Fisica Non Lineare

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Universit` a degli Studi di Bari Corso di Laurea in Fisica Lezioni di Fisica non lineare Giuseppe Gonnella Dipartimento di Fisica via Amendola 173, 70126 Bari, Italy [email protected]

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Universita degli Studi di Bari

Corso di Laurea in Fisica

Lezioni di Fisica non lineare

Giuseppe Gonnella

Dipartimento di Fisicavia Amendola 173, 70126 Bari, Italy

[email protected]

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Indice

1 Fisica non lineare 1

1.1 Esempi di comportamento non lineare in fisica classica . . . . . . 2

1.2 Modelli di evoluzione biologica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

1.3 Equazioni idrodinamiche e teorie dei campi . . . . . . . . . . . . . 8

1.4 Onde non lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

2 Semplicita e complessita 15

2.1 La mappa a tenda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

2.2 La mappa logistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

2.3 Universalita della mappa logistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

2.4 Sistemi deterministici e sistemi stocastici . . . . . . . . . . . . . . 33

3 Oscillatori non lineari 39

3.1 Spazio delle fasi e ritratto di fase . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

3.2 L’oscillatore armonico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

3.3 Teoria delle perturbazioni: l’oscillatore quartico . . . . . . . . . . 47

3.4 Oscillatori smorzati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52

3.5 Oscillatori forzati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54

4 Sistemi dinamici 65

4.1 Sistemi dinamici differenziabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65

4.2 Varieta invarianti e attrattori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68

4.3 Attrattori strani e insiemi frattali . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76

4.4 Sistemi dissipativi e conservativi; teorema di Liouville . . . . . . . 82

4.5 Misure di probabilita invarianti e teoria ergodica . . . . . . . . . . 87

4.6 Moti caotici ed esponenti di Liapunov . . . . . . . . . . . . . . . . 93

5 Teoria della stabilita e comportamento intorno ai punti fissi 99

5.1 Criteri di stabilita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100

5.2 Sistemi lineari bidimensionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103

5.3 Esempi di analisi di stabilita: modelli di popolazioni interagenti . 109

5.4 Classificazione dei ritratti di fase dei sistemi bidimensionali . . . . 112

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ii INDICE

5.5 Comportamento non lineare intorno ai punti fissi: analisi dellebiforcazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116

5.6 Sviluppo a scale multiple per la biforcazione transcritica . . . . . 121

Indice Analitico 127

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Prefazione

Nei tre o quattro decenni appena trascorsi e emersa la possibilita di descrivere inmodo unitario una classe abbastanza ampia di fenomeni caratterizzati da un’evi-dente complessita del comportamento evolutivo o della morfologia delle struttureosservate. Questi fenomeni si incontrano nelle scienze fisiche, in biologia ed inaltri campi delle scienze fondamentali ed applicate. Il comportamento osservato,seppur fondato sulle leggi della fisica classica o su ipotesi dinamiche estremamentesemplici, risulta molto diverso da quello tipico dei sistemi della fisica classica.

Nelle lezioni qui raccolte si daranno degli esempi di questi sistemi e si intro-duranno i concetti e le tecniche analitiche necessarie al loro studio. Verrannoconsiderati sistemi con un numero finito di gradi di liberta ma le nozioni datesono in genere estendibili a sistemi continui o con un numero di gradi di libertainfinito. I capitoli 2 e 3 sono introduttivi e contengono esempi che faranno dariferimento ai concetti sviluppati nel seguito. La complessita di comportamentoa cui si e fatto riferimento dipende essenzialmente dalla natura non lineare delrapporto causa-effetto presente in questi sitemi che si traduce in una descrizioneanalitica basata su equazioni di evoluzione alle differenze finite, differenziali or-dinarie o alle derivate parziali non lineari. Nel capitolo 4, che costituisce la partecentrale di questo libro, verranno descritti gli elementi introduttivi della teoriadei sistemi dinamici non lineari. Il ruolo degli stati stazionari nell’evoluzionedei sistemi dinamici e particolarmente rilevante perche sono questi gli stati chein genere si osservano in natura. Nel capitolo 5 e sono esposte le tecniche chesi applicano per individuare questi stati e per determinarne le caratteristiche distabilita.

Il materiale di questo libro e stato utilizzato nel corso di Fisica non linearedel secondo anno del nuovo ordinamento triennale del corso di laurea in Fisicadell’Universita di Bari. Vengono utilizzate nozioni elementari di fisica generale, allivello dell’ultimo anno di studi delle scuole medie superiori, nonche gli elementibasilari del calcolo analitico. Per questo motivo il libro potrebbe risultare interes-sante anche per tutti coloro che in ambiti scientifico-tecnici diversi da quello dellescienze fisiche, disponendo di una cultura scientifica di base, volessero avere un’i-dea non vaga o acquisire un’introduzione alla conoscenza analitica dei concetti edelle tecniche che si applicano nello studio dei sistemi non lineari.

Giuseppe Gonnella Bari, giugno 2005

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iv INDICE

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Capitolo 1

Fisica non lineare

La relazione causa-effetto piu semplice che si riscontra nello studio dei fenomenidella natura e la legge di proporzionalita. Questa si traduce in una relazionelineare tra le variabili matematiche che quantificano le cause di certi fenomeni equelle che descrivono gli effetti osservati. Un esempio noto e la legge di Ohm.Quando si applica una differenza di potenziale ad un corpo conduttore si misurauna corrente elettrica proporzionale alla differenza di potenziale applicata. Sipuo quindi predire, ad esempio, che se per una differenza di potenziale di 1 Voltsi ha una corrente di 0,5 Ampere, per 3 Volts si misureranno 1,5 Ampere e cosıvia.

Nel caso di fenomeni dinamici o evolutivi la proporzionalita tra causa edeffetti e descritta da equazioni differenziali di tipo lineare. La forza di richiamoche una molla, compressa o allungata, esercita su un corpo di massa m ad essacollegato e proporzionale alla variazione di lunghezza della molla rispetto allalunghezza a riposo. Segue dal secondo principio della dinamica che la relazionetra la posizione del corpo e la sua seconda variazione temporale (l’accelerazione)e lineare. Per i sistemi distribuiti spazialmente la relazione di proporzionalitasi esprime mediante una equazione lineare alle derivate parziali. E il caso dellalegge che lega il campo elettrico ad una data distribuzione di cariche.

Proprio l’elettrostatica suggerisce la validita di una proprieta, il principio di

sovrapposizione, per tutti i fenomeni descritti da leggi lineari. Il campo elettricocorrispondente ad una certa distribuzione di cariche e uguale alla somma deicampi di ciascuna carica della distribuzione agente singolarmente. In generale,per i fenomeni descritti da leggi lineari, l’effetto dell’azione combinata di causeconcomitanti e pari alla somma degli effetti prodotti da ciascuna causa isolata.

Non e sempre vero, tuttavia, che la relazione di proporzionalita tra causa edeffetto e valida. In alcuni casi questa puo essere ancora ottenuta a partire da qual-che approssimazione. Questi sono casi fortunati perche le equazioni lineari sonole uniche che possono essere studiate facilmente. Nella trattazione del pendolosemplice, ad esempio, l’equazione del moto e di per se non lineare a causa dellapresenza del termine sinusoidale; tuttavia, nel limite di oscillazioni con piccola

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2 1. FISICA NON LINEARE

ampiezza, e possibile approssimare con un termine lineare la funzione sinusoi-dale. L’equazione del moto, linearizzata, risulta allora facilmente risolvibile e siottengono i noti risultati per il pendolo semplice. In altri casi, pero, l’operazionedi linearizzazione non e possibile o non ha senso. Non si puo linearizzare la fun-zione sinusoidale se l’ampiezza delle oscillazioni non e sufficientemente piccola.La relazione matematica tra variabili di causa ed effetto risulta quindi essere unaequazione differenziale di tipo non lineare. Nel seguito di questo capitolo sarannoillustrati alcuni sistemi non lineari rilevanti nell’ambito delle scienze naturali edella fisica.

Per i sistemi descritti da leggi non lineari non vale piu il principio di sovrap-posizione. La cooperazione tra piu cause puo produrre effetti nuovi e inattesi,come avviene ad esempio nelle transizioni di fase dei sistemi termodinamici. Puoanche venir meno la possibilita di predire in modo significativo l’evoluzione diun certo sistema. Data una storia evolutiva con certe condizioni iniziali, unapiccola variazione di queste condizioni puo comportare una storia totalmente dif-ferente. Questo comportamento, dovuto alla presenza di termini non lineari nelleequazioni di evoluzione, e tipico dei sistemi caotici.

Il termine oggi in voga di scienze della complessita fa proprio riferimento allostudio dei sistemi non lineari e delle caratteristiche dinamiche comuni a questisistemi che spesso si incontrano in contesti molto differenti. Anche se lo studio deisistemi non lineari si e sviluppato a partire dalla fisica classica, questo studio haassunto in seguito un carattere interdisciplinare. Nel seguito di queste dispense,per l’importanza che rivestono anche in altri contesti, un’attenzione particolaresara rivolta allo studio dei modelli di evoluzione biologica.

1.1 Esempi di comportamento non lineare in

fisica classica

Lo studio dei sistemi non lineari si e sviluppato con i progressi compiuti nell’analisidei sistemi meccanici a partire dalla seconda meta dell’Ottocento. Un sistemamolto studiato in meccanica, a cui, per la sua importanza, sara dedicato uncapitolo successivo, e l’oscillatore anarmonico. In questo capitolo ci limiteremoad una breve illustrazione degli effetti piu sorprendenti prodotti dall’azione deitermini non lineari nelle equazioni del moto di un oscillatore. Consideriamo unoscillatore smorzato soggetto alla forzante periodica f = A cos(ωt). L’equazionedel moto per questo sistema, come si vedra meglio nella sezione 3.5, e data da

θ + 2βθ + ω20 sin θ = A cosωt (1.1)

La figura 1.1 mostra alcuni risultati ottenuti integrando numericamente la (1.1)per 2 diverse terne di valori dei parametri (A, β, ω) . Risulta che, quando l’ampiez-za A della forzante e maggiore di un certo valore critico, la variazione dell’angolo

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1.1. ESEMPI DI COMPORTAMENTO NON LINEARE IN FISICA CLASSICA 3

Figura 1.1: Transizione al caos nell’oscillatore forzato. (a) Moto regolare corri-spondente a piccoli valori dell’ampiezza della forza applicata. (b) Moto caotico.(c) e (d) Traiettorie nello spazio θ − θ corrispondenti ai casi (a) e (b).

θ diventa molto irregolare, caotica secondo la definizione precisa che verra datain seguito. La rilevanza dei termini non lineari e provata dal fatto che il motorisultante dalla versione linearizzata dell’eq.(1.1), per qualsiasi valore dei para-metri, non e caotico. Le figure 1.1(c) e 1.1(d) mostrano il comportamento delletraiettorie del sistema nello spazio θ− θ per i due casi di moto regolare e caotico.

Un altro esempio che puo illustrare come intervengono termini non lineari infisica classica sono le equazioni di Maxwell. Queste possono essere scritte nellaforma

div ~E =1

ε0(ρl − div~P ) rot ~E = −∂

~B

∂t

div ~B = 01

µ0

rot ~B − rot ~M = ~JL + ε0∂ ~E

∂t+∂ ~P

∂t(1.2)

dove ~E e ~B sono il campo elettrico e magnetico, ρl e ~Jl sono la densita di carichee di correnti libere, ~P e ~M sono i vettori di polarizzazione e magnetizzazioneindotta nella materia esprimibili come

Pi = ε0(χ(1)ij Ej + χ

(2)ijkEjEk + χ

(3)ijklEjEkEl + ...) (1.3)

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4 1. FISICA NON LINEARE

~M =χM(B)

µ0

~B (1.4)

Si vede che le equazioni di Maxwell nella materia sono lineari solo quando sitrascurano i termini χ(2), χ(3), etc. e quando χM non dipende da ~B. In molticasi la presenza dei termini non lineari va tenuta in conto. Nei ferromagneti,ad esempio, χM dipende dal campo magnetico anche tramite effetti di memoria.In certi materiali i termini χ(2) e χ(3) non sono trascurabili. Il termine χ(2)

descrive macroscopicamente il fenomeno di generazione di radiazione di secondaarmonica nell’interazione luce-materia. Quando su un materiale con χ(2) 6= 0incide radiazione con frequenze ω1 e ω2, in emissione si avra anche radiazione confrequenze ω1 ± ω2. Il termine χ(3) e legato invece alla dipendenza del coefficientedi assorbimento e dell’indice di rifrazione dall’intensita del campo.

1.2 Modelli di evoluzione biologica

Un settore importante della matematica applicata si occupa dello studio di mo-delli di evoluzione biologica. Questi modelli servono a descrivere la dinamica diuna o piu specie in un certo contesto ambientale. Possono descrivere l’evoluzionedella popolazione umana o di una specie in pericolo, oppure la crescita di coloniebatteriche o la diffusione di un virus. Anche in ecologia, cioe nello studio delcomplesso di relazioni tra specie viventi e ambiente, vengono utilizzati in misu-ra sempre maggiore modelli dinamici analitici. Come in fisica, anche in questicontesti i modelli servono a meglio comprendere i processi dinamici alla base deifenomeni osservati e a rendere possibili predizioni di qualche utilita pratica. Inquesti ambiti, la possibilita di avere modelli realistici e sempre legata alla presenzadi termini non lineari.

Lo studio di questi modelli ha una lunga tradizione che risale almeno a Leo-nardo da Pisa e ai suoi studi sulla crescita delle popolazioni di conigli (vedicap.2). L’elenco delle applicazioni odierne e cosı lungo che un solo trattato nonsarebbe sufficiente per una descrizione esaustiva. In un capitolo successivo saraanalizzato esaurientemente il modello di evoluzione logistica, rilevante anche perla comprensione della dinamica di molti sistemi fisici. In questa sezione saran-no invece brevemente descritti alcuni modelli che nell’insieme possono fornire unquadro introduttivo per la dinamica evolutiva dei sistemi biologici. Questi mo-delli sono stati scelti per la rilevanza che hanno in ambito biologico e per il ruoloimportante che in essi svolgono i termini non lineari.

Consideriamo dapprima il modello piu semplice per l’evoluzione di una speciebiologica isolata. Sia N(t) la popolazione, cioe il numero di individui della speciein esame, al tempo t. Il ritmo di crescita della popolazione puo essere espressocon l’equazione di bilancio

dN

dt= nascite − morti + migrazioni . (1.5)

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1.2. MODELLI DI EVOLUZIONE BIOLOGICA 5

Figura 1.2: Evoluzione di una popolazione secondo il modello di Verhulst perdiverse condizioni iniziali.

Trascurando in prima approssimazione le migrazioni si puo assumere che i terminidi nascita e di morte siano proporzionali a N . Si ha quindi

dN

dt= bN − dN ⇒ N(t) = N0e

(b−d)t , (1.6)

dove b, d sono costanti positive e N0 e la popolazione iniziale. Si vede che, dipen-dentemente dai valori di b e d, la popolazione cresce esponenzialmente o scompare.Questo modello, proposto da Malthus nel 1798, e piuttosto non realistico. Anchese un confronto con i dati noti sulla crescita della popolazione mondiale non faapparire cosı assurda l’idea di una crescita esponenziale, i biologi credono chealla lunga vi siano sempre fattori che limitano una crescita infinita. In natu-ra, in condizioni di normalita, cioe se non vi sono catastrofi particolari, succedespesso che la popolazione di una certa specie e stazionaria o oscilla intorno aun valore stazionario. Il modello di Verhulst (1838) contiene un meccanismo diautolimitazione per la crescita e puo essere scritto come

dN

dt= rN(1 −N/K) (1.7)

dove r e K sono costanti positive. L’autolimitazione e prodotta dal termine(1 − N/K) che rende piccola la crescita dN/dt quando N si avvicina a K. Ilmodello e strettamente imparentato con la mappa logistica del capitolo 2 (vediproblema 2.2); nella figura 1.2 se ne mostra l’evoluzione per diversi valori dellacondizione iniziale. Osserviamo che questo modello ha due stati stazionari o diequilibrio dove dN/dt = 0, N = 0 e N = K. Si puo mostrare che lo statoN = K ha le caratteristiche giuste di stabilita per essere lo stato stazionario diuna popolazione biologica. Una piccola variazione di N rispetto a K e destinata ascomparire col tempo. L’esistenza di uno stato con queste caratteristiche, nonche

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6 1. FISICA NON LINEARE

Figura 1.3: Ecosistema descritto dal modello di Lotka-Volterra.

la crescita con flesso (N0 < K) tipica di molti sistemi evolutivi, sono rese possibiledalla presenza di termini non lineari.

Un altro modello molto utilizzato negli studi di dinamica delle popolazioni eil modello di Lotka-Volterra che descrive una dinamica di tipo preda-predatore.Il matematico italiano Volterra introdusse questo modello nel 1926 per spiegarele oscillazioni osservate nel numero di pesci di alcune specie pescate nel mareAdriatico. Dette N(t) e P (t) le popolazioni delle specie preda e predatrice altempo t, si assume che queste quantita evolvono secondo le equazioni

dN

dt= N(a− bP )

dP

dt= P (cN − d) (1.8)

dove a, b, c, d sono costanti tutte positive. I termini che appaiono nei membri didestra delle due equazioni possono essere spiegati in questo modo. Il termine chedipende da a implica una crescita malthusiana senza limiti del numero di predein assenza di predatori. Tuttavia, la crescita pro capite del numero di predediminuisce in modo proporzionale al numero di predatori e questo meccanismo sitraduce nella presenza del termine −bNP . Per quello che riguarda l’evoluzionedella popolazione dei predatori si assume che in assenza di prede il numero dipredatori diminuirebbe con un ritmo di morti pari a d mentre il contributo delleprede alla crescita della popolazione dei predatori e dato da cNP , cioe e propor-zionale alla quantita totale di cibo disponibile. Questo modello verra analizzatonei problemi del cap.5. La figura 1.4 mostra schematicamente il risultato di que-

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1.2. MODELLI DI EVOLUZIONE BIOLOGICA 7

Figura 1.4: Soluzioni periodiche per le variabili u(τ) = cN/d, v(τ) = bP/a, τ = atdefinite a partire dal modello di Lotka-Volterra nel caso a = d, u(0) = 1.25, v(0) =0.66.

sta analisi. Si vede che le popolazioni delle due specie oscillano cosı come erastato inizialmente suggerito a Volterra. Queste oscillazioni sono il risultato dellapresenza di termini non lineari nelle equazioni di evoluzione. Generalizzazioni delmodello di Volterra sono utilizzate attualmente per l’analisi di dati sperimentali.

Concludiamo questa sezione sui modelli evolutivi con una generalizzazionedel modello di Malthus che tiene conto della possibilita che gli individui o icomponenti di un certo sistema possano muoversi diffondendo nel contesto in cuisono posti. Come variabile dinamica si utilizza la densita di popolazione ovvero ilnumero di individui per unita di volume. La densita sara funzione della posizionespaziale nonche del tempo. L’equazione evolutiva risultante e quindi data da

dn

dt= rn(1 − n/K) +D∇2n (1.9)

dove D e la costante di diffusione e l’equazione e nota come equazione di Fisher-Kolmogoroff. Fisher propose questa equazione nel 1937 per descrivere la diffu-sione di un gene favorevole in una generica popolazione; Kolmogoroff ne studiole proprieta analitiche. L’importanza dell’equazione di Fisher-Kolmogoroff vaal di la del contesto per cui fu inizialmente scritta. Essa e utilizzata in moltiproblemi, anche fisici e chimici, dove si hanno fenomeni di crescita o reazionein presenza di diffusione. L’equazione di Fisher-Kolmogoroff e anche usata perdescrivere la diffusione dei linguaggi, l’indoeuropeo ad esempio, o la diffusionedella spece umana moderna (homo sapiens sapiens) dall’Africa (vedi figura 1.5)al resto del mondo. In questo caso la costante di diffusione e valutata pari aD = 640Km2/generazione.

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8 1. FISICA NON LINEARE

Figura 1.5: Una teoria recente spiega l’affermazione mondiale della razza sapiens

sapiens in termini di onde diffusive piuttosto che di semplice migrazione. Le datenella figura (tratta da Current Anthropology, vol. 43 p. 749) si basano su evidenzaempirica. Il modello matematico di supporto a questa teoria e l’equazione diFisher-Kolmogoroff. Il ritmo di crescita non e nullo solo nelle regioni che ad uncerto tempo sono raggiunte dall’onda.

1.3 Equazioni idrodinamiche e teorie dei campi

Nello studio della teoria quantistica relativistica, del comportamento delle flut-tuazioni termiche in un sistema classico, della fluidodinamica o della cinetica delraggiungimento dell’equilibrio termodinamico, ci si imbatte spesso in equazioninon lineari molto complicate. In fisica teorica sono stati svilupati metodi perla soluzione di queste equazioni che sono anch’essi molto complessi in quanto isistemi considerati nelle teorie prima elencate sono tutti caratterizzati da un nu-mero infinito di gradi di liberta. Lo stato di questi sistemi non e piu descritto daun insieme di variabili algebriche ma da un campo che risulta essere la variabiledinamica del sistema. Ad esempio, lo stato di un fluido viscoso incomprimibile edescritto dal campo di velocita ~v(~x, t) e le equazioni dinamiche che definiscono ivalori di questo campo sono le equazioni di Navier-Stokes

∂~v

∂t+ ~v · −→∇~v = −1

%

−→∇p+ ν∇2~v (1.10)

dove % e la densita del fluido, p e la pressione e ν e la viscosita cinematica. Itermini non lineari presenti in questa equazione sono responsabili dei fenomenidi turbolenza che si osservano a basse viscosita.

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1.3. EQUAZIONI IDRODINAMICHE E TEORIE DEI CAMPI 9

Figura 1.6: Configurazioni a tempi successivi di una miscela binaria descrittadall’eq.(1.11). Al tempo t = 0 il sistema e nello stato disordinato con ϕ ∼ 0ovunque. Poiche i parametri scelti nella simulazione corrispondono ad un puntoal di sotto del punto critico, le due componenti della miscela, rappresentate daidue diversi colori nella figura, tendono a separarsi.

Un altro esempio di teoria di campo, che illustreremo brevemente, e un model-lo di natura molto generale utilizzato per analizzare la cinetica delle transizioni difase. In accordo con le idee di van der Waals, Landau e Ginzburg, la termodina-mica di un sistema con transizione di fase puo essere descritta introducendo unaenergia libera funzionale di un campo ϕ detto parametro d’ordine del sistema.Un funzionale e un’applicazione che fa corrispondere ad una funzione un numeroreale; nel caso in questione e l’integrale sull’intero spazio di ϕ.

Come sistema di riferimento per questa discussione consideriamo una misceladi due fluidi, anche se l’approccio che stiamo descrivendo e generale e puo essereapplicato allo studio delle transizioni di fase in molti altri sistemi, ad esempio aimateriali superconduttori o nella fisica delle alte energie. Nel caso della miscelabinaria il campo ϕ rappresenta la differenza di concentrazione locale tra le duecomponenti della miscela. Il ruolo del funzionale e di stabilire i valori del campocorrispondenti allo stato di equilibrio: questi sono dati dal minimo del funzionale,cioe dell’energia libera. La transizione di fase che si osserva nelle miscele binarie etra uno stato mescolato o disordinato al di sopra di una temperatura critica Tc ele 2 fasi pure delle 2 componenti della miscela separate per temperature inferioria Tc. La fase disordinata e descritta da valori del campo ϕ(~x, t) nulli ovunque,mentre nelle fasi pure il campo ha valori non nulli.

La transizione di fase avviene ad esempio quando il sistema, inizialmentea temperature maggiori di quella critica viene posto in contatto con un bagno

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10 1. FISICA NON LINEARE

termico a temperature inferiori a Tc. La cinetica di questa transizione, e quindile modalita con cui questa si realizza, sono descritte dall’equazione

∂ϕ

∂t= M∇2(−aϕ+ bϕ3 − κ∇2ϕ) (1.11)

dove a, b, κ sono costanti positive. In questa equazione il termine non lineare haun ruolo essenziale: senza di esso l’equazione non avrebbe soluzioni fisicamentesignificative. La presenza di questo termine rende impossibile l’applicazione delleusuali tecniche di soluzione che fanno uso della trasformata di Fourier. La teoriadei campi suggerisce le metodologie di studio da applicare allo studio dell’eq.(1.11)per ottenere risultati analitici. La difficolta di questo studio e dovuta all’impos-sibilta di trattare il termine non lineare in modo perturbativo sicche tutte letecniche analitiche basate su sviluppi in serie non possono essere applicate (vediproblema 1).

Nella figura 1.6 sono riportati i risultati di una simulazione numerica dell’e-quazione (1.11). Lo stato iniziale del sistema corrisponde a valori del campo ϕovunque molto prossimi a zero. I parametri scelti nella simulazione corrispondo-no ad una situazione di coesistenza con ϕ non nullo; ne consegue che le due fasidel sistema tendono a separarsi e i corrispondenti dominı, rappresentati da coloridiversi nella figura, crescono al passare del tempo. Si puo mostrare che e possibiledefinire una taglia tipica L(t) per i dominı a ciascun istante di tempo che crescecome L ∼ t1/3. Una proprieta importante che caratterizza la separazione di fasee la simmetria delle funzioni di correlazione rispetto alla cosiddetta operazionedi riscalamento dinamico: definita la funzione di correlazione C(r, t) tra i valoridel campo a distanza r, questa verifica la relazione C(r, t) = F (r/L(t)). Si vedeche la funzione di correlazione non dipende separatamente dalle variabili spazia-li e temporali ma da una loro combinazione adimensionale. Questa proprieta everificata sperimentalmente in moltissimi sistemi.

1.4 Onde non lineari

Nel 1834 l’ingegnere scozzese Scott Russell, cavalcando lungo un canale nelle cam-pagne di Edinburgo, osservo che all’arresto improvviso di una barca in navigazio-ne corrispondeva la creazione di ... un’onda costituita da una grande elevazione

solitaria di acqua, con forma ben definita, che iniziava il suo moto a partire dalla

prua della barca e continuava la sua corsa lungo il canale senza cambiare di forma

e variare la velocita. Scott Russell seguı l’onda, ne misuro la velocita, l’altezza e lalarghezza. In seguito ripete queste osservazioni in un laboratorio creato all’uopocercando, invano, di dare una interpretazione fisica del fenomeno osservato e delfatto che la velocita dell’onda solitaria variava con l’altezza dell’onda. Soltantonel 1895 due matematici olandesi, Korteweg e De Vries, riuscirono a dare per laprima volta una descrizione teorica del fenomeno riportato da Russell. Korteweg

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1.4. ONDE NON LINEARI 11

e De Vries ricavarono una equazione non lineare per la propagazione monodire-zionale di onde sulla superficie di un canale poco profondo. Detta l la profonditadel canale a riposo e l + η l’elevazione del livello perturbato dal fondo, il motodell’onda risulta governato dall’equazione

∂η

∂t=

3

2

g

l

∂x

[

2

3lη +

1

2η2 +

1

3σ∂2η

∂x2

]

(1.12)

dove σ = l3/3 − T l/ρg, T e la tensione superficiale del liquido, ρ la densita, gl’accelerazione di gravita. Introducendo le nuove variabili

u = η/8l ξ =

2l

σx τ =

2l2g

σt (1.13)

si ottiene l’equazione di Korteweg e De Vries

∂u

∂τ+∂u

∂ξ(1 + 12u) +

∂3u

∂ξ3= 0 (1.14)

dove il fattore 12 corrisponde ad una scelta arbitraria della variabile u. Un’ondasolitaria o solitone deve essere tale da non cambiare profilo durante la propagazio-ne, cioe deve essere del tipo u = u(θ) con θ = aξ−ωτ + δ. Inoltre u e le derivatedi u devono tendere a zero per |θ| → ∞. Si puo mostrare (vedi problema 2 ) cheesistono soluzioni dell’equazione KdV di questo tipo e sono date dall’espressione

u =1

4a2sech2 1

2[aξ − (a+ a3)τ + δ] (1.15)

Una caratteristica notevole di questo tipo di onde, che le differenzia dalle usualionde soluzioni di equazioni lineari (le onde piane ad esempio), e la dipendenzadella velocita 1 + a2 dall’ampiezza, in accordo con le osservazioni di Russell.

Una trattazione piu dettagliata delle questioni legate alla propagazione delleonde non lineari e al di la degli scopi di queste dispense. Due altre proprietaimportanti delle onde solitarie vanno comunque evidenziate. La prima e impli-cita nella forma d’onda (1.15): i solitoni sono onde non dispersive, la loro formarimane inalterata nella propagazione. Va poi sottolineato il cosiddetto compor-tamento particellare di queste onde. Quando due onde solitarie che soddisfanol’equazione KdV collidono, esse non si disperdono o rompono ma si attraversanoreciprocamente acquisendo soltanto una variazione di fase. Questo comporta-mento e illustrato nella figura 1.7 che evidenzia che anche nella zona di collisionele ampiezze delle due onde non si sommano.

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12 1. FISICA NON LINEARE

Figura 1.7: Collisione di due onde solitarie di Korteweg-de Vries.

Bibliografia

• G. Nicolis, Introduction to nonlinear science Cambridge University, 1995.

• J.D. Murray, Mathematical Biology, an introduction, Springer, Berlino 2002.

• H.G. Schuster, Deterministic Chaos, an introduction, VCH, Weinheim (Ger-mania) 1988.

• L. Landau e E. Lifshitz, Fluid Mechanics e Classical theory of fields, Per-gamon, Oxford 1959.

• R.K. Dodd, J.C. Eilbeck, J.D. Gibbon e H.C. Morris, Solitons and nonlinear

wave equations, Academic, Londra 1984.

Page 19: Fisica Non Lineare

1.4. ONDE NON LINEARI 13

Problemi

1. Utilizzare le trasformazioni ~x ⇒ ~x′ =√

a/κ~x, ϕ ⇒ ~ϕ′ =√

b/aϕ,t⇒ t′ = 2Ma2/κt per riscrivere l’equazione (1.11) in termini delle nuove variabili~x′, t′, ϕ′. Osservare che l’equazione cosı scritta non dipende piu dai parametri ori-ginari a, b, κ,M . Dedurre dall’espressione ottenuta che non sono possibili sviluppiperturbativi.

2. Utilizzare le trasformazioni di variabili suggerite nel testo per ottenerel’eq.(1.14). Mostrare che (1.15) e soluzione di (1.14).

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14 1. FISICA NON LINEARE

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Capitolo 2

Semplicita e Complessita: la

mappa logistica

In questo capitolo mostreremo che alcuni modelli matematici molto semplici,originariamente introdotti per descrivere l’evoluzione temporale del numero diindividui di una o piu specie in un certo contesto biologico, possono avere un com-portamento estremamente complesso, eventualmente caotico nel senso discussonel capitolo precedente. L’importanza di questi modelli non e legata solo alla lororilevanza in ambito biologico, di per se gia enorme. Le modalita con cui il regimecaotico si instaura in questi modelli e nella mappa logistica in particolare, chesara l’argomento principale di questo capitolo, sono le stesse che si trovano in si-stemi estremamente piu complicati quali i fluidi soggetti a un gradiente termico oin regime turbolento. La mappa logistica funge quindi da modello paradigmaticoper lo studio di dinamiche caotiche anche in altri contesti.

I modelli evolutivi considerati in questo capitolo sono definiti per valori di-screti della variabile temporale e per questo sono chiamati mappe. Dal puntodi vista biologico l’approssimazione del tempo discreto risulta spesso ragionevo-le. Per molte specie la sovrapposizione tra generazioni successive e trascurabilee si puo pensare che effettivamente la popolazione evolve a intervalli discreti ditempo. Questo tempo puo essere un anno in molti casi, ma puo anche essere ungiorno per la mosca della frutta, qualche ora per gli organismi cellulari o moltomeno per i virus e i batteri.

Per comodita si puo porre il tempo tra generazioni successive pari a 1. Imodelli pongono allora in relazione la popolazione al tempo t + 1, denotata conNt+1, con la popolazione Nt al tempo t. Si ottengono quindi equazioni del tipo

Nt+1 = f(Nt) (2.1)

dove f(x) e in genere una funzione non lineare di x. Come si vedra nel corsodel capitolo, e molto difficile ottenere la soluzione analitica Nt dell’eq. (2.1) atutti i tempi in funzione delle condizioni iniziali, ma, ciononostante, si possono in

15

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16 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

genere ricavare dallo studio della (2.1) molte informazioni quantitative che benillustrano il comportamento di Nt.

La forma particolare della funzione f dipende dal particolare sistema che sivuole studiare. Il primo modello evolutivo con tempo discreto fu introdotto nel1202 da Leonardo da Pisa (chiamato piu tardi, nel diciottesimo secolo, Fibonacci).Nei suoi libri di aritmetica Leonardo considero un problema legato alla crescitadi una popolazione di conigli. Indicato con Nt il numero di coppie di conigli altempo t, Leonardo considero la seguente relazione tra il numero di coppie a tempisuccessivi

Nt+1 = Nt +Nt−1, t = 2, 3, . . . . (2.2)

Questo processo, posto N0 = 1, produce la sequenza di numeri detta di Fibonacci

1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, .... (2.3)

dove ciascun termine della serie e la somma dei due precedenti (vedi Problema1). Questa sequenza e piuttosto nota perche in molti contesti naturali si trovanoserie di ni, ni+1, . . . elementi dove ni, ni+1, . . . sono numeri successivi di Fibonacci.Nelle pigne di un pino, ad esempio, si trovano sempre 21 spirali di scaglie in sensoorario e 34 in senso antiorario.

La forma della funzione f deve tenere conto dei problemi di sovraffollamentoe delle capacita del sistema di autoregolarsi. E quindi ragionevole che la funzionef abbia un massimo a qualche valore NM e diminuisca per N > NM . La mappalogistica, che e la versione con tempo discreto del modello di Verhulst del 1838(vedi Problema 2), ha proprio queste caratteristiche e puo essere introdotta conle seguenti considerazioni. Sia zn il numero di individui di una certa popolazione,ad esempio di una specie di insetti, al tempo n . Si assuma che, per ogni anno n,le condizioni dell’ambiente dove gli insetti depongono le uova, il numero di larvesopravvissute, o il numero di predatori siano in media gli stessi. Sia r il numeromedio di uova che ciascun insetto depone in un anno. La schiusura delle uovaprodurrebbe quindi un numero di insetti pari a zn+1 = rzn e quindi una legge dicrescita esponenziale zn = rnz0. Tuttavia, se il numero di insetti diventa troppogrande, si puo pensare che la disponibilita di cibo non sia sufficiente per tuttie che un certo numero di insetti muoia prima di riprodursi. Il numero di uovaeffettivo (quello che comportera una variazione della popolazione) rilasciato daciascun insetto puo essere posto uguale a r(1−zn/z) dove z e una sorta di numerocritico per la popolazione, raggiunto il quale non vi e piu cibo e non vengonorilasciate altre uova. La legge di evoluzione della popolazione e data quindi dazn+1 = rzn(1−zn/z). La mappa logistica dell’equazione (2.8) si ottiene dividendol’equazione precedente per z e introducendo la nuova variabile xn = zn/z.

Prima di passare allo studio della mappa logistica, introdurremo nella sezionesuccessiva un altro sistema, la mappa a tenda, che e utile per lo studio della map-pa logistica e che costituisce di per se un esempio particolarmente significativodi sistema con comportamento caotico. Concluderemo questo capitolo con un

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2.1. LA MAPPA A TENDA 17

Figura 2.1: (a) La mappa a tenda. (b) Rappresentazione grafica della map-pa a tenda in termini delle operazioni di stiramento (stretching) e piegamento(folding).

esempio di modello evolutivo di natura totalmente differente, costruito a partireda considerazione di carattere probabilistico. Lo studio di questo esempio con-sentira di comprendere meglio il carattere deterministico della mappa logistica edei sistemi che verranno considerati nei capitoli successivi.

2.1 La mappa a tenda

La mappa a tenda e definita dall’operazione

xn+1 = 1 − 2

xn − 1

2

(2.4)

con xnε[0, 1] (vedi figura 2.1(a)). La scelta dell’intervallo [0, 1] e consistente sesi vuole che ad ogni iterazione la mappa agisca sullo stesso intervallo chiusoe limitato. Infatti, con una condizione iniziale x0 negativa, si avrebbe x1 =2x0, x2 = 2x1 = 4x0, ... e xn → −∞ per n→ ∞. D’altro canto, anche per x0 > 1

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18 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

Figura 2.2: La linea continua e quella tratteggiata rappresentano due traiettoriedella mappa a tenda originate da condizioni iniziali distanti ε = 10−3.

risulterebbe x1 < 0 e quindi xn → −∞ per n → ∞, come nel caso precedente.Invece, per xn nell’intervallo [0, 1], si ha che 0 ≤ 1−2|xn−1/2| ≤ 1 e quindi xn+1

e ancora un punto dell’intervallo [0, 1]. Lo stesso ragionamento vale per tutte leiterazioni successive. Quindi, per 0 ≤ x0 ≤ 1, l’orbita rimane limitata e confinataall’intervallo [0, 1] per ogni valore di n; questo e il caso piu significativo dal puntodi vista fisico e matematico ed e quello che considereremo nel seguito.

La figura 2.1(b) illustra graficamente in un altro modo l’azione della mappasull’intervallo [0, 1]. E possibile scomporre quest’azione in due operazioni distinte.L’intervallo [0, 1] e dapprima uniformemente stirato o dilatato fino a raggiungereuna lunghezza doppia di quella iniziale: questa operazione e detta di stiramento.La seconda operazione consiste nella piegatura dell’intervallo stirato su stesso:il risultato e un intervallo della stessa lunghezza di quello iniziale. La figura2.1(b) puo essere utilizzata per determinare graficamente l’evoluzione di un puntoqualsiasi dell’intervallo [0, 1]. Ad esempio, dalla figura si puo dedurre che il puntoxn = 1/4 diventa 1/2 dopo lo stiramento, e non cambia valore dopo la piegaturacosı che xn+1 = 1/2.

L’operazione di stiramento e responsabile dell’allontanamento di orbite inizial-mente vicine. Questo fenomeno e illustrato nella figura 2.2 dove viene mostratal’evoluzione temporale della mappa in due casi con differenti condizioni inizia-li separate da ε = 10−3. Le orbite rimangono vicine per alcune iterazioni mapoi si allontanano l’una dall’altra senza alcuna correlazione apparente. Si diceche la mappa soddisfa una condizione di sensibilita rispetto alla variazione del-

le condizioni iniziali e in attesa delle definizioni piu quantitative del capitolo 4,prenderemo questa come definizione di moto caotico.

La presenza combinata delle operazioni di stiramento e piegatura e una carat-teristica generale di tutte le mappe unidimensionali con dinamica caotica. Infatti

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2.1. LA MAPPA A TENDA 19

e l’azione di stiramento che provoca l’allontanamento di orbite inizialmente mol-to vicine. D’altro canto, l’operazione di piegatura e necessaria affinche le orbitesiano limitate. Si puo anche osservare che la mappa, a causa della piegatura, none invertibile. Questo e in realta un risultato generale che non dimostreremo eche puo essere cosı enunciato: tutte le mappe unidimensionali caotiche sono noninvertibili.

La relazione tra struttura della mappa e dipendenza sensibile dalle condizioniiniziali puo essere ulteriormente illustrata considerando il comportamento dellamappa iterata m−volte definita da

xn+m = Mm(xn) ≡M(Mm−1(xn)), xn+1 = M(xn) (2.5)

dove M1(x) ≡ M(x) e M 0(x) ≡ x. Nella figura 2.3 vengono mostrate l’azio-ne della mappa M 2 e Mm sull’intervallo [0, 1]. I grafi di queste figure possonoessere costruiti osservando che una doppia applicazione della mappa ai puntix0 = 0, 1/2, 1 da come risultato xn+2 = 0, mentre se xn e uguale a 1/4 o 3/4 siha che due applicazioni della (2.4) danno xn+2 = 1. La figura 2.3(a) si ottieneosservando che la variazione di xn+2 tra i punti prima considerati e lineare. Dallafigura 2.3(b) (che puo essere costruita ripetendo piu volte il ragionamento prece-dente) si vede che, scelta una condizione iniziale x0 in un intorno di raggio 2−m

di un qualsiasi punto x in [0, 1], il punto Mm(x0) puo trovarsi ovunque rispetto aMm(x) nell’intervallo [0, 1]. Quindi, comunque sia buona la conoscenza della po-sizione della mappa ad un certo istante, dopo un numero sufficientemente alto diiterazioni, verra persa qualsiasi informazione sulla posizione dell’orbita, a menodi un calcolo esplicito.

In generale, si dice che una mappa M percorre un’orbita periodica di periodop se l’orbita passa ciclicamente dai punti distinti x0, x1, . . . , xp−1, ovvero se xj+1 =M(xj). Allora dalla relazione

xj = Mp(xj) ∀ j = 0, 1, ..., p− 1 , (2.6)

si vede che un punto di un’orbita periodica di periodo p per la mappa M e unpunto fisso della mappa M p. Lo studio delle proprieta delle mappe iterate puoquindi risultare utile per l’analisi del comportamento delle orbite della mappaoriginaria.

Nel caso della mappa a tenda si puo osservare che la mappa M p ha 2p puntifissi definiti dalla relazione

xf = Mp(xf ) , (2.7)

ottenibili graficamente dalle intersezioni della retta bisettrice con la mappa M p.Poiche vi sono due punti (x = 0 e x = 2/3) che sono punti fissi della mappaoriginaria (xf = M(xf )), si ha che vi sono 2p − 2 punti fissi di M p che non losono di M . Il lettore puo dimostrare, con un ragionamento analogo a quello

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20 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

Figura 2.3: Rappresentazione grafica della mappa a tenda iterata 2 e m volte.

suggerito nel problema 5 per la mappa logistica, per il caso p = 2, che questipunti appartengono a orbite particolari di M che hanno carattere periodico. Piuin generale si puo dimostrare che se p e un numero primo, i 2p − 2 punti fissi diMp che non lo sono di M appartengono a orbite periodiche di periodo p; se p none un numero primo ( p = pn1

1 pn22 ...), allora alcuni di questi punti apparterranno a

orbite di periodo piu basso p1, p2, .... Quindi, se p e un numero primo, il numerodelle orbite periodiche di periodo p e Np = (2p − 2)/p. (Per p non numeroprimo il numero delle orbite periodiche di periodo p non soddisfa la relazioneprecedente ma per grandi p vale comunque la relazione Np ' 2p/p.) Il numerodi orbite periodiche tende quindi a infinito con l’aumentare del periodo. Questosembrerebbe essere in contraddizione con quanto prima detto sul comportamentogeneralmente caotico, non periodico, della mappa a tenda. La contraddizionee risolvibile, con le nozioni che verranno date nei capitoli successivi, valutandoquantitativamente il peso relativo e la stabilita delle orbite periodiche e di quellecaotiche. Si puo dimostrare che, pur essendo le orbite periodiche dense in [0, 1],sono le orbite caotiche quelle tipiche della mappa, che si osservano con probabilitadi gran lunga maggiore nel caso di condizioni iniziali scelte casualmente. Inoltre,le orbite periodiche risultano essere instabili.

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2.2. LA MAPPA LOGISTICA 21

2.2 La mappa logistica

In questa sezione verra studiato il comportamento della mappa logistica giaintrodotta all’inizio di questo capitolo e definita dalla legge evolutiva

xn+1 = rxn(1 − xn) . (2.8)

La mappa e definita nell’intervallo [0, 1] per 1 ≤ r ≤ 4; in questo modo si ottengo-no traiettorie sempre comprese nell’intervallo [0, 1]. Con una definizione diversa,ad esempio r > 4, partendo da x0 = 1/2 si avrebbe x1 > 1, x2 < 0 e xn → −∞per n → ∞ e questo, analogamente a quanto visto per la mappa a tenda, e uncaso poco interessante da considerare.

La mappa logistica a r = 4 e trasformabile nella mappa a tenda effettuandoun cambiamento opportuno di variabili. Infatti, introdotta la nuova variabile yn

a valori in [0, 1] definita dalla relazione

xn = sin2 πyn

2=

1

2(1 − cos πyn) , (2.9)

si ottiene dalla (2.8)

sin2 πyn+1

2= 2(1 − cosπyn)(1 − 1

2+

1

2cos πyn)

= 1 − cos2 πyn = sin2 πyn (2.10)

le cui soluzioni sonoπyn+1

2= ±πyn + sπ (2.11)

con s numero intero qualsiasi. Se imponiamo il vincolo di appartenenza di yn

all’intervallo [0, 1], si ottiene

yn+1 = 2yn 0 ≤ yn ≤ 1/2 (s = 0, segno+)

yn+1 = 2 − 2yn 1/2 ≤ yn ≤ 1 (s = 1, segno−) (2.12)

che e proprio la definizione della mappa a tenda. Allora, poiche la mappa a tendaha comportamento caotico, possiamo dedurre che la mappa logistica e anch’essacaotica per r = 4. Inoltre, come si era discusso per la mappa a tenda, anche nelcaso della mappa logistica con r = 4 si avranno infinite orbite periodiche ma ilpeso statistico di queste orbite risultera trascurabile rispetto al peso delle orbitecaotiche. La rilevanza di questi risultati va anche apprezzata in relazione alleimplicazioni per i sistemi biologici descrivibili dalla mappa logistica che possonoquindi avere comportamento caotico. Di notevole importanza, come si vedra, eanche il comportamento della mappa a r < 4. Lo studio della mappa a diversivalori di r illustra i regimi dinamici che possono precedere il comportamentocaotico di un sistema.

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22 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

Figura 2.4: (a) La mappa logistica con r = 2.6. Si vede come e possibiledeterminare graficamente la stabilita dei punti fissi.

Per studiare il comportamento della mappa a r 6= 4 conviene per prima cosacalcolare i punti fissi della mappa, cioe risolvere l’equazione (2.8) con xn+1 = xn;le soluzioni sono

xf = 0, xf = 1 − 1

r.

Il primo di questi punti fissi e instabile per r > 1. Questo significa che se consi-deriamo una condizione iniziale x0 vicina a x = 0 e iteriamo piu volte la mappa,il punto xn rappresentativo della mappa si allontanera da x = 0 al crescere di n.Questo comportamento e illustrato nella figura 2.4 che mostra come e possibileanalizzare graficamente la stabilita di un punto fisso di una mappa unidimensio-nale. Analogamente si puo vedere che l’altro punto fisso xf = 1− 1/r, per il casodella figura con r = 2.6, e stabile, cioe le traiettorie che partono in vicinanza delpunto fisso tendono a tornare su di esso. La condizione di stabilita o instabilitaper una mappa unidimensionale puo essere espressa analiticamente calcolando ilvalore assoluto |dM/dx| della derivata della mappa. Se |dM/dx|x=xf

> 1 il puntofisso xf e instabile; se |dM/dx|x=xf

< 1 il punto fisso xf e stabile. Il significa-to di queste condizioni analitiche, che sono un caso particolare dei risultati piugenerali del capitolo 5, puo essere compreso facendo nuovamente riferimento alprocedimento grafico illustrato nella figura 2.4. Dalla valutazione della derivatarisulta che il punto fisso xf = 0 e sempre instabile nell’insieme dei valori di rconsiderati. Dalla relazione |dM/dx|x=1−1/r = |2 − r| si vede invece che il puntofisso xf = 1− 1/r e un attrattore solo per 1 < r < 3. Si puo inoltre mostrare chein quest’intervallo di valori di r non vi sono orbite periodiche con periodo p > 1

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2.2. LA MAPPA LOGISTICA 23

sicche ogni condizione iniziale x0 che soddisfa 0 < x0 < 1 da luogo a traiettoriedella mappa che si avvicinano a x = 1 − 1/r. In casi come questo, si dice chel’intervallo [0, 1] e il bacino di attrazione dell’attrattore xf = 1 − 1/r.

Abbiamo visto che a r = 4 la mappa e caotica e vi sono infinite orbite perio-diche (instabili) dense in [0, 1]. Per 1 < r < 3 vi sono solo due orbite periodichedi periodo unitario (i punti fissi) e non vi e caos. Per analizzare il meccanismodi passaggio da una situazione all’altra quando 3 < r < 4 (vedi problema 3),conviene considerare il comportamento della mappa iterata due volte M 2 . Nellafigura 2.5 si mostra graficamente il comportamento della mappa M 2 per due va-lori di r, uno di poco minore e l’altro di poco maggiore di r = 3. Osserviamo leseguenti proprieta:

• La mappa M 2, che e un polinomio del quarto ordine, ha tre estremi.

• Il punto fisso di M , ovviamente, e un punto fisso anche per M 2.

• Un punto fisso instabile per M lo e anche per M 2. Infatti, se il punto fissoxf di M e instabile allora |dM/dx|x=xf

> 1, ma |dM 2/dx| = |dM/dx|M(xf ) ·|dM/dx|xf

= (dM/dx)2xf> 1.

• Per r > 3 appaiono due altri punti fissi che sono soluzione dell’equazioner3x3 − 2r3x2 + r2(1 + r)x− r2 + 1 = 0 (vedi problema 4). Si puo mostrare,o anche dedurre dal grafo di M 2, che questi punti fissi sono stabili per lamappa M2.

• I due punti fissi di M 2 che non lo sono di M devono necessariamente ap-partenere ad un’orbita di periodo due di M (problema 5). Percio, quandoa r = 3 l’orbita di periodo 1 diventa instabile, appare un’orbita stabile diperiodo 2. Tutte le traiettorie saranno attratte da quest’orbita eccetto leorbite costitute dai punti fissi instabili x = 0 e x = 1 − 1/r e dal puntox = 1. Questo cambiamento nella struttura delle orbite e schematicamentemostrato nella figura 2.5(c) ed e noto come biforcazione con raddoppio di

periodo. Le curve continue rappresentano nella figura 2.5(c) le orbite stabilimentre la linea tratteggiata e la soluzione instabile dell’equazione di puntofisso.

Il coefficiente di stabilita in xf = 1− 1/r e λ1 = dM/dx = 2− r e diminuiscelinearmente da 1 a −1 per 1 ≤ r ≤ 3. In questo intervallo il punto fisso e stabilementre diventa instabile per r > 3. Allo stesso modo i punti fissi di M 2 hannoun coefficiente di stabilita che vale 1 per r = 3 e che diminuisce fino a diventare-1 a r = r2 quando l’orbita di periodo 2 diventa instabile (vedi problema 5) .Per r appena maggiore di r2, analogamente a quanto successo vicino a r1 = 3,appare un’orbita di periodo 4. I punti di quest’orbita sono i 4 punti fissi stabilidella mappa (M 2)2 = M4. Le mappe M 2 e M4 svolgono ora il ruolo che primaavevano avuto M e M 2. Nella figura 2.6 si vede che M 4 ha in totale 8 punti

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24 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

Figura 2.5: La mappa logistica iterata due volte M 2 per r appena minore (a) emaggiore (b) di 3. La linea tratteggiata e tangente a M 2 nel punto xf = 1− 1/r.(c) Rappresentazione della biforcazione a x = xf dove appare un’orbita stabile diperiodo due. La linea tratteggiata rappresenta il punto fisso diventato instabile.

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2.2. LA MAPPA LOGISTICA 25

Figura 2.6: La mappa logistica iterata quattro volte a r = 3.5.

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26 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

Figura 2.7: Cascata di biforcazioni con raddoppio di periodo.

fissi: i 4 punti fissi di M 2 e 4 nuovi punti fissi. L’orbita di periodo 4 e stabilefino ad un certo valore r3 dove diventa instabile mentre una nuova orbita diperiodo 8 = 23 risulta stabile nell’intervallo r3 < r ≤ r4. La comparsa di nuoveorbite di periodo sempre piu grande 2m, stabili nell’intervallo rm < r ≤ rm+1, e ilcosiddetto fenomeno della cascata di biforcazioni rappresentato schematicamentenella figura 2.7. Si puo mostrare analiticamente, o utilizzando un calcolatore, cheesiste un punto di accumulazione per la successione rm dato da

r∞ ≡ limm→∞

rm = 3.5699456... (2.13)

Nell’intorno sinistro di r∞ si accumulano orbite periodiche di periodo sem-pre piu grande; a r = 4 il sistema e caotico. Per analizzare il comportamentodel sistema nell’intervallo r∞ < r < 4 si puo utilizzare la seguente proceduranumerica:(a) Si sceglie un valore di r appena piu grande di r∞.(b) Si itera la mappa un numero di volte dell’ordine del migliaio e si riportanosu un grafo i risultati delle ultime (qualche centinaio) iterazioni.(c) Si aumenta di ∆r ∼ 10−2 il valore di r e si riparte dal punto (b).

Il risultato di queste operazioni e riportato nella figura 2.8 che mostra essen-zialmente le caratteristiche dell’attrattore della mappa al variare di r. Come giadetto, per r < r∞ l’attrattore e costituito da orbite periodiche di periodo semprepiu grande mentre a r = 4 l’attrattore riempie l’intero intervallo [0, 1]. Per glialtri valori di r si possono evidenziare i seguenti comportamenti:

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2.2. LA MAPPA LOGISTICA 27

Figura 2.8: Diagramma delle biforcazioni per la mappa logistica.

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28 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

• per r appena piu piccolo di r = 4 l’attrattore e costituito da un singolointervallo strettamente contenuto in [0, 1]; le orbite sono caotiche ma noninvadono tutto lo spazio a disposizione.

• Per r∞ < r < r′0 si ha una nuova serie di biforcazioni con il sistema che hacaratteristiche contemporaneamente caotiche e periodiche. Per r appenapiu piccolo di r′0 l’orbita oscilla tra due bande o intervalli separati, ma inciascuna di essi il moto e caotico. In altri termini, se ad una certa iterazionela mappa assume valore in una banda, all’iterazione successiva la mappaha valore nell’altra banda e, al susseguirsi delle iterazioni, entrambe le ban-de sono ricoperte completamente dalle orbite. Diminuendo ulteriormenter, a r = r′1 l’attrattore diventa a 4 bande toccate ciclicamente dall’orbi-ta. Proseguendo in questo modo si otterra una successione r′m convergenteanch’essa a r∞.

• La figura 2.8 mostra un ulteriore fenomeno. Per r > r∞ vi sono ancheintervalli di r dove l’orbita dell’attrattore e periodica ma non caotica. Ilpiu largo di questi intervalli, per r compreso tra 3.8 e 3.9, e occupato daun’orbita di periodo 3. La figura 2.9 e l’ingrandimento della figura 2.8 inquest’intervallo; si vede che l’orbita di periodo 3 appare a r∗3, e seguitada una serie di biforcazioni con raddoppio di periodo in cui sono prodotteorbite di periodo 3× 2m. Si ha poi un insieme di bande caotiche (cosı comesi era discusso al punto precedente) che si uniscono infine in tre bande chescompaiono di colpo a r = rc3 dove appare nuovamente una singola banda.L’intervallo compreso tra r∗3 e rc3 e chiamato finestra di periodo 3. Sipuo mostrare, ma non discuteremo ulteriormente questo punto, che vi e unnumero infinito di finestre di periodo arbitrariamente grande nell’intervallocaotico r∞ ≤ r ≤ 4. Alcune di queste sono distinguibili nelle figure 2.8 e2.9.

2.3 Universalita della mappa logistica

Il comportamento dinamico della mappa logistica, con le cascate di biforcazioniillustrate, ha una rilevanza che va al di la dei sistemi di evoluzione biologica perchee tipico di molti altri sistemi con comportamento caotico. Questa universalita di

comportamento ha anche, come vedremo, un fondamento quantitativo.

Consideriamo dapprima la successione di biforcazioni con raddoppio di perio-do osservata per r < r∞. La lunghezza dell’intervallo di r dove e stabile un’orbitadi periodo 2m diminuisce, per m grandi, secondo la legge

rm = r∞ − costante× δ−m (2.14)

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2.3. UNIVERSALITA DELLA MAPPA LOGISTICA 29

Figura 2.9: Ingrandimento della finestra di periodo tre.

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30 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

Figura 2.10: (a) Rappresentazione schematica del cambiamento dello spettro diFourier dopo una biforcazione.

che implica l’espressione

rm − rm−1

rm+1 − rm

→m→∞ 4.669201 . . . ≡ δ . (2.15)

Dalla relazione precedente si deduce che se si ridisegna il diagramma delle bifor-cazioni della figura 2.7 in funzione della variabile − log(r∞ − r), la distanza trabiforcazioni successive tende alla costante log δ per r → r∞. Un’altra costanteimportante e legata alla distanza dm, nell’ orbita di periodo 2m per r < r∞, trail punto piu vicino a x = 1/2 e x = 1/2 (vedi figura 2.7). Si ha che

dm

dm+1

→m→∞ −2.5029078750 . . . ≡ −α (2.16)

Proprieta simili valgono anche per r > r∞. Ad esempio, nelle finestre di periodop > 2, la sequenza dei raddoppi di periodo verifica una legge analoga alla (2.14)con lo stesso valore di δ.

Le varie sequenze di biforcazioni furono studiate, tra gli altri, da Feigenbaumnel 1978. Feigenbaum mostro che la cosiddetta strada verso il caos osservata nellamappa logistica, ovvero l’insieme delle biforcazioni prima descritto, e caratteri-stica di tutte le equazioni alle differenze finite del primo ordine, ovvero del tipoxn = f(xn−1), dove f(x) e una funzione con un massimo xM nell’intervallo di de-finizione. Inoltre, il valore delle costanti α e δ dipendono soltanto dall’ordine delmassimo. Ad esempio, per tutti i massimi quadratici con f ′(xM) = 0, f ′′(xM) < 0,α e δ assumono lo stesso valore della mappa logistica. L’uso del termine univer-

salita e quindi ancora piu motivato: la sequenza delle orbite degli attrattori

Page 37: Fisica Non Lineare

2.3. UNIVERSALITA DELLA MAPPA LOGISTICA 31

Figura 2.11: (A) Schema di un circuito RCL non lineare forzato. (B) La correnteosservata al tempo t+T vs. la corrente osservata al tempo t. (C) Determinazionedi δ dai valori del parametro di controllo V0. (D) a-c: subarmoniche nello spettrodi potenza all’aumentare di V0; d: raffronto con la teoria di Feigenbaum (lineeorizzontali) (da Linsay, Physical Review Letters 1981).

osservata nella mappa logistica e osservata in una classe molto vasta di sistemicon comportamento caotico al variare di un parametro di controllo esterno. Lecostanti α e δ sono universali nel senso che sono le stesse per tutti questi sistemie non sono legate alla natura specifica del sistema. Osserviamo che le ipote-si di Feigenbaum, utilizzate per dimostrare i risultati enunciati, sono di naturaabbastanza generale. Questo e in accordo con l’osservazione che la cascata di bi-forcazioni con raddoppio di periodo precede in molti sistemi sperimentali, anchese non in tutti, il regime completamente caotico.

L’esistenza sperimentale di sistemi con una cascata di biforcazioni con raddop-pio di periodo e stata accertata confrontando, in vari casi, lo spettro di potenzadi segnali effettivamente misurati con lo spettro che si puo ottenere dalla mappalogistica. Consideriamo un ciclo di periodo 2m costituito dai punti xm

1 , xm2 , ..., x

m2m .

Per un generico elemento xmj del ciclo ( 1 ≤ j ≤ 2m), possiamo considerare le

componenti di Fourier amk date da

xmj =

k

amk e

2πik2m j . (2.17)

Page 38: Fisica Non Lineare

32 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

La periodicita del ciclo

xmj = xm

j+2m

impone che i valori di k su cui effettuare la somma (2.17) devono verificare larelazione e2πik = 1 sicche

k = 0, 1, 2, . . . 2m − 1 . (2.18)

Si vede quindi che ad ogni biforcazione, quando m → m + 1, l’indice k potraassumere 2m nuovi valori a cui corrisponderanno 2m nuove subarmoniche confrequenza k/2m+1(k = 1, 3, 5, ...) cosı come viene mostrato nella figura 2.10 perla biforcazione da un’orbita di periodo 2 ad un’orbita di periodo 4. Ad ognibiforcazione appaiono quindi subarmoniche con frequenze a meta degli intervallitra le coppie di frequenze vicine gia esistenti. La comparsa di nuove subarmoni-che, al variare dei parametri di controllo del sistema, e l’indicatore sperimentalepiu importante per la presenza di una cascata di biforcazioni con raddoppio diperiodo.

Si puo anche mostrare che le componenti di Fourier che appaiono ad ognibiforcazione verificano le relazioni

|am+12k+1| ≈ µ−1|am

(2k+1)/2|, |am+12k | ≈ |am

k | (2.19)

con

µ−1 =1

2

(

1 +1

α2

)

= 0.1525 . . . (2.20)

Si vede che le componenti con periodo pari rimangono inalterate mentre quel-le dispari sono pari alla media delle vecchie componenti dispari contigue (persemplicita denotata con |am

(2k+1)/2|), ridotta di un fattore µ−1 (vedi Problema 6).

Spettri di potenza con caratteristiche simili a quelle descritte sono stati osser-vati in molti esperimenti, ad esempio nell’esperimento di Benard sulla convezionedi fluidi soggetti a gradienti termici, o in vari sistemi di oscillatori forzati. Nel-la figura 2.11(a) viene mostrato uno di questi sistemi costituito da un oscillatoreelettrico forzato dove l’elemento non lineare del circuito e la capacita di un diodo.La relazione tra la corrente misurata nel circuito, in un ciclo della forza elettromo-trice applicata, e la corrente del ciclo successivo e riportata nella figura 2.11(b).Questa relazione verifica le ipotesi di Feigenbaum. Nella figura 2.11(d) sono ri-portati gli spettri misurati all’aumentare di V0. Si puo osservare la comparsa disubarmoniche successive secondo lo schema prima descritto. Identificando con V0

il parametro r della mappa logistica si puo anche ottenere una stima sperimentaledel valore di δ che risulta vicino a 4.5 come si evince dalla tabella riportata nellafigura 2.11(c). Questa e una delle tante prove sperimentali note che confermanol’universalita del comportamento della mappa logistica.

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2.4. SISTEMI DETERMINISTICI E SISTEMI STOCASTICI 33

2.4 Sistemi deterministici e sistemi stocastici

I sistemi considerati in queste lezioni sono deterministici. Questo significa che,note le condizioni iniziali, l’equazione di evoluzione determina univocamente latraiettoria del sistema. Pur con le limitazioni sull’effettiva predicibilita del com-portamento del sistema, anche le orbite estremamente irregolari osservate neiregimi caotici sono univocamente determinate dalle condizioni iniziali. Esiste unmodo differente di descrivere i fenomeni fisici o naturali che tiene conto dellapresenza di fluttuazioni stocastiche nelle leggi di evoluzione. Nel caso della map-pa logistica, ad esempio, si puo pensare che il numero di individui ad un certotempo dipenda anche da cause fluttuanti quali ad esempio la maggiore o minoreabbondanza di cibo dovuta a variazioni climatiche, malattie, etc. Le fluttuazionistocastiche sono descritte da variabili aleatorie. Una variabile aleatoria, dal puntodi vista matematico, e una funzione che a ciascun evento di un insieme di eventipossibili, caratterizzati da una data distribuzione di probabilita, fa corrispondereun numero reale. Nel semplice esempio dell’insieme di eventi costituito dai risul-tati di due lanci di una moneta, una possibile variabile aleatoria e il numero diteste su due lanci.

L’evoluzione temporale di un sistema descritto da variabili aleatorie e notacome processo stocastico. Si consideri ad esempio il numero di telefonate ricevuteda un centralino in un intervallo di tempo di durata t. Questo numero e unavariabile aleatoria che chiameremo X(t). Per ogni valore di t si ha una variabilealeatoria e l’insieme X(t) di queste variabili costituisce un processo stocastico.

Anche nei processi stocastici la traiettoria che rappresenta l’evoluzione dellostato del sistema risulta estremamente irregolare ma la natura di questa irregola-rita e completamente diversa da quella osservata nei sistemi caotici deterministici.Questa considerazione e importante anche dal punto di vista pratico perche l’ana-lisi della natura delle irregolarita puo risultare rilevante per la comprensione deimeccanismi del funzionamento di un certo sistema. Va osservato che dal puntodi vista pratico in genere si ha a disposizione soltanto un segnale prodotto da unsistema ma non le equazioni che lo descrivono! Illustriamo la questione con unesempio di segnale che e stato analizzato per molto tempo sia dal punto di vistadei processi stocastici che da quello dei sistemi deterministici. Si consideri lalunghezza d’interbattito ricavata da un elettrocardiogramma. Se si riporta su ungrafo questo segnale in funzione del numero di battiti o del tempo si ottiene unaspezzata estremamente irregolare (vedi figura 2.12). La natura stocastica di que-sto segnale potrebbe essere attribuita a fluttuazioni chimiche, termiche, etc. nelleparti del sistema nervoso che regolano il funzionamento del cuore. Una possibilenatura deterministica dovrebbe invece dipendere da leggi dinamiche univocamen-te definite. I fisiologi ritengono che si debba scegliere per la seconda opzione. Sie persino appurato che i diversi livelli di caoticita riscontrati nel segnale cardiacopossono anche essere utilizzati per caratterizzare diversi stati fisiopatologici.

In certe situazioni (vedi l’esempio delle telefonate) un sistema non puo che

Page 40: Fisica Non Lineare

34 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

0.72

0.74

0.76

0.78

0.8

0.82

0.84

0.86

0.88

0 30 60 90 120 150

inte

rval

lo R

-R (s

econ

di)

t (secondi)

Figura 2.12: Andamento temporale della distanza tra i picchi (onda R) successividi un elettrocardiogramma di un individuo sano (Da Aiguo Xu, G. Gonnella etal, International Journal of Modern Physics B, 2005).

essere descritto come un processo stocastico. Tuttavia, anche in casi in cui unadescrizione deterministica puo funzionare, come ad esempio nella mappa logistica,gli effetti delle fluttuazioni stocastiche vanno tenuti in conto. Per valutare glieffetti di fluttuazioni stocastiche sull’evoluzione prodotta da leggi deterministiche,ed anche per mostrare in un caso semplice come si studia un processo stocastico,consideriamo ancora un esempio di processo evolutivo in biologia.

Consideriamo il modello deterministico di Malthus

dN/dt = rN (2.21)

dove N e il numero di individui di una certa popolazione al tempo t e r e il numerodi figli che nascono da ciascun individuo nell’unita di tempo. La soluzione diquesta equazione e N = N0e

rt. Si puo facilmente definire il modello stocasticocorrispondente. Si assuma che nell’intervallo di tempo δt un individuo dia vita aun altro individuo con probabilita rδt e a nessun individuo con probabilita 1−rδt.E possibile, come vedremo, ricavare da queste assunzioni la probabilita che ad uncerto istante di tempo la popolazione consti di un certo numero di individui. Sipotranno successivamente confrontare i risultati previsti dal modello stocasticocon quelli del modello deterministico.

Per studiare il modello stocastico definito nel paragrafo precedente e necessa-ria una breve introduzione matematica sul metodo in genere utilizzato per trat-tare problemi con variabili aleatorie che assumono solo valori discreti. Sia X una

Page 41: Fisica Non Lineare

2.4. SISTEMI DETERMINISTICI E SISTEMI STOCASTICI 35

variabile aleatoria che puo assumere solo i valori interi 0, 1, 2, ... e la probabilitache X assuma il valore k sia pk, cioe

PrX = k = pk, k = 0, 1, 2, ...,∑

k

pk = 1 . (2.22)

Si definisce funzionale generatore di probabilita della variabile X la quantita

P(s) =∞∑

k=0

pksk (2.23)

che puo essere riscritta come∑

PrX = ksk e che e uguale al valor medio o diattesa E(sX) della nuova variabile aleatoria sX , con s variabile reale. Si vede chela serie converge almeno per −1 ≤ s ≤ 1 e che P(1) = 1. Dalle relazioni

P ′(s) =∞∑

k=0

kpksk−1, −1 < s < 1 (2.24)

e

P ′′(s) =∞∑

k=0

k(k − 1)pksk−2 (2.25)

si ha che

E(X) ≡∞∑

k=1

kpk = P ′(1) (2.26)

eE(X(X − 1)) ≡

k

k(k − 1)pk = P ′′(1) . (2.27)

PoicheE(X2) = E(X(X − 1)) + E(X) = P ′′(1) + P ′(1) (2.28)

si ha che la varianza di X puo essere espressa come

var(X) ≡ E(X2) − [E(X)]2 = P ′′(1) + P ′(1) − [P ′(1)]2 . (2.29)

Torniamo allo studio del processo stocastico corrispondente alla (2.21). Siapn(t) la probabilita che al tempo t la popolazione abbia un numero totale N(t)di individui pari a n. La probabilita pn(t) verifica la seguente equazione

pn(t+ δt) = pn(t)(1 − rnδt) + pn−1(t)r(n− 1)δt+ o(δt2) n ≥ 1 . (2.30)

Dalla (2.30) si ottengono le equazioni

p′n(t) = −nrpn(t) + (n− 1)rpn−1(t), n ≥ 1

p′0(t) = 0 . (2.31)

Page 42: Fisica Non Lineare

36 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

E possibile risolvere queste equazioni una volta fissate le condizioni iniziali.Scegliamo per semplicita le condizioni iniziali p1(0) = 1 e pi(0) = 0 per i 6= 1,

cioe il sistema all’istante iniziale consiste di un solo individuo (N0 = 1). Pern = 1 si avra

p′1(t) = −rp1(t) (2.32)

con soluzionep1(t) = e−rt . (2.33)

Per n = 2 l’equazione (2.31) diventa

p′2(t) + 2rp2(t) = rp1(t) = re−rt . (2.34)

Quest’equazione puo essere risolta osservando che la funzione e−2rt e soluzionedell’omogenea associata. Ponendo poi p2(t) = e−2rtg(t) nella (2.34) si ottieneg′(t) = e2rtre−rt da cui si ricava dopo una semplice integrazione

e2rtp2(t) =

rertdt = ert + c2 (2.35)

dove la costante di integrazione c2 vale -1 dovendo essere p2(0) = 0. Si ha quindi

p2(t) = e−2rt(ert − 1) = e−rt(1 − e−rt) . (2.36)

Procedendo per induzione si trova

pn(t) = e−rt(1 − e−rt)n−1 , n ≥ 1 (2.37)

e p0(t) = 0. Il funzionale generatore di probabilita corrispondente e dato da

P(t, s) =∞∑

n=1

e−rt(1 − e−rt)n−1sn =se−rt

1 − s(1 − e−rt). (2.38)

La media e la varianza di questo processo sono calcolabili applicando le formule(2.26,2.29); il risultato (problema 7) e

E(N(t)) = ert ; var(N(t)) = ert(ert − 1) . (2.39)

E lasciata come esercizio al lettore la dimostrazione che nel caso di condizioniiniziali corrispondenti ad una popolazione di N0 individui al tempo t = 0 leformule precedenti si modificano per la presenza di un fattore N0 (E(N(t)) =N0e

rt, var(N(t)) = N0ert(ert − 1), vedi problema 8).

Si puo ora confrontare il comportamento del processo stocastico (2.30) conquello del modello deterministico (2.21). Si vede che la popolazione media delmodello stocastico e la stessa del modello deterministico. Tuttavia, per valutarel’effetto delle fluttuazioni si deve calcolare il coefficiente di variazione di N , defi-nito come il rapporto tra la radice quadrata della varianza e il valor medio. Solo

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2.4. SISTEMI DETERMINISTICI E SISTEMI STOCASTICI 37

se questo rapporto e piccolo, il valor medio rappresenta bene lo stato del sistema.Dalla (2.39) si vede che il coefficiente di variazione di N nel limite t → ∞ sicomporta come

[var(N)]12/E(N) → N

− 12

0 (2.40)

Percio, se N0 e molto grande, si puo concludere che il modello deterministico for-nisce una descrizione adeguata del comportamento della popolazione. In modellipiu complicati non sempre l’effetto delle fluttuazioni risulta trascurabile. Esi-stono modelli evolutivi, ad esempio, dove la presenza di fluttuazioni comportauna probabilita finita di estinzione per qualcuna delle specie biologiche del siste-ma. Si puo ragionevolmente assumere che l’effetto delle fluttuazioni puo essere inprima approssimazione trascurato in corrispondenza dei punti di equilibrio sta-bile del sistema. E importante comunque aver chiara la distinzione tra modellideterministici e modelli stocastici.

Bibliografia

• E. Ott, Chaos in Dynamical Systems, Cambridge University, Cambridge2002

• J.D. Murray, Mathematical Biology, an introduction, Springer, Berlino 2002

• H.G. Schuster, Deterministic Chaos, an introduction, VCH, Weinheim (Ger-mania) 1988

• J. Maynard Smith, Models in Ecology, Cambridge University, Cambridge1974.

• J. Medhi, Stochastic processes, Wiley Eastern Limited, New Delhi 1982

Page 44: Fisica Non Lineare

38 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

Problemi

1. Risolvere l’equazione (2.2) ponendo Nt = λt e N0 = 1. Dimostrare che pergrandi tempi si ottiene Nt ≈ 1/2(1 + 1/

√5)λt

1 con λ1 = 1/2(1 +√

5). Il rapportoNt/Nt+1 tra due numeri successivi di Fibonacci a grandi t vale (

√5 − 1)/2 ed e

chiamato numero d’oro o media d’oro.

2. Il modello di Verhulst per l’evoluzione di una popolazione composta da Nindividui e definito dall’equazione

dN

dt= rN(1 −N/K)

dove r,K sono costanti positive. Studiare l’evoluzione temporale di N(t) perN0 > K,N0 < K/2, K > N0 > K/2 dove N0 = N(t = 0).

3. Analizzare graficamente la stabilita del punto fisso x = 1−1/r della mappalogistica per r > 3.

4. Dimostrare che le soluzioni dell’equazione dei punti fissi per la mappalogistica iterata due volte sono xf = 1 − 1/r, x± = [4 + ε±

ε(4 + ε)]/[2(3 + ε)]dove ε = r − 3.

5. (a) Mostrare che i punti fissi x± della mappa M 2 (vedi problema 4) verifi-cano le relazioni M(x±) = x∓. (b) Mostrare che x+ e x− sono stabili per ε = r−3abbastanza piccolo. (c) Calcolare il valore di r1.

6. Calcolare le frequenza che appaiono nello spettro della mappa logistica am = 3 e m = 4 indicando quali sono le nuove subarmoniche che sono apparse.Scrivere esplicitamente per questo caso le relazioni (2.19).

7. Calcolare la media e la varianza del processo con il funzionale generatoredi probabilita dato dalla (2.38).

8. Calcolare il funzionale generatore di probabilita per il processo (2.30) nelcaso di una popolazione iniziale di N0 individui.

Page 45: Fisica Non Lineare

Capitolo 3

Oscillatori non lineari

Questo capitolo e dedicato ai sistemi meccanici oscillanti costituiti da un singolooscillatore. Molti concetti che nei capitoli successivi costituiranno la base dellateoria dei sistemi dinamici (spazio delle fasi, ritratto di fase, sistemi conservativie dissipativi, etc.) derivano, con opportune generalizzazioni, da nozioni dellameccanica classica. Puo quindi essere utile illustrare dapprima queste nozioni nelcontesto classico della meccanica del punto materiale. In particolare, e si ricordianche quanto detto nel capitolo 1 a proposito del pendolo forzato, lo studio delladinamica dei sistemi oscillanti non lineari fornisce un bagaglio ricco di esempirilevanti per lo studio generale del comportamento dei sistemi con pochi gradi diliberta.

Obbiettivo di questo capitolo e anche dare un’idea delle complicazioni mate-matiche che sorgono nella trattazione analitica dei sistemi non lineari con i limitiche esse pongono. Senza sottovalutare la rilevanza degli studi analitici, va dettoche in molte circostanze, in particolare quando non e possibile trattare i termininon lineari come una perturbazione di un sistema lineare, l’uso di metodi nume-rici risulta essenziale per la descrizione e la comprensione del comportamento delsistema. E cosı, ad esempio, che sono state chiarite le caratteristiche caotiche delmoto del pendolo forzato. Si deve infine osservare che, nonostante tutti gli studieffettuati, la fisica dei sistemi di oscillatori non lineari con molti gradi di libertapresenta fenomeni ancora non compresi ed e oggetto di intensa attivita di ricerca.

3.1 Spazio delle fasi e ritratto di fase

Lo stato di un sistema meccanico e completamente definito dai valori della ve-locita e della posizione delle particelle del sistema. Per una particella in motonello spazio ordinario tridimensionale la descrizione dello stato del sistema richie-de quindi la conoscenza di sei variabili. Nel corso dell’evoluzione dinamica le seivariabili cambiano valore ed occorre allora determinare sei funzioni del tempo.Questa richiesta, tranne nei casi piu semplici come quello dell’oscillatore armo-

39

Page 46: Fisica Non Lineare

40 3. OSCILLATORI NON LINEARI

nico, comporta spesso difficolta insormontabili dal punto di vista matematico.Tuttavia, fortunatamente, dal punto di vista pratico e spesso sufficiente avereinformazioni limitate sulle caratteristiche del moto; ad esempio, per un motolimitato in una regione finita di spazio, puo bastare conoscere i valori massimie minimi del vettore posizione. In generale, la conoscenza della relazione travelocita e posizione, anche quando non e nota separatamente l’evoluzione tem-porale di queste quantita, consente di comprendere le caratteristiche principalidell’evoluzione dinamica del sistema.

La rilevanza e le modalita di analisi di un grafo posizione–velocita possonoessere illustrate considerando come esempio il moto di una particella di massa min un campo di forze corrispondente ad energia potenziale

V (x) = −A cos x, −∞ < x <∞, A > 0 . (3.1)

In termini dell’energia totale

E =1

2mx2 − A cos x (3.2)

si puo ottenere un’espressione per 1/x = dt/dx che integrata da il risultato

t− t0 =

m

2

∫ x

x0

dx√E + A cos x

. (3.3)

Dovendo essere l’energia cinetica sempre positiva, nel caso E < A, il moto risultalimitato ad un intervallo [x1, x2] ⊂ [−π, π] con x1,2 = ± arccos(E/A). I valori diquesto integrale, chiamato integrale ellittico completo di tipo K, sono tabulati equindi il periodo del moto puo essere calcolato numericamente. Nel caso limiteE = −A il sistema non puo che essere fermo nell’origine. Il periodo cresce conE fino a diventare infinito a E = A: i punti x = ±π non sono raggiungibili intempi finiti. D’altro canto, sempre per E = A, un sistema inizialmente fermo inx = π o x = −π non cambiera piu la sua posizione (punto di equilibrio instabile).Infine, quando E > A il moto non e piu limitato perche non esistono valori di xper i quali si annulla l’energia cinetica.

Tutte queste considerazioni sono illustrate nella figura 3.1 dove a ciascunvalore dell’energia E corrisponde una curva nel piano x − v. Nel caso di motilimitati (−A ≤ E ≤ A), queste sono curve chiuse definite dall’equazione

v = ±√

2

m(E + A cos x) . (3.4)

Per valori di E prossimi a −A il potenziale e sviluppabile al secondo ordine in x edalla (3.2) si ottengono le ellissi di equazione 2∆E = mx2 +Ax2, E = −A+ ∆E(vedi sezione successiva). Per valori piu grandi di E le ellissi sono distorte cosıcome si osserva nella figura. Quando E = A, le curve (3.4) passano dai puntix = (2n+ 1)π, v = 0; per E > A, infine, si ottengono curve non limitate.

Page 47: Fisica Non Lineare

3.1. SPAZIO DELLE FASI E RITRATTO DI FASE 41

Figura 3.1: (a) Energia potenziale V (x) = −A cos x e (b) ritratto di fase delsistema.

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42 3. OSCILLATORI NON LINEARI

Un grafico come quello della figura 3.1 e chiamato ritratto di fase del sistemadinamico ed il piano x − v costituisce lo spazio delle fasi del sistema. (Piu pre-cisamente il piano x− v andrebbe chiamato spazio delle fasi delle velocita che ediverso dallo spazio delle fasi delle coordinate e dei momenti generalizzati dellameccanica hamiltoniana; vedremo in seguito come verra definito lo spazio dellefasi per un generico sistema dinamico). Ciascun punto nello spazio delle fasi de-finisce uno stato del sistema e l’evoluzione del sistema corrisponde ad una curvao orbita nello spazio delle fasi. Una certa scelta di condizioni iniziali corrispondealla selezione di una curva nello spazio delle fasi.

Alcune orbite nello spazio delle fasi hanno caratteristiche particolari. L’originedegli assi, corrispondente al punto di equilibrio stabile, e un’orbita che consistedi un solo punto. Le curve corrispondenti all’energia E = A sono chiamateseparatrici perche separano i moti limitati da quelli non limitati. Nella regioneda x = −π a x = π la separatrice consiste di quattro orbite: le due orbite checollegano i punti x = π e x = −π con tempo di percorrenza infinito e i due puntidi equilibrio instabile a v = 0 e x = ±π (vedremo in seguito che questi puntiverificano la definizione di punti singolari).

Il ritratto di fase, con tutte le possibili orbite e i punti singolari, fornisceuna descrizione completa della dinamica del sistema. Abbiamo visto nell’esempiotrattato che per tracciare le orbite nello spazio delle fasi non e necessario conosceretutti i dettagli dell’evoluzione cioe l’equazione oraria. Tuttavia, vi sono proprietaimportanti che possono essere descritte solo con una trattazione specifica delleequazioni del moto. Ad esempio, nella sezione 3.3, l’applicazione della teoriadelle perturbazioni consentira di ricavare alcune caratteristiche peculiari del motoperiodico di una particella con energia potenziale (3.4), quale la dipendenza delperiodo dall’ampiezza delle oscillazioni. Prima di far questo puo essere utilericordare il comportamento di un oscillatore in approssimazione lineare.

3.2 L’oscillatore armonico

In questa sezione descriveremo il comportamento dell’oscillatore armonico smor-zato al variare dei parametri del sistema. L’equazione del moto per una particelladi massa m che occupa la posizione x(t) all’istante t, soggetta alla forza elasticaFe = −kx e alla forza di attrito Fa = −2bx, e data da

x+ 2βx+ ω20x = 0 (3.5)

con ω20 = k/m e β = b/m. Questa equazione puo essere riscritta come un

insieme di due equazioni del primo ordine. Questo metodo, tipico della meccanicahamiltoniana, e in genere utilizzato nello studio dei sistemi dinamici in quantoconsente l’identificazione del numero totale dei gradi di liberta che e necessario

Page 49: Fisica Non Lineare

3.2. L’OSCILLATORE ARMONICO 43

Figura 3.2: Ritratto di fase dell’oscillatore senza attrito.

considerare. La (3.5) e equivalente a

x = y

y = −2βy − ω20x (3.6)

che ammette la soluzione banale x = y = 0 (punto stazionario o di equilibrio conil sistemo fermo nell’origine), oppure le soluzioni non nulle del tipo x = uxe

λt, y =uye

λt, purche il determinante dei coefficienti del sistema di equazioni

λux − uy = 0

ω20ux + (2β + λ)uy = 0 (3.7)

sia diverso da zero. Le radici dell’equazione caratteristica sono λ± = −β ±√

β2 − ω20 sicche la soluzione piu generale delle equazioni del moto e data dalla

combinazione lineare

x(t) = c+u+x e

λ+t + c−u−x eλ−

t

y(t) = c+u+y e

λ+t + c−u−y eλ−

t (3.8)

dove c+, c− sono costanti dipendenti dalle condizioni iniziali del moto e i vettori(u±x , u

±y ) si ottengono risolvendo le (3.7) con λ±.

Il comportamento dell’oscillatore armonico per una data coppia di valoriβ, ω0 dipende dalla posizione delle radici λ± nel piano complesso. E possibiledistinguere i seguenti cinque casi.

Page 50: Fisica Non Lineare

44 3. OSCILLATORI NON LINEARI

Figura 3.3: Traiettoria dell’oscillatore armonico sottosmorzato; l’origine e il fuo-co del sistema. Le ellissi tratteggiate sono le curve ad energia fissata del casosenz’attrito.

• In assenza di attrito si ha β = 0. Le due soluzioni con x = u±x e

±iω0t

(λ± = ±iω0) corrispondono a un sistema oscillante con frequenza ω0. Dauna delle equazioni (3.7) risulta u±y = λ±u±x , da cui, tenendo conto che(λ+)∗ = λ−, si ottiene u+∗

y = λ−u+∗x , u−y = λ−u−x e quindi u+∗

y /u−y =u+∗

x /u−x ≡ K. La prima delle (3.8) puo essere riscritta come x = c+u+x e

iω0t+c−u+∗

x /Ke−iω0t. Allora, affinche x sia una quantita reale, si deve porrec+u+

x = x0

2eiδ, c−u+∗

x /K = x0

2e−iδ con x0, δ reali. Si ottiene quindi l’espres-

sione x = x0 cos(ω0t + δ) e x = y = −ω0x0 sin(ω0t + δ). Nello spazio dellefasi le traiettorie sono un insieme di ellissi concentriche intorno all’origine(chiamata centro del sistema, vedi figura 3.2). I semiassi delle ellissi so-no pari a x0 e ω0x0 e ciascuna ellisse corrisponde ad una scelta diversa dicondizioni iniziali. Inoltre, l’area delle ellissi e proporzionale all’energia delsistema (vedi Problema 1).

• In presenza di attrito e con ω20 > β2 > 0 si ha λ± = −β ± i

ω20 − β2. Un

esempio di traiettoria con β > 0 e mostrato nella figura 3.3. Nel caso β < 0la stessa traiettoria e percorsa in senso inverso, cosı come si ricava dal-le proprieta di simmetria dell’eq.(3.5) rispetto all’operazione di inversionetemporale. Le equazioni della traiettoria nello spazio delle fasi si ottengonoapplicando la procedura generale sviluppata nel capitolo 5. Allo stesso mo-do si potra procedere anche nei casi seguenti (vedi Problema 3.2). Si puo

Page 51: Fisica Non Lineare

3.2. L’OSCILLATORE ARMONICO 45

comunque facilmente verificare che la soluzione dell’eq.(3.5) e data da

x(t) = e−βt(Aeiωt + A∗e−iωt) = e−βt(a cosωt+ b sinωt) (3.9)

con ω =√

ω20 − β2 e le costanti a, b dipendenti dalle condizioni iniziali.

Nel caso con β > 0 la traiettoria e una spirale che tende con lo scorrere deltempo all’origine che e chiamata fuoco stabile del sistema; il sistema oscillaintorno a x = 0 con un’ampiezza che diminuisce nel tempo. Nel caso menorilevante dal punto fisico con β negativo l’origine e detta fuoco instabile.

• Nel caso |ω0| < |β| i valori di λ sono entrambi reali e negativi per β > 0 oreali e positivi per β < 0. Si puo verificare che, posto ω = iν, la traiettoriaoraria e data da

x(t) = e−βt(ae−νt + beνt) (3.10)

Nello spazio delle fasi le traiettorie hanno come tangente nei limiti t→ −∞e t → ∞ le rette passanti per l’origine di pendenza −(β + ν) e −β + ν,rispettivamente. Il sistema, detto sovrasmorzato, presenta non piu di unaoscillazione e l’origine e detta punto nodale. Nella figura 3.4 e mostrato ilcaso con β > 0.

Figura 3.4: Ritratto di fase dell’oscillatore sovrasmorzato. L’origine e un nodo; leellissi tratteggiate sono le curve a energia costante del caso senza smorzamento.La retta tratteggiata ha pendenza −β + ν.

Nel limite di grande dissipazione ω0 β si ottiene il ritratto di fase dellafigura 3.5 con il moto caratterizzato da scale temporale molto diverse perciascuna direzione. Il sistema raggiunge velocemente la retta x = cx conc ≈ 0 e su questa retta compie il resto del moto.

Page 52: Fisica Non Lineare

46 3. OSCILLATORI NON LINEARI

Figura 3.5: Ritratto di fase di un sistema sovrasmorzato nel limite di grandedissipazione.

• Quando ω0 = β (λ+ = λ−) si ha lo smorzamento critico e la soluzione delleequazioni del moto e data da

x(t) = e−βt(a+ bt) (3.11)

Nella figura 3.6 sono rappresentate le possibili traiettorie nello spazio del-le fasi; si vede che il rapporto x/x tende a −β per tempi infinitamentelunghi positivi o negativi. Dipendentemente dal segno di β le traiettorieconvergeranno o si allontaneranno dall’origine che e detta nodo degenere.

• Per completezza va infine considerato il caso ω20 < 0, λ± = −β±

β2 + |ω20|.

Questo caso costituisce un’approssimazione molto brutale per la descrizio-ne del moto del pendolo semplice quando la posizione iniziale della massaoscillante e vicina al punto di equilibrio instabile. Ovviamente la forza digravita tende a far allontanare il punto dalla posizione di partenza sicchel’approssimazione e valida solo per i primi istanti del moto. Tuttavia ilritratto di fase della figura 3.7 del cosiddetto pendolo lineare capovolto einteressante da considerare anche perche e tipico dei sistemi con comporta-mento caotico. Nel caso particolare senza smorzamento la soluzione delleequazioni del moto e data da

x(t) = Aeω0t +Be−ω0t = a cosh(ω0t) + b sinh(ω0t) (3.12)

con A = (a+b)/2 and B = (a−b)/2. Se x0 e x0 sono le condizioni iniziali delmoto corrispondenti all’istante t = 0, si ha a = x0 e b = x0/ω0. Il ritrattodi fase puo essere ricostruito considerando le superfici a energia fissata

2E = mx2 −mω20x

2 (3.13)

che sono iperboli nei settori in alto e in basso se l’energia e positiva onei settori a destra e sinistra se l’energia e negativa. Ad energia nulla le

Page 53: Fisica Non Lineare

3.3. TEORIA DELLE PERTURBAZIONI: L’OSCILLATORE QUARTICO 47

traiettorie diventano le linee rette x = ±ω0x che sono gli asintoti di tuttele iperboli. L’origine in questo caso e chiamata punto sella.

La figura 3.8 riassume i comportamenti precedentemente descritti nelle diverseregioni dello spazio dei parametri β − ω2

0.

Figura 3.6: Ritratto di fase di un oscillatore con smorzamento critico; sonorappresentati i casi con β > 0 (a sinistra) e β < 0 (a destra).

Figura 3.7: Ritratto di fase del pendolo capovolto.

3.3 Teoria delle perturbazioni: l’oscillatore quar-

tico

Nella sezione 3.1 abbiamo studiato il ritratto di fase del moto di una particellain un potenziale periodico senza calcolare esplicitamente le traiettorie. In realta,nell’esempio trattato, non era possibile risolvere esplicitamente le equazioni delmoto. Questa difficolta e comune a molti sistemi dinamici e giustifica la necessitadi sviluppare metodi che consentano di valutare in modo quantitativo, anche

Page 54: Fisica Non Lineare

48 3. OSCILLATORI NON LINEARI

Figura 3.8: Diagramma dei comportamenti dinamici dell’oscillatore armonicosmorzato. (Ω ≡ ω0)

se approssimato, il moto del sistema. La teoria delle perturbazioni, utilizzatain versioni differenti in molti campi della fisica, e uno di questi metodi. Laformulazione di una teoria perturbativa si basa sull’individuazione di un sistemarisolvibile esattamente che differisce di poco da quello che si vuole studiare e nonsi sa risolvere. La soluzione del sistema non risolvibile andra quindi espressa comeun’approssimazione della soluzione nota del sistema risolvibile non perturbato.Ad esempio, come si vedra in questa sezione, il moto di un oscillatore non linearepuo essere studiato considerando piccole perturbazioni dell’oscillatore armonicoil cui comportamento e stato descritto nella sezione precedente. In questo modoe possibile giungere ad una valutazione quantitativa degli effetti dei termini nonlineari sulla dinamica del sistema.

Ovviamente, per loro natura, i calcoli perturbativi si possono effettuare soloquando e possibile individuare un parametro piccolo nelle equazioni del moto. Sipotrebbe pensare che l’uso dei computer, consentendo lo studio dei sistemi nonlineari per qualsiasi valore dei parametri in gioco, renda inutile la teoria delleperturbazioni. L’interpretazione dei risultati numerici non e comunque sempresemplice o univoca e la teoria delle perturbazioni, se applicabile, puo consentireun controllo analitico.

In questa sezione studieremo il moto del pendolo o oscillatore quartico. Siconsiderino i primi due termini dello sviluppo a piccoli x del potenziale (3.1)e si applichi la relazione F = − ∂V

∂x. L’espressione della forza cosı ottenuta puo

essere generalizzata introducendo un nuovo parametro α che moltiplica il terminequartico del potenziale. L’equazione del moto e quindi data da

md2x

dt2+ k(x− αx3) = 0 (3.14)

Page 55: Fisica Non Lineare

3.3. TEORIA DELLE PERTURBAZIONI: L’OSCILLATORE QUARTICO 49

dove, per comodita di notazione, in questa equazione il tempo e stato denotatocon t.

Per α = 0 si ottiene il moto armonico con ω20 = k/m. Si puo mostrare

l’esistenza di moti periodici anche per α 6= 0. E utile per prima cosa riscriverel’equazione del moto in termini delle variabili adimensionali

X = x/A t = ω0t (3.15)

dove A e una costante legata alle condizioni iniziali del moto tale che X = 1 seX = 0. La (3.14) diventa quindi

d2X

dt2+X − εX3 = 0 (3.16)

con ε = αA2. L’esistenza di moti periodici e legata alla presenza di punti diinversione della traiettoria nello spazio delle fasi. L’energia del sistema conserva-tivo (3.16) e data da E = X2/2 + X2/2 − εX4/4 e i punti di inversione devonosoddisfare l’equazione

E − 1

2X2 +

ε

4X4 = 0 . (3.17)

Per ε < 0 (α < 0) l’energia non puo che essere positiva ed e sempre possibiletrovare una soluzione dell’equazione precedente: tutte le traiettorie sono chiusenello spazio delle fasi. Per ε > 0 le traiettorie sono chiuse solo per ε sufficien-temente piccolo: in questo caso, infatti, deve ancora essere E > 0 (l’equazionedell’energia deve essere soddisfatta a X = 0) e la (3.17) ammette soluzioni realisolo per ε < 1/(4E). Volendo limitare questa discussione soltanto all’analisi deimoti periodici, considereremo solo il caso ε < 1/(4E) per ε > 0. Prima di cercareuna soluzione esplicita delle equazioni del moto, si osservi infine che il sistema(3.14) puo essere inteso come un sistema ’armonico’ con costante elastica effettivadipendente dalla posizione k(1−αx2). L’osservazione suggerisce la possibilita chevi siano moti periodici con frequenza dipendente dall’ampiezza dell’oscillazione.

Lo studio con metodi perturbativi delle equazioni del moto si basa sulla spe-ranza che per ε sufficientemente piccoli la soluzione delle equazioni possa esserescritta come una serie convergente nel parametro perturbativo. Come primotentativo si puo considerare la serie

X(t) = X0(t) + εX1(t) + ε2X2(t) + ... (3.18)

dove X0(t) e la soluzione esatta del problema non perturbato (in questo casol’oscillatore armonico). Per determinare le funzioni X1(t), X2(t), ... si applica laseguente procedura iterativa. Si sostituisce la (3.18) nella (3.16) e si consideranole equazioni risultanti ai vari ordini in ε. All’ordine 0 si riottiene l’equazionedell’oscillatore armonico mentre al primo ordine si ha

d2X1

dt2+X1 = X3

0 . (3.19)

Page 56: Fisica Non Lineare

50 3. OSCILLATORI NON LINEARI

Consideriamo la soluzione all’ordine 0 X0 = cos t. Nella (3.19) il termine notoha lo stesso periodo della frequenza naturale di X1 ed e possibile che appaianotermini risonanti non limitati nel tempo inadatti a descrivere soluzioni periodiche.Questo e proprio quanto succede. Infatti, usando l’eguaglianza

cos3 t =3

4cos t+

1

4cos(3t) (3.20)

e facile verificare che un integrale particolare della (3.19) e dato da

X1(t) = − 1

32cos(3t) +

3

8t sin t . (3.21)

La soluzione completa della (3.16) si ottiene aggiungendo alla (3.21) l’integralegenerale dell’omogenea associata A1 cos t + B1 sin t. La presenza di un termineproporzionale a t nella soluzione costituisce un problema piuttosto serio per l’ac-cettabilita delle (3.18,3.21) come soluzione della (3.16). Infatti, la crescita nonlimitata dell’ampiezza delle oscillazioni, indipendentemente dal valore di ε, con-traddice le considerazioni prima fatte sull’esistenza di moti periodici per piccolivalori di ε. Continuando con questa strategia di calcolo perturbativo, agli ordinisuccessivi dello sviluppo apparirebbero ulteriori termini dello stesso genere, pro-porzionali a (εt)n. Questi termini sono chiamati secolari perche compaiono spessoin problemi di astronomia risultanto rilevanti su scale temporali dell’ordine deisecoli. La presenza di questi termini, tuttavia, fa sı che la soluzione (3.18) puoessere presa in considerazione solo per descrivere il moto su scale temporali moltopiccole rispetto al periodo naturale del sistema, e non per il moto periodico nellasua interezza.

I termini secolari hanno origine nella presenza nel membro di destra della(3.19) di termini con la stessa frequenza del moto non perturbato. Abbiamo det-to che una soluzione accettabile dovrebbe essere priva di questi termini risonanti.La soluzione a questo problema fu fornita da Poincare nel suo trattato di mecca-nica celeste. Poincare suggerı di introdurre una dipendenza della frequenza delmoto da ε e quindi dall’ampiezza delle oscillazioni. Introdotta la nuova variabiletemporale τ legata implicitamente a t dalla relazione

t = τ + εf1(τ) + ε2f2(τ) + ... (3.22)

si cercano soluzioni del tipo

X(t, ε) = X0(τ) + εX1(τ) + ... (3.23)

periodiche con frequenza naturale 1 in τ e dipendenti da ε una volta riespresse infunzione di t. Le funzioni f1(τ), f2(τ), ..., al momento arbitrarie, verranno fissateeliminando ad ogni ordine in ε la presenza dei termini risonanti. In pratica occorre

Page 57: Fisica Non Lineare

3.3. TEORIA DELLE PERTURBAZIONI: L’OSCILLATORE QUARTICO 51

per prima cosa calcolare le derivate

dX

dt=

dX0

dt+ ε

dX1

dt+ o(ε2)

=dX0

(

1 − εdf1

)

+ εdX1

dτ+ o(ε2) (3.24)

e quindi

d2X

dt2=

(

1 − 2εdf1

)

d2X0

dτ 2− ε

d2f1

dτ 2

dX0

dτ+ ε

d2X1

dτ 2+ o(ε2) (3.25)

che va sostituita, insieme alla (3.23), nell’equazione originaria del moto (3.16).All’ordine 0 si ottiene nuovamente l’equazione del moto armonico mentre, annul-lando i termini che appaiono nella (3.16) proporzionali a ε, si ha

d2X1

dτ 2+X1 = X3

0 + 2df1

d2X0

dτ 2+d2f1

dτ 2

dX0

dτ. (3.26)

Scegliendo X0 = cos τ e applicando la (3.20) si ottiene infine

d2X1

dτ 2+X1 =

3

4cos τ +

1

4cos(3τ) − 2

df1

dτcos τ − d2f1

dτ 2sin τ . (3.27)

Nel membro di destra di questa equazione, cosı come nella (3.19), appaiono ancoratermini con frequenza unitaria, la stessa cioe del membro di sinistra. E tuttaviapossibile utilizzare l’arbitrarieta della funzione f1 per eliminare i termini risonanti.Si puo imporre che

sin τd2f1

dτ 2+ 2

df1

dτcos τ =

3

4cos τ . (3.28)

Quest’ultima equazione puo essere risolta moltiplicando ambo i membri per sin τin modo da ottenere

d

(

sin2 τdf1

)

=3

4cos τ sin τ (3.29)

che puo essere facilmente integrata e ha soluzione f1 = 3/8τ . Si ottiene quindi larelazione

t = (1 + ε3

8)τ + o(ε2) (3.30)

che puo facilmente essere invertita all’ordine ε dando τ = t(1 − 3/8ε). Si puoallora riesprimere la funzione X0(τ) in funzione delle variabili originarie t, ε, cioeX0(t, ε) = cos[(1 − 3ε/8)t]. Il calcolo all’ordine ε puo essere poi completatorisolvendo l’equazione per X1

d2X1

dτ 2+X1 =

1

4cos(3τ) (3.31)

Page 58: Fisica Non Lineare

52 3. OSCILLATORI NON LINEARI

che ha come integrale particolare la funzione −1/32 cos(3τ) e come integralegenerale A1 cos τ + B1 sin τ . Avendo imposto condizioni iniziali tali che X(t =0) = 1 e X(t = 0) = 0 si deve porre B1 = 0 e A1 = 1/32 da cui segue che lasoluzione completa calcolata fino all’ordine ε e data da

X(t, ε) = cos[(1 − 3/8ε)t] +ε

32cos[(1 − 3/8ε)t] − cos[3(1 − 3/8ε)t] . (3.32)

Si vede che questa soluzione e limitata, si riduce al moto armonico ovvero allasoluzione di riferimento quando ε → 0 e soddisfa le condizioni iniziali. Inoltrepuo essere calcolata fino a qualsiasi ordine in ε. Differentemente che nel caso delmoto armonico, la (3.32) oscilla con una combinazione di 2 frequenze una il triplodell’altra, con una frequenza di base dipendente dall’ampiezza dell’oscillazione.

I risultati dimostrati evidenziano le cautele di cui e necessario munirsi nei cal-coli perturbativi: non sempre lo sviluppo apparentemente piu naturale e quelloche conduce ai risultati corretti. Si deve notare, infine, che i metodi illustratiin questa sezione sono il punto di partenza per gli sviluppi a multiscala del ca-pitolo 6, utilizzati nello studio delle biforcazioni e nell’analisi di sistemi estesi oidrodinamici descritti da equazioni alle derivate parziali.

3.4 Oscillatori smorzati

Nella sezione 3.1 abbiamo considerato alcune caratteristiche generali del com-portamento dei sistemi conservativi. In questi sistemi (si ricordi anche l’esempiodel pendolo rovesciato della sezione 3.2) si puo utilizzare il valore dell’energia,integrale delle equazioni del moto, per catalogare le orbite nello spazio delle fa-si. Nei sistemi dissipativi, oggetto di questa sezione, questo non e ovviamentepossibile. Si possono comunque fare alcune considerazioni generali sul ritratto difase di questi sistemi in aggiunta a quanto gia detto nella sezione 3.2 a propositodell’oscillatore lineare smorzato.

Nella sezione 3.2 si era visto che la presenza di dissipazione comporta il con-trarsi delle orbite sui punti che, in assenza di dissipazione, erano il centro delleellissi. Questo e un risultato generale: si puo mostrare, anche se qui non verrafatto, che i centri delle orbite di un sistema conservativo diventano, in presenzadi dissipazione, dei punti di attrazione per le stesse; i punti sella, invece, risultanostabili rispetto all’introduzione di forze dissipative.

Il ritratto di fase di un sistema dissipativo non lineare puo risultare abbastanzacomplicato. Consideriamo ad esempio un sistema costituito da una particella dimassa m soggetta alla forza peso che puo muoversi su una guida cosı come nellafigura 3.9 e che perde energia per attrito in modo proporzionale alla distanzapercorsa quando si trova a destra del punto B o a sinistra del punto A. Il ritrattodi fase del moto di questo sistema e disegnato nella figura 3.10 (vedi problema 3).I punti A e B sono di equilibrio stabile e tutte le orbite, a parte i casi eccezionali

Page 59: Fisica Non Lineare

3.4. OSCILLATORI SMORZATI 53

Figura 3.9: Esempio di sistema con dissipazione di energia.

Figura 3.10: Ritratto di fase del sistema della figura 3.9.

che vedremo, possono essere catalogate secondo che vengano attratte dal puntoA o dal punto B. La curva separatrice separa le orbite che finiscono in A da quelleche finiscono in B. L’origine e un punto di equilibrio instabile e nello spazio dellefasi ha lo struttura di punto sella. Per questo punto, differentemente da tutti glialtri, passano 4 possibili orbite: le 2 con la particella, inizialmente piu in altodi H, che ha energia sufficiente proprio per fermarsi nell’origine, e le 2 orbite,con tempo infinito di percorrenza?, che separano dai restanti i moti confinati aciascuno dei 2 semipiani.

Consideriamo ora il sistema (3.1) della sezione 1 quando sono anche presenteforze di smorzamento. Se lo stato del sistema e descritto dalla variabile angolareϕ, l’equazione del moto sara data da

mϕ+ bϕ+ A sinϕ = 0 (3.33)

Si puo ricavare il ritratto di fase del sistema studiando l’equazione

dϕ= −bω + A sinϕ

mω(3.34)

Page 60: Fisica Non Lineare

54 3. OSCILLATORI NON LINEARI

dove ω = dϕ/dt. Si vede che le tangenti alle traiettorie sono verticali nei punti diintersezione con l’asse ω = 0 e orizzontali nei punti sulla curva ω = −A/b sinϕtratteggiata nella figura 3.11 dove sono i riportati i ritratti di fase per i casib2 < 4mA e b2 > 4mA. Il moto non e periodico e tutte le traiettorie, trannequelle che portano il sistema a fermarsi nei punti instabili ϕ = ±π, tendonoall’origine.

Concludiamo questa sezione con alcune considerazioni sula possibilita di ot-tenere moti periodici anche in presenza di forze dipendenti dalla velocita solo ap-parentemente di attrito. Il comportamento mostrato nella figura 3.11 e del tuttogenerale soltanto fino a quando i termini di forza Φ dipendenti dalla velocita so-no realmente dissipativi, cioe se Φx ≤ 0. Esistono dei sistemi, sperimentalmenterealizzabili, tali che Φx > 0. In questo caso si vedra che sono ancora possibilimoti periodici. Come esempio specifico consideriamo una forza d’attrito del tipoΦ = −bx2 e un oscillatore descritto dall’equazione

2x+ x2 + x = 0 (3.35)

dove i valori numerici delle costanti sono stati fissati in modo da semplificarela notazione. Si vede che la forza d’attrito si oppone al moto per x > 0 ma lofavorisce per x < 0. Le equazioni delle curve integrali nello spazio delle fasi siottengono da

dy

dx= −x+ y2

2y(3.36)

dove y = x. L’eq.(3.36) puo essere riscritta come d(y2)/dx + y2 = −x che puoessere integrata con il risultato

y2 = Ce−x + 1 − x (3.37)

ovvero(y2 − x− 1)e−x = C (3.38)

dove C e una costante. La famiglia di curve integrali (3.38) e disegnata nella figu-ra 3.12. Per 0 > C > −1 si ottengono curve chiuse intorno all’origine. Per C ≥ 0le curve hanno rami che si estendono a infinito. Al valore C = 0 corrisponde laparabola y2 = 1 − x che funge da separatrice tra i due possibili comportamenti.All’interno della separatrice il moto e periodico ma non sinusoidale con un am-piezza interamente determinata dalle condizioni iniziali, cosı come si era visto nelcaso dei sistemi conservativi.

3.5 Oscillatori forzati

In questa sezione studieremo il comportamento di sistemi oscillanti soggetti all’a-zione di forze che variano periodicamente nel tempo. Per prima cosa descriveremo

Page 61: Fisica Non Lineare

3.5. OSCILLATORI FORZATI 55

Figura 3.11: Ritratto di fase per il sistema (3.33) nei due casi (a) b2 < 4mA e(b) b2 > 4mA.

Page 62: Fisica Non Lineare

56 3. OSCILLATORI NON LINEARI

Figura 3.12: Ritratto di fase del sistema descritto dall’equazione (3.35).

brevemente il comportamento dell’oscillatore armonico forzato in modo da ren-dere piu evidenti gli effetti dinamici legati alla presenza di termini non linearinelle equazioni del moto.

L’oscillatore armonico senza smorzamento. Consideriamo il moto di una par-ticella di massa m soggetta alla forza di richiamo elastica F = −kx e alla forzadipendente dal tempo F (t). L’equazione del moto si puo scrivere come

x+ ω20x = f(t) (3.39)

con f = F/m e ω0 =√

k/m. Limitiamoci inoltre a considerare forze esterne deltipo

f(t) = f0 cos Ωt (3.40)

Si pu pensare che in questo caso la risposta dell’oscillatore lineare sar un motocon la stessa frequenza Ω della forzante; cerchiamo quindi integrali particolaridella (3.39) del tipo xp(t) = C cos(Ωt+ γ). Se inseriamo questa espressione nella(3.39) si trova

γ = 0, C =f0

ω20 − Ω2

(3.41)

A meno che sia Ω = ω0 la soluzione generale della (3.39) e data dall’espressione

x(t) = A sin(ω0t+ δ) +f0 cos Ωt

ω20 − Ω2

(3.42)

dove A e δ sono costanti di integrazione che dipendono dalle condizioni iniziali.La soluzione generale del moto dipende quindi da 2 frequenze, ω0 e Ω. Si vedeche l’ampiezza e la fase della parte oscillante con ω0 dipendono dalle condizioniiniziali, mentre quelle del termine oscillante con Ω dipendono da Ω oltre che daf0. In particolare, l’ampiezza del termine in Ω tende a crescere in modo illimitatoquando Ω tende a ω0. Il caso Ω = ω0 va trattato a parte; si puoo mostrare (vedi

Page 63: Fisica Non Lineare

3.5. OSCILLATORI FORZATI 57

Figura 3.13: (a) Potenza media dissipata in un oscillatore forzato per diversivalori dello smorzamento. (b) Differenza di fase tra forzante e risposta.

problema 4 ) che la soluzione e data da

x(t) = A sin(ω0t+ δ) +f0t sinω0t

2ω0

(3.43)

con la parte non omogenea cresce linearmente nel tempo; si vedra che quest’effettoscompare in presenza di smorzamento.

L’oscillatore lineare smorzato. Consideriamo ora il moto descritto dall’equa-zione

x+ 2βx+ ω20x = f(t) (3.44)

con f(t) ancora data dalla (3.40). Per studiare questa equazione conviene consi-derare le soluzioni nel piano complesso. La soluzione fisica si otterra prendendola parte reale della soluzione a valori complessi. Una soluzione della parte omoge-nea della (3.44) e xo(t) = αe(−β+iω)t con ω =

ω20 − β2 e α costante complessa.

Page 64: Fisica Non Lineare

58 3. OSCILLATORI NON LINEARI

Introducendo la rappresentazione polare α = aeiδ con α e δ reali si ottiene che laparte reale di xo(t) puo essere scritta come xo(t) = ae−βt cos(ωt+ δ).

Il termine forzante va anch’esso esteso al piano complesso, cioe f = f0eiΩt con

f0 numero complesso. La forza fisica realmente agente sara la parte reale di f .Se f0 e reale la forza fisicamente agente e f0 cos Ωt; altrimenti la fase di f0 e lafase della forza. Possiamo cercare a questo punto soluzioni generali della forma

x(t) = αe(−β+iω)t + ΓeiΩt (3.45)

Inserendo la (3.45) nella (3.44) si ottiene

Γ =f0

ω20 − Ω2 + 2iβΩ

(3.46)

e quindi la soluzione generale consiste ancora di due termini: il primo (terminetransiente) oscillante con la frequenza naturale ω del problema smorzato e conampiezza che diminuisce esponenzialmente nel tempo; il secondo o (termine dellostato limite) oscillante con frequenza Ω con valori finiti anche quando Ω = ω0.

La forza applicata f0eiΩt e la risposta ΓeiΩt non risultano essere necessaria-

mente in fase (o sfasati di π come nel caso senza smorzamento). La differenza difase γ tra i due numeri complessi f0 e Γ e la fase del loro quoziente

f0

Γ= ω2

0 − Ω2 + 2iβΩ (3.47)

ed e quindi data da

tan γ =2βΩ

ω20 − Ω2

(3.48)

Si vede pure che l’ampiezza della risposta

|Γ| =|f0|

(ω20 − Ω2)2 + 4β2Ω2

(3.49)

assume il valore massimo a Ω = ωM ≡√

ω20 − 2β2.

Nello stato stazionario l’energia e dissipata con la stessa velocita con cui epompata nel sistema dalla forza applicata; la potenza dissipata puo quindi essereespressa come

fx = (x+ 2βx+ ω20x)x (3.50)

La quantita piu interessante da calcolare e in realta la potenza media I dissipatain un periodo 2π/Ω. Si puo mostrare facilmente che l’integrale di xx e xx su unperiodo da risultato nullo sicche

I =Ω

∫ 2π/Ω

0

2β[ΩΓ cos(Ωt)]2dt = β(ΩΓ)2 (3.51)

Page 65: Fisica Non Lineare

3.5. OSCILLATORI FORZATI 59

Figura 3.14: Il sistema descritto dall’equazione (3.54).

Tenendo conto della (3.49) si ha quindi

I = β|f0|2

(ω20/Ω

2 − 1)2Ω2 + 4β2(3.52)

che e massima alla risonanza. La curva (3.52) e detta lorentziana di Ω. Nelpunto di risonanza si ha tan γ = ∞ e quindi la forza applicata e la risposta sonosfasate di π/2. La figura 3.13 mostra in funzione di Ω l’andamento di I e tan γ.Il fattore di qualita Q definito come Q = ωM/2β e una misura della larghezzadella risonanza.

L’oscillatore quartico smorzato. Consideriamo ora il sistema non lineare conequazione del moto

x+ 2βx+ ω20x+ εx3 = f1 sin Ωt+ f2 cos Ωt (3.53)

Nella figura 3.14 viene mostrata una realizzazione di questo sistema con equazionedel moto

mx+ 2βx+ kx[1 − l(a2 + x2)−1/2] = f(t) (3.54)

La (3.54) per x << a puo essere sviluppata in serie e con le opportune ridefinizionidi variabili da la (3.53). Considereremo solo il caso con ε > 0 e ω2 > 0 (a > l nell’esempio (3.54). La forza applicata puo anche essere riscritta comef0 sin(Ωt+γ) dove f1 e f2, in termini delle nuove variabili f0 e γ, sono esprimibilicome f1 = f0 cos γ e f2 = f0 sin γ.

Non sono note soluzioni esatte dell’eq.(3.53). Il metodo delle approssimazionisuccessive che ora descriveremo e stato sviluppato da Duffing nel 1918 e si basa

Page 66: Fisica Non Lineare

60 3. OSCILLATORI NON LINEARI

sull’idea che la comparsa di armoniche successive nella risposta legata alla con-siderazione di ordini sempre piu alti nello sviluppo in ε. Conviene per prima cosariscrivere l’equazione (3.53) nella forma

x = −2βx− ω20x− εx3 + f1 sin Ωt+ f2 cos Ωt (3.55)

In prima approssimazione si consideri valida la soluzione dell’oscillatore armonicoforzato

x1(t) = Γ sin Ωt (3.56)

Per ottenere la soluzione approssimata al secondo ordine si deve inserire x1(t) nelmembro di destra della (3.55) che diventa

x2(t) = (f2 − 2βΓΩ) cos Ωt+

(

f1 − ω20Γ − 3

4εΓ3

)

sin Ωt+1

4εΓ3 sin 3Ωt (3.57)

Questa equazione puo essere integrata esplicitamente due volte e si ottiene

x2(t) = x0 + v0t +(2βΓ − f2/Ω)

Ωcos Ωt

+ω2

0Γ + 34εΓ3 − f1

Ω2sin Ωt− εΓ3

36Ω2sin 3Ωt (3.58)

Le costanti di integrazione x0 e v0 devono essere poste uguali a zero perche gene-rerebbero a quest’ordine dello sviluppo (v0 6= 0) o agli ordini successivi (x0 6= 0 )termini non periodici e non limitati. Nella soluzione (3.58) si possono distingue-re, come nel caso dell’oscillatore lineare, due parti. La prima parte consiste didue termini con la stessa frequenza della forza applicata ed e chiamata isocrona.La seconda parte e un’armonica di frequenza tripla rispetto a quella della forzaapplicata. L’assunzione di Duffing consiste nell’imporre che l’approssimazione alsecondo ordine differisce da quella al primo ordine solo nel termine armonico.Si deve quindi imporre l’uguaglianza tra la parte isocrona di x2(t) e x1(t). Siottengono quindi le due equazioni

f1 = (ω20 − Ω2)Γ +

3

4εΓ3

f2 = 2βΓΩ (3.59)

e

f 20 = Γ2

[

ω20 − Ω2 +

3

4εΓ2

]2

+ 4β2Ω2

(3.60)

che costituisce una relazione, al primo ordine in ε, tra l’ampiezza Γ della rispostae i parametri f0,Ω. Per comprendere meglio questo risultato conviene risolvere

Page 67: Fisica Non Lineare

3.5. OSCILLATORI FORZATI 61

la (3.60) per Ω2:

(

Ω

ω0

)2

= 1 −2

(

β

ω0

)2

+3εf 2

0

4ω60

(

Γ

Γ0

)2

±

4

(

β

ω0

)2[

(

β

ω0

)2

− 1

]

− 3εf 30

ω60

(

β

ω0

)2(Γ

Γ0

)2

+

(

Γ0

Γ

)21/2

(3.61)

dove Γ0 = f0/ω20. Inoltre, in accordo con le (3.59), la differenza di fase γ soddisfa

la relazione

tan γ =2βΩ

ω20 − Ω2 + 3

4εΓ2

(3.62)

La soluzione del moto approssimata al secondo ordine puo quindi essere scrittacome

x2(t) = Γ sin Ωt− εΓ3

36Ω2sin 3Ωt (3.63)

dove Γ e in linea di principio ottenibile invertendo e risolvendo la (3.61) in fun-zione dei parametri della forza applicata. Si puo verificare che nel limite ε → 0si riottengono i risultati (3.46,3.48) per l’ampiezza e la differenza di fase dellarisposta (vedi problema 5).

Prima di analizzare graficamente la (3.61) e necessario fare un’osservazionesulle condizioni iniziali. Dalla (3.63) si vede che a quest’ordine di approssimazionela soluzione trovata verifica le condizioni iniziali

x2(0) = 0, x2(0) = ΩΓ

[

1 − εΓ2

12Ω2

]

(3.64)

cosı che le condizioni iniziali sono interamente determinate dalla forzante. None possibile in questa approssimazione, a fissata forzante, ottenere altre soluzionicon differenti condizioni iniziali. Questo e un limite del metodo di Duffing chepuo essere superato solo in trattazioni molto piu elaborate.

Nella figura 3.15 e riportato l’andamento di |Γ/Γ0| in funzione di (Ω/ω0)2

per diversi valori di β e fissato valore di f0. Il grafo e una versione distorta diquello dell’oscillatore lineare smorzato della figura 3.13. Una distorsione analogarispetto al sistema lineare si osserverebbe anche nel caso qui non trattato del-l’oscillatore non smorzato. A causa della distorsione vi sono intervalli di valoridi Ω nei quali Γ assume piu di un valore. La possibilita che Γ sia una funzionepolidroma comporta una discontinuita nella dinamica del sistema. Seguiamo adesempio il comportamento del sistema sulla curva con β = 0.05ω0 della figura3.15. L’oscillatore sia inizialmente soggetto ad una forza con frequenza Ω suf-ficientemente piccola che lo stato dell’oscillatore sia a sinistra del punto A infigura. Si immagini quindi di aumentare lentamente la frequenza Ω in modo chei transienti siano trascurabili e il sistema possa essere considerato sempre nel suostato limite. Allora Γ potra aumentare fino al punto B. Ad un ulteriore aumento

Page 68: Fisica Non Lineare

62 3. OSCILLATORI NON LINEARI

Figura 3.15: Ampiezza della risposta, per diversi valori dello smorzamento, in fun-zione della frequenza della forza applicata per il sistema descritto dall’equazione(3.53).

di Ω si vede che Γ dovra necessariamente compiere un brusco salto verso il valorepiu piccolo D; Γ continuera poi a diminuire lentamente sul resto della curva alcrescere di Ω. Se, invece, arrivati in D si inizia a diminuire lentamente Ω il siste-ma giungera in E dove effettuera un brusco salto in F. Questo comportamento echiamato isteresi e la regione EFBD costituisce un ciclo di isteresi. Si vede cheper valori piu grandi di β l’area del ciclo di isteresi diminuisce e per β sufficiente-mente grandi non vi e piu isteresi. Piu piccolo e il ciclo di isteresi piu facile sara ilpassaggio dello stato del sistema da un ramo della curva all’altro. La coesistenzadi piu stati e l’effetto delle non linarita presenti nel sistema.

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Page 69: Fisica Non Lineare

3.5. OSCILLATORI FORZATI 63

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• A.A. Andronov, A.A. Vitt e S.E. Khaikin, Theory of oscillators, Dover,New York 1987.

Problemi

1. Il ritratto di fase dell’oscillatore armonico senz’attrito consiste di ellissi,ciascuna determinata dalle condizioni iniziali. Esprimere l’area delle ellissi intermini dell’energia E del moto.

2. Calcolare le traiettorie dell’oscillatore armonico smorzato, nei vari casidella sezione 3.2, applicando la procedura del capitolo 5.

3. Discutere il moto del sistema della figura 3.9.

4. Dimostrare che la traiettoria oraria dell’oscillatore armonico forzato senzasmorzamento e data dalla (3.43).

5. Verificare che nel limite armonico ε→ 0 (vedi (3.53), si riottengono da (3.61- 3.62) i risultati (3.46,3.48) per l’ampiezza e la differenza di fase della rispostadell’oscillatore.

Page 70: Fisica Non Lineare

64 3. OSCILLATORI NON LINEARI

Page 71: Fisica Non Lineare

Capitolo 4

Sistemi dinamici

Nei capitoli precedenti sono stati esaminati esempi di modelli dinamici ed evoluti-vi rilevanti in diversi ambiti, in fisica e biologia. In questo capitolo introdurremoin modo generale la nozione di sistema dinamico e gli elementi di teoria basila-ri per descrivere il moto del sistema nello spazio delle fasi. La distinzione trasistemi dissipativi e conservativi, e la loro caratterizzazione, nota in meccanicaelementare, puo essere estesa a questo contesto piu generale.

E il comportamento a tempi lunghi di un sistema dinamico che determina lostato di equilibrio o stazionario del sistema. Questo comportamento e in genereregolato dalla presenza di attrattori delle traiettorie. In molti casi, ad esempionella mappa logistica, la struttura dell’attrattore e piuttosto complessa dal puntodi vista geometrico. Questa complessita richiede l’introduzione di concetti nuovi,ad esempio la dimensione frattale, per la descrizione geometrica dell’attrattore,e suggerisce la necessita di una descrizione probabilistica del moto del sistemasull’attrattore. La descrizione probabilistica e alla base della teoria ergodica cheriguarda le relazioni tra medie temporali e medie sullo spazio delle fasi. Questateoria costituisce il fondamento teorico per la descrizione statistica di sistemi conun numero infinito di gradi di liberta.

La sezione 3 contiene la definizione di insieme frattale; nelle sezioni 4 e 5si introduce la nozione di misura di probabilita nello spazio delle fasi con unageneralizzazione del teorema di Liouville al caso di sistemi dissipativi. Nellasezione 6, infine, verranno definiti gli esponenti di Liapunov che consentono divalutare quantitativamente il grado di caoticita di un sistema.

4.1 Sistemi dinamici differenziabili

Un sistema dinamico e una prescrizione matematica deterministica per l’evolu-zione temporale dello stato di un sistema. Lo stato di un generico sistema, aciascun istante, e rappresentato dalla posizione di un punto in un appropriatospazio delle fasi Γ. Γ puo essere una varieta differenziabile o, per sistemi con

65

Page 72: Fisica Non Lineare

66 4. SISTEMI DINAMICI

numero infinito di gradi di liberta, uno spazio di Banach o di Hilbert. In questocapitolo verranno considerati solo sistemi con Γ coincidente con R

N o una suaparte. Lo stato istantaneo di un sistema sara quindi definito dai valori di N coor-dinate (X1, X2, . . . , XN), ovvero dal vettore ~X. Un sistema dinamico e dunquela legge del moto per il punto rappresentativo del sistema in Γ.

Piu precisamente, un sistema dinamico differenziabile e definito dall’equazionedi evoluzione

d ~X(t)

dt= ~F [ ~X(t);λ] (4.1)

nel caso di tempo continuo, o dalla mappa

~Xn+1 = ~M [ ~Xn;λ] (4.2)

se il tempo e discreto. Il requisito di differenziabilita che appare nella definizionee soddisfatto se le funzioni F e M sono derivabili con derivate prime continue.Questa definizione include la maggior parte dei sistemi dinamici studiati ed egiustificata fisicamente dalla considerazione che le quantita fisiche evolvono inmodo continuo su brevi scale temporali, con effetti piccoli in corrispondenza dipiccole variazioni di stato. Il parametro (o l’insieme dei parametri) λ, che avolte verra omesso per comodita di scrittura, e chiamato parametro di controlloe riflette in generale la struttura interna del sistema. Puo essere la viscosita nelleequazioni di Navier-Stokes o il coefficiente r della mappa logistica. I parametridi controllo hanno un ruolo importante perche al loro variare si possono averecomportamenti molto diversi del sistema dinamico, cosı come si e visto nel casodella mappa logistica.

Ogni sistema meccanico che soddisfa le equazioni di Hamilton costituisce unsistema dinamico secondo la definizione data. Nel caso di una particella in motonello spazio tridimensionale, le equazioni del moto sono date da

qi =∂H

∂pi

; pi = −∂H∂qi

; i = 1, 3 (4.3)

dove ~q, ~p sono le coordinate e i momenti generalizzati della particella, e H(~q, ~p) e

la funzione hamiltioniana. Si vede che il vettore ~X ≡ (~q, ~p) soddisfa le equazioni

(4.1) con ~F = (∂H∂pi,−∂H

∂qi). La definizione data, tuttavia, descrive l’evoluzione di

una classe molto piu vasta di sistemi, cosı come si e visto nei capitoli 1-3.Dato un certo stato iniziale, l’insieme dei punti che rappresentano il sistema

in Γ a istanti successivi, secondo il moto regolato dalle equazioni (4.1) o (4.2), si

chiama traiettoria o orbita. Nel caso di tempo continuo, il vettore d ~X/dt rappre-senta la velocita nello spazio delle fasi ed e tangente alla traiettoria. L’inverso deicoseni direttori degli angoli che il vettore velocita forma con gli assi coordinati edato da

σi ≡ds

dXi

i = 1, . . . N (4.4)

Page 73: Fisica Non Lineare

4.1. SISTEMI DINAMICI DIFFERENZIABILI 67

dove ds =√

∑Nk=1 dX

2k e la lunghezza di un arco infinitesimo di traiettoria in Γ.

Si ottiene

σi =

√1 +∑

k 6=i

(

dXk

dXi

)2

=

√1 +∑

k 6=i

(

Fk

Fi

)2

(4.5)

Dall’eq.(4.5) si vede che i coseni direttori, e quindi la direzione della tan-

gente alla traiettoria, sono ben definiti ovunque eccetto che nei punti ~Xs doveF1( ~Xs) = F2( ~Xs) . . . = FN( ~Xs) = 0 (vedi problema 1). Tali punti ~Xs sono det-ti singolari e, nei sistemi autonomi, ovvero nei sistemi con F indipendente daltempo, sono anche punti fissi per l’evoluzione del sistema. I punti (mπ, 0) con mintero positivo o negativo sono punti singolari nell’esempio 3.1. L’insieme delletraiettorie regolari (quelle non contenenti punti fissi), dei punti singolari e delletraiettorie tra due punti singolari o tra un punto singolare e infinito, costituisce ilritratto di fase del sistema. La determinazione del ritratto di fase, come si e vistonel capitolo 3, fornisce informazioni sull’insieme di tutte le possibili evoluzioni diun certo sistema dinamico.

Una proprieta importante per la struttura dei ritratti di fase consegue dalteorema di Cauchy sull’unicita delle soluzioni dei sistemi di equazioni differenzialiordinarie. Questo teorema afferma che dato un sistema di equazioni differenziali

dx1

dt= P1(x1, x2, . . . , xN , t)

. . . . . . . . .dxN

dt= PN(x1, x2, . . . , xN , t) (4.6)

con N intero arbitrario e Pi funzioni continue in una certa regione aperta R, conderivate parziali continue rispetto a x1, x2, . . . , xN , t, si ha che per ogni puntoM0 = (t0, x

01, . . . , x

0N) di R esiste un intervallo di t contenente t0 (t1 < t < t2) ed

un unico sistema di funzioni

xk = ϕk(t) k = 1, 2, . . . , N (4.7)

definite in quest’intervallo che verificano le seguenti proprieta:(a) ϕk(t0) = x0

k;(b) per tutti i valori di t (t1 < t < t2) il punto M = (t, ϕ1(t), . . . , ϕN(t))

appartiene alla regione R e le funzioni ϕk(t) soddisfano il sistema (4.6);(c) data una qualsiasi regione chiusa R, interamente contenuta in R, vi sono

valori t′ e t′′ (t1 < t′, t′′ < t2) tali che i punti M1 = (t′, ϕ1(t′), . . . , ϕN(t′)) e

M2 = (t′, ϕ1(t′′), . . . , ϕN(t′′)) giacciono al di fuori di R.

Il teorema di Cauchy esclude le intersezioni di due traiettorie soluzioni di (4.1)o le autointersezioni nello spazio delle fasi Γ eccetto che nei punti singolari. Lacondizione (c) assicura che la soluzione (unica) corrispondente a certe condizioniiniziali esiste fino alla frontiera di R. In generale le soluzioni ϕk(t) possono

Page 74: Fisica Non Lineare

68 4. SISTEMI DINAMICI

Figura 4.1: Esempio di superficie di sezione di Poincare.

essere scritte in funzione delle condizioni iniziali come xk = ϕk(t, t0, x01, . . . , x

0N);

nei sistemi autonomi, come si puo facilmente verificare, le soluzioni dipendonosoltanto dalla differenza t− t0.

Osserviamo infine che e possibile definire un sistema dinamico con tempodiscreto a partire da un sistema con tempo continuo. In alcune circostanze questaoperazione puo favorire l’analisi del comportamento dinamico del sistema. Ilpassaggio puo essere effettuato applicando il metodo di Poincare che comportaanche una riduzione dimensionale dello spazio delle fasi del sistema. Il metodo sibasa sulla scelta di una superficie o sezione S (N − 1)-dimensionale nello spaziodelle fasi Γ del sistema continuo e sulla considerazione della ricorrenza definitadalle intersezioni delle traiettorie in Γ con S. Il metodo e illustrato nella figura4.1 per un generico caso con N = 3. Scelta la sezione S di equazione x3 =costante = K, si vede che le intersezioni dell’orbita con S (con la traiettoriaproveniente sempre dallo stesso lato di S) generano una successione di puntiX0 ≡ A,X1 ≡ C, ... univocamente determinata dal sistema dinamico continuo edefinita ora in uno spazio bidimensionale.

4.2 Varieta invarianti e attrattori

Nello studio del ritratto di fase di un sistema dinamico e importante per primacosa stabilire la possibile esistenza di varieta compatte invarianti di dimensioneD < N . Queste sono definite come i sottoinsiemi I di Γ (compatti di dimensioneD < N) tali che per ogni punto appartenente a I l’evoluzione di questo puntoe ancora un elemento di I; inoltre ogni coppia di punti di I, se I contiene piu

Page 75: Fisica Non Lineare

4.2. VARIETA INVARIANTI E ATTRATTORI 69

di un punto, si trova sulla stessa traiettoria. Gli stati rilevanti per l’evoluzioneasintotica di un sistema dinamico, come si vedra, andranno ricercati tra le va-rieta invarianti. I punti fissi definiti nella sezione precedente sono un esempio divarieta invariante di dimensione D = 0. Infatti, per definizione, un punto fissoe caratterizzato da dXi/dt = 0 sicche il punto fisso e un punto stazionario o diequilibrio per l’evoluzione del sistema. All’aumentare della dimensione di Γ sipossono avere varieta invarianti con struttura geometrica piu complicata, curvechiuse per N = 2, superfici o ipersuperfici per N ≥ 3.

Prima di considerare esplicitamente i casi di dimensionalita piu bassa, osser-viamo che per la caratterizzazione delle varieta invarianti le proprieta di stabilita

sono importanti al pari di quelle geometriche. Le proprieta di stabilita sonolegate al comportamento delle traiettorie nelle vicinanze della varieta. La lororilevanza e ovvia. Dato uno stato di equilibrio, e importante sapere se un puntoposto nelle vicinanze di questo stato si allontana da esso indefinitamente o se visi avvicina con il passare del tempo. Nel primo caso, la rilevanza fisica di questostato e minima perche’ piccole perturbazioni renderanno in pratica impossibilel’osservazione dello stato se non per un breve transiente. Nell’altro caso lo statostazionario e effettivamente osservabile.

Si dice che uno stato di equilibrio ~Xs e stabile nel senso di Liapunov se, perogni intorno Uε di ~Xs con raggio ε, esiste un intorno Uδ(ε) di raggio δ(ε) taleche se il punto rappresentativo del sistema e in Uδ(ε) a t = t0, la traiettoria saracontenuta in Uε per ogni t > t0. Lo stato di equilibrio e instabile se per un datoε non e possibile trovare un valore δ(ε) con le proprieta indicate. In aggiunta,

si dice che uno stato ~Xs e asintoticamente stabile se e stabile e se la traiettoriatende a ~Xs per t → ∞. In quest’ultimo caso si dice anche che ~Xs e un puntoattrattore del sistema. In generale, gli attrattori sono i sottoinsiemi di Γ dove siaccumulano le traiettorie a tempi molto lunghi.

Facciamo alcune considerazioni sulle definizioni date:

(1) il tempo necessario per raggiungere lungo una traiettoria un punto di equi-librio (asintoticamente stabile) e infinito. Infatti, se non fosse cosı, la traiettoriainizialmente in t0 raggiungerebbe il punto di equilibrio all’istante t1. Allora, es-sendo il punto di equilibrio stesso una triaiettoria nello spazio delle fasi, si avrebbeche mentre a t1 vi sono due traiettorie nello stesso punto, le due traiettorie sono inpunti diversi a t0, in violazione del teorema di Cauchy sull’unicita della soluzione.

(2) Le proprieta di stabilita di un punto fisso possono dipendere dal valoredei parametri di controllo. Si chiamano punti critici, nello spazio dei parametridi controllo, i punti dove cambia la stabilita dei punti fissi. La determinazionedei punti critici e importante per la descrizione del comportamento del sistemadinamico. Nel caso della mappa logistica, ad esempio, si e visto come ai punticritici corrispondono le biforcazioni che danno luogo alla cascata di Feigenbaum.Lo studio generale del comportamento del sistema intorno ai punti critici verrafatto in un capitolo successivo.

Page 76: Fisica Non Lineare

70 4. SISTEMI DINAMICI

Figura 4.2: Ritratti di fase di sistemi unidimensionali.

(3) Una terza osservazione riguarda la diversa rilevanza delle nozioni di sta-bilita date. Si consideri il caso dell’oscillatore non smorzato della sezione 3.2. Letraiettorie nello spazio delle fasi sono ellissi il cui centro e un punto di equilibrio.Verifichiamo le caratteristiche di stabilita di questo punto. Considerato un intor-no Uε del centro, nella forma di un quadrato di lato ε, si puo disegnare l’ellisse piugrande tutta contenuta nell’intorno. La parte interna a questa ellissi e un intornoUδ(ε) che verifica la condizione di stabilita di Liapunov: infatti, ogni traiettoriapassante ad un certo istante per un punto interno a Uδ(ε) sara sempre confinataall’interno di Uε. Si vede che questa nozione di stabilita e indicata per i sistemiconservativi mentre quella di stabilita asintotica risulta appropriata per i sistemicon dissipazione, quale ad esempio l’oscillatore smorzato della sezione 3.2, conle traiettorie tutte convergenti verso il centro del sistema. Questo discorso verraripreso nella sezione successiva.

Le considerazioni fatte sono sufficienti per stabilire le caratteristiche generalidei ritratti di fase dei sistemi con tempo continuo e N = 1. Infatti in questocaso le uniche varieta invarianti sono i punti fissi. Se si escludono le traiettorieche divergono a X = ±∞ si ha che i ritratti di fase non possono essere che deltipo illustrato nella figura 4.2. I punti fissi P0, P1, P3 sono stabili. Il punto P2 einstabile. Il numero di punti fissi instabili puo essere variabile, ma ciascuno diessi avra sempre due punti fissi stabili contigui.

Negli spazi con N > 1 vi possono essere curve chiuse che sono varieta inva-rianti. Queste curve C sono orbite periodiche di periodo T se, definito l’operatoredi evoluzione temporale f t mediante la relazione

f t[ ~X(t′)] = ~X(t+ t′) , (4.8)

con ~X(t) soluzione delle equazioni del moto, si ha che f T [ ~X] = ~X e f t[ ~X] 6=~X per 0 < t < T e ogni ~X appartenente a C. Le ellissi del moto armonicosono ovviamente orbite periodiche. Esiste un altro tipo di orbite periodiche chesono isolate e fanno da limite al moto risultante dalle altre orbite del sistema.Queste orbite sono chiamate cicli limite e anche per esse si pone la questionedella stabilita. Si definisce dapprima la proprieta di stabilita orbitale di unacurva chiusa C. La proprieta e verificata se, dato ε > 0, esiste δ > 0 tale che se~X0 e un punto su un’altra orbita a distanza δ da C ad un certo istante, alloraf t[ ~X0] avra distanza da C non superiore a ε per ogni t > 0. Se C verifica la

Page 77: Fisica Non Lineare

4.2. VARIETA INVARIANTI E ATTRATTORI 71

Figura 4.3: Rappresentazione di tre diversi tipi di cicli limite: asintoticamentestabile (in alto a sinistra); instabile (in alto a destra); asintoticamente stabile soloper traiettorie esterne al ciclo.

proprieta di stabilita orbitale e se la distanza tra f t[X0] e i punti di C si riduce azero per t → ∞ si dice che C e asintoticamente stabile. In questo caso C e unacurva attrattore o ciclo limite stabile per il sistema dinamico. Un ciclo limite einstabile se la distanza tra le traiettorie e il ciclo tende a zero nel limite t→ −∞.Nella figura 4.3 sono disegnati tre cicli limite asintoticamente stabile, instabile,e stabile o instabile a seconda che si considerino traiettorie che si avvicinano alciclo dall’esterno o dall’ interno.

Le nozioni di stabilita orbitale e stabilita secondo Liapunov non si implicanoa vicenda. Si consideri ad esempio il sistema dinamico

dx

dt= −y(x2 + y2);

dy

dt= x(x2 + y2) . (4.9)

Si puo mostrare (vedi problema 2) che le curve integrali di questo sistema sonodate da x = K cos(K2t + ϕ0), y = K sin(K2t + ϕ0). Nello spazio delle fasi R

2

a queste curve corrispondono circonferenze di raggio K. Si vede facilmente checiascun punto di queste circonferenze e instabile secondo Liapunov. Infatti, scelto

Page 78: Fisica Non Lineare

72 4. SISTEMI DINAMICI

Figura 4.4: Le coordinate cicliche θ1, θ2 definiscono la posizione di un punto suun toro.

un punto su una circonferenza ed un intorno di questo punto, comunque si scelgaun altro punto in questo intorno, la traiettoria passante per quest’altro punto, uncerchio di raggio K′, uscira da quest’intorno dopo un certo intervallo di tempo.Con argomenti simili si vede invece subito che ogni traiettoria verifica la proprietadi stabilita orbitale.

Nella costruzione dei ritratti di fase in spazi bidimensionali si deve tener contoche le varieta invarianti possono essere punti fissi, curve chiuse, ma anche curveche collegano due punti singolari. Queste particolari traiettorie sono chiamateeterocliniche se collegano due punti singolari differenti, e omocliniche o separa-

trici se partono e ritornano sullo stesso punto singolare. Queste curve, oltreche gli attrattori costituiti da singoli punti o dai cicli limite, possono essere essestesse curve limite per l’evoluzione del sistema. L’insieme di queste curve e suf-ficientemente eterogeneo per rendere piuttosto complicata, ma ancora possibile,la catalogazione dei possibili ritratti di fase nel caso N = 2. Questa catalogazio-ne richiede preliminarmente lo studio delle caratteristiche di stabilita dei puntisingolari isolati che sara fatto nel prossimo capitolo.

Nei casi con N ≥ 3 il ritratto di fase puo essere molto piu complicato, a causaanche della presenza di varieta invarianti bidimensionali, ed una catalogazionecompleta non e disponibile. Va notato che le curve chiuse (e le traiettorie omocli-niche), differentemente che nel caso N = 2, possono essere annodate senza violareil teorema di unicita.

Page 79: Fisica Non Lineare

4.2. VARIETA INVARIANTI E ATTRATTORI 73

Le superfici invarianti sono l’elemento nuovo piu importante da considerareper N > 2. Nella catalogazione di queste superfici vanno esclusi i cilindri, i coni,gli iperboloidi e tutte le superfici non compatte. La proiezione stereografica dellasfera su un piano tangente a uno dei suoi poli crea inoltre una corrispondenzatra i moti sulla sfera (e sulle superfici ad essa omeomorfe) e i moti su un piano;lo studio del moto sulle varieta invarianti sferiche puo quindi essere ricondottoallo studio dei casi che si hanno in N = 2. Rimangono da considerare soltanto lesuperfici toroidali e, per esigenze di brevita, ci limiteremo a esaminare i moti sultoro semplice (vedi figura 4.4).

Il moto sul toro semplice costituisce in realta la tipologia piu tipica di moto susuperficie invariante per N > 2. Nel caso piu semplice, N = 3, la posizione di unpunto sul toro e definita dalle coordinate cicliche θ1 e θ2 e il moto e in generalebiperiodico (vedi fig. 4.4). Detti T1 e T2 i periodi relativi alle due coordinateangolari, se

T1/T2 = p/q (p, q interi) (4.10)

allora il moto risultera periodico. Ovvero, ogni p giri per una coordinata e q giriper l’altra, il punto tornera su una posizione precedentemente occupata (fig. 4.5).Se invece non vale una relazione come l’eq.(4.10), cioe se le due frequenze sonoincommensurate, il moto si dice quasi-periodico e corrisponde a un’elica che siavvolge sul toro senza chiudersi mai su stessa e senza auto-intersezioni.

I moti quasi-periodici sono un elemento tipico dei ritratti di fase dei sistemicon tempo continuo cosı come lo sono gli stati stazionari, i moti periodici e quellicaotici. Sono importanti in particolare nella meccanica dei sistemi hamiltonia-ni. E noto, infatti, che esiste una certa classe di sistemi detti integrabili conhamiltoniana H(~p, ~q) indipendente dal tempo e N costanti globali del moto reci-procamente indipendenti fi(~p, ~q) con parentesi di Poisson [fi, fj] = 0 per ogni i ej. Per questi sistemi e possibile trovare un opportuno insieme di trasformazioni

canoniche (queste sono definite come le trasformazioni di coordinate e momentiche lasciano invariata la forma delle equazioni di Hamilton) che consentono diriscrivere le equazioni di Hamilton nella forma

dIidt

= 0

dφi

dt= ωi(Ij) i = 1, . . . , 3N (4.11)

dove N e il numero di particelle del sistema. Le Ii e φi sono rispettivamentechiamate variabili d’azione e variabili angolari. Si puo mostrare che il moto delsistema avviene su un 3N -toro e le variabili angolari descrivono proprio il motodel sistema su questo toro.

L’integrazione delle (4.11) e immediata e si ottengono le soluzioni

Ii = I0i = costante

φi = ωit+ φ0i (4.12)

Page 80: Fisica Non Lineare

74 4. SISTEMI DINAMICI

Figura 4.5: Nella parte in basso della figura e rappresentata un’orbita con rap-porto tra i periodi relativi alle due coordinate angolari pari a 3. Nella parte inalto e rappresentato un moto quasi periodico.

Page 81: Fisica Non Lineare

4.2. VARIETA INVARIANTI E ATTRATTORI 75

Figura 4.6: L’attrattore di Feigenbaum. Gli istogrammi sono stati costruiti cal-colando il numero di iterazioni che producono un risultato compreso in ogni in-tervallino di larghezza ∆x. Sono state tenute in conto le ultime 49000 iterazio-ni su un totale di 50000 iterazioni; ∆x = 10−3, x0 = 0.3 (in alto a sinistra),∆x = 10−4, x0 = 0.81 (in alto a destra), ∆x = 10−5, x0 = 0.88 (in basso a sini-stra), ∆x = 10−6, x0 = 0.892 (in basso a destra). (Questa figura e stata realizzatada Michele De Musso.)

Page 82: Fisica Non Lineare

76 4. SISTEMI DINAMICI

che descrivono un moto multi-periodico nello spazio delle coordinate angolari.Moti multi e quasi-periodici sono osservati in meccanica celeste e anche in diversisistemi non hamiltoniani nei regimi precaotici.

4.3 Attrattori strani e insiemi frattali

Dallo studio della mappa logistica e emersa l’esistenza di attrattori con caratte-ristiche molto diverse dai punti fissi o dai cicli limite discussi nella sezione prece-dente. Al punto limite r∞ = 3.5699456 della cascata di biforcazioni la mappa eattratta dal cosiddetto attrattore di Feigenbaum di cui e data una rappresenta-zione nella figura 4.6. Si puo mostrare che sparse e dense nell’insieme dei puntidi questo attrattore vi sono tutte le orbite periodiche di periodo 2p con p qualsia-si, orbite periodiche che risultano essere instabili. Questo significa che scelto unaperto qualsiasi contenente una parte dell’attrattore, l’aperto conterra almeno unpunto appartenente ad un’orbita periodica. Si puo dimostrare, nella teoria degliinsiemi, che l’attrattore di Feigenbaum e un insieme di Cantor, ovvero un insiemechiuso consistente soltanto di punti di frontiera. Alla dimensionalita di un taleinsieme si e tentati di attribuire un valore compreso tra 0 e 1. Una definizionegeometrica precisa e possibile e richiede l’introduzione della nozione di insiemefrattale.

Il problema della misurazione della lunghezza dei perimetri di oggetti mol-to frastagliati suggerisce come introdurre in modo semplice una dimensionalitafrazionaria. Consideriamo la costa della Norvegia mostrata nella figura 4.7 e cer-chiamo di misurarne la lunghezza utilizzando una griglia di celle quadrate di latoδ. Detto N(δ) il numero di celle necessarie per ricoprire una porzione di costa(ad esempio la parte nord-occidentale), una stima della sua lunghezza e data da

L(δ) = N(δ)δ . (4.13)

E ovvio che con δ abbastanza grande il perimetro di molti fiordi non sara presoin considerazione. Diminuendo δ, i fiordi piu profondi contribuiranno alla misuradel perimetro ma potrebbe succedere che il δ utilizzato e ancora troppo grandeper la misura della costa delle isolette nella parte sudorientale. Si scopre, quin-di, che la lunghezza della costa aumenta al migliorare della risoluzione con cui emisurata. Nel caso di un oggetto lineare non frastagliato la lunghezza (macro-scopica) non varia con la risoluzione e si ha N(δ) = L0/δ; questa relazione puoessere generalizzata per oggetti frastagliati come N(δ) = L0/δ

D. La lunghezzadella costa della Norvegia puo essere dunque espressa come

L(δ) = L0δ1−D . (4.14)

L’esponente D, chiamato dimensione frattale, di cui verra data una definizionepiu precisa, per valori di δ compresi tra 1 e 100Km, vale D = 1, 52 per la

Page 83: Fisica Non Lineare

4.3. ATTRATTORI STRANI E INSIEMI FRATTALI 77

Figura 4.7: La costa della Norvegia.

Page 84: Fisica Non Lineare

78 4. SISTEMI DINAMICI

Figura 4.8: Illustrazione del calcolo di N(ε) per insiemi costituiti da (a) duepunti, (b) un segmento di curva, (c) una porzione di superficie interna a unacurva chiusa.

Norvegia e D = 1, 3 per la Gran Bretagna. Il valore non intero compreso tra1 e 2 corrisponde ad un perimetro frastagliato a tal punto da poter essere considerato un’entita di natura intermedia tra una lunghezza e un’area. Il valorespecifico di D puo quindi essere usato come caratterizzazione quantitativa delleproprieta geometriche di un certo oggetto.

Per definire in modo piu generale la dimensione frattale di un insieme con-tenuto in un spazio cartesiano N−dimensionale si considera una griglia di cubiN -dimensionali di lato ε in questo spazio e si contano il numero di cubi N(ε)necessari per contenere l’insieme. La dimensione frattale e definita come

D = limε→0

lnN(ε)

ln 1/ε. (4.15)

Gli esempi della figura 4.8 mostrano come per un insieme costituito da 2 puntiisolati D = 0 (N(ε) = 2 ∀ε), mentre per una curva regolare D = 1 (N(ε) = l/ε).Analogamente, per un insieme costituito da un’area regolare, si trova D = 2.

Vediamo invece come la definizione data risulta significativa per insiemi construttura particolare. Consideriamo l’insieme di Cantor della figura 4.9 ottenibiledividendo l’intervallo [0, 1] in tre parti, eliminando la parte centrale e ripetendo

Page 85: Fisica Non Lineare

4.3. ATTRATTORI STRANI E INSIEMI FRATTALI 79

Figura 4.9: Procedura per la costruzione dell’insieme di Cantor del terzo di mezzo.

Figura 4.10: (a) Costruzione della superficie di Sierpinski triangolare. La di-mensione frattale e D = ln 3/ ln 2 = 1.58 . . .. (b) Costruzione del tappeto diSierpinski. La dimensione frattale e D = ln 8/ ln 3 = 1.89 . . . .

ad infinito l’operazione per tutti i segmenti ancora presenti. Per misurare D sipuo considerare una successione εn → 0 per n → ∞ in modo da calcolare ladimensione frattale come

D = limn→∞

lnN(εn)

ln 1/εn. (4.16)

Si scelga εn = (1/3)n. Per costruzione si ha N(εn) = 2n e quindi

D = ln 2/ ln 3 = 0, 63 (4.17)

che descrive la natura intermedia tra punto e linea dell’insieme di Cantor consi-derato.

Page 86: Fisica Non Lineare

80 4. SISTEMI DINAMICI

Figura 4.11: Foglia metallica cresciuta per elettrodeposizione di zinco all’inter-faccia di una soluzione di solfato di zinco. La dimensione frattale e D = 1.63 (daMatsushita et al., Physical Review Letters 1984).

Nelle figure 4.10,4.11 sono illustrati altri esempi di insiemi frattali matematici(ovvero con proprieta frattali a tutte le scale di lunghezza) o fisici (frattali suscale di lunghezza definite). Una caratteristica notevole di molti sistemi frattalie la proprieta di autosomiglianza: una parte dell’insieme puo riprodurre l’interoinsieme se opportunamente ingrandita. Questa proprieta vale per i sistemi dellefigure 4.10,4.11. Nel caso dell’insieme di Cantor, ad esempio, l’ingrandimentodell’intervallo [ 2

3, 7

9] con un fattore 9 riproduce l’intero insieme di partenza [0, 1].

La dimensione frattale dell’attrattore di Feigenbaum e 0,5388. Gli attrat-tori con dimensione frattale non intera sono detti strani. Un altro esempio diattrattore strano e la varieta invariante della mappa di Henon

x(1)n+1 = A− (x(1)

n )2 +Bx(2)n

x(2)n+1 = x(1)

n (4.18)

L’attrattore e rappresentato nella figura 4.12. L’attrattore di Henon verifica laproprieta di autosomiglianza. La sua dimensione frattale e D ' 1, 26.

Gli attrattori strani delle figure 4.6,4.12 risultano dallo studio di mappe contempo discreto. Immaginando tali mappe ottenibili da una sezione di Poincaredi sistemi con tempo continuo, ci si puo chiedere quale sarebbe la forma della(iper-)superficie invariante nello spazio delle fasi del sistema con tempo continuoche da luogo alla struttura frattale degli attrattori. Si puo pensare che la varietainvariante e una superficie ripiegata su se stessa un numero infinito di volte (vedifigura 4.13). L’intersezione delle orbite con una sezione trasversale alla super-ficie puo produrre un insieme di Cantor del genere degli attrattori delle mappeesaminate.

Page 87: Fisica Non Lineare

4.3. ATTRATTORI STRANI E INSIEMI FRATTALI 81

Figura 4.12: (a) L’attrattore di Henon. (b) Ingrandimento della regione definitadal rettangolo in (a). (c) Ingrandimento della regione definita dal rettangolo in(b).

Page 88: Fisica Non Lineare

82 4. SISTEMI DINAMICI

Figura 4.13: Il processo di piegatura puo comportare l’esistenza di insiemi frattaliquando si considera il flusso nello spazio dele fasi.

4.4 Sistemi dissipativi e conservativi; teorema

di Liouville

L’oscillatore armonico senza attrito e l’oscillatore smorzato sono esempi di duedifferenti classi di sistemi. Nel caso senza attrito le traiettorie nello spazio dellefasi sono ellissi di area pari al valore dell’energia, che e una quantita dinami-camente conservata. Le traiettorie dell’oscillatore smorzato tendono invece, perogni condizione iniziale, allo stato di quiete che e l’attrattore del sistema. Inquesto caso l’energia non e piu conservata ed il sistema si dice dissipativo. Ingenerale, la presenza di attrattori nello spazio delle fasi, con la conseguente con-trazione del volume ”racchiuso” dalle orbite, e la caratteristica che distingue isistemi dissipativi da quelli conservativi.

La quantita che con il suo comportamento permette di distinguere tra sistemidissipativi e conservativi e la divergenza di ~F (vedi eq.(4.1)). E noto che lelinee di flusso di un campo a divergenza nulla sono curve chiuse. Allo stesomodo, le traiettorie di un sistema dinamico definito dall’equazione (4.1) sono

curve chiuse se div ~F = 0. Poiche le orbite chiuse sono tipiche dei sistemi conenergia conservata, un sistema dinamico si definisce conservativo se e verificataovunque la relazione

div ~F = 0 . (4.19)

Page 89: Fisica Non Lineare

4.4. SISTEMI DISSIPATIVI E CONSERVATIVI; TEOREMA DI LIOUVILLE 83

Un sistema dinamico si dice invece dissipativo se esistono traiettorie tali cheper tempi molto lunghi, successivi ad un certo tempo iniziale t0 (t/t0 1), risultache

(div ~F )t ≡1

t

∫ t

t0

dt′div~F ( ~X(t′), t′) < 0 . (4.20)

In molti sistemi dissipativi, ad esempio l’oscillatore smorzato (vedi problema 3),

la condizione div ~F < 0 e sempre verificata. La definizione piu debole (4.20) tieneanche conto di alcuni sistemi particolari in cui la condizione e verificata solo inmedia, su tempi lunghi.

Il significato delle definizioni (4.19) e (4.20), in relazione alle proprieta diconservazione o contrazione dei volumi nello spazio delle fasi, puo essere megliochiarito introducendo il concetto di insieme o ensemble statistico. Consideriamoun insieme di punti nello spazio delle fasi ciascuno di essi rappresentante unostato del sistema con diverse condizioni iniziali. L’ensemble statistico e costituitodall’insieme di questi punti. Equivalentemente, l’ensemble puo rappresentare lostato di un certo numero di copie non interagenti del sistema originariamenteconsiderato. La nozione di ensemble ha un ruolo importante in meccanica stati-stica e tutte le volte che e necessario effettuare operazioni di media sullo spaziodelle fasi, come si vedra nella sezione 4.5. Le considerazioni che seguiranno sul-l’evoluzione della configurazione dell’ensemble nello spazio delle fasi sono ancheimportanti per quei sistemi reali, ad esempio i fasci di particelle, costituiti da unnumero molto elevato di componenti che interagiscono in modo trascurabile.

Per descrivere il moto dell’ensemble nello spazio delle fasi si introduce la den-sita di probabilita %( ~X, t) tale che la probabilita, ovvero la frazione del numerototale di copie del sistema, che al tempo t si trovano nell’elemento di volumedΓ = dX1dX2 . . . dXN e data da

p(t)dΓ = %( ~X, t) dΓ . (4.21)

Utilizzando la proprieta di unicita delle soluzioni della (4.1), e possibile scrivereun’equazione di continuita che descrive l’evoluzione di % a partire da una certadistribuzione iniziale. Consideriamo un volume fissato ∆Γ ⊂ Γ. L’incrementoδp, relativo al tempo δt, della probabilita di trovare un punto rappresentativo delsistema in ∆Γ e dato da

δp = δt

∆Γ

∂%

∂td ~X . (4.22)

Poiche il numero di traiettorie che partono da un certo insieme di condizioniiniziali, se non vi sono punti singolari, si conserva, risulta che la variazione di

probabilita δp puo anche essere espressa in funzione del flusso di probabilita % ~Xcome

δp = −δt∫

Σ(∆Γ)

% ~X · ~ds = −δt∫

∆Γ

div(% ~X)d ~X (4.23)

Page 90: Fisica Non Lineare

84 4. SISTEMI DINAMICI

Figura 4.14: Evoluzione di un volumetto di stati nello spazio delle fasi.

dove Σ(∆Γ) e la superficie che limita ∆Γ, ~ds e un vettore normale a Σ(∆Γ)diretto verso l’esterno di questa superficie e, nell’ultima uguaglianza, e statousato il teorema della divergenza. Eguagliando le due espressioni per δp, e datal’arbitrarieta di ∆Γ, si ottiene

∂%

∂t+ div(% ~X) = 0 . (4.24)

L’equazione (4.24) puo essere riscritta introducendo la derivata totale

d%

dt=∂%

∂t+

N∑

j=1

Fj∂%

∂Xj

(4.25)

equivalente alla derivata fatta rispetto ad un sistema di riferimento solidale coni punti in moto, ovvero valutando la densita % lungo una traiettoria ~X(t). Siottiene

d%

dt= −%div ~F (4.26)

ovverod ln %

dt= −div ~F . (4.27)

Questa equazione descrive l’evoluzione della densita degli stati nello spazio dellefasi vista da un osservatore solidale con il flusso di probabilita. Dalla (4.24) si

Page 91: Fisica Non Lineare

4.4. SISTEMI DISSIPATIVI E CONSERVATIVI; TEOREMA DI LIOUVILLE 85

ottiene invece la variazione della densita di probabilita in un punto fissato ~Xdello spazio data da

∂%( ~X, t)

∂t= −div(%~F ( ~X, t)) . (4.28)

Dall’integrazione della (4.27), formale in quanto non sono state risolte espli-citamente le equazioni del moto, si ottiene

%( ~X(t), t) = %( ~X(t0), t0) exp(−t(div ~F )t) . (4.29)

che mostra come cresce la densita di un volumetto di punti dell’ensemble nel corsodell’evoluzione di un sistema dissipativo. Denotati ∆Γt e ∆Γt0 i volumi occupatida ∆N stati agli istanti t e t0, poiche il numero di stati ∆N si conserva, si ottiene

∆Γt = ∆Γ0 exp(t(div ~F )t) . (4.30)

Nei sistemi conservativi (div ~F = 0) l’equazione di continuita in una delleforme (4.28) o (4.26) si chiama equazione di Liouville; dalla (4.30) si vede che ilvolume occupato da un certo numero di stati si conserva durante l’evoluzione del

sistema. L’equazione ∂%/∂t + ~X · ∇%, ovvero d%/dt = 0, e la stessa che regolal’evoluzione della densita di massa di un fluido incompribile (div~v = 0, ~v velocitadel fluido); per questo motivo, per i sistemi conservativi, si parla a volte di fluido

di probabilita. Nell’esempio dell’oscillatore senza attrito, il volumetto nero dellafigura 4.14, corrispondente ad un certo insieme di condizioni iniziali, manterrasempre la stessa area, ma non la forma, ad ogni istante dell’evoluzione. E chiaroche tutti i sistemi hamiltoniani sono conservativi perche per essi vale sempre larelazione div ~F = 0.

Nei sistemi dissipativi l’equazione (4.30) implica una contrazione dei voluminello spazio delle fasi (vedi problema 5). E il caso degli oscillatori smorzati doveun certo volumetto iniziale di stati si contrae col tempo tendendo al volumenullo dell’attrattore nell’origine. Esiste una classe interessante di sistemi chepur essendo conservativi hanno alcune caratteristiche simili a quelle dei sistemidissipativi. In questi sistemi una contrazione in certe direzioni dello spazio dellefasi e accompagnata da una espansione nelle altre direzioni. Si consideri adesempio il pendolo capovolto della sezione 3.3 definito dalle equazioni

dt= v

dv

dt= ω2

0θ . (4.31)

Nella figura 4.15 e rappresentata l’evoluzione di un volumetto nello spazio del-le fasi di questo sistema definito dalle coordinate x = v + ω0t e y = v − ω0t.

Page 92: Fisica Non Lineare

86 4. SISTEMI DINAMICI

Figura 4.15: Deformazione di un volume nello spazio delle fasi di un sistemadinamico con un punto iperbolico.

L’origine risulta essere un punto instabile e le traiettorie sono delle iperboli. Perquesta ragione i sistemi di questo tipo sono detti iperbolici. Alcuni studiosi riten-gono il comportamento di questi sistemi rilevante per la spiegazione di come innatura fenomeni dissipativi e irreversibili sono osservati macroscopicamente in si-stemi descritti a livello microscopico da leggi dinamiche conservative ed invariantirispetto all’inversione della direzione temporale.

Per concludere, osserviamo che un’equazione di evoluzione per la densita diprobabilita puo essere definita anche nel caso delle mappe. Data la densita %n(x)al tempo n, l’equazione di Frobenius-Perron

%n+1(x) =

Γ

dyδ[x−M(y)]%n(y) (4.32)

fornisce l’espressione della densita al tempo n + 1. Ricordiamo che le proprietadella distribuzione δ di Dirac sono tali che g(x) =

Γdyδ(x − y)g(y). Il cam-

biamento di variabili z = M(y) nella (4.32) consente di riscrivere l’equazione inmodo differente. Denotate con yα ≡M−1

α (z) le soluzioni dell’equazione z = M(y)(piu di una se la mappa non e invertibile), si ha che la (4.32) puo essere riscritta

Page 93: Fisica Non Lineare

4.5. MISURE DI PROBABILITA INVARIANTI E TEORIA ERGODICA 87

come

%n+1(x) =∑

α

M−1α (Γ)

dz

|M ′(M−1α (z))|δ(x− z)%n(M−1

α (z))

=∑

α

1

|M ′(M−1α (x))|%n(M−1

α (x)) . (4.33)

La mappa e conservativa solo se | det ∂M∂x

| = 1. Si puo dimostrare, infatti, chesolo in tal caso il volume occupato da un certo numero di stati nello spazio dellefasi e costante.

4.5 Misure di probabilita invarianti e teoria er-

godica

Si e gia discusso come nello studio di un sistema fisico o di un modello evolutivo siasoprattutto importante conoscere il comportamento del sistema a tempi lunghi.Nei sistemi dissipativi questo comportamento e legato alle caratteristiche degliattrattori presenti che, come si e visto, possono avere una struttura piuttostocomplessa. Risulta che lo studio della dinamica asintotica, effettuato sulla basedelle proprieta geometriche degli attrattori, e abbastanza complicato dal puntodi vista matematico gia discusso. Per questo motivo si preferisce una descrizioneprobabilistica del comportamento del sistema nelle vicinanze dell’attrattore. Laquantita matematica utilizzata per tale descrizione e la densita di probabilita %introdotta nella sezione precedente.

La necessita di introdurre un approccio probabilistico non dipende soltantoda ragioni tecniche o difficolta di carattere computazionale. Una descrizionepuntiforme dello stato di un sistema nello spazio delle fasi implica la possibilitadi determinare con accuratezza arbitrariamente elevata lo stato del sistema. Inun qualsiasi processo di misura, tuttavia, tale accuratezza non e ottenibile ede quindi piu giusto considerare regioni di volume non nullo nello spazio dellefasi. La questione assume rilevanza particolare per i sistemi caotici dove perpiccole variazioni delle condizioni iniziali si osservano evoluzioni molto differentinello spazio delle fasi. Per i sistemi caotici, quindi, una descrizione dinamica intermini di densita di probabilita appare naturale.

Nella sezione 4.2 si e visto che la determinazione dei punti fissi e delle varietainvarianti e il punto di partenza nello studio delle proprieta dinamiche asintotiche.Analogamente, se si vuole affrontare questo studio considerando la densita diprobabilita come variabile dinamica, occorrera per prima cosa stabilire l’esistenzadi soluzioni stazionarie dell’eq.(4.24) o dell’equazione di Frobenius-Perron (4.32).Tali soluzioni %s sono chiamate densita di probabilita invarianti. Nel caso dellemappe unidimensionali, a cui per semplicita limiteremo le considerazioni di questa

Page 94: Fisica Non Lineare

88 4. SISTEMI DINAMICI

sezione, %s soddisfa l’equazione

%s(x) =

Γ

dx0δ[x−M(x0)]%s(x0) . (4.34)

In alcuni casi semplici e possibile giungere ad una determinazione analitica di %s.Ad esempio, nel caso della mappa a tenda (2.4), scritta la (4.34) come

%s(x) =

∫ 1/2

0

dx0δ(x− 2x0)%s(x0) +

∫ 1

1/2

dx0δ(x− 2 + 2x0)%s(x0) (4.35)

e introdotte le nuove variabili y = 2x0 e y = 2 − 2x0 rispettivamente nei duetermini del membro di destra della (4.35), si ottiene la relazione

%s(x) =1

2

[

%s(x

2) + %s(1 − x

2)]

(4.36)

con soluzione

%s(x) = 1 . (4.37)

La quantita %s(x)dx rappresenta la probabilita che il sistema si trovi sull’attratto-re tra x e x+dx; %s(x) = 1 implica che questa probabilita e costante nell’intervallo[0, 1]. In questo senso %s(x)dx fornisce una descrizione globale dell’attrattore. Daquesto risultato si puo anche dedurre la densita di probabilita invariante %logi4

s (x)per la mappa logistica a r = 4. Utilizzando l’espressione (2.9) e la relazione

%logi4s (x)dx = %tenda

s (y)dy (4.38)

si ottiene

%logi4s (x) =

1

π[x(1 − x)]1/2. (4.39)

Notiamo che in questo caso %s e singolare ma integrabile agli estremi dell’intervallodi definizione.

La densita di probabilita puo anche avere una struttura molto piu complicatache rispecchia le caratteristiche geometriche dell’attrattore. Nella figura 4.6 erappresentata la densita di probabilita invariante dell’attrattore di Feigenbaum.Un altro esempio e illustrato nella figura 4.16 dove si mostra la densita invariantedella mappa logistica a r = 3.8, ottenuta da uno studio numerico. Si puo osser-vare la presenza di numerose singolarita che, all’aumentare dell’accuratezza dellostudio, appaiono sempre piu numerose e pronunciate. Si puo in realta dimostrareanaliticamente che %s e singolare su un insieme numerabile di punti denso in unintervallo di [0, 1]. Si vede anche in questo caso come la densita invariante puodare informazioni sul moto del sistema sull’attrattore.

Le considerazioni precedenti inducono le seguenti osservazioni:

Page 95: Fisica Non Lineare

4.5. MISURE DI PROBABILITA INVARIANTI E TEORIA ERGODICA 89

0.2 0.4 0.6 0.8 1

0.0025

0.005

0.0075

0.01

0.0125

0.015

0.0175

Figura 4.16: Densita invariante della mappa logistica a r = 0.8. (Si ringrazia perquesta figura la cortesia di Michele De Musso.)

• Nell’esempio della mappa a tenda e della mappa logistica con r = 4 e statopossibile determinare esplicitamente l’espressione della densita di probabi-lita invariante. Questi sono casi particolarmente semplici e in genere none possibile ottenere un’espressione analitica di %s. Occorre quindi stabilireuna procedura generale per la valutazione di %s.

• La densita di probabilita e stata definita considerando un insieme di copie diun dato sistema, ciascuna corrispondente a differenti condizioni iniziali. Ladensita invariante descrive il comportamento stazionario di quest’insieme.D’altro canto, si puo pensare che informazioni sullo stato stazionario del si-stema possano provenire anche dallo studio del comportamento dinamico atempi lunghi di una singola copia del sistema. E importante chiarire la rela-zione tra il comportamento stazionario dell’ensemble e il comportamento atempi lunghi di un suo singolo elemento. Questa relazione e particolarmenterilevante nel contesto della fisica statistica. Le medie termodinamiche sonoeffettuate utilizzando la distribuzione di probabilita invariante %s ma affin-che queste medie abbiano senso deve essere che, indipendentemente dallaparticolare condizione iniziale, la singola realizzazione del sistema tenda ariempire lo spazio delle fasi con una densita pari a %s.

• L’intuizione suggerisce che la probabilita che il sistema si trovi vicino ad uncerto punto dell’attrattore debba dipendere dalla frazione di tempo spesa

Page 96: Fisica Non Lineare

90 4. SISTEMI DINAMICI

dal sistema nelle vicinanze di quel punto. In altri termini, la densita diprobabilita deve risultare piu grande laddove il sistema trascorre una partemaggiore della sua evoluzione. Anche questa relazione non e presente nelleconsiderazioni finora fatte.

• A causa della presenza di singolarita, la densita di probabilita non e unaquantita matematicamente sempre ben definita. In una teoria ben fondatae quindi necessario considerare altre quantita.

A queste problematiche cerca di fornire risposta la teoria ergodica che trat-ta delle relazioni tra medie temporali e medie spaziali. Questa teoria, a causadell’ultima delle osservazioni prima fatte, non fa riferimento alle densita ma allemisure di probabilita che sono quantita ben definite dal punto di vista matematico.Daremo allora la definizione generale di misura di probabilita e poi di misura diprobabilita invariante. Seguira quindi una breve descrizione della teoria ergodica.

Una misura di probabilita µ, definita su una regione limitata R dello spaziodelle fasi, e una funzione che assegna un numero non negativo ad ogni sottoinsiemedi R, il numero 1 a R, ed e additiva in modo numerabile, ovvero, per ogni famiglianumerabile di insiemi Si disgiunti contenuti in R, vale la proprieta

µ

(

i

Si

)

=∑

i

µ(Si) . (4.40)

Dato un sottoinsieme S di R e una mappa M , l’immagine inversa di S secondoM denotata M−1(S) e definita come l’insieme dei punti mappati su S dopo un’i-terazione (solo nel caso di mappe invertibili la corrispondenza tra S e M−1(S) ebiunivoca). Si puo quindi dare la seguente definizione. Una misura µ e invariante

rispetto alla mappa M se per ogni sottoinsieme S di R e verificata la relazione

µ(S) = µ(M−1(S)) . (4.41)

Si osservi che mentre il volume occupato da un certo numero di stati nello spaziodelle fasi si conserva nel corso dell’evoluzione solo se il sistema e conservativo, ilvolume calcolato con la misura invariante si conserva sempre, anche nei sistemidissipativi.

Si puo mostrare che una densita di probabilita invariante %s induce una misuradi probabilita invariante µs su R. Infatti, per ogni sottoinsieme C di R, si puodefinire

µs(C) =

C

dx%s(x) (4.42)

che e una misura di probabilita, come e facile verificare, ed e invariante perche si

Page 97: Fisica Non Lineare

4.5. MISURE DI PROBABILITA INVARIANTI E TEORIA ERGODICA 91

ha

µs(C) =

C

dx%s(x) =∑

α

C

dx1

|M ′(M−1α (x))|%s(M

−1α (x))

=∑

α

M−1α (C)

dyα%s(yα) =∑

α

µs(M−1α (C)) = µs(M

−1(C)) (4.43)

dove e stata prima utilizzata la relazione (4.33), con %n+1 = %n = %s, e poi e stataeffettuata la sostituzione yα = M−1

α (x).Una misura di probabilita invariante rispetto a una mappa M si dice ergodica

(o anche metricamente non decomponible oppure metricamente transitiva) quandonon e possibile scrivere

µ = pµ1 + (1 − p)µ2, 1 > p > 0 (4.44)

dove µ1 e µ2 sono a loro volta due misure di probabilita invarianti distinte perM . Il numero reale p che appare nella (4.44) assicura la positivita di µ e le suanormalizzazione. Dalla definizione si deduce che lo spazio delle fasi di un sistemaergodico non puo essere decomposto in sottospazi in cui le traiettorie sono intrap-polate per tutta l’evoluzione del sistema. Infatti, se tali sottospazi esistessero,ad essi corrisponderebbero densita di probabilita invarianti concentrate in regionidiverse dello spazio delle fasi. Varrebbe quindi una relazione del tipo (4.44) incontraddizione con la proprieta di ergodicita inizialmente assunta.

Si possono a questo punto esaminare le relazioni tra medie spaziali e medietemporali e tra l’evoluzione di una singola copia del sistema e il comportamen-to stazionario dell’ensemble statistico. Considerata una traiettoria percorsa dalsistema, corrispondente ad una certa posizione iniziale x0, si puo definire unamisura di probabilita in funzione della frazione di tempo spesa nel corso dell’e-voluzione lungo questa traiettoria nelle varie regioni dello spazio delle fasi. Sidefinisce dapprima la densita di probabilita

%(x) = limn→∞

1

n

n−1∑

i=0

δ(x−M (i)(x0)) (4.45)

o, analogamente, per un sistema con tempo continuo

%(x) = limT→∞

1

T

∫ T

0

dtδ(x− x(t)) . (4.46)

Inoltre, data una grandezza fisica A(x), si puo definire la media temporale di Acome

A = limn→∞

1

n

n−1∑

i=0

A(M (i)(x0)) . (4.47)

La densita % induce una misura invariante µ nel senso prima definito; infatti,

Page 98: Fisica Non Lineare

92 4. SISTEMI DINAMICI

posto

µ(C) =

C

%(x)dx (4.48)

con C sottoinsieme dello spazio delle fasi R, si ha

µ(C) = limn→∞

1

n

n−1∑

i=0

C

dxδ(x−M (i)(x0))

= limn→∞

1

n

n−1∑

i=0

α

M−1α (C)

dyα|M ′(yα)|δ(M(yα) −M (i)(x0))

= limn→∞

1

n

n−1∑

i=0

α

M−1α (C)

dyαδ(yα −M (i−1)(x0))

=∑

α

µ(M−1α (C)) = µ(M−1(C)) . (4.49)

dove, nel passaggio dalla prima alla seconda riga, e stata effettuata la sostituzioneyα = M−1

α (x) e, nel passaggio dalla seconda alla terza riga, e stata utilizzata unaproprieta della distribuzione δ di Dirac (δ(f(z)) =

i δ(z−αi)/|f ′(αi)| in cui αi

sono le radici dell’equazione f(z) = 0 e f e una funzione reale nel nostro casodata da f(z) = M(z) −M i(x0)). Si noti che le quantita %, A, µ dipendono dallacondizione iniziale x0.

Il teorema ergodico (Fermi 1923; Birkhoff 1926) consente di stabilire la rela-zione tra µs e µ o, equivalentemente, tra %s e %. Il teorema generale afferma chese una misura di probabilita µ e ergodica, allora, per quasi tutti i valori di x0

in Γ, eccetto che per un insieme di misura nulla rispetto a µ, la misura indottadalla media temporale (4.45) o (4.46) riproduce µ. Se come misura di probabilitaergodica si considera la misura indotta dalla densita di probabilita invariante %s

(per certi sistemi dinamici possono esistere piu misure ergodiche), per quasi tuttii punti x0 rispetto a µs, µ riproduce µs. Quasi ovunque nel senso della teoriadella misura si ha dunque che

%s = % . (4.50)

Nell’uso piu comune si dice che un sistema e ergodico se la misura di probabilitainvariante indotta da %s e ergodica.

Si puo poi dedurre che, se un sistema e ergodico, per ogni grandezza fisica Avale la relazione

< A >≡∫

Γ

dxA(x)%s =

Γ

dxA(x)% = A (4.51)

dove, nell’ultimo passaggio, sono state utilizzate le definizioni (4.45-4.47). Unaconseguenza importante e che, eccetto che per un insieme di misura nulla, lemedie temporali (4.45) e (4.47) non dipendono dalla condizione iniziale x0.

Page 99: Fisica Non Lineare

4.6. MOTI CAOTICI ED ESPONENTI DI LIAPUNOV 93

Va ribadita l’importanza della (4.51) che consente di esprimere le medie spa-ziali come medie su una singola storia evolutiva del sistema, indipendentementedalla condizione iniziale scelta. Alla base di questo risultato vi e l’assunzione diergodicita, che e uno dei fondamenti della meccanica statistica e che, a partiredall’ultimo lavoro di Fermi, e stata oggetto di molti studi. Un limite del teorema,infine, deriva dal fatto che % risulta indipendente da quasi tutte le condizioni ini-ziali rispetto alla misura %s. Questa misura, pero, puo avere una struttura moltoparticolare, si pensi ad esempio al caso degli attrattori strani, e non essere la piusignificativa nello spazio delle fasi. Per una classe particolare di misure ergodi-che (dette di Sinai, Bowen e Ruelle) e stato dimostrato che % e indipendente datutte le condizione iniziali eccetto quelle corrispondenti a insiemi di misura nullasecondo Lebesgue.

4.6 Moti caotici ed esponenti di Liapunov

Nei capitoli precedenti sono stati visti esempi di sistemi con moto caotico carat-terizzati da una dinamica sensibile alla variazione ovvero fortemente dipendente

dalla variazione delle condizioni iniziali. La figura 2.2, relativa alla mappa logi-stica con r = 4, gia aveva chiarito, da un punto di vista qualitativo, il comporta-mento di due traiettorie inizialmente vicine in un sistema caotico. La distanza trale traiettorie aumenta col tempo e diventa poi comparabile con le dimensioni stes-se dell’attrattore. In questa sezione si vedra come definire in modo quantitativola caoticita di un sistema.

Limitandoci ancora per semplicita allo studio di mappe unidimensionali, siconsiderino due traiettorie corrispondenti alle condizioni iniziali x0 e x0+ε (ε <<1). Sia

uε(n, x0) = |xn(x0 + ε) − xn(x0)| (4.52)

la distanza tra le due traiettorie dopo n unita temporali. Questa quantita, per n eε fissati, risulta in genere dipendente da x0 e caratterizzata da un comportamentomolto irregolare. Tuttavia, effettuando una media su un insieme numeroso dicondizioni iniziali, si ottiene un risultato simile a quello mostrato nella figura4.17 relativo ancora all’esempio della mappa logistica con r = 4.

Nella figura 4.17 si possono osservare tre differenti regimi: un crescita inizialecon la distanza tra le traiettorie che rimane piccola; un regime intermedio con letraiettorie che si allontanano con legge esponenziale ed un punto di flesso a chesi puo dimostrare si trova a n∗ ≈ ln 1/ε; ed un regime finale stazionario in cui ladistanza media tra le due traiettorie ha raggiunto un valore di saturazione.

La caoticita di un sistema e legata al regime in cui la velocita di allontana-mento tra due traiettorie inizialmente vicine e esponenziale. Per misurare questavelocita si introduce l’esponente di Liapunov λ(x0) definito da

λ(x0) ≡ limn→∞

limε→0

1

nln

uε(n, x0)

ε

. (4.53)

Page 100: Fisica Non Lineare

94 4. SISTEMI DINAMICI

Figura 4.17: Valutazione numerica della dipendenza temporale della distanzamedia tra due traiettorie nella mappa logistica con r = 4. La media e effettuatasu 10000 coppie di storie distanti inizialmente ε = 10−4.

Risulta allora, per ε piccoli, che

uε(n, x0) ∼ εenλ(x0) . (4.54)

Osservando che |uε(n, x0)/ε| e proprio la derivata dM (n)/dx calcolata in x =x0 e applicando la legge di derivazione delle funzione composte e una nota pro-prieta dei logaritmi si ottiene

λ(x0) = limn→∞

1

n

n−1∑

i=0

ln |M ′(xi)| . (4.55)

Si vede che l’esponente di Liapunov e dato da una media temporale. Per i sistemiergodici questa media non dipende dalle condizioni iniziali e puo essere sostituitadalla media spaziale

λ =

dx%s(x) ln |M ′(x)|. (4.56)

Nei sistemi caotici si ha λ > 0. Il valore specifico di λ puo essere interpretatocome un indice della caoticita di un sistema. Nei sistemi multidimensionali si hauno spettro di esponenti di Liapunov e il sistema e caotico se alcuni esponentidello spettro sono positivi. Dal punto di vista pratico non sempre e semplice ap-plicare la definizione data di esponente di Liapunov perche il regime esponenzialee osservato nei regimi temporali intermedi che possono anche risultare abbastan-za brevi. Sui trattati specialistici sono illustrate le procedure da utilizzare per uncalcolo corretto dello spettro degli esponenti di Liapunov.

Page 101: Fisica Non Lineare

4.6. MOTI CAOTICI ED ESPONENTI DI LIAPUNOV 95

In conclusione, per esaminare un caso specifico piuttosto semplice, calcoliamol’esponente di Liapunov per la mappa a tenda generalizzata

xn+1 = r

(

1 − 2

xn − 1

2

)

. (4.57)

Dalla definizione (4.53) si vede che |M ′(x)| = 2r e quindi λ = ln 2r. La mappa ecaotica per r > 1/2. Per r < 1/2 si puo mostrare che l’origine e il solo attrattoredella mappa che si comporta come la mappa logistica con r < 3 (vedi problema4).

Bibliografia

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• E. Ott, Chaos in Dynamical Systems, Cambridge University, Cambridge2002.

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• J.-P. Eckmann e D.Ruelle, Ergodic Theory and Chaos, Review of ModernPhysics vol. 57 p. 617-654 1985.

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• A.N. Shiryaev, Probability, Springer, Berlino 1996.

• A. Vulpiani e M. Falcioni, Il contributo di Fermi ai sistemi non lineari:

l’influenza di un articolo mai pubblicato, in Conoscere Fermi a cura di L.Bonolis e C. Bernardini, Editrice Compositori, Bologna 2001.

• G. Gonnella, Reversibilita e irreversibilita del tempo in meccanica statistica,in La natura del tempo, a cura di F. Selleri, Dedalo, Bari 2002.

• A.I.Khinchin, Mathematical Foundations of Statistical Physics, Dover, NewYork 1949.

Page 102: Fisica Non Lineare

96 4. SISTEMI DINAMICI

Problemi

1. Si consideri il sistema dinamico (oscillatore armonico di massa e costanteelastica unitaria)

dx

dt= y

dy

dt= −x .

Si mostri che le traiettorie sono orbite circolari nello spazio delle fasi e chela formula (4.5) corrisponde effettivamente all’inverso dei coseni direttori delletraiettorie.

2. Si consideri il sistema dinamico

dx

dt= −y(x2 + y2);

dy

dt= x(x2 + y2) .

Mostrare le seguenti affermazioni:(1) le curve integrali di questo sistema sono date da x = K cos(K2t + ϕ0), y =K sin(K2t+ ϕ0).(2) Tutte le soluzioni tranne il punto x = y = 0 sono instabili secondo Liapunovma verificano la proprieta di stabilita orbitale.(3) Effettuato il cambiamento di variabili x = r cos(r2t + ψ), y = r sin(r2t +ψ), esprimere le soluzioni nelle nuovi variabili (r, ψ) e mostrare che sono stabilisecondo Liapunov.

3. Verificare che per l’oscillatore armonico smorzato con dinamica descrittadall’equazione x+ 2βx+ ω2

0x = 0 e sempre verificata la relazione div ~F < 0.

4. Studiare i punti fissi con relativa stabilita della mappa (4.57).

5. Si consideri un volumetto di stati dΓt0 all’istante t0 nello spazio delle fasiN−dimensionale di un sistema dinamico definito dall’equazione (4.1). All’istantet = t0 + ∆t gli stessi stati occuperanno il volumetto

dΓt = I(t, t0)dΓt0 (4.58)

dove I(t, t0) e lo Jacobiano della trasformazione di evoluzione temporale dato daldeterminante della matrice N ×N - dimensionale

I(t, t0) = det

∂Xj(t)

∂X l(t0)

. (4.59)

Mostrare che I(t, t0) = 1 + (div ~F )t0∆t+ 0(∆t)2 sicche

dI(t, t0)

dt= (div ~F )t0 . (4.60)

Page 103: Fisica Non Lineare

4.6. MOTI CAOTICI ED ESPONENTI DI LIAPUNOV 97

Dedurre che nei sistemi conservativi il volumetto corrispondente ad un certonumero fissato di stati non cambia nel corso dell’evoluzione.

Page 104: Fisica Non Lineare

98 4. SISTEMI DINAMICI

Page 105: Fisica Non Lineare

Capitolo 5

Teoria della stabilita e

comportamento intorno ai punti

fissi

Nei capitoli precedenti e stata piu volte sottolineata la rilevanza della nozionedi stabilita per gli stati dei sistemi dinamici. In questo capitolo verranno il-lustrati dei criteri utili a determinare le caratteristiche di stabilita di un datostato stazionario. Nella sezione 1 si vedra come lo studio della stabilita in unsistema non lineare e riconducibile allo studio della stabilita nel corrispondenteproblema lineare. La classificazione degli stati di equilibrio dei sistemi lineari,che nella sezione 2 verra illustrata per i sistemi bidimensionali, e utile anche inquesta prospettiva. Alcune generalizzazioni del modello di Lotka-Volterra (vedicapitolo 1) sono discusse nella sezione 3, come esempio di sistemi sistemi nonlineari bidimensionali. Nella sezione 4 si descrivera brevemente come procedereper una classificazione completa delle orbite possibili nei sistemi bidimensionalinon lineari.

Le proprieta di stabilita di uno stato cambiano al variare dei parametri dicontrollo del sistema. Nella mappa logistica, ad esempio, si e visto che il puntofisso x = 1 − 1/r e asintoticamente stabile per r < 3 ed instabile per r >3. In corrispondenza dei valori critici dei parametri di controllo, dove varianole proprieta di stabilita di uno stato stazionario, possono emergere nuovi statistazionari. I diagrammi di biforcazione illustrano il comportamento degli statistazionari nell’intorno dei punti critici dei parametri di controllo. Nella partefinale di questo capitolo si mostrera la procedura generale che si utilizza nellostudio delle biforcazioni. Introdurremo lo sviluppo a scale multiple e mostreremocome questo costituisce un metodo di studio perturbativo dell’intero problemanon lineare.

99

Page 106: Fisica Non Lineare

100 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

5.1 Criteri di stabilita

Si consideri il comportamento di un sistema nelle vicinanze di un punto fisso ~Xs.Se ad un certo tempo iniziale il sistema si trova nella posizione ~X0 = ~Xs + ~x0, adogni istante successivo lo stato del sistema ~X(t) si differenziera da ~Xs per unaquantita ~x(t) che chiameremo perturbazione. Dalla relazione

~X(t) = ~Xs + ~x(t) , (5.1)

dalla (4.1) e dalla definizione di punto fisso ( ~F ( ~Xs) = 0), si ottiene la legge dievoluzione per la perturbazione

d~x(t)

dt= ~F [ ~Xs(t) + ~x;λ] . (5.2)

Assumendo che sia possibile considerare lo sviluppo di Taylor di ~F intorno alpunto ~Xs

~F ( ~Xs + ~x) = ~F ( ~Xs;λ) +

(

∂ ~F

∂Xi

)

~Xs

xi +1

2

(

∂2 ~F

∂Xi∂Xj

)

~Xs

xixj + . . . , (5.3)

(ogniqualvolta appaiono indici ripetuti si sottointende l’operazione di sommasull’indice), si ha che l’equazione di evoluzione per la perturbazione puo essereriscritta come

dxi(t)

dt= Lijxj + hi(~x) (5.4)

dove

Lij ≡∂Fi

∂xj

(5.5)

e detta matrice di stabilita e hi(~x) tiene conto dei termini dello sviluppo di ~F diordine superiore al primo.

Il teorema o principio della stabilita lineare, nella sua versione piu semplice,stabilisce che considerato il sistema dinamico (4.1) con la relativa equazione dievoluzione per la perturbazione (5.4), considerata inoltre la versione linearizzata

di questa equazionedxi(t)

dt= Lijxj , (5.6)

si ha che

• se tutti gli autovalori di Lij hanno parte reale negativa risulta che ~x = 0,

e quindi ~X = ~Xs, e una soluzione asintoticamente stabile non solo delproblema linearizzato ma dell’intero problema (5.4).

• Se qualcuno degli autovalori di Lij ha parte reale strettamente positiva,allora lo stato di equilibrio ~x = 0 e instabile per l’intero problema.

Page 107: Fisica Non Lineare

5.1. CRITERI DI STABILITA 101

• Il teorema non da informazioni sulla stabilita dello stato di equilibrio ~x = 0nel caso in cui le parti reali degli autovalori di Lij sono tutte eguali a zeroo se qualche autovalore e nullo e gli altri autovalori sono negativi.

L’importanza del teorema precedente consiste nel fatto che lo studio dellastabilita di un certo punto fisso puo essere effettuato considerando il problemalinearizzato che e molto piu semplice. La relazione tra segno della parte realedegli autovalori di Lij e stabilita del punto fisso del problema linearizzato puoessere dimostrata facilmente. L’equazione (5.6) ammette soluzioni del genere

~x = ~ueωt (5.7)

con ω e ui rispettivamente autovalore ed autovettore della matrice Lij, cioe

Lijuj = ωui . (5.8)

In generale vi sono N autovalori ω(m) della (5.8), corrispondenti ad autovettorinon nulli, dati dalle soluzioni dell’equazione caratteristica

det |Lij − ω(m)δij| = 0 . (5.9)

Allora, la generica soluzione dell’equazione (5.6) puo essere espressa come

~x =N∑

m=1

cm~u(m)eω(m)t (5.10)

dove le costanti cm dipendono dalla scelta delle condizioni iniziali e ~u(m) e l’au-tovettore associato all’autovalore ω(m). Espresso ciascun autovalore come

ω(m) = Reω(m) + iImω(m) (5.11)

si vede dalla (5.10) che ~x = 0 e un punto asintoticamente stabile per il problema(5.6) se la parte reale di ogni autovalore e negativa. Si vede pure che e sufficienteche vi sia un solo autovalore con parte reale positiva perche il punto ~x = 0 siainstabile per il problema linearizzato.

Prima di accennare alla dimostrazione del teorema per il caso particolare diun sistema bidimensionale, osserviamo che la matrice

Tjm ≡ u(m)j , (5.12)

con le colonne date dagli autovettori di Lij, puo essere utilizzata per diagonaliz-zare Lij. Le equazioni del moto (5.6) possono essere infatti riscritte come

dxi(t)

dt= TimT −1

mk LklTlnT −1nj xj = TimDmnT −1

nj xj (5.13)

Page 108: Fisica Non Lineare

102 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

conDmn = T −1

mk LklTln . (5.14)

Utilizzando la (5.12) si vede che

Dmn = T −1mk Lklu

(n)l = T −1

mk ω(n)u

(n)k = T −1

mk Tknω(n) = δmnω

(n) (5.15)

e quindi le equazioni (5.6) possono essere scritte nella cosiddetta forma canonica

dzm(t)

dt= ω(m)zm (5.16)

dovezm ≡ T −1

mk xk . (5.17)

Nella dimostrazione del teorema della stabilita lineare si utilizzano le variabilicanoniche (5.17). Ripetendo i passaggi (5.13-5.17) per il problema non lineare, siottengono le equazioni

dz1

dt= ω(1)z1 + T −1

1i hi(~x) = ω(1)z1 + (d(1)11 z

21 + 2d

(1)12 z1z2 + d

(1)22 z

22) + . . .

dz2

dt= ω(2)z2 + T −1

2i hi(~x) = ω(2)z2 + (d(2)11 z

21 + 2d

(2)12 z1z2 + d

(2)22 z

22) + .. (5.18)

Dalla somma della prima delle equazioni precedenti moltiplicata per z1 e dellaseconda moltiplicata per z2 si ottiene la relazione

1

2

dt= ω(1)z2

1 + ω(2)z22 + . . . = Φ(z1, z2) , (5.19)

con ρ = z21 + z2

2 .Dimostreremo il teorema nel caso di autovalori entrambi reali e negativi.

Per la dimostrazione degli altri casi si puo consultare il libro di Andronov (vedibibliografia).

Si consideri la curva Φ(z1, z2) = 0 che per il caso in esame e un punto isolatonell’origine, massimo locale per la superficie z = Φ(z1, z2). Risulta dunque cheesiste una regione S nell’intorno dell’origine con Φ(z1, z2) < 0 e Φ(0, 0) = 0. L’e-sistenza di questa regione consente di stabilire facilmente le proprieta di stabilitadello stato di equilibrio corrispondente a z1 = z2 = 0.

Si fissi infatti una regione ε intorno all’origine e si scelga un intorno circolaredell’origine di raggio δ contenuto interamente nelle regioni S ed ε (vedi figura 5.1).Se il punto rappresentativo del sistema si trova inizialmente nell’intorno di raggioδ, il punto non lascera mai quest’intorno e non ne raggiungera mai la frontieraperche in questa regione dρ/dt < 0. Inoltre ρ diminuira monotonicamente apartire dal valore iniziale ρ0, non potendo che tendere, per t → ∞, a zero o adun limite ρ1 > 0. Ma quest’ultima possibilita in realta non puo realizzarsi perche

Page 109: Fisica Non Lineare

5.2. SISTEMI LINEARI BIDIMENSIONALI 103

Figura 5.1: Le regioni S, δ ed ε definite nel testo e utilizzate nella dimostrazionedel teorema della stabilita lineare.

se ρ0 ≥ ρ ≥ ρ1 con una velocita finita |dρ/dt| > γ > 0, ρ non puo che diminuirecol tempo di una quantita arbitrariamente grande e ad un certo istante risulteraquindi ρ < ρ1. Si deduce allora che ρ e le componenti originarie x1, x2 dellaperturbazione tenderanno a zero per t → ∞. L’origine risulta quindi essere unpunto asintoticamente stabile, come enunciato nel teorema. In modo analogo sidimostrano gli altri casi.

Concludiamo questa sezione con l’enunciazione di un criterio per la stabi-lita orbitale dei cicli limite nei sistemi bidimensionali. Si definisce esponentecaratteristico la quantita

h =1

T

∫ T

0

[

∂F1(ϕ(t), ψ(t))

∂x1

+∂F2(ϕ(t)ψ(t))

∂x2

]

dt (5.20)

dove x1 = ϕ(t), x2 = ψ(t) sono le coordinate di un moto periodico di periodo Tsul ciclo limite. Il criterio stabilisce che un ciclo limite e stabile se h < 0, instabilese h > 0. Al caso h = 0 possono corrispondere cicli stabili e instabili.

5.2 Sistemi lineari bidimensionali

Prima di iniziare lo studio dei ritratti di fase dei sistemi bidimensionali osserviamoche nei sistemi unidimensionali la matrice Lij si riduce ad un unico elemento ela soluzione dell’equazione caratteristica (5.9) e data dall’autovalore reale ω =∂F∂X

|X=Xs. Piu ricco e l’insieme dei casi che si presentano per N = 2.

Page 110: Fisica Non Lineare

104 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

Figura 5.2: Ritratto di fase con un nodo asintoticamente stabile (figura a sinistra)o instabile (figura a destra).

Consideriamo le equazioni di evoluzione

dx1

dt= L11x1 + L12x2

dx2

dt= L21x1 + L22x2 (5.21)

che hanno come soluzione ~x = ~u(m)eω(m)t con

(L11 − ωm)u1m + L12u2m = 0

L21u1m + (L22 − ωm)u2m = 0 m = 1, 2 (5.22)

dove si e posto ωm ≡ ω(m), uim ≡ u(m)i . L’equazione caratteristica per gli

autovalori e data da

ω2m − Trωm + ∆ = 0 m = 1, 2 (5.23)

dove con i simboli Tr e ∆ si denotano rispettivamente la traccia e il determinantedella matrice Lij, cioe

Tr = L11 + L22 , (5.24)

∆ = L11L22 − L12L21 . (5.25)

Le soluzioni dell’equazione (5.23) sono date da

ω1,2 =Tr ± (Tr2 − 4∆)1/2

2=

Tr ±D1/2

2(5.26)

Page 111: Fisica Non Lineare

5.2. SISTEMI LINEARI BIDIMENSIONALI 105

Figura 5.3: Ritratto di fase di un sistema bidimensionale con un punto sellanell’origine. Le rette separatrici sono disegnate in grassetto.

dove D e il discriminante. La natura delle soluzioni, che dipende dal segno di Tr,∆ e D, determina le caratteristiche generali delle traiettorie e il ritratto di faseintorno al punto fisso ~x = 0. Le soluzioni possono essere scritte in generale come

x1(t) = c1eω1t + c2e

ω2t

x2(t) = c1u1eω1t + c2u2e

ω2t (5.27)

dove le costanti c1, c2 dipendono dalla condizioni iniziali del moto e si e postou11 = 1 = u12, u1 = u21, u2 = u22. Si osservi che la traccia (5.24) coincide con la

quantita (div ~F ) ~Xs. Nei sistemi conservativi, quindi, si ha sempre Tr = 0. Si puo

a questo punto passare all’esame dei vari casi possibili.

• Radici reali di eguale segno (D > 0,∆ > 0).

Si consideri dapprima il caso con radici negative e sia ω2 < ω1 < 0.Dall’esame del rapporto tra le equazioni (5.27)

x2

x1

=c1u1 + c2u2e

(ω2−ω1)t

c1 + c2e(ω2−ω1)t(5.28)

si deduce che le traiettorie corrispondenti alle condizioni iniziali con c1 = 0si trovano sulla retta

x2 = u2x1 (5.29)

e tendono all’origine dello spazio della fasi essendo ω2 < 0. Analogamente,le traiettorie con c2 = 0 si trovano sulla retta

x2 = u1x1 (5.30)

Page 112: Fisica Non Lineare

106 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

Figura 5.4: Ritratto di fase con una retta di punti di equilibrio stabile.

e tendono anch’esse esponenzialmente all’origine.

Nel caso generico con c1 e c2 non nulli, le traiettorie non sono piu lineerette ma il punto rappresentativo del sistema tende all’origine ed ha comeasintoto la retta (5.30) per t → ∞; la retta (5.29) fa invece da asintotoalla traiettorie per t → −∞ (vedi fig. 5.2). Il punto fisso corrispondenteall’origine nello spazio delle fasi e chiamato nodo ed e asintoticamente stabilenel caso considerato con radici entrambe negative. Il caso con radici positivee analogo, ma l’origine, invece di essere un attrattore, risulta essere unrepulsore, ed e chiamata nodo instabile, poiche le traiettorie tendono adallontarsi da essa (vedi problema 1).

• Radici reali di segno opposto (D > 0, ∆ < 0).

Si supponga, senza perdita di generalita, che ω1 > 0, ω2 < 0 e |ω2| > ω1. Ilmoto corrispondente alla traiettorie con c1 = 0 avviene sulla retta (5.29): ipunti inizialmente su questa retta verranno attratti esponenzialmente versol’origine. La retta (5.29) e chiamata varieta stabile del punto fisso. Perc2 = 0, invece, il moto avviene sulla retta (5.30) che e la varieta instabile

del punto fisso. I punti inizialmente su questa retta si allontanano espo-nenzialmente dall’origine. Tutte le altre traiettorie sono iperboli che hannocome asintoti le rette (5.29) (5.30). Le rette (5.29) e (5.30) sono chiamateseparatrici: esse dividono lo spazio delle fasi in quattro regioni non con-nesse da traiettorie che passano da una regione ad un’altra. In generale,sono definite separatrici di uno stato di equilibrio le traiettorie che in unodei limiti t → ∞ o t → −∞ tendono allo stato di equilibrio considerato

Page 113: Fisica Non Lineare

5.2. SISTEMI LINEARI BIDIMENSIONALI 107

Figura 5.5: Ritratto di fase di un sistema bidimensionale con un fuoco (figura asinistra) od un centro (figura a destra) nell’origine.

e che risultano instabili dal punto di vista orbitale rispetto alla direzionetemporale che fa tendere allo stato di equilibrio. L’origine e chiamata punto

sella. La figura 5.3 mostra un esempio di ritratto di fase con un punto sella(problema 2). Si osservi che nei sistemi conservativi vi possono essere puntisella ma non nodi.

• Una delle due radici e nulla (∆ = 0).

Sia ω1 la radice nulla. Dalla forma generale della soluzione (5.27) si vedeche per c2 = 0 si ottiene la retta di punti di equilibrio x2 = u1x1. Ciascunpunto inizialmente su questa retta manterra la propria posizione a tutti itempi successivi. Le traiettorie con c2 6= 0 corrispondono ad una posizioneiniziale in un punto qualsiasi dello spazio delle fasi non appartenente allaretta (5.30). Nel caso ω2 < 0, il sistema tendera alla posizione di equilibriostabile x1 = c1, x2 = u1c1 che raggiungera in un tempo infinito. Nella figura5.4 si vede un esempio di ritratto di fase. Nel caso con ω2 > 0 il ritrattodi fase e simile ma i punti della retta x2 = u1x1 sono punti di equilibrioinstabile.

• Radici complesse coniugate (D < 0).

Riscritte le radici come

ω1,2 = µ± iΩ , (5.31)

con µ = Tr/2 e Ω =√−D/2, si consideri dapprima il caso con µ < 0.

Considerate le (5.27), dovendo essere le soluzioni x1 e x2 reali, si vede che

Page 114: Fisica Non Lineare

108 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

e necessario imporre c1 = c∗2 e quindi u2 = u∗1. Si puo allora scrivere

x1(t) = eµt(c1eiΩt + cc)

x2(t) = eµt(c1u1eiΩt + cc) . (5.32)

Introdotte le veriabili reali C,K, γ, κ tramite le relazioni

c1 =1

2Ceiγ

u1 = Keiκ , (5.33)

le (5.32) possono essere riscritte come

x1(t) = Ceµt cos(Ωt+ γ)

x2(t) = CKeµt cos(Ωt+ γ + κ) . (5.34)

Queste equazioni descrivono una traiettoria oscillante intorno al punto fissox1 = x2 = 0. Le oscillazioni sono smorzate se µ < 0 (cioe se Tr < 0) oamplificate se µ > 0 (cioe se Tr > 0). Si noti che mentre i parametri C eγ sono determinati dalle condizioni iniziali, K e κ dipendono dalla matriceLij.

Si puo studiare il ritratto di fase anche considerando la rappresentazionecanonica (5.16) che in questo caso si riduce all’equazione

dz

dt= (µ+ iΩ)z (5.35)

e alla sua complessa coniugata. Introdotte le coordinate polari r, φmediantela relazione

z = reiφ , (5.36)

dalla parti reale e immaginaria della (5.35) si ottengono le equazioni

dr

dt= µr

dt= Ω , (5.37)

e quindidr

dφ=µ

Ωr (5.38)

con soluzioner = r0e

(µ/Ω)φ , (5.39)

dove r0 e una costante di integrazione. La (5.39) rappresenta una famigliadi spirali logaritmiche. Nel caso µ < 0, il punto rappresentativo del sistematende all’origine che e chiamata fuoco stabile ed e un attrattore. L’originee un fuoco instabile per µ > 0. Nel caso µ = 0, il solo che si puo realizzarenei sistemi conservativi, la (5.39) si riduce ad una famiglia di cerchi intornoall’origine che e detta centro del sistema (vedi figura 5.5).

Page 115: Fisica Non Lineare

5.3. ESEMPI DI ANALISI DI STABILITA: MODELLI DI POPOLAZIONI INTERAGENTI 109

Figura 5.6: Diagramma dei ritratti di fase che si ottengono nei sistemi bidimen-sionali lineari al variare della traccia σ (indicata con il simbolo Tr nel testo) e deldeterminante ∆ della matrice Lij.

• Radice doppia (D = 0).

Questo caso e riconducibile al primo dei casi trattati. Essendo ω1 = ω2, siha anche u1 = u2 e le due rette (5.29,5.30) risultano sovrapposte. L’originee un nodo degenere stabile o instabile a seconda che Tr < 0 o Tr > 0.Il diagramma riassuntivo dei ritratti di fase al variare della traccia e deldeterminante della matrice Lij e mostrato nella figura 5.6.

5.3 Esempi di analisi di stabilita: modelli di

popolazioni interagenti

Consideriamo dapprima il modello di Lotka-Volterra nella sua versione originaria(1.8). Definite le nuove variabili u(τ) = cN/d, v(τ) = bP/a, τ = at, α = d/a, sipossono riformulare le equazioni dinamiche (1.8) come

du

dτ= u(1 − v)

dv

dτ= αv(u− 1) . (5.40)

Page 116: Fisica Non Lineare

110 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

Figura 5.7: Traiettorie nello spazio delle fasi u−v del modello di Lotka-Volterra. Ivalori del parametro H che appare nella (5.42) sono posti uguali a H1 = 2.1, H2 =2.4, H3 = 3.0, H4 = 4, H5 = 5.

I punti fissi del sistema (5.40) sono (uS1, vS1) = (0, 0) e (uS2, vS2) = (1, 1).Dall’integrazione dell’equazione

dv

du= α

v(u− 1)

u(1 − v)(5.41)

si vede che le traiettorie nello spazio delle fasi u− v verificano la relazione

αu+ v − lnuαv = H (5.42)

dove H e una costante sempre maggiore di Hmin = 1+α, valore che si ottiene peru = v = 1. Le traiettorie sono chiuse, il punto di inversione per u si ha quandov = 1 e per v quando u = 1, come si vede nella figura 5.7. Essendo le traiettoriechiuse, il modello di Lotka-Volterra e conservativo.

Gli autovalori della matrice di stabilita che si ricava dalle (5.40), calcolatanell’origine (vedi problema 3), sono 1,−α. Ne consegue che l’origine e un puntosella che attira le traiettorie nella direzione v e le respinge nella direzione u. Gliautovalori della matrice di stabilita relativi al secondo punto fisso sono ω1,2 =±i√α (vedi problema 3). Risulta che il punto u = v = 1 e il centro di un insiemedi orbite periodiche di periodo 2π/

√α.

Introduciamo ora una variante del modello di Lotka-Volterra dove le due spe-cie sono in competizione inibendo ciascuna, con la propria presenza, la crescita

Page 117: Fisica Non Lineare

5.3. ESEMPI DI ANALISI DI STABILITA: MODELLI DI POPOLAZIONI INTERAGENTI 111

dell’altra specie. La competizione puo essere ad esempio legata alle risorse dicibo, comuni alle due specie. Per ciascuna delle due specie si introduca anche untermine di crescita logistica, ottenendo cosı il modello

dN1

dt= r1N1

[

1 − N1

K1

− b12N2

K1

]

dN2

dt= r2N2

[

1 − N2

K2

− b21N1

K2

]

. (5.43)

dove r1, r2, K1, K2, b12, b21 sono costanti positive. I parametri b12 e b21 misuranogli effetti di competizione tra N2 e N1; i valori dei due parametri non sono ingenere eguali. Differentemente dal modello di Lotka-Volterra (5.40), il sistema(5.43) non e conservativo.

Introducendo le variabili

u1 =N1

K1

, u2 =N2

K2

, τ = r1t, ρ =r2r1

a12 = b12K2

K1

, a21 = b21K1

K2

(5.44)

il sistema (5.43) diventa

du1

dτ= u1(1 − u1 − a12u2) = f1(u1, u2)

du2

dτ= ρu2(1 − u2 − a21u1) = f2(u1, u2) . (5.45)

Gli stati stazionari del sistema (5.45) sono

u∗11 = 0, u∗12 = 0; u∗21 = 1, u∗22 = 0; u∗31 = 0, u∗32 = 1;

u∗41 =1 − a12

1 − a12a21

, u∗42 =1 − a21

1 − a12a21

. (5.46)

L’ultimo di questi stati va considerato solo se a12a21 6= 1 ed e l’unico caso cheprevede la sopravvivenza di entrambe le specie.

Per studiare la stabilita degli stati stazionari si considera la matrice Lij

relativa ai quattro stati. Per lo stato (0, 0) si ha

L1ij =

(

1 00 ρ

)

(5.47)

che ha autovalori entrambi positivi. L’origine risulta quindi essere un nodoinstabile.

Per il secondo e il terzo degli stati stazionari si ha

L2ij =

(

−1 −a12

0 ρ(1 − a21)

)

(5.48)

Page 118: Fisica Non Lineare

112 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

e

L3ij =

(

1 − a12 0−ρa21 −ρ

)

. (5.49)

Dallo studio degli autovalori della (5.48) e (5.49) risulta che lo stato (1, 0) e stabilese a21 > 1, instabile se a21 < 1; analogamente lo stato (0, 1) e stabile se a12 > 1,instabile se a12 < 1.

Lo studio della stabilita del quarto stato stazionario e piu complesso perchegli autovalori (vedi problema (4))

ω1,2 = [2(1 − a12a21)]−1[(a12 − 1) + ρ(a21 − 1) (5.50)

±√

[(a12 − 1) + ρ(a21 − 1)]2 − 4ρ(1 − a12a21)(a12 − 1)(a21 − 1)]

possono essere reali o complessi ed il segno della parte reale dipende dal valoredi ρ, a12, a21. I quattro casi (a) a12 < 1, a21 < 1, (b) a12 > 1, a21 > 1, (c)a12 < 1, a21 > 1, (d) a12 > 1, a21 < 1 vanno esaminati separatamente.

Esaminiamo ad esempio il caso (b). Lo stato stazionario (u∗41 , u

∗42 ) si trova nel

primo quadrante dello spazio delle fasi ed i suoi valori sono tali che ω2 < 0 < ω1

(vedi problema 4). Lo stato stazionario e dunque un punto sella e le traiettoriesono attratte da uno dei due stati stazionari (u∗2

1 , u∗22 ) o (u∗31 , u

∗32 ). Una separatrice

divide i bacini di attrazione dei due stati. La figura 5.8 mostra il comportamentodelle traiettorie del sistema per i quattro casi (a),(b),(c) e (d).

Concludiamo questa sezione con alcune osservazioni sulle implicazioni di que-sti risultati in ecologia. Nel caso (a) le due specie descritte dal modello (5.43)possono coesistere. Nella situazione (b) vi possono essere tre stati stazionari mal’analisi di stabilita mostra che soltanto una delle specie sopravvive, dipendente-mente dalle condizioni iniziali del sistema. Nel caso (c) sopravvive la specie 1,nel caso (d) la specie 2. Nei casi (b) (eccetto che per il moto sulla separatrice),(c) e (d) la competizione ha comportato l’eliminazione di una delle due specie.Nel caso (b), inoltre, la specie che risulta vincente e selezionata dalle condizioniinziali. Si osservi che, a differenza dei parametri a12 e a21, il rapporto ρ tra i ritmidi crescita delle due specie non e rilevante per la stabilita degli stati stazionari.

5.4 Classificazione dei ritratti di fase dei sistemi

bidimensionali

In questa sezione esporremo brevemente alcuni risultati generali sulla topologiadei ritratti di fase dei sistemi bidimensionali. Sulla base di questi risultati epossibile catalogare in modo completo le traiettorie dei sistemi bidimensionali.Questo viene fatto nel trattato di Andronov et al.

Per prima cosa, e necessario introdurre la nozione di traiettoria singolare.Questa nozione fa riferimento a quella di stabilita orbitale introdotta nel capitolo

Page 119: Fisica Non Lineare

5.4. CLASSIFICAZIONE DEI RITRATTI DI FASE DEI SISTEMI BIDIMENSIONALI 113

Figura 5.8: Schematizzazione del comportamento delle traiettorie nelle vicinanzedei punti stazionari del sistema (5.45) nei vari possibili casi. (a) a12 < 1, a21 < 1.Soltanto il quarto stato stazionario, qui denotato S, e stabile e tutte le traiettorietendono a questo stato. (b) a12 > 1, a21 > 1. In questo caso gli stati stazionari(0, 1) e (1, 0) sono entrambi stabili ed hanno i rispettivi domini di attrazioneseparati dalla curva separatrice che passa dal quarto stato stazionario che risultaessere un punto sella. (c) a12 < 1, a21 > 1. L’unico stato stazionario e (1, 0)e tutto il quadrante positivo dello spazio delle fasi appartiene al suo bacino diattrazione. (d) a12 > 1, a21 < 1. Questa situazione e analoga al caso precedentecon il ruolo del secondo e terzo stato stazionario invertiti. I casi (b-d) illustranoquello che in ecologia e noto come principio di esclusione competitiva secondoil quale due specie che vivono utilizzando in competizione le stesse risorse nonpossono in generale coesistere.

Page 120: Fisica Non Lineare

114 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

Figura 5.9: Classificazione delle traiettorie possibili nei sistemi bidimensionalistrutturalmente stabili.

Page 121: Fisica Non Lineare

5.4. CLASSIFICAZIONE DEI RITRATTI DI FASE DEI SISTEMI BIDIMENSIONALI 115

Figura 5.10: Esempi di celle elementari con frontiera costituita da un punto sellae curve separatrici.

4. Si definiscono singolari le traiettorie che non godono della proprieta di stabilitaorbitale in entrambe le direzioni t → ∞ e t → −∞. Le ellissi che appaiononei ritratti di fase dell’oscillatore armonico verificano la proprieta di stabilitaorbitale in entrambe le direzioni temporali; i cicli limite, invece, sono un esempiodi traiettorie singolari. Nei sistemi bidimensionali si hanno i seguenti possibilitipi di traiettorie singolari:

• Stati di equilibrio. (Per convenzione si considerano singolari anche i centriche, a rigore di definizione, sono stabili dal punto di vista orbitale).

• Cicli limite.

• Traiettorie non chiuse che almeno in una direzione sono separatrici di unostato di equilibrio. (Vedi sezione 2 di questo capitolo.)

Si considerino ora sistemi per i quali il numero di traiettorie singolari in cia-scuna regione limitata di spazio e finito e che siano strutturalmente stabili. Laproprieta di stabilita strutturale si riferisce ad una classe abbastanza ampia disistemi il cui ritratto di fase rimane invariato per variazioni sufficientemente pic-cole delle funzioni F1, F2 che definiscono la legge di evoluzione. Questa proprieta,che non definiremo in modo rigoroso, e abbastanza plausibile dal punto di vistafisico. Essa corrisponde ad una richiesta di stabilita delle caratteristiche generalidel moto rispetto a piccole variazioni delle cause F1 e F2 che lo producono. Lefunzioni F1 e F2, per ogni dato sistema fisico, dipendono in linea di principio daun numero elevato di parametri fisici che ne rendono impossibile una loro de-terminazione completa. Tuttavia, la dipendenza da alcuni di questi parametrie debole e non e in genere considerata. E ragionevole quindi limitarsi a consi-derare sistemi dove piccole variazioni di F1 e F2 non producono modifiche nellecaratteristiche del moto.

Page 122: Fisica Non Lineare

116 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

Date queste premesse si puo dimostrare che la traiettorie singolari che sipossono avere nei sistemi strutturalmente stabili sono dei seguenti tipi:

• Stati di equilibrio con ∆ 6= 0 e, se ∆ > 0, Tr 6= 0. Questi stati includono ipunti sella, i nodi, i fuochi ma non i centri.

• Cicli limite h 6= 0 (vedi Eq.(5.20)).

• Separatrici che non collegano punti sella.

Si consideri quindi una regione limitata G nello spazio delle fasi di un sistemastrutturalmente stabile; la frontiera di questa regione sia una curva chiusa C taleche non vi siano traiettorie del sistema tangenti a questa curva.

E possibile classificare tutte le traiettorie racchiuse in G o che attraversandoC entrano nella regione G ad un certo istante di tempo. Queste traiettorie sonorappresentate nella figura 5.9 e possono essere raggruppate in insiemi differenti.Le traiettorie 1-3 della figura sono gli stati di equilibrio: fuochi e nodi stabili(1) o instabili (2) e punti sella (3). Le traiettorie del tipo 4-5 sono i cicli limitestabili (4) o instabili (5). Si hanno poi le separatrici 6-10. Nei casi 6 e 9 laseparatrice collega un punto sella ad un fuoco o ad un nodo; nei casi 7 e 10 laseparatrice tende al ciclo limite per t → −∞ o per t → ∞, rispettivamente. Nelcaso 8 la separatrice entra nele regione G attraverso C. I casi 1-10 esaurisconole possibili traiettorie singolari nella regione G. I casi 11-13 rappresentano lepossibili traiettorie non singolari che tendono ad un nodo o ad un fuoco stabile.I casi 14-16 rappresentano le traiettorie non singolari che tendono ad un ciclolimite stabile.

Per completare la catalogazione dei ritratti di fase dei sistemi bidimensionalisi introduce infine la nozione di cella elementare: queste sono le regioni di G icui punti stanno tutti su orbite non singolari. Le frontiere di queste regioni sonocostituite da traiettorie singolari. La casistica delle celle elementari e piuttostocomplessa, ma interamente nota. Esempi di celle elementari sono mostrati nellefigure 5.10 e 5.11.

5.5 Comportamento non lineare intorno ai pun-

ti fissi: analisi delle biforcazioni

Il principio di stabilita lineare, secondo quanto esposto all’inizio di questo capi-tolo, consente di analizzare le caratteristiche di stabilita di un dato punto fissodi un sistema non lineare. L’analisi si basa sullo studio degli autovalori dellamatrice Lij che rappresenta la parte lineare della legge di evoluzione del sistema.Al variare dei parametri di controllo del problema e quindi possibile determinareil punto critico dove un certo punto fisso da essere asintoticamente stabile diventa

Page 123: Fisica Non Lineare

5.5. COMPORTAMENTO NON LINEARE INTORNO AI PUNTI FISSI: ANALISI DELLEBIFORCAZIONI 117

Figura 5.11: Esempi di celle elementari con frontiera costituita da un punto sella,un ciclo limite e curve separatrici.

instabile. Superata la soglia del punto critico, le equazioni del problema linea-rizzato predicono la crescita illimitata delle perturbazioni del punto fisso nelladirezione corrispondente all’autovalore che ha sviluppato una parte reale positi-va, ma non forniscono informazioni sulla presenza di un ulteriore punto fisso ostato stazionario del sistema. Al fine di determinare l’esistenza di nuove solu-zioni stazionarie, e necessario allora ritornare all’esame dell’intero problema nonlineare.

Si consideri l’esempio della mappa logistica. A r = 3, il punto fisso x = 1−1/rdiventa instabile e appare un’orbita stabile di periodo 2. Il diagramma dellesoluzioni stazionarie intorno al punto critico r = 3 prende il nome di biforcazione

a diapason. Altri casi comuni di biforcazione sono mostrati nella figura 5.12. Perdeterminare il tipo di biforcazione rilevante in un dato problema e quindi, percalcolare esplicitamente le soluzioni del problema non lineare in un intorno delpunto critico, si applica un metodo noto come sviluppo in serie su scale multiple.

Per introdurre questo metodo, e utile riconsiderare l’analisi del comportamen-to dinamico dell’oscillatore quartico sviluppata nel capitolo 3. In quel caso, perottenere risultati corretti a tempi lunghi, non affetti dalla presenza dei cosiddettitermini secolari, era stato necessario introdurre una nuova variabile temporale

τ = τ(t, ε) (5.51)

con uno sviluppo in serie del tipo

Y (t, ε) = Y0(τ) + εY1(τ) + ε2Y2(τ) + .... (5.52)

Page 124: Fisica Non Lineare

118 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

Figura 5.12: Diagrammi di biforcazioni transcritiche (a,a’), a diapason (b,b’),di Hopf (c,c’). Le lettere S e U si riferiscono al ramo stabile ed instabile dellasoluzione.

Page 125: Fisica Non Lineare

5.5. COMPORTAMENTO NON LINEARE INTORNO AI PUNTI FISSI: ANALISI DELLEBIFORCAZIONI 119

Si consideri ora un altro sistema, l’oscillatore armonico smorzato. L’esisten-za di una soluzione esatta per questo sistema consente di evidenziare meglio iproblemi che si possono avere con soluzioni costituite da sviluppi in serie nonappropriati. Si riscriva la (3.5) in termini di variabili adimensionate come

d2Y

dt2+ 2ε

dY

dt+ Y = 0 (5.53)

con condizioni iniziali Y (0) = 0, Y ′(0) = 1, analogamente a quanto fatto nelcapitolo 3 con la trasformazione (3.15). Si puo mostrare che uno sviluppo per-turbativo regolare, analogo a quello che produrrebbe i termini secolari nel casodell’oscillatore quartico (vedi problema 7), darebbe la soluzione

Y (t, ε) ∼ (1 − εt+ 0(ε2t2)) sin t (5.54)

che non e uniformemente convergente a tempi lunghi. Infatti, dalla soluzioneesatta del problema

Y (t, ε) =e−εt sin

√1 − ε2t√

1 − ε2(5.55)

si vede che la soluzione perturbativa (5.54) deriva dalla rappresentazione in seriedell’esponenziale che appare nella soluzione esatta (5.55) valida per εt << 1.Per ottenere una soluzione valida anche nel limite t → ∞, si puo generalizzarelo sviluppo di Poincare della sezione 3.3 tenendo conto che in questo problemavi sono due scale temporali, quella relativa ai tempi di smorzamento e quellanaturale delle oscillazioni. Si introducono allora le due funzioni ausiliarie

τL = εt (5.56)

eτV = t(1 + ω2ε

2 + ..) (5.57)

chiamate, rispettivamente, variabile temporale lenta e veloce. Il parametro ω2 vadeterminato nel corso dello studio. Si considera quindi lo sviluppo

Y (t, ε) = Y0(τL, τV ) + εY1(τL, τV ) + ε2Y2(τL, τV ) + ..... (5.58)

Inserita la (5.58) nella (5.53), ed eliminati i termini risonanti ordine per ordinein ε, si ottiene (vedi Cole, pagina 89) la soluzione

Y (t, ε) = e−εt sin(1 − 1

2ε2)t+ 0(ε2) (5.59)

valida ad ogni tempo e per ε piccoli, come si deduce dal confronto con la (5.55).Vedremo ora come sviluppi perturbativi di questo genere, che utilizzano piu scaletemporali, possono essere applicati allo studio delle biforcazioni, risultando esserelo strumento di analisi piu adeguato per questi problemi.

Page 126: Fisica Non Lineare

120 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

Si riconsideri la (5.4) e sia λc un valore critico del parametro di controllo tale,cioe, che le soluzioni dell’equazione

dxi(t)

dt= Lij(λc)xj (5.60)

sono del tipo (5.7) conReω(λc) = 0 (5.61)

ovvero~x = ~ueiΩct (5.62)

con Ωc = Imω(λc). In altri termini, a λc, il punto fisso intorno al quale si e consi-derata la perturbazione (5.60) ha perso le sue proprieta di stabilita. La ricerca dialtre soluzioni stabili puo essere fatta applicando alla (5.4) una generalizzazionedello sviluppo (5.58).

Per prima cosa si considera uno sviluppo del parametro di controllo in funzionedi un parametro ausiliario ε:

λ− λc = εγ1 + ε2γ2 + ... (5.63)

Si introducono poi le due nuove variabili temporali

τ1 = τ1(t, ε) ∼ εt (5.64)

eτ2 = τ2(t, ε) ∼ ε2t . (5.65)

Si noti che queste variabili contengono termini di ordine ε o superiore e quindi,con riferimento al commento che segue le (5.56,5.57), possono essere entrambeintese come variabili lente. La derivata temporale puo essere allora espressa come

d

dt= ε

∂τ1+ ε2

∂τ2+ ... (5.66)

Si puo infine sviluppare la variabile dinamica della perturbazione come

~x = ε~x1(τ1, τ2) + ε2~x2(τ1, τ2) + ... (5.67)

Si vede che per ε → 0, λ → λc e ~x → 0 come e giusto che sia. Inserite leespressioni (5.63,5.66,5.67) nella (5.4) si ottengono equazioni di ordine successivoin ε. All’ordine 0(ε) si ha

Lij(λc)x1j = 0 (5.68)

mentre l’equazione all’ordine 0(ε2) e

Lij(λc)xj2 =

∂xj1

∂τ1− 1

2hi

jkxj1x

k1 − γ1

∂Lij

∂λxj

1 (5.69)

Page 127: Fisica Non Lineare

5.6. SVILUPPO A SCALE MULTIPLE PER LA BIFORCAZIONE TRANSCRITICA 121

dove la derivata di Lij rispetto a λ e calcolata al punto critico e

hijk =

∂2F i

∂xj∂xk

(5.70)

Nella sezione seguente considereremo un caso particolare di biforcazione conΩc = 0 per il quale non sono rilevanti i termini dello sviluppo di ordine successivoa quello della (5.69).

5.6 Sviluppo a scale multiple per la biforcazione

transcritica

In questa sezione cercheremo soluzioni non nulle dell’equazione (5.4) nel caso diun punto critico caratterizzato da N − 1 autovalori con parte reale negativa edun autovalore con parti reale ed immaginaria entrambe nulle.

Si consideri l’autovettore ~u corrispondente all’autovalore nullo. Per quest’au-tovalore l’equazione (5.8) diventa

Lijuj = 0 (5.71)

e corrisponde alla (5.68), cosı che si puo porre

~x1 = c(τ1, τ2)~u (5.72)

dove c e al momento una funzione non nota. Si osservi che l’equazione all’ordinepiu basso perturbativo non fornisce in questo caso la soluzione completa delproblema a quest’ordine.

Sostituendo la (5.72) nella (5.69) si ottiene

Lij(λc)xj2 =

∂c

∂τ1ui − 1

2c2hi

jkujuk − cγ1

∂Lij

∂λuj (5.73)

che contiene le incognite c e xj2 e non e invertibile dovendo essere detLij = 0.

Si consideri allora l’autovettore ~uT della matrice trasposta di Lij definito daLjiu

jT = 0 e si moltiplichi la (5.73) per ui

T . Definito il prodotto scalare tra due

vettori ~a e ~b come (~a,~b) =∑

i aibi, si ottiene

0 =∂c

∂τ1(~uT , ~u) −

1

2c2ui

Thijku

juk − cγ1uiT

∂Lij

∂λuj , (5.74)

ovvero, dividendo per (~uT , ~u),

∂c

∂τ1= γ1cP1 − c2P2 (5.75)

Page 128: Fisica Non Lineare

122 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

con i coefficienti

P1 =ui

T∂Lij

∂λuj

(~uT , ~u)P2 = −

uiTh

ijku

juk

(~uT , ~u)(5.76)

determinati completamente dalla struttura del sistema dinamico, cioe ricavabilidalla funzione ~F .

L’equazione (5.75) puo essere riespressa in termini delle variabili originariedel problema e della nuova variabile

z = εc (5.77)

che rappresenta l’ampiezza della perturbazione ~x al primo ordine dello sviluppo.Moltiplicando la (5.75) per ε2 risulta

dz

dt= z(λ− λc)P1 − z2P2 (5.78)

con punti fissi dati da

z(1) = 0 ; z(2) =(λ− λc)P1

P2

. (5.79)

Le (5.79) sono le soluzioni stazionarie per l’ampiezza dei vettori di stato ~X− ~Xs

nelle vicinanze del punto critico λ = λc. La soluzione z(1) = 0 corrispondeal punto fisso ~x = 0, o equivalentemente ~X = ~Xs, considerato inizialmente.La seconda soluzione descrive un altro punto fisso di cui l’analisi dell’equazionenon lineare completa (5.4) ha mostrato l’esistenza. L’applicazione del principiodi stabilita lineare consente di stabilire le caratteristiche di stabilita di questosecondo punto fisso. Si trova che z(1) e stabile (e z(2) instabile) se (λ− λc)P1 < 0mentre z(2) e stabile (e z(1) instabile) se (λ − λc)P1 > 0. Allora, a seconda delsegno di P1 si ottengono le 2 biforcazioni in alto nella figura 5.12 (vedi problema8).

Si osservi che un vantaggio della procedura considerata e di aver ridotto unproblema inizialmente con N gradi di liberta ad un problema unidimensionale.L’equazione (5.78) e del tutto generale ed e valida finche Ωc = 0 e P2 6= 0.La biforcazione corrispondente a questo caso si chiama transcritica. Nel casoin cui P2 = 0 (e Ωc = 0) e necessario estendere l’analisi perturbativa all’ordinesuccessivo in ε. Si ottengono cosı le soluzioni

z(1) = 0 ; z(2)(3) = ± [(λ− λc)P1/P3]1/2 (5.80)

con il coefficiente P3 anch’esso calcolabile a partire dalle equazioni di evoluzione.La biforcazione corrispondente a questa soluzione si chiama a diapason e se ne evista una realizzazione nel capitolo 2 nel corso dello studio della mappa logistica.Anche questa biforcazione e illustrata nella figura 5.12 insieme alla biforcazionedi Hopf che si ottiene quando Ωc 6= 0. La biforcazione di Hopf, ritenuta rilevante

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5.6. SVILUPPO A SCALE MULTIPLE PER LA BIFORCAZIONE TRANSCRITICA 123

per la dinamica dei sistemi turbolenti, corrisponde al passaggio da un puntofisso stabile ad una soluzione ciclica stabile con ampiezza proporzionale a λ− λc.Osserviamo, infine, che esistono altri tipi di bifocarzioni meno comuni che sonotrattate nei testi specializzati.

Bibliografia

• G. Nicolis, Introduction to nonlinear science, Cambridge University, 1995.

• A.A. Andronov, A.A. Vitt e S.E. Khaikin, Theory of oscillators, Dover,New York 1987.

• J. Keworkian e J. Cole, Perturbation Methods in Applied Mathematics,Springer, Berlino 1981.

• J. Cole, Perturbation Methods in Applied Mathematics, Blaisdell, WalthamMassachusetts 1968.

Problemi

1. Descrivere il ritratto di fase del sistema dinamico

dx1

dt= x1 − 2x2

dx2

dt= 3x1 − 4x2 .

2. Descrivere il ritratto di fase del sistema

dx1

dt= 2x1 + 2x2

dx2

dt= −2x1 − 3x2 .

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124 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

3. Si consideri la versione linearizzata del modello di Lotka-Volterra (5.40).Si effettui l’analisi di stabilita lineare intorno ai punti fissi. Si calcolino nume-ricamente le orbite nello spazio delle fasi per alcuni valori di H a scelta (vedieq.(5.42)) e si verifichi che il sistema e conservativo secondo la definizione (4.19).

4. Dimostrare la formula (5.50). Discutere il segno delle due radici (5.50), laposizione e la stabilita dello stato stazionario (u∗4

1 , u∗42 ) nei casi (a), (b), (c), (d)

elencati nel testo. Discutere quindi i ritratti di fase della figura 5.4.

5. Una descrizione qualitativa del comportamento della temperatura mediadegli oceani in relazione all’estensione della calotta glaciale e data dal sistema diequazioni

dt= θ − η

dt= bθ − aη − η2θ .

dove η e θ rappresentano rispettivamente le deviazioni della latitudine a cui siestende la calotta polare e della temperatura media degli oceani da uno stato diriferimento. Calcolare i punti fissi di questo sistema classificandone il caratterein termini delle loro proprieta di stabilita al variare dei parametri a e b.

6. Il bilancio energetico globale del pianeta terra e descritto qualitativamentedall’equazione

C(dT

dt) = (energia solare incidente) − (energia emessa nell′infrarosso)

= Q(1 − α(T )) − εσT 4

dove T e la superficie media della superficie terrestre, C e la capacita termica dellaterra, Q = 340Wm−2 e la costante solare, σ e la costante di Stefan, ε = 0.61e un fattore di emissivita che tiene conto delle deviazioni dalla radiazione dicorpo nero, α e l’albedo modelizzabile come una funzione costante a basse e altetemperature e lineare con pendenza negativa a valori intermedi di T . Mostrare chevi sono tre soluzioni stazionarie, due delle quali stabili e una instabile. Discuterequantitativamente il caso α = 0.8(T < T1), α = 0.25(T > T2), α = a − bT(T1 < T < T2, a = 2.75, b = 0.0085).

7. Dimostrare che l’equazione (3.5) puo essere riscritta in termini di variabiliadimensionate se si effettuano le trasformazioni

t→ ωt, x→ Y =x

A, β → ε =

β

ω

dove A e una scala di lunghezza legata all’ampiezza delle oscillazioni. Dimostrarela (5.54).

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5.6. SVILUPPO A SCALE MULTIPLE PER LA BIFORCAZIONE TRANSCRITICA 125

8. Applicare il teorema della stabilita lineare allo studio della (5.78) e dei suoipunti fissi.

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126 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

Page 133: Fisica Non Lineare

Indice analitico

stazionari, 99

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