La Tecnica Del Canto

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L'appoggio, ovvero il fantasma dell'Opera! di Riccardo Canessa L'APPOGGIO PARTE PRIMA: L'OTTAVA COMODA Ricordo un simpatico Professore che, un po' di anni fa, nell'organizzare un Corso di Foniatria e Canto a Napoli, quando chiese ai suoi allievi "chi di voi parlerà della questione dell'appoggio?", accompagnò la domanda afferrando con le mani il proprio ventrone fantozziano. Poichè ero presente mi divertì molto quel gesto tanto spontaneo quanto grottesco, andando col pensiero ai molti problemi che la mancata recezione di tale meccanismo porta agli studenti di canto. ------------------------------------------------------------------- Sono moltissime le cose da chiarire riguardo l'argomento: ritengo inoltre che qualsiasi opinione possa essere sia opinabile sia degna di considerazione. Ma procediamo con ordine. Direi che la prima cosa da stabilire è quella di dare una precisa definizione dell' "appoggio", cosa assolutamente non facile. Cominciamo col dire che sono due i parametri di cui tener conto: il primo rigorosamente fisiologico, il secondo di analisi acustica, ma in entrambi i casi parlerei comunque di "sensazione" ovvero non possiamo mai riferirci ad un qualcosa che valga sempre per tutti. Partiamo dal presupposto che chiunque cominci a studiare canto sia dotato di un certo materiale vocale che si evidenzierà in un determinato numero di note; in alcuni,ad esempio, è particolarmente immascherata la prima ottava, in altri vi è più facilità nell'emissione acuta o in quella grave,insomma vi è sicuramente un range in cui si avrà la sensazione di cantare senza apparente fatica. ------------------------------------------------------------------- Ebbene sappiate, anche se non pienamente valorizzati, che questi suoni possono definirsi naturalmente appoggiati in quanto le stesse caratteristiche della vostra voce aiutano, in maniera del tutto inconscia, il diaframma a salire, spingendo il fiato al di sotto delle corde vocali, che provvederanno a trasformarle in suono. Ciò non vuol dire che non bisogna lavorarci su, anzi! Tutto questo potrebbe costituire il punto di partenza per capire (ragazzi,il miglior maestro siete voi stessi!!) cosa fa la vostra muscolatura addominale quando vi trovate nella ottava cosidetta "comoda". Diverso è il discorso sulla respirazione. Tenete presente che questi "suoni facili" potranno essere emessi correttamente, e quindi diventare oggetto di studio, solo dopo che avremo messo a posto il nostro movimento inspiratorio ovviamente di tipo diaframmatico o costo-diaframmatico, mai clavicolare. Ma di ciò parleremo più dettagliatamente nei prossimi incontri. Diciamo che stiamo prima imparando a giocare "sotto rete"! -------------------------------------------------------------------

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L'appoggio, ovvero il fantasma dell'Opera!

di Riccardo Canessa

L'APPOGGIO

PARTE PRIMA: L'OTTAVA COMODA

Ricordo un simpatico Professore che, un po' di anni fa, nell'organizzare un Corso di Foniatria e Canto a Napoli, quando chiese ai suoi allievi "chi di voi parlerà della questione dell'appoggio?", accompagnò la domanda afferrando con le mani il proprio ventrone fantozziano. Poichè ero presente mi divertì molto quel gesto tanto spontaneo quanto grottesco, andando col pensiero ai molti problemi che la mancata recezione di tale meccanismo porta agli studenti di canto.

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Sono moltissime le cose da chiarire riguardo l'argomento: ritengo inoltre che qualsiasi opinione possa essere sia opinabile sia degna di considerazione. Ma procediamo con ordine. Direi che la prima cosa da stabilire è quella di dare una precisa definizione dell' "appoggio", cosa assolutamente non facile. Cominciamo col dire che sono due i parametri di cui tener conto: il primo rigorosamente fisiologico, il secondo di analisi acustica, ma in entrambi i casi parlerei comunque di "sensazione" ovvero non possiamo mai riferirci ad un qualcosa che valga sempre per tutti. Partiamo dal presupposto che chiunque cominci a studiare canto sia dotato di un certo materiale vocale che si evidenzierà in un determinato numero di note; in alcuni,ad esempio, è particolarmente immascherata la prima ottava, in altri vi è più facilità nell'emissione acuta o in quella grave,insomma vi è sicuramente un range in cui si avrà la sensazione di cantare senza apparente fatica.

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Ebbene sappiate, anche se non pienamente valorizzati, che questi suoni possono definirsi naturalmente appoggiati in quanto le stesse caratteristiche della vostra voce aiutano, in maniera del tutto inconscia, il diaframma a salire, spingendo il fiato al di sotto delle corde vocali, che provvederanno a trasformarle in suono. Ciò non vuol dire che non bisogna lavorarci su, anzi! Tutto questo potrebbe costituire il punto di partenza per capire (ragazzi,il miglior maestro siete voi stessi!!) cosa fa la vostra muscolatura addominale quando vi trovate nella ottava cosidetta "comoda". Diverso è il discorso sulla respirazione. Tenete presente che questi "suoni facili" potranno essere emessi correttamente, e quindi diventare oggetto di studio, solo dopo che avremo messo a posto il nostro movimento inspiratorio ovviamente di tipo diaframmatico o costo-diaframmatico, mai clavicolare. Ma di ciò parleremo più dettagliatamente nei prossimi incontri. Diciamo che stiamo prima imparando a giocare "sotto rete"! -------------------------------------------------------------------

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Si accennava prima a due sensazioni, fisiologica e acustica. L'una dipende strettamente dall'altra: se un suono viene fuori in modo corretto vuol dire che la muscolatura addominale sta nella giusta tensione (pancia in dentro? pancia in fuori? wait a moment!) e convergentemente aiuta l'analisi acustica del suono stesso. Attenzione: avrete sicuramente notato che insisto moltissimo sulla presenza dei "suoni", anche troppo forse. Ebbene sto cercando di dire che non basta la perfetta conoscenza dei meccanismi respiratori, della muscolatura addominale, della laringe se non vi è anche materiale vocale. Così come chi ha la fortuna di possederne non potrà mai acquisire una tecnica se non conosce e studia su se stesso le conoscenze cui accennavo prima.

Tirando un attimo le somme riassumiamo: * l'appoggio è una sensazione sia muscolare sia acustica che si può acquisire dopo un bel po' di lavoro: quando il maestro dopo quattro lezioni vi urla "appoggia! appoggia!" e voi vi sentite dei poveri deficienti, non dovete sin da ora preoccuparvi. Ci vuole tempo. * E' conveniente analizzare le sensazioni fisiologiche, ovvero capire cosa fa la vostra muscolatura addominale, partendo dalla vostra ottava comoda, quella cioè che viene fuori senza apparente fatica. Considerate però che anche in questa gamma di suoni naturali il tutto va poi rinforzato, ottenendo soprattutto un aumento della tonicità muscolare in un campo vocale che ci trova abbastanza predisposti.

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Successivamente parleremo di quando si esce fuori da queste note e cosa le varie scuole affermano sull'argomento (pancia in dentro? pancia in fuori? stand by, please!).

L'appoggio, ovvero il fantasma dell'Opera!

di Riccardo Canessa

PARTE SECONDA: LA FASE FONATORIA

Nel precedente paragrafo ho pregato di pazientare un po' in merito al dilemma che riguarda il lavoro della "pancia" nella produzione del suono. Dove per pancia s'intende ovviamente la muscolatura addominale. Anche questa volta, prima di affrontare l'argomento, desidero ribadire che quello che riporterò in queste pagine è frutto di una lunga inchiesta svolta con circa quaranta cantanti in carriera; quindi, diciamo così, in queste pagine non si vuole insegnare qualcosa,bensì informare.

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La maggior parte dei cantanti da me interrogati alla domanda "pancia in dentro o pancia in fuori?" ha risposto che la loro sensazione al momento della produzione degli acuti è quella di contrarre dinamicamente i muscoli addominali retti, posti in maniera parallela al di sotto

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dell'ombelico, dando così la sensazione di "appoggio". La fisiologia conforta questa sensazione, in quanto tale contrazione riduce notevolmente il volume dei visceri, favorendo una veloce risalita del diaframma. In tal modo l'aria al di sotto delle corde vocali viene sospinta con una pressione maggiore, favorendo quella trasformazione fiato-suono che è poi il momento che più ci interessa.

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Va ricordato che nei suoni acuti le corde vocali sono più tese rispetto al centro, quindi la loro vibrazione va sostenuta, come si diceva prima, non tanto con un flusso di fiato costante, ma con maggior pressione. Quindi è preferibile, durante il lavoro di vocalizzo, fare ben attenzione in modo che il suono sia sempre PRECEDUTO da questa contrazione; una sorta di preparazione che va applicata anche nel lavoro sulla prima ottava, in modo da memorizzare il movimento.Scommetto che vi starete chiedendo: ma allora perchè mi dicono di tenere la pancia in fuori, al momento degli acuti? La risposta è che in realtà tutto deriva dal tipo di respirazione che si sta applicando. I movimenti di cui si accennava prima sono plausibili se si usa la respirazione diaframmatica, ovvero curando in particolar modo che questi risulti perfettamente abbassato. Nella respirazione costale, al contrario, il diaframma si tende, quindi il lavoro addominale nella fase di produzione del suono deve essere più COSTANTE e meno dinamico. Ciò giustifica quella sensazione di pancia in fuori strettamente connessa a tale movimento inspiratorio, poichè favorisce l'assetto costante della muscolatura addominale obliqua, stavolta.

Tirando un attimo le somme riassumiamo: * in fase fonatoria l'atteggiamento della pancia non può essere disgiunto dal tipo di respirazione che si sta usando, in quanto, in base a ciò, vengono impiegate muscolature diverse.* per stabilire quale tipo di respirazione sia preferibile rispetto all'altra è opportuno analizzare sempre e comunque il suono che viene fuori: a volte una respirazione diaframmatica, specie in caso di voce leggera e già di per sé tendente all'acuto, può essere controindicata, poiché si corre il rischio di appesantirla inutilmente.

* ricordate che nel canto, non mi stancherò mai di puntualizzarlo, NON ESISTONO REGOLE PRECISE: se vi capiterà, come è plausibile, di incontrare colleghi o insegnanti che vorranno imporvi un certo tipo di tecnica fate attenzione. Non è assolutamente detto che ciò che vale per un cantante debba costituire legge anche per un altro. Tutto va personalizzato alla propria voce con pazienza, studio e autocritica.

* anche per quanto riguarda la conformazione della laringe (a tal proposito è buona norma consultare un foniatra non necessariamente se si ipotizza una qualche patologia) è importante sapere le caratteristiche del "proprio strumento": la grandezza, il colore, l'elasticità delle proprie corde vocali sono conoscenze indispensabili ANCHE per stabilire i vari parametri di cui sopra.

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Per concludere....il dibattito è aperto!!!

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La Respirazione

ovvero "Parmi veder le lacrime"

di Riccardo Canessa

"Se per un giovane cantante è molto arduo arrivare a coronare col debutto lunghi anni di studio, forse ancor più difficile è, successivamente, mantenere integro il patrimonio vocale, conservandolo con oculata e prudente gestione".Con queste parole il mio amico Leone Magiera, forse la banca dati più attendibile nel mondo dell'Opera, comincia il capitolo sui primi anni di carriera di Luciano Pavarotti; il libro da cui è tratto questo riferimento è, appunto, "Luciano Pavarotti, metodo e mito" ed. Ricordi, 1990.Per ottenere lo scopo postulato da Leone è ovvio che la conoscenza del meccanismo respiratorio ne è requisito indispensabile.Sono molti gli errori che lo studente compie in tal senso. Ed anche molti maestri trascurano un po' l'argomento (respira in maniera naturaleeee!!!).Procediamo con ordine.

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1) Fase inspiratoriaPartiamo da un fatto inequivocabile: il diaframma è un muscolo inspiratorio, ovvero si contrae inalando aria e si rilassa al momento dell'espirazione (questo ovviamente nella respirazione "tranquilla", quella cioè che usiamo inconsciamente per... campare!). Nel canto lirico bisogna tendere al massimo questo muscolo per ottenere una risalita altrettanto potente e vigorosa, al fine di far vibrare le corde vocali, in quel momento particolarmente tese e allungate. Ecco perchè molti maestri sono concordi nel riconoscere l'inspirazione costo-diaframmatica come la più funzionale per poter incamerare la maggior quantità d'aria possibile. Assolutamente sconsigliata è la respirazione clavicolare in quanto non favorisce quella spinta in basso del diaframma e, di conseguenza, non ne permette un veloce movimento a stantuffo.

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2) Fase espiratoriaIn realtà il vero nocciolo della questione sta proprio nella emissione, poichè entrano in gioco più parametri legati, è ovvio, anche alla qualità della voce stessa.Vediamo, sempre con l'aiuto dell'esperienza di Leone Magiera, quali sono le principali scuole di pensiero sull'argomento.

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a) La prima, teorizzata da vecchi maestri del passato, quali Bertazzoni, Pola ed altri, propende per una lenta emissione dell'aria, ottenuta contraendo i muscoli dell'addome all'indentro.b) La seconda, al contrario,dopo il riempimento costo-diaframmatico, uno svuotamento ottenuto con il rilascio dei muscoli addominali; visivamente si traduce nella sporgenza verso l'esterno dell'addome.c) La terza, attribuita a Joan Sutherland da Freni e Pavarotti, parla di un appoggio misto, proporzionato all'apertura della bocca (interessante...).d) La quarta, utilizzata ad esempio da Sesto Bruscantini, consiglia di coinvolgere nella sensazione dell'appoggio una tensione dei muscoli toracici posteriori e, addirittura, dei glutei.

Come avete detto? Volete sapere qual è la migliore?La risposta che posso darvi ha solo basi anatomiche, non è detto che sia quella esatta: la prima.Ma mi affascina la terza perchè ottenuta ed elaborata da due artisti che hanno avuto la prerogativa e la costanza di abbinare ad un eccezionale dono di natura uno studio altrettanto metodico; e i risultati, dite ciò che volete, perlomeno in termini di longevità vocale si sono visti!In conclusione l'unica reale possibilità di controllare la giustezza della respirazione, e di conseguenza dell'appoggio, "risiede nella qualità del suono emesso dal cantante"."Un suono rotondo che si sviluppa nel corso degli studi, la freschezza vocale del cantante dopo le esecuzioni, la possibilità di fraseggiare su un ampio arco di fiato, l'elasticità utile ad affrontare frasi che richiedano scatto, sono tutti segni di una corretta respirazione".Un grazie a Leone Magiera e... come sempre in bocca al lupo!!

Domande e risposte sulla voce

di Riccardo Canessa

1) In poche parole... quali sono le differenze tra una voce "impostata" e una no? Tutto ciò che appartiene al mondo dei suoni possiede una "frequenza" ovvero un'altezza, misurata in Hertz, a secondo della quale avverrà la propagazione all'esterno. Maggiore sarà l'altezza del suono, più facile sarà la recezione a distanza da parte dell'orecchio umano: se ci fate caso la sirena di un'autoambulanza, suono di per sè acutissimo, è tale affinchè la si possa sentire a notevole distanza e prepararsi in tempo a darle strada. Nel canto il discorso è molto simile. Tutte le note che un cantante emette corrispondono ad altrettante frequenze: il celebre "LA" a 440 Hz, riferimento della accordatura orchestrale, ne è un esempio. La vibrazione delle corde vocali è perfettamente parallela al discorso frequenziale, ma nel canto lirico c'è la sostanziale differenza dell'uso delle "risonanze" corporee che hanno la prerogativa (se ben usate!) di moltiplicare la frequenza fondamentale (data dalla vibrazione cordale) e renderla dinamicamente più adatta a camminare nello spazio, possibilmente quello della Scala!!

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Semplificando una voce "impostata" ha la sua sede all'interno delle risonanze; una "non impostata" sia dal punto di vista frequenziale sia naturalmente estetico, rimane "laringea", ovvero priva di quel carattere di dinamicità, che è requisito fondamentale della voce lirica.

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2) Esiste la "voce naturale", ossia quella voce che non ha bisogno di studiare perchè già impostata naturalmente? Certamente esistono delle voci che la natura ha dotato oltre che di colore particolare, anche di un'impostazione naturalmente presente nelle risonanze. In realtà la quasi totalità di chi comincia a studiare canto lirico possiede una gamma di note "facili". Il problema è che non ritengo ci si possa esimere da uno studio "matto e disperatissimo", perché, se è vero che esistono voci "naturali" non va dimenticato che senza una adeguata tecnica respiratoria il tutto potrà, nel giro di poco tempo, andare a farsi benedire. E gli esempi davvero non mancano.... D'altronde penso che lo studio sia della tecnica sia della musica sia indice di sensibilità culturale da parte dello studente che aspira a diventare un buon cantante: bisogna fare molta attenzione poiché il pubblico che ascolta si accorge immediatamente se si trova di fronte ad un professionista o ad un fuoco di paglia!

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3) Le agilità si conquistano con lo studio o chi non le ha in natura deve rassegnarsi?Ahimè stavolta penso che la natura ci metta un grosso zampino, poichè nelle agilità occorre una grossa componente di predisposizione. Certo con lo studio le cose possono magari migliorare, ma troverete sempre quello (o quella) che le fa meglio di voi! Con questo non voglio dire di rassegnarvi, ma non pretendete di arrivare a traguardi difficili se non impossibili. Ogni voce ha le sue caratteristiche e, di conseguenza, il suo repertorio. Anche chi ossiede le agilità può avere limiti, ad esempio, nel canto legato e nell'estensione (non mi fate far nomi,per carità!).

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4) Come mai oggi mancano quasi del tutto alcune voci,come quella di tenore drammatico?Non direi che mancano. Piuttosto vengono troppo generalizzati i ruoli, specie nella corda dei tenori. Mi spiego. I grandi compositori quasi sempre al momento di concepire un ruolo e di comporne la tessitura conoscevano perfettamente chi lo avrebbe interpretato. Esiste un documento molto significativo dove il tenore Duprez, primo interprete di Pollione in Norma, invia a Bellini le caratteristiche della sua voce, in modo che quest'ultimo potesse darsi una regolatina. Pensate un po' nel corso dei secoli alle mutazioni stilistiche che può aver avuto il ruolo di Pollione: egli non è certamente un eroe, se è vero che andava per suore, però alla fine lo diventa andando a morire con Norma. Quindi che tenore occorre per cantare questo ruolo: lirico? drammatico? E' chiaro che al giorno d'oggi, con la difficile adeguata copertura dei cast, tutto diventa più complicato. Pensate ad esempio all'enorme crisi che sta vivendo il ruolo del Duca di Mantova in Rigoletto: da quanto ormai non leggiamo una recensione che indichi una voce finalmente adatta a questo ruolo.Ma non serve fare dietrologia. Il fatto è che l'opera adesso si fa molto più di quarant'anni fa, con l'avvenuta moltiplicazione dei Teatri in tutto il mondo. Bisogna che i professionisti, che godono la mia più totale ammirazione per esserlo diventati, siano più consapevoli del

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repertorio in cui possono esibirsi, oltre che per motivo di giusto guadagno, come testimoni e custodi dello stile di cui sono esecutori.

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5) Con che criterio potrei valutare se un maestro di canto è valido o meno?Semplicemente se si è in grado di capire di star facendo o meno cose giuste e, soprattutto, senza avvertire fatica a livello laringeo. Non credo a chi mi dice "studio da cinque anni, ma non ho combinato niente!". A costui potrei rispondere "guarda che la colpa è anche tua!".La valutazione sul proprio maestro deve essere serena, onesta e un tantino cinica.Ma chi fugge da un maestro per andare da un altro e poi un altro ancora, per non concludere nulla, evidentemente non era destinato a fare il cantante.

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6) Esistono esami clinici che posso fare per sapere che tipo di voce ho?Esistono strumenti in grado di dare un buon inquadramento, ma nessuna sentenza definitiva. Dovrei, da buon logopedista, essere il principale sponsor della materia foniatrica, ma devo riconoscere che va lasciato al canto quel margine di empiricità dovuto alla sensibilità artistica del cantante. Già perchè l'inquadramento foniatrico va preso come giusto aiuto per controllare e verificare la correttezza "clinica" della propria emissione.Questo argomento, però, verrà approfondito con un capitolo a parte, magari con l'aiuto di un foniatra.

Una voce poco faovvero chi ci capisce niente!

La terminologia del Canto

di Riccardo Canessa

Non voglio fare pubblicità al mio libro (costa talmente poco!!), ma non resisto alla tentazione di raccontarvi qualcosa sul capitolo che più mi ha divertito scrivere: quello sulla terminologia usata nell'insegnamento del canto. So bene che chi tradurrà questo mio scritto in inglese dovrà usare un metodo strettamente letterale, ma suppongo, grazie anche ad un pizzico di esperienza, che le espressioni come "apri la gola" o "pensa il suono aereo" sono da considerarsi baggianate internazionali, quindi anche i nostri amici d'oltreoceano potranno farsi due risate. Però facciamo una premessa seria.Io non contesto l'empiricità dei termini che di solito vengono usati fra maestro e allievo, ma come ormai è chiaro, mi immedesimo in coloro che da tutto ciò non ricavano un bel niente: "il mio insegnante dice che io non riesco a trovare le cavità; che devo fare??".Insomma riassumiamo, con un po' di ironia, le più frequenti e colorite espressioni riferitemi dai disorientati allievi:

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1) Trovare la punta. . . . . . . Vorrebbe dire accorgersi che il suono è in posizione giusta, ovvero immascherata e che dirigendosi verso l'ascoltatore dà l'impressione di colpirlo a mo' di freccia. Nella realtà ciò si potrà raggiungere dopo mesi e mesi di studio, senza "pensare di. . ", ma lavorando alacremente su sé stessi.Se poi questa benedetta "punta" non dovesse arrivare, pazienza: un cantante in meno, ma perlomeno si è ancora in tempo per costruirsi un altrettanto fulgido avvenire!

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2) Apri la gola!! Questa è la mia preferita! Alfredo Kraus, quando ne parlammo una volta, mi disse che alla maggior parte dei cantanti che, nel domandargli consigli, usavano questa metafora, egli era solito rispondere "mi dispiace ma ho dimenticato il cacciavite a Lanzarote!". Adesso, seriamente, questa sensazione di libertà nel canto la si può ottenere solo al momento in cui sia avvenuta la connessione fra fiato e suono, cioè a meccanismo di appoggio ampiamente raggiunto.

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3) Il suono devi pensarlo avanti!Generalmente questa espressione viene accompagnata da alcuni starnazzi e il pollice e l'indice che si toccano nervosamente le ossa del cranio. Questo vi basti. Se mi avete seguito ogni spiegazione è inutile.

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4) La voce non gira!Anche qui vi è di solito una gestualità: pollice ed indice che, partendo dalla laringe, girano verso la testa. Effettivamente, specie se un vocalizzo è fatto bene, si può avere l'impressione che la voce, partendo dal registro di petto, si insinui tra le risonanze di testa rendendo il suono piacevole e ben posizionato, grazie ad un buon lavoro del diaframma. Altrimenti appunto "la voce non gira".

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5) Voce che "balla" o a "pecorella"Si tratta di diverse frequenze di vibrato. Il range ottimale per ottenere, oltre che un certa piacevolezza di suono anche il "taglio" della buca orchestrale, è di circa 6 oscillazioni in un secondo.Se dovessero essere inferiori (cfr. Turandot - Timur : Delitto orre e e e e e endo!!) siamo in presenza di una voce "che balla". Se, al contrario, tali oscillazioni dovessero essere superiori al valore sopraindicato (cfr. Serva Padrona - Serpina: "A Serpiiiiiiiiiiiinaaaaaaa piiiiinziiriiiiitiiii) avremo la famosa "pecorella".

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Se qualcuno mi scriverà dicendomi "D'accordo, ma Corelli?" gli risponderò "quando si possiede la statura di un grande artista tutto, nel canto, diventa relativo!" A proposito, gli esempi che ho riportato erano usati da alcuni miei amici cantanti per indicare velenosamente i difetti di certi loro colleghi. Non fatevi illusioni, il canto è anche questo!!

L'Insegnante

di Riccardo Canessa

Avrete certamente letto sui principali quotidiani del ripristino da parte del Teatro alla Scala di quella che era la Scuola di Perfezionamento per cantanti lirici. Tutto ciò, in realtà, avverrà in modo tale da aggirare l'ostacolo della incompatibilità degli Enti Lirici con la Formazione Professionale, che allo stato, è demandata alle Regioni. Dunque attraverso il contributo della Camera di Commercio, che di fatto ha già stanziato cinque miliardi per la costituenda Fondazione per il Teatro alla Scala, il Banco Ambroveneto e la Fondazione stessa, rinascerà, sotto l'opportuna supervisione del Sovrintendente Fontana e del Maestro Riccardo Muti, una sorta di vera e propria Università del Canto Lirico.Soffermiamoci un attimo sui perché di questa scelta.La figura dell'insegnante di canto ha una definizione estremamente ampia e che concede spazio a numerose improvvisazioni. Si va dal grande ex cantante di chiara fama al vecchio maestro di provincia che, magari, sapendo la differenza fra un Fa diesis e un Fa naturale ritiene di poter essere in grado di trasmettere il suo sapere a qualche speranzoso allievo.Badate bene: non voglio essere dispregiativo, non ne avrei l'autorevolezza .Ma converrete con me che, specie in Italia, "insegnante di canto" è la professione più diffusa dopo il "commissario tecnico della Nazionale di calcio".Il Maestro Muti, con molta onestà, conviene che gran parte della colpa della attuale mancanza di voci è anche degli stessi direttori d'orchestra, forse poco attenti alle "tradizioni" dell'Opera e più concentrati sulla filologia a volte inutile ed esasperata. Ricordate qualche anno fa l'esplosione della Rossini Renaissance? Per carità, guai a ridere ascoltando il Barbiere!Dunque la superscuola di Milano, in un certo senso, tornerà all'antico, convocando come docenti grandissimi ex-cantanti: si va da Sesto Bruscantini a Renata Scotto, da Christa Ludwig a Magda Olivero. I fortunati dodici allievi che saranno ammessi al corso potranno attingere dall'esperienza di costoro e, si spera, proiettarsi verso una carriera altrettanto prestigiosa.Il problema però rimarrà inalterato per gli altri innumerevoli studenti di canto che, quotidianamente, affrontano il difficile approccio con i vocalizzi, la ricerca di una propria identità vocale e i tentativi per entrare in carriera. Da qui si evince l'importanza di avere un buon insegnante, che, intendiamoci, non necessariamente dovrà appartenere alla schiera dei "mostri sacri" del palcoscenico.Miei cari lettori, dopo tanto tempo consentitemi di farvi osservare una cosa: il canto non è una scienza esatta, è un'arte. E come tale non può esistere l'insegnante perfetto: chi di voi studia canto DEVE saperlo.

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L'importante è essere consapevoli dei propri effettivi mezzi, evitando inutili narcisismi. La carriera, il successo, i soldi dipenderanno da tanti fattori, tra cui anche una buona dose di fortuna.