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LA TEORIA DI CALDER ´ ON-ZYGMUND DAL CASO LINEARE A QUELLO NON LINEARE GIUSEPPE MINGIONE Sommario. La teoria di Calder´on-Zygmund per equazioni ellittiche e para- boliche lineari ammette un analogo non lineare che si ` e andato man mano delineando sempre pi` u chiaramente negli ultimi anni. Di seguito si discutono alcuni risultati validi in questo ambito. 1. Divagazione preliminare Questo testo riprende gli argomenti che ho trattato nella mia conferenza generale all’ultimo Congresso dell’Unione Matematica Italiana, tenutosi a Bologna lo scorso Settembre 2011. Approfitto quindi di questa occasione per tentare un’operazione per me nuova (!), quella di scrivere finalmente un lavoro in italiano. Non che questo si leghi ad una delle gentili richieste degli organizzatori e degli editori del BUMI, ma ho pensato che dopo varie memorie scritte in inglese fosse l’ora di esprimersi almeno una volta anche in italiano. Se ne scrivono sempre meno di lavori in ita- liano ed ` e giusto cos` ı, per ovvie esigenze di comunicazione; il prezzo che per` o si paga ` e quello ovvio: per quanto riguarda la Matematica il linguaggio non si evolve e rigenera secondo i normali ritmi dettati dai cambiamenti della vita quotidiana, diventando statico e via via inattuale, obsoleto. Uno dei sintomi pi` u classici di que- sto processo ` e per esempio il prevalere, nelle normali discussioni professionali tra matematici italiani, di un linguaggio ibrido la cui struttura grammaticale di base ` e quella dell’italiano, ma sulla quale vanno man mano innestandosi, in maniera piut- tosto disordinata, vari inglesismi spesso forzati quali ad esempio la coniugazione italiana di verbi stranieri o l’italianizzazione di termini anglofoni. La mancanza di terminologia legata anch’essa alla sempre pi` u rada pratica della scrittura scientifica in italiano, porta all’improvvisazione linguistica, alla traduzione distratta, e, infi- ne, alla mancanza di compiutezza estetica quando non addirittura di correttezza grammaticale. Non si pu` o avere tutto d’altra parte, ma ogni tanto qualche lavoro in italiano non sarebbe male scriverlo, cos` ı, per aggiornare la lingua ma anche forse per “mantenersi in allenamento”. ll resto dell’articolo, distaccandosi anche nella presentazione dall’usuale modo di scrivere lavori di rassegna - ne ho gi` a scritti altri su questi argomenti - segue invece abbastanza fedelmente l’ordine e la selezione degli argomenti presentati al Congresso UMI, senza tentare espansioni o contrazioni, ma attenendosi all’esposi- zione originale degli argomenti e ad una usanza ormai dimenticata, che vede il testo scritto come “trascrizione della conferenza”. Il resto del lavoro sar` a scritto in prima persona plurale. 2. Il periodo classico Nell’ambito delle equazioni alle derivate parziali la teoria di Calder´ on-Zygmund classica risponde a domande come “Data un’equazione ellittica o parabolica lineare, ` e possibile determinare in modo ottimale l’integrabilit` a delle soluzioni in funzione di 1

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LA TEORIA DI CALDERON-ZYGMUND DAL CASO LINEARE A

QUELLO NON LINEARE

GIUSEPPE MINGIONE

Sommario. La teoria di Calderon-Zygmund per equazioni ellittiche e para-

boliche lineari ammette un analogo non lineare che si e andato man mano

delineando sempre piu chiaramente negli ultimi anni. Di seguito si discutonoalcuni risultati validi in questo ambito.

1. Divagazione preliminare

Questo testo riprende gli argomenti che ho trattato nella mia conferenza generaleall’ultimo Congresso dell’Unione Matematica Italiana, tenutosi a Bologna lo scorsoSettembre 2011. Approfitto quindi di questa occasione per tentare un’operazioneper me nuova (!), quella di scrivere finalmente un lavoro in italiano. Non che questosi leghi ad una delle gentili richieste degli organizzatori e degli editori del BUMI,ma ho pensato che dopo varie memorie scritte in inglese fosse l’ora di esprimersialmeno una volta anche in italiano. Se ne scrivono sempre meno di lavori in ita-liano ed e giusto cosı, per ovvie esigenze di comunicazione; il prezzo che pero sipaga e quello ovvio: per quanto riguarda la Matematica il linguaggio non si evolvee rigenera secondo i normali ritmi dettati dai cambiamenti della vita quotidiana,diventando statico e via via inattuale, obsoleto. Uno dei sintomi piu classici di que-sto processo e per esempio il prevalere, nelle normali discussioni professionali tramatematici italiani, di un linguaggio ibrido la cui struttura grammaticale di base equella dell’italiano, ma sulla quale vanno man mano innestandosi, in maniera piut-tosto disordinata, vari inglesismi spesso forzati quali ad esempio la coniugazioneitaliana di verbi stranieri o l’italianizzazione di termini anglofoni. La mancanza diterminologia legata anch’essa alla sempre piu rada pratica della scrittura scientificain italiano, porta all’improvvisazione linguistica, alla traduzione distratta, e, infi-ne, alla mancanza di compiutezza estetica quando non addirittura di correttezzagrammaticale. Non si puo avere tutto d’altra parte, ma ogni tanto qualche lavoroin italiano non sarebbe male scriverlo, cosı, per aggiornare la lingua ma anche forseper “mantenersi in allenamento”.

ll resto dell’articolo, distaccandosi anche nella presentazione dall’usuale mododi scrivere lavori di rassegna - ne ho gia scritti altri su questi argomenti - segueinvece abbastanza fedelmente l’ordine e la selezione degli argomenti presentati alCongresso UMI, senza tentare espansioni o contrazioni, ma attenendosi all’esposi-zione originale degli argomenti e ad una usanza ormai dimenticata, che vede il testoscritto come “trascrizione della conferenza”. Il resto del lavoro sara scritto in primapersona plurale.

2. Il periodo classico

Nell’ambito delle equazioni alle derivate parziali la teoria di Calderon-Zygmundclassica risponde a domande come “Data un’equazione ellittica o parabolica lineare,e possibile determinare in modo ottimale l’integrabilita delle soluzioni in funzione di

1

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quella del dato?”. Per fissare le idee, e opportuno considerare un problema modello,che ben funge da paradigma per quelli, piu generali, che verranno considerati diseguito. Consideriamo allora la classica equazione di Poisson

(2.1) −4u = µ ,

in Rn con n ≥ 2. Nel caso piu generale in cui risultati significativi sono disponibilisi puo considerare il caso in cui µ rappresenti una misura, mentre per semplicitaqui ci limiteremo a considerare il caso in cui µ ∈ C∞c (Rn) e a descrivere come siottengono stime a priori. Il caso in cui µ sia una misura puo poi essere facilmentetrattato tramite usuali procedimenti di approssimazione - si veda ad esempio laSezione 5 piu in basso. Torniamo allora all’equazione modello (2.1). La teoriaclassica di Calderon-Zygmund afferma la validita della stima a priori

(2.2) ‖D2u‖Lq . ‖µ‖Lq se 1 < q <∞ .

Quindi, nel caso generale abbiamo

(2.3) µ ∈ Lq =⇒ D2u ∈ Lq se 1 < q <∞ .

La precedente implicazione smette di valere nei casi limite q = 1,∞. Inoltre, osser-viamo che la (2.3) e dimensionalmente corretta e ottimale: stiamo ottenendo sul-l’Hessiano la stessa informazione che abbiamo sul Laplaciano, che e la somma dellederivate seconde pure. Diamo allora un’occhiata a possibili strategie dimostrativedella (2.2). L’approccio classico fa uso delle formule classiche di rappresentazione.Piu precisamente, si usa la rappresentazione via nucleo di convoluzione

(2.4) u(x) =

∫G(x, y) dµ(y)

dove G(·) e la funzione di Green

(2.5) G(x− y) ≈

|x− y|2−n se n ≥ 3

log |x− y| se n = 2 .

Si osservi - per un attimo limitiamoci al caso n ≥ 3 - che il nucleo |x|2−n e localmenteintegrabile; quindi osserviamo subito che eventuali formule di maggiorazione perla u, in termini del dato µ, si possono ottenere usando questo fatto, e semplicimaggiorazioni quantitative sul nucleo di convoluzione. In altre parole, possiamolimitarci a studiare quanto e grande G(·) e su questo punto torneremo pi tardi,nella Sezione 6.

Adesso, differenziando la (2.4) due volte sotto il segno di integrale, si arriva allanuova formula di rappresentazione

(2.6) D2u(x) ≈∫K(x− y) dµ(y)

dove stavolta |K(x)| . |x|−n e un nucleo non localmente integrabile. L’analisi dellatrasformazione naturalmente indotta dalla (2.6) diventa quindi piu delicata, e sirichiede un procedimento piu raffinato: non bastando le sue proprieta di crescita siusera il fatto che il nucleo K(·) soddisfa comunque delle proprieta di cancellazioneche verranno esplicitate mediante un opportuno procedimento di microlocalizzazio-ne. In altre parole, il motto sembra essere: “Quando le proprieta di crescita nonbastano, si cerchino quelle di cancellazione”. Questo tipo di approccio e oggi unparadigma nella moderna analisi non lineare: ove si presenti una situazione dovesi osserva una “crescita critica” che non consente di ottenere risultati basandosisolo sull’analisi di quanto le quantita in gioco “sono grandi”, si passa a ottenererisultati scovando la presenza di opportune cancellazioni, che poi si rivelano im-mancabilmente l’ingrediente fondamentale. Si osservano fenomeni del genere nella

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teoria delle mappe armoniche, nell’integrabilita per compensazione dei determinan-ti, nell’analisi di problemi invarianti per trasformazioni conformi - raccomandiamoa questo proposito di dare un’occhiata al recente lavoro di Riviere [76]. Quella chestiamo osservando in questo caso sembra essere una delle prime - se non propriola prima in assoluto - circostanza in cui tale punto di vista viene seguito in modoesplicito.

Veniamo adesso ai dettagli: la (2.6) spinge appunto a considerare la trasforma-zione integrale

CZ(µ)(x) :=

∫K(x− y) dµ(y) ,

definita inizialmente su funzioni lisce a supporto compatto. Si osserva ora che ilnucleo K(·) soddisfa le seguenti proprieta:

(2.7) ‖K‖L2 + ‖K‖L∞ ≤ B ,

dove K e la trasformata di Fourier di K(·). Questo, e il classico teorema diPlancherel, permettono di dedurre la limitatezza di CZ(·) su L2

(2.8) ‖CZ(µ)‖L2 . ‖µ‖L2 .

Adesso, ecco le cancellazioni: vale la condizione (detta di Hormander)

(2.9)

∫|x|≥2|y|

|K(x− y)−K(x)| dx ≤ B per ogni y ∈ Rn

che e verificata per una certa costante finita B. Usando (2.7)-(2.9), e poi usandoargomenti di interpolazione e dualita usuali, si puo adesso dimostrare che

(2.10) ‖CZ(µ)‖Lq . ‖µ‖Lq se 1 < q <∞

e che in ultima analisi vale la (2.2). L’approccio appena descritto e stato origi-nariamente introdotto e seguito nei classici lavori [20, 21], dove la condizione dicancellazione (2.9) veniva data in una forma meno generale, piu adatta al nucleoconsiderato in (2.6). Il caso q = 1 rimane fuori, poiche in generale la (2.2) non vale.Quello che in realta vale e piu debole ma non e meno importante e infatti vieneusato come base per i procedimenti interpolativi che poi portano alla (2.10); perquesto abbiamo bisogno di introdurre gli spazi di Marcinkiewicz (spazi di Lebesguedeboli).

Definizione 2.1. Sia t ≥ 1 e Ω ⊆ Rn un insieme misurabile; una funzionemisurabile w : Ω→ Rk appartiene a Mt(Ω,Rk) ≡Mt(Ω) se e solo se

(2.11) supλ≥0

λt|x ∈ Ω : |w| > λ| =: ‖w‖tMt(Ω) <∞ .

Questi spazi sono particolarmente adatti a studiare situazioni limite, ed in par-ticolare i problemi che coinvolgono potenziali Newtoniani, come quelli che stiamoanalizzando qui e come quelli che intervengono nell’analisi dei problemi con datomisura. Per esempio, si ha

1

|x|n/t∈Mt(B(0, 1)) \ Lt(B(0, 1))

per ogni t ≥ 1. In generale si ottiene

(2.12) Lt $Mt & Lt−ε per ogni ε > 0 .

per quanto riguarda la prima inclusione in (2.12), e per la motivazione stessa delladefinizione in (2.11), basta osservare che

||w| > λ| =∫|w|>λ

dx ≤∫|w|>λ

|w|t

λtdx ≤

‖w‖tLtλt

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cosicche ‖w‖Mt ≤ ‖w‖Lt . Abbiamo allora che il caso limite della (2.10) e dato da

(2.13) ‖CZ(µ)‖M1 . ‖µ‖L1

e, in ultima analisi,

‖D2u‖M1 . ‖µ‖L1 .

In realta, come gia accennato sopra, la dimostrazione della (2.10) si ottiene propriola (2.8) in combinazione con la (2.13): usando la classica interpolazione di Marcin-kiewicz si ottiene la validita della (2.10) per 1 < q < 2. Infine, usando la dualita -ricordiamo che il problema e lineare - si ottiene la (2.10) anche per 2 < q <∞.

Concludendo, sembra chiaro che l’approccio descritto sopra si basa su un pro-gramma che dipende fortemente dalla linearita del problema considerato, e addirit-tura dalla sua forma esplicita. Riassumendo, abbiamo il seguente:

Programma CZ1 (Classico dopo Calderon & Zygmund)

• Si usa la struttura dell’equazione per ottenere una formula di rappresenta-zione integrale• Si studia l’operatore integrale indotto da tale formula di rappresentazione

analizzando le proprieta di cancellazione del nucleo per ottenere la (2.13)• Si usa infine l’interpolazione e la dualita per ottenere la (2.10) dalla com-

binazione di (2.8) e (2.13)

2.1. Un approccio piu generale. La ricetta descritta nella sezione precedentepropone un piatto un po’ pesante: prima l’uso di una formula di rappresentazioneusata per abbandonare l’equazione di partenza, poi l’analisi di una trasformazioneintegrale e delle cancellazioni del suo nucleo e, infine, l’uso di teoremi di interpola-zione e di metodi di dualita. Sarebbe quindi auspicabile avere una dimostrazionepiu legata alla teoria delle equazioni alle derivate parziali, che utilizzasse magaristrumenti circoscritti all’ambito della teoria stessa. Questo alleggerimento e infattipossibile e iniziamo qui a descrivere un percorso di destrutturazione del Program-ma CZ1 che portera alla fine ad una dimostrazione essenzialmente elementare deiprincipali risultati, anche per equazioni non lineari, che non fa uso esplicito deglistrumenti di Analisi Armonica presenti nel Programma CZ1. Di questi si conser-vera pero, e inevitabilmente, lo spirito. Questo percorso trovera la sua conclusionenel Programma CZ4 descritto piu in basso nella Sezione 4.1.

Il primo tentativo in questa direzione risale al lavoro di Campanato e Stampac-chia [22]. In ultima analisi, i primi due punti del Programma CZ1 vengono saltati,e si usa soltanto la dualita e un piu efficace risultato di interpolazione ottenuto in[80, 81]. Descriveremo questo procedimento per un problema leggermente differen-te, ma che presenta, per quello che ci interessa, le stesse caratteristiche di quelloaffrontato nella sezione precedente. Piu precisamente consideriamo l’equazione

(2.14) 4u = divF

per le soluzioni della quale vogliamo stabilire una maggiorazione dimensionalmenteottimale del tipo

(2.15) ‖Du‖Lq . ‖F‖Lq quando 1 < q <∞ .

Lo schema della sezione precedente si puo ancora seguire, come si diceva, semplice-mente sostituendo µ con divF in (2.4), derivando una sola volta sotto al segno diintegrale e poi integrando per parti per avere un operatore integrale, del tipo CZ(·),che agisce su F e non su divF . Qui prendiamo pero un’altra strada, considerandol’operatore, palesemente lineare, definito da

T : F 7→ Du dove u e la soluzione di (2.14) .

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L’operatore viene definito in realta specificando un aperto di riferimento sufficien-temente regolare, eventualmente prendendo anche Rn, e un dato al bordo, in questocaso prendiamo quello nullo per fissare le idee. Moltiplicando la (2.14) e integrandoper parti si ottiene facilmente la stima

(2.16) ‖T (F )‖L2 . ‖F‖L2 .

In generale, la stima ‖T (F )‖L∞ . ‖F‖L∞ non vale: si ottiene invece

(2.17) ‖T (F )‖BMO . ‖F‖L∞

dove BMO e uno spazio funzionale che descriveremo qualche riga piu in basso.Adesso il punto e che BMO e uno spazio opportunamente vicino a L∞ da consentiredi interpolare (2.16) e (2.17) come se fosse proprio L∞, alla fine ottenendo

‖T (F )‖Lq . ‖F‖Lq quando 2 ≤ q <∞ .

Quest’ultima maggiorazione non e nient’altro che quella nella (2.14) per 2 ≤ q <∞;il caso 1 < q < 2 viene infine ottenuto per dualita grazie ancora una volta alla linea-rita del problema. Come si diceva prima, il teorema di interpolazione rilevante nellafattispecie e stato ottenuto da Stampacchia in [80, 81], mentre l’armamentario distime integrali che permette di ottenere (2.17) e essenzialmente frutto dell’approc-cio di Campanato alla regolarita. Per una buona introduzione a questi argomentici sentiamo di raccomandare la lettura dell’eccellente trattato di Giusti [38].

L’approccio appena descritto permette allora di saltare i primi due punti delprecedente Programma CZ1, trattenendo soltanto il terzo. In particolare, l’uso dellecancellazioni sembra essere evitato. In realta non e cosi: come spesso capita, quandosi pensa di essersi sbarazzati di uno strumento molto influente e ingombrante, esso,o il suo fantasma, riappare altrove. In questo caso, un accurato uso di proprietadi cancellazione si nasconde proprio nell’unico punto che non abbiamo specificatoqui, lo spazio BMO, e nel suo uso nell’ambito della teoria dell’interpolazione. Equindi venuto il momento di dare, di tale spazio, la definizione precisa. Di seguitodenotiamo con

B(x,R) := y ∈ Rn : |x− y| < Rla palla aperta di Rn di centro x e raggio R > 0 e con

(v)B(x,R) := −∫B(x,R)

v(y) dy

la media integrale di una funzione integrabile v su B(x,R). Dato un aperto Ω ⊂ Rnla funzione v ∈ L1(Ω) appartiene a BMO(Ω) se e solo se

(2.18) [v]BMO := supB(x,R)∩Ω,R>0

−∫B(x,R)∩Ω

|v(y)− (v)B(x,R)| dy <∞ .

Questo spazio funzionale e stato introdotto da John & Nirenberg [47], che ne hannodescritto alcune importanti proprieta, tra le quali, quella che piu ci interessa qui, equella di integrabilita limite di tipo esponenziale

(2.19)

∫Ω

exp(c|v|) dx <∞

dove c e una costante che dipende da n e, ovviamente, dalla seminorma [v]BMO.Dalla (2.19) seguono tra l’altro le inclusioni (strette)

L∞ ⊂ BMO ⊂ Lq per ogni q <∞ .

La (2.18) da in qualche modo conto del fatto che BMO e uno spazio sufficientementevicino a L∞ da comportarsi, dal punto vista dell’interpolazione, come L∞, motivan-do l’affermazione fatta qualche rigo piu in alto. L’informazione fondamentale chedifferenzia BMO da L∞ e allora proprio contenuta nella finitezza di [v]BMO, che, a

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sua volta, riferisce del fatto che le oscillazioni di v sono in qualche modo controllate,in modo integrale, a ogni scala. Questa informazione si ricombina opportunamentecon gli argomenti di interpolazione sviluppati in [80, 81], dando un risultato checontiene un’informazione analoga a quella del terzo punto del programma classico(CZ1), costituendone in ultima analisi la controparte nel presente contesto. Adessere pignoli anche il secondo punto del Programma CZ1 ammette un analogo,questa volta locale: la formula di rappresentazione viene sostituita localmente dallestime a priori per equazioni omogenee, che mostrano, “localmente”, un’omogeneitasimile a quella delle formule di rappresentazione usuali. Possiamo allora sintetizzarecon il seguente

Programma CZ2 (di Campanato e Stampacchia)

• Si usa la linearita dell’equazione, ma non la sua forma esplicita, per definireun operatore lineare, che pero stavolta non e di tipo convoluzione• Le formule di rappresentazione vengono sostituite da opportune stime di

regolarita per soluzioni locali di equazioni omogenee [22]; queste permettonodi ottenere alcune proprieta rilevanti dell’operatore su “spazi limite”• Si usano infine l’interpolazione nella forma introdotta in [80, 81] e la dualita,

direttamente sull’operatore

2.2. Potenziali frazionari. Ritorniamo brevemente ad un discorso accennato po-co dopo la (2.6) e piu precisamente torniamo adesso a considerare la (2.4), chevogliamo stavolta differenziare al piu una volta. L’analisi del nucleo e delle suederivate porta a dare la seguente

Definizione 2.2. Sia β ∈ (0, n]; l’operatore

Iβ(µ)(x) :=

∫Rn

dµ(y)

|x− y|n−β,

definito per qualsiasi misura di Borel µ, si chiama potenziale di Riesz di µ di ordineβ.

Quando n ≥ 3 dalla (2.4) discendono le seguenti limitazioni puntuali

(2.20) |u(x)| . |I2(µ)(x)| e |Du(x)| . I1(|µ|)(x) ,

con la seconda delle due che rimane in realta valida anche quando n = 2. Lemaggiorazioni precedenti permettono di ricondurre il problema dell’integrabilitadella soluzione e del suo gradiente a quello del relativo potenziale di Riesz. Infatti,il comportamento di quest’ultimo e noto in vari spazi funzionali [3]. Per esempio siha

(2.21) Iβ : Lq → Lnq

n−βq , q > 1 , βq < n

da cui, tramite la seconda disuguaglianza in (2.20), si ottiene

‖Du‖L

nqn−q

. ‖µ‖Lq , q > 1 , q < n .

Inoltre, grazie ad un caso limite della (2.21) in cui intervengono gli spazi di Mar-cinkiewicz, vale pure

‖Du‖M

nn−1

. ‖µ‖L1

con una stima analoga, ottenuta per approssimazione, nel caso in cui µ sia ingenerale una misura.

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3. Il caso non lineare e la sua problematicita

La linearita dell’equazione di Poisson (2.1) permette una varieta di approcci alproblema della risolubilita, e poi della regolarita, ma prima di tutto alla definizionestessa di soluzione: formule di rappresentazione, metodo di energia (Calcolo delleVariazioni o metodi di monotonia), approcci per dualita, metodo di Perron (princi-pio di massimo e approcci tipo viscosita). Si tratta, in altre parole “dell’equazioneperfetta” (come per esempio ama ripetere Luis Caffarelli). Tali approcci trovanoestensione piu o meno diretta al caso di equazioni ellittiche lineari generali, per-mettendo anche un certo grado di irregolarita sui coefficienti che eventualmente sivolessero considerare. La situazione cambia nel caso non lineare, che si presentainvece in modo assai piu problematico, come vedremo tra pochissimo. Andiamoallora per gradi e consideriamo di seguito equazioni del tipo

(3.1) −div a(Du) = H

dove il dato H ∈ D′(Ω) e una distribuzione sulla quale faremo via via delle ipotesiopportune. Il campo vettoriale a : Rn → Rn e di classe C1 e verifica le ipotesi dicrescita ed ellitticita seguenti

(3.2)

|a(z)|+ (s2 + |z|2)1/2|∂a(z)| ≤ L(s2 + |z|2)(p−1)/2

ν(s2 + |z|2)(p−2)/2|λ|2 ≤ 〈∂a(z)λ, λ〉 ,

per ogni scelta di z, λ ∈ Rn, dove s ≥ 0 e 0 < ν ≤ L sono parametri strutturali pre-fissati. In generale assumeremo p > 1, mentre in alcune situazioni, e piu che altroper agevolare la presentazione e limitarci alle idee essenziali, tratteremo il caso so-praquadratico p ≥ 2. L’equazione (3.1) verra considerata in un aperto Ω ⊂ Rn pern ≥ 2. Vale la pena osservare preliminarmente che alcuni dei risultati che verrannoriportati in seguito rimangono validi sotto ipotesi meno generali di quelle in (3.2),che pero d’altra parte riescono a coprire tutti i principali casi modello. Le ipotesi(3.2) sono in ogni caso considerate usuali a partire dalle ricerche iniziali di Ladyz-henskaya & Ural’tseva [64] che le hanno assunte e studiate in modo sistematico. Ilprincipale caso che qui abbiamo in mente, su cui le (3.2) sono in realta modellate,e dato dall’equazione

−div ((s2 + |Du|2)(p−2)/2Du) = H .

Nel caso s = 0 l’equazione precedente diventa degenere e coinvolge l’importantecaso del p-Laplaciano

−4pu = −div (|Du|p−2Du) = H

che poi, quando H = 0, diventa a sua volta l’equazione di Eulero-Lagrange delfunzionale variazionale

(3.3) v 7→∫

Ω

|Dv|p dx .

A questo punto la classica definizione distribuzionale e

Definizione 3.1. Una funzione u ∈ W 1,1(Ω) e una soluzione distribuzionale di(3.1) se e solo se a(Du) ∈ L1

loc(Ω,Rn) e soddisfa

(3.4)

∫Ω

〈a(Du), Dϕ〉 dx = 〈H,ϕ〉 per ogni ϕ ∈ C∞c (Ω) .

Si osservi immediatamente che la condizione a(Du) ∈ L1loc serve ad assicurare

che il membro a destra dell’equazione nella (3.4) risulti finito. Dalle (3.2) segue in

particolare che l’integrabilita u ∈W 1,p−1loc (Ω) assicura che a(Du) ∈ L1

loc.

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La prima osservazione fondamentale che a questo punto bisogna fare e che lesoluzioni considerate nella precedente definizione non devono necessariamente ap-partenere allo spazio di definizione naturale W 1,p(Ω) fissato dalle (3.2) - su cui peresempio il funzionale in (3.3) risulta finito - ma possono esibire un minor grado diintegrabilita. Soluzioni che non appartengono a W 1,p(Ω) effettivamente esistono evengono chiamate, per ovvii motivi, soluzioni molto deboli. La loro presenza e inti-mamente legata a varie questioni abbastanza profonde sulla natura delle equazioniqui considerate, ma non e questo il luogo per dare una panoramica, anche incom-pleta, dei problemi che da esse scaturiscono. Rimandiamo per esempio a [10, 24]per una larga discussione sull’argomento. Qui ci limitiamo soltanto a ricordare chele soluzioni molto deboli possono esistere accanto a quelle usuali a “energia fini-ta” (cioe quelle che appartengono a W 1,p(Ω)) e che le soluzioni distribuzionali nonsono in generale uniche gia quando H e “semplicemente” una misura (si veda peresempio [78]). A questo proposito, visto che di problemi con dati misura ci occupe-remo anche in seguito, e utile anticipare che non si conosce una classe funzionalein cui risolvere in modo unico il problema dell’esistenza di soluzioni per problemicon dato misura. Essendo in questa sede interessati a stime di regolarita e quindiin ultima analisi a presentare stime a priori per le soluzioni, non toccheremo quiquesta problematica per la quale rimandiamo di nuovo a [10, 24]. Ci limitiamoquindi a riassumere la situazione, toccando i punti piu significativi per quello chequi ci riguarda, come segue

• da un lato e possibile avere una teoria dell’esistenza quando il dato H appar-tiene al duale di W 1,p. In questo caso e anche possibile, nella formulazionedebole (3.4), usare funzioni test ϕ che sono proporzionali alla soluzionestessa, ϕ ≡ u, e ottenere cosı agevolmente stime di energia (disuguaglianzedi Caccioppoli) che sono di solito il primo passo nei successivi procedimen-ti di regolarizzazione delle soluzioni. In questo caso i teoremi di esistenzadisponibili forniscono soluzioni di classe W 1,p che sono quindi soluzioni aenergia finita• dall’altro lato il quadro precedente si dualizza completamente nel caso in cuiH non appartenga al duale di W 1,p. Non e possibile adesso usare funzionitest ϕ ≡ u in (3.4), e in questo caso si opera di solito usando funzioni testϕ ottenute proiettando la soluzione u su opportuni spazi di funzioni piuregolari, dipendenti da H, in modo da soddisfare la dualita 〈H,ϕ〉. Unavolta ottenute le relative stime a priori e possibile poi ottenere teoremi diesistenza tramite procedimenti di approssimazione (si veda per esempio ilcaso in H e una misura trattato nella Sezione 5). Concludendo, in questocaso le soluzioni ottenute non sono sempre di classe W 1,p, sono quindisoluzioni molto deboli, e non a caso vengono talora chiamate soluzioni adenergia infinita. Va qui osservato che trovare opportune proiezioni di usu spazi piu regolari, e in ultima analisi costruire adeguate funzioni testper la (3.4), e in generale cosa tutt’altro che agevole. Ad esempio, quandoH e una misura si possono usare semplici troncamenti di u (si proiettacioe u su L∞ come in [11, 12]); nel caso in cui H si presenti in forma didivergenza, si devono operare scelte piu delicate. In questo caso si usanoproprieta fini della decomposizione di Hodge ([42, 45]) oppure troncamentisull’operatore massimale del gradiente ([66, 52]). Per questo rimandiamoanche alla Sezione 4.2 piu in basso

Il precedente quadro porta quindi a sdoppiare la trattazione seguente in due situa-zioni distinte. La prima si ha quando H appartiene al duale di W 1,p; in questocaso si procede poi nella dimostrazione della regolarita piu alta delle soluzioni. Nel-la seconda, in cui il quadro teorico generale attualmente disponibile appare ancora

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incompleto, la regolaria massimale delle soluzioni e al piu quella W 1,p. La dimostra-zione di questo fatto e spesso l’obiettivo finale in molte situazioni (si veda di nuovola Sezione 4.2 piu in basso). Nel resto del lavoro gli argomenti saranno appuntopresentati seguendo questa dicotomia.

Osservazione 3.1. Le precedenti definizioni di soluzione, insieme a tutte le consi-derazioni fatte, continuano a valere mutatis mutandis nel caso dei sistemi, quandocioe u : Ω→ RN con N > 1 e a : RN×n → RN×n. Esse si estendono inoltre al casoparabolico, che tuttavia di seguito verra trattato solo nel caso di usuali soluzioni aenergia finita; si veda la Sezione 4.1.

4. Il caso sopraduale

In questa sezione trattiamo equazioni (e sistemi) del tipo in (3.1) quando Happartiene al duale diW 1,p(Ω). Specificatamente possiamo assumere cheH = divGcon G che e un campo vettoriale appartenente a Lp/(p−1), ricordando sempre chestiamo supponendo che p > 1. Operando inoltre un cambiamento di variabilepossiamo riscrivere H nella forma H = div (|F |p−2F ) per qualche F ∈ Lp in mododa garantire una piu agevole e concisa esposizione dei risultati; considereremo alloraequazioni della forma

(4.1) div a(Du) = div (|F |p−2F ) , F ∈ Lp

dove il campo vettoriale a(·) verifica le ipotesi descritte nella (3.2). Il primo risultatodi tipo Calderon-Zygmund per equazioni non lineari degeneri si deve a TadeuszIwaniec ed e il

Teorema 4.1 ([41]). Sia u ∈W 1,p(Rn) una soluzione distribuzionale dell’equazione

div (|Du|p−2Du) = div (|F |p−2F )

in Rn, con p > 1; vale allora

(4.2) F ∈ Lq(Rn,Rn) =⇒ Du ∈ Lq(Rn,Rn) per ogni q ≥ p .

Il precedente teorema si generalizza, essenzialmente con le stesse tecniche, al casodi equazioni generali del tipo (4.1), definite su aperti generali del tipo Ω ⊂ Rn (siveda per esempio [1, 53]). Vale infatti il seguente

Teorema 4.2. Nelle ipotesi (3.2) con p > 1, sia u ∈ W 1,p(Ω) una soluzionedistribuzionale dell’equazione (4.1) in un aperto Ω ⊂ Rn. Allora vale

(4.3) F ∈ Lqloc(Ω,Rn) =⇒ Du ∈ Lqloc(Ω,Rn) per ogni q ≥ p .

Inoltre, esiste una costante c dipendente solo da n, p, ν, L e q tale che per ogni pallaBR ⊆ Ω di raggio R > 0 vale la stima locale

(4.4)

(−∫BR/2

|Du|q dx

)1/q

≤ c(−∫BR

(|Du|+ s)p dx

)1/p

+ c

(−∫BR

|F |q dx)1/q

.

Il caso vettoriale e stato invece trattato da DiBenedetto & Manfredi, che, esten-dendo le tecniche di Iwaniec, riescono anche a coprire il caso limite della regolaritaBMO.

Teorema 4.3 ([26]). Sia u ∈ W 1,p(Rn,RN ) una soluzione distribuzionale delsistema

div (|Du|p−2Du) = div (|F |p−2F )

in Rn, con p > 1 e N ≥ 1; vale allora la (4.2) e inoltre

F ∈ BMO(Rn,RN×n) =⇒ Du ∈ BMO(Rn,RN×n) .

10 GIUSEPPE MINGIONE

Vale la pena rimarcare che il precedente risultato non rimane valido quando siconsiderano sistemi generali del tipo in (4.1); infatti, anche nel caso maggiormen-te favorevole in cui F = 0, essi ammettono in generale soluzioni illimitate, comedimostrato recentemente da Sverak & Yan in [83]. Risultati intermedi, ed essen-zialmente ottimali, sono stati ottenuti in [55, 56]. La possibilita di dimostrare ilprecedente teorema si lega in ultima analisi alla struttura molto particolare del si-stema in questione: il campo vettoriale a(z) := |z|p−2z e di forma diagonale, e sipuo fattorizzare come un Laplaciano moltiplicato per un coefficiente che dipende inmodo non lineare (polinomiale) e degenere dal modulo del gradiente. Una strutturadi questo tipo, spesso chiamata di tipo Uhlenbeck, e essenzialmente l’unica notache permette di ricavare risultati di regolarita per sistemi che vadano oltre quellidi cosiddetta “regolarita parziale”, ed e stata identificata per la prima volta nellavoro fondamentale [86]. Per ulteriori informazioni circa la regolarita per sistemisi rimanda al classico trattato di Giaquinta [37] e al piu recente lavoro di rassegna[72].

Veniamo adesso a descrivere la tecnica originale di Iwaniec, che si puo sintetizzarenel seguente

Programma CZ3 (di Tadeusz Iwaniec [41])

• Si usa un confronto locale con soluzioni dell’equazione omogeneadiv (|Dv|p−2Dv) = 0, usando le stime di regolarita locale C1,α per v perottenere un surrogato locale della formula di rappresentazione globale (2.4)valida nel caso lineare

• Si usano operatori massimali (di tipo sharp) per globalizzare le stime otte-nute nel passo precedente, e si ottiene una stima puntuale per l’operatoremassimale di Du in termini di quello di F ; si arriva quindi ad un surro-gato globale della formula di rappresentazione lineare che usa gli operatorimassimali

• Le proprieta di limitatezza degli operatori massimali (teoremi di Hardy &Littlewood e di Fefferman & Stein) permettono poi di concludere con lestime integrali desiderate

Si nota in altre parole che il Programma CZ1 della precedente sezione viene ab-bandonato e si utilizzano dei surrogati non lineari degli strumenti lineari di AnalisiArmonica in esso utilizzati. In particolare, gli integrali singolari vengono abbando-nati e vengono rimpiazzati dall’operatore massimale sharp di Fefferman-Stein, chepermette, in un certo senso, di codificare la stessa informazione apportata dagliintegrali singolari. Si nota ancora una certa continuita con il Programma CZ2 inquanto vengono di nuovo impiegate stime locali per equazioni omogenee, qui usatepero non nel contesto dell’interpolazione ma in quello di una tecnica di confrontopiu diretta e locale.

4.1. Il caso parabolico. Nel caso di equazioni paraboliche generali del tipo

(4.5) ut − div a(Du) = div (|F |p−2F ) , F ∈ Lp

definite in un dominio cilindrico del tipo ΩT := Ω × (0, T ), la validita di risultaticome il Teorema 4.1 e rimasta una questione aperta fino al lavoro [2], in cui estato finalmente ottenuto un analogo essenzialmente ottimale dei risultati originalidi Iwaniec e DiBenedetto & Manfredi.

Teorema 4.4 ([2]). Nelle ipotesi (3.2) con

(4.6) p >2n

n+ 2,

LA TEORIA DI CALDERON-ZYGMUND 11

sia u ∈ Lp(0, T,W 1,p(Ω)) una soluzione debole dell’equazione (4.5), dove Ω e undominio di Rn. Allora vale

(4.7) F ∈ Lqloc(ΩT ,Rn) =⇒ Du ∈ Lqloc(ΩT ,Rn) per ogni q ≥ p .

Inoltre il risultato (4.7) continua a valere per soluzioni u ∈ Lp(0, T,W 1,p(Ω,RN )),N ≥ 1, del sistema del p-Laplaciano parabolico

ut − div (|Du|p−2Du) = div (|F |p−2F ) .

Osserviamo subito che la limitazione inferiore su p descritta in (4.6) e necessaria.Infatti, gia nel caso della singola equazione ut − div (|Du|p−2Du) = 0, esistonosoluzioni addirittura non appartenenti a Lq per ogni q quando p ≤ 2n/(n+ 2); peruna discussione del problema si rimanda a [25].

La tecnica dimostrativa introdotta per ottenere il risultato precedente consentegeneralizzazioni in numerose direzioni: si possono trattare ad esempio equazioni concoefficienti di tipo VMO (rispetto alla variabile spaziale) e sistemi generali quandosi introduca un’opportuna restrizione sull’esponente q - si guardi anche a [34, 77]. IlTeorema 4.4 si estende anche a problemi con ostacolo: in questo caso l’integrabilitadel gradiente delle soluzioni e la stessa di quella del gradiente dell’ostacolo [13] equesto risultato risulta nuovo gia nel caso ellittico.

Veniamo adesso a descrivere brevemente le difficolta aggiuntive, rispetto a quelletipiche del caso ellittico, che si presentano quando si affronta quello parabolico. Sarala buona occasione per introdurre il concetto, fondamentale, di geometria intrinseca,dovuto a Emmanuele DiBenedetto (si veda [25] per una descrizione generale). Ilproblema principale si lega al fatto che, gia nel caso omogeneo

ut − div (|Du|p−2Du) = 0 ,

l’equazione considerata e priva di un riscalamento universale. In altra parole, mol-tiplicando la soluzione per una costante non si ottiene una soluzione della stessaequazione. A sua volta, questo fatto si riflette nella mancanza di stime locali di tipoomogeneo per le soluzioni: al contrario, queste presentano un difetto di omogeneitache e esattamente quello dell’equazione. Infine, essendo l’omogenita delle stime lo-cali un ingrediente essenziale nel Programma CZ3, si e immediatamente costretti acercare approcci completamente diversi. Il modo di ovviare a questo inconvenientee allora quello di ottenere stime locali omogenee su cilindri particolari, che dipen-dono dalla soluzioni stessa, secondo il succitato concetto di geometria intrinseca.Piu precisamente si considerano cilindri della forma

Qλr (x0, t0) ≡ Br(x0)× (t0 − λ2−pr2, t0 + λ2−pr2) ,

dove λ > 0 si lega alla soluzione tramite una relazione del tipo |Du| ≈ λ daverificarsi sullo stesso cilindro Qλr (x0, t0). Una tale condizione in realta si realizzadi solito usando relazioni integrali, come per esempio

(4.8) −∫Qλr (x0,t0)

|Du|p ≈ λp .

Il vantaggio di tale scelta e abbastanza ovvio una volta ci si riesca a convinceredella validita, o meglio, dell’implementabilita del seguente ragionamento euristico:siccome |Du| ≈ λ su Qλr (x0, t0) allora abbiamo anche

ut − div (|Du|p−2Du) ≈ ut − λp−24u

cosicche, effettuando il cambio di variabile v(x, t) := u(x0 + rx, t0 + λ2−pr2t)abbiamo quindi che v risolve l’equazione del calore

vt −4v = 0 in B(0, 1)× (−1, 1)

12 GIUSEPPE MINGIONE

e come tale soddisfa delle stime di regolarita favorevoli, di tipo omogeneo. Malgradola sua evidente naturalezza, realizzare in termini rigorosi una tale argomentazione etutt’altro che agevole e il processo richiede il superamento di vari punti assai delicati,prima di tutto quello di verificare, durante gli opportuni procedimenti di iterazione,che condizioni del tipo (4.8) vengano verificate “ad ogni scala” (cioe quando i cilindridegenerano ad un punto). Di fatto il metodo della geometria intrinseca conducead ottenere stime omogenee per le soluzioni; per esempio, e possibile dimostrare (siveda [25, 60]) che, per una opportuna costante c dipendente solo da n e p, vale

c

(−∫Qλr (x0,t0)

|Du|p−1 dx dt

)1/(p−1)

≤ λ⇒ |Du(x0, t0)| ≤ λ .

Alla radice del metodo proposto in [2] si trova allora una decomposizione di tipoCalderon-Zygmund degli insiemi di livello del gradiente Du, operata cambiando iltipo di cilindri usati a seconda del livello considerato. In sintesi, abbiamo il

Programma CZ4 (introdotto in [2])

• Considerato l’insieme di livello ||Du| > λ|, se ne effettua una decomposi-zione in cilindri intrinseci del tipo Qλr usando un argomento di tipo “tempodi uscita” su una quantita che coinvolge sia Du che F , che vengono peropesati in modo diverso, usando un parametro di peso M . In altre parole,i risultanti cilindri sono tali che in ognuno di essi si verifica |Du| ≈ λ e|F | . λ/M con M ≥ 1

• Si usa un confronto locale con soluzioni dell’equazione omogenea associatavt − div (|Dv|p−2Dv) = 0 sui cilindri del tipo Qλr determinati nel passoprecedente onde trasferire informazione da Dv a Du, tenendo conto diquella disponibile per F . Le stime locali di tipo C0,1 si utilizzano di nuovoper ottenere un surrogato locale della formula di rappresentazione validanel caso lineare

• Si conclude usando il lemma di ricoprimento di Vitali, integrando sugliinsiemi di livello di Du e F e infine scegliendo M opportunamente grandeper operare dei necessari riassorbimenti nelle disuguaglianze

In questo caso si evita l’uso di ogni strumento di Analisi Armonica; in realta, gli ar-gomenti di ricoprimento utilizzati sono gli stessi alla base della dimostrazione delleformule di limitazione valide sia per integrali singolari che per operatori massima-li: essi vengono applicati adesso direttamente all’equazione, permettendo di usarecilindri la cui forma cambia al variare dell’insieme di livello considerato. Inoltre,l’uso delle cosiddette “good-λ inequalities”, tipiche dei contesti in cui vengono im-piegati operatori massimali, viene rimpiazzato localmente con la decomposizionesimultanea a due livelli di Du e F tramite il parametro M .

I metodi introdotti in [2] permettono di dare una dimostrazione piu elementaredi tutti i risultati ellittici precedentemente esposti. Inoltre

• Si puo ottenere una dimostrazione della stima a priori ‖Du‖Lq . ‖F‖Lqquando q > 1 per soluzioni di 4u = divF che usa soltanto il lemma diricoprimento di Vitali e il principio della media per funzioni armoniche

• Una dimostrazione dei Teoremi 4.1-4.3 che utilizza soltanto la teoria dellaregolarita per equazioni ellittiche ma non strumenti di Analisi Armonicaquali, ad esempio, gli operatori massimali

• Una dimostrazione diretta e alternativa del teorema originale di Calderon& Zygmund che non fa uso dei classici teoremi di interpolazione e neanchedella classica decomposizione di Calderon-Zygmund, come fatto vedere in[87]

LA TEORIA DI CALDERON-ZYGMUND 13

• Dimostrazioni di maggiore integrabilita fino al bordo per sistemi ellittici eparabolici in domini con bordo fortemente irregolare [15]

Osservazione 4.1 (Equazioni totalmente non lineari). Un caso non lineare im-portante, che non ricade in quello delle equazioni quasilineari in forma divergenzatrattate sopra, e quello delle equazioni totalmente non lineari del tipo

(4.9) F (D2u) = µ .

Una teoria di tipo Calderon-Zygmund per tali problemi e dovuta a Caffarelli [18, 17],e permette di ottenere implicazioni del tipo

µ ∈ Lq =⇒ D2u ∈ Lq per ogni q ≥ n .

La limitazione dal basso su q e sostanzialmente ottimale (si veda [35]) ed risulta esse-re legata all’applicabilita del principio di Aleksandrof-Bakelman-Pucci. Osserviamoche le equazioni del tipo in (4.9) sono ovviamente piu generali di quelle quasilineari,ma non coprono il caso degenere in quanto l’ipotesi di ellitticita considerata e deltipo

F (A+B)− F (A) ≥ ν|A|2 per ogni scelta di A,B ∈ Rn×n con B ≥ 0

dove ν > 0, e in questo senso, una volta adottato l’approccio delle soluzioni diviscosita - necessario poiche non e possibile dare a tali equazioni una formulazionedebole di sapore distribuzionale - si possono effettuare opportuni procedimenti dilinearizzazione via i cosiddetti operatori estremali di Pucci. Le idee esposte daCaffarelli in [18], ancora basate sull’uso degli operatori massimali, sono poi statetrasportate da Caffarelli & Peral [19] nel contesto quasilineare degenere dove hannodato luogo a dimostrazioni alternative ed estensioni dei Teoremi 4.1-4.3 (si vedaper esempio [1, 16]).

4.2. Stime sotto l’esponente naturale e un primo caso sottoduale. Inquesta sezione cominciamo a interessarci a qualche caso in cui il dato H dell’equazione (3.1) non appartiene al duale di W 1,p, e riportiamo anche qualche impor-tante problema aperto la cui natura sembra legata a parecchie e svariate questionirilevanti nell’Analisi moderna. Cominciamo a osservare che il confronto tra il risul-tato del Teorema 4.1 e la stima (2.15) valida per l’equazione 4u = divF porta acongetturare che il Teorema 4.1 continui a valere anche nel caso q > p− 1. Questorisultato e stato congetturato in [45] ed ha connessioni con questioni importanticome la stima della costante ottimale della norma della trasformata di Beurling-Ahlfors [43]. Una congettura legata a questo problema, e ancora riportata in [45,Conjecture 1], afferma che se u ∈ W 1,q e una soluzione molto debole di 4pu = 0con q > p−1, allora essa appartiene anche a W 1,p, ed e quindi una usuale soluzionedebole ad energia finita. Fino ad oggi, l’unico progresso che si conosce in questadirezione e contenuto nei lavori di Iwaniec & Sbordone [45] e Lewis [66], e affer-ma l’esistenza di una quantita positiva ε, dipendente solo dai parametri strutturalin, p, ν, L, ma altrimenti indipendente dall’equazione e dalla soluzione considerata,tale che se

div a(Du) = 0 u ∈W 1,q q > p− ε

allora in realta vale anche u ∈ W 1,p; si veda pure un risultato analogo, validoper mappe quasiconformi, ottenuto da T. Iwaniec in [42]. L’analogo parabolicodi questo risultato e stato successivamente stabilito da Kinnunnen & Lewis in [52].Tale questione si lega naturalmente alla risolubilita del problema di Dirichlet quandoil dato non e sufficientemente regolare. A tale proposito riportiamo il seguenterisultato dovuto a Iwaniec & Sbordone.

14 GIUSEPPE MINGIONE

Teorema 4.5 ([45]). Sia Ω ⊂ Rn un aperto sufficientemente regolare e a : Rn →Rn un campo vettoriale soddisfacente le (3.2). Allora esiste un numero ε > 0,dipendente solo da n, p, ν, L, tale che il problema di Dirichlet

div a(Du) = div (|F |p−2F ) in Ω

u = 0 su ∂Ω

ammette una soluzione u ∈ W 1,q0 (Ω) quando F ∈ Lq(Ω,Rn) con q ∈ (p− ε, p+ ε).

Inoltre, per una costante c dipendente solo da n, p, ν, L, vale la stima globale∫Ω

|Du|q dx ≤ c∫

Ω

|F |q dx .

La dimostrazione fornita in [45] e molto interessante, e riposa su una profondaproprieta di stabilita per perturbazione non lineare della classica decomposizionedi Hodge. Una proprieta, questa, che trova applicazioni in contesti molto diversi(si veda per esempio [44, 46]).

I risultati disponibili nel caso di equazioni generali del tipo (4.1) e che riguardanoun dato che non appartiene al duale di W 1,p finiscono essenzialmente qui. Moltodi piu si puo dire invece del caso in cui il dato H nell’equazione (3.1) non sia informa di divergenza. Un caso del genere e quello delle equazioni con dato misura,che andiamo adesso a trattare e a cui dedichiamo la prossima sezione.

5. Equazioni con dato misura

Le equazioni con un dato misura µ (che da ora in poi prenderemo di Borel e conmassa finita) sono un esempio importante di situazione in cui si puo costruire unateoria delle soluzioni molto deboli essenzialmente completa dal punto di vista dellestime a priori, anche se, come accennato in precedenza, il problema di trovare unaclasse funzionale in cui risolvere in modo unico problemi di Dirichlet del tipo

(5.1)

−div a(Du) = µ in Ω

u = 0 su ∂Ω

rimane tutt’ora aperto. Non ci occuperemo in questa sede del problema dell’unicitain quanto siamo essenzialmente interessati a stime a priori, ma ci limitiamo a ricor-dare che di seguito tratteremo solo le cosiddette soluzioni di tipo SOLA (SoluzioniOttenute da Limiti di Approssimazioni). Implicitamente definite nel fondamentalelavoro di Boccardo & Gallouet in [11], esse sono quelle soluzioni che si possonoottenere come limiti di problemi approssimanti del tipo

(5.2)

−div a(Duk) = µk in Ω

uk = 0 on ∂Ω

dove per comodita assumiamo che Ω sia un aperto limitato e Lipschitziano. Piuprecisamente, si definiscono le funzioni µk ∈ C∞ (si noti che possiamo sempreassumere, a meno di prolungamenti banali, che la misura µ iniziale sia definita sututto Rn) come le convoluzioni di µ con opportuni nuclei di convoluzione lisci φk, epoi si risolve il problema (5.2), trovando, grazie agli usuali metodi di monotonia [65],

una soluzione uk ∈W 1,p0 (Ω). Infine, come fatto vedere in [11, 12], si puo dimostrare

l’esistenza di una funzione u ∈ W 1,p−10 (Ω) tale che uk → u in W 1,p−1

0 (Ω); taleconvergenza forte permette di passare al limite nelle equazioni approssimanti e u sirivela essere poi una soluzione, in generale molto debole, del problema (5.1). Da orain poi noi ci occuperemo solo di queste soluzioni, la cui unicita non e in generalenota se non in situazioni particolari. Un primo caso e quello in cui µ ∈ L1(Ω).Un secondo caso, forse piu interessante, e quando la misura µ si concentra in un

LA TEORIA DI CALDERON-ZYGMUND 15

punto, piu precisamente µ = δ, dove δ e una delta di Dirac. Consideriamo infattiil problema

(5.3)

−4pu = δ in B(0, 1)u = 0 on ∂B(0, 1) ,

con δ che si concentra nell’origine. Usando in modo opportuno il principio dimassimo e i risultati contenuti in [79] e in [48] si puo allora dimostrare che lacosiddetta “soluzione fondamentale” (funzione di Green non lineare)

(5.4) Gp(x) := c

(|x|

p−np−1 − 1

)se 1 < p 6= n

log |x| se p = n

e l’unica SOLA del problema (5.3), per una opportuna costante c dipendente solo dan e p. Si noti come nel caso p = 2 la precedente funzione Gp(·) coincida con quelladefinita in (2.5). Questo fatto e molto rilevante per quanto andiamo a trattarepoiche permette di controllare l’ottimalita dei risultati che andremo a presentareper le SOLA confrontandoli con la regolarita esibita da Gp(·).

Le fondamenta di una teoria di tipo Calderon-Zygmund per i problemi quasili-neari con dato misura sono state essenzialmente gettate da Boccardo & Gallouetin [11, 12], che hanno trattato il caso della regolarita base, cioe dell’integrabilitadel gradiente. I risultati contenuti in [11, 12] sono stati poi successivamente estesiin varie direzioni e il teorema seguente incorpora ad esempio alcuni dei risultatiottenuti in [9, 31, 36].

Teorema 5.1 (Regolarita base per dati misura). Nelle ipotesi (3.2) con 2 ≤ p ≤ n,

ogni SOLA u ∈W 1,p−10 (Ω) del problema (5.1) e tale che

|Du|p−1 ∈Mnn−1 (Ω) .

L’ottimalita del risultato del precedente Teorema 5.1 segue dall’analisi della so-luzione fondamentale Gp(·), ma tuttavia riguarda soltanto la sommabilita del gra-diente delle soluzioni. D’altra parte l’operatore considerato nel problema e delsecondo ordine e sarebbe auspicabile ottenere qualche risultato di maggiore rego-larita, come per esempio la differenziabilita del gradiente. Classici controesempimostrano che in generale 4u ∈ L1 non implica Du ∈W 1,1, ma, come visto nel casolineare, quando 4u ∈ Lq con q > 1 abbiamo Du ∈ W 1,q. Pare quindi esserci unadistanza da colmare tra questa circostanza e il fatto che nel caso dei dati misura ilTeorema 5.1 possa fornire l’unico dato di regolarita disponibile per equazioni nonlineari. Infatti, quando si passa da 4u ∈ Lq a 4u ∈ L1, qualcosa, e anzi, molto,rimane e per descrivere i risultati disponibili dobbiamo richiamare la definizione dispazio di Sobolev frazionario.

Definizione 5.1. Sia A ⊂ Rn un insieme aperto e k ≥ 1, σ ∈ (0, 1), q ∈ [1,∞);lo spazio di Sobolev frazionario Wσ,q(A,Rk) si definisce come il sottinsieme dellefunzioni w ∈ Lq(A,Rk) tali che la seguente norma di Gagliardo risulta finita

‖w‖Wσ,q(A) :=

(∫A

|w|q dx)1/q

+

(∫A

∫A

|w(x)− w(y)|q

|x− y|n+σqdx dy

)1/q

.

Gli spazi di Sobolev frazionari giocano un ruolo molto importante nell’Analisicontemporanea e per una panoramica si veda ad esempio [30]; essi sono stati re-centemente usati da Kristensen e dall’autore per stabilire stime sulla dimensione diHausdorff dell’insieme singolare delle soluzioni di problemi vettoriali [55, 56, 72].

Il prossimo risultato stabilisce che, malgrado non si possa dimostrare che Du ∈W 1,1 (quando p = 2), si puo ancora ottenere ogni derivata frazionaria del gradienteprima di quella di ordine uno.

16 GIUSEPPE MINGIONE

Teorema 5.2 (Regolarita superiore per dati misura [69]). Nelle ipotesi (3.2) con

2 ≤ p ≤ n, ogni SOLA u ∈W 1,p−10 (Ω) del problema (5.1) soddisfa

(5.5) Du ∈W1−εp−1 ,p−1

loc (Ω,Rn) per ogni ε > 0 .

In particolare, quando p = 2 si ha

Du ∈W 1−ε,1loc (Ω,Rn) per ogni ε > 0 .

L’ottimalita della (5.5) segue ancora dall’analisi della soluzione fondamentaleGp(·), che esibisce appunto la regolarita descritta in (5.5). Il modo piu rapidodi osservare questo fatto viene dall’uso delle proprieta di immersione degli spazifrazionari:

Wσ,qloc → L

nq/(n−σq)loc quando σq < n

per le quali rimandiamo a [6]. Se allora la (5.5) valesse per ε = 0 avremmo anche

che |Du|p−1 ∈ Ln/(n−1)loc , che invece non vale per la funzione di Green Gp(·) descritta

in (5.4).Osserviamo infine che il caso p ≤ n e stato considerato per ridurci al caso in cui

il dato (in questo caso la misura µ) non appartenesse al duale di W 1,p0 ; per il caso

p > n si rimanda a [69] e per quello in cui p < 2 a [73].

6. “Torniamo ai classici” - Stime puntuali

In quest’ultima parte ci occupiamo di un’estensione piu radicale della classicateoria di Calderon-Zygmund lineare; faremo vedere come le stime puntuali (2.20),apparentemente legate alla specifica struttura lineare dell’equazione di Poisson,ammettano in realta una controparte non lineare naturale valida per equazioni deltipo

(6.1) −div a(Du) = µ .

Per semplicita, anche in questa sezione ci limiteremo a considerare il caso p ≥ 2.Ancora per comodita di esposizione considereremo il caso di stime a priori, cioevalide per soluzioni a priori supposte piu regolari - C0, C1 etc - ma che non dipen-dono in modo quantitativo da tale regolarita. Tutto questo non e restrittivo poiche,come noto, i risultati per soluzioni generali seguono tramite gli usuali procedimentidi approssimazione con soluzioni piu regolari.

Prima di cominciare, siccome in quanto segue considereremo anche problemi sudomini limitati, ci serve un’opportuna versione localizzata dei potenziali di Riesz.Cosidereremo quindi i potenziali troncati

Iµβ(x,R) :=

∫ R

0

µ(B(x, %))

%n−βd%

%,

osservando che Iµβ(x,R) . Iβ(µ)(x) quando µ e una misura non negativa. Si vedefacilmente, con un semplice argomento di riscalamento, che quando p > 2 le stime(2.20) non possono essere vere. Consideriamo infatti una soluzione non nulla di−div (|Du|p−2Du) = µ, ponendo u = c1/(p−1)u e µ = cµ con c > 0, si ottiene−div (|Du|p−2Du) = µ; se allora la prima delle (2.20) fosse vera, avremmo, appli-candola a u, che u(x) ≤ c(p−2)/(p−1)I1(µ)(x) da cui, passando c → 0, avremmoancora u ≡ 0. Nel caso non lineare entra allora in gioco un altro tipo di potenzia-le, che incorpora l’informazione sull’esponente di riscalamento del problema, cioe1/(p− 1), e che diventa come tale un potenziale non lineare.

LA TEORIA DI CALDERON-ZYGMUND 17

Definizione 6.1. Sia µ una misura di Borel definita su Rn; il potenziale di WolffWµ

β,p si definisce come

Wµβ,p(x,R) :=

∫ R

0

(|µ|(B(x, %))

%n−βp

)1/(p−1)d%

%, β ∈ (0, n/p]

per ogni x ∈ Rn e 0 < R ≤ ∞.

I potenziali di Wolff sono stati per la prima volta studiati nel fondamentalelavoro di Havin & Maz’ya [39] e successivamente in [5] e [40]. Nel caso p = 2 essicoincidono ovviamente con i potenziali di Riesz, mentre nel caso p > 2 − 1/n (equindi quello che ci interessa poiche qui ci siamo limitati al caso p ≥ 2) la crescitadei potenziali di Wolff puo essere descritta puntualmente tramite i potenziali diRiesz:

Wµβ,p(x,∞) . Iβ

[Iβ(|µ|)]1/(p−1)

(x) =: Vβ,p(|µ|)(x) .

Questo fatto di base e stato dimostrato in [39] e infatti la quantita Vβ,p definisce unaltro potenziale non lineare che viene usualmente chiamato in letteratura potenzialedi Havin-Maz’ya (si veda [23]).

Kilpelainen & Maly [50, 51] sono stati i primi a dimostrare la possibilita diestendere la prima stima in (2.20) a soluzioni di equazioni non lineari possibilmentedegeneri.

Teorema 6.1. Nelle ipotesi (3.2) con 2 ≤ p ≤ n, sia u ∈ C0(Ω) ∩W 1,p(Ω) unasoluzione debole dell’equazione (6.1), dove µ e una misura di Borel di massa finita.Esiste una costante c ≡ c(n, p, ν, L) > 0 tale che la per ogni palla B(x,R) ⊆ Ω valela stima puntuale

(6.2) |u(x)| ≤ cWµ1,p(x,R) + c−

∫B(x,R)

(|u|+Rs) dy .

Per vari approcci al precedente risultato si veda [50, 51, 85, 54, 32]. Si noti inoltre

come per p = 2 risulti Wµ1,p ≡ I

|µ|2 e quindi la prima stima nella (2.20), per problemi

definiti in Rn e per soluzioni u ∈ L1(Rn), segua dalla (6.2) passando R → ∞. Lastima (6.2) risulta di fondamentale importanza in varie questioni che riguardanola regolarita fine delle soluzioni di equazioni quasilineari: gli stessi Kilpelainen &Maly l’hanno usata per dimostrare la necessita del criterio di Wiener per equazionigenerali (la sua sufficienza era stata dimostrata da Maz’ya molti anni prima in [68]);ulteriori applicazioni si trovano per esempio nei lavori di Phuc & Verbitsky [74, 75].Si noti come il Teorema 6.1, data la nonlinearita del contesto, sia completamentenon banale gia nel caso p = 2.

La questione delle stime potenziali per il gradiente e stata affrontata per la primavolta in [71], dove e stato trattato il caso p = 2 descritto nel

Teorema 6.2 ([71]). Nelle ipotesi (3.2) con p = 2, sia u ∈ C1(Ω) una soluzionedistribuzionale dell’equazione (6.1), dove µ e una misura di Borel di massa finita.Allora esiste una costante c dipendente solo da n, ν, L tale che la stima puntuale

|Dξu(x)| ≤ cI|µ|1 (x,R) + c−∫B(x,R)

|Dξu| dy

vale per ogni scelta della componente del gradiente ξ ∈ 1, . . . , n e per ogni pallaB(x,R) ⊆ Ω.

L’estensione del precedente risultato a contesti degeneri si e realizzata attraversodiversi passi successivi. Ad una prima occhiata, si potrebbe pensare che i potenzialidi Wolff giochino un ruolo decisivo anche per quanto riguarda le stime gradiente.

18 GIUSEPPE MINGIONE

In effetti il primo risultato per equazioni degeneri (p > 2) e stato ottenuto in [32]dove e stata dimostrata la seguente disuguaglianza puntuale

(6.3) |Du(x)| . Wµ1/p,p(x,R) +−

∫B(x,R)

(|Du|+ s) dy

valida per ogni palla B(x,R) ⊆ Ω. Ancora una volta, quando p = 2, la precedentestima costituisce una versione locale della stima gradiente lineare che appare in(2.20) e si ricollega a quella del Teorema 6.2. Inoltre, quando u ∈ W 1,1(Rn) allorala seconda stima in (2.20) segue dalla (6.3) per p = 2 (mandando R→∞). La stima(6.3) si rivela ottimale in molte situazioni, come per esempio nel caso fondamentalein cui µ e una misura di Dirac che si concentra in un punto x0. In questo caso,prendendo x 6= x0 in (6.3) abbiamo che primo e secondo membro si equivalgono(si veda [32, Remark 6.2]). Ciononostante, la stima (6.3) non e ancora quanto dimeglio si possa fare e, come vedremo tra poche righe, piuttosto inaspettatamenteanche nel caso degenere i potenziali lineari di Riesz tornano a giocare un ruolofondamentale.

Esaminiamo quindi l’equazione

(6.4) −div (|Du|p−2Du) = µ

da un altro punto di vista, osservando che questa si possa ovviamente leggere comeun’equazione non lineare nel gradiente, ma anche come un’equazione lineare nelcampo vettoriale non lineare del gradiente |Du|p−2Du. Decomponiamola allora nelsistema

(6.5) −div v = µ , v = |Du|p−2Du .

Adesso, e noto che la prima equazione nella riga precedente si puo risolvere usandopotenziali di tipo Riesz; tuttavia, la risolubilita non e univoca [14], in altre parole,non abbiamo la sicurezza che la soluzione trovata sia della forma richiesta nella(6.5). Immaginiamo per una attimo che la (6.5) sia vera, allora invertendo formal-mente div v = µ via potenziali di Riesz possiamo immaginare la validita di unastima del tipo |v| = |Du|p−1 . I1(µ)(x). Questo ragionamento euristico e assaicoraggioso, poiche usa implicitamente ragionamenti che, benche dimensionalmen-te corretti, fanno perno su risultati che sono in generale falsi. Tuttavia le cosesi ricombinano per il meglio e l’aspetto dimensionale risulta prevalere; piuttostosorprendentemente vale infatti il

Teorema 6.3 ([62, 63]). Nelle ipotesi (3.2) con p ≥ 2, sia u ∈ C1(Ω) una soluzionedistribuzionale dell’equazione (6.1), dove µ e una misura di Borel di massa finitadefinita su Ω. Allora esiste una costante c, dipendente solo da n, p, ν, L, tale che lastima puntuale

|Du(x)|p−1 ≤ cI|µ|1 (x,R) + c

(−∫B(x,R)

(|Du|+ s) dy

)p−1

vale per ogni palla B(x,R) ⊆ Ω.

Si ottiene quindi il

Corollario 6.1. Sia u ∈ W 1,p(Rn) una soluzione distribuzionale dell’equazione(6.4) dove µ e una misura di Borel di massa finita definita su Rn. Allora la seguentestima puntuale vale per una costante dipendente solo da n e p, e per quasi ognix ∈ Rn

|Du(x)|p−1 ≤ c∫Rn

d|µ|(y)

|x− y|n−1.

LA TEORIA DI CALDERON-ZYGMUND 19

Osserviamo che la stima del Teorema 6.3 estende quella in (6.3) poiche si ha

I|µ|1 (x,R) .

[Wµ

1/p,p(x, 2R)]p−1

quando p ≥ 2 .

Il fatto sorprendente, nel Teorema 6.3 e nel Corollario 6.1, e che la stima puntualegradiente e adesso costruita con un potenziale lineare che, come tale, non dipende dap. In altre parole, dal punto di vista delle stime gradiente non si rilevano differenzetra il Laplaciano e il p-Laplaciano. Se vogliamo, dato il carattere degenere del p-Laplaciano, e ancora piu sorprendente rilevare che tale analogia di comportamentosi estende fino alla regolarita di classe C1, come descritto nel seguente

Teorema 6.4 ([62, 63]). Nelle ipotesi (3.2) con p ≥ 2, sia u ∈ W 1,p(Ω) unasoluzione distribuzionale dell’equazione (6.1), dove µ e una misura di Borel di massafinita definita su Ω. Se

limR→0

I|µ|1 (x,R) = 0 uniformemente rispetto a x, localmente in Ω ,

allora il gradiente Du della soluzione e continuo in Ω.

Il Teorema 6.3 ammette svariate applicazioni ed anche una versione per equazionia coefficienti misurabili per la quale rimandiamo a [70] (si veda anche [73, Theorem6.1] e [28]) ed estensioni a casi intermedi [57, 58]. Esso implica e migliora tutti irisultati noti di regolarita del gradiente per l’equazione modello (6.4) in spazi inva-rianti per riordinamento. Inoltre, alcuni casi limite di difficile raggiungibilita conle tecniche note, possono essere ottenuti adesso come corollario insieme ai risultatigia acquisiti.

Le stime del gradiente via potenziali riportate in questa sezione ammettono unanalogo parabolico, per il quale rimandiamo a [59, 60, 61, 29, 7, 8]. Per il casosottoquadratico 2− 1/n < p ≤ 2 rimandiamo invece a [33].

Ringraziamenti. Le ricerche dell’autore sono realizzate con il supporto dell’ERC grant 207573 “Vectorial problems”. Sentiti ringraziamenti vanno a SerenaNono per il suo particolare contribuito alla buona riuscita della conferenza generaletenuta al Congresso UMI. Ulteriori ringraziamenti vanno ad Agnese Di Castro eGiampiero Palatucci per le osservazioni su una versione preliminare del lavoro.

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