LA SUCCESSIONE Se non adesso Che il Creator Spiritus ... · dere nella sua pienezza l’an- ......

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LA SUCCESSIONE I nostri missionari si interrogano sull’opportunità di un Papa africano Se non adesso magari la prossima volta Complimenti alla giornalista dell’Ansa, che ricordava bene il latino e così ha potuto compren- dere nella sua pienezza l’an- nuncio delle dimissioni di papa Benedetto XVI. Ma non è un caso che il Pontefice abbia usato il la- tino, perché durante il suo Pon- tificato egli ha invitato tutti, cristiani e non, a un rinnovato impegno per la Lingua Latina. Con il suo motu proprio “Latina lingua” (novembre 2012), papa Benedetto ha ripreso la Veterum sapientia del beato Giovanni XXIII e la Optatam totius del gran Concilio Vaticano II. Così ha argo- mentato la sua scelta: “Fin dalla Pentecoste, la Chiesa parla e prega in tutte quante le lingue degli Uomini: le prime Comunità Cristiane, sin dall’origine, usano largamente greco e latino, le lin- gue universali di quel tempo. Scomparso l’Impero d’Occidente, la Chiesa Madre diventa la custode del latino, ne fa la propria lingua per trasmettere il Messaggio Evan- gelico, la promuove nella Liturgia e nella Teologia e in quello del sa- pere in generale. Ma anche ai no- stri giorni risulta necessaria per l’essenziale Studio delle Fonti li- turgiche, patristiche, teologiche, giuridiche”. In latino sono redatti tutti i libri liturgici del nostro santo Rito Ro- mano, i più importanti fra i docu- menti del Magistero del successore di Pietro e i più solenni Atti Pontifici. Se poi guardiamo alla cultura contemporanea, no- tiamo un affievolimento degli Studi umanistici e una conoscenza della lingua via via più superficiale, anche nei seminari. D’altra parte, però, vediamo pure un interesse nuovo per il latino, non solo in am- biti accademici e istituzionali, ma anche tra studiosi, addirittura del- l’area scientifica. E, quasi incredi- bile, fra molti giovani. Il Santo Padre esorta a un con- creto impegno della Chiesa, per- ché la conoscenza e l’uso competente del latino ritornino al- l’antica tradizione ecclesiastica e nel più vasto mondo della cultura. A questo scopo ha istituito la Pon- tificia Accademia di latinità. Ora il Santo Padre va nel “Buen Retiro”, dicendo che è per ingra- vescente aetate. Tra poche setti- mane i cardinali supplicheranno: Veni, Creator Spiritus! E Lui sarà a Ispirare l’Annuncio, sempre nuovo e antichissimo: Habemus Papam!” don Giovanni Costantini 11 febbraio 2013. È rimbalzata da un continente all’altro la notizia delle dimissioni di papa Benedetto XVI. Per tutti, un gesto epocale, nessuno sa con precisione quale sarà il futuro, ma tutti concordano sul fatto che nulla sarà più come prima. 12 febbraio 2013. Sui media parte il cosiddetto toto-Papa. Dagli ita- liani Angelo Scola e Gianfranco Ra- vasi al filippino Antonio Gokim Tagle, dal newyorkese Timothy Dolan all’honduregno Oscar Andras Rodriguez, dall’austriaco Christoph Schoenbrn agli africani Peter Kodwo Appiah Turkson (ghanese) e Francis Arinze (nigeriano). Il Continente nero, benché scosso dalle guerre e dal martirio dei cri- stiani per mano islamica, è il luogo dove si assiste alla crescita mag- giore della Chiesa. Tanto da riflet- tersi sugli equilibri del collegio dei cardinali, in cui siedono 18 rappre- sentanti africani. Tuttavia, a volte la sensazione è che sia una boutade, senza cono- scere bene la realtà africana e so- prattutto senza sapere se davvero i tempi sono maturi. L’abbiamo chie- sto ai nostri missionari vicentini, che l’Africa la vivono tutti i giorni, senza dimenticare che, come diceva il giornalista polacco Ryszard Ka- puscinski, il nome Africa è più una convenzione, mentre bisognerebbe parlare di tante Afriche, perché ogni Stato è a sé. «Un Papa africano? Se non adesso, la prossima volta - dice padre Giuseppe Dovigo, saveriano, di stanza a Bukavu, nella Repub- blica del Congo -. L’Africa è un con- tinente di fede. Nonostante guerre e ingiustizie, la fede in Dio non è messa in discussione. C’è un fer- mento di gruppi liturgici, le chiese sono piene, il numero dei seminari- sti cresce. L’Africa ha anche i suoi premi Nobel: Nelson Mandela, Kofi Annan, Desmond Tutu... Ed è anche aperta la beatificazione di Ju- lius Nyerere, presidente della Tan- zania. E lo stesso Papa Benedetto disse: “Io intravedo (nell’Africa) il polmone spirituale per l’umanità che sembra in crisi di fede e di spe- ranza, grazie alle ricchezze umane e spirituali straordinarie” (Africae Munus, n. 13). Tuttavia, non biso- gna dimenticare che anche gli altri continenti sono Chiesa universale, in piena trasformazione, e che of- frono grandi possibilità e hanno di- ritto di parola: l’America Latina, l’Asia... Se non adesso, sarà la pros- sima volta. Perciò, affidiamoci a Dio e allo Spirito Santo». Più scettico è dom Elio Greselin, dehoniano, dal 2008 vescovo della Diocesi di Lichinga, nel nord del Mozambico, ma in Africa dal 1966. «In Mozambico la situazione della Chiesa non è così rosea. C’è un forte scollamento tra la professione della vita cristiana e la realtà concreta. Tutti vogliono il battesimo, ma in chiesa ci va il 10-12 per cento. La mia diocesi è grande quanto Pie- monte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Liguria messe insieme; sulla carta, i cristiani sono 230mila, ma la frequenza alla messa e alle at- tività pastorali è un’altra cosa». Che ne dice di un Papa africano? «Per me è prematuro. Conosco molto bene mons. Turkson, l’ho in- contrato più volte. È veramente una persona straordinaria, è un uomo preparatissimo, anche sul fronte ecumenico. Tuttavia, per i problemi che un Papa oggi deve affrontare - non solo economici, non solo poli- tici, ma anche difficoltà di convi- venza fra le nazioni, questioni teologiche, di riorganizzazione in- terna... -, serve una persona con un’apertura mentale assolutamente nuova, che goda di buona salute e sappia catalizzare su di sé tante energie, collaboratori fidati, con cui entrare in dialogo continuo. Io credo che l’Africa potrebbe aspet- tare ancora un po’. Certo che chiun- que verrà eletto, avrà il suo bel da fare». Tanti interrogativi anche per don Maurizio Bolzon e don Leopoldo Rossi, fidei donum della diocesi di Vicenza, parroci a Loulou, nel nord del Cameroun. «Viviamo in una pic- cola realtà africana. Loulou è un an- golo della terra senza contatti con l’esterno, perciò il nostro osserva- torio è limitato. Qui a nessuno è ve- nuto in mente che il prossimo Papa possa essere africano. E noi non ci abbiamo riflettuto, poi, così tanto. Non sappiamo davvero se l’Africa sia pronta a un Papa africano. Non sarà, in fondo, che il Papa africano andrebbe bene a tutti nella misura in cui ragiona e agisce esattamente come farebbe un bianco? La teolo- gia africana si è così emancipata da quella occidentale? La liturgia afri- cana, tolte le danze e i tamburi, in cos’è dissimile da quella romana? Sono domande che ci facciamo, ma alle quali non abbiamo ancora tro- vato risposta». C’è un altro elemento di cui te- nere conto. La corruzione generale nella quale versa il sistema politico, amministrativo e giudiziario di molti Stati fa sì che gli stessi africani non vedano di buon occhio i loro cona- zionali in posizioni di potere. E un Papa con il potere deve fare i conti. Ma suor Teresa Marcazzan, diret- trice del Paolines Distribution Cen- tre di Nairobi, in Kenya, è molto più possibilista. «Sono in Africa da qua- rant’anni e la Chiesa è cresciuta tantissimo. Da oggetto di evangeliz- zazione è diventata soggetto di evangelizzazione. In Nigeria, per esempio, su 150 milioni di abitanti, ci sono cira 30 milioni di cattolici. Quella africana è una bella Chiesa vivace, che cresce unita alla Chiesa di Roma. Quindi, perché no un Papa africano? Ci sono tante personalità di spicco, anche nel mondo eccle- siale. Ci sono persone molto prepa- rate, alcune già ricoprono posti di responsabilità. Non mi dispiace- rebbe un Papa africano, anzi, se- condo me darebbe ancora più identità a questa Chiesa, che non sempre è apprezzata come do- vrebbe essere». Ma come è stata accolta la notizia delle dimissioni di Benedetto XVI? «Le dimissioni del Papa, evento senza precedenti nella storia mo- derna, ha sorpreso molto anche i nostri cristiani - racconta padre Do- vigo -. La gente qui guarda al Papa con il massimo rispetto e la venera- zione dovuta a una persona “sacra”. E, come la tradizione lo esige, è im- pensabile la rinuncia a certi ruoli. Ho esposto l’annuncio in francese, proprio quello che il Papa ha dato ai cardinali, e ho visto che era la no- tizia più letta e commentata dai gio- vani. Alla fine, hanno capito e ammirano l’iniziativa umile e grande di Benedetto XVI. Da parte mia, dopo un primo momento di incre- dulità, ho provato commozione e ho gridato: Bravo!». «Le dimissioni del Papa mi hanno dato gioia - riprende il vescovo Gre- selin -, perché aprono la strada alla nomina di altri missionari e vescovi. Quest’anno compio 75 anni e que- sto annuncio mi fa sentire più li- bero. Credo che quanti hanno compiuto una certa età, adesso si sentano più accolti nella loro diffi- coltà di portare avanti una diocesi e più possibilisti al ritiro. Nella mia diocesi ci sono almeno due persone che potrebbero fare il vescovo; sono preparati e hanno 47-48 anni, un’età giusta. Con il compimento del 75° anno di età rimetterò il mio man- dato nelle mani del Papa, con più serenità, disponibile a lasciare, ma anche a restare un altro paio d’anni per preparare la successione». «Lunedì scorso - dicono don Maurizio e don Leopoldo - in Ca- meroun era festa nazionale. Al rien- tro dalle celebrazioni civiche, qualche amico dall’Italia ci ha mes- saggiato la notizia delle dimissioni di Benedetto XVI, così abbiamo ac- ceso la televisione. La nostra prima reazione è stata di stupore, incre- dulità (come tutti, del resto). Poi siamo usciti a dare l’annuncio ai cri- stiani ancora coinvolti nella festa nazionale. Ho chiesto un attimo di silenzio e ho spiegato a tutti cosa stava succedendo. Chi non è cri- stiano, ha mostrato una profonda e sincera partecipazione alla coster- nazione che trapelava dai com- menti dei cattolici. Perché? Può un Papa dimettersi? È malato? Lo hanno obbligato? Il fatto è che in Africa un capo muore capo. Non è immaginabile che un capo si di- metta, perché il suo ruolo è un tut- t’uno con la sua persona. Così nessuno poteva capire (e accettare come vera) la notizia delle dimisi- soni libere. Poco alla volta stiamo cercando di spiegare». Romina Gobbo L’annuncio in latino La decisione di Papa Benedetto 7 La Voce dei Berici Domenica 24 febbraio 2013 Che il Creator Spiritus ci faccia presto habere Papam! Dom Elio Greselin, vescovo di Lichinga, in Mozambico, con in braccio una piccola “parrocchiana”

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LA SUCCESSIONE I nostri missionari si interrogano sull’opportunità di un Papa africano

Se non adessomagari la prossima volta

Complimenti alla giornalistadell’Ansa, che ricordava bene illatino e così ha potuto compren-dere nella sua pienezza l’an-nuncio delle dimissioni di papaBenedetto XVI. Ma non è un casoche il Pontefice abbia usato il la-tino, perché durante il suo Pon-tificato egli ha invitato tutti,cristiani e non, a un rinnovatoimpegno per la Lingua Latina.

Con il suo motu proprio “Latinalingua” (novembre 2012), papaBenedetto ha ripreso la Veterumsapientia del beato GiovanniXXIII e la Optatam totius del granConcilio Vaticano II. Così ha argo-mentato la sua scelta: “Fin dallaPentecoste, la Chiesa parla eprega in tutte quante le linguedegli Uomini: le prime ComunitàCristiane, sin dall’origine, usanolargamente greco e latino, le lin-gue universali di quel tempo.Scomparso l’Impero d’Occidente,la Chiesa Madre diventa la custodedel latino, ne fa la propria linguaper trasmettere il Messaggio Evan-gelico, la promuove nella Liturgiae nella Teologia e in quello del sa-pere in generale. Ma anche ai no-stri giorni risulta necessaria perl’essenziale Studio delle Fonti li-turgiche, patristiche, teologiche,giuridiche”.

In latino sono redatti tutti i libriliturgici del nostro santo Rito Ro-mano, i più importanti fra i docu-menti del Magistero delsuccessore di Pietro e i più solenniAtti Pontifici. Se poi guardiamoalla cultura contemporanea, no-tiamo un affievolimento degliStudi umanistici e una conoscenzadella lingua via via più superficiale,anche nei seminari. D’altra parte,però, vediamo pure un interessenuovo per il latino, non solo in am-biti accademici e istituzionali, maanche tra studiosi, addirittura del-l’area scientifica. E, quasi incredi-bile, fra molti giovani.

Il Santo Padre esorta a un con-creto impegno della Chiesa, per-ché la conoscenza e l’usocompetente del latino ritornino al-l’antica tradizione ecclesiastica enel più vasto mondo della cultura.A questo scopo ha istituito la Pon-tificia Accademia di latinità.

Ora il Santo Padre va nel “BuenRetiro”, dicendo che è per ingra-vescente aetate. Tra poche setti-mane i cardinali supplicheranno:Veni, Creator Spiritus! E Luisarà a Ispirare l’Annuncio, semprenuovo e antichissimo: HabemusPapam!”

don Giovanni Costantini

11 febbraio 2013. È rimbalzata daun continente all’altro la notiziadelle dimissioni di papa BenedettoXVI. Per tutti, un gesto epocale,nessuno sa con precisione qualesarà il futuro, ma tutti concordanosul fatto che nulla sarà più comeprima.

12 febbraio 2013. Sui media parteil cosiddetto toto-Papa. Dagli ita-liani Angelo Scola e Gianfranco Ra-vasi al filippino Antonio GokimTagle, dal newyorkese TimothyDolan all’honduregno Oscar AndrasRodriguez, dall’austriaco ChristophSchoenbrn agli africani PeterKodwo Appiah Turkson (ghanese)e Francis Arinze (nigeriano). IlContinente nero, benché scossodalle guerre e dal martirio dei cri-stiani per mano islamica, è il luogodove si assiste alla crescita mag-giore della Chiesa. Tanto da riflet-tersi sugli equilibri del collegio deicardinali, in cui siedono 18 rappre-sentanti africani.

Tuttavia, a volte la sensazione èche sia una boutade, senza cono-scere bene la realtà africana e so-prattutto senza sapere se davvero itempi sono maturi. L’abbiamo chie-sto ai nostri missionari vicentini,che l’Africa la vivono tutti i giorni,senza dimenticare che, come dicevail giornalista polacco Ryszard Ka-puscinski, il nome Africa è più unaconvenzione, mentre bisognerebbeparlare di tante Afriche, perchéogni Stato è a sé.

«Un Papa africano? Se nonadesso, la prossima volta - dicepadre Giuseppe Dovigo, saveriano,di stanza a Bukavu, nella Repub-blica del Congo -. L’Africa è un con-tinente di fede. Nonostante guerree ingiustizie, la fede in Dio non èmessa in discussione. C’è un fer-mento di gruppi liturgici, le chiesesono piene, il numero dei seminari-sti cresce. L’Africa ha anche i suoipremi Nobel: Nelson Mandela, KofiAnnan, Desmond Tutu... Ed èanche aperta la beatificazione di Ju-lius Nyerere, presidente della Tan-zania. E lo stesso Papa Benedettodisse: “Io intravedo (nell’Africa) ilpolmone spirituale per l’umanitàche sembra in crisi di fede e di spe-ranza, grazie alle ricchezze umanee spirituali straordinarie” (AfricaeMunus, n. 13). Tuttavia, non biso-gna dimenticare che anche gli altricontinenti sono Chiesa universale,in piena trasformazione, e che of-frono grandi possibilità e hanno di-ritto di parola: l’America Latina,l’Asia... Se non adesso, sarà la pros-sima volta. Perciò, affidiamoci a Dioe allo Spirito Santo».

Più scettico è dom Elio Greselin,

dehoniano, dal 2008 vescovo dellaDiocesi di Lichinga, nel nord delMozambico, ma in Africa dal 1966.«In Mozambico la situazione dellaChiesa non è così rosea. C’è un fortescollamento tra la professione dellavita cristiana e la realtà concreta.Tutti vogliono il battesimo, ma inchiesa ci va il 10-12 per cento. Lamia diocesi è grande quanto Pie-monte, Lombardia, Veneto, EmiliaRomagna e Liguria messe insieme;sulla carta, i cristiani sono 230mila,ma la frequenza alla messa e alle at-tività pastorali è un’altra cosa».

Che ne dice di un Papa africano?«Per me è prematuro. Conoscomolto bene mons. Turkson, l’ho in-contrato più volte. È veramente unapersona straordinaria, è un uomopreparatissimo, anche sul fronte

ecumenico. Tuttavia, per i problemiche un Papa oggi deve affrontare -non solo economici, non solo poli-tici, ma anche difficoltà di convi-venza fra le nazioni, questioniteologiche, di riorganizzazione in-terna... -, serve una persona conun’apertura mentale assolutamentenuova, che goda di buona salute esappia catalizzare su di sé tanteenergie, collaboratori fidati, con cuientrare in dialogo continuo. Iocredo che l’Africa potrebbe aspet-tare ancora un po’. Certo che chiun-que verrà eletto, avrà il suo bel dafare».

Tanti interrogativi anche per donMaurizio Bolzon e don LeopoldoRossi, fidei donum della diocesi diVicenza, parroci a Loulou, nel norddel Cameroun. «Viviamo in una pic-cola realtà africana. Loulou è un an-golo della terra senza contatti conl’esterno, perciò il nostro osserva-torio è limitato. Qui a nessuno è ve-nuto in mente che il prossimo Papa

possa essere africano. E noi non ciabbiamo riflettuto, poi, così tanto.Non sappiamo davvero se l’Africasia pronta a un Papa africano. Nonsarà, in fondo, che il Papa africanoandrebbe bene a tutti nella misurain cui ragiona e agisce esattamentecome farebbe un bianco? La teolo-gia africana si è così emancipata daquella occidentale? La liturgia afri-cana, tolte le danze e i tamburi, incos’è dissimile da quella romana?Sono domande che ci facciamo, maalle quali non abbiamo ancora tro-vato risposta».

C’è un altro elemento di cui te-nere conto. La corruzione generalenella quale versa il sistema politico,amministrativo e giudiziario di moltiStati fa sì che gli stessi africani nonvedano di buon occhio i loro cona-

zionali in posizioni di potere. E unPapa con il potere deve fare i conti.

Ma suor Teresa Marcazzan, diret-trice del Paolines Distribution Cen-tre di Nairobi, in Kenya, è molto piùpossibilista. «Sono in Africa da qua-rant’anni e la Chiesa è cresciutatantissimo. Da oggetto di evangeliz-zazione è diventata soggetto dievangelizzazione. In Nigeria, peresempio, su 150 milioni di abitanti,ci sono cira 30 milioni di cattolici.Quella africana è una bella Chiesavivace, che cresce unita alla Chiesadi Roma. Quindi, perché no un Papaafricano? Ci sono tante personalitàdi spicco, anche nel mondo eccle-siale. Ci sono persone molto prepa-rate, alcune già ricoprono posti diresponsabilità. Non mi dispiace-rebbe un Papa africano, anzi, se-condo me darebbe ancora piùidentità a questa Chiesa, che nonsempre è apprezzata come do-vrebbe essere».

Ma come è stata accolta la notizia

delle dimissioni di Benedetto XVI?«Le dimissioni del Papa, eventosenza precedenti nella storia mo-derna, ha sorpreso molto anche inostri cristiani - racconta padre Do-vigo -. La gente qui guarda al Papacon il massimo rispetto e la venera-zione dovuta a una persona “sacra”.E, come la tradizione lo esige, è im-pensabile la rinuncia a certi ruoli.Ho esposto l’annuncio in francese,proprio quello che il Papa ha datoai cardinali, e ho visto che era la no-tizia più letta e commentata dai gio-vani. Alla fine, hanno capito eammirano l’iniziativa umile e grandedi Benedetto XVI. Da parte mia,dopo un primo momento di incre-dulità, ho provato commozione e hogridato: Bravo!».

«Le dimissioni del Papa mi hannodato gioia - riprende il vescovo Gre-selin -, perché aprono la strada allanomina di altri missionari e vescovi.Quest’anno compio 75 anni e que-sto annuncio mi fa sentire più li-bero. Credo che quanti hannocompiuto una certa età, adesso sisentano più accolti nella loro diffi-coltà di portare avanti una diocesi epiù possibilisti al ritiro. Nella miadiocesi ci sono almeno due personeche potrebbero fare il vescovo; sonopreparati e hanno 47-48 anni, un’etàgiusta. Con il compimento del 75°anno di età rimetterò il mio man-dato nelle mani del Papa, con piùserenità, disponibile a lasciare, maanche a restare un altro paio d’anniper preparare la successione».

«Lunedì scorso - dicono donMaurizio e don Leopoldo - in Ca-meroun era festa nazionale. Al rien-tro dalle celebrazioni civiche,qualche amico dall’Italia ci ha mes-saggiato la notizia delle dimissionidi Benedetto XVI, così abbiamo ac-ceso la televisione. La nostra primareazione è stata di stupore, incre-dulità (come tutti, del resto). Poisiamo usciti a dare l’annuncio ai cri-stiani ancora coinvolti nella festanazionale. Ho chiesto un attimo disilenzio e ho spiegato a tutti cosastava succedendo. Chi non è cri-stiano, ha mostrato una profonda esincera partecipazione alla coster-nazione che trapelava dai com-menti dei cattolici. Perché? Può unPapa dimettersi? È malato? Lohanno obbligato? Il fatto è che inAfrica un capo muore capo. Non èimmaginabile che un capo si di-metta, perché il suo ruolo è un tut-t’uno con la sua persona. Cosìnessuno poteva capire (e accettarecome vera) la notizia delle dimisi-soni libere. Poco alla volta stiamocercando di spiegare».

Romina Gobbo

L’annuncio in latino

La decisione di Papa Benedetto 7La Voce dei Berici Domenica 24 febbraio 2013

Che il Creator Spiritus ci faccia prestohabere Papam!

Dom Elio Greselin, vescovo di Lichinga, in Mozambico, con in bracciouna piccola “parrocchiana”

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