La storia della popolazione umana -...

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La storia della popolazione umana i.......21~11111~~~~9~~~ I .374411W3Wr ..2- 11~ 4.1.•- ~4e2à 31. ». 44 25 Nft Fino a 200 anni fa la popolazione è rimasta più o meno costante perché l'alto tasso di natalità era bilanciato dall'alto tasso di mortalità; la diminuzione di quest'ultimo ha determinato il grande balzo demografico p roclamando il 1974 « Anno della popolazione mondiale », le Na- zioni Unite hanno espresso la preoccupazione di tutti per il rapido in- cremento della popolazione e per le sue conseguenze. Ci si occupa molto meno invece dell'incremento della popolazio- ne nel passato, del processo attraverso il quale le poche migliaia di esseri uma- ni vaganti sulla Terra un milione di anni fa sono diventate oggi milioni di abitanti di metropoli, città e paesi, men- tre la comprensione di questo processo è importante se si vogliono valutare le circostanze attuali e le prospettive fu- ture della popolazione umana. Una descrizione in cifre dello svilup- po della popolazione umana non può prescindere da congetture, non essen- dovi mai stato un censimento mondia- le. Persino oggi vi sono popolazioni che non sono mai state censite e, laddove i censimenti sono stati effettuati, non sempre essi sono attendibili. I recenti censimenti degli Stati Uniti, per esem- pio, hanno sottovalutato la popolazione mondiale del 2-3 %; altri censimenti, come quello effettuato in Nigeria nel 1963, sono evidenti, grossolane soprav- valutazioni. Inoltre, in molti casi, la di Ansley J. Coale portata dell'errore non può essere valu- tata con precisione. Se non conosciamo perfettamente il numero delle persone oggi esistenti, per il passato le cose sono ancor più incer- te. Fu la Svezia a dar l'avvio, nel 1750, alla prima serie di censimenti effettuati a intervalli regolari di non più di dieci anni; gli Stati Uniti fecero censimenti decennali a partire dal 1790, la Fran- cia e l'Inghilterra dal 1800. Il censi- mento divenne pratica comune nei pae- si più sviluppati solo nel diciannovesi- mo secolo e si diffuse lentamente alle altre parti del mondo. La popolazione dell'India venne censita a intervalli de- cennali dal 1871 e molte popolazioni latino-americane furono censite, perlo- più a intervalli irregolari, verso la fine del diciannovesimo secolo. In Russia, il primo censimento completo ebbe luogo nel 1897 e da allora ne sono stati fatti solo altri quattro. La popolazione di gran parte dell'Africa tropicale non fu censita fino al secondo dopoguerra. Una importante fonte delle attuali incertez- ze sulla popolazione umana mondiale sono le poche conoscenze che si hanno sulla popolazione della Cina, il cui più recente censimento è del 1953 e oltre- tutto non si è certi della sua atten- dibilità. Se consideriamo le epoche precedenti, il margine d'errore aumenta. La prima data per la quale si può calcolare la po- polazione mondiale con un'incertezza, diciamo, del 20 %, è la metà del di- ciottesimo secolo. Il più antico periodo per il quale disponiamo di dati utili è l'inizio dell'era cristiana, allorché Ro- ma si preoccupò di raccogliere dati sul- l'entità della popolazione nelle diverse parti dell'impero. All'incirca nello stes- so periodo, gli annali imperiali forni- scono alcuni dati sulla popolazione del- la Cina e gli storici hanno effettuato una valutazione assai approssimativa della popolazione dell'India in tale epo- ca. Utilizzando questi dati e calcolando sommariamente gli abitanti delle altre regioni, possiamo valutare la popola- zione mondiale ai tempi di Augusto entro un fattore due. Per i periodi ancora precedenti, pos- siamo valutare indirettamente la popo- lazione calcolando il numero di perso- ne che potevano sopravvivere nelle con- dizioni sociali e tecnologiche che pre- sumiamo dominassero allora. Antropo- logi e storici hanno valutato, per esem- pio, che prima dell'introduzione del- l'agricoltura, la Terra avrebbe potuto mantenere una civiltà dedita alla cac- cia e alla raccolta formata da 5 a 10 milioni di individui. D a supposizioni di questo genere per quanto riguarda le epoche più re- mote e da alcuni dati più attendibi- li relativamente ai tempi più recenti possiamo ricostruire le linee generali dell'incremento della popolazione uma- na (si vedano le illustrazioni nella pagi- na successiva). Forse il valore più in- certo fra tutti quelli calcolati è la di- mensione della popolazione iniziale, al- lorché l'uomo apparve per la prima vol- ta, circa un milione di anni fa. Col dif- 29 La morte di una madre e del suo bambino è ricordata da questa incisione su una pietra tombale del Massachusetts del diciottesimo secolo. Così si legge (punteggiatura e ortografia corrette): e In memoria di Mrs. Naomi, moglie di Mr. Ritchard, che morì il 22 agosto 1760, all'età di 39 anni; anche Joseph, loro figlio, morì lo stesso giorno, all'età di 6 giorni ». È probabile che sia la madre sia il figlio siano morti per compli- cazioni sopravvenute al momento del parto, nel caso della madre, forse, per febbre puerperale. Morti di questo tipo furono molto comuni nella storia dell'umanità; l'alto tasso di mortalità che esse implicavano esigeva, per il puro mantenimento della popo- lazione, che anche il tasso di natalità fosse elevato. Una diminuzione del tasso di mor- talità, che ebbe importanti conseguenze per la sopravvivenza di neonati e bambini, iniziò, in molte regioni d'Europa e d'America, nei decenni successivi all'avvenimento ricordato dall'epigrafe. Le figure al sommo della pietra rappresentano una falce e una clessidra, tradizionali simboli di morte; un gallo che canta, che rappresenta, forse, un'ammonizione alla vigilanza, e un oggetto la cui identità è incerta, ma che potrebbe essere una candela con smoccolatoio, altra figura dell'iconografia funeraria. La pietra si trova a Longmeadow, Mass.. ed è stata attribuita ad Aaron Bliss. L'incisione è stata riprodotta da Early New England Gravestone Rubbings di Edmund Vincent Gillon jr., pubblicato dalla Dover Publications Inc. Lo studio delle pietre tombali è uno dei metodi con cui gli studiosi di demografia effettuano i calcoli sulle passate popolazioni.

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La storia della popolazione umana

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Fino a 200 anni fa la popolazione è rimasta più o meno costante perchél'alto tasso di natalità era bilanciato dall'alto tasso di mortalità; ladiminuzione di quest'ultimo ha determinato il grande balzo demografico

p

roclamando il 1974 « Anno dellapopolazione mondiale », le Na-zioni Unite hanno espresso la

preoccupazione di tutti per il rapido in-cremento della popolazione e per le sueconseguenze. Ci si occupa molto menoinvece dell'incremento della popolazio-ne nel passato, del processo attraversoil quale le poche migliaia di esseri uma-ni vaganti sulla Terra un milione dianni fa sono diventate oggi milioni diabitanti di metropoli, città e paesi, men-tre la comprensione di questo processoè importante se si vogliono valutare lecircostanze attuali e le prospettive fu-ture della popolazione umana.

Una descrizione in cifre dello svilup-po della popolazione umana non puòprescindere da congetture, non essen-dovi mai stato un censimento mondia-le. Persino oggi vi sono popolazioni chenon sono mai state censite e, laddovei censimenti sono stati effettuati, nonsempre essi sono attendibili. I recenticensimenti degli Stati Uniti, per esem-pio, hanno sottovalutato la popolazionemondiale del 2-3 %; altri censimenti,come quello effettuato in Nigeria nel1963, sono evidenti, grossolane soprav-valutazioni. Inoltre, in molti casi, la

di Ansley J. Coale

portata dell'errore non può essere valu-tata con precisione.

Se non conosciamo perfettamente ilnumero delle persone oggi esistenti, peril passato le cose sono ancor più incer-te. Fu la Svezia a dar l'avvio, nel 1750,alla prima serie di censimenti effettuatia intervalli regolari di non più di diecianni; gli Stati Uniti fecero censimentidecennali a partire dal 1790, la Fran-cia e l'Inghilterra dal 1800. Il censi-mento divenne pratica comune nei pae-si più sviluppati solo nel diciannovesi-mo secolo e si diffuse lentamente allealtre parti del mondo. La popolazionedell'India venne censita a intervalli de-cennali dal 1871 e molte popolazionilatino-americane furono censite, perlo-più a intervalli irregolari, verso la finedel diciannovesimo secolo. In Russia, ilprimo censimento completo ebbe luogonel 1897 e da allora ne sono stati fattisolo altri quattro. La popolazione digran parte dell'Africa tropicale non fucensita fino al secondo dopoguerra. Unaimportante fonte delle attuali incertez-ze sulla popolazione umana mondialesono le poche conoscenze che si hannosulla popolazione della Cina, il cui piùrecente censimento è del 1953 e oltre-

tutto non si è certi della sua atten-dibilità.

Se consideriamo le epoche precedenti,il margine d'errore aumenta. La primadata per la quale si può calcolare la po-polazione mondiale con un'incertezza,diciamo, del 20 %, è la metà del di-ciottesimo secolo. Il più antico periodoper il quale disponiamo di dati utili èl'inizio dell'era cristiana, allorché Ro-ma si preoccupò di raccogliere dati sul-l'entità della popolazione nelle diverseparti dell'impero. All'incirca nello stes-so periodo, gli annali imperiali forni-scono alcuni dati sulla popolazione del-la Cina e gli storici hanno effettuatouna valutazione assai approssimativadella popolazione dell'India in tale epo-ca. Utilizzando questi dati e calcolandosommariamente gli abitanti delle altreregioni, possiamo valutare la popola-zione mondiale ai tempi di Augustoentro un fattore due.

Per i periodi ancora precedenti, pos-siamo valutare indirettamente la popo-lazione calcolando il numero di perso-ne che potevano sopravvivere nelle con-dizioni sociali e tecnologiche che pre-sumiamo dominassero allora. Antropo-logi e storici hanno valutato, per esem-pio, che prima dell'introduzione del-l'agricoltura, la Terra avrebbe potutomantenere una civiltà dedita alla cac-cia e alla raccolta formata da 5 a 10milioni di individui.

Da supposizioni di questo genere perquanto riguarda le epoche più re-

mote e da alcuni dati più attendibi-li relativamente ai tempi più recentipossiamo ricostruire le linee generalidell'incremento della popolazione uma-na (si vedano le illustrazioni nella pagi-na successiva). Forse il valore più in-certo fra tutti quelli calcolati è la di-mensione della popolazione iniziale, al-lorché l'uomo apparve per la prima vol-ta, circa un milione di anni fa. Col dif-

29

La morte di una madre e del suo bambino è ricordata da questa incisione su unapietra tombale del Massachusetts del diciottesimo secolo. Così si legge (punteggiaturae ortografia corrette): e In memoria di Mrs. Naomi, moglie di Mr. Ritchard, che morìil 22 agosto 1760, all'età di 39 anni; anche Joseph, loro figlio, morì lo stesso giorno,all'età di 6 giorni ». È probabile che sia la madre sia il figlio siano morti per compli-cazioni sopravvenute al momento del parto, nel caso della madre, forse, per febbrepuerperale. Morti di questo tipo furono molto comuni nella storia dell'umanità; l'altotasso di mortalità che esse implicavano esigeva, per il puro mantenimento della popo-lazione, che anche il tasso di natalità fosse elevato. Una diminuzione del tasso di mor-talità, che ebbe importanti conseguenze per la sopravvivenza di neonati e bambini,iniziò, in molte regioni d'Europa e d'America, nei decenni successivi all'avvenimentoricordato dall'epigrafe. Le figure al sommo della pietra rappresentano una falce e unaclessidra, tradizionali simboli di morte; un gallo che canta, che rappresenta, forse,un'ammonizione alla vigilanza, e un oggetto la cui identità è incerta, ma che potrebbeessere una candela con smoccolatoio, altra figura dell'iconografia funeraria. La pietrasi trova a Longmeadow, Mass.. ed è stata attribuita ad Aaron Bliss. L'incisione è statariprodotta da Early New England Gravestone Rubbings di Edmund Vincent Gillon jr.,pubblicato dalla Dover Publications Inc. Lo studio delle pietre tombali è uno deimetodi con cui gli studiosi di demografia effettuano i calcoli sulle passate popolazioni.

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Una visione globale della popolazione umana, dall'ominazione,circa un milione d'anni fa, a oggi, sottolinea la natura dicotomadella storia dell'uomo. In questo grafico, la curva d'incremento

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8000 6000 4000

L'introduzione dell'agricoltura, circa 10 000 anni fa, segna lini-zio di un periodo che rappresenta approssimativamente l'l percento del periodo considerato nel grafico in alto. Tuttavia, an-

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1750

Il periodo che inizia con il 1750 è caratterizzato da un incre-mento rapido e in rapida accelerazione della dimensione dellapopolazione mondiale. Questo periodo rappresenta solo lo 0,2

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si avvicina a 1 finché la dimensione della popolazione (in nero)e il tasso d'incremento (in colore) sono costanti per quasi tuttoil periodo; crescono poi verticalmente negli anni più recenti.

2000 a.C. I d.C. 1750 1974

che in quest'arco di tempo assai più breve il tasso d'incrementodella popolazione è stato modesto per quasi tutto il periodo el'aumento avutosi negli ultimi secoli è anche qui quasi verticale.

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per cento della storia dell'uomo, benché in esso si sia verificato1'80 per cento dell'incremento di unità umane. Come si può ve-dere, il tasso d'incremento negli ultimi 25 anni è raddoppiato.

ferenziarsi della specie umana dai suoipredecessori ominidi vi fu probabilmen-te un patrimonio originario di geni ap-partenente ad alcune migliaia o centi-naia di migliaia di individui. Una primavalutazione della popolazione si può fa-re quando ebbe inizio l'agricoltura el'addomesticamento degli animali, ossia,come generalmente si ritiene, intornoall'8000 a.C. La mediana di diverse va-lutazioni fatte delle dimensioni finalidelle civiltà dedite alla caccia e alla rac-colta che precedettero l'introduzionedell'agricoltura è di circa otto milioni diunità. Quindi, quale che fosse la dimen-sione della popolazione iniziale, il tassod'incremento dell'umanità durante i pri-mi 990 000 anni (circa il 99 per centodella sua storia) fu estremamente ridot-to. Anche presumendo che all'inizio lapopolazione fosse composta di due soliesseri — Adamo ed Eva il tasso diincremento annuo durante questo pri-mo, lungo arco di tempo fu di sole 15nuove unità per ogni milione di indi-vidui.

Dopo l'introduzione definitiva dellaagricoltura, l'incremento demograficoaumentò. Gli 8 milioni dell'8000 a.C.divennero, nell'anno 1, circa 300 milio-ni (i1 punto centrale di una gamma divalutazioni che vanno da 200 a 400 mi-lioni). Quest'aumento rappresenta untasso d'incremento annuo di 360 permilione ossia dello 0,36 per mille.

Dall'anno 1 al 1750 la popolazioneaumentò di 500-800 milioni circa (lamediana di una gamma di valutazionieffettuata da John D. Durand dell'Uni-versità della Pennsylvania). Fu a quel-l'epoca che ebbe inizio la straordinariaaccelerazione moderna dell'incrementodemografico. Il tasso medio annuo d'in-cremento fu, dall'anno 1 al 1750, dello0,56 per mille; dal 1750 al 1800, del4,4 per mille, portando la popolazione,alla fine di quest'intervallo di 50 anni,a un miliardo circa. Nel 1850 vi eranoal mondo 1,3 miliardi di persone e ver-so il 1900 ve ne erano 1,7 miliardi, contassi d'incremento, nei rispettivi inter-valli cinquantennali, del 5,2 e 5,4 permille. (Anche questi totali sono basatisu valutazioni di Durand.)

Nel 1950, in base ai dati delle Nazio-ni Unite, la popolazione mondiale eradi 2,5 miliardi, valore che indica un tas-so d'incremento annuo, durante la pri-ma metà del ventesimo secolo, del 7,9per mille. Dal 1950 al 1974 il tasso d'in-cremento è più che raddoppiato, arri-vando al 17,1 per mille e portando l'at-tuale popolazione a 3,9 miliardi. Il valo-re mediano di alcune proiezioni effet-tuate dalle Nazioni Unite nel 1973 indi-ca che entro il 2000 la popolazione saràdi 6,4 miliardi, un aumento, questo, che

implica per i prossimi 25 anni un tassod'incremento annuo del 19 per mille.

Perfino da questa breve descrizionerisulta evidente che la storia della po-polazione può essere, grosso modo, di-visa in due periodi: un lunghissimo pe-riodo d'incremento lento e un brevis-simo periodo d'incremento rapido. Sipuò comprendere lo sviluppo della po-polazione durante queste due fasi ri-correndo ad alcune semplici relazionimatematiche riguardanti la dimensioneassoluta della popolazione, il tasso d'in-cremento e i fattori che determinanotale incremento.

Una crescita persistente a un tassoproporzionale qualsiasi produce aumen-ti sempre maggiori e il totale, anchecon un tasso d'incremento relativamen-te modesto, supera qualsiasi limite fi-nito prefissato in un tempo sorprenden-temente breve. Una popolazione in au-mento si raddoppia in un periodo ugua-le a 693 diviso per il tasso annuo d'in-cremento, espresso in unità addizionaliper 1000 persone. Quindi, nel periodoche va dall'anno 1 al 1750, allorché siebbe un tasso d'incremento dello 0,56per mille, la popolazione si raddoppiavaall'incirca ogni 1200 anni; nelle deca-di future, per le quali si prevede untasso d'incremento del 20 per mille cir-ca, la popolazione si raddoppierà in34,7 anni.

L'effetto cumulativo di un numeroridotto di raddoppi è una sfida al buonsenso. Una nota esemplificazione diquesto fenomeno è la leggenda di quelre che offrì in sposa la propria figlia achi potesse fornire un granello di fru-mento per la prima casella di una scac-chiera, due per la seconda e così via.Per soddisfare questa richiesta per tut-te le 64 caselle occorrerebbe una mon-tagna di frumento di gran lunga supe-riore all'attuale produzione mondiale.

In armonia con la legge di progres-sione geometrica, la popolazione uma-na ha raggiunto l'attuale dimensioneattraverso un numero di raddoppi rela-tivamente esiguo. Anche se supponiamodi nuovo che l'umanità abbia avuto ini-zio dagli ipotetici Adamo ed Eva, lapopolazione si sarebbe raddoppiata so-lo 31 volte, a una media, cioè, di unraddoppio ogni 30 000 anni circa. È,questo, un altro modo per dire che ilmondo si è popolato secondo un tassod'incremento molto basso, se questotasso è ripartito mediamente sull'interastoria della specie. Il tasso medio an-nuo è di circa 0,02 persone in più ogni1000 e anche se consideriamo soltantol'incremento più rapido degli ultimi

2000 anni, il tasso medio è modesto.Dall'anno 1 la popolazione si è raddop-piata solo quattro volte, all'incirca una

volta ogni 500 anni, e ciò comporta untasso annuo di 1,4 persone per 1000.

Nel contesto di queste medie a lungotermine, l'attuale tasso d'incrementosembra ancor più straordinario, eppurela fonte di questa eccezionale prolife-razione sta nella matematica conven-zionale delle serie geometriche. La po-polazione mondiale aumenta nella misu-ra in cui le nascite superano le morti;il tasso d'incremento consiste nella dif-ferenza fra il tasso di natalità e il tassodi mortalità. Impostando altrimenti larelazione, il tasso medio d'incremento,su un lungo arco di tempo, dipende dalrapporto tra le dimensioni di genera-zioni successive. Questo tasso è appros-simativamente uguale al numero me-dio di figlie nate da donne in età fecon-da moltiplicato per il numero di donneche hanno superato l'età media fecon-da. Il prodotto dà il numero medio difiglie nate nel corso della vita di unanuova femmina, tenuto conto delle don-ne con fertilità biologica anomala e diquelle morte prima di aver raggiuntol'età feconda. Quando il prodotto è 1-- che sta a significare una figlia perdonna, nelle condizioni di fertilità e dimortalità dominanti — si hanno gene-razioni successive della stessa dimen-sione media. Quando il prodotto è 2,la popolazione si raddoppia a ogni ge-nerazione o, all'incirca, ogni 28 anni.

La fertilità di una popolazione può an-che essere misurata dal numero di

figli, maschi e femmine, nati per donnanel periodo di fecondità; questo nume-ro è chiamato tasso totale di fertilità.La mortalità è rappresentata dall'etàmedia alla morte o dalla durata mediadella vita, espressa come speranza di vi-ta alla nascita. Nel 1973, il tasso totaledi fertilità della donna americana eradi 1,94; la speranza di vita alla nascitaera di 75 anni. Quindi, le donne di ognietà, rientranti nei tassi d'incrementodel 1973 genereranno, in media, 1,94figli e le donne di ogni età, rientrantinei tassi di mortalità del 1973, avrannouna durata media di vita di 75 anni.

Quando la durata media della vita è

breve, la percentuale di donne che su-perano l'età media per la riproduzioneè ridotta. Infatti fra le popolazioni perle quali abbiamo dati sufficienti, vi èuno stretto rapporto fra questi due nu-meri e, dalla durata media della vita,possiamo valutare con una certa sicu-rezza quale percentuale di donne so-pravviverà abbastanza per generare.Un'altra caratteristica prevedibile del-la popolazione umana è il rapporto frale nascite di maschi e le nascite di fem-mine: per qualsiasi vasto campione essoè sempre di circa 1,05 : 1.

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DONNE CHE SUPERANO L'ETA MEDIA FECONDA (PERCENTUALE)

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SPERANZA DI VITA ALLA NASCITA (ANNI)

Una popolazione in equilibrio può mantenersi di dimensionecostante a seguito di diverse combinazioni di fertilità e morta-lità. Il tasso totale di fertilità è il numero di figli nati perdonna riferito a un ipotetico gruppo di donne soggette in cia-scun anno della loro vita ai tassi annui di natalità prevalentiin quello specifico momento. Analogamente, la speranza di vitaalla nascita è l'arco di vita medio di un ipotetico gruppo di in-dividui soggetti a ogni età ai tassi di mortalità prevalenti inquel momento specifico. Quando la popolazione non subisce au-

menti né diminuzioni, si possono ricavare da questi due dati al-tre due valutazioni demografiche: il tasso di natalità e la per.centuale di donne che superano l'età media feconda. Durantela maggior parte della storia dell'uomo deve aver prevalsoqualche combinazione di questi valori favorevole alle condizionid'incremento prossimo allo zero. Se il tasso di natalità fossestato per esempio, del 50 per 1000, la durata media della vitasarebbe stata di 20 anni, un terzo circa delle donne avrebbe su-perato l'età feconda e avrebbe avuto una media di 6,5 figli.

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Registro del primo censimento effettuato negli Stati Uniti: fu uno dei primi tentatividi tenere un calcolo regolare e periodicamente aggiornato della dimensione e della di-stribuzione di una popolazione nazionale. La Svezia, nel 1750, fu la prima nazione cheistituì un censimento periodico; seguirono gli Stati Uniti nel 1790, data alla quale fucompilata questa scheda per una cittadina nelle vicinanze di New York. Le colonne ri-portano il numero di maschi di razza bianca, liberi, di 16 anni e più; di maschi dirazza bianca al di sotto dei 16 anni; di femmine di razza bianca, libere; di altre per-sone libere e di schiavi. Nell'elenco compare anche il nome di Alessandro Hamilton.

In base a questi rapporti costanti nel-la popolazione, è possibile calcolare tut-te le combinazioni delle speranze di vi-ta femminile e la fertilità totale risul-tante da un determinato tasso d'incre-mento. Particolarmente interessanti so-no le condizioni che producono un in-cremento zero della popolazione, in

quanto molte volte, nel milione di annipassati, la popolazione si è avvicinataalla crescita zero (si veda l'illustrazionea pagina 33). In una popolazione stati-ca, la durata media della vita è il reci-proco del tasso di mortalità. In altritermini, in una popolazione di dimen-sione costante, il tasso di natalità è rap-

presentato dal numero di nascite peranni-persona e la durata media dellavita è rappresentata dal numero di an-ni-persona per nascita.

Vi sono molte combinazioni di ferti-lità e di mortalità che manterrannouna popolazione esattamente alla stessadimensione. Consideriamo una popola-zione statica in cui la durata media del-la vita femminile sia di 70 anni. Datoquesto tasso di mortalità, le donne chesupereranno l'età media feconda rap-presenteranno il 93,8 %. Poiché la di-mensione della popolazione deve resta-re costante, il numero medio di figlieper donna dovrà essere 1/0,938 o 1,066:dato che vi sono 1,05 nascite di maschiper ogni nascita di femmina, il tassodi fertilità totale deve essere 2,05 X1,066, ossia 2,19. Il tasso di natalità inuna siffatta popolazione sarà 1/70 o14,3 per mille.

Se la durata media della vita femmi-nile è di 20 anni, com'era probabilmen-te a volte nelle epoche premoderne, ledonne che supereranno l'età media fe-conda saranno il 31,6 per cento e ledonne che vivranno fino all'età dellamenopausa avranno in media 6,5 figli;il tasso d'incremento, in queste circo-stanze, è del 50 per mille. (Bisogna sot-tolineare che non vi è contraddizionenella sopravvivenza di molte donne finoalla menopausa in una popolazione incui l'età media alla morte è di 20 anni.Quando il tasso di mortalità è elevato,l'età media alla morte non è affattoun'età tipica alla morte. Quando peresempio la speranza di vita in una po-polazione statica è di 20 anni, circa me-tà delle morti avverranno prima dei 5anni, un quarto circa dopo i 50 e soloun 6,5 per cento nell'arco dei 10 annicentrati sull'età media alla morte.)

L'importanza di questi rapporti stanel fatto che essi esprimono le pos-

sibili combinazioni di fertilità e di mor-talità che debbono avere caratterizzatola popolazione umana in ogni epocadella sua storia. Se qualche altra com-binazione di fertilità e mortalità si fos-se conservata per più di poche genera-zioni (come è avvenuto negli ultimi duesecoli), la popolazione si sarebbe allar-gata o contratta in modo drammatico.

Queste combinazioni determinano an-che i tassi estremi di fertilità e di mor-talità possibili in una popolazione sta-tica. Un limite è posto dal minimo pos-sibile di mortalità. Se la speranza me-dia di vita è di 75 anni, il 97,3 per cen-to delle donne supereranno l'età mediafeconda e, per mantenere il livello dellapopolazione, bisogna che esse abbianosolo 2,1 figli, e questo rappresenta untasso di natalità del 13,3 per mille.

Ogni ulteriore riduzione della mortalitàpotrebbe far salire la durata media del-la vita a 80 anni o più, ma non mute-rebbe in modo significativo la percen-tuale di donne che superano l'età fe-conda, né ridurrebbe molto il numerodi nascite per donna necessario per man-tenere il livello della popolazione. Unaltro limite è imposto dalla fertilità.Quando la speranza di vita scende a 15anni, solo il 23,9 per cento delle donnevivrà abbastanza per aver figli e quelleche vi riusciranno dovranno avere unamedia di 8,6 figli per evitare la diminu-zione della popolazione. Benché biolo-gicamente sia certo possibile a una don-

na generare più di otto o nove figli, nonsi è mai osservata alcuna popolazionecon una fertilità totale molto superiorea otto nascite per donna.

I dati sulla fertilità e sulla mortalitàumana sono ancor più scarsi di quellisul numero delle persone. Oggi solo me-no della metà della popolazione mon-diale vive in zone in cui le statistichedemografiche sono registrate in manie-ra attendibile: nella maggior parte del-l'Asia, in quasi tutta l'Africa e in buo-na parte dell'America latina, per esem-pio, la registrazione delle nascite e del-le morti è inadeguata. Informazioni pre-cise sulla fertilità e sulla mortalità so-

no, quindi, limitate all'esperienza re-cente dei paesi maggiormente sviluppa-ti, che inizia nel diciottesimo secolo inScandinavia, nel diciannovesimo secoloin quasi tutto il resto dell'Europa e nelventesimo secolo in Giappone e negliStati Uniti. Molte induzioni sono statefatte sugli attuali dati demografici deipaesi in via di sviluppo dalla composi-zione delle età registrate nei censimenti,dal tasso d'incremento della popolazio-ne fra un censimento e l'altro e da in-formazioni retrospettive raccolte in cen-simenti e in inchieste demografiche. Perle popolazioni passate, tuttavia, ben ra-ramente sono disponibili dati validi sul-

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35 000 3500 350

35

3,5TEMPO DI RADDOPPIO (ANNI)

Il tempo di raddoppio di una popolazione viene calcolato dividendo per 693 il tassod'incremento annuo espresso in unità addizionali per 1000 persone. Fino a 10 000 annifa circa, il tasso d'incremento era di 0,02 o meno e ci volevano almeno 35 000 anniperché la popolazione raddoppiasse. Il tasso si avvicina oggi al 20 per 1000 e la popo-lazione potrebbe raddoppiare entro i prossimi 35 anni. Un incremento prolungato por-ta conseguenze estreme: 10 raddoppi darebbero una popolazione di oltre 4000 miliardi.

200

0,02

20

0,20

2,0

1750

1800

1850

1900

1950 1974

Le popolazioni delle nazioni sviluppate e in via di sviluppo hanno storie diverse. Daldiciottesimo secolo fin dopo la prima guerra mondiale il tasso d'incremento dei paesisviluppati (in nero) era superiore a quello dei paesi in via di sviluppo (in colore).A partire dal 1920 predomina l'incremento nelle regioni in via di sviluppo e dal 1950il divario si allarga ancora. L'andamento futuro (in grigio e colore) sarà in granparte condizionato dalle tendenze che si avranno nelle nazioni in via di sviluppo.

26

24

22

20

o

18

la natalità e sulla mortalità e si devono,quindi, ricavare dall'analisi delle forzeche influenzano fertilità e mortalità.

Le differenze di fertilità possono es-sere attribuite a due fattori: la diversaesposizione delle donne in età fecondaal rischio di gravidanze dovuto a coabi-tazione con un partner sessuale e le dif-ferenze nel numero dei concepimentie dei parti tra le donne che coabitanocon un partner. In molte popolazionil'unica forma di coabitazione sancitasocialmente è quella fra coppie sposate:vediamo, quindi, che le leggi e le usan-ze che regolano la coabitazione e loscioglimento dei matrimoni influenzanola fertilità. Un esempio notevole è datodal modello di matrimonio tardivo co-mune fino a una generazione fa in mol-te nazioni dell'Europa occidentale. Permolti anni prima della seconda guerramondiale, in Germania, in Scandinavia,nei Paesi Bassi e in Gran Bretagna l'etàmedia del primo matrimonio per la don-na si aggirava fra i 24 e i 28 anni, edall'i al 30 per cento di esse erano nu-bili a 50 anni. Ne conseguiva che lapercentuale di donne in età feconda lequali, per essere sposate, erano esposte

al rischio di gravidanza, era meno dellametà e, in taluni casi, come in Irlanda,meno di un terzo.

Un'usanza nuziale molto particolare,che può anch'essa ridurre la fertilità,è comune nelle regioni dell'Asia e delNord Africa. Le donne si sposano al-l'età di 17 o 18 anni, ma l'età mediadella popolazione maschile sposata èspesso di otto o nove anni superiore aquella delle donne sposate. La fertilitàdi alcune donne viene a essere probabil-mente ridotta dal matrimonio con uo-mini tanto più vecchi, spesso vedovi.I matrimoni vengono conclusi coi geni-tori della sposa, in molti casi pagandoun certo prezzo per ottenerla, e gli uo-mini più anziani sono quelli che più fa-cilmente hanno le ricchezze e il presti-gio necessari per aspirare alle donnegiovani più desiderabili. Possiamo tro-vare un altro fattore sociale che influen-za la fertilità in India, dove l'induismovieta alle vedove di risposarsi. Benchéla proibizione non sia sempre rispettatascrupolosamente, essa ha senza dubbioridotto la fertilità indiana al di sotto diquella che avrebbe potuto essere altri-menti.

Fra le coppie coabitanti, la fertilitàè, ovviamente, influenzata dal fatto chevengano usate o no misure anticon-cezionali. Louis Henry, dell'Institut Na-tional d'Études Démographiques, ha de-finito la « fertilità naturale » come lafertilità di coppie che non modificanoil loro comportamento in base al nu-mero dei figli già nati. La fertilità na-turale così definita è, quindi, ben lungidall'essere uniforme: essa è influenzatadalle usanze, dalla salute e dall'alimen-tazione. L'allattamento al seno, peresempio, prolunga il periodo di amenor-rea secondario al parto e, di conseguen-za, ritarda la successiva ripresa dell'ovu-lazione. In 'alcune popolazioni, la scar-sa fertilità può essere attribuita a steri-lità patologica associata a diffuse infe-zioni gonorroiche. Infine, la fertilità puòessere influenzata dalla dieta, come sug-gerisce lo studio condotto da Rose E.Frisch e dai suoi colleghi presso l'Uni-versità di Harvard. L'età del menarcasembra essere determinata, almeno inparte, dal contenuto di grassi del corpoed è, quindi, collegata alla dieta. Inol-tre, nelle donne che hanno passato l'etàdel menarca, una consistente diminu-zione del peso rispetto all'altezza provo-ca amenorrea. In popolazioni sottoali-mentate la fertilità può, quindi, venirediminuita. Nelle popolazioni in cui lamedia dei grassi corporei è prossima al-la soglia del minimo necessario per unciclo riproduttivo regolare, è probabileche, a causa del grave impoverimentocalorico dovuto alla gravidanza e all'al-lattamento, quest'ultimo prolunghi piùsensibilmente il periodo di amenorrea.La più importante causa di differenzanella fertilità fra coppie coabitanti è co-stituita oggi dal controllo deliberatodelle nascite mediante contraccettivi eaborti provocati. In talune società mo-derne si sono raggiunti tassi di fertilitàmolto bassi: il tasso di fertilità totaleè sceso fino all'1,5 (in Cecoslovacchianel 1930, in Austria nel 1937 e nellaGermania occidentale nel 1973).

Possiamo sapere fino a che punto siadiffuso il controllo delle nascite dai ri-sultati di indagini compiute sulla ferti-lità solo per poche popolazioni e, ancheper queste, solo relativamente agli ulti-mi due o tre decenni (l'InternationalStatistical Institute ha iniziato un'inda-gine sulla fertilità mondiale, che do-vrebbe chiarire le pratiche attuali, manon quelle del passato). Indicazioni suldeliberato controllo delle nascite nellesocietà del passato debbono essere de-dotte da alcuni elementi chiave, qualila cessazione più precoce delle gravi-danze nelle donne sposate in giovaneetà in confronto a quelle sposate in etàpiù matura. Prove di questo genere, in-sieme all'osservazione di una netta di-

minuzione di fertilità in tutte le donnesposate, indicano che il controllo dellenascite era comune nel diciassettesimosecolo in ceti come la borghesia ginevri-na e la nobiltà francese. Norman Himes,nella sua Medica! History o! Contracep-tion, ha dimostrato che le pratiche an-ticoncezionali, dai procedimenti ma-gici del tutto inefficaci alle tecnichepratiche, erano conosciute in molte so-cietà almeno dai tempi della Greciaclassica.

Ampie fluttuazioni della fertilità non-ché della mortalità non sono incompati-bili col lungo periodo di incrementoprossimo a zero che caratterizza la mag-gior parte della storia della popolazione.Benché a lungo termine l'aritmeticadell'incremento non lasci spazio per untasso d'incremento molto diverso da ze-ro, variazioni a breve termine furonoprobabilmente frequenti e di notevoleportata. In pratica, la popolazione che,dalla nostra prospettiva, sembra esserstata pressoché statica per centinaia dimigliaia di anni, può benissimo aversperimentato brevi periodi di rapido in-cremento, durante i quali aumentavapiù volte, e aver poi sofferto contrazio-ni catastrofiche. La popolazione pre-agricola, per esempio, può essere statavulnerabile a cambiamenti climatici,quali i periodi di glaciazione, e allaestinzione di alcuni tipi di prede. Unavolta affermatasi la coltivazione dellemessi, la popolazione può essere stataperiodicamente decimata dalle epidemiee dalla distruzione dei raccolti a operadella siccità, di malattie o di insetti in-festanti. Inoltre, in ogni tempo la po-polazione è stata soggetta a riduzioneper la violenza dell'uomo stesso, con laspoliazione individuale e con la guerraorganizzata.

Poiché le prime popolazioni non riu-scirono mai a espandersi tanto da riem-pire la Terra con i miliardi di personedel ventesimo secolo, dobbiamo conclu-dere che un'alta fertilità sia semprestata accompagnata da un'alta mortali-tà media. Analogamente, una bassa fer-tilità dev'essere stata compensata dauna bassa mortalità; qualsiasi societàla cui fertilità si sia conservata bassamentre la mortalità rimaneva elevatadev'essere scomparsa.

Nel tracciato convenzionale della prei-

storia umana si presume che a ognidata precedente la durata media dellavita fosse più breve, in base al principioche l'uomo antico doveva affrontare ri-schi maggiori dei suoi discendenti. L'au-mento di popolazione che si verificòall'epoca dell'agricoltura è, a ragione,attribuito a una maggiore disponibilitàdi cibo, mentre non è necessariamentegiustificata l'avvincente illazione che la

riduzione di mortalità sia stata respon-sabile di quest'incremento accelerato.

L'avvento dell'agricoltura produsseun modesto aumento del tasso d'incre-mento; se quest'aumento fosse statoprovocato da un declino della mortalità,il cambiamento della speranza media divita sarebbe stato difficilmente avverti-bile. Se nella società dedita alla cacciae alla raccolta il numero medio di partiper donna fosse stato, per esempio, di6,5, la durata media della vita sarebbestata di 20 anni. Se la fertilità dei pri-mi coltivatori fosse rimasta la stessa deiloro predecessori, l'incremento dell'ar-

co di vita necessario per provocare l'au-mento di nascite osservato sarebbe sta-to solo di 0,2 anni. L'aumento da 20 a20,2 anni della speranza di vita non sa-rebbe stato avvertibile.

Se riteniamo che l'uomo preagricoloavesse una mortalità sostanzialmentepiù elevata dei primi coltivatori, dobbia-mo anche ritenere che, nelle societàdedite alla caccia e alla raccolta, la fer-tilità fosse molto più elevata. Se, peresempio, nella cultura antica l'età me-dia alla morte fosse stata di 15 anzichédi 20 anni, allora la fertilità sarebbestata di 8,6 parti per donna anziché di

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TEMPO

La transizione demografica, qui rappresentata schematicamente,costituisce l'avvenimento centrale della storia recente della po-polazione umana. Essa inizia con una diminuzione del tasso dimortalità (in nero), fatto precipitare dai progressi della medici-na (specialmente nel settore dell'igiene pubblica) o dell'alimen-tazione o di entrambe. Alcuni anni dopo inizia anche la dimi-nuzione della natalità (incolore) soprattutto per un cambiamentonella valutazione dell'opportunità di aver figli. Prima della tran-sizione il tasso di natalità è costante, ma il tasso di mortalità

oscilla. La transizione demografica accompagna di solito la mo-dernizzazione delle nazioni; in Europa e negli Stati Uniti essaebbe inizio verso la fine del diciottesimo secolo e l'inizio deldiciannovesimo, mentre nelle nazioni in via di sviluppo iniziòsolo assai più tardi, in molti casi nel ventesimo secolo. Neipaesi sviluppati la transizione è sostanzialmente conclusa; ingran parte del resto del mondo si è ridotta solo la mortalità enon la natalità. Nell'interim fra la caduta della mortalità e quel-la della fertilità la popolazione si è rapidamente accresciuta.

6,5. Un simile cambiamento non è inam-missibile; c'è da aspettarsi infatti chequella completa riorganizzazione dellavita che l'introduzione dell'agricolturaha rappresentato abbia influenzato siala fertilità sia la mortalità. Ci sono mo-tivi per sospettare, tuttavia, che entram-bi i tassi demografici siano aumentatianziché diminuiti.

È probabile che sia le malattie siale carestie imprevedibili abbiano fattosalire il tasso di mortalità dei primi col-tivatori. La vita di villaggio, mettendoa contatto un numero relativamenteelevato di individui, può aver fornitouna base alla trasmissione di germi pa-togeni e aver creato serbatoi di malat-tie endemiche. Inoltre, la maggior den-sità delle popolazioni agricole può averportato una maggior contaminazionedel cibo, del suolo e dell'acqua. La mag-gior densità e la più o meno completadipendenza dai prodotti agricoli posso-no anche aver reso gli agricoltori estre-mamente vulnerabili ai cattivi raccolti,mentre le società dedite alla caccia ealla raccolta possono essere state piùresistenti alle avversità.

Se la mortalità aumentò realmentecon l'introduzione dell'agricoltura, è al-trettanto certo che la fertilità aumentòanch'essa e con un leggero margine inpiù. La supposizione che entrambi i tas-si demografici siano aumentati è con-fermata da osservazioni sui tassi di fer-tilità di popoli contemporanei che sisostentano con la caccia e con la raccol-ta, come le tribù dei Kung nel desertodi Kalahari, nell'Africa sud-occidenta-le. Nancy Howell, dell'Università di To-ronto, analizzando le proprie osserva-zioni e quelle del suo collega RichardBorshay Lee, scoprì che le donne Kunghanno lunghi intervalli fra i parti e unamoderata fertilità globale. Una possibilespiegazione, suggerita dagli studi di Ro-se Frisch, è che la dieta dei Kung ab-bia una composizione ipolipidica, laquale provocherebbe un'ovulazione ir-regolare. Gli intervalli fra i parti posso-no essere prolungati ulteriormente daun protratto allattamento al seno, uni-to a uno scarso peso corporeo. Se que-ste condizioni fossero comuni nelle so-cietà preagricole, la coltivazione dellemessi potrebbe aver aumentato il pesocorporeo, unitamente, forse, allo svez-zamento precoce dei bambini, introdot-to affinché le madri potessero lavorarenei campi.

Sfortunatamente, queste speculazionisugli avvenimenti demografici che pos-sono aver accompagnato la rivoluzioneneolitica non hanno il suffragio di pro-ve dirette. Fino a tempi relativamenterecenti, i soli elementi indicatori deitassi di mortalità erano le epigrafi mor-

tuarie e le caratteristiche degli schele-tri, diverse secondo l'età. I campioni dimortalità così ottenuti possono anchenon essere rappresentativi e non v'è,quindi, modo di considerare attendibili,per le epoche più antiche, tali statisti-che sulla durata media della vita.

possiamo comprendere meglio l'incre-mento accelerato della popolazione

mondiale che iniziò nel diciottesimo se-colo, se consideriamo separatamente learee che le Nazioni Unite hanno classi-ficato come « più sviluppate » e « menosviluppate ».

Una descrizione generale, se non unacompleta spiegazione, dei mutamentid'incremento nelle zone più sviluppate,a partire dal diciottesimo secolo, ci èfornita da quella che gli studiosi di de-mografia chiamano « transizione demo-grafica ». In genere, ci si aspetta che imutamenti di mortalità e di fertilità checostituiscono la transizione demograficaaccompagnino l'evolversi di una nazio-ne da società largamente rurale, e, al-meno in parte, analfabeta, a una socie-tà essenzialmente urbana, industriale escolarizzata. Virtualmente, tutte le po-polazioni che le Nazioni Unite hannoclassificato « più sviluppate » sono pas-sate attraverso cambiamenti di questotipo, benché la durata e l'estensione diessi varino in modo considerevole.

L'esperienza demografica comune atutti i paesi più sviluppati implica unaconsiderevole diminuzione sia della fer-tilità sia della mortalità in un certo mo-mento durante gli ultimi 200 anni. Neldiciottesimo secolo, la durata mediadella vita umana non superava i 35 annie in molte nazioni che oggi sono consi-derate fra le più sviluppate dev'esserestata assai inferiore. Oggi, in queste na-zioni la speranza media di vita è, quasisenza eccezioni, di 70 anni e più. Due-cento anni fa, il numero medio di partiper donna oscillava fra più di 7,5 inalcune delle zone oggigiorno più svilup-pate, come le colonie americane e, for-se, la Russia, e non più di 4,5 in Sveziae, probabilmente, in Inghilterra e nelGalles. Nel 1973, solo l'Irlanda, fra ipaesi più sviluppati, ha avuto un tassodi fertilità superiore a più di tre figliper donna e, in molte delle nazioni piùricche, la fertilità totale è stata infe-riore a 2,5. Quindi, potenzialmente, intutte le nazioni più sviluppate, negli ul-timi due secoli si è raddoppiata la spe-ranza media di vita e dimezzato il tassodi fertilità totale.

Se il declino della fertilità e dellamortalità sono stati simultanei, a partiredal 1750 l'incremento della popolazionenei paesi sviluppati deve essere statomodesto. Questa fu, in effetti, l'espe-

rienza della Francia, dove il tasso di na-talità e quello di mortalità iniziaronoa declinare prima della fine del diciotte-simo secolo. Di conseguenza, l'incre-mento della popolazione francese fu as-sai inferiore a quello di molte altre na-zioni europee. Comunque, tutta la po-polazione dei paesi sviluppati sperimen-tò uno straordinario incremento dopo il1750, incremento che andò acceleran-do fino ai primi tempi del ventesimosecolo. La ragione dell'incremento nu-merico è dovuta al fatto che la dimi-nuzione della mortalità precedette quasisempre la diminuzione della fertilità,spesso di molti anni (si veda l'illustra-zione nella pagina a fronte).

Negli Stati Uniti la diminuzione del-la fertilità iniziò presto, come in Fran-cia; sembra che all'inizio del dicianno-vesimo secolo questa tendenza si deli-neasse già. Tuttavia, a causa dei matri-moni precoci, la fertilità negli StatiUniti era molto elevata, così che la ec-cedenza delle nascite sulle morti erasempre assai ampia. In molti degli altripaesi più sviluppati il tasso di natalitànon diminuì sino alla fine del dicianno-vesimo secolo o agli inizi del ventesimo.

Un'altra caratteristica universale del-la transizione è il cambiamento di sta-bilità dei tassi demografici. Nell'erapremoderna, l'alto tasso di natalità erapressoché costante, ma il tasso di mor-talità fluttuava di anno in anno, ri-specchiando gli effetti delle epidemie ele variazioni delle risorse alimentari.Nei paesi che hanno completato la tran-sizione demografica questo modello èrovesciato: il tasso di mortalità rimanecostante, ma la fertilità varia in modoconsiderevole.

Le cause dell'avvenimento che diedeinizio alla transizione demografica

— il declino della mortalità alla fine deldiciottesimo secolo sono oggetto dicontroversie tra gli esperti in storia del-la sociologia e della medicina. Secondouna corrente di pensiero, fino alla metàdel diciannovesimo secolo le innovazio-ni della medicina in Inghilterra non sa-rebbero state tali da portare a una di-minuzione del tasso di mortalità; l'al-ternativa principale suggerita è un mi-glioramento della dieta media. Per altri,la protezione dal vaiolo, ottenuta con lavaccinazione, sarebbe stata sufficiente aridurre sensibilmente il tasso di morta-lità. Essi ritengono che l'ulteriore decli-no di mortalità agli inizi del diciannove-simo secolo possa essere un risultato delmiglioramento dell'igiene personale.

Una terza ipotesi è che prima del di-ciottesimo secolo periodi fortuiti di bas-sa mortalità non fossero eccezionali, mache fossero seguiti da periodi di altissi-

ma mortalità, causata da gravi epide-mie. Secondo questo punto di vista, lafine del diciottesimo secolo sarebbe sta-ta un normale periodo di tregua e lemigliori condizioni degli inizi del di-ciannovesimo secolo avrebbero allonta-nato il successivo ciclo di epidemie, ilquale avrebbe altrimenti provocato unaricorrenza di alti tassi di mortalità.

Quale che sia stata la causa del de-clino iniziale del tasso di mortalità, nonv'è dubbio che successivi miglioramentidelle condizioni sanitarie, dell'igienepubblica e della medicina abbiano resopossibili ulteriori diminuzioni durante ildiciannovesimo secolo; processo, que-sto, che perdura. È altrettanto chiaroche la diminuzione di mortalità dipeseda una maggiore disponibilità di cibo edi altre risorse materiali. Quest'aumen-to del livello di vita fu, a sua volta, cau-

sato dall'estensione delle coltivazioni,specialmente nell'emisfero occidentale,da un aumento di produttività sia nel-l'agricoltura sia nell'industria e dallosviluppo di efficaci sistemi di commer-cio e di trasporto.

La diminuzione del tasso di natalitàche seguì, infine, alla diminuzione deltasso di mortalità nei paesi più svilup-pati fu, a eccezione dell'Irlanda nel tar-do diciannovesimo secolo, quasi esclusi-vamente una diminuzione di fertilitàdelle coppie sposate e può essere diret-tamente attribuita alle pratiche con-traccettive e all'aborto. La diminuzionedella fertilità non fu, tuttavia, dovutaall'invenzione di nuove tecniche con-traccettive. Fra gruppi campione diamericani sposati prima del 1910, dicoppie inglesi intervistate negli annitrenta e di coppie osservate in Francia

e in molte nazioni dell'Europa orienta-le dopo la seconda guerra mondiale, ilmetodo principale di controllo delle na-scite era il coitus interruptus, una tec-nica nota da sempre. Il tasso di natali-tà diminuì perché il rapporto fra i van-taggi e le responsabilità di una vastaprole era mutato e fors'anche perchéera mutato il punto di vista delle cop-pie sulla convenienza della prevenzionedelle nascite.

La fertilità ridotta può essere consi-derata come una conseguenza delle ca-ratteristiche peculiari dei paesi più svi-luppati. In una civiltà urbana e indu-strializzata, la famiglia non è più il pun-to focale dell'attività economica, né i fi-gli sono il sostegno economico sul qualefare affidamento per la tarda età. Inuna società agricola, preindustriale, in-vece, la famiglia è un'unità economica

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4000 2000 a.C.I d.C. 2000 4000 6000 80008000 6000 10 000 12 000

8000 6000

4000 2000 a.c. I d.C. 2000

4000

6000

8000

10 000

12 000

2,5

1,5

0,5

o

Il ritorno a un incremento prossimo a zero non implica neces-ariamente che la popolazione futura sarà scarsa. Se il tasso d'in-

cremento (in colore n dovesse mantenersi al livello attuale fino

Un'improvvisa diminuzione del tasso d'incremento a —0,2 porte-rebbe a una lenta diminuzione, riconducendo, infine, la popola-zione mondiale al livello di 10 000 anni fa : circa 8 milioni.

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10

5

2

al 2300 e poi di colpo scendesse a zero, il tasso d'incremento me-dio nei prossimi 10 000 anni sarebbe basso come nei passati 10 000.La popolazione (in nero), tuttavia, raggiungerebbe i 2000 miliardi.

25

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5

2

Anche in queste circostanze il tasso di cambiamento nella dimen-sione della popolazione nei prossimi 10 000 anni non sarebbe piùlontano da zero di quanto lo sia stato nei 10 000 anni passati.

fondamentale e i figli sono una formadi assicurazione sociale. Inoltre, neipaesi meno sviluppati i costi per il man-tenimento e l'istruzione dei figli sonominimi; anzi, un figlio può contribuireal benessere della famiglia già in gio-vane età. Nella società industriale il la-voro dei minori è vietato, l'istruzione èobbligatoria e si prolunga spesso pertutta l'adolescenza. Queste condizioniconcorrono a scoraggiare le coppie dal-l'aver famiglie numerose, mentre nellesocietà agricole fondate da tempo lenorme sociali che incoraggiano le gravi-danze tendono a perpetuarsi.

Nei paesi meno sviluppati il tasso d'in-cremento della popolazione fu pra-

ticamente zero fino a circa 200 anni fa,quando una diminuzione della mortali-tà introdusse un modesto tasso d'incre-mento, circa il 4 per mille (si veda l'il-lustrazione a pagina 35). Le cause diquesto fenomeno sono incerte. Durandha suggerito che l'interscambio dei prin-cipali generi alimentari fra paesi primaisolati potrebbe aver contribuito all'in-cremento della popolazione sia in Asiasia in Europa. In particolare, l'introdu-zione della patata in Europa e del maise della patata dolce in Cina potrebbeessere citata come un possibile fatto-re causale.

Poiché la popolazione globale neipaesi meno sviluppati è dispersa su va-ste zone dove non sono mai stati fatticensimenti attendibili, una descrizionedel corso storico dell'incremento dellapopolazione in questi paesi è soggettaa molte incertezze. Una leggera dimi-nuzione del tasso medio d'incrementonella seconda metà del diciannovesimosecolo, per esempio, può essere intera-mente attribuita a un presunto tasso diincremento zero in Cina e questa con-gettura si basa su dati incerti. Non v'èdubbio, comunque, che nelle nazionipiù povere un rapido incremento ebbeinizio negli anni venti, trenta e quaran-ta e che, dalla seconda guerra mondia-le, l'incremento della popolazione si èaccelerato in maniera drammatica.

Il recente, enorme incremento nellepopolazioni delle nazioni meno svilup-pate può essere interpretato in terminidi transizione demografica, ma taluniaspetti del processo si sono presentatiqui in forme più rapide ed estreme dicome si presentarono nelle nazioni in-dustriali; inoltre, la transizione non èancora completa ed è impossibile pre-vederne l'evoluzione futura. La morta-lità è caduta in maniera precipitosa, mala fertilità è fino a oggi rimasta inva-riata o ha avuto un declino solo mo-desto. In tutte le popolazioni dei paesimeno sviluppati il numero di parti per

donna è di circa 5,5 e la durata mediadella vita supera i 50 anni, col che siha un tasso d'incremento annuo del2,5 per mille circa. Dalla seconda guer-ra mondiale in poi, la mortalità neipaesi meno sviluppati è scesa assai piùrapidamente che nell'Europa del di-ciannovesimo secolo, in gran parte per-ché le tecnologie moderne, e soprat-tutto quelle mediche, possono essereoggi introdotte più rapidamente diquanto occorresse cento anni fa perscoprirle e svilupparle. Insetticidi, an-tibiotici e misure sanitarie pubbliche,che erano sconosciuti ai tempi dellatransizione demografica europea, sonoora di impiego comune nei paesi menosviluppati.

Secondo le valutazioni delle NazioniUnite, la durata media della vita nellearee meno sviluppate è salita da 32 a50 anni nell'ultimo trentennio, con unincremento del 56 per cento. Nellostesso periodo si valuta che il tasso dinatalità abbia avuto una diminuzione dinon oltre il 7-8 per cento. La diminu-zione effettiva della natalità è ancor mi-nore, del 4 per cento circa, in quantoi cambiamenti demografici hanno ri-dotto la percentuale di donne in etàfeconda. (Benché la fertilità dei paesimeno sviluppati nell'insieme si manten-ga molto elevata, vi sono paesi in cui iltasso di natalità è precipitato in modosignificativo — dal 25 al 50 per cento —e molto rapido. Essi sono: Hong Kong,Singapore, Formosa, Corea del Sud,Malesia occidentale, isole Barbados, Ci-le, Cuba, Giamaica, Trinidad e Tobago,Portorico e l'isola Mauritius. In basealle ultime informazioni avute vi sa-rebbe una diminuzione di futilità an-che in Cina, soprattutto nelle città.)

L'attuale rapido aumento della popo-lazione mondiale è il risultato di un altotasso d'incremento nelle zone menosviluppate e di un moderato tasso d'in-cremento nel resto del mondo. Secondole previsioni delle Nazioni Unite, piùdel 90 per cento dell'aumento di popo-lazione previsto entro il 2000 proverràdalle nazioni meno sviluppate, benchéci si aspetti in questi paesi nei prossimi25 anni una sensibile riduzione dellafutilità. Il futuro corso della popola-zione mondiale dipende in larga misuradall'andamento demografico che si avràin tali paesi.

La transizione demografica non forni-sce gli elementi per calcolare con cer-tezza quando o quanto rapidamente siverificherà la diminuzione della fertili-tà nelle nazioni meno sviluppate. L'e-sperienza del mondo industriale non co-stituisce una base soddisfacente per taleprevisione. La storia della popolazioneoccidentale nel corso degli ultimi 200

anni indica che i tassi demografici nor-malmente diminuiscono in concomitan-za con la modernizzazione, ma nonfornisce una check-list dei progressi del-l'istruzione, della riduzione della morta-lità e dell'urbanizzazione. In società delmondo sviluppato abbiamo avuto esempidi grandi riduzioni di fertilità in popola-zioni rurali, in gran parte analfabete eancora soggette a una mortalità relati-vamente alta, come avvenne nella valledella Garonna, nella Francia sud-occi-dentale, prima del 1850. In altri casinon si ebbe una diminuzione della fer-tilità finché non si arrivò all'istruzionepressoché universale, all'inurbamentodi quasi tutta la popolazione e finchél'agricoltura non divenne l'occupazionedi una piccola minoranza, come in In-ghilterra e nel Galles.

L'attuale tasso d'incremento dellapopolazione mondiale — 20 per 1000 —è quasi certamente senza precedenti edè centinaia di volte maggiore del tassoche ha costituito la norma per la mag-gior parte della storia dell'uomo. Que-sto periodo d'aumento sarà, senza dub-No, un episodio transitorio nella storiadella popolazione. Se l'attuale tasso do-vesse mantenersi, la popolazione si rad-doppierebbe all'incirca ogni 35 anni, simoltiplicherebbe per 1000 ogni 350 eper un milione ogni 700 anni. Le con-seguenze di un prolungato aumento aquesto ritmo sono chiaramente inso-stenibili: in meno di 700 anni vi sareb-be una persona per ogni metro quadratodi superficie terrestre; in meno di 1200anni la popolazione umana peserebbepiù della Terra; in meno di 6000 annila massa umana formerebbe una sferain espansione alla velocità della luce.Considerando per il futuro limiti piùrealistici, se l'attuale popolazione nonsi moltiplicherà per un fattore maggio-re di 500 e non supererà, quindi, i 2000miliardi e se non scenderà al di sottodell'ipotizzata popolazione della societàpreagricola, allora il tasso d'incrementoo di decremento durante i prossimi10 000 anni dovrà scendere in prossimi-tà dello zero, proprio come nei 10 000anni passati (si vedano le illustrazioninella pagina a fronte).

L'aritmetica rende inevitabile un ri-torno a un tasso d'incremento prossi-mo allo zero prima che molte genera-zioni siano passate. Quello che è in-certo non è se il futuro tasso d'in-cremento sarà zero, ma quale sarà ladimensione della popolazione futura equale combinazione di fertilità e morta-lità potrà conservarla. Le possibilitàvanno da più di 8 figli per donna e unavita media di 15 anni a poco più di 2figli per donna e un arco di vita chesupera i 75 anni.

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