La storia di don Chisciotte della Mancha quando vegga che dopo sí lungo tempo da che dormo nel...

880
Vico Acitillo - Poetry Wave I libri di Pierre Ménard La storia di don Chisciotte della Mancha di Miguel de Cervantes Saavedra a cura di Emilio Piccolo

Transcript of La storia di don Chisciotte della Mancha quando vegga che dopo sí lungo tempo da che dormo nel...

1

Calpestare loblio

Vico Acitillo - Poetry WaveI libri di Pierre Mnard

La storiadi don Chisciotte della Mancha

diMiguel de Cervantes Saavedra

a cura di Emilio Piccolo

2

Vico Acitillo: Xenia

I libri di Pierre Mnard

Vico Acitillo - Poetry [email protected]

Napoli, 20011Edoardo Perino editore Roma 1888

La manipolazione e/o la riproduzione (totale o parziale) e/o la diffu-sione telematica di questopera sono consentite a singoli o comunque a soggetti non costituiti come imprese di carattere editoriale, cinemato-grafi co o radio-televisivo.

3

Calpestare loblio

Miguel de Cervantes Saavedra

La storia di Don Chisciotte della Mancha

1

Vico Acitillo - Poetry WaveI libri di Pierre Mnard

4

Vico Acitillo: Xenia

5

Calpestare loblio

Primo Volume

6

Vico Acitillo: Xenia

7

La storia di don Chisciotte della Mancha

PROLOGO

Sfaccendato lettore, potrai credermi senza che te ne faccia giura-mento, chio vorrei che questo mio libro, come figlio del mio intellet-to, fosse il pi bello, il pi galante ed il pi ragionevole che si potessemai immaginare; ma non mi fu dato alterare lordine della naturasecondo la quale ogni cosa produce cose simili a s. Che poteva maigenerare lo sterile e incolto mio ingegno, se non se la storia dunfiglio secco, grossolano, fantastico e pieno di pensieri varii fra loro,n da verun altro immaginati finora? E ben ci si conviene a colui chefu generato in una carcere, ove ogni disagio domina, ed ove ha pro-pria sede ogni sorta di malinconioso rumore. Il riposo, un luogo de-lizioso, lamenit delle campagne, la serenit dei cieli, il mormorardelle fonti, la tranquillit dello spirito, sono cose efficacissime a ren-der feconde le pi sterili Muse, affinch diano alla luce parti che riem-piano il mondo di maraviglia e di gioia. Avviene talvolta che un padreabbia un figliuolo deforme e senza veruna grazia, e lamore gli metteagli occhi una benda, sicch non ne vede i difetti, anzi li ha per fruttidi buon criterio e per vezzi, e ne parla cogli amici: come di acutezze egraziosit. Io per, bench sembri esser padre, sono padrino di donChisciotte, n vo seguir la corrente, n porgerti suppliche quasi collelagrime agli occhi, come fan gli altri, o lettor carissimo, affinch tuperdoni e dissimuli le mancanze che scorgerai in questo mio figlio. Eci tanto maggiormente perch non gli appartieni come parente odamico, ed hai unanima tua nel corpo tuo, ed il tuo libero arbitriocome ogni altro, e te ne stai in casa tua, della quale sei padrone comeun principe de suoi tributi, e ti noto che si dice comunemente: sottoil mio mantello io ammazzo il re. Tutto ci ti disobbliga e ti scioglie daogni umano ricordo, e potrai spiegar sulla mia storia il tuo sentimen-to senza riserva, e senza timore dessere condannato per biasimarla, odaverne guiderdone se la celebrerai.

8

Miguel de Cervantes Saavedra

Vorrei per altro, o lettor mio, offrirtela; pulita e ignuda, senzalornamento di un prologo, e spoglia dellinnumerabil caterva degliusitati sonetti, epigrammi, od elogi che sogliono essere posti in fron-te ai libri; e ti so dire che sebbene siami costato qualche travaglio ilcomporla, nulla mi diede tanto fastidio quanto il fare questa prefazio-ne che vai leggendo. Pi volte diedi di piglio alla penna per iscriverla,e pi volte mi cadde di mano per non sapere come darle principio.Standomi un giorno dubbioso con la carta davanti, la penna nel-lorecchio, il gomito sul tavolino, e la mano alla guancia, pensando aquello che dovessi dire, ecco entrar dimprovviso un mio amico, uomodi garbo e di fino discernimento, il quale, vedendomi tutto assorto inpensieri, me ne domand la cagione. Io non gliela tenni celata, ma glidissi che stava studiando al prologo da mettere in fronte alla storia didon Chisciotte, e ci trovavo tanta difficolt, che mero deliberato dinon far prologo, e quindi anche di non far vedere la luce del giornoalle prodezze di s nobile cavaliere.

- Come volete voi mai, soggiunsio, che non mi tenga confuso ilpensare a tutto ci che sar per dirne quellantico legislatore che chiamasivolgo, quando vegga che dopo s lungo tempo da che dormo nel si-lenzio della dimenticanza, ora che ho tantanni in groppa, esco fuoricon una leggenda secca come un giunco marino, spoglia dinvenzio-ne, misera di stile, scarsa di concetti, mancante di ogni erudizione edottrina, senza postille al margine, e senzannotazioni al fine del li-bro, di che vedo ricche le altre opere, tuttoch favolose e profane, ezeppe di sentenze di Aristotele, di Platone, e di tutto lo sciame deifilosofi, onde ne avviene che restano meravigliati i lettori, e tengonogli autori nel pi gran conto di dottrina, di erudizione, di eloquenza?Citando la divina Scrittura si fanno credere altrettanti santi Tommasie nuovi Dottori della Chiesa, conservando in ci un s ingegnosodecoro che in una riga ti rappresentano un innamorato perduto, enellaltra ti fanno un sermoncino cristiano, ch una consolazioneludirli o il leggerli! Deve di tutto ci essere spoglio il mio libro, poi-ch non ho che citare nel margine, o che annotare nel fine, n so diquali autori mi valga il comporlo; e cos non posso affibbiarveli, comeda tutti si pratica, per le lettere dellabbicc, cominciando con Aristotele,e terminando con Senofonte e Zoilo o Zeusi, bench luno sia statoun maldicente, laltro un pittore. Ha pur il libro mio da mancare disonetti al principio, almeno di quelli composti da duchi, marchesi,conti, vescovi, dame o poeti celebratissimi; bench se pregassi di cidue o tre miei amici bottegai, io so che me li darebbero, e tali da nonpoter essere superati da quelli dei pi celebri della nostra Spagna. In-

9

La storia di don Chisciotte della Mancha

somma, signore e amico mio, soggiunsi, io mi risolvo a lasciar ilsignor don Chisciotte sepolto negli archivi della Mancia, finch il cie-lo faccia comparir chi lo adorni delle tante qualit che gli mancano,trovandomi io incapace di rimediarvi, attesa la mia insufficienza e lamia scarsa erudizione, ed anche perch sono naturalmente infingardoe lento nellindagare autori che dicano quello che so dire da me mede-simo senza la lor dettatura. Di qui ha origine la sospensione e lumorein cui mi trovaste; e ben deve bastare per mettermi a tale stato tuttoci che da me avete inteso.

Alludir queste cose il mio amico si diede una palmata nella fronte,proruppe in un alto scoppio di ridere, e disse: Per bacco, fratello, chetermino al presente di togliermi da un inganno in cui son vissuto dache vi conosco; giacch vi ho tenuto mai sempre per uomo giudizio-so e prudente in tutte le vostre azioni, ed ora mavveggo, che voi nesiete lontano quanto il cielo dalla terra. Com mai possibile che cosedi s poco momento e di s facile rimedio abbiano tal possa da con-fondere e sviare un ingegno s maturo com il vostro, a cui s agevoleriesce il togliere e superare molto maggiori difficolt? Ci deriva infede mia, non da mancanza di abilit, ma da infingardaggine, e dapoco buon raziocinio. Volete la prova di ci? Statemi attento e ve-drete come in un aprire e chiuder docchio io svento tutte le vostredifficolt, e vengo a rimediare a tutte le mancanze; dalle quali diteessere tenuto sospeso e avvilito per modo che vi ritraete dal dare almondo il vostro famosissimo don Chisciotte, lume e specchio di tut-ta la errante cavalleria. - Or via, lo interruppi sentendo le sue parole:in qual modo divisate voi di riempire il vto del mio timore e diridurre a chiarezza il caos della mia confusione? - Al che soggiunsegli:- Quanto al primo imbarazzo in cui vi trovate a cagione de sonetti,epigrammi ed elogi che mancano in fronte al vostro libro, e ch dimestieri che portino i nomi di personaggi gravi e titolati, facile ilrimediare. Prendetevi voi stesso la briga di comporli; poscia battezza-teli voi medesimo col nome che pi vi talenta attribuendoli al preteGianni dellIndia od allimperatore di Trebisonda, i quali so essere opi-nione che abbiano avuto il vanto di poeti celebratissimi. Che se cinon vero, e sorgesse per avventura qualche pedante o baccelliere, chemordendovi le calcagna impugnasse questa verit, non per questo avoi, convinto di menzogna, taglierebbero la mano che ha segnatonomi cotanto illustri. E quanto al citare in margine libri ed autori aiquali attribuir le sentenze e i detti che vi piacesse dinserire nella vostrastoria, basta che voi vi facciate cadere in acconcio alcune sentenze chesappiate a memoria, o che vi costino poca fatica a cercarle. Per esem-

10

Miguel de Cervantes Saavedra

pio, trattando di libert e schiavit:

Non bene pro toto libertas venditur auro;

ed al margine citate Orazio, o chi lha detto. Se parlerete del poteredella morte:

Pallida mors quo pulsat pedePauperum tabernas regumque turres.

Se dellamicizia, o dellamore che il Signore comanda di portare anemici, eccovi la divina Scrittura che vi somministra le parole di Diostesso: Ego autem dico vobis: Diligite inimicos vestros. Trattando decattivi pensieri ricorrete al Vangelo: De corde exeunt cogitationes mal.Se dellincostanza degli amici, Catone vi somministrer il suo distico:

Donec eris felix, multos numerabis amicos;Tempora si fuerint nubila, solus eris.

E di tal guisa latinizzando, od in talaltra maniera, sarete tenutoper grammatico, ci che procura oggigiorno non poco onore e gua-dagno. Per ci che spetta alle annotazioni da porsi al fine del libro,potete sbarazzarvene a questo modo. Se nominate nella vostra operaqualche gigante, supponetelo il gigante Golia: questo solo (che pocovi costa) vapre il campo ad unampia annotazione dicendo: Il Gigan-te Golia fu un Filisteo il quale venne ucciso con un gran colpo di pietradal pastore Davide nella valle di Trebinto, secondo ci che si legge nellibro dei Re nel capitolo ove vedrete che questo sta scritto. Per mostrarvipoi uomo erudito nelle umane lettere, ed anche cosmografo, fate inmodo che nella vostra storia si nomini il fiume Tago, e qui si aprir ilcampo ad unaltra famosa annotazione dicendo: Al fiume Tago diedeil nome un re delle Spagne, nasce nel tal luogo, e muore nel mare Ocea-no, bagnando le mura della famosa citt di Lisbona, e credesi abbia learene doro, ecc. Dovendo parlar di ladroni, vi dir la storia di tanti,ma celebrati dal maggior numero: che se tanto vi riuscir di fare nonavrete conseguito poco.

Io me ne stavo ascoltando con profondo silenzio ci che mi sidicea dallamico, e tanto poterono sopra di me le sue ragioni che,senza altro dire, gliele menai tutte buone: anzi le feci servire di fonda-mento a questo prologo, nel quale riscontrerai, o delicato lettore, ilretto discernimento dellamico mio, e la buona ventura nellessermi a

11

La storia di don Chisciotte della Mancha

questi tempi avvenuto in s utile consigliere quando trovavami irre-soluto e indeciso. Tu navrai certo gran compiacenza nel leggere cosingenua e cos pura la storia del famoso don Chisciotte della Mancia,il quale, per la fama che corre fra tutti gli abitanti del distretto delCampo di Montiello, fu linnamorato pi casto, ed il pi valente cava-liere, che da tanti anni in qua comparisse in que dintorni; n io vo-glio esagerarti il servigio che ti fo nel darti a conoscere s celebre eonorato campione. Bramo per dincontrare il tuo gradimento per laconoscenza che ti far fare anche del famoso Sancio Pancia suo scudiere,nel quale, a mio avviso, troverai congiunte tutte le disgrazie scudieriliche sincontrano sparse nella caterva degli inutili libri di cavalleria.Dio ti conservi in salute, e non mi porre in dimenticanza. Sta sano.

12

Miguel de Cervantes Saavedra

CAPITOLO IDELLA CONDIZIONE E DELLE OPERAZIONI DEL RINOMA-TO IDALGO DON CHISCIOTTE DELLA MANCIA.

Viveva, non ha molto, in una terra della Mancia, che non voglioricordare come si chiami, un idalgo di quelli che tengono lance nellarastrelliera, targhe antiche, magro ronzino e cane da caccia. Egli con-sumava tre quarte parti della sua rendita per mangiare piuttosto bueche castrato, carne con salsa il pi delle sere, il sabato minuzzoli dipecore mal capitate, lenti il venerd, collaggiunta di qualche piccioncinonelle domeniche. Consumava il resto per ornarsi nei giorni di festacon un saio di scelto panno di lana, calzoni di velluto e pantofole purdi velluto; e nel rimanente della settimana faceva il grazioso portandoun vestito di rascia della pi fina. Una serva doltre quarantanni, eduna nipote che venti non ne compiva convivevano con esso lui, edeziandio un servitore da citt e da campagna, che sapeva cos benesellare il cavallo come potare le viti. Toccava let di cinquantanni;forte di complessione, adusto, asciutto di viso; alzavasi di buon mat-tino, ed era amico della caccia. Vogliono alcuni che portasse il sopran-nome di Chisciada o Chesada, nel che discordano gli autori che tratta-rono delle sue imprese; ma per verosimili congetture si pu presup-porre che fosse denominato Chisciana; il che poco torna al nostroproposito; e basta soltanto che nella relazione delle sue gesta non ciscostiamo un punto dal vero.

Importa bens di sapere che negli intervalli di tempo nei quali eraozioso (cherano il pi dellanno), applicavasi alla lettura dei libri dicavalleria con predilezione s dichiarata e s grande compiacenza cheobbli quasi intieramente lesercizio della caccia ed anche il governodelle domestiche cose: anzi la curiosit sua, giunta alla mana derudirsicompiutamente in tale istituzione, lo indusse a spropriarsi di nonpochi dei suoi poderi a fine di comperare e di leggere libri di cavalleria.Di questa maniera ne rec egli a casa sua quanti gli vennero alle mani;ma nissuno di questi gli parve tanto degno dessere apprezzato quantoquelli composti dal famoso Feliciano de Silva, la nitidezza della suaprosa e le sue artifiziose orazioni gli sembravano altrettante perle,massimamente poi quando imbattevasi in certe svenevolezze amoro-se, o cartelli di sfida, in molti dei quali trovava scritto: La ragionedella nissuna ragione che alla mia ragione vien fatta, rende s debole lamia ragione che con ragione mi dolgo della vostra bellezza. E similmenteallorch leggeva: Gli alti cieli che la divinit vostra vanno divinamente

13

La storia di don Chisciotte della Mancha

fortificando coi loro influssi, vi fanno meritevole del merito chemeritatamente attribuito viene alla vostra grandezza.

Con questi e somiglianti ragionamenti il povero cavaliere uscivadel senno. Pi non dormiva per condursi a penetrarne il significatoche lo stesso Aristotele non avrebbe mai potuto deciferare, se a taleunico oggetto fosse ritornato tra i vivi. Non gli andavano gran fattoa sangue le ferite che dava e riceveva don Belianigi, pensando che dibuon diritto nella faccia e in tutta la persona avessero ad essergli rima-ste impresse e vestigia e cicatrici, per quanto accuratamente fosseglistato guarito; ma nondimeno lodava altamente lautore perch chiu-deva il suo libro con la promessa di quella interminabile avventura. Fuanche stimolato le molte volte dal desiderio di dar di piglio alla pennaper compiere quella promessa; e senzaltro lavrebbe fatto giungendoallo scopo propostosi dal suo modello; se distratto non lavessero pigravi ed incessanti divisamenti. Ebbe a quistionar pi volte col curatodella sua terra (uomo di lettere e addottorato in Siguenza) qual fossestato miglior cavaliere o Palmerino dInghilterra, o Amadigi di Gaula;era peraltro davviso mastro Nicol, barbiere di quel paese, che niunoal mondo contender potesse il primato al cavaliere del Febo, e che sequalcuno poteva competer con lui, questi era solo don Galeorre fra-tello di Amadigi di Gaula, da che nulla fu mai dinciampo alle sueardite imprese; e non era s permaloso e piagnone come il fratello, acui poi non cedeva sicuramente in valore. In sostanza quella sua lettu-ra lo port siffattamente allentusiasmo da non distinguere pi la not-te dal d, il d dalla notte; di guisa che pel soverchio leggere e per ilpoco dormire gli sindebol il cervello, e addio buon giudizio. Altronon presentavasi alla sua immaginazione che incantamenti, contese,battaglie, disfide, ferite, concetti affettuosi, amori, affanni ed impos-sibili avvenimenti: e a tal eccesso pervenne lo stravolgimento dellafantasia, che niuna storia del mondo gli pareva pi vera di quelle ide-ate invenzioni che andava leggendo. Sosteneva egli che il Cid RuiDiaz era stato bens valente cavaliere, ma che dovea ceder la palmaallaltro dallardente spada, il quale dun solo manrovescio avea tagliatiper mezzo due feroci e smisurati giganti. Pi gli piaceva Bernardo delCarpio per avere egli ucciso in Roncisvalle lincantato Roldano, va-lendosi dellaccortezza dErcole allorch soffoc fra le sue braccia Anteofiglio della Terra. Celebrava il gigante Morgante perch discendendoegli da quella gigantesca gena, che non d che scostumati e superbi,pure egli solo porgevasi affabile e assai ben creato. Dava per a Rinaldodi Montalbano sopra ad ogni altro la preferenza, e segnatamente quan-do lo vedeva uscire dal suo castello, a far man bassa, di quanto gli

14

Miguel de Cervantes Saavedra

capitava alle mani, derubando in Aglienda quellidolo di Maomettoche era tutto doro secondoch riferisce la sua storia. Avrebbe eglisacrificata la sua serva, e di vantaggio pur la nipote alla smania chetenea dammaccare a furia di calci il traditor Ganelone.

In fine perduto affatto il giudizio, si ridusse al pi strano divisamentoche siasi giammai dato al mondo. Gli parve conveniente e necessarioper lesaltamento del proprio onore e pel servigio della sua repubblicadi farsi cavaliere errante, e con armi proprie e cavallo scorrere tutto ilmondo cercando avventure, ed occupandosi negli esercizii tutti deiquali aveva fatto lettura. Il riparare qualunque genere di torti, e lesporres stesso ad ogni maniera di pericoli per condursi a glorioso fine,doveano eternare fastosamente il suo nome; e figuravasi il poveruo-mo dessere coronato per lo meno imperadore di Trebisonda in meri-to del valore del suo braccio. Immerso in tali deliziosi pensieri, edalzato allestasi dalla straordinaria soddisfazione che vi trovava, si die-de la pi gran fretta onde porli ad esecuzione. Applicossi prima ditutto a far lucenti alcune arme di cui si erano valsi i bisavoli suoi, e chedi ruggine coperte giacevano dimenticate in un cantone: le ripul e lepose in assetto il meglio che gli fu possibile, poi saccorse chera inesse una essenziale mancanza, perocch invece della celata con visiera,eravi solo un morione; ma; suppl a ci la sua industria facendo dicartone una mezza celata, che unita al morione pigli lapparenza dicelata intera. Egli vero che per metterne a prova la solidit trasse laspada, e vi diede due colpi col primo dei quali, in un momento solo,distrusse il lavoro che laveva tenuto occupato una settimana; n gliand allora a grado la facilit con cui la ridusse in pezzi; ma ad ogget-to che non si rinnovasse un tale disastro, la rifece consolidandolainteriormente con cerchietti di ferro, e rest cos soddisfatto della suafortezza che senza metterla a nuovo cimento rinnovando la prova diprima, la ebbe in conto di celata con visiera di finissima tempra.

Si rec da poi a visitare il suo ronzino, e bench avesse pi quartiassai dun popone e pi malanni che il cavallo del Gonella - che tantumpellis et ossa fuit - gli parve che non gli si agguagliassero n il Babiecadel Cid, n il Bucefalo di Alessandro. Impieg quattro giorni nellim-maginare con qual nome dovesse chiamarlo, e diceva egli a s stessoche sconveniva di troppo che un cavallo di cavaliere s celebre nonportasse un nome famoso; e andava perci ruminando per trovarneuno che spiegasse ci che era stato prima di servire ad un cavaliereerrante, e quello che andava a diventare. Era ben ragionevole che cam-biando stato il padrone, mutasse nome anche la bestia, ed uno glienefosse applicato celebre e sonoro; e quindi dopo aver molto fra s pro-

15

La storia di don Chisciotte della Mancha

posto, cancellato, levato, aggiunto, disfatto e tornato a rifare semprefantasticando, stabil finalmente di chiamarlo Ronzinante, nome aquanto gli parve, elevato e pieno di una sonorit che indicava il passa-to esser suo ronzino, e ci chera per diventare, vale a dire, il picospicuo tra tutti i ronzini del mondo.

Stabilito con tanta sua soddisfazione il nome al cavallo, sapplicfervorosamente a determinare il proprio, nel che spese altri otto gior-ni, a capo dei quali si chiam don Chisciotte. Da ci, come fu dettogi prima, trassero argomento gli autori di questa verissima storia,che debba essa chiamarsi indubitamente Chisciada e non Chesada,come ad altri piacque denominarla. Si risovvenne il nostro futuroeroe che il valoroso Amadigi non erasi limitato a chiamarsi Amadigisemplicemente, ma che affibbiato vi aveva il nome del regno e dellapatria, per sua pi grande celebrit, chiamandosi Amadigi di Gaula.Dietro s autorevole esempio, come buon cavaliere decise daccoppia-re al proprio nome quello pur della patria, e chiamarsi don Chisciottedella Mancia, con che, a parer suo, spiegava pi a vivo il lignaggio e lapatria, e davale onore col prendere da lei il soprannome.

Rese di gi lucide larme sue, fatta del morione una celata, stabilitoil nome al ronzino, e confermato il proprio, si persuase che altro a luinon mancasse se non se una dama di cui dichiararsi amoroso. Il cava-liere errante senza innamoramento come arbore spoglio di fronde eprivo di frutta; come corpo senzanima, andava dicendo egli a sstesso. - Se per castigo de miei peccati, o per mia buona venturamavvengo in qualche gigante, come dordinario intraviene ai cava-lieri erranti, ed io lo fo balzare a primo scontro fuori di sella, o lotaglio per mezzo, o vinto lo costringo ad arrendersi, non sar eglibene davere a cui farne un presente? laonde poi egli entri, e ginoc-chioni dinanzi alla mia dolce signora cos sesprima colla vocesupplichevole delluomo domato: - Io, signora, sono il giganteCaraculiambro, dominatore dellisola Malindrania, vinto in singolartenzone dal non mai abbastanza celebrato cavaliere don Chisciotte dellaMancia, da cui ebbi comando di presentarmi dinanzi alla signoria vo-stra, affinch la grandezza vostra disponga di me a suo talento. Oh!come si rallegr il nostro buon cavaliere allessersi cos espresso! maoh quanto pi si compiacque poi nellavere trovato a chi dovesse con-cedere il nome di sua dama! - Soggiornava in un paese, per quantocredesi, vicino al suo, una giovanotta contadina di bellaspetto, dellaquale egli era stato gi amante senza chella il sapesse, n se ne fosseavvista giammai, e chiamavasi Aldolza Lorenzo; e questa gli parveopportuno chiamar signora de suoi pensieri. Dappoi cercando un

16

Miguel de Cervantes Saavedra

nome che non discordasse gran fatto dal suo, e che potesse in certomodo indicarla principessa e signora, la chiam Dulcinea del Tobosoperch del Toboso appunto era nativa. Questo nome gli sembr ar-monioso, peregrino ed espressivo, a somiglianza di quelli che alloraaveva posti a s stesso ed alle cose sue.

17

La storia di don Chisciotte della Mancha

CAPITOLO IIDELLA PRIMA PARTITA CHE FECE LNGEGNOSO DONCHISCIOTTE DALLA SUA TERRA.

Fatti questi apparecchi, non volle differire pi oltre a dar esecuzio-ne al suo divisamento, affrettandolo a ci la persuasione che il suoindugio lasciasse un gran male nel mondo; s numerose erano le in-giurie che pensava di dover vendicare, i torti da raddrizzare, le ingiu-stizie da togliere, gli abusi da correggere, i debiti da soddisfare. Senzadunque far parola a persona di quanto aveva divisato, e senza essereveduto da alcuno, una mattina del primo giorno (che fu uno dei piardenti) del mese di luglio, armato di tutte le sue armi sal sopraRonzinante, si adatt la sua malcomposta celata, imbracci la targa,prese la lancia, e per la segreta porta di una corticella usc alla campa-gna, ebro di gioia al vedere con quanta facilit aveva dato principio alsuo nobile desiderio. Ma non appena si vide allaperto, gli sopravven-ne un terribile pensiero, che per poco non lo fece desistere dalla co-minciata impresa; risovvenendosi allora chegli non era armato cava-liere, e che quindi conformemente alle leggi di cavalleria, n potea ndovea condursi a battaglia contro verun cavaliere di questo mondo:oltre di che, quandanche gi fosse stato cavaliere novizzo avrebbedovuto portare armi bianche senza impresa nello scudo finch non laguadagnasse col proprio valore. Questi pensieri lo fecero titubante nelsuo proposito; ma pi dogni ragione potendo in lui la pazzia, propo-se seco stesso di farsi armar cavaliere dal primo in cui simbattesse, adimitazione di altri molti che di tal guisa si regolarono, come avevaletto nei libri che a tale lo avevano condotto. Quanto alla bianchezzadellarme pens di forbirle al primo villaggio per modo che vincesserolermellino; e con questo sacquet e prosegu il suo viaggio senzacalcar altra via che quella ove fosse piaciuto al suo cavallo di condurlo,tenendo per fermo che in ci consistesse la forza delle avventure.

Cos camminando il nostro novello venturiero parlava fra s ediceva: Chi pu dubitare che nei tempi avvenire quandesca alla lucela vera storia delle famose mie gesta, il savio che la scriver, accin-gendosi a dar conto di questa mia prima uscita s di buonora, noncominci in questa maniera? - Aveva appena per lampia e spaziosaterra il rubicondo Apollo stese le dorate fila dei suoi vaghi capelli, eappena i piccoli dipinti augelli con le canore lor lingue avevano saluta-to con dolce melliflua armonia lo spuntare della rosea Aurora, la qualeabbandonando le morbide piume del geloso marito mostravasi per le

18

Miguel de Cervantes Saavedra

porte e finestre del Mancego orizzonte a mortali, quando il famosodon Chisciotte della Mancia, lasciate le oziose piume, sal sul famososuo cavallo Ronzinante, e cominci a scorrere lantica e celebre cam-pagna di Montiello (ed era il vero, da che battea quella strada) poisoggiunse esclamando; Oh et fortunata, o secolo venturoso in cuivedranno la luce le famose mie imprese, degne di essere incise in bronzi,scolpite in marmi, e dipinte in tele per eterna memoria alla posterit!O tu savio incantatore, chiunque tu sia per essere, a cui sar dato insorte dessere il cronista di questa peregrina storia, priegoti non oblia-re il mio buon Ronzinante, perpetuo compagno in ogni mio viaggioe vicenda. Talora prorompeva come se fosse stato innamorato davero: Ah principessa Dulcinea, signora di questo prigioniero miocuore, gran torto mi avete fatto col darmi commiato comandando-mi altres chio non osi mai pi comparire al cospetto della vostrasingolare bellezza. Vi scongiuro, signora mia, di rammentarvi di que-sto cuore che v schiavo, e che tanto soffre per amor vostro! Anda-va egli a questi infilzando altri spropositi, alla maniera di quelli cheaveva appresi dai suoi libri imitandone a tutta sua possa il linguaggio;e intanto procedeva s lento, e il sole, alzandosi, mandava un ardor scocente, che avrebbe potuto diseccargli il cervello, se pur gliene fosserimasto alcun poco.

A questo modo viaggi tutto quel giorno senza che gli avvenissecosa degna dessere ricordata; del che disperavasi, bramando avida-mente che gli si offerisse occasione da cimentare il valor del suo brac-cio. Alcuni autori affermano che la prima sua avventura fu quella delPorto Lapice: altri dicono quella dei mulini da vento: quello per cheho potuto riconoscere, e che trovai scritto negli annali della Mancia si chegli and errando per tutto lintiero giorno, e che allavvicinarsidella notte s egli come il suo ronzino, si trovarono spossati e mortidi fame. Che girando locchio per ogni parte per vedere se gli venissescoperto qualche castello o abituro pastorale ove ricovrarsi e trovar diche rimediare a suoi molti bisogni, vide non lungi dal cammino pelquale andava, unosteria, che gli fu come vedere una stella che lo gui-dasse alla soglia, se non alla reggia della felicit. Affrett il passo, e vigiunse appunto sul tramontare del giorno. Stavano a caso sulla portadue giovanotte di quelle che si chiamano da partito, le quali andavanoa Siviglia con alcuni vetturali che avevano divisato di passar ivi lanotte. Siccome tutto ci che pensava o vedeva o fantasticava il no-stro avventuriere, tutto dentro di lui pigliava forma e sembianza dellapazzia che le sue letture gli avevano fitta in capo; cos appena scorselosteria, gli fu davviso di vedere un castello colle sue quattro torri,

19

La storia di don Chisciotte della Mancha

con capitelli di lucido argento, con ponte levatoio sovrastante a pro-fondo fosso, e fornito di tutte quelle altre appartenenze che soglionoessere attribuite a siffatte abitazioni. Avviatosi dunque allosteria ocastello, secondo che a lui pareva, e giuntovi da vicino, raccolse lebriglie e ferm Ronzinante, attendendo che qualche nano si facessedai merli a dar segno colla tromba che arrivava al castello un cavaliere.Ma vedendo poi che tardavano; e che Ronzinante smaniava di farcapo nella stalla, saccost alla porta dellosteria sulla quale stavano ledue mal costumate ragazze, che a lui sembrarono due molto vaghedonzelle, ovvero due galanti signore che vagassero a bel diporto.

Avvenne che un porcaio per raccozzare un branco di porci (checon sopportazione cos appunto si chiamano) suon un corno al cuisegnale tutti son usi di unirsi; e questo fece pago il desiderio di donChisciotte, immaginandosi egli che un nano annunziasse cos la suavenuta. Con gioia ineffabile saccost quindi alla porta e alle signore,le quali vedendo avvicinarsi un uomo armato a quel modo con lanciae targa, spaventate, si volsero per cacciarsi nellosteria. Ma donChisciotte, arguendo dalla lor fuga la paura che le incalzava, alz la suavisiera di cartone, e facendo vedere la sua secca e polverosa faccia,disse loro con gentil modo e con voce tranquilla: Non fuggano lesignorie vostre, n paventino doltraggio alcuno, da che lordine ca-valleresco da me professato divieta di far torti a chicchessia, massima-mente poi a donzelle dalto lignaggio, quali la presenza vostra vi faconoscere. Le due giovani lo andavano osservando, e cercavano divedergli bene la faccia, che poco si scopriva di sotto alla trista visiera;ma quando sintesero chiamar donzelle, nome s opposto alla loroprofessione, non poterono contenersi dal ridere, in modo che donChisciotte se ne risent, e disse loro: Quanto un dignitoso contegnosaddice alle belle, tanto sta male che prorompano per lieve cagione intali risate; non per questo ve ne rimprovero, ma ci vi dico solo perdesiderio che siate di animo benigno verso di me, ch il mio tuttavolont di servirvi. Il linguaggio non inteso dalle donne e la tristafigura del nostro cavaliere accresceano in esse le rise e in lui la collera;e la cosa sarebbe andata oltre se in quel momento non usciva loste,che per essere molto grasso era anche molto pacifico. Il quale al vederequella contraffatta figura, armata darmi tra loro cos discordanti, co-merano le staffe lunghe, la lancia, la targa ed il corsaletto, fu per met-tersi a ridere anchegli non meno delle due giovani; ma tenendolo inqualche rispetto una macchina fornita di tante munizioni, pens diparlargli garbatamente e gli disse: Se la signoria vostra, signor cava-liere, domanda di essere alloggiata, dal letto in fuori (ch non ve nha

20

Miguel de Cervantes Saavedra

pur uno in questa osteria) trover in tutto di che soddisfarsiabbondevolmente. Vedendo don Chisciotte la gentilezza del gover-natore della fortezza (che tale a lui rassembrarono e loste e losteria)rispose: A me, signor castellano, ogni cosa mi basta, perch mieiarredi son larmi, e mio riposo il combattere. Loste simmagin chedon Chisciotte gli avesse dato il nome di castellano per averlo credutoun sempliciotto Castigliano mentre era invece di Andalusia, e di quellidella riviera di San Lucar, non dissimile a Caco nei ladronecci, e nonmeno intrigatore duno studente o dun paggio: e quindi gli risposein questo modo: A quanto dice la signoria vostra, i suoi letti debbonessere dure pietre, e il suo dormire una continua veglia: e se cos , ellaabbia pure per certo che qui trover le pi opportune occasioni danon poter chiuder occhio per un anno intiero, non che per una solanotte.

Ci detto fu a tenere la staffa a don Chisciotte, il quale smontcon grande stento e fatica, come colui che in tutto quel giorno eraancora digiuno, e raccomand subito alloste davere la pi gran curadel suo cavallo che era la miglior bestia che fosse al mondo. Loste losquadr, e non gli parve quella gran cosa che don Chisciotte diceva,per allogatolo nella stalla, si rec subito a ricevere i comandi del-lospite suo. Questi si lasciava disarmare dalle donzelle gi rappattumatecon lui, ma bench gli avessero tolto di dosso la corazza e gli spallacci,non trovaron elleno via n verso di aprirgli la goletta, n di levargli lacontraffatta celata, che tenea assicurata con un legaccio verde; e vo-lendogliela levare, bisognava toglierne i nodi, al che don Chisciotte sirifiut risolutamente. Se ne rimase pertanto tutta quella notte con lacelata, ci che rendeva la pi ridicola e strana figura che immaginar sipossa. Mentre poi lo venivano disarmando (immaginando egli chequelle femmine scostumate fossero principali signore o dame di quelcastello) disse loro con singolar gentilezza:

Cavalier non vi fu maiDalle donne ben servitoCome il prode don ChisciotteQuando usc dal patrio lito.Pensr dame al suo destino,Principesse al suo Ronzino!

o piuttosto Ronzinante; perch questo, signore, il nome delmio cavallo, ed il mio proprio don Chisciotte della Mancia. Io vera-mente avevo divisato di non appalesarmi se non per qualche impresa

21

La storia di don Chisciotte della Mancha

da me condotta a glorioso fine in servigio vostro; ma la necessit diaccomodare al presente proposito quella vecchia romanza di Lancilottofu causa che voi lo abbiate saputo fin dora. Tempo verr per altro incui le signorie vostre mi comanderanno, ed io loro obbedir; e sarallora che il valor del mio braccio vi prover il desiderio che ho diservirvi. Le allegre giovani non avvezze a simili ragionamenti, nonrisposero parola, ma gli domandarono solamente se desiderava man-giar qualche cosa. - Qualunque cosa, rispose don Chisciotte, giacchmi pare che ne sia ben tempo.

Avvenne che per essere venerd non eravi in quellosteria se non sequalche pezzo di un pesce chiamato Abadescio in Castiglia, Merluzzoin Italia, nellAndalusia Baccagliao, e altrove Curadiglio e Trucciola, naltro vera da potergli dare. Se vi sono molte trucciuole, disse donChisciotte, potranno servire in luogo di una truccia grande, poich ame tanto fanno otto reali quanto una pezza da otto, e potrebbe anchedarsi che queste trucciole fossero come il vitello ch migliore dellavacca, e il capretto che pi saporito del caprone: sia per come sivoglia, mi si porti tantosto, perch la fatica e il peso dellarme non sipossono sostenere quando il ventre non ben governato Gli fu po-sta la tavola presso la porta dellosteria al fresco, e loste gli rec unaporzione del pi mal bagnato e peggio cotto merluzzo, ed un panetanto nero ed ammuffato quanto le sue arme. Fu argomento di gran-di risate il vederlo mangiare; poich avendo tuttavia la celata e alzatala visiera, nulla potea mettersi in bocca colle proprie mani se da altrinon gli era prto, e perci una di quelle sue dame si mise ad eseguirequellufficio. Ma in quanto al dargli da bevere, non fu possibile, navrebbe bevuto mai se loste non avesse bucata una canna, e postaglie-ne in bocca una dellestremit, non gli avesse per laltra versato il vino;e tutto questo egli comport pazientemente, purch non gli avesseroa rompere i legacci della celata. In questo mezzo giunse per sorte al-losteria un porcaio, il quale al suo arrivare suon un zuffoletto dicanna quattro o cinque volte. Allora don Chisciotte fin di persuader-si che trovavasi in qualche famoso castello, ove era servito con musi-ca; che i pezzi di merluzzo eran trote; che il pane era bianchissimo;dame quelle femmine di partito; loste governatore del castello: e quindichiamava ben avventurosa la sua risoluzione e il suo viaggio. Ci peraltro che molto lo amareggiava si era di non vedersi ancora armatocavaliere, sembrandogli di non potersi esporre giuridicamente ad al-cuna avventura senza avere da prima con buona forma ricevuto lor-dine della cavalleria.

22

Miguel de Cervantes Saavedra

CAPITOLO IIIDEL GENTIL MODO CON CUI DON CHISCIOTTE FU ARMATOCAVALIERE.

Travagliato da questo pensiero acceler il fine della scarsa cena chequella taverna gli aveva somministrata; poi chiamato a s loste, sichiuse con lui nella stalla, ed ivi buttandosegli ginocchioni dinanzi, glidisse: Non mi lever mai di qua, o valoroso cavaliere, se prima ionon ottenga dalla vostra cortesia un dono che mi fo ardito a chieder-vi, il quale ridonder a gloria vostra ed a vantaggio del genere uma-no. Loste, che vide lospite a piedi suoi, e ud questa fanfaluca,stavasene confuso guardandolo senza saper che fare o che dirgli; nmai per pregar che facesse ottenne che si rizzasse, finch non gli ebbepromesso di fare quanto gli chiederebbe. Meno attendermi non doveadalla vostra magnificenza, o mio signore, riprese don Chisciotte; edora vi dico che il dono che intendo di chiedervi, e che gi mi vienconceduto dalla liberalit vostra, si che domani mattina mi abbiatead armar cavaliere. Questa notte io veglier larme nella chiesetta diquesto vostro castello; e domani mattina, come ho detto, darem com-pimento a quello che tanto desidero, affinch mi sia lecito scorrere lequattro parti del mondo, cercando avventure in favore dei bisognosi,com debito della cavalleria, e de cavalieri erranti qual mi sono io, ildesiderio tutto volto a simile imprese.

Loste, il quale, come si detto, era volpe vecchia, ed aveva giqualche sospetto che lospite suo avesse dato volta al cervello, se nepersuase intieramente nel sentirlo cos ragionare: e per aver da riderein quella notte si risolse di secondarne lumore. Gli disse pertanto chequel suo divisamento era indizio della pi fina prudenza, e che una talesua inclinazione era tutta propria e connaturale a cavalieri di quellaltaportata, chegli mostrava di essere, e di cui faceva testimonianza la suagalante presenza; indi aggiunse chegli stesso nei primi anni di suagiovinezza erasi dedicato a quellonorevole esercizio, recandosi a talfine in varie parti del mondo, cercando avventure, e visitando Percelidi Malaga, lisola di Riarano, il Compasso di Siviglia, lAzzoghescio diSegovia, lOliviera di Valenza, Rondigli di Granata, la spiaggia di SanLucar, il porto di Cordova, le Ventiglie di Toledo, e molti altri paesi.Che quivi egli aveva esercitata la leggerezza de suoi piedi e lapieghevolezza delle sue mani, occupandosi in ogni maniera di ribalderie;facendo cio continui torti, sollecitando molte vedove, svergognan-do non poche donzelle, ingannando molti pupilli, e finalmente ren-

23

La storia di don Chisciotte della Mancha

dendosi noto a quante curie e tribunali ha la Spagna; da ultimo poiesser venuto a starsene in quel suo castello dove si viveva colla propriae colla roba altrui, prestando ricovero a tutti i cavalieri erranti dogniqualit e condizione, unicamente per la molta affezione che ad essiportava, e per la speranza che nel prender commiato, dovessero divi-dere con lui ci che avevano, in ricambio delle sue buone intenzioni.Soggiunse poi che in quel castello non vera chiesetta in cui vegliarlarme, giacch lavea demolita per rifabbricarla di nuovo, ma che sapeabenissimo che in caso di necessit poteasi far quellufficio ove pitornasse in acconcio, e che quindi potea quella notte vegliarle in unandito del castello; e la mattina, col favore del cielo, sariensi compiutele debite cerimonie, di maniera che egli si trovasse armato cavaliere, etal cavaliere qual verun altro nel mondo. Gli domand inoltre se ave-va seco denari: ma don Chisciotte rispose di non aver nemmanco unquattrino, non avendo mai letto che alcun cavaliere errante portassedenari con s. A ci loste rispose che egli viveva in errore, mentresupposto pure che di ci non si facesse menzione alcuna nelle storie,gli scrittori laveano omesso, giudicando che non bisognasse notareuna cosa s evidente e s necessaria quanto questa di non andar maisenza denari e biancherie di bucato; e non doversi perci dubitare chenon ne fossero ben provveduti. Avesse quindi per fermo e incontra-stabile, che tutti gli erranti cavalieri, dei quali son pieni cotanti libri,portavano seco una borsa molto ben provveduta per tutto quello cheloro potesse avvenire, e che in oltre recavano seco biancherie, ed unacassettina piena dunguenti per le ferite che riceveano; poich nei campie nei deserti dovessi combattevan e rimanevan feriti, non si trovavasempre chi allistante imprendesse la loro cura, a meno che qualchesavio incantatore loro affezionato non li volesse soccorrere, facendogiungere a volo per laria in una nube, o una donzella od un nano conuna tazza piena dacqua di tal virt, che a gustarne per una gocciaguarivano dalle piaghe e dalle ferite come se non avessero mai avutoalcun male. Ma potendo anche mancare questo soccorso, i cavalieriantichi trovarono sempre assai necessario che i loro scudieri avesseroseco denari, ed altre indispensabili cose, come a dire fili e unguenti permedicarsi; e quelli che mancavano di scudieri (ci che assai di radoavveniva) portavano eglino stessi siffatte cose in bisacce tanto sottiliche quasi non si scorgevano, mettendole sulla groppa del cavallo comese fossero oggetti di maggiore importanza; giacch fuori di similenecessit non fu mai costume dei cavalieri erranti di portar seco bisacce.Per lo consigliava caldamente ed anche glielo comandava come afiglioccio qual era o stava per essere, che in avvenire non viaggiasse

24

Miguel de Cervantes Saavedra

mai senza denari e senza le suggerite precauzioni, poich quando menose lo pensava conoscerebbe col fatto quanto gli gioverebbe lesserneprovveduto. Promise don Chisciotte di fare quanto gli era consigliatodopo di che fu deciso chegli vegliasse larme in un vasto cortile chestava a lato di quellosteria.

Raccolte che lebbe tutte, le pose sopra una pila che giaceva a cantodi un pozzo; ed imbracciata la targa, e presa la lancia, misesi a passeg-giar loro dinanzi col miglior garbo del mondo, avendo cominciato ilpasseggio allavvicinarsi della notte. Loste inform quanti ritrovavansinellalbergo della pazzia dellospite suo, della veglia che faceva allarmee della fiducia in cui era di dover essere armato cavaliere. Parve a tuttimirabile quel nuovo genere di pazzia, e fattisi ad un luogo dondepotevano spiare quello che il nuovo arrivato facesse, videro che condecorosa gravit talor passeggiava, e talvolta appoggiato alla sua lan-cia tenea locchio fisso allarme sue senza levarnelo per buon tratto ditempo. Si fece poi notte del tutto, ma la luna mandava cos gran luce,da poter quasi gareggiare collastro che gliela prestava; di modo checiascuno vedeva benissimo tutto ci che il novello cavaliere faceva. Inquesto mezzo salt in capo ad uno dei vetturali che stavano nelloste-ria di abbeverare i suoi muli, e gli fu perci mestieri di levar dalla pilalarme di don Chisciotte; il quale vedendo costui, con alta voce escla-m: Oh tu qual sia, ardito cavaliere che osi por mano sullarme delpi valoroso errante che abbia giammai cinto spade, pon mente aquello che fai, e non toccarle se non vuoi pagare colla vita il fio del tuograve ardimento. Il vetturale non si cur di quelle ciancie (e questofu gran male per lui che poi dovette curare la propria salute), e pren-dendo le cinghie dellarmatura, la scagli gran tratto lontano da s.Quando don Chisciotte ci vide lev gli occhi al cielo, e volto il pen-siero, per quanto parve, a Dulcinea sua signora, disse: Soccorretemi,signora mia, nel primo cimento che presentasi a questo mio pettovassallo vostro; deh non manchi a me in questo primo incontro ilfavor vostro e la vostra difesa! Proferendo queste ed altre tali fila-strocche, deposta la targa, alz a due mani la lancia, e dato con essa ungran colpo sulla testa a quel vetturale, lo stramazz cos malconcio,che se un altro gliene accoccava non avria pi avuto bisogno di medi-co che il risanasse. Ci fatto, raccolse larme sue, e ricominci a pas-seggiare colla stessa tranquillit di prima.

Di l a non molto, essendo ignaro del fatto, perch il vetturalegiaceva tuttavia fuor di s, un altro ne sopravvenne, avvisandosi, comeil primo, di abbeverar i suoi muli. Anche costui tolse larme ondesbarazzare la pila; ma lirato don Chisciotte, senza proferir parola o

25

La storia di don Chisciotte della Mancha

chieder favore a chicchessia, getta una seconda volta la targa, e alzatala lancia, senza romperla, della testa del vetturale ne fece pi di tre,giacch la spacc in quattro parti. Accorse al rumore tutta la gente chetrovavasi nellosteria e cogli altri anche loste. Come don Chisciotte livide imbracci la targa; e posto mano alla spada cos imprese a dire:O donna di belt, vigore e sostegno dellaffievolito mio cuore, ora il tempo che tu rivolga gli occhi della tua grandezza a questo cavaliertuo prigione, a cui imminente cos perigliosa ventura! E tanto loaccese il fervore con cui pronunzi queste parole, che non lavrianofatto retrocedere tutti i vetturali del mondo. I compagni dei feriti,vedendoli pesti a quel modo, cominciarono da lontano a mandaresopra don Chisciotte una pioggia di pietre, ed egli andavasi parandoalla meglio colla targa, e non osava scostarsi dalla pila per non abban-donare le arme. Loste gridava forte che nol maltrattassero, avendogi fatto saper loro chera un pazzo, e che un pazzo la passerebbe nettaquandanche li ammazzasse tutti. Don Chisciotte dal canto suo conpi alta voce li chiamava tutti codardi, e traditori aggiungendo che ilsignor del castello era un vile e malnato cavaliere, dacch tollerava chesi trattassero a quel modo i cavalieri erranti: e buon per lui chegli nonera per anche armato cavaliere, altrimenti gli avrebbe fatto pagar il fiodel suo tradimento. Di voi poi, ribalda e bassa canaglia, non fo verunconto: scagliate, accostatevi, oltraggiatemi quanto potete, che benavrete il guiderdone che si conviene alla vostra stolida audacia. Proferqueste parole dun modo s risoluto e s franco che mise uno spaventoterribile negli assalitori: i quali tra per questo, e per le persuasionidelloste, cessarono dal colpirlo, e si ristette pur egli dal tentar di feri-re, tornando alla veglia dellarme sue con la stessa tranquillit e colsussiego di prima.

Non parvero punto piacevoli alloste le burle di questo suo ospite,e quindi si decise di finirla di quel suo malaugurato desiderio di esserearmato cavaliere, prima che non avvenisse di peggio. Accostatosi alui pertanto si scolp di quanto gli era stato fatto da quella bassa gen-te, che senza sua saputa era arrivata a tanto eccesso, e lo assicur chea suo tempo ne pagherebbero il fio. Gli ripet, come gli aveva dettogi prima, che in quel castello non trovavasi chiesetta, la quale peraltro non era necessaria, mentre ci che importava per essere armatocavaliere consisteva nello scapezzone e nella piattonata per quantoegli sapeva del cerimoniale dellordine; e che ci potea farsi anche inmezzo ad una campagna. Aggiunse che egli aveva adempito gi allob-bligo di vegliar larme, giacch bastavano due ore sole, ed egli ne avevavegliate gi pi di quattro. Se ne persuase don Chisciotte, e gli disse

26

Miguel de Cervantes Saavedra

chera pronto ad obbedirlo, e che saffrettasse a compiere ogni cosacolla maggior prestezza possibile: perch se unaltra volta fosse assalitoquandegli si trovasse gi armato cavaliere, aveva deciso di non lasciar inquel castello persona viva, tranne coloro che da lui fosse comandato dirispettare, ai quali per amor suo perdonerebbe la vita. Impaurito il castellanoda tale protesta e da quanto aveva veduto, and subito a prendere un libroin cui registrava il fieno e lorzo che dava ai vetturali, e facendosi recare daun ragazzo un pezzo di candela, seguito dalle due gi dette donzelle, ven-ne alla volta di don Chisciotte. Gli comand allora di mettersi ginocchionee leggendo il suo manuale, a modo come se recitasse qualche divota ora-zione, a mezza lettura alz la mano, e gli diede un gran scappellotto, poicolla sua medesima spada una gentil piattonata, mormorando fra i denticome uno che recitasse qualche preghiera. Fatto ci, comand a una diquelle dame che gli cingesse la spada, la qual cosa essa esegu con moltadisinvoltura e buon garbo, che veramente era difficile contenersi dal ride-re a ogni passo della cerimonia: ma le prodezze che avevano vedutoeseguire dal novello cavaliere mettevan freno agli scherzi. Nel cingergli laspada, la buona signora gli disse: Dio faccia che la signoria vostra riescail pi fortunato de cavalieri, e chabbia gloria in ogni cimento. DonChisciotte allora la richiese del suo nome per sapere a cui fosse tenuto ditanto favore, divisando di farla partecipe dellonore che meritar si potessemediante il valore del suo braccio. Rispose ella con molta modestia, chechiamavasi la Tolosa, figliuola dun ciabattino originario di Toledo, ilquale faceva il suo mestiere nelle botteguccie di Sancio Bienaia, e che loavrebbe servito e tenuto per signore dovunque avesse avuto la sorte dav-venirsi in lui. La replic don Chisciotte che gli facesse favor per lavveniredi pigliarsi il don, chiamandosi donna Tolosa; ed essa glielo promise. Lostesso colloquio tenne con laltra donzella, che gli mise lo sprone; la do-mand del suo nome, ed essa rispose che chiamavasi Molinara, e cherafigliuola dun onorato mugnaio dAntechera. A questa pure domanddon Chisciotte il favor che chiamar si facesse donna Molinara, offrendo-sele ad ogni suo servigio e favore. Compiute poscia colla pi gran fretta lecerimonie non mai vedute prima dallora, don Chisciotte non volle tar-dare pur un momento a mettersi a cavallo per andare in traccia di ventu-re. Posta quindi senza indugio la sella a Ronzinante vi sal sopra, ed ab-bracciando il suo albergatore gli disse le cose pi strane del mondo (rin-graziandolo senza fine del favore di averlo armato cavaliere), e tali chenon sarebbe possibile riferirle a dovere. Loste, oltremodo voglioso divederlo fuori dellosteria, rispose con non minore ampollosit, ma conpi brevi parole, e senza chiedergli pagamento dellalloggio lasciolloandare alla sua buonora.

27

La storia di don Chisciotte della Mancha

CAPITOLO IVDI CIO CHE ACCADDE AL NOSTRO CAVALIERE QUANDOUSCI DALL OSTERIA.

Era sullo spuntare dellalba allorch don Chisciotte usc dellosteria,contento e vispo, e tanto gioioso nel vedersi gi armato cavaliere,che il giubilo si diffondeva sino alle cigne del suo cavallo. Ma tornan-dogli a mente i consigli dellospite suo, cio di fornirsi delle cose pinecessarie, sopra tutto di danari e di biancherie, savvis di tornare acasa per provvedersi di quelle e singolarmente duno scudiere, desi-gnando valersi di un contadino suo vicino, povero e carico di fami-glia, ma tutto a proposito per servire agli scudierili offici della cavalle-ria. Con questa intenzione dunque avvi Ronzinante verso il propriopaese; e la buona bestia, come se avesse gi fiutata la stalla, si mise adandare cos rapidamente che parea non toccasse la terra coi piedi.Non avea fatto molto cammino, allorch dal folto di un bosco chestava alla destra, gli parve di sentir certe voci come di persona che silamentasse. Non le ebbe appena sentite che disse: Quai grazie nondeggio alla sorte pel favor che mimparte nelloffrirmi s tosto occa-sione da esercitare i doveri di mia professione, e cogliere il frutto deibuoni miei desideri? Partono senza dubbio tai voci da alcuno o daalcuna che ha bisogno del mio soccorso e del mio favore. Volgendopertanto le redini guid Ronzinante a quella parte donde gli parve chele voci venissero, ed inoltrato di pochi passi nel bosco vide una cavallalegata ad una quercia, ed un ragazzo di circa quindici anni, che, spo-gliato ignudo dal mezzo in su e legato ad un grandalbero, metteva ilamenti da lui sentiti. E pur troppo naveva cagione, perch un vigo-roso contadino lo stava percotendo con una correggia di cuoio, edaccompagnava ogni colpo con una riprensione e con un consiglio,dicendogli: Modera la tua lingua, e non ti perdere in frascherie.Rispondeva il ragazzo: Nol far pi, signor mio, ve lo giuro per lapassione di nostro Signore, non lo far pi, e vi prometto che dorainnanzi avr sempre gran cura del vostro bestiame. Don Chisciottea tal vista grid con voce sdegnosa: Scortese cavaliere! gran vergo-gna prendersela con chi non atto a difendersi; monta sul tuo caval-lo, prendi la lancia (che una ne stava appoggiata alla quercia overalegata la cavalla) che io ti far conoscere qual codardia sia quella chestai commettendo. Il contadino che si vide addosso quella figuracarica darme, e che gi gli faceva balenar quasi la lancia sulla faccia, sitenne per morto, e gli rispose con sommesse parole: Signor cavalie-

28

Miguel de Cervantes Saavedra

re, questo ragazzo che sto castigando, un garzone che mi serve aguardare un branco di pecore che tengo in questi dintorni; ma di-sattento per modo che ne va perduta una ogni giorno; e quando io lopunisco della sua trascuraggine o della sua furfanteria, egli mi calunniadicendo che cos lo tratto per avarizia e per defraudarlo del suo salario:ma giuro al cielo e sullanima mia che egli mente. - Mente dinanzi ame? malvagio villano, disse don Chisciotte; pel sole che cilluminachio a pena mi tengo che io non ti passi da banda a banda con questalancia: pagalo sul fatto e senza osar di replicare, o giuro per Dio che tipolverizzo qui sui due piedi! scioglilo immantinente. Il contadinochin la testa, e senza proferir parole sciolse il ragazzo, a cui donChisciotte domand quanto gli doveva il suo padrone; e questi glirispose essergli debitore di nove mesi in ragione di sette reali permese. Don Chisciotte fece il conto, e trov che il credito del ragazzoammontava a settantatre reali; e disse al villano che gli dovesse sbor-sare sul momento se non volea morire per la sua mala fede. Latterritocontadino rispose che attesa langustia in cui trovavasi, e pel giura-mento gi fatto (si noti che non avea ancora giurato) non ascendevaa tanto quel credito, dovendosi scontare tre paia di scarpe chegli ave-va somministrate al garzone, ed un reale da lui speso per fargli cavarsangue due volte mentre era ammalato. Tutto questo, soggiunse donChisciotte, va bene, ma la spesa delle scarpe e dei salassi servir acompensarlo delle frustate che senza sua colpa gli hai date; che se egliruppe il cuoio delle scarpe che gli pagasti, tu gli hai levata la pelle delcorpo; e se hai pagato un barbiere che gli cavasse sangue quando erainfermo, tu glielo cavasti poi sano, e per egli non ti debitore dinulla. - Il male si , signor cavaliere, che non ho meco danari, risposeil villano; ma venga Andrea a casa mia, e gli pagher il suo avere unreale sopra laltro. - Io andarmene con lui? disse il giovine, sarei pure ilbel pazzo! neppure per sogno; che, quando mi avesse da solo, egli miscorticherebbe come un san Bartolomeo. - Nol far, no, replic donChisciotte; basta che io gliel comandi ed egli mi obbedir, e quandolo giuri per la legge di cavalleria di cui insignito, io lo lascier andarlibero, e gli entrer mallevadore per la esecuzione di sue promesse. -Badi bene, vossignoria, soggiunse il giovinetto, a quello che dice,perch il mio padrone non altrimenti cavaliere, n ha ricevuto maiverun ordine di cavalleria, ma Giovanni Aldudo il ricco, abitante diChintanare. - Non importa, rispose don Chisciotte; possono gli Aldudiessere cavalieri; e poi, ciascuno figlio delle proprie azioni. - E ci incontrastabile, soggiunse Andrea; ma questo mio padrone di qualiopere figlio, negando, comegli fa, la mercede de miei travagli e de

29

La storia di don Chisciotte della Mancha

miei sudori? - Non mi rifiuto di soddisfarti, no, fratello Andrea, ripigliil contadino; compiaciti di seguitarmi, e ti giuro per tutti gli ordini dicavalleria chesistono al mondo di pagarti, come ho proposto, eprofumatamente, reale sopra reale. - Non servono profumi, disse donChisciotte, pagagli i reali che gli devi, e ci mi basta; e bada bene dimantenere quanto hai giurato, perciocch in caso diverso, ti giuro infe del giuramento medesimo che torner per punirti, e sapr benritrovarti, quandanche ti nascondessi sotterra pi che una lucertola.E se vuoi sapere chi sia quegli che tel comanda, affinch pi ti stringail dovere dellobbedienza, sappi che io sono il valoroso don Chisciottedella Mancia, disfacitore dei torti e punitor delle ribalderie. Addio,non ti cada di mente la pi rigorosa esecuzione di quanto hai promes-so e giurato sotto pena del pronunziato castigo. Ci detto spronRonzinante, e in breve si tolse alla loro vista.

Il contadino lo seguit cogli occhi e quando fu uscito del bosco, sche pi nol vedea, si volse di nuovo al suo famiglio Andrea, e gli disse:Venite, figliuol mio, che voglio pagarvi ci che vi debbo, e come miha imposto quel disfacitore dei torti. - Oh quanto far bene vossignoria,disse Andrea, ad obbedire i comandi di quel buon cavaliere, a cui au-guro mille anni di vita, perch in fede mia egli tale da tornare, e dafarvi mantenere la parola se vi saltasse in capo di mancargli. - Ed iogiuro di nuovo di volergli obbedire, disse il villano; ma per lamor cheti porto, voglio accrescere il debito mio verso di te, e di poi pagartiuna somma maggiore. E cos presolo pel braccio lo leg di nuovoalla quercia, e lo caric di tante frustate, che lo lasci quasi morto.Chiama, signor Andrea mio, diceva allora il contadino, chiama ildisfacitore dei torti e vedrai se potr disfar questo: bench non mipare di averlo compiuto, e mi vien voglia di scorticarti vivo cometemevi. Allultimo non di meno lo sleg, e gli diede licenza dandarepel suo giudice, affinch eseguisse la sentenza da lui proferita. Andreasi part di l in gran pianto, giurando che andrebbe in traccia del valo-roso don Chisciotte della Mancia per informarlo a puntino di cichera occorso, affinch gliela facesse pagar molto cara; ma dopo tut-to questo il giovine se nand piangendo, ed il padrone rest facendole pi gran risate.

E cos, disfece quel torto il valoroso don Chisciotte: il qualesoddisfattissimo dellavvenuto, e sembrandogli daver dato felicissimocominciamento a suoi cavallereschi esercizi, andava camminando versola propria terra, contento pienamente di s medesimo; e dicea a bassavoce: Ben ti puoi chiamar fortunata sopra quante vivono in terra, osopra le belle, bella Dulcinea del Toboso, da che t toccato in sorte di

30

Miguel de Cervantes Saavedra

aver soggetto a voleri tuoi e pronto a qualunque tuo servigio s valo-roso e celebre cavaliere com e sar don Chisciotte della Mancia; ilquale (e ne vola gi fama pel mondo) ha ricevuto lordine di cavalleria,ed oggi ha disfatto il pi gran torto che mai fosse immaginato dallagiustizia, e compto dalla crudelt! Oggi ho io tolta di mano la frustaad un nemico spietato che senza motivo alcuno batteva un dilicatofanciullo! Giunse frattanto ad un luogo dove la strada si divideva inquattro; e gli vennero a mente quei crocicchi dove i cavalieri errantisolevan pensare per quale via avessero da mettersi. Per imitarli ristetteda prima alquanto, ma poscia, dopo aver ben riflettuto, lasci andarela briglia a Ronzinante, abbandonando la sua alla volont del cavallo:il quale, seguendo il naturale desiderio, si dirizz alla volta della pro-pria stalla. Compite due miglia allincirca, scopr don Chisciotte unagran torma di gente; mercanti (come si seppe dappoi) di Toledo, cheandavano a Murcia per comperar seta. Erano sei, ognuno col suoparasole, e loro tenevano dietro quattro servitori a cavallo e tre vetturalia piedi. Non li scorse appena don Chisciotte, che si figur di avere allemani una nuova ventura, e voglioso comera dimitare pienamente icasi letti nei libri suoi, volle cogliere quella buona occasione per rin-novarne uno che volgeva nellanimo. Con bel garbo adunque si strin-se ben nelle staffe, impugn la lancia, si avvicin la targa al petto, epiantatosi nel mezzo della strada, stette attendendo che quei cavalierierranti, comegli gli giudicava, arrivassero. E quando gli si furonoappressati, alz la voce, e con grande ardimento si fece a dire: Tuttoil mondo si fermi, se tutto il mondo non confessa che non avvi nel-luniverso una donzella pi vaga della imperadrice della Mancia, dellasenza pari Dulcinea del Toboso. Al suono di queste parole ed allavista della strana figura che le proferiva, quei mercanti ristettero, esubitamente si accorsero della sua follia, ma vollero star a vedere chiandasse a colpire la confessione che da loro si domandava. Per uno diessi, uomo dallegro umore, gli rispose: Signor cavaliere, noi nonconosciamo questa celebre signora da voi menzionata; fate che lavediamo, e sella porta il fregio di quella singolare bellezza, di cui voi ledate vanto, ben volentieri e senza opposizione di sorta, confesseremola verit che da noi richiedete. - Sio ve la facessi vedere, replic donChisciotte, qual merito avreste voi nel confessare una verit cos ma-nifesta? Ci che importa si che senza vederla abbiate a confessare, agiurare, ad affermare, a sostenere; e ricusandolo, vi sfido meco a bat-taglia, gente vile e superba. Avanzatevi uno ad uno, come esige lordi-ne di cavalleria, od unitevi tutti a combattermi in una volta, comtrista costumanza de pari vostri, che qui vattendo a pi fermo, n ho

31

La storia di don Chisciotte della Mancha

dubbio alcuno di vincervi, sostenuto dalla ragione che mi avvalora. -Signor cavaliere, rispose un mercante, vi supplico a nome di tuttiquesti principi che vedete, che non vogliate costringerci ad aggravarele nostre coscienze confessando una cosa da noi non veduta n inte-sa; e tanto maggiormente ve ne preghiamo, quanto che ci tornereb-be a pregiudizio delle imperatrici e regine dellAlcaria e dellEstremadura:o almeno la signoria vostra degnisi di farci vedere il ritratto di cotalesignora; che fossegli piccolo come un granellino, noi dal filo di que-sto poco raccogliendo il gomitolo della sua grande bellezza, saremocon questo soddisfatti e tranquilli, e la signoria vostra contenta eappagata; e di pi, quandanche scorgessimo dal ritratto, che fosseguercia da un occhio, e dallaltro le colasse zolfo o cinabro, con tuttoci, per mostrarci a vossignoria compiacenti, diremmo tutto ci chepotesse tornarle a genio. - Non le cola, canaglia infame, rispose donChisciotte avvampante di collera, non le cola altro che ambra e zibettotra la bambagia; e non n guercia, n gobba, anzi pi dritta chenon un fuso di Guadarrama; ma voi pagherete il fio della gravebestemmia con cui oltraggiaste una tanta prodigiosa bellezza quantquella della mia signora. Nel proferire queste parole, abbass la lancia,portandola con tanta furia contro colui che aveva parlato, che mal perlui se Ronzinante non inciampava, e non cadeva a mezzo il cammi-no. Precipit Ronzinante, e il suo padrone rotol buona pezza per lacampagna, n pot rialzarsi giammai per quanto si sforzasse, tantoimpaccio gli davano la lancia, la targa, gli sproni e la celata, in un colpeso della sua vecchia armatura. E mentre attendeva a cercar di rizzar-si, ma senza riuscirvi, tuttavia gridava: Non fuggite, o codardi, oschiavi! attendetemi, ch non per mia colpa ma del cavallo sono quidisteso. Uno di quei vetturali, che doveva esser uomo di poco buoncuore, nel sentire le smargiasserie di quel povero caduto non pottollerarle senza fargli provare fino alle costole il suo risentimento; eperci avvicinatosi a lui, prese la lancia, e fattala in pezzi, con uno diquesti cominci a battere tanto duramente il nostro don Chisciotte,che, a dispetto e in onta delle arme sue, lo macin come grano almolino. Gli gridavano gli altri ad alta voce che desistesse, che lo la-sciasse; ma colui era s invelenito che non si tolse da quel gioco finchnon ebbe soddisfatta la collera; e raccolti gli altri pezzi della lancia,non cess mai se prima non gli ebbe ridotti a schegge sopra linfelicecaduto. A fronte di tanta tempesta di percosse che gli piovevan ad-dosso, don Chisciotte, non che tacere, minacciava il cielo e la terra eque malandrini, come egli ora chiamava i mercanti. Si stanc final-mente il vetturale, e tutti proseguirono il loro cammino, avendo di

32

Miguel de Cervantes Saavedra

che occuparsi nel raccontare la bastonatura del poveruomo, lasciatomalconcio e fracassato. Egli, dappoich si vide solo, torn a tentar dirialzarsi; ma se questo non gli era stato possibile mentre era sano egagliardo, come riuscirvi allora pesto a quel modo? E nondimeno sireputava felice parendogli che quella fosse sventura da cavaliere erran-te, ed attribuendola a sola colpa del suo cavallo: ma ad ogni modonon poteva rizzarsi in piedi, tanto il corpo suo era fracassato dallericevute percosse!

33

La storia di don Chisciotte della Mancha

CAPITOLO VANCORA DELLA DISGRAZIA AVVENUTA AL NOSTRO CAVA-LIERE.

Conoscendo poi don Chisciotte che non potea muoversi da ssolo, pens di ricorrere al suo consueto rimedio, che era di meditareintorno a qualche passo de libri suoi; e la bile gli ridusse nella memo-ria quello di Baldovino e del marchese di Mantova, quando Carlottolo abbandon ferito sopra una montagna; storia nota ai bambini,non isconosciuta ai giovani, celebrata e creduta dai vecchi, ma contutto questo non punto pi vera dei miracoli di Maometto. Gli parveche questa calzasse appuntino allo stato in cui si trovava, e percimostrando di provare un dolore gravissimo, cominci a voltarsi perterra, ripetendo con fioca voce quello appunto ch fama dicesse ilferito cavaliere del bosco.

Dove stai, vaga signora,Che non duolti del mio mal?O il mio mal da te signoraO sei falsa e disleal.

E di questo passo andava proseguendo la canzone sino a quei versiche dicono:

O di Mantova marchese,O mio zio e signor carnal.

Ma volle la sorte che in quel momento passasse di l un contadinodel suo paese e vicino suo, che tornava dal mulino dove aveva con-dotta una soma di grano. Vedendo egli un uomo steso in terra a quelmodo, se gli fece dappresso, gli domand chi fosse, e che male avesse,che tanto si lamentava. Don Chisciotte credette senza alcun dubbioche colui fosse il marchese di Mantova suo zio; per invece di ognirisposta prosegu la romanza colla quale lo informava della sua sventu-ra e degli amori del figlio dellimperatore con la sua sposa, nel modoappunto che si canta nella canzone. Il contadino meravigliato di quel-le stranezze, gli lev la visiera, gi pesta dalle percosse, e si diede anettargli la faccia chera tutta coperta di polvere; n gliela ebbe appenanettata che subito lo conobbe, e gli disse: Signor Chisciada (cossoleva chiamarsi quandaveva buon giudizio, e prima di cambiarsi da

34

Miguel de Cervantes Saavedra

tranquillo idalgo in cavaliere errante), chi tratt per tal modovossignoria? Egli non rispondeva, ma ad ogni domanda ripigliava lasua canzone. Laonde il buon uomo con tutta la possibile diligenza glitrasse la corazza e gli spallacci per conoscere sera stato ferito; ma nontrov n sangue n segno alcuno. Procur pertanto di rizzarlo daterra, e con molta fatica giunse a metterlo attraverso del suo giumen-to, sembrandogli pi agiata cavalcatura. Raccolse larme tutte, finoalle schegge della lancia, e le butt in un fascio sopra Ronzinante, poipreso questo per la cavezza, sincammin verso la sua Terra, non sen-za grande apprensione nel sentire gli spropositi che dicea donChisciotte; il quale tutto confuso e mal reggendosi sullasino, talmen-te era pesto! di tanto in tanto mandava sospiri che giugnevano alcielo. Il villano gli domand di nuovo che mal si sentisse; ma parevache il diavolo a bella posta gli riducesse alla memoria le avventure tutteche avevano somiglianza con quella sua. Perocch dimenticandosi diBaldovino a quel punto si risovvenne del moro Aben-Darraez quandoil castellano dAntechera, Rodrigo di Narvaez, lo prese e lo menprigioniero al proprio castello. Di maniera che domandandolo ancorail villano dello stato suo, e come si sentisse della persona, gli risposecolle stesse parole con cui il prigioniero Aben-Darraez avea risposto aRodrigo di Narvaez, applicando a s stesso quanto avea letto nellaDiana di Giorgio di Montemaggiore. Il contadino strabiliava sen-tendo tante bestialit e finalmente avvedutosi che il suo vicino aveadato volta al cervello, si diede a punzecchiare il suo asino per tornarpresto al paese, e togliersi con ci dal malincuore che gli procuravadon Chisciotte co suoi vaneggiamenti. Questi intanto cos prorup-pe: Sappia la signoria vostra, signor don Diego di Narvaez, che lavezzosa Scriffa, di cui ho parlato, di presente la vaga Dulcinea delToboso per amor della quale io feci e faccio e far le pi famose gestadi cavalleria che siensi finora vedute, o si veggano, o si debbano maivedere nel mondo. A tutto questo soggiunse il contadino: Oh laSignoria vostra singanna! meschino di me! io non sono altrimentiRodrigo di Narvaez, n il marchese di Mantova, ma sibbene PieroAlonso vicino suo; n vossignoria Baldovino o Aben-Darraez, malonorato idalgo signor Chisciada. - Io sono chi sono, rispose donChisciotte, e so molto bene che non solo posso essere quello che hodetto, ma s anche tutti i dodici paladini di Francia, ed eziandio tuttii nove della Fama, perch le prodezze che fecero o tutti insieme ociascuno da s non supererebbero mai quelle che posso fare da solo.Con queste e somiglianti smargiasserie giunsero alla Terra sul far dellanotte, e il contadino giudic savio partito lattendere che il buio cre-

35

La storia di don Chisciotte della Mancha

scesse un poco affinch non fosse veduto il bastonato idalgo cosinfelice cavaliere. Entr finalmente nel paese, e fu allabitazione didon Chisciotte, la quale era tutta sossopra. Vi si trovava il curato ed ilbarbiere, cherano grandi amici di don Chisciotte, ai quali la serva conalta voce stava dicendo: Che ne sembra a vostra signoria, signordottore Pietro Perez (cos chiamavasi il curato) della disgrazia del miopadrone? Sono gi passati sei giorni da che n egli si vede, n il suoronzino, n la targa, n la lancia, n larmatura; poveraccia di me!credo fermamente, e com certo chio sono nata per morire, chequesti maledetti libri di cavalleria chegli ha, e legge continuamente,labbiano fatto uscir di cervello; che ora ben mi sovviene daverlointeso dire pi volte, parlando fra s medesimo, che bramava di farsicavaliere errante e di andare pel mondo in cerca di avventure. Cos neli portasse o Satanna, o Barabba cotesti libri, che hanno guasto esconvolto il pi fino cervello che vantar potesse la Mancia. La nipo-te poi proseguiva dicendo le stesse cose, e aggiungeva di pi: Sappia,signor maestro Nicol (questo era il nome del barbiere) che millevolte avvenuto al mio signor zio di spendere nella lettura di questimaledetti libri due notti e due giorni continui; a capo dei quali gettavalipoi da banda, e impugnata la spada andava a pigliarsela colle paretifinch stanco e spossato, dicea davere ammazzato quattro gigantigrandi come quattro torri, volea che fosse sangue delle ferite da luiricevute in battaglia il sudore che lo copriva per la soverchia fatica.Dava allora di piglio ad un gran boccale dacqua fresca, e se la bevevasin allultima goccia, con che risanava e rimettevasi in tranquillit;affermando che quellacqua era una bevanda preziosissima, dono delsavio Eschifo, celebre incantatore e amico suo. Ah! debbo accusareme stessa di tanto male; ch se avessi informate le signorie vostredelle follie del mio signor zio, ci avrebbero posto rimedio prima chefosse giunto a questo termine; e quei suoi scomunicati libri li avreb-bero dati alle fiamme: ch molti ne ha certamente degni di essereabbruciati come i libri degli eresiarchi. - Sono anchio dello stessoavviso, soggiunse il curato, e vi giuro in fede mia, che non passerdimani senza averne fatto un auto-da-f, dannandogli tutti al fuoco,affinch non diano occasione a qualche altro di fare ci che il miopovero amico debbe aver fatto.

Don Chisciotte ed il contadino udiron siffatti discorsi; laondequestultimo convinto intieramente della malattia del suo vicino, sidiede a gridare: Facciano largo le signorie al signor Baldovino, e alsignor marchese di Mantova che arriva ferito pericolosamente; fac-ciano largo al signor moro Aben-Darraez che trae seco prigione il

36

Miguel de Cervantes Saavedra

prode Rodrigo di Narvaez castellano di Antechera. A queste paroleuscirono tutti e conobbero gli uni lamico, le altre il padrone e lo zio,che non aveva per anche potuto smontare dallasino, tanto era mal-concio. Corsero ad abbracciarlo, ma incontanente egli disse: Ferma-tevi tutti, chio vengo malamente ferito per colpa del mio cavallo;mettetemi nel mio letto, e chiamate, se possibile, la savia medichessaUrganda, affinch vegga che sorta di ferite son queste mie. - Oh guar-date mo, disse allora la serva, se il cuore mi diceva di che piede zoppicail mio padrone! E venga in buonora la signoria vostra, che da noisole sapremo guarirla senza che la signora Urganda se ne ingerisca npunto n poco. Siano pur maledetti, lo ripeto una e mille altre volte,questi libri di cavalleria che han condotto vossignoria a s tristo parti-to. Quindi lo adagiarono subito sul letto, e cercatolo in ogni partedel corpo non trovarono che fosse punto ferito. Don Chisciotte poidisse loro chegli era a quella guisa malconcio per essere stramazzatocol suo cavallo Ronzinante combattendo a fronte di dieci giganti deipi forti e ardimentosi che trovar si potessero sulla terra. Ve ve,disse il curato, anche giganti in ballo! per fede mia, non son chi sonose dimani prima che giunga la notte io non li do tutti alle fiamme.Fecero mille domande a don Chisciotte, ma egli nientaltro risponde-va se non che gli portassero da mangiare, e lo lasciassero dormire,poich di questo pi che dogni altra cosa aveva molto bisogno. Cossegu; e il curato frattanto pi a lungo domand il contadino comegli fosse avvenuto di trovar don Chisciotte. Laltro lo inform dognicosa, ed anche delle stranezze che gli aveva sentito dire quando lotrov, e poi lungo il cammino: donde si accrebbe nel curato la vogliadi fare quello che fece nel giorno seguente, cio di chiamare a s il suoamico barbiere maestro Nicol, e di venirne con lui alla casa di donChisciotte.

37

La storia di don Chisciotte della Mancha

CAPITOLO VIDEL BELLO E GRANDE SCRUTINIO CHE FECERO IL CURATOE IL BARBIERE ALLA LIBRERIA DEL NOSTRO INGEGNOSOIDALGO.

Mentre che don Chisciotte dormiva, il curato domand alla nipo-te le chiavi della stanza dove trovavansi i libri, cagione di tanti malan-ni; ed essa gliela diede di buona voglia. Quindi entrarono tutti e conessi anche la serva; e trovarono da pi di cento volumi grandi assai,ben legati, ed altri di picciola mole. Non li ebbe appena veduti la servache usc frettolosa della stanza, poi torn subito con una scodella dac-qua benedetta e con lo asperges dicendo: Prenda la signoria vostra,signor curato, e benedica questa stanza affinch non resti qui alcunodeglincantatori dei quali sono zeppi, cotesti libri, e non ci faccianoaddosso qualche incantesimo per vendetta di quello che noi vogliamfare di loro cacciandoli dal mondo. La semplicit della serva mosse ariso il curato; ed ordin al barbiere che glieli venisse porgendo unoalla volta per conoscere di che trattassero, potendo essere che qualcheopera non meritasse la pena del fuoco. No, no, disse la nipote, non sidee perdonare ad alcuno di essi, mentre tutti sono concorsi a questodanno: il pi savio partito sarebbe gittarli dalla finestra nellatrio, far-ne un mucchio ed appiccarvi il fuoco; o per evitare il fastidio del fumosarebbe anche meglio fatto trasportarneli in corte ed ivi incendiarli.Lo stesso disse la serva, s grande era in ambedue la smania di vedermorti queglinnocenti; ma non vassent il curato senza leggerne al-meno i titoli. Il primo pertanto che maestro Nicol gli porse fu quellodei Quattro libri dAmadigi di Gaula. Sembra, disse il curato, che quivi stia qualche mistero, da che, a quanto intesi dire, questo fu il primolibro di cavalleria stampato in Ispagna, e gli altri tutti che di poi glitennero dietro pigliarono da lui principio ed origine. Laonde mi pareche come capo di mala setta si debba dare alle fiamme senza verunaremissione. - Signor no, soggiunse il barbiere, ch mi fu detto chequesto il migliore di quanti di simil fatta furono composti; e perci,come unico nella sua specie, pu meritare perdono. - vero, disse ilcurato, e perci gli si preservi la vita per ora. Vediamo questaltro chegli sta a canto. - Sono, disse il barbiere, le Prodezze di Splandianofigliuolo legittimo di Amadigi di Gaula. In verit che qui non ha dagiovare al figlio la bont del padre: prendete, signora serva, apritequesta finestra, gittatelo in corte, e con esso diasi principio alla cata-sta che a suo tempo sar poi consumata dal fuoco. La serva obbed

38

Miguel de Cervantes Saavedra

con molto piacere; e per tal modo il buon Splandiano vol nella corteattendendo pazientemente il fuoco da cui era minacciato. Tiriamoinnanzi, disse il curato. - Questo che viene, soggiunse il barbiere, Amadigi di Grecia, e per quanto mi pare, quelli che stanno da questaparte sono tutti del lignaggio degli Amadigi. - E bene, replic il cura-to, vadano tutti in corte; che per poter abbruciare la reginaPintichiniestra ed il pastor Darinello con le sue egloghe e coi lambic-cati concettini del suo autore, brucerei con essi il padre che mha ge-nerato se mi venisse dinanzi in figura di cavaliere errante. - Sono delmedesimo sentimento, soggiunse il barbiere. - Ed io pure, replic lanipote. - Quand cos, disse la serva, vadano in corte; e preseli tuttiinsieme, che erano molti, per risparmiar la fatica di far la scala, li gettdalla finestra. - Che cotesto grosso volume, domand il curato? - ,rispose il barbiere, don Ulivante di Laura. - Lautore di questo libro,soggiunse il curato, quello stesso che compose il Giardino dei Fiori; ein fede mia che non saprei dire quale dei due sia pi veritiero, o piut-tosto manco bugiardo; so bene che ander in corte per le suescimunitaggini e per la sua arroganza. - Questo che gli vien dietro, Florismarte d Ircania, disse il barbiere. - Ah! qui trovasi il signorFlorismarte? replic il curato: oh s, s, saffretti dandare in corte adispetto del suo straordinario nascimento e delle sue immaginate av-venture, che altro non meritano la durezza e linfecondit del suostile: alla corte, signora serva, vada egli insieme con questaltro. - Ohtutto ci, signor mio, molto mi va a sangue, rispose ella; e contentis-sima eseguiva quanto le si ordinava. - Questi il Cavaliere Platir, disseil barbiere. - libro di antica data, rispose il curato, n trovo in luicosa alcuna che gli possa ottenere perdono; senza pi saccompagnicogli altri; e cos fu fatto. Fu aperto un altro libro, e si trov che eraintitolato il Cavaliere della Croce. In grazia del santo nome che portagli si potrebbe perdonare la sua ignoranza; ma suol dirsi che talvolta ildiavolo sasconde dietro la croce; perci vada alle fiamme. Prese ilbarbiere un altro libro e disse: - Questo lo Specchio della Cavalleria.- Ah! lo conosco molto bene, rispose il curato; ecco qua il signorRinaldo Montalbano cogli amici e compagni suoi pi ladri di Caco, ei dodici paladini col loro storico veritiero Turpino! In verit che sareiper condannarli soltanto ad eterno bando non per altro se non perchhanno avuto gran parte nella invenzione del celebre Matteo Boiardo,donde ha poi ordita la sua tela il cristiano poeta Lodovico Ariosto; alquale, se qui si trovasse, e parlasse un idioma diverso dal suo proprio,non porterei rispetto, ma se fosse nel suo linguaggio originale, me loriporrei sopra la testa. - Io lo tengo in italiano, disse il barbiere, ma

39

La storia di don Chisciotte della Mancha

non lintendo. - Non neppur bene che da voi sia inteso, rispose ilcurato; e perdoniamo per ora a quel signor capitano che lo ha tradot-to in lingua castigliana, togliendogli gran parte del nativo suo pregio;ma cos avverr a tutti coloro che si impegnano a tradurre libri poeti-ci, mentre per quanto studio vi pongano, per quanta attitudine viabbiano, non potranno mai darceli tali quali essi nacquero. Giudicopertanto che questo, e gli altri libri tutti che troveremo, e che trattanodi simili cose di Francia, si raccolgano e si pongano in deposito entroun pozzo senzacqua finch sia deciso ponderatamente quale dovressere il loro destino. Questo non vale per Bernardo del Carpio che quisi trova, n dun altro chiamato Roncisvalle, i quali se capitano nellemie mani hanno da passare in quelle della serva, e da queste senzanessuna remissione alle fiamme.

Il barbiere assent pienamente al curato, riconoscendo che egli eraun buon cristiano, e s affezionato alla verit che non si sarebbe sco-stato da essa per tutto loro del mondo. Aprendo un altro libro videchera Palmerino dUliva; poi subito dopo Palmerino dInghilterra;laonde il curato soggiunse: Si rompa in minute parti questa uliva, esia consunta dal fuoco per modo che non ne resti nemmen la cenere;ma venga, come cosa unica, conservata questa palma dInghilterra, esi formi per essa una cassettina pari a quella che trov Alessandro fra lespoglie di Dario, e la destin per custodia delle opere del poeta Omero.Questo libro, signor compare, merita la pi grande considerazioneprima per essere pregevolissimo in s stesso; poi perch corre famache ne sia stato autore un re di Portogallo fornito di gran saggezza.Hanno il pregio di gran merito e di sommo artifizio le avventure delcastello di Miraguarda, vivaci ed evidenti ne sono i discorsi che man-tengono il decoro di chi parla, e sono posti con gran propriet eavvedimento; conchiudo pertanto (avuto per riguardo al vostro sa-vio parere, maestro Nicol) che questo e Amadigi di Gaula evitino ilfuoco; poi gli altri tutti, senza pi esami o riserve, siano bruciati. -Oib, signor compare, replic il barbiere, chio tengo qui il famosodon Belianigi. - Rispetto a questo libro, rispose il curato, la seconda,terza e quarta parte abbisognano duna buona dose di rabarbaro che lipurghi dalla disordinata collera che hanno, e fa di mestieri tagliar fuoritutto ci che vi si trova intorno al castello della Fama, ed altre sconve-nienze di maggior momento; e perci se gli conceda quel lungo ter-mine che suol darsi a chi abita oltremare per emendarsi ed ottenerequindi misericordia o giustizia; frattanto custoditelo in casa vostra,compare, e non permettete che si legga da nessuno. - Sono ben con-tento rispose il barbiere; e senza stancarsi di leggere altri libri di ca-

40

Miguel de Cervantes Saavedra

valleria, comand alla serva che pigliasse i pi grandi e li gettasse incorte. N l disse gi ad una stupida o ad una sorda, ma a chi aveva pivoglia di dar quei libri alle fiamme che di non fare una tela per grandee fina che fosse stata: e perci pigliandone otto in una volta, li gettfuori della finestra. Ma per averne presi molti ad un tempo avvenneche uno ne cadde appi del barbiere il quale sinvogli di conoscere chefosse, e lesse: Istoria del famoso cavaliere Tirante il Bianco. Oh poffaredi me! sclam il curato; ed pur possibile che qui si trovi Tirante ilBianco? A me, a me, compare, che io conto daver trovato in esso untesoro da rendermi beato; ed una fonte perenne di trattenimento: quisi legge la storia di don Kirieleisonne da Montalbano, valoroso cava-liere, e di suo fratello Tommaso; poi il cavaliere Fonseca, e la battagliadel forte Detriano con lAlano, e le sottigliezze dingegno della donzellaPiacerdimiavita, con gli amori e glintrighi della vedova Riposata, efinalmente la signora imperatrice innamorata dIppolito suo scudiero.Ad onore della verit mi convien dire, signor compare, che questosupera ogni altro libro del mondo in quanto allo stile. Qui poi i cava-lieri mangiano, dormono, muoiono sopra il loro letto; fanno il lorotestamento prima di morire, e vi si riscontrano tante e tante altrecose delle quali non si fa neppur menzione in altri simili libri.Contuttoci colui che lo scrisse (perch senza necessit scrisse tantescempiaggini) meriterebbe la galera a vita; recatelo a casa vostra; evedrete di per voi stesso se io minganno. - Non mi oppongo, disse ilbarbiere, ma che farem noi di questi altri piccoli libri che rimangono?- Questi, rispose il curato, non debbono essere libri di cavalleria, mapiuttosto di poesia; ed aprendone uno vide che era la Diana di Giorgiodi Montemaggiore. Disse allora (supponendoli tutti dello stesso gene-re): Questi non meritano, come gli altri, desser dati alle fiamme,perch non recano, n recheranno giammai il danno de libri di caval-leria, ma sono libri da passatempo senza pregiudizio di alcuno. - Osignore, soggiunse la nipote, il miglior partito sar di mandarli comegli altri al fuoco, perch non sarebbe gran meraviglia, che riuscendocidi risanare il mio signor zio dalla malattia cavalleresca, egli si desse aleggere questi libri, e quindi gli venisse il capriccio di farsi pastore, e diandarsene per boschi e per prati cantando e sonando, o, ci che sarapeggio, diventar poeta; che, a quanto si dice, unaltra malattia insa-nabile e contagiosa. - Questa ragazza parla del miglior senno, disse ilcurato, e quindi sar ben fatto di togliere dinanzi al nostro amicosiffatto pericolo di ricadere. E giacch abbiamo cominciato dalla Dianadi Montemaggiore, stimo che non vada abbruciata, purch se ne leviquanto appartiene alla savia Felicia e allAcqua incantata, con quasi

41

La storia di don Chisciotte della Mancha

tutti i versi, sicch le resti la sua prosa eccellente, e lonore di esserestato il primo libro di questa specie. - Questo che viene, disse il bar-biere, la Diana chiamata Seconda del Salmantino; e di questaltro cheporta lo stesso titolo, n lautore Gil Polo. Quanto a quella delSalmantino, disse il curato, accompagni ed accresca pure il novero decondannati alla corte; quello di Gil Polo si custodisca gelosamente comese derivasse da Apollo medesimo. Ma passi innanzi, signor compare, eaffrettiamoci, che si va facendo tardi.

- Questi, disse il barbiere aprendo un altro volume, sono i Dieci libridella fortuna di Amore composti da Antonio di Lofraso poeta sardo.

Per quanto vale il giudizio mio, disse il curato, da che Apollo Apollo, muse le muse, e poeti i poeti, non fu composto giammailibro tanto grazioso e spropositato a un tempo medesimo quantoquesto; per la sua invenzione il migliore e il pi singolare di quantinuscirono mai alla luce del mondo, e chi non lo ha letto pu farconto di non aver letto mai produzione veramente gustosa: dateloqua, compare, che sono pi contento daver trovato questo libro chese qualcuno mi avesse regalata una veste di raso di Firenze.

Con somma compiacenza lo mise da banda, e il barbiere proseguleggendo il Pastore a Iberia, le Ninfe di Henares, i Rimedii della gelosia.

- Altro non occorre per questi, disse il curato, se non consegnarlial braccio secolare della servente; e non me ne domandate la ragione,che non finirei mai pi.

- Questo che viene il Pastore di Filida, disse il barbiere.- Non un pastore, disse il curato, ma un cortigiano valente: sia

custodito come una gioia preziosa.- Questo gran volume che lo segue, sintitola, disse il barbiere,

Tesoro di varie poesie.- Se non fossero in numero s grande, soggiunse il curato, sarebbe-

ro tenute in assai maggior conto, e bisogna purgar questo libro scar-tandone le bassezze che vi sono frammischiate al molto suo bello: siacustodito, e perch mio amico il suo autore, e per riverenza ad altrepi preziose opere da lui composte.

- Questo, seguit il barbiere, il Canzoniere di Lopez Maldonado.- Anche lautore di questo libro, disse il curato, mio grande ami-

co. I versi chegli recita sogliono destare lammirazione di chi li ascol-ta, e la soavit della voce con cui li modula un incantesimo. Nelleegloghe alquanto prolisso: ma il buono non fu mai troppo: si serbicogli altri che gi si sono messi da canto. Ma che libro questo che glista s vicino?

- La Galatea di Michele Cervantes, disse il barbiere.

42

Miguel de Cervantes Saavedra

- Gi da molti anni mio grande amico questo Cervantes,soggiunse il curato, e so che egli si intende pi di sventure che di versi.Convengo che se gli pu concedere qualche lode nellinvenzione; maegli sempre propone e poi non conclude mai: attenderemo la secondaparte che ci promette, e forse, migliorando, si meriter quel perdonoche per ora gli vien rifiutato; ma fin a tanto che si vegga come andra terminar la faccenda tenetelo custodito in casa vostra, signor com-pare.

- Ne sono soddisfattissimo, rispose il barbiere. Qui seguono trelibri uniti insieme: Araucana di don Alonzo dErciglia; lAustriada diGiovanni Rufo Giurato di Cordova; e il Monserrato di Cristoforo di Viruez,poeta di Valenza

- Non esistono, disse il curato, libri di verso eroico scritti in linguacastigliana pi pregiati di questi, e possono stare in competenza coipi illustri dItalia: si custodiscano come le pi preziose gioie poeti-che, che vanti la Spagna.

Si stanc il curato di vedere altri libri, e senza far nuovi esamiordin che tutti in un fascio fossero abbruciati; ma il barbiere uno neteneva aperto chera intitolato: Le lagrime dAngelica.

Il curato vedendolo disse: Lo avrei pianto se fosse stato per mioordine dato alle fiamme, poich il suo autore fu uno dei pi celebripoeti del mondo, non tanto nelle opere sue originali spagnuole, quantonelle eccellenti sue traduzioni di alcune favole di Ovidio.

43

La storia di don Chisciotte della Mancha

CAPITOLO VIIDEL SECONDO VIAGGIO DEL NOSTRO BUON CAVALIEREDON CHISCIOTTE DELLA MANCIA.

Ol, comin