La trasformazione dei !kung del...

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Gli uomini di stirpe !kung si procuravano tradizionalmente il cibo con la caccia (in alto); oggi però essi praticano anche la pastorizia (in basso) e i ragazzi non imparano più a cacciare. Questi e altri cambiamenti nel modo di vita si sono manifestati in maniera sempre / ostudio della storia è finalizzato alla comprensione del presente, ma d qualche volta è il presente che può illuminare il passato. È questo il ca- so dei !kung, un popolo di lingua san appartenente a quello che un tempo ve- niva denominato il gruppo dei boscima- ni. (Il punto esclamativo indica il suono avulsivo, simile a uno schiocco di lingua, o click, che è tipico di molte lingue afri- cane.) I cambiamenti radicali che stanno avvenendo nella cultura !kung permet- tono di chiarire uno dei problemi fonda- mentali dell'antropologia: perché quasi tutte le società basate sulla caccia e sulla raccolta scompaiono rapidamente dopo essere venute in contatto con le società che hanno domesticato piante e animali? Questa rapida scomparsa non è facil- mente spiegabile. Dopo tutto, la strate- gia della caccia e della raccolta di piante selvatiche è stata abbastanza efficace da consentire la sopravvivenza di esseri umani anatomicamente moderni dalla loro comparsa, più di 50 000 anni fa, fino a un'epoca posteriore alla domesticazio- ne delle prime piante e animali, avvenu- ta circa 10 000 anni fa. L'interpretazione più comune è che molte società tradizio- nali, riconoscendo i benefici alimentari dell'allevamento e dell'agricoltura, ab- biano abbandonato il precedente stile di vita dopo essere venute a contatto con le nuove strategie di sussistenza. Eppure numerose osservazioni indicano che in molti casi la presunta inadeguatezza del- le pratiche di caccia e raccolta è una spie- gazione chiaramente erronea. Gli archeologi hanno dimostrato, per esempio, che la strategia di caccia e rac- colta può essere in realtà più vantaggio- sa dell'allevamento e dell'agricoltura. Analisi dettagliate di resti scheletrici ri- trovati in varie zone dell'America Set- tentrionale dimostrano che per alcuni gruppi umani il passaggio all'agricoltura fu svantaggioso dal punto di vista di una dieta bilanciata, della salute e della lon- gevità. Così pure in epoca moderna si è osservato che, quando episodi di siccità colpiscono l'Africa meridionale, i gruppi che si basano soprattutto sulla caccia e sulla raccolta di solito vengono danneg- giati di meno rispetto a quelli che di- pendono principalmente dal bestiame e dalle colture, che hanno bisogno di mol- ta acqua. Oltre a ciò le pratiche di caccia e rac- colta probabilmente non sono così fati- cose e poco redditizie come di norma si è portati a credere. Negli anni sessanta Richard B. Lee, allora laureando all'U- niversità della California a Berkeley, scoprì che i !kung, che a quell'epoca era- no fra i pochi gruppi umani al mondo a procurarsi ancora gran parte del proprio sostentamento con la caccia e la raccolta, non vivevano affatto al limite della fame, sebbene abitassero nell'ambiente ostile del Kalahari. (Il territorio dei !kung si estende nella parte nordoccidentale del Botswana e nelle regioni confinanti della Namibia e dell'Angola.) Anzi, essi era- no impegnati nella ricerca del cibo solo per alcune ore al giorno. Come si spiega, allora, il declino delle società basate sulla caccia e sulla raccol- ta? Non è possibile dirlo con certezza, ma lo studio dei recenti cambiamenti av- venuti fra i !kung sta fornendo una spie- gazione che potrebbe dimostrarsi valida anche per fenomeni analoghi avvenuti un po' in tutto il mondo. Oggi i ragazzi !kung non imparano più a cacciare e al- cune delle norme di comportamento che davano coesione alla loro società stan- no lentamente perdendo valore. Sembra che uno dei principali fattori di cambia- mento sia stata l'improvvisa disponibi- lità di nuovi beni; forse un fenomeno analogo ha contribuito al declino del- le società di cacciatori-raccoglitori del passato. È una fortuna che sia stato possibile ottenere un quadro abbastanza partico- lareggiato della cultura tradizionale dei !kung prima che si manifestassero muta- menti radicali. Il merito di aver raccolto dati in proposito spetta a numerosi ricer- catori, fra i quali ricordo l'antropologa indipendente Lorna Marshall, che iniziò a studiare questa popolazione nel 1951, Irven DeVore, Lee e altri partecipanti allo Harvard Kalahari Project. Uno de- gli scopi del progetto, condotto ufficial- mente tra la fine degli anni sessanta e l'inizio degli anni settanta (e al quale io partecipai in qualità di laureando), era quello di comprendere l'organizzazione delle società tradizionali basate sulla caccia e sulla raccolta. prima di descrivere la società !kung è i opportuno tracciare una breve storia del popolamento dell'Africa meridiona- le. Prima dell'inizio del I millennio dopo Cristo le regioni africane che si estendo- no a sud dello Zambesi erano abitate solo da cacciatori-raccoglitori che quasi certamente erano di bassa statura e di colore bruno chiaro e parlavano lingue khoisan (le quali, come quelle del grup- po san, sono caratterizzate da suoni avulsivi). In un'epoca ancora più lonta- na, i diversi gruppi di popolazioni posse- devano quasi certamente una lingua e una cultura comuni e poi, nel corso della successiva dispersione, si erano adattati alle condizioni specifiche delle regioni di insediamento. Alcuni si abituarono alle stagioni fredde caratteristiche della ca- tena dei Monti dei Draghi (Drakens Berg), altri alle aree costiere, con le loro ricche zone di pesca, altri ancora all'am- biente più arido dei deserti e delle regio- ni interne. I vari gruppi potevano essere classifi- cati in termini archeologici come popoli del Paleolitico superiore: le loro lame e i loro grattatoi erano fatti di pietra ed erano specializzati per compiti partico- più evidente negli ultimi 20 anni. I !kung, che un tempo erano e- stremamente mobili e potevano portare con sé tutti i loro beni, oggi possiedono bauli pieni di oggetti, sono divenuti più sedentarie meno solidali tra loro e hanno più contatti con le popolazioni vicine. La trasformazione dei !kung del Kalahari Perché dopo secoli di stabilità questa etnìa, che ha conservato fino agli anni settanta uno stile di vita basato sulla caccia e sulla raccolta, ha cominciato ad abbandonare molte delle sue usanze tradizionali? di John E. Yellen 78 LE SCIENZE n. 262, giugno 1990 LE SCIENZE n. 262, giugno 1990 79

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Gli uomini di stirpe !kung si procuravano tradizionalmente il cibocon la caccia (in alto); oggi però essi praticano anche la pastorizia(in basso) e i ragazzi non imparano più a cacciare. Questi e altricambiamenti nel modo di vita si sono manifestati in maniera sempre

/ ostudio della storia è finalizzato allacomprensione del presente, mad

qualche volta è il presente chepuò illuminare il passato. È questo il ca-so dei !kung, un popolo di lingua sanappartenente a quello che un tempo ve-niva denominato il gruppo dei boscima-ni. (Il punto esclamativo indica il suonoavulsivo, simile a uno schiocco di lingua,o click, che è tipico di molte lingue afri-cane.) I cambiamenti radicali che stannoavvenendo nella cultura !kung permet-tono di chiarire uno dei problemi fonda-mentali dell'antropologia: perché quasitutte le società basate sulla caccia e sullaraccolta scompaiono rapidamente dopoessere venute in contatto con le societàche hanno domesticato piante e animali?

Questa rapida scomparsa non è facil-mente spiegabile. Dopo tutto, la strate-gia della caccia e della raccolta di pianteselvatiche è stata abbastanza efficace daconsentire la sopravvivenza di esseriumani anatomicamente moderni dallaloro comparsa, più di 50 000 anni fa, finoa un'epoca posteriore alla domesticazio-ne delle prime piante e animali, avvenu-ta circa 10 000 anni fa. L'interpretazionepiù comune è che molte società tradizio-nali, riconoscendo i benefici alimentaridell'allevamento e dell'agricoltura, ab-biano abbandonato il precedente stile divita dopo essere venute a contatto con lenuove strategie di sussistenza. Eppurenumerose osservazioni indicano che inmolti casi la presunta inadeguatezza del-le pratiche di caccia e raccolta è una spie-gazione chiaramente erronea.

Gli archeologi hanno dimostrato, peresempio, che la strategia di caccia e rac-colta può essere in realtà più vantaggio-sa dell'allevamento e dell'agricoltura.Analisi dettagliate di resti scheletrici ri-trovati in varie zone dell'America Set-tentrionale dimostrano che per alcunigruppi umani il passaggio all'agricolturafu svantaggioso dal punto di vista di una

dieta bilanciata, della salute e della lon-gevità. Così pure in epoca moderna si èosservato che, quando episodi di siccitàcolpiscono l'Africa meridionale, i gruppiche si basano soprattutto sulla caccia esulla raccolta di solito vengono danneg-giati di meno rispetto a quelli che di-pendono principalmente dal bestiame edalle colture, che hanno bisogno di mol-ta acqua.

Oltre a ciò le pratiche di caccia e rac-colta probabilmente non sono così fati-cose e poco redditizie come di norma siè portati a credere. Negli anni sessantaRichard B. Lee, allora laureando all'U-niversità della California a Berkeley,scoprì che i !kung, che a quell'epoca era-no fra i pochi gruppi umani al mondo aprocurarsi ancora gran parte del propriosostentamento con la caccia e la raccolta,non vivevano affatto al limite della fame,sebbene abitassero nell'ambiente ostiledel Kalahari. (Il territorio dei !kung siestende nella parte nordoccidentale delBotswana e nelle regioni confinanti dellaNamibia e dell'Angola.) Anzi, essi era-no impegnati nella ricerca del cibo soloper alcune ore al giorno.

Come si spiega, allora, il declino dellesocietà basate sulla caccia e sulla raccol-ta? Non è possibile dirlo con certezza,ma lo studio dei recenti cambiamenti av-venuti fra i !kung sta fornendo una spie-gazione che potrebbe dimostrarsi validaanche per fenomeni analoghi avvenutiun po' in tutto il mondo. Oggi i ragazzi!kung non imparano più a cacciare e al-cune delle norme di comportamento chedavano coesione alla loro società stan-no lentamente perdendo valore. Sembrache uno dei principali fattori di cambia-mento sia stata l'improvvisa disponibi-lità di nuovi beni; forse un fenomenoanalogo ha contribuito al declino del-le società di cacciatori-raccoglitori delpassato.

È una fortuna che sia stato possibile

ottenere un quadro abbastanza partico-lareggiato della cultura tradizionale dei!kung prima che si manifestassero muta-menti radicali. Il merito di aver raccoltodati in proposito spetta a numerosi ricer-catori, fra i quali ricordo l'antropologaindipendente Lorna Marshall, che iniziòa studiare questa popolazione nel 1951,Irven DeVore, Lee e altri partecipantiallo Harvard Kalahari Project. Uno de-gli scopi del progetto, condotto ufficial-mente tra la fine degli anni sessanta el'inizio degli anni settanta (e al quale iopartecipai in qualità di laureando), eraquello di comprendere l'organizzazionedelle società tradizionali basate sullacaccia e sulla raccolta.

prima di descrivere la società !kung èi opportuno tracciare una breve storiadel popolamento dell'Africa meridiona-le. Prima dell'inizio del I millennio dopoCristo le regioni africane che si estendo-no a sud dello Zambesi erano abitatesolo da cacciatori-raccoglitori che quasicertamente erano di bassa statura e dicolore bruno chiaro e parlavano linguekhoisan (le quali, come quelle del grup-po san, sono caratterizzate da suoniavulsivi). In un'epoca ancora più lonta-na, i diversi gruppi di popolazioni posse-devano quasi certamente una lingua euna cultura comuni e poi, nel corso dellasuccessiva dispersione, si erano adattatialle condizioni specifiche delle regioni diinsediamento. Alcuni si abituarono allestagioni fredde caratteristiche della ca-tena dei Monti dei Draghi (DrakensBerg), altri alle aree costiere, con le lororicche zone di pesca, altri ancora all'am-biente più arido dei deserti e delle regio-ni interne.

I vari gruppi potevano essere classifi-cati in termini archeologici come popolidel Paleolitico superiore: le loro lame ei loro grattatoi erano fatti di pietra ederano specializzati per compiti partico-

più evidente negli ultimi 20 anni. I !kung, che un tempo erano e-stremamente mobili e potevano portare con sé tutti i loro beni, oggipossiedono bauli pieni di oggetti, sono divenuti più sedentarie menosolidali tra loro e hanno più contatti con le popolazioni vicine.

La trasformazionedei !kung del Kalahari

Perché dopo secoli di stabilità questa etnìa, che ha conservato finoagli anni settanta uno stile di vita basato sulla caccia e sulla raccolta,ha cominciato ad abbandonare molte delle sue usanze tradizionali?

di John E. Yellen

78 LE SCIENZE n. 262, giugno 1990

LE SCIENZE n. 262, giugno 1990 79

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REP. SUDAFRICANA

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In Africa meridionale vivono molti gruppi indigeni di lingua san (un tempo chiamatiboscimani ), alcuni dei quali hanno seguito uno stile di vita basato essenzialmente sul-la caccia e sulla raccolta fino a pochi anni fa. I !kung, forse i meglio studiati fra i po-poli di lingua san, vivono nel Kalahari, a cavallo fra Botswana, Namibia e Angola. Le attua-li conoscenze su questo gruppo umano sono state fornite in gran parte da studi archeolo-gici e antropologici condotti da vari ricercatori nella regione di Dobe, in Botswana.

lari. Tra di essi non era ancora presen-te alcuno dei tratti che hanno caratteriz-zato le culture dell'Età del ferro: la do-mesticazione di ovini e bovini, la colti-vazione di cereali come miglio e sorgo,la produzione di ceramica e la lavorazio-ne del ferro e del rame.

Le prime influenze delle culture del-l'Età del ferro apparvero in Africa me-ridionale all'inizio del I millennio dopoCristo quando, in base alla documenta-zione archeologica, cominciarono a es-sere introdotti occasionalmente merci discambio e animali domestici, probabil-mente attraverso contatti con popolazio-ni stanziate più a settentrione. I manu-fatti furono ben presto seguiti da coloroche li avevano prodotti. Questi immi-granti provenienti dal nord parlavanoper lo più lingue bantu e, rispetto ai cac-ciatori-raccoglitori, erano di statura piùalta e di pelle più scura. Direttamente oindirettamente, tutti i gruppi di caccia-tori-raccoglitori finirono per avere con-tatti con i nuovi arrivati e con le lorotecnologie e, più tardi, con vari gruppidi invasori europei: olandesi e portoghe-si a partire dal XV e XVI secolo e poianche inglesi e tedeschi.

La documentazione materiale e i reso-conti dei coloni europei indicano che al-cuni dei gruppi di cacciatori-raccoglitorifurono sterminati dagli invasori. Nellamaggioranza dei casi, dai dati forniti da-gli studi genetici, dall'analisi linguisti-ca e da altri metodi si può dedurre chegli svariati gruppi si disgregarono (forza-tamente o spontaneamente) e spesso simescolarono ai loro nuovi vicini tramitevincoli matrimoniali.

In taluni casi i cacciatori-raccoglitoririuscirono a conservare una loro distintaidentità genetica e culturale. Alcuni diessi, alterando molte pratiche tradizio-nali, diedero vita a culture nuove. (Peresempio, i primi coloni olandesi che rag-giunsero l'estremità meridionale dell'A-frica incontrarono gli «ottentotti», u-na popolazione di lingua khoisan che al-levava mandrie di ovini e bovini.) Tut-tavia, nella regione desertica del Kar-roo (Repubblica Sudafricana) e nel Ka-lahari settentrionale alcune popolazionidi cacciatori-raccoglitori - compresi i!kung - non solo si mantennero intatte,ma conservarono anche molti dei lorousi tradizionali.

In effetti, ancora nel 1968, quando vi-

sitai per la prima volta il Kalahari nel-l'ambito dello Harvard Project, la mag-gior parte degli uomini e delle donne!kung nella regione di Dobe (Botswana)vestiva ancora con pelli di animali etraeva sostentamento soprattutto dallacaccia e dalla raccolta. (Dobe è il sitostudiato più intensamente nel corso delprogetto; i suoi abitanti sono, con tut-ta verosimiglianza, ben rappresentatividella popolazione !kung vivente in un'a-rea più vasta.) È vero che già da lungotempo gli utensili in ferro avevano so-stituito quelli in pietra e che i conte-nitori di plastica e metallo avevano rim-piazzato quelli di ceramica; ma gli uomi-ni continuavano a cacciare con archi efrecce avvelenate e le donne non ave-vano smesso di cercare quotidianamen-te piante e tuberi commestibili con l'aiu-to del kibi, il caratteristico bastone dascavo.

Ci sembrava quanto meno che le per-sone che incontravamo si comportasseroin maniera generalmente simile ai lorolontani antenati. Alcuni studiosi dissen-tono, sostenendo che già i predecessoridei cacciatori-raccoglitori del XX secoloavessero probabilmente subito radicalimutamenti culturali nei loro contatti conle popolazioni dell'Età del ferro. A lo-ro parere quindi i cacciatori-raccoglitoriattuali, compresi i !kung, avrebberoconservato ben poco degli usi e costumidel passato.

Secondo me, vi sono forti elementi asostegno dell'ipotesi che i !kung studiatinei primi anni dello Harvard Project pre-sentassero notevoli rassomiglianze con iloro lontani antenati. Per esempio, hostabilito che la tipologia degli utensiliin pietra portati alla luce in quello cheattualmente è territorio !kung rimasenotevolmente costante fino alla fine delXIX secolo (quando nacquero i nonnidegli attuali !kung adulti). Questa sco-perta indica che la regione fu probabil-mente popolata senza interruzioni da unsolo gruppo culturale, i cui metodi dicaccia e raccolta e di fabbricazione deimanufatti non vennero quasi influenzatidalle contemporanee culture dell'Etàdel ferro.

Quali erano gli usi tradizionali dei!kung? Le osservazioni compiute

negli anni cinquanta e sessanta dimostra-no che la strategia adottata da questogruppo per procurarsi il cibo - e di fattola sua intera organizzazione sociale - eraparticolarmente ben adattata alla so-pravvivenza nel Kalahari. In questa re-gione il regime delle piogge può variaredrasticamente di anno in anno e da zonaa zona, dando forti variazioni nella di-sponibilità di cibo.

Per procurarsi quanto era necessarioper il sostentamento i !kung adottavanouna strategia non specializzata. Anzichélimitarsi a cacciare un numero ristrettodi specie, come sarebbe stato possibilefare in un ambiente più uniforme, essicercavano di sfruttare al massimo le ri-

sorse disponibili e quindi riuscivano disolito a trovare qualcosa da mangiare an-che quando i loro cibi preferiti eranoscarsi. Lee scoprì che gli uomini caccia-vano più di 60 specie di animali, che va-riavano per dimensioni dalla lepre al bu-falo; da parte loro, le donne sapevanoriconoscere più di 100 specie commesti-bili di piante e ne raccoglievano ancheuna decina di varietà in un solo giorno.

Il rispetto di comuni norme di com-portamento nella ricerca del cibo facevasì che non vi fosse competizione per lelimitate risorse offerte dal deserto. Peresempio, i vari gruppi erano organizzatinon rigidamente in bande e ogni bandaaveva il diritto di cercare cibo in un'areaben determinata.

Durante la stagione asciutta i membridi una banda si riunivano e costituivanoun accampamento presso un punto d'ac-qua (una sorgente permanente) che perconsuetudine apparteneva a quella ban-da. Ogni giorno singoli individui o pic-coli gruppi di persone si allontanavanodall'accampamento alla ricerca di cibo.Nel corso del resto dell'anno, quando lepiogge divenivano più abbondanti e l'ac-qua piovana si raccoglieva in depressionipoco profonde, le bande si disperdeva-no; i piccoli gruppi cercavano sostenta-mento in zone meno frequentate, rima-nendovi anche solo per un giorno (e co-munque sempre meno di due mesi) pri-ma di spostarsi.

Il sistema delle bande facilitava in ef-fetti le migrazioni verso zone miglioriquando il territorio assegnato a una da-ta banda era improduttivo o le risorsecominciavano a scarseggiare. L'apparte-nenza a una banda non era fissa e quin-di una famiglia poteva facilmente unirsia una nuova banda che avesse maggioresuccesso.

Si considerino le possibilità a disposi-zione di una coppia sposata, i cui sposta-menti non venissero intralciati dai pochibeni materiali posseduti. I due coniugipotevano vantare il diritto di unirsi allebande dei genitori di entrambi e quindipotevano scegliere fra non meno di quat-tro territori; inoltre potevano entrare afar parte di una banda alla quale avevanodiritto i loro fratelli o sorelle. Se la cop-pia aveva figli sposati, poteva, in alter-nativa, procurarsi il cibo nei territori adisposizione dei coniugi dei figli; e in ef-fetti molti genitori combinavano i matri-moni dei figli tenendo conto dei beneficiterritoriali che potevano derivarne. Al-cuni individui potevano anche vantare ildiritto di appartenere a una data bandasulla base di legami familiari meno diret-ti e di amicizie.

I valori sociali dei !kung completava-no questo flessibile sistema di bande,contribuendo a garantire un'equa distri-buzione del cibo. L'aspetto più notevoleera l'etica della condivisione che forma-va il nucleo del sistema di valori stabilitodalla società !kung. Era consuetudineper una famiglia ospitare i parenti chefacevano visita all'accampamento. Oltre

I passato un accampamento costruito durante la stagione delle piogge durava spesso solouno o due giorni prima che gli occupanti si spostassero in un nuovo sito. Nell'accampamen-to ci si radunava presso i focolari che erano posti davanti ai ripari. Gli accampamenti dellastagione asciutta avevano aspetto simile, ma erano occupati per settimane o mesi. Oggimolte famiglie abitano accampamenti semipermanenti anche nella stagione delle piogge.

Un cacciatore che scava alla ricerca di tuberi è un esempio delle strategie di sussistenzanon specializzate adottate tradizionalmente dai !kung, che facevano fronte all'ambienteimprevedibile del Kalahari utilizzando la maggiore varietà possibile di risorse alimentari.

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MAMMIFERI MAMMIFERI MAMMIFERI RETTILI UCCELLIDI GRANDE TAGLIA DI MEDIA TAGLIA DI PICCOLA TAGLIA E ANFIBI

CUDU MAGGIORE RAFICERO LEPRE SALTATRICE VIPERA SOFFIANTE FARAONABOVINI CAPRA ISTRICE RANA POLLI

1944-1962 1,40 2,40 1,80 0,80 1,20

1963-1968 2.86 2,86 2,14 1,71 1,86

1970-1971 2,33 3,33 2,33 1,67 1,33

1972-1975 2,00 2,75 2,00 1,25 2,25

NUMERO MEDIO DI SPECIE

L'alimentazione dei !kung rimase molto varia tra il 1944 e il 1975,a giudicare dall'analisi delle ossa di animali scavate in accam-pamenti semipermanenti a Dobe. L'autore ha identificato e contatole ossa in ciascun sito per determinare il numero relativo di speciedi mammiferi di grande, media e piccola taglia e di rettili, anfibi euccelli consumati in ciascun accampamento nei corso di quattroperiodi. (Sono mostrati solo alcuni esempi.) La distribuzione delleossa è mutata di poco, il che indica che la varietà si è con-

servata, conformemente alla strategia di sussistenza non specializ-zata dei !kung. Il mantenimento di una dieta diversificata anche do-po l'acquisizione di animali domestici negli anni settanta indica cheil gruppo non dipendeva dalle proprie greggi, ma le consideravauna risorsa alimentare alla pari di molte altre. Perciò la diffusa opi-nione che l'inadeguatezza delle strategie di sussistenza abbia spintole società di cacciatori-raccoglitori del passato ad abbandonare illoro stile di vita tradizionale non sembra valida per i !kung di Dobe.

PERIODO n.Yokpos,

1.dirfla(

Questa coppia sposata di Dobe ha svuotato un baule, su richiesta di un'antropologa, permostrare gli oggetti accumulati fino al 1976. È possibile che sia stata l'acquisizione di benimateriali a favorire la trasformazione della cultura !kung. Secondo l'autore, quando imembri di questo gruppo cominciarono a considerare gli oggetti voluttuari come «denaroinvestito» e a tesaurizzarli (in antitesi con l'etica tradizionale della condivisione) perseroin gran parte la loro mobilità. Le dispute non potevano più essere risolte nel modo abituale,con l'allontanamento reciproco dei contendenti; molti individui si rivolsero perciò alleautorità dei loro vicini bantu per ottenere un arbitrato. All'aumentare dell'integrazionein seno alla società bantu corrispose una trasformazione culturale sempre più accentuata.

a ciò, la cortesia imponeva che la carnedelle prede più grosse venisse distribuitaanche al di fuori del nucleo familiare;questa forma di galateo rappresentava,in realtà, una valida strategia di soprav-vivenza: un cacciatore che avesse uccisoun animale delle dimensioni di una gros-sa antilope avrebbe avuto difficoltà, an-che con l'aiuto della moglie e dei figli, amangiarne tutta la carne. Condividendoinvece il bottino, il cacciatore faceva sìche coloro che aveva beneficato si sen-tissero obbligati a ricambiare il favorein futuro.

Così pure si potevano stabilire relazio-ni formali fra individui non legati da pa-rentela facendo dono, a intervalli nonregolari, di oggetti pregiati quali coltellio punte di lancia in ferro. Il dono nonveniva ricambiato immediatamente, co-sicché uno dei due individui era semprein debito con l'altro. Pauline Weissner,mentre preparava la tesi di laurea all'U-niversità del Michigan ad Ann Arbor,analizzò questi rapporti di mutuo bene-ficio e concluse che essi venivano strettidi proposito fra individui che abitavanoin territori distanti. Presumibilmente sisperava che il ricevente avesse qualcosada offrire quando certi beni diventavanodifficili da ottenere. Di conseguenza,nella tradizionale visione del mondo dei!kung, la sicurezza era ottenuta condivi-dendo anziché accumulando, vale a diregarantendosi crediti sui quali si potevacontare in caso di bisogno.

È chiaro che la mobilità era un pre-supposto fondamentale per conservare i

rapporti di mutuo beneficio su lunghedistanze e per potersi trasferire altrovequando le condizioni per l'approvvigio-namento erano sfavorevoli. Anche ilmodo di amministrare la giustizia pressoi !kung si basava sugli stessi presuppostidi facile mobilità. Come avveniva inmolti altri gruppi tradizionali di caccia-tori-raccoglitori, la società !kung era pri-va di una figura-guida: nessuno aveval'incarico di dirimere eventuali dispute.In caso di gravi discordie, i contendenti,individui o gruppi, si limitavano ad al-lontanarsi l'uno dall'altro, aggregandosia bande che frequentavano territori mol-to distanti. Finché tutti erano in grado ditrasportare con sé i pochi beni posseduti,e quindi di trasferirsi senza problemi,questo metodo funzionò a dovere.

Il modo di vita tradizionale dei !kung,quindi, era ben adattato all'ambiente delKalahari. Il loro uso delle risorse non eraspecializzato e l'etica della condivisionegarantiva che anche coloro che avevanomeno successo nel trovare il cibo riuscis-sero comunque ad alimentarsi. Poichéuna famiglia non possedeva più beni diquanti era in grado di trasportare, nonaveva difficoltà a spostarsi quando le ri-sorse diventavano scarse o le disputetroppo accese.

Già nel 1975, tuttavia, i !kung stavanosubendo una trasformazione cultu-

rale, almeno a giudicare da quanto si po-teva osservare a Dobe. Avevo lasciato lalocalità nel 1970 e quando vi tornai, cin-que anni dopo, scoprii che nel frattempo

molte famiglie avevano adottato i modidi vita dei vicini bantu. Parecchie di essepossedevano campi coltivati, greggi dicapre e in qualche caso anche una vacca.Pochi ragazzi imparavano ancora a cac-ciare; gli archi e le frecce di stile tradi-zionale venivano fabbricati prevalente-mente per la vendita in tutto il mondocome prodotti tipici di artigianato locale.Tutti portavano abiti fatti in serie anzi-ché pelli di animali e le tradizionali ca-panne di materiale vegetale erano statein gran parte sostituite da strutture piùsolide, con le pareti fatte di mattoni difango, che rimanevano abitate per perio-di più lunghi che in passato.

Era chiaro che l'improvvisa disponibi-lità di denaro e di beni era in gran parteresponsabile di questi cambiamenti. IlBotswana divenne uno Stato indipen-dente nel 1966, dopo essere stato protet-torato britannico con il nome di Bechua-naland. Il nuovo Governo incoraggiòimmediatamente l'allevamento e lo svi-luppo dell'agricoltura, per esempio for-nendo ai !kung asini da adibire al trainodi semplici aratri. Inoltre prese prov-vedimenti per garantire l'acquisto deiprodotti artigianali tradizionali (comele collane di perline), contribuendo intal modo all'introduzione nella comuni-tà di somme di denaro inusitate. Piùtardi, quando i !kung della Namibia (al-lora protettorato della Repubblica Suda-fricana) vennero arruolati nell'esercitosudafricano, i !kung del Botswana rice-vettero in misura ancora maggiore dena-ro e beni, soprattutto grazie ai contatti

con i membri della loro stessa etnìa.Tuttavia l'esatto significato di questi

mutamenti esteriori rimaneva poco chia-ro. Fino a che punto il bestiame e i campicoltivati, i nuovi vestiti e le abitazioni piùsolide rispecchiavano un indebolimentodella struttura e della coesione della so-cietà !kung? Perché uomini e donne cheda molto tempo praticavano con succes-so la caccia e la raccolta e che non eranostati costretti a cambiare avevano decisodi assumersi il gravoso carico del bestia-me e delle colture, compromettendo intal modo la propria mobilità? Le ricer-che archeologiche da me condotte a Do-be fra il 1975 e il 1982 (dapprima comericercatore della Smithsonian Institutione poi alle dipendenze della NationalScience Foundation) e le osservazionicompiute da altri studiosi nello stessoperiodo forniscono alcuni elementi inproposito.

In realtà, quando tornai nel 1975 aDobe, le mie preoccupazioni più imme-diate erano di carattere metodologico.Speravo di scoprire che cosa accadessealle ossa degli animali cacciati dopo chele carcasse erano state scartate e quindiseppellite da processi naturali; queste in-formazioni erano importanti per lo svi-luppo di tecniche archeologiche intese adeterminare in che modo i cacciatori delpassato uccidessero, macellassero e cuo-cessero le loro prede. Pensavo che, loca-lizzando i resti di vecchi focolari intornoai quali le famiglie consumavano il cibo,avrei potuto raccogliere una vasta seriedi ossa - resti di pasti - sulle quali veri-ficare alcune ipotesi. Più tardi mi resiconto che i dati da me raccolti nel corsodi questo lavoro potevano anche fornireinformazioni sulla trasformazione subitadai !kung.

Una parte del mio studio consistettenell'identificare e cartografare la posi-zione delle capanne e dei relativi focola-ri, retrocedendo nel tempo fino al 1944.Portai quindi alla luce le ossa che eranostate gettate nei focolari e intorno a essie identificai le specie alle quali erano ap-partenute. Nelle visite successive al 1975non effettuai più questo lavoro di scavo,ma continuai a cartografare gli attualiaccampamenti; alla fine avevo accumu-lato quasi 40 anni di dati relativi alle mo-dalità di insediamento.

Gli accampamenti erano di solito oc-cupati dalla stessa «famiglia allargata» eda parenti stretti, quali suoceri e generi,benché gli specifici individui che vi si ri-univano non fossero sempre gli stessi dianno in anno. Nei siti più antichi, dovetutte le tracce visibili di occupazione era-no scomparse, le capanne e i focolari(questi ultimi posti normalmente all'e-sterno di una capanna, di fronte all'in-gresso) vennero identificati con l'aiutodei membri anziani delle famiglie che ri-cordavano ancora la posizione dei loroaccampamenti.

I miei dati erano in accordo con la con-clusione che verso la metà degli anni set-tanta i tradizionali valori !kung, come

l'enfasi sui legami familiari e sull'inter-dipendenza, non regolavano più il com-portamento con la stessa forza di un tem-po. I dati indicavano anche che, a dispet-to delle apparenze, i !kung avevano con-servato la «mentalità» dei cacciatori-rac-coglitori. Essi avevano adottato la pasto-rizia senza fare alcuna distinzione signi-ficativa fra il loro bestiame e le altre ri-sorse alimentari disponibili. Questa sor-prendente scoperta chiariva che i fatto-ri responsabili della trasformazione dei!kung non erano da ricercare nella limi-tatezza del sistema di approvvigiona-mento del cibo.

T a mia impressione che i valori tradi-zionali stessero perdendo la propria

influenza sul comportamento derivavasoprattutto dall'analisi delle mappe cheavevo tracciato (combinata con altre os-servazioni). Gli accampamenti !kungtradizionali, indicati nelle prime 25 map-pe circa, erano tipicamente disposti a cir-colo, con gli ingressi delle capanne rivol-ti verso il centro del cerchio. Inoltre lecapanne erano ravvicinate, in modo chedall'ingresso di una di esse fosse possibi-le vedere in quasi tutte le altre.

Gli accampamenti rimasero ristretti echiusi in se stessi fino all'inizio degli annisettanta, quando, all'improvviso, la di-stanza fra le capanne aumentò in misurasignificativa. Nello stesso tempo la siste-mazione circolare delle capanne cedetteil passo a disposizioni lineari e di altro

tipo, che garantivano più intimità allediverse famiglie; inoltre, negli ultimi dueaccampamenti da me cartografati (nel1981 e nel 1982) molti dei focolari, chein passato erano stati punti focali perl'interazione sociale , erano localizzati al-l'interno delle capanne anziché di frontea esse. I cambiamenti furono così bru-schi che si può dire che la tipologia del-l'accampamento si sia trasformata senzaambiguità da «chiusa» ad «aperta» nelgiro di pochi anni. Per logica conseguen-za, queste variazioni nella disposizionedegli accampamenti indicano che nellaprima metà degli anni settanta avvenne-ro mutamenti importanti anche nelletradizionali norme sociali di apertura econdivisione.

Questa conclusione è sostenuta da al-tri elementi. Nel 1976 Diane E. Gel-burd , allora laureanda della GeorgeWashington University, fece un inventa-rio dei beni materiali posseduti da cia-scun individuo a Dobe e confrontò i suoidati con quelli ottenuti nel 1963 da Leein un'analoga ricerca. Mentre Lee avevaosservato che la maggior parte degli abi-tanti poteva facilmente portare con sétutto ciò che possedeva, la situazionerilevata dalla Gelburd era drasticamen-te diversa.

Ella notò che molti !kung possedeva-no oggetti di grandi dimensioni e difficilida trasportare, come aratri e pentole diferro. Con il denaro che si erano improv-visamente trovati a possedere avevano

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Una famiglia !kung vive in una comunità bantu. Via via che i !kung tendono ad assomigliaresempre più ai loro vicini, la loro cultura, che un tempo i testi di antropologia ritenevanoesemplare dello stile di vita basato sulla caccia e sulla raccolta, sembra destinata a sparire.

3

SIEPI SPIN6SE

in modo che da un dato punto si potesse vedere in molte capanne.Poi questa tipologia di accampamento cambiò bruscamente (al cen-tro): la distanza media fra una capanna e l'altra aumentò e appar-vero disposizioni meno compatte, lineari e di altro tipo, al posto diquella circolare. Le abitazioni - che in passato erano fatte di rami(a) - andarono assomigliando sempre più alle capanne semiperma-nenti dei bantu con muri di fango essiccato (b) e, a volte,

C

- RUTTURA DI DEPOSITO PIATTAFORMA DI DEPOSITOSEMPLICE

comprato beni quali perline di vetro, ve-stiti e coperte di ricambio, che conser-vavano in bauli di metallo (spesso chiusia chiave) dentro le loro capanne. In mol-ti casi questi oggetti eccedevano di granlunga le necessità della singola famigliae potevano essere considerati come unaforma di risparmio o di investimento. Inaltri termini, i !kung avevano adotta-to comportamenti decisamente antiteticirispetto al loro tradizionale sistema dellacondivisione.

Tuttavia essi continuavano ad affer-mare la necessità di condividere e mo-stravano imbarazzo nell'aprire i lorobauli di fronte alla Gelburd. E chiaroche i valori da essi proclamati non re-golavano più le loro attività. Sebbene innessuna società gli ideali dichiarati eil comportamento osservato coincidanoperfettamente, a Dobe nel 1976 la di-scordanza era divenuta estrema.

In quale modo i miei dati tratti dallostudio delle ossa di animali chiarisco-

no le cause dei mutamenti sociali cosìevidenti negli anni settanta? La presen-za di animali domestici e di campi colti-vati a Dobe mi spinse a ipotizzare che icambiamenti da me osservati nei !kungpotessero essere ricondotti, attraverso

C CAPANNA

X FOCOLARE

STRUTTUREDI DEPOSITO

qualche sequenza di avvenimenti, a unadisaffezione nei confronti dello stile divita basato sulla caccia e la raccolta. Sele ossa avessero indicato che verso la me-tà degli anni settanta i !kung ottenevanola carne quasi esclusivamente dagli ani-mali domestici si sarebbe potuto conclu-dere che i mutamenti delle strategie disussistenza avevano preceduto gli altridrastici cambiamenti sociali e forse liavevano determinati.

I miei dati hanno confermato la pre-cedente impressione che fino alla finedegli anni cinquanta i !kung fossero qua-si esclusivamente cacciatori-raccoglitori:in effetti, nei siti risalenti a quel periodo,le ossa degli animali domestici sono rare.Poi, negli anni sessanta, il consumo dicarne di ovini e bovini domestici aumen-tò notevolmente; le ossa rinvenute di-mostrano che nel 1974 e 1975 questi ani-mali erano quelli consumati più frequen-temente. Anche la frequenza di consu-mo del pollame aumentò durante lo stes-so periodo, sebbene i !kung di Dobe nonabbiano mai mangiato grandi quantità diquesti animali importati.

Nello stesso arco di tempo, dal 1944 al1975, andò declinando la popolarità untempo considerevole di alcuni animaliselvatici, fra cui il cudu maggiore (una

KRAALPER CAPRE.'

Cax

grossa antilope cacciata regolarmentenella stagione secca) e due antilopi ditaglia minore, il cefalofo e il raficero.

Un esame superficiale di questi datiavrebbe potuto far pensare che i !kungstessero effettivamente abbandonandola caccia, ma considerando più attenta-mente la questione si notava che i bovinidomestici erano essenzialmente sostitutidei cudu, trattandosi in entrambi i casidi animali di grossa mole, mentre gli ovi-ni, che hanno all'incirca le stesse dimen-sioni di cefalofi e raficeri, rimpiazzavanodirettamente questi ultimi nella dieta. Siè visto anche che il numero di specie rap-presentate in ciascun accampamento re-stava essenzialmente lo stesso, come pu-re la ripartizione in specie di taglia pic-cola, media e grande. Questo significache, se l'alimentazione carnea dei !kungnegli anni quaranta era fornita normal-mente da 10 specie, la metà delle qualipiccole, il 30 per cento medie e il 20 percento grandi, nel 1975 si sarebbe osser-vata in un accampamento all'incirca lastessa distribuzione, benché le speciedi ciascuna categoria potessero esserediverse.

Queste osservazioni dimostrano che i!kung non ridussero la varietà della lorodieta, come sarebbe stato logico aspet-

x

KRAAL•

PER ASINI

tarsi se avessero abbandonato la lorostrategia tradizionale non specializzataper dedicarsi alla pastorizia, che di solitocomporta una dipendenza da un numerolimitato di specie animali. Perciò mi resiconto che, sebbene gli antropologi pos-sano considerare gli animali «selvatici»fondamentalmente diversi da quelli «do-mestici», fino al 1975 i !kung non face-vano questa distinzione. Dal loro puntodi vista, le capre erano essenzialmenteidentiche a ogni altro animale di mediataglia (in quanto fornivano una discretaquantità di carne ed erano relativamentefacili da trasportare) e le vacche eranoassimilabili ad altri animali di grossa mo-le. Se un animale era facile da ottenere,allora i !kung se ne cibavano, ma è chiaroche essi non dipendevano affatto dal lorobestiame a esclusione di ogni altra risor-sa animale.

Altre informazioni supplementari raf-forzano la conclusione che i !kung, nel1975, non si consideravano pastori. Peresempio, mentre i bantu, per i quali ilbestiame è una fonte di prestigio oltreche una risorsa alimentare, erano prontia uccidere una iena che predasse i loroanimali, molti !kung non si davano lapena di fare niente del genere. Ritengoche i !kung sarebbero stati meno indif-

vennero costruite isolate e cinte da unasiepe. I focolari, che in precedenza erano illuogo d'incontro dei membri del gruppo,furono in molti casi spostati all'interno del-le capanne. I kraal (recinti per animali) as-sunsero una posizione centrale e apparveroanche strutture di deposito private (c).

ferenti se avessero considerato il bestia-me una fonte indispensabile di carne.Così pure essi sembravano concepire l'a-gricoltura e i lavori pagati che effet-tuavano per conto dei bantu e degli an-tropologi - attività che svolgevano perpoche ore al giorno e per brevi periodi -allo stesso modo della pastorizia: per lo-ro si trattava semplicemente di risorse disussistenza in più.

osì, anche negli anni settanta, i!kung mantennero un tipo di strate-

gia non specializzata, evitando di dipen-dere da un unico tipo di risorsa. È chiaroche questa impostazione era sufficiente-mente adattabile da consentire la transi-zione dalla caccia e dalla raccolta a unaeconomia mista senza sconvolgere l'or-dinamento sociale.

Se non sono stati né la scarsa disponi-bilità di cibo né fattori esterni di coerci-zione a dare inizio alla trasformazionedei !kung, allora quali ne possono esserele cause? È probabile che a motivarlasiano state le tensioni interne prodottedal desiderio di possedere quei beni ma-teriali che erano divenuti facilmente ac-cessibili. Presenterò qui una ricostruzio-ne plausibile della sequenza di eventi chehanno portato alla situazione odierna,basata sui miei dati cartografici, sul la-voro della Gelburd e sui contatti che hoavuto con i !kung nel corso degli anni.La mia ricostruzione non vuole essereuna descrizione completa delle modalitàcon cui la cultura !kung è cambiata e deimotivi di tale cambiamento, ma mette inevidenza alcuni dei processi principaliche sembrano determinare la trasforma-zione di questa società.

Quando i !kung cominciarono a otte-

nere facilmente denaro, decisero di ser-virsene per acquistare oggetti che in pre-cedenza non avevano mai potuto procu-rarsi. Ben presto iniziarono a tesaurizza-re i beni anziché dipendere dai doni dialtri individui, e abbandonarono la loroprecedente interdipendenza. Nello stes-so tempo, forse anche perché si vergo-gnavano di non condividere ciò che pos-sedevano, cercarono di vivere in manie-ra più appartata. Mentre un tempo leconvenzioni sociali prescrivevano la vitain comune, vi era ora una discrepanza tradichiarazioni e realtà. Le capanne eranoposte a una certa distanza l'una dall'altrae le loro porte non si fronteggiavano più;inoltre il fatto che alcuni focolari fosserostati spostati all'interno faceva sì che leattività sociali che si svolgevano attornoa essi assumessero un carattere più pri-vato. Via via che le vecchie norme anda-vano perdendo importanza, i giovanierano sempre meno interessati a viverecome i loro padri. Non desideravano piùcacciare e quindi non cercavano più diimparare le tecniche tradizionali di sus-sistenza, preferendo invece il più facilecompito di allevare il bestiame.

Nello stesso tempo l'acquisizione dibeni materiali limitò la mobilità, e que-sto cambiamento cominciò a riflettersinella costruzione di capanne semiperma-nenti con muri di fango essiccato. L'in-staurarsi di un modo di vita sedentarioaccelerò ulteriormente le trasformazio-ni, in parte perché non era più possibilerisolvere gravi dissidi nella maniera tra-dizionale, ossia andando a raggiungere ipropri parenti in un'altra zona del terri-torio !kung.

Non potendo più risolvere le disputecome facevano i loro antenati, i !kung si

La disposizione degli accampamenti è mutata considerevolmentefra il 1944 e il 1982. I cambiamenti, evidenziati da una serie di rilievicartografici degli accampamenti semipermanenti, sembrano riflet-tere un declino nella coesione della società !kung. Fino all'iniziodegli anni settanta l'accampamento tradizionale !kung (a sinistra)era chiuso in se stesso: le capanne erano ravvicinate e disposteapprossimativamente in cerchio, con gli ingressi rivolti all'interno

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ARCHEOLOGIASugli scavi e le ricerche compiuti in tutto

il mondo alla scoperta delle civiltà del passato

LE SCIENZE

edizione italiana di SCIENTIFIC AMERICANha pubblicato numerosi articoli tra cui:

L'ARCHEOLOGIA SOCIALEDEI MONUMENTI MEGALITICI

di C. Renfrew (n. 185)

Pare che la transizione da tombe sempli-ci a monumenti complessi del tipo hen-ge. verificatasi nel Neolitico dell'Europaoccidentale, abbia coinciso con rawentodi un controllo politico centralizzato.

IL GRANDE TEMPIODI TENOCHTITLAN

di E. Matos Moctezuma (n. 194)

Il ritrovamento accidentale dei resti diquesto luogo di culto azteco, descrittodagli spagnoli prima che lo distruggesse-ro. ha condotto a uno scavo su vastascala nel cuore di Città di Messico.

LA CIVILTA DELL'URARTUdi M. Salvini (n. 204)

Avversario indomito dell'impero assiro, ilregno di Urartu si forma dopo un lungoprocesso di aggregazione politica nel IXsecolo a.C. e per circa due secoli dominal'intero territorio che costituirà [Armeniamedioevale.

I PROGETTI DI COSTRUZIONEDEL TEMPIO DI APOLLO A DIDIME

di I.. Haselberger (n. 210)

Sfuggita per secoli alle ricerche archeo-logiche, la tecnica di progettazione usatadai greci per costruire i templi è statarivelata di recente dalla scoperta che iprogetti venivano tracciati sui muri stessidel tempio in costruzione.

L'ARTE MURARIA DEGLI INCAdij.P. Protzen (n. 212)

Eseguendo personalmente il lavoro di ta-gliapietre in una cava incaica, l'autore èriuscito a spiegare come gli inca raggiun-gessero tanta precisione nel far comba-ciare gli enormi blocchi di pietra usatinelle loro costruzioni.

L'EMERGERE DELLA CIVILTÀ MAYAdi N. Hammond n. 218

Le scoperte dell'ultimo decennio hannodimostrato che quello che un tempo siriteneva uno sviluppo improvviso e rapi-do, avvenuto nel III secolo d.C., fu inrealtà un processo lento, iniziato ben pri-ma del Periodo classico.

ARCHI E VOLTENELL'ANTICO VICINO ORIENTE

di G.W. Van Beek In. 229:

Oggi si stanno riscoprendo i metodi con iquali, in Egitto, in Mesopotamia e nel Le-vante, vennero costruiti archi e volte soli-di ed esteticamente armoniosi, usandomattoni crudi essiccati al sole e legaticon fango.

ROTTE COMMERCIALI SWAHILIdi M. Horton (n. 231)

Nel X secolo, i naviganti swahili costitui-rono, lungo le coste dell'Africa orientale,una via commerciale che portò oro, avo-rio e cristallo di rocca in Europa, contri-buendo così allo sviluppo della civiltàmedioevale.

LO YEMENPRIMA DEL REGNO DI SABA

di A. de Maigret, F. Fedelee F. Di Mario (n. 234)

Ricerche italiane stanno dimostrandoche su un altopiano tropicale a oltre 2000metri e al margine del deserto arabicosono sorte culture che vanno dalla prei-storia alla costruzione di veri e propriStati dell'Età del ferro.

IL PORTO DI COSAdi A.M. McCann (n. 237)

Al suo apogeo. nel 100 a.C., contavauna fabbrica di anfore, una cantina, unallevamento di pesci, un sistema per di-stribuire l'acqua e moli di calcestruzzo, iltutto appartenente a una famiglia patriziadi imprenditori.

rivolsero ai capi delle vicine comunitàbantu per ottenere il loro arbitrato. Inquesto modo essi sacrificarono la pro-pria autonomia e, come altri gruppi san,iniziarono a dipendere sempre più dallasocietà bantu e a esservi incorporati. Ineffetti molte famiglie !kung attualmentehanno stretti legami con singoli bantu eli considerano alla stregua di protettori.

Da parte loro, i bantu hanno accettatoquesto ruolo e spesso si riferiscono ai!kung definendoli «i nostri boscimani».Oggi i matrimoni tra donne !kung e uo-mini bantu sono piuttosto comuni, il cheappare negativo per la coesione della so-cietà !kung. I figli nati da queste unionigodono di pieni diritti nel sistema bantu,potendo anche ereditare il bestiame, edè quindi più probabile che si considerinobantu anziché !kung.

Studi genetici condotti su molti popolidi lingua bantu dell'Africa meridionaleindicano che l'assimilazione di gruppiche parlavano lingue khoisan nelle socie-tà bantu è un processo che dura da seco-li. È molto probabile che alcuni di questigruppi khoisan e popolazioni simili in al-tre parti del mondo abbiano subito un'e-voluzione analoga a quella che oggi siosserva nei !kung di Dobe: l'acquisizio-ne di beni materiali determinò la perditadi mobilità e l'insorgere di tensioni so-ciali fatali per la coesione del gruppo.

Oggi la questione se sia possibile ap-plicare le conoscenze acquisite sui !kungalle società di cacciatori-raccoglitori delpassato può essere risolta nel modo mi-gliore paragonando le pressioni che siesercitano sui !kung con quelle subitedalle ultime società che si basano sullacaccia e sulla raccolta in Africa, in Asiae in America Meridionale. Questi grup-pi richiedono uno studio approfondito eimmediato. Se verranno ignorati, unafondamentale opportunità per compren-dere meglio il modo di vita dei caccia-tori-raccoglitori del passato e le causeche ne determinarono l'estinzione po-trebbe fra breve tempo andare perdutaper sempre.

BIBLIOGRAFIA

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