Manuale Guida Fuoristrada

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Manuale guida off-road fuoristrada

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Giorgio Rosato

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GIORGIO ROSATO, giornalista e scrittore, è una delle firme più ap-prezzate in Italia nel settore del fotogiornalismo e del reportage.Abruzzese di nascita, ma romano di adozione e per formazione cul-turale, ha iniziato giovanissimo a viaggiare intorno al mondo conla sua insepara-bile reflex a tra-colla raccoglien-do migliaia diimmagini nel piùremoti angolidella Terra: dalSahara all’Hima-laya, dalle Andeall’Artide Cana-dese, dalla Poli-nesia alla Gran-de Barriera Co-rallina australia-na. Finora ha vi-sitato 45 paesi in tutti e cinque i continenti (oltre ad essere uno deiprimi giornalisti europei a recarsi in Vietnam dopo la fine della guer-ra) e il suo archivio fotografico raccoglie oltre 15.000 diapositive.Dall’80 all’83 ha collaborato presso le maggiori riviste di turismo(Gente Viaggi, Tuttoturismo, Atlante, Weekend, Viaggi Vacanze,etc.) e le più autorevoli testate di fotografia (tra cui Reflex e Foto-grafare) e del settore automobilistico (Quattroruote, Gente Motori eMotor).Nell’82 è chiamato dalla Longanesi per collaborare alla stesura del-l’opera “Scuola di Fotografia”, contribuendo alla realizzazione disette volumi.Nell’83 consegue il diploma di giornalismo presso l’Istituto Superioredi Giornalismo e Tecniche Audiovisive dell’Università di Camerino.Ha svolto inoltre un’intensa collaborazione con la RAI come con-sulente nel settore dei viaggiavventura e del trekking.Con il materiale fotografico prodotto nel corso dei suoi viaggi haanche realizzato 3 mostre fotografiche, organizzate con il patroci-nio del Comune di Roma: “Un obiettivo intorno al mondo” (‘82),“Un obiettivo sulla natura” (‘83) e “La condizione femminile nei pae-si del Terzo Mondo” (‘87).Ha frequentato la Scuola di Sopravvivenza diretta da Jacek Palkiewicze nell’84 è stato finalista alle selezioni del Camel Trophy, classifi-

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candosi tra i primi 30 su un team di oltre 45.000 candidati.Dall’84 all’85 è stato redattore del mensile Caravanning, collabo-rando contemporaneamente al quotidiano Reporter come respon-sabile della pagina del turismo.Nell’86 ha lavorato nei periodici musicali Ciao 2001, Hallò e Music,intervistando numerose rockstar internazionali tra cui Madonna,Mick Jagger e David Bowie.Nell’estate dell’87, sponsorizzato dalla Philip Morris e patrocinatodal WWF, ha guidato la famosa “Fitzcarraldo Expedition”, la pri-ma spedizione italiana nel cuore dell’Amazzonia peruviana, in unaregione ancora inesplorata, raggiungendo tra mille insidie il miste-rioso istmo di Fitzcarraldo (la cui storia è stata portata sullo scher-mo dal celebre film interpretato da Klaus Kinsky e Claudia Cardinale).Dall’88 al ‘90 è stato capo-redattore del prestigioso mensile di po-litica ed economia TOP Magazine.Dal ’91 ha fondato e dirige l’agenzia giornalistica “EXPLORER”,una struttura multimediale specializzata nella produzione di au-diovisivi, video e reportage di viaggio.Dal ’93 collabora al mensile Autoruote 4x4 dove si occupa di tecnicadi guida, itinerari, turismo e accessori.La sua bibliografia completa è la seguente: GRAN BRETAGNA OGGI ........................Edizioni Leti PIANETA 2000 ......................................Edizioni Leti STARBENE IN VIAGGIO .........................Edizioni Leti IL PARADISO DEI CARAIBI ...................Edizioni Leti MAL D’AFRICA .....................................Edizioni Leti COLOMBIA ..................................................Calderini VIAGGIO & SALUTE ....................................Edipress MANUALE DEL PLEIN-AIR .........................Calderini LA MEDICINA DELLA VACANZA ................Calderini GUIDA AL SAHARA ..........................................Odos GUIDA AL VENEZUELA ....................................Odos MANUALE DI FOTOGRAFIA .......................Calderini GUIDA AL CANAVESE .................................Demetra PROFESSIONE REPORTER ...........................Demetra MANUALE DI GUIDA IN FUORISTRADA ........NissanIL PAESAGGIO .............................................DemetraIL RITRATTO ................................................DemetraTORINO LUOGHI D’INCANTO .......................Demetra40 ITINERARI OFF-ROAD .............................GraphotAttualmente vive e lavora a Torino.

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Introduzione

La guida di un veicolo fuoristrada, pur non richiedendo ac-cortezze e precauzioni particolari, non differisce sostanzial-mente da quella di una normale autovettura. Anche in questo caso è l’esperienza, abbinata a una grossadose di buonsenso, a dettare le principali norme di compor-tamento.Esistono tuttavia situazioni peculiari di guida (neve, fango,sabbia, guado, etc.) che proprio nel corso dell’utilizzo di unveicolo a quattro ruote motrici possono a volte essere af-frontate in condizioni esasperate. Sia in funzione delle par-ticolari situazioni atmosferiche che per le singolari caratteri-stiche geo-climatiche presenti in una determinata area.Lo scopo di questo volume è proprio quello di fornire un qua-dro esauriente e completo sulla guida in fuoristrada attra-verso l’analisi delle varie tecniche da adottare lungo i più di-sparati tipi di percorso (sterrati, pendenze laterali, dossi, tor-renti, etc.), senza trascurare inoltre quelle particolari situa-zioni nelle quali si rivela fondamentale l’adozione di alcuniimportanti accessori (verricello, tirfor, piastre antisabbia,etc.), a volte indispensabili per superare con disinvoltura al-cuni ostacoli apparentemente insormontabili.

L’Autore

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Pubblicato su Mondo Fuoristrada per gentile concessione della New Explorer.

Fotografie: Giorgio Rosato, archivio New Explorer, archivio Mondo Fuoristrada.

© Copyright EXPLORERCorso Grosseto, 202 - TorinoProprietà letteraria riservata - Printed in Italy

La riproduzione con qualsiasi processo di duplicazione delle pubblicazioni tutelate dal diritto d’auto-re è vietata e penalmente perseguibile (Art. 171 della Legge 22 aprile 1941, N. 633). Quest’opera èprotetta ai sensi della legge sul diritto d’autore e delle Convenzioni internazionali per la protezionedel diritto d’autore (Convenzione di Berna, Convenzione di Ginevra). Nessuna parte di questa pub-blicazione può essere quindi riprodotta, memorizzata o trasmessa con qualsiasi mezzo ed in qualsiasiforma (fotomeccanica, fotocopia, trasmissione elettronica, etc.) senza l’autorizzazione scritta dell’e-ditore. In ogni caso di riproduzione abusiva si procederà d’ufficio a norma di legge.

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ABC DELL’OFF-ROAD

Per una maggiore comprensione dei vari argomenti che ver-ranno sviluppati nei diversi capitoli di questo libro, abbia-mo ritenuto utile inserire all’inizio della trattazione alcunisuggerimenti di carattere generale, allo scopo di fornire unasorta di “ABC dell’off-road” al cui interno vengono espostele premesse indispensabili per affrontare la guida di un vei-colo 4x4 in assoluta tranquillità e sicurezza.Prima di esaminare le varie situazioni di guida va ricordatoche ogni veicolo è sostanzialmente diverso da un altro, per cuianche le sue caratteristiche (dimensioni, peso, cilindrata, po-tenza) seppur allineate a un comune denominatore, richiedonotecniche e stili diversi.Basandoci soprattutto sul parametro relativo alle dimensio-ni, possiamo individuare quattro tipologie di fuoristrada,suddividendoli schematicamente in altrettante categorie: “piccole”, “medie”, “station wagon” e “pick-up”. Nel primogruppo sono compresi i veicoli di piccola cilindrata rappre-sentati sia dalle normali vetture 4x4 che dai mini-fuoristra-da (soprattutto giapponesi); nel secondo sono raggruppati itradizionali fuoristrada più diffusi sul mercato; nel terzo tro-viamo i modelli a passo lungo la cui lunghezza oltrepassa iquattro metri; nel quarto vengono classificati quei veicoli a tra-zione integrale che, in base alle loro caratteristiche, possonoessere impiegati in svariate attività lavorative grazie all’am-pia superficie di carico e al notevole spazio disponibile sulcassone posteriore.Nell’ambito di ogni veicolo, inoltre, si rivela determinante aifini dell’impostazione della tecnica di guida anche l’altezzaminima da terra, valutata generalmente in prossimità delmargine inferiore del differenziale; questo valore determinaanche quella serie di parametri noti come “angolo di attacco”,“angolo di uscita” e “angolo di dosso”.L’angolo di attacco è determinato dalla linea orizzontale delpiano stradale e dalla tangenziale passante tra la ruota ante-riore e il punto inferiore più sporgente dei veicolo; maggiorerisulterà tale angolo, minori saranno le possibilità di toccare

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con la carrozzeria o il telaio nel corso di una ripida salita o nelsuperamento di un ostacolo.L’angolo di uscita è determinato dalle stesse linee, riferitealla parte posteriore del veicolo, e presenta solitamente unvalore minimo rispetto al precedente a causa della sporgenzadel pianale di carico, ulteriormente esaltata nelle versioni pick-up (spesso penalizzati da un cassone di notevoli dimensioni).L’angolo di dosso, come è facile intuire, indica l’altezza mas-sima di una prominenza che un fuoristrada è in grado di su-perare senza rimanere “sospeso” con il telaio sulla superfi-cie convessa del terreno; in questo caso le ruote, dopo avereeroso il fondo della pista nel tentativo di far avanzare il mez-zo, si ritrovano a girare a vuoto senza esercitare alcuna ade-renza sul terreno. Chiarite le differenze peculiari sui vari ti-pi di veicoli, esaminiamo ora le principali regole che potremmodefinire come “il codice di comportamento del fuoristradi-sta”, in base al quale sarà agevolata la comprensione dei te-mi specifici inerenti le tecniche di guida che verranno espo-sti nei prossimi capitoli.Il fattore sicurezza costituisce una componente essenzialeogni qualvolta ci si trovi alla guida di un veicolo fuoristrada,sia nel caso della tranquilla escursione domenicale, sia nelcorso dei raid più impegnativi attraverso giungle e desertiafricani. Fondamentale si rivela quindi attenersi ad alcuneregole essenziali, rappresentate da una serie di controlli da ef-fettuare sulla vettura, da una corretta posizione di guida edalla verifica del percorso. I principali controlli da effettuare, banali ma fondamentali,riguardano la pressione dei pneumatici (compresa la ruota

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di scorta) e il livello dei lubrificanti e di tutti i serbatoi (fre-ni, frizione e servosterzo) contenenti liquidi.All’interno dell’abitacolo è invece opportuno fissare bene tut-ti quegli oggetti che potrebbero, con le sollecitazioni dellamarcia in fuoristrada, disperdersi per tutta la cabina se nonperfettamente ancorati.Per quanto riguarda la posizione di guida è necessario cheil sedile abbia un’inclinazione contenuta, in maniera che laschiena risulti in posizione abbastanza eretta (condizione ri-tenuta ottimale per assorbire eventuali micro-traumi provo-cati dagli scossoni nei tratti più accidentati); altrettanto im-portante è l’impugnatura del volante che deve essere afferrato(senza mai incrociare le braccia) in maniera tale che i polli-ci vengano appoggiati sul bordo e non all’interno della co-rona per evitare, nel caso degli immancabili contraccolpi,eventuali danni alle dita.La verifica del percorso si rivela di fondamentale impor-tanza ai fini della sicurezza personale e della salvaguardiadel veicolo. Prima di affrontare un passaggio impegnativobisogna scendere dal veicolo e controllare da vicino i trattipiù difficili, per valutare l’effettivo grado di difficoltà e perscegliere la rotta migliore per aggirare l’ostacolo o affrontar-lo dalla migliore angolazione possibile. Una verifica obbli-gata se sul cofano è montata la ruota di scorta che, soprattuttonei percorsi in salita, ostacola sensibilmente la visibilità abreve raggio.Da quanto esposto finora emerge chiaramente che il fattoredeterminante per affrontare nel migliore dei modi la guidain fuoristrada è rappresentato da una buona dose di pru-denza le cui regole, oltre a presupporre una discreta cono-

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scenza del proprio veicolo e una certa consapevolezza dellecapacità di guida personali, sono riassumibili in tre puntiprincipali che riguardano la velocità, il tipo di ostacolo e ilnumero dei veicoli impegnati in un’escursione.La velocità dev’essere sempre moderata, senza lasciarsi se-durre dal tentativo di emulare le imprese dei protagonisti deirally-marathon, ma adeguatamente sostenuta per evitare diritrovarsi impantanati in una pozza di fango o al centro diun guado.Va sottolineato comunque che non esistono ostacoli che, apriori, possano essere considerati facili o difficili, ma ognu-no di essi è sempre proporzionale alla propria esperienza e al-la propria capacità di guida. La regola in questo caso è quel-la di evitare di strafare: anche l’abilità nella guida in fuori-strada, come in altre discipline, si acquisisce con la pratica eil tempo, per cui è necessario prendere confidenza gradata-mente con il veicolo e con le più svariate condizioni di utilizzo,affrontando i percorsi più esasperati solo dopo aver acqui-sito una certa esperienza.A tale proposito si rivela determinante anche il numero deiveicoli impegnati nel corso di un’escursione: evitare di av-venturarsi da soli lungo percorsi impegnativi, soprattutto seaffrontati per la prima volta, ma viaggiare sempre in convo-gli di 2-3 vetture, affidando il ruolo di apripista (e la letturadel road-book) all’equipaggio più esperto.

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LO STERRATO

Tra le prime esperienze che interessano la “carriera” di unfuoristradista, la guida sullo sterrato rappresenta senz’altroil primo impegnativo test nel quale ci si trova a misurarsiuna volta entrato in possesso della tanto sospirata vettura. Tor-na subito alla mente infatti quella “stradina” di montagnanella quale ci si è avventurati tante volte in estate con la pro-pria utilitaria e che puntualmente ci costringeva a tornare in-dietro proprio quando il percorso iniziava a farsi interessan-te; o quella pista quasi inaccessibile percorsa con il 4x4 diun amico, sulla quale l’emozione provata durante la marciaveniva solo in parte attenuata dalla consapevolezza di non tro-varsi alla guida del veicolo.Data la particolare conformazione orografica della nostra pe-nisola, attraversata da catene montuose e da rilievi collinariestesi sulla maggior parte del territorio, la presenza di ster-rati rappresenta inoltre una componente ambientale riscon-trabile praticamente in ogni regione, grazie anche al tipo dieconomia prevalentemente rurale che ha sempre caratteriz-zato in passato il nostro Paese.Lo sterrato inoltre costituisce spesso l’ideale “terreno di col-tura” delle proprie cognizioni di guida off-road dalle quali, inbase all’esperienza acquisita nel corso del tempo, scaturi-ranno le premesse per affrontare gradualmente le varie si-tuazioni più impegnative e difficili.Dal punto di vista prettamente tecnico, i parametri fonda-mentali da prendere in considerazione riguardano le condi-zioni del fondo (asciutto e bagnato), il tipo di variazione al-timetrica (pianeggiante, salita e discesa) e l’eventuale pre-senza di “rotaie” sulla carreggiata.Quando lo sterrato è caratterizzato da un fondo asciutto eregolare, con andamento prevalentemente pianeggiante, sitende generalmente a procedere con la semplice trazione sul-le due ruote che, nella maggior parte dei casi, si rivela piùche sufficiente per avanzare con ampi margini si sicurezza;in presenza di fondo bagnato (precipitazioni molto intense

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possono dar luogo a insidiose pozze d fango) e di dislivellimolto accentuati (sia in salita che in discesa) è preferibileinserire la doppia trazione; quest’ultima evenienza, ai fini diuna maggiore sicurezza, andrebbe adottata (soprattutto quan-do si percorre un itinerario sconosciuto) con largo anticipo,senza attendere che le difficoltà del percorso la impongano.Ciò si rivela provvidenziale sia ai fini della sicurezza, mi-gliorando notevolmente la stabilità del veicolo e la tenutasullo sterrato, sia per far fronte ad eventuali ostacoli che po-trebbero rallentare (ma anche arrestare il veicolo) rendendoproblematica la ripresa della marcia alla normale andatura; an-che l’uso delle marce ridotte consente di avanzare con un rit-mo più fluido del motore, senza sforzare ulteriormente que-gli organi meccanici (soprattutto il cambio e la frizione) giàsottoposti a sollecitazione gravose quando il fondo è molto ac-cidentato.Soprattutto in presenza delle cosiddette “rotaie”, quegli enor-mi solchi formati generalmente dal transito di automezziagricoli che scavano il terreno formando due ampi canaliprofondi a volte anche 20/30 centimetri. Ogni qualvolta siapossibile, è consigliabile mantenersi sempre al di sopra diesse, evitando di procedere al loro interno, sia per evitare ditoccare con i differenziali o con il fondo del veicolo nei sol-chi più profondi, sia per mantenere entro i limiti di sicurez-za la direzionalità dello sterzo che, all’interno delle rotaie,

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tende a seguirne inevitabilmente il tracciato.Particolare attenzione richiede infine anche la marcia suglisterrati particolarmente polverosi nei quali, soprattutto viag-giando in convoglio, viene a crearsi quel fastidioso fenome-no noto come “effetto nebbia”. Alle spalle del veicolo apripi-sta ci si ritrova praticamente immersi in una foschia presso-ché impenetrabile (tanto più intensa quanto maggiore è ilnumero delle vetture impegnate) che riduce al minimo la vi-sibilità.Guidare in fuoristrada in queste situazioni può rivelarsi estre-mamente pericoloso poiché, oltre a non scorgere in tempoeventuali ostacoli presenti sulla carreggiata o ai lati della pi-sta (rami sporgenti, mura perimetrali, piloni, cancelli di re-cinzione, etc.), non si riesce neanche a valutare con una buo-na approssimazione la distanza dal veicolo che si segue; inqueste condizioni, viaggiando in gruppo, si corre spesso ilrischio di tamponare il veicolo che ci precede, soprattuttoavanzando a velocità sostenuta nel tentativo di evitare di re-stare fuori dal convoglio.È consigliabile in questi casi accendere sempre i retronebbiaposteriori, che assicurano una migliore identificazione delveicolo anche all’interno di una nube di polvere, mentre se leauto sono equipaggiare di ricetrasmittente CB non occorreaffannarsi in alcuna rincorsa e gli eventuali ostacoli presen-ti lungo il percorso possono essere segnalati via radio alleauto che seguono la vettura in testa al convoglio.

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NEVE E GHIACCIO

La presenza della neve in montagna costituisce per gli ap-passionati di fuoristrada un motivo di forte richiamo per ef-fettuare qualche escursione tra boschi e sentieri innevati inattesa del prossimo viaggio tra i fiordi del nord Europa o trale dune del Sahara.La guida sulla neve, analogamente a quella sulle piste sab-biose, richiede un’estrema attenzione quando ci si avventu-ra con un veicolo off-road poiché intervengono alcune dif-ferenze peculiari (come l’eccessiva pendenza laterale o ilghiaccio) che possono rendere alquanto difficile, e in alcunicasi assai pericolosa, la marcia. La prima regola da tenerepresente nella guida in fuoristrada sulla neve riguarda la net-ta distinzione di due situazioni/tipo particolari, rappresen-tate dal fondo con neve battuta e dalla piste innevate imma-colate sulle quali non c’è alcun impronta di pneumatico.Il fondo con neve battuta è rappresentato da tutti quei sen-tieri o mulattiere di montagna nei quali già esistono precedentitracce di veicoli che, seppur con le dovute cautele, facilitanosensibilmente l’avanzamento. In questo caso, inserendo latrazione integrale, si può procedere senza grosse difficoltàfino a pendenze di circa il 25/30%, a condizione che la nevenon venga a frenare troppo la scocca sottostante del veicolo.Per una migliore aderenza del mezzo è consigliabile dimi-nuire leggermente (circa 1 atm.) la pressione dei pneumati-ci, assicurando così una maggiore superficie d’appoggio sul-la neve, mentre per quanto riguarda l’andatura è buona nor-ma avanzare sempre lungo le carreggiate esistenti. Ciò con-sentirà di procedere mantenendo una direzione ottimale e diridurre il rischio di eventuali sbandate, sempre in agguato edifficilmente controllabili sulla neve. È superfluo sottolinea-re inoltre che sui fondi nevosi vanno assolutamente evitatele brusche accelerate, le frenate improvvise e le sterzate vio-lente; anche la velocità, sempre moderata, dev’essere man-tenuta costante (può essere utile a tale scopo ricorrere al-l’acceleratore a mano), astenendosi da rapidi cambi di mar-

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cia che potrebbero esaltare, specie in discesa, l’effetto fre-nante del motore, rischiando di bloccare le ruote. Nei casiestremi infine, quando ci si voglia avventurare lungo per-corsi con tendenza superiore al 30%, è preferibile ricorrere al-l’adozione delle catene, da applicare naturalmente a tutte leruote del veicolo. Nel secondo caso invece, quando il mantonevoso non è stato battuto da alcun veicolo, non vi sono par-ticolari problemi fino a quando lo spessore della neve è con-tenuto entro i 20/30 cm. e l’unica precauzione da adottarein questo caso riguarda l’eccessivo accumulo di neve davantial radiatore che, oltre un certo limite, può pregiudicare se-riamente il raffreddamento del motore.Per quanto riguarda lo spessore della neve è opportuno sot-tolineare che i moderni fuoristrada, soprattutto quei model-li nei quali ad un potente propulsore si abbina anche un’ele-vata altezza da terra, potrebbero in realtà avanzare senzadifficoltà anche su strati nevosi più profondi; è prudente tut-tavia mantenere sempre un certo margine di sicurezza inquanto il manto nevoso può facilmente nascondere insidio-se buche o avvallamenti più o meno profondi per cui, in al-cuni casi, ci si potrebbe ritrovare impantanati con il veicolocompletamente bloccato nella neve.Per una migliore navigazione sul manto nevoso non trac-ciato conviene sempre, quando è possibile, raccogliere alcu-ni dati preziosi che forniscano informazioni sull’ora dell’ul-tima nevicata, sulle condizioni di vento e, soprattutto, suivalori della temperatura presenti. Infatti se la temperatura,dopo la nevicata, è rimasta sotto lo zero la neve sarà ancoraabbastanza dura e consistente, offrendo un buon grado diaderenza anche ai veicoli più pesanti. Se al contrario, dopo lanevicata, la temperatura è salita sopra lo zero lo strato su-perficiale del manto nevoso sarà molto sdrucciolevole e fria-bile, rendendo difficoltosa la marcia.In quest’ultimo caso può avvenire inoltre che la temperatu-ra, soprattutto nelle ore notturne o del tardo pomeriggio, tor-ni nuovamente a valori inferiori allo zero, dando luogo allaformazione di pericolose lastre di ghiaccio, particolarmenteestese nei punti in cui confluiscono le acque di scioglimento.L’azione del vento durante la nevicata rischia di stravolgerecompletamente la naturale conformazione del terreno per cuibuche o altri ostacoli saranno celati agli occhi del pilota, men-

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tre l’assenza del vento durante la nevicata mantiene presso-ché invariato il profilo del tracciato evitando il rischio di so-ste forzate. Un’ultima raccomandazione da tenere presentenella guida sulla neve, valida in entrambi i casi, è quella dinon scambiare (come fanno purtroppo in molti) il propriofuoristrada per un gatto delle nevi allo scopo di evitare tuttequelle situazioni imbarazzanti le cui conseguenze potrebbe-ro rivelarsi disastrose, sia in perdita di tempo che dal puntodi vista economico.

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TRAINO OFF-ROAD

Fra tutti i veicoli impegnati nella guida al traino, il fuori-strada rappresenta indubbiamente il più versatile per disim-pegnarsi con la massima disinvoltura su qualsiasi tipo dipercorso. I punti a favore dell’abbinata 4x4+caravan sonocostituiti, oltre che dai vantaggi legati alla trazione integra-le, dalla generosa scorta di cavalli assicurata dalla maggior par-te dei modelli, dalla coppia contenuta che consente di sfrut-tare al meglio la potenza del motore al minimo dei giri (con-dizione essenziale nel traino) e dalle dimensioni del fuori-strada (più vicine a quelle di una caravan) che rendono piùcompatto il convoglio garantendo una migliore penetrazioneaerodinamica.A far pendere ulteriormente l’ago della bilancia a favore delfuoristrada come trattrice ideale, va segnalata inoltre la pos-sibilità di poter trainare qualsiasi tipo di rimorchio, senza al-cun limite di peso e senza sottoporre il motore a sforzi par-ticolarmente gravosi; oltre a viaggiare in assoluta tranquillitàper quanto riguarda assetto e tenuta di strada.Prima di affrontare le varie tematiche legate alla guida di unfuoristrada con la caravan al traino, è opportuno sottolinea-re l’importanza di sintonizzarsi su un’altra lunghezza d’on-da che preveda una guida più sicura, sia nell’andatura (sen-za strattoni, frenate improvvise o brusche accelerazioni) chenel rispetto delle norme stradali.Trainare una caravan, infatti, richiede molta attenzione eun’elevata dose di prudenza, requisiti essenziali per cavarselaal meglio in qualsiasi situazione.La prima regola da adottare è quella di abituarsi al più pre-sto nel guardare negli specchietti retrovisori supplementarimontati appositamente per il traino, ignorando completa-mente quelli del veicolo (sui quali è riflessa la parete anterioredella caravan); gli specchietti, inoltre, contribuiscono anchea valutare con elevata approssimazione gli ingombri tra-sversali quando ci si immette in una strada particolarmentestretta o in un passaggio obbligato ridotto dalla presenza di

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veicoli parcheggiati ai lati; se non toccano gli specchietti, sipuò stare tranquilli che anche la caravan passerà senza pro-blemi.Particolare attenzione con la caravan al traino richiedono lemanovre dei sorpassi, la marcia in discesa e ad alta velocità,il modo di affrontare le curve e, naturalmente, la retromarcia.La lunghezza di un convoglio caravanistico, indipendente-mente dal tipo di fuoristrada e dal modello di caravan, si ag-gira mediamente intorno ai 10 metri per cui, nella fase disorpasso, è di fondamentale importanza tenere sempre pre-sente l’ingombro del rimorchio al seguito. Prima di rientra-re nella propria corsia è opportuno quindi valutare che ci siaanche lo spazio sufficiente per la caravan, allo scopo di evi-tare un’eventuale collisione con l’automezzo sorpassato oper evitare di tagliargli bruscamente la strada.Astenersi inoltre dal sorpassare veicoli la cui velocità sia dipoco inferiore (10/15 km/h.) alla propria andatura di marciapoiché in questa situazione si riducono notevolmente i mar-gini di sicurezza, senza contare il rischio che anche un lieveaumento della pendenza in salita rallenterebbe la velocità delconvoglio abbassando ulteriormente, fino ad annullare, ladistanza che lo separa dal veicolo da superare.Nelle discese, soprattutto in quelle molto lunghe dove è facileaumentare la velocità senza rendersene conto in tempo, èconsigliabile mantenere sempre un’andatura molto tranquil-la, ricorrendo preferibilmente al freno motore per rallentarela marcia; è importantissima, comunque, che la caravan siasempre in tiro poiché in caso contrario (quando è la macchi-na ad essere spinta) potrebbero verificarsi dei pericolosi sco-dinzolamenti che, se non controllati, possono rendere deltutto ingovernabile il convoglio. In questo caso è necessario,qualora non si avesse un margine di potenza del motore,passare immediatamente ad una marcia inferiore e accelera-re con decisione per riallineare al più presto la caravan alfuoristrada.Non meno insidiosa è la velocità, sebbene viaggiare con la ca-ravan al traino non rappresenti una delle migliori situazioniper esibirsi in performance corsaiole con un 4x4.Molti dei veicoli off-road oggi in produzione superano tran-quillamente i 150 km/h. e sono in grado di raggiungere ve-locità notevoli anche con la caravan agganciata, ma è consi-

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gliabile tuttavia mantenersi sempre al di sotto dei 100 km/h.(l’ideale è intorno agli 80 km/h.); molta attenzione anche anon lasciarsi prendere troppo la mano, né ad esagerare nelsentirsi troppo sicuri (soprattutto quando si è alle prime ar-mi nel caravanning) poiché gli errori di guida alle alte velo-cità, già insidiosi in condizioni normali, sono ulteriormentepericolosi quando al veicolo è agganciato un rimorchio.Molta cautela richiede anche l’impostazione delle curve, chevanno sempre prese alla larga poiché la traiettoria disegna-ta dalla caravan descrive un arco molto più stretto rispetto aquello tracciato dal fuoristrada; questo particolare divienefondamentale quando nell’angolo interno della curva si tro-va un edificio o altri veicoli parcheggiati che, in caso di un’er-rata valutazione dell’angolo di sterzata e delle distanze, po-trebbero essere urtati con la zona anteriore della parete lateraledella caravan situata sul lato della curva.Ma è la retromarcia il vero tallone d’Achille per la maggior par-te dei caravanisti poiché, diversamente da quanto accade conl’auto, la dinamica dei movimenti è diametralmente oppostaa quelli eseguiti sul volante: ruotando infatti lo sterzo versodestra la caravan retrocede sul lato sinistro, mentre sterzan-do a sinistra si piega verso destra.Entrambi i movimenti vanno dosati con molta cautela, siaper correggere in tempo eventuali errori che per evitare di ri-trovarsi con la caravan perpendicolare alla macchina in con-dizioni di assoluta inamovibilità; superando l’angolo massi-mo raggiungibile tra i due veicoli, inoltre, si corre il rischio dicontatto tra il fuoristrada e la caravan, nonché di danneg-giare il giunto sferico del gancio di traino.Particolare attenzione, infine, richiedono anche le manovre dientrata e uscita attraverso rampe molto inclinate (è facile toc-care nel punto dove l’angolo è massimo) o il transito nellestazioni di servizio, per non “agganciare” la colonnina diqualche distributore di carburante.Per quanto riguarda i pesi delle caravan da agganciare al vei-colo ricordiamo che nel caso dei 4x4 non esistono particola-ri condizionamenti derivanti dalla massa rimorchiata (fatto-re che penalizza fortemente il traino con una normale vet-tura) in quanto la maggior parte dei modelli attualmente inproduzione si mantiene, tranne rare eccezioni, molto al disotto delle capacità di traino di un 4x4. A parte infatti i fuo-

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ristrada di piccola cilindrata, che possono rimorchiare al mas-simo 700 Kg., la stragrande maggioranza dei modelli at-tualmente in produzione traina senza problemi pesi che oscil-lano attorno ai 1.600 Kg.; nel caso dei fuoristrada Nissan ri-cordiamo inoltre che la Terrano può trainare 2.800 Kg., laPatrol GR 3.500 e i pick-up Navara 2.200.Da sottolineare infine l’importanza del peso complessivo ri-sultante da quello del rimorchio e del fuoristrada, valore di fon-damentale importanza la cui conoscenza si rivela indispen-sabile per evitare infrazioni al Codice Stradale. Con la nor-male patente B, infatti, si possono guidare veicoli la cui por-tata complessiva non sia superiore ai 35 ql., ma va precisa-to che tale limite si applica anche al peso totale del convoglioauto+rimorchio; ciò vuol dire ad esempio che un rimorchio di1.700 Kg. può essere trainato senza problemi da un veicoloil cui peso si mantenga entro i 1.600 Kg., ma se viene ag-ganciato ad un fuoristrada di oltre 2.000 Kg. è necessaria lapatente C.

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OCCHIO ALLAVEGETAZIONE

La diffusione di alberi, cespugli, foglie e arbusti rappresen-ta una costante del paesaggio nella maggior parte degli am-bienti presenti nella nostra penisola dove, grazie anche al-l’ampia diffusione di quel tipo di vegetazione noto come mac-chia mediterranea, esiste una delle flore più assortite d’Eu-ropa.La variegata morfologia del territorio inoltre, peculiare dellezone di montagna (meta abituale di escursioni off-road) ren-de ancora più dinamica e articolata la diffusione della vege-tazione, sia lungo i bordi di piste e mulattiere che all’internodelle ampie vallate scavate in antiche ere geologiche dal cor-so di fiumi impetuosi, ridotti oggi a torrenti che solo occa-sionalmente diventano minacciosi.Sulla scia di queste considerazioni abbiamo ritenuto utile de-dicare un capitolo di questo libro alla presenza della vegeta-zione lungo i percorsi affrontati in fuoristrada poiché, a se-conda del tipo di flora presente, è necessario adottare alcu-ne precauzioni nella guida, sia per evitare eventuali dannial veicolo che per mettersi al riparo dai rischi che potrebbe-ro derivare da alcune situazioni particolari affrontate controppo disinvoltura. Tra queste, le più ricorrenti lungo i percorsi abitualmente fre-quentati dagli appassionati dell’off-road sono rappresentatedalla presenza di cespugli che invadono la pista, dai ramisporgenti sulla carreggiata, dall’accumulo di foglie secche sulfondo e dalle distese erbose.I cespugli presenti lungo i bordi della pista (autentico terro-re di una certa frangia di fuoristradisti che, alla prima usci-ta “on the road”, teme di rigare irrimediabilmente le fianca-te del mezzo), non rappresentano un particolare problemaai fini della guida. Sebbene in alcuni casi può capitare che lavegetazione sia talmente rigogliosa da lasciare sulla carreg-giata un varco largo poco più di un metro, l’auto riesce sem-pre ad avanzare senza problemi.In base al fruscio e ai vari rumori prodotti dai cespugli che si

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infrangono contro la carrozzeria si riesce a percepire, dopo averacquisito un po’ di pratica, la consistenza degli arbusti che for-mano la vegetazione; l’unico rischio in questo caso è rap-presentato dalla presenza di piccoli tronchi che potrebberoinfilarsi tra il bull-bar e la carrozzeria, o insinuarsi tra gli or-gani meccanici sul fondo del veicolo.Per quanto riguarda la protezione del veicolo, è consigliabi-le ripiegare all’interno gli specchietti retrovisori (per dimi-nuire le superfici di attrito nei tratti più stretti), mentre per lasicurezza dell’equipaggio conviene chiudere anche i fine-strini anteriori per evitare l’invasione di rami e fogliame al-l’interno dell’abitacolo.Decisamente più insidiosi per la sicurezza nella guida sonoinvece i rami sporgenti che richiedono molta attenzione quan-do la loro altezza viene a sfiorare il margine superiore dellavettura, soprattutto in presenza di portapacchi o di tende datetto, o se la loro invasione nella carreggiata è tale da renderenecessario il ricorso a varie manovre per superare i punti piùdifficili. Nei percorsi in alta quota, in presenza di neve, puòcapitare inoltre che la pista sia invasa anche da alcuni albe-ri che, gravati da un eccessivo accumulo di neve sui rami,

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siano completamente piegati sulla carreggiata al punto darendere praticamente impossibile la marcia. Astenersi in que-sti casi da ogni tentativo di avanzare cercando di “sfondare”il blocco con la forza dell’auto, poiché eventuali colpi di co-da provocati dall’intera massa dell’albero potrebbero dan-neggiare la carrozzeria; è preferibile scendere dall’auto e cer-care di scrollare la neve dai rami dell’albero che, una volta al-leggerito dal peso superfluo, riacquista la sua primitiva po-sizione liberando la carreggiata e consentendo quindi il pro-seguimento della marcia.Altrettanto pericoloso è l’accumulo di foglie secche sul fon-do della pista, specie se in presenza di terreni ghiaiosi o co-munque a scarsa aderenza, che in alcuni casi possono formareuno strato molto spesso (ca. 10/15 cm.) venendo a creareuna sorta di cuscino sul quale il fuoristrada si ritrova a “na-vigare” in condizioni di precaria stabilità.Finché il terreno è pianeggiante non vi sono particolari pro-blemi, ma in presenza di pendenze accentuate l’auto puòavanzare con una certa difficoltà; non tanto in salita, dove la

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trazione integrale (o l’eventuale ricorso alle marce ridotte)si rivela provvidenziale, quanto nel caso di ripide discese. Inquest’ultimo caso, infatti, l’aderenza può essere ridotta pra-ticamente a zero e il veicolo, a causa della pendenza e dellaforza esercitata verso il fondovalle dal proprio peso, tendead essere ingovernabile scivolando inesorabilmente sullostrato di foglie; astenersi nel modo più assoluto dal toccarei freni (si rischia di mettere di traverso l’auto aggravando lasituazione), limitandosi a dare delle piccole accelerate che,opportunamente dosate, consentono di mantenere allineatoil veicolo sulla carreggiata lungo il senso di marcia fino ad ar-rivare nuovamente in un tratto pianeggiante o comunque apendenza moderata.Oltre alle foglie, bisogna fare attenzione anche agli arbusti de-positati nel fondo di solchi e avvallamenti che, soprattuttose frammisti a fango, possono ostacolare la marcia in salita;la presenza di un badile e un piccone a bordo può rivelarsi uti-le per rimuovere gli arbusti o per concentrare quelli più spes-si nei punti più difficili ai fini di aumentare la consistenzadel fondo.Diversi problemi sono inoltre causati anche nella guida inquei tratti ricoperti da vaste distese erbose. Ribadendo ancorauna volta che un vero appassionato di off-road non si esibi-sce mai in deviazioni fuoripista, violando prati e coltivazio-ni, capita spesso tuttavia che un tratto della pista sia com-pletamente ricoperto di erba (soprattutto nella stagione esti-va); in presenza di fondo asciutto e pendenze moderate lavettura avanza senza grosse difficoltà, ma se l’erba è ba-gnata si possono verificare gli stessi inconvenienti causatidal un sottile strato di fango che ricopre uno sterrato di con-sistenza dura.Se l’erba è molto alta (in alcune zone raramente attraversa-te da veicoli può raggiungere in estate anche un’altezza di40/50 cm.), l’insidia maggiore è rappresentato dalla presen-za di eventuali ostacoli che la vegetazione potrebbe nascon-dere alla vista del pilota quali massi o rocce sporgenti; un’at-tenta osservazione del profilo superiore della distesa erbosasi rivela preziosa per individuare quei piccoli “buchi”, a vol-te appena percettibili, situati in prossimità di sassi di notevolidimensioni o in corrispondenza di un tronco disposto tra-sversalmente alla carreggiata.

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LE RIDOTTE

Tra i vari elementi meccanici di una vettura 4x4, una dellecomponenti più importanti a fini della marcia in fuoristradaè rappresentata senz’altro dal cambio e da quel particolaremeccanismo, noto come riduttore, peculiare dei veicoli a tra-zione integrale. Com’è noto anche a chi non possiede ungrosso bagaglio di cognizioni di meccanica, il cambio con-sente infatti di poter disporre di un’erogazione di potenzache risulti sempre adeguata al tipo di percorso affrontato.Addentrarsi nel complesso funzionamento dei meccanismiche regolano un normale cambio meccanico, oltre ad esula-re dai compiti di questo libro, sarebbe troppo complesso e ri-chiederebbe troppo spazio, per cui ci limiteremo in questasede a spiegare per sommi capi i suoi movimenti.Può risultare utile a tale scopo richiamare l’attenzione al piùpiccolo e semplice dei cambi, come quello che equipaggia lenormali biciclette, formati da una serie di ruote dentate didiametro differente: a seconda che la catena sia inserita nelsupporto di diametro maggiore, la pedalata risulterà più ve-loce; viceversa, l’utilizzo delle ruote dentate più piccole, con-sentirà di scaricare tutta la potenza in spazi molto più ridot-ti assicurando un rendimento ottimale in salita. Un funzio-namento analogo regola anche la dinamica di un cambio au-tomobilistico dove la selezione delle marce, affidata ai vari in-granaggi, consente al motore di garantire la stessa potenzaanche a velocità inferiori.Nel caso dei fuoristrada la funzione del cambio assume unruolo fondamentale, non soltanto per le notevoli dimensionie il peso del veicolo (entrambi superiori rispetto a quelli di unavettura normale), ma anche in funzione del suo particolare uti-lizzo; ciò si manifesta sia nel caso il 4x4 venga utilizzato incondizioni d’impiego molto gravose, che in alcune partico-lari situazioni come ad esempio quelle legate al traino di ca-ravan o rimorchi particolarmente pesanti. In entrambi i casii rapporti forniti da un cambio di tipo tradizionale non sa-rebbero sufficienti per disimpegnarsi con la massima disin-

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voltura in ogni occasione, neanche sottoponendo la frizionea sforzi gravosi nel caso di partenze da fermo in salita o sufondi a scarsa aderenza; né del resto avrebbe senso (per viadei problemi legati alle dimensioni e ai pesi) un cambio ul-tra-frazionato con i primi rapporti particolarmente ravvici-nati. È a questo punto che entra in scena quel dispositivo ca-ratteristico dei fuoristrada, noto come riduttore, che consen-te praticamente di raddoppiare le marce esistenti, assicuran-do lo stesso numero di rapporti che, una volta demoltiplica-ti, permettono di avanzare anche a velocità ridottissime conil motore che gira attorno a valori assai prossimi alla coppiamassima.In altre parole il riduttore è una sorta di cambio aggiuntivo cheserve a ridurre i normali rapporti del cambio principale intutte quelle occasioni, tipiche dell’off-road, nel corso dellequali è richiesta la massima potenza abbinata a velocità diavanzamento ridottissime, offrendo quindi un’ampia gam-ma di marce specifiche per la guida in fuoristrada.Ma come avviene l’inserimento delle marce ridotte? E in qua-li situazioni di percorso si rivelano determinanti per avan-zare in assoluta tranquillità?Pur attenendosi ad una schema generale che presenta di-verse analogie tra i diversi modelli, va sottolineato che ognifuoristrada attualmente in produzione presenta uno schemapersonalizzato per quanto riguarda l’inserimento delle mar-ce ridotte. Su modelli più datati esistono sul ponte di tra-smissione due leve distinte: una per l’inserimento della tra-zione integrale (sui modelli sprovvisti di trazione integrale per-manente) e una per l’innesco delle marce ridotte; sui 4x4 dipiù recente produzione è presente una sola leva per entram-be le funzioni.Su alcuni fuoristrada, inoltre, l’inserimento delle marce ri-dotte (o della trazione integrale) deve avvenire a veicolo fer-mo, mentre su altri modelli si può effettuare l’operazione an-che durante la marcia (a ridotta velocità s’intende).Per quanto riguarda le condizioni di guida che richiedonol’uso delle marce ridotte, occorre fare una digressione preli-minare che ci porta ad individuare due situazioni ben di-stinte tra loro: nella prima possiamo raggruppare quei casinei quali le marce ridotte, pur non essendo indispensabili al-lo scopo di poter proseguire la marcia, si rivelano tuttavia

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fondamentali per avanzare senza sottoporre il veicolo a sol-lecitazioni meccaniche troppo intense, mentre nella secondal’uso delle ridotte diventa un’esigenza obbligata.Alcuni tra gli esempi più classici del primo caso sono rap-presentati dalla marcia in salita (o in discesa) su sterrati ab-bastanza sconnessi, ma privi di solchi particolarmente profon-di o di massi sporgenti; in questi casi il veicolo riesce a pro-cedere anche con la sola trazione integrale, ma si è costrettiad usare troppo spesso la frizione (in salita) o i freni (in di-scesa), mentre inserendo le ridotte si può avanzare senzaproblemi salvaguardando il veicolo da eventuali danni, ot-tenendo allo stesso tempo una maggiore tranquillità nellaguida. Le marce migliori in queste situazioni sono rappre-sentate dalla terza e dalla quarta, mentre l’uso della secon-da è riservato soprattutto nel caso di partenze in salita.L’inserimento delle ridotte si rivela inoltre particolarmenteutile quando il fuoristrada è impegnato nel traino di un ri-morchio pesante (soprattutto nelle partenze da fermo suglisterrati in salita a forte pendenza), o nell’attraversamento diguadi leggeri con fondo consistente, o ancora nei tratti fan-gosi pianeggianti di modesta profondità.Passando alle situazioni più esasperate, l’uso delle ridotte sirivela invece indispensabile nelle salite (e nelle discese) mol-to ripide caratterizzate da un fondo a scarsa aderenza o conpresenza di rocce e massi sporgenti; il loro uso consente diavanzare a velocità ridottissima, superando i vari ostacolicon la massima dolcezza e il motore sempre vicino alla cop-pia massima. In salita si può procedere tranquillamente inseconda (raramente in terza), mentre in discesa l’uso della pri-ma è consigliabile per mantenere sempre il controllo del vei-colo; soprattutto quando ci si trova in su fondi resi sdruc-ciolevoli dalla presenza di acqua o dall’accumulo di foglie edarbusti caduti dagli alberi.Fondamentale infine si rivela l’uso delle marce ridotte in pre-senza di guadi impegnativi (con fondo in sassi sdrucciole-voli), nell’attraversamento di zone con fango profondo (pie-no di solchi e tratti in salita) e sulla sabbia soffice, nonché intutte quelle situazioni con fondi scivolosi frammisti ad erbaquando si è costretti a ricorrere al fuoripista.

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VIAGGIARE IN CONVOGLIO

Tra i molteplici aspetti legati alla pratica del fuoristrada unodei più interessanti, tra quelli strettamente connessi alla va-canza e al tempo libero, è rappresentato senz’altro dallastraordinaria forza di aggregazione che scaturisce tra gli ap-passionati dei 4x4 e che trova la sua massima espressione sianei raduni e nei meeting organizzati dalla maggior parte deiclub del settore che nella escursioni effettuate in compagniadi pochi amici.In entrambi i casi può accadere infatti che diversi veicoli si tro-vino ad affrontare un determinato itinerario venendo a for-mare, soprattutto nel corso dei raduni, una lunga carovanaa quattro ruote motrici che invade per giornate intere sen-tieri e mulattiere di montagna.Ma viaggiare in convoglio non è sempre così semplice comepotrebbe sembrare e questo tipo di guida, pur non disco-standosi dalle norme generali finora affrontate nelle paginedi questo libro, presenta tuttavia alcune peculiarità specificheche meritano un’attenta valutazione. E non solo ai fini della sicurezza personale, ma anche per ilrispetto di quel senso civico la cui violazione (dovuta comeal solito a pochi sconsiderati) discredita l’intera categoria,aumentando quel clima di emarginazione nel quale sono sta-ti assai spesso relegati negli ultimi anni i possessori di vei-coli a trazione integrale.Ma quali si guida un fuoristrada quando si effettua una escur-sione in gruppo? Quali sono le maggiori difficoltà da affron-tare? E gli inconvenienti più ricorrenti?Viaggiando in convoglio il parametro fondamentale che con-diziona praticamente tutte le norme di guida (e di compor-tamento) è rappresentato ovviamente dal numero di vettureche formano il gruppo, con un aumento delle difficoltà pro-porzionale all’incremento dei fuoristrada presenti.Un convoglio ideale è costituito da 3 auto, formazione conla quale si può affrontare praticamente qualsiasi tipo di per-corso, dai più difficili e impegnativi a quelli più semplici; in

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questo caso la vettura “pilota” si pone generalmente al cen-tro del gruppo, in maniera tale che i contatti possano man-tenersi a vista in ogni angolo del percorso e, in caso di diffi-coltà, gli equipaggi siano in grado di aiutarsi a vicenda sen-za grossi problemi.Se il convoglio è più numeroso, dalle 5/6 macchine fino ad unmassimo di 10/12, i problemi aumentano sensibilmente ediviene molto difficile mantenere il contatto (soprattutto neitratti con numerosi tornanti o immersi in una vegetazionemolto fitta); può rivelarsi utile in questo caso la presenza diuna comune ricetrasmittente (CB) installata almeno sulle vet-ture che aprono e chiudono il convoglio. Meno affidabili atale proposito sono i telefoni cellulari (in questo caso i TACSsono più affidabili dei GSM) poiché, in alcuni casi, ci si puòritrovare in aree prive di segnale.Se i convogli sono formati da decine di fuoristrada (in alcu-ni importanti raduni si possono arrivare anche a 50/60 mac-chine), è praticamente impossibile mantenere la carovanaunita dall’inizio alla fine della traversata per cui ognuno do-vrà cavarsela da solo, o aggregarsi ai vari gruppetti che so-litamente si frazionano in queste occasioni. Provvidenziale inquesto caso (oltre alla presenza del CB a bordo) si rivela laconsultazione di un accurato e preciso road-book distribui-to a tutti i partecipanti. In tal modo chiunque può effettuaresenza particolari problemi il tragitto e, anche in caso di emer-genza, i soccorsi possono essere allertati via radio; nei ra-duni organizzati c’è inoltre una specie di vettura “spazzatu-ra”, analoga ai camion dei rally-marathon, che chiude la ca-rovana proprio per rastrellare i partecipanti in difficoltà.Nel caso di convogli particolarmente numerosi, inoltre, vi so-no ulteriori problemi anche nella fase organizzativa di unraduno o di una semplice escursione tra amici; ciò è dovutosoprattutto alle maggiori difficoltà di transito in aree priva-te o all’interno di zone naturalistiche protette: un proprieta-rio di un terreno o la direzione di un parco naturale, spessoscarsamente disponibili nel concedere l’accesso anche ad unasola vettura 4x4 nelle aree di loro competenza, mostrerannosenz’altro una maggiore ritrosia nell’esaudire le richieste diun gruppo di fuoristradisti molto numeroso.Può rivelarsi utile a tale proposito, soprattutto se lo svolgi-mento del percorso prevede una percorrenza estesa nell’in-

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tero arco della giornata, inserire lungo il tragitto alcuni trat-ti di collegamento in asfalto tra i vari sterrati e le mulattiere;ciò, oltre ad assicurare una migliore assistenza in caso di ne-cessità, consentirà inoltre di ricompattare il gruppo con estre-ma facilità. Molta importanza nella guida in convoglio rive-stono inoltre le dimensioni del veicolo e il transito in alcuneparticolari condizioni della pista rappresentate dagli sterratipolverosi, dal tratti ricoperti di fango e dall’attraversamentodei guadi.Per quanto riguarda le dimensioni del veicolo, è di fonda-mentale importanza conoscere nei minimi particolari le dif-ficoltà presenti lungo il percorso, soprattutto per quanto ri-guarda gli ingombri dei veicoli. Se vi sono passaggi partico-larmente stretti, o insidiosi per la presenza di massi spor-genti e rocce affioranti, è inutile trascinarsi dietro un amicocon un veicolo di grosse dimensioni.Sugli sterrati polverosi uno degli inconvenienti che creanomaggiore disagio quando si viaggia in convoglio, è legatoproprio alla “nube” sollevata dai veicoli durante la marcia;già a partire dalla seconda o dalla terza posizione ci si ritro-va con l’abitacolo completamente invaso dalla polvere pene-trata attraverso i finestrini (o le bocchette di areazione), men-tre i malcapitati che si trovano in coda al convoglio riesconoa stento a vedere ad un palmo dal naso.È superfluo sottolineare l’importanza di moderare la velocitàpoiché c’è il rischio di tamponare violentemente un veicolo fer-mo o avvistato in ritardo (utile in questi casi l’accensione deiretronebbia).Molta cautela richiede anche l’attraversamento di tratti fan-gosi, sia con andamento pianeggiante che in salita, poiché iripetuti passaggi dei vari veicoli (incrementati nel numerose, come spesso accade, uno stesso veicolo è costretto a va-ri tentativi per superare un tratto particolarmente impegna-tivo) esercitano una continua erosione sul fondo; in tal mo-do viene praticamente asportato lo strato di fango più con-sistente e i veicoli che transitano nelle retrovie devono ri-correre in alcuni casi all’uso di un verricello o ad un cavo ditraino per superare l’ostacolo.Anche nell’attraversamento di un guado si verifica una si-tuazione analoga, soprattutto quando il fondo (come accadesolitamente nei fiumi e nei torrenti) è ghiaioso ed estrema-

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mente sdrucciolevole. In entrambi i casi è consigliabile lasciare transitare per primi,dopo la vettura apripista, quei veicoli le cui caratteristichetecniche (come ad esempio una modesta scorta di cavalli ol’assenza di riduttore) o il tipo di allestimento (gomme con bat-tistrada di tipo stradale o eccessivamente consumato), po-trebbero creare alcune difficoltà rallentando l’andatura del-l’intero convoglio. Per quanto riguarda infine la scelta dei percorsi sui quali av-venturarsi in convoglio, torna nuovamente in primo piano ilnumero dei fuoristrada presenti: negli itinerari particolar-mente impegnativi, anche se relativamente brevi nell’esten-sione chilometrica, è consigliabile non oltrepassare la sogliadelle 3/4 vetture, mentre in caso di convogli più numerosiconviene suddividere la carovana in piccoli gruppi, asse-gnando (se possibile) ad ogni formazione un fuoristradaequipaggiato con verricello e gancio di traino. Questa fram-mentazione si rivela di fondamentale importanza poiché itempi di percorrenza, già notevolmente allungati nel fuori-strada quando si viaggia da soli, si dilatano enormementeviaggiando in convoglio richiedendo, in alcuni casi, diverseore di marcia per poter avanzare di appena pochi chilometri.

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COME MUOVERSINEL FANGO

Una delle maggiori insidie dei mesi autunnali e invernali è rap-presentata dalla presenza di fango, ritenuta dalla maggiorparte dei fuoristradisti una delle componenti essenziali (dicui farebbero volentieri a meno) della maggior parte dei per-corsi presenti sul nostro territorio. La particolare conforma-zione orografica che caratterizza l’arco alpino e la lunga dor-sale appenninica, ricca di sensibili variazioni altimetriche e am-pie zone costantemente in ombra, rende praticamente il fan-go una minaccia costante per i 4x4 anche nei periodi di sic-cità. Ma come si affronta un tratto fangoso a bordo di unfuoristrada? Qual’è la traiettoria migliore per cavarsela sen-za problemi in ogni situazione? E gli accessori più utili? Pri-ma di entrare nel cuore del problema, è necessaria una pic-cola digressione in merito alla profondità e alla consistenzadello strato fangoso. Per quanto riguarda la profondità del fango, il parametro fon-damentale è rappresentato dall’altezza minima da terra del vei-colo, valore in base al quale viene definito poco profondouno strato di fango la cui altezza risulti ad essa inferiore,mentre in caso contrario si parla di fango profondo. In presenza di fango poco profondo, sotto il quale si trovageneralmente uno strato di terreno duro e consistente, non visono particolari problemi e, una volta inserita la trazione in-tegrale (ed eventualmente anche le ridotte), si procede a ve-locità moderata. Un’andatura troppo sostenuta, oltre a rive-larsi inadeguata ai fini dell’aderenza e della sicurezza in pre-senza di eventuali ostacoli (sassi, buche profonde, rami, etc.)nascosti nel fango, può sollevare anche una vera e propria on-data di melma frammista a detriti di ogni genere; questi, unavolta depositati sul radiatore potrebbero causare (in seguitoall’evaporazione dell’acqua dovuta al calore) la formazione diuno strato di fango tra le griglie del radiatore stesso provo-candone il surriscaldamento. Allo stesso rischio è espostaanche la ventola situata davanti al radiatore per cui, oltre acontenere la velocità, è consigliabile tenere sempre sotto con-

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trollo il manometro dell’acqua per evitare danni alle guarni-zioni della testata.Quando invece il fango è abbastanza profondo, senza arrivarenecessariamente a sfiorare il fondo del veicolo, è consiglia-bile adottare una guida abbastanza slanciata, prendendo senecessaria una breve rincorsa e mantenere una velocità lapiù uniforme possibile. Per migliorare le condizioni di aderenzasi può ricorrere alla cosiddetta “remata”, rappresentata daun continuo zigzagare dello sterzo verso destra e verso si-nistra, mentre un’ulteriore manovra di emergenza per tirar-si fuori da eventuali difficoltà può essere quella di accelera-re e decelerare con brevi ma intensi colpi sull’acceleratore.Questa tecnica, provocando una rapida rotazione delle ruo-te, contribuisce (grazie alla notevole forza centrifuga infer-ta sulla superficie dei pneumatici) a liberare i tasselli dellegomme agevolando la loro aderenza nel fango.Indipendentemente dalla profondità del fango è preferibilescegliere una marcia non troppo bassa (II o III ridotta) che, purassicurando al motore di mantenere una certa coppia, eviti difar girare troppo velocemente le ruote che, a causa della di-minuzione dell’aderenza, inizierebbero inesorabilmente ascavare bloccando completamente il veicolo. A proposito delle gomme va sottolineato che, nonostante lapresenza sul mercato di alcuni tipi di pneumatici studiati ap-positamente per un utilizzo in presenza di fango, il disegnodel battistrada è praticamente irrilevante per quanto riguar-da la motricità del veicolo. Il fango infatti tende a riempire, inbrevissimo tempo, anche le tassellature più profonde ren-dendo la più artigliata delle gomme liscia e levigata comequella di una formula uno.Questa evenienza si verifica soprattutto in presenza di una ele-vata viscosità del fango poiché più il fango è denso, più dif-ficile risulta la marcia; se il fango è meno consistente (cioè par-ticolarmente frammisto ad acqua) i problemi di avanzamen-to sono meno accentuati e possono essere risolti con relati-va facilità.Viaggiando in convoglio, dev’essere assolutamente evitatodi attraversare contemporaneamente un tratto fangoso con duevetture per non ritrovarsi impantanati in coppia, aumentan-do quindi le difficoltà per uscire dalla morsa del fango; ca-ratteristica, in questi casi, è la formazione delle “rotaie”, cioè

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quei profondi solchi, peculiari in presenza di fango, al cuiinterno il veicolo perde praticamente qualsiasi prerogativa didirezionalità. Più numerosi sono i veicoli che attraversanoun tratto fangoso, maggiore è la profondità delle rotaie che tut-tavia si rilevano utilissime ai fini della sicurezza quando, inpresenza di forti inclinazioni laterali, contribuiscono ad an-corare saldamente il veicolo alla carreggiata.Per quanto riguarda la traiettoria ottimale da seguire nel-l’attraversamento di un tratto fangoso, la rotta migliore (com-patibilmente con le condizioni del percorso) è rappresentatada una traiettoria che risulti la più rettilinea possibile; al con-trario un percorso curvilineo, seppur con lieve angolazione,può rallentare l’andatura diminuendo anche l’aderenza del-le ruote nel terreno.Un altro particolare importante per l’aderenza è rappresentatodalla possibilità di mantenere il veicolo in posizione oriz-zontale poiché, in caso di pendenza laterale, il peso (e di con-seguenza la trazione) si trasferisce soprattutto sulle ruote avalle che sono sottoposte ad un maggiore attrito; le ruote amonte, a causa del minor carico, perdono molta aderenza e,soprattutto in presenza di fango, tendono a girare a vuoto.Tra gli accessori più utili per affrontare il fango, le tradizio-nali catene da neve possono garantire risultati sorprendentinelle maggior parte delle situazioni; è consigliabile inoltremontarle con una leggera tensione in maniera tale che, scuo-tendosi in seguito alle sollecitazioni della trazione, possanoliberarsi del fango accumulato tra le maglie metalliche man-tenendosi così sempre pulite. Altrettanto efficaci si rivelanole piastre da fango (analoghe a quelle da sabbia), un robu-sto crick e una pala di generose dimensioni, oltre natural-mente alla presenza di un verricello; quest’ultimo risulta pre-zioso per disincagliarsi dal fango a condizione di avere unsolido ancoraggio per il cavo di traino.Anche nella guida su fondi fangosi, infine, come nella mag-gior parte delle situazioni legate alla pratica del fuoristrada,è fondamentale una preventiva ricognizione a piedi.Questa precauzione, oltre a consentire una più attenta ed im-mediata valutazione del grado di difficoltà presente, consentedi verificare anche la possibilità (una volta superato il trat-to fangoso) di poter invertire la rotta in caso di un eventua-le ostacolo insormontabile, evitando il ricorso ad estenuan-ti retromarce in condizioni estremamente precarie.

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IL GUADO

Croce e delizia della maggior parte dei fuoristradisti, il gua-do rappresenta indubbiamente una delle situazioni più af-fascinanti, ma anche più impegnative, legate alla guida diun veicolo a quattro ruote motrici. E non soltanto per i suoiaspetti spettacolari, che evocano spesso immagini di grandeavventura (quasi sempre legate ai rally-marathon), ma an-che per altri fattori; tra questi probabilmente c’è anche una sor-ta di atavica emozione legata al ritorno nell’ambiente liqui-do, milioni di anni fa capolinea di partenza di ogni esserevivente.Naturalmente per poter impensierire un tantino i driver piùconsumati ed esperti (neanche loro tuttavia immuni dallatentazione di esibirsi in disastrose bravate), è necessaria unacerta profondità del guado, ben lontana da quella delle variepozzanghere o dei torrentelli sparsi un po’ ovunque sullemulattiere e gli sterrati di montagna. Fino ai 20/30 centime-tri non vi sono particolari problemi e qualsiasi vettura rie-sce a disimpegnarsi senza grosse difficoltà, a condizione cheil fondo sia abbastanza consistente e privo di eventuali de-positi di melma o avvallamenti profondi.Quando la profondità supera invece i 30/40 cm., fino ad ar-rivare a un massimo di 70/80, il guado inizia a diventareuna cosa seria e le difficoltà presenti vanno analizzate con lamassima scrupolosità possibile; anche se in teoria la profon-dità massima che in fuoristrada può attraversare risultasse piùelevata (in base al valore riportato sul libretto di circolazio-ne o, come nel caso dei veicoli a benzina, fosse legata all’al-tezza alla quale si trovano lo spinterogeno e il carburatore),non bisogna esagerare.Il veicolo infatti può arrestarsi anche prima che l’altezza del-l’acqua abbia raggiunto gli organi vitali dell’impianto elet-trico, sia per la presenza di umidità che per eventuali infil-trazioni d’acqua.Nel determinare la profondità di un guado anche la correntedell’acqua svolge un ruolo non trascurabile poiché in pre-

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senza di acque calme, con fondi piani e consistenti, si puòosare un tantino di più fino a sfiorare i limiti del veicolo; alcontrario, se la corrente è piuttosto impetuosa (situazioneche si accompagna spesso alla presenza di ciottoli sul fondo),può rivelarsi insidioso anche ritrovarsi immersi solo fino aimozzi. Per una migliore disamina della tecnica di guida daadottare in questi casi, possiamo suddividere schematica-mente le manovre legate all’attraversamento di un guado, inquattro momenti principali rappresentati dalla fase di rico-gnizione, dalla fase di entrata, dalla fase di “navigazione” edalla fase di uscita.La fase di ricognizione, già importante in altre situazionilegate alla guida in 4x4, diviene determinante e di fonda-mentale attuazione nell’approssimarsi dell’attraversamento diun guado. Occorre naturalmente scendere dalla macchina edesplorare a piedi il tratto di fiume o torrente da attraversare,servendosi di un’asta di fortuna o di un bastone per valuta-re attentamente la profondità dell’acqua, nonché le condi-zioni del fondo: attenzione alla presenza di massi, rocce ap-puntite, filo spinato o ghiaia.Nella fase di entrata la velocità dev’essere dolce e modera-ta, per evitare che l’onda venutasi a creare davanti al radia-tore possa innalzare il livello dell’acqua che, penetrando al-l’interno del cofano motore, potrebbe danneggiare l’impian-to elettrico o infiltrarsi nel filtro di aspirazione dell’aria. Un’an-datura troppo elevata nella fase di entrata, rallentando la pe-netrazione dell’acqua nelle parti basse del veicolo potrebbeinoltre favorire il fenomeno di galleggiamento che, in pre-senza di forte corrente, renderebbe estremamente difficilemantenere la direzionalità del veicolo.Un ulteriore fattore che impone una ridotta velocità nella fa-se di entrata è rappresentato dal rischio (troppo spesso sot-tovalutato) dello “shock termico”, conseguente alla rapidaimmersione in acqua fredda (o gelata, come spesso accadenei guadi d’alta quota) del motore, soprattutto quando è sur-riscaldato in seguito a lunghi tratti percorsi in condizioni par-ticolarmente impegnative; può essere utile in questi casiun’occhiata al termometro dell’acqua per avere un’idea pre-cisa della situazione effettuando, se necessario, una brevesosta per raffreddare il motore prima di immergersi.Particolarmente attenuata dev’essere anche la pendenza del

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punto di entrata poiché in presenza di un angolo molto ripi-do la ventola viene a trovarsi subito immersa nell’acqua,spruzzando acqua all’interno del vano motore prima ancorache il veicolo abbia assunto la posizione orizzontale.Poiché la corrente può diminuire notevolmente l’aderenzanel corso del guado, occorre prestare particolare attenzione nel-la scelta del punto di entrata, evitando le anse più strette delfiume (dove la corrente è molto sostenuta) in favore dei trat-ti più ampi nei quali la corrente è più attenuata e anche laprofondità dell’acqua risulta minore.Durante la fase di “navigazione” la marcia più adatta peravanzare senza problemi (una volta inserita la trazione 4x4)è la prima ridotta, soprattutto se il fondo da guadare è suf-ficientemente solido; questo rapporto assicurerà una forzamotrice adeguata alla potenza richiesta, mentre al tempo stes-so l’elevato regime di rotazione del motore faciliterà l’emis-sione dei gas di scarico dal tubo della marmitta (completa-mente immersa in acqua); a tale proposito va ricordato che incaso di sosta forzata, l’acqua potrebbe essere aspirata all’in-terno del tubo di scarico per cui non bisogna mai spegnere ilmotore, tenendolo inoltre sempre su di giri.Durante questa fase, inoltre, l’impostazione di una corretta an-datura in acqua è confermata dalla formazione della cosiddetta“onda di prua” rappresentata da un’onda regolare che, man-tenendosi al disotto del cofano, respinge l’acqua in manierauniforme lungo le fiancate del veicolo; oltre a creare un leg-gero risucchio che impedisce dal basso la penetrazione di ac-qua nel vano motore.Nella fase di uscita invece la velocità dovrà essere abba-stanza sostenuta e anche in questo caso, come nella fase dientrata, è necessario che la rampa di accesso non abbia an-goli di attacco troppo accentuati; ad ogni tentativo di risali-ta infatti le difficoltà aumentano poiché la scarpata è più ba-gnata e sdrucciolevole per via dell’acqua trascinatavi sopra dalveicolo nei precedenti tentativi. Una volta usciti dal guado èconsigliabile lasciare per un po’ il motore acceso allo scopo difacilitare l’evaporazione dell’acqua dai punti più delicati, ol-tre ad asciugare i freni (quelli a tamburo impiegano più tem-po) viaggiando per un breve tratto con il pedale del frenoleggermente schiacciato.

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OCCHIO ALLE GOMME

Tra i vari fattori che condizionano la guida di un veicolo fuo-ristrada, uno dei più importanti, considerando l’estrema va-riabilità di utilizzo del mezzo, è rappresentato senz’altro dal-le gomme.Non è raro infatti che in occasione dell’attraversamento diun tratto particolarmente impegnativo per la presenza di sab-bia, ghiaia o fango, il fuoristradista resti deluso dalle pre-stazioni del proprio veicolo, ritenuto ingiustamente poco af-fidabile in quanto a versatilità o capacità di disimpegno nel-le più svariate situazioni.Nella maggior parte dei casi però i limiti attribuiti alla vettu-ra, indipendentemente dalla più o meno spiccata abilità del pi-lota, sono da addebitare prevalentemente ad una errata (ocomunque inadeguata) gommatura adottata.A tale proposito ci è parso utile inserire in questo libro alcu-ne note relative proprio ad un corretto utilizzo dei pneuma-tici che, senza sconfinare nell’ambito delle varie tipologie digomme disponibili (di chiara pertinenza dell’accessoristica),possono risultare comunque utili per approfondire o miglio-rare le proprie conoscenze di tecnica di guida.Qualsiasi tipo di pneumatico, infatti, dopo aver superato ivari controlli qualitativi dell’azienda costruttrice, ed esserestato correttamente installato da un rivenditore specializza-to, ha ancora bisogno (per esprimere al meglio il suo poten-ziale di resa, prestazioni e sicurezza) di alcuni controlli pe-riodici e di una serie di piccole attenzioni.Assai spesso però la maggior parte dei fuoristradisti tende asottovalutare le gravose condizioni di utilizzo e le estremesollecitazioni che il pneumatico realizzato per un 4x4 dev’es-sere in grado di sopportare. Di conseguenza, le prestazioni diun pneumatico sono semplicemente date per scontate in ognisituazione ambientale e d’impiego, mentre vengono spessodisattese le necessarie operazioni di manutenzione. Tra que-ste ultime, uno dei parametri fondamentali ai fini della sicu-rezza generale e della tenuta di strada è rappresentato dalla

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pressione dei pneumatici che, per una più corretta valuta-zione, va esaminata sia in funzione dell’impiego stradale chenell’utilizzo in fuoristrada.In caso di marcia normale su percorsi asfaltati, i pneumaticidevono essere sempre gonfiati alla pressione indicata sul li-bretto di uso e manutenzione del veicolo in quanto la mag-giore insidia del pneumatico, e della tenuta di strada, è rap-presentata proprio da una bassa pressione di gonfiaggio.Un pneumatico sottogonfiato riduce le prestazioni del fuori-strada, si consuma assai più rapidamente e, soprattutto, ge-nera un eccessivo calore alle alte velocità; in alcuni casi, inol-tre, il calore può essere tale da superare la cosiddetta “tem-peratura critica” tollerata dal pneumatico, con conseguentepossibile distacco di alcune sue componenti.Nel caso il veicolo fosse molto carico, è preferibile anche su-perare leggermente (ca. 0.2 bar) il valore di pressione stan-dard. In riferimento ai controlli da effettuare, occorre sotto-lineare che la pressione dev’essere verificata quando i pneu-matici sono freddi, non dimenticando inoltre di controllareanche la ruota di scorta e la tenuta dei cappucci delle valvo-le.Per quanto riguarda la pressione nell’impiego in fuoristradava rilevato che il sottogonfiaggio, da evitare su strade asfal-tate, soprattutto alle alta velocità, è invece consigliabile (conmodalità variabili da caso a caso) per alcune specifiche e tem-poranee condizioni di guida. Queste sono riassumibili inquattro situazioni principali rappresentati dai percorsi acci-dentati, dal terreni cedevoli, dalla sabbia e dal fango e dallaneve.Nei percorsi accidentati, a causa degli urti abbastanza fre-quenti, sarà preferibile un leggero sottogonfiaggio (ca. il10%), necessario per aumentare la superficie di contatto delpneumatico e migliorare la capacità di assorbimento degliurti della struttura. Nelle stesse condizioni di utilizzo uneventuale sovragonfiaggio, anche se di modesta entità, po-trebbe invece favorire la rottura o il deterioramento del pneu-matico; la sua struttura di rinforzo infatti, già sottoposta aduna notevole tensione dalla pressione interna, perderebbe lacapacità di ulteriore deformazione elastica, divenendo quin-di più vulnerabile agli urti.Sui terreni cedevoli, a causa dell’affondamento del pneuma-

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tico che aumenta la resistenza all’avanzamento, una ridu-zione della pressione di gonfiaggio si traduce anche in unaconseguente riduzione delle pressioni di contatto al suolo;ciò attenua sensibilmente l’affondamento del veicolo e mi-gliora la capacità di trazione. Particolarmente indicati in que-sto caso sono i pneumatici radiali che, generalmente, con-sentono di scendere fino al 50% della pressione prevista,seppur per velocità molto basse (15/20 Km/h.) e percorren-ze limitate.Anche sulla sabbia riduzioni particolarmente accentuate del-la pressione di gonfiaggio, analoghe a quelle adottate sui ter-reni cedevoli, può determinare un incremento della capacitàdi trazione la cui entità (compresa tra il 25 e il 45%) varia infunzione del tipo di pneumatico. Sono sconsigliabili comun-que ulteriori riduzioni della pressione poiché, valori al di sot-to del 50% della normale pressione di esercizio, possono esi-tare in una ancor più accentuata diminuzione della capacitàdi trazione; inconveniente al quale può associarsi anche unaffaticamento della struttura del pneumatico.Sulla sabbia e sulla neve invece sono sconsigliabili riduzio-ni della pressione di gonfiaggio superiori al 30%. Uno dei li-miti alla riduzione della pressione, infatti, è rappresentatodallo slittamento del pneumatico sul cerchio, rischio che au-menta con il miglioramento dell’aderenza. In funzione diquesta considerazione va ricordato che la sabbia presentageneralmente caratteristiche di bassa aderenza e cedevolez-za molto uniformi, mentre i terreni fangosi o innevati sonospesso caratterizzati da condizioni di compattazione, cede-volezza e aderenza scarsamente omogenee.È opportuno quindi valutare con estrema attenzione sia laomogeneità che la capacità di aggrappamento offerte dallostrato di terreno sottostante, ai fini di ridurre la pressione digonfiaggio ai valori più adeguati al tipo di terreno affronta-to.Da non trascurare inoltre anche gli effetti dovuti al bloccag-gio di frenata, particolarmente gravi in quei fuoristrada ingrado di raggiungere velocità’ superiori ai 150 Km/h.Basti pensare infatti che frenando con le ruote completa-mente bloccate viaggiando ad una velocità di 120 Km/h, puòverificarsi un’abrasione (dall’inizio della frenata fino al mo-mento dell’arresto del veicolo) di almeno 4/5 mm nell’area di

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contatto. A tale proposito ricordiamo che la conduzione dicalore nella gomma è piuttosto limitata per cui l’abrasione, chesi produce in condizioni di bloccaggio, genera elevate tem-perature localizzate prevalentemente alla zona di contatto.L’elevata temperatura altera inoltre lo strato di gomma in ca-so di attrito contro il terreno, provocando la caratteristica fu-mata e le strie di gomma bruciata al suolo.Ai fini della sicurezza va ricordato che un pneumatico cheha subito dei bloccaggi ad alta velocità, oltre ad avere un ro-tolamento non più uniforme, potrebbe presentare lesionistrutturali che ne consiglino la sostituzione. Non bisogna dimenticare inoltre che una frenata a ruote bloc-cate, corrispondente ad uno slittamento del 100%, oltre ad es-sere dannosa per i pneumatici, è meno efficiente di una incui si riesca a contenere lo slittamento poiché il bloccaggio di-minuisce il coefficiente di attrito.Nell’impiego in fuoristrada, infine, è da evitare anche il fe-nomeno del pattinamento, soprattutto quando si viaggia conle marce ridotte inserite.In queste condizioni può accadere che il veicolo, in funzionedella disponibilità diun’enorme coppiamotrice alle ruote, ri-manga fermo per in-sufficiente aderenza,soprattutto su terreniscivolosi in forte pen-denza. Insistere in prolunga-ti pattinamenti a pienapotenza in questo ca-so, con velocità prati-camente nulla, puòprovocare lesioni allegomme a causa delsuperamento dellatemperatura critica(provocata dalla tra-sformazione in caloredella potenza motri-ce).

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PIOGGIA E NEBBIA

Tra i vari pericoli che insidiano gli appassionati dell’off-road,due tra i più temibili sono rappresentati senz’altro dalla piog-gia e dalla nebbia che, diversamente dalla neve e dal ghiac-cio, possono manifestarsi a qualsiasi latitudine e nelle piùsvariate condizioni climatiche.Già fonte di numerosi problemi quando si è a bordo di unanormale autovettura, la pioggia può creare ulteriori disagi alguidatore impegnato al volante di un veicolo 4x4.Basti pensare ad esempio al fastidioso inconveniente del-l’acquaplaning, rappresentato da quel fenomeno per cui un’au-to lanciata a velocità sostenuta, in corrispondenza di un trat-to stradale particolarmente bagnato, viene a trovarsi in unasituazione estremamente precaria per quanto riguarda la te-nuta di strada, come se “galleggiasse” a pelo d’acqua. Que-sta situazione, evidenziata da una nettissima sensazione diinstabilità sulle mani al volante, dev’essere corretta senzaalcun intervento sul freno, ma semplicemente diminuendola velocità togliendo il piede dall’acceleratore per alcuni istan-ti; nel caso la strada sia il leggera discesa è necessario, subitodopo aver ridotto l’andatura, passare ad una marcia inferio-re affinché il veicolo fornisca sempre una motricità adegua-ta alle condizioni di aderenza.Anche il tipo di pioggia impone una diversa valutazione neiparametri fondamentali ai fini della sicurezza nella guidapoiché una precipitazione violenta può creare un enorme ac-cumulo d’acqua nei tratti più pianeggianti, o la formazione divere e proprie pozzanghere che, se attraversate a forte velo-cità, possono esercitare una sensibile azione frenante sulleruote dell’auto; se la strada è molto trafficata inoltre si formanospesso, anche in caso di pioggia battente, due ampie scie sul-la carreggiata (analoghe a quelle sulla neve) al cui internola concentrazione di acqua presente è alquanto ridotta percui è preferibile seguirne il tracciato per assicurare al veico-lo una migliore aderenza al suolo.Una pioggia debole al contrario, anche se persistente, causa

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meno problemi (soprattutto nei tratti pavimentati con il co-siddetto “asfalto poroso”, dotato di un’elevata capacità di as-sorbimento) e il vero fastidio arrecato in questo caso al con-ducente è provocato dalla difficoltà di tenere costantementepulito il lunotto anteriore una volta esaurita la scorta d’acquanel lavavetro; se la pioggia è molto scarsa, infatti, gli schiz-zi lanciati dalle altre autovetture, soprattutto se frammisti alsale (abbondantemente versato in inverno dai veicoli antineve)vengono sparsi dai tergicristalli su tutto il vetro riducendonotevolmente la visibilità; una rapida fermata nella più vi-cina area di sosta raggiungibile, risolve rapidamente il pro-blema.Particolare attenzione richiedono inoltre le manovre di sor-passo e la guida notturna. Nella fase di sorpasso bisognaprestare la massima attenzione per via della enorme quantitàd’acqua sollevata dal mezzo che ci precede. Un tir di grossedimensioni può arrivare ad avere anche 18 ruote e se piovemolto forte la visibilità a volte è scarsissima per cui, in alcu-ni casi, gli stessi tergicristalli (anche azionati alla massima ve-locità) si rivelano inadeguati.Per quanto riguarda la guida notturna, va sottolineato chel’asfalto bagnato tende solitamente a ridurre la visibilità, pervia dell’indebolimento del fascio luminoso dei fari che vienein un certo senso “diluito” dall’acqua per cui sarebbe auspi-cabile l’installazione di un gruppo di proiettori supplementari(quasi sempre presente sui fuoristrada dei “maniaci” dellapersonalizzazione).Dal punto di vista della dotazione accessoristica, inoltre, oc-corre controllare frequentemente le condizioni dei due para-spruzzi posteriori (spesso semi-distrutti o trascinati via inalcune manovre di retromarcia quando si investe un terra-pieno); la loro azione è preziosa per non imbrattare troppo iveicoli che seguono (soprattutto negli sterrati quando si viag-gia in convoglio).Altrettanto insidiosa è la nebbia che condiziona la visibilitàin misura ancora maggiore rispetto alla pioggia. Risulta de-terminate in questi casi mantenere pulito il parabrezza, siaazionando il tergicristallo che il lavavetro; se necessario sipuò ricorrere anche all’accensione della ventola indirizzandoil getto d’aria calda sul vetro.Queste operazioni vanno ripetute frequentemente poiché lo

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strato impalpabile di umidità, che si deposita sul lunotto an-teriore, riduce ancora di più la visibilità dando la sensazio-ne che la nebbia sia aumentata.Evitare di avvicinarsi al vetro anteriore nella speranza di ve-dere meglio; se il vetro è pulito non serve a nulla e si rischiasoltanto di distogliere l’attenzione dalla strada poiché losguardo tende a concentrarsi sulla parte anteriore del cofa-no (o sulla ruota di scorta che, in alcuni modelli, vi è allog-giata sopra).Guidando nella nebbia, soprattutto di notte, tutte le infor-mazioni possibili sono utili per cui anche i rumori prove-nienti dall’esterno possono fornire preziose indicazioni sul-l’eventualità di un ostacolo in arrivo. È consigliabile spe-gnere (o abbassare al minimo) lo stereo e viaggiare, anche sefa freddo, con il finestrino leggermente aperto, oltre natu-ralmente ad avere sempre un preciso riferimento nel senso dimarcia (come il bordo della strada o le linee di tratteggio inautostrada).Attenzione ad eventuali veicoli parcheggiati e privi di alcu-na segnalazione luminosa, ricordandosi che in caso di neb-bia (anche di giorno) è obbligatorio usare i fari anabbag-glianti, mentre se la visibilità è inferiore ai 50 metri l’obbli-go si estende anche al retronebbia posteriore.Astenersi nel modo più assoluto dall’usare i fari abbaglian-ti che, in questi casi, sono praticamente inutili poiché ven-gono ad illuminare proprio le zone più alte della carreggiatadove si concentra solitamente la maggior parte della nebbia.Anche gli anabbagglianti, seppur in forma più attenuata,vengono ad illuminare una zona particolarmente ricca di neb-bia. Sono proprio i fendinebbia, sia in virtù della loro posi-zione bassa che del raggio di luce emanato (largo e al filodell’asfalto), a penetrare maggiormente la spessa coltre dinebbia.Se il veicolo lo consente, è opportuno abbassare anche l’in-tensità luminosa del cruscotto (si hanno minori distrazioni vi-sive), mentre in caso di eventuali situazioni di pericolo im-minente si devono usare i due lampeggiatori di emergenza peravvisare gli automobilisti che seguono, ricorrendo energica-mente anche al clacson se la situazione lo impone.

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CATENE: NON SOLO NEVE

Con il ritorno della bella stagione la presenza della neve po-trebbe sembrare solo un lontano ricordo, ma per gli appas-sionati di off-road non è così. Soprattutto per coloro che si av-venturano con proprio veicolo sui sentieri e le mulattiere dis-seminate lungo l’arco alpino dove, nella maggior parte deicasi, le ultime tracce delle nevicate invernali possono esserepresenti anche fino al mese di luglio. Soprattutto a quote su-periori ai 2.500 metri, dove la neve può persistere in manie-ra abbondante anche in pieno agosto. È evidente quindi chela presenza di catene a bordo del veicolo può risultare prov-videnziale per cavarsela nella maggior parte delle situazioni.E non solo in presenza di neve, ma anche sullo sterrato (quan-do ci si trova a dover affrontare ampie distese di fango) que-sto accessorio può rivelarsi prezioso per ripristinare una tra-zione irrimediabilmente compromessa.Ma come si guida un fuoristrada con le catene? È preferibi-le montarle su tutte le ruote o solo sull’asse posteriore? Ed oltre alle neve in quale situazioni sono consigliabili? Pri-ma di affrontare questi argomenti ci sembra utile una di-gressione sul “prima”, riferita cioè a quell’attenta ed obietti-va valutazione di tutte quelle particolari situazioni ambien-tali le cui condizioni di sicurezza suggeriscano, o imponga-no, il ricorso al montaggio delle catene da neve.È di fondamentale importanza infatti valutare con estremaattenzione il grado di difficoltà scaturito dal tipo di percorsoche si sta affrontando, nonché intuire al volo gli eventualirischi in agguato. Naturalmente è scontato che un veicolo atrazione integrale si muova comunque sulla neve con unamaggiore disinvoltura rispetto ad un’auto tradizionale, manon bisogna mai esagerare; restare entro un buon marginedi sicurezza è indispensabile per assicurare in ogni occasio-ne le migliori condizioni di motricità al veicolo. Come abbiamo avuto modo di ricordare nel capitolo dedica-to alla guida sulla neve (le cui indicazioni restano comun-que valide anche in questo caso), non vi sono particolari pro-

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blemi fino a pendenze contenute entro il 25/30% e con unmanto nevoso la cui profondità si mantenga attorno ai 20/30cm.Ma se l’altimetria accentua la pendenza, o la neve è più alta,il veicolo può iniziare ad avere dei problemi per avanzareanche in presenza di pneumatici speciali o particolarmentetassellati. Analogamente a quanto avviene infatti in presen-za di fango, anche in questo caso i tasselli dei pneumatici siriempiono ben presto di neve e, nel giro di pochissimi metri,le gomme possono risultare lisce come il vetro e con un’a-derenza ridotta ai minimi termini.I primi campanelli di allarme sono rappresentati dall’esigen-za di un incremento di potenza (soprattutto avanzando insalita, è necessario ricorrere a marce ridotte sempre più bas-se) abbinata ad un’andatura abbastanza sostenuta, e da al-cuni scodinzolamenti, particolarmente accentuati in presen-za di tornanti. La vettura, anche procedendo lungo le tracceben evidenti sulla pista, non riesce più ad avanzare in manieralineare e per mantenere la rotta si è costretti a volte a zigza-gare continuamente con il volante.Avanzare in queste condizioni, specialmente in presenza diforti pendenze laterali o di scarpate che si aprono su profon-di strapiombi, può risultare eccessivamente pericoloso percui si impone a questo punto il montaggio delle catene. Operazione questa che, se possibile, non dovrebbe esserefatta all’ultimo momento, quando le condizioni di operabi-lità siano estremamente precarie o richiedano eventualmen-te il ricorso all’adozione di una binda, ma andrebbe effet-tuata su un tratto pianeggiante e sufficientemente largo daconsentire anche un ampio margine di manovra nel caso sifosse costretti ad invertire la marcia.Per quanto riguarda la tecnica di guida, le modalità non sidiscostano molto da quelle adottate nella guida sulla neve,riassumibili essenzialmente due punti fondamentali: in pri-mo luogo occorre evitare manovre brusche, sia in fase di ac-celerazione che in frenata, mentre in secondo luogo è indi-spensabile mantenere un’andatura costante (la velocità disicurezza in questo caso non deve superare i 50 Km/h.). L’unico parametro che si diversifica nella guida con le cate-ne, riguarda la pressione dei pneumatici che (diversamentea quanto accade sulla neve in assenza di catene) non dev’es-

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sere diminuita; disponendo inoltre di una pompa elettrica a12 V è consigliabile incrementare leggermente la pressione (1atm.) per assicurare una migliore presa alle catene.Un quesito importante che si pone in questo caso è rappre-sentato da quante catene montare poiché su un veicolo 4x4,diversamente da quanto avviene su un’auto normale, la tra-zione è comunque (sia essa permanente o inseribile) inte-grale.La soluzione migliore sarebbe ovviamente quella di poter di-sporre di due coppie di catene in maniera tale da montarlesu tutte e quattro le ruote, ma problemi tecnici e di spazio,nonché di ordine economico (un solo paio di catene per unfuoristrada costa mediamente attorno alle 300 mila lire), li-mitano praticamente la disponibilità a una sola coppia.La scelta obbligata riguarda naturalmente l’asse posterioreche, sulla maggior parte dei modelli, è quello sul quale il mo-tore scarica la maggiore coppia; questa soluzione si rivelaparticolarmente utile nella marcia in salita, ma nei casi in cuiè richiesta una notevole potenza e si affonda sull’acceleratore,l’avantreno tende a perdere leggermente aderenza e anchela direzionalità può essere sensibilmente penalizzata. Per ot-timizzare l’utilizzo delle catene è buona norma, dopo averpercorso alcune centinaia di metri, fermarsi e serrare ulte-riormente le maglie che (in fase di assestamento attorno aipneumatici) potrebbero disporsi in maniera non omogenea ri-spetto alla superficie del battistrada.Avanzando con le catene, le ruote posteriori scavano la su-perficie della neve fin quasi ad arrivare a mordere il terrenosottostante, mentre si il manto nevoso è molto spesso e glistrati più profondi sono ghiacciati, è lo stesso ghiaccio ad of-frire un valido ancoraggio alle ruote.Nel caso ci si dovesse trovare a percorrere dei tratti in disce-sa a pendenza molto elevata, è consigliabile fermarsi e spo-stare le catene dalle ruote posteriori a quelle anteriori; que-sto accorgimento, oltre a rivelarsi fondamentale per mante-nersi sempre entro il perimetro della carreggiata, assicuraanche un maggiore margine di sicurezza in caso di frenata (daevitare sulla neve quando non si montano le catene).Montando le catene su tutte e quattro le ruote il veicolo teo-ricamente riesce a superare qualsiasi tipo di difficoltà e an-che l’eventualità delle “spanciate” è ridotta al minimo; l’unico

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limite è rappresentato (soprattutto nella marcia in salita) dal-l’accumulo di neve davanti al muso della macchina che, nonavendo il cuneo in dotazione agli spartineve, può creare unavera e propria barriera sul radiatore arrivando persino a pre-giudicare il sistema di raffreddamento.Lontano dalle distese innevate, le catene si rivelano utili an-che in presenza di fango e, in alcuni casi, su alcuni partico-lari tipi di sterrato. In queste situazioni è superfluo sottolineareche l’utilizzo delle catene è limitato esclusivamente all’attra-versamento di tratti molto ridotti, il cui superamento risultipraticamente impossibile in condizioni normali; guidandoinfatti con le catene su terreni sterrati, aumentando la velo-cità il veicolo perde progressivamente aderenza mentre, seil fondo è molto duro le sollecitazioni meccaniche sono notevolie le catene possono anche spezzarsi. Del tutto inutili risultanoinvece nella guida nel deserto poiché, venendo a scavare lasabbia, provocherebbero un rapido affossamento della vetturache rimarrebbe inesorabilmente bloccata.Un ultimo dato, particolarmente importante ai fini della si-curezza, riguarda infine lo spazio di frenata su superficighiacciate. Accurati test di laboratorio hanno dimostrato checon l’adozione di pneumatici da neve lo spazio di frenata (ri-spetto a quello registrato con normali pneumatici per fondiasciutti) si contrae di appena il 10%, mentre con il montag-gio delle catene questo spazio si riduce del 50%.

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GUIDARE SULLA SABBIA

Tra le varie situazioni che costituiscono gli scenari naturali chevedono protagonista i fuoristrada, una delle più affascinan-ti è rappresentato senz’altro dalla sabbia. Alzi la mano chi, tra i driver a trazione integrale, non ha so-gnato almeno una volta di avventurarsi tra le sconfinate di-stese del Sahara. O non ha subito il fascino evocato dalle im-magini di viaggi avventurosi effettuati attraverso i desertidell’Asia, dell’Australia o dell’America Latina.Fascino ulteriormente esaltato, soprattutto negli ultimi an-ni, dal successo di alcune manifestazioni agonistiche legateagli sport a motore sulle piste sahariane, come la chiacchie-rata Parigi-Dakar o il Rally dei Faraoni.La guida sulla sabbia, analoga per alcuni aspetti a quella sulfango e ai terreni cedevoli in genere, richiede una serie diprecauzioni indispensabili da adottare per poter avanzarecon una certa tranquillità, nonché di alcuni accessori per trar-si d’impaccio nelle situazioni d’emergenza.Prima di esaminare in dettaglio i vari argomenti è doverosatuttavia una breve digressione sulla consistenza assunta dal-la sabbia che, in funzione della variabilità delle condizioniatmosferiche e della sua composizione, può essere durissimacome l’asfalto o finissima e impalpabile come il borotalco (fe-ch-fech). La consistenza assume un ruolo fondamentale nelsostentamento della vettura per cui è bene abituarsi a di-stinguere già a vista le varie differenze esistenti tra i varibanchi di una distesa sabbiosa o di una duna.Per i piloti più consumati, abituali frequentatori di piste saha-riane e chott maghrebini, può a volte essere sufficiente giàun’occhiata per stabilire la consistenza della sabbia: solita-mente i tratti più solidi, in grado di sostenere adeguatamen-te anche un veicolo di notevoli dimensioni, presentano unasuperficie più lucida (oltre ad avere una granulazione piùmarcata) rispetto alla sabbia fine. Analogamente a quantoavviene con la neve in montagna, anche nel caso della sab-bia inoltre va rilevato che la sua consistenza è maggiore sui

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dossi e in corrispondenza delle superfici sommitali dei rilie-vi; in queste zone infatti il vento svolge una costante azionedi “pulizia”, spingendo a valle gli strati più superficiali disabbia soffice (che si accumula soprattutto nelle conche enegli avvallamenti), favorendo la permanenza degli stratiprofondi più solidi e resistenti.Nel caso dell’attraversamento di conche sabbiose è richiestaun’ulteriore dose di prudenza poiché, essendo la maggiorparte delle vie d’uscita in salita, rimanere intrappolati nellasabbia soffice può costituire un’insidia particolarmente te-mibile. Soprattutto in considerazione del fatto che, aumen-tando l’inclinazione del terreno, si incrementa progressiva-mente anche il carico sull’assale posteriore; questa situazio-ne viene a sommarsi al notevole sforzo cui sono sottoposti ipneumatici posteriori per spingere la macchina in salita che,nel tentativo di “mordere” la sabbia, finiscono spesso perscavare la superficie della duna fino a causare l’arresto del vei-colo per insabbiamento.In questo caso è necessaria una semplice manovra di retro-marcia e si esce senza problemi dalla morsa della sabbia,mentre in discesa le difficoltà sono decisamente minori (an-che in caso di forte pendenza), ma una volta attraversato undeterminato tratto è praticamente impossibile tornare indie-tro seguendo lo stesso tragitto.È importante inoltre affrontare i tratti caratterizzati da disli-velli molto accentuati sempre ad un’andatura abbastanza so-stenuta in maniera tale il veicolo riesca ad avanzare soprat-tutto in funzione della sua energia cinetica; in questo modolo sforzo esercitato dalle ruote è assai più contenuto e le gom-me non si ritrovano a scavare la sabbia. Premesso che anche sulla sabbia, come in molte altre situa-zioni legate ai fondi con scarsa aderenza, è preferibile adot-tare una guida abbastanza tranquilla, priva di brusche ac-celerate, frenate improvvise e violente sterzate, il parametrofondamentale è rappresentato dalla velocità di galleggia-mento. Questo termine esprime in pratica l’andatura neces-saria a mantenere quella particolare situazione dinamica gra-zie alla quale il veicolo viene a comportarsi come fosse unhovercraft, galleggiando quasi sulla sabbia; per raggiungere(e mantenere) un’ottimale velocità di galleggiamento è indi-spensabile che vengano rispettate alcune condizioni essen-

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ziali legate sia alle caratteristiche intrinseche del veicolo (pe-so, velocità e potenza del motore) che alla sezione dei pneu-matici (i più adatti alla guida sulla sabbia sono quelli a sezioneallargata, sgonfiati anche fino al 50% rispetto ai valori nor-mali). Particolare attenzione richiede anche la partenza da fermo, pervia della tendenza delle ruote a scavare, e la marcia miglio-re in questo caso è rappresentata dalla seconda o dalla terzaridotta, evitando nel modo più assoluto di far slittare le ruo-te o la frizione.Una volta in marcia, occorre mantenere una velocità costan-te e la più possibile adeguata alla potenza del motore e allamassa complessiva del veicolo, evitando sia inutili cambi imarcia che sterzate improvvise; queste ultime, infatti, si ri-percuotono negativamente sia sulle ruote anteriori, che agi-scono da freno, sia su quelle posteriori che (sottoposte aduno sforzo maggiore per far avanzare il veicolo) tendono adesaltare l’azione scavante sulla sabbia. Accelerando ulte-riormente, le ruote possono sprofondare fino agli assali cau-sando l’arresto immediato del veicolo.La tattica migliore per avanzare in assoluta tranquillità, ol-tre a mantenere un’andatura la più costante possibile, (non-ché adeguata alla velocità di galleggiamento) è rappresenta-ta dal massimo sfruttamento delle condizioni dello strato piùsuperficiale della sabbia; questo risulta estremamente mu-tevole in base alle condizioni ambientali di umidità e tem-peratura, per cui vanno evitate le ore più calde e assolate,mettendosi in marcia nelle prime ore della giornata quandol’umidità della notte o il sole, non ancora alto, rendono piùconsistente il terreno; una condizione analoga si verifica an-che nel tardo pomeriggio quando la sabbia, raffreddandosi,acquista una consistenza maggiore e offre un miglior anco-raggio a qualsiasi tipo di pneumatici.Tra i fattori ambientali inoltre, non dev’essere trascurata l’a-zione del vento che, soprattutto lungo le piste sahariane, puòspuntare da un momento all’altro dando luogo alle temibilitempeste di sabbia, durante le quali conviene arrestarsi conil motore collocato nella stessa direzione del vento. Ciò im-pedisce alla sabbia di infiltrarsi tra le delicate strutture delmotore che, seppur adeguatamente protette, sono assai vul-nerabili all’azione corrosiva dei granelli di sabbia; può rive-

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larsi utile in questi casi l’adozione di uno speciale filtro d’a-ria a secco con scarico ad alta turbolenza o, in alternativa,spalmare di grasso il lato interno della superficie metallicache racchiude il filtro (i granelli i sabbia, trascinati dal vor-tice d’aria attorno al filtro, si depositeranno sullo strato digrasso evitando di finire nel carburatore). Inoltre in una gior-nata ventosa non bisogna assolutamente mettersi in marcianella direzione in cui soffia il vento per non correre il rischiodi bruciare la guarnizione della testata a causa dello scarsoraffreddamento del motore.Da non sottovalutare inoltre anche la presenza dei solchi pre-senti lungo le piste sabbiose, formati generalmente dal pas-saggio di veicoli pesanti (rappresentati soprattutto dai ca-mion) che attraversano le principali direttrici africane.Se possibile è preferibile viaggiare in fuoripista, astenendo-si soprattutto dall’avanzare a ridosso della gobba centrale;si evita così il rischio di cadere all’interno dei solchi o di span-ciare dopo aver strisciato ripetutamente con il fondo dellamacchina, ritrovandosi con le ruote sospese nel vuoto.Tra gli accessori più utili per le situazioni d’emergenza, nonpossono mancare a bordo dei veicolo le tradizionali piastre an-tisabbia in acciaio zincato perforato (o in allumino), utilizzatenelle operazioni belliche nel deserto fin dall’epoca del se-condo conflitto mondiale.Prima di posizionare la piastre sotto le ruote è consigliabilescavare delle mini rampe di accesso per agevolare le ruote asalire sulla superficie metallica, assicurandosi inoltre che il fon-do del veicolo sia completamente libero dalla sabbia. Unavolta raggiunto un tratto con una buona consistenza, dove cisi possa fermare senza il rischio di bloccarsi, si può procedereal recupero delle piastre; a tale proposito è consigliabile se-gnalare sempre la loro presenza sulla pista (i ripetuti tenta-tivi di sbloccare il veicolo potrebbe averle quasi interamentericoperte di sabbia) oltre a premunirsi con un paio di guan-ti da lavoro per maneggiarle senza ustionarsi le mani (il me-tallo diventa rovente sotto alcune ore di esposizione sotto ilsole del deserto).In alternativa alle piastre perforate si possono utilizzare an-che le scalette (decisamente più agevoli nel trasporto) o lestuoie antisabbia (più economiche ma meno affidabili); neicasi estremi, non disponendo di alcun tipo di accessori, si

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può ricorrere a rami, sassi, ai tappetini dell’auto o alla ruo-ta di scorta.Per un buon margine di sicurezza, oltre alle piastre metalli-che, non dovrebbero mai mancare a bordo (soprattutto incaso di raid molto impegnativi) una robusta pala, una bindain grado di assicurare un’ampia escursione e una pompa a 12V munita di manometro per ripristinare la pressione dei pneu-matici; sui veicoli provvisti di verricello, infine, può rivelar-si utile un’ancora da sabbia in grado di assicurare un validopunto di aggancio anche in assenza di alberi o massi.

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VIAGGIARE IN SICUREZZA

L’automobile, divenuta ormai un bene di consumo a prova diqualsiasi crisi economica, si è trasformata negli ultimi anniin un complemento indispensabile della vacanza grazie al-l’estrema mobilità che assicura in qualsiasi tipo di viaggio. Adestendere ulteriormente la diffusione dell’automobile in viag-gio ha contribuito sensibilmente anche la formula del “fly &drive”, adottata da anni sui maggiori circuiti internazionali,che consente di ritirare qualsiasi tipo di veicolo (fuoristradacompresi) una volta giunti a destinazione in aereo, in ogni an-golo del mondo.Nel caso dei fuoristrada, inoltre, anche la nuova moda deiraid avventurosi ha incrementato sensibilmente la percen-tuale degli spostamenti in macchina nel periodo delle va-canze, sia nel caso delle destinazioni europee che per le me-te sahariane del bacino mediterraneo e dell’Africa centrale.Ma il fuoristrada, oltre ad essere un veicolo a trazione inte-grale in grado di affrontare sterrati, deserti e mulattiere im-possibili, è anche un veicolo utilizzato per circolare sulle nor-mali strade e autostrade per cui, ai fini della sicurezza, ri-chiede nella guida le stesse attenzioni e le medesime pre-cauzioni adottate quando ci si trova al volante di una comu-ne automobile. Oltre alle varie condizioni specifiche dei vari utilizzi off-road(sabbia, fango, sterrato, guado, etc.), è consigliabile quindiapprofondire anche quelle comuni situazioni legate alla tra-dizionale circolazione ordinaria. Prima di prendere in esame le problematiche connesse con laguida di un fuoristrada impegnato su un tragitto più o me-no lungo, va sottolineato che anche il tipo di veicolo utilizzatosvolge un ruolo non trascurabile ai fini della sicurezza; so-prattutto in funzione del fatto che uno dei maggiori pericoliche insidia il viaggiatore a trazione integrale è rappresenta-to dalla stanchezza che, solitamente, sopravviene nel corsodi lunghe maratone automobilistiche.Le 4x4 di piccola e media cilindrata sono, ovviamente, pe-

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nalizzate rispetto ai modelli più potenti, non soltanto per il ti-po di andatura più tranquilla che impongono, e che spesso in-staura nel guidatore e nei passeggeri quella noia che quasisempre costituisce un ideale terreno di coltura per l’insor-genza della stanchezza, ma anche per il tipo di prestazioni ge-nerali offerte dal mezzo.Una modesta scorta di cavalli, infatti, non sempre assicuraquello spunto o quel brio provvidenziali nei sorpassi, o inalcune situazioni d’emergenza, e anche le condizioni dicomfort offerti dalle sospensioni e dalla tenuta di strada pos-sono rivelarsi carenti e rendere ancora più disagevole unviaggio già abbastanza impegnativo per lunghezza e condi-zioni ambientali.Nel caso di fuoristrada di grossa cilindrata invece i vantag-gi sono molteplici poiché, oltre a consentire percorrenze gior-naliere notevoli, offrono spazio sufficiente sia per l’equipag-gio che per i bagagli.Per quanto riguarda il comfort offerto dagli moderni fuori-strada, nonostante diversi modelli attualmente in produzio-ne abbiano in gran parte perso quel carattere spartano e po-co confortevole che li caratterizzava fino ad alcuni anni fa, vaconsiderato che i 4x4 utilizzati nei raid impegnativi (soprat-tutto nel deserto) sono ancora quelli meno accessoriati e fri-voli. Per questo richiedono un certo impegno nei viaggi mol-to lunghi e su fondi particolarmente sconnessi dove i conti-nui sobbalzi possono creare microtraumi ai dischi interver-tebrali, o un certo affaticamento ai polsi su quei modelli nonequipaggiati con servosterzo.Ma qual è il pericolo maggiore quando si viaggia in auto? Equali sono i fattori maggiormente condizionanti nel corso diun raid? Vediamo come si affronta una maratona chilometricalungo le strade di tutti i giorni.Il principale nemico per chi siede al volante durante un lun-go viaggio è rappresentato dalla stanchezza che, inevitabil-mente, si manifesta quando ci si trova alla guida da molteore, ed è legata sia alla monotonia derivante dal persistere del-la posizione seduta che dallo sforzo di concentrazione ne-cessario per mantenere sempre viva l’attenzione.Nei viaggi di lunga durata è buona norma non rimanere maial volante per più di 3/4 ore consecutive, fermandosi ogniqualvolta ci si renda conto che la fatica stia per prendere il so-

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pravvento, senza ostinarsi nel proseguire a ogni costo, néimponendosi di strafare.A volte, per combattere o allontanare momentaneamente lastanchezza non sono indispensabili lunghe e interminabilisoste, ma è sufficiente spezzare la monotonia di un paesag-gio troppo ripetitivo con brevi e frequenti soste; neancheschiacciare il classico pisolino può essere determinante, mapuò bastare fare quattro passi, sgranchirsi un po’ le gambeo semplicemente leggere un giornale per ripartire con unanuova carica. Se proprio si casca dal sonno anche una dor-mita di una mezz’ora può rivelarsi estremamente tonifican-te.Per quanto riguarda le ore migliori per la guida va precisatoche non esiste una regola fissa, valida in tutte le situazionie applicabile ad ogni guidatore, a causa delle numerose va-riabili legate alla resistenza personale e al tipo di percorso. In-dubbiamente le ore notturne, sia per la diminuzione del cam-po visivo che per la stanchezza già accumulata nel corso diun’intensa giornata di viaggio, sono forse le meno indicate perproseguire un viaggio molto lungo, soprattutto se si è al vo-lante dalle prime ore del mattino.L’unica condizione cui attenersi, quando possibile, in meri-to alle ore più adatte a mettersi in marcia, riguarda la guidain quelle zone dal clima particolarmente caldo e afoso.Andrebbero evitate le ore più calde della giornata, tra mez-zogiorno e il primo pomeriggio, o comunque quegli sposta-menti che costringano a viaggiare con il sole frontale, pro-cedendo ad esempio al mattino verso est o al pomeriggio ver-so ovest. La luce accecante del sole, infatti, costringe gli oc-chi ad uno sforzo prolungato che può esitare in una fasti-diosa lacrimazione, oltre a diminuire la profondità del cam-po visivo.Da non sottovalutare anche i tempi di adattamento al buiodella pupilla quando, viaggiando in condizioni di luminositàmolto intensa, ci si trovi di fronte a una galleria molto lun-ga e/o scarsamente illuminata; in questi casi è consigliabiletogliere gli occhiali da sole (da preferire i modelli con lentimolto scure) pochi istanti prima di entrare in galleria, met-tendoli di nuovo in prossimità dell’uscita, quando già si in-travede l’apertura del tunnel dalla parte opposta.Per quanto riguarda i fattori condizionanti il globe-trotter al

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volante impegnati in un raid, svolgono un ruolo notevole aifini della salvaguardia della salute (e quindi della sicurez-za) anche la presenza del servosterzo, del cambio automati-co, di fari potenti, del condizionatore d’aria e la stessa posi-zione di guida adottata non dev’essere sottovalutata.Il servosterzo è quel meccanismo che, mediante un disposi-tivo idraulico, alleggerisce notevolmente il volante riducen-do al minimo lo sforzo necessario per ruotarlo a ogni cam-biamento di direzione e, soprattutto, nelle manovre di par-cheggio. Sulle attuali vetture fuoristrada questo accessorio,oltre ad essere presente sulla maggior parte dei modelli incircolazione, è costituito da una serie di meccanismi moltosofisticati rispetti a quelli di alcuni anni fa e svolgono la lo-ro funzione senza togliere il gusto della guida o diminuireeccessivamente la sensibilità sul volante. È naturale quindi che una 4x4 dotata di idroguida affaticheràassai meno il guidatore impegnato in un lungo viaggio, so-prattutto nel lavoro delle articolazioni delle mani e dei polsi. Un discorso analogo vale anche per il cambio automatico (di serie su tutti i veicoli off-road presi a nolo negli Stati Uni-ti, in Canada e in alcuni paesi molto industrializzati dell’E-stremo Oriente) che però penalizza leggermente la motilitàdella gamba sinistra, solitamente impegnata con la frizione.A tale proposito va ricordato che, nelle brevi soste effettua-te nel corso di un lungo viaggio, è opportuno fare anche unpiccola camminata poiché la lunga posizione seduta può in-durre una stasi venosa a livello degli arti inferiori accompa-gnata da piccole fitte e formicolii che, nei casi più gravi, pos-sono esitare anche nell’insorgenza di crampi muscolari. La pre-senza di fari molto potenti migliora la visibilità notturna eaffatica assai meno la vista, soprattutto se piove e l’asfalto ètrasformato in una lucida lavagna nera che assorbe anche leluci più intense.Un discorso a parte merita la presenza a bordo di un condi-zionatore d’aria. Ritenuto indispensabile nei climi torridi etropicali, può rivelarsi molto insidioso per la salute poichéassai spesso, soprattutto quando si è accaldati, si tende a re-golarlo sui valori della massima potenza sottoponendo l’or-ganismo a notevoli escursioni termiche. In pieno deserto oai tropici, dove il caldo è reso ancora più insopportabile dal-l’intensa umidità, si è spesso sudati o comunque accaldati

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per cui salendo in macchina e accendendo al massimo il con-dizionatore, si rischia di prendere qualche malanno che, aseconda dei casi, possono andare dal banale raffreddore ai col-pi d’aria con ripercussioni muscolari o nevralgiche. Anchegli spifferi d’aria possono insidiare la salute del guidatore edei passeggeri, specie quando si viaggia in zone desertiche.A volte, infatti, per alleviare i disagi del caldo ci si bagna latesta o i vestiti (abitudine molto diffusa tra i fuoristradistisahariani) lasciando completamente aperti i finestrini del-l’auto e incuranti delle correnti d’aria. Il giorno dopo ci si ri-trova in preda a un violento raffreddore che, in pieno deser-to e con una temperatura prossima ai 50° C, è un’esperien-za tutt’altro che piacevole.La posizione di guida, infine, dev’essere la più confortevolepossibile e, nel caso di un fuoristrada preso a nolo, la più vi-cina a quella cui si è abituati normalmente. Arretrare ade-guatamente il sedile e reclinare lo schienale in maniera taleche le braccia siano completamente distese (per migliorarela circolazione), mentre nei climi caldi può essere utile met-tere un asciugamano di spugna dietro la schiena (in alter-nativa può andare benissimo una t-shirt infilata sul sedile).Se la giornata è molto assolata, oltre ad adottare un paio diocchiali molto scuri (meglio se a specchio) è consigliabile ab-bassare entrambi i pannelli parasole che si rivelano utili an-che nell’attenuare il fastidioso riverbero di luce presente al-l’orizzonte, riducendo così l’affaticamento della pupilla.

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GUIDARE LUNGO I SOLCHI

Tra le varie problematiche legate alla guida in fuoristrada visono alcune particolari situazioni scaturite dalla conformazioneambientale che, seppur con alcune lievi sfumature, possonoritrovarsi nelle più disparate condizioni di utilizzo di una 4x4(sterrato, fango, pietraia, etc.).Tra gli elementi nei quali ci si imbatte con ricorrente fre-quenza, soprattutto lungo le mulattiere dell’arco alpino o al-le pendici della dorsale appenninica, uno dei più temibili peri driver a trazione integrale è rappresentato senz’altro daisolchi disseminati lungo la pista.La presenza dei solchi può rilevarsi inoltre particolarmente in-sidiosa anche per l’eventualità di danni arrecati al veicolo,soprattutto nelle fiancate laterali e negli angoli di attacco euscita, per cui il loro attraversamento richiede una serie diprecauzioni alle quali è bene attenersi sia viaggiando da so-li che al seguito di un convoglio.Prima di entrare nel merito della questione, è opportuno unabreve digressione per meglio mettere a fuoco i vari tipi disolchi presenti lungo i percorsi. La prima distinzione fonda-mentale da fare è quella della classificazione dei solchi indue tipi principali: trasversali e longitudinali.Nel primo caso il solco attraversa la pista in senso perpendi-colare rispetto a quello di marcia, mentre nel secondo caso so-no praticamente allineati alla carreggiata e ne seguono l’an-damento; i solchi longitudinali, inoltre, possono suddivider-si ulteriormente in solchi paralleli e solchi unici.I solchi trasversali (nella maggior parte dei casi sono isola-ti) sono formati soprattutto dal passaggio sulla carreggiata dipiccoli corsi d’acqua; questi, alimentati dalle acque di disge-lo (frequenti nella tarda primavera), o dall’accumulo idrico chesi verifica in seguito ad intense precipitazioni, possono inci-dere in maniera profonda il terreno.I solchi longitudinali paralleli, abbastanza frequenti suglisterrati ricoperti di ghiaia (o comunque con fondo morbido epiuttosto friabile) sono formati dai ripetuti passaggi dei vei-

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coli che, rimuovendo lo strato più superficiale dello sterrato,hanno provocato due solchi la cui profondità aumenta pro-gressivamente in funzione del passaggio (e del peso) dei vei-coli transitati. Soprattutto in alcune zone rurali dove, in se-guito alla circolazione di trattori e macchine agricole, ci sipuò imbattere in solchi longitudinali molto profondi che, inalcuni casi, possono dar luogo anche alla formazione dei fa-migerati “binari” che rappresentano uno dei rischi maggio-ri (e pericolosi) quando si è alle prime armi.I solchi unici, noti anche come solchi a “V”, si riscontranosoprattutto lungo le mulattiere e i sentieri di alta montagna,dove le condizioni ambientali sono caratterizzate da frequentie violenti acquazzoni; la continua erosione esercitata dal-l’acqua provoca in questo caso una vera e propria voraginenella parte centrale della pista che, nei casi limite, può arri-vare ad una profondità superiore ad un metro.Esaurita l’analisi dei vari tipi di solchi, vediamo quali sono lemodalità più idonee di guida per affrontarli, oltre ad esami-nare alcuni interventi pratici da adottare e l’eventuale utiliz-zo di accessori utili (o indispensabili) per cavarsela al me-glio nella maggior parte delle situazioni.Nell’attraversamento di un solco trasversale, analogamentea quanto avviene nel superamento di un fossato, il veicolo de-ve essere posto in posizione obliqua (ca. 45°) rispetto allalinea tracciata dal solco. In pratica occorre individuare il mi-glior angolo di approccio possibile e ed impostare la traiettoriaaffinché le ruote dei veicolo entrino una alla volta all’inter-no del solco, in maniera tale da lasciare fuori le altre tre. En-trando nel solco in posizione frontale, con le due ruote an-teriori perpendicolari alla depressione scavata nel terreno, sicorre il rischio di cadere con le ruote anteriori all’interno delsolco, rimanendo completamente bloccati sia in fase di avan-zamento che nelle manovre di retromarcia (situazione ulte-riormente aggravata se il telaio, o altre parti della carrozze-ria, vengono a toccare con il fondo del terreno).Per quanto riguarda i solchi longitudinali paralleli è necessariodistinguere sue situazioni-tipo fondamentali, rappresentatedagli sterrati con buona aderenza e dalle piste il cui fondo èricoperto da uno strato più o meno profondo di fango. Nelprimo caso la marcia all’interno dei solchi (la cui profonditàè in genere contenuta) può risultare più agevole in quanto

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lo strato superficiale, ripulito dalla ghiaia e dal pietrisco inseguito al transito dei veicoli, offre un’aderenza migliore ri-spetto alla superficie presente ai margini della carreggiata oal centro di essa nel caso si intenda procedere “a cavallo” delsolco.Quest’ultimo tipo di andatura si rivela invece efficace nel ca-so della marcia lungo solchi fangosi, o comunque partico-larmente profondi e impegnativi, e richiede una tecnica ab-bastanza semplice che non implica un’eccessiva perizia.È sufficiente allineare il veicolo ai solchi longitudinali po-nendo due ruote dello stesso lato (la scelta varia ovviamen-te in funzione degli spazi disponibili ai lati della carreggiata)sul dosso centrale che separa i due solchi e quelle controla-terali sulla parte opposta all’esterno di uno dei due solchi.Questa tecnica, seppur apparentemente semplice nella suaattuazione, richiede tuttavia grande attenzione poiché l’e-strema variabilità dell’ampiezza dei solchi rende altrettantomutevole la larghezza dello strato di terreno presente tra isolchi; nel caso lo spazio disponibile si riducesse oltre il limitedi sicurezza può accadere, a causa del peso del veicolo o diun’elevata friabilità del fondo, che il terreno ceda e il veico-lo sprofondi inevitabilmente all’interno di uno dei due solchi.O peggio ancora venga trascinato all’interno di entrambi isolchi, “spanciando” con il fondo sul dosso centrale. Questasituazione è abbastanza frequente quando la pista è rico-perta di fango e può verificarsi soprattutto in presenza diuna forte pendenza (sia in salita che in discesa).Se non c’è alcuna possibilità di procedere a cavallo dei solchi,o il fondo sdrucciolevole riporta sempre le ruote al loro interno,non rimane che rassegnarsi ad avanzare lungo i solchi stes-si. I rischi maggiori si incontrano viaggiando in convogliopoiché il ripetuto passaggio di molti veicoli nello stesso pun-to tenderà a scavare solchi sempre più profondi; in brevetempo, anche quello che sembrava un passaggio poco impe-gnativo può trasformarsi in un tratto estremamente com-plesso e difficile da superare.La macchina in queste condizioni è praticamente ingoverna-bile per quanto riguarda la direzionalità e avanza come sefosse su dei binari: le ruote sono completamente ricoperte difango e non serve a niente sterzare violentemente nel tenta-tivo di uscire dai solchi fangosi. Questa manovra inoltre

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dev’essere completamente evitata, sia perché è del tutto inu-tile ai fini di abbandonare il tracciato dei solchi e sia per il fat-to che il veicolo, una volta uscito dai solchi o tornato su unfondo con maggiore aderenza, potrebbe subire brusche e re-pentine deviazioni trovandosi con le ruote completamentesterzate su uno dei due lati.Nel caso dei solchi a “V” invece il superamento dei tratti piùdifficili avviene solitamente ponendo le ruote dei veicolo suentrambe le pareti laterali del solco, in maniera da evitare (oridurre al minimo) l’inclinazione laterale del veicolo. È ne-cessario, oltre a procedere con una certa cautela, evitare di sa-lire troppo su uno dei due lati del solco, per impedire che il vei-colo si ritrovi intrappolato contro una parete dell’avvalla-mento, limitando inoltre al minimo i movimenti bruschi sul-lo sterzo; questa manovra, infatti, oltre al rischio di far sci-volare (e bloccare) l’auto contro la scarpata, espone ancheal pericolo di urtare la fiancata contro eventuali ostacoli co-me ad esempio un albero o una parete rocciosa.È fondamentale inoltre, prima di affrontare passaggi del ge-nere, accertarsi che vi sia a monte la possibilità di poter avan-zare ulteriormente una volta superato il solco o, in alterna-tiva, che si sia almeno lo spazio sufficiente per poter inver-tire la marcia. A tale proposito ricordiamo che anche nel ca-so dei solchi, come in altre situazioni di guida offroad, ri-sulta fondamentale un sopralluogo a piedi per ispezionare ipunti più difficili del percorso.Tra gli interventi pratici da adottare per agevolare il transitoin presenza dei solchi può rivelarsi utile, soprattutto quandoil veicolo dovesse trovarsi bloccato o comunque in condizio-ni precarie, riempire i solchi con dei sassi o con altri materialidi fortuna (arbusti, rami, pezzi di legno, etc.). Questo accor-gimento può essere efficace anche in caso di twist, che nonè il mitico ballo degli anni Sessanta, né un ostacolo natura-le dovuto alla conformazione del territorio. Il twist rappre-senta invece quella particolare situazione nella quale, primao poi, ogni fuoristradista è costretto ad imbattersi quando èimpegnato nella guida su fondi particolarmente accidentati ein presenza di solchi. Si tratta in pratica della singolare po-sizione che viene ad assumere il veicolo quando si ritrova“sospeso” in aria con due ruote diagonalmente opposte com-pletamente staccate dal suolo. Questa condizione può in-

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staurarsi sia attraversando trasversalmente un solco moltoprofondo sia, nel corso di un tragitto abbastanza rettilineo,oltrepassando una progressione continua di dossi elevati e bu-che accentuate. Nel twist le ruote rimaste a terra risultanopraticamente senza alcuna trazione, poiché i differenzialitendono a trasferire la potenza sulle ruote nelle quali è di-minuita l’aderenza, e il veicolo si ritrova bloccato. È oppor-tuno quindi affrontare questi tratti con un minimo di velocitàper oltrepassare la zona soggetta al rischio di twist; nel casosi dovesse tuttavia rimanere appollaiati sulle ruote, e nean-che l’apposizione di massi all’interno dei solchi riesce a ri-solvere la situazione, non rimane che farsi trainare da unsecondo veicolo (nessun problema ovviamente per i 4x4 equi-paggiati con il blocco totale dei differenziali).Tra gli accessori che possono rivelarsi utili per affrontare nelmigliore dei modi i tratti interessati dalla presenza di solchi,può risultare provvidenziale inserire tra le dotazioni di bor-do un verricello e una serie di robuste corde di traino abbi-nate ad un argano manuale; per sollevare il veicolo infine,oltre ad una binda, una delle soluzioni più pratiche è rap-presentata dal pallone pneumatico (tipo air-jack) che con-sente di alzare il veicolo in meno di un minuto su qualsiasitipo di terreno (fango, sabbia, neve, ghiaia, etc.) inserendoil tubo di gonfiaggio nel tubo di scarico.

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GUIDARE A VISTA

Tra le varie informazioni che un aspirante driver a trazioneintegrale dovrebbe conoscere, dopo aver appreso i rudimen-ti fondamentali della tecnica di guida, un ruolo tutt’altro chetrascurabile spetta indubbiamente alle nozioni relative all’o-rientamento. Come ben sanno infatti gli appassionati dellanavigazione nel deserto, la perfetta padronanza dell’uso del-la bussola e della lettura delle carte geografiche può a volterisultare fondamentale ai fini della buona riuscita di un viag-gio-avventura o di una spedizione transahariana.Ma a volte può capitare di ritrovarsi a “navigare” fuoripistaanche su alcuni percorsi dell’arco alpino o lungo le mulat-tiere disseminate a ridosso della catena appenninica, spe-cialmente quando si percorrono zone di alta montagna o sen-tieri poco battuti, lungo i quali persino i muli più coraggiosidegli alpini si rifiuterebbero di andare.Soprattutto in quest’ultimo caso, infatti, la scarsa circolazio-ne di veicoli accelera sensibilmente lo sviluppo della vegeta-zione che, abbinato alle prolungate precipitazioni accumu-late nella stagione invernale, viene a fagocitare ampi trattidi pista; all’improvviso ci si ritrova senza alcun punto di ri-ferimento e riuscire ad avanzare (anche senza i rischi di so-lito in agguato tra le dune del deserto o all’interno di unagiungla tropicale) può rivelarsi abbastanza problematico, so-prattutto quando si attraversano zone poco note o mai per-corse in precedenza.L’esempio più classico è rappresentato dalla pista che scom-pare in prossimità di una radura erbosa, situata sulla som-mità di un rilievo collinare o su un’ampia sella all’imbocco diuna vallata; le tracce scompaiono progressivamente nell’er-ba (attorno agli 800/1.000 metri di quota) e, nell’arco di po-che decine di metri, non si ha più alcuna scia da seguire. Inaltre situazioni le tracce della pista possono sparire a causadell’erba alta (evenienza molto frequente in tarda primave-ra e in estate), o perdersi all’interno del bosco tra cumuli difoglie e sterpaglia, o interrompersi bruscamente in prossi-

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mità di un corso d’acqua.Cosa si deve fare in questi casi per andare avanti? E comeriuscire a proseguire quando le stesse indicazioni fornite dalroad-book, per le mutate condizioni ambientali, non sonopiù attendibili?La prima cosa da fare, dovendo navigare a vista, è ovvia-mente quella di alzare il più possibile lo sguardo per cercaredi scoprire in lontananza eventuali tracce di pista ricondu-cibili a quella che si sta percorrendo, o la presenza di altrestrade alternative. È consigliabile salire su tetto dell’auto escrutare attentamente l’orizzonte con un binocolo o medianteil teleobiettivo montato sulla macchina fotografica. Ancheun sopralluogo a piedi, effettuato all’interno di un angolo di90 gradi lungo la traiettoria passante per il centro del cofa-no dell’auto, può rivelarsi utile per stabilire da che parte an-dare. Con l’ispezione a piedi, inoltre, si evita di invadere zo-ne prative o aree coltivate e, una volta rinvenute nuovamentele tracce della pista, si può scegliere il percorso migliore scon-finando il meno possibile fuoripista.In altri casi può rivelarsi utile anche seguire per brevi trattiil corso di un torrente, a patto naturalmente che la profonditàdell’acqua sia contenuta entro i limiti di guado del proprioveicolo e che la presenza di massi ed altri ostacoli lungo ilgreto sia tale da non compromettere la sicurezza di marcia,né insidiare la salvaguardia degli organi meccanici più espo-sti. In montagna infatti i torrenti intersecano spesso il trac-ciato di piste e mulattiere per cui è probabile che, prima opoi, si riesca a trovare qualche via da seguire.Nella navigazione a vista possono inoltre fornire prezioseindicazioni per l’orientamento sia la posizione del sole chela presenza di un altimetro (strumento che non dovrebbe maimancare tra le dotazioni di sicurezza a bordo del veicolo).Va precisato comunque che la valutazione della posizione delsole può rivelarsi utile nell’evenienza che si conosca molto be-ne la zona che si attraversa, oltre ad avere bene in mente lavisione topografica dei principali agglomerati urbani presentinei dintorni. Facendo riferimento infatti all’ultimo centro abi-tato attraversato, o comunque avvicinato, e conoscendo laposizione (o l’ubicazione approssimativa) di quello succes-sivo, ci si può riferire proprio alla posizione del sole; e in ba-se all’ora della giornata, scegliere la direzione ritenuta come

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la più indicata da seguire, a patto naturalmente che le con-dizioni meteorologiche non siano caratterizzate dalla pre-senza di nuvolosità intensa e persistente.Per determinare l’angolazione della rotta è possibile utiliz-zare come bussola anche un comune orologio da polso. Il

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procedimento, estremamente semplice e pratico, è sostan-zialmente riassumibile in due fasi principali: si posiziona l’o-rologio in maniera tale che la lancetta delle ore sia puntata nel-la direzione del sole, facendo molta attenzione nel tenere benfermo l’orologio, dopodiché si calcola all’istante la direzionedel nord, risultante dalla linea ottenuta idealmente sul qua-drante congiungendo il centro dell’orologio con l’ora corri-spondente alla metà di quella segnata dalla lancetta delle ore;per effettuare questo calcolo va tenuto presente che le ore sicontano da 0 a 24 per cui alle 10.00 del mattino la direzio-ne Nord corrisponde alla linea che passa dal centro verso le5 (10:2=5), mentre nel pomeriggio alle 16.00 il Nord passasulla linea delle 8.00 (16.00:2=8).Questo metodo, pur essendo alquanto approssimativo e su-scettibile di un certo margine di errore, ha il grosso vantag-gio di poter essere applicato in qualsiasi momento della gior-nata e (in mancanza di strumenti più sofisticati) assicura unorientamento di massima che, nel nostro caso, può fornireun valido aiuto.Per quanto riguarda invece l’altimetro, la sua presenza è fon-damentale per segnalare l’andamento altimetrico della zonache si sta attraversando nel caso le variazioni di quota fos-sero poco accentuate, o comunque non valutabili ad occhio nu-do. Se ad esempio le tracce della pista si perdono dopo aversuperato il passo più elevato presente lungo l’itinerario, ouna cresta in prossimità della quale inizia la discesa a fon-dovalle, risulta evidente che nel caso l’altimetro segnali un ul-teriore incremento di quota, si sta procedendo nella direzio-ne sbagliata.Nel caso i vari tentativi effettuati dovessero rivelarsi vani, eil sospetto di essersi smarriti diventa qualcosa in più di unasensazione, non rimane che tornare indietro fino ad un pun-to di riferimento preciso e facilmente riconoscibile, tenendosempre d’occhio i dati del road-book per evitare di allontanarsiulteriormente. Si può inoltre seguire a ritroso il road-bookfino alla prima deviazione e, avendo un po’ di tempo a di-sposizione, avventurarsi in un’altra direzione; registrandol’intero tragitto effettuato (completo di chilometraggi parzia-li e totale) si potrà inoltre ampliare sensibilmente anche l’i-tinerario originale, ottenendo informazioni utili per chiun-que volesse ripetere il percorso nella stessa zona.

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SALITE E DISCESE

Tra i molteplici aspetti riguardanti la pratica del fuoristrada,uno dei più emozionanti è rappresentato senz’altro dalla no-tevole escursione altimetrica offerta da alcuni itinerari. Nonè raro infatti, soprattutto a ridosso dell’arco alpino o lungo lacatena appenninica, che nel giro di poche decine di chilome-tri ci si ritrovi ad affrontare dislivelli notevoli assai impe-gnativi sia per il veicolo che per il pilota.Partendo da località di montagna situate attorno ai 1.000metri ci si può ritrovare, dopo appena alcune decine di chi-lometri di mulattiera, ad una quota prossima ai 3.000 metridopo aver superato pendenze da capogiro che, sia in salita chedurante la discesa, richiedono la massima attenzione.Ma la guida lungo salite e discese particolarmente impegna-tive può rappresentare un’evenienza abbastanza frequenteanche nell’ambito di rilievi collinari meno elevati (o addirit-tura in prossimità di zone costiere) per cui è buona norma,anche in questo caso, attenersi ad alcune indicazioni che po-tranno rivelarsi utili ai fini della sicurezza.Iniziamo ad esaminare cosa accade quando si affronta una sa-lita ripida a bordo del proprio fuoristrada. Come prima nor-ma, analogamente a quanto abbiamo visto in altre condizio-ni di guida, va sottolineato che la regola fondamentale daseguire è quella di effettuare un accurato sopralluogo a pie-di (è inutile arrancare per chilometri e chilometri e scoprire poiche non c’è alcun modo di proseguire, né alcuna possibilitàdi invertire la marcia).Una volta individuate le caratteristiche del percorso, e valu-tato il grado di difficoltà esistente, le precauzioni da adotta-re nella guida sono riconducibili a due modalità essenziali, rap-presentate dall’affrontare sempre la salita lungo la linea dimassima pendenza e dall’adozione della trazione integraleabbinata alle marce ridotte.La linea di massima pendenza, rappresentata da quella traiet-toria che solitamente coincide con la linea retta più breveestesa tra la base di partenza e quella sommitale di arrivo;

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muovendosi lungo questo tragitto, evitando rigorosamenteeventuali traiettorie diagonali, non si corre il rischio di ri-baltarsi lateralmente. È chiaro che in caso di necessità, comead esempio in corrispondenza di ostacoli naturali (buche,massi, tronchi, etc.), si dovrà necessariamente deviare suuno dei due lati della pista ma appena possibile occorre ri-portarsi subito lungo la linea di massima pendenza.Anche l’uso dello sterzo nel tentativo di evitare ostacoli do-vrà tuttavia essere ridotto al minimo poiché ogni interventosul volante, anche se appena accennato, tenderà a far per-dere aderenza alle ruote anteriori che risulteranno comun-que meno caricate (a causa dello spostamento del baricentrodel veicolo sull’assale posteriore).Per quanto riguarda la scelta dei rapporti, una volta inne-scate la trazione integrale e le ridotte, è consigliabile inseri-re una marcia molto bassa in grado di assicurare un buonmargine di aderenza evitando allo stesso tempo che le ruo-te girino a vuoto. La prima, a meno che la salita non sia mol-to lunga, è generalmente sconsigliabile poiché è preferibile

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avanzare ad una velocità leggermente sostenuta, per cui èmeglio utilizzare la seconda o la terza velocità.Questo, oltre a consentire di sfruttare anche una certa iner-zia del veicolo, permette una distribuzione più fluida e pro-gressiva della coppia alle ruote motrici. Una marcia troppobassa, infatti, non sempre assicura una ripresa del motoreche, oltre ad essere rapida e immediata, si mantenga entro ilimiti di regime di coppia massima.Non bisogna dimenticare che la scelta delle marce, nel casodi una salita molto impegnativa, è importante anche per ilfatto che, in caso di difficoltà, risulta poi praticamente im-possibile cambiare rapporto a causa della perdita di potenzanon appena si tocca la frizione.Un cenno a parte merita anche l’eventuale presenza di solchilungo la salita. In questo caso, anziché procedere a cavallo diessi (come è consuetudine sui terreni pianeggianti) è prefe-ribile avanzare entro i “binari” per evitare di sbandare. So-

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lo in caso di solchi particolarmente profondi occorre cercare,quando è possibile, percorsi alternativi per evitare di abbas-sare la minima distanza da terra fino a spanciare con il fon-do vettura sul terreno.Non meno impegnative delle salite ripide sono le discese poi-ché, in entrambi i casi, il rischio maggiore è rappresentatodall’intraversarsi del veicolo e dal conseguente rischio di ri-baltamento. Rispetto alla salita, pur mantenendo sempre latraiettoria lungo la linea della massima pendenza, il rischiodi andare fuori rotta è molto più frequente.Soprattutto quando si è costretti a deviare dal percorso pre-stabilito per aggirare gli ostacoli più impegnativi e la tenta-zione di toccare la frizione è sempre in agguato. Questa ma-novra deve assolutamente essere evitata in discesa poiché ilveicolo, in virtù del bloccaggio pressoché immediato delleruote, tende a scendere a valle con maggiore velocità fino adiventare quasi ingovernabile. L’unica manovra possibile inquesto caso, seppur apparentemente paradossale, è quella diaccelerare leggermente allo scopo di rimettere in tiro il veicoloe fare in modo che la velocità delle ruote torni ad eguagliarel’andatura del veicolo in discesa.A parte le varie affinità inerenti lo stile di guida adottato nel-le salite e nelle discese, la differenza sostanziale consisteproprio nel diverso uso dell’acceleratore, al quale va abbina-to anche un frequente ricorso al freno, per evitare che il vei-colo acquisti troppa velocità. La tecnica migliore in questi ca-si è quella di un utilizzo abbinato del freno (da azionare conil piede sinistro) e dell’acceleratore.Inizialmente ci vorrà un po’ di pratica, ma in seguito si ac-quista una discreta sensibilità nel modulare la frenata anchecon il sinistro, mentre il destro tiene in tiro le ruote.Anche in questo caso sono indispensabili la trazione inte-grale e le marce ridotte, utilizzando la stessa marcia che si use-rebbe in salita, mentre per quanto riguarda i solchi è megliomantenersi nei binari per evitare sbandate laterali.Un’ultima raccomandazione riguarda infine la corretta valu-tazione dell’angolo di attacco che ci si trova a dover affron-tare in fondo alla discesa: è importante stabilire corretta-mente l’angolazione presente tra la base del pendio e il pia-no sottostante, per evitare che il veicolo possa urtare per ter-ra con il paraurti una volta arrivati in fondo alla discesa.

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GLI OCCHI DELLA NOTTE

Con il ritorno dell’autunno le giornate iniziano ad accorciar-si sensibilmente, soprattutto con il ripristino dell’ora solareche riduce ulteriormente le ore di luce disponibili.Per avventurarsi lungo un sentiero alpino o una mulattierad’alta quota bisognerà quindi fare i conti con un’altra situa-zione molto particolare e delicata: la guida notturna. Questa evenienza, tutt’altro che rara nel corso di alcuni im-portanti raduni (nel cui calendario è prevista spesso una pro-va di navigazione notturna), può verificarsi a volte anche inalcune situazioni d’emergenza; è sufficiente infatti attardar-si troppo a lungo nella realizzazione di un itinerario, o per-dere molto tempo per superare ostacoli pressoché insor-montabili, o subire un rallentamento conseguente ad incon-venienti meccanici. In altre situazioni invece la guida notturna può costituire unalibera scelta, intrapresa nel tentativo di provare nuovi “bri-vidi” ed approfittare dell’occasione per sondare la propriaabilità di driver a trazione integrale. In entrambi i casi con-viene ripassare rapidamente alla moviola della memoria lamaggior parte delle tecniche di guida finora affrontate, ade-guandole a nuovi parametri.Ma come ci si comporta di notte alla guida di un fuoristrada?Quali sono le maggiori difficoltà cui si va incontro? E comesi affrontano le varie situazioni?Viaggiare di notte lungo un itinerario off-road rappresentaindubbiamente un’esperienza molto stimolante e, per certiversi, estremamente affascinante, ma le abituali insidie legatealle caratteristiche del percorso richiedono una dose supple-mentare di attenzione e prudenza.Il problema maggiore nella guida notturna, legato ovviamenteall’oscurità, è riconducibile essenzialmente alla riduzione delfascio luminoso che, per la natura e le difficoltà del terreno,non consente una corretta (e tempestiva) valutazione degliostacoli disseminati lungo la carreggiata e ai lati della pista.Ciò è dovuto essenzialmente al fatto che un 4x4 impegnato

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in fuoristrada si muove generalmente in condizioni di as-setto piuttosto precario che, in base alle asperità presenti,modifica continuamente la posizione del veicolo; è sufficienteinfatti salire su una roccia affiorante, scivolare all’interno diun solco molto profondo o avanzare lungo un tratto con for-te pendenza laterale per variare continuamente l’inclinazio-ne del fascio luminoso dei fari. Questi seguono in pratica i mo-vimenti del veicolo per cui risultano orientati, a seconda del-le peculiarità dell’itineraio, o verso il cielo o puntano sul ter-reno proiettando una luce che non riesce a spingersi oltre unmetro dal cofano. In entrambi i casi la visibilità è assai limi-tata e risulta molto problematico individuare per tempo glieventuali ostacoli presenti la cui rilevazione, inoltre, è stret-tamente legata anche alla posizione dei fari che equipaggia-no il veicolo: più sono collocati in basso, più lunghe risulta-no le ombre che si formano al minimo rilievo presente sulterreno; viceversa, più elevata è la posizione dei fari, più cor-te sono le ombre.Per ovviare a questo inconvenienti, alcuni fuoristradisti mon-tano una o più coppie di proiettori supplementari (solita-mente molto potenti) sul tetto del veicolo, migliorando sen-sibilmente la visibilità notturna; questa soluzione, pur age-volando in varie occasioni l’individuazione dei vari ostacolipresenti lungo il percorso, penalizza tuttavia la visibilitàquando c’è molta nebbia o, viaggiando in convoglio, in pre-senza dei polveroni sollevati dagli altri veicoli. La luce, ri-flessa dalla nebbia o dal pulviscolo, può abbagliare in questicasi il pilota riducendo ulteriormente la già precaria visibilità,fino a rendere praticamente impossibile la marcia. Per evi-tare problemi con il Codice della strada (i fari sul tetto, anchedisattivati, non sono regolamentari) è consigliabile comun-que montare i fari supplementari sul tetto solo durante leescursioni off-road; per semplificare i collegamenti con l’im-pianto elettrico si possono collegare tutti i fari ad un’unica spi-na da inserire nella presa dell’accendino.Assai utile può rivelarsi inoltre l’adozione di un faro sup-plementare girevole, da applicare in corrispondenza dellospecchietto retrovisore sinistro (azionabile facilmente dal po-sto di guida), che all’occorrenza può essere particolarmenteefficace anche per illuminare i lati esterni della pista o la zo-na posteriore nel corso delle manovre d’emergenza effettua-

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te in retromarcia.Avendo la possibilità di programmare per tempo un’escur-sione notturna piuttosto impegnativa, è opportuno procede-re ad un’adeguata regolazione dei fari abbassandoli il piùpossibile; in tal caso gli anabbagglianti puntano la pista an-che quando l’inclinazione del veicolo tenderebbe ad illuminarele cime degli alberi, mentre sui percorsi pianeggianti gli ab-baglianti funzioneranno in maniera ottimale.La luce artificiale rende comunque estremamente difficile siala valutazione delle distanze che la profondità di eventualibuche e solchi presenti sulla pista, oltre a non fornire alcunelemento sulla consistenza del fondo.È necessario quindi avanzare sempre con estrema cautela,affrontando le varie situazioni con una prudenza maggiore ri-spetto a quella adottata nella guida diurna, sia che ci si tro-vi in presenza di dossi, erba e fango, sia che si attraversi unbosco o uno sterrato.Di giorno un dosso viene avvistato da lontano ed, entro cer-ti limiti, è possibile valutarne anche l’altezza con un buongrado di approssimazione, ma di notte si rischia di trovar-selo di fronte all’ultimo momento. Illuminato dai fari del vei-colo in posizione pianeggiante sembra quasi una barriera in-sormontabile, che nasconde alla vista tutto ciò che si trova die-tro. Iniziando a superarlo, inoltre, i fari illuminano subito ilcielo e la pista viene a trovarsi nel buio più assoluto. Unavolta giunti in cima, ed iniziata la discesa, si verifica il pro-blema opposto con le luci che rischiarano (per un breve in-tervallo di tempo) il terreno su una distanza molto limitata dalmuso del veicolo.L’erba e i cespugli, soprattutto se molti alti, possono celare pe-ricolose insidie (l’ansa di un torrente, un fossato, un massoaffiorante, etc.) per cui, non conoscendo a fondo il percor-so, è preferibile cercare percorsi alternativi, mentre in pre-senza di fango si può utilizzare un bastone di fortuna persondare la compattezza (e la profondità) dei tratti più impe-gnativi.Estrema attenzione richiede anche l’attraversamento di unbosco dove la pista, già estremamente scivolosa a causa del-l’umidità e dell’accumulo di foglie, è spesso ricoperta di un fol-to strato d’erba che rende praticamente impossibile seguirele tracce. Evitare di uscire dal sentiero principale e in caso di

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dubbio in corrispondenza di un bivio, conviene scendere dal-l’auto e procedere a piedi per un ampio tratto fino a che nonsi riesce ad individuare un preciso punto di riferimento.Al buio inoltre le manovre di retromarcia o di inversione suterreni viscidi o in forte pendenza laterale, già problemati-che di giorno, diventano proibitive e richiedono nervi saldi euna notevole esperienza nella guida.Sullo sterrato in forte pendenza il rischio maggiore nel casodella guida notturna è rappresentato proprio dal limite po-sto dall’illuminazione dei fari che, puntando troppo in alto,impediscono una corretta valutazione del reale dislivello; puòcapitare quindi di spingersi un po’ troppo oltre il limite diaderenza, ritrovandosi con il veicolo che viene trascinato a val-le dal suo stesso peso. La manovra migliore in questa situa-zione è quella di inserire la retromarcia ed astenersi dal toc-care i freni, cercando di sfruttare al meglio le luci di retro-marcia (in questo caso di scarso aiuto).Per una maggiore tranquillità e sicurezza, è prudente inoltreviaggiare sempre in convoglio (almeno due vetture) e pro-cedere ad un sopralluogo a piedi nei punti più difficili, ser-vendosi dell’ausilio di una potente torcia elettrica con prote-zione di fascio luminoso a distanza.

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INCLINAZIONE LATERALE

Tra le svariate situazioni che il driver a trazione integrale de-ve affrontare nel corso di un’escursione in fuoristrada, unadelle più impegnative (e pericolose) è rappresentata senzaalcuna ombra di dubbio dalla guida lungo una pendenza la-terale; sono richieste in questo caso una notevole esperien-za e un’attenzione superiore a quella prestata in altre situa-zioni poiché, in caso di errori, la conseguenza inevitabilesarà quella del ribaltamento del veicolo.Anche in questo caso, come per altri parametri del veicolo(angolo di attacco, di dosso, di uscita, etc.), esiste un valoreben preciso, noto come angolo di ribaltamento, che defini-sce il limite di sicurezza oltre il quale un veicolo impegnatonell’attraversamento trasversale di un piano inclinato rischiadi ribaltarsi.Diversamente da quanto avviene infatti procedendo longi-tudinalmente lungo una salita (dove non esiste pericolo diribaltamento neanche con angoli superiori ai 60°), avan-zando lungo una pendenza laterale con un fuoristrada l’an-golo di sicurezza si abbassa notevolmente e il suo valore ècondizionato da numerosi fattori. È vero che la maggior par-te delle case costruttrici fornisce, assieme alle altre caratteri-stiche del veicolo, anche i dati relativi all’angolo di ribalta-mento laterale, ma si tratta purtroppo di cifre che hanno unvalore puramente teorico e i margini di sicurezza dichiaratisono sempre molto esigui.Questi dati sono infatti riferiti sempre al veicolo in condizio-ni di staticità, posto su una superficie dotata di un fondouniforme e in grado di assicurare una buona aderenza. Benaltra cosa è invece ritrovarsi con una 4x4 lungo un pendio in-clinato, irregolare ed accidentato, dove ad ogni metro pos-sono intervenire numerosi fattori che rendono ulteriormen-te problematica la marcia (è opportuno quindi mantenersisempre al di sotto (ca. 10/15%) dei valori forniti dalla casacostruttrice).Prima di esaminare in dettaglio questi fattori, ed analizzare

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la tecnica di guida più idonea da adottare nel corso dell’at-traversamento di una pendenza laterale, è opportuno un bre-ve accenno sulle condizioni di aderenza di un veicolo 4x4impegnato in un percorso off-road.La massima potenzialità di aderenza viene espressa quan-do tutte e quattro le ruote si trovano allineate su una car-reggiata pianeggiante e riescono a mantenere costante, nel cor-so della marcia, l’aderenza dei pneumatici al suolo.Avanzando lungo una pendenza laterale il veicolo viene atrovarsi in condizioni di precaria aderenza poiché le ruote avalle, sulle quali viene a gravare la maggior parte del peso delveicolo e del carico, hanno un’aderenza notevolmente mag-giore rispetto a quelle a monte che risultano più scariche ri-spetto alle controlaterali.A rendere ancora più instabile la già precaria aderenza del vei-colo intervengono inoltre molti fattori, legati sia alla naturadel terreno che alle condizioni ambientali.È sufficiente infatti la presenza di un masso affiorante, diun sasso o di una qualsiasi asperità della pista sotto le ruo-te a monte per far uscire il baricentro del veicolo al di fuoridella base delimitata dalla superficie perimetrale del veico-lo, con conseguente ed immediato ribaltamento.Altrettanto insidiosi sono gli avvallamenti e le depressionidel terreno a valle che, abbassando il veicolo sul lato nel qua-le gravita il peso maggiore, potrebbero far aumentare peri-colosamente l’angolo di inclinazione, mentre per quanto ri-guarda le caratteristiche del veicolo svolgono un ruolo im-portante anche il tipo di pneumatici e lo stato delle sospen-sioni, oltre naturalmente alle condizioni del carico.Il carico all’interno del veicolo dev’essere fissato saldamen-te all’interno dell’abitacolo (per evitare improvvisi sposta-menti di peso che potrebbero causare il ribaltamento del vei-colo), possibilmente sul pavimento o sul fondo del bagagliaio(per abbassare il più possibile il baricentro); all’esterno del vei-colo invece andrebbe evitata l’adozione di un voluminosoportapacchi sul tetto che, in presenza di carichi pesanti e in-gombranti (come ad esempio una tenda aerea), potrebbe in-fluire negativamente sulla stabilità del veicolo incrementan-do l’azione dovuta alla forza di gravità. I passeggeri an-drebbero sistemati sul lato a monte e, se necessario, do-vrebbero proseguire a piedi fino ad oltrepassare il tratto pe-

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ricoloso. Tra i fattori ambientali, i più insidiosi ai fini della sicurezzasono rappresentati dalla presenza di erba o fango che, so-prattutto in caso di pioggia persistente, possono rendere ul-teriormente cedevoli le condizioni del fondo, soprattutto aifini dell’aderenza delle ruote.Scarsamente attendibili, analogamente a quanto evidenzia-to a proposito dei dati forniti dalle case automobilistiche sul-l’angolo di ribaltamento, sono i valori evidenziati dall’incli-nometro eventualmente montato sul cruscotto; per quantoprecise possano essere le rilevazioni da esso fornite, va tenutopresente che sono sempre riferite alla pendenza istantanea,valide per il preciso momento in cui sono segnalate, e nontengono conto delle variabili legate al terreno (o al veicolo)finora evidenziate.Le principali precauzioni da adottare prima di attraversareun tratto in forte pendenza laterale sono riassumibili in trepunti essenziali, legati comunque ad un’attenta ed accurataperlustrazione a piedi da effettuare prima di intraprenderela traversata di un tratto in forte pendenza laterale.In primo luogo occorre accertarsi che non vi siano buche o sol-chi al cui interno potrebbero scivolare (o incanalarsi) le ruo-te del veicolo situate a valle e, in secondo luogo, verificare chele ruote a monte non abbiano sulla loro traiettoria eventua-li ostacoli (tipo sassi o dossi) che potrebbero farlo sobbalza-re aumentandone l’inclinazione.Nel corso della perlustrazione, inoltre, è consigliabile evi-denziare con una segnaletica di fortuna (rami, paletti o stri-sce colorate) tutti gli ostacoli presenti in maniera tale che,una volta al volante, si potrà impostare con un ampio mar-gine di sicurezza la traiettoria migliore.Una volta adottate tutte queste precauzioni, ed inserite latrazione integrale e le marce ridotte, si avvia lentamente ilveicolo avanzando a velocità costante e astenendosi rigoro-samente dal ricorso all’uso del freno e della frizione. Nel ca-so il mezzo iniziasse a sbandare, o addirittura tendesse asollevarsi con le ruote a monte, occorre ruotare dolcemente ilvolante in direzione a valle, imprimendo contemporanea-mente una lieve accelerazione che potrà rivelarsi utile per ri-stabilire una traiettoria di sicurezza.Va sottolineato comunque che, nella maggior parte dei casi,

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questa manovra ha un puro valore teorico poiché in realtàquando si affronta una forte pendenza laterale ci si trova as-sai spesso in spazi estremamente angusti e limitati e solo inpresenza di un ampio crinale tali accorgimenti possono essereapplicati con una certa regolarità.Ogni qualvolta sia possibile è consigliabile inoltre cercare deipercorsi alternativi, scegliendo una rotta che imprima un’in-clinazione meno accentuata al veicolo, ricorrendo nei casi li-mite anche al famoso “bilanciamento con zavorra umana”(analogo a quello effettuato dai velisti), facendo aggrappareun passeggero all’esterno sul lato a monte.Evitare nel modo più assoluto di ruotare il volante a montepoiché si rischia seriamente di ribaltarsi; se l’auto inizia ascivolare vuol dire che l’aderenza è ormai compromessa percui è necessario assecondare la direzione intrapresa dal vei-colo fino a quando la pendenza sarà tornata meno accen-tuata o le condizioni del fondo più consistenti.Viaggiando in convoglio infine, nei tratti più pericolosi doveil rischio di scivolare o ribaltarsi è notevole, si può realizza-re una sorta di “cordata” assicurando il veicolo ad altre duemacchine posizionate in condizioni di aderenza ottimali.

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MASSI E PIETRE

Dallo sterrato alle mulattiere, dai guadi fino alla tradiziona-le pietraia, la presenza di massi e rocce sporgenti sulla car-reggiata rappresenta praticamente una costante sulla maggiorparte dei percorsi. È necessario quindi approfondire anchela tecnica di guida più idonea da adottare in questo caso, siaper evitare di rimanere inesorabilmente bloccati in situazio-ni d’emergenza che per non incappare in eventuali danni ar-recati al veicolo.Prima di entrare nei dettagli relativi alla guida, è necessariaanche in questo caso una breve parentesi sulla morfologiadei sassi, sulle loro dimensioni e sulle modalità che ne ca-ratterizzano la presenza sulla pista.Per quanto riguarda il primo parametro, va sottolineato chela forma dei sassi può essere la più varia e assortita possibile,ma volendo tracciare un quadro sinottico possiamo riconosceretre forme principali. La prima è rappresentata dai sassi rotondi,che rappresentano generalmente gli ostacoli meno impegna-tivi (a patto che siano di modeste dimensioni) dal punto di vi-sta fuoristradistico; la seconda è costituita dai sassi appun-titi che, nella maggior parte dei casi, possono compromette-re seriamente le condizioni dei pneumatici o di alcune com-ponenti del fondoscocca.Nel terzo caso troviamo i sassi di forma squadrata (qua-drangolari, rettangolari, a tronco di cono, etc.), il cui supe-ramento, pur essendo meno agevole rispetto a quelli di for-ma circolare, non presentano le difficoltà dei massi appun-titi e (con la dovuta cautela) possono essere superati senzadover ricorrere a manovre troppo complicate.In tutti e tre i casi comunque l’elemento fondamentale ai fi-ni della sicurezza di guida è rappresentato dalle dimensionie a tale proposito possiamo classificare i massi in piccoli, me-di e grandi.I massi piccoli sono rappresentati dalle pietre di modeste di-mensioni la cui massa è generalmente contenuta sempre aldi sotto di quel valore che costituisce l’altezza minima da ter-

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ra dei veicolo; l’avanzamento dei veicolo in questi casi nonrisente in alcun modo della presenza di sassi sulla carreg-giata, tranne in quelle situazioni nelle quali la presenza dipietre e massi è tale (come avviene ad esempio nelle pietraie)da compromettere l’aderenza e la stabilità del veicolo.I massi di medie dimensioni sono quelli la cui altezza vienequasi a sfiorare l’altezza minima da terra del veicolo, o acoincidere con essa; anche in questo caso si può procedere conrelativa tranquillità ed è importante valutare attentamentel’altezza dei massi.Occorre quindi avere anche un buon colpo d’occhio nell’in-dividuare gli ostacoli, accertandosi (se necessario ricorrendoanche all’ispezione a piedi) che il masso non superi l’altez-za minima da terra del veicolo, valore che coincide solita-mente con la distanza che separa la scatola del differenziale(o l’attacco degli ammortizzatori) dal terreno.Più complessa è invece la situazione in presenza di massigrandi le cui dimensioni, anche se di stretta misura, oltre-passano quelle dell’altezza minima da terra. Le tecniche diguida in questo caso sono diverse e sono riconducibili a tresituazioni principali le cui modalità sono legate proprio al-l’altezza dei massi.Nel primo caso, quando l’altezza dell’ostacolo è di poco su-periore all’altezza minima da terra del veicolo, c’è ancora uncerto margine per avanzare senza troppe difficoltà; nella mag-gior parte dei fuoristrada, infatti, il sottoscocca del veicolonon è mai regolare e uniforme per cui, in base all’abilità delpilota, è possibile sfruttare gli spazi più ampi situati nellaparte inferiore del veicolo per oltrepassare i massi più gran-di e ingombranti. Nel secondo caso, in presenza di massimolto grandi, se non è possibile aggirarli, non rimane chetransitare con una ruota sul masso. Avanzando lentamente(in prima ridotta e con la trazione integrale inserita) versol’ostacolo, si affronta il masso esercitando una pressione co-stante sull’acceleratore (astenersi nel modo più assoluto di ri-correre alla frizione); una volta pervenuti sulla sommità delmasso, si scende con la stessa cautela, mantenendo la primaridotta ed evitando il ricorso ai freni.Nel terzo caso, quando le dimensioni del masso sono tali dasuperare anche l’angolo di attacco anteriore, non rimane checostruire una rampa di fortuna con sassi più piccoli (collocati

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anteriormente e posteriormente al masso da “scalare”) edavviarsi con le stesse modalità del caso precedente; è indi-spensabile assicurarsi che le pietre che vengono a formarela rampa siano sufficientemente stabili da non cedere sottoil peso del veicolo, o in caso di un eventuale slittamento del-le ruote conseguente ad una scarsa aderenza o ad errori di ma-novra.Non meno trascurabili della forma e delle dimensioni dei sas-si sono le modalità legate alla loro presenza sulla carreggia-ta, ed in particolar modo al fatto che siano massi fissati alterreno o massi non ancorati al suolo. In quest’ultimo caso na-turalmente le difficoltà sono ulteriormente aggravate dai pro-blemi legati alla stabilità e alla scarsa aderenza dei pneuma-tici in presenza di un ostacolo che, pur essendo in una con-dizione statica, può spostarsi inaspettatamente sotto la pres-sione esercitata dal veicolo.La presenza dei massi può rivelarsi insidiosa nella guida infuoristrada anche in presenza di un guado, soprattutto nel trat-to in immersione dove gli eventuali sassi depositati sul fon-do (oltre ad essere nascosti alla vista se la profondità del-l’acqua è notevole) possono risultare estremamente sdruc-ciolevoli a causa della presenza di alghe o altre incrostazio-ni depositate sulla superficie.Tra le manovre da evitare figurano, soprattutto sulle pietraie,la derapata e il controsterzo poiché espongono la parte piùesterna dei pneumatici agli insidiosi urti contro le rocce af-fioranti o gli spuntoni più acuminati; le lacerazioni sono sem-pre in agguato e anche i danni ai cerchioni o ad alcuni ac-cessori presenti lungo le fiancate (pedane, predellini, para-fanghi, etc.) sono piuttosto frequenti.Un ultimo fattore da tenere presente riguarda infine l’azionedelle sospensioni che, a causa delle escursioni conseguenti al-l’andamento del terreno, può a volte causare l’urto del veicoloanche contro massi e pietre di modeste dimensioni.

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LA RETROMARCIA

Nella lettura dei road-book utilizzati nel corso della realiz-zazione di alcuni itinerari off-road capita spesso, soprattut-to sui percorsi accidentati in alta montagna, di imbattersi inuna serie di note dove (tra le varie indicazioni fornite) vie-ne segnalata l’esigenza di ricorrere alla retromarcia. In que-sti casi la manovra di retromarcia (obbligatoria soprattutto perquei veicoli a passo lungo o caratterizzati da un diametro disvolta non particolarmente ridotto) assume un ruolo trascu-rabile nel contesto delle svariate condizioni di guida affron-tate durante un determinato percorso; il ricorso ad essa èinoltre generalmente limitato a quel breve intervallo di tem-po necessario per riallineare il veicolo al senso di marcia te-nuto sulla carreggiata, e poter quindi proseguire in assolutatranquillità.Ma viaggiando in fuoristrada su sterrati e mulattiere di mon-tagna ci si può imbattere in alcune situazioni d’emergenza nelcorso delle quali la guida in retromarcia assume un ruolopredominante; divenendo al tempo stesso l’unico modo pos-sibile per liberare il veicolo da una posizione critica e con-sentirgli, una volta raggiunto un altro punto del percorso, diriprendere la marcia in condizioni normali.Diverse sono infatti le occasioni nelle quali il veicolo non rie-sce più ad avanzare e le condizioni più ricorrenti sono ri-conducibili a quattro situazioni principali: 1) l’arresto delveicolo è dovuto alle dimensioni, ed in particolar modo allalarghezza del fuoristrada (evenienza abbastanza frequentequando si affrontano piste sconosciute senza aver studiato ac-curatamente il road-book); 2) l’impossibilità di proseguiresulla pista è dovuta ad ostacoli naturali (spesso imprevedi-bili) quali la presenza di una frana, un albero o un grossomasso che ostruisce completamente la carreggiata; 3) la pi-sta, a fondo cieco, termina all’improvviso senza alcuna pos-sibilità di invertire la marcia; 4) il veicolo si arresta nel cor-so di una salita particolarmente ripida a causa della pen-denza eccessiva che, in presenza di fango o per accumulo di

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foglie o altri detriti, può farlo addirittura scivolare all’indie-tro.Prima di esaminare le varie modalità di guida connesse espres-samente all’andatura in retromarcia, vediamo subito comebisogna affrontare la situazione d’emergenza più difficile,rappresentata dall’arresto in salita. In questo caso il veicolosi ferma su una pendenza molto elevata, e in condizioni di pre-cario equilibrio, con le ruote che girano praticamente a vuo-to senza alcuna possibilità di avanzare; è consigliabile evitaredi accelerare a tutti i costi poiché la scarsa aderenza e il fon-do cedevole possono far scivolare il veicolo fino metterlo ditraverso sulla pista, assumendo una pericolosa posizione acausa dell’inclinazione laterale. In questo caso l’immobilità è totale e il veicolo non riesce inalcun modo ad avanzare, né a retrocedere, per cui l’unicomodo per venirne fuori è rappresentato dal traino di un se-condo veicolo situato a monte o dal ricorso ad un eventualeverricello montato sul paraurti anteriore. Ma torniamo allaretromarcia. L’unica possibilità di uscire da questa situazio-ne è rappresentata dalla manovra di retromarcia, seguendo aritroso la stessa strada percorsa in salita.La prima operazione da effettuare è quella di riallineare leruote (nel tentativo di zigzagare in salita per arrancare diqualche metro, potrebbero essere sterzate verso l’esterno del-la carreggiata) alla traiettoria e prepararsi alla discesa. La-sciando la trazione integrale e le marce ridotte inserite (ri-correre anche al bloccaggio dei differenziali, se il veicolo èequipaggiato in tal senso) si inserisce la retromarcia, allen-tando quindi dolcemente i pedali del freno e della frizione.Quest’ultima operazione richiede un’estrema attenzione poi-ché c’è il rischio, se il distacco dai pedali non avviene in per-fetto sincronismo, che il veicolo possa acquistare troppa ve-locità innescando fenomeni di sbandata.La marcia ridotta evita inoltre il ricorso all’uso dell’accelera-tore e il veicolo scende lentamente verso valle senza particolariproblemi; l’unica operazione del pilota (che dovrà inoltreastenersi nel modo più assoluto di usare i freni) è quella dimantenere la traiettoria giusta fino al raggiungimento deltratto pianeggiante (o comunque con pendenza ridotta) do-ve ci sia lo spazio sufficiente per poter invertire la marcia.Un’ulteriore complicazione (piuttosto frequente quando si è

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alle prime armi) è rappresentata dallo spegnimento del mo-tore che, solitamente, si verifica proprio nel punto più criti-co; occorre non perdere mai la calma e rimettere subito inmoto il veicolo, ripetendo le manovre alle quali abbiamo ac-cennato in precedenza. Per una maggiore sicurezza si puòricorrere ad un piccolo espediente, rappresentato dalla partenzaeffettuata (dopo aver sollevato entrambi i piedi dai pedali delfreno e dell’acceleratore) girando la chiave di avviamento percui il veicolo si avvierà senza grossi scossoni.Questa manovra, oltre a confermare con certezza l’avvenu-to inserimento della retromarcia (poiché dopo aver lasciato ilfreno il veicolo rimane comunque fermo grazie all’azionebloccante esercitata dalla marcia inserita), consente una par-tenza molto progressiva del veicolo verso il fondovalle; ciòassicura inoltre anche un ampio margine nel “dosaggio” del-l’acceleratore, permettendo di valutare al meglio se (e quan-do) sia il caso di usarlo per mantenere una traiettoria ottimale.In tutte le altre situazioni le maggiori difficoltà sono legate so-prattutto alle ridotte dimensioni della carreggiata o all’even-tuale presenza di rocce sporgenti (particolarmente insidiosesono sia quelle ad altezza delle fiancate laterali, che quelle dis-seminate nel terreno, o nascoste tra l’erba alta, che possonoessere urtate con facilità dal bordo esterno dei pneumatici).La visibilità guidando in retromarcia è sempre problematica(soprattutto se il fuoristrada ha un lunotto posteriore conuna ridotta superficie vetrata) e, dopo un certo tempo, la ten-sione e lo sforzo dovuti alla torsione all’indietro del tronco edella testa possono dar luogo ad un certo fastidio fisico chericorda molto quello provocato dal torcicollo.È fondamentale chiudere tutti quegli accessori sporgenti da-gli ingombri massimi della carrozzeria, per evitare che resti-no incagliati in rami o che urtino contro massi o cunette pre-senti sulla carreggiata. Questa precauzione vale non soltan-to per gli specchietti retrovisori, ma anche per le eventualiantenne installate a bordo (radio, CB, telefono, etc.) e per lepedane di accesso pieghevoli (laterali e posteriori) presenti sualcuni modelli; in caso di urti accidentali anche la presenzadi un eventuale gancio di traino può rivelarsi problematica aifini della salvaguardia dei veicolo per cui, in previsione dimontarne uno sul proprio fuoristrada, conviene scegliere unmodello smontabile che all’occorrenza può essere asportato

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in breve tempo con la massima facilità. Particolare attenzio-ne richiede inoltre la presenza dei paraspruzzi posteriori che,se di generose dimensioni, avanzando in retromarcia po-trebbero rimanere irrimediabilmente intrappolati sotto la ruo-ta in caso di cunetta molto pronunciata che lo spinge versola superficie del pneumatico. La trazione esercitata dalla ruo-ta fa il resto e, assai spesso, viene scardinato dalla sua sedeed è praticamente da buttare; quando possibile, è consiglia-bile quindi assicurarli con una corda al tetto (o al portellone)del veicolo in maniera tale che non vengano a contatto con ilsuolo.Conviene chiudere anche i vetri delle portiere se la vegetazionecircostante è molto fitta, limitando l’apertura solo ai momentidi sosta in cui occorre sporgersi per verificare lo spazio di-sponibile su uno dei due lati; se l’ampiezza della pista (e so-prattutto l’assenza di ostacoli) consente di viaggiare con glispecchietti retrovisori aperti, è consigliabile posizionarli ver-so il basso in maniera tale da tenere sempre sotto controlloi punti dove appoggiano le ruote ed avere una migliore ge-stione della direzionalità del veicolo.Non potendosi sporgere, né contare su un’ampia visibilitàposteriore, si rivela provvidenziale nella guida in retromar-cia (specialmente in condizioni ambientali particolarmenteimpegnative) la collaborazione di un compagno di viaggioche precederà in avanscoperta dietro al veicolo.Un’ultima raccomandazione riguarda infine la retromarcialungo sentieri e mulattiere d’alta quota, situate a ridosso diprofonde scarpate prive di qualsiasi struttura di protezione;avanzando in retromarcia in questi casi occorre tenere sem-pre (e con la massima attenzione) sotto controllo la posizio-ne delle ruote lungo il bordo a valle. Sarà una considerazione scontata, d’accordo, ma è preferibilesenz’altro un fanalino rotto o qualche graffio sulle fiancate cheritrovarsi con una ruota sospesa nel baratro.

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“NAVIGARE”LUNGO I TORRENTI

Con il ritorno della primavera, e il conseguente disgelo dellenevi (che dalle alte quote tornano ad ingrossare di nuovo ilcorso di fiumi e torrenti), si verifica a volte un considerevo-le aumento della portata di numerosi corsi d’acqua. Questo fe-nomeno, abbinato alle precarie condizioni di accessibilità (epercorribilità) di alcune piste, può creare seri problemi nellaguida in fuoristrada.Oltre alla classica situazione del guado infatti, può capitareche si renda necessaria (sia per mancanza di percorsi alter-nativi che per uscire da situazioni d’emergenza) la marcia, pertratti più o meno lunghi, attraverso il letto di un fiume o diun torrente, affrontando una vera e propria “navigazione”. Prima di entrare nella disamina dettagliata delle varie mo-dalità inerenti questa particolare tecnica di guida, occorre fa-re una piccola precisazione, indispensabile per chiarire even-tuali equivoci: sia per evitare la gratuita accusa di “istiga-zione” a contaminare spazi inviolati, sia per non dar fiatoalle solite critiche (e agli schiamazzi) dei soloni di turno sem-pre pronti a sparare sul mucchio.Ci riferiamo, lo ribadiamo ancora una volta, esclusivamentea situazioni d’emergenza, nelle quali l’avanzata lungo il gre-to o il letto di un fiume rappresenta l’unica via possibile perriuscire ad oltrepassare un tratto particolarmente impegnati-vo; o a quei casi in cui anche l’inversione di rotta o l’eventualemutamento della direzione di marcia risultano praticamenteimpossibili.Non bisogna dimenticare inoltre che in alcuni casi, piuttostofrequenti lungo l’arco appenninico centro-meridionale, è lostesso tracciato della pista a coincidere, per tratti più o me-no lunghi, con l’alveo di un fiume o di un torrente. Il primo problema che ci si trova a dover affrontare riguardala traiettoria di entrata, da seguire immettendosi nel corsodi un torrente. Non sempre quella lineare, o comunque pa-rallela al tracciato della pista, può essere agevolmente tran-

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sitabile per cui può rendersi necessario il ricorso a rotte al-ternative. Spesso il fiume è situato ad un livello altimetrico in-feriore rispetto a quello sul quale si trova la pista e, se la dif-ferenza è piuttosto accentuata, la demarcazione tra la pista eil letto del fiume può essere rappresentata da una scarpata inforte pendenza.In altri casi la pista, in assenza di dislivelli, si continua nel-l’acqua con un’angolazione molto marcata che rende impos-sibile il mantenimento di una traiettoria rettilinea; evitare inquesto caso di entrare lungo la traiettoria perpendicolare al cor-so del fiume per evitare di venirsi a trovare, a causa dellaprofondità dell’acqua o dall’azione di “scavo” effettuata dal-la corrente, in condizioni particolarmente critiche per quan-to riguarda l’angolo di attacco (situazione resa ulteriormen-te precaria in presenza di fondi cedevoli).Dando ormai per scontato che, anche in questo caso, si ri-vela fondamentale un preliminare sopralluogo a piedi per va-lutare il grado di difficoltà e l’estensione del percorso, la mi-gliore traiettoria di entrata rimane sempre quella rappresen-tata da un percorso diagonale, inclinato di circa 45% rispet-to all’asse del torrente; inserite la trazione integrale e le mar-ce ridotte si procede quindi a velocità contenuta, prestandoinoltre particolare attenzione alle condizioni del fondo. Sas-si, spuntoni di roccia, ghiaia e depressioni vanno tenuti co-stantemente sotto controllo.Diversamente da quanto avviene nel guado tradizionale, do-ve il transito nel letto del fiume (effettuato nella maggior par-te dei casi seguendo una traiettoria perpendicolare al corsod’acqua), la profondità assume in questo caso un ruolo tra-scurabile poiché è contenuta generalmente entro limiti mol-to modesti, ma ciò non esclude tuttavia che il veicolo possatrovarsi in acqua fino al margine superiore dei pneumatici. Neitratti in forte pendenza (e di una certa portata) la correntedell’acqua esercita infatti un considerevole attrito sul fondodel fiume la cui superficie, soprattutto se formata da ghiaiao altri materiali di scarsa consistenza, tende ad essere con-tinuamente erosa per cui la profondità può aumentare pro-gressivamente.Particolare attenzione bisogna prestare inoltre alla presenzadi alghe e alle pozze di acqua stagnante, entrambe situazio-ni che possono rivelarsi particolarmente insidiose nella mar-

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cia lungo il corso di fiumi e torrenti. Quando si trovano alghe,o altra vegetazione, la profondità si aggira comunque alme-no attorno ai 30/40 centimetri e la loro presenza sulle rocceo sul fondo rende ogni superficie particolarmente scivolosa;alcuni loro prodotti di decomposizione rendono inoltre l’ac-qua particolarmente torbida e sporca, creando difficoltà nel-la valutazione della reale profondità o nell’immediata indi-viduazione di eventuali ostacoli sommersi.In questo caso è necessario sondare le condizioni del greto conun ramo sufficientemente robusto, valutando con estremaattenzione sia la profondità dell’acqua che la consistenza delfondo.Un’altra situazione particolare che richiede estrema atten-zione si verifica quando il corso del fiume si inoltra all’in-terno di un canyon, sia con andamento rettilineo che con unaserie di anse più o meno accentuate; in quest’ultimo caso lavisibilità sulla lunga distanza è limitata e l’operazione di so-pralluogo a piedi dev’essere estesa ben oltre il margine del-la curva per evitare sorprese. Nel caso le pareti fossero mol-to vicine tra loro, la visibilità (soprattutto durante le traver-sate invernali) si riduce sensibilmente rendendo necessarioin alcuni casi il ricorso all’accensione dei fari anabbagglian-ti (meglio gli antinebbia, se presenti, poiché proiettano unfascio di luce radente alla superficie dell’acqua).Per quanto riguarda le situazioni d’emergenza, quando si ri-mane intrappolati e neanche il ricorso al bloccaggio del dif-ferenziale riesce a far avanzare di un solo centimetro le ruo-te bloccate, non rimane (qualora non vi sia la possibilità diricorrere al traino effettuato da un secondo veicolo) che crea-re una sorta di “pedana di pietre” tra le ruote anteriori e po-steriori; bisogna utilizzare dei sassi molto piatti e larghi, in-serendoli saldamente nello spazio che intercorre lungo latraiettoria che separa i due assi delle gomme, assicurandosiche non scivolino via una volta avviato (con una certa ener-gia e determinazione) il veicolo.Se le ruote sono bloccate invece nel fondo melmoso o nellaghiaia, rendendo impossibile la collocazione dei massi in unaposizione utile per disincagliare il mezzo, è necessario sol-levare l’auto con la binda e procedere quindi all’inserimentodei massi anche nei punti più difficili.Meno complicata è ovviamente la situazione quando il veicolo

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è equipaggiato con un verricello, che può essere ancorato conestrema facilità ad un albero presente ai lati del fiume; a ta-le proposito è consigliabile ricorrere ad un albero sufficien-temente robusto (dal diametro di almeno 20/25 centimetri),per evitare di sradicare inutilmente qualche pianta, ponendoinoltre molta attenzione anche al luogo dove si trova il tron-co prescelto per l’ancoraggio.Gli alberi situati immediatamente a ridosso del greto del fiu-me risultano meno adatti poiché la terra nella quale sono im-merse le radici, nel corso di eventuali piene invernali, po-trebbe aver subito degli smottamenti che, se ripetuti, arriva-no a compromettere la robustezza (e la stabilità) della pian-ta; è consigliabile quindi orientarsi verso quegli alberi situa-ti ad una certa distanza dal corso del fiume (compatibile co-munque con la lunghezza operativa del cavo del verricello),meglio ancora se collocati su spuntoni di roccia o vicino ad unsecondo albero attorno al quale far passare lo stesso cavo.Tra gli accessori di bordo, oltre agli stivali in gomma e ad unrobusto paio di guanti, possono risultare infine particolar-mente utili una pala, un mini-argano, delle cinghie in nylonmunite di crick e alcuni grilli in acciaio.

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LA POSIZIONE DI GUIDA

Sulle pagine di questo libro abbiamo finora affrontato le piùdisparate tecniche di guida inerenti la guida in fuoristrada, sof-fermando la nostra attenzione soprattutto sulle modalità ri-guardanti le varie situazioni che possono presentarsi nellapratica dell’off-road.In questo capitolo abbiamo deciso di fare un piccolo passoindietro per mettere a fuoco un argomento, quello della po-sizione di guida, che si rivela di fondamentale importanzanella maggior parte delle occasioni.Assicurarsi una corretta posizione di guida rappresenta in-fatti uno dei presupposti fondamentali per ottimizzare al me-glio la guida di una vettura, sia in ambito stradale che supercorsi off-road. Nella guida in fuoristrada inoltre si proce-de assai spesso in condizioni limite per cui l’importanza di unacorretta posizione di guida assume un ruolo fondamentale,sia ai fini di un perfetto sfruttamento delle caratteristiche delveicolo che per salvaguardare l’incolumità del pilota (e deglieventuali passeggeri presenti a bordo) o evitare danneggia-menti al veicolo.Prima di entrare nel dettaglio dei vari punti da prendere in esa-me in questo caso, è necessario aprire una breve parentesi re-lativa alle finalità che si prefigge l’impostazione di una cor-retta posizione di guida, riassumibili in quattro punti princi-pali: 1) maggiore sicurezza possibile; 2) distanza ottimaledal volante, dalla pedaliera e dalla leva del cambio; 3) anco-raggio solido contro qualsiasi tipo di sollecitazione laterale,verticale e frontale; 4) massima libertà dei movimenti dellebraccia e delle gambe, conseguita senza dover necessaria-mente ricorrere a puntare i piedi sul pavimento, ne aggrap-pandosi al volante.Tra le componenti presenti all’interno dell’abitacolo, i princi-pali elementi da prendere in considerazione sono rappre-sentati invece dal sedile, dal volante e dalla pedaliera.Il sedile ha subito negli ultimi anni una notevole evoluzione,sia per quanto riguarda il design che nello specifico svilup-

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po degli studi ergonometrici inerenti la posizione di guidaper cui, anche sui modelli considerati più “spartani”, il comfort(e la sicurezza) risultano decisamente migliori rispetto ai pri-mi modelli di fuoristrada a larga diffusione apparsi sui nostrimercati negli anni ‘60 e ‘70. La forma del sedile, pur nonavendo necessariamente la struttura di quello che caratte-rizza alcuni modelli di 4x4 riservati alle competizioni (cheviene a formare una vera e propria cellula entro la quale èracchiuso il tronco del pilota), deve comunque essere avvol-gente assicurando un efficace ancoraggio al busto e alla par-te superiore delle cosce. Fondamentale risulta l’altezza delsedile rispetto al pianale, in grado di garantire una buonavisibilità anteriore, sia davanti al cofano del veicolo che suibordi laterali; a tale proposito ricordiamo che la ruota di scor-ta posizionata sul cofano, al di là dell’aspetto coreografico odella “scena” legata a certi stereotipi di avventura a motore,penalizza sensibilmente la visibilità.In caso di percorsi off-road particolarmente impegnativi, so-prattutto se il pilota è di statura medio-bassa, è consigliabi-le quindi smontare la ruota dal cofano per riporla momenta-neamente all’interno del veicolo. Tutt’altro che trascurabilisono inoltre la posizione longitudinale del sedile e il suo gra-do di inclinazione; queste condizioni devono poter consenti-re al pilota di muovere le gambe raggiungendo i pedali sen-za arrivare a distendere completamente gli arti, analogamentealle mani che devono poter impugnare il volante senza al-lungare completamente le mani rispetto al tronco, né stacca-re le spalle dallo schienale. Parlando di sedile non si può elu-dere un piccolo accenno alle cinture di sicurezza che, so-prattutto nella guida in fuoristrada (oltre al precipuo scopo digarantire in ogni occasione l’incolumità degli occupanti), de-vono soddisfare l’esigenza di bloccare il corpo del pilota in ca-so dei forti sobbalzi verticali (dovute alle asperità del terre-no) e frontali (conseguenti a brusche frenate o a rapide de-celerazioni). A tale scopo i modelli migliori sono quelli di ti-po agonistico, a quattro o a sei punti di bloccaggio che, unavolta chiuse e tese, possano esercitare anche un’energicapressione sul petto e l’addome ancorandoli saldamente alloschienale del sedile.Sul volante i dati principali da prendere in esame riguarda-no le sue dimensioni e il sistema di impugnatura. Dando per

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scontato che le personalizzazioni, anche esasperate, sonosempre più in voga anche tra gli appassionati dell’off-road,è preferibile lasciare sempre al suo posto il volante origina-le poiché le sue caratteristiche (sia per quanto riguarda il dia-metro che le dimensioni) sono le più funzionali al veicolo.Le misure dei vari modelli (a tre o a quattro razze) varianogeneralmente attorno ai 40 cm. di diametro, mentre a cir-conferenza della corona (foderata con sostanze antiscivoload elevato potere atermico) oscilla tra gli 8 e i 10 centimetri.Diametri inferiori del volante sono sconsigliabili, a meno cheil veicolo non sia equipaggiato con idroguida.Evitare di ruotare il volante con una sola mano (diminuiscela sensibilità sullo stato di aderenza dei pneumatici), non-ché il ricorso ai famosi pomelli (apprezzati da molti driver atrazione integrale) il cui utilizzo non consente sempre unaesatta valutazione della traiettoria, oltre al rischio di perico-losi contraccolpi alle mani trasmessi dal volante. Questo in-conveniente, a volte responsabile di microtraumi alle artico-lazioni delle dita, può manifestarsi anche in caso di una noncorretta posizione della mani sul volante per cui nella guidain fuoristrada occorre evitare di guidare con i pollici rivoltiall’interno delle razze.Per quanto riguarda la pedaliera, i parametri da tenere inconsiderazione interessano le dimensioni e il posizionamentodei pedali di freno, frizione e acceleratore. La loro colloca-zione deve essere tale da assicurare in ogni occasione un uti-lizzo ottimale anche indossando calzature molto robuste, co-me stivali in gomma o scarponcini da trekking. Particolareattenzione richiede anche la possibilità di assicurare unabuona presa tra il piede e i vari pedali per cui occorre sosti-tuire spesso (ai primi cenni di deterioramento) i gomminiantiscivolo che si rivelano preziosi nella guida su percorsiparticolarmente fangosi. A tale riguardo è consigliabile inol-tre togliere, durante le fasi più impegnative della guida, even-tuali tappetini supplementari non saldamente ancorati al pia-nale per evitare che (una volta ricoperto di acqua o fango)possano trasformarsi in una superficie estremamente sdruc-ciolevole. Da non sottovalutare inoltre la possibilità di potereseguire correttamente anche la manovra “punta-tacco”, sen-za dover ricorrere a pericolosi virtuosismi acrobatici.Un ultimo accenno riguarda infine la disposizione degli spec-

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chietti retrovisori e la collocazione di alcuni accessori espres-samente riservati alla guida in fuoristrada che, proprio infunzione di una corretta posizione di guida, devono essere col-locati sul cruscotto nella maniera più funzionale possibile.Lo specchietto interno può essere lasciato tranquillamentenella sua posizione originale, proiettata sulla parte posterio-re del lunotto, mentre quelli esterni possono essere inclina-ti verso il basso in maniera che visualizzino al pilota l’areadelle ruote posteriori; questo particolare si rivelerà partico-larmente utile nel transito lungo mulattiere molto strette eaccidentate, per avere sempre una valutazione corretta de-gli ingombri del veicolo sulla carreggiata.Tra gli accessori che compongono la strumentazione ag-giuntiva di un veicolo fuoristrada figurano assai spesso labussola, l’altimetro, l’inclinometro e il trip-aster, la cui col-locazione dev’essere realizzata in maniera tale da renderesempre estremamente agevole la lettura, senza dover staccarele mani dal volante o ricorrere ad allontanare il tronco dalsedile; viaggiando da soli, inoltre, può essere utile per la ste-sura del road-book un supporto rigido per fissare il bloccoscrittura e una luce orientabile per il carteggio notturno.

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METTERSI IN TRAZIONE

Nei vari capitoli finora affrontati abbiamo visto come le con-dizioni ambientali svolgano un ruolo determinante nel mo-dificare la praticabilità di un qualsiasi tipo di percorso off-road. Ed è altrettanto evidente che la presenza di alcuni ele-menti naturali (acqua, fango, ghiaccio, neve, etc.) o di par-ticolari asperità del suolo (buche, dossi, solchi, pietre, etc.) sia-no altrettanto importanti nel condizionare lo stile e la tecni-ca di guida. Nel caso di un fuoristrada inoltre, anche alcunepeculiarità tecniche del veicolo assumono un’importanzatutt’altro che trascurabile nell’impostazione della guida e del-le traiettorie più idonee da seguire per affrontare, in condi-zioni di massima sicurezza, la maggior parte dei percorsi off-road.Tra queste, uno dei parametri fondamentali ai fini della mo-tricità di un veicolo off-road, nonché determinanti anche nel-l’impostazione della tecnica di guida più idonea da adottare,è rappresentato dal tipo di trazione presente su un veicolo. Atale proposito possiamo individuare tre tipologie fondamen-tali al cui interno sono essenzialmente riconducibili la stra-grande maggioranza dei 4x4 attualmente in produzione.Nel primo gruppo possiamo annoverare le più comuni sport-utility della più recente produzione che, pur essendo dotatedi trazione integrale, non dispongono di riduttore.Nel secondo gruppo troviamo i fuoristrada tradizionali contrazione integrale inseribile e marce ridotte, mentre nel ter-zo gruppo la trazione integrale (abbinata anche in questocaso alle marce ridotte) è permanente e il veicolo marcia sem-pre a quattro ruote motrici.È evidente tuttavia che, pur presentando diverse analogie,la tecnica di guida di un veicolo a trazione integrale inseri-bile si discosta leggermente da quella di un fuoristrada a tra-zione integrale permanente, sia per quanto riguarda le con-dizioni di assetto che nella risposta del mezzo nel corso de-gli impieghi più gravosi ed esasperati.Nel caso delle sport-utility va subito sottolineato che le pre-

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stazioni off-road, pur trattandosi di veicoli a trazione integrale,sono da considerarsi comunque limitate ad un utilizzo nonparticolarmente esasperato poiché la mancanza di marce ri-dotte (anche in presenza di controllo elettronico della tra-zione) pone diversi limiti. In caso di scarsa aderenza, come avviene ad esempio attra-versando tratti innevati in forte pendenza o in presenza diprofondi solchi ricoperti di fango, è necessario (mancandole ridotte) affrontare i tratti più impegnativi ad andatura ab-bastanza sostenuta per mantenere quel minimo di motricitànecessaria per superare l’ostacolo; sui veicoli dotati di con-trollo elettronico della trazione c’è inoltre il rischio si surri-scaldare troppo la frizione per cui dovendo ripetere una ma-novra impegnativa è necessario lasciar trascorrere un certo in-tervallo di tempo tra un tentativo e l’altro.Nel caso dei fuoristrada normali, nei quali la trazione (incondizioni normali) è limitata alle ruote posteriori, la guidanon si discosta molto da quella di una comune autovettura;l’uso della trazione integrale sarà limitato, sui percorsi fuo-ristrada, a quelle situazioni in cui le condizioni di aderenzadel suolo rendano particolarmente problematico l’avanza-mento del mezzo. Nella normale marcia su strada, soprattutto se l’asfalto èasciutto e non vi sono problemi di aderenza, è sconsigliabi-le marciare con la trazione integrale inserita per una serie diproblemi (assenti invece sui veicoli a trazione integrale per-manente) che sollecitano inutilmente alcune componenti mec-caniche del veicolo. Sia le ruote anteriori che quelle poste-riori infatti, tramite i rispettivi alberi di trasmissione, effettuanolo stesso numero di giri e ciò può causare alcuni inconve-nienti, avvertiti soprattutto nelle curve più accentuate (inquanto le ruote anteriori effettuano una traiettoria più ampiarispetto alle posteriori); a livello del volante si avverte inol-tre una certa rigidità, evidenziata soprattutto nelle inversio-ni, abbinata spesso a ripetuti sobbalzi dei pneumatici. Que-sto fenomeno, ulteriormente esaltato dall’adozione di gom-me sovradimensionate, è dovuto soprattutto ad uno scom-penso della rotazione conseguente al tipo di traiettoria cur-vilinea e dalla trasmissione inserita sui due assi. Per agevo-lare le condizioni di marcia nei veicoli a trazione integraleinseribile ci sono i mozzi a ruota libera, quei particolari di-

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spositivi che consentono di disinserire le ruote anteriori dal-la trasmissione rendendo il veicolo più scorrevole, realiz-zando allo stesso tempo un sensibile decremento nei consu-mi.Per quanto riguarda le caratteristiche tecniche, il mozzo puòessere manuale o automatico. Nel primo caso prima di inse-rire la trazione integrale è necessario scendere dal veicolo edagire su un apposito perno situato al centro del mozzo ante-riore, ruotando leggermente in senso orario il dispositivo;una volta tornati sull’asfalto è sufficiente ripetere le stesse ope-razioni in senso inverso e disinserire la trazione integrale.Sui modelli equipaggiati con mozzi automatici è sufficiente in-serire (sempre da fermi) la trazione integrale per determina-re automaticamente anche l’innesco dei mozzi che ritornanonella loro posizione originale passando dalla trazione a 4ruote motrici alla trazione sulle due ruote; su alcuni model-li di 4x4, soprattutto quelli dell’ultima generazione, tale ope-razione può avvenire anche durante la marcia, ma va sotto-lineato comunque che la velocità dev’essere sempre moltocontenuta.Viaggiando su asfalto con la sola trazione posteriore il veicolo,pur mantenendo un comportamento sostanzialmente neutro(condizionato in pratica soltanto dagli interventi eseguiti sul-lo sterzo) possono tuttavia verificarsi nell’impostazione del-le curve dei fenomeni di sottosterzo e di sovrasterzo. Nel pri-mo caso il veicolo è portato ad ampliare la traiettoria impo-stata e l’azione richiesta sul volante esige un angolo di ster-zata più marcato, mentre nel secondo caso (peculiare di un’an-datura piuttosto sostenuta) viene a verificarsi una situazio-ne diametralmente opposta: l’asse posteriore determina unangolo più ampio che viene bilanciato da interventi menoestesi sul volante. Sui veicoli a trazione integrale permanenteinvece gli inconvenienti derivanti dalla diversa velocità dirotazione tra i due assi, che si manifesta nell’affrontare lecurve sui mezzi a trazione inseribile, sono praticamente an-nullati grazie alla presenza di un terzo differenziale situatoin posizione centrale.Questa soluzione consente di viaggiare senza problemi conle marce ridotte anche su normali strade asfaltate (evenien-za che si rivela particolarmente utile ad esempio quando ilveicolo è impegnato in traini molto gravosi su pendenze ele-

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vate in salita), ma può determinare anche la perdita dellamotricità su una delle quattro ruote nel caso in cui qualcunadovesse incappare in fenomeni di slittamento.Ed è proprio per ovviare a questi inconvenienti che è previ-sta la presenza di un terzo differenziale che dev’essere sem-pre inserito, se non è automatico, nel corso della marcia susterrati molto impegnativi o in presenza di terreni partico-larmente sdrucciolevoli e a scarsa aderenza (neve, fango, er-ba, ghiaia, etc.); il bloccaggio del differenziale centrale dev’es-sere invece assolutamente evitato nella marcia lungo pen-denze laterali poiché, alzando una delle ruote, la motricitàviene mantenuta e il veicolo continua ad avanzare (rischiandodi aumentare l’inclinazione lungo il versante a valle se l’o-stacolo affrontato si trova su quello a monte).La guida di una 4x4 con trazione integrale permanente ri-sulta inoltre particolarmente sicura anche su asfalto, sia in ca-so di pioggia che nell’affrontare curvoni veloci a velocità so-stenuta (rendendo pressoché trascurabili gli effetti dovuti aifenomeni di sottosterzo e sovrasterzo).Sul rovescio della medaglia invece i veicoli a trazione integralepermanente, oltre ad incrementare sensibilmente i consumidi carburante, sono interessati da una maggiore usura degliorgani meccanici (derivanti soprattutto dal continuo attrito sca-turito dal differenziale centrale e dal sistema di trasmissioneanteriore) la cui perfetta manutenzione richiede frequenti edaccurati controlli.Per quanto riguarda il comportamento nella guida off-road,i veicoli a trazione integrale permanente assicurano una mar-cia decisamente più agevole e l’andatura prescelta può esse-re impostata in maniera tale da risultare sempre adeguataalle caratteristiche del terreno. Anche l’adozione delle mar-ce ridotte è legata inoltre all’esigenza di rendere più fluidala guida, evitando continue e gravose sollecitazioni agli or-gani meccanici.In molti casi, infatti, un veicolo riesce ad avanzare senza pro-blemi anche con le sole quattro ruote motrici ma una pen-denza particolarmente accentuata (o un fondo a scarsa ade-renza) costringono il pilota a ricorrere frequentemente alcambio (o ai freni viaggiando in discesa), sottoponendo lafrizione a un lavoro molto intenso; l’elevato numero dei gi-ri del motore può inoltre causare dei problemi anche al circuito

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di raffreddamento. È consigliabile quindi inserire le ridotte alpiù presto in caso di necessità poiché, soprattutto con i vei-coli dotati di un’elevata coppia ai bassi regimi, è possibileottimizzare al meglio la potenza del motore e anche nelle di-scese più ripide si riesce a viaggiare a passo d’uomo in pri-ma ridotta senza alcun ricorso al pedale del freno.

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IL VERRICELLO

Nella guida in fuoristrada può capitare a volte che le particolaricondizioni presenti lungo un percorso sterrato o una mulat-tiera d’alta quota, assumano un ruolo determinante (soprat-tutto in caso di alcune situazioni d’emergenza) nei confron-ti della tecnica di guida. In questi casi, inoltre, può avvenireche sia l’utilizzo di un particolare accessorio a richiedereun’estrema attenzione da parte del conducente del veicolo,come accade ad esempio nell’uso del verricello. Prima di esa-minare in dettaglio le svariate situazioni legate alla guida, èopportuno approfondire alcuni punti fondamentali su que-sto importante quanto insostituibile accessorio.Premesso che sulla validità del verricello non si discute, va sot-tolineato che si tratta in ogni caso di un accessorio molto va-lido il cui utilizzo (soprattutto se attuato da mani inesperte)può rivelarsi estremamente pericoloso; il senso di sicurezzaindotto dalla sua presenza nell’equipaggiamento del veicolopotrebbe infatti indurre anche i piloti meno esperti a spin-gersi oltre i propri limiti, fino ad azzardare manovre che as-sai spesso possono sconfinare nell’imprudenza.Come prima regola fondamentale, da tenere bene in mente,va ricordato che è indispensabile indossare sempre un paiodi robusti guanti (tipo quelli industriali) prima di procederea qualsiasi operazione. Oltre al fango e alla polvere infatti, lemani corrono un grosso rischio utilizzando un verricello acausa di eventuali sfilacciamenti del cavo.I trefoli che compongono la struttura del cavo possono pre-sentare delle piccole rotture, in alcuni casi quasi invisibili,tali da rendere sporgenti frammenti metallici estremamentetaglienti e pericolosi a mani nude.In secondo luogo occorre evitare di sostare tra il verricello eil punto in cui è stato ancorato il cavo poiché nel caso que-st’ultimo dovesse spezzarsi, evenienza tutt’altro che rara inseguito ad un’eccessiva usura o in situazioni di sovraccari-co, il colpo di frusta conseguente alla rottura del cavo po-trebbe ferire (anche seriamente) chiunque venisse a trovar-

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si accidentalmente sulla sua traiettoria.Un terzo consiglio, non meno importante dei precedenti, sug-gerisce inoltre di astenersi anche dallo scavalcare il cavo te-so tra il verricello e il punto d’ancoraggio, anche quando èsemplicemente appoggiato al terreno; può accadere infattiche, per una qualsiasi ragione, il cavo si tenda all’improvvi-so e anche in questo caso le conseguenze potrebbero esserealtrettanto spiacevoli; nell’impossibilità di aggirare il veico-lo (o il punto d’ancoraggio) conviene avanzare camminandodirettamente sul cavo per controllarne gli eventuali bruschispostamenti senza riportare danni.Per quanto riguarda i tipi di verricello attualmente presenti incommercio, le tipologie fondamentali sono riconducibili a duemodelli principali rappresentati dal verricello elettrico e dalverricello meccanico.Il verricello elettrico, considerato il più pratico e versatile traquelli disponibili sul mercato, basa il suo funzionamento suun motorino elettrico di piccole dimensioni che sviluppa unapotenza di traino (nei modelli riservati ai fuoristrada) com-presa generalmente tra i 2.000 e i 5.000 Kg.I vantaggi offerti dal verricello elettrico, oltre al peso e alledimensioni contenute, sono rappresentati dal fatto che, es-sendo alimentato dalla corrente della batteria, può essere uti-lizzato anche a motore spento, mentre la possibilità di esse-re azionato anche da un comando a distanza ne consentel’utilizzo da parte di una sola persona.Sul rovescio della medaglia vanno segnalati invece una po-tenza di traino inferiore rispetto ai verricelli meccanici e, incaso di un prolungato utilizzo a motore spento, il rischio discaricare la batteria; nel corso di recuperi particolarmente im-pegnativi è consigliabile quindi lasciare sempre il motore ac-ceso, con l’acceleratore leggermente schiacciato per assicurareuna costante ricarica da parte dell’alternatore.Il verricello meccanico basa invece il suo funzionamento suuna presa di forza collegata al motore (inserita generalmen-te all’uscita del cambio) che, grazie ad una serie di alberi ditrasmissione, consente di trasferire il moto direttamente sulverricello. Decisamente più potente rispetto a quello elettrico,il verricello meccanico richiede un’installazione (e una ma-nutenzione) più complessa, ma il suo vero tallone d’Achilleè rappresentato comunque dal fatto che può essere aziona-

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to soltanto dall’esterno del veicolo.Un altro tipo di verricello meccanico, ormai datato ma ancorapresente su molti fuoristrada della vecchia guardia, è il verri-cello ad argano; noto anche come “capestano”, viene aziona-to direttamente dal motore (tramite la parte bassa inferioredella puleggia) attraverso un innesto a leva situato sul corpodel verricello. Diversamente dai tradizionali verricelli mecca-nici (e da quelli elettrici), il tamburo scorrevole è situato inposizione verticale anziché orizzontale e non vi sono cavi me-tallici inseriti nella struttura; per il suo utilizzo si ricorre aduna robusta corda che, annodata saldamente al verricello, vie-

ne messa in tensione una volta avviato l’argano.Assai meno diffuso tra i fuoristradisti è invece il verricelloidraulico, creato soprattutto per spostare carichi pesanti (co-me legnami o materiali da costruzione); diversamente dalclassico verricello meccanico, quello idraulico non è aziona-to da una presa di forza, ma da una pompa idraulica che puòessere inserita sull’albero motore e sul cambio.Tra le precauzioni da adottare per una buona manutenzionedel cavo metallico del verricello (non richiede ingrassaggio),ricordiamo di controllare con estrema attenzione il riavvol-gimento, per verificare che non si siano formati angoli trop-po stretti nel cavo, o l’insorgenza di eventuali sfilacciamen-ti nei trefoli; generalmente queste operazioni risultano diffi-cili in sede operativa, ma una volta rientrati a casa è buonanorma srotolare tutto il cavo e riavvolgerlo con cura, prov-

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vedendo inoltre all’eventuale rimozione di terra o altri ele-menti estranei penetrati nel verricello.Una particolare attenzione è richiesta inoltre anche nei con-fronti dell’ambiente per cui nel caso di ancoraggi sugli albe-ri è necessario ricorrere sempre alle strops (per non dan-neggiare la corteccia della pianta), o salvaguardare il troncocon una fodera di protezione nel caso si dovesse usare di-rettamente il cavo metallico; evitare inoltre di ancorarsi adalberi troppo piccoli (una quercia dal diametro di 30 cm. puòsostenere un peso di circa 10 tonnellate) o a piante sempre-verdi (sono meno robuste, per via delle radici poco profonde,rispetto a quelle decidue).Su strada l’adozione del verricello non comporta, special-mente nel caso di quelli elettrici, particolari problemi nellaguida, in quanto l’incremento di peso che viene a gravaresull’avantreno (15/20 Kg.) è piuttosto trascurabile; con i ver-ricelli meccanici (30/35 Kg.) si può avvertire un lieve indu-rimento del volante solo sui fuoristrada sprovvisti di idro-guida. Sui percorsi in fuoristrada l’unico inconveniente, pe-raltro limitato a pochissimi modelli che sporgono oltre il limitedel paraurti anteriore, è legato ad una leggera diminuzione del-l’angolo di attacco, o ad eventuali infiltrazioni d’acqua inguadi molto profondi nei verricelli elettrici (i migliori model-li sono generalmente a tenuta stagna).Da segnalare infine l’utilità di abbinare al verricello alcuniaccessori che, acquisita una certa pratica, consentiranno di ot-timizzarne sensibilmente le prestazioni. Tra questi, i più dif-fusi sono rappresentati dalla taglia e dai cunei fermaruote. Lataglia è formato in pratica da una semplice puleggia (attor-no alla quale viene fatto ruotare il cavo) che, una volta inseritatra il verricello e il punto di ancoraggio, consente di incre-mentarne in maniera considerevole la potenza fin quasi araddoppiarla.I cunei fermaruote si inseriscono generalmente sotto le ruo-te del veicolo quando le condizioni di scarsa aderenza delfondo rendono problematica la stabilità del mezzo trainante.

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LE SITUAZIONID’EMERGENZA

La stagione invernale rappresenta per tutti gli automobilisti,e per gli appassionati di fuoristrada in particolare, un seve-ro banco di test per la guida. Le temperature rigide, abbina-te spesso a intense precipitazioni, rendono infatti ulterior-mente precarie le condizioni già difficili e impegnative di mol-ti sterrati e mulattiere d’alta quota.Basta un attimo di distrazione inoltre, o una manovra erra-ta, e anche il driver più esperto può ritrovarsi con il veicoloirrimediabilmente bloccato in una morsa di fango o lungouna ripida scarpata dalla quale non riesce a venir fuori.È a questo punto che entrano in gioco le manovre d’emergen-za per liberare il veicolo dagli eventuali ostacoli che impedi-scono di proseguire la marcia, ricorrendo all’aiuto di altri vei-coli della carovana (nel caso di viaggi in convoglio), o utiliz-zando delle tecniche particolari di recupero messe in atto gra-zie ad alcuni accessori che, soprattutto in inverno, non do-vrebbero mai mancare tra le dotazioni di sicurezza del veicolo.L’operazione essenziale da eseguire in questi casi consisteovviamente nell’agganciare il fuoristrada ad un altro mezzoo, in alternativa, a qualche struttura (rappresentata general-mente da un albero o da uno spuntone roccioso) che risultisufficientemente robusto da offrire un valido punto di anco-raggio. Esaminiamo quindi in dettaglio le due situazioni prin-cipali più comuni che si verificano nella normale pratica del-la guida in fuoristrada.Nel primo caso, viaggiando in convoglio, la prima operazio-ne da fare è quella di rimorchiare il veicolo in difficoltà conun fune di nylon o una normale corda da traino. Diversa-mente dalle abituali condizioni di traino però, in questo ca-so è richiesta una maggior perizia nella guida e un maggio-re impegno complessivo per rimuovere il veicolo.L’auto infatti, oltre ad essere immobilizzata, può risultarepraticamente bloccata da una morsa di fango, o al centro diun guado o nel mezzo di un ripido pendio. In tutte questeoccasioni è richiesta un considerevole scorta di potenza da par-te del veicolo trainante e anche le condizioni operative sono

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esasperate al massimo. Riuscire ad agganciare un veicoloimmerso nel fango fino al radiatore può risultare particolar-mente complesso e, in alcuni casi, può anche avvenire che iripetuti tentativi (andati a vuoto) di disincagliare un veico-lo contribuiscano ad affossarlo ulteriormente.Se il veicolo bloccato è particolarmente pesante e la diffe-renza con la massa degli altri fuoristrada eventualmente di-sponibili per il recupero è alquanto modesta, la soluzione mi-gliore consiste nel ricorrere al cosiddetto traino in tandem.Due veicoli situati su fondo consistente si allineano l’uno

davanti all’altro rimorchiandosi tra loro, per essere quindiagganciati al mezzo da tirare fuori. In questo modo sarà di-sponibile la forza di due auto per spostare quella immobiliz-zata e, con un po’ di abilità (e fortuna) si riuscirà a sposta-re anche un camion a quattro ruote motrici trainato da duefuoristrada. Da non sottovalutare nel caso del traino (siacon uno che con più veicoli) che la disponibilità di corde mol-to lunghe si rivela di fondamentale importanza per una per-fetta riuscita dell’operazione in tempi brevi.Per aver un elevato grado di motricità è necessario infattiche i veicoli trainanti vengano a trovarsi su fondi molto con-sistenti, e possibilmente asciutti, altrimenti si rischia di tra-scinare su un terreno sabbioso o in un guado anche i mezziimpegnati nel soccorso.Ai fini della sicurezza è indispensabile inoltre che tutte lepersone non impegnate nelle operazioni di recupero, si asten-gano dal curiosare intorno ai veicoli. Ciò, oltre ad intralciarele operazioni di chi lavora, rappresenta una situazione digrave pericolo per il colpo di frusta che, nel caso di un’acci-dentale rottura dei cavi di traino o della fune del verricello, po-trebbe investire le persone situate nelle immediate vicinan-ze dell’incidente.Qualora risulti impossibile, pur viaggiando in convoglio, ag-ganciare l’auto in difficoltà a qualche altro veicolo, un meto-do alternativo per risolvere la situazione può essere quelladefinita in gergo come la “zavorra umana”.

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Questa tecnica consiste nel disporre 4/5 persone in corri-spondenza delle ruote dei veicolo in maniera tale che, au-mentando il carico sugli assi, si migliora sensibilmente lestesse le condizioni di aderenza per cui il veicolo potrebbedisincagliarsi anche senza ricorrere a manovre d’emergen-za con altri mezzi. Questo procedimento si rivela inoltre par-ticolarmente efficace in caso di precario equilibrio del mezzo;un esempio classico è rappresentato dalle situazioni di twi-st esasperato quando il veicolo, oltre ad avere le ruote chegirano a vuoto anche con i differenziali bloccati, risulta pe-ricolosamente inclinato su un lato e rischia di ribaltarsi pri-ma che riesca ad essere ancorato al mezzo di soccorso.Quando invece si viaggia da soli l’unica soluzione che po-trebbe rivelarsi utile in caso di difficoltà è costituita dall’uti-lizzo del tirfor. Questo accessorio rappresenta un rudimentalema efficace verricello a mano, dal peso abbastanza contenu-to a agevolmente trasportabile, disponibile in vari modelliche consentono di spostare qualsiasi tipo di veicolo. Il prin-cipio del suo funzionamento è molto semplice e si basa suuna morsa che afferra e trascina il cavo metallico, che scor-re al suo interno, grazie ad una lunga leva la cui demoltipli-cazione riduce al minimo lo sforzo necessario per spostarela macchina.Ancorato saldamente il tirfor ad un albero di grosse dimen-sioni, si fissa il cavo di traino alla macchina dopodiché (azio-nando l’apposita leva) si avvia l’operazione di recupero; inquesto caso è sufficiente una sola persona, mentre un se-condo componente dell’equipaggio si mette al volante. Vasottolineato comunque che l’adozione del tirfor, il cui utiliz-zo non sempre è risolutivo, implica necessariamente un’at-tiva partecipazione anche da parte del conducente del veico-lo che non dev’essere semplicemente trainato come un pesomorto; azionando il tirfor quindi chi è alla guida deve co-munque cercare di far avanzare, seppur leggermente, il vei-colo ricorrendo all’inserimento della trazione integrale e del-le marce ridotte.Questo singolare accessorio può rivelarsi inoltre particolar-mente utile anche per il recupero di veicoli usciti dalla pistao addirittura ribaltati, facendo passare il cavo intorno al vei-colo; è necessaria una certa esperienza, ma una volta con-solidate le basi si riesce a raddrizzare da soli qualsiasi tipo difuoristrada in tempi relativamente brevi.

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GUIDARE IN ECONOMIA

È ormai trascorso oltre un quarto di secolo da quel lontano au-tunno del ‘73 quando l’embargo arabo, infrantosi come unameteora nel fino ad allora tranquillo universo della viabilitàa motore, mutò radicalmente le abitudini degli automobili-sti costringendoli a rinunciare quasi di colpo al più preziosodei beni di consumo di questo secolo.Per la prima volta migliaia di automobilisti furono messi inriga attraverso una serie di provvedimenti (domeniche in bi-ci, circolazione a targhe alterne, chiusura dei centri storici, etc.)che puntualmente vengono rispolverati a seconda delle esi-genze politiche del momento.Molte cose sono cambiate da allora, e il prezzo del carbu-rante si è più che decuplicato (nel ‘71 un litro di super, cheoggi ha tranquillamente superato il tetto delle 2.000 lire, co-stava appena 160 lire), ma la necessità di contenere i consumirappresenta ormai un’esigenza inderogabile per la maggiorparte degli automobilisti.Nel caso dei fuoristrada, inoltre, il contenimento del consu-mo di benzina (o di gasolio) può assumere a volte un ruolodeterminante proprio in funzione del particolare tipo di uti-lizzo che caratterizza una 4x4.Assai spesso infatti può capitare che, dopo un’impegnativaescursione off-road o in seguito a una lunga trasferta di av-vicinamento su strade provinciali che attraversano solo pic-coli centri rurali con poche centinaia di abitanti, si accenda sulcruscotto la spia della riserva.Si scopre allora che la ricerca di una stazione di servizio puòrivelarsi estremamente difficile e laboriosa, soprattutto quan-do si percorrono aree pressoché sconosciute; in questi casil’adozione di uno stile di guida teso ad economizzare al me-glio la riserva ancora disponibile nel serbatoio assume un’im-portanza fondamentale per evitare di rimanere bloccati suuna mulattiera alpina o lungo uno sterrato situato a decinedi chilometri dal più vicino centro abitato.Una considerazione fondamentale da tenere sempre presen-

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te, indipendentemente dal tipo di veicolo e dalle condizioni delpercorso, è quella riguardante il proprio stile di guida, cherappresenta probabilmente uno dei fattori determinanti nelcontenimento dei consumi di carburante.Volendo fare delle cifre, a puro titolo indicativo, va tenutopresente che un veicolo i cui consumi in condizioni di guidanormali siano attestati ad esempio sui 10 Km/litro, può ar-rivare a consumare fino 6-7 Km/lt quando si adotta una gui-da sportiva; mantenendo invece uno stile di guida tranquil-lo e particolarmente oculato si riescono a percorrere fino a13/15 Km con un litro di carburante.Nel caso dei fuoristrada dell’ultima generazione inoltre, ca-ratterizzati da potenti propulsori che (anche nelle versionidiesel) assicurano riprese brucianti e consentono di supera-re tranquillamente i 150 Km/h., assumono una certa impor-tanza anche le partenze da fermo. Per avviare un veicolo fer-mo infatti occorre una quantità di carburante superiore aquella necessaria per mantenere una velocità costante: unveicolo che percorre (a 90 Km/h.) circa 15 Km/lt può arriva-re persino ad un valore limite di 5 Km/lt se, dopo la parten-za da fermo, accelera fino a raggiungere la velocità massi-ma.Per quanto riguarda invece l’uso delle marce, sempre nel-

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l’ambito della guida su strada, è importante cambiare marciasenza affaticare troppo il motore, situazione che general-mente si riscontra quando l’andatura (raggiunta con unamarcia qualsiasi) può essere mantenuta senza schiacciarel’acceleratore una volta inserita una marcia superiore; unasituazione ottimale si ha anche quando si può scalare unamarcia senza incrementare troppo il numero dei giri.Sulla maggior parte dei fuoristrada attualmente in produ-zione è presente ormai il contagiri per cui, mantenendosi me-diamente sui 3.000/3.500 giri, si può valutare con una buo-na approssimazione il momento in cui cambiare la marciaevitando di salire (o scendere) oltre questi valori. Se il veicolonon dispone di contagiri possono rivelarsi utili le indicazio-ni riportare sul libretto di istruzioni riferite alla velocità mas-sima consigliata per ogni marcia; una regoletta assai sem-plice può essere quella di passare ad una marcia più alta so-lo quando la velocità della marcia inferiore corrisponde al-l’incirca alla metà della velocità massima consigliata. Se adesempio per la III si suggerisce di viaggiare al massimo ad80 Km/h., si passerà dalla II alla III quando si viaggia attor-no ai 40/45 Km/h.; analogamente si dovrà scalare in se-conda quando l’andatura scende al di sotto di tale valore.Nei percorsi in salita è necessario evitare di viaggiare perlunghi tratti con marce troppo alte (specialmente se il moto-re non è dotato di turbocompressore), cercando di accumu-lare il più possibile l’energia cinetica del veicolo, per sfrutta-re meglio la velocità, e passare quindi ad una marcia infe-riore senza ricorrere a brusche accelerate.Guidare in economia comunque non vuol dire solo rispar-miare carburante, ma anche (e soprattutto) salvaguardare almeglio le svariate componenti del veicolo allo scopo di evitare(o prevenire) eventuali usure agli organi meccanici che, ol-tre a penalizzare la sicurezza, influiscono negativamente an-che sui costi d’esercizio.A cominciare dall’accensione, per evitare danni al motorinodi avviamento e alla batteria, occorre adottare alcune pre-cauzioni fondamentali come ad esempio quella di astenersi(nel caso il veicolo non si avviasse subito) da ripetuti tenta-tivi a breve distanza l’uno dall’altro. In questo caso, oltre adanneggiare il volano del motorino, si rischia anche di sca-ricare la batteria.

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Qualora il motore non dovesse avviarsi al primo colpo è con-sigliabile interrompere l’operazione dopo una decina di se-condi, lasciando passare un certo intervallo di tempo (ca.20/30 sec.) prima di ritentare di nuovo; se il motore stenta an-cora a partire, al terzo tentativo è meglio lasciar perdere ecercare di scoprire le cause del guasto. A tale proposito è be-ne tenere presente che, dopo un avviamento normale, il vei-colo deve percorrere almeno una decina di chilometri (il dop-pio in inverno) affinché la batteria riceva dall’alternatore lacarica di corrente utilizzata nel corso dell’avviamento.Da non sottovalutare inoltre che i ripetuti e prolungati tentatividi avviamento del motore, oltre ad incrementare i consumi dibenzina, riducono sensibilmente anche la quantità di oliopresente all’interno dei cilindri rischiando di compromette-re la stessa lubrificazione del veicolo.

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VISIBILITÀE ZONE D’OMBRA

Nella guida di un qualsiasi tipo di veicolo a motore, indi-pendente dal tipo di trazione o dal numero delle ruote motrici,uno dei fattori fondamentali ai fini della sicurezza persona-le (e della salvaguardia del veicolo) è rappresentato senz’al-tro dalla visibilità che il conducente riesce ad avere dall’internodell’abitacolo ogni qualvolta si metta al volante.Risulta determinante infatti per il guidatore avere la perfet-ta consapevolezza di tutte le caratteristiche dell’ambiente chelo circonda, allo scopo di valutare con la massima approssi-mazione gli eventuali rischi (e i pericoli) che possono condi-zionare o compromettere la marcia del veicolo.Nel caso della guida in fuoristrada, le condizioni di visibilitàacquistano un’importanza ancora maggiore proprio in virtùdel particolare utilizzo cui sono sottoposti questi veicoli che,oltre ad una padronanza pressoché totale delle loro funzio-ni meccaniche e delle svariate situazioni peculiari della gui-da off-road, richiedono un costante controllo della visualeanteriore e posteriore.Quest’ultima dev’essere sempre, compatibilmente con l’uti-lizzo del veicolo e del suo allestimento, la più chiara possibilee sgombra da ostacoli. A cominciare dalla pulizia del para-brezza.A tale scopo va sottolineato che un lunotto perfettamentepulito (sia all’esterno che internamente) riduce comunque,seppur in maniera attenuata, la luce ambientale disponibile;tale valore, attestato attorno al 10/15% in meno, sale fino al50% in caso di sporco diffuso.

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LOA

LOA: linea d’ombra anterioreLOP: linea d’ombra posteriore

LOP

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Numerose sono le sostanze che, accumulandosi gradual-mente sul parabrezza, ne compromettono progressivamentela trasparenza riducendo sensibilmente la visibilità. In esta-te inoltre, l’eccessivo accumulo di polvere e insetti (schiacciatiad esempio contro il vetro nel corso di lunghe trasferte au-tostradali) può opacizzare seriamente il lunotto anteriore,penalizzando la visibilità in maniera notevole se (oltre che al-la diffusione a chiazze) è estesa sull’intera superficie. In que-sto caso la visibilità viene compromessa in tutte quelle si-tuazioni nelle quali è richiesta la massima attenzione: dalnormale avvistamento di una diramazione sul percorso prin-cipale (le cui tracce sono comunque scarsamente visibili) al-la rapida individuazione di cespugli e rami sporgenti che siinoltrano sulla carreggiata, dal tempestivo rilevamento dirocce e massi affioranti al livello dell’acqua che si innalzadavanti al muso del veicolo nel corso di un guado impegna-tivo, dall’ampiezza della pista in presenza di scarpate verti-ginose prive di protezione all’estensione di tratti fangosi par-ticolarmente persistenti.In tutte queste situazioni gli eventuali pericoli presenti nel-l’ambiente circostante possono risultare scarsamente visibi-li dal posto di guida, nonostante la ridotta velocità adottatageneralmente lungo i percorsi in fuoristrada. Nella guida off-road infatti l’andatura contenuta (raramen-te si viaggia ad oltre 10-15 Km/h.) rende comunque possi-bile la correzione di rotta necessaria per evitare ostacoli im-provvisi, dando un dimensione ben precisa a quel parametronoto come “tempo di reazione”; durante questo intervallo,nella normale guida su strada o in autostrada) si possonopercorrere distanze enormi (a 100 Km/h. in 4 decimi di se-condo si coprono 12 metri) per cui già prima ancora di poteravviare qualsiasi reazione, che può a volte rivelarsi persinodannosa oltre che inutile, si è praticamente addosso all’o-stacolo.Per ottimizzare al meglio al tecnica di guida in funzione del-la visibilità assicurata da un qualsiasi modelli di 4x4 si rivelafondamentale la conoscenza delle cosiddette “linee d’ombra”che, seppur con alcune variabili che si discostano legger-mente da un modello all’altro, consentono di valutare consufficiente approssimazione la visuale presente dal posto diguida di un fuoristrada.

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Il punto di partenza per determinare le “linee d’ombra” siidentifica generalmente in corrispondenza del sedile del pi-lota, ad un’altezza di circa 75 cm., valore che corrisponde al-l’altezza degli occhi di un guidatore di statura media (altocirca 1,75 m) posizionato in assetto di guida eretto.Da questo punto si tracciano due linee, una anteriore (pas-sante per il bordo anteriore del cofano) e una posteriore (cheappoggia sul limite inferiore del lunotto del portellone); l’a-

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rea delimitata nei due cunei che vengono a formarsi nellaparte inferiore costituiscono le due “linee d’ombra” del vei-colo, nelle quali la visibilità è praticamente nulla. I valori ri-levati (oscillanti sulla maggior parte dei modelli attorno ai4/4.5 metri sulla parte anteriore e sui 4-8 metri su quella po-steriore) variano ovviamente in funzione dell’altezza del gui-datore, o dei suoi movimenti; spostandosi infatti verso l’al-to sia la linea d’ombra anteriore che quella posteriore dimi-nuiscono progressivamente.Una corretta valutazione della linea d’ombra anteriore assu-me una grande importanza nel fuoristrada estremo, soprat-tutto nella parte più avanzata del cono d’ombra dove può es-sere comunque visibile la parte sommitale di quegli ostacolila cui altezza superi i 30-40 cm. di altezza; ciò si rivela de-terminante ai fini della guida poiché in caso di percorsi par-ticolarmente impegnativi è più importante tenere sotto con-trollo gli ostacoli presenti a breve distanza dal muso del vei-colo che non la zona ad immediato contatto con le ruote (tran-ne alcuni casi quando si è in presenza di fango, buche profon-de o spigoli taglienti).Nell’ampiezza del campo visivo delimitato dalla linea d’om-bra anteriore, oltre alle dimensioni del lunotto e all’esten-sione del cofano, assume un ruolo importante anche l’even-tuale alloggiamento della ruota di scorta sul cofano (parti-colare che abbiamo segnalato in diversi capitoli di questo li-bro); il suo ingombro è sempre notevole (soprattutto in lar-ghezza) per cui nella parte centrale viene a crearsi una gros-sa barriera visiva che allunga in maniera considerevole lazona d’ombra, costringendo il pilota a spericolate acrobazieper vedere dove si mettono le ruote avanzando su salite mol-to ripide. Un discorso analogo vale anche per la linea d’om-bra posteriore (in caso di retromarcia o di manovre d’emer-genza) quando, oltre alla ruota posteriore esterna, sul por-tellone sono installati il portasci o il portabici.Nella visibilità posteriore un notevole aiuto viene inoltre da-gli specchietti retrovisori che, anche nella marcia normale,possono ad esempio essere orientati direttamente sui pneu-matici posteriori per verificare che le ruote non escano dallacarreggiata in alcune situazioni critiche come quelle che siriscontrano su percorsi innevati in presenza di una forte in-clinazione laterale.

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OLTRE OGNI LIMITE

Gli esami non finiscono mai. E non solo nelle commedie delgrande Eduardo, o nelle svariate problematiche legate alleesigenze della quotidiana sopravvivenza. Anche nella guida

in fuoristrada inoltre, persino dopo aver attraversato tuttequelle fasi che consentono di acquisire una discreta espe-rienza, ci si deve sempre misurare con nuove problemi e conostacoli apparentemente insormontabili.Persino i driver più esperti possono a volte trovarsi in seriedifficoltà nell’affrontare percorsi sconosciuti lungo i quali, acausa di forti precipitazioni o di improvvisi smottamenti delterreno, sembra quasi impossibile riuscire ad avanzare ol-

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tre. In questi casi la sicurezza assume un ruolo fondamentalee riuscire a continuare la marcia può rilevarsi determinante.E non solo per la soddisfazione di avercela fatta ad ogni co-sto e ogni oltre limite, ma anche perché a volte può risulta-re impossibile tornare indietro, soprattutto se la pista è insalita e non c’è spazio per invertire la marcia. Nervi saldi,attrezzatura adeguata e una tenacia incredibile, il tutto coor-dinato da un gioco di squadra, costituiscono gli ingredienti in-dispensabili per riuscire a venirne fuori senza rovinare il vei-colo o rischiare la propria incolumità. Tra le situazioni piùricorrenti abbiamo scelto tre esempi, scaturiti direttamentedalla nostra esperienza maturata nel corso della realizzazio-ne di numerosi itinerari, rappresentati dall’attraversamentodi massi giganti, dal transito in cordata e dai guadi “ocea-nici”.

MASSI GIGANTILa presenza di pietre e rocce affioranti lungo sentieri alpinie mulattiere d’alta quota non rappresenta una novità per chieffettua escursioni off-road con una certa regolarità. Né co-stituisce un particolare problema adottando le varie precau-zioni richieste a seconda dei casi. Ma a volte può capitare ditrovare sulla pista un vero e proprio macigno, staccatosi dal-le pareti della montagna in seguito a fenomeni di smotta-menti, o trascinato sulla carreggiata dopo l’erosione del ter-reno conseguente a forti precipitazioni.A questo punto sembra impossibile proseguire la marcia poi-ché le dimensioni dell’ostacolo sono tali da ostruire comple-tamente il transito, mentre il peso (che a volte può arrivarea svariate tonnellate) lo rende completamente inamovibile; an-che trovandosi in gruppo e avendo molte braccia a disposi-zione. L’unica soluzione in questo caso è rappresentata daltentativo di spostare il masso sfruttando la forza di trainodel veicolo.Come prima cosa occorre avere a bordo una robusta corda(di nylon o di metallo) e una grossa catena con la quale vie-ne realizzata una sorta di imbragatura del masso, prestandoestrema attenzione nell’ancorare le maglie nei punti che of-frano una buona presa; altrimenti, in caso di strappo, si ri-schia un pericolosissimo colpo di frusta che, oltre all’even-tualità di investire qualche componente dell’equipaggio intento

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al lavoro, potrebbe danneggiare seriamente anche il veicoloinfrangendosi contro il cofano o, nella peggiore delle ipote-si, sul lunotto anteriore che andrebbe rovinosamente in fran-tumi. Si inizia a questo punto a strattonare il masso cercan-do di muoverlo dalla carreggiata trainandolo con il veicolo, colcambio posizionato in trazione integrale e col riduttore in-serito. In questa fase occorre tenere ovviamente presente laposizione del masso e la sua eventuale collocazione dopo iltraino; in caso di una mulattiera che si snoda lungo una se-rie di ripetuti tornanti, con carreggiata molto stretta e senzaalcuna struttura di protezione sul versante a valle, occorreprestare infatti la massima attenzione per evitare che il ma-cigno precipiti verso la vallata col rischio, oltre a quello diostruire altri punti della pista, di precipitare su una malga osu eventuali veicoli in transito.Nel caso la trazione del veicolo fosse insufficiente per spostarel’ostacolo, sia per l’eccessivo peso del masso che per il ri-dotto raggio d’azione delle manovre, si può ricorrere all’usodi un crick idraulico (generalmente riescono a spostare pesifino a 5 tonnellate) per rimuoverlo quel tanto necessario perconsentire il transito del veicolo. Se le dimensioni del massosono tali da impedire qualsiasi tipo di rimozione, si può ten-tare di sfruttare la sua conformazione, soprattutto se pre-senta un profilo cuneiforme; in questo caso lo si fa ruotare inmaniera tale da avere la parte più bassa sul versante a mon-te che, seppur con qualche difficoltà, può essere scavalcata dalveicolo in marcia. A tale proposito il passaggio del mezzopuò essere agevolato dalla costruzione di due pedane d’e-mergenza, realizzate con pietre più piccole e zolle di terrache serviranno ad attutire gli urti in caso di scivolate o con-traccolpi. Durante i passaggi più difficili può rendersi neces-saria inoltre un’ispezione diretta sotto il veicolo, per rinfor-zare i punti più cedevoli o controllare che le parti più delica-te del veicolo non vengano ad urtare contro eventuali osta-coli; questa operazione, estremamente delicata e pericolosa,dev’essere effettuata con la massima tempestività poiché il vei-colo viene a trovarsi in una posizione molto instabile e l’an-coraggio offerto dalle ruote potrebbe cedere all’improvviso.

PASSAGGI IN CORDATAAmpiamente utilizzati da alpinisti ed escursionisti d’alta quo-

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ta, i “passaggi in cordata” rappresentano una delle situazio-ni più critiche e delicate che si possano affrontare nel fuori-strada estremo. Le condizioni limite che richiedono l’ado-zione di questa tecnica sono riconducibili essenzialmente adun’elevata pendenza laterale (in prossimità di profonde scar-pate o di vertiginosi strapiombi), abbinata ad una scarsissi-ma aderenza del fondo reso estremamente scivoloso per l’ec-cessiva presenza di fango o, come avviene spesso in inver-no lungo le mulattiere dell’arco alpino, di neve ghiacciata. Ilveicolo, soprattutto in discesa, tende a scivolare verso il bur-rone divenendo ingovernabile anche in prima ridotta e con lequattro ruote motrici; e persino con quei veicoli provvisti diun’ottima coppia ai bassi regimi, nonché dotati di un’eleva-ta azione frenante del motore, la forza di gravità tende aprendere il sopravvento. Generalmente è il retrotreno ad ave-re la tendenza a scivolare poiché il muso del veicolo, grazieall’azione sterzante esercitata sul volante, è comunque age-volato nel mantenimento della traiettoria.Non rimane che ricorrere ad una particolare manovra d’e-mergenza mutuata dal mondo dell’alpinismo e, analogamentea quanto avviene su una ferrata dolomitica, anche in questicasi occorre effettuare un vero e proprio “passaggio in cor-data”, assicurando il veicolo con robuste corde di nylon mu-niti di crick e di grilli in acciaio; l’ancoraggio sul retrotreno puòavvenire in corrispondenza del gancio di traino o passandola corda attorno al paraurti, mentre come punto di sicurezzapuò essere utilizzato un albero (dal diametro non inferiore ai20 cm.) o da uno spuntone di roccia acuminato. In mancanza di qualsiasi punto di appiglio sul versante amonte, una valida alternativa può essere quella di piantare(terreno permettendo) un’ancora da sabbia la cui profonditànon dev’essere inferiore al metro di lunghezza. Mentre il dri-ver è impegnato ad avanzare lentamente, con la trazione in-tegrale e le marce ridotte inserite, un altro componente del-l’equipaggio provvederà a stringere progressivamente il crickdella corda per mantenerla sempre in tensione, in manieratale che assicuri un tiro costante che impedisca all’auto disprofondare. Solo una volta superato il punto critico si potràliberare il veicolo e tornare alla marcia normale.Tra gli altri accessori utili, possono rivelarsi inoltre partico-larmente efficaci anche delle catene, delle corde da traino in

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metallo, un pallone gonfiabile e un mini-argano, oltre natu-ralmente al verricello le cui modalità d’uso in questi casi nonsi discostano dalle abituali condizioni di utilizzo adottate insituazioni “normali”.

GUADI “OCEANICI”Pur conoscendo il limite di guado del proprio veicolo, ed aven-do acquisito un certa esperienza nell’attraversamento di cor-si d’acqua più o meno profondi, anche in questo caso ci sipuò trovare di fronte a situazioni limite che, in alcuni casi, pos-sono sfuggire anche alle annotazioni dei più accurati road-book utilizzati durante un percorso.È sufficiente infatti un improvviso acquazzone estivo per in-grossare oltre misura un tranquillo torrente di montagna, oil crollo di un ponte, o l’errata valutazione dell’alta mareaper ritrovarsi a navigare con l’acqua a filo del passaruota.Oltre alle normali precauzioni (ampiamente illustrate nel ca-pitolo sul guado) normalmente adottate quando si è impe-gnati nell’attraversamento di un corso d’acqua, in caso diprofondità molto elevate il parametro più importante da con-siderare riguarda la presenza (e l’andamento) della corren-te del fiume. Dopo aver scandagliato ripetutamente a piediil tragitto da guadare, ed aver individuato la rotta migliore,è necessario effettuare la traversata nel minor tempo possi-bile; un’andatura alquanto vivace consente infatti di sfruttareal meglio anche l’energia cinetica espressa dal veicolo in fa-se di accelerazione; ciò eviterà inoltre che nel punto dove lacorrente è maggiore (e quindi estremamente variabile risul-ta il flusso dell’acqua) il mezzo venga a trovarsi in una sor-ta di “stallo” che, seppur per un breve tratto, lo sollevi ren-dendolo completamente ingovernabile, col rischio di trascinarloin punti dalla profondità ulteriormente accentuata. Nel casouna delle ruote finisse in una buca, evitare di tentare di ri-partire se il fondo è particolarmente ghiaioso (si rischia inu-tilmente di scavare, affossando ancora di più il veicolo), ri-correndo al traino con un secondo veicolo; per agevolare leoperazioni di recupero inoltre, anche se l’idea è difficile da ac-cettare, è consigliabile, dopo aver spento il motore, aprire leportiere lasciando sommergere l’abitacolo dall’acqua; questoaccorgimento (evitando l’effetto di galleggiamento) renderàmolto più stabile il mezzo anche in presenza di profonditàprossime al metro.

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COME GUIDAREUN PICK-UP

Tra le svariate attività legate al tempo libero, una delle di-scipline che presenta senz’altro svariate analogie con il mon-do dell’off-road è rappresentata senz’altro dal caravanning.E non solo per il fatto che alcuni tra i camper più prestigiositra quelli presenti sul mercato siano allestiti su meccaniche4x4. Ma anche per la straordinaria versatilità che i fuori-strada offrono ad esempio nel traino delle caravan, nonché dialtri rimorchi adibiti al trasporto di cavalli o imbarcazioni.Può capitare inoltre, soprattutto nel caso dei pick-up, che sialo stesso veicolo fuoristrada a trasformarsi in camper, purmantenendo pressoché inalterata la sua struttura polivalen-te grazie all’adozione di una cellula abitativa amovibile. Sul-la scia di queste considerazioni abbiamo ritenuto utile inse-rire in questo manuale anche alcune note sulla guida di unpick-up 4x4 trasformato in camper che, per dimensioni e ca-ratteristiche generali, si discosta nettamente da quella di uncomune fuoristrada.Il primo parametro da considerare riguarda naturalmente lavalutazione relativa ai pesi a agli ingombri, valori entrambisovradimensionati rispetto ad un normale 4x4.Tenendo presente le dimensioni riferite ai modelli più diffu-si in circolazione, appare evidente infatti che anche le misu-re dei 4x4 tradizionali risultino ampiamente superate da quel-le della cellula abitativa montata su un pick-up; soprattuttoper quanto riguarda l’altezza (complessivamente si aggiraoltre i 2.5 m). Ed è proprio l’altezza a costituire una dellemaggiori insidie poiché, soprattutto a causa della profilo del-la mansarda, occorre prestare un’estrema attenzione alla pre-senza di rami sporgenti sulla pista o agli spuntoni di rocciache invadono la carreggiata. È preferibile quindi non avven-turarsi mai con un pick-up trasformato in camper lungo per-corsi sconosciuti, scegliendo comunque un itinerario non ec-cessivamente impegnativo per quanto riguarda condizionidel fondo e ampiezza della carreggiata.L’altezza massima del veicolo è inoltre suscettibile di notevoli

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variazioni a seconda del tipo di cellula adottata sul pick-up;da segnalare a tale proposito la sensibile riduzione degli in-gombri in altezza che si registra in quei modelli di cellulaabitativa con tetto rialzabile la cui altezza complessiva con-sente di risparmiare circa 50 cm. quando il veicolo è in mar-cia.Trascurabile nella maggior parte dei casi è l’incremento del-la larghezza, mentre per quanto riguarda la lunghezza anchein questo caso le precauzioni da adottare durante la guidadipendono dal tipo di cellula adottata. Alcuni modelli sonostrutturati in maniera tale che la parete posteriore della scoc-ca (in corrispondenza della quale si trova la porta di acces-so) rientra nel perimetro del cassone del pick-up; su altri mo-delli la lunghezza della cellula è tale da arrivare a sporgere an-che fino a 60/70 centimetri per cui occorre prestare molta at-tenzione allo sbalzo posteriore (già notevole su alcuni modellidi pick-up) nella guida in fuoristrada su percorsi particolar-mente sconnessi.Anche il peso della scocca, compreso attorno ai 500/600 kg.costituisce un fattore che penalizza ulteriormente le presta-zioni del veicolo, sia per quanto riguarda la potenza gene-rale del motore che nell’elasticità assicurata ai bassi regimi;al peso della cellula va inoltre aggiunto quello relativo all’e-quipaggiamento da campeggio che, in alcuni casi, può arri-vare ad oltrepassare anche il limite del carico utile.Prima di approfondire le varie tematiche riguardanti la tecnicadi guida, è opportuno sottolineare che con un pick-up tra-sformato in camper le performance fuoristradistiche sono de-cisamente limitate rispetto a quelle che abitualmente si pos-sono affrontare con un pick-up tradizionale. La presenza del-la mansarda e dello sbalzo posteriore non consentono infat-ti di avventurarsi su percorsi particolarmente accidentati, o conforti variazioni altimetriche, ma impongono la scelta di itinerariabbastanza semplici e poco impegnativi.L’ideale in questo caso è rappresentato dagli sterrati non trop-po sconnessi, con carreggiata sufficientemente larga e privadi ostacoli quali rocce, alberi e solchi profondi.Dal punto di vista della sicurezza nella guida i pericoli mag-giori, oltre a quelli già accennati dovuti alla presenza dellamansarda sono rappresentati dall’ingombro dell’intera cel-lula abitativa che, analogamente a quanto avviene su un nor-

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male camper, determinano un innalzamento del baricentrodel veicolo. Ciò si ripercuote negativamente nella tenuta distrada e il veicolo si dimostra assai più vulnerabile nei con-fronti di quei fastidiosi fenomeni (peculiari dei veicoli dacampeggio a motore) di oscillazione trasversale e longitudi-nale, noti come rollio e beccheggio, oltre a risentire pesante-mente dello “schiaffo”.Quest’ultimo è rappresentato in pratica dalla pressione, do-vuta all’enorme spostamento d’aria, esercitata da un veico-lo di grosse dimensioni (tir, bus, etc.) quando incrocia a for-te velocità (sia proveniente dalla direzione opposta che nel-la fase di sorpasso) un veicolo mansardato.Nei percorsi fuoristrada l’accentuazione dell’altezza, e il con-seguente innalzamento del baricentro che ne deriva, ponedei limiti soprattutto nell’attraversamento di tratti con fortependenza laterale, specialmente quando l’inclinazione è mol-to accentuata; in questi casi il pick-up allestito a camper ri-schia infatti di ribaltarsi lateralmente su un tragitto che, sep-pur impegnativo, potrebbe essere superato senza particola-ri difficoltà da un normale 4x4.Può risultare utile a tale scopo concentrare tutti i carichi pe-santi (taniche acqua, scorte carburante, scatolame, bagagli,etc.) nella parte più bassa del veicolo, sul pavimento dellacellula abitativa, avendo inoltre l’accortezza di ancorare sal-damente tutto l’equipaggiamento della cucina e gli accesso-ri della vacanza trasportati.Anche sui normali pick-up 4x4 privi di cellula abitativa puòessere adottato un procedimento analogo per ottimizzare leprestazioni off-road; è sufficiente collocare nel vano di cari-co del cassone alcune taniche da 20/30 litri piene di acqua,per un peso complessivo di alcuni quintali, per miglioraresensibilmente la motricità sull’asse posteriore.Tra gli accessori da abbinare al pick-up si rivelano preziosi,in funzione della maggiore esposizione ad alcuni ostacoliquali fango, guadi e fondi sconnessi, l’adozione di un verri-cello o di pedane metalliche, mentre tra la strumentazionedella cabina non dovrà mancare un inclinometro di estremaprecisione.

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ETICA DELL’OFF-ROAD

La pratica del fuoristrada diventa sempre più problematicaal giorno d’oggi per la maggior parte degli appassionati che,soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta,trovano sempre maggiori difficoltà a scovare sentieri e mu-lattiere di montagna lungo i quali avventurarsi con la mas-sima tranquillità.Tutto è cominciato dopo il boom dei veicoli a quattro ruote mo-trici che, proprio intorno all’85, hanno superato per la pri-ma volta il tetto dei 40.000 veicoli immatricolati all’anno.Questo fenomeno, abbinato alla concomitante espansione diuna maggiore coscienza ecologica (legata soprattutto ad unaesasperata protezione dell’ambiente), ha inevitabilmente in-nescato una vera e propria avversione verso i fuoristrada.Tendenza ulteriormente esaltata dal discutibile comporta-mento delle solite pecore nere (presenti del resto in tutte le ca-tegorie) che, in seguito ad atteggiamenti scorretti e sconsi-derati, ha gettato discredito sull’intero settore.E tutti si sono affrettati a sparare sul mucchio. Bastava chedurante un raduno, o una semplice escursione domenicalein convoglio, qualcuno uscisse dalle righe (sconfinando suiprati ai lati della pista o invadendo campi coltivati) che lapatente di country-killer (così ci ha definiti un noto e sac-cente tuttologo ex-sessantottino) venisse affibbiata tout-coura chiunque si fosse macchiato della “colpa” di possedere vei-colo 4x4.Tuttavia nonostante l’avversione degli ambientalisti ad ol-tranza e le rigide restrizioni di alcune amministrazioni re-gionali particolarmente, miopi e ostili a qualsiasi forma didialogo, la pratica del fuoristrada riesce ancora a trovare isuoi spazi lungo le piste e le mulattiere dell’intera penisola.Dall’arco alpino alla catena appenninica, fino alle propaggi-ni di rilievi siciliani, sono innumerevoli i percorsi lungo iquali ci si può avventurare con un’auto a trazione integrale.Dopo aver affrontato le più svariate situazioni di guida infuoristrada, abbiamo ritenuto utile inserire in appendice ai

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vari capitoli finora esposti una serie di considerazioni cherappresentano una sorta di etica dell’off-road in cui sonocomprese le principali norme di comportamento (non menoimportanti delle norme di guida) che ogni appassionato di4x4, ai fini di evitare qualsiasi problema con le autorità lo-cali, dovrebbe conoscere.Prima di entrare nei dettagli è doverosa una breve classifi-cazione sulle piste e le mulattiere lungo le quali ci si avven-tura solitamente con il proprio veicolo. Nonostante le cap-ziose informazioni sparse in malafede dagli abituali nemicidell’”attrazione integrale”, va precisato subito che non esistonostrade precluse a priori al transito dei fuoristrada e che leuniche carrozzabili sulle quali è vietato spingersi con un vei-colo a motore sono principalmente di due categorie: nella pri-ma sono comprese quelle che attraversano proprietà privatee nella seconda quelle che si trovano all’interno di zone pro-tette dal punto di vista naturalistico quali parchi regionali enazionali o oasi ambientali di particolare interesse floro-fau-nistico.Va sottolineato comunque che, in alcuni casi, anche quandosi incontrano segnali di divieto di accesso, assai spesso ci sitrova davanti ad una norma da interpretare e non di frontead una interdizione assoluta. Non di rado, infatti, alcune am-ministrazioni locali appongono arbitrariamente cartelli di di-vieto di transito lungo sentieri e mulattiere di montagna (noncomprese in proprietà private, né in parchi naturali) solo per-ché non sono stati effettuati lungo il percorso i regolari lavoridi manutenzione; l’apposizione di cartelli di divieto in que-sto caso ha il solo scopo di evitare problemi (e responsabilità)in caso di incidenti. Una segnalazione del genere consentein pratica di scaricare qualsiasi responsabilità sull’automo-bilista in caso di eventuali danni; in sostanza, è come se vifosse scritto “potete transitare solo a vostro rischio e perico-lo, noi ce ne laviamo le mani”.Per quanto riguarda il codice di comportamento, possiamoselezionare due gruppi di consigli e suggerimenti (entrambiriassumibili in dieci punti principali), riguardanti sia l’atteg-giamento da tenere nei confronti dell’ambiente che le normespecifiche per i fuoristradisti.

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CODICE DELL’AMBIENTE1) Lasciate l’area utilizzata per una sosta picnic nelle stes-

se condizioni in cui la si vorrebbe trovare.2) Non interrate mai carte e rifiuti, né lasciateli sparsi in giro.3) Non lasciate mai fuochi accesi sulla vegetazione.4) Non utilizzate le pietre sparse per allestire barbecue o

piani di cottura.5) Lasciate l’acqua pulita e salvaguardate l’integrità delle

sorgenti e degli stagni.6) Non danneggiate la vegetazione.7) Non danneggiate le formazioni geologiche.8) Non attraversate percorsi non autorizzati.9) Non abbandonate i sentieri per escursionisti quando so-

no segnalati come unico itinerario possibile.10) Rispettate le regole di conservazione ambientale e le di-

sposizioni delle autorità locali competenti.

DECALOGO DEL FUORISTRADISTA1) Non invadete con le ruote del veicoli i prati ai lati della

pista, evitando inoltre di avventurarvi in fuoripista neiboschi o nei pressi di un rifugio.

2) Richiudete sempre dopo il transito i cancelli in legno efilo spinato che si incontrano lungo il percorso.

3) Fate attenzione agli animali, soprattutto in corrispon-denza di pascoli e alpeggi, evitando di spaventarli; senecessario, fermatevi e spegnete il motore aspettandoche si siano allontanati dalla pista.

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4) Moderate la velocità nell’attraversamento di nuclei abi-tati o nei pressi di casolari sparsi.

5) Date sempre la precedenza ai veicoli agricoli che si in-crociano lungo il percorso.

6) Fate attenzione alla circolazione di moto da cross o datrial, non infrequente in diverse regioni; in prossimità ditornanti segnalate acusticamente la vostra presenza.

7) Se non conoscete la zona che state attraversando, cer-cate di venirne fuori prima del tramonto, soprattutto ininverno quando le giornate sono brevissime.

8) Evitate di tenere troppo a lungo acceso il motore in ca-so di soste prolungate.

9) Nell’attraversamento dei guadi limitatevi a superare ilcorso d’acqua solo lungo la traiettoria della pista.

10) Evitate di spingervi con le ruote del veicoli fino alle spon-de dei laghetti di montagna; il fondo viscido e partico-larmente scivoloso rischierebbe di farvi impantanare.

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INDICE

Introduzione .......................................................p. 3Cap. 1 ABC dell’off-road ..................................p. 5Cap. 2 Lo sterrato.............................................p. 9Cap. 3 Neve e ghiaccio .....................................p. 13Cap. 4 Traino off-road ......................................p. 17Cap. 5 Occhio alla vegetazione .........................p. 21Cap. 6 Le ridotte...............................................p. 25Cap. 7 Viaggiare in convoglio...........................p. 31Cap. 8 Come muoversi nel fango ......................p. 35Cap. 9 Il guado.................................................p. 41Cap. 10 Occhio alle gomme ................................p. 45Cap. 11 Pioggia e nebbia....................................p. 51Cap. 12 Catene: non solo neve ...........................p. 55Cap. 13 Guidare sulla sabbia..............................p. 61Cap. 14 Viaggiare in sicurezza ...........................p. 67Cap. 15 Guidare lungo i solchi ...........................p. 73Cap. 16 Guidare a vista ......................................p. 79Cap. 17 Salite e discese ......................................p. 83Cap. 18 Gli occhi della notte ...............................p. 87Cap. 19 Inclinazione laterale ..............................p. 93Cap. 20 Massi e pietre ........................................p. 97Cap. 21 La retromarcia.......................................p. 103Cap. 22 “Navigare” lungo i torrenti ....................p. 109Cap. 23 La posizione di guida ............................p. 113Cap. 24 Mettersi in trazione ...............................p. 119Cap. 25 Il verricello ............................................p. 125Cap. 26 Le situazioni d’emergenza.....................p. 129Cap. 27 Guidare in economia .............................p. 133Cap. 28 Visibilità e zone d’ombra.......................p. 137Cap. 29 Oltre ogni limite ....................................p. 141Cap. 30 Come guidare un pick-up ......................p. 147Cap. 31 Etica dell’off-road..................................p. 151

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