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15 gennaio 2015 12 Attualità Danza e musica per sognare, emozionare e aiutare le batta- glie contro la Sla. A Villacidro è stata un successo la serata di beneficienza “Ballando e Cantando per Bruno”, organizzata dalla scuola di danza sportiva Susy Dance School e dedicata a Bruno Leanza, malato di Sla da 15 anni. Nella palestra del- la scuola media Satta si sono esibiti i volontari del gruppo Is Amigus de Brunu, cantanti, ballerini, gli allievi della scuola e l’insegnante Susanna Tatti col ballerino Mauro Pisano. Il pubblico è stato molto generoso e ha permesso di raccogliere un contributo per l’acquisto dell’ascensore per Michele Riontino, giovane malato di Sla. Alla serata era presente an- che Bruno Leanza, assieme alla moglie e alle figlie e al suo folto gruppo di amici. Numerosi anche gli ospiti che hanno dato la loro disponibili- tà e hanno allietato il pubblico presente con le loro performances:in apertura di serata, presentata da Daniela Concas, il gruppo folk “Is amigus de Brunu” ha cantato al- cuni canti del repertorio, si sono poi esibiti i ballerini dell’Evolution Dance di Massimiliano Matta ed Elvis Martis di Cagliari, Piergiorgio Laconi e Ilaria Fadda, Martina Fadda e Dario Usai, Alessandro Laconi e Rossana Pitzianti; la bal- lerina di Danza Classica Federica Innocente, la ballerina di Danza del Ventre Claudia Vacca; i ballerini della scuola Crab Dance di Cagliari di Mauro Pisano, le cantanti Ilaria Frigau e Lorenza Puddu . «È stata una bella serata che ci ha scaldato il cuore, ringra- ziamo tutti coloro che ci hanno sostenuto e hanno partecipa- to e in particolare tutti gli allievi della scuola, dai bimbi della propedeutica alle allieve della synchro dance, alle signore dei balli di gruppo degli adulti che si sono esibite in diverse coreografie», commenta la presidente della Susy Dance School Serenella Sanna. Stefania Pusceddu Avrebbe dovuto sfilare an- che il gruppo folk “Tradizio- ni popolari Guspini” nella processione del martirio di Sant’Efisio a Cagliari previ- sta a gennaio e rinviata per lavori nelle strade del percor- so. L’associazione folklori- GRUPPO FOLK “TRADIZIONI POPOLARI GUSPINIRoberto Maccioni: “Valorizziamo la cultura del nostro paese” Sla: solidarietà con danza e musica stica, nota per le spiccate doti nel riprodurre fedelmente le tradizionali usanze guspine- si e nell’animare eventi reli- giosi e civili, viene invitata ogni anno a celebrare il san- to più venerato in Sardegna. Sono cinquanta i componenti del gruppo, che vanno dai tre ai settanta anni, perlopiù donne, sempre pronti a pre- parare tutti i dettagli neces- sari per la riuscita degli eventi ai quali partecipano. Dai costumi e accessori da indossare al canto del Rosa- rio antico in dialetto, cantato e recitato in occasione dei fe- steggiamenti in onore del- l’Assunta a Guspini. «Principale scopo dell’asso- ciazione - afferma Roberto Maccioni, presidente del gruppo - è quello di valoriz- zare la cultura del nostro pae- se e animare le manifestazio- ni pubbliche, dalla celebrazio- ne di Sant’Efisio del primo maggio a quella della Fiera natale guspinese al quale ab- biamo partecipato anche lo scorso 14 dicembre. Ed è una soddisfazione vedere che la comunità collabora con noi sia quando raccogliamo ele- menti della tradizione locale sia quando spontaneamente e per beneficenza ci donano in- dumenti e accessori antichi». Marisa Putzolu Al museo archeologico di Villanovaforru si è tenuto lo spettacolo “Rosencrantz e Guildenstern sono sardi” scritto e diretto da Giacomo Casti e rappresentato dagli attori Giulio Landis e Stefano Farris. Il numeroso pubblico ha potuto assistere ad una rappresentazione “sui generis”. Palco- scenico essenziale: un tavolo, due sedie, un baule, un separé e due lampade. Il resto lo han fatto gli attori. La storia narra l’attesa di due uomini seduti ad un tavolo di un na- scondiglio, ambientata in un’ipotetica Sar- degna del futuro, diversa da quella attuale, ma che ha mantenuto ancora forti i conno- tati e tutte le problematiche sociali e politi- Sabato 17 gennaio alle 17, don Giorgio Lisci, parroco della chiesa del Sacro Cuore, celebrerà la Santa Messa nella parrocchia della B. V. di Lourdes, in onore di Sant’Antonio Abate, protetto- re degli animali. Al termine della ceri- monia religiosa sarà distribuito il pane benedetto. Quest’anno sarà una festa in tono mino- re, il comitato ha previsto solo i riti reli- giosi, non si farà il tradizionale falò. Di certo bisognerà attendere tempi miglio- ri, ormai la crisi tocca anche le feste. Nessuno a Gonnosfanadiga dimentica i festeggiamenti del 2000, anno in cui fu VILLACIDRO VILLANOVAFORRU GONNOSFANADIGA Rappresentazione teatrale con finale libero Festa di Sant’Antonio in tono minore costituito il comitato di San’Antonio Aba- te, a cui aderirono duecento persone. La novità fu accolta con grande entusiasmo popolare sorprendendo sia gli organizza- tori sia i sacerdoti. I fedeli riempirono la chiesa e oltre duemila persone si diedero appuntamento nel piazzale della fiera, dove fu acceso un grande falò. Su inizia- tiva della Pro loco nella chiesa del Sacro Cuore si tenne anche un concerto di mu- sica classica. Con il passare degli anni non è stata più rispettata la tradizione del falò, a cui la popolazione ha sempre par- tecipato numerosa. Francesco Zurru che. «Non vi è un vero messaggio ma allo stesso tempo ce ne sono molti. - spiega il regista Giacomo Casti - Un racconto drammaturgico con luoghi comuni legati alla sardità. I personaggi hanno in mente qualcosa per cambiare la situazione... . L’intento è quello di riuscire a far inter- pretare a ciascun spettatore una sensazio- ne diversa attraverso un finale a sorpresa». L’evento è stato organizzato dalla Consul- ta giovanile insieme all’amministrazione comunale e le società cooperative locali Parco e museo Genna Maria e Turismo in Marmilla. Saimen Piroddi PDF Compressor Pro

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Danza e musica per sognare, emozionare e aiutare le batta-glie contro la Sla. A Villacidro è stata un successo la serata dibeneficienza “Ballando e Cantando per Bruno”, organizzatadalla scuola di danza sportiva Susy Dance School e dedicataa Bruno Leanza, malato di Sla da 15 anni. Nella palestra del-la scuola media Satta si sono esibiti i volontari del gruppo IsAmigus de Brunu, cantanti, ballerini, gli allievi della scuolae l’insegnante Susanna Tatti col ballerino Mauro Pisano. Ilpubblico è stato molto generoso e ha permesso di raccogliereun contributo per l’acquisto dell’ascensore per MicheleRiontino, giovane malato di Sla. Alla serata era presente an-

che Bruno Leanza, assieme alla moglie e alle figlie e al suofolto gruppo di amici.Numerosi anche gli ospiti che hanno dato la loro disponibili-tà e hanno allietato il pubblico presente con le loroperformances:in apertura di serata, presentata da DanielaConcas, il gruppo folk “Is amigus de Brunu” ha cantato al-cuni canti del repertorio, si sono poi esibiti i ballerinidell’Evolution Dance di Massimiliano Matta ed Elvis Martisdi Cagliari, Piergiorgio Laconi e Ilaria Fadda, Martina Faddae Dario Usai, Alessandro Laconi e Rossana Pitzianti; la bal-lerina di Danza Classica Federica Innocente, la ballerina di

Danza del Ventre Claudia Vacca; i ballerini della scuola CrabDance di Cagliari di Mauro Pisano, le cantanti Ilaria Frigau eLorenza Puddu .«È stata una bella serata che ci ha scaldato il cuore, ringra-ziamo tutti coloro che ci hanno sostenuto e hanno partecipa-to e in particolare tutti gli allievi della scuola, dai bimbi dellapropedeutica alle allieve della synchro dance, alle signoredei balli di gruppo degli adulti che si sono esibite in diversecoreografie», commenta la presidente della Susy DanceSchool Serenella Sanna.

Stefania Pusceddu

Avrebbe dovuto sfilare an-che il gruppo folk “Tradizio-ni popolari Guspini” nellaprocessione del martirio diSant’Efisio a Cagliari previ-sta a gennaio e rinviata perlavori nelle strade del percor-so. L’associazione folklori-

GRUPPO FOLK “TRADIZIONI POPOLARI GUSPINI”

Roberto Maccioni:“Valorizziamo

la culturadel nostro paese”

Sla: solidarietà con danza e musica

stica, nota per le spiccate dotinel riprodurre fedelmente letradizionali usanze guspine-si e nell’animare eventi reli-giosi e civili, viene invitataogni anno a celebrare il san-to più venerato in Sardegna.Sono cinquanta i componenti

del gruppo, che vanno dai treai settanta anni, perlopiùdonne, sempre pronti a pre-parare tutti i dettagli neces-sari per la riuscita deglieventi ai quali partecipano.Dai costumi e accessori daindossare al canto del Rosa-

rio antico in dialetto, cantatoe recitato in occasione dei fe-steggiamenti in onore del-l’Assunta a Guspini. «Principale scopo dell’asso-ciazione - afferma RobertoMaccioni, presidente delgruppo - è quello di valoriz-

zare la cultura del nostro pae-se e animare le manifestazio-ni pubbliche, dalla celebrazio-ne di Sant’Efisio del primomaggio a quella della Fieranatale guspinese al quale ab-biamo partecipato anche loscorso 14 dicembre. Ed è una

soddisfazione vedere che lacomunità collabora con noisia quando raccogliamo ele-menti della tradizione localesia quando spontaneamente eper beneficenza ci donano in-dumenti e accessori antichi».

Marisa Putzolu

Al museo archeologico di Villanovaforru siè tenuto lo spettacolo “Rosencrantz eGuildenstern sono sardi” scritto e diretto daGiacomo Casti e rappresentato dagli attoriGiulio Landis e Stefano Farris.Il numeroso pubblico ha potuto assistere aduna rappresentazione “sui generis”. Palco-scenico essenziale: un tavolo, due sedie, unbaule, un separé e due lampade. Il resto lohan fatto gli attori. La storia narra l’attesadi due uomini seduti ad un tavolo di un na-scondiglio, ambientata in un’ipotetica Sar-degna del futuro, diversa da quella attuale,ma che ha mantenuto ancora forti i conno-tati e tutte le problematiche sociali e politi-

Sabato 17 gennaio alle 17, don GiorgioLisci, parroco della chiesa del SacroCuore, celebrerà la Santa Messa nellaparrocchia della B. V. di Lourdes, inonore di Sant’Antonio Abate, protetto-re degli animali. Al termine della ceri-monia religiosa sarà distribuito il panebenedetto.Quest’anno sarà una festa in tono mino-re, il comitato ha previsto solo i riti reli-giosi, non si farà il tradizionale falò. Dicerto bisognerà attendere tempi miglio-ri, ormai la crisi tocca anche le feste.Nessuno a Gonnosfanadiga dimentica ifesteggiamenti del 2000, anno in cui fu

VILLACIDRO

VILLANOVAFORRU GONNOSFANADIGA

Rappresentazione teatrale con finale libero Festa di Sant’Antonio in tono minorecostituito il comitato di San’Antonio Aba-te, a cui aderirono duecento persone. Lanovità fu accolta con grande entusiasmopopolare sorprendendo sia gli organizza-tori sia i sacerdoti. I fedeli riempirono lachiesa e oltre duemila persone si diederoappuntamento nel piazzale della fiera,dove fu acceso un grande falò. Su inizia-tiva della Pro loco nella chiesa del SacroCuore si tenne anche un concerto di mu-sica classica. Con il passare degli anninon è stata più rispettata la tradizione delfalò, a cui la popolazione ha sempre par-tecipato numerosa.

Francesco Zurru

che. «Non vi è un vero messaggio ma allostesso tempo ce ne sono molti. - spiega ilregista Giacomo Casti - Un raccontodrammaturgico con luoghi comuni legatialla sardità. I personaggi hanno in mentequalcosa per cambiare la situazione... .L’intento è quello di riuscire a far inter-pretare a ciascun spettatore una sensazio-ne diversa attraverso un finale a sorpresa».L’evento è stato organizzato dalla Consul-ta giovanile insieme all’amministrazionecomunale e le società cooperative localiParco e museo Genna Maria e Turismo inMarmilla.

Saimen Piroddi

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15 gennaio 2015 13AAAAAttualità

Difficilmente saranno archiviate le ultime due giornate dicorsa del 19 e 27 dicembre 2014 dell’Ippodromo di Villaci-dro. Gli organizzatori, gli allevatori, gli allenatori e i fantinihanno dato prova di grande professionalità valorizzando isoggetti nati, allevati e addestrati in Sardegna. La direzionedi Roberto Sanna, nonostante le ristrettezze finanziarie a causadella mancanza della “convenzione nazionale”, è stata inec-cepibile. L’ippodromo non è solo spettacolo ma economiareale. Economia autoctona. Ormai è accertato che per ognicavallo ci sono due posti di lavoro. Economia che è mancatada oltre trent’anni per l’irresponsabilità di chi ha gestito asuo tempo l’ippodromo del Poetto: hanno fatto mancare allaSardegna del centro sud, nel silenzio generale, le dotazionifinanziarie provenienti dal Ministero dell’Agricoltura. Da quelmomento in poi gli allevatori hanno ridotto drasticamente ilnumero delle fattrici selezionate perché i nuovi nati non po-tevano essere adeguatamente valorizzati.L’ippodromo per l’ippica è indispensabile come l’aria che sirespira. È il luogo delle regole, di selezione e di crescita deifantini e dei cavalli. Le ultime due giornate del 19 dicembre(2° Criterium del Campidano) e del 27 dicembre (3° PremioCittà di Villacidro) hanno ulteriormente dimostrato che i sar-di sanno andare a cavallo ai massimi livelli. Confrontati ai

Sullo scenario ippico nazionale la situazione attuale dice chela Sardegna ha una grande opportunità per fortificare ilcomparto. Il momento favorevole deriva dalle importanti af-fermazioni dei fantini a cognome sardo in Italia, in Europa enel Mondo. Non c’è settimana che su questi scenari appaianoi seguenti cognomi: Dettori, Vargiu, Atzeni, Demuro, Fresu,Branca, Migheli, Oppes, Sanna, Manueddu, Fadda, Fiori,Gessa, Fenu, Biagiotti, Fele, Manca, Godani, Urru, Falchi,Basile, ecc. Questi fantini sono gli am-basciatori dell’Italia che sa vincere an-che nei periodi più bui dell’economianazionale. Non possiamo farci sfuggi-re questo momento di grazia per chie-dere maggiore attenzione da parte delMipaaf nei confronti della Sardegnaippica. Per non incorrere negli erroridel passato, lo sviluppo dell’ippica nonpuò riguardare solo gli addetti ma tuttal’economia isolana. Chi ha responsa-bilità politiche non può disconoscerequesto dato. Chi governa ha il precisodovere, visti i risultati, di reclamaremaggiore considerazione dal governo di Roma. Nello stessotempo, ha il dovere di creare le condizioni perché la forma-zione (l’alta scuola) professionale dei fantini, allenatori eartieri avvenga in Sardegna e non altrove. Il comparto spri-giona una forza talmente importante che tradotta in produ-zione di ricchezza e lavoro può dare una buona mano perattenuare il fenomeno della disoccupazione giovanile valo-rizzando ciò che i nostri ragazzi san fare bene per attitudineancestrale. Dell’ippica ce ne dobbiamo occupare tutti. Non sifaccia l’errore storico che è avvenuto per l’agricoltura rele-gandola a questione settoriale, ignorando persino che quelche si mangia deriva da un atto agricolo. La stessa sorte peranni, probabilmente anche per responsabilità degli addetti, ècapitata all’ippica dimenticando che si tratta di un compartoche per ogni cavallo in attività sportiva genera due posti dilavoro. Ora che “su fogu est arribau a peisi” si è capito che

Col successo del “2° Criterium del Campidano” e del Premio “3° Città di Villacidro”si è concluso il programma autunnale delle corse all’ippodromo di Villacidro

L’ippica è un compartoproduttivo da valorizzare

Le ultime due giornate hanno messo in evidenza il valore del comparto ippico

della Sardegna Terra di fantini Terra di cavalli. Ora occorre la “convenzione”

Mipaaf per consacrare l’impianto del sud della Sardegna

pittori i fantini sarebbero paragonabili al grande Mi-chelangelo per la loro arte innata. A seguire le ormedell’immenso Gianfranco Dettori, il fantino che ha fattoscuola, ormai sono in tanti e tutti bravi. E tra i valentici sono delle grandi eccellenze di livello mondiale checorrispondono ai nomi dell’astro nascente Andrea At-zeni primo fantino della scuderia dell’emiro del Qataral Thani, Cristian Demuro, apprezzatissimo proprio inFrancia e anche in Giappone, e detentore del record italianodi vittorie in una stagione (264), Dario Vargiu (oltre duemilavittorie all’attivo), Mirko Demuro (cinque volte campionedei jockey italiani. «Duemila vittorie conquistate in tredicianni di carriera), Antonio Fresu (che ha fatto esperienza conMarco Botti in Inghilterra) e Fabio Branca che sotto la dire-zione tecnica di Stefano Botti si sta accaparramento le prin-cipali corse di gruppo. Tanti altri ancora. Per non parlare delfiglio d’arte Frankie Dettori.Nel 2015 sarebbe bello poterlo acclamare sulle piste di Villa-cidro. Per questi giovani atleti è doveroso un encomio per-ché stanno rappresentando degnamente, nel frattempo chel’economia nazionale annaspa, l’Italia che vince nelle mag-giori piazze del mondo. Sul comparto ippico è arrivato il mo-mento di superare le lamentele per stringerci attorno ad un

programma che deve vedere il presidente Francesco Pigliarue l’assessora Elisabetta Falchi alla testa della richieste neiconfronti del Ministero delle politiche agricole alimentari eforestali per far entrare nella lista di quelli in “convenzione”- ora che la sala accoglienza, nuova di zecca, con i collega-menti in diretta con gli altri ippodromi d’Europa - anche l’ip-podromo di Villacidro. La “convenzione” è indispensabileper assicurare la programmazione dell’attività annuale a ga-ranzia degli appassionati, degli ippici e della società di ge-stione che a causa della crisi ha fatto salti mortali per garan-tire le giornate di corsa sostenute dal Mipaaf e da Agris. L’ip-pica è una delle risorse della Sardegna su cui puntare percreare ricchezza aggiuntiva e lavoro duraturo per cui va tute-lata e sostenuta con la dovuta attenzione.

Fulvio Tocco

La Sardegna Terra di fantini e di cavalli è la cenerentola del calendario nazionale

Ippica: I grandi d’Italia in Europa e nel Mondo sono sardiChi governa ha il dovere di reclamare maggiore considerazione da parte del Mipaaf.

I “Michelangelo” dell’ippica non mancano e vincono in ogni angolo del pianeta Terra. A

loro va il nostro riconoscimento

l’agricoltura è la matrice di mille altre attività; la stessa com-prensione deve avvenire per il cavallo sportivo in tutte le sueespressioni. Per non aver saputo leggere le potenzialità terri-toriali la Sardegna è finita in coda al calendario nazionaledelle corse al galoppo. Quella miopia della classe dirigenteha fatto sì che alla Sardegna, nel Calendario nazionale dellecorse, fossero attribuite un totale di 25 giornate così distribu-ite: 11 a Chilivani, 8 a Sassari, 6 a Villacidro. 25 giornate su

2000 assegnate. Il predetto dato par-la da solo sulla misera considerazio-ne che ha avuto l’ex UNIRE (Mini-stero dell’Agricoltura) per la Sarde-gna Terra di Cavalli e Terra diFantini. Dopo la mobilitazione degliippici, culminata con due importantimanifestazioni a Villacidro, si è ot-tenuto anche l’intervento AGRIS conaltre 9 giornate (3 a Chilivani, 3 aSassari, 3 a Villacidro); 34 giornatetotali. Il Montepremi complessivo as-segnato alla Sardegna per il 2014 èdi 650 mila euro. Il coinvolgimento

di AGRIS è stato determinate per evitare il de profundis del-l’ippica nostrana. Considerando che i fantini sardi stanno fa-cendo fare bella figura all’Italia, ottenendo successi in Euro-pa e nel Mondo, in uno dei periodi più bui dell’economianazionale, come questo, sarà il caso di rivendicare il sacro-santo diritto di almeno una corsa a settimana? Questa que-stione discriminatoria non può passare inosservata nel conte-sto nazionale. Alla Sardegna va garantito un calendario dicorse pari alla media di quelle che vengono assegnate agliippodromi più importanti d’Italia. La faccenda dell’assegna-zione delle giornate non riguarda il comparto ippico ma l’in-tero sistema economico. Quante più “giornate” saranno asse-gnate alla Sardegna quanti più giorni di lavoro saranno ga-rantiti. Ecco perché la questione dei fantini sardi che rappre-sentano l’Italia che vince non può essere ignorata da chi haresponsabilità politiche. (f. t.)

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«Occorre una forte azione unitaria tra sindacato, imprese, isti-tuzioni, università e ordini professionali per pervenire a unainiziativa concreta in grado di rilanciare l’intera filiera dellecostruzioni. Solo così - a parere del presidente Giovanni Mattadella Filca Cisl regionale - sarà possibile promuovere il lavo-ro in edilizia come anche nei settori propri della filiera. Negliultimi cinque anni quello delle costruzioni è il settore che hapagato il tributo più alto alla crisi che morde tenacemente dal2008 il sistema produttivo sardo.Circa 28.000 buste paga cancella-te, oltre 2000 imprese ferme o uscitedal sistema, impianti di laterizi emanufatti chiusi o in procinto dichiudere. Se il denaro pubblico fos-se investito nelle costruzioni spen-deremmo meno in ammortizzatorisociali, e il futuro porterebbe occu-pazione in tutti i settori». Con que-sta considerazione l’Associazionedei lavoratori edili e costruzioni èintervenuta al convegno inaugura-le della Filca Sarda, dell’edilizia edell’architettura, proprio per porre questa e tante altre do-mande urgenti per la sua sopravvivenza.«Se i fondi destinati agli ammortizzatori sociali fossero inve-stiti per il risanamento dell’edilizia scolastica – ha prosegui-to Matta – si potrebbe dare lavoro a circa 1500 imprese sar-de. Interventi programmati con coperture finanziarie certe,dall’edilizia scolastica a quella sanitaria, da quella viaria aquella idrica che, se cantierate, possono dare ristoro al mon-do del lavoro sardo sfibrato da troppe ed estenuanti promes-se che puntualmente non si realizzano. Appare però ovvioche l’edilizia che verrà dovrà essere fondata su una strategiadi rilancio che metta al centro quattro questioni fondamenta-li. Più qualità, più legalità, più ecosostenibilità, più organiz-zazione. Occorre allora una rivisitazione delle strategie ge-nerali e di un piano organico dove tutela del territorio e usodei materiali locali e rilancio e qualità del lavoro diventinoun tutt’uno».

Non arrendersi mai ed inven-tarsi un lavoro. Succede aSerrenti dove tanti piccoliimprenditori lottano contro lacrisi economica con voglia difare, grinta e determinazione.È il caso del giovaneGerolamo Mameli che il 23luglio 2012 in via Garibaldi100 ha deciso di mettersi ingioco, aprendo l’attivitàcommerciale “GM non sologas”.«Durante questi anni -rimarca il giovane di Serrenti- ho dovuto affrontare tantebattaglie burocratiche, manonostante tutto sono anco-ra qui, pronto a combattere».Insomma una dura battagliain un periodo in cui la Sar-degna è attraversata da unaforte crisi economica: «Tuttidobbiamo dare il meglio dinoi stessi per uscire da que-sta stagnazione economica,agendo in sinergia. A livellolocale dovremmo incrociarela domanda e l’offerta tra lediverse strade del paese an-dando a scovare porta a por-

Nel corso della riunione una frecciata viene riservata alle isti-tuzioni e alla politica. Già dal 2013 il coordinamento tra leassociazioni della filiera sarda delle costruzioni denunciavala grave situazione del settore illustrando numeri da brivido:dal 2008 al giugno del 2013 si sono persi 20.000 posti dilavoro diretti che contando gli indiretti arriverebbero a34.000.Quindi in totale sono circa 50.000 i posti di lavoro dasalvare tra costruttori edili ed impiantisti (industriali ed arti-

giani), produttori e rivenditori di ma-teriali da costruzione. Si è chiestoalle istituzioni ed alle banche un de-ciso cambio di passo e di prospetti-va. Si diceva basta ai soffocanti vin-coli del patto di stabilità, ai ritardi nel-l’esecuzione e nei pagamenti delleopere pubbliche, alle restrizioni nelcredito che innescano catene di falli-menti. Le imprese edili hanno sup-plicato la fine di un fisco punitivo sul-la casa e incentivi fiscali moderni estrutturali che spingano a rinnovaregli immobili esistenti. Qualcosa è sta-

to fatto, ma poco e lentamente, di fronte al progredire di unacrisi che è, invece, travolgente. Quindi, da poco più di unanno, tutti i settori della filiera hanno perso dal 12% al 18%degli occupati, perché altre 7.500 persone sono rimaste sen-za lavoro. Inoltre centinaia di imprese hanno chiuso per sem-pre.Certo, è la crisi, ma questo non è solo un dato esterno edinevitabile. Perché la crisi delle costruzioni si nutre di politi-che fiscali, di bilancio e finanziarie distruttive. Un esempiolampante di politiche miopi sarebbe questo: quante personesono oggi a carico dello Stato, persone che hanno perso unlavoro o stanno per perderlo e sopravvivono con ammortiz-zatori sociali? Non sarebbe questo un costo scellerato, che lacollettività si assume, e che invece si farebbe meglio ad im-piegare per far lavorare e restituire dignità a quelle persone eper ridare una prospettiva alle imprese che hanno resistitofinora? È indispensabile quanto mai ora destinare tutte le ri-

ta tutto il capitale umano deiserrentesi e metterlo al ser-vizio del nostro paese. Il fineè quello di creare reddito eduna più equa distribuzionedella ricchezza. Il risultatosarebbe una maggiore occu-pazione e benessere nel no-stro paese».Secondo Gerolamo Mamelibisogna lottare contro la me-dia e grande distribuzione:«È di importanza fondamen-tale tenere aperte le piccolebotteghe, le attività artigiana-

SERRENTI. DUE ANNI FA HA APERTO UN’ATTIVITÀ COMMERCIALE

Contro la crisi l’arte di inventarsi un lavoro

CRISI: CANTIERI EDILI PER BATTERLA

Le proposte della Filca per rilanciareil settore delle costruzioni

sorse disponibili e anche non disponibili per rianimare il set-tore delle costruzioni. Risulterebbe - fa osservare il coordi-namento - che ogni euro investito in un nuovo cantiere gene-ra tre euro in più di PIL, oltre a creare immediata occupazio-ne riducendo la necessità di spesa per gli ammortizzatori so-ciali in tutti i settori, e genera più di un euro di maggior gettitofiscale. Dove va cercata la crescita, parola abusata, se nonnel settore che l’ha sempre innescata? Dove sono i cantieriche in Sardegna dovrebbero partire e non partono mai? Dovesono le infrastrutture che da anni riempiono i giornali? Dor-mono tra le alchimie dei bilanci degli enti pubblici e l’indo-lenza delle burocrazie, e nel frattempo le imprese muoiono.Sui lavori iniziati all’isola della Maddalena, tutti a dibatteree polemizzare sui costi, peraltro senza conoscere la materia,e nessuno che invece dica semplicemente: si decida senzaindugio sul termine delle opere prima che vada tutto in rovi-na! Il che non vuol dire sminuire l’importanza del controllosull’utilizzo delle finanze pubbliche, che va rimarcato e per-ciò affidato a soggetti competenti, senza che diventi alibi perperdere la più grossa occasione per il futuro d’Isola, secondoil coordinamento della filiera. E una frecciata viene riservataalle istituzioni e alla politica.

Mauro Serra

li e dare una mano a tutti co-loro che vogliono intrapren-dere una nuova attività. Glioperatori di queste piccolerealtà economiche sannodare i giusti consigli. Su sca-la regionale l’ideale sarebbepoter acquistare prodotti sar-di alimentari e non. Io ammi-ro tutto ciò che è sardo e nonper caso tifo Cagliari e am-miro Gigi Riva, che ha scel-to di non lasciare mai la Sar-degna».

Gian Luigi Pittau

Gerolamo Mameli nel suo locale

Negli ultimi tre anni, aGuspini, ventidue commer-cianti hanno cessato l’attivi-tà e solo tre sono state le nuo-ve aperture. Ormai il settoredel commercio è in cadutalibera, nessuno riesce a met-tere un freno. Non ci sonoprospettive. La crisi dell’in-dustria e dell’agricoltura, set-tori portanti dell’economiadel paese, ha colpito in par-ticolare il commercio in tuttii suoi settori. Non c’è lavo-ro, non c’è moneta che cir-cola, e i primi a risentirnesono i commercianti. Ormaiil volume d’affari si è dimez-zato e chi acquista chiedeanche il pagamento dilazio-nato.Simbolo della crisi la viaSanta Maria, la strada delloshopping guspinese, che oggiregistra il più alto numerodelle serrande abbassate,l’ultima il bar Novecento,che al 31 dicembre ha chiu-so i battenti. E quando co-minciano a chiudere i barvuol dire che la crisi sta toc-

cando il fondo. I conti nontornano più. Gli incassi sonominimi, neanche più suffi-cienti a pagare le tasse e lespese vive come gli affitti deilocali.Anche la crisi del commer-cio si traduce in posti di la-voro perduti. Non solo nonsi assume più, ma diversi ne-

gozi a conduzione familiarehanno dovuto chiudere i bat-tenti senza alcuna prospetti-va per i più giovani della fa-miglia. Ci dovrebbe esserepiù attenzione da parte delleistituzioni, ma ormai, in pe-riodo di risparmio per tutti,vige il detto: «Si arrangi chipuò». (r.m.c.)

GUSPINI. CHIUSI GIÀ VENTIDUE NEGOZI

Il commercio è in caduta libera

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15 gennaio 2015 15AAAAAttualità

È stato come sempre un successo il presepe vivente or-ganizzato il giorno dell’Epifania dal Comune, dalla Pro loco e dalle associazioni locali. Quest’anno arricchito

da due novità: il suono degli zampognari del Molise e l’An-nunciazione da piazza Giardini trasferita all’interno della casadove è stato appena girato il film Accabadora. Ormai un lo-cale idoneo per un set cinematografico. Le altre scene sonostate rappresentate in diversi angoli del paese.L’atmosfera raccontata dalla Chiesa e tramandata dalla tradi-zione è stata la cornice ideale per gli ottanta personaggi, chehanno ripercorso il cammino della Natività, mescolati fra ilpubblico: circa 4 mila visitatori, provenienti da diverse parti

COLLINAS

Presepe vivente: quattromila visitatoridell’isola. Rappresentati gli antichi mestieri, dall’intrecciaredi vimini al maniscalco, ai falegnami, ai ciabattini, alle la-vandaie. E poi l’apertura dei portali campidanesi e l’esposi-zione di prodotti tipici.Ovunque un assembramento di persone, in uno scambio con-tinuo di attori e spettatori. Apprezzato l’arrivo deglizampognari direttamente dal Molise che hanno accompagnatoMaria e Giuseppe sino alla capanna, dove è stata celebrata laSanta Messa. Una sorpresa che il Comune ha voluto organiz-zare in occasione dell’appuntamento più atteso dall’anno, conl’emozione della nascita di Gesù rigorosamente in lingua sar-da. Soddisfatti gli amministratori. “Ogni anno - dice il sin-

daco, FrancescoCannas - assistiamoad un crescendo dipresenze. Segnoche l’evento piace eche coinvolge per-sone vicine e lonta-ne, pronte a macinare chilometri per arrivare a Collinas.Un’occasione per promuovere il paese e le sue peculiarità”.L’impegno e fare meglio e di più per una manifestazione en-trata nel cuore di tutti.

Santina Ravì

Si è svolta nel giorno dell’Epifania, merco-ledì 6 gennaio presso i locali del CIVIS, lapremiazione delle vetrine e del miglior al-bero di Natale, iniziativa svoltasi nell’am-bito del Natale Sangavinese che è stata l’ul-timo atto di una grande manifestazione che ha visto lapartecipazione di tante realtà del paese. «Vogliamo rin-graziare tutti - afferma Carlo Sanna, presidente del-l’associazione commercianti CCN - a partire da tutti icomponenti delle 37 associazioni che hanno lavoratoalla realizzazione della manifestazione. Personalmen-te ho avuto modo di conoscere tante persone e realiz-zare un qualcosa di impegnativo per il mio paese». Aseguire un video con le immagini più significative del2014 a San Gavino Monreale realizzato da Luca Foise Stefano Altea. Dagli effetti causati da Cleopatra aglieventi che hanno colorato il paese passando per l’ele-zione del nuovo sindaco, Carlo Tomasi. Ed è proprioTomasi che ha preso parola richiamando tutti isangavinesi: «Questo è un altro esempio di come lapopolazione voglia partecipare, è un qualcosa in cui iocredo fortemente. Da parte nostra tutto l’impegno nellenire la pressione fiscale anche per dare respiro a quelleattività commerciali che animano il paese. Dobbiamoritrovare la forza dentro di noi». Gli fa eco l’assessoreal commercio Maria Teresa Paccagnin: «Anche questa

SAN GAVINO

Festeggiare il Natale con creativi-tà e originalità. “Natale Ricreati-vo”. È stata questa l’iniziativa or-ganizzata dal comune nell’ambitodelle manifestazioni natalizie chesi sono svolte nel mese di dicem-bre. Grazie alla collaborazione dialcune associazioni del paese(Prociv, Croce Verde, Officine So-nore) la vigilia del Natale è statacaratterizzata da un progetto che ha visto protagonisti i bambini e iragazzi del paese. Tutti gli alberi del centro di aggregazione sono statiinfatti addobbati con materiale di riciclo portati dai piccoli artisti. Dopotanto impegno e divertimento ecco come per incanto il parco della strut-tura di via Su Rieddu è diventato un meraviglioso paesaggio natalizio:festoni argentati e colorati, palline, disegni, pacchetti hanno abbellitole piante del giardino. Tra di essi sorridenti e gioiosi i bambini hannofatto a gara per addobbare il loro albero preferito.«È stato un momentodi socializzazione particolare e intensamente creativo che ha permessoai piccoli di iniziare il Natale in modo diverso e coinvolgente», ha fattonotare Antonella Ardu, una socia della Prociv che ha partecipato al-l’iniziativa insieme a tanti giovani volontari.

Dario Frau

PABILLONIS

NataleRicreativo

bella iniziativa sulle vetrine è un messaggio dipositività. Personalmente mi sta a cuore la categoriaed è sempre un piacere vedere come all’interno deinegozi dietro l’angolo non manca mai un sorriso e icommessi ti chiamano per nome. Quando dobbiamofare i nostri acquisti pensiamo al nostro paese». Per lacronaca il concorso vetrine ha visto piazzarsi al terzoposto la vetrina del Fotostudio Altea, al secondo ilBazar di Atzori e al primo il negozio il Bouquet. L’al-bero migliore, invece, è stato un ex aequo con L’ango-lo del Caffè e il salone di bellezza Me.Ma per noi della Gazzetta merita un’attenzione parti-colare la vetrina e l’albero dell’Ufficio Postale diMauro Vacca. Mauro è, infatti, un nostro affezionatolettore e ha realizzato il suo albero con le pagine dellevecchie Gazzette. In questo periodo il riciclo va tantodi moda, e la sua è stata un’idea originale e carina perdare colore alla sua vetrina. Non sarà fra i primi clas-sificati, ma gli farà sicuramente piacere leggere chequalcuno ha apprezzato il suo lavoro.

Lorenzo Argiolas

L’albero di Natale realizzatocon le pagine della Gazzetta

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15 gennaio 201516 AAAAAttualità

Si è concluso con allegria un altro calenda-rio di appuntamenti sotto le feste organizza-to dalla Pro loco di Gonnosfanadiga. Dopole luminarie, la castagnata, l’incontro con iBabbi Natale, i gonnesi hanno dato il ben-venuto al nuovo anno con l’offerta de “sutrigu cottu”, in segno di prosperità e fertilità.Da tempo la Pro Loco ha rispolverato l’usan-za di mangiare il grano con la sapa e ha con-diviso questo rituale con la popolazione. Neigiorni che precedono la fine dell’anno il ce-reale viene ripulito dalle impurità, lavato

GONNOSFANADIGA. INIZIATIVA DELLA PRO LOCO

È stato proposto anche que-st’anno l’antico rito propizia-torio de su Trigu cottu. È unbuon auspicio, infatti, nel-l’ultimo giorno dell’anno, dibuon mattino, possibilmentea digiuno, assaggiare il gra-no bollito, simbolo di prospe-rità e di fertilità. Pabillonis èuno dei pochi paesi che an-cora hanno mantenuto que-sta antica tradizione contadi-na dell’ultimo giorno del-l’anno, che consiste nell’of-frire una ciotola di grano bol-lito condito con la sapa (mo-sto cotto).Una tradizione che le donnedi una certa età, ma non solo,

PABILLONIS

Era strapiena la sala conve-gni del centro di aggregazio-ne sociale, sabato 27 dicem-bre scorso, per ascoltare ilgruppo Gospel The FriendlyTravelers. E non poteva esse-re altrimenti, d’altronde, vi-sta la fama che precedeva imusicisti. Un avvenimentoimportante per Pabillonis cheha avuto un occasione indi-menticabile per sentire dalvivo uno dei più famosi grup-pi di gospel americano. Dopodiversi spettacoli in teatri echiese tenuti nell’Isola e inalcune città italiane, anche apagamento,il famoso gruppoamericano è approdato dun-que nel nostro paese. L’even-to musicale è stato organiz-zato dall’amministrazionecomunale nell’ambito dellarassegna itinerante “Incontrofra territori” con la collabo-razione della Scuola Civica diMusica. Il gruppo The Frien-dly Travelers, di grande suc-cesso internazionale, prove-niente dalla Louisiana(USA), viene fondato nel1959 e si esibisce con gran-de capacità ed enfasi sia nel-lo stile “a cappella” che ac-compagnato da una potente edinamica sezione ritmicastrumentale. Ad oltre qua-rant’anni dalla loro fondazio-ne mantengono ancora lo spi-rito, la visione e la creativitàdelle origini. Nel ‘78 sono il

PABILLONIS. NEI LOCALI DEL CENTRO SOCIALE

primo gruppo Gospel ad in-cidire per la prestigiosa Ma-laco Records, ingaggio chegli permette di esibirsi al fian-co di grandi stars come Gla-dys Night e Mighty CloudsOf Joy. Il notevole successoraggiunto negli States li haspinti in seguito a cercare ul-teriore successo e notorietà inEuropa. In questo ambitovantano applauditi tour inGermania, Svizzera, Franciae Italia dove hanno entusia-smato il pubblico con la cari-ca ed il calore della loro mu-sica, raccogliendo anche si-gnificativi consensi da partedella stampa specializzata. Illoro spettacolo, di matriceprofondamente gospel, incor-pora anche venature soul. Sidelinea così un sound elettriz-zante, che genera e sprigionauna fortissima carica emoti-

va, che coinvolge e trascinaanche gli spettatori meno abi-tuati ad ascoltare questo ge-nere musicale.È quello che è successo an-che a Pabillonis dove il pub-blico ha partecipato con vivointeresse, battendo le mani atempo e scatenandosi sullenote di celebri pezzi. Una se-rata dunque indimenticabilecon una performance liveesaltata dalle straordinariedoti interpretative e da un in-discusso impatto visivo sullenote che fanno leva su senti-menti trasmettendo un mes-saggio di gioia e di felicità. Ungrande messaggio di spiritua-lità, messo in evidenza dalforte carisma scenico e dallabravura dei musicisti chehanno regalato un Natale di-verso ai cittadini di Pabillo-nis. (d. f.)

Grande Gospel per le feste di Natale

L’offerta del grano cottoin segno di prosperità e fertilità

meticolosamente e lasciato riposare nell’ac-qua un giorno intero e alla fine viene cotto peroltre cinque ore. Successivamente, la pentolaviene ricoperta per mantenere il calore tutta lanotte. La vigilia del Capodanno, dopo avereinsaporito il cereale con la sapa, i volontaridella Pro loco lo distribuiscono alla popola-zione, mentre i bambini vanno di casa in casaper riproporre “Su candeberi”: chiedono allefamiglie un piccolo dono in dolci o frutta incambio di prosperità.

Stefania Pusceddu

Riproposto dalla Prociv l’anticorito propiziatorio de Su Trigu Cottu

seguono scrupolosamentesecondo le antiche consuetu-dini. Quest’anno sono stati ivolontari della ProtezioneCivile a rinnovare per la co-munità questa antica usanza.«I preparativi incomincianogià alcuni giorni prima conla ricerca del grano, che dopoessere cernito con i crivelliin ferro o in giunco, vienemesso in ammollo in acquafredda.Nel tardo pomeriggio dellavigilia, il cereale viene mes-so a bollire in una grossa pen-tola, meglio se in terracottacome is pingiadas di un tem-po, su un fuoco a legna e,

dopo alcune ore di cottura,il recipiente viene ricopertodi paglia per trattenere il ca-lore fino alla mattina seguen-te», spiega un’anziana cheha preparato anche quest’an-no su trigu cottu.L’ultimo giorno dell’anno, dibuon mattino, nella piazzaSan Giovanni, il grano, con-dito con la sapa, è stato of-ferto dai volontari della Pro-civ a tutti i passanti, moltiprovenienti anche dai paesivicini, in tradizionali “tia-nus” (tegamini in terracotta)realizzati dai ceramisti delpaese.

Dario Frau

Dalle befane tanti doni e dolciCome capita, ormai, da varianni, alcune “vecchine” tra-vestite da befane con la gob-ba e il naso bitorzoluto, macon un cuore tanto grande,hanno voluto per l’Epifaniadonare splendidi regali aibambini e dolci per tutti. Lamanifestazione, conosciutacome la “Befana in Piazza”,è stata riproposta anchequest’anno da Paola e Ma-nuela, due volontarie chehanno procurato tanti regaliper i bambini del paese, sen-za chiedere niente in cam-bio.Alle “Befane” basta infattiil sorriso, la gioia e l’entu-siasmo dei piccoli, quandodalla cesta pescano il regaloa sorpresa. Alle 11.30 dopola messa, nello spazio anti-stante la piazza di San Gio-vanni, le Befane alla guidadi un “motocarro” della BZcommerciale, hanno distri-buito tanti regali ai bambiniche numerosi si sono avvi-cinati incuriositi, e qualcu-no anche impaurito da quel-le “nonne” un po’ particolari. La diffidenza è però subito scomparsa alla vista dei gio-cattoli e dei dolci offerti dalle simpatiche vecchiette che hanno, inoltre, coinvolto ipiccoli in vari girotondi e balli festosi. (d. f.)

PABILLONIS

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15 gennaio 2015 17AAAAAttualità

È diventato un evento sociale ormai la tombolata di Nataleorganizzata dalla Protezione Civile di Pabillonis. Puntuali,come succede da sette anni, i volontari dell’associazione pre-parano con impegno e dovizia l’iniziativa che nel periododelle feste, tra il Natale e l’Epifania, caratterizza le giornatedella nostra comunità. Non è facile organizzare, pianificare,progettare una “semplice” (secondo alcuni) tombolata. Pergarantire una buona riuscita della manifestazione occorre tantoimpegno e tanto tempo. Un sacrificio ulteriore a quello pro-fuso durante il corso dell’anno poiché soprattutto durante lefestività tutti preferiscono stare con i propri cari uniti in fa-miglia. Per i volontari della Prociv tutto questo è relativo.L’obiettivo di mandare avanti in modo ottimale l’attività del-l’associazione è lo scopo di questa iniziativa. Raccoglierefondi per garantire un “servizio” alla comunità è il fine infat-ti della tombolata.Anche quest’anno il successo e la partecipazione deipabillonesi (e non solo) è stato positivo. Adulti, bambini, fa-miglie intere hanno partecipato alla tombolata che si è svoltain varie sedute nel centro di aggregazione sociale di via SuRieddu. Momenti socializzanti dove lo scopo benefico hafornito anche l’occasione di trascorrere in serenità diverseore insieme ad amici e conoscenti. Alla fine, come sempre,tutto è andato per il verso giusto e i volontari hanno volutoringraziare tutti coloro che hanno dato una mano per manda-re avanti le attività della Prociv anche per il 2015.

GUSPINI. ORGANIZZATA DAL GRUPPO FOLK MONTEGRANATICO

La Tombolata della Prociv «E semplicemente grazie.Grazie per aver partecipato alla

7° Edizione della Tombolata di Natale.Grazie agli esercizi

commerciali che da sempre ci sostengono con generosi pre-

mi. Grazie agli agricoltori, agli allevatori che non ci fanno

mai mancare i tanti attesi agnelli!! Grazie a voi che avete

partecipato e non solo compaesani, ma anche dai paesi limi-

trofi. Grazie per aver sfidato pioggia, grandine e freddo, per

Sarà pur vero che tutte le feste si porta via, come recitaun malinconico proverbio, ma quest’anno l’Epifania èstata un successo da record. La vecchina dei doni è ar-

rivata nel piazzale della parrocchia di Nostra Signora delleGrazie, mettendo d’accordo tutti quanti: amministrazionecomunale, scuola, Pro loco, banda musicale, giovani ed adulti.Una calza differente, quindi, quella che è stata consegnatanel 2015, perché oltre ai dolcetti è riuscita a far riflettere sul

sostenere la

nostra asso-

ciazione. E un

grazie speciale ai nostri volontari, che con il loro impegno e

spirito di squadra hanno permesso questa settima edizione!

Al prossimo anno!!»

Dario Frau

valore della comprensione, della solidarietà, del dialogo edella diversità, come risorsa, come occasione di arricchi-mento e di crescita per tutti. Per una volta tutti buoni: senzacarbone. Il “nero regalo” non gradito ai bambini che, tra urla,salti e palloncini in volo si sono fatti in quattro per riuscire adavere il sacchetto di caramelle della simpatica nonnina.Una mattinata all’insegna dell’allegria e dello stare bene in-sieme, per salutare le festività natalizie. Il tutto nella splendi-da cornice di un entusiasmo generale, accompagnato dallenote della banda musicale che, messe da parte le polemichedel Natale, questa volta ha trovato posto per regalare le tradi-zionali melodie.Soddisfatta l’assessore alla pubblica Istruzione, Vincenzan-gela Fenu. «Tante presenze - dice - in attesa della befana nonc’erano mai state. Abbiamo preparato 400 doni e sono stati

tutti consegnati. In diversi casi abbiamo rimediato con dol-cetti». È con orgoglio che racconta i preparativi dell’evento.«L’ultimo giorno di scuola - ricorda - ho visitato personal-mente tutte le classi dell’Istituto comprensivo, consegnandoa ciascuno una lettera d’invito per la famiglia». E nessuno èvoluto mancare all’appuntamento, nonostante la giornatafredda».

Santina Ravì

SANLURI. LA BEFANA

La vecchina porta il donopiù grande: la pace

PABILLONIS. SETTIMA EDIZIONE

Chiunque abbia messo piede nel suggestivo cortile antistantele Case a corte di via Caprera, oltre il grande portone dilegno massiccio, avrà conosciuto la straordinaria esperien-za di sentirsi, percorsi pochi passi sull’acciottolato che por-ta alle dimore, parte di un mondo indefinito, ma certamentelontano da questo: divisi tra il grigiore della realtà moder-na, segnalata dall’asfalto oltre la soglia, e il silenzio di unpassato mai passato, rotto soltanto dal vivace gorgoglio del-l’acqua de Sa Mitza. Percepito l’enorme potenziale di que-sto luogo, il Gruppo Folk Montegranatico di Guspini haripercorso il Natale sardo attraverso una rievocazione stori-ca, nota come “Sa Paschixedda Sarda”, giunta ormai allasua seconda edizione, ma comunque assai sentita e parteci-pata.“Brocche, stoffe, utensili, vestiti: dai pregiati ricami sullecamicie ai piatti in peltro, tutto è rigorosamente originale e ciè stato dato in prestito dai cittadini di Guspini, a cui siamomolto grati” affermano con entusiasmo Tiziana Leo e Ange-la Pusceddu, entrambe dotate di grande esperienza e autori-tà, che nelle giornate del 6,7,8, 20 e 21 dicembre hanno gui-dato i visitatori alla scoperta dei segreti e degli espedientiescogitati dai nonni per risolvere i piccoli problemi quotidia-ni, laddove mancava la tecnologia. “Ognuno di questi ogget-ti ha una storia ed è un piccolo capolavoro di ingegno: osser-va la delicatezza di questi ricami - puntualizza sorridendoAngela Pusceddu, appassionata di intaglio, estraendo dallacassettiera cuffiette, fazzoletti e asciugamani immacolati - ela maestrìa impiegata nella realizzazione della fibbia in fili-grana di questo abito da sposa rosa cipria. È in crespo di lana- aggiunge - e la lavorazione delle maniche è a nido d’ape.Alcuni capi sono in seta, un materiale estremamente pregia-to: è il caso di questa bella veste da battesimo di fine ’800,

che del resto è la datazione di tutto ciò che vediamo all’inter-no di questa stanza. Non è stato facile reperire gli oggetti, eper completare la pulizia e l’arredamento della casa sono sta-ti necessari tre giorni, ma portare avanti le antiche tradizionie impedire che cadano nel dimenticatoio è sempre stato ilfondamento dello spirito del nostro gruppo, sin da quando fucostituito nel lontano 1972, e dunque ogni sacrificio ci è sta-to ampiamente ripagato”. La cosa sorprendente - prosegueTiziana Leo - è che i visitatori più anziani hanno manifestatoun interesse a dir poco singolare. In molti sembravano per-dersi tra i ricordi nel prendere in mano gli oggetti, nel toccar-li, nel sentirne la consistenza: alcuni ci hanno raccontato di-versi aneddoti interessanti, altri si sono limitati a percorrerelo spazio o, come i bambini, a riempirci di domande. Tuttociò è fatto in onore di valori che ormai si stanno perdendo. Iodico sempre che chi non ha radici non ha futuro, e se da unaparte è compito dei giovani perpetrare la tradizione, è pur

vero che da parte nostra sussiste il dovere di tra-mandargliela nel migliore dei modi”.Durante le visite, gli ospiti hanno potuto degusta-re diverse specialità tipiche, tra le quali frittelle,ravioli e formagelle fatti in casa e assistere allalavorazione di formaggio e ricotta. Sparsi tra i di-versi ambienti della casa, i giovani del Folk, rigo-rosamente in costume sardo, intenti alle mansionipiù varie, raccontano: “ Mi sono avvicinato algruppo grazie alla mia famiglia, che sin da quan-do ero bambino mi invitava a prendere parte allaattività; e sebbene per diverso tempo pensassi chequella del ballo sardo non fosse una disciplinaadatta a me - Andrea,18 anni - tutto ad un trattome ne sono innamorato.” Poi è la volta di

Gianpiero, 28, di origini sarde e milanese d’adozione: “Miopadre è sardo e ogni estate venivo qui in vacanza. Ero soloun bambino, ma rimasi affascinato dalla Sardegna e questoamore non mi ha mai mai abbandonato, così lo scorso mag-gio mi sono trasferito definitivamente e ciò non avrebbe po-tuto rendermi più felice.” Le fa eco Alice: “Terminato il cor-so di latinoamericano, ho pensato che mi sarebbe piaciutoprovare il ballo sardo: a prima vista non potrebbero trovarsidiscipline più diverse, ma in realtà ho trovato più similitudinidi quanto si creda e sono soddisfatta.” “Emigrare per me sa-rebbe estremamente difficile - riprende Andrea. - Percepiscoquesta terra con ogni fibra del mio essere, e solo il pensierodi dover rinunciare a Santa Maria il 15 agosto, al pranzo del-la domenica, a camminare nelle vie in cui sono cresciuto, mifa star male. Partire sì, ma solo con la promessa di poter tor-nare un giorno.”

Francesca Virdis

La rievocazione storica de “Sa Paschixedda Sarda”

foto Andrea Scanu

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15 gennaio 201518 AAAAAttualità

È iniziato con la buona musica il nuovo anno in paese. Ha avuto un notevole successo infatti la manifestazione che

si è tenuta sabato 3 gennaio nel centro di aggregazione socia-le. Strapiena fino all’inverosimile la sala congressi della strut-tura di via Su Rieddu. dove si è tenuta la serata musicale. Unevento eccezionale e da incorniciare per il paese dove glieventi culturali raramente riescono a catturare l’interesse ela voglia di partecipazione. Stavolta però non è stato così.L’organizzazione perfetta, scandita dai tempi delle varie ese-cuzioni ben distribuite dalla presentatrice Antonietta Locci,ha garantito uno spettacolo che ha strappato calorosi applau-si e non erano certo di circostanza. In effetti la preparazionedei bravi cantanti e musicisti non ha lasciato alcun dubbiosulla loro manifesta professionalità. Volevano far bella figu-ra davanti ad un pubblico esigente e numeroso e così è stato.

PABILLONIS

Due concerti natalizi a Sardara hanno fatto emergere consuccesso le associazioni musicali del territorio e il patri-

monio culturale del paese. Lo scorso 28 dicembre la parroc-chia Beata Vergine Assunta ha ospitato il coro polifonico diSiurgus Donigala, La Corale di sole voci femminili, il coromaschile Santo Rosario e il coro parrocchiale Santa Maria,invitati dall’associazione organizzatrice dell’evento la BandaCittà di Sardara. Presentati da Franca Sanna e guidati nelleesibizioni musicali dal maestro Felice Cassinelli, i quattro grup-pi hanno interpretato brani a tema e canti in lingua sarda, al-cuni dei quali composti dallo stesso direttore Cassinelli, come“Magnifica” e “Gloria”. Il gruppo femminile in stile gospel, ea cappella le altre due corali di Siurgus Donigala, lasciandopoi il posto alla Banda sardarese che si è esibita con strumentie coro, allettando la numerosa platea affascinata dallespettacolari interpretazioni, l’ultima delle quali “Happy Day”,cantata all’unisono dalla Banda e La Corale, accompagnatedal battito delle mani degli spettatori e da un caloroso applau-so conclusivo. Il presidente dell’associazione ospitante, Mi-chele Campo, ha commentato così la manifestazione: «Sonosoddisfatto della notevole partecipazione attiva del pubblico.Anche questa è stata un’occasione per dimostrare i risultatiraggiunti dagli allievi della nostra scuola. Ma soprattutto unpunto di confronto con eccellenti cori come quelli di SiurgusDonigala, che ci consentono di maturare e crescere dal puntodi vista culturale e artistico-musicale».

Concerti natalizi e gemellaggi musicali

SARDARA

L’evento è stato occasione anche per conoscere gruppi comeLa Corale, la cui notorietà è incrementata a seguito del con-certo al Teatro Massimo di Cagliari, La Variante di Luneburg,con una prima e quattro repliche, l’ultima delle quali comecoriste di Milva. E per presentare ai sardaresi la nuova inse-gnante di canto moderno della scuola di musica locale, PamelaLorico, cantante delle Balentes. Il concerto di Natale è statoinoltre seguito in diretta anche da chi, non potendosi recarein chiesa, si è sintonizzato sul canale radiofonico attivato direcente dal parroco del paese, don Vincenzo Salis.

Un altro concerto a Sardara ha dato il via al nuovo anno conla premessa che si creino momenti di scambio e contempora-neamente di valorizzazione del patrimonio culturale. Per que-sta ragione “La Sorgente 2000” di Sardara e la “Banda musi-cale Città di Pabillonis” si son esibite insieme alla corale stru-mentale “San Pietro Pascasio” di Quartucciu, nel concerto“Noel 2014” del 4 gennaio nella storica chiesa diSant’Anastasia, aperta per l’occasione dal parroco don Vin-cenzo Salis e la cooperativa Villa Abbas che gestisce i beniculturali di Sardara.Alternandosi sul palco e accompagnati dal pianoforte diSimone Fois e Francesco Massenti, ognuno dei tre gruppi haintonato davanti ad una gremita platea melodie di brani a tema,perlopiù sacri, in lingua latina e sarda. E in inglese, col brano“Prayer” di Bocelli e Celine Dion nell’interpretazione di Vi-

ola Maria Pisano ed Alessio Perra, soprano e baritono dellacorale di Quartucciu, diretti dal maestro Leonardo Pisano. Adirigere invece le due associazioni del Medio Campidano, laloro stessa insegnante Paola Usai, che le ha guidate anchenell’ultimo brano della serata, “Il cantico delle creature delSerafico Padre San Francesco”, cantato all’unisono dal corodi Sardara e da quello istituito circa un anno fa dalla Bandadi Pabillonis. Con l’intento di far gemellaggio, i tre gruppi sierano già esibiti il giorno prima con grande successo aPabillonis ed è previsto un prossimo appuntamento aQuartucciu. Il vicepresidente dell’associazione di Pabillonis,Maria Antonietta Locci, ha spiegato: «Uno degli obiettivi diqueste manifestazioni è quello di ricordare alla comunità chesiamo presenti nel territorio e che tutti possono farne parte,di qualsiasi età e ceto sociale. È rigenerante. E dedicare ilproprio tempo libero alla musica e alle attività creative fabene soprattutto a se stessi». Condivide il presidente dell’as-sociazione culturale di Sardara, Fabio Loi che, esprimendouna citazione di Adolfo Pérez Esquivel, ha aggiunto: «La gran-de ricchezza dell’umanità sta nella solidarietà. Per questo,abbiamo dedicato il concerto in ricordo di due concittadine,esempio di valori umani e solidarietà, Maria Quattrocchi eNina Mascia».All’evento hanno collaborato anche Federico Floris cometecnico audio e Mattia Pisano nella gestione delle luci.

Marisa Putzolu

Ad esibirsi sono stati diversi gruppi. L’apertura è spettata allabanda musicale di San Gavino (nata nel 1991, ha compiutonel 2014 venticinque anni dalla fondazione), magistralmentediretta dalla maestra Alessandra Cadeddu. Grinta, determi-nazione e sicurezza hanno caratterizzato l’esibizione dellamusicista che con il semplice sguardo, il gesto secco e impe-rante è riuscita ad amalgamare e uniformare l’eterogeneavarietà degli strumentisti. Il merito dell’ottima prova va an-che alla bravura di alcuni componenti della banda musicaleCittà di Pabillonis che hanno suonato insieme a quelli di SanGavino. Una miscellanea di pezzi ha caratterizzato il reper-torio: da quelli natalizi a quelli più classici, fino alla travol-gente Marcia di Radetzky che ha suggellato il finale.Dopo è spettato al coro polifonico “La Sorgente” di Sardara( nato nel 2000 e già affermato in zona), e a quello di Pabillonis

(da un anno fa parte dell’Associazione Banda Musicale “Cit-tà di Pabillonis”) proseguire e confermare la qualità dellaserata musicale. Notte de chelu, In quel primo natal, Istella

mia i pezzi cantati dai bravi artisti di Sardara. Falade.

anghelos. Falade, Glory alleluia Amen, Fermarono i cieli

invece i brani, che hanno riscosso tanti applausi, cantati dalcoro di Pabillonis che pur essendosi costituito di recente hagià raggiunto lusinghieri risultati grazie anche alla profes-sionalità della maestra Paola Usai.Una piacevole sorpresa, per la bravura, l’ intensità e melodiadel canto è stata l’esibizione della solista Lilli che ha suscita-to tra il pubblico significativi apprezzamenti. La serata si èconclusa con il brano Il Cantico delle Creature cantato insie-me dai due cori.

Dario Frau

Un inizio d’anno all’insegna della buona musica

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15 gennaio 2015 19

Fa piacere scoprire che a Gonnos è sbocciato un nuovo scrit-tore. Fa meno piacere leggere gli scritti surreali sul passatodel paese. Il suo racconto, che si svolge “tra il molto fantasti-co e il poco reale”, offende e ferisce i gonnesi che, seppurcon i loro molti difetti, non meritano di essere tanto denigratie trasformati in zombi e delinquenti.Volendo raccontare una storia fantastica e surreale, utilizzan-do situazioni e personaggi ,che costituiscono nel paese un’ec-cezione non la regola, bisognerebbe ambientare i fatti in unpaese immaginario; così si eviterebbe di confondere le ideedi molti giovani che non conoscono molto bene i fatti.L’esimio scrittore non rende certo giustizia al proprio paese,che ancora nel periodo 1939/45, era chiamato “sa bidda de isarricus” (come da almeno 300 anni); infatti, oltre alle pocheeccezioni citate nel racconto, il paese era popolato da moltealtre persone: le famiglie dei latifondisti (Porru, Marongiu,Zurru, Peddis), conosciuti anche nei paesi vicini perché, an-che lì, avevano grandi proprietà e davano lavoro a tanti ope-rai; i più grandi industriali del sughero della Sardegna, la fa-miglia Pinna; a seguire, in ordine di censo, tutti i proprietarie i piccoli proprietari, vale a dire coloro che erano in grado didare lavoro a terzi e coloro che con il loro piccolo poderesfamavano onestamente e dignitosamente la famiglia; c’era-no poi i braccianti e gli artigiani e anche loro avevano il loropiccolo podere. C’è poi da dire che il carattere del paese nonera molto cambiato dal 1840, quando Vittorio Angius anno-tava nel suo “Dizionario storico, statistico,.....” “che a Gonnosc’erano 1626 donne e 800 telai (cioè un telaio ogni due don-ne), che “lavorando più del bisogno della famiglia fanno qual-che guadagno”. Nel 1939/45 il paese era ancora famoso perla produzione di “saccus nieddus” (il sacco a pelo dei pastorisardi) e quelle donne che avevano mandato in pensione i te-lai non stavano in un cantuccio a piangere disperate, ma giàda decenni avevano adottato la “macchina per fare le calze”,che producevano in grandi quantità e vendevano in tutti i paesi

vicini e negli spacci delle varie miniere.Quando da ragazzina mi capitava di andare in altri paesi, oanche a Cagliari, non mi vergognavo di rispondere alla do-manda “Da dove vieni?”, perché il mio interlocutore, allamia risposta, replicava dicendo “Ah! Il paese dell’acqua buo-na, delle angurie e degli ortaggi buoni.”Questa fama i gonnesi non l’avevano guadagnata, come scrittonel racconto, ubriacandosi nelle bettole e rendendo il paeseun “corpo inerte”, ma lavorando il terreno sabbioso e ghiaioso“con industria e costante fatica”, come scriveva l’Angius, cheaggiungeva: “Lavorasi negli orti, nei quali si semina meliga,zucche, cipolle, meloni, cavoli, rape, lattuga, pomidoro,fagiuoli e altre specie e mandasene fuori gran parte”: i gonnesierano quindi anche grandi esportatori di prodotti ortofrutticoli.Cosa dire poi dei frantoi? Pur essendo laboratori artigianalierano importanti per il paese come una grande industria: inessi, forse più che in altri campi, i gonnesi si erano dimostratiaperti all’innovazione e all’imprenditorialità. Da ottobre finoa marzo i frantoi Cecchini, Bardi, Tomasi, Sogus, Frau, Foddi

(e mi perdoni chi è stato dimenticato) lavoravano 24 ore su24, macinando le olive dei gonnesi e quelle dei paesi vicini emeno vicini.Per quanto riguarda la gloriosa “Stazione Postale” di “s’Im-presa” (dove avveniva il cambio dei cavalli delle diligenze ei viaggiatori potevano sostare e ristorarsi), era già chiusa dal1930 e nel periodo ’39/45 i nipoti di “tzia Sera Fadiori” (lapadrona della Stazione) abitavano i diversi appartamenti cheavevano ricavato negli stabili (uno di loro era mio suocero).Naturalmente, come ovunque, anche a Gonnos la vita eramolto diversa da com’è oggi e molto più difficile: non man-cavano i disonesti, i ragazzi abbandonavano presto la scuolaper andare a lavorare, giravano un po’ di soldi falsi, manca-vano le fogne e il fiume faceva da depuratore e in ogni cortilec’era il letamaio, che però non impediva di tenere le casedignitosamente pulite. Nonostante questi piccoli guai e letragedie della guerra i gonnesi non si sono mai abbattuti erassegnati.C’è da fare un’altra considerazione: nel racconto surreale dellastoria di Gonnos, dove i reduci della guerra del ’15/18 nonsapevano di aver sconfitto gli Austro-Ungarici, i fascistidell’ultimora facevano da badanti ai gerarchi strafatti e i co-munisti hanno come capo una prostituta, l’autore (gonnese)si chiama fuori da questa Genia di ubriaconi, inerti, disone-sti, dai pidocchi, dalle latrine e dalla merda fresca del RioPiras: “Io ero un estraneo e di fronte a me i gonnesi si vergo-gnavano”.Complimenti per essersi ritagliato la parte migliore.

Una delle questioni più dibattute dell’archeologia nuragica èsicuramente quella relativa alle funzioni che tali architetture,caratteristiche della Sardegna, ebbero nella vita dei popoliche le edificarono e le utilizzarono. Una controversia desti-nata a durare ancora a lungo e, verosimilmente, a non trovareuna risposta definitiva, e questo per due ordini di motivi: lamancanza di indizi certi che siano in grado di orientare versoun’ipotesi piuttosto che un’altra; l’evolu-zione che i nuraghi ebbero nei tempi dellaloro costruzione e diffusione, dagli alborial periodo finale del II millennio a.C., cheli vide passare dalle rudimentali forme ir-regolari dei proto e pseudo-nuraghi, allaperfezione formale del classico tronco dicono con falsa cupola (tholos), fino alle stu-pefacenti soluzioni delle Regge nuragiche,straordinari archetipi in muratura a seccodi molti castelli tardomedievali erinascimentali.La Civiltà Nuragica, ben lungi dall’esserestata immutabile nel tempo, in quasi un millennio di esisten-za autonoma è stata attraversata da una costante dinamicaprogressiva che ha sicuramente condizionato anche la fun-zionalità del suo monumento più rappresentativo. È eviden-te, di conseguenza, che l’unica certezza riguardo alla que-stione dell’utilizzo effettivo dei nuraghi è che non si può par-lare di funzione, ma di funzioni.Il primo a fare un’ipotesi sulla questione fu il canonico Spano,che li considerò delle prigioni. Taramelli si orientò verso laspiegazione più logica, almeno in apparenza: data la loro con-formazione e ubicazione, non potevano che essere stati edifi-cati a scopo di controllo e difesa del territorio. Giovanni Lilliu,

Le funzionidei Nuraghi

in un primo periodo, confermò e rafforzò questa ipotesi, macon lo sviluppo della ricerca sul campo, si aprì all’ipotesipolifunzionale. A favore dell’utilizzo per controllo e difesadepone, innanzitutto, la fisionomia possente dei nuraghi e lapresenza di feritoie che potevano essere utilizzate dagli ar-cieri; in secondo luogo, l’ubicazione in luoghi panoramici e icollegamenti visivi tra loro, disposti in maniera gerarchicadal centro (la reggia) verso la periferia, evidenziano il loroutilizzo a guardia del territorio e come strumento di comuni-cazione. Ma questa è un’evidenza che riguarda la civiltànuragica nel periodo apogeico, tra il 1500 e il 1000 a.C. enon è detto che le forme più arcaiche rispondessero alle stes-se esigenze. D’altronde, i dati degli scavi che si sono succedutidal dopoguerra a oggi hanno mostrato risultati che testimo-nierebbero un utilizzo dei nuraghi, quantomeno parziale,

come luoghi di raccolta delle provviste,abitazione e, almeno nel periodo finale, diculto. L’ipotesi dell’utilizzo per la conser-vazione delle scorte di cibo è suffragataanche dal microclima che si forma all’in-terno del nuraghe, fresco d’estate e tem-perato d’inverno.L’ipotesi che tanto affascina gli appassio-nati di archeomisteri, vale a dire la fun-zione sacrale legata a un culto astronomi-co, si basa su coincidenze, mai approfon-dite sistematicamente, di un orientamentodei nuraghi tale da segnalare, attraverso il

flusso della luce, il ciclico ripetersi di solstizi ed equinozi;coincidenze che potrebbero non essere tali, ma comunquedettate, più che da una mistica cosmica, da un interesse pra-tico: la necessità, per una società a vocazione agropastorale emarinara, di avere una precisa coscienza dello scorrere deltempo. La scarsità di luoghi di culto non è una ragione suffi-cientemente valida per affermare che fossero gli stessi nuraghile sedi di quelle funzioni. D’altronde, lo studio dei pozzi sa-cri e della loro genesi, in un primo tempo circoscritti allaprima parte del I millennio a.C., ha orientato gli studiosi aconsiderarli, almeno nelle forme più arcaiche, contempora-nei del periodo apogeico nuragico. La religiosità naturalistica

delle genti nuragiche, ad ogni buon conto, poteva espletarsiin buona parte direttamente nei santuari naturali, come fonti,fiumi, boschi e grotte.Secondo quanto dice Pittau nel libro “La Sardegna Nuragica”,il fatto che vicino a ogni nuraghe si trovi una chiesa dimo-strerebbe che i nuraghi erano luoghi di culto, con le capanneintorno a fare la funzione di muristenes (come accade tuttoranei pressi di moltissime chiesette, specialmente nei giorni dellefeste).La polifunzionalità dei nuraghi è suggerita anche dall’utiliz-zo che di tali monumenti è stato fatto in tempi successivi,dalla romanizzazione fino a tempi relativamente recenti. Neicondaghes giudicali sono presenti numerose testimonianzedel loro utilizzo diversificato come luoghi di stoccaggio del-le eccedenze alimentari, di riunioni assembleari e perfino dicelebrazione del culto cristiano. Anche una forma artisticatipicamente sarda come il canto a tenores fa pensare a unasua genesi cultuale all’interno dei nuraghi, sia per la disposi-zione dei cantanti in circolo, sia per le particolari risonanzedelle voci che paiono modellate sull’acustica dei giganti dipietra.In definitiva, solo un utilizzo polifunzionale può giustificarela fortuna della tipologia nuragica e la sua assolutapredominanza su ogni altra testimonianza architettonica delperiodo.

Mauro Serra

LA VERA STORIA DI GONNOSRevisione di un racconto surreale

di Giovanna Tomasi

Cultura

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15 gennaio 201520

di Gigi Tatti

Ci funt momentus chi unu contixeddu allirgu fai beni gana bella e fai praxeri. Po cussu,

custus “scracàlius” serbint po ci fai passai calincunu minutu chene pensai a is tempus lègius

chi seus passendi in custus annus tristus e prenus de crisi. Aici, apu pensau de si fai scaresci

calincunu pensamentu, ligendi e arriendi cun custus contixeddus sardus chi funt innoi. Sciu

puru, ca cussus chi faint arrì de prus, funt cussus “grassus” e unu pagu scòncius, ma apu

circau de poni scèti cussus prus pagu malandrinus, sciaquendiddus cun dd’unu pagheddu de

aqua lìmpia. Bonu spassiu. Est bellu puru, poita calincunu, circhendu de ddus ligi imparat

prus a lestru a ligi in sa lingua nostra. E custa, est sa cosa chi m’interessat de prus.

ScracàliusScracàliusSu sadru chi seus pedrendu

Cultura

Aiaia sa Turronàia

In cussus tempus sa poborèsa fiat mèda e is femias, mancai fessant coiadas e cun tantifillus, po nci tirài su mesi aciungìant, a su guadangiu misenìu de su pobiddu, cussus pagus francus coberàus traballendu po genti sennora. Po una fiuda fut peus puru, su guadangiu

ddu depìat fai totu de sei. Cument’e totus deu puru tenìa duas aiaias, dd’as stimà tot’a is duasin sa propria manèda, ma sa chi arrennescìat a tirài de prus is nebodis a sa pàti sua fiat aiaiaTou. Aiaia Lampis stadìat prus béi de sienda e aiaiu dd’agiudàt in domu puru. Is fillus, totuscoiaus, e cun traballus bastantis po is abisongius de sa familiedda insòru. Aiaia Tou fut stetiaprus disfortunàda in vida sua. Abarrada fiuda a giovuna, nesci de ua arrutura chi aiaiu iat fàtude ua mat’e obìa, iat tentu in sienda cuaturu fillus de cresci e si fut depia inginniài a fai istraballus prus drivessus chi ddi capitant. Giài de candu fut allatendu is fillus donàt su làti suua pipius chi ddi potant, poita ca sa mama tenìat su petus aridu. Babai miu, su fradi e is sorris,tenìant totus u fradi o ua sorri de làti. Custu traballu dd’iat depiu fai acou puru, fias a candusa natura si dd’iatpremitiu. Andàt a failissìa a s’arriu, cadda-xus mannus de arrobade sciacuài a peis ins’acua, is dabòris deossus e de costauarribaus a cou’ i ecèsa,no fiant po debadas. Sufasc’e linna po coscinàie si callentai in tempusfridu no ddu scarescìatmai.Ma su traballu prusnotoriu po sa genti, futa fai is turrõis, e pocussu ddi tzerriàntRosaria sa turronàia, epo cussu no ddi mancat mai sa costedd’e is turrõis. Dda cumandànt poita fut bratzus fòtis.Custu traballu dd’iat sighìu a fai candu fut abarrada soba puru e cun is fillus coiaus. Sa sperade totus is nebodeddus fiat di essi sceberaus po dd’acumpangiài a fai is turrõis, su chitzi chiandat, is atras femias puru fiant acumpangiàdas de fillus o nebodis, e giogant impàri. Custumàta ddoi andai a de dì puru, po segài sa mendua, ma issa, ca fut abista si fadìat potai su sàcu demendua a domu sua e dda segàt innias, ca dd’abarràt su croxu po ghetai a su fogu. Su speddiunostu po si fai arregolli fiat, a pàti su spassiu cun is atrus piciocheddus, ca si ‘onànt drucixedduse arrennesciaiaus a scrocai cuncua mendua, stichendu sa mãu a sa crobi prena, ma de candua Giuannicu, su turronàiu, dd’iat cancaràu sa mãu cun d’u crop’e atzitzaiu, po ndi scabulli uafarrancàda si tocàt a potai is ogus apetus e ddu fai a sorvidada e a iscusi. Finzas a candu issuno si fut fàtu prus abistu e ndi ‘ogàt sa mendua a su momentu de dd’etai a su caddaxu. TziuBissenti, uantru turronàiu, invecias no ndi passàt contu, poita ca su chi si papànt is piciocheddusnde ddu scontàt de sa paga, misenìa, de is femias.Ua dì aiaia m’iat nau: «Béis notesta a crocai a dom’e aiaia? A chitzi t’arregollu cun mimi a faiis turrõis.» No mi fut patu mancu berus. «Sissi aiaia, gei andu!» Dd’ia nau a mamai e apenasprandiu fia pesàu a dom’e issa, po no pedri tempus. Cumenti nci fut cabau su sobi, deu eaiaia, iaus cenàu: u bellu pratu de minestr’e patata cun s’aciunta de ua fit’e pãi e pois a lètu,sa tellavisiõi no nci fut e si ndi depaiaus pesai a chitzi. Mi fut pàtu de m’essi apenas crocaucandu aiaia mi nd’iat sciumbullau: «Pesa, su pipiu, ca est or’e andai.» M’iat trogau u sciallu

bèciu e fiaus andaus, tziu Antiogu bivìatacanta e fiaus arribaus luegus, is atras femiasddoi fiant giài cun is piciocheddus. Si fiantpostas luegus a traballai: a chini aperriat isous, a chi scroxat sa mendua, su caddaxufut giài prontu a arricì su mebi, is ous e samendua. «Tocai pipieddus - s’iat nau tziuAntiogu - a chi intrat sa linna ddi ‘onu uafarrancada de mendua.» Luegus fiaus cutusa pratza, iaus intrau sa linna prexausabetendu sa farrancad’e mendua, issu potatmãus mannas… Ma sa mãu po pigài samendua fut sa nosta, tropu pitica po si ndiprandi. Is atrus iant pigau sa farrancadedd’esa mendua e iant inghitzau a papai, deu,sen’e mi ndi fai acatai, mi ndia ghetau duasfarrancadas a síu, e acou a bell’a bellu iainghitzau a papai. In d’u furrungõi, aillargu

de is murus, ddoi fut sa forredda ingiriàda de pedras chi fromànt su forreddu, in àtu, de umuru a s’aturu, ddoi fut u truncu cun d’u stampu su baddadori a nca nci stichiant sa maigalonga de s’arremu chi ferrìat giustu giustu a mes’e su caddaxu.Tziu Antiogu iat allutu su fogue, prim’e nci põi su caddaxu, apitzus de is pedras iat sterriu unas cantu follas de figu morisca,po chi no dd’essat arribau fogu tropu fòti. Luegus iat ghetau a su caddaxu su mebi bastanti pocussa pesàd’e turrõis, pois is srabius de is ous, is ollãus srebiant po fai atrus drucis. Duasfemias, una a ua pàti e una s’atra, iant pigàu s’arremu e inghitzau a girài, chen’e si frimainudda, cambiadas de is atras duas apustis pagu, po no s’atacai a su fundu. Custu traballusighìat aici po assumancu tres oras e mesu. A nosu piciocheddus, bintus de su sonnu, siantfatu crocai in d’u letu chi ddoi fut a ua pàti. Si ndi fiaus sciumbullaus candu fiant cabendindisu turrõi fàtu, a tempus giustu po pullì sa pallita chi potant po ndi stacai su druci de sucaddaxu. Is femias fiant pasìendu pagu pagu, totu sciustas de sudori e fadiadas po su traballufatu, ma aprontendusì po ndi fai uantra pesàda. A nosu tziu Antiogu s’iat fatu cuncodrai iscascitas de turrõi callenti ponendiddi sa mendua apitzus, una avat’e s’atra, ma cuncuna, avat’es’atra dd’acabat in buca!

A si ‘ntendi mellus. tziu Arremundicu.

Seconda parte

Zaccaria est torrau de Continenti e in su bar incontrat su gopai Vissenti.Vissenti: E insaras ita novas in Continenti? E sorri tua comenti stait?Zaccaria: Ge stait beni.Vissenti: E ita est fadendi?Zaccaria: Est fadendi sa batona.Vissenti: Veramenti t’apu domandau ita novas!.................................................................................................................................................Stevini est andau aundi de su specialista po si fai visitai a su gùturu.Su specialista: Nerimì. De candu si d’est acatau de ai pèrdiu sa boxi?Stevini: De s’incrasi chi mi fia coiau!.................................................................................................................................................Sirigu est andau in vìsita po si fai donai sa pensioni de invalididadi.Su dotori: De candu fostei est bessiu mudu e no podit fai prus su telefonista?Sirigu: Scusimidda, ma si seu mudu, comenti fatzu a dd’arrespondi? Seu mudu, miga stùpidu!................................................................................................................................................................Sistu e Serapiu funt in s’osteria imbriaghendusì e funt fueddendi.Serapiu: Céssu! Ge si ndi chìnchiat pobidda mia, candu pinnicu e càstiat s’orològiu!Sistu: Biadu tui ca càstiat s’orològiu. Po mei inveci depit fortzis castiai su calendàriu!.................................................................................................................................................Sidoru est passillendi cun sa pobidda Ursula.Sidoru: Ddu bis a cussu tipu chi est passendi totu prexau?Ursula: Ge ddu conosci.Sidoru: Bis, cussu sì ca est unu fortunau cun is fèminas.Ursula: Ma si est bagadiu!Sidoru: Est apuntu po cussu chi est fortunau cun is fèminas!.................................................................................................................................................Apoloniu in gita at fatu conoscenza cun dd’unu polìticu.Su polìticu: Fostei ita mestieri fait?Apoloniu: Deu fatzu unu mestieri chi sa genti abarat a buca aberta de su chi fatzu.Su polìticu: Insaras fait su polìticu coment’e mei?Apoloniu: Nossi. Fatzu su dentista..................................................................................................................................................Marieddu est pinnicau a domu de scola e fueddat cun sa mamma.Sa mamma: E insaras Marieddu, oi a scola as fatu a bravu?Marieddu: Sissi mamma. Oi Apu fatu puru una bona atzioni.Sa mamma: Bellu. Contamì insaras ita as fatu.Marieddu: Oi unu cumpangeddu maladitu de classi, at postu unu agu in sa cadira aundi sidepiàt séi sa maista.Sa mamma: E tui ita bona atzioni as fatu? As avisau sa maisat de no si séi?Marieddu: Nossi mamma. Comenti apu biu ca sa maista fiat setzendusì, apu spostau sa cadira.................................................................................................................................................................Su professori de scienze est interroghendi a Marieddu.Su professori: Marieddu, mi depis nai, ita iat a sucedit si ci perdis un origa.Marieddu: Ca c’iat a intendi mali.Su professori: Bravu. E si ddas perdis tot’i a duas?Marieddu: No nc’ia a bit prus.Su professori: Comenti no nc’iast a bit prus. Ita c’intrant is origas cun is ogus?Marieddu: C’intrant. Poita chene origas, no m’ia podi prus poni is ochialis de vista!..................................................................................................................................................In su parcu de Monti Urpinu de Casteddu unu operàiu de su Comùnu est vernicendi unapanchina. Arribat unu barboni.Su barboni: Narit. Meda ci ponit a verniciai custa panchina?S’operàiu: Poita mi ddu domandat? Po cali curiosidadi?Su Barboni: Poita bolia sciri, si sa tinta ce dda fait a asciugai prima de scurigai.S’operàiu: Ma ita de ndi frigat a fostei de custa cosa?Su barboni: Est, ca bolia sciri, a it’ora mi ddoi potzu crocai!..................................................................................................................................................Checu est fueddendi cun dd’unu butegheri.Checu: Est pròpiu berus ca in bidda c’est una crisi manna.Su butegheri: Ci podis contai. No si bendit prus nudda. Nanca at falliu po fintzas sa butega desa biancheria intima.Checu: Certu, sa genti no si podit comporai mancu prus is mudandas.Su butegheri: Cussu puru. Ma deu si dd’ia puru consillau, de no aberri cussa butega, acantade su campu de is nudistas!.................................................................................................................................................Unu Casteddàiu incontrat unu amigu chi no biriàt de medas annus.Su Casteddaiu: M’at fatu meda praxeri a t’ai torrau a incontrai a pustis medas annus.S’amigu: A mei puru.Su casteddàiu: Seu aici prexau, ca m’iat a praxi a cenai cun tui.S’Amigu: A mei puru, ma meda, meda.Su casteddàiu: Bellu. Insaras, avisa a pobidda tua de aciungi uu pratu in sa mesa po mei!

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15 gennaio 2015 21

LA SARDEGNA NEL CUORE di Sergio Portas

Cultura

Bravi Camboni: le vicende epichedella squadra del Cagliari,dai brocchi ai campioni

Se, come asseriva Hegel, il giornale è la preghiera delmattino dell’uomo moderno, mi sento di poter dire,dando uno sguardo ai milanesi che prendono la metro-

politana, tutti immersi nello scrutare i loro telefonini con ma-niacale attenzione, che di uomini moderni si va perdendo latraccia o che più semplicemente nessuno ha più molta vogliadi pregare, al mattino. Io pervicacemente rimango convintoche un popolo che non legge i giornali è destinato a pagarnele conseguenze culturali (di declino) e politiche: che so, vo-tare per vent’anni un populista destinato a finire in galera,prima o poi, e, a disastro avvenuto, rimediare buttandosi sulprimo comico televisivo che urla contumelie o sul delfinopadano di un altro trombone finito sotto processo per averdistratto fondi del suo partito ad uso famigliare e privato. Tuttoquesto per confessarvi che ogni mattino che Dio mi mandavado in edicola per “Repubblica”, quotidiano di tendenze nonesattamente rivoluzionarie ma che, a parer mio, ha avuto ilmerito, negli ultimi vent’anni di cui dicevo, di accorgersi pertempo che quel politico che li ha cavalcati alla grande avevafrequentazioni pericolose e vicinali con mafiosi conclamati(Mangano) e con altri che per mafia avrebbero dovuto scon-tare anni di galera (Dell’Utri).Inevitabile quindi che sia particolarmente affezionato alle “fir-me di Repubblica” e tra queste a Gianni Mura che dovrebbescrivervi di sport. In realtà Mura si è conquistato, in cin-quant’anni di giornalismo (era praticante alla “Gazzetta del-lo sport”, la rosa, nel’64) il diritto di scrivere di quello che glisalta in mente: il 28 dicembre apre la sua rubrica quotidiana“Sette giorni di cattivi pensieri” con: “Il 17 dicembre i tale-bani fanno una strage in una scuola di Peshawar: 152 morti,di cui 132 minorenni”. Il giorno dopo recensendo e dandopagelle ai cento nomi dell’anno ci mette anche: “Francesco(papa) Dal 9 al 9,5”. Per la cronaca di 10 non ne ha dato anessuno. I suoi articoli sono pezzi di giornalismo che rimar-ranno, in ispecie quelli scritti al seguito del Tour de France.Non a caso sul tema ha scritto due dei suoi numerosi libri(scrive anche di narrativa gialla). Mura è cognome sardo, ilbabbo di Gianni nasce a Ghilarza, lui a Milano nel’45. Scrivenella prefazione al libro di Paolo Piras: “Bravi e Camboni,l’epica minore del Cagliari: piedi storti, teste matte e colpi digenio” (egg edizioni 2014): «E quel colpo di testa, in tuffo, diGigi alla Germania Est, quando Brera scrisse che la rete sigonfiò come investita da uno squalo, a che velocità andava?E infine con tutto il rispetto, chi se ne strafotte? I numeri nondicono tutto, a parte quell’11. I numeri dicono poco. I numerinon spiegano per quali strade calcistiche o umane alchimie siarrivi a realizzare l’utopia di uno scudetto a Cagliari» (pag.XI).A parlare del libro di Piras in libreria a Milano, presente l’au-tore, oltre che Gianni Mura è un altro giornalista di vaglia:Massimo De Luca, che deve la sua celebrità alla conduzionedella “Domenica sportiva” televisiva, come dire che lo cono-

scono proprio tutti, e fu proprio lui che lo fece assumerein RAI quando ancora dirigeva Raisport, da lì al Tg3 dovePaolo si distingue per scelta di reportage e per una dizio-ne limpida ed esaustiva, l’accento cagliaritano quasi di-menticato. Anche qui parlo con la cognizione di causa diuno che alle ore 19, immancabilmente, si sintonizza sullefrequenze del TG3 (tranquilli, ascolto anche i tigì di ra-dio Popolare mezz’ora dopo).Sia Mura che De Luca concordano nel definire “sorpren-dentemente ben scritto da un giornalista della Rai” il li-bro di Paolo Piras. «È un libro che si lascia leggere», ap-prezzabile per leggerezza di scrittura, dove i tackle (con-trasto in termine calcistico) sono dolci, come si convienea una storia calcistica che è diventata vera epopea, delcalcio di quel Riva Luigi detto Gigi che non può che ave-re a motivo conduttore la nostalgia. Una specie di Ma-condo in salsa sarda, cagliaritana, come nel celeberrimoromanzo di Marquez vi si intrecciano storie, calcistichema non solo, dove tutto è abbastanza indeciso. Vago ilprincipio di identità: quel Vittorino uruguagio, centravantidella sua nazionale che vinse fin un Mundialito, era dav-vero un bidone, uno scarpone, unu camboni? E che diredi quel Katergiannakis, portiere greco che approdò alCagliari nel 2004 che lascia incustodita la sua porta persalvare un povero piccione che si era preso una pallonatada Manfredini in un Lazio-Cagliari di Coppa Italia: «...Sprezzante del gioco che intorno prosegue, grondanteempatia animalista, incurante del fatto che a tutto il restodel mondo intorno, arbitro incluso, potesse sbattere menodi niente delle sorti del pennuto...» (Pag.34). Dice PaoloPiras che la TV ha finito con l’uccidere un certo tipo diepica. Oggi dei campioni dello sport, e del calcio in par-ticolare, si conosce proprio tutto. Il gossip si è impadro-nito delle loro vite, delle loro relazioni sentimentali. Lospogliatoio è presentato sempre in un silenzio da obito-rio. Non resta quindi che celebrare l’epica dei brocchi.Anzi se esiste anche un’epica delle tifoserie, e lui quelladel Cagliari la conosce molto bene, avendola frequentatacol padre fin dal ’75, aveva cinque anni e si ricorda anco-ra di quel Cagliari - Cesena che finì 1 a 2, per i rosso-blu:gol al volo di Gigi Riva, quella cagliaritana ha vaghe so-miglianze con quelle non necessariamente vincenti: inte-risti sfigati, granata, genovesi, romanisti. Ma come è in-delebile quel ricordo di Minguzzi, anche lui portiere nonproprio eccelso, che non aveva proprio l’idea di come sipiazzasse una barriera sui calci di punizione avversari chefinivano sempre più di assomigliare a un rigore, così èl’incedere di un Francescoli, vero principe del pallone, ecome scordare quel gol di Zola all’ultimo minuto di unCagliari - Juventus, stanno vincendo loro per 2 a 1; dauno di quei cross che si fanno più per disperazione che

per convinzione Zola, quasi un nano lo dice Mura, 1,67 con-tro Zebina che è 1,85, schiaccia in rete di testa! Il libro è pie-no di queste pennellate. E naturalmente zeppo di quel Caglia-ri - miracolo che vinse lo scudetto nel 1970. Un Cagliari cheoggi sarebbe fuorilegge, sempre Mura. Fumavano tutti e un-dici titolari, quattro anche nello spogliatoio. E i digestivi era-no tutti più forti del mirto tradizionale. Tutta la Sardegna, fi-nalmente unificata, tifava Cagliari. Impossibile non citare quelNanni Loy televisivo che va a chiedere a un pastore: “Ma alei cosa ne viene se vince il Cagliari?” ricevendone la seccarisposta: “E a me cosa me ne viene se perde?”.Nel ’70 io avevo quattordici anni, seconda superiore a Rho,paesone di quarantamila abitanti a mezz’ora da Milano. Ina-spettatamente la Sardegna era emersa sulle prime pagine deigiornali nazionali, Gianni Brera scriveva di quel “rombo dituono” proveniente da Leggiuno, Varese, e del “meraviglio-so Cagliari”, il lunedì mattina all’ennesima partita vittoriosadei rosso-blu mi pareva di essere più alto di una buona span-na. Anche se in quegli undici non c’erano giocatori sardi. Mapiù della metà di loro sono poi rimasti a vivere in Sardegna.Con i sardi sempre più orgogliosi per ogni NO che Riva rifi-lava alla Juve degli Agnelli che l’avrebbero voluto alla lorocorte, coprendolo d’oro. L’allenatore Scopigno (detto il filo-sofo) che entra nella camera d’albergo di Bassano del Grap-pa, dove la squadra è in ritiro, sono le 24,30 e l’ora è da testi-mone presente sul posto, sempre Gianni Mura, il fumo dellesigarette da camera a gas, c’è un tavolo di ramino pokerato,carte e grappa ovviamente, siamo a Bassano. “Quando finiteaprite le finestre”, il suo lapidario “filosofico” commento.Un libro che diverte e commuove anche (quel campioncinodi ‘O Neill che annega in un mare di alcool) capace di parla-re di campioni e di brocchi con lo stesso metro di una prosabrillante e melodiosa, a tratti. Opera prima di una casa edi-trice di San Gavino, la egg di Carla Piras (mi dice che non èparente), sangavinese purosangue, passata da Radio Press alla“Nuova Sardegna” e all’ufficio stampa di Soru quando scalòla presidenza della regione. Vinta una borsa di studio euro-pea fa un “master” a Roma, uno stage alla casa editrice “Mi-nimum Fax”, dove impara l’arte di amministrare. E poi simette in proprio. Questo primo libro lo definisce “canarinoda miniera”, se riesce a sopravvivere con i costi e le venditene ha in serbo altri due, assolutamente diversi. Uno di unfrancese che scrive su “Le Monde Diplomatique” su gli er-rori della UE (deve essere ponderoso). L’altro di tale Castan,uno spagnolo che, mi dice Carla, scrive con una prosa son-tuosa. Babbo ragioniere e mamma casalinga, lei laureata inlingue, due fratelli, uno laureato in filosofia. Fortunatamen-te per lei i suoi in casa parlano in sardo, così che anche lei sela cava e tutto lo capisce, mi pare m’abbia detto di averetrentasei anni ma non ne sono certo, che me la ricordo comene avesse ventisei.

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15 gennaio 201522

Una vita dedicata alla missione e alla predicazione del Van-gelo come ha ricordato Padre Pittau anche nella prefa-

zione del libro “Al Visitatore” di Vittorio Volpi : “Prima di

predicare il Vangelo in diverse Nazioni, ai Missionari è chie-

sto di inculturarsi, conoscere bene la lingua, la cultura, o le

varie culture del luogo; in altre parole, con riferimento al

Giappone, non si chiedeva solamente che i Giapponesi si fa-

cessero Cristiani, ma allo stesso tempo che i Missionari, nel

loro modo di parlare, e di vivere si facessero Giapponesi,

parlando e leggendo bene il Giapponese, e usando i costumi

e il modo di vivere dei Giapponesi”.Grande cordoglio per la scomparsa del gesuita è stato espres-so dallo stesso Papa Francesco che lo ha definito “esemplareministro di Dio vissuto per la causa del Vangelo”, ricordando“il suo generoso apostolato missionario in Giappone” e il suoimpegno come rettore dell’Università Sophia di Tokyo e del-l’Università Gregoriana a Roma e come segretario della Con-gregazione per l’Educazione cattolica dal 1998 al 2003.Ha ricordato la figura di padre Pittau anche il direttore dellaSala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi.

GRANDE MISSIONARIOPadre Pittau è stato un grande missionario, un grande gesuitae un grande servitore della Chiesa. Era nato in Sardegna aVillacidro il 20 ottobre del 1928; è entrato giovanissimo nel-la Compagnia di Gesù alimentando, fin dall’inizio, un gran-de desiderio missionario. Egli chiese di andare in Giapponecome missionario quando era ancora molto giovane; a 24 annifu effettivamente inviato in Giappone. E lì, dimostrò una ca-pacità di inserirsi, di imparare la lingua, di entrare nella cul-tura e nella società giapponese assolutamente eccezionale;direi che è stato un grande erede, nel nostro tempo, della tra-dizione dei gesuiti che si inculturavano nelle culture orienta-

Il Comitato Provinciale ANPI Medio Campidano, con pro-fonda commozione, ha appreso dai figli Vito, Daniela e Lui-sa, che il 28 dicembre ci ha lasciato Bruno Scano. Nome dibattaglia del Partigiano “Moretto”, è stato protagonista dellaResistenza e ha partecipato alla lotta di Liberazione in Pie-monte. L’ANPI del Medio Campidano tutta esprime il suoprofondo cordoglio e amarezza per questa triste perdita.Ricordiamo Brunone, come veniva chiamato confidenzial-mente, quando, emozionato, accolse il 19 giugno 2013 ladelegazione ANPI, composta da rappresentanti del MedioCampidano (provincia dove era nato il 13/02/1921), di Asti(provincia dove il Partigiano Moretto ha combattuto tra lefila della 45° Brigata Garibaldi, operante nell’Astigiano: lasua zona operativa era l’area del Comune di Scurzolengo) eLucca (provincia dove risiedeva e ha servito lo Stato tra icorpi di Polizia sino alla pensione), per la consegna della tes-sera ad Honorem conferitagli il 25 Aprile 2013, anno dellecelebrazioni per il 70° anniversario dell’inizio della Resisten-za, in occasione dell’inaugurazione di Piazza della Resisten-za a San Gavino Monreale, Comune che gli ha dato i natali.Anche se non ci siamo più visti, sentivamo spessissimo Bru-

Il ricordo di Padre Giuseppe Pittau,il gesuita apostolo del Giappone

Il sorriso, l’umiltà e la facilità di comunicare con tutti. Sono queste alcune

delle caratteristiche della figura di Padre Giuseppe Pittau,

il gesuita villacidrese scomparso in Giappone a Tokyo il 26 dicembre 2014

li e ottenevano la capacità di un rapporto estremamente posi-tivo con la società circostante. Padre Pittau ha insegnato scien-ze politiche nell’Università Sophia - una grande universitàgestita dai gesuiti a Tokyo - e ne è stato rettore poi per moltianni, anche in tempi di agitazioni studentesche nelle univer-sità giapponesi. Quindi guadagnò una grande autorevolezzaproprio per il modo in cui seppe gestire questa sua responsa-bilità di rettore dell’università.

L’INCONTRO CON GIOVANNI PAOLO IIFu anche nominato provinciale dei gesuiti giapponesi e quan-do era al vertice della sua esperienza in Giappone, molto ap-prezzato nella società di quel Paese, ci fu il viaggio di Gio-vanni Paolo II in Giappone. Pittau fu, in qualche modo, l’in-terprete e la guida del Pontefice durante questo viaggio. Que-sto permise al Papa di stabilire con lui un rapporto profondoe di fiducia, così che quando Giovanni Paolo II, dopo la ma-lattia di padre Arrupe, nominò padre Dezza come suo dele-gato per il governo della Compagnia di Gesù, volle che pa-dre Pittau fosse il suo braccio destro e perciò lo chiamò dalGiappone per questo incarico. Quindi nella storia recente dellaCompagnia di Gesù, padre Pittau oltre ad essere stato un gran-de missionario è stato anche, insieme a padre Dezza, una per-sona a cui noi dobbiamo grande gratitudine, perché aiutò inquesto passaggio dopo la malattia di padre Arrupe all’elezio-ne del nuovo padre generale, padre Kolvenbach, quindi rien-trando nella piena normalità della conduzione della Compa-gnia di Gesù. Padre Kolvenbach lo volle anche come uno deisuoi consiglieri generali ed assistenti - era quindi assistenteper l’Italia -, ed io ebbi un rapporto piuttosto profondo conPittau perché a quel tempo ero provinciale dell’Italia, quindilui era il mio interlocutore sul versante del governo dellaCompagnia di Gesù. Fu anche nominato rettore della

Gregoriana, perché aveva una grande esperienza accademicache portava con sé dal Giappone, e poi fu voluto da GiovanniPaolo II come segretario della Congregazione per l’Educa-zione Cattolica che è competente un po’ per tutte le universi-tà cattoliche nel mondo, e fu fatto arcivescovo. Rimase inquesta funzione fino ai 75 anni.

LA PERSONALITÀ DI PADRE PITTAUQuando nel 2003 compì 75 anni, egli volle assolutamenteritornare in Giappone. Era così ritornato nella sua patria dielezione a cui era rimasto sempre estremamente legato e lìfece dei ministeri sacerdotali semplici e visse così gli ultimianni della sua vita diventando poi infermo fino alla morte.Pittau era una persona dotata di grandissime capacità di go-verno, ma era sempre un apostolo e un missionario. Io ricor-do quante volte, anche qui a Roma, amministrava dei battesi-mi a persone giapponesi che si convertivano alla fede cristia-na; ha conservato un rapporto molto vivo con il popolo giap-ponese. Ha ricevuto la più alta onorificenza dell’Impero giap-ponese con l’Ordine del Crisantemo per i suoi meriti nel cam-po della cultura. La sua è stata nei decenni recenti certamenteuna delle personalità della Chiesa cattolica più apprezzate,anche pubblicamente, nella società giapponese. Abbiamo ungrande dovere di gratitudine verso di lui per quello che hafatto, non solo qui a Roma negli anni in cui è stato qui, ma inparticolare nella missione in Giappone. Padre Pittau era unapersona di una spontaneità e di una facilità di rapporti con glialtri, affascinante, sempre sorridente, sempre cordiale. Que-sta fu anche una delle chiavi del suo successo - così possia-mo dire - nel rapporto con il mondo giapponese ma anchecon tutte le persone che ha incontrato. Ne abbiamo tutti unricordo estremamente piacevole e affettuoso da un punto divista spirituale e umano.

SAN GAVINO

Ci ha lasciato Bruno ScanoBrunone, il Partigiano Moretto

none amava parlare di difesa della memoria storica, con lastoria della Resistenza e con l’attualità. Così si parlava del-le preoccupazioni, legate alla crisi economica e di valori, dicerti fatti che accadono e inducono a pensare che sono sem-pre in agguato gli attacchi alla Democrazia conquistata contanto sacrificio.È storia della Resistenza lasciarci, proprio, il 28 dicembre,data che ricorda il sacrificio dei fratelli Cervi, quasi a volermantenere questo stretto legame con l’Antifascismo, la Re-sistenza e la lotta di Liberazione, che hanno caratterizzato lavita di Bruno Scano, l’ultimo Partigiano Sangavinese. Così,Lui, ci ha lasciato. Ci mancherà il Partigiano Moretto, masiamo consapevoli che quando un Partigiano muore, comeantifascisti, dobbiamo dare il nostro massimo impegno permantenere vivi e trasmettere, alle nuove generazioni, i Valoridella Resistenza che sono alla base della nostra Costituzione.Il funerale si è celebrato il 30 dicembre, nella chiesa parroc-chiale di Guamo, frazione di Capannori, zona periferica diLucca. Con i figli Vito, Daniela e Luisa e i familiari, si sonostretti tanti amici. Sulla bara anche il berretto da poliziotto.La Santa Messa, hanno raccontato i presenti, è stata officiata

con sobria semplicità, nello stile che Brunone avrebbe prefe-rito.Dopo la cremazione, le ceneri verranno trasferite al cimiterodi Massa Macinaia (altra frazione di Capannori), accanto allasua amata moglie Lidia.Un auspicio per il 2015, il 25 Aprile,per il 70° anniversario della Liberazione, vedere il suo nomenella targa posta in piazza della Resistenza, insieme a quellodegli altri Partigiani sangavinesi, che così si ritroverebberouniti, come lo erano nei Valori in cui credevano e che hannocontraddistinto le loro vite, quelli della Resistenza.

Il Presidente Comitato Provinciale A.N.P.I.

del Medio Campidano Carlo Marras

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