La Teologia Degli Atti

download La Teologia Degli Atti

of 19

Transcript of La Teologia Degli Atti

  • 7/21/2019 La Teologia Degli Atti

    1/19

    8r6

    INTRODUZIONE

    . Si p u commentare allo stesso modo l'uso, attualmente in auge, dei prin_

    CIpI retoricr Insegnati e praticati nell'antichit. Le opere degli oratori COsti_

    tuiscono una parte importante della letteratura antica, e la formazione ora_

    tona era un aspetto rilevante dell'educazione antica. Non sono scoperte

    nuove, m~ nuova l'attenzione incentrata vi, che ha prodotto frutti copiosi

    nello studio del N.T.; non cos peraltro nello studio degli Atti. Come si

    VIstO,Luca scrive in modo tale da indurre ad annoverare e giudicare la sua

    opera accanto a quelle degli storici antichi. La sua storia di lettura assai

    piacevole, chiara, affascinante, illuminante e non priva di accuratezza. Ma

    questo non perch Luca segua le regole dei retori. Nel complesso il suo at-

    teggiamento corrisponde da vicino alle parole del Marco Antonio di Shake-

    speare: Non sono un oratore, com' Bruto ... lo non parlo che alla buo-

    na. Si prestata. particolare attenzione ai discorsi riportati negli Atti, per

    esempio quello di Tertullo (24,2-9), che stato definito un capolavoro di

    oratoria forense, e alla ~eplica di Paolo (24,10-21). Ma sono discorsi trop-

    po brevi, come la maggior parte di quelli contenuti negli Atti, perch vi si

    possano applicare i precetti della retorica. Precetti che si confanno, per

    esempio, al De corona di Demostene

    II2

    pagine in OCT) non possono

    essere ragionevolmente adattati a discorsi, o a sommari di discorsi, di po-

    che righe appena.

    5

    LA TEOLOGIA DEGLI ATTI

    F. Bovon: RevSR 69 (1981) 279-300; F. Bovon, F., Luke the Theologian. Thirty-tbree

    Years ofResearch

    1950-1983), tr. ingl. a c. di K. McKinney, Allison Park I9

    8

    7; H. von

    Campenhausen: ZNW 63 (1972) 210-253; C.H. Cosgrove: NT 26 (1984) I68-

    1

    9

    0

    ; E.

    Franklin,

    Christ the Lord,

    London

    1975;

    B.R. Gavenra:

    Interprerarion

    42 (1988) 14

    6'

    157; J.L. Houlden: JS T 2I (1984) 53-65; W.G. Kumrnel: ETL 46 (1970) 265-281,

    pOI ZNW 63 (I972) 149-I65; B.F. Meyer, in Fs Farmer, 243-263;

    j.C, O'

    eill, The

    Theology of Acts, London

    21970;

    J. Panagopoulos: T 14

    (1972) 137-I59;

    C.H. Tal-

    ben (ed.), Luke and the Gnostics, Nashville - ew York

    1966;

    U. Wilckens, Die Mis-

    sionsreden der Aposte/geschichte (WMANT 5), eukirchenfVluyn 19

    6

    1.

    Nella misura in cui gli Atti apportano un loro contributo specifico alla teo-

    logia neotestamentaria, esso da individuarsi non tanto nella trattazione

    di dottrine particolari quanto piuttosto in un'interpretazione della possibi-

    lit e del corso della storia cristiana e segnata mente della missione cristia-

    na. Pu nondimeno valere la pena di raccogliere alcune delle idee di Luca

    in relazione a una serie di argomenti importanti, prima di cercare di riepi-

    logare le convinzioni generali che stanno alla base della sua rappresentazio-

    ne delle origini cristiane. I

    r Per uno studio eccellente e molto pi completo della teologia lucana v. Bovon, Luhe the Theologians

    J.A. Fitzrnyer,

    Luke the Theologian. Aspects of his Teaching,

    London

    J

    989; v. anche bibliografa.

    a) Lescatologia

    F F. Bruce, in Fs Beasley-Murray, )I-63; J.T. Carroll, Response to the End of History

    (SBLDS92), Atlanta 1988; E. Grasser, in Kremer,

    Actes,

    99-127; K. Haacker: NTS 3l

    ( 9

    8

    5) 437-4sr; R.H. Hiers: NTS 20 (I974) I45-I55; J.D. Kaestli,

    L escbatologie

    l n s

    loeuvre d e Luc,

    Genve I969; A.J. Mattill: CBQ 34 (1972) 276-293; D.P. Moess-

    er: NTS 34 (I988) 96-104; G. Schneider, Lukas, Theologe der Heilsgeschichte (BBB

    ;9),

    Bonn

    I985;

    S.G. Wilson, Gentiles, 67-80.

    Per il teologo moderno l'escatologia biblica un problema. on cos per

    Luca. Egli sapeva come affrontarla e aveva gi stabilito una posizione che,

    alla fine del

    I

    secolo, risultava del tutto soddisfacente. Da lungo tempo si

    era reso necessario riconoscere l'esistenza di un intervallo fra risurrezione e

    parusia. Forse all'inizio ci non era previsto n, quando avvenne, fu com-

    preso. La crocifissione (si credeva) sarebbe stata seguita dall'accreditamen-

    to di Ges, il che si poteva esprimere con le parole di

    Dan.

    7 (la venuta

    sulle nubi) o di

    Dan.

    12 (il sorgere di coloro che dormono nella polvere).

    Luca colse una distinzione netta, che emerge sia nel terzo vangelo sia negli

    Atti. Ges era stato risuscitato da Dio; dopo un periodo di quaranta gior-

    ni, durante il quale era apparso a vari discepoli, era salito al cielo - model-

    lo dell'ascensione il quadro dipinto da Daniele della venuta del figlio del-

    l'uomo, rovesciato -; quindi al momento giusto egli sarebbe tornato. Si po-

    tevano qualificare tutti questi eventi come escatologici nel senso che appar-

    tenevano al concludersi del disegno di Dio per il mondo. Dio stesso aveva

    stabilito che l'ultimo atto del dramma sarebbe stato complesso, e lo aveva

    gi manifestato nell' A.T. AI testo fondamentale viene riservata una colloca-

    zione di spicco nel racconto del dono dello Spirito nel giorno di penteco-

    ste. Modificando il testo di

    Gl.

    3,1-

    5 (LXX) Luca parla degli ultimi giorni,

    che coprono tutta la storia cristiana. Hanno inizio con il dono dello Spiri-

    to, descritto da Luca prima di citare il testo di Gioele, e la loro fine sar an-

    nunciata da fenomeni cosmici (l'oscurarsi del sole, e cos via), che eviden-

    temente non sono ancora accaduti; il giorno grande e glorioso del Signore

    non ancora arrivato. La chiesa esiste nel periodo intermedio, e la sua vita

    determinata da quanto gi accaduto e da quanto deve ancora avvenire.

    Questo periodo

    concesso da Dio affinch possa essere resa testimonianza

    a Ges

    Atti 1,8).

    Luca offre un resoconto di tale testimonianza da Geru-

    salemme fino a Roma, ma non c' alcun indizio, con l'avvicinarsi del libro

    alla conclusione, della possibilit di attendere presto la fine. Che ci sar

    una fine, che vedr il ritorno di Ges e il suo giudizio, apertamente pre-

    s~pposto. Lo si afferma categoricamente all'inizio del libro

    (r.f

    r ) e lo si

    nbadisce pi volte, in particolare nei primi capitoli (2,19-21; 3,20.21;

    10,4

    2

    ; 17>3I; [26,6J).

    implicito anche in alcuni passi riguardanti la sal-

    vezza, poich si tratta in parte di salvezza dal giudizio che s'abbatter sul

  • 7/21/2019 La Teologia Degli Atti

    2/19

    INTRODUZIONE

    genere umano peccatore. L'avvento del messia attende pentimento e fede

    (3,19.20),

    che Luca spera di incoraggiare, ma chiaro che il suo interesse

    si incentra sul presente ed egli fa scarso ricorso a minacce escatologich

    e

    per sollecitare una risposta. Sotto questo aspetto gli Atti sono da contrap-

    porre al vangelo di Luca; in proposito v. spec. Wilson, Gentiles,

    67 -80:

    The two strands in Luke's eschatology. La sua conclusione appropria_

    ta: Negli Atti si ha uno sviluppo ulteriore di uno dei due filoni che si ri -

    scontrano nel vangelo di Luca a spese dell'altro. Luca si allontanato dal-

    la fede in una fine imminente. Uno dei metodi da lui adottati a tale scopo

    consiste nello schematizzare e oggettivare la scansione dei tempi escatolo,

    gici; un altro nel sostituire la teologia dell'ascensione, l'attivit attuale del

    Signore esaltato nella sua chiesa, alla fede in una fine imminente, e questo

    non tanto con un'asserzione dogmatica quanto piuttosto con la concentra-

    zione su tale elemento negli Atti. Lo schema temporale degli Atti lascia uno

    iato fra la risurrezione e la parusia, nel quale la chiesa pu esistere e cre-

    scere (80). Si vedano anche le eccellenti osservazioni di E. Grasser, in Kre-

    mer, Actes, 99-127, in particolare la conclusione a p. 127. La riflessione sul-

    l'escatologia lucana conduce direttamente a un secondo argomento.

    b) Lo Spirito santo

    A. George: RB 85 (1978) 500-542; R.P. Menzies: JSNT 49 (1993) Il-20; M. Turner:

    NTS

    38 (1992) 66-88.

    Secondo 2,17.18, il dono dello Spirito santo (dopo la risurrezione e ascen-

    sione di Ges) la prima parte del compimento della speranza escatologica.

    Esso d inizio al periodo in cui (v. sopra) la chiesa pu esistere e cresce-

    re. Tanto frequenti sono i cenni allo Spirito quanto rari quelli alla paru-

    sia. Luca scrive non tam apostolorum, quam Spiritus sancti Acta descri-

    bens, sicut prior liber Acta Jesu Christi habet (Bengel,

    389).

    Il concetto

    espresso gi con chiarezza in 1,6-8 (non sta ai discepoli conoscere il pro-

    gramma escatologico di Dio, ma essi riceveranno dal dono dello Spirito la

    potenza per essere testimoni). Non in rigorosa coerenza con questo dono

    dello Spirito definitivo e fondante la notazione che compare sporadicamen-

    te in seguito, secondo cui i cristiani in occasioni speciali vengono riempiti

    dello Spirito:

    4,8.31; 6,3.5; 7,55; 9,17; II,24; 13,9.52.

    Si parla inoltre di

    persone che vengono battezzate con lo Spirito santo; lo Spirito santo scen-

    de su di loro o cade su di loro. solo il modo di esprimersi di Luca a pre-

    stare il fianco a una critica logica; il suo pensiero chiaro e coerente. I cre-

    denti ricevono il dono dello Spirito santo come elemento costitutivo fon-

    damentale della loro vita di credenti, e in momenti di particolare necessit

    essi ricevono doni particolari dello Spirito che li abilitano a parlare o agire

    LATEOLOGIA DEGLI ATTI

    . d appropriato. Lo Spirito santo ha gi operato nell'A.T. (ad es.

    I

    in mo o. 7 SI' 28,25), ma ora (com'era stato profetizzato da Gioele, Atti

    ~ ~ 2 i J i~ne 'elargito a tutti, sicch il possesso dello Spirito da parte dei

    , 7],

    prova che essi sono giustamente compresi nella missione della

    ch ie-

    gen(tlI e

    4

    .

    45

    -47; II,15.

    16

    ; 15,8). Lo Spirito dirige la missione anche in al-

    sa

    10,4

    1 h . . l'eti (8)

    t

    d I

    . di guidando FI IppO perc e mcontn enope ,29 e traspor an o o

    tn mo , d d . . d C

    ai ad Azoto

    (8,39

    s.), dicendo a Pietro i an are con I m~ssagg.en I .o.r-

    p l' (o 19 s . I I 12) vietando a Paolo di parlare In ASIa e di recarsi In

    ne

    lO I, ., , , ....

    B

    . . (1667) e ordinandogli di tornare In ASia (19,1, SI vera lectioi. Se

    JtJllla . . . .. . , .

    . 4 lo Spirito sembra fornire indicazioni errate, CIOva senza dubbio at-

    Jll 21, S .. . ff . d

    ib ito a una disattenzione da parte di Luca. Lo pinto viene o erto In

    0-

    r oU . .

    a chi si pente e crede. L'offerta e esplicita nel gIOrno di pentecoste

    f:'3

    8

    ; cf. 9,17; 13,52), Spesso, ma certo non sempre, il dono associato al

    battesimo talora all'imposizione delle mam; al nguardo v. sotto, pp.

    82

    7

    s. Lo Spirito, presente come principio guida nella comunione cristiana, vie-

    ne offeso quando i cristiani praticano l'inganno: cos Anania e Saffira In-

    gannano lo Spirito santo e mentono a Dio (5,3.4). Dedurre da.questo testo

    la divinit dello Spirito santo

    eccessivo, anche se

    Improbabile che Luca,

    qualora gli avessero proposto questa enunciazione, l'avrebbe. neg~ta. Lo

    Spirito associato al Padre e al Figlio in 2,33, versetto non pnvo di ambi-

    guit. Ges stato esaltato alla (o dalla) destra di Dio; egli ha ricevuto il

    dono dello Spirito santo; sul significato preciso di questa affermazione v. a

    2,33.

    Ricevuta la promessa dello Spirito (lo Spirito promesso?), egli effonde

    (il verbo ; X E : E V riprende la citazione di Gioele in

    2,17)

    lo Spirito, la cui pre-

    senza sipu cogliere in fenomeni osservabili. Lo Spirito quantomeno una

    terza forma dell'attivit divina.

    Ci che si era potuto osservare (udire pi che vedere) era il miracoloso

    parlare in lingue di 2'{.5-12. Non chiaro se i fenomeni di 2,2.3 furono

    percepibili al di fuori della casa o della stanza in cui i discepoli erano ra-

    dunati. Negli Atti il segno caratteristico della presenza dello Spirito

    il par-

    lare, ora nella glossolalia (2,4; 10,46; 19,6), ora nella profezia (2,17.

    18

    )

    II,27; 13,1-3; 2I,[4].[9].10.II), ora nella proclamazione (ad es. 4,31). E

    sorprendente che Luca (a differenza di Paolo) non scorga l'opera dello Spi-

    rito nel rinnovamento morale della vita umana. Ci non vuoI dire che egli

    non creda nel potere di Dio di mutare la condotta dell'uomo; significa tut-

    tavia che era impressionato da quelli che potrebbero essere considerati gli

    aspetti pi superficiali e appariscenti della vita cristiana, certo soprattutto

    perch erano facili da descrivere e veri similmente tali da impressionare i

    lettori come avevano impressionato lui.

  • 7/21/2019 La Teologia Degli Atti

    3/19

    c) La eristologia

    G. Delling: NTS

    I9 (I973) 373-389;

    L. Harrman, come sotto, t. E. Kriinkl,

    Jesus de,

    Knecht Gottes (Biblische Untersuchungen 8), Regensburg I972; D.P. Moessner: NT 28

    (I986) 220-256; R.F. O'Toole: Blb 62 (I98I) 47~-498; E. Schweizer, in Fs Schubert,

    I86-

    I

    93; P. Vielhauer, In Fs Schuberr, 33-50 (gi In EvT I~ II950-I9srl I-I5); G.

    Voss,

    D/e

    Chrtstologie

    der lukamschen Scbriften In

    Grundzgen, Paris-Brugge I96 .

    J.A. Ziesler: JSNT

    4 (I979) 28-41. 5.

    Proprio come il terzo vangelo, cos, anche se in modo diverso, gli Atti sono

    un resoconto delle opere di Ges il messia. Il versetto iniziale si rif ai con-

    tenuti della trattazione precedente in quanto incentrata su tutto ci che

    Ges aveva cominciato a fare e a insegnare.

    una deduzione probabile

    anche se non del tutto certa, che la nuova trattazione verta su tutto ci che

    Ges continu a fare e a insegnare. Anche se non fosse stata questa l'inten-

    zione di Luca, egli non avrebbe dissentito. I discepoli devono essere testi-

    moni di Ges (1,8; per la loro testimonianza incessante cf I 22' 232' 3

    ,

    ,

    , ,

    ,

    15; 5,22; 10,39.4

    1

    ; 13,31; 22,15.20; 26,16 per il termine

    (J.ap-; -u: ;)

    ed egli

    il fondamento della loro testimonianza (222' 3 13' 4 2 IO 33' 542' 812

    , , ,

    ,. .

    , , , ,

    .

    35; 9,20.27; 10,38; II,20; 13,32 s.; 16,31; 17.3.18; 18,5.28; 20,21; 24,24;

    28,23,3

    1

    ). Egli l'operatore di miracoli (ad es. 3,6; 4,10; 9,34). Talvolta

    agisce indirettamente, tramite lo Spirito (che pu essere chiamato Spirito

    di Ges, 16,7); pure gli angeli rivestono un loro ruolo (8,26; 12,7; 27,23).

    Ma Ges parla e agisce anche in prima persona, in occasioni particolar-

    mente rilevanti allorch affronta Saulo (9,5; 22,8; 26,15) e lo incoraggia

    (18,9; 23,1I) E una figura soprannaturale, in grado quando vuole di par-

    tecipare agli eventi storici.

    A ci occorre aggiungere che quanto egli compie, lo compie come agen-

    te di Dio Padre. Nella guarigione dello storpio presso la porta del tempio, 3,

    13 forse inteso a prospettare che Dio abbia glorificato il suo servo Ges

    utilizzandolo come agente della guarigione; in 4,30 i discepoli pregano Dio

    di distendere la sua mano per guarire e perch segni e portenti siano com-

    piuti mediante il nome del suo servo Ges. Ges l'agente non solo della

    guarigione

    (:Jw='p ia)

    in senso fisico, ma della salvezza che significa apparte-

    nenza al popolo eletto, che sar condotto in salvo attraverso i pericoli de-

    gli ultimi giorni (4,12).

    Ges defini to con una serie di titoli, alcuni dei quali ampiamente usati

    anche altrove nel N.T. Ovviamente egli il Cristo, il messia, il re unto del

    Signor~. Opp~re si dovrebbe dire che, sar il Cristo? Questo interrogativo

    nasce m relazione a 3,20; v.

    ad loe.

    E inverisimile che il versetto rinvii a

    una designazione che appartiene ancora al futuro. Luca era senz'al tro con-

    vinto che Ges fosse il Cristo fin dalla nascita; v. spec.

    Le.

    2,1I. Non im-

    possibile che una fonte da lui impiegata avesse un'idea diversa, ma impro-

    LA TEOLOGIA DEGLI ATII

    I

    b bile. Sembra peraltro plausibile che

    Atti

    2,36 significasse in origine che

    ; s

    divenne Cristo al tempo della risurrezione, anche se Luca dev'essere

    .escito ad adattare il versetto al proprio punto di vista. Signore

    (xu-

    nU h . , I h . 1

    pw~),

    che ricorre anc e :n 2,36, e una paro a c e mter~reta

    Xp~(j-;-o:;,

    per I,

    ondo ellenistico. on e legittimo sostenere che, poich nel LXX

    xu pw :;

    e

    la resa di Jhwh, l'uso del termine negli Atti (e nel N.T. in generale) impli-

    hi di per s la divinit di Ges. Quantomeno non implica che Ges debba

    ~ssere identificato col Dio dell'A.T. o messo sul suo stesso piano. Citando

    Sal.

    IIO,1

    (dT. E'1

    xu pw :;

    - ; - 0

    XUpi CfllJ.ou )

    in 2,34 Luca si mostra affatto

    consapevole che il termine

    xupw:;

    poteva essere utilizzato in due sensi, e

    per lui Ges il secondo

    xu pw :;

    al quale il primo

    xupw:;

    rivolge la parola. Il

    vocabolo produce immediatamente un'identificazione di Ges col re davi-

    dico e un accostarsi al mondo dei gentili con i suoi molti dei e molti signo-

    ri (I

    Coro

    8,5)' Indubbiamente Signore significa che Ges era, e cos lo

    vedevano molti cristiani, uno che godeva di autorit assoluta, al quale era

    dovuta obbedienza assoluta. Egli stesso peraltro sottoposto all'autorit

    assoluta di Dio Padre: lui che ha reso Ges Signore e Cristo. C' dunque

    negli Atti, come in gran parte del N.T., un elemento di subordinazionisrno,

    ma la subordinazione di un figlio obbediente, che opera al servizio del

    Padre. Ges il figlio

    (ul a: ;)

    di Dio solo in due passi. Potrebbe non essere

    una coincidenza che sia Paolo a proclamare Ges figlio di Dio (9,20) e a

    citare

    Sal.

    2,7 in 13,33. Sarebbe sbagliato leggere una relazione metafisica

    nel resoconto di Luca, quale che fosse il pensiero di Paolo. Soltanto nei

    capp3 e 4 (3,13.26; 4,27.30) Ges detto servo

    T C a ~ : ;

    di Dio, il che po-

    trebbe riflettere l'uso da parte di Luca di una fonte.

    un errore supporre

    che qui vi sia un richiamo al servo del Signore del Deutero-Isaia. In 4,25 il

    termine T. a ; applicato a Davide e nell' A.T. usato per re, profeti e altri

    personaggi di spicco.

    tuttavia possibile che vi sia un'allusione a Is. 52,13

    in 3,13: alla glorificazione piuttosto che alla sofferenza del servo. Qui Lu-

    ca si serve di materiale tradizionale; quando, in 8,32.33, cita

    Is .

    53, non c'

    il termine servo.

    Altri termini cristologici ricorrono di rado. Uno

    & PX 'Yo:;:

    3,15; 5,3.

    Il vocabolo pu voler dire principe, capo, autore, origine; per la tratta-

    zione si veda

    ad loe.

    In 5,3 I esso sta in coppia con

    :Jw- ;- 'h p,

    che compare di

    nu?VO in 13,23; sono presenti pure altri termini della medesima famiglia

    ~ :C fl~E~'I,Jw - ;,a, :Jw -; h pw 'l).

    incerto se

    ixwo:;

    (3,14, dove si legge

    ayw

    xat ixaw:;;

    7,52; 22,14) sia un titolo o una qualificazione; v. a 3,14;

    7,5

    2

    .

    :\a~wpa~o :;

    (2,22; 3,6; 4,10; 6,14; 22,8; 26,9; cf. 24,5, dove usato

    al plurale, per i cristiani) considerato da alcuni un titolo, privo di rap-

    porrr, Con la localit di Nazaret; ma cf. 10,38:

    T

    \a.~a.pD ,

    e

    V.

    a 2,22.

    L'espressione figlio dell'uomo, cos comune nei vangeli, usata una vol-

  • 7/21/2019 La Teologia Degli Atti

    4/19

    INTRODUZIONE

    ta soltanto da Stefano, in 7,56. Da quest'unico versetto

    impossibile de-

    durre alcunch sul suo significato; probabilmente per essa fu adottata in

    quanto idonea a indicare una persona che ora in cielo ma attende di ve-

    nire sulle nubi in un tempo futuro. I In 2,22; 17,3I il termine (lv~P appli-

    cato inconsapevolmente - e ovviamente in modo del tutto proprio - a Ge-

    s; nel secondo versetto, dove l' uomo deve giudicare l'umanit, esso ri-

    chiama un aspetto della connotazione del figlio dell'uomo.

    Negli Atti non si ravvisa un pensiero cristologico profondo;

    2

    chiaro

    tuttavia che Ges Cristo di Nazaret la persona che ha dato inizio e porr

    fine a tutta la storia e che ne dirige l'intero corso. La sua vicenda, contrad-

    distinta da prodigi, segni e opere potenti, era sufficiente a mostrare che Dio

    era con lui, non semplicemente come era stato, per esempio, con i profeti,

    ma in un senso eselusivo (ancorch indefinito). Egli era stato ucciso a cau-

    sa di un errore commesso per ignoranza dai giudei, sia dai capi sia dal po-

    polo, che lo avevano consegnato ai romani, ma presto Dio aveva rimedia-

    to all'errore risuscitandolo dalla morte, cos confermando - o creando -la

    sua condizione di messia (termine pregnante per i giudei) e Signore (che

    avrebbe avuto senso per i gentili). Il Ges risorto rest sulla terra abbastan-

    za a lungo da provare di essere davvero vivo per poi ascendere al posto che

    gli spettava alla destra di Dio. Ci dimostrava come egli appartenesse es-

    senzialmente allo stesso ordine antologico del creatore, il Signore (Jhwh)

    dell'A.T., per quanto all'interno di tale ordine occupasse una posizione se-

    condaria. In quale senso si potesse dire che un secondo essere condivideva

    il trono di Dio avrebbe costituito un problema e innescato dispute per al-

    cuni giudei; non, a quanto pare, per Luca. Ora Ges aveva inviato lo Spiri-

    to in modo da dar vita a un Israele rinnovato, che ben presto sarebbe stato

    arricchito dall'aggiunta dei

    gentili.' Cos

    Ges, crocifisso e risorto, portava

    la salvezza alla comunit mista: il perdono dei peccati, lo Spirito ispirante

    e santificante e la garanzia di passare incolumi attraverso le tribolazioni

    escatologiche venture.

    d)

    La chiesa

    R.E. Brown: Proceedings of the Catholic Theological Society of America 36 (1981) 1-

    14;]. Pathrapankal: Zeitschrift fur Missionswissenschaft und Religionswissenschaft 70

    (1986) 275-287; B. Reicke,

    Glaube und Leben der Urgemeinde

    (ATANT 32), Zurich

    1957;].B. Tyson: Inrerpretation 42 (1988) 132-145.

    I

    Nel d isco rso d i Stefano si possono notare altres termini che si sarebbero potuti usare in senso cri-

    sto logico, ma che di fatto sono applicati a Mos: i? X W J ,

    ~%:l:~-='~~,

    )1 , 'J:pw -: - ~~ ,7 35; v d loc

    2 p, Vielhauer, nel saggio sul paolinismo degli Atti (Fs Schuberr, 33-50; versione originale in EvT IO

    [1950-1951] 1-[5), li considera prepaolini sotto il profilo della crisrologia,

    3 V, sotto, sezioni h e j,

    LATEOLOGIA DEGLI ATTI

    munit appena menzionata un'entit escatologica, che vive nel pe-

    ~~~~ di compimento cui, ha dato, inizio il dono dello Spirito e atten?e la

    n

    elusione nei prodigi descritti da Gioele Atti 2,17-21). Essa e an-

    sua co

    h

    ifesta i ,

    d

    che, nondimeno, un fenomeno storico, c e SI maru est a m una sene, I grup~

    , d' credenti sparsi m vane parti del mondo mediterraneo. Tal gruppi

    pl I

    nati grazie al la predicazione di apostoli e altri. Quando accoglieva-

    ~~7~arola che ascoltavano, si trovavano riuniti in, comunit credenti e

    dividevano una vita comune. Sul plano orgarnzzanvo esterno erano po-

    ~~i segni distintivi di questa vita comune;

    I

    la comunione constava di una

    divisione della credenza che Ges fosse veramente colui che

    I

    predica-

    ror i avevano dichiarato, che offrisse la salvezza e chiedesse obbedienza. Lo

    to d ' 'I

    Spirito induce~a a parlare e s~nza dubbio pro ucev~ entusiasmo, e

    I

    co-

    mando di Gesu dell'amore reciproco trovava espressione nella condivisio-

    ne dei beni (2,44.45; 4,32.34.35.36.37; 5,I-II; 6,1). Quanto questa pras-

    si che secondo Luca aveva come esito l 'assenza di povert nella comunit,

    fosse affine e correlata a usanze simili osservate a Qumran

    materia con-

    troversa; v. val. I, 300 e a 2,44 s.

    Da principio vi fu una sola comunit siffatta, a Gerusalemme. In 5,II;

    8,1.3; II,22; 12,5; 15,4.22, e forse in 18,22, essa indicata con il termine

    xx),~cria.Allorquando l'evangelo fu portato fuori da Gerusalemme nel

    mondo, questa parola fi n con l'essere applicata ad altri gruppi cristiani lo-

    cali: ai cristiani di Antiochia in II,26; 13,1; 14,27; 15,3; ai cristiani di

    Efeso in 20,17.

    2

    Il termine usato per i gruppi di convertiti del primo viag-

    gio missionario di Paolo: 14,23; 16,5; per quelli in Siria e Cilicia in 15,41.

    Un'xx)lV(a

    dunque, a quanto pare, un gruppo locale di cristiani. Vi so-

    no due passi che inducono a pensare a un valore pi lato. Si spesso soste-

    nuto che sia

    c os

    in

    9,3I

    dove si parla della chiesa per tutta la Giudea, la

    Galilea e la Samaria. possibile che qui si inauguri un simile uso, ma si

    pu intendere la designazione geografica nel senso di una chiesa loc ale

    che risiede in pi d'una citt (v. a 9,31). pi significativa la menzione (20,

    28) della chiesa di Dio che egli si acquistato con il proprio sangue, espres-

    sione strana in quanto sembra vi compaia il sangue di Dio. Comunque si

    interpreti il versetto, esso parla di un unico corpo formato da tutti i cri-

    stiani che Dio ha redento e costituito tramite la morte cruenta, vale a dire

    sacrificale, di Cristo. Qui dunque xx)'I)cr(a la comunit universale dei re-

    denti,

    l ecclesia catholica.

    importante che il medesimo termine sia usato

    in entrambe le accezioni. Pu anche darsi che Luca non abbia riflettuto a

    fondo sul significato del proprio lessico, ma ci implica (e se ne trova con-

    ferma altrove nel N.T.) che ciascun gruppo locale di cristiani non sia sem-

    I

    Ma v, sotto, sezioni e e

    f.

    2

    Se in

    18,22

    b:xLr,:r,,, non designa la chiesa di Gerusalemme, indicher quella di Cesarea,

  • 7/21/2019 La Teologia Degli Atti

    5/19

    INTRODUZIONE

    plicemente I.egato alla chiesa globa~e, ma sia di fatto la chiesa globale nel

    luogo In CUIesso SItrova. taltres notevole che II termine xx .Y jcr ia. sia

    usato nel LXXcome resa di

    qhl,

    ti ~opolo

    di

    DIO, che vive (a volte ribelle)

    s~t:o la su~ g,Uld~. ~a, connessione e sottolineata dalla presenza in 7,38 d i

    77 r

    E x x

    ,

    Yj (nq

    E 'I 77 E P ~ I J . c . ; \ t1

    popolo d'Israele tra l'Egitto e la terra promes_

    sa. Luca aveva farni lia rir con ILXX e non si pu dubitare che avesse

    mente questo impiego di xx.Yj :J ia .. NeIl'A.T. il Signore aveva acquista;~

    un popolo con le gesta potenti che aveva compiuto in Egitto; ora egli

    h a

    aC9U1stato un popolo, rrusto per stirpe, effondendo il sangue di Cristo. Per-

    che la morte di Ges debba essere considerata un sacrificio e come il sac .

    fi . ~

    ClOpossa sortire l'effetto di costituire un popolo sono problemi che Luc

    non affronta '.Per .questioni che invece gli stavano a cuore v. sotto, in parti~

    colare

    h)

    I giudei e

    l)

  • 7/21/2019 La Teologia Degli Atti

    6/19

    INTRODUZIONE

    LA TEOLOGIA DEGLI ATTI

    l'A.T; sia la propria vocazione alla luce dell'evangelo. Come lo si deve de.

    finire. Luca non dispone di una categona per lui. Egli

    OXE O: ; tXo y~

    (9,

    15), strumento prescelto ~a DIO per uno scopo particolare, un uomo che

    avrebbe portato

    1 1

    nome di Cristo dinanzi al gentili e al re e ai figli di IS

    ra

    .

    le.. Paolo non

    subordinato ai dodici. L'unico passo che lo potrebbe le.

    sciar pensare 13,32, e non si tratta di subordinazione bens di distinzion

    a

    Il suo discorso agli anziani di Efeso in

    20,18-35

    importante sia perch

    e

    :

    mostra la sua concezione del ministero pastorale, come egli stesso lo es ~

    cita e ci ~i aspetta ~oesercitino gli anziani, sia perch chiarisce l'origine ~~I

    loro. mlnlster~. ESSInon sono ,stati desi~nati n dalla chiesa in cui svolgono

    d rrurnstero ne da Paolo, bens dallo Spirito santo

    (20,28).

    Qui non si indi.

    cano disposizioni per i futuri ministri: essi scaturiranno dalla medesim

    fonte. Ci non significa negare una partecipazione umana al processo~

    Specie nei primissimi giorni Paolo deve aver personalmente ricoperto un

    ruolo guida nelle nomine (14,23), ma 13,1-3, come 20,28, descrive la desi-

    gnazione non tanto a un ufficio quanto a un compito specifico da parte del-

    lo Spirito santo, che agisce, presumibilmente, tramite i profeti di 13,r. Il

    compito del profeti e dottori era di profetizzare e insegnare, di esprimere

    me~saggi comunicati dallo Spirito santo e di conservare e applicare le tra-

    dIZIOni fondamentali della fede. Gli anziani dovevano gradire che Paolo

    stesso manifestasse il disegno di Dio

    (20,27)

    e mantenesse la disciplina nel-

    la comunit. Poich lavoravano per il proprio sostentamento verisimilmen-

    te aiutavano i bisognosi con le loro risorse e con quelle della chiesa. Altro-

    ve questa la mansione dei diaconi, ma il termine

    (~XO lo;::

    non ricorre ne-

    gli Atti. Gli anziani, detti 7 ,( c rxOTiO( oltre che TipE O~U 7EPO(, assolvono tutti i

    compiti propri dei ministri; Atti 6 non vuole essere un resoconto sulle ori-

    gini del diaconato come ordine ministeriale (v. voI. I;34

    1

    .).

    f)

    Battesimo e pasto cristiano

    G. Barrh: ZTK 7

    0

    (I973) I37-I6I; S. Brown: ATR 59 (I977) I35-I51; E.J. Christian-

    sen: ST 4

    0

    (I9

    8

    6) 55-79; N.A. Dahl, in Fs Mowinckel, 36-)2; L. Hartman: ST 28 (I974)

    2I-4

    8

    ; T.W. Mans~n:

    JTS

    ~8 (I947) 25-33; P.H. Menoud: RHPR 33 (I953) 2I-3

    6

    ;

    M. Quesnel,

    Baptiss dans l Esprit

    (LD 120), Pans 1985; B.E. Thiering: NTS 27 (I9

    8I

    )

    6I 5-

    6

    3 I;]' Thomas,

    Le mouvement baptiste en Palestine et Syrie,

    Gembloux I93 5.

    Questi due argomenti gemelli (cos appaiono oggi; ma tutt'altro che cer-

    to che tali sembrassero a Luca; al pari di altri scrittori neotestamentari egli

    non disponeva di un termine come sacramento per accomunarli) hanno

    sollevato una serie di perplessit. Se ci si concentra su determinate parti de-

    gli Atti (c~pp. l; 2; 8; 9-II; 16; 18; 19; 22), o piuttosto su porzioni di que-

    su capitoli, II battesimo sembra il modo normale e universale di entrare a

    far parte della chiesa cristiana. Che cosa dobbiamo fare?, chiede la folla

    . di pentecoste. Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare, re-

    ilg~~r;i~trO(2,37.38). I samaritani convertiti reagiscono alla stessa manie~

    pII Corn

    elio

    e i SUOIamICI, Il carcen:re di F ilippi e la sua fam iglia, moltI

    ra.. . zi vengono battezzatI. Se pero ClSIvolge ad altri capitoli (o a parn

    del conn 1'1 . L f Il '1 ' ,

    e lli

    elencati sopra), SItrova I SIenzio. a o a presso I tempio e

    esor-

    di

    qu ntirsi

    perch i suoi peccati siano cancellati, ma non le viene detto

    rara a pe di'

    f .

    battezzare. Non ci sono battesimi nel resoconto lucano e primo

    dI arsI . , . . A L'd'

    io missionano, benche siano fondate chiese (14,23). parte I la e

    vlagg . la di b ... M d' l fil

    1 eriere di Filippi, non SI par a I attesirm m ace orna o ne one

    I carc h' . ) d Il' .., I d

    . . ale del racconto (vale a dire fuorc e m

    19,5

    e atnvita svo ta a

    pnnclp

    P

    lo

    a Efeso. Nessun battesimo ha luogo dopo il cap.

    19,

    nemmeno a Mal-

    ao f d ..

    ra, dove pure Paolo suscita un'impressione cosi pro OD a. Ancora: ~e CISI

    domanda se il dono dello Spirito preceda, accompagni o segua d n.to del

    battesimo nell'acqua, si avranno risposte differenti m parti dlff~rentI degli

    Arti. Seci si chiede se II battesimo debba essere completato dall'imposizio-

    ne delle mani, non si trova una risposta univoca. Che cosa s'intende per bat-

    tesimo nello (o con lo) Spirito? una conseguenza del battesimo nell'acqua

    o ne indipendente? Chi sono i destinatari appropriati del battesimo nel-

    l'acqua? solo i credenti adulti o anche bambini? Sulla base degli Atti non

    possibile rispondere a nessuno di questi interrogativi con una certa sicurez-

    za. Il battesimo compare abbastanza negli Atti da mostrare chiaramente che

    Luca aveva familiarit con questa pratica; non pare possibile sfuggire alla

    conclusione che nella chiesa delle origini esso non fosse, come si ritiene co-

    munemente, un'usanza universale, o quantomeno che alcune fonti di Luca

    (come quella basata su Antiochia) non fossero interessate al battesimo.

    Dove si fa menzione del battesimo e quando se ne precisano i particolari

    (e poich nel

    I

    secolo la pratica si stava ampiamente diffondendo,' doveva

    esservi la specificazione: il nostro battesimo ... ), si dice che esso nel

    nome (i :;' o

    tI

    7 0 'IO fJ.(l7 (;

    d:;

    7

    o lor.w)

    di Ges.' A questa espressione

    certamente sotteso l'ebraico 1 5m , che qui vorrebbe dire

    cos

    da andare sot-

    to l'autorit di. In greco l'espressione acquista una connotazione finanzia-

    ria: cos da essere aggiunto sul conto di, ossia da diventare propriet

    di. A quanto pare Luca pensa anzitutto a questo: i convertiti (si potrebbe

    dire battezzati o meno) diventano uomini o donne di Cristo. Ci produce

    conseguenze: essi divengono membri del popolo di Cristo; Cristo accorda

    loro il dono dello Spirito; i loro peccati sono perdonati. ell'idea di Luca

    tali elementi costituiscono un tutto unico e non gli interessa precisare in

    quale ordine essi si presentino. In

    2,38

    non viene espressamente affermato,

    ma

    implicito che il dono dello Spirito segue il battesimo: ciascuno di voi

    IV.]. Thomas,

    Le MOl/ventel1t Baptiste el1 Palestine et Syrie ./50 avo

    l.-C. -

    300 ap,

    f.-C., Gem-

    blo

    ux

    1935 2 Non vi sono indizi di una formula trinitaria come quella di

    Mt. 28,19.

  • 7/21/2019 La Teologia Degli Atti

    7/19

    INTRODUZIONE

    si faccia battezzare ... e riceverete ... . In

    10,44-48

    ricorre l'ordine 0PPOSt .

    lo Spirito scese su Cornelio e i suoi amici e la reazione di Pietro fu: Po~:

    siamo astenerct dal battezzare questi uomini che hanno ricevuto lo Spirit

    . ;l I N o

    santo, proprio come non . asce una complicazione ulteriore al cap. 8

    (cf.

    19,6),

    quando Filippo battezza i samaritani e non si dice che essi rice_

    vettero lo Spirito santo. Allorch invece Pietro e Giovanni arrivano, impon_

    gono loro le mani e pregano, lo Spirito viene concesso. L'imposizione delle

    I?ani necessaria? Essa non menzionata negli altri racconti considerati.

    E un rito che solo un apostolo pu celebrare? Non si conoscono le risposte

    a questi interrogativi; si vedano le note esegetiche ai vari passi. Non ci si

    pu sottrarre alla conclusione che Luca fornisca un resoconto poco chiaro

    del battesimo. Non aveva principi stabili ti riguardo alla sua pratica, o for-

    se al suo significato. Per Paolo il battesimo comportava la crocifissione e

    sepoltura con Cristo, ed egli sembra presupporre che questa sia una conce-

    zione cristiana comune Ro m . 6,3). Quanto Luca dice sul battesimo corri-

    sponde in effetti alla sua cristologia. Egli sa benissimo che Ges era stato

    crocifisso e che la sua risurrezione implica pr ima la sua morte. Ma per lui il

    Cris to cr o cifisso non un tema centrale, il tema per eccellenza, com'era per

    Paolo (r C o ro

    2,2).

    Perci il Cristo al quale i convertiti venivano ad appar-

    tenere non era cos specificamente ed esclusivamente Cristo crocifisso come

    per Paolo. La crocifissione restava inevitabilmente fuori del battesimo.

    La chiesa di Luca aveva un'eucaristia? Egli non lo dice. Gli Atti conten-

    gono svariati riferimenti a pasti consumati dai cristiani. ella descrizione

    della comunione cristiana conseguente alla predicazione di Pietro il giorno

    di pentecoste si leggono 2,42: Essi persistevano assiduamente nell'inse-

    gnamento degli apostoli e nella comunione, nella frazione del pane e nelle

    preghiere;

    2,46:

    erano assidui di comune accordo nella pratica del tem-

    pio, e spezzando il pane a casa consumavano i pasti con gioia e semplicit di

    cuore. In Atti 20,7 si dice che Paolo e i suoi compagni si riunirono con la

    chiesa di Troade per spezzare il pane; al V. II, dopo l'incidente occorso al

    giovane caduto dalla finestra, Paolo risal, spezz il pane e mangi, e con-

    tinu il suo discorso. In 27,34-36 Paolo esort i compagni di viaggio sulla

    nave a prendere cibo; ci sarebbe stato per il loro bene

    (crwqpia).

    Detto

    questo e preso il pane, lo spezz dinanzi a tutti loro e cominci a mangiare;

    e tutti si fecero coraggio e presero anch'essi cibo. Per ciascuno di questi pas-

    si si rinvia alle note esegetiche. Sorprende che tutti menzionino la frazione

    del pane. Nell'ultimo ci si esprime in un linguaggio particolarmente vicino

    a quello di Le. 22,19.20 (l'ultima cena) e 9,16.17 (il miracolo della molti-

    plicazione dei pani e dei pesci); V. anche Le.

    24,30.35.

    Non si fa peraltro

    parola, come accade invece nel racconto dell'ultima cena (in r C o r o II,23-

    l Alla domanda se gli apostoli fossero battezzati non possibile dare una risposta.

    LA TEOLOGIA DEGLI ATTI

    l

    e che nei vangeli), del bere vino. Ha probabilmente ragione J. Jere-

    1.6o tr .' .

    .' ( a

    2

    4

    2

    )

    a ritenere che spezzare il pane sia un'usanza cnsnana, m-

    [Ulas V. , . . d .

    . t un pasto specificamente

    cnstiano,

    mentre ha torto quan o sostIene

    dICan e .' .' .' .

    l

    ,' tenzione di Luca sia tenere nascosto a lettori non cnstiam un nto

    che m . ., f .

    . . o segreto riservato al credenti. Luca aveva gIa orrnto un resoconto

    cnsnan . . . ,.' )

    del pasto, inserendovi parole esplIcatIve. (

  • 7/21/2019 La Teologia Degli Atti

    8/19

    83

    INTRODUZIONE

    stehung und Entwicklung der Kirchenver fass ung und des Kirchenrechtes in den zw .

    t j h h d

    L .

    e i e r:

    s

    en a r un erten,

    eipzig I91O; tr. ingl.

    The Constitution and Law of Church in th

    First two Centunes, London I9Io;

    E. Kasernann,

    Exegetische I, I09-I34 (spec. 1 ~

    I33); cf. I35-

    I

    57; ..'I,. 239-2)2.262-267; E. Kasernann, in Id., (cd.), Das Neue Te:t~_

    ment als Kanon,

    Gotnngen I970, 37I-378. 399-4IO; H.Ki.ing, in Ksemann,

    Das N.T

    CIt. ,175-

    20

    4;].B. Tyson: Inrerpretarion 42 (I988) 13

    2

    -

    I

    45. .,

    Si sostenuto che le informazioni fornite dagli Atti sugli apostoli e sul mi-

    rusrero, sul battesimo e sull'eucaristia rivelino l'evolvere della chiesa delle

    ongmi ver,so 1a fase del protocattolicesimo. Prima di poter valutare questa

    posIZl~ne e es~enzlale sapere con precisione che cosa s'intende per protOcat-

    tolicesimo. GIOva risalire a uno stadio precedente nel dibattito, la COntro-

    versia fra Harnack e Sohm sul significato del cattolicesimo.

    l

    Il senso della

    discussione cos chiarito da Conzelmann: 2 Non c' ancora protocattoli-

    cesimo l dove esiste un'idea di tradizione. Essa fa parte della teologia stes-

    sa. La cesura decisiva sta dove la tradizione riceve una garanzia istituzio-

    nale attraverso il collegamento a un ufficio e a una successione in questo uf-

    ficio, Ma non c' ancora protocattolicesimo quando c' un ordinamento

    stabile dell'ufficio - anche se fosse dotato gi di un vertice monarchico _

    bens soltanto quando l'ufficio ministeriale si attribuisce la qualit di media-

    tore della salvezza, e l'azione dello Spirito e del sacramento viene legata al

    rrnrustero. Per dir]a con Bultmann: il momento decisivo la trasformazio-

    ne del semplice significato regolativo del diritto ecclesiastico in elemento co-

    stiturivo (Bultmann, Theologie, 449 s.}. Sohm e Harnack trattavano lo

    Spirito e l'ufficio, o ildiritto, alla stregua di alternative polarmente opposte.

    Bultmann 3 precisa l'antitesi, quasi la capovolge. Holl ha mostrato, a parer

    suo, che la parola del carismatico, in quanto parola autoritativa crea un

    ordine e una tradizione. La formulazione di von Canipenhausen' pi vi-

    CIna al vero, perch espressa in termini reciproci. A essere decisiva piut-

    tosto la forte correlazione in cui stanno sin dal principio lo Spirito e il con-

    cett? di parola o testimonianza, che riconducono entrambi alla persona di

    Ge,su. ESSIsono la realt decisiva e insieme rendono parimenti impossibile

    un assolutizzazione dello Spirito contro la tradizione o della tradizione con-

    tro lo Spiritov.s

    . La teologia si fa pi alta quando le viene dato un aggancio storico spe-

    cifico In relazione agli Atti a opera di E. Ksernann, il quale definisce il pro-

    l Lo studio migliore

    di A. Harnack, Entstehung und ElItwicklulIg,

    cir.,

    in particolare la critica dello

    scruto

    di R. Sohm, Wesell und Ursprung des Katbolizismus, 12T-r86

    (r r. ingl.,

    175-

    2

    58). L'articolo

    di

    Sohm (~bhandlungen der Phd.-HISL Klasse der K. Siichs. Gesellschaft der Wissenschaften 27/3

    '19

    0

    9]) VI e ampiar nenre c it at o e sunreggiaro. 2 Tbeologie, 3 T8.

    3 Egli rimanda a K. HolI, purtroppo senza precisare il rinvio, nonch a H. von Soden: Studium Gene-

    rale 4 (T95

    1

    ) 35.

    1

    ss., e Campenhausen,

    Amt

    324. 325. Il volume

    rutto in vario grado uri le.

    4

    Amt 325.

    LA TEOLOGIA DEGLI ATTI

    83

    1

    tolicesimo null'altro che il movimento di difesa della chiesa nei con-

    roca~idella gnosticizzazione incombente.' L'escatologia sostituita dalla

    fro

    n

    . d 11 .. d L h

    H

    ./

    geschichte. La stona e a missione narrata a uca non a per ogget-

    el

    S

    I l . l.. I

    to l a testimonianza al Cristo proc amato, ma a via percorsa e atnvita svo -

    dall'organismo salvifico Hetlsanstalt) cnsnano che abbraccia II mondo.

    ~

  • 7/21/2019 La Teologia Degli Atti

    9/19

    INTRODUZIONE

    tro e Giovanni erano stati mandati a Samaria al cap. 8. Nel cap. 12 Giaco-

    mo viene ucciso e Pietro fugge abbandonando Gerusalemme per andare

    in un altro luogo. Si quindi informati che gli apostoli erano presenti

    a l

    concilio del cap. 15, ma a parlare soltanto Pietro. Su di loro non si viene

    a sapere pi nulla e sembra probabile che Luca non ne avesse pi notizie.

    Essi erano importanti perch avevano accompagnato Ges durante il suo

    ministero e fungevano in tal modo da garanzia - o forse da simbolo - di co-

    me le iniziative della chiesa posteriore alla risurrezione fossero una conti-

    nuazione legittima dell'opera di Ges. Per questo sono importanti, anzi in-

    dispensabili, ma non esercitano alcuna autorit amministrativa, bench Pie-

    tro riprovi Anania e Saffira e i dodici designino i sette. Tale importanza

    esclusivamente loro propria; non pu essere trasmessa a successori, perch

    gli apostoli e solo essi colmano lo iato fra

    il

    tempo di Ges e

    il

    tempo della

    chiesa, facendo insieme da testimoni della risurrezione, il che significava che

    quel Ges che era stato crocifisso era anche il Signore della chiesa, senza

    soluzione di continuit.

    Una successione dunque a rigore impossibile; la funzione primaria dei

    dodici apostoli non era trasmissibile. Si visto (sopra, p. 827) che non

    dato evincere dagli Atti che il battesimo fosse una pratica generale e che

    per indicare il pasto comune dei cristiani non si faceva ricorso a un lin-

    guaggio specificamente sacramentale. La chiesa negli Atti dotata di

    quelli che si potrebbero chiamare ministeri, che tuttavia non sono di gene-

    re uniforme. A Efeso ci sono

    TIpEU~'J,e:pOL,

    detti anche

    TIbXOT.OL,

    ma ad

    Antiochia sembra non vi fossero presbiteri bens profeti e maestri (13,1).

    Probabilmente tutti assolvevano funzioni molto simili. Filippo era un evan-

    gelista, e c'erano gli aiutanti insigni di Paolo, quali Barnaba e Sila. Come si

    visto, gli apostoli non potevano avere successori, ma il loro compito di

    rendere testimonianza al Ges risorto era condiviso da altri, e a quanta

    pare Luca non pensava che per svolgere tale compito fondamentale fosse

    necessaria una legittimazione speciale (oltre al riconoscimento come cri-

    stiani). Stefano fu un testimone di primo piano, ma l'unico incarico asse-

    gnarogli (secondo il racconto di Luca) fu l'assistenza alle vedove degli Elle-

    nisti. Senza dubbio a Luca preme la continuit, che per va distinta dalla

    successione. In 20,28 Paolo non dice di aver ordinato i presbiteri-vescovi

    di Efeso, ma che lo Spirito santo li aveva resi ci che erano. Qui non c' nul-

    la di corrispondente al resoconto di Clemente della designazione del mini-

    stero postapostolico (che pure piuttosto informale: Clem. 40-44) o al-

    l'insistenza di Ignazio sulla centralit indispensabile del monoepiscopato e

    di un triplice ministero. C' quantomeno un rito, che poi diventer un sa-

    cramento, non praticato universalmente (a quanto se ne sa). Sono questi i

    fenomeni storici principali.

    LA TEOLOGIA DEGLI ATTI

    ObOIaffermare la presenza di alcuni indizi di quelli che si possono

    pOSSI I

    e o o

    di 01

    od lementi di una struttura cattolica

    111

    corso I SVIuppo, ma

    I erare e o o o o lO

    can

    s

    binati in modo da costitUire essi stessi una struttura catto I-

    n sono com o l o,

    no tO occorre qualcosa di pi che alcum e ernenn pm o meno .arn-

    Per ques odi I o o t l

    ca-ui bench essi possano anticipare il prodursi I u renon mutamen I ne,

    big r~. Il termine centrale nella citazione di Conzelmann (sopra, ~. ~30) e

    futu o l Qualsiasi gruppo di persone che sussiste riconoscibile per

    StItuzJQnae. o o o IO o o o

    I mero di anni sussiste in Virt della tradizione: g Ianziaru mse-

    certo nu o o,

    un ogloovani la ragion d'essere del gruppo e quando essi non sono piu

    g

    nano al o h lO o o l

    o d di proseguire la loro opera trovano altri c e IsostitUiranno ne

    III

    gra o I ,o o l h f o -

    o La questione cruciale e quale sia la forza vita e c e a sopravvive

    compito. N li A o

    01

    ruppo e in che modo essa venga preservata a trasmessa. eg ,I tn

    re I gbona pace di Kasernann) il principio vitale la parola che Gesu affi-

    (con u o l ' o

    da a quanti lo seguono e lo Spirito di,D io grazie al qua e quest announCl~

    viene recepito e reso attivo. Esso non e legato a una succeSSIOne e gli a~o

    stai i non sono i pi attivi nel promuoverlo. DI quando

    111

    quando SI dICe

    che chi riceve la parola (espressione carattenstIca degh Atti) vlen~ battez-

    zato nel (o in) nome del Signore Ges. senz'altro pOSSibile che CIOsia sot-

    tinteso anche quando non se ne fa menzione esplicita, ma pure

    111

    tal caso

    l'omissione non senza importanza. Il gruppo del fratelli e delle sorelle

    cristiani _ com' affatto naturale - condivideva ogm tanto un pasto di co-

    munione. possibile (Luca non lo dice) che richiamass,ero e npetessero le

    parole di Ges: Questo il mio corpo. Questo calice e la nuova alleanza

    nel mio sangue. Non c' alcuna indicazione che la frazione del pane e l~

    pronuncia di queste parole fossero riservati a una categona particolare di

    persone, sebbene non sorprenda che quando Paolo era presente parlasse

    molto a lungo (20,7.rr). o o

    Haenchen,

    1

    5, conclude che occorre cautela nell'us? della ?efinIZlone

    'protocattolicesirno'. Il monito potrebbe essere anche pm energico.

    h)

    I g iude i

    R.L. Brawley,

    Luke-Acts and the Jews

    (SBLMS

    33),

    Atlanta

    19

    8

    7; v,

    Fusco: T

    3~

    (1996) 1-17;

    s. George: RB

    75 (1968) 481-525;

    K. Haacker: NTS

    3

    1

    (1

    9

    8

    5

    ).437-451:

    W. Horbury: JTS 33 (1982) 19-61; L.To Johnson: JBL 108 (19

    8

    9) 4

    1

    9-44

    1

    , G. Loh

    fink,

    Die Sammlung lsraels

    (SA T

    33),

    Miinchen

    1975;

    H. Merkel: NTS

    4 (1

    994

    :

    37

    1

    -39

    8

    ; M. Rese, in Fs Schneider, 61-79; J.To Sanders, The Jews In Luke-Acts, Lon o

    don

    19

    8

    7;

    R.e. Tannehill: JBL

    104 (1985) 69-85;

    J.B. Tyson: NTS

    4

    1

    (1995) 19-3

    8

    ,

    A. Vanhoye: Bib 7

    2

    (199

    1

    ) 70-89; L.M. Wills: JBL 110 (199

    1

    63

    1

    -

    6

    54.

    Gli Atti iniziano presentando Ges, giudeo, che si intrattiene con i propri

    discepoli giudei nelle settimane immediatamente successive alla nsurrezl~-

    ne. Segue la sua ascensione e subito dopo il dono dello Spirito santo. I di-

  • 7/21/2019 La Teologia Degli Atti

    10/19

    INTRODUZIONE

    scepoli predicano a un gruppo di persone ampio e variegato, molte deli

    e

    quali accolgono il loro annuncio. Esse provengono da numerosi paesi l 1 1 a

    sono venute a Gerusalemme, e i pi, se non tutti, devono essere considerati

    giudei. La temperie giudaica persiste nei capitoli successivi, tanto che

    a l

    cap. 8 la conversione a opera di Filippo dei samaritani e di un etiope pre-

    sentata come un passo nuovo verso un mondo estraneo. Cos per la visi-

    ta di Pietro a Cornelio e il suo battesimo. Da questo momento l'avanzata

    nel mondo dei gentili (v. sotto, sezione

    j )

    subisce un'accelerazione. guida-

    ta da Paolo e dai suoi compagni, e alla fine del libro egli cita

    15 . 6,910 a i

    giudei romani, aggiungendo: Sia noto a voi che questa salvezza di Dio

    stata inviata ai gentili; essi ascolteranno

    (28,26-28).

    Una lettura superfi-

    ciale del racconto lascia pensare che a questo punto la missione ai giudei

    sia conclusa; i cristiani li abbandonano a loro stessi e si concentrano sulla

    missione ai gentili. Trarre questa conclusione dagli Atti non inammissibi-

    le, e nel libro si ravvisato un contributo sostanziale all'antisemitismo cri-

    stiano.

    Non certamente cos. Non facile reputare antigiudaico (tanto meno

    antisemita: gli Atti non mostrano alcun interesse per l'etnia in quanto tale)

    un libro i cui attori principali - Pietro, Stefano, Paolo, Giacomo, per non di-

    re Ges (perlopi fuori scena) - sono tutti giudei. Alla maggior parte dei

    capi della chiesa necessaria una pressione assai forte, con argornentazio-

    ni, visioni, interventi divini tramite lo Spirito santo, prima di indurii ad ac-

    cettare come compagni di fede i gentili incirconcisi. Non v' dubbio: la

    salvezza per i giudei, ai quali era stata promessa. Il versetto citato sopra

    (28,28) non isolato. Ci sono paralleli in 13,46

  • 7/21/2019 La Teologia Degli Atti

    11/19

    INTRODUZIONE

    Su tre cose si regge il mondo: la legge, il servizio [del tempio] e la prat'

    delle opere di misericordia (Ab.

    I,2

    [Danby]). Nessuno scrittore neotes~:~

    mentano, ce~to non Luca, solleva

    obi e zion i

    sulla

    gmjlwt hsdjm,

    la pratica

    delle opere d~mlsencordla. L'atteggiamento verso il tempio che emerge da.

    gl i Atti non e unIvoco.' Secondo la loro rappresentazione i primi cristiani

    contI,nuano a fre,quent~rlo. Lo scenario dell'evento di pentecoste (2,1-4)

    non e precI.sato; e possibile che fosse Il tempro. v. a

    2,2.

    In

    Atti

    3 Pietro e

    GlOvanm SI recano al tempio all'ora della preghiera; guariscono uno storo

    pIO presso la por~a Be.lla e il gruppo procede all'interno del tempio, dove

    PIetro e GI~vanm SI nvolgono alla folla radunata. AI cap.

    5

    gli apostoli

    sta~no predIcando nel t~mpio quando vengono arrestati. In 6,13.14 Stefa.

    n~ e ~ccusato

    di

    mInaCCIare la distruzione del tempio e al cap. 7 lancia il

    pru VIOlento attacco al tempio che compaia al di fuori dell'A.T. Da questo

    punto negli Atti la scen~ prende a spostarsi da Gerusalemme, ma Paolo,

    quando VItorna, accoglie la sfida di dimostrare la propria fedelt al giu-

    daisrno prendendo parte al nn del tempio

    (21,23.24.26)

    e affermando in

    tal. modo di accettarne la disciplina (21,24). Questo duplice atteggiamento

    nel confronti del tempio riflette l'atteggiamento degli Atti verso il giudai-

    smo In generale. Il giudaismo buono se inteso alla maniera cristiana. Il

    tempio aiuta la preghiera, e la partecipazione allo scioglimento di un voto

    di nazirearo prevedeva un sacrificio, per cui si deve ritenere che la visita di

    Paolo al tempio al cap ..

    2I

    abbia come scopo un sacrificio oltre che la pre-

    ghIera. Ma ogm tentativo di relegare Dio in una dimora costruita dall'uo-

    mo dev'essere respinto, sicch l'esistenza stessa di un tempio costituiva un

    pericolo per la vera religione, tanto a Gerusalemme quanto ad Atene

    Il,

    24) E un atteggiarnenro diverso da quello della setta di Qumran, che non

    nprovava Il tempio in linea di principio ma solo il modo in cui era arnrni-

    nistrato e chi lo governava. V. voI.

    I

    375 s.

    E significativo che Stefano, che attacca il tempio con tanta veemenza non

    si scagli ~ontro la legge. Mos ricevette oracoli viventi da dare a noi. (7,

    3

    8

    ). GlI l~raelItl ricevettero la legge d~ ((7ay~ yyi),wv (concetto che

    Paolo usa In modo diverso,

    GaI.

    3,19). Che essi avessero una legge era buo-

    na ,cosa; la loro colpa stava nel non osservarla. Sulla base degli Atti non si

    puo dire che ~tefano abbia inaugurato un evangelo libero dalla legge. Ne-

    gli Atti non c e I n realt un evangelo libero dalla legge, ma un compromes-

    so fra chi voleva mantenere vigente l'intera legge e chi postulava come con-

    dizione per la salvezza che non vi fosse alcuna legge. Tale compromesso tro-

    va espressione nel decreto di

    Atti

    15,29. Senza dubbio esso propende net-

    tamente nella dIreZIOne della libert dalla legge. Non pretesa la circonci-

    sione, ma ai gentili convertiti si richiede ( avayy.E in 15,28) di astenersi

    , V. Fs Bammel, 34S-367. 2 V. Sopra, sezione h.

    LA TEOLOGIA DEGLI ATTI

    . ff rto agli idoli dal sangue, dalla carne di animali strangolati e

    l Cibo o e '. . I l Q

    da

    f . azione richieste che

    c omb inano

    aspetto morale e ntua e.

    ue -

    d

    [la arDIc , .. . .

    f

    l' .

    a resumibilmente il risultato di an n i di c~ntrove:sle ra Pao o e I SUOI

    s ro PI e vari gr uppi di giudaizzanti dall altro. E sostanzialmente un

    d

    un ato . . . bb .

    a sso di indole pratica piuttosto che teologica, e se ene

    sta

    pre-

    ornpro

    me

    .. . . ff

    c me se contenesse condizioni di salvezza, I suo e etto concreto

    entato co .. . ,. d Il h' f

    5 rincipale, oltre a quello di stabilire la pace all'interno e a c I~~a; u pro-

    P'

    l

    t di dare a giudeocristiani ed etrucocnsnani la possibilit di par-

    babl rnen e b

    2

    . 'nsieme al pasto comune della chiesa. Esso peraltro era asato su

    [eClpareI ..... . .

    li

    I enti del

    giu daism o

    al

    quali

    un

    giude o

    non poteva nnunciare

    queg

    I

    e em I . d . 'd I

    nemmeno nel frangente estremo della persecuzione:

    i

    glU ~IS~O

    n

    o~to a

    .' ndispensabile cos da imporre al gentili Ilminor disagio possibile,

    rnlmrno , .,. Il l

    Le ragioni per cui Luca accorda una dispensa COSI

    ampia

    da a egge so-

    noesposte al cap. I5. Le motivazioni

    fondam en tali

    veng~no messe

    m

    bocca

    P

    t probabilmente per valutazioni strategiche. Anzitutto una motiva-

    a le ro, . Ia ai zenti

    zionepragmatica: Dio ha chiamato Pietro ad annunciare la paro a al genti-

    li;essi l'hanno ricevuta per fede (non per le opere della legge) e DIO ha e1ar~

    gita loro lo stesso dono dello Spirito che in pnnclplO aveva concesso agli

    apostoli (giudei) (15,7 s.). Nella seconda motivazione SI sottolinea come

    Dio non abbia fatto alcuna distinzione fra circoncisi e incirconcisi: costo-

    ro, per quanto fossero gentili impuri, sono stati purificati da Dio per fede,

    senza alcun espediente legale. Infine Pietro afferma che gli stessi glUde~non

    sono stati in grado di portare il giogo della legge e non devono quindi cer-

    care di imporlo ai gentili, affermazione che difficilmente pu essere giusti-

    ficata a meno che non si comprenda nell'osservanza della legge la pratica

    dell'amore perfetto verso il prossimo. Barnaba e Paolo corroborano l'argo-

    mentazione raccontando i segni e prodigi che Dio aveva compiuto nel cor-

    so della loro missione ai gentili: certo Dio non li avrebbe compiuti se aves-

    se disapprovato quanto stava accadendo. Giacomo, infine, fa notare che

    l'azione di Pietro era stata condotta secondo la Scrittura, che manifesta

    l'intenzione di Dio di trovare un popolo fra i gentili. Il concetto, non trop-

    po chiaro, espresso poi da Giacomo (r5,21), pu essere inte,so a doppio

    taglio: Mos viene letto in tanti luoghi che la sua legge non puo essere sem-

    plicemente ignorata; egli tuttavia dispone di un numero abbastanza vasto

    di persone che lo predicano senza che noi ci uniamo a loro ..

    Questa un'argomentazione molto diversa da quella di Paolo, non da

    ultimo perch Cristo non viene mai menzionato (se non, m modo oscuro,

    necenno alla tenda di Davide, in 15,r6). Per Paolo Cristo il 7D,o v

    [J.ou ( R o m . 10,4).

    Il significato preciso di queste parole dibattuto, ma

    IV.al

    cap

    . '5. 2 V. a S,20. . ...

    3 V. Cranfield,

    Romans; S S-52o;

    Barretr, Romans,

    ,84;

    Dunn, Romans,

    589-591,

    con molt i

    nnvu.

  • 7/21/2019 La Teologia Degli Atti

    12/19

    INTRODUZIONE

    fuori discussione che l'intera trattazione si impernia sulla figura di C .

    E

    f

    l'i d ., fiSto

    questa orse In reazione piu palmare che Luca non aveva un'intelli .

    za profonda della teologia cristiana, e segnatamente paolina. Egli er;e

    n

    -

    leale ~redente cnstiano ma non coglieva tutte le implicazioni della sua ~

    de, ne fu In grado di ricavare dalle varie fonti utilizzate una visione COe

    te della l~gge. Stefano

    accusato di parlare contro la legge xa ...

    1 'o

    r

    ::

    ~,O)) e di dire che Ges avrebbe s~vvertito

    (: )\)\a E ~)

    le usanze mosaiche

    (d )Y J,

    6,I3

    I

    4); nel suo d.lscorso egli mostra alta considerazione della legge

    e sostiene che s,ono I SUOIaccusarori a infrangerla, L'episodio di Cornelio

    Irto di difficolt. In Marco (ma non in Luca) Ges dichiara che ogni cib '

    P

    d

    p.~ro, ma. retro ev'essere convinto da una visione a non reputare profano

    CIO~he DIO purifica. Questa stessa visione sembra afferire ai cibi puri e im-

    PU~I,ma viene Interpretata in relazione agli esseri umani e alla legittimit

    di Intrattenere rapporti con i gentili. l Pietro riconosce inoltre che Dio non

    fa riguardi p~rsonali (Io,34). Il versetto successivo difficile da interpreta_

    re con pr:CIslOne. In s~perficie sembra voler dire che chiunque si compor-

    ta ~ene e accetto a DIO e che ci

    possibile sia ai gentili sia ai giudei. Se

    Cosl,.per, sembra non vi sia molto bisogno dell'evangelo che Pietro sta per

    predicare a Cornelio. Se s 'intende dire solo che un uomo buono come Cor-

    nelio ha dirittodi essere destinatario dell'annuncio dell'evangelo tanto quan-

    to un giudeo, significa che l'uomo comune necessita di una conversione mo-

    rale prima di poter ottenere una conversione cristiana e invero la conver-

    s~one ~i Cornelio non consiste nel cambiar vita come chi prima abbia pra-

    ncato Il male, bens nel dono dello Spirito che ha quale effetto il parlare in

    lIngu~ (IO,4~-46). La conclusione, raggiunta in seguito a un dibattito

    (Il,

    I8), e tuttavia che I gentili In quanto tali possono adesso essere ammessi

    alla salvezza, finora intesa come riservata ai giudei. Da questa conclusione

    sembrano prendere le distanze non solo coloro la cui opinione

    citata in

    I 5,I. 5, ma il concilio e il decreto, secondo i quali vi sono determinate con-

    dIZIOnInecessarie che i gentili devono soddisfare. Pi avanti si legge che

    clrco.lava la voce che Paolo insegnasse ai giudei della diaspora a non cir-

    ~onCIdere I loro fig~i e a non seguire le usanze (giudaiche); in una parola,

    l apostasra da Mose (21,2I). Paolo accoglie il consiglio di Giacomo come

    via per sottrarsi a q~est'accusa. Paolo insegnava che non si doveva impor-

    re la circoncisione al gentili e che tra i giudei essa era un adiaphoron: la

    circoncisione non

    alcunch e l'incirconcisione non

    alcunch- Gai. 6,

    I5) Secondo gli Atti egli osservava le festivit giudaiche (20,I6), bench in

    GaI. 4,10 ne parli In tono spregiativo. L'opinione romana

    che la diffe-

    renza tra Paolo e altri giudei sia un problema di interpretazione della loro

    legge (18,15) e Luca, pur ravvisando l'importanza della questione, laddove

    1

    v . voI.

    I,

    535 s., e a

    10,28.

    LA TEOLOGIA DEGLI ATTI

    . la banalizzano non discorda completamente da Gallione. Come

    i romanI , l .. .... h . b l

    l

    'A tico Testamento ne suo msieme,

    l

    cnsnaru anno Inteso ene a

    con n .

    l

    e

    i giudel male.

    egg,

    i )

    I gentili e la missione ai gentili

    M.G. Barclay: JSNT 60 (1995) 89-120; E.E. Ellis, in SE IV (TU 102), Berlin 1968,

    J. . p Frederikson: JTS

    42 (1991) 532-564;

    A.T. Kraabel: Numen

    28 (1981)

    390-3996:A'T Kraabel in Fs Stendahl, 147-157; J.M. Lieu: JTS 46 (1995) 483-501;

    113-12, . ., . h

    J M . Lieu, in Fs Goulder, 329-345; B.F. Meyer, In Fs Farmer, 243-263; J. Murp y-

    'Connor: RB 99 (1992) 418-424; J.A. Overman: JSNT 32 (1988) 17-26; J. Reynolds

    _R. Tannenbaum, Jews and Godfearers at Aphrodisias (Cambndge Philological SOCIety

    Suppl. Val.

    12),

    Cambridge

    1987;

    E. Richard, in SBL Seminar Papers

    1980, 267-282;

    J.T. Sanders: NTS

    37 (1991) 434-455; CH.

    Talbert, In Fs Schneider, II

    1-126;

    J.B. Ty-

    san: NTS

    33 (1987) 619-631;

    M. WIicox: JSNT

    13 (1981) 102-122;

    S.G. WIison,

    Gentiles.

    Di questo argomento si trattato gi quasi.a sufficienza nelle sezi~ni.sull~

    legge e i giudei, e anche in quella sulle fonti (vol. I77-81), d~cche SIpuo

    ritenere che in gran parte le fonti di Luca fossero I racconti sull orIgme e lo

    svolgimento della missione ai gentili che egli era riuscito a raccogliere: La

    questione cronologica di chi fu il primo a portare l'evangelo al di fUOrIdel

    giudaismo nel mondo dei gentili non pu avere risposta, poich verisimil-

    mente non lo sapeva nemmeno Luca. Nel suo resoconto del concilio (15,7)

    egli attribuisce tale priorit a Pietro, pur avendo narrato l'attivit di Filip-

    po prima di quella di Pietro, probabilmente perch aveva detto (8,1) che al-

    lorquando tutti gli altri cristiani si erano dispersi da Gerusalemme gli apo-

    stoli erano rimasti in citt. La missione era il soggetto della sua opera (v.

    sopra, p. 768); quella ai gentili era la pi grande de}le missioni, e se non il

    suo iniziatore, il suo pi grande capofila era Paolo. E interessante come ne-

    gli Atti questi si impegni meno di Pietro e di Giacomo nel giustificare la mis-

    sione al mondo dei gentili, limitandosi ad addurre (al cap. 15) i miracoli

    accaduti nel corso della sua attivit missionaria. Egli non fa appello alla

    figura di Abramo come a colui che era stato giustificato per fede, senza cir-

    concisione, e aveva ricevuto una promessa che abbracciava tutte le nazioni

    Cen. I7,5; Gai. 4,17; Gen. 12,3; GaI. 3,9).

    Le primissime missioni che coinvolgevano non giudei non furono (secon-

    do gli Atti) il frutto di una pianificazione da parte di chi le intraprese. La

    missione di Filippo in Samaria fu la conseguenza della persecuzione che di-

    sper~e tutti i cristiani (eccetto gli apostoli) da Gerusalemme. Il suo incon-

    tro con l'etiope fu il risul tato di istruzioni dirette impartite dapprima (8,

    26) da un angelo, successivamente (8,29) dallo Spirito. La visita di Pietro a

    COmelio fu l'effetto di disposizioni coordinate impartite ai due uomini.

  • 7/21/2019 La Teologia Degli Atti

    13/19

    INTRODUZIONE

    Dalla risposta di Pietro alla visione (10,14) appare chiaro che egli non

    d

    '. ~

    ISpOStOa contatti con Cornelio e che la sua resistenza dovette essere vi

    dalla pressione divina. Quando coloro che, come Filippo, erano stati sc

    nta

    ciati da Gerusalemme giunsero ad Antiochia, la loro prima intenzione : c -

    evidentemente di predicare solo ai giudei; in una seconda fase uomini ~~

    c~i ? si fa

    il

    nome provenienti da Cipro e Cirene estesero il

    lo ro

    carn~

    d azione a non giudei. Tenuto conto di questo sviluppo, e della chiesa mi-

    sta che ne scatur ad Antiochia, pu darsi (anche se non detto esplicita_

    mente) che fosse inteso sin dall'inizio che la missione di cui furono incari_

    cau Barnaba e Saulo(I3,I-3) dovesse coinvolgere. i gentili. 13,5, tuttavia,

    parla solo della predica ZIOne nelle sinagoghe di Cipro, e l'incontro (13,6-

    12) con il proconsole Sergio

    Pao lo

    sembra non fosse programmato.

    una

    congettura plausibile, ma affatto incerta, che il successo di questo incontro

    (13,12) abbia stimolato l'interesse per i gentili. ipotesi anch'essa plausi-

    bile ma affatto incerta che Giovanni Marco abbia abbandonato i suoi com-

    pagni pi anziani (13,13) perch disapprovava questa iniziativa non pro-

    grammata. Da questo momento, secondo gli Atti, il disegno di

    Pao lo

    fu per-

    seguito con costanza, ed egli adott di solito il metodo, all'arrivo in una

    nuova citt, di visitare anzitutto la sinagoga, ricorrendo a un uditorio gi

    raccolto per ascoltare un discorso religioso, e di lasciarla quando, come ac-

    cadeva regolarmente, i giudei rifiutavano il suo annuncio, per concentrarsi

    sui gentili. Egli non smise mai di interessarsi ai giudei come lui (ad es. 28,

    23; anche Rom. 9,1-3; 10,1), ma riconobbe nella missione ai gentili una

    vocazione speciale, che negli Atti fatta risalire gi alla sua conversione

    (9,15; 22,21; 26,17), e giustamente, visto che ci trova conferma in G aI .

    1,16 (... ti/,

    ECl''E \i~ W IJ.W (/. -; 'I 'I

    ,o~:;

    :8 '1E :H' I).

    Il primo viaggio (per ri-

    farsi alla partizione lucana del materiale) consiste in un piccolo giro in Pan-

    filia e Pisidia; quindi Paolo amplia il proprio raggio d'azione.

    assai probabile che Ges non abbia dato esplicita disposizione di in-

    traprendere una missione ai gentili. J. Jeremias l ha presumibilmente ragio-

    ne a ritenere che Ges previde dopo la sua morte il pellegrinaggio escato-

    logico delle nazioni a Gerusalemme. Il loro unirsi ai giudei in un unico po-

    polo di Dio sarebbe stato un aspetto della fine della storia. Dopo la risur-

    rezione i discepoli si resero conto che prima della fine sarebbe dovuto in-

    tercorrere un periodo di storia non previsto. Questa dilazione temporale

    rese possibile una missione ai gentili (v. sopra, pp. 817 s.), ma non era suf-

    ficiente da sola a produrre tale missione. Per individuarne le cause occorre

    guardare oltre. In parte possibile che essa sia stata esito di quello che po-

    trebbe apparire un caso fortuito. Un gentile ud le parole del missionario,

    le accolse e manifest i segni spirituali e morali di una vita mutata. Il pre-

    r [esus Promise to the NatiOl1s, tr. ingl., '958, spec. 55-73.

    LATEOLOGIA DEGLI ATTI

    . e si trov ad affrontare la domanda formulata da Pietro in 10,47=

    dJCaW

    r

    h if l' .

    P

    osso rifiutarmi di battezzare una persona c e maru esta g I stessi

    come . ~ C . d '

    ssegni dell'esistenza cristiana che mostro IO stesso.

    .

    OStUi ovra

    contra . d h Il

    accolto nella comunit salvata. Non mancavano m IZI anc e ne a

    essere .. .. l d' f . d'

    . da di Ges. Egli non aveva mtrapreso alcuna missione a I uon I

    vicen . .. bb d'

    l

    ma si era dedicato e aveva dato la sua vita per quanti, se ene I

    Israee, . . . . l'

    . giudaica, erano USCitidal quadro relIgIOSOdel loro popolo. Se eg I

    etllla ... d' ff . h P'

    , mangiare con pubblicani e peccaton, sorpren e m e etti c e retro

    pote . . G' d' h' .

    abbia esitato a mangiare con Cornelio e che, se esu ave;a ~c iarato .p~n

    . i cibi 1 inizialmente SI sia rifiutato di obbedire ali ordine: UCCidie

    tutti , l' .

    mangia (10,14.28; II,3) Senza dubbio ebbero uogo conversioru s~ora-

    diche, ma fu lo sviluppo teologico paolino a porre le fondamenta dell atti-

    vit fra i gentili, in particolare il riconoscimento che l'antenato slgl1lfica~l-

    vo di Ges non era Davide ma Adamo, il padre del genere umano, e che DIO

    non era il Dio solo dei giudei ma anche dei gentili (Rom. 3,29); un DIO di

    mezza umanit sarebbe stato solo un Dio a met.

    Questo sviluppo teologico non si trova negli Atti. Paolo

    chiamato ad

    andare ai gentili, e va. C'erano altre missioni ai gentili. Di alcune si in-

    formati soprattutto dalle lettere paoline, ma se ne pu scorgere qualche

    traccia negli Atti: c'era chi dichiarava senza mezzi termini che i gentili po-

    tevano essere accolti, ma soltanto se accettavano la circoncisione e la legge

    Atti 15,1.5). Forse c'erano altres taluni la cui esistenza riconosciuta,

    bench in 15,24 si neghi la loro legittimazione. Gruppi differenti insisteva-

    no su vari elementi nel giudaismo: alcuni su tutti, i giudaizzanti galati sulla

    circoncisione e il calendario, i giudaizzanti corinti sulle norme alimentari,

    gli artefici del decreto sulle norme alimentari, sul divieto dell'idolatria e

    sulla castit.

    possibile che questi ultimi fossero connessi con i sette di

    Atti 6,5. A costoro o ad altri giudei della diaspora va forse ricondotto il

    discorso di Stefano (che critica il tempio ma accetta la legge) e il discorso al-

    l'Areopago attribuito a Paolo. Entrambi i discorsi orientano verso un'ori-

    gine' nel giudaismo ellenistico. Sarebbe naturale - e per nulla improprio -

    per un giudeo ellenista diventato cristiano rivedere e riutilizzare una predi-

    ca sinagogale nella quale aveva combinato la filosofia greca con la religio-

    ne veterotestamentaria, introducendo alla fine un cenno a Ges.

    A questo punto sarebbero da menzionare anche i cosiddetti timorati di

    Dio. Per la loro esistenza, le definizioni usate per designarli e il loro possi-

    bile ruolo negli Atti v. a 10,2. Qui basta affermare senza soffermarvisi che

    erano gentili che si sentivano attratti dall'etica, dalla teologia e dal culto

    giudaici, ma non tanto da diventare proseliti. Probabilmente alcuni avevano

    1Me. 7,19 (assente in Luca).

    4 V. val. I, 375 ss., e a 7,5-44; inoltre val. 1,711 s. e a 14,'5-17.

  • 7/21/2019 La Teologia Degli Atti

    14/19

    INTRODUZIONE

    contatti con la sinagoga locale. I predicatori cristiani offrivano a loro, c

    me a tutti, una forma di giudaismo spogliato degli aspetti meno attraen

    in particolare del rito della circoncisione. Se non si disponesse di alcuna te.

    stimonianza, sembrerebbe verisimile che alcuni di costoro abbiano adotta

    to la via cristiana di ammissione al popolo di Dio, per costituire c os il nu-

    cleo di un elemento non giudaico e incirconciso nella neonata chiesa.

    k) L etica

    C.K. Barrett, in F s Furnish, 161-172; P. Borgen, in Fs Kee, 126-141; R.J. Cassidy, Soc i_

    e ty and P olitics in th e Acts o f th e Apo stle s, Maryknoll, .Y. 1987, 21988; F.G. DoWQ.

    ing: NTS

    27 (1981) 544-563;

    L.T. ]ohnson,

    T he L it er a ry F un ct io n o f P os se ssio ns

    iIt

    Luke-Acts

    (SBLDS 39), Missoula 1977; A.J. Malherbe,

    So cia l A spects o f Ea r ly C hris-

    tianity, Philadelphia 21983; D.L. Mealand: TZ 31 (1975) 129-139; D.L. Mealand:JTS

    28 (1977) 96-99.

    Gli Atti non contengono pressoch alcuna istruzione etica diretta. Nei di-

    scorsi missionari compare l'appello al pentimento, che implica una svolta

    nella condotta morale; si noti in particolare 26,20, con la richiesta che gli

    ascoltatori mostrino iX(a

    -; - ij : ;

    (J-e:1'avoia;EPY

  • 7/21/2019 La Teologia Degli Atti

    15/19

    INTRODUZIONE

    fetavano. Ci si deve limitare a chiedersi che cosa vi sia, se qualcosa c'

    dietro questa informazione. Era la verginit a consentire loro di profetare;

    Era una qualit per essere menzionate nel libro? Oppure Luca sta sempli:

    cemente enunciando una serie di dati: erano quattro; erano rimaste nubil4

    facevano profezie?

    L'attenzione speciale per la povert e la ricchezza, per il pericolo che

    com,

    portano le ricchezze e l 'importanza di prendersi cura dei poveri, sovente

    segnalate quali caratteristiche del terzo vangelo, sono presenti ma meno in

    evidenza negli Atti , dove perlopi assumono la forma di organizzazione

    dell'assistenza ai bisognosi. La colletta di Paolo (Rom. I5,25-28, e altro-

    ve), cui forse si allude in Atti

    24,I7,

    non viene menzionata in Atti

    I5

    (ma

    cf.

    GaI.

    2,IO).

    possibi le che la colletta antiochena (v. sopra) coincida Con

    quella stessa donazione. Rivestono qui un ruolo di primo piano - ma se

    n e

    tratta nel voI.

    I I99-202. 288-297. 347

    s.

    350

    s. -la vendita dei propri be-

    ni, di cui si parla in

    2,44

    s.;

    4,J2-37; 5,I-II,

    e la

    ~~xov(~

    di

    6,I.

    Merita

    n o

    tare altres l'uso del termine xo~vwv(~ e l'affermazione che i cristiani ave-

    vano amzVTa xo~va (2,44; 4,32). Il ministero di 6,I paragona bile alle no-

    te attivit caritative giudaiche; il possesso comune dei beni richiama alla

    mente proverbi greci, che senz'altro trovavano talora espressione in dispo-

    sizioni concrete, ma all'interno del giudaismo si ha un parallelo soltanto

    nelle pratiche della setta di Qumran; v. a 2,44 s. Non sorprende che solu-

    zioni di questo t ipo, naturali in gruppi minoritari, si incontrino sia a Qum-

    ran sia fra i cristiani; ci non prova alcuna stretta connessione fra loro.

    6. CONCLUSIONE

    Nella prefazione al vangelo

    Le .

    I,I-4)

    Luca sostiene di avere stabilito rap-

    porti con persone

    I

    che possono essere state

    o

    meno in grado di fornirgli

    informazioni storiche accurate sulla vita e l'insegnamento di Ges, ma che

    in qualche modo devono essere state coinvolte nella vita della chiesa delle

    origini. Esse sono defini te test imoni oculari e ministr i della parola (cro.

    r;-;CH

    x~

    0r;Y p- ;~ ~ -;O '~ O)'o J).

    Questi contatti costituivano la base della sua

    affermazione, per lui evidentemente importante, della continuit fra il Ge-

    s prima della crocifissione e la chiesa dopo la risurrezione. Avranno avu-

    to la funzione di fonti degli Atti oltre che (in modo diverso) del vangelo, e

    devono essere state altres fonti del pensiero teologico e religioso di Luca.

    Che cosa dire dell'autore e del suo libro? Nelle pagine che seguono, che

    imporranno qualche ripetizione di temi gi trattati, sar presa in esame

    tale questione.

    Non sar male prendere le mosse dall'osservazione che Luca era uno cui

    I

    Se

    r:~cr'1

    int es o c ome maschile

    C lPYJ x o .

    o .r9rxo-: t

    dev e

    av e re qu es to

    valore.

    CONCLUSIONE

    . raccontare e che sapeva raccontare. Era meno abile nel connettere

    P

    iaceva . . f l' . E l' d' .

    l o gli episodi narrati; orse g

    l

    interessava meno. g

    l

    aveva manzi a

    f:a o~odeJlo analogo di narrazione episodica, Marco, per il quale nutriva

    se un l bb

    f , .

    de rispetto - a tnrnenn non ne avre e atto un uso COSI consistente.

    ~:nera capace di migliorarlo, e ~i si accinse. ~ffn lo stile greco, ridusse

    b ni inutilmente prolissi e sfrutto gli spazi

    COSI

    nsparrruatr inserendo mol-

    ra ateriale nuovo. Le sue revisioni e aggiunte ebbero l'effetto di produrre

    t~~acconto meno spiccatamente teologico, pi umano per interessi e

    ~ensibilit. Una volta assimilato, il vangelo di Marco era da acca~tonare;

    era stato sostituito e se ne poteva fare a meno. Fortunatamente Cl furono

    cristiani che non furono d'accordo e lo conservarono.

    poco verisimile pensare che il piacere di raccontare possa essere suffi-

    ciente per produrre un'opera scritta di dimensioni cospicue. L'interesse per

    la narrazione conduce a un interesse per la storia, e a motivare un interesse

    siffatto stavano ragioni ulteriori. Il cristianesimo era una religione, un'isti-

    tuzione, un sistema di pensiero - nessuna di queste definizioni soddisfa-

    cente, ma possono bastare - che poteva conservare la propria identit solo

    richiamando le proprie origini, poich quando era veramente se stesso, era

    determinato dalle proprie origini. Luca scrisse in un'epoca in cui la sensa-

    zione che si era avuta un tempo di una consumazione imminente della sto-

    ria si era affievolita. Nei primi giorni non c'era stato bisogno di ricordare,

    perch il futuro era di breve durata e la fine immediata. Ma ora i ricordi

    correvano il rischio di svanire. Qualcuno doveva provvedere a garantire la

    memoria della chiesa non solo per quanto concerneva Ges ma anche il

    modo in cui si era compiuto il passaggio da Ges alla chiesa. Il vangelo di

    Marco, e qualsiasi altro vangelo circolasse, non avevano registrato questo

    aspetto; Paolo, le cui lettere (che Luca sembra ignorare) contenevano vali-

    de part i storiche, neppure.

    possibile che Luca non abbia avvertito questa

    necessit con la chiarezza con cui qui la si enunciata, ma egli, e per quan-

    to se ne sa nessun altro, ha fatto qualcosa per farvi fronte. Oltre al perico-

    lo di dimenticare c'era quello di un decadimento dei principi morali e dot-

    trinali. Le societ tendono perlopi a pensare alle loro origini come ai

    giorni eroici nei quali i propri membri hanno resistito saldamente nella fe-

    de e nella moralit e si sono sostenuti a vicenda. Un quadro del passato, for-

    se di un passato idealizzato, ispirer e dar ammaestra menti al presente. Il

    profilo tratteggiato da Luca dei cristiani della prima generazione intendeva

    assolvere questa funzione per i suoi contemporanei. Egli era inoltre consa-

    pevole dei pericoli che fa prospettare a Paolo in

    20,29.30.

    Ci che per

    Paolo a Mileto era futuro, nel complesso restava tale anche per Luca, ma

    era ben pi vicino e senza dubbio si era gi delineato all'orizzonte. C'era

    chi parlava in modo perverso e traviava i discepoli verso le proprie consor-

  • 7/21/2019 La Teologia Degli Atti

    16/19

    INTRODUZIONE

    terie scismatiche. Occorreva alzare una voce di monito e proporre

    lIIl

    esempio appropriato. L'esempio, nella predicazione come nella mora~

    negli Atti c', ma carente di contenuto concreto. Negli Atti l'insegna..

    mento etico scarno, bench sia chiaro che dai cristiani ci si aspetta sianc.

    brave persone, e globalmente lo sono. E Luca non ha dottrine teol().

    giche da raccomandare, oltre ai principi cristiani fondamentali. Egli crede

    in Dio, che concepisce in conformit all'A.T., pur essendo consapevole di

    una convergenza tra il pensiero veterotestamentario e il miglior pensiero

    greco. Ges Cristo centrale nela riflessione di Luca, che per non compie

    alcun tentativo di approfondire i problemi dell'incarnazione. Egli figlio

    di Dio (9,20), come sanno tutti i cristiani, ma la definizione in s non im .

    plica i l suo essere della stessa sostanza del Padre. Egli Signore e Cristo,

    ma si trova perlomeno un'indicazione che lo sia divenuto soltanto nell'esal.

    tazione (2,36). La sua morte stata il risultato del peccato e dell'ignorano

    za, cui ha tempestivamente posto rimedio Dio (3,13-18), ma solo in 20,2.8

    si prospetta l'idea che proprio con la sua morte egli abbia redento l'umani.

    t. Luca indubbiamente credeva nello Spirito santo, e in 5 03 s. si trova un

    cenno che induce a reputarlo divino, ma a interessare Luca la fenomeno-

    logia dello Spirito pi che la sua natura personale. Egli accettava l'A.T. co-

    me parola di Dio e in questo senso stava col popolo giudaico, ma avrebbe

    adottato la linea cristiana secondo cui l'A.T. dev'essere interpretato alla

    luce di Cristo, non Cristo alla luce dell'A. T.

    Luca non sostiene una posizione teologica particolare, ma - si direbbe-

    fa propria la posizione della maggioranza dei cristiani negli anni 80 e

    90

    del

    I

    secolo. Questa tuttavia un'asserzione che esiger un attento esame.

    Non affatto chiaro quale gruppo di cristiani possa essere accreditato di

    costituire una maggioranza negli anni 80. Secondo]. ]ervell i giudeocristia-

    ni erano numericamente una minoranza ma esercitavano un influsso spro-

    porzionato rispetto alloro numero: negli Atti, per esempio, si trova riflessa

    la loro preoccupazione per la legittimit teologica della missione ai gentili.

    un'osservazione sotto molti aspetti rilevante, ma richiede qualche rettifi-

    ca.

    I

    Che i decenni precedenti del secolo fossero stati segnati da contlitti,

    spesso aspri e implacabili, trapela oltre ogni dubbio dalle lettere paoline.

    Ora la chiesa era approdata a un periodo di relativa tranquillit. Ci era

    accaduto prima di quanto pensasse Baur (v. sopra, p. 809) e non proprio

    nel modo in cui ritiene Goulder (v. sopra, pp. 776 n. 4. 798 n.

    I).

    Non fu

    Paolo a vincere, anche se sarebbe forse eccessivo dire che perse. Paolo e

    Giacomo, i due estremisti di destra e di sinistra, erano stati entrambi scon-

    fitti dal partito di centro, che volendo si pu chiamare degli Elenisti.

    a

    loro compromesso a figurare nel decreto apostolico. Questo decreto evi-

    IV.

    Ba rre tt ,

    What Minorities?,

    in

    Fs

    Je rve ll,

    l-IO. 2 V, Fs

    Je rve ll ,

    6-9,

    CONCLUSIONE

    te accettato da Luca come base della missione ai gentili e falsari-

    dentemen l' h

    l

    la quale condurla. Esso ne fornisce altres la teo ogla, c e appare

    g

    a ungo ) l d ' d'

    , forma diversa nel discorso ali Areopago (17,22-31: a ottnna

    l

    In una , , d l' '

    , lla quale i teisti giu ei e genti I potevano convenire, e connesso a es-

    DiO su ,

    'h l' ' d

    g

    anciO a Ges. E questa la teologia c e preva se in questo peno o

    sa un ag d' itabil f d' d

    1 1 vita della chiesa, assumen o inevita Im ente orme iverse a secon a

    ~:i ~uoghi. Essa aveva, avuto origine co~ ~giudei ellenisti e fu accettata da

    moltissimi gentili. Il nfenmento a Gesu e ml,mmo in Atti 7,5

    2

    e 17,3

    1

    e

    L

    come risulta evidente da numerosi paSSI, scnvendo m modo autono-

    ~, C l

    lo avrebbe notevolmente ampliato. COSIfecero, per esempio, I e 2 e-

    ~ l

    fi

    te

    e Ignazio, poco Erma. La sottostruttura teo ogica resse no a qua n-

    men

    h ,

    fine a

    i

    ldo non fu attaccata da Marcione, c e non nUSCIlD ne a Imporre a sua rea-

    zione eccessiva. Gli Atti offrirono un contributo sostanziale alla sua scon-

    fitta e, quando ci si rese conto di ci, il libro emerse dall'oscun~ nella qua-

    le era sprofondato e serv a mostrare che il DIO creatore e il DIO ,redentore

    erano il medesimo e unico Dio e che Paolo concordava con I dodici. Ireneo

    e Tertulliano non si sbagliavano nell'affermare che Luca aveva puntualiz-

    zato questi concetti, anche se non era questo il suo intento primario: '

    Storicamente, dunque, Luca ha ragione quando celebra la vittoria degli

    Ellenisti: gli Ellenisti (se dato usare tale termine) erano un partito di cen-

    tro e il loro decreto guid la chiesa attraverso un periodo oscuro e conti-

    nu a orientarla ancora a lungo. Luca sbagli a presentare Paolo come

    uno degli Ellenisti vittoriosi: costui si definisce

    (2 C o ro

    II,22;

    Fi l.

    3, 5 ) un

    Ebreo. questo il punto cruciale (bench non certo l'unico) sul quale deve

    basarsi qualsivoglia giudizio su Luca storico e teologo.

    Sono numerosi gli aspetti degli Atti che esigono sia emesso un verdetto

    favorevole sull'autore come storico. Si trovano richiami piuttosto frequenti

    ad accadimenti e istituzioni contemporanee, e nel complesso sono soddisfa-

    centi. Molti esempi sono segnalati nel commento; qui basta forse menzio-

    nare i due re, Agrippa

    I

    e Agrippa

    II

    (Luca descrive la morte del primo in

    Sostanziale accordo con Giuseppe e sa che la sorella del secondo era Bere-

    nice); i due governatori romani, Felice e Festo (dietro 24,27 c' un proble-

    ma di datazione dell'entrata in carica, ma sono le testimonianze non bibli-

    che a non consentire conclusioni univoche); i due proconsoli, Sergio Paolo

    e Gallione (il governatorato del secondo in Acaia pu essere datato con una

    certa precisione e per il primo c' una probabile attestazione epigrafica);

    l'imperatore Claudio (sono documentate carestie dura