni

APIARI

che costituiscono le arnie.Luogo ideale per l'alveare èil giardino, “perché quivi leapi trovano ancora un prontonutrimento ne' fiori degli al-beri senza obbligarle ad unlungo viaggio”; è nel giardino,in una zona protetta da tra-montana e da ponente, chesi possono piantare lungo iviali e i muri di recinzione er-be aromatiche “le quali, neltempo istesso che faranno unpiacevole ornamento, parti-colarmente se si dispongonocon ordine, e simetria, produ-

cono ancora una quantitàprodigiosa di fiorellini carichidi dolcissimo miele, che le apisanno ben succhiare”.L'apicoltura è un'attività risa-lente ad epoche remote e, nelterritorio raggiunge il massi-mo sviluppo durante il XVIsecolo. Per le loro dimensioni,gli apiari, oltre a soddisfare leesigenze dei proprietari offri-ranno cera e miele da metterein commercio in un mercatocer tamente reddit iz io.

Alessandro Capodieci

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CASE A CORTE

Tra le forme di edilizia domestica deicentri storici del Salento la casa a corte rap-presenta sicuramente la tipologia più diffusa:di derivazione classica, si evolve sulla basedella primordiale casa rurale del tipo “a recinto”e si configura come un'abitazione caratteriz-zata dalla presenza di uno spazio scopertocomune, attorno al quale sono state costruitepiù unità abitative, con i muri imbiancati dallacalce e il soffitto costruito con canne e tegole,sino ad arrivare ai tetti fatti a volte in muratura “a botte” o “a stella”.

Le grandi buche, scavate nel terreno e co-perte da botole, fungevano da depositi per ilgrano o per le derrate alimentari. Una casatipica greco-salentina che non è mai a contattocon la strada, separata da un portale, spessocon decorazioni floreali e che, come nella Gre-cia antica, costituisce il fulcro della vita dellefamiglie che vi si affacciano. E come in Grecia,l'utilizzo comune di servizi e accessori facilitavai rapporti di amicizia del vicinato, nucleo dibase di socializzazione nei paesi della Grecìasalentina, luogo di scambio e di formazione.

Diversa dalle case a corte, l'origine e lafunzione delle cosiddette case-torre che, nellaValle della Cupa, ricorrono frequentementenell'abitato di Merine: un vero e proprio siste-ma abitativo fortificato, integralmente conser-vato e organizzato intorno ad un fulcro cen-trale rappresentato dal palazzo baronale.Queste abitazioni saranno esclusiva preroga-tiva delle famiglie appartenenti ai ceti piùagiati che, tra il XVI e il XVIII secolo di frontealla minaccia delle incursioni saracene, com-missioneranno l'edificazione di impianti a torredotati di caditoie poste in corrispondenza diporte e finestre. Un assetto fortificato chedeterminerà la successiva evoluzione del tes-suto urbano.

Alessandro Capodieci

Foto Archivio GAL

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Tra le più significative manifestazioni diarchitettura ipogea legata alla storia del paesag-gio agrario salentino, un manufatto scaturitodalla primitiva esigenza di sopperire alla man-canza di acqua superficiale o sorgiva mediantela realizzazione di opere appositamente proget-tate. La necessità di integrarne la scarsa dispo-nibilità nel periodo estivo, consoliderà l'uso dellaraccolta e della conservazione di neve in speci-fiche costruzioni conosciute comunemente co-me “neviere”, testimoni, tra l'altro, del cambia-mento meteorologico registratosi nel corso deisecoli. Scavate nella roccia ad una profonditàche oscilla dai cinque ai sei metri, a pianta qua-drata o rettangolare con dimensioni fino a diecimetri di lato, queste camere sotterranee sonogeneralmente coperte con volta a botte ed han-no accesso mediante finestrella aperta a pianodi campagna su uno dei due lati più corti.

Sul modo di conservare la neve non esistono

documenti scritti, ma la tradizione orale consen-te di ricostruirne i momenti principali. La neveraccolta veniva accumulata all'interno della ne-viera e, con un lavoro certosino di decisiva im-portanza, pressata per evitare che eventualispazi vuoti o interstizi potessero provocare infil-trazioni d'aria e il conseguente scioglimento.Uno strato di paglia molto spesso veniva poidisposto per rivestire sia la superficie del blocco,per creare un'adeguata coibentazione termicarispetto all'aria circostante, che le pareti interne.Il prelievo del ghiaccio, dalla finestrella dellaneviera precedentemente murata a tenuta sta-gna, si realizzava in blocchi squadrati, sistematiin speciali casse di legno, foderate internamentecon una lamiera: si tratta delle comuni ghiacciaieusate fino al primo Novecento, periodo in cui lavendita della neve rappresenta ancora un com-mercio attivo.

Alessandro Capodieci

LE NEVIERE

Monumentali torri colombaie a base circo-lare o quadrangolare attestano l'attività umaniz-zatrice che interesserà il paesaggio rurale salen-tino nel corso dei secoli. È intorno alle metà delCinquecento che si costruiscono le più belletorri colombaie, nella stessa epoca in cui si regi-stra in Terra d'Otranto il massimo sviluppodell'economia agricola e il momento più signi-ficativo delle realizzazioni architettoniche inambiente rurale. La loro diffusione storica saràcosì massiccia che il toponimo Palumbaru iden-tificherà intere località in diversi feudi dei borghidi Terra d'Otranto, proprio ad attestare la pre-senza di queste singolari costruzioni anche inaree dove ormai non ne rimane più alcuna trac-cia. Una presenza confermata anche dai docu-menti archivistici, dai quali emerge purel'importanza dell'allevamento dei colombi, la

disciplina che ne regolerà la caccia o la tutela,il ruolo che questi pregiati volatili avrannonell'economia delle nobili famiglie di Terrad'Otranto. Così si legge, per esempio, nel Codicedi Maria d'Enghiein: “che nulla persona ausaoccidere o menare con balestra oy con archi allipalumbi de palombaro; né pigliare dictipalumbi…” Queste prescrizioni si protrarrannonei secoli e le ritroviamo nei documenti fino alSettecento.Emerge chiaro non solo il valoreeconomico degli allevamenti dei colombi e quin-di l'im portanza di proteggerli, ma anche il signi-ficato della proprietà privata, dell'assoluta per-tinenza signorile e di un privilegio esclusivodella nobiltà, laica o ecclesiastica, le cui fortunedipenderanno quasi esclusivamente dalla ren-dita fondiaria.

Alessandro Capodieci

TORRI COLOMBAIE

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delle promozioni coeren-ti,…..etc.

E questo è ancora più im-portante in un momento co-me questo in cui, cadute lebarriere amministrative, mol-te piccole attività commercialiaprono i propri battenti.

E poi, ciliegina sulla torta,

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Negli ultimi anni il mer-cato è cambiato, la concor-renza è sempre più agguerri-ta e il consumatore è semprepiù esigente diventando ad-dirittura un vero e proprioprofessionista degli acquisti.Non basta più proporre unprodotto per avere successonella vendita.

C'è tutto uno spazio intor-no, molto più ampio, che bi-sogna curare con attenzione.

E' necessario cambiareorientamento, superare levecchie logiche imprendito-riali e maturare una forte cul-tura manageriale, anche daparte di chi gestisce le piccoleattività commerciali.

Molto spesso sento direche solo le grandi realtà pos-sono avere determinati orien-tamenti gestionali mentrenon è possibile per la piccolaimpresa.

Non sono d'accordo, per-ché ormai solo chi mantieneun forte orientamento almercato riesce a restare a gal-la, sia esso grande o piccolo.

L'orientamento al merca-to e al cliente devono esserei p r i n c i p i i s p i r a t o r idell'imprenditore.

E' molto importante valu-tare il mercato, verificare chesia attrattivo, scegliere il pro-prio target (clientela poten-ziale), creare una struttura co-erente, offrire il prodottogiusto al prezzo giusto, fare

IL MARKETING ORIENTATION ANCHE PER LA MICROIMPRESA COMMERCIALE

gestire in maniera efficace ilcontatto con il cliente.

Se sarà soddisfatto, quelcliente ricorderà semprequell'atmosfera calorosa tro-vata nel negozio, ne parleràbene agli amici e, insieme aloro ritornerà!

Alessandro Capodieci

Foto Antonino Di Leo

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Foto Matteo Greco

Numero Specialeagosto 2014

Foto Antonino Di Leo