Madri della Res Publica - comune.re.it · Le donne potevano votare, ma non essere elette. Semplice...

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«Noi entrammo nella Resistenza sudditi e ne uscimmo cittadini. La Resistenza non fu un fenomeno militare, come erroneamente si crede. Fu un movimento politico, democratico e civile straordinario. Una presa di coscienza politica che riguardò anche le donne» Lidia Menapace «Noi donne abbiamo combattuto non solo per liberare il nostro Paese dai tedeschi, ma anche per rivendicare i nostri diritti. Dovevamo conquistare il voto, tutte le carriere aperte, parità di lavoro, parità di salario» Tersilia Fenoglio Perché senza i diritti civili, politici e sociali non si è cittadini, ma sudditi. Perché le donne nella Stato fascista contavano solo per la loro capacità di fare figli. Perché l’esclusione delle donne dalla sfera pubblica non è né un ritardo né una dimenticanza ma un elemento costitutivo della cultura occidentale che relegava la donna unicamente nella sfera privata. Madri della Res Publica Le donne di Reggio Emilia da suddite a cittadine Da sudditi a cittadini Perché da sudditi a cittadini?

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Foto: archivio Istoreco

Madri della Res PublicaLe donne di Reggio Emilia da suddite a cittadine

«Noi entrammo nella Resistenza sudditi e ne uscimmo cittadini. La Resistenza non fu un fenomeno militare, come erroneamente si crede. Fu un movimento politico, democratico e civile straordinario. Una presa di coscienza politica che riguardò anche le donne»

Lidia Menapace

«Noi donne abbiamo combattuto non solo per liberare il nostro Paese dai tedeschi, ma anche per rivendicare i nostri diritti. Dovevamo conquistare il voto, tutte le carriere aperte, parità di lavoro, parità di salario»

Tersilia Fenoglio

Perché senza i diritti civili, politici e sociali non si è cittadini, ma sudditi. Perché le donne nella Stato fascista contavano solo per la loro capacità di fare figli.Perché l’esclusione delle donne dalla sfera pubblica non è né un ritardo né una dimenticanza ma un elemento costitutivo della cultura occidentale che relegava la donna unicamente nella sfera privata.

Madri della Res PublicaLe donne di Reggio Emilia da suddite a cittadine

Da sudditi a cittadini

Perché da sudditi a cittadini?

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Nel 1918, alla fine della I Guerra Mondiale, per la prima volta nel dibattito politico italiano, si pone la questione del diritto di voto femminile, ma i tempi non sono assolutamente maturi e, nonostante alcuni sinceri apprezzamenti da parte socialista, la discussione si chiude con un nulla di fatto.Nel 1925 Mussolini estende anche alle donne il diritto di voto amministrativo, peccato però che l’anno successivo, con la riforma podestarile, a votare non andrà più nessun italiano né uomo, né tanto meno donna.Il 31 gennaio del 1945 entra in vigore la proposta di estensione del voto attivo alle donne, presentata congiuntamente da De Gasperi e Togliatti, e approvata nella seduta governativa del 30 gennaio 1945.Il 10 marzo del 1946 viene approvato il decreto luogotenenziale n. 74 per ovviare al “pasticcio” del gennaio del 1945 quando alle donne viene riconosciuto solo il diritto di

voto attivo e non quello passivo. Le donne potevano votare, ma non essere elette. Semplice dimenticanza o calcolo?

La percentuale dei votanti è altissima, sfiora il 90% e le donne ci sono: emozionate, agitate, ma presenti e pronte a cambiare il corso della loro storia. Votano numerose, più numerose degli uomini ed eleggono due delle undici candidate presentatesi nella quattro liste elettorali:

31 marzo 1946: abbiamo votato

Lina Cecchini (Dc) ottiene 36 preferenze

Nilde Iotti (Pci) ottiene 26 preferenze

A Reggio si vota il 31 marzo 1946