La struttura su grande scala...

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Questa carta della distribuzione di 400 000 galassie su un'area del cielo di 100 gradi di diametro è stata realizzata da un programma per calcolatore studiato per intensificare la struttura filamentosa che si può percepire in altre carte. Il numero delle galassie contenute in ciascun pixel (elemento minimo dell'immagine) è indicato da un colore con- venzionale: i pixel neri rappresentano aree con il minor numero di galassie, e le sfumature di marrone via via più chiare fino al bianco indicano densità di galassie crescenti. I pixel verdi e quelli rossi corri- spondono a creste e picchi locali nella distribuzione: i pixel verdi indicano regioni in cui il numero delle galassie presenti è più grande che in tutti i pixel adiacenti lungo due o tre direzioni, orizzontale, verticale o diagonale. I pixel rossi invece indicano aree in cui il numero delle galassie raggiunge un massimo locale lungo tutte e quattro le direzioni. Le creste filamentose verdi forse corrispondono a superammassi di galassie addensatisi nello spazio; se è così, queste formazioni si esten- dono per 100 milioni di anni luce. La carta è stata realizzata sulla base di un rilevamento di C. Donald Shane e Cari A. Wirtanen del Lick Observatory: il centro della mappa è il polo nord galattico, nella costel- lazione Coma Berenices, il limite esterno è costituito dal parallelo galattico a 40 gradi nord, e l'orientamento è scelto in modo che il centro della galassia si trovi in alto. La carta è stata realizzata alla Princeton University da John E. Moody, Edwin L. Turner e J. Richard Gott III. La struttura su grande scala dell'universo Un alveare di superammassi galattici e ampi vuoti si stende nello spazio per miliardi di anni luce: questa struttura può derivare da perturbazioni nella densità della materia sviluppatesi durante le prime fasi del big bang di Joseph Silk, Alexander S. Szalay e Yakov B. Zel'dovich G li astronomi si sono resi conto da molto tempo del fatto che la di- stribuzione della materia su sca- la cosmica deve in qualche modo portare il segno di una fase molto antica nella storia dell'universo. Di questa distribu- zione e del suo evolversi è necessario ela- borare una spiegazione coerente nel con- testo della teoria del big bang, dal mo- mento che tra i cosmologi e gli astrofisici esiste un consenso pressoché universale sul fatto che il big bang fornisca una cor- nice empirica complessiva all'interno del- la quale è possibile esaminare tutte le questioni cosmologiche. Secondo la teo- ria del big bang l'universo ha avuto inizio come punto singolare di densità infinita circa 10 o 20 miliardi di anni fa, irrom- pendo nell'esistenza con una grande esplosione che continua ancora oggi. Nel- la versione più semplice della teoria, l'u- niverso si espande ovunque uniforme- mente a partire dal punto singolare. L'u- niformità di questa espansione spiega particolarmente bene gran parte dei dati osservativi: la materia extragalattica si allontana dalla nostra galassia a una velo- cità che varia in modo regolare con la distanza, e un bagno freddo di radiazione riempie tutto il cielo nella regione delle microonde, a una temperatura che. su angoli di qualche grado, varia di meno di una parte su 30 000. Nonostante questi successi, altri dati ci costringono ad am- mettere che l'espansione non sia esatta- mente uniforme. Se così fosse, infatti, la materia non riuscirebbe ad aggregarsi e l'universo diventerebbe un gas di particel- le elementari sempre più rarefatto: le stel- le e le galassie non esisterebbero. Per poter spiegare l'esistenza di una struttura nello stato attuale dell'universo, quindi, il cosmologo del big bang deve ammettere che l'universo presentasse anche prima una certa «granulosità». Queste prime disomogeneità potevano anche essere lievi e quasi indistinguibili dal fondo omogeneo; piccole fluttuazioni nella curvatura dell'universo primordiale avrebbero preso la forma di leggere com- pressioni e rarefazioni della materia e del- l'energia da una regione all'altra dello spazio. L'ampiezza delle fluttuazioni (cioè la variazione rispetto alla densità media) doveva essere abbastanza grande da svilupparsi negli aggregati di materia oggi osservabili durante il tempo trascor- so dall'inizio dell'universo; quanto gran- de esattamente debba però essere questa ampiezza è un problema molto delicato dal punto di vista teorico. Se le fluttuazio- ni iniziali fossero state troppo grandi avrebbero causato variazioni nella tem- peratura della radiazione di fondo a mi- croonde che invece non sono visibili. Per di più, le fluttuazioni devono dare origine proprio alle strutture di scala abbastanza particolare che costituiscono l'universo, e non a strutture di grandezza arbitraria. Oggi è possibile identificare stelle, galas- sie, ammassi di galassie e perfino supe- rammassi, cioè ammassi di ammassi, ma su masse di ordine superiore a quello dei superammassi l'universo appare piuttosto uniforme. Negli ultimi tempi la convergenza tra cosmologia e fisica delle particelle ha permesso di soddisfare tutti questi requi- siti senza formulare nessuna ipotesi re- strittiva sullo stato dell'universo primor- diale. In particolare non è necessario fare appello a scale o strutture particolari di massa e di energia all'avvio dell'espan- sione, né invocare nuove forze. Tutto ciò che si ipotizza è che subito dopo l'inizio del big bang esistessero ovunque nell'uni- verso piccole variazioni nella densità del- la materia e dell'energia. Queste varia- zioni erano dovute alla sovrapposizione di fluttuazioni sinusoidali di piccola am- piezza nella densità a ogni possibile lun- ghezza d'onda. o ordine di grandezza del- le lunghezze d'onda; le ampiezze delle fluttuazioni avevano una distribuzione casuale, così che le variazioni di densità risultanti erano casuali e caotiche. A par- tire da questa situazione la struttura at- tuale dell'universo si sarebbe potuta evolvere seguendo principi fisici abba- stanza chiari. Durante l'espansione dell'universo il moto libero casuale in tutte le direzioni delle particelle elementari cancellò tutte le fluttuazioni iniziali al di sotto di una dimensione critica: le uniche fluttuazioni sopravvissute furono quelle in cui veniva- no compresse o rarefatte masse pari ad almeno 10 15 o 10 16 volte quella del Sole. In seguito la gravità fece sì che alcune fra le masse compresse si contraessero so- prattutto su uno dei tre assi spaziali. In questo modo lo spettro iniziale di fluttua- zioni diede origine a gigantesche nubi ir- regolari di gas simili a frittelle appiattite. Dove queste si intersecavano si formaro- no filamenti di materia lunghi e sottili. Alcune delle nubi rimasero intatte, altre si frammentarono formando galassie e ammassi di galassie. L'emergere di una scala caratteristica opportuna delle flut- tuazioni è stato spiegato per la prima vol- ta da uno di noi (Silk), e un altro di noi (Zel' dovich) ha scoperto la formazione di strati sottili di materia per effetto della gravitazione. Nel seguito daremo a que- sto modello il nome di «teoria delle frittel- le» (pancake theory). I a teoria delle frittelle nella sua forma , attuale è la storia di due oggetti che si trovano ai due estremi della scala dei fe- nomeni fisici. Uno è un sistema astrono- mico così grande che riempie 10 23 anni luce cubi di spazio; l'altro è il neutrino, una particella elementare che interagisce molto debolmente con la materia e che è quasi infinitamente piccola. Perché la teoria delle frittelle trovi una conferma, è necessario che vengano osservati en- trambi questi oggetti e che al secondo si assegni una massa diversa da zero; tutta- via, dal momento che le loro masse, se esistono tutte e due, abbracciano un in- tervallo di 80 ordini di grandezza, per misurarle dalla nostra posizione privile- giata su una scala intermedia occorrono procedimenti straordinari. 84 85

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Questa carta della distribuzione di 400 000 galassie su un'area del cielodi 100 gradi di diametro è stata realizzata da un programma percalcolatore studiato per intensificare la struttura filamentosa che si puòpercepire in altre carte. Il numero delle galassie contenute in ciascunpixel (elemento minimo dell'immagine) è indicato da un colore con-venzionale: i pixel neri rappresentano aree con il minor numero digalassie, e le sfumature di marrone via via più chiare fino al biancoindicano densità di galassie crescenti. I pixel verdi e quelli rossi corri-spondono a creste e picchi locali nella distribuzione: i pixel verdiindicano regioni in cui il numero delle galassie presenti è più grande chein tutti i pixel adiacenti lungo due o tre direzioni, orizzontale, verticale o

diagonale. I pixel rossi invece indicano aree in cui il numero dellegalassie raggiunge un massimo locale lungo tutte e quattro le direzioni.Le creste filamentose verdi forse corrispondono a superammassi digalassie addensatisi nello spazio; se è così, queste formazioni si esten-dono per 100 milioni di anni luce. La carta è stata realizzata sulla base diun rilevamento di C. Donald Shane e Cari A. Wirtanen del LickObservatory: il centro della mappa è il polo nord galattico, nella costel-lazione Coma Berenices, il limite esterno è costituito dal parallelogalattico a 40 gradi nord, e l'orientamento è scelto in modo che il centrodella galassia si trovi in alto. La carta è stata realizzata alla PrincetonUniversity da John E. Moody, Edwin L. Turner e J. Richard Gott III.

La struttura su grande scaladell'universo

Un alveare di superammassi galattici e ampi vuoti si stende nello spazioper miliardi di anni luce: questa struttura può derivare da perturbazioninella densità della materia sviluppatesi durante le prime fasi del big bang

di Joseph Silk, Alexander S. Szalay e Yakov B. Zel'dovich

G

li astronomi si sono resi conto damolto tempo del fatto che la di-stribuzione della materia su sca-

la cosmica deve in qualche modo portareil segno di una fase molto antica nellastoria dell'universo. Di questa distribu-zione e del suo evolversi è necessario ela-borare una spiegazione coerente nel con-testo della teoria del big bang, dal mo-mento che tra i cosmologi e gli astrofisiciesiste un consenso pressoché universalesul fatto che il big bang fornisca una cor-nice empirica complessiva all'interno del-la quale è possibile esaminare tutte lequestioni cosmologiche. Secondo la teo-ria del big bang l'universo ha avuto iniziocome punto singolare di densità infinitacirca 10 o 20 miliardi di anni fa, irrom-pendo nell'esistenza con una grandeesplosione che continua ancora oggi. Nel-la versione più semplice della teoria, l'u-niverso si espande ovunque uniforme-mente a partire dal punto singolare. L'u-niformità di questa espansione spiegaparticolarmente bene gran parte dei datiosservativi: la materia extragalattica siallontana dalla nostra galassia a una velo-cità che varia in modo regolare con ladistanza, e un bagno freddo di radiazioneriempie tutto il cielo nella regione dellemicroonde, a una temperatura che. suangoli di qualche grado, varia di meno diuna parte su 30 000. Nonostante questisuccessi, altri dati ci costringono ad am-mettere che l'espansione non sia esatta-mente uniforme. Se così fosse, infatti, lamateria non riuscirebbe ad aggregarsi el'universo diventerebbe un gas di particel-le elementari sempre più rarefatto: le stel-le e le galassie non esisterebbero.

Per poter spiegare l'esistenza di unastruttura nello stato attuale dell'universo,quindi, il cosmologo del big bang deveammettere che l'universo presentasseanche prima una certa «granulosità».Queste prime disomogeneità potevanoanche essere lievi e quasi indistinguibilidal fondo omogeneo; piccole fluttuazioninella curvatura dell'universo primordiale

avrebbero preso la forma di leggere com-pressioni e rarefazioni della materia e del-l'energia da una regione all'altra dellospazio. L'ampiezza delle fluttuazioni(cioè la variazione rispetto alla densitàmedia) doveva essere abbastanza grandeda svilupparsi negli aggregati di materiaoggi osservabili durante il tempo trascor-so dall'inizio dell'universo; quanto gran-de esattamente debba però essere questaampiezza è un problema molto delicatodal punto di vista teorico. Se le fluttuazio-ni iniziali fossero state troppo grandiavrebbero causato variazioni nella tem-peratura della radiazione di fondo a mi-croonde che invece non sono visibili. Perdi più, le fluttuazioni devono dare origineproprio alle strutture di scala abbastanzaparticolare che costituiscono l'universo, enon a strutture di grandezza arbitraria.Oggi è possibile identificare stelle, galas-sie, ammassi di galassie e perfino supe-rammassi, cioè ammassi di ammassi, masu masse di ordine superiore a quello deisuperammassi l'universo appare piuttostouniforme.

Negli ultimi tempi la convergenza tracosmologia e fisica delle particelle hapermesso di soddisfare tutti questi requi-siti senza formulare nessuna ipotesi re-strittiva sullo stato dell'universo primor-diale. In particolare non è necessario fareappello a scale o strutture particolari dimassa e di energia all'avvio dell'espan-sione, né invocare nuove forze. Tutto ciòche si ipotizza è che subito dopo l'iniziodel big bang esistessero ovunque nell'uni-verso piccole variazioni nella densità del-la materia e dell'energia. Queste varia-zioni erano dovute alla sovrapposizionedi fluttuazioni sinusoidali di piccola am-piezza nella densità a ogni possibile lun-ghezza d'onda. o ordine di grandezza del-le lunghezze d'onda; le ampiezze dellefluttuazioni avevano una distribuzionecasuale, così che le variazioni di densitàrisultanti erano casuali e caotiche. A par-tire da questa situazione la struttura at-tuale dell'universo si sarebbe potuta

evolvere seguendo principi fisici abba-stanza chiari.

Durante l'espansione dell'universo ilmoto libero casuale in tutte le direzionidelle particelle elementari cancellò tuttele fluttuazioni iniziali al di sotto di unadimensione critica: le uniche fluttuazionisopravvissute furono quelle in cui veniva-no compresse o rarefatte masse pari adalmeno 10 15 o 10 16 volte quella del Sole.In seguito la gravità fece sì che alcune frale masse compresse si contraessero so-prattutto su uno dei tre assi spaziali. Inquesto modo lo spettro iniziale di fluttua-zioni diede origine a gigantesche nubi ir-regolari di gas simili a frittelle appiattite.Dove queste si intersecavano si formaro-no filamenti di materia lunghi e sottili.Alcune delle nubi rimasero intatte, altresi frammentarono formando galassie eammassi di galassie. L'emergere di unascala caratteristica opportuna delle flut-tuazioni è stato spiegato per la prima vol-ta da uno di noi (Silk), e un altro di noi(Zel' dovich) ha scoperto la formazione distrati sottili di materia per effetto dellagravitazione. Nel seguito daremo a que-sto modello il nome di «teoria delle frittel-le» (pancake theory).

Ia teoria delle frittelle nella sua forma, attuale è la storia di due oggetti che si

trovano ai due estremi della scala dei fe-nomeni fisici. Uno è un sistema astrono-mico così grande che riempie 10 23 anniluce cubi di spazio; l'altro è il neutrino,una particella elementare che interagiscemolto debolmente con la materia e che èquasi infinitamente piccola. Perché lateoria delle frittelle trovi una conferma, ènecessario che vengano osservati en-trambi questi oggetti e che al secondo siassegni una massa diversa da zero; tutta-via, dal momento che le loro masse, seesistono tutte e due, abbracciano un in-tervallo di 80 ordini di grandezza, permisurarle dalla nostra posizione privile-giata su una scala intermedia occorronoprocedimenti straordinari.

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Poco dopo l'inizio del big bang, in tutto l'universo esistevano piccole perturbazioni nella densitàdella materia e dell'energia. Le perturbazioni possono essere viste come fluttuazioni, simili aonde, della densità attorno a un valore medio distribuite a caso su tutte le lunghezze d'onda. Laparte superiore di questa immagine prodotta al calcolatore rappresenta un'istantanea di una diqueste fluttuazioni, vista in sezione. Il giallo, il verde e il blu indicano regioni relativamentecompresse, mentre l'arancione, il rosso e il viola corrispondono ad aree via via più rarefatte.Nella sezione inferiore dell'immagine tutte le fluttuazioni che coinvolgono masse inferiori a 1016masse solari sono state filtrate ed eliminate dall'interazione tra materia e radiazione nelle primefasi dell'evoluzione dell'universo. Secondo la pancake theory, ossia «teoria delle frittelle»,proposta dagli autori, le fluttuazioni residue hanno dato origine ai superammassi di galassie e aivuoti che questi hanno lasciati liberi, le formazioni che osserviamo attualmente. La simulazio-ne al calcolatore è stata eseguita da S. Djorgovsky dell'Università della California a Berkeley.

INIZIO DELBIG BANG

SPAZIO >

TEMPO 1 -Oo_2LU

L'orizzonte di un osservatore si allarga con il passare del tempo, ab-bracciando una parte sempre più grande dell'universo. L'orizzonte èuna sfera centrata sull'osservatore e di raggio pari alla distanza che laluce ha potuto percorrere dall'inizio del big bang al momento conside-rato. Qui è rappresentato con un cerchio alla base di un cono: l'espan-sione dell'universo a partire dall'inizio del big bang è indicata dal pro-gressivo allontanamento di due galassie con il tempo. Nelle prime fasidell'espansione le galassie si allontanano l'una dall'altra con una veloci-tà apparente superiore a quella della luce; quindi in quest'epoca per unosservatore in una di esse non c'è stato abbastanza tempo per vedere

l'altra in nessun momento precedente della sua evoluzione (a). Ma,poiché l'espansione rallenta continuamente, la luce emessa da unagalassia all'inizio del suo sviluppo finirà per raggiungere un osservatoresituato sull'altra (b). La superficie dei coni è costituita dalle traiettoriedei segnali luminosi nello spazio e rappresenta un limite spaziale all'in-terazione causale in qualsiasi momento dato, perché nessun segnalepuò propagarsi a velocità superiore a quella della luce. Per questo,qualunque fluttuazione di densità che si verifichi su scala più grande diquella dell'orizzonte di un osservatore non avrà alcun effetto sull'osserva-tore o sulla distribuzione della materia e dell'energia entro l'orizzonte.

TEMPO 2

Negli ultimi tempi è stato verificato cheesiste la scala del sistema astronomicorichiesta e la sua massa sembra suggerire,anche se non basta a garantirlo. che lateoria delle frittelle è sulla buona strada.Sono state compiute misurazioni sistema-tiche delle distanze di diverse migliaia digalassie determinando lo spostamentoverso il rosso dei loro spettri, lo sposta-mento cioè delle righe spettrali verso l'e-stremità dello spettro elettromagneticocorrispondente alle lunghezze d'ondamaggiori. Lo spostamento verso il rosso èun effetto Doppler causato dall'allonta-namento di una galassia lontana dallanostra. La velocità di recessione si puòcalcolare dallo spostamento verso il rossocon una semplice formula matematica, ela distanza della galassia è direttamenteproporzionale alla velocità di allontana-mento perché l'universo è in espansione.Combinando una misurazione dello spo-stamento verso il rosso con le coordinatedella galassia sulla sfera celeste, un astro-nomo può stabilire quindi la posizionedella galassia nello spazio; in questomodo è stato possibile elaborare cartetridimensionali della distribuzione dellegalassie.

Queste carte rivelano caratteristichemolto diverse da quelle di quasi tutti glialtri oggetti astronomici: le galassie sonoconcentrate in enormi strutture laminari efilamentose la cui dimensione massima,circa 100 milioni di anni luce, supera di unordine di grandezza quella minima. Unastruttura di questo genere può contenerefino a un milione di galassie, e la sua mas-sa è dell'ordine delle 10 16 masse solari.Inoltre le galassie non sono distribuiteuniformemente all'interno della struttu-ra: si distinguono grumi e nastri più den-samente popolati, molti dei quali si trova-no all'intersezione di due lamine. Infine,dispersi qua e là tra le strutture più grandi,si aprono enormi vuoti, praticamente pri-vi di galassie, con dimensioni tra i 100 e i400 milioni di anni luce (si veda l'articoloSuperammassi e vuoti nella distribuzionedelle galassie di Stephen A. Gregory eLaird A. Thompson in «Le Scienze», n.165, maggio 1982). Quest'immagine del-l'universo si basa in buona parte sul lavo-ro di Jaan Einasto dell'Osservatorio diTartu in Estonia.

L'individuazione di un neutrino dotatodi massa è molto più problematica. Parec-chi anni fa i fisici teorici attribuirono alneutrino una massa di riposo nulla, maalcune teorie più recenti sulle particelleelementari fanno pensare che il neutrinoin realtà abbia una piccola massa. Per ri-velarla sono in corso diversi tipi di espe-rimenti: secondo il metodo più diretto èpossibile dedurre l'esistenza di questamassa trovando certe variazioni partico-lari nel tasso di decadimento degli isotopiradioattivi. Nel 1980 Valentin Lubimov,Evgeny Tretyakov e loro collaboratoridell'Istituto di fisica teorica e sperimenta-le di Mosca hanno misurato il tasso didecadimento del trizio, l'isotopo radioat-tivo dell'idrogeno. All'epoca comunica-rono risultati in accordo con una massapiccola, ma non nulla, per il neutrino, tra i

a

14 e i 46 elettronvolt, cioè meno di undecimillesimo della massa dell'elettrone.Negli ultimi tempi gli stessi ricercatorihanno confermato quanto avevano ot-tenuto precedentemente, restringendoinoltre i margini di errore: oggi infattiattribuiscono alla massa del neutrino unvalore che è compreso tra i 20 e i 40elettronvolt.

Q fortunatamente non si sono avute veri-fiche indipendenti di questi risultati; e

pertanto manca ancora un accordo gene-rale sulla questione della massa del neu-trino. Un secondo tipo di esperimento,tentato per la prima volta da Ettore Fiori-ni dell'Università di Milano, si basa sullavelocità di un certo processo di decadi-mento radioattivo, noto come doppiodecadimento beta, visibile in certi isotopi.Fiorini ha riferito che la massa del neutri-no non può essere maggiore di 10 o 20elettronvolt, dallo studio del decadimen-to dell'isotopo germanio 76. Il metodo èmeno diretto della misurazione del deca-dimento del trizio; i risultati dell'esperi-mento di Fiorini, infatti, si possono inter-pretare come una misura della massa del

neutrino solo nell'ipotesi che il neutrinosia l'antiparticella di se stesso. Se invece ilneutrino e l'antineutrino sono particelledistinte, il doppio decadimento beta delgermanio 76 è diverso, e non è possibilededurne alcun valore per la massa delneutrino.

Un terzo metodo per rivelare la massadei neutrini è stato proposto per la primavolta da Bruno M. Pontecorvo dell'Istitu-to unito di ricerche nucleari di Dubna, inUnione Sovietica. Il metodo sfrutta il fat-to che esistono tre diverse specie di neu-trino: il neutrino elettronico, il neutrinomuonico e il neutrino tauonico. Se tutte etre le specie sono dotate di massa, se pos-sono manifestarsi con probabilità variabi-le e se la differenza tra i quadrati dellemasse di due neutrini di specie diverse èdiversa da zero, allora, per la meccanicaquantistica, le tre specie possono oscilla-re, cioè scambiarsi liberamente le loroidentità. Dal momento che queste oscilla-zioni farebbero variare nel tempo la po-polazione di ciascuna specie, dovrebbeessere possibile rivelarle come variazioninella popolazione di neutrini elettronici,per esempio, in un fascio di neutrini dei

tre tipi. Negli ultimi anni sono stati ese-guiti diversi esperimenti di questo genere,prima dal gruppo di Frederick Reines del-l'Università della California a Irvine nel1980, e poi dal gruppo di Felix H. Boehmal California Institute of Technology e daaltri ricercatori. Fino alla stesura di que-sto articolo nessun gruppo sperimentaleha comunicato prove univoche dell'esi-stenza di oscillazioni. Sfortunatamente laloro assenza potrebbe indicare anche soloche la differenza tra i quadrati delle massedi due specie di neutrini è nulla; anche uninsuccesso nella rivelazione delle oscilla-zioni è compatibile con una massa finita,cioè non nulla, del neutrino.

L'atteggiamento prevalente tra i fisici èche i risultati sperimentali non permetta-no ancora una conclusione sicura sul pro-blema della massa del neutrino. Se però siaccetta la validità delle prove a favoredella sua esistenza, le conseguenze co-smologiche sono molto profonde. Più didieci anni fa, seguendo un suggerimentoprecedente di Semyon Gershtein dell'Isti-tuto di fisica di Serpukhov, in UnioneSovietica, e di uno di noi (Zel'dovich),Gyórgy Marx e un altro di noi (Szalay)

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DISTANZA DA UNA REGIONE AD ALTA DENSITÀ

Una fluttuazione con un'unica lunghezza d'onda genera una distribuzione regolare delle velocitàdelle particelle; le particelle vengono attirate dalla gravità verso le regioni di densità massima, quindila velocità di ognuna di esse dipende dalla sua distanza da una regione di questo tipo (in alto a sini-stra). La velocità di ogni particella è data dalla pendenza della linea che ne rappresenta la traiettoria(in basso a sinistra). Le traiettorie tendono a convergere e a formare regioni di maggiore densità,amplificando così le fluttuazioni regolari. Se invece le fluttuazioni si distribuiscono casualmente sututte le lunghezze d'onda (in alto a destra) le traiettorie non convergono (in basso a destra).

all'Università Eòtvós ipotizzarono che ineutrini dotati di massa potessero dare uncontributo molto importante alla massa eall'evoluzione complessiva dell'universo.Lo stesso suggerimento fu avanzato con-temporaneamente da Ramanath Cowsike John McClelland dell'Università dellaCalifornia a Berkeley. Un neutrino dota-to di massa porterebbe inoltre necessa-riamente alla formazione di strutture afrittella sulle scale più grandi. Prima didiscutere questo effetto, però, sarà utiledescrivere una versione precedente dellateoria delle frittelle, una teoria che allafine ha fallito diverse verifiche osservati-ve cruciali, ma che ha dato vita alla formu-lazione attuale, di maggior successo.

Gli astrofisici ritengono di aver com-preso piuttosto bene i processi fisici

che debbono essersi verificati dopo i pri-mi millisecondi dal big bang. Le energiedelle particelle che collidevano tra di loroin quell'epoca non superavano quelle chesi raggiungono normalmente nei piccoliacceleratori; per costruire quindi un qua-dro dell'universo di allora basta studiareun fluido denso costituito da particelle lecui proprietà individuali siano ben note.

Le particelle di gran lunga più abbon-danti in quel fluido erano il fotone, l'elet-trone e le tre specie di neutrino; i protonie i neutroni sopravvissuti alle annichila-zioni del periodo precedente erano relati-vamente pochi. Gli elettroni e i neutrinirimasero in stretto contatto per quasi tut-to il primo secondo, annichilandosi e ri-formandosi continuamente. La frequenzadelle collisioni garantiva che l'energiafosse distribuita in modo casuale in tutto il

fluido; le particelle, in altre parole, eranomantenute in equilibrio termico. Durantela progressiva espansione dell'universo ladensità delle particelle diminuì, e le colli-sioni si fecero meno frequenti. Dato chel'energia di una particella è inversamenteproporzionale alla sua lunghezza d'onda,l'energia media dei fotoni diminuì mentrele loro lunghezze d'onda si espandevanocon il resto dell'universo, che cominciòcosì a raffreddarsi.

Oggi le ricerche teoriche che negli ul-timi tempi hanno tentato di unificare leforze della natura sono in grado di risalirenella storia dell'universo anche oltre ilprimo millisecondo. Queste teorie sichiamano di grande unificazione perché sisforzano di interpretare la forza elettro-magnetica, quella nucleare debole e quel-la nucleare forte come manifestazionidiverse a bassa energia di un unico feno-meno sottostante. (La gravità, la quartaforza fondamentale, non è stata ancoraincorporata in questo schema.) La densitàdi energia alla quale le tre forze non sonopiù distinte corrisponde a quella dell'uni-verso solo 10-35 secondi dopo l'inizio delbig bang. I primissimi istanti dell'universosono diventati quindi agli occhi degliscienziati un laboratorio per mettere allaprova le previsioni delle teorie di grandeunificazione.

Una delle previsioni di queste teorie èche se la densità della materia nelle primefasi dell'espansione deve fluttuare, devefluttuare anche quella dei fotoni, cioè del-la radiazione. Nonostante questo, però, ilrapporto tra le due densità deve rimaneresempre uguale. Secondo la teoria dellarelatività generale la materia e l'energia

sono equivalenti come sorgenti gravita-zionali e determinano la geometria dellospazio-tempo. Una fluttuazione nelladensità della materia e dell'energia, quin-di, causa una fluttuazione del campo gra-vitazionale, equivalente a sua volta a unafluttuazione nella curvatura dello spazio-tempo. La teoria generale di queste flut-tuazioni nell'universo in espansione, trat-tate nel quadro della relatività generale, èstata elaborata nel 1946 da Eugene M.Lifshitz dell'Istituto per i problemi fisicidi Mosca.

Sembra ragionevole supporre che nel-l'universo, all'inizio, sia esistita una vastagamma di fluttuazioni su diverse scalepossibili. Facciamo questa ipotesi soprat-tutto per economia di pensiero: sembre-rebbe arbitrario e completamente fortui-to che le fluttuazioni fossero state tali daindividuare solo regioni su una certa sca-la. poniamo su scala galattica. Esiste peròun limite superiore alle dimensioni dellefluttuazioni che in un dato momento unosservatore può percepire. Questo limiteè l'orizzonte spaziale dell'osservatore,una sfera centrata sull'osservatore stessodi raggio pari alla distanza che la luce puòpercorrere nel tempo trascorso dall'iniziodel big bang. Nel modello standard del bigbang, comunque, l'espansione inizialedello spazio e del tempo a partire dal pun-to singolare crea un universo molto piùgrande dell'orizzonte spaziale di qualsiasiosservatore. D'altra parte, dato che si ri-tiene che l'espansione dell'universo stiarallentando, nell'orizzonte di ogni osser-vatore entrano quantità di materia sem-pre più grandi. Le fluttuazioni che nonsono rilevabili a un certo stadio dell'evo-luzione dell'universo lo diventano piùtardi, perché cominciano a essere conte-nute all'interno dell'orizzonte in continuaestensione (si veda l'illustrazione nellapagina precedente).

na volta all'interno dell'orizzonte diun'osservatore, una fluttuazione

può essere descritta in maniera adeguataentro la teoria della gravitazione classica,ossia non relativistica. In questa teorial'oscillazione assume l'aspetto di una per-turbazione osservabile della densità delfluido. Su ogni piccola porzione di mate-ria e di radiazione che si muovono insie-me agiscono due effetti contrastanti:quello della gravità che tende a farlo col-lassare e quello della pressione dovuta almoto caotico delle particelle e della ra-diazione che tende a disperderla nellospazio. Sulle grandi scale la gravità finiscesempre per prevalere: la pressione nonriesce a impedire il collasso, e le particellevengono attirate verso le regioni di densi-tà massima. Per di più, una volta che ilcollasso gravitazionale è iniziato, la massache si è andata accumulando attira mate-ria e radiazione ancora più lontane, am-plificando qualunque instabilità iniziale;la materia si accumula in certe regioni ediventa più rarefatta in altre.

Se si considera il brodo di particelle eradiazione di cui all'inizio è costituito l'u-niverso come un gas ideale, gli effetti diuna fluttuazione di densità sul gas sono

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La struttura topologica delle fluttuazioni che sopravvivono alla selezione nelle prime fasi dell'evo-luzione dell'universo si conserva nella struttura dei superammassi di galassie e dei vuoti intergalat-tici. A sinistra la densità dell'universo è quasi uniforme. Se la probabilità che una leggerafluttuazione nella densità causi una rarefazione lungo un asse qualsiasi è di un mezzo, la probabili-tà che in una certa regione avvenga una rarefazione su tutti e tre gli assi spaziali è di un ottavo. Leregioni in cui questo avviene sono rappresentate in bianco; inizialmente occupano solo un ottavodel volume dell'universo e contengono circa un ottavo della sua massa (a sinistra). La gravitàcomprime le regioni in colore lungo uno o più assi. Queste regioni, che racchiudono circa setteottavi della massa dell'universo, collassano formando una ragnatela di filamenti che al terminedel processo finiscono per occupare solo un ottavo del volume (a destra). Le regioni di rarefa-zione iniziale si espandono formando vuoti che occupano i rimanenti sette ottavi dell'universo.

facili da calcolare. Qualsiasi aumento didensità locale che coinvolga una massaabbastanza grande porterà all'instabilitàgravitazionale e all'avvio del collasso. Suscale più piccole, invece, la gravità non èabbastanza forte da superare l'aumentodi pressione causato dalla maggiore den-sità del gas. La porzione di gas compressarimbalzerà, quindi, rarefacendosi, e lafluttuazione si propagherà esattamentecome un'onda sonora, cioè sotto forma dicompressioni e rarefazioni periodiche delmezzo nel quale si sposta.

Quasi tutte le onde sonore nell'aria siestinguono in qualche decina di metriperché le particelle che costituiscono leonde di compressione si disperdono e illoro moto coerente viene dissipato sottoforma di calore. Analogamente le ondesonore nel mezzo cosmico generate dallefluttuazioni perdono la loro energia e sismorzano a tutte le lunghezze d'ondatranne le più grandi. Inoltre le particelle ei fotoni dell'universo primitivo sono digran lunga troppo addensati per poterlitrattare come un gas ideale. Nei primi300 000 anni del big bang la radiazionefotonica possedeva abbastanza energia damantenere ionizzata tutta la materia. Ifotoni erano circa 100 milioni di volte più_numerosi degli elettroni; gli elettroni li-beri, che più tardi si sarebbero legati ainuclei, erano sottoposti quindi a un bom-bardamento continuo da parte dei fotoni,con fenomeni di diffusione reciproca. Ilrisultato era un fluido di elettroni e difotoni denso e viscoso, in cui le particellepotevano percorrere solo piccole distanzeprima di subire una diffusione.

La diffusione degli elettroni liberi daparte della radiazione rende il loro spo-stamento attraverso di essa molto simileall'attraversamento di una specie di mieleviscoso e freddo. La viscosità del fluido

impedisce quindi lo sviluppo di quelle in-stabilità gravitazionali che potrebberoderivare dalla sola aggregazione di mate-ria. Inoltre, come nel gas ideale, l'intensi-tà della pressione di radiazione è tale daimpedire alla materia e all'energia di col-lassare sotto l'azione della gravità, tranneche su regioni di scala abbastanza grande.Tutte le altre fluttuazioni nel fluido visco-so, cioè quelle che sfuggono al collassogravitazionale, si possono considerareOnde sonore.

Come abbiamo già ricordato, le teoriedi grande unificazione richiedono che ilrapporto tra densità dei fotoni e densitàdella materia rimanga costante: nella fasecompressiva di una fluttuazione, quindi,deve avvenire una compressione dei fo-toni pari a quella delle particelle dotate dimassa. Se però la distanza percorsa da unfotone dall'inizio del big bang al momen-to considerato è maggiore della lunghezzadi una regione compressa di una fluttua-zione, il fotone in effetti non prenderàparte alla compressione, ma dissiperà lafrazione che gli compete dell'energia del-la fluttuazione. I fotoni, molto più nume-rosi delle particelle dotate di massa, tra-sportano pressoché tutta l'energia dellefluttuazioni, quindi tutte le fluttuazioni suscala inferiore allo spostamento radiale diun fotone durante il tempo trascorso dal-l'inizio del big bang vengono smorzatecompletamente.

Il cammino di un fotone è simile a quel-lo di un ubriaco che, allontanandosi bar-collando da un lampione, prende a ognipasso qualsiasi direzione con la stessaprobabilità. Per allontanarsi dal lampionedi una distanza pari a N passi di un uomosobrio l'ubriaco deve fare N 2 passi. Ana-logamente un fotone deve subire N 2 dif-fusioni per percorrere una distanza radia-le pari a quella che percorrerebbe muo-

vendosi liberamente (nel tempo necessa-rio a subire N diffusioni). Nonostantesiano diffusi dagli elettroni, i fotoni sidisperdono attraverso il mezzo tanto ra-pidamente da dissipare l'energia di tuttele fluttuazioni, tranne le più grandi.Quando l'universo si è raffreddato abba-stanza da permettere ai nuclei atomici dicatturare gli elettroni, i fotoni si sonoespansi attraverso una regione di massapari a circa 10 14 volte quella del Sole, etutte le fluttuazioni iniziali che coinvol-gono masse inferiori a questo limite sonostate cancellate.

Ouando alla fine gli elettroni si combi-nano con i nuclei formando atomi, la

materia e la radiazione cessano di intera-gire, e la radiazione comincia a muoversiliberamente, indipendentemente dagliatomi. La viscosità del fluido scende im-provvisamente a un valore molto più bas-so e le fluttuazioni che sono sopravvissuteall'era precedente di interazioni domina-te dalla radiazione possono venire ampli-ficate senza più ostacoli. Da questo mo-mento l'instabilità gravitazionale procedea pieno ritmo.

L'improvvisa scomparsa della pressio-ne di radiazione ha un effetto determi-nante per stabilire la forma e la strutturadegli oggetti che si sviluppano per primi.La pressione termica agisce sempre inmaniera isotropa, cioè nello stesso modoin tutte le direzioni, quindi se la pressionedi radiazione fosse rimasta di intensitàparagonabile alla forza di gravità tutti glioggetti collassati avrebbero avuto unasimmetria sferica quasi perfetta. Le aniso-tropie si sviluppano perché la pressionerimane trascurabile fino agli ultimi istantidel collasso.

Data la mancanza di una pressione chesi opponga alla contrazione, la instabilitàgravitazionale si rivela un meccanismomolto efficiente per radunare la quasi to-talità della materia in regioni dello spaziocompresse, di alta densità. Si consideriquesto ragionamento: lungo ciascuno deitre assi spaziali la materia può esserecompressa oppure rarefatta; supponia-mo, per semplicità, che la probabilità chela materia sia compressa lungo un certoasse sia di un mezzo. Allora la frazione delgas totale non compressa su nessuno deitre assi è il cubo di un mezzo, cioè unottavo. Il risultato ha conseguenze imme-diate sulla previsione della struttura spa-ziale successiva al collasso. In una primafase, quando la densità è ancora quasiuniforme, le regioni che verranno poicompresse contengono circa i sette ottavidella materia. Queste regioni circondanobolle più piccole di materia che non col-lasserà mai: le bolle formeranno i vuoti.Dopo il collasso le regioni compresseoccupano solo un ottavo del volume tota-le; le piccole bolle, che contengono soloun ottavo della massa, si espandonoriempiendo i rimanenti sette ottavi delvolume. La topologia dello stato inizialesi conserva. Il risultato finale è una strut-tura cellulare formata da pareti sottili efilamenti di materia compressa che rac-chiudono grandi vuoti.

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300 DISTANZA(MILIONI DIANNI LUCE)

AMMASSODI GALASSIE INCOMA BERENICES

•LA NOSTRA GALASSIA

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0°S\

250

Le deformazioni continue del mezzo durante il collasso gravitazionalepossono portare a discontinuità nella densità della materia. In ogniquadro di questa sequenza schematica il piano inferiore rappresentadue direzioni nello spazio; per semplicità si tiene conto solo dei motiparalleli all'asse x di particelle contenute nel piano. Le particelle simuovono verso un asse al centro del piano; la lunghezza di ogni frecciaindica la velocità di una particella che si trovi alla base della freccia (a,b). Una «lamina» di particelle in moto verso destra (frecce in colore)attraversa l'asse centrale senza scontrarsi con le particelle che si sposta-no verso sinistra (frecce in nero). I due moti stabiliscono due disconti-nuità nella densità del mezzo ai lati dell'asse centrale (c). In quasi tutti i

collassi che avvengono nella realtà i moti delle due lamine di particellenon sono esattamente simmetrici e le due discontinuità finiscono in unacuspide (d). Queste distribuzioni di densità possono costituire un casoparticolare di un fenomeno più generale descritto dalla branca dellamatematica che si chiama teoria delle catastrofi. Rappresentando i motidelle particelle in uno spazio delle fasi, cioè in uno spazio tridimensio-nale in cui l'asse verticale rappresenta la velocità in una direzioneparallela all'asse x, l'interazione tra le lamine di particelle è raffiguratada una superficie attorcigliata o ondulata (piano superiore in ogniriquadro). La densità delle particelle in ciascun punto è data, allora,dall'ombra» che la superficie deformata getta sul piano x-y originale.

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200 DISTANZA(MILIONI DIANNI LUCE)

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Le isolinee di densità elevata sono state riportate in un grafico tridimensionale relativamente a tuttele galassie più luminose della magnitudine 14,5 che nel cielo settentrionale si trovano entro circa 250milioni di anni luce dalla nostra galassia (illustrazione in alto). La distribuzione è simile a quellache compare nell'illustrazione in basso e che è stata ottenuta simulando al calcolatore le previsionidel modello a frittelle. Nel modello si suppone che il raggrupparsi della materia in ammassi derivisolo da fluttuazioni della densità non più piccole della più piccola fluttuazione in grado di sopravvi-vere agli effetti di smorzamento di eventuali neutrini dotati di massa. La distribuzione reale è stataricavata da Carlos Frenk e Simon »lite dell'Università della California a Berkeley sulla base diuna mappa preparata da Marc Davis e dai suoi colleghi del Center for Astrophysics delloHarvard College Observatory e dello Smithsonian Astrophysical Observatory. La mappa si basavasu un rilevamento di 1801 galassie. La simulazione è stata eseguita da Frenk, »lite e Davis.

Con considerazioni analoghe è possibi-le prevedere anche la forma delle regionicompresse: è estremamente improbabileche un volume cubico di materia destina-to al collasso formi una sfera. Per questosarebbe necessario che fossero uguali, sututte e tre le componenti in cui si puòrisolvere qualunque collasso, sia la dire-zione, sia l'entità delle fluttuazioni. Émolto più probabile che il cubo collassiinnanzitutto lungo un asse scelto a caso, ecollassi o si espanda più lentamente lungogli altri due. La distribuzione della mate-ria che ne segue è estremamente aniso-tropa: la massa contenuta nel volume cu-bico iniziale non varia al diminuire dellospessore e del volume, quindi la densitàdiventa molto elevata e si forma una spe-cie di frittella piatta.

All'inizio le frittelle si sviluppano inregioni isolate, ma presto crescono diven-tando lamine sottili che si intersecano eformano la struttura cellulare. Alcunesimulazioni numeriche del collasso ese-guite con l'aiuto di grandi calcolatori fan-no pensare che l'universo abbia assuntouna struttura cellulare solo in tempi re-centi. Nel futuro, via via che si formeran-no aggregati più grandi di materia, si pre-vede che la struttura cellulare scomparirà.Quindi è solo durante uno stadio inter-medio dell'evoluzione del cosmo che lastruttura della distribuzione di materiarispecchia le fluttuazioni iniziali dellacurvatura. I dati osservativi mostranoche. dal punto di vista dell'evoluzione del-la struttura su grande scala, l'universonon è né molto giovane né molto vecchio.

Esistono due grandi difficoltà nella teo-ria delle frittelle come l'abbiamo de-

scritta finora. Innanzitutto, come si ricor-derà, in questa teoria le più piccole flut-tuazioni in grado di sopravvivere all'eradella radiazione coinvolgono 10" massesolari. Nella distribuzione delle galassie,però, esiste una struttura su scale moltopiù grandi. Le simulazioni numerichesembrano favorire una teoria in cui le piùpiccole fluttuazioni che appaiono alla finedell'era della radiazione siano dell'ordinedi 10 15 o 10 16 masse solari.

La seconda difficoltà è più grave. Ilfondo di radiazione a microonde ha con-tinuato a propagarsi liberamente fin dalmomento in cui i fotoni e gli elettronihanno smesso di interagire; per questo lavariazione di temperatura della radiazio-ne tra un punto e l'altro del cielo rispec-chia le disomogeneità primordiali nelladistribuzione della materia. All'epocadella formulazione della teoria originaledelle frittelle il limite superiore per la va-riazione di temperatura complessiva sututto il cielo era di circa una parte su mille.e di conseguenza si riteneva che le diso-mogeneità primordiali della materia nel-l'universo potessero arrivare a un terzodella variazione di temperatura, cioè auna parte su 3000. Di recente FrancescoMelchiorri e i suoi collaboratori alle Uni-versità di Firenze e di Roma e Yuri N.Parijskijin dell'Osservatorio di Pulkovo aLeningrado hanno stabilito limiti moltopiù stretti per le variazioni della tempera-

tura della radiazione: il nuovo limite su-periore è una variazione di meno di unaparte su 30 000 su un angolo di sei gradi.

Le fluttuazioni richieste dalla versioneoriginale della teoria delle frittelle eranoin accordo con le stime precedenti dellevariazioni di temperatura, ma con le suc-cessive c'è solo una corrispondenza limi-tata. Inoltre, se la densità complessiva ditutta la materia e l'energia dell'universo ètanto piccola da permettere all'espansio-ne di continuare per sempre, l'accordo trateoria ed esperienza scompare del tutto.Su scala cosmica la forza di gravità nelperiodo più vicino a noi sarebbe stata cosìdebole, che le fluttuazioni avrebberodovuto svilupparsi completamente e col-lassare molto prima, quando la densitàdella materia era maggiore. L'ampiezzadi queste fluttuazioni, però, sarebbe statadi gran lunga troppo grande per esserecompatibile con l'uniformità del fondo dimicroonde. Invece, se le fluttuazioni mi-

ziali fossero state abbastanza piccole daessere compatibili con il fondo di radia-zione, la nascita delle galassie sarebbediventata praticamente impossibile.

Se l'universo fosse abbastanza denso dapermettere un accordo, per quanto limi-tato, tra l'ampiezza delle fluttuazioni el'uniformità della radiazione di fondo,nascerebbe un altro problema. Non sa-rebbe possibile spiegare questa densitàsolo con la massa totale della materia lu-minosa visibile sotto forma di stelle, nebu-lose, galassie e simili; al contrario, l'uni-verso devrebbe essere costituito soprat-tutto da materia oscura. Questa deduzio-ne non è nuova: studi condotti sulla rota-zione della nostra e di altre galassie aspirale hanno mostrato che le velocità dirotazione delle stelle alla periferia di unagalassia non sono in accordo con le leggidi Keplero. Queste leggi affermano che levelocità di rotazione dovrebbero diminui-re al crescere della distanza dal centro

della galassia, proprio come la velocitàorbitale dei pianeti diminuisce al cresceredella loro distanza dal Sole. Le stelle allaperiferia delle galassie, invece, non sonopiù lente; le loro velocità di rotazione sonoall'incirca costanti e indipendenti dalladistanza dal centro galattico. P. James E.Peebles e Jeremiah P. Ostriker della Prin-ceton University ed Einasto hanno avan-zato contemporaneamente l'idea che ildilemma si risolverebbe se la maggior par-te della massa delle galassie a spirale fossecostituita da aloni di materia invisibile. Unragionamento indiretto fa pensare che for-se la materia oscura è presente in quantitàancora maggiori all'interno dei gruppi edegli ammassi di galassie. Questi sistemi siseparerebbero nei loro componenti in untempo estremamente breve se non fosseper l'attrazione gravitazionale della mate-ria oscura. Si calcola che la materia oscurarappresenti forse il 90 per cento della mas-sa dell'universo.

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Questa simulazione al calcolatore mostra l'evoluzione delle fluttua-zioni su grande scala della densità di materia e di energia nel tempo, sesi parte dal presupposto che esistano neutrini con massa non nulla. Inconseguenza del collasso gravitazionale si sviluppano frittelle e fila-menti, mentre la materia delle altre regioni dello spazio diventa sem-

pre più rarefatta. La struttura che ne risulta assomiglia alla distribu-zione di superammassi e vuoti visibile oggi. In parecchie regioni esi-stono cuspidi e altri tipi di discontinuità nella densità, riconoscibili eclassificabili con il ricorso alla teoria delle catastrofi. La simulazione èstata realizzata da George Efstathiou dell'Università di Cambridge.

TRE MILIARDI DI ANNI

Per salvare dal naufragio la teoria delle

frittelle occorreva urgentemente unnuovo costituente dell'universo, ed era ne-cessaria una forma di materia oscura perspiegare i moti delle galassie. Un candidatonaturale per entrambi i ruoli era il neutrino,anche se certe altre particelle esotiche, maancora non rivelate, come il fotino o il gravi-

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CINQUE MILIARDI DI ANNI

tino dotati di massa, avrebbero potuto assol-vere lo stesso compito cosmologico. Le teo-rie delle particelle elementari prevedono chenel primo millisecondo del big bang esistesseun grande assortimento di particelle che in-teragivano debolmente in equilibrio termi-co. Molte di queste particelle potrebberoessere sopravvissute fino a oggi e, se fosserostabili, potrebbero avere profonde conse-guenze per la cosmologia. Dato che la massadel neutrino si può misurare sperimental-mente, ci riferiremo d'ora in avanti al neutri-no; ciononostante, anche se il neutrino risul-tasse privo di massa, la teoria delle frittellenon risulterebbe confutata.

Si ricorderà che nel primo secondo delbig bang il brodo primordiale contenevamoltissimi neutrini. Anche oggi il rapportotra fotoni e neutrini delle tre varietà insiemeè solo di 11 a 9. I neutrini, a differenza deiprotoni, degli elettroni e perfino dei fotoni,interagiscono con le altre particelle cosìdebolmente che iniziano a muoversi libe-ramente molto prima dei fotoni. Per questoi neutrini, che all'inizio viaggiano alla velo-cità della luce, possono percorrere nelleprime fasi dell'evoluzione dell'universodistanze maggiori dei fotoni. Al terminedell'era della radiazione i neutrini avrannoquindi dissipato fluttuazioni su scala piùgrande di quelle che sarebbero state smor-zate dai soli fotoni.

Un neutrino dotato di massa non puòcontinuare indefinitamente a muoversialla velocità della luce. Quando la densitàdi energia dei fotoni scende al di sottodell'energia che corrisponde approssima-tivamente alla massa di riposo del neutri-no, questo comincia a rallentare e a muo-versi a una velocità appropriata alla suaenergia. Se la massa del neutrino è di 30elettronvolt, il rallentamento cominceràmolto prima della cattura degli elettronida parte dei nuclei atomici. Per la catturabisogna aspettare finché l'energia di fondosi riduce a 0,1 elettronvolt. l'energia allaquale l'idrogeno viene ionizzato dal densofluido di fotoni. I neutrini continuano a

NOVE MILIARDI DI ANNI

smorzare le fluttuazioni anche mentre ral-lentano, ma diventano sempre più suscet-tibili alla cattura da parte di grandi fluttua-zioni non ancora livellate. Richard Bonddella Stanford University e uno di noi(Szalay) hanno valutato il massimo ordinedi distanze che i neutrini possono percor-rere liberamente prima di venire intrappo-lati e, quindi, il minimo ordine di grandez-za al di sopra del quale le fluttuazioni nonvengono cancellate. Questa scala corri-sponde a una distanza attuale di 100 mi-lioni di anni luce e a una massa di 10 15 -1016volte quella del Sole. L'accordo contedimensioni e la massa dei superammassi digalassie visibili oggi è impressionante.

Come si conciliano queste fluttuazionicon l'uniformità osservata della radiazio-ne di fondo? I neutrini cessano di cancella-re le fluttuazioni della curvatura primadella fine dell'era della radiazione, ma, adifferenza degli elettroni, i loro moti nonsono ostacolati dalla viscosità del fluido. Ineutrini collidono con i fotoni e gli elettro-ni così raramente da non essere soggettiall'attrito viscoso. Per questo le instabilitàgravitazionali possono iniziare a svilup-parsi tra i neutrini prima della fine dell'eradella radiazione, e quindi crescere per untempo molto più lungo di quello disponibi-le alle fluttuazioni della materia ordinaria.L'ampiezza iniziale delle fluttuazioni dineutrini necessarie per spiegare le diso-mogeneità attuali della materia può esse-re, quindi. molto minore di quella richiestanel caso di una miscela di radiazione e dimateria normale. Con neutrini dotati dimassa la variazione nella temperatura delfondo di radiazione necessaria per genera-re gli aggregati visibili di materia diminui-sce di un ordine di grandezza o più, riconci-liando così la teoria e le osservazioni.

La nuova versione della teoria delle frit-telle conduce a una spiegazione naturaledell'origine della materia oscura nell'uni-verso. Il collasso iniziale di una frittelladistribuisce quasi tutti i neutrini su zonemolto estese, perché la maggior parte di

essi viene accelerata a grandi velocità, del-l'ordine dei 1000 chilometri al secondo.Questi neutrini andranno a riempire leregioni oscure dello spazio intergalattico.Altri neutrini, però, si muovono più len-tamente, perché inizialmente si trovanopiù vicini al piano centrale della frittella enon subiscono grandi accelerazioni. Il sot-tile strato di gas nelle vicinanze del pianocentrale condensa e si suddivide per for-mare le protogalassie. I neutrini lenti ven-gono raccolti dagli aggregati di materianormale, e la materia al centro della pro-togalassia continua a condensare e formastelle. I neutrini alla periferia della proto-galassia, però, sono soggetti anche all'at-trazione gravitazionale del resto della frit-tella e non condensano, diventando così lamateria oscura dell'alone galattico.

Oggi è in corso di elaborazione una teoriapiù dettagliata della formazione delle

galassie nel contesto della nuova teoria del-le frittelle. Durante il collasso di una frittel-la, la componente neutrinica del gas checollassa attraversa il piano centrale dellafrittella senza interagire. La distribuzionedi densità dei neutrini acquista discontinui-tà molto marcate, alcune delle quali si pos-sono identificare con ammassi di galassiericchi. Vladimir I. Arnold, un matematicodell'Università statale di Mosca, negli ulti-mi tempi ha collaborato con gli astrofisici aquesto proposito, identificando questo tipodi discontinuità nella distribuzione com-plessiva della densità con alcune struttureelementari della branca della matematicachiamata teoria delle catastrofi.

La teoria delle frittelle, nella sua versionemodificata, offre una profonda compren-sione del carattere e dell'origine dell'attua-le struttura dell'universo. Si basa su principifisici ben noti e su ipotesi plausibili relativealle condizioni dell'universo nelle primefasi della sua evoluzione. Come teoria del-l'origine di una struttura su grande scalanon è affatto unica, anche se oggi sembrache tanto la teoria quanto l'osservazione simuovano complessivamente nella direzio-ne che abbiamo schematizzato. Nonostan-te ciò vi sono molti problemi importanti darisolvere prima che questa teoria si possaconsiderare stabilmente fondata.

Una volta ottenuta la conferma dellateoria, se ne dovranno perseguire due lineedi sviluppo. Innanzitutto sarà necessariorivolgere l'attenzione dei ricercatori allastruttura più fine dell'universo, alla forma-zione della prima generazione di stelle daun gas primordiale completamente privo dielementi pesanti. In secondo luogo biso-gnerà chiedersi come le condizioni inizialiipotizzate dalla teoria delle frittelle si sianoinstaurate in epoche ancora precedenti del-la storia dell'universo. Oggi sono in corsodiversi tentativi di far vedere come le flut-tuazioni di piccola ampiezza richieste dallateoria delle frittelle possano derivare dafenomeni precedenti molto meno noti.Questi tentativi si basano su teorie nonancora stabilite, ma i risultati preliminarilasciano spazio a un certo ottimismo ri-guardo alla possibilità di avere a disposizio-ne una teoria coerente dell'universo entrola fine del secolo.