La strage in Veneto ÇColpa dei vitigniÈ, ÇNo, dei boschiÈ ... · guida di un fuoristrada del...

1
Corriere della Sera Martedì 5 Agosto 2014 Cronache 15 La tutela del suolo va fatta in tempi di pace e invece ci si ricorda solo all’esito delle disgrazie Franco Gabrielli capo della Protezione Civile || Posso affermare con certezza che la tragedia non ha alcun legame con la coltivazione della vite Innocente Nardi Consorzio tutela Prosecco || da una catena di frane in seguito ad ecce- zionali rovesci di pioggia, restarono 137 vittime. In particolare nella frazione di Episcopio. L’area aveva la più alta densità abitativa d’Italia (tre volte il valore della Campania) nonostante fosse già stata col- pita da 5 frane dal 1841 al 1939 e 36 dopo la seconda guerra mondiale. Precedenti che avrebbero dovuto spingere le autorità lo- cali a bloccare ogni costruzione e agli stessi cittadini di stare alla larga dalle aree più pericolose. Difficile dimenticare l’accusa amarissima di Fabio Rossi, docente di idrogeologia a Salerno, con gli occhi fissi sulla spianata di fango che aveva inghiotti- to i corpi: «La colpa è loro, ma questo non si può dire ai morti…». T agli Per il Fondo Rischio Idrogeologico l’Italia nel 2008 stanziava 551 milioni di euro. Scesi via via, di governo in governo, a 84. Per precipitare, nella finanziaria 2014 varata da Letta, a 20 milioni (meno 96% sul 2008) portati precipitosamente a 30 dopo le polemiche seguite alla disastrosa allu- vione in Sardegna. V alle dei Templi, Agrigento «Questa importante area storico-ar- cheologica è interessata da tempo da un esteso fenomeno di dissesto classificabile principalmente come scorrimento traslati- vo rotazionale con alcuni piccoli fenomeni di crollo e ribaltamento innescatisi nel 1976. Tale fenomeno coinvolge potenzial- mente sia il Tempio della Concordia sia quello di Giunone Lacina così come la for- tificazione, l’altare dei sacrifici e la cisterna dell’area archeologica…» («Patrimonio culturale, rischio da frana», di Carlo Caca- ce, Carla Iadanza, Daniele Spizzichino e Alessandro Trigila). Z ero Incrociando nel titolo le parole «frana» e «condanna» (in tutte le sue varianti: con- danne, condannato, condannati etc…) l’archivio dell’Ansa, milioni di files accu- mulati dal 1981, contiene solo 4 notizie: quattro. Neppure in un caso, però, si tratta di amministratori colpiti da una sentenza che censuri la sciatteria con cui hanno ge- stito il territorio. Lo stesso ex sindaco di Sarno, Gerardo Basile, è stato condannato in Cassazione per un reato collegato a una frana: non ordinò l’evacuazione delle fra- zioni collinari della cittadina investite dal nubifragio. Per la gestione del territorio, però, condannati zero. Neanche nei casi più scellerati. Zero. Gian Antonio Stella © RIPRODUZIONE RISERVATA La strage in Veneto Processo alle coltivazioni. I produttori: i terrazzamenti drenano, non distruggono «Colpa dei vitigni», «No, dei boschi» La guerra del Prosecco dopo la tragedia Inchiesta per omicidio e disastro ambientale. Zaia: nubifragio eccezionale DAL NOSTRO INVIATO REFRONTOLO (Treviso) — Fra le dolci colline di Refrontolo, dove si piangono i morti del nubifragio sotto un sole caldo e beffardo, gli agricoltori del Prosecco sono fu- renti: «Non li abbiamo uccisi noi». Nel senso che la colpa del disastro non è da ricercare nei loro terreni messi a vitigno, imputati di essere fragili e franosi: «No, i terrazza- menti tengono e drenano se sono fatti bene e da noi sono fatti bene». Sul banco degli imputati è infatti finito subito il Prosecco, secondo questa ipotesi: la terra rubata al bosco non assorbe l’acqua piovana che così scende tutta a valle e i tor- renti esondano e devastano. Nel caso del Molinetto della Croda, uno degli angoli più incan- tevoli della Marca trevigiana dove accanto al vecchio mulino rumo- reggia la cascata del Lierza, l’acqua si è portata via un intero capanno- ne con 90 uomini, dei quali quat- tro non ce l’hanno fatta, mentre gli altri si sono salvati salendo sugli alberi, sui pali, su tutto ciò che sta- va sopra i tre metri d’acqua che hanno di colpo invaso la piana del Molinetto. Quella dei viticoltori è quasi una difesa preventiva. Dopo aver aperto un’inchiesta per omicidio plurimo e disastro ambientale col- poso, il pm di Treviso, Laura Reale, l’ha infatti detto chiaro: «Sto di- sponendo degli accertamenti affi- dandoli a ingegneri e geologi per capire le cause del disastro; so- prattutto verifiche di carattere idrogeologico, sullo stato dei luo- ghi prima del nubifragio e sulla manutenzione degli stessi». E dunque il sospetto è quello: il ca- stigo dei filari. Anche perché nel- l’ultimo anno la Guardia Forestale della Marca ha depositato quattro denunce per «trasformazione abusiva di terreno boscato in altra coltura» riguardanti l’area del Pro- secco che, con la conquista dei mercati mondiali, è diventato l’«oro bianco» della Marca: 220 milioni di euro di giro d’affari re- gistrato nel 2013 (stima Ismea). «Dopo questo disastro andremo a rivedere un po’ tutto quello che ri- guarda le colline», ha anticipato ieri il procuratore di Treviso, Mi- chele Dalla Costa. Ma sul banco degli imputati non c’è solo il Pro- secco. I carabinieri vogliono capire se la festa dei novanta uomini era stata autorizzata e se sono state ri- spettate tutte le norme di sicurez- za. «Gli uffici tecnici ci dovranno dire se quel capannone è stato messo in piedi a regola d’arte per- ché pare che sia imploso su se stesso», ha precisato Giancarlo Carraro, comandante dei carabi- nieri di Vittorio Veneto. È però la discussione sul vino ad animare Refrontolo. Fra i più accesi sostenitori dei vigneti c’è senza dubbio il governatore del Veneto, Luca Zaia, già ministro dell’Agricoltura, trevigiano e pro- secchista doc. Ieri si è messo alla guida di un fuoristrada del Genio civile e ha voluto farci vedere co- me stanno le cose, risalendo il cor- so del Lierza. «Vedi, questo è bo- sco, acacie, querce, olmi, avranno 50 60 anni. Dove sono i vitigni? Dov’è la cementificazione? Non c’è. Qui il problema è semmai l’avanzamento del bosco». «Guar- da lì, colline moreniche, il canyon, l’acqua scava da secoli. La verità che cinquant’anni fa c’erano molti più vitigni di oggi. E che la trage- dia è stata colpa di un nubifragio eccezionale, 60-80 millimetri d’acqua per metro quadro in bre- vissimo tempo, con un torrente che si stringe a imbuto e che cade giù a cascata». Un grande esperto come Tizia- no Tempesta, docente di Econo- mia del territorio all’Università di Padova e attento osservatore di queste colline, gli dà in parte ra- gione: «Effettivamente negli ulti- mi 40 anni, dal 1970 al 2010, c’è stato un enorme abbandono del terreno coltivato a favore del bo- sco. La superficie agricola nei 21 comuni del Prosecco, fra Cone- gliano e Valdobbiadene, si è ridot- ta del 30%, la boscosità è del 42%, i vigneti non superano il 30%». Ma c’è un ma: «Spesso dove l’uomo ha messo le mani ha causato un dis- sesto idrogeologico. I nuovi meto- di di coltivazione portano ad arro- tondare colline, a modificare l’as- setto dei vigneti, a eliminare le particelle storiche. Rendono tutto molto più efficiente e produttivo ma la struttura idraulica comples- siva ne risente». Dopo aver incro- ciato decine di piccole frane arri- viamo in cima alla collina dove c’è un viticoltore che vorrebbe stran- golare il professore. È Alberto Re- sera, capelli bianchi e piglio deci- so: «Bisogna finirla con questa storia, i terrazzamenti migliorano il terreno, aiutano lo scolo, convo- gliano le acque. Non roviniamo nulla noi. Sono i boschi che frana- no». Arriva anche Guido Gallon, suo collega, che fa sì con la testa. L’eurodeputato ambientalista An- drea Zanoni, che presenterà un esposto documentato, non sop- porta la categoria: «Impiantano, sbancano, smottano e devastano». Andrea Pasqualetto [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Il regno del Conegliano Valdobbiadene Docg CONEGLIANO VALDOBBIADENE Vittorio Veneto Tarzo Colle Umberto San Vendemiano Susegana Pieve di Soligo Refrontolo Farra di Soligo San Pietro di Feletto Cison Follina Miane Vidor F ium e P i a v e Area Cartizze Molinetto della Croda LE AZIENDE DELLA ZONA COLPITA 20.000 ettari è l’area di produzione del Conegliano Valdobbiadene Docg 15 i Comuni della provincia di Treviso interessati 168 le aziende che fanno parte del Consorzio di tutela 4.968 le persone che lavorano nel distretto Buosi Paolo La collina e il capannone Pronte le analisi delle colline con geologi e ingegneri Da verificare se il capannone crollato fosse a norma L’esperto Mauro Agnoletti, docente di Pianificazione del territorio «Usiamo gli agricoltori come sentinelle» «Lasciamo stare i vigneti, non c’entrano proprio nulla». Mauro Agnoletti, docente al Dipartimento di Gestione dei sistemi agrari, alimentari e forestali dell’Università di Fi- renze, bolla come senza senso la tesi degli ambientalisti secondo cui dietro alla trage- dia del Trevigiano ci sia l’economia del terri- torio. «Il problema, semmai, è un altro». Quale, professore? «I boschi. Questo Paese abbandona pezzi di territorio che la Natura si riprende a colpi di alberi. Non meravigliamoci se franano an- che le montagne». In che senso? «Gli alberi pesano. Figuriamoci un intero bosco. Basta un’infiltrazione d’acqua nel ter- reno ed ecco che intere porzioni scivolano via, com’è avvenuto, per esempio, a Sarno». Ma gli alberi non rendono più stabile il terreno? «Niente affatto. In Italia la superficie bo- schiva aumenta, ma com’è che il numero delle frane non cala? C’entra sì l’uomo. Ma anche gli alberi fanno la loro parte». Cos’è successo nel Trevigiano? «Non ho notato smottamenti. Si è ingros- sato il torrente che ha travolto quello che c’era vicino». C’è chi sostiene che l’area di Valdobbia- dene sia fragile. «È vero: le colline lì hanno una pendenza elevata e sono molto aguzze. Se poi ci ag- modi, compresi i crolli e le frane. Se ci met- tiamo pure gli alberi la situazione peggiora. Nel 2012 il decreto del governo Monti che permetteva di rimuovere il bosco aveva un senso». Perché? «Partiva dal concetto che certi interventi agricoli, come i terrazzamenti, servono con- tro il dissesto e hanno bisogno dell’agricol- tore». E come può aiutare l’agricoltore? «Oltre a svolgere le sue attività, diventa pure una “sentinella” contro gli smottamen- ti: se succede qualcosa attorno lui è in grado di segnalarla. Forse bisognerebbe istituire un finanziamento proprio per loro: questo sì che sarebbe un buon modo per fare preven- zione». Leonard Berberi [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA «La loro attività è indispensabile, vanno aiutati Gli alberi? Sono troppi, il peso porta giù tutto» Sardegna Gli effetti del ciclone Cleopatra causano 18 vittime. Vengono stanziati 153 milioni di euro (non tutti erogati). Ma i danni ammontano ad almeno 650 milioni 18 novembre 2013 giungiamo le caratteristiche del terreno tut- to questo contribuisce a rendere molto fragi- le la zona». Quindi hanno ragione gli ambientalisti che accusano i vigneti... «No. A differenza di altre zone vinicole, nel Trevigiano gli agricoltori hanno mante- nuto i ciglioni (rialzi del terreno lungo i bor- di di un fosso, ndr) che riducono l’erosione». Lei invita a rimettere mano al territorio. Come? «Le montagne sono destinate a diventare pianure. Questo può succedere in diversi Il verde «La superficie boschiva aumenta ma il numero di frane non cala. Va ripensato il paesaggio», dice Lo scatto Il momento in cui la bomba d’acqua si abbatte su Refrontolo (foto da YouReporter)

Transcript of La strage in Veneto ÇColpa dei vitigniÈ, ÇNo, dei boschiÈ ... · guida di un fuoristrada del...

Corriere della Sera Martedì 5 Agosto 2014 Cronache 15

La tutela del suolo va fatta in tempi di pace e invece ci si ricorda solo all’esito delle disgrazie Franco Gabrielli capo della Protezione Civile|| Posso affermare con certezza che la tragedia non ha alcun legame

con la coltivazione della vite Innocente Nardi Consorzio tutela Prosecco||

da una catena di frane in seguito ad ecce-zionali rovesci di pioggia, restarono 137vittime. In particolare nella frazione diEpiscopio. L’area aveva la più alta densitàabitativa d’Italia (tre volte il valore dellaCampania) nonostante fosse già stata col-pita da 5 frane dal 1841 al 1939 e 36 dopo laseconda guerra mondiale. Precedenti che avrebbero dovuto spingere le autorità lo-cali a bloccare ogni costruzione e agli stessicittadini di stare alla larga dalle aree più pericolose. Difficile dimenticare l’accusaamarissima di Fabio Rossi, docente diidrogeologia a Salerno, con gli occhi fissi sulla spianata di fango che aveva inghiotti-to i corpi: «La colpa è loro, ma questo nonsi può dire ai morti…».

T agli Per il Fondo Rischio Idrogeologico

l’Italia nel 2008 stanziava 551 milioni dieuro. Scesi via via, di governo in governo, a84. Per precipitare, nella finanziaria 2014varata da Letta, a 20 milioni (meno 96% sul2008) portati precipitosamente a 30 dopole polemiche seguite alla disastrosa allu-vione in Sardegna.

V alle dei Templi, Agrigento «Questa importante area storico-ar-

cheologica è interessata da tempo da unesteso fenomeno di dissesto classificabileprincipalmente come scorrimento traslati-vo rotazionale con alcuni piccoli fenomenidi crollo e ribaltamento innescatisi nel1976. Tale fenomeno coinvolge potenzial-mente sia il Tempio della Concordia siaquello di Giunone Lacina così come la for-tificazione, l’altare dei sacrifici e la cisternadell’area archeologica…» («Patrimonioculturale, rischio da frana», di Carlo Caca-ce, Carla Iadanza, Daniele Spizzichino eAlessandro Trigila).

Z ero Incrociando nel titolo le parole «frana»

e «condanna» (in tutte le sue varianti: con-danne, condannato, condannati etc…) l’archivio dell’Ansa, milioni di files accu-mulati dal 1981, contiene solo 4 notizie:quattro. Neppure in un caso, però, si trattadi amministratori colpiti da una sentenzache censuri la sciatteria con cui hanno ge-stito il territorio. Lo stesso ex sindaco diSarno, Gerardo Basile, è stato condannatoin Cassazione per un reato collegato a unafrana: non ordinò l’evacuazione delle fra-zioni collinari della cittadina investite dalnubifragio. Per la gestione del territorio,però, condannati zero. Neanche nei casipiù scellerati. Zero.

Gian Antonio Stella© RIPRODUZIONE RISERVATA

La strage in Veneto Processo alle coltivazioni. I produttori: i terrazzamenti drenano, non distruggono

«Colpa dei vitigni», «No, dei boschi»La guerra del Prosecco dopo la tragediaInchiesta per omicidio e disastro ambientale. Zaia: nubifragio eccezionale

DAL NOSTRO INVIATO

REFRONTOLO (Treviso) — Frale dolci colline di Refrontolo, dovesi piangono i morti del nubifragiosotto un sole caldo e beffardo, gliagricoltori del Prosecco sono fu-renti: «Non li abbiamo uccisi noi».Nel senso che la colpa del disastronon è da ricercare nei loro terrenimessi a vitigno, imputati di esserefragili e franosi: «No, i terrazza-menti tengono e drenano se sonofatti bene e da noi sono fatti bene».Sul banco degli imputati è infattifinito subito il Prosecco, secondo questa ipotesi: la terra rubata albosco non assorbe l’acqua piovanache così scende tutta a valle e i tor-renti esondano e devastano.

Nel caso del Molinetto dellaCroda, uno degli angoli più incan-tevoli della Marca trevigiana doveaccanto al vecchio mulino rumo-reggia la cascata del Lierza, l’acquasi è portata via un intero capanno-ne con 90 uomini, dei quali quat-tro non ce l’hanno fatta, mentre glialtri si sono salvati salendo suglialberi, sui pali, su tutto ciò che sta-va sopra i tre metri d’acqua che

hanno di colpo invaso la piana delMolinetto.

Quella dei viticoltori è quasiuna difesa preventiva. Dopo aver aperto un’inchiesta per omicidioplurimo e disastro ambientale col-poso, il pm di Treviso, Laura Reale,l’ha infatti detto chiaro: «Sto di-sponendo degli accertamenti affi-dandoli a ingegneri e geologi percapire le cause del disastro; so-prattutto verifiche di carattereidrogeologico, sullo stato dei luo-ghi prima del nubifragio e sullamanutenzione degli stessi». E dunque il sospetto è quello: il ca-stigo dei filari. Anche perché nel-l’ultimo anno la Guardia Forestaledella Marca ha depositato quattrodenunce per «trasformazioneabusiva di terreno boscato in altracoltura» riguardanti l’area del Pro-secco che, con la conquista deimercati mondiali, è diventatol’«oro bianco» della Marca: 220milioni di euro di giro d’affari re-gistrato nel 2013 (stima Ismea).«Dopo questo disastro andremo arivedere un po’ tutto quello che ri-guarda le colline», ha anticipato

ieri il procuratore di Treviso, Mi-chele Dalla Costa. Ma sul bancodegli imputati non c’è solo il Pro-secco. I carabinieri vogliono capirese la festa dei novanta uomini erastata autorizzata e se sono state ri-spettate tutte le norme di sicurez-za. «Gli uffici tecnici ci dovrannodire se quel capannone è statomesso in piedi a regola d’arte per-ché pare che sia imploso su sestesso», ha precisato GiancarloCarraro, comandante dei carabi-nieri di Vittorio Veneto.

È però la discussione sul vinoad animare Refrontolo. Fra i piùaccesi sostenitori dei vigneti c’èsenza dubbio il governatore delVeneto, Luca Zaia, già ministrodell’Agricoltura, trevigiano e pro-secchista doc. Ieri si è messo allaguida di un fuoristrada del Genio

civile e ha voluto farci vedere co-me stanno le cose, risalendo il cor-so del Lierza. «Vedi, questo è bo-sco, acacie, querce, olmi, avranno50 60 anni. Dove sono i vitigni?Dov’è la cementificazione? Nonc’è. Qui il problema è semmail’avanzamento del bosco». «Guar-da lì, colline moreniche, il canyon,l’acqua scava da secoli. La veritàche cinquant’anni fa c’erano moltipiù vitigni di oggi. E che la trage-dia è stata colpa di un nubifragioeccezionale, 60-80 millimetri d’acqua per metro quadro in bre-vissimo tempo, con un torrenteche si stringe a imbuto e che cadegiù a cascata».

Un grande esperto come Tizia-no Tempesta, docente di Econo-mia del territorio all’Università di Padova e attento osservatore diqueste colline, gli dà in parte ra-gione: «Effettivamente negli ulti-mi 40 anni, dal 1970 al 2010, c’èstato un enorme abbandono delterreno coltivato a favore del bo-sco. La superficie agricola nei 21comuni del Prosecco, fra Cone-gliano e Valdobbiadene, si è ridot-ta del 30%, la boscosità è del 42%, i

vigneti non superano il 30%». Mac’è un ma: «Spesso dove l’uomo hamesso le mani ha causato un dis-sesto idrogeologico. I nuovi meto-di di coltivazione portano ad arro-tondare colline, a modificare l’as-setto dei vigneti, a eliminare leparticelle storiche. Rendono tuttomolto più efficiente e produttivoma la struttura idraulica comples-siva ne risente». Dopo aver incro-ciato decine di piccole frane arri-viamo in cima alla collina dove c’èun viticoltore che vorrebbe stran-golare il professore. È Alberto Re-sera, capelli bianchi e piglio deci-so: «Bisogna finirla con questastoria, i terrazzamenti miglioranoil terreno, aiutano lo scolo, convo-gliano le acque. Non roviniamonulla noi. Sono i boschi che frana-no». Arriva anche Guido Gallon,suo collega, che fa sì con la testa.L’eurodeputato ambientalista An-drea Zanoni, che presenterà unesposto documentato, non sop-porta la categoria: «Impiantano,sbancano, smottano e devastano».

Andrea [email protected]

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Il regno del Conegliano Valdobbiadene Docg

CONEGLIANO

VALDOBBIADENE

Vittorio Veneto

Tarzo

Colle Umberto

San Vendemiano

Susegana

Pieve di Soligo

Refrontolo

Farra di Soligo

San Pietro di Feletto

Cison

Follina

Miane

Vidor

Fiume Piave

Area Cartizze

Molinettodella Croda

LE AZIENDEDELLA ZONA COLPITA

20.000 ettariè l’area di produzionedel ConeglianoValdobbiadene Docg

15i Comuni della provinciadi Treviso interessati

168le aziende che fannoparte del Consorziodi tutela

4.968le persone che lavoranonel distretto

Buosi Paolo

La collina e il capannonePronte le analisi delle colline con geologi e ingegneriDa verificare se il capannonecrollato fosse a norma

L’esperto Mauro Agnoletti, docente di Pianificazione del territorio

«Usiamo gli agricoltori come sentinelle»

«Lasciamo stare i vigneti, non c’entranoproprio nulla». Mauro Agnoletti, docente alDipartimento di Gestione dei sistemi agrari,alimentari e forestali dell’Università di Fi-renze, bolla come senza senso la tesi degli ambientalisti secondo cui dietro alla trage-dia del Trevigiano ci sia l’economia del terri-torio. «Il problema, semmai, è un altro».

Quale, professore?«I boschi. Questo Paese abbandona pezzi

di territorio che la Natura si riprende a colpidi alberi. Non meravigliamoci se franano an-che le montagne».

In che senso?«Gli alberi pesano. Figuriamoci un intero

bosco. Basta un’infiltrazione d’acqua nel ter-

reno ed ecco che intere porzioni scivolanovia, com’è avvenuto, per esempio, a Sarno».

Ma gli alberi non rendono più stabile ilterreno?

«Niente affatto. In Italia la superficie bo-schiva aumenta, ma com’è che il numerodelle frane non cala? C’entra sì l’uomo. Ma anche gli alberi fanno la loro parte».

Cos’è successo nel Trevigiano?«Non ho notato smottamenti. Si è ingros-

sato il torrente che ha travolto quello che c’era vicino».

C’è chi sostiene che l’area di Valdobbia-dene sia fragile.

«È vero: le colline lì hanno una pendenzaelevata e sono molto aguzze. Se poi ci ag-

modi, compresi i crolli e le frane. Se ci met-tiamo pure gli alberi la situazione peggiora.Nel 2012 il decreto del governo Monti chepermetteva di rimuovere il bosco aveva un senso».

Perché?«Partiva dal concetto che certi interventi

agricoli, come i terrazzamenti, servono con-tro il dissesto e hanno bisogno dell’agricol-tore».

E come può aiutare l’agricoltore?«Oltre a svolgere le sue attività, diventa

pure una “sentinella” contro gli smottamen-ti: se succede qualcosa attorno lui è in gradodi segnalarla. Forse bisognerebbe istituireun finanziamento proprio per loro: questo sìche sarebbe un buon modo per fare preven-zione».

Leonard [email protected]

© RIPRODUZIONE RISERVATA

«La loro attività è indispensabile, vanno aiutatiGli alberi? Sono troppi, il peso porta giù tutto»

SardegnaGli effetti del ciclone Cleopatra causano 18 vittime. Vengono stanziati 153 milioni di euro (non tutti erogati). Ma i danni ammontano ad almeno 650 milioni

18 n

ovem

bre

2013

giungiamo le caratteristiche del terreno tut-to questo contribuisce a rendere molto fragi-le la zona».

Quindi hanno ragione gli ambientalistiche accusano i vigneti...

«No. A differenza di altre zone vinicole,nel Trevigiano gli agricoltori hanno mante-nuto i ciglioni (rialzi del terreno lungo i bor-di di un fosso, ndr) che riducono l’erosione».

Lei invita a rimettere mano al territorio.Come?

«Le montagne sono destinate a diventarepianure. Questo può succedere in diversi

Il verde«La superficie boschiva aumenta ma il numero di frane non cala. Va ripensato il paesaggio», dice

Lo scatto Il momento in cui la bomba d’acqua si abbatte su Refrontolo (foto da YouReporter)