La «strage di Ustica» :unamenzognachesi rinnovada33anni · 2013. 8. 8. · Why the definition...

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3 La «strage di Ustica»: una menzogna che si rinnova da 33 anni di Franco Foresta Martin ATTIVITÀ DEL CENTRO L o spunto per queste riflessioni mi viene offerto da una recente (28 gennaio 2013) e rilevante no- tizia di cronaca giudiziaria: 33 anni dopo il di- sastro del DC9 Itavia, denominato «I - TIGI», precipitato la sera del 27 giugno 1980 nel Mar Tirreno con 81 per- sone a bordo (nessuno sopravvisse), la Terza Sezione Ci- vile della Corte Suprema di Cassazione ha condannato i Ministeri della Difesa e dei Trasporti a risarcire i fami- liari delle viime per «violazione della norma cautelare» e per aver disaeso «l'obbligo di garantire la sicurezza dei voli» 1 . La sentenza della Cassazione fa seguito alla condanna già emessa dal giudice di primo grado del Tribunale ci- vile di Palermo nel seembre 2011, ribadita in Appello, ora definitivamente confermata con il rigeo dei ricorsi presentati dalle Amministrazioni dello Stato. TEATRO DI COMBATTIMENTO Da quali pericoli avrebbe dovuto essere garantita la si- curezza del DC9 Itavia? Riferendosi alle cause del disa- stro, già la sentenza di primo grado del Tribunale Civile di Palermo affermava che: «La sera del 27 giugno, lungo la roa del DC9 dell'Itavia e nelle ore di effeivo transito di que- sto velivolo, era in corso un'operazione aerea militare coinvol- gente numerosi velivoli in asseo da guerra» 2 . Di conseguenza: «I predei ministeri avrebbero dovuto garan- tire l'assenza di ostacoli alla circolazione aerea e/o di altri ve- livoli lungo la roa assegnata al DC9, e comunque adoare misure idonee a prevenire l'incidente, ad esempio non auto- rizzando il decollo del DC9 o il volo sulla solita roa o asse- gnando altra roa» 3 . Ora, col giudizio della Cassazione del 28 gennaio 2013, dopo 33 anni di istruorie e procedimenti giudiziari pe- Perchè la definizione «strage di Ustica» ha continuato a essere usata anche quando è risultato evidente che l'isola non ha nulla a che fare con il luogo di abbai- mento e caduta del DC9 ? Dopo la sentenza della Cassazione che condanna i mi- nisteri della Difesa e dei Trasporti a risarcire i parenti delle viime, presentiamo una nostra ricerca sullo sce- nario geografico in cui si compì la tragedia, un'ipotesi sui motivi della falsa aribuzione, e una proposta di ‘adozione’. M y starting point was a recent and breaking legal news story (Jan, 28th 2013): 33 years aer the disaster of the DC-9 Itavia, named «I-TIGI», fallen in the evening on Jun, 27th 1980 into the Tyrrhenian Sea with its 81 passengers (no survivors), the Il DC9 dell'Itavia "I-Tigi" sulla pista dell'aeroporto di Basilea nel 1972. (Concessione del Werner Fischdick archive). Itavia DC9 "I-TIGI" on the runway at the airport of Basilea in 1972 (thanks to Werner Fischdick archive). Why the definition «Ustica massacre» had been used also aer it was clear that the Island has nothing to do with the place of the shooting down and the fall of the DC9? Aer our High Court Appeal’s sentence which orders both the Ministry of Defense and the Ministry of Tran- sport to compensate victims’ relatives, we are going to expose our own research about the geographical scenario where the tragedy took place, a theory about the lie, and an 'adoption' proposal. The «Ustica massacre», a 33 years-recurrent lie by Franco Foresta Martin

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    La «strage di Ustica»: una menzogna che sirinnova da 33 anni

    di Franco Foresta Martin

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    Lo spunto per queste riflessioni mi viene offertoda una recente (28 gennaio 2013) e rilevante no-tizia di cronaca giudiziaria: 33 anni dopo il di-sastro del DC9 Itavia, denominato «I - TIGI», precipitatola sera del 27 giugno 1980 nel Mar Tirreno con 81 per-sone a bordo (nessuno sopravvisse), la Terza Sezione Ci-vile della Corte Suprema di Cassazione ha condannatoi Ministeri della Difesa e dei Trasporti a risarcire i fami-liari delle viBime per «violazione della norma cautelare» eper aver disaBeso «l'obbligo di garantire la sicurezza deivoli»1.

    La sentenza della Cassazione fa seguito alla condannagià emessa dal giudice di primo grado del Tribunale ci-vile di Palermo nel seBembre 2011, ribadita in Appello,ora definitivamente confermata con il rigeBo dei ricorsipresentati dalle Amministrazioni dello Stato.

    TEATRO DI COMBATTIMENTODa quali pericoli avrebbe dovuto essere garantita la si-

    curezza del DC9 Itavia? Riferendosi alle cause del disa-stro, già la sentenza di primo grado del Tribunale Civiledi Palermo affermava che: «La sera del 27 giugno, lungo laro

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    nali e civili, di commissioni d'inchiesta parlamentari, diperizie e controperizie, di condanne, assoluzioni e pre-scrizioni; non ultimo, di false testimonianze, occulta-zioni di prove e depistaggi, si perviene ad alcuni risultaticonclusivi. Non solo perché viene riconosciuto ai parentidelle viBime il vulnus subito a causa dell'imprevidenzadelle amministrazioni dello Stato, ma anche perché, perla prima volta in una sentenza inoppugnabile, si conse-gna la verità giudiziaria su uno dei misteri più impene-trabili della Repubblica Italiana.

    Deve considerarsi accertato quanto, in termini di ipo-tesi, si era sospeBato fin dalle prime indagini giudiziariee parlamentari: quella noBe, lungo la roBa del DC9, vo-lavano numerosi aerei militari impegnati in operazionida combaBimento; i vertici dei ministeri competenti losapevano e non fecero nulla per soBrarre al pericolol'aereo civile, il quale fu abbaButo. E, proprio sulle mo-dalità dell'abbaBimento, i giudici della Cassazionehanno compiuto un importante passo avanti, affer-mando che: «E’ abbondantemente e congruamente motivatala tesi del missile»4.

    TuBavia il mistero è lungi dall'essere completamentesvelato: restano ancora senza risposta certa gli interroga-tivi sulla nazionalità dei mezzi navali ed aerei coinvoltinelle operazioni militari, sulla nazionalità del missile cheabbaBé il DC9, sulla dinamica dell'abbaBimento. A que-sto proposito, è il caso di ricordare che l'ex presidentedella Repubblica Francesco Cossiga (presidente del con-siglio all'epoca della strage), dopo un lungo riserbo, neisuoi ultimi anni di vita, rivelò pubblicamente di esserestato informato dai servizi segreti italiani che il DC9 erastato abbaButo per errore da un missile «non a impa

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    F.Foresta Martin. «La strage di Ustica». Una menzogna che si rinnova da 33 anni

    l'isola, geograficamente parlando, non ha nulla a che ve-dere con il luogo di abbaBimento e di caduta del DC9 ?

    Ancora oggi, molti di coloro i quali traBano questa pa-gina oscura della nostra aviazione aBraverso articoli,saggi, inchieste, servizi televisivi e finanche opere tea-trali, ripetono acriticamente che l'aereo scomparve «neicieli di Ustica», che precipitò «sulla verticale dell'isola diUstica», che i suoi roBami furono trovati «nelle acque diUstica». Ancora oggi, in articoli e inchieste si leggonocifre relative alle distanze tra il punto di abbaBimentodell'aereo in volo o di recupero in mare del suo reliBo el'isola di Ustica destituite di fondamento.

    Allora tentiamo di definire, documenti alla mano, loscenario geografico in cui si compì la tragedia, sia al mo-mento dell'abbaBimento del DC9, sia nelle fasi di recu-pero dei suoi roBami galleggianti in mare e poi del suoreliBo sul fondo del Tirreno.

    ULTIMA POSIZIONE NOTALa noBe di quel lontano 27 giugno 1980, quando l'ae-

    reo proveniente da Bologna e direBo a Palermo, alcuniminuti dopo avere sorvolato l'isola di Ponza, interruppeimprovvisamente le sue comunicazioni radio e sparìdagli schermi radar, i controllori di volo cercarono di de-terminare le coordinate corrispondenti agli ultimi se-gnali registrati, allo scopo di indirizzare le ricerche e isoccorsi. Ma non fu un lavoro facile: le tracce strumentalidel DC9 erano poco chiare e mischiate a una molteplicitàdi segnali che denotavano la presenza di altri velivoli vi-cini.

    In un primo momento, come si legge negli aBi dellaCommissione parlamentare Gualtieri, l'ultimo «puntonoto» del DC9 fu considerato il contaBo radio con«Roma-Controllo» delle 20,57', riferibile alle coordinategeografiche 40°12'N, 13°01'E, quando il pilota comunicòdi trovarsi al punto Alpha dell'aerovia Ambra 13, a un'al-tezza di 25.000 piedi (circa 7.620 m). Poi, nel corso dellanoBe, si decise di dare maggior credito alle ultime im-magini radar generate dal transponder di bordo e regi-strate dal centro di Roma-Ciampino alle ore 20,59'45”,associabili alle coordinate 39°35'N, 13°04' E6. In seguitoa più accurate stime, la posizione relativa all'ultimo se-gnale del transponder è stata ulteriormente rifinita, spo-standola una ventina di km più a Nord, sicché essarisulta associata alle coordinate 39°43'N, 12°55' E7.

    La prima domanda che mi sono posto è se l'incertezzainiziale sulla posizione in volo occupata dall'aereo almomento del disastro possa aver portato all'equivocodella sua localizzazione a Ustica o negli immediati din-torni. La risposta è negativa. InfaBi, se riportiamo su unacarta geografica le coordinate relative al contaBo radiodelle 20,57 e all'ultima ba

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    delle 20,57, presenta le seguenti distanze geodetiche ri-speBo alle località di terraferma relativamente più vi-cine9:

    - VENTOTENE, km 73- PONZA, km 77- ISCHIA, km 96- CAPRI, km 110- USTICA, km 167L' estremità sud del segmento in esame, corrispon-

    dente all'ultimo segnale radar delle 20,59 45” -verosi-milmente il punto in cui l'aereo, dopo essere statocolpito, subisce il blackout eleBrico, interrompe i segnaliradio e precipita, a pezzi, verso il Tirreno-, ha le seguentidistanze geodetiche rispeBo alle località relativamentepiù prossime:

    -USTICA, km 116-VENTOTENE, km 127-PONZA, km 131-ISCHIA, km 139-CAPRI, km 144Insomma, se un equivoco poteva sorgere all'inizio do-

    veva essere relativo all'ipotesi che l'aereo fosse precipi-tato molto più vicino a Ventotene e a Ponza che nonUstica. Superata la confusione iniziale, comunque, è ap-parso evidente ai controllori di volo e all'apparato deisoccorsi che il disastro era avvenuto almeno 115 km aNord dell'isola di Ustica, in una zona a metà strada frale isole Ponziane e Ustica, dove effeBivamente furonoindirizzate le ricerche. Da questa consapevolezza nonpoteva certo nascere l'equivoco che il disastro si fosseconsumato nello spazio aereo sopra l’isola di Ustica.

    I ROTTAMI GALLEGGIANTIOltre al punto in cui l'aereo precipitò nel Tirreno, ci

    sono altre posizioni rilevanti da meBere bene a fuoco alfine di avere un quadro geografico completo del disa-stro: quelle relative alla localizzazione dei reliBi in mare.

    Forse a causa dell'iniziale incertezza sulla posizione discomparsa del DC9, sicuramente anche per le sfavore-voli condizioni meteo-mariBime, caraBerizzate da ventida NW, mari mossi e foschia, e forse anche per altri in-

    L'imprecisone delle infografiche. Il luogo di caduta del DC9 Itaviacontinua a essere indicato a Ustica o nei suoi pressi, nonostante neidocumenti ufficiali, ormai da decenni, siano riportate le coordinateche indicano una zona distante da Ustica oltre 110 km.

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    line and disappeared from the radar screen, the air-traf-fic controllers tried to set the last signal coordinates inorder to send assistance and researches. But it was diffi-cult: the instrumental tracks of the DC9 were unclearand mixed with lot of signals which revealed the pre-sence of other nearby planes.

    At a first quest, as it is wriBen in the Acts of Gualtieri’sParliamentary Commission, the last «known position» ofthe DC9 was considered the radio contact with «Rome-Control» at 20,57', that is the geographical coordinates40°12'N , 13°01'E , when the pilot set his position at theAlpha point of the air path Ambra 13, at an altitude of25.000 feet (about 7.620 m). Then, during the night, itwas resolved to give some more credits to the last radarpictures from the on board transponder and recordedby the center of Rome-Ciampino at 20,59'45"p.m., that isto say at coordinates 39°35'N, 13°04' E6. AAer more accu-rate valuation, a more defined position stated by the lasttransponder signal was shiAed a 20 km further towardsNorth, so it is associated to the coordinates 39°43'N,12°55' E7.

    My first question has been if the initial uncertaintyabout the in flight airplane position at the disaster mo-ment could lead to the misunderstanding of its locationover Ustica or very close to it. The answer is no. In-deed, if we plot on a geographic map the radio contactcoordinates at 20,57 p.m. and the last radar signal at20,59' 45", we get a 60 km segment which displays thetrack of the last two minutes and 45 seconds of the air-plane life. That segment, as easy provable, is set in anaverage position to the line Ponza-Ustica, in the middleof the Tyrrhenian Sea8.

    Inaccuracy of schematic pictures. DC9 Itavia crashing place has stillbeen pointing out at Ustica or nearby, although in the official docu-ments it has been specified far from Ustica more than 110 km sincedecades.

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    confessabili motivi, sta di faBo che le ricerche navali edaeree furono tardive. Gli elicoBeri decollarono a partiredalle 22, un'ora dopo la scomparsa del velivolo; i mezzinavali salparono ancora più tardi, a partire dalle 23,30.Nessuna delle missioni di ricognizione noBurna ebbeesito positivo10.

    La prima localizzazione di alcuni roBami avvenne sol-tanto la maBina seguente, alle 7,12 (oltre dieci ore dopoil disastro) con l'avvistamento, da parte di un elicoBero,di una macchia oleosa e di alcuni frammenti galleg-gianti, in una zona corrispondente alle coordinate39°49'N, 12°55' E11.

    Il tragico recupero di 38 salme intere, di un frammentoanatomico riconosciuto, di altri resti anatomici non iden-tificabili, di parti dell'aereo e degli effeBi personali deisuoi occupanti, proseguì nelle ore e nei giorni successivi,in una vasta area del Tirreno Centrale in cui i venti e lecorrenti marine avevano, nel fraBempo, sparpagliatoquella congerie di reliquie. Il mare non avrebbe mai piùrestituito i corpi dei 42 dispersi12.

    Sulla base degli elenchi dei «reli

  • prima di poter dare corso a due distinte campagne di re-cupero: la prima effeBuata nel biennio 1987-88 a curadella compagnia francese Ifremer; la seconda nel 1991 af-fidata alla britannica Wimpol. Le principali parti del re-liBo furono ritrovate in una zona delimitata dai paralleli39° 41' N - 39° 43' N e dai meridiani 13°01' E - 13°04' E.Erano parti della fusoliera e della cabina di pilotaggio, idue reaBori, le ali, i carrelli, la porta principale dell’ae-romobile, la porta del vano cargo anteriore, la coda coni relativi piani alari, la scatola nera e il registratore dellecomunicazioni radio, bagagli vari14.

    A conti faBi, l'area del ritrovamento occupa una tren-tina di km quadrati (per l'esaBezza, 5 x 6 km, con il latomaggiore lungo il meridiano); la parte centrale si trovauna dozzina di km a Est rispeBo alla posizione dell'ul-timo contaBo radar. Anche in questo caso è facile calco-lare la distanza fra l'area di giacitura dei pezzi in fondoal mare e l'isola di Ustica: circa 115 km. Una distanza taleda non permeBere di aBribuire geograficamente all'isolail luogo di inabissamento del velivolo.

    LA CADUTARileggendo, a distanza di tanti anni, le pagine delle pe-

    rizie allegate ai vari procedimenti giudiziari, è interes-sante notare come fin dalla metà degli anni '90, grazie alrecupero e alle analisi effeBuate sui vari pezzi del DC9,era stato possibile ricostruire la dinamica del disastro esi accumulavano gli indizi a favore della tesi dell'abbaBi-mento dell'aereo da parte di un missile.

    Fino al momento dell'incidente il volo era stato rego-lare, i motori e i sistemi di bordo funzionavano perfeBa-mente, l'aereo volava nella roBa prestabilita. Poi ci fuun'improvvisa «decompressione esplosiva», aBribuibilenon ad una causa interna, come per anni hanno soste-nuto alcune parti favorevoli all'ipotesi della bomba piaz-zata nella toileBe posteriore dell'aereo, bensì a una causaesterna: l'esplosione di un missile che lacerò la parte an-teriore destra dell'aereo. Da quel momento si verifica-rono, in streBa sequenza: la caduta repentina dellapressione artificiale della cabina; il blackout del sistema dialimentazione eleBrica; il collasso di tuBi i sistemi vitalidel velivolo; il blocco dei motori. L'atmosfera fredda erarefaBa dell'alta quota si sostituì in un aBimo a quellaartificiale della cabina: i passeggeri, per la mancanza diossigeno, la depressurizzazione e il gelo improvvisi, per-sero i sensi15.

    L'onda d'urto provocata dal missile avviò anche ilprocesso di frammentazione in volo del DC9. Sembrache per primo si sia staccato il motore destro, seguitoquasi immediatamente dal motore sinistro, dalla partefinale della fusoliera e dalla parte estrema dell’ala sini-stra. La fusoliera si squarciò in più parti e molti dei pas-seggeri furono sbalzati fuori. I grappoli dei roBamiprecipitarono da oltre seBemila metri di quota pren-dendo ognuno la sua traieBoria: i motori più pesantiquasi in verticale, sfrecciando a duecento metri al se-condo; le parti che offrivano maggiore resistenza al-l'aria, più lentamente, volteggiando e allontanandosireciprocamente16.

    Dopo circa un minuto di caduta libera, roBami dell'ae-

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    mentionable facts too. Helicopters took off from 10:00p.m., an hour later the plane vanishing; ships sailedmuch later, from 11:30 p.m. No reconnaissance missionwas positive10.

    The first wrecks were discovered only the next mor-ning, about 7,12 a.m. (more than ten hours aAer the di-saster) when a helicopter noticed an oil spot and somefloating scraps, at coordinates 39°49'N, 12°55' E11.

    The tragic rescue of 38 whole corpses, an identifiedbody part, many unidentifiable other body parts, air-plane parts and its passengers’ personal objects, went onduring the next hours and days, in a huge Central Tyr-rhenian area, where meanwhile winds and streams hadscaBered that heap. The 42 missing bodies would havenever been found12.

    Based on «wrecks and finds» lists and on their geogra-phic localization quoted by the judge Rosario Priore’sSentence-Warrant13, I was able to recreate the area wherethe most of the floating wrecks were found, during thetwo days aAer the disaster. It is a sea stretch between thegeographic latitudes 39° 50'N – 39° 30'N and longitudes12° 50'E – 13° 10'E. As a maBer of fact, it’s a rectangle ofabout 28 x 37km (the longest side is along the meridian)whose central point occurs some kilometers South-Eastcompared to the last radar signal; so according to thescaBering caused by the main North-West winds [FIG.].Other wrecks were rescued out of the most populatedscrap area.

    It has been calculated that the area with the highestconcentration of the DC9 floating wrecks was found atabout 110 km North of Ustica: according to such a di-stance, it can’t be said the plane wrecks had been re-scued "in the Island sea".

    THE SUNK WRECKSMuch more time was spent to track and rescue the

    sunk wrecks of the DC9, from a Tyrrhenian abyss about3.600 metres deep. Because of some technical and finan-cial difficulties, it had been taken between 7 and 11 yearsbefore starting two rescue missions: the first one was in1987-88 by the French company Ifremer; the second onein 1991 by the British Wimpol. The main parts of thewreck were found in the area defined by the parallels39° 41' N - 39° 43' N and the meridians 13°01' E - 13°04'E. They were fuselage and cockpit parts, the two reac-tion engines, the wings, the landing gears, the main doorof the airplane, the door of the front hold compartment,the tail with its wing planes, the flight recorder and theradio communication recorder, some pieces of bag-gage14. According to such a distance it can’t be said theisland was the geographical place where the plane sank.

    THE FALLAAer so many years, going over the legal reports of

    that time, it has been interesting to notice how the disa-ster dynamics could be rebuilt, since the half of the Ni-neties, thanks to the rescue and the analysis of the piecesof the DC9 and how the evidence of the theory that theplane was shot down by a rocket was piling up.

    Until the moment of the accident the flight was regu-

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    reo, persone e cose passarono dal buio della noBe aquello degli abissi. Nessuno, soBo il cielo di Ustica, futestimone di quel dramma: troppo lontano era lo scena-rio in cui si era compiuto lo scempio dell'aereo affinchéun osservatore posizionato nell’isola potesse scorgere al-cunché.

    TRA SEMANTICA E LOGICAPer quanto le frasi, tuBora ricorrenti, del disastro avve-

    nuto «nei cieli di Ustica» e dell'aereo precipitato «nelleacque di Ustica» appaiano più simboliche, suggerite daun mix di suggestioni e di caBive informazioni, che de-scriBive della realtà effeBuale, non è superfluo chiedersiin quale misura esse contraddicano la verità e la logica.

    Un evento appartiene al cielo di una località o per vi-cinanza relativa o per osservabilità. Possiamo affermareche un uccello a bassa quota o un aereo più in alto aBra-versano il nostro cielo se passano, più o meno, sopra dinoi, non importa a quale altezza. Allo stesso modo ri-guarda il nostro cielo l'apparizione di una cometa, anchese distante milioni di km dalla Terra, purché si renda vi-sibile nella nostra sfera celeste.

    Il DC9 non arrivò a volare sopra il cielo di Ustica per-ché fu abbaButo oltre 115 km a seBentrione dell'isola. Inlinea puramente teorica, da quali località dell'Italia sa-rebbe stato possibile vederlo? Per saperlo, dal punto del-l'ultimo contaBo radar, a 7.620 metri d'altezza, bisognaproieBare le tangenti alla sfera terrestre. I punti di tan-genza disegnano, sulla superficie della Terra, una circon-ferenza che abbraccia tuBe le località dalle quali èpossibile scorgere l'aereo in volo; al di là della circonfe-renza, sarebbe la stessa curvatura della Terra a impedirela vista dell'aereo. A conti faBi, nel caso del DC9, il rag-gio di questa circonferenza è di circa 300 km e interceBagran parte dell'Italia Centro-Meridionale17. Dunque, ildisastro del DC9, teoricamente parlando, potrebbe ap-partenere allo stesso modo ai cieli di Roma, L'Aquila,Napoli, Reggio Calabria, Messina, Agrigento, Palermo,Nuoro e, ovviamente, del Mar Tirreno Centro-Meridio-nale e delle sue isole. Ma, nella pratica, la visibilità deldisastro sarebbe fortemente condizionata da due faBori:la luminosità intrinseca del fenomeno e la trasparenzaatmosferica. In quella noBe di visibilità ridoBa per le av-verse condizioni meteorologiche, in pratica, nessun os-servatore terrestre avrebbe potuto vedere a occhio nudoil bagliore che accompagnò l'impaBo dell'aereo col mis-sile.

    In modo analogo si può tentare di capire quando è ac-ceBabile affermare che un oggeBo in mare occupa leacque di una località data. In questo caso possiamo ricor-rere a una definizione giuridica e a una squisitamentefisica. La definizione giuridica fa riferimento alla Con-venzione internazionale di Montego Bay (1982) che ha sta-bilito entro 12 miglia nautiche (circa 22,2 km) dalla lineadi base costiera il limite delle acque territoriali; e peraltre 12 miglia nautiche in avanti la cosiddeBa zona con-tigua18. Insomma, per il diriBo internazionale, oltre 22,2km dalla costa non si può parlare di appartenenza delmare a un dato territorio; e oltre e 45 km neppure dicompetenza territoriale sulle acque.

    lar, the engines and the board instruments worked per-fectly, the airplane flew along its correct air path. Thenthere was a sudden «explosive decompression», not origi-nated from the inside, like the supporters of the bomb-in-the-rear-lavatory theory said for years, rather due toan exogen cause: the explosion of a rocket which toreapart the front right side of the plane. From this momenton, what happened was, in sequence: the sudden falldown of the artificial pressure in the cockpit; the electricblackout; the collapse of every vital functions of theplane; the engines stop. The rarefied cold atmosphere athigh altitude in a heartbeat sustituted the cockpit’s arti-ficial one: passengers passed out, due to the lack of oxy-gen, the depressurization and the sudden biBer cold15.

    The blast wave caused by the rocket get the DC9 totear into pieces in flight. It seems that the first part to de-tach was the right engine, quite immediately followedby the leA one, the final part of the fuselage and the fur-ther part of the leA wing. The fuselage ripped up morethan once and many passengers were shot out. Thewreck grapes fell down from over 7.000 meters each onefollowing its own path: the heaviest engines almost ver-tically, whizzed by at 200 meters per second; the moreair resistant parts, more slowly, twirling and driAingapart from each other16.

    AAer about a minute of free fall, the plane wrecks,people and things passed from the night darkness to theabyss one. None, under the sky of Ustica, witnessed thattragedy: the scenario of the plane massacre was too farto be seen by anyone standing on the Island.

    BETWEEN SEMANTICS AND LOGICAlthough the sentences about the disaster «in the sky

    of Ustica» and the plane fell down «in the sea of Ustica»are nowadays recurrent too, they look more symbolicthan descriptive of reality, evoked by a mix of sugge-stions and bad informations; but it’s not redundant won-dering how much they deny logic and truth.

    A fact belongs to the sky over a certain place for pro-ximity or for observation. We can say that a bird at lowaltitude or a plane higher are going through our sky ifthey pass, more or less, over us, no maBer which their al-titude is. In the same way we can speak about a comet,even if its distance is calculated in million kilometersfrom the Earth, as long as it is visible in our sky.

    The DC9 did not fly over the sky of Ustica because itwas shot down 115 km North of the Island. Theorically,from where, in Italy, someone would have seen it? Toknow that, from the last radar contact point, at an alti-tude of 7.620 meters, we must project the tangents to theEarth. The tangent points sketch a circle on the Earthsurface which involves every place where you can seethe flying plane from; beyond the circle, the Earth curva-ture itself hides the plane. As a maBer of fact, in the caseof the DC9, the radius of that circumference is about 300km and it intercepts the most of Central and SouthernItaly17. So, the disaster of the DC9, theorically speaking,would belong equally to the skies of Rome, L'Aquila,Naples, Reggio Calabria, Messina, Agrigento, Palermo,Nuoro and, of course, of the Central-Southern Tyrrhe-

    F.Foresta Martin. «La strage di Ustica». Una menzogna che si rinnova da 33 anni

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    Se però, al di là delle norme internazionali, dovessimorispondere alla domanda: dove finisce, in pratica, ilmare di Ustica direBamente osservabile dall'isola? Al-lora dovremmo ricorrere alla geografia fisica, in partico-lare al conceBo di distanza della linea dell'orizzonte.Volendo abbracciare tuBo il mare visibile da Ustica, bi-sognerebbe andare sul più alto rilievo dell'isola e, conun giro d'orizzonte, spingere lo sguardo fino al limitein cui lo permeBe la curvatura della Terra. Prima di quellimite, condizioni atmosferiche permeBendo, po-tremmo scorgere gli oggeBi che galleggiano sull'acqua;oltre quel limite, niente, neppure con l'ausilio di un po-tente cannocchiale. Si può calcolare che dalla cima delMonte Guardia dei Turchi (248 metri s.l.m.), il più elevatoe centrale rilievo dell'isola, il mare delimitato dalla lineadell'orizzonte si trova entro un raggio di una cinquan-tina di km19.

    Né in punto di diriBo, né di faBo ha senso affermareche il reliBo dell'aereo precipitò o fu recuperato nelleacque di Ustica.

    QUELLA NOTTE AL VILLAGGIO DI SPALMATORE20L'estate aveva faBo il suo ingresso ufficiale da una set-

    timana, ma quell'anno il tempo meteorologico sembravanon rispeBare il calendario. C'erano raffiche di ventoumido da occidente, la temperatura si manteneva soBola media, il mare era mosso e nuvoloni scuri di passag-gio nascondevano, a traBi, la luna piena. Era la noBe divenerdì 27 giugno del 1980, verso le 22. Gli speBatori sistringevano nelle giacche e nei foulard, nell'anfiteatro al-l'aperto del Villaggio turistico di Punta Spalmatore aUstica, e ridevano di cuore alle baBute degli aBori comicidel teatro Bagaglino. Come ogni anno, da 22 anni, aUstica si celebrava la Rassegna Internazionale delle ABi-vità Subacquee, una manifestazione che premiava con i«Tridenti d'oro» illustri sportivi, esploratori, ricercatori,scriBori e artisti, meritevoli di aver dedicato la loro aBi-vità professionale al mare.

    Nelle prime file dell'anfiteatro, autorità istituzionali,ospiti d'onore, giornalisti. C’erano: il ministro della Ma-rina Mercantile Nicola Signorello, accompagnato da altecariche della Marina Militare; il prefeBo di Palermo convari funzionari del ministero dell'Interno; il sindaco diUstica Filippo Vassallo; dirigenti e tecnici del ConsiglioNazionale delle Ricerche (CNR). Questi ultimi erano ar-rivati alcune ore prima a bordo della Bannock, una mo-tonave costruita negli anni '40 negli Stati Uniti comerimorchiatore d'alto mare, poi acquistata dal CNR e tra-sformata in nave di ricerca oceanografica. Fra i membriscientifici dell'equipaggio, il professor Paolo Colantoni,geologo, oceanologo, venuto a Ustica per ritirare l'am-bito premio, in una pausa tra una campagna di esplora-zioni e l'altra, nel Mediterraneo.

    Lo speBacolo non era iniziato da molto, quando il dot-tor Lucio Messina, direBore dell'Ente Provinciale delTurismo di Palermo e responsabile organizzativo dellaRassegna, fu chiamato a recarsi d'urgenza presso il cen-tralino telefonico del Villaggio (a quei tempi non c'eranoi cellulari). Al ritorno, salì sul palcoscenico, chiedendoscusa agli aBori e al pubblico per l'interruzione, e visibil-

    LeBera 42/43del Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica

    nian Sea and its islands. But, pratically, two factorswould highly influence the visibility of the disaster: theinner brightness of the phenomenon and the transpa-rency of the atmosphere. That night the visibility wasvery short due to the bad weather, actually no observeron the ground would have seen to the naked eye theflash of the explosion when the rocket hit the plane.

    In the same way we could try to understand when wecan say that an object in the sea belong to a definiteplace water. So we can use a legal definition and a preByphysical one. The first one refers to the InternationalConvention of Montego Bay (1982) which stated the limitof the territorial sea in 12 miles (about 22,2 km) fromthe basic coastal line; and the contiguous zone in 12miles beyond it18. Hence, under the international law,beyond 22,2 km from the coast that sea is not owned bya definite place; and beyond 45 km there is no territorycompetence over it, either.

    But, beyond the international laws, what about thequestion: where actually the visible sea from Ustica fini-shes? Then we should turn to physical geography, espe-cially to the concept of the distance of the sea line. Toinclude the whole visible sea from Ustica, you would goon the top of the highest mountain of the island and,with your sight on the sea line, try to look beyond theEarth curvature. Before that line, if the weather condi-tions allow to, we could see floating objects; beyond it,nothing, even using a powerful telescope. You can calcu-late that, from the top of Mount Guardia dei Turchi (248meters above sea level), the highest and most centralmountain of the Island, the part of the sea localized bythe sea line is less than 50 km.19.

    Either by law or as a maBer of fact, there is no point tostate that the plane wreck fell down or was rescued inthe sea of Ustica.

    THAT NIGHT, AT THE SPALMATORE VILLAGE20Summer has been officially exploded for a week, but

    that year the weather didn’t follow the calendar. Therewere gusts of humid Western wind, temperature wasunder the average, the sea was slight and black bigclouds hid the full moon, sometimes. It was friday nightJun, 27th 1980, at about 10 p.m. Viewers got closer intheir coats and scarfs, at the Punta Spalmatore Villageamphitheatre, laughing at comedians’ jokes of the Baga-glino theatre. As usual for 22 years, Ustica has been ce-lebrating the Scuba Activities International Panel, anevent which awarded the «Golden Pitchfork» to eminentsportsmen, explorers, researchers, writers and artistswhose professional career was dedicated to the sea.

    Institutional authorities, guests of honor, journalistswere seating at ringside seats. There were: the Ministerof Merchant Navy Nicola Signorello, escorted by the Mi-litary Navy high hierarchies; the Prefect of Palermo withsome officials of the Ministery of Internal Affairs; theMayor of Ustica Filippo Vassallo; officials and techni-cians of the Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).These one in particular had been coming hours beforeon board of the Bannock, a motor vessel built in the Uni-ted States in the Forties as deep-sea tugboat, then bought

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    mente sconvolto, riferì di avere ricevuto dal Ministerodegli Interni la notizia che l'aereo Itavia Bologna-Pa-lermo era precipitato in mare, forse non lontano dal-l'isola. Si richiedeva che il ministro, il prefeBo, ilcomandante del Porto di Palermo e gli altri militari pre-senti rientrassero immediatamente nelle rispeBive sediper contribuire alle operazioni di soccorso. C'era la spe-ranza che l'aereo avesse compiuto un ammaraggiod’emergenza e che ci fossero superstiti da trarre in salvo.L'appello a rendersi immediatamente disponibile per lericerche in mare fu esteso all'equipaggio della Bannock.Le autorità civili e militari furono prelevate dagli elicot-teri. La nave oceanografica del CNR salpò in piena noBe,contemporaneamente alle motovedeBe della Capitane-ria di Porto e della Guardia di Finanza di stanza a Ustica,alla ricerca di eventuali naufraghi.

    IL PEREGRINARE DELLA BANNOCK21La Bannock riceveva via radio, dal comando mariBimo,

    le istruzioni sulla roBa da seguire, più o meno versoNord, per raggiungere il luogo del disastro. Nonostanteil mare fosse molto agitato, il professor Colantoni rimasein plancia, accanto al comandante, a scrutare le onde,per ore, senza rilevare alcuna traccia di roBami né divita. Dopo oltre tre ore di navigazione, quando sem-brava che la nave fosse ormai vicina al presunto luogo dicaduta dell'aereo, arrivò, sempre via radio, un comandoinaspeBato: abbandonare la zona e volgere la prua aOvest, verso la Sardegna. A Colantoni suonò moltostrano: il professore, nelle testimonianze rese ai giudicisu quella drammatica avventura, ha avanzato il sospeBoche la Bannock, all'inizio, sia stata volutamente allonta-nata dal luogo degli eventi. Colantoni non poté fare ameno di collegare quell'improvvisa deviazione conquanto era avvenuto il giorno prima, durante il viaggiodi avvicinamento della Bannock a Ustica, quando avevachiesto alle autorità mariBime, tramite il comandante, ilpermesso di sostare in pieno Tirreno per un'osserva-zione scientifica dei fondali, ma aveva ricevuto un di-niego con la motivazione che l'aBività di ricercascientifica avrebbe interferito con altre operazioni incorso. Quali operazioni? Col senno di poi, le operazionimilitari che precedeBero l'abbaBimento del DC9!

    Alle prime luci del giorno la Bannock fu diroBata dinuovo, stavolta verso Nord-Est, in un traBo di mareprossimo alla roBa del tragheBo Civitavecchia-Olbia incui erano stati segnalati alcuni roBami dell'aereo. La ri-cerca ebbe esito positivo: c'era un reliBo che galleggiava

    by the CNR to be transformed in an oceanographic rese-arch ship. Among the scientific crew, there was ProfessorPaolo Colantoni, geologist, expert in oceanology, came toUstica to get the coveted prize, during a stop of his ex-ploration missions in the Mediterranean Sea.

    The show hadn’t been started for a long time, whenDr Lucio Messina, director of the Provincial Institute forTourism of Palermo and chief organizer of the Panel,had been called to the Village telephone exchange ur-gently (no cell phones, back then). GeBing back, apolo-gizing to actors and viewers for the break,conspicuously shocked, from the stage he said the Mini-ster of the Internal Affairs reported that the plane Itaviascheduled from Bologna to Palermo fell down in the sea,perhaps not far from the island. It was requested thatthe Minister, the Prefect, the Commander of the Har-bour of Palermo and the other soldiers got back imme-diately at their headquarters to help the rescue mission.There was an hope that the plane could have made anemergency sea landing and they could save some sur-vivors. The plea for immediate intervention in the searesearch was for the crew of the Bannock, too. Some he-licopters took civil and military authorities. The CNRoceanographic ship sailed by night, together with theguard ships of the Coast Guard and of GdF (Guardia diFinanza corps) in Ustica, to search for castaways.

    THE BANNOCK’S PILGRIMAGE21The Bannock received its path, more or less toward the

    North, from the maritime headquarter by radio to reachthe disaster place. Although the rough sea, professor Co-lantoni stayed on the pilot bridge, together with theCommander peering into the waves for hours withoutfinding any kind of wrecks or life, either. AAer morethan three hours of navigation, when the ship seemedto be near to the possible place of the plane crash, anunexpected order came by radio: to abandon the postand turn to West, towards the Island of Sardinia. It soun-ded very odd to Colantoni: the professor, in his witnessto the judges about that tragical event, suspected that,in the beginning, the Bannock was thrown out of thescene of the event on purpose. Colantoni could only con-nect that sudden diversion with the events happenedthe day before during the Bannock’s approaching toUstica, when he asked the maritime authorities to stopin the middle of the Tyrrhenian Sea to explore the seaboBom, receiving a negative answer because its scientificresearch would interfere with other operations in pro-

    F.Foresta Martin. «La strage di Ustica». Una menzogna che si rinnova da 33 anni

    Le nave oceanografica del CNR 'Bannock' che partì da Ustica lano

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    in mare e fu lo stesso Colantoni, abile nuotatore e sub, aoffrirsi volontario, assieme a un suo collaboratore, perrecuperarlo. Quando lo issarono a bordo si resero contoche era la parte finale del cono di coda del DC9.

    Dopo il recupero del frammento, arrivò un'altra indi-cazione di roBa che meravigliò l'equipaggio della Ban-nock: tornare al punto da cui erano stati allontanati lanoBe precedente. E questa volta si presentò ai loro occhilo speBacolo straziante dei cadaveri che galleggiavanoin mezzo ai roBami dell'aereo. Ma ormai nella zonaerano confluiti numerosi mezzi di soccorso, molto me-glio aBrezzati della Bannock per il recupero di corpi emateriali; così la nave oceanografica ebbe il permesso dirientrare a Ustica, cosa che fece in giornata.

    A Ustica la parte conclusiva della Rassegna fu cancel-lata per luBo e il giorno dopo la Bannock lasciò definiti-vamente l'isola e andò ad ormeggiarsi nel porto diNapoli, dove il cono di coda fu consegnato alla MarinaMilitare. Colantoni fu poi convocato a più riprese dalgiudice istruBore Priore, sia per riferire questa storia, siaper offrire la sua consulenza di sedimentologo, diversianni dopo, quando furono localizzati negli abissi del Tir-reno gli altri pezzi del DC9. Il professore è fra quantisono fermamente convinti che qualcun altro, prima deitecnici della Ifremer, abbia manovrato sul fondo del Tir-reno per raccogliere e fare sparire reperti imbarazzanti,poiché troppo evidenti sono, a suo giudizio, alcuni sol-chi di recente formazione, lasciati nei sedimenti abissalida qualche apparato soBomarino che, probabilmente, èstato usato per trascinare e sollevare oggeBi pesanti. Sol-chi che sono stati ripresi e fotografati dall'alto, prima chela diBa francese procedesse al recupero del reliBo.

    EFFETTO MEDIATICO O DEPISTAGGIO?C'è chi pensa che la presenza a Ustica dei giornalisti

    invitati alla Rassegna e di personalità che furono coin-volte nelle operazioni di ricerca e soccorso, unita all'in-certezza iniziale sul punto di caduta dell'aereo, possagiustificare l'aBribuzione del nome dell'isola al disastro.E poi, si sa come funziona la stampa, una volta che lasciagura ebbe assegnato quel nome, non se l'è più scol-lato di dosso, a dispeBo dell'evidenza. Quale direBoredi giornale oggi acceBerebbe di adoBare la definizionepiù correBa di «strage del Tirreno», solo per rendere onorealla verità?

    Il guaio è che la «strage di Ustica» non si limita a esserela definizione leggendaria di un evento sul quale, al-meno per quanto riguarda i luoghi, si hanno ormai leidee chiare; al contrario, ogni volta che la si evoca, si tra-sforma automaticamente in un'aBribuzione perentoria,che perpetua e propaga l'errore di localizzazione. An-cora oggi, infaBi, non solo fra la gente comune, ma purefra gli operatori dell'informazione, c'è chi descrivel'evento come se fosse realmente avvenuto nei cieli enelle acque di Ustica; finanche le infografiche (le illustra-zioni con le didascalie che affiancano gli articoli e i ser-vizi televisivi) di autorevoli testate giornalistichecontinuano a riportare in maniera errata i luoghi di ab-baBimento dell'aereo e quelli del suo recupero. D'altraparte, possiamo immaginare l'imbarazzo del grafico e

    LeBera 42/43del Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica

    gress. What kind? In retrospect, the military operationsbefore the shooting down of the DC9!

    At dawn, the Bannock was diverted again, now to-wards North-East, near the path of the Civitavecchia-Olbia ferryboat, where some wrecks were seen. Theresearch was positive: there was a floating wreck andColantoni himself, skilled scuba diver and swimmer, vo-lunteered to rescue it, together with one of his collegues.When the wreck was leA on board, they realized it wasthe final part of the DC9 tail.

    AAer the wreck rescuing, a new surprising route indi-cation came to the Bannock: back to the place where theywere thrown out from the night before. And now, theycould see the devastating image of the floating corpsesmixed with the plane wrecks. But, by now, many aidships came there, beBer equipped than the Bannock torescue bodies and materials; so the oceanographic shipwas allowed to come back to Ustica, thing done beforethe end of the day.

    At Ustica the last part of the Panel was deleted formourning and the day aAer the Bannock definitely leAthe island to dock to the harbor of Naples, where thecone of the tail was given to the Navy. Then, Colantoniwas called by the investigating magistrate Priore to re-port about the story and, years later, to offer his consul-ting work as geologist, when the rest of the DC9 wasfound into the abyss of the Tyrrhenian Sea. The profes-sor is one of those who definitely ship the theory thatsomeone else, before the Ifremer technicians, manou-vred on the boBom of Tyrrhenian to rescue and hide em-barassing wrecks, because of, according to him, theevidence of some recent tracks leA by a kind of subma-rine device which, probably, has been used to drag andliA heavy objects. Tracks which had been filmed andshot from the high, before the French company could re-scue the wreck.

    MEDIA EFFECT OR THROWING OFF TACK?Someome thinks that the presence at the Panel of jour-

    nalists and authorities involved with aid and researchoperations at Ustica, together with the first uncertaintyabout the crashing point of the plane, could justify theaBribution of the name of the island to the disaster. Be-sides, we know how the press works, once the disasterwas named like that, it was impossible shaked it off, de-spite the evidence. Which paper director would adoptedthe more correct definition of «Tyrrhenian massacre» no-wadays, only to honor the truth?

    The trouble is that the «Ustica massacre» is not only thelegendary definition of an event we know everythingabout, especially places; on the contrary, whenever so-meone evoked it, it turns into a perentory aBribution,which perpetuates and spreads the localization mistake.Infact, nowadays, there are persons, non only amongcommon people, but even among press operators, whodescribes the event as if it happened in the Ustica’s skiesand sea; even those pictures with captions which sup-port features and tv coverages, used by eminent papersuse to give wrong informations about places where theplane crashed down and was rescued. Besides, we could

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    del redaBore di un giornale: perché meBere il simbolodell'aereo colpito dal missile nel mezzo del Tirreno, se sichiama strage di Ustica? Meglio spostarlo più giù!

    Diversi anni fa, al tempo in cui lavoravo nell'Ufficio diRoma del Corriere della Sera, raccontai al mio illustre col-lega Giuliano Zincone (di recente scomparso) un episo-dio che mi era accaduto in treno; episodio da cui luitrasse lo spunto per scrivere un divertente corsivo. Unasignora molto anziana, ma vispa e curiosa, per passareil tempo durante il viaggio, cominciò a tempestarmi didomande. Quando seppe dove ero nato esclamò: «Diomio, a Ustica, l'isola dove cadono gli aerei!» E io: «Ma che leisappia, signora, quanti ne sono caduti?» «Non so dirle, manon passa anno che non si legge: strage a Ustica, aereo cadutonel cielo di Ustica...»

    E, in effeBi come dare torto all’ingenua vecchieBa se,spesso e volentieri, i sopra-titoli dei giornali che annun-ciano le ultime novità sulla ultra trentennale vicenda, silimitano a una sola parola di richiamo: «Ustica», dandoper scontato che si parlerà della strage.

    Altri sono convinti che la definizione «strage di Ustica»abbia la sua giustificazione nel faBo che il nome del-l'isola faccia parte della nomenclatura delle aerovie, cheesista un «punto Ustica» in una delle autostrade del cieloche passano accanto all'isola; ma anche questo non ri-sponde a verità. Nel 1980, fra le altre cose, l'isola nonaveva rilevanza ai fini del controllo del traffico aereo inquanto non esisteva ancora il radar, aBivato alcuni annidopo, sulla cima più alta dell’isola, proprio per garan-tire una migliore copertura in quell'area del Tirreno Me-ridionale.

    Io però temo che la definizione mediatica possa avereuna più oscura origine. Forse qualcuno, quella noBe,quando la sciagurata incursione aerea sbagliò bersaglio,si rese conto che se si fosse subito indicato l'effeBivoluogo del disastro, i soccorritori avrebbero trovato an-cora in pieno Mar Tirreno le unità navali che avevanofaBo da supporto all'operazione aerea. Bisognava pren-dere tempo e fare sgombrare il campo. E poiché l'aereo,prima di giungere a Palermo, sarebbe dovuto transitarenei pressi di Ustica, quale migliore occasione per trasfe-rire più a Sud, proprio sull’isola, l'aBenzione dei media,in modo da stornarla, almeno per qualche tempo, dailuoghi di eventi inconfessabili? Ecco perché sono portatoa credere che la definizione «strage di Ustica» sia unamenzogna fra le tante menzogne e i tanti depistaggi chehanno infarcito questa terribile storia.

    UN’ADOZIONE A DISTANZAAlcuni ciBadini usticesi, convinti che l'aBribuzione del

    disastro aereo a Ustica abbia recato un danno d'imma-gine all'isola, hanno proposto di intentare una causa ci-vile con la richiesta di risarcimenti. Non credo cheun'iniziativa del genere avrà seguito, anche per la diffi-coltà di individuare e circoscrivere i responsabili. Finora,alcuni rappresentanti dell’amministrazione locale sisono limitati a presentare una mozione di protesta, di-scussa e approvata dal Consiglio Comunale.

    Altri usticesi hanno proposto di rivolgere un appelloai media per correggere l'errore e non parlare più di

    imagine the paper graphic and director’s embarassment:why put the symbol of the fallen plane in the middle ofthe Tyrrhenian Sea, if it’s named «Ustica massacre»? It’sbeBer shiAing it down!

    Years ago, when I worked at «Corriere della Sera’s»headquarters in Rome, I told my eminent collegue Giu-liano Zincone (recently passed away) an episode happe-ned to me on the train; an episode which gave himinspiration for an amusing commentary. A very oldwoman, even lively and curious, to spend her time du-ring the trip, started to ask me a lot of questions. WhenI said where I was born, she exclaimed: «My God, Ustica,the island where planes fall down!» And I: «But, you know,Madam, how many of them have fallen down?» «I don’tknow, but every year we can read: Ustica massacre, plane fal-len down in the sky of Ustica...».

    And actually, how you can say the candid oldwoman’s wrong if, very oAen, the titles of papers whichannounce breaking news about the over thirty-yearstory, only use one word reference: "Ustica", taking forgranted the topic about the massacre.

    Others really think that the definition «Ustica massa-cre» is justified by the nomenclature of the air paths, bythe existance of a «point of Ustica» in one of the air mo-torway near the island; but this is not true, either. In1980, among other things, the island didn’t have any re-levance for the radar control of the air traffic, becausethe radar on the top of the highest mountain of the is-land, activated some years later for a beBer protectionof that area of the South Tyrrhenian, didn’t work yet.

    F.Foresta Martin. «La strage di Ustica». Una menzogna che si rinnova da 33 anni

    Titoli sbagliati dei giornali sul luogo di caduta del DC9 Itavia: nonUstica ma il Mar Tirreno Centrale.

    Wrong newspaper headlines about the DC9 fall place: not Ustica,but the Central Tyrrhenian Sea.

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    «strage di Ustica» ma di «strage del Tirreno». Forse qualchedireBore di testata aderirebbe, ma altri si opporrebberofacendo notare che è troppo tardi per rimediare. D'altraparte è così vasta, ormai, la leBeratura sull'argomentoche sarebbe materialmente impossibile cancellare l'er-rore: a perpetuarlo basterebbe il sistema delle citazionidei tanti lavori e documenti fin qui prodoBi.

    C'è poi un altro aspeBo da prendere in considerazione,prima di inoltrare appelli e richieste formali di revisionedel nome dato alla strage. Il rispeBo e, direi di più, la so-lidarietà e l'affeBo che dobbiamo alle 81 viBime e ai lorofamiliari. Un’azione di protesta potrebbe dare l’idea che,assieme alla mendace eticheBa, ci si voglia liberare diquel penoso carico. E, invece, la cosa più giusta da fareè condividerlo quel fardello di viBime straziate, metàdelle quali non ebbero nemmeno sepoltura; o piuBostone ebbero una diversa, nei sedimenti di mare profondoe nei cicli della natura.

    Allora, che sia «strage di Ustica», non per aggiungereuna menzogna a un insostenibile carico di menzogne,ma unicamente con l'intento di adoBare quelle viBime,di accoglierle idealmente e per sempre nel cielo, nelleacque e nella terra della nostra Ustica.

    FRANCO FORESTA MARTIN

    L’autore, usticese, é socio fondatore e presidente delCentro Studi, redaBore scientifico del Corriere dellaSera, consulente della trasmissione Geo&Geo di RaiTre.

    LeBera 42/43del Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica

    But I’m afraid that the media definition could have adarker origin. Perhaps, that night, when the wicked airraid chose the wrong target, someone realized that poin-ting out immediately the real place of the disaster, therescuers would have found the ships which supportedthe air operation still in the middle of the TyrrhenianSea. So they had to temporize to free the place. And, be-cause the plane before landing in Palermo would havepass near Ustica, was there a beBer solution than shiAingmore to the South, just on the island, the media aBentionto transfer it, for a while, from unspeakable places?That’s why I believe that the definition "Ustica massacre"is a lie among many other lies and throwing off tackswhich have filled this terrible story.

    A DISTANCE ADOPTIONSome citizens of Ustica, certain that the island image

    would have suffered a damage due to the aBribution ofthe air disaster to Ustica, suggest to take a civil legal ac-tion asking for a compensation. I don’t think such an ef-fort will be successful, also because it’s difficult to findthe accountable people. By now, some local administra-tors have brought only a complaint motion, argued andapproved by the Local Council.

    Others have suggested to bring a plea to the mediasto correct the mistake and not to talk of the «massacre ofUstica» any more, instead using «massacre of TyrrhenianSea». Perhaps some paper directors would accept, butothers refuse saying it’s too late to fix things. Besides, theliterature about the topic is so huge that it would be li-terally impossible to erase the mistake: the system ofquoting of features and documents made till now isenough to spread it.

    Then, there is another fact to be considered, beforebringing pleas and formal requests of review of thename given to the massacre. The respect and, more, thesolidarity and love we must give to the 81 victims and totheir relatives. The protest action would give the ideathat, together with the lying label, we want to erase thatsorrowful burden. And, instead, the best thing to do issharing it, that burden of those tormented victims, halfof which had never been buried; or rather, their graveswere different, the deep sediments of the sea and the na-tural cycles.

    So, let it be the «Ustica massacre», not to pile up a lie toan unsustainable bunch of lies, but only with the inten-tion of adopting those victims, to embrace them ideallyand for good into the sky, into the sea and into the landof our Ustica.

    FRANCO FORESTA MARTIN

    La traduzione di questo articolo delle interviste e delle testimo-nianze che seguono è stata curata da Cristina Colla

    The autor, born at Ustica, is a founder and the presidentof the Centro Studi, scientific writer of the Corriere dellaSera, consultant of the tv show Geo&Geo on RaiTre bro-adcast channel.

    The DC9 track (crosses) on radar screens before the shooting downinto pieces (black bullets). But the radar screen shows other aircra;s,too (numbered circles).

    La traccia lasciata dal DC9 (croce

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    NOTE1. Sentenza n. 1871 del 28 gennaio 2013, Corte Suprema di

    Cassazione, Terza sezione civile, Tribunale di Palermo,pagg. 4 e 5.

    2. Sentenza nella causa iscritta al n. 10354, Tribunale di Pa-lermo, Sezione III civile, 10 settembre 2011, pag.5.

    3. Ivi, pag. 53.4. Sentenza n. 1871 del 28 gennaio 2013, citata, pag. 4.5. Baobab, Radio Rai, Intervista a Francesco Cossiga di Paolo

    Borella, 25 gennaio 2007.Sky Tg24, Intervista a Francesco Cossiga , 19 febbraio 2008.Andrea Purgatori, Dai caccia fantasma al caffè di Ghed-dafi, Corriere della Sera, 27 giugno 2010.

    6. Commissione Parlamentare d'inchiesta sul terrorismo inItalia e sulle cause della mancata individuazione dei re-sponsabili delle stragi. Relazione sull'inchiesta condottasulle vicende connesse al disastro aereo di Ustica. Presi-dente Libero Gualtieri. Roma 14-15 aprile 1992, Cap.II.

    7. Procedimento Penale nr. 527/84 A G.I.. La sentenza-ordi-nanza e le conclusioni del G.I. Rosario Priore. Motiva-zione, Parte I, Libro I, Capo I, Titolo I, p.31.Sentenza nella causa iscritta al n. 10354, citata, pag. 10.

    8. Per la geolocalizzazione di questi due punti ho adoperatoil programma Google Maps.

    9. Per il calcolo delle distanze fra punti di coordinate geo-grafiche note ho usato un applet che si basa sulle classicheformule di trigonometria sferica.

    10. Commissione Parlamentare d'inchiesta sul terrorismo inItalia, citata, Cap.II.Procedimento Penale nr. 527/84 A G.I., citato, pp.34-41.

    11. Ibidem.12. Procedimento Penale nr. 527/84 , citato, pagg. 42 e seg.13. Ivi, pagg. 34-37.14. Procedimento Penale Nr. 527/84, citato, Titolo 3, Le Perizie,

    pagg. 1812-1813.15. Procedimento Penale nr. 527/84 A G.I.., citato, Titolo 3. Le

    Perizie. Vol. 12. Cap. CII. Ricostruzione dei fatti Algostino-Pent- Vadacchino, pp.3745-3808.

    16. Ibidem.17. Per il calcolo ho applicato la formula r = 3,57 x √ h, dove r

    è il raggio del cerchio di visibilità teorica in km e h l’altezzadell’aereo in metri.

    18. Convenzione delle N.U. sul diritto del mare, Gazzetta Uf-ficiale delle Comunità Europee, 23.06.1998, Legislazione179.

    19. Per questo calcolo si può applicare la stessa formula ri-chiamata nella nota 17.

    20. Per la ricostruzione degli eventi descritti in questo para-grafo mi sono rifatto alle testimonianze orali e scritte deldottor Lucio Messina, già direttore dell’Ente Provincialeper il Turismo di Palermo e responsabile organizzativodella Rassegna Internazionale delle Attività Subacquee diUstica, e del professor Paolo Colantoni, già dirigente di ri-cerca del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

    21. Per la ricostruzione degli eventi descritti in questo para-grafo vale quanto detto nella nota 20.

    NOTES1. Pass judgement nr. 1871 on Jan, 28th 2013, High Court of

    Appeal (Cassazione), Third civil session, Courthouse ofPalermo, pages. 4 and 5.

    2. Pass judgement in the case written at nr. 10354, Cour-thouse of Palermo, Third civil session, on Sep, 10th 2011,pag.5.

    3. Ivi, pag. 53.4. Pass judgement nr. 1871 on Jan, 28th 2013, quoted, page.4.5. Baobab, on Radio Rai broadcast channel, Interview to

    Francesco Cossiga by Paolo Borella, Jan, 25th 2007.Sky Tg24, Interview to Francesco Cossiga, Feb 19th 2008.Andrea Purgatori, Dai caccia fantasma al caffè di Ghed-dafi (From ghost aircrafts to Gheddafi’s coffee), Corrieredella Sera, Jun, 27th 2010.

    6. Inquiry Parliamentary Commission about the terrorism inItaly and about the lack of identification of the massacres’guilty people. Report about the inquiry about the storieslinked with the air massacre of Ustica. President LiberoGualtieri. Rome Apr, 14th-15th 1992, Chap.II.

    7. Penal Case nr. 527/84 A G.I.. The sentence-injuction andthe results of G.I. Rosario Priore. Motivazioni, Part I, BookI, Head I, Title I, page.31.Pass judgement in the case written at nr. 10354, quoted,page. 10.

    8. To localize geographically these two points, Google Mapswas used.

    9. To calculate the distance from points of known geographiccoordinates, an app based on classical trigonometry for-mulas was used.

    10. Inquiry Parliamentary Commission about the terrorism inItaly, quoted, Chap.II.Penal Case nr. 527/84 A G.I., quoted, pages.34-41.

    11. Ibidem.12. Penal Case nr. 527/84 , quoted, from page.42.13. Ivi, pages. 34-37.14. Penal Case nr. 527/84, quoted, Title 3, Le Perizie (Evalua-

    tions), pages. 1812-1813.15. Penal Case nr. 527/84 A G.I.., quoted, Title 3. Le Perizie

    (Evaluations). Vol. 12. Chap. CII. Ricostruzione dei fattiAlgostino- Pent- Vadacchino (Reconstruction of facts),pages.3745-3808.

    16. Ibidem.17. It was applied the followinf formula: r = 3,57 x √ h, where r

    is the radius of the theorical visibility circumference expres-sed in km and h is the altitude of the airplane in meters.

    18 Convention of the U.N. about the sea law, Official journalof the European Communities, 23.06.1998, Legislature179.

    19 Cfr. note nr 17.20 To reconstruct the events described in this paragraph, I

    have used Dr Lucio Messina’s oral and written witnesses,just director of the Provincial Institute for Tourism of Pa-lermo and chief organizer of the Scuba Activities Interna-tional Panel of Ustica, and professor Paolo Colantoni’sones, just research official of the Consiglio Nazionale delleRicerche.

    21 Cfr. note nr 20.

    Il Villaggio turistico di Spalmatore, dove la sera del 27 giugno 1980si celebrava la Rassegna Internazionale delle A

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    LeBera 42/43del Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica

    Se una sentenza della Cassazione, dopo ben 33anni, ha potuto stabilire la prima, inoppugnabileverità giudiziaria sull'abbaBimento del DC9 Ita-via, ciò si deve anche, e non marginalmente, a DariaBonfieBi, presidente dell'Associazione parenti delle vit-time della strage di Ustica.

    Sorella di Alberto, uno dei tanti dispersi in mare di cuinon è stato recuperato il corpo (42 su 81), Daria BonfieBiha più volte ricordato di avere cominciato a guardare conocchi diversi a quella tragedia dopo il 1986, cioè dopo lamorte di suo padre, le cui condizioni di salute si eranoaggravate proprio in conseguenza della perdita del figlio.Sulla vicenda era quasi calato il silenzio. Non si sapeva aquale punto fossero le indagini. Allora la BonfieBi comin-ciò a pensare alla tragedia soBo un'altra oBica, che tra-scendeva il dolore personale: una volta elaborato il luBo,ora voleva agire per sapere quale fosse la verità.

    Quali furono le sue prime iniziative in questa diffi-cile ricerca?

    ‘Nel 1986 ho costituito il «Comitato per la verità suUstica», un gruppo di personalità del nostro paese cheritenendo correBe le mie sollecitazioni e volendo essereal mio fianco in questa baBaglia, decisero di di scrivereuna leBera al Presidente della Repubblica per sollecitareinterventi significativi per giungere alla verità su una vi-cenda per troppo tempo denegata.

    Furono chiamati ‘i se

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    F.Foresta Martin. Intervista alla senatrice Daria Bonfie

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    LeBera 42/43del Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica

    Intervista a Andrea Purgatori il giornalista cheha squarciato il muro di gommadi Franco Foresta Martin

    Chi volesse sapere qual è stato il ruolo del giorna-lista Andrea Purgatori nell'intricata e ultra tren-tennale vicenda della cosiddeBa strage di Ustica"ha due possibilità: o leggere le centinaia di articoli a suafirma, pubblicati dal giugno del 1980 ad oggi sul «Corrieredella Sera», oppure vedersi (o rivedersi) il cult movie «Ilmuro di gomma» del regista Marco Risi, di cui Andrea èstato lo sceneggiatore assieme a Sandro Petraglia e StefanoRulli. Come film è certamente datato (1991), ma ha il pregiodi restituirci in pieno la figura professionale e umana diAndrea Purgatori (abilmente interpretata dall'aBore CorsoSalani, purtroppo scomparso da poco) fin dal momento incui, all'indomani della strage, egli si reca a Palermo da in-viato speciale del «Corriere della Sera», e inizia un faticosoitinerario alla ricerca della verità.

    Un itinerario che si dipana nel labirinto dei segreti diStato, e delle bugie frapposte per decenni alla soluzione delmistero. Un itinerario che, 33 anni dopo, non si è ancoraconcluso.

    Ho avuto il piacere di avere Andrea Purgatori comecompagno di stanza, per diversi anni, nella RedazioneRomana del «Corriere della Sera» e, anche se le straginon erano argomenti di mia competenza, di sentire di-reBamente dalla sua voce tante primizie sulle ipotesi le-gate alla caduta del DC9 Itavia. Non posso dimenticareche, grazie alle sue investigazioni, il Corriere, già pochigiorni dopo il disastro, poteva avanzare in prima paginail pesante sospeBo che l'aereo fosse stato abbaButo daun missile lanciato durante una vera e propria baBagliaaerea sul Tirreno. Ora a distanza di tanti anni, gli ripro-pongo una domanda su un malinteso che, da usticese,non ho mai potuto acceBare:

    Perché alla strage è stato a,ribuito il nome della no-stra isola, nonostante l'evidente estraneità geografica?

    ‘Io ero propenso a credere che l'equivoco delle primeore fosse partito proprio da Ustica, da quella manifesta-zione internazionale sulle aBività subacquee che si te-neva nell'isola e che, quella sera del 27 giugno 1980,riuniva tante personalità e tanti giornalisti. Quando lanotizia della caduta dell'aereo arrivò a Ustica, furonoproprio alcuni colleghi a farla rimbalzare verso tante te-state giornalistiche, affermando che l'aereo era cadutoprobabilmente lì vicino. Non era vero, ma il nome diUstica è rimasto indissolubilmente legato al disastro’.

    Non pensi che possano esserci altre motivazioni?‘Non posso escludere che anche questa aBribuzione

    faccia parte dei depistaggi messi in campo per allonta-nare e confondere la verità. Ricordo che io stesso inter-vistai, fin da allora, alcuni radaristi i quali rivelarono diavere visto altri aerei, sulla verticale dell'isola di Ponza,intersecare la roBa del DC9. Altre tracce di aerei, siaprima sia dopo l'incidente, originavano dal centro delMar Tirreno, come se lì ci fosse una portaerei. TuBo que-sto fu poi confermato dai periti che hanno analizzato itracciati radar, nel corso dei vari procedimenti giudi-ziari. Ormai lo scenario di baBaglia aerea e di abbaBi-mento da parte di un missile sono faBi accertati e quindil'ipotesi che Ustica sia stata invocata per distrarre l'aBen-zione da quella realtà, può essere presa in considera-zione’.

    FRANCO FORESTA MARTINIn alto: il giornalista Andrea Purgatori, durante un'intervista televisiva.Above: journalist Andrea Purgatori, during a tv interview.

    Who would know which role the journalist An-drea Purgatori played in the tangled and over-thirty even so called «Ustica massacre» hastwo choices: either read hundreds of his features, publi-shed since Jun 1980 on the «Corriere della Sera» or watch(or re-watch) the cult movie «Il muro di gomma» directedby Marco Risi, scripted by Andrea together with SandroPetraglia and Stefano Rulli. It is an old movie (1991), butit is valuable because it evokes Andrea Purgatori's humanand professional image (in a great performance by theactor Corso Salani, unfortunately recently passed away)since when, the day aAer the massacre, he went to Pa-lermo as special correspondent for the «Corriere dellaSera» starting a tiring research of the truth. A path whichrolls into the labirynth of our State secrets, lies, coverupsin the way of the mystery solution for decades. A path,aAer 33 years, without an end any more.

    For many years, I had the pleasure to share with An-drea Purgatori my newsroom at «Corriere della Sera»office in Rome and, even the massacres weren't my areaof expertise, to hear straight from his voice lots of brea-king news about the theory of the DC9 Itavia crash. Icouldn't forget that, thanks to his investigations, the Cor-riere, already few days aAer the disaster, could heavilyalleged in its front page that the airplane could be shotdown by a rocket fired during an actual air fight overthe Tyrrhenian Sea.

    Now, so many years aAer, I ask him a question abouta misunderstanding I have never been able to accept, asan Ustician:

    Why that massacre was called with the name of our Is-land, despite its undeniable geographic unrelatedness?

    ‘I was going to believe that the misunderstanding du-ring the first hours had started just by Ustica, by that inter-national panel about the scuba activities organized in theIsland and which, that night on Jun, 27th 1980, gathered somany authorities and journalists. When the fell down ofthe plane breaking news went to Ustica, some colleguesjust spread them around, saying that the plane probablyfall down nearby the Island. It was wrong, but the nameof Ustica got indissolubly stuck with the disaster’.

    Don't you think there could be other reasons?‘I can't keep out this aBribution could be part of the

    throwing off tack, too. I remember that I myself inter-viewed, since then, some radar technicians who revea-led they had seen other aircraAs on the perpendicularaxis on the island of Ponza, crossing the DC9 path. OtheraircraAs tracks, before and aAer the accident, startedfrom the middle of the Tyrrhenian Sea, as if there wasan aircraAs carrier. All that was confirmed by the con-sultants who analyzed the radar path, during the trials.By now the air fight scenario and the shooting down bya rocket are actual facts, so the theory that Ustica couldbe invoked to create a diversion from that reality couldactually be considered’.

    FRANCO FORESTA MARTIN

    Interview with An-drea Purgatori, thejournalist who has broken the iron curtain.

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    F.Foresta Martin. Interviste a A. Purgatori e P. Colantoni

    Fra tanti bei ricordi dei miei soggiorni di studio,di ricerca e di vacanze a Ustica, l'isola è indisso-lubilmente legata al ricordo che porto con medella tragica vicenda dell’abbaBimento del DC-9 in voloda Bologna a Palermo.

    La sera del 27 Giugno del 1980, con alcuni colleghi emembri dell’equipaggio della nave oceanografica Ban-nock del Consiglio Nazionale delle Ricerche, stavo tran-quillamente seduto nell’anfiteatro del Villaggio Turisticodello Spalmatore a godermi lo speBacolo del «Baga-glino» condoBo da Oreste Lionello, quando tuBe le ri-sate furono bruscamente troncate dalla voce concitata diun altoparlante che invitava tuBo l’equipaggio della Ban-nock a tornare immediatamente a bordo ‘per una graveemergenza’.

    Nel tragiBo verso il porto venimmo a sapere che eracaduto un aereo e che noi eravamo la nave più vicina alpunto del naufragio. Con grande angoscia arrivammovelocemente a bordo ove la notizia ci venne confermata.Non era però ancora noto se si traBasse del volo Pa-lermo-Bologna o Bologna-Palermo.

    La Bannock era a Ustica perché avevo oBenuto che lanave, ultimata una fase di ricerca nel Canale di Sicilia,nel tragiBo di rientro a Napoli, facesse sosta all’Isola perpartecipare, come ospite d’onore, alla Rassegna Interna-zionale delle ABività Subacquee, durante la quale avreiricevuto il premio «Tridente d’Oro».

    Le Autorità mariBime comunicarono al Comandantele coordinate del presunto punto dell’incidente, verso ilquale dirigemmo subito a tuBa forza malgrado il maremolto mosso. Occorreva arrivare il più presto possibilenella pur vaga speranza di trovare dei sopravvissuti al-l’impaBo. La nostra ansia era aumentata dal faBo che sulvolo da Palermo erano con tuBa probabilità imbarcatidei colleghi che, invece di fermarsi a Ustica, avevanopreferito rientrare a Bologna con due giorni di anticipo.

    Quando arrivammo, con una faticosa navigazione inmezzo alla burrasca, vicino al punto segnalatoci, al co-mando arrivò l’ordine di virare di quasi 90° a Ovest, perdirigerci su un nuovo punto situato in mezzo al Tirreno.Sul fare dell’alba, mentre il mare si andava calmando, ri-cevemmo un’altra comunicazione. Questa volta ci avvi-savano che un tragheBo, sulla roBa Civitavecchia-Olbia,aveva avvistato un reliBo galleggiante alla deriva, mache non erano in grado di recuperare. Essendo vicini, cioffrimmo di farlo noi e poco dopo lo avvistammo fra leonde. Si traBava del cono di poppa in vetroresina delDC-9. Non era facile recuperarlo manovrando solo dabordo, per cui io ed il mio fido compagno di tante im-mersioni, Piero Zucchini, ci buBammo in acqua per im-bragarlo e salparlo. Questo frammento, spinto lontanodal vento nella noBe, fu il primo elemento recuperatodel velivolo dopo la tragedia.

    «Così salpai da Ustica e recuperai un pezzo del DC9 caduto in mare»La testimonianza esclusiva per «LeBera» del professor Paolo Colantoni, geologo e già ricercatoredel CNR, capo-missione a bordo della nave oceanografica Bannock

    Among my beautiful memories about my study,research and holidays at Ustica, this Island isdefinitely linked to the memory of the tragedyof the shooting down of the DC9 scheduled from Bolo-gna to Palermo.

    During the night of Jun, 27th 1980, together with somecollegues and members of the crew of the oceanographicship Bannock belonging to the CNR (Consiglio Nazionaledelle Ricerche, National Researches Council), I wassmoothly siBing in the Spalmatore Village amphitheatreenjoying the «Bagaglino» show lead by Oreste Lionello,when the laughing came sharply to a stop by the wor-ried voice from a loudspeaker inviting the whole Ban-nock's crew to get back on board because of a ‘seriousemergency’.

    Going to the harbour we knew that an airplane felldown and that we were the next ship to the point of theaccident. Hardly in distress, we went quickly on board,where we got the news confirmed. But it wasn't knownwhich flight it was, the Bologna-Palermo or the Palermo-Bologna one, yet.

    The Bannock was at Ustica because, once finished a re-search in the Sicily Channel, while moving towards Na-ples, it could take part as guest of honor, at the ScubaActivities International Panel, where I would get the«Golden Pitchfork» prize.

    Marine authorities told the Commander the estimatedcoordinates of the accident, where we directed the full-power ship engines, in spite of a very rough sea. We nee-ded to come as soon as possible, even quite hopeless tofind some survivors. Our distress rose because on boardof the flight scheduled from Palermo to Bologna therewere probably some collegues of ours who preferredgeBing back to Bologna two days before, instead of sta-

    The unique memory for«LeBera» by ProfessorPaolo Colantoni, geolo-gist and researcher of theCNR, chief-mission onboard of the oceanogra-phic ship Bannock.

    CO

    NT

    RIB

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    I

    «The way I sailed from Ustica to rescue aDC9 floating wreck»

    Il professor Paolo Colantoni in una foto degli anni '80 mentre si pre-para a un'immersione.Professor Paolo Colantoni in a '80s photo while preparing a scubadiving.

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    LeBera 42/43del Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica

    Dopo questa operazione, ci comunicarono di nuovo lecoordinate della zona dell’impaBo, che erano le stessedella prima comunicazione. Ci dirigemmo di nuovo sulpunto iniziale, da dove eravamo stati allontanati la noBeprecedente. Qui avvistammo chiazze oleose, macchie co-lorate per segnalazione, numerosi frammenti di sedili,alcuni salvagente, valige sfondate e qualche cadaverecon i vestiti lacerati. TuBo aBorno, mezzi della MarinaMilitare, dai quali ricevemmo l’ordine di trasferire im-mediatamente sui loro natanti qualsiasi reperto aves-simo recuperato.

    Oppressi dalla tremenda visione di quanto era acca-duto e sentendo il peso della nostra ormai inutile pre-senza, chiedemmo quindi di poter abbandonare la zonae fare rientro ad Ustica. Qui, sul molo, con tanti visi in-creduli e affranti dalla tragedia, riceveBi senza cerimonieil mio «Tridente d’Oro».

    Qualche tempo dopo fui chiamato dal giudice RosarioPriore a fornire la mia versione dei faBi e fui interrogatosu quanto era di mia conoscenza circa la presenza a Na-poli e nel traBo di mare tra Ponza e Ustica di navi militari.

    Più tardi venni anche convocato, come esperto, per vi-sionare le registrazioni del soBomarino a comando re-moto ROV eseguite sul fondo del mare vicino, ma nonnello stesso punto, nel quale vennero recuperati i restidel DC 9. In quell’occasione abbi modo di stabilire chenella zona c’era stata aBività di qualche dispositivo cheaveva prodoBo solchi e creste interpretabili non comestruBure sedimentarie naturali, ma come tracce di tra-scinamento e di sollevamento di oggeBi. Chi aveva po-tuto operare in segreto ad una profondità superiore a3.000 m ? E a quale scopo ? C'era il pesante sospeBo chequalcuno, prima del recupero ufficiale, avesse soBraBodei pezzi e strumenti del velivolo.

    Le indagini relative alla vicenda, durate più di tren-t’anni, tra reticenze, perizie contraddiBorie, depistaggie falsità, arrivarono a stabilire che l’aereo era stato ab-baButo da un missile solo con la sentenza del 28 Gennaiodel 2013. E’ la prima verità emersa, ma non è stata ancorachiarita tuBa la tragica storia che è costata la vita a ben81 viBime innocenti.

    PAOLO COLANTONI

    ying at Ustica. When we arrived, aAer a tiring trip in themiddle of a storm, near the focus point, was dispatchedto the Commander the order to turn for 90° degrees toWest, to reach a new point in the middle of the Tyrrhe-nian Sea. At dawn, while the sea was calming down, wereceived another dispatch. This time they alert us be-cause a ferryboat on route Civitavecchia-Olbia, had no-ticed a floating wreck astray, but they couldn't rescue it.We were closed to, so we voluteered ourself for the re-scuing and soon aAer we noticed it among the waves. Itwas the fiberglass cone tail of the DC9. It was difficult torescue it only operating on board, so I and my trustyscuba mate, Piero Zucchini, plunged to fasten and sailedit. This wreck, far pushed by the night wind, was thefirst piece of the plane rescued aAer the tragedy.

    AAer that operation, we were told the impact area co-ordinates and they were the same of the first call.

    We moved back to the first point, where we detachedfrom the previous night. Here we noticed oil spots, mar-king colored spots, many seat wrecks, some life vest,broken suitcases and some corpses with their clothesripped up. All around there were Navy boats which or-dered us to transfer immediately on their craAs everywreck we could rescue. Overwhelmed by the tragicsight of the event and burdened by our already uselesspresence, we asked to abandon our post to get back toUstica. Here, on the dock, at the presence of many faces,unbelieving and distressed by the tragedy, I receivedwith no cerimony my «Golden Pitchfork».

    Later I was called by judge Rosario Priore to check myversion of facts and to report what I knew about the pre-sence of military ships in the harbour of Naples and inthe sea stretch between Ponza and Ustica.

    Much later I was called as consultant too, to examinethe ROV remote control submarine recordings taken onthe nearby sea boBom, but in a different area which theDC9 wrecks had been rescued from.

    Back then, I could state that in the area there had beensome activity of a device which leA unnatural cracks andridges, like if someone had dragged and liAed somekind of objects. Who could secretly worked at more than3.000 m depth? And why? It was heavily alleged that so-mebody had stolen some parts and instruments of theplane, before the official rescuing.

    The investigations about the event, lasting more than30 years, among reticence, conflicting evaluations, thro-wing off tacks and lies, stated that the plane was shotdown by a rocket only with the sentence on Jan, 28th2013. It's the first truth, but the actual tragic event whichkilled 81 innocent victims is far from being clarified.

    PAOLO COLANTONI

    Il cono di coda in vetroresina del DC-9 recuperato in mare.

    The DC9 fiberglass cone tail rescued from the sea.

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    L.Messina. «Quella no