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La svolta degli anni ‘60-’70:nuove chiavi di lettura?

Bernardini GiovanniIstituto Storico Italo-Germanico di Trento

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• Quando si sono prodotti alcuni fenomeni che oggi danno forma al nostro mondo?

• In altri termini: andando a ritroso, quando riconosciamo i lineamenti delle questioni che oggi sono considerate “urgenti”, o preoccupanti, o promettenti?

• In questo senso, il passaggio a cavallo tra gli anni ‘60 e ‘70 del Novecento è ritenuto oggi fondamentale per varie ragioni

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• Chiaramente è un “gioco” che ha bisogno di alcune avvertenze (e magari ne discuteremo insieme a fine lezione):– Pensare in termini di “mutamento radicale” è spesso

frustrante perché questo non succede quasi mai (anzi: poi vedremo che si possono sempre sollevare obiezioni a questo schema generale)

– Ragionare in termini di cambio di paradigma (ne avevamo parlato la volta scorsa): il cambiamento mentale è sempre più lento di quello materiale

– Alcuni di questi mutamenti all’epoca non furono visti come tali, o furono sottostimati proprio perché li si guardava con gli occhi e con i paradigmi dell’epoca

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• Due temi:– Mutamento strutturale della Guerra Fredda– Mutamento dell’economia internazionale

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Il lungo tramonto della guerra fredda?

• Inizio anni ’60: la Guerra Fredda raggiunge– estensione globale– maggiore “dinamicità” nel rinnovamento

ideologico– massima pericolosità per il mondo intero

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La Presidenza Kennedy

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Nikita Krusciov al potere• Tra il 1953 e il 1958 l’Unione Sovietica conosce il

suo boom economico: ambizione a superare l’Occidente su questo terreno entro gli anni ‘60

• Krusciov emerge dalla lotta di potere come nuovo leader (Segretario del PCUS) dell’Unione Sovietica

• Insistenza sul riarmo, ma anche sulle necessità di sviluppo e consumi che fino a quel momento erano state duramente sacrificate

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La Presidenza Kennedy• Accettazione della sfida di Crusciov per “l’anima”

del Terzo Mondo• Rilancio del contenimento su scala globale:

“Pagheremo ogni prezzo, sopporteremo ogni peso, affronteremo qualsiasi difficoltà, sosterremo ogni amico e ci opporremo a ogni nemico pur di assicurare la sopravvivenza e la vittoria della libertà”

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La Presidenza Kennedy• Gli Stati Uniti, soprattutto dopo l’elezione di

Kennedy alla presidenza, avrebbero risposto con l’ideologia della “modernizzazione”, che è già un passo ulteriore rispetto alla dottrina “ricchezza contro comunismo”

• È l’idea che il capitalismo postbellico (già affermatosi in Europa occidentale) offrisse una ricetta efficace per governare i conflitti sociali, diffondere il benessere e “omogeneizzare” il Terzo Mondo rispetto all’Occidente

• Critica: era una riformulazione delle dottrine “civilizzatrici” degli imperi?

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La Presidenza Kennedy• Banco di prova fu l’ “Alleanza per il Progresso” in

America Latina• È una reazione diretta e contraria alla rivoluzione

cubana• Lotta alla povertà e al comunismo, obiettivo di

crescita di una classe media per depotenziare le classi (operai, contadini) più a rischio della propaganda rivoluzionaria

• Legare lo sviluppo del subcontinente agli Stati Uniti

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La Presidenza Kennedy• I risultati, in larga parte deludenti, dimostrano

quando fossero errati i presupposti:– Pur di contrastare il comunismo, si finisce per

dialogare e spesso appoggiare governanti tutt’altro che democratici

– L’imposizione di un modello di sviluppo esterno e uguale per tutti su situazioni del tutto differenti porta a distorsioni e sperequazioni enormi

– Si rafforza la dualità continentale: Stati Uniti ricchi e “prepotenti”

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Lo scontro sino-sovietico• Ma i problemi nell’esportazione del proprio

modello non riguardavano soltanto gli Stati Uniti• Nel campo sovietico l’emersione di contrasti e

divergenze diventa evidente con lo scontro tra Cina e Unione Sovietica

• Dal 1954 la cooperazione economica si era intensificata. Tuttavia, la richiesta di Pechino alla tecnologia nucleare costituisce un probema

• Critica di Mao al “revisionismo” contro Stalin e all’intervento in Ungheria

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Lo scontro sino-sovietico• Soprattutto: critica alla leadership di Mosca sul

movimento comunista mondiale; e critica del modello unico di socialismo che Mosca vorrebbe imporre ovunque

• Inizia la sfida per il primato tra i movimenti anticolonialisti e rivoluzionari

• Dal 1958 inizia il “Grande balzo in avanti”: politica di industrializzazione a tappe forzate, collettivizzazione dell’agricoltura e requisizioni di terre. Risultati devastanti, con carestie che fecero 20 milioni di morti. Attriti con Mosca, che intendeva imporre ritmi più moderati

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Lo scontro sino-sovietico• Allo stesso tempo, Mao decide di accrescere la

tensione internazionale, bombardando le isole tra Cina e Taiwan occupate dai nazionalisti (Quemoy e Matsu)

• L’obiettivo è sabotare qualunque ipotesi di “Coesistenza pacifica” tra i due campi e di dialogo tra URSS e USA

• Anche se gli attacchi finiscono, i sovietici bloccano il trasferimento di materiale e tecnologia nucleare verso la Cina

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Lo scontro sino-sovietico• Dal 1959 Mao accusa l’URSS di voler controllare

completamente gli affari cinesi, anteponendo i loro interessi

• Tutti i tecnici sovietici nel paese vengono ritirati; la diatriba diventa pubblica

• Pechino arriverà alla bomba atomica nel 1964• È l’inizio di un dissidio politico che attraverserà

tutto il momento comunista internazionale• MA: la lente ideologica (il “monolitismo

comunista” è un postulato) farà sì che l’Occidente non saprà approfittarne a lungo

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La crisi di Berlino• Si discute ancora delle ragioni per cui Krusciov

dette origini alla crisi:– dimostrazione di “vitalità” sovietica in Europa? – Cedimento ai partner tedeschi orientali?– Desiderio di testare per l’ennesima volta la

determinazione statunitense a rimanere in Europa?– Forzare il riconoscimento paritetico dell’Unione

Sovietica e spingere gli Stati Uniti a regolamentare i rapporti bipolari?

• Di certo c’era una distanza economica e di benessere tra le due Germanie che cresceva progressivamente

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La crisi di Berlino

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La crisi di Berlino• Nel novembre 1958 Krusciov annuncia un

ultimatum: senza un trattato di pace sulla Germania, entro sei mesi l’URSS avrebbe trasferito alle autorità della Repubblica Democratica Tedesca il pieno controllo degli accessi su Berlino

• Questo significa che Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti (responsabili per Berlino ovest) saranno obbligati a trattare direttamente con autorità che non riconoscono

• Nonostante le tentazioni di negoziare, alla fine i tre rigettano l’ultimatum

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La crisi di Berlino• Elezione di Kennedy e incontro con Krusciov a

Vienna nel giugno 1961: viene ribadito l’ultimatum su Berlino ma Kennedy lo rigetta

• In definitiva, Krusciov non ha intenzione di rischiare una guerra nucleare per Berlino

• Il 13 agosto si prende l’unica soluzione che sembra percorribile, che viene auspicata dai governanti tedeschi dell’est (unità di fuga dal paese intorno alle 3.000 al giorno!)

• e che in fin dei conti non dispiace nemmeno agli statunitensi

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La crisi di Berlino

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La crisi di Berlino• Ulteriore, devastante insuccesso sovietico in

Europa e nel mondo. Si rafforza l’idea che i popoli dell’est siano prigionieri dei loro regimi

• Fu però evidente presto che anche per gli americani la soluzione non era così sgradita. Come avrebbe detto Kennedy in sede riservata: meglio un muro di una guerra

• Si rafforza l’idea, almeno presso alcuni, che l’Europa (o il mondo intero?) sia ostaggio della contrapposizione USA-URSS: “Guerra impossibile – pace improbabile”

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La crisi di Berlino• Dopo molte accuse di scarsa reazione (ma si

sarebbe potuto fare qualcosa?), Kennedy compie un viaggio “riparatore” a Berlino. Accolto da una folla oceanica che testimonia il desiderio della città di resistere.

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Verso l’equilibrio del terrore

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Verso l’equilibrio del terrore• Gli anni ‘50 e ‘60 non sono caratterizzati soltanto

da una sfida di modelli• Inizia una corsa folle ad armamenti nucleari

sempre più potenti e quindi distruttivi• Già alla fine degli anni ‘40, come abbiamo visto,

gli Stati Uniti hanno perso il monopolio nucleare• Nel 1952 esplode la prima bomba statunitense a

fusione nucleare (molto più potente di quelle a fissione sganciate sul Giappone)

• Anche su questo terreno, l’URSS avrebbe raggiunto presto la parità

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Verso l’equilibrio del terrore• Nel frattempo, altri paesi che desiderano

condurre una politica estera più autonoma dai blocchi, o che percepiscono pericoli del tutto particolari, si adoperano per costruire la bomba (Francia, Israele, Cina Popolare, poi India)

• Si tratta di armamenti che potrebbero mettere fine alla vita sulla terra

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Verso l’equilibrio del terrore• Einstein (sarebbe morto nel 1955): “Non so con

quali armi sarà combattuta la terza guerra mondiale, ma la quarta sarà sicuramente combattuta con la fionda”

• Nascono movimenti in tutto il mondo contro gli armamenti nucleari e soprattutto contro la segretezza degli esperimenti (che incentiva una rincorsa senza fine)

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Verso l’equilibrio del terrore• Ma presso i governanti e le alte sfere militari si

afferma il paradosso per cui l’arma nucleare è irrinunciabile proprio per la sua estrema distruttività, e che si tratti infondo di armi difensive

• “First strike capability” e “second strike capability”

• Dal 1954 l’amministrazione statunitense di Eisenhower afferma la dottrina della “Rappresaglia massiccia”: qualunque atto offensivo sovietico causerà una risposta con tutto l’arsenale statunitense

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Verso l’equilibrio del terrore• Il paradosso è: minacciare in modo credibile che

la guerra sarà più distruttiva possibile in modo da dissuadere l’avversario a scatenarla

• MA c’è un presupposto non detto: il territorio statunitense non può subire minacce dirette, al contrario di quello sovietico. L’URSS può essere colpita da armamenti nucleari dislocati in Europa, lo stesso non vale dagli Stati Uniti. O meglio, non valeva fino al 1957…

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Verso l’equilibrio del terrore• In quell’anno vengono testati missili

intercontinentali sovietici, capaci in teoria di colpire il territorio statunitense

• I sovietici sono persino in grado di mettere in orbita il primo satellite artificiale della storia: lo Sputnik

• Teoricamente, l’Unione Sovietica è in grado di lanciare testate nucleari sugli Stati Uniti e su tutti i loro alleati

• L’effetto psicologico negli Stati Uniti è devastante• Il colpo ulteriore è il viaggio nello spazio del

primo essere umano, Jurij Gagarin

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Verso l’equilibrio del terrore• Per qualche anno, serve a mascherare il reale gap

tecnologico che invece esiste tra USA e URSS• La reazione è un investimento massiccio in

tecnologia e armamenti da parte dell’amministrazione statunitense (tra il ‘61 e il ’64 le spese militari Usa crescono del 13%

• Basti pensare che in quegli anni, come reazione, nasce il progetto di sbarco sulla luna e persino il primo embrione di una rete di trasmissione dati a pacchetti per scopi militari (il “nonno” di internet)

• L’aumento vertiginoso di spese militari avviene in entrambe le superpotenze

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Verso l’equilibrio del terrore• Per qualche anno, serve a mascherare il reale gap

tecnologico che invece esiste tra USA e URSS• La reazione è un investimento massiccio in

tecnologia e armamenti da parte dell’amministrazione statunitense (tra il ‘61 e il ’64 le spese militari Usa crescono del 13%

• Basti pensare che in quegli anni, come reazione, nasce il progetto di sbarco sulla luna e persino il primo embrione di una rete di trasmissione dati a pacchetti per scopi militari (il “nonno” di internet)

• L’aumento vertiginoso di spese militari avviene in entrambe le superpotenze

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Mutual Assured Destruction = M.A.D.

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La crisi di Cuba• Ma il territorio degli Stati Uniti sembrava

vulnerabile anche da un altro punto: Cuba• L’amministrazione Eisenhower, ormai avviata alla

conclusione, aveva immaginato diversi piani per risolvere il problema cubano

• Uno di questi fu tentato nell’aprile del 1961, quando ormai Kennedy era Presidente

• Cubani addestrati e armati negli Stati Uniti sbarcarono nella Baia dei Porci.

• Dovevano incontrare il favore della popolazione e innescare la controrivoluzione, avendo poi l’appoggio militare degli Stati Uniti

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La crisi di Cuba• Al contrario, essi furono immediatamente

bloccati dall’esercito cubano• Kennedy si rifiutò di impegnare l’aviazione

statunitense e l’operazione fallì• Ma la minaccia di nuovi interventi non era

sfumata• Il valore simbolico di Cuba è enorme per Mosca:

decisa una massiccia assistenza economica, tecnica e militare

• Portare sul posto anche un credibile deterrente contro nuove iniziative: missili nucleari che controbilanciassero quelli statunitensi in Europa

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La crisi di Cuba• Dal maggio 1962 inizia l’operazione che doveva

dispiegare in segreto 40 missili nucleari a Cuba. Teoricamente sono per “autodifesa”

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La crisi di Cuba• A settembre, di fronte ai primi sospetti, sia

Kennedy che il Congresso si impegnano pubblicamente a impedire che Cuba ospitasse armi pericolose per gli Stati Uniti

• Un mese dopo le prove sono schiaccianti• Hanno origine 13 lunghissimi giorni di quella che

probabilmente è stata la più grave crisi della Guerra fredda, il momento in cui l’umanità arrivò a “contemplare il baratro della propria autodistruzione”

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La crisi di Cuba• Tuttavia, le stime realistiche dell’amministrazione

statunitense confermavano che l’equilibrio complessivo non mutava sostanzialmente

• Quindi, come sempre, il problema è ben più politico che militare

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La crisi di Cuba• Come sempre è a rischio la credibilità (“una

sconfitta in ogni luogo è una sconfitta ovunque”, come nell’NSC-68):– Gli alleati avrebbero dubitato della risolutezza dei

“protettori”– Il germe del castrismo si sarebbe diffuso in America

Latina– L’URSS avrebbe guadagnato in sicurezza e Krusciov

avrebbe avuto prova che, nonostante il mezzo insuccesso su Berlino, la sua strategia “provocatoria” era corretta

– Il Congresso e l’opinione pubblica avrebbero scatenato una tempesta politica per il cedimento dopo 15 anni di dogma di Guerra fredda

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La crisi di Cuba• Ciò che Kennedy non poteva sapere è che

Krusciov aveva dato ordine di non usare armi nucleari neanche in caso di invasione

• Quindi è sempre più evidente l’assurdità delle armi atomiche: non servono a nulla (visto che non si possono usare!), ma comportano rischi inimmaginabili

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La crisi di Cuba• Kennedy scarta le ipotesi più rischiose: né attacco

né invasione: “quarantena” (blocco) navale attorno a Cuba

• L’ONU serve come palcoscenico per la denuncia• Discorso alla nazione: gli Stati Uniti non accettano

mutamenti provocatori e ingiustificati dello status quo

• Il mondo col fiato sospeso

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La crisi di Cuba• 170 vascelli della marina Usa attuano il blocco; ai

mercantili sovietici viene dato ordine di fermarsi

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La crisi di Cuba• Giorni convulsi: abbattimento di un aereo spia

statunitense su Cuba; dubbi che Krusciov sia ancora al comando a Mosca, a causa di richieste contraddittorie da parte del Cremlino

• Come se ne esce: promessa scritta solenne (praticamente pubblica) da parte di Kennedy che gli Stati Uniti non invaderanno mai Cuba

• In via riservata, impegno a rimuovere missili Jupiter dalla Turchia entro sei mesi. Ma lo scambio deve rimanere segreto

• L’impressione finale è che gli Stati Uniti abbiano vinto il braccio di ferro

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La crisi di Cuba• Questa “sconfitta” avrebbe determinato il declino

di Krusciov: la sua linea “avventurista” viene sempre più criticata dentro al Cremlino. Dal 1964 viene esautorato ma non eliminato fisicamente (è già una novità)

• In realtà, l’episodio genera disorientamento in entrambi i blocchi

• La leadership cinese denuncia sia l’avventurismo che il cedimento finale agli Usa e la disponibilità a trovare un accordo sopra alle teste e a spese altrui

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La crisi di Cuba• Discorsi non dissimili si fanno anche a occidente:

Washington rischia una guerra disastrosa, che sarebbe stata combattuta soprattutto in Europa, quando il suo territorio è minacciato. Ma farebbe lo stesso per difendere Berlino o l’Europa occidentale (o magari il Giappone)?

• In generale, cresce la coscienza che il mondo è preda dell’ “equilibrio del terrore”, e che un minimo incidente può portare alle peggiori conseguenze per tutti

• Sarà un motivo ricorrente di lì a poco nei movimenti di protesta del “ ’68 ”

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La crisi di Cuba• Per le due Superpotenze, i risultati sono

paradossali:• Ulteriore incremento delle spese militari per

ottenere la superiorità strategica sull’avversario. Non soltanto il nucleare, ma anche armamenti di terra, sistemi di difesa e di prevenzione, spionaggio, guerriglia e controguerriglia

• D’altro canto, entrambi i contendenti sanno che le armi nucleari non possono essere usate. Nonostante la rivalità intrinseca alla Guerra fredda, è possibile giungere a una sua regolamentazione?

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Il lungo inizio della distensione• Il 5 agosto 1963 USA, URSS e Gran Bretagna

firmano un accordo che bandisce gli esperimenti atomici nell’atmosfera e nello spazio.

• Nasce anche il “telefono rosso”: linea diretta tra Mosca e Washington

• Inizia un lungo e travagliato negoziato per “blindare” il club atomico: non fornire tecnologia e materiali a chi vuole realizzare un proprio arsenale nucleare

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Schizofrenia nei rapporti USA-URSS

• Il comportamento ambiguo delle due Superpotenze non agevola la comprensione dei loro reali obiettivi di lungo periodo

• Da un lato c’è la ricerca di una regolamentazione del loro conflitto permanente:

• Il 1° luglio 1968 viene firmato i Trattato di Non Proliferazione Nucleare, proposto a tutti gli altri stati del mondo

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Schizofrenia nei rapporti USA-URSS

• In sintesi, i punti fondamentali erano due:• Nel lungo periodo, il TNP avrebbe dovuto

promuovere il negoziato per limitare (e magari iniziare a ridurre) gli armamenti nucleari

• Nel breve periodo i firmatari si impegnavano:– Se erano in possesso di armamenti nucleari,

a non cedere tecnologia e mezzi per la loro costruzione ai paesi non nucleari– Se non ne erano in possesso, si impegnavano

a non cercare di acquisirne il controllo

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Schizofrenia nei rapporti USA-URSS• Sollievo nel mondo, per chi crede che si stia

realmente limitando la proliferazione dei rischi connessi all’arma atomica (chi ne entra in possesso è “affidabile” quanto hanno dimostrato USA e URSS durante la crisi di Cuba?)

• Inoltre: alcune potenze regionali o aspiranti tali non sono più convinte (se mai lo sono state) che i loro interessi corrispondano pienamente a quelli della superpotenza di riferimento

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Schizofrenia nei rapporti USA-URSS• Ma anche percezione diffusa che si stia

realizzando un “condominio” delle due superpotenze: un protettorato sul quale i cittadini del resto del mondo non hanno alcuna influenza

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Schizofrenia nei rapporti USA-URSS• D’altro canto, la Guerra fredda e l’influenza

delle superpotenze non cessa di estendersi anche ad altre aree del globo, sovrapponendosi e complicando dinamiche di natura regionale e peculiare

• L’esempio più evidente è il Medio Oriente, dove si combatte negli stessi giorni in cui si tengono le prime discussioni informali per il TNP

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Schizofrenia nei rapporti USA-URSS• Indipendentemente dalle crisi “periferiche”,

dalla metà degli anni ‘60 negli Stati Uniti crescono spinte che favoriscono la Distensione con l’Unione Sovietica:

• Ragioni interne: crisi del ‘Cold War consensus’• Ragioni internazionali: crisi della leadership

consensuale esercitata dagli Stati Uniti, e più in generale del prestigio morale di Washington nel mondo (soprattutto in conseguenza della Guerra in Vietnam)

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Schizofrenia nei rapporti USA-URSS• Europa occidentale:– Economia: declino relativo dell’egemonia

statunitense–Vietnam: l’Europa ha una posizione ormai

secondaria nei piani statunitensi–Cuba: rischi per l’Europa senza

contropartita– Esclusione permanente dal ‘club atomico’ in

seguito al TNP– Timore di un ‘condominio’ delle

superpotenze

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Schizofrenia nei rapporti USA-URSS• Da parte di Washington è sempre più forte il

desiderio di una tregua nella Guerra Fredda per ‘mettere ordine in casa’.

• Distensione = stabilizzazione• Se si giunge a qualche risultato, è perché

dall’altra parte della cortina di ferro si vive una situazione con risvolti del tutto simili

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Schizofrenia nei rapporti USA-URSS• Unione Sovietica:• Dal 1964 c’è un cambio di leadership: dopo

l’esito della crisi cubana, Krusciov viene progressivamente allontanato, a vantaggio di Breznev, personaggio ben più incline alla stabilizzazione rispetto a chi lo aveva preceduto

• Tentativi di riforma economica, sia in URSS che nel COMECON: sostanziale fallimento, ritardo tecnologico (colmabile solo grazie all’ovest), problemi di credito e alimentari

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• Gravi crisi all’interno della propria ‘sfera d’influenza:– Primavera di Praga – Dottrina Breznev della

sovranità limitata: segnale di forza o debolezza ?– Conseguente perdita di prestigio presso i paesi di

recente indipendenza: sempre più Mosca e Washington hanno problemi simili con i ‘non allineati’ e il Terzo Mondo: ne è un esempio la difficoltà sovietica di porre dei limiti alle attività dei comunisti vietnamiti

– Cina: dalla tensione agli scontri

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• Necessità di raffreddare almeno alcuni dei fronti ‘caldi’: rapporti con l’Europa, con gli Stati Uniti, corsa agli armamenti nucleari

• Per questo, nonostante la crisi cecoslovacca e l’impressione che essa provoca in occidente, continuano le trattative per il Trattato di Non Proliferazione

• L’episodio appare sempre meno come un caso isolato e limitato alla questione atomica, e sempre più come una logica di dialogo tra le Superpotenze, animate da desideri convergenti. Trovare un “codice di condotta” per la Guerra Fredda

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Nixon, Kissinger e la nuova politica estera

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• Certamente, Nixon era cosciente di:– Declino (quantomeno) relativo della potenza

statunitense– Necessità di concludere la guerra del Vietnam:

questo gli fa guadagnare l’elezione alla Presidenza. “Vietnamizzazione del conflitto”.

– Esigenze di ridimensionamento dell’impegno diretto americano all’estero (discorso di Guam; dottrina Nixon)

– Imprescindibile dialogo con l’Unione Sovietica e tattica “del bastone e della carota” per limitare gli effetti destabilizzanti della sua politica estera (“era di negoziato”)

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Henry Kissinger• “mente europea della politica americana”• Critica dei limiti concettuali della politica

estera statunitense dalle origini–Messianesimo e crociata morale– Il compito dell’amministrazione Nixon:

“educare il popolo americano alle necessità dell’equilibrio di potenza”.

• Coscienza dei limiti di azione

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• Per Kissinger il problema NON E’ la natura interna del regime sovietico, ma l’aggressività della sua politica estera

• Quindi, l’obiettivo NON E’ trasformare l’Unione Sovietica, ma indurla (‘stick and carrot’) ad abbandonare i suoi progetti di destabilizzazione del sistema internazionale

• Per questo, essa deve accettare la legittimità del sistema stesso e cooperare a costruire l’equilibrio e la stabilità

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Henry Kissinger• MA: non si distacca dall’ “ossessione per la

credibilità”• E soprattutto: la sua visione strategica bipolare

finisce per azzerare le specificità nazionali e regionali, come altri “cold warrior” prima di lui

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• Trattare con Mosca:• Diplomazia strettamente personale, sin dal

febbraio 1969• Massima segretezza

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• “La distensione non può essere perseguita selettivamente (…), è indivisibile”: teoria e pratica del linkage, la capacità di legare gli eventi tra di loro

• La riconduzione della politica estera al bipolarismo rende piatto il mondo della diplomazia statunitense ed impoverisce di contenuti il dialogo con gli altri paesi

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• Esigenza imprescindibile: ottenere la collaborazione sovietica per risolvere la guerra in Vietnam

• Il linkage si trasforma in una ‘prigione’• Già alla fine di gennaio c’era un accordo

sostanziale tra Nixon e Breznev sull’accettazione della parità strategica e sulla necessità di limitare gli armamenti strategici

• MA: senza progressi in Vietnam, stallo delle trattative SALT. Il 1970 verrà ricordato come un “anno perso” per le relazioni tra le due superpotenze

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• l’inizio ufficiale dei negoziati sarà soltanto a novembre

• Delegazioni sovietiche e americane con esperti di massimo livello si incontrano alternativamente a Vienna ed Helsinki

• Firma dell’accordo il 26 maggio 1972, durante la visita di Nixon a Mosca: la prima di un presidente statunitense in URSS dai tempi della conferenza di Yalta

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• Una valutazione: risultati commisurati alle aspettative ? Di certo non si interruppe la corsa agli armamenti nucleari

• Sicuramente l’apertura alla Cina rese i sovietici inclini a raggiungere un compromesso

• Soprattutto: i progressi coinvolsero quasi esclusivamente la componente militare della rivalità est-ovest. In una certa misura, la strategia kissingeriana non raggiunge lo scopo, e non sopravvivrà alla sua esperienza diretta di governo

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• Ulteriori incontri al vertice: nel 1973 negli Stati Uniti e nel 1974 in Unione Sovietica

• Risultati:– Convenzioni sulle armi biologiche– Trattato sui sistemi ABM– “Principi basilari delle relazioni”– “Accordo per la prevenzione della guerra

nucleare”– Altri accordi di cooperazione bilaterale– Premesse per il SALT II

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• MA: poteri ormai limitati di Nixon a causa dell’incedere dello scandalo Watergate

• In più: il clima è cambiato, distensione diventa in breve tempo una “parolaccia” che Ford cercherà di evitare in ogni modo durante la campagna elettorale

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• Non c’è stato un cambiamento di mentalità e di sensibilità popolare, proprio l’elemento che Kissinger sottostimava

• Riemerge il tema dei diritti umani e della moralità della politica estera. “Détente=appeasement”

• Il vero o apparente “nuovo espansionismo sovietico” sembra darne prova

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La distensione europea• La Distensione tra le due Superpotenze è

essenzialmente un tentativo di stabilizzazione dell’ordine bipolare: ridimensionare i costi e i rischi

• Strategia intrinsecamente conservatrice di Nixon e Kissinger: congelare lo status quo, soprattutto in Europa

• Tuttavia, in Europa occidentale crescono le voci di dissenso rispetto alla stabilizzazione sin dagli anni ‘70

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La distensione europea• La prima manifestazione è la Détente condotta

dal Presidente francese De Gaulle• Sin dal 1964 tenta un dialogo con Mosca: è un

tentativo di riprendere i tradizionali rapporti franco-russi

• Il fondamento di questa politica è che l’Unione Sovietica stia cambiando, e che sia un paese sempre meno comunista e rivoluzionario e sempre più simile alla vecchia Russia zarista

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La distensione europea• A fronte di questa evoluzione, era giusto che

gli europei si sottraessero alle logiche di Guerra Fredda statunitensi e ricercassero una loro politica indipendente per iniziare a mutare la condizione di divisione del continente: “Un’Europa dall’Atlantico agli Urali”

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La distensione europea• Questa politica si scontra con due limiti:– Ciò che la Francia ha da offrire all’URSS in termini

economici è limitato– Soprattutto: la crisi cecoslovacca dimostra che la

trasformazione dell’URSS ipotizzata da De Gaulle in realtà non è ancora compiuta

• A raccogliere il testimone della distensione europea a partire dalla fine degli anni ‘60 sarà la Repubblica Federale Tedesca con il Cancelliere Willy Brandt: la “Ostpolitik” o “politica orientale”

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La distensione europea• L’idea fondamentale è che, per indurre un

mutamento nei paesi dell’est e anche in URSS, sia necessario:– Far crescere la fiducia sulle reciproche

intenzioni non aggressive (“firma di trattati di rinuncia all’uso della forza”)–Nel caso della Germania, dimostrare che il

paese è realmente cambiato e che non esiste più alcun rischio di rinascita aggressiva. Riconoscere la realtà emersa dalla Seconda Guerra Mondiale

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La distensione europea– Intensificare i contatti economici,

secondo il principio per cui dove si fanno “affari” c’è meno rischio di escalation militari

– Intensificare i contatti est-ovest tra individui e società, in modo da “instillare” il cambiamento a est: dagli scambi tra studenti, agli incontri religiosi, ai meeting sportivi, alla riscrittura condivisa della storia per i libri di testo

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La distensione europea• In concreto, il governo Brandt normalizzava le

relazioni tra la Repubblica Federale Tedesca e l’Unione Sovietica, poi con tutti i vicini orientali. Questo passa attraverso il definitivo riconoscimento dei crimini commessi dal nazismo e delle responsabilità del popolo tedesco

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La distensione europea• L’ultimo passaggio è il riconoscimento che

ormai esistono due stati tedeschi e che essi devono avere rapporti per il bene del popolo tedesco (che rimane uno)

• Questo non chiude la porta alla riunificazione (cosa di cui all’epoca molti accusarono Brandt), ma lascia aperta la possibilità che questo avvenga esclusivamente con mezzi pacifici

• Nel 1973 i due stati tedeschi entrano all’ONU

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La distensione europea• Diffidenza da parte degli Stati Uniti:– Rischio di una neutralizzazione della Germania

e quindi di un crollo della NATO?– Rischio di una destabilizzazione dell’Europa

perché la Distensione sta creando troppe aspettative?

• Questo non avviene e anzi negli anni successivi la distensione europea (secondo le linee tracciate da Brandt) raccoglie frutti ben più duraturi di quella promossa dalle superpotenze

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La distensione europea• Dal 1972 al 1975 si lavora per dare vita a

una Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (CSCE)

• L’Atto Finale verrà firmato a Helsinki nell’agosto 1975 e costituirà una pietra miliare della distensione in Europa

• Per la prima volta dalla fine della Seconda Guerra mondiale, praticamente tutti i paesi europei cercarono di scrivere insieme le regole che avrebbero determinato i loro rapporti successivi

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Il “decalogo”:• Sovereign equality, respect for the rights inherent in

sovereignty• Refraining from the threat or use of force• Inviolability of frontiers• Territorial integrity of States• Peaceful settlement of disputes• Non-intervention in internal affairs• Respect for human rights and fundamental freedoms,

including the freedom of thought, conscience, religion or belief

• Equal rights and self-determination of peoples• Co-operation among States• Fulfillment in good faith of obligations under international

law

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La distensione europea• Si capisce l’importanza del “decalogo” se si

pensa che quei principi avrebbero costituito la base legale a cui si sarebbero appellati negli anni successivi tutti i movimenti di dissidenti nei paesi dell’est

• Di fatto, anche se ben presto il clima di Distensione arriverà a conclusione e torneranno a emergere tensioni, in Europa queste non giungeranno mai ai livelli precedenti (es. Berlino)

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La distensione europea• Rimarranno aperti sempre canali di dialogo,

anche quelli che faciliteranno nella quasi totalità dei casi una fine non violenta dei regimi comunisti

• Legami economici che consentiranno dopo l’89 un rapido avvicinamento all’Unione Europea

• Ma soprattutto: indurranno un mutamento silenzioso ma progressivo e costante delle società dell’est verso il pluralismo, minando alle basi i regimi che li governavano

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La distensione europea• La CSCE si è scontrata a lungo con lo

scetticismo statunitense. Soltanto in anni successivi, molti politici dell’epoca (compreso Kissinger) ammetteranno di averne sottovalutato la portata:

• “The Soviets desperately wanted CSCE, they got it, and it laid the foundations for the end of their empire. We resisted it for years, went grudgingly, Ford paid a terrible political price for going (…) only to discover years later that CSCE had yielded benefits to us beyond our wildest imagination. Go figure” R. Gates

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Gli anni ‘70 e la crisi del capitalismo postbellico

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La rivoluzione copernicana di Nixon

• Quando Nixon entra alla Casa Bianca, il suo progetto complessivo è la riformulazione della dottrina del “contenimento” con minori costi per gli Stati Uniti (distensione, “Dottrina Nixon”, maggiori carichi per gli alleati nella difesa comune)…

• … ma anche la riformulazione dell’egemonia americana contenendone i costi e aumentandone i guadagni

• Nel complesso, prendere atto che una fase del dopoguerra è finita

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• Minore disponibilità del Giappone a contenere il proprio espansionismo commerciale e ad aumentare le importazioni. Concorrenza feroce ai prodotti statunitensi in alcuni settori chiave (tessile, poi automobili…)

• La CE, sia pure tra mille timori, intraprende passi ufficiali verso una “Unione Economica e Monetaria” con l’obiettivo ultimo di armonizzare le politiche economiche e di adottare una moneta comune

• Il progetto del Nuovo Ordine Economico Internazionale (NIEO) continua ad aggregare nuovi consensi

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• In sostanza, dal mondo capitalista si levano voci che chiedono agli Stati Uniti di rivedere la loro egemonia, ma sempre in senso consensuale (accomodare le richieste altrui per il bene dell’intero sistema)

• Aumenta la fuga di capitali dagli Stati Uniti: cresce i passivo della bilancia dei pagamenti

• Nel 1971 gli USA registrano anche il primo deficit commerciale

• Due strade: soluzione multilaterale o unilaterale. Alla fine prevarrà la seconda

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“The simple fact is that in many areas other nations are out-producing us, out-thinking us and out-trading us”

John B. Connally

“We’ll fix those bastards”Richard M. Nixon

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• Il 15 agosto 1971 Nixon annuncia la sospensione della convertibilità del dollaro in oro e l’introduzione di una sopratassa del 10% sulle importazioni. È la sospensione del sistema di Bretton Woods, ma di fatto ne viene decretata la fine

• Segnala la fine della fase “consensuale” dell’egemonia statunitense

• Gli Stati Uniti sono liberi di spendere o meno il loro denaro senza riguardo delle esigenze del sistema (che non esiste più), ma soltanto considerando il loro interesse nazionale.

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• Conseguenze di medio termine:–Rinuncia a un sistema monetario

internazionale governato dalla politica (l’esatto opposto di Bretton Woods)– Il dollaro rimane il cardine del sistema, ma

soltanto sulla base della fiducia nella leadership degli Stati Uniti. Non ci sono più valori monetari oggettivi (leadership NON consensuale)– Le altre monete fluttuano reciprocamente.

È il mercato monetario che ne determina il valore giorno per giorno (oggi minuto per minuto)

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• Conseguenze di lungo periodo, insieme alla liberalizzazione della circolazione dei capitali:– i capitali possono andare liberamente dove

ci sono maggiori promesse di guadagno, anche a brevissimo termine–Una moneta solida e stabile è il mezzo con

cui attirarli–Ne consegue una nuova disciplina

economica interna ai singoli paesi: accrescere i margini di profitto a discapito del welfare, dei salari, della protezione del lavoro…

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• Non è una conclusione casuale: sin dall’immediato dopoguerra, in contrapposizione ai teorici del keynesismo, c’era chi proponeva l’introduzione di maggiore libertà e la riduzione del ruolo dello stato (Friedrich August von Hayek, “The Road to Serfdom”, 1944; successivamente Milton Freedman e la “Scuola di Chicago”)

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• Se un simile mutamento culturale si realizza in quel momento, è per una serie di elementi contingenti di crisi del capitalismo postbellico:–declino della produttività–declino dei profitti– instabilità del compromesso politico interno

(datori di lavoro – lavoratori)–Crisi politica tra i principali protagonisti del

sistema precedente (Stati Uniti, Europa Occidentale, Giappone)– sfida del Terzo Mondo

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• Nell’immediato: gli Stati Uniti erano liberi dal ruolo di tutori del sistema internazionale, pur mantenendone i vantaggi

• Anche se mancherà a lungo una risposta unitaria dell’Europa Occidentale, e in molti tenteranno di persuadere gli Stati Uniti al ritorno al sistema precedente, la soluzione definitiva alla fine del decennio sarà la creazione del Sistema Monetario Europeo (area di stabilità monetaria interna) e l’avvio di un processo di creazione di una moneta unica

• Per quanto riguarda il Giappone, ci si dedicherà alla creazione di un’area economica e monetaria preferenziale nel sudest asiatico

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La crisi petrolifera del 1973

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Nuova guerra in Medio Oriente

• La vittoria Israeliana del 1967 aveva cambiato la dinamica del conflitto: nuovo protagonismo palestinese attraverso una campagna politica e militare contro Israele

• I regimi nazionalisti vogliono rimediare all’umiliazione subita e recuperare i territori persi

• Tra il 1967 e il 1970 “Guerra di attrito”• Dal 1972 in Egitto è al potere Sadat, meno

incline ad accettare l’influenza sovietica

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Nuova guerra in Medio Oriente

• Nasce l’idea di una nuova iniziativa bellica che costringa Israele a negoziare da una posizione di maggiore equilibrio (rispetto alla schiacciante vittoria del 1967)

• Nel 1973 Egitto e Siria attaccano le truppe israeliane dispiegate nei territori occupati

• L’attacco ha luogo durante la festa dello Yom Kippur. Iniziale difficoltà israeliana

• Gli Stati Uniti autorizzano il rifornimento di armi e munizioni a Israele

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Nuova guerra in Medio Oriente

• Rapida ripresa Israeliana che consente di attraversare il canale di Suez e accerchiare le truppe egiziane

• Il 22 ottobre l’ONU approva il cessate il fuoco, con voto comune di USA e URSS. Sembra una dimostrazione dello “spirito della Distensione”

• Le forze israeliane ormai sono in tale vantaggio che tardano a fermare le ostilità, per annientare definitivamente l’esercito egiziano

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Nuova guerra in Medio Oriente

• A quel punto Breznev propone a Nixon un intervento congiunto per imporre il cessate il fuoco; minaccia di intervento sovietico

• Gli Stati Uniti rifiutano la proposta e mettono in allarme le loro forze

• Al contempo, intervengono su Israele per frenare le azioni militari

• Il 26 ottobre cessano le ostilità

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Nuova guerra in Medio Oriente

• Risultato: Israele ha vinto e soltanto l’intervento statunitense (non quello sovietico) consente all’Egitto di salvarsi

• Il sostegno sovietico, al contrario, non aveva portato alcun vantaggio

• Dimostrazione che Israele è ormai la potenza preponderante nell’area: nuove guerre non servirebbero a nulla

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Nuova guerra in Medio Oriente

• Rimaneva il negoziato, e soltanto gli Stati Uniti potevano fare da mediatori

• Questo porterà progressivamente Sadat a chiudere l’alleanza con Mosca e a intraprendere la strada della pace con Israele grazie alla mediazione statunitense

• Dalla crisi del 1973 l’influenza Usa in Medio oriente esce apparentemente accresciuta, quella sovietica sicuramente diminuita

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Nuova guerra in Medio Oriente

• Invece di estendere la cooperazione paritaria tra superpotenze all’area mediorientale, gli Stati Uniti agiscono “all’ombra della Distensione” per ristabilire la loro preminenza nell’area

• Un’area la cui importanza strategica cresceva ulteriormente in conseguenza della crisi petrolifera che sarebbe esplosa nello stesso periodo

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La crisi petrolifera• Il vero propellente del boom postbellico

occidentale era stato il petrolio, il cui consumo era aumentato di cinque volte

• Prezzi bassi e stabili garantiscono crescita dei paesi industrializzati e bassa inflazione

• Tuttavia, Europa e Giappone sono completamente dipendenti dal petrolio importato (per l’Europa, dal M.O.)

• È evidente che i paesi produttori detenevano un potere contrattuale enorme. Era sufficiente che se ne rendessero conto.

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La crisi petrolifera• In seguito alla guerra dello Yom Kippur, i paesi

arabi membri dell’OPEC (Organizzazione dei produttori di Petrolio) riducono la produzione, aumentano i prezzi e differenziano le forniture a seconda delle posizioni assunte nei confronti del conflitto (e di Israele)

• Tra ottobre e dicembre 1973 i prezzi del petrolio sono quadruplicati

• Shock in Occidente: la scoperta della dipendenza dagli “arabi”

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La crisi petrolifera• Nel Terzo Mondo: inizia a crollare il fronte tra

paesi che hanno petrolio e materie prime, e paesi che ne sono sprovvisti. I primi si arricchiscono, i secondi si impoveriscono

• Ridisegnati i flussi internazionali dei capitali• Esempio: tra il 1973 e il 1980 i redditi

petroliferi dell’Arabia Saudita passarono da quattro a cento miliardi di dollari

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La crisi petrolifera• In Occidente + Giappone: si esaspera il

disordine monetario e politico già generato dal “Nixon shock”

• Crescono l’inflazione e disoccupazione, si verifica il fenomeno della “stagflazione” (stagnazione + inflazione). Aumenta il conflitto sociale per la redistribuzione

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La crisi petrolifera• La sfida del “NIEO” raggiunge l’apice nel 1973• Paradossalmente, la sfida all’Occidente ne

produrrà un ricompattamento dietro la guida degli Stati Uniti (che soffrono meno degli altri la crisi)

• …invece di una ricerca di soluzioni concordate di compromesso Nord-Sud

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La crisi petrolifera• Che fare? Due diverse strategie:–Negoziare coi produttori di petrolio in

ordine sparso (tacita accettazione delle ragioni del NIEO)– Fare fronte comune dell’Occidente

• Gli Stati Uniti furono in grado di persuadere gli alleati verso la seconda soluzione… mentre in realtà sfruttavano la prima

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L’Europa e la crisi degli anni ‘70

• Esplosione della crisi petrolifera:• In pochi mesi il dollaro, da valuta

sovrabbondante ed inflazionata, diventa bene di rifugio per eccellenza e mezzo ricercato per il pagamento del greggio

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L’Europa e la crisi degli anni ‘70

• Gli europei devono procacciarsi dollari per pagare il greggio…

• …gli euro-dollari diventano così petro-dollari in mano agli sceicchi…

• …i quali “scelgono”(o vengono invitati a farlo) le banche britanniche e statunitensi per depositarli…

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L’Europa e la crisi degli anni ‘70

• …rimettendoli a disposizione degli Stati Uniti per– Finanziare il deficit statale– Finanziare gli aiuti allo sviluppo per i paesi

che essi ritengono meritevoli per motivi politici (resistenza all’influenza sovietica) o economici (adesioni al modello di libero mercato nella forma più estrema)

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Un nuovo tipo di egemonia

• In conclusione: gli Europei si adattano alla rinnovata superiorità statunitense e collaborano (più per pragmatismo che per convinzione) alla ricostituzione di un’egemonia statunitense che di consensuale ha ben poco dal punto di vista economico (iniziative unilaterali e “shockanti” anche in futuro)

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Un nuovo tipo di egemonia

• Gli Stati Uniti, per parte loro, sanciscono il definitivo abbandono dell’obiettivo di un riequilibrio della bilancia commerciale. Il problema non è più come tornare a produrre in patria, ma come finanziare il debito esorbitante

• La possibilità di stampare “carta verde” ad libitum è una parte della soluzione

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Un nuovo tipo di egemonia

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La stagione dei G7

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La stagione dei G7

• Ricambio generalizzato al potere in tutti i principali paesi occidentali.

• I nuovi leader percepiscono la gravità della crisi che l’economia capitalista sta attraversando, di fronte ai problemi interni (“stagflazione”) e alle sfide che provengono “dall’esterno” (OPEC, NIEO)

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La stagione dei G7– Sono (o si ritengono) degli esperti di economia, dunque gli

“uomini giusti” per uscire dalla crisi– Sono ben più convinti dei loro predecessori che il modello

keynesiano stia segnando il passo, e sono attratti o quantomeno interessati alle nuove dottrine monetariste e neoliberiste

– Sono convinti che soltanto il coordinamento tra le maggiori economie capitaliste possa portare a soluzioni serie e durevoli

– … e soprattutto: credono che soltanto una leadership statunitense, egemonica ma responsabile, possa fungere da traino per l’intero Occidente

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La stagione dei G7• In margine alla riunione finale della conferenza di

Helsinki, i quattro principali leader si riuniscono e decidono (su iniziativa francese) di tenere un vertice a Rambouillet per discutere di economia e sistema monetario

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La stagione dei G7• Viene invitata anche l’Italia per questioni di

prestigio politico, il Canada per ragioni di coesione atlantica, e il Giappone in onore allo schema “tripolare” (Stati Uniti-Europa-Giappone e Sudest asiatico)

• Primo obiettivo: infondere fiducia di fronte all’opinione pubblica e al mondo degli affari sulla ritrovata coesione atlantica e sulla risolutezza nella lotta al declino economico (gli aspetti simbolici sono ritenuti molto importanti)

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La stagione dei G7• Gli Stati Uniti scelgono i loro interlocutori: non

“gli europei”, ma “fra gli europei” e oltre, in base al loro potere economico e (in parte politico)

• I partner si fanno scegliere secondo criteri che rischiano di incrinare il processo di integrazione e finiscono per svalutare l’immagine dell’Europa di fronte al Terzo Mondo (mancanza di immaginazione politica di fronte alle soluzioni proposte dagli USA)

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La stagione dei G7• Obiettivi del vertice di Rambouillet (11/75) e di

quello successivo di Puerto Rico (6/76)– Presa di coscienza dell’ “interdipendenza” economica

ormai globale– Pronto recupero economico in occidente– Al di là di ogni affermazione pubblica, c’è la rinuncia a

qualunque ipotesi di ritorno ad un sistema di cambi flessibili

– Diffusione delle regole del libero mercato ovunque, e loro ampliamento: assicurare la libera circolazione delle merci e dei capitali

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La stagione dei G7– Riduzione drastica del ruolo dello stato in

economia (no protezionismo selettivo e no impedimenti all’ingresso di capitali stranieri)

– Abbandono del “dogma” della piena occupazione: il compito principale è il controllo dell’inflazione

– Parallelamente, l’idea del “corporate welfare” si sostituisce a quella del “people welfare”

– Indubbia influenza delle dottrine neoliberiste, che iniziano a farsi strada come possibile soluzione alla crisi

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La stagione dei G7– Una responsabile leadership americana deve

guidare questa transizione– Gli strumenti migliori per una sua applicazione

diventano le istituzioni multilaterali già esistenti: Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale

– Stati Uniti ed europei invitati concordano sulla necessità di “scardinare” in tal modo il possibile blocco compatto del Terzo Mondo

– Nasce così l’idea dei “piani di aggiustamento strutturale” che dovevano accompagnare i prestiti elargiti ai paesi in via di sviluppo dal FMI

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La stagione dei G7• È importante comprendere che il processo

ebbe certo origine dagli Stati Uniti, MA gli europei che parteciparono alla stagione del G7 non furono passivi di fronte all’elaborazione delle “nuove regole” per l’economia internazionale. In particolar modo, Francia e Repubblica Federale Tedesca (Gran Bretagna ed Italia vivevano problemi economici che rendevano oggettivamente più debole la loro posizione)

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La stagione dei G7

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La stagione dei G7

• In questa nuova egemonia, che potremmo definire “contrattuale” (ridotti elementi ideali, in primo piano quelli “utilitaristici”, separazione e prominenza del piano economico rispetto agli altri), è fondamentale la speranza/convinzione degli europei che, seppellito il sistema di Bretton Woods, gli USA tornino a svolgere un ruolo di “egemoni consapevoli”.

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La stagione dei G7• Le speranze rimarranno ben presto frustrate:

nel 1978-79 la nuova crisi energetica produrrà un nuovo “si-salvi-chi-può”

• Il “Volcker shock” del 1979 (innalzamento vertiginoso dei tassi di interesse americani) dimostrerà che le autorità USA fondano la loro politica economica soltanto sulle necessità del paese (e non sulle esigenze del sistema internazionale)

• Non a caso, in contemporanea nascerà il Sistema Monetario Europeo

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Fine del Terzo Mondo• I paesi del Terzo Mondo, in particolare quelli

sprovvisti di fonti di energia, devono abbandonare il sogno del NIEO e adeguarsi alla nuova disciplina; altrimenti non sarebbero stati in grado di attirare né aiuti né investimenti privati

• Si apre la voragine dell’indebitamento, resa drammatica dal “Volker shock” che moltiplicava il valore dei debiti in dollari

• Nel 1982 il debito medio dei paesi dell’America Latina è il 40% delle esportazioni

• La gestione delle conseguenze sociali facilita l’ascesa di regimi militari e sanguinari

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Fine del Terzo Mondo• In Asia, al contrario, alcuni paesi avevano

impostato strategie d’industrializzazione fondate sull’esportazione e l’alta tecnologia (grazie a una protezione politica internazionale di cui altri paesi non godevano)

• Sono le “Tigri asiatiche”: l’incremento della loro produzione supplirà alla deindustrializzazione dell’Occidente, grazie a prezzi ineguagliabilmente bassi

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Fine del Terzo Mondo• Tra il 1980 e il 1990 il reddito pro capite delle

economie emergenti dell’Asia saliva del 40% rispetto a quello dell’Occidente. Quello di America Latina e Africa subsahariana calava del 30%

• Gradualmente anche la Cina si sarebbe associata

• Nel 1979 il flusso di scambi sul Pacifico superava quello sull’Atlantico per la prima volta. Il trend non si sarebbe mai interrotto.