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, Cesare De Michelis presidente Siro Ferrone Gilberto Pizzamiglio Anna Scannapieco Roberta Turchi comitato esecutivo Carmelo Alberti Franca Angelini Sisto Dalla Palma Guido Davico Bonino Franco Fido Gastone Geron Marzia Pieri Ezio Raimondi Ugo Ronfani Luigi Squarzina Piermario Vescovo segretario Anna Laura Bellina responsabile scientifico per i libretti d’opera Marsilio Carlo Goldoni Intermezzi e farsette per musica a cura di Anna Vencato introduzione di Gian Giacomo Stiffoni

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Luigi Squarzina

Piermario Vescovosegretario

Anna Laura Bellinaresponsabile scientifico per i libretti d’opera

Marsilio

Carlo GoldoniIntermezzie farsette

per musicaa cura di Anna Vencato

introduzione di Gian Giacomo Stiffoni

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INDICE

9 Introduzionedi Gian Giacomo Stiffoni

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© 2008 by Marsilio Editori® s.p.a. in Venezia

Prima edizione: ... 2008

ISBN 978-88-317-9494

www.marsilioeditori.it

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INTRODUZIONE

Gli intermezzi veneziani e le prime prove di Goldoni

Tra il ()*' e il ()+,, quando Goldoni scrive i primi inter-mezzi, Il buon vecchio e La cantatrice, il genere nel quale sicimenta ha già alle spalle una storia più che ventennale sul-le scene italiane ed europee. Tra la fine del Seicento e l’ini-zio del Settecento lo spettacolo operistico dominante –ossia il dramma per musica – subì alcuni cambiamenti diradicale importanza, primo fra tutti l’eliminazione progres-siva delle scene comiche, più o meno integrate col plot prin-cipale, che fin dalle origini avevano sempre accompagnatoil susseguirsi delle vicende raccontate. Tale cambiamento,solitamente attribuito alla cosiddetta riforma arcadica e delbuon gusto sostenuta da Apostolo Zeno – alla ricerca di unanetta separazione fra comico e tragico – fu la ragione piùimportante della nascita e della fortuna di un nuovo generemusicale autonomo: gli intermezzi, appunto. Rese autosuf-ficienti, le scene buffe trovarono così immediatamente unloro spazio fra gli atti dell’opera seria, servendosi di tramesemplici e totalmente indipendenti dal pezzo forte dellaserata.L’affermarsi del nuovo genere, la cui natura letteraria ed eli-

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000 Commento

000 Bibliografia

I curatori del volume ringraziano Doretta Davanzo Poli, AndreaFabiano, François Pierre Goy, Donatella Pini, Giulia Poggi, Gio-vanni Polin, Jean Pierre Ressot e Silvia Urbani per il prezioso eindispensabile aiuto offerto nell’indicare fonti e documenti utiliallo studio degli intermezzi goldoniani in Italia e in Europa. Unsincero ringraziamento va anche al personale della biblioteca diCasa Goldoni per la facilità con cui ha permesso di portare avan-ti le ricerche.

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borghese posta in caricatura, in corrispondenza col vissutodel pubblico. Si trattava per lo più di scenette impostate suscontri fra due personaggi – di norma un basso e un sopra-no, a cui a volte si aggiungeva una comparsa che non can-tava – che sfociavano in divertenti battibecchi con una riso-luzione finale sovente conciliatoria. Come scrive ReinhardStrohm parlando dei libretti di Pariati, mentre Zeno elimi-nava dal dramma regale i servi buffi, questi rientravano nelteatro come borghesi, dando così un primo segno impor-tante «dell’emancipazione sociale del genere comico nell’o-pera» 4. Il tema principale utilizzato era il contrasto fra leintenzioni matrimoniali di vecchi brontoloni, ipocondriacio avari, e le aspirazioni sociali di giovani servette scaltre edesiderose di innalzarsi, con l’immancabile connubio fina-le. È il caso di titoli come Erighetta e Don Chilone del !"#"o Pimpinone del !"#$ su libretto di Pariati. Non mancavanoperò anche trame basate su conflitti tra giovani aitanti e vec-chie libidinose, come nella trilogia formata da Melissa scher-nita, Melissa vendicata e Melissa contenta, messa in scenacon successo al teatro Tron di San Cassiano nel !"#". A que-sti due temi si affiancavano infine argomenti di contenutofantastico, trame collegate con l’attualità e, non ultima, laparodia del mondo dell’opera, un soggetto che avrà undiscreto successo durante tutto il Settecento. Il meccanismoteatrale più usato era quello già collaudato della burla permezzo del travestimento con rivelazione finale, mentre ilcomico scaturiva spesso da scontri verbali caricaturali,minacce ridicole, comportamenti bizzarri di personaggistranieri e diagnosi cliniche strampalate, con sfoggio spessodi assurde terminologie mediche.La linearità narrativa e la vivacità scenica, cui spesso sonoassociate naturalezza espressiva, gestualità spinta e aderen-za al parlato da parte del cantante-attore, ebbe come imme-

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taria è stata descritta ampiamente 1, non derivò però solodalla necessità di reagire alla tragicità del dramma per musi-ca, di stampo prima zeniano e in seguito metastasiano, maanche dal felice incontro fra le esigenze di sopravvivenzaprofessionale degli interpreti del repertorio comico e l’i-stanza di dare vita a un nuovo spettacolo capace di inglo-bare, per ciò che riguarda drammaturgia e vocalità, aspettigià sperimentati con efficacia in precedenza. Per tale moti-vo la nascita delle nuove scene ridicole si dovette soprattut-to al sodalizio fra cantati specializzati in parti buffe, qualiGiovanni Battista Cavana e Santa Marchesini 2, e librettistirinomati fra cui Pietro Pariati. La collaborazione di questipoeti con musicisti di area veneta – soprattutto FrancescoGasparini, Antonio Lotti e Tommaso Albinoni – segnò difatto la vera e propria nascita degli intermezzi come genere,in un contesto – i teatri veneziani – che li accolse in grannumero nel periodo dal !"#. al !"#/. Dopo una breve maintensa stagione, questi spettacoli viaggiarono per decenniraggiungendo svariati teatri italiani e stranieri, spessoaffiancati da altri titoli nati su piazze diverse, come Napoli,con caratteristiche non dissimili da quelle originali d’iniziosecolo 3.Il più antico riconoscimento ufficiale dell’intermezzo risaleall’autunno del !"#., quando per la prima volta alcune sce-ne buffe furono stampate in un libretto diverso da quellodell’opera seria con la quale dovevano essere messe in sce-na. Questi Nuovi intermedi per musica, rappresentati nelteatro veneziano di Sant’Angelo, mostrano già tutte le pecu-liarità tipiche del nuovo genere: semplicità strutturale elimitatezza di organico. Le due o tre parti che componeva-no ogni titolo – a seconda del numero di atti dell’opera a cuigli intermezzi venivano affiancati – presentavano infatti tra-me molto lineari, nelle quali spesso affiorava la quotidianità

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compagnia di giovani dilettanti, bisognosi di alcuni inter-mezzi da inserire nelle recite senza musica di alcune operemetastasiane 7, rappresentate nel palazzo Pretorio della cittàveneta. Non resta alcuna traccia del primo, Il buon vecchio,il cui scarno argomento consisteva – come racconta Goldo-ni nelle Prefazioni all’edizione Pasquali – «in tre personag-gi: un Pantalone, padre semplice, una figlia accorta ed unamante intraprendente. Io [afferma ancora Goldoni] facevaquest’ultimo personaggio, mascherato con diversi abiti ecoll’uso di più linguaggi, tutti però italiani» 8. Più fortunaebbe invece La cantatrice, della quale è possibile farsi un’i-dea grazie alla pubblicazione già nella prima raccolta dilibretti goldoniani del !"#$ per i tipi di Giovanni Tevernin,col titolo Pelarina. Nelle Prefazioni – come anche neiMémoires – Goldoni spiega il motivo della sua sopravviven-za:

Perduto ho poscia intieramente il primo intermezzo [Il buon vec-chio] per la poca cura ch’io avea delle cose mie; ed avrei perdutoanche il secondo ma è stato esso da qualchedun conservato e l’hoveduto qualch’anno dopo rappresentare a Venezia col titolo dellaPelarina, che significa in veneziano una donna che pela, cioè chepilucca gli amanti; e come l’intermezzo riuscì in Venezia felice-mente e altri se ne avea fatto merito e ne avea ricavato non pocoutile, dissi anch’io col poeta [Virgilio plagiato da Batillo secondolo pseudo Donato: «Hos ego versiculos feci, tulit alter honores]. /Sic vos non vobis [nidificatis aves]», etcaetera 9.

L’«altri» a cui accenna il nostro è l’avvocato Antonio Gori,il quale si attribuì, stando a quello che racconta sempreGoldoni, la paternità del libretto in occasione della suamessa in scena, avvenuta probabilmente nella primavera del!"$% con la musica perduta di Giacomo Maccari 10, nel tea-tro Grimani di San Samuele da parte della compagnia diret-

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diata conseguenza una semplificazione delle forme musica-li utilizzate. Ogni parte dello spettacolo prevedeva un’aria opiù spesso due per ciascun personaggio e un duetto finale,mentre un recitativo semplice, impostato su una lingualegata al quotidiano e non priva di salaci giochi verbali, uni-va i numeri musicali, talora basati sulla struttura col da capo(tripartita /0/’ o pentapartita //’0//’) ereditata dall’operaseria. Le poche partiture rimaste mostrano l’uso di un orga-nico strumentale limitato ai soli archi, una condotta delleparti semplice, frasi musicali per lo più simmetriche e armo-nie non particolarmente complesse 5. Meno lineare invece ilmetro usato nei libretti: alcune arie presentano infatti unaversificazione molto varia grazie all’uso di polimetrie chespesso servono a dare un maggiore dinamismo scenico-ver-bale anche nei momenti a solo. La facilità d’allestimento,oltre alla semplicità strutturale, favorì la diffusione degliintermezzi durante più di un quarto di secolo, come giàdimostra la pubblicazione nel !"1$ della Raccolta copiosad’intermedi, parte da rappresentarsi col canto, alcuni senzamusica con altri in fine lingua milanese (stampata a Milano,sebbene sia indicata Amsterdam) nella quale sono elencatiben cinquantaquattro titoli già riconosciuti nello statuto digenere drammatico autonomo. Gli intermezzi diventanoquindi lo spettacolo che attesta maggiormente l’esistenza diuna ormai consolidata koiné pan-italiana del comico musi-cale, in contemporanea con la commedeia pe mmusecanapoletana, sorta anch’essa agli inizi del Settecento ma for-temente frenata nella sua diffusione extra moenia dall’usodel dialetto partenopeo.Goldoni non poteva scegliere un momento migliore percimentarsi per la prima volta con questo tipo fortunato dispettacolo 6. L’esordio avvenne con due titoli che il libretti-sta scrisse durante il soggiorno a Feltre nel !"12 per una

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quello della Pupilla che Groppo, erroneamente, attribuiscea Gori o a Imer 18 – che per ora è meglio lasciare in sospesoin mancanza di testimoni del tutto attendibili, affidandociprovvisoriamente alle parole di Goldoni e alle intenzionieditoriali di Tevernin, Olzati, Savioli e Zatta che assegnanoPelarina al commediografo veneziano.Il libretto mostra molte delle caratteristiche tipiche delgenere, a partire dall’onomastica trasparente e dall’argo-mento, impostato sul mondo delle virtuose di teatro: lasemplice trama si basa infatti sui tentativi della cantantePelarina e della madre Volpiciona di spellare l’avaro e unpo’ rozzo Tascadoro. Da un punto di vista formale la piècepresenta una più che tradizionale distribuzione dei numerichiusi: due o tre brani per ciascuno dei personaggi, più ibrevi terzetti che chiudono le sezioni del libretto. Le arie,come si può intuire anche dalla sola lettura del testo – vistoche purtroppo non si conserva la partitura – presentano l’a-bituale struttura bistrofica, in alcuni casi con intenzione evi-dentemente parodistica, come dimostra, nella prima parte,il finto brano serio di Volpiciona Sento che tutto in lagrime.Ciononostante non mancano anche arie meno schematicheda un punto di vista formale, con una successione lineare diversi anisometrici che indica l’evidente necessità di dareuna maggiore vivacità al pezzo chiuso. È il caso di Vedutoho talvolta nella terza parte, dove Pelarina costruisce unavera e propria scena in musica, servendosi anche del vene-ziano, grazie a una serie polimetrica di ventidue versi, sena-ri, settenari e quinari, divisi in quattro stanze.Proprio sull’uso esclusivo del veneziano si basano gli inter-mezzi I sdegni amorosi tra Bettina putta de campielo e Bule-ghin barcariol venezian, scritti da Goldoni per il teatroDucale di Milano nel !"#$, in concomitanza con la sua pre-senza nella capitale lombarda quale impiegato presso il resi-

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ta da Giuseppe Imer 11, la stessa per la quale il librettistaveneziano lavora a partire dal !"#/:

Il signor Gori accennato, mio collega nella professione dell’avvo-cato ed in quella di poeta comico, autore di Mestre e Malghera 12,e che avea lavorato l’intermezzo della Pellarina [sic] sul piano del-la mia Cantatrice, non fu contento della mia associazione; e quan-tunque l’Imer gli protestasse che le opere sue sarebbero state benricevute e ricompensate, si sdegnò, privò i comici dei suoi lavori eme della sua amicizia 13.

Nell’avviso premesso alla Momoletta del !"#., lo stesso Goridichiara, senza fare il nome di Goldoni:

Curioso lettore, chi fece vedere su le scene Il marito all’ultimamoda, Il maestro di musica, Il conte Coppano, Pelarina, Tulipano eGli ovi in puntiglio ti fa ora vedere Momoletta, confessando sin-ceramente che [...] La pupilla e La birba sono d’altro auttore, lelodi del quale non intende usurparsi. Ti sia grata quanto fu neces-saria a chi scrive una tale sincerità; dona, come agl’altri donasti,anco a questo intermezzo il tuo compatimento e vivi felice 14.

La paternità goldoniana sarebbe ancora più incerta sedovessimo credere alle parole di Antonio Groppo che nelsuo noto catalogo ascrive il libretto a Giovanni BattistaFagiuoli (!001-!"/$) 15. Non esiste però altro riscontro chepossa confermare questa attribuzione all’accademico edrammaturgo fiorentino, autore, per ciò che riguarda il tea-tro musicale, solo dell’operetta bernesca La zingana ovveroLo sposalizio di Goro con la Lena e Tonio Cozzone 16 e di Unvero amore non cura interessi 17. La difficoltà di riconoscereuno stile goldoniano fortemente caratterizzato non ci dàmodo di sciogliere in maniera definitiva il nodo legatoall’attribuzione di questi intermezzi, un problema – come

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sta articolazione allontana parzialmente il lavoro di Goldo-ni anche dal modello veneziano d’inizio secolo, come si puòvedere già dall’argomento, ricondotto a un semplice dialo-go tra due personaggi. La brevità della pièce – giocata tuttasui dispetti e sulle riconciliazioni tra Bettina (una delle pri-me «putte» goldoniane) e il gondoliere Buleghin, dedito alvizio del gioco – dà però modo a Goldoni di creare unavivacità verbale più fluida nei recitativi. La cosa è evidenteanche nelle arie, dove si nota una versificazione a volte irre-golare, come per esempio nel brano di Bettina La zelosasempre cerca all’inizio della seconda parte, costruita su noveottonari la cui successione è interrotta, dopo il sesto, da unimprevisto quadrisillabo. Una repentina pausa ritmica –dovuta forse a ragioni di tipo musicale, non dimostrabiliperché la partitura è perduta – che ravviva l’aria rendendo-la più brillante e che Goldoni userà più volte anche negliintermezzi successivi scritti a Venezia fra il !"#$ e il !"#%.

Gli intermezzi per la compagnia Imer al teatro San Samuele(!"#$-!"#%)

Le trame dei primi intermezzi goldoniani non si discostanomolto – come ha fatto notare Franca Angelini – dal model-lo originario di primo Settecento: una descrizione dei parti-colari realistici e caricaturali della vita quotidiana dove l’au-tore spesso gioca sulla situazione stereotipata dell’amorecorrisposto o non corrisposto e variamente disturbato 23. Unmodello efficace soprattutto in prospettiva scenica, giacchéutilizza a livello minimo gli elementi principali che formanoogni finzione teatrale: attore, ruolo e situazione. Per talemotivo Goldoni considerò l’ avvicinamento al genere comeun momento essenziale nella sua fase di apprendistato, un

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dente di Venezia. Durante il suo breve soggiorno milanese,oltre alla sventurata e nota vicenda legata al libretto dell’A-malasunta – dato alle fiamme per la severa critica subita daparte del direttore della compagnia d’opera presente alDucale 19 – Goldoni ebbe occasione di conoscere BonafedeVitali, detto anche l’Anonimo. Un ciarlatano – come lo defi-nisce il nostro – di origine parmense che aveva la passionedella commedia e manteneva una compagnia di attori.Afferma Goldoni:

Eranvi nella compagnia dell’Anonimo due o tre persone, che can-tuzzavano passabilmente, ed eravi un suonator di violino venezia-no che montava in banco cogli altri e sapeva compor di musica.Mi pregarono di comporre un intermezzo a due voci. Lo feci; ilsuonator di violino vi fece la musica. Lo cantarono nel teatro e fuapplaudito. Il barcarolo veneziano era il titolo dell’intermezzo. Lotroverete stampato nel quarto tomo dell’operette mie musicali[Tevernin, &/, pp. 01#-0$0] e questo è il primo componimentoch’io ho lavorato pe’ comici ed il primo che ho esposto al pubbli-co, pria sulle scene e poi colle stampe. Picciola cosa, è vero, macome da un picciolo ruscelletto scaturisce talvolta... Scusatemi,leggitori carissimi, ho la testa calda 20.

Come accadrà di lì a poco a Venezia con la compagnia Imer,gli intermezzi furono rappresentati durante la Pasqua «avecdes comédies à canevas» 21 e non all’interno di un’operaseria, secondo una pratica comune durante tutta la primametà del Settecento. Sembra inesatto quanto sostiene Orto-lani che, appoggiandosi a un possibile errore di memoria diGoldoni, ascrive la composizione degli Sdegni amorosi al!"#! per un’improbabile recita veneziana, di cui non si hanessun riscontro documentato 22.La struttura scenico-drammatica degli intermezzi milanesi –in due sole parti e con altrettanti ruoli – è assai lineare. Que-

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no stati abbandonati dagl’impresari delle opere in musica,per sostituirvi i gran balli» 25. A interpretare le brevi piècesfurono chiamati alcuni attori della stessa compagnia, tra cuispicca il nome di Giovanna (Zanetta) Farussi Casanova det-ta la Buranella che, in coppia con lo stesso Imer, nel !"#$ fuprotagonista di due entractes goldoniani a tre voci: La pupil-la e La birba, con la partecipazione di Agnese Amurat, unacantante di serenate come dice Goldoni 26. Sono note le aci-de parole dell’avvocato veneziano circa la scarsa abilità nelcanto della madre di Giacomo Casanova, in parte compen-sata dall’avvenenza fisica:

Giovane, vedova e bella [...] ella ne sapeva di musica quanto il suomaestro [Imer]; anzi, meno pronta di lui, stuonava ed andava fuo-ri di tempo con maggiore facilità; ma piace facilmente una bellagiovane e tutto le si passa, in grazia di que’ vezzi e di quella fre-schezza che incantano gli spettatori [...]. La Zanetta piaceva; e sic-come aveva io composta La pupilla per lei ed aveva colto assaibene nella sua abilità principale, ch’era di una scaltra maliziacoperta da una studiata modestia, riuscì ella in questo mirabil-mente 27.

Nell’Ippocondriaco e nel Filosofo, Imer dovette accontentar-si di Elisabetta (Lisetta) D’Afflisio detta la Passalacqua, insostituzione di Zanetta che aveva lasciato la troupe «malgrésa liaison avec le directeur» 28. Figlia del comico napoletanoAlessandro D’Afflisio e soubrette della compagnia, Lisetta«faceva tutto passabilmente e niente perfettamente. Canta-va, ballava, recitava in serio e in giocoso, tirava di spada,giocava la bandiera [ossia sapeva sventolarla, passarla intor-no al corpo, lanciarla in aria e riprenderla], parlava vari lin-guaggi e suppliva passabilmente negl’intermezzi» 29. Il ruolodialettale di Petronio in Monsieur Petiton, a quattro voci,sembra scritto su misura per il bolognese Giuseppe Monti,

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terreno di sperimentazione importante, sia per quantoriguarda la messa a punto del congegno comico, sia per ciòche concerne, non ultimo, le possibilità della parola cantatae del testo verbale dentro il meccanismo scenico del generebuffo. Il lavoro sugli intermezzi scritti fra il !"#$ e il !"#/, perla compagnia di comici diretta da Giuseppe Imer, rappre-sentò in tal senso un importante passo in avanti.Goldoni incontrò Imer a Verona nell’estate del !"#0 e fuimmediatamente assoldato per confezionare intermezzi daintrodurre fra gli atti delle commedie e delle tragedie che lacompagnia avrebbe dovuto rappresentare durante leseguenti stagioni di carnevale e d’autunno nel teatro vene-ziano di proprietà dei Grimani presso San Samuele:

La passione dunque che aveva l’Imer per gl’intermezzi, ne’ qualiunicamente brillava, lo fece perorare in favore di cotal genere dicomponimenti; e le prove che di me aveva vedute ne’ due inter-mezzi accennati [La cantatrice e I sdegni amorosi] l’indussero apregarmi a volerne per lui comporne degli altri, esibendomi conbuona grazia ed assicurandomi che mi avrebbe fatto ringraziare ericompensare dal cavalier suo padrone, l’eccellentissimo signorMichele Grimani. La mia situazione d’allora e la naturale miainclinazione al teatro mi fecero internamente aggradir la proposi-zione. Egli è vero ch’io avrei più volentieri composte delle com-medie di carattere ma pensai che, quantunque gl’intermezzi nonsieno che commedie abbozzate, sono però suscettibili di tutti icaratteri più comici e più originali, e che ciò potea servirmi di pro-va e di esercizio, per trattarli un giorno più distesamente e più afondo nelle grandi commedie 24.

Sempre nelle Prefazioni, il commediografo spiega come l’in-tenzione di Imer fosse fondamentalmente quella di far rivi-vere un genere caduto un po’ in disuso sulle scene lagunaridurante il decennio precedente, giacché «gl’intermezzi era-

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zi di questi anni, dove l’attenzione alla pratica performativa,associata all’efficacia del testo teatrale, è tenuta in seria con-siderazione anche per ciò che riguarda l’aspetto musicale. Siprenda il caso della Pupilla, intonata dal romano GiacomoMaccari. Lo stile «facile e chiaro» 33 del compositore – comeafferma Goldoni – pareva adattarsi perfettamente ai bisognidi una compagnia più di attori che di cantanti, dove l’a-spetto della recitazione aveva sicuramente la meglio suquello della performance vocale. Com’è specificato nellastessa prima edizione Valvasense del !"#$ (stampata proba-bilmente in occasione di una replica autunnale della trage-dia goldoniana Belisario con cui andava in scena l’intermez-zo a partire dalla sesta recita 34), la pièce fu oggetto di taglisostanziosi. L’indicazione posta all’inizio dell’appendice,dov’è riportata la versione ridotta, è chiara in tal senso:«Vedendosi in pratica [forse dopo una prima lettura da par-te della compagnia] che la seconda parte della Pupilla nonriesce secondo l’intenzione, si è cangiata nella seguentemaniera».La versione scorciata della Pupilla in due parti – i %%& versioriginali furono ridotti a soli !"% – non presenta sostanzialicambiamenti per ciò che riguarda l’argomento, basato suitentativi della giovane Rosalba di emanciparsi dalla tuteladel vecchio Triticone, grazie ai soliti travestimenti e all’aiu-to dell’innamorato Giacinto. Ciò che muta è invece la distri-buzione dei numeri musicali che nella nuova versione risul-tano più equamente ripartiti. A ogni personaggio vieneinfatti affidata un’aria, contrariamente alla prima stesuradove – oltre ai classici terzetti finali – si trovavano un duet-to fra Triticone e Rosalba e un brano in più per Giacinto.L’evidente normalizzazione formale della pièce – attribuibi-le con molta probabilità alle pretese dei singoli attori di ave-re lo stesso numero di pezzi chiusi – rivela la volontà da par-

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eccellente nei panni del dottore 30, mentre il terzetto costi-tuito da Imer, Lisetta e Agnese sostenne le altre parti e suc-cessivamente le recite della Bottega da cafè [sic] e dell’A-mante cabala 31.Il ricorso a cantanti non professionisti, bensì ad attori abi-tuati a esibirsi quasi esclusivamente nella commedia all’im-provviso – privi inoltre di spiccate doti canore – spiega l’in-teresse rivolto da Goldoni soprattutto al lato performativonel momento della scrittura. Tutti gli entractes presentanoinfatti – in modo più o meno evidente – un arco drammati-co unitario, il cui asse principale è impostato soprattuttosulla contrapposizione fra i personaggi per mezzo del giocolinguistico. In questa fase iniziale l’autore tende a far preva-lere il testo scritto sulla musica, in ogni caso perduta 32, ser-vendosi – soprattutto nei recitativi – delle particolarità del-la lingua e della versificazione, anche grazie all’accostamen-to dell’italiano col veneziano e con parlate straniere sapien-temente parodiate. Per ciò che riguarda invece le arie, il fre-quente ricorso alla polimetria – come era avvenuto nei pri-mi intermezzi – indica la necessità non meno importante dicreare cambiamenti di ritmo dentro il pezzo chiuso, confermate e ripartite che, spesso associate a un gesto scenicoin funzione deittica o interrogativa, ne intensificano l’effica-cia e il dinamismo. Temi e situazioni si ripetono simili da untitolo all’altro – probabilmente a causa del limitato reperto-rio degli attori cantanti – senza però per questo precludereal drammaturgo veneziano la possibilità di suscitare l’inte-resse, grazie a un abile e coerente gioco scenico, appoggia-to non solo sulla battuta comica ma anche sulla definizionedei singoli personaggi, nella maggior parte dei casi disegna-ti in maniera assai efficace.Tali aspetti, ravvisabili in modo sempre maggiore col pro-cedere della scrittura, sono già evidenti nei primi intermez-

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di anni dopo da un celebre dipinto di Gabriel Bella 37,mostrano aspetti invero ben poco realistici, giacché la situa-zione economica su cui si basa il loro tratto distintivo è con-tinuamente spostata da Goldoni su connotati di tipo teatra-le. Tale caratteristica è stata evidenziata ancora una volta daFranca Angelini, la quale ha notato come l’azione della Bir-ba sia «la mimesi di una condizione estranea e forse tempo-ranea», quella in pratica della maschera che impedisce, daun lato, il riconoscimento ma che dall’altro permette l’attodella «rappresentazione». Non è quindi un caso che ildrammaturgo veneziano imposti il comico soprattutto sulfatto che i personaggi «possono successivamente trasfor-marsi nei vari tipi di birbe senza riconoscersi tra loro» 38. Ilplurilinguismo utilizzato si dimostra essenziale in tale pro-spettiva scenica. La disputa in veneziano e in toscano tra ledue donne, qualche parola di slavo, il bolognese macchero-nico usato da Cecchina – nonché il suo veneziano forzatoquando si finge «orbetta» – e non ultimo il napoletano diOrazio, nei panni di un finto storpio canterino, supplisconoinfatti alla sostanziale mancanza di un vero e proprio intrec-cio 39.Questa insistenza sull’aspetto performativo del personaggiosi ripercuote anche sulla forma musicale. Svariati numerichiusi – opera del veneziano Salvatore Apolloni, «barbieree suonator di violino» o forse di Maccari 40 – presentano unastruttura metrica monostrofica, soprattutto nei momenti incui gli attori si fingono altro sulla scena. Tale disposizionedel verso fa supporre, in mancanza di un riscontro con lamusica perduta, arie semplici e poco strutturate, lontane daquelle abituali, complesse e col da capo, ma più vicine all’i-dea della canzone da strada. Ne sono un esempio il branodi Orazio in napoletano Bella figliama, se bolete oppure Chiha drappi vecchi cantata da Lindora nella terza parte. Il diva-

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te di Goldoni e dei membri della compagnia di realizzareuna drammaturgia basata più sul dialogo e sul numero chesull’elaborazione in musica delle situazioni sceniche. Di quil’eliminazione del duetto e l’importante riduzione del reci-tativo che come conseguenza positiva porta indubbiamentea una maggiore linearità narrativa, a scapito però della par-ziale innovazione formale a livello drammatico-musicale,pensata nella versione originale. È perciò lamentevole nonpoter fare un riscontro di tali aspetti sulla partitura, irrime-diabilmente perduta.Il passo avanti fatto con La pupilla e il tentativo (per ora fru-strato) di pervenire a una drammaturgia costruita sullamusica e sul pezzo d’assieme, si ravvisa parzialmente anchenella Birba, scritta durante l’autunno ma messa in scenasolo nel carnevale del ,-+., fra gli atti di Rosmonda e delBelisario 35. Nella Birba non sono tanto gli avvenimenti por-tati in scena a fare da filo conduttore, quanto il luogo in cuiessi si svolgono. Il personaggio principale è infatti la città diVenezia, il cui palcoscenico naturale – ma di per sé ancheimmaginifico – diventa il perno sul quale Orazio, Cecchinae Lindora inscenano, letteralmente, il mestiere della «bir-ba», ossia del raggiro a fini di lucro. Goldoni nelle Prefa-zioni spiega l’ispirazione di tipo realistico, alla base dellacomposizione della pièce:

Trattenendomi di quando in quando nella piazza San Marco, inquella parte che dicesi la Piazzetta, e veggendo ed attentamenteosservando quella prodigiosa quantità di vagabondi che cantando,suonando o elemosinando, vivono del soave mestier della birba,mi venne in mente di trar da coloro il soggetto di un intermezzogiocoso; e mi riuscì a maraviglia 36.

I caratteri portati sulla scena, immortalati una cinquantina

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Rimane quindi forte, nonostante tutto, la sensazione di unpasso indietro da parte di Goldoni verso l’intermezzo a duedel primo Settecento, anche per quanto riguarda i numerimusicali, affidati equamente ai personaggi e impostati conmolta probabilità sulla forma col da capo o su quella bipar-tita, nel caso delle arie comiche a una sola strofa.Il discorso sul meccanismo teatrale semplice, basato piùsulla situazione che sull’intreccio, si potrebbe applicareanche a Monsieur Petiton, messo in scena durante il carne-vale del !"#$. In questi intermezzi Goldoni dimostra, comegià nella Birba, una grande capacità di disegnare caratteridiversi – sia attraverso la lingua, sia giocando con le rela-zioni fra i ruoli – servendosi di un intreccio lineare, impo-stato essenzialmente sui diversi scontri verbali che coinvol-gono i personaggi. La trama è basata unicamente sulledispute puntuali tra le due coppie Petiton-Lindora e Petro-nio-Graziosa. La figura centrale di Petiton, un vanitoso cici-sbeo alla francese, carattere non nuovo sia alla commedialetteraria che alla commedia dell’arte – un ritratto abbozza-to del cavalier Le Blau della Vedova scaltra – si contrappo-ne, da una parte, a quella della moglie Lindora, dall’altra aquella di Petronio, un marito alla moda dotato di buonsen-so ed esperienza, capace di gestire, a volte con qualche con-cessione, una consorte capricciosa che – come dice Ortola-ni – è «figurina vivace [...] che ama la toletta, il gioco, il cor-teggio, tutti i vizi del tempo; ma alla fine maltratta il ridico-lo cicisbeo» 41. Ciò che colpisce di più in Monsieur Petiton èpiuttosto il numero degli attori in scena, ben quattro comes’è visto, una novità rilevante per un genere comunementeimpostato su non più di tre personaggi. Le possibilità com-binatorie che tale distribuzione dei ruoli offre sono peròsfruttate appieno dal librettista solo nei finali che chiudonole due parti della pièce. L’abile incrociarsi delle voci, ravvi-

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rio tra personaggio e carattere interpretato sul palcoscenicosi fa dunque palese anche musicalmente, attingendo a unaforma bassa, quella che probabilmente meglio si confaceva,nello specifico delle situazioni su cui si articola l’intermez-zo, a una messa in scena di sapore plebeo.I due intermezzi scritti dopo La birba, L’ippocondriaco e Ilfilosofo – destinati alla stagione autunnale del !"#/ – appaio-no meno innovativi da un punto di vista scenico. Goldoniritorna alla struttura in due parti, una scelta che non gli dàmodo né di sviluppare troppo l’argomento né di dare con-tinuità alle diverse situazioni. Si fa invece più attento il lavo-ro sulle dinamiche comportamentali dei personaggi, soprat-tutto dei due protagonisti maschili che danno il titolo allepièces, col relativo approfondimento delle loro psicologie.Aspetto questo che si ritroverà, in forma molto più elabo-rata, nelle prime commedie di carattere degli anni Quaran-ta, ma che si affaccia già in questi lavori grazie alla deriva-zione letteraria dei soggetti, come nel caso dell’Ippocondria-co, memore del Malade imaginaire di Molière. La definizio-ne dei personaggi va tuttavia spesso a scapito del rapportod’azione col partner femminile presente sulla scena, ridu-cendo in tal modo il tutto allo schema, già indicato in pre-cedenza, della disputa fra matrimonio voluto e non voluto:nel caso specifico un connubio da un lato molestato dallamalattia immaginaria, dall’altro neutralizzato dalla filosofiamisogina. La donna, nonostante benefici del maggiornumero di arie, funge infatti in ambedue i titoli solo da ele-mento destinato a originare il conflitto verbale che, privo diparti dialettali, sottende tutto il meccanismo scenico dellaparodia, rivolta alla falsa medicina nell’Ippocondriaco, allascolastica e alla cattiva letteratura nel Filosofo. Per il primoè evidente l’influenza di Erighetta e don Chilone del !"0",per il secondo quella di Pollastrella e Parpagnacco del !"01.

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la Un amante costante e fedele nella seconda parte: due stro-fe rispettivamente di cinque e tre ottonari, molto adatti allaforma col da capo. La brillantezza che contraddistingue learie si ravvisa anche nei finali, soprattutto nel secondo, lacui relativa brevità non toglie nulla all’efficacia scenica.Anzi, i rapidi botta e risposta fra i tre personaggi sembranoanticipare quelli che Goldoni userà in molti pezzi d’assiemedei suoi futuri drammi giocosi. La novità maggiore a livellodrammaturgico è tuttavia ravvisabile soprattutto all’iniziodella terza parte, nel duetto fra Dorilla e Narciso Cara manche me consola. Ciò che sorprende non è tanto l’aggiunta diun nuovo assieme oltre al tradizionale finale d’atto – Gol-doni ne fece uso già nella seconda parte di Monsieur Petiton– quanto la sua posizione all’interno della pièce. Comincia-re la scena in musica, vale a dire non col recitativo sempli-ce, indica infatti l’implicita volontà da parte del librettista edel compositore – in questo caso forse Maccari 43 – di nondare inizio all’azione con l’uso della verbalità a livelloperformativo e descrittivo (molte volte i recitativi invece dirappresentare raccontano una determinata situazione) macon la messa in scena di un vero e proprio momento teatra-le, colto nell’attimo in cui si realizza, a cui la musica riescea dare il giusto tono emotivo. La quartina di ottonari sullaquale si appoggiano le effusioni amorose di Narciso e Doril-la – con un eccesso di senso lirico probabilmente di naturaparodistica – è ripetuta dopo un breve declamato, quasi avoler mettere l’accento sulla presentazione non solo di unaspetto scenico ma anche di una vera e propria affettività.Goldoni dimostra l’efficacia di tale procedimento a livellodrammaturgico anche col libretto successivo, L’amantecabala, composto e rappresentato nello stesso periodo dellaBottega da cafè. L’intermezzo comincia infatti con un breveduetto fra i due personaggi principali, Lilla e Filiberto, pre-

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sabile in particolar modo nel crescendo verbale che coronala prima sezione, è l’elemento di maggiore novità, tanto dapoter essere considerato come il seme da cui nasceranno –a partire dagli anni Quaranta – i sempre più articolati fina-li dei futuri drammi giocosi.Di stato embrionale del dramma giocoso si può parlare conancor più ragione per gli ultimi due intermezzi destinati alSan Samuele nell’autunno del ,+-.: La bottega da cafè e L’a-mante cabala. Ambedue i libretti, senza discostarsi dall’abi-tuale divisione in tre parti con altrettanti personaggi, pre-sentano, rispetto ai testi precedenti, un arco drammaticosensibilmente più strutturato e coerente. Questa caratteri-stica, palese soprattutto nell’Amante cabala, è già ravvisabi-le pienamente nella Bottega da cafè 42, come si può dedurreanche dal semplice racconto, una volta tanto, della trama,assai diversa da quella dell’omonima commedia scritta unaquindicina di anni dopo. Narciso, uomo giovane e indaffa-rato nella gestione difficile del proprio esercizio, incontraDorilla, un’avventuriera romana mascherata di cui s’inna-mora a prima vista. Il sentimento è ricambiato dalla donnae i due decidono di sposarsi ma allo stesso tempo di defrau-dare, con successo, un povero avventore, il ricco e licenzio-so Zanetto, Dorilla riuscendo a farsi dare denaro e regali,puntualmente non restituiti grazie alle sue arti femminili,Narciso interrompendo continuamente la conversazione frai due. Goldoni imbastisce questa sorta di piccola operalavorando soprattutto sui lunghi dialoghi in recitativo tra ipersonaggi, facendo però anche in modo che i pezzi chiusis’inseriscano con naturalezza nel procedere della storia. Lapresenza di arie il più delle volte in polimetria, con rime almezzo o con versi molto corti come il quadrisillabo, agevo-la la vivacità scenica dei numeri musicali, pur non mancan-do il ricorso a brani più tradizionali, come quello di Doril-

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Di statura è alquanto bassoma di corpo alquanto grasso,tondo ha il viso e delicato,di varole riccamato;a immitar un personaggioe a cangiar vesti e linguaggiouom più pronto non si dà.

(L’amante cabala, !"!#-!"!$)

Il percorso narrativo dell’Amante cabala ricorda molto (conle debite differenze per ciò che concerne la parte ultrater-rena) alcuni aspetti del Don Juan di Molière che Goldoniaveva in mente perché il suo Don Giovanni Tenorio è pro-prio del !%#&. Non a caso lo cita chiaramente nel finale pri-mo, quando il libertino, intento a circuire contemporanea-mente Lilla e Catina, finge amore per ambedue ma fa cre-dere a ognuna di esse che l’altra sia pazza. Il modello, cheporta all’agnizione del malvagio, obbliga inoltre il librettistaa porre alla fine della pièce una morale a mo’ di congedo chenon solo anticipa in modo sorprendente quella del DonGiovanni di Mozart e Da Ponte ma che prelude anche allaforma canonica con cui il drammaturgo veneziano chiuderàla maggior parte dei suoi futuri drammi giocosi, fissando intal modo una pratica dell’opera comica che arriverà sino afine Settecento e oltre:

Imparino tuttida sì bell’esempioche l’arte d’un empiotrionfare non può.

(L’amante cabala, !''"-!''#)

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senti sulla scena ad azione già iniziata. Avviare l’opera inmedias res ha tutti i connotati di una strategia vincente,soprattutto se si decide di non affidare l’incipit a un sempli-ce dialogo in recitativo, bensì a una forma musicale che –per i motivi già ascritti al duetto della Bottega da cafè – esal-ta il testo caricandolo di una rilevanza scenica di forte pre-sa drammaturgica. Un procedimento che Goldoni appli-cherà anche a opere più lunghe e complesse, soprattutto apartire dalla Scuola moderna del !%12. I futuri drammi gio-cosi del librettista presenteranno infatti partenze sempre dipiù affidate a brani d’assieme, con l’inclusione frequenteanche di parti corali.Il duetto iniziale dell’Amante cabala è però l’indizio di qual-cosa di forse ancora più rilevante. Con quest’ultimo titoloGoldoni crea difatti una sorta di dramma giocoso in minia-tura che segna il primo passo importante verso la dissolu-zione degli intermezzi come organismo drammatico ripeti-tivo e privo di un intreccio sempre coerente, per approdarea una vera propria commedia in musica basata sull’idea del-la pièce teatrale di carattere. La cosa si ravvisa già dalla tra-ma, basata sulle vicissitudini del cabalon ossia del bugiardoFiliberto che nello stesso tempo finge di amare Lilla e Cati-na, ingannandole con vari stratagemmi. Smascherato graziea una «scrittura», il seduttore sarà costretto finalmente afare marcia indietro lasciando alle donne il gusto della ven-detta. I meccanismi della commedia d’intreccio sono palesi:da una situazione di disordine si passa al ristabilimento del-l’ordine che coincide inoltre con la punizione del vizioso 44.Purtroppo l’avvenenza del libertino è assai improbabile,trattandosi dell’attore Giuseppe Imer che viene descrittoimpietosamente nell’aria di Lilla, comprese le cicatricilasciate dal vaiolo:

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so la creazione di un vero e proprio «dramma giocoso permusica» a livello nazionale ed europeo. Frattanto, per gliintermezzi non più legati ai meccanismi del teatro di paro-la, bensì a quelli dello spettacolo operistico tout court, cam-bia il modello produttivo che, a differenza di quello in augenel primo Settecento, non prevede più la stabilità della cop-pia ma la sua aggregazione provvisoria in base alle coinci-denze del repertorio. Per esempio Domenico Cricchi, unodei maggiori artefici della fortuna che arride alla celebreServa padrona di Pergolesi, cambia donna spesso e volentie-ri 46.Per l’ascensione del !"#! proprio Domenico Cricchi cantacon Ginevra Magagnoli l’intermezzo Il finto pazzo al teatrodi San Samuele – in alternanza con La serva padrona – fragli atti di Statira, un dramma serio di Goldoni con la musi-ca perduta di Pietro Chiarini. Si tratta di una rielaborazio-ne della famosa Contadina astuta (ovvero Livietta e Tracol-lo) su libretto di Tommaso Mariani, vista a Napoli per laprima volta nel !"$# con le note di Pergolesi, dove si pre-sentano ancora i soliti travestimenti e lazzi fra due perso-naggi. Molti attribuiscono a Goldoni questo rimaneggia-mento della pièce 47, senza il conforto dei repertori coevi 48.Altri lo identificano col Finto pazzo per amore 49, in realtàuna «commedia» dello stesso Mariani, intonata a Napoli daGiuseppe Sellitti nel !"$%, spesso tagliata e ridotta alle pro-porzioni di un entracte. A quel tempo Goldoni, che nel !"$&aveva sposato Nicoletta Connio a Genova, dove risiedeva ilsuocero, copriva la carica di console della repubblica ligurea Venezia. Non a caso la prima di Statira è offerta ai «signo-ri marchesi Giovanni Battista Negroni e Pier FrancescoGrimaldi, patrizi genovesi». Forse la dedica, insieme allapresenza degli stessi operatori, contribuisce a spiegare ildebutto di un altro rifacimento della Contadina, intitolato

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Sorprende invece in quest’ultimo lavoro per il San Samuelel’abbandono della polimetria nei pezzi chiusi e il ricorso adarie isometriche bistrofiche per cui non è azzardato ipotiz-zare una forma musicale col da capo. La cosa è particolar-mente evidente nei brani affidati a Lilla, il personaggio chemaggiormente si allontana dai connotati comici che caratte-rizzano i suoi due compagni sulla scena. Anche solo soffer-mandosi sulla prima aria, Forte chiodo in trave affisso, sinota, particolarmente nella seconda quartina, l’uso di unlinguaggio di evidente ascendenza metastasiana. Ma al con-trario di ciò che avveniva negli intermezzi precedenti, essonon sembra usato per parodiare il genere alto, bensì perdare al personaggio una fisionomia definita, in questo casodi natura patetico-sentimentale. Non si può escludere unadecisione presa a priori in accordo col compositore – forseMaccari 45 – nel tentativo di avvicinare la parte musicale,perduta come al solito, al modello dell’opera di maggioridimensioni. È solo un’ipotesi che però è parzialmente con-fermata dagli intermezzi di Goldoni posteriori all’Amantecabala.

Gli intermezzi degli anni quaranta

Dopo il !"$&, anno in cui finisce il periodo legato agli entrac-tes del San Samuele, per Goldoni comincia da un lato la sta-gione delle prime commedie e della cosiddetta riforma tec-nica del genere – il Momolo cortesan è del !"$0 – dall’altrola stagione dei primi drammi giocosi. A parte i titoli dallatipologia incerta, come Aristide, La fondazion di Venezia,Lugrezia romana e La contessina, sempre interpretati dallacompagnia Imer dal !"$% al !"#$, è soprattutto La scuolamoderna del !"#0 che segna un passo avanti importante ver-

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luogo e data di rappresentazione dobbiamo affidarci, conbeneficio d’inventario, alla congettura di Ortolani. Lo stu-dioso, basandosi sul soggiorno romagnolo dell’autore inquel periodo, ipotizza che l’intermezzo sia stato eseguito aRimini durante il carnevale del !"## con la partitura intro-vabile del napoletano Francesco Maggiore 52, di cui possia-mo attestare la presenza a Reggio e a Ferrara nel !"#$ 53. L’i-dea di Ortolani è fantasiosa ma non priva d’interesse, per-ché nel !"## Maggiore intona per le scene riminesi La paceconsolata, una pièce encomiastica di Goldoni che celebra lenozze di Carlo di Lorena con Marianna d’Asburgo, sorelladell’imperatrice Maria Teresa 54. Però nello stesso anno enella stessa città si canta soltanto un Demetrio metastasiano,allietato dagli entractes coreografici e dedicato a GiovanniCristiano di Lobkowitz, comandante in capo dell’armata distanza a Rimini 55. In ogni caso la paternità goldoniana delQuartiere è confermata da Zatta e dalla lista delle opereposta alla fine dei Mémoires 56. Nonostante la divisione in treparti, che potrebbe far supporre una maggior serie di snodidrammatici, Goldoni non va molto più in là della meradescrizione delle varie vicissitudini amorose che affliggonoil fiero ufficiale Roccaforte – un rubacuori più che un roz-zo soldato – verso la vedova Bellinda. Quello che il lettoretrova è infatti ancora una volta una sequenza di scene auto-nome, concluse da brani per lo più di maniera, eccezion fat-ta per il duetto che dà inizio alla terza parte e per la seguen-te aria di Roccaforte Mi dice il core, impostata su una spas-sosa e vivace sfilza di ben venti quinari. Invece un indiziodell’esperienza appresa è il ricorso frequente – probabil-mente dovuto alla presenza di cantanti professionisti – adarie isometriche predisposte per il da capo.Nel !"#% Goldoni inizia la collaborazione col San Moisè,prima confezionando le scene comiche della Scuola moder-

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Amor fa l’uomo cieco, proprio a Genova durante la stagioneseguente. Infatti nel carnevale del !"#/, al teatro Sant’Ago-stino, Magagnoli e Cricchi mettono in scena l’intermezzoinsieme a un Artaserse di Metastasio musicato sempre daChiarini. Probabilmente si deve all’avvocato soltanto que-sto pasticcio ulteriore, derivato dall’originale napoletano ecosì citato nella lista delle opere posta alla fine dei Mémoi-res 50, dove curiosamente mancano testi assai più rilevanti, inparte ricordati altrove 51, come L’ippocondriaco, Il filosofo,Monsieur Petiton, La bottega da cafè, L’amante cabala e lefarsette romane degli anni Cinquanta. Infine è questa la ver-sione, sia pure un po’ modificata rispetto alla princeps, cheZatta pubblica negli opera omnia.In Amor fa l’uomo cieco muta lo stato sociale dei caratteridescritti nel Finto pazzo: Cardone non è più un giocatore,bensì un innamorato che ha dissipato il proprio patrimonio,mentre Livietta veste i panni di una contadina arrivata incittà (il contrario di quel che accade nella versione parteno-pea). Altri interventi riguardano i servitori muti, Fulvia eFacenda sostituiti dal solo Mingone, larghi passi di recitati-vo, un duetto finale e alcuni brani scritti ex novo nellaseconda parte: il primo affidato a Cardone, Colpo più belloal mondo, assente nella versione del !"#!; il secondo, Ohcome sei bello, cantato da Livietta in sostituzione di Alledonne schizzignose e preceduto da un esteso recitativo dovei due personaggi si confrontano in un felice botta e risposta.Tuttavia nel complesso Amor fa l’uomo cieco, frettolosolavoro d’occasione eseguito col minimo sforzo possibile,non si può certo inserire tout court nel panorama generaledegli intermezzi goldoniani.Poco o nulla si sa del Quartiere fortunato. Non essendocipervenuta copia del libretto originale (la prima fonte è lastampa nell’edizione Zatta del !"0#), per ciò che riguarda

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voci, per l’inconsistenza della trama, per la lunghezza com-plessiva e per la distribuzione delle arie, più o meno due perogni personaggio, con un solo duetto in entrambi i casi. Mala presenza di cantanti professionisti e rampanti offrì a Gol-doni e a Ciampi la possibilità di costruire ensembles piùarticolati, decisamente impervi per gli attori della compa-gnia Imer. In un centinaio di versi, contro la settantina diPetiton, trovano posto i finali d’atto e il delizioso battibec-co all’inizio della seconda parte. Proprio nella dinamicavivacità di tale brano, che vede due gobbi litigare per laconquista di Vezzosa, si ravvisa nuovamente l’abilità teatra-le di Goldoni nel disegnare le scene d’assieme, così comeavveniva negli ultimi intermezzi per il San Samuele.Caso più unico che raro, la partitura vicina alla princeps siconserva a Parigi in una ponderosa bella copia di un centi-naio di carte 59. L’impegno dell’intonazione amplifica ulte-riormente la durata e l’importanza della pièce nell’economiagenerale dello spettacolo misto, serio e comico, messo inscena dalla compagnia del San Moisè nel carnevale del !"#$.Infatti le arie della Favola, che spesso presentano strutturemetriche irregolari e danno origine a vere proprie scenettedurante il pezzo chiuso, come nel caso di Quegli occhiettibelli belli, eseguito da Parpagnacco nella prima parte,rispondono quasi tutte alla complessa forma pentapartitacol da capo (%%’&%%’). Fra queste, Voi siete un bel furbetto,destinata alla prima donna che canta tre pezzi contro i duedegli altri, manca nella stampa del testo 60.Gli elementi di novità riscontrabili nella Favola de’ tre gob-bi non passarono inosservati agli occhi della cultura musi-cale e letteraria dell’epoca. Sono a tale proposito indicativele parole di Antonio Groppo, quando nel suo noto catalo-go indica una ripresa degli intermezzi nel !"'(, giustifican-do il motivo del loro inserimento nella «serie» dei drammi

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na, poi scrivendo Bertoldo e La favola de’ tre gobbi, il tuttocon la musica di Vincenzo Ciampi 57. Per le due stagioniconsecutive, autunno !"#3 e carnevale !"#$, il cast scrittura-to dal teatro è sempre lo stesso ma in quest’ultima occasio-ne si divide in due tranches. I buffi (Maria Angela e CarloPaganini, Giuseppe Cosmi e Francesco Carattoli) eseguonoLa favola, mentre i seri cantano Anagilda, un’opera decre-pita di Girolamo Gigli rappresentata nel !(3$ col titolo Lafede ne’ tradimenti. L’operazione, probabilmente voluta daiPaganini, visto che questo è il primo caso in cui gli inter-preti di un intermezzo goldoniano vengono espressamentecitati nella princeps, risulta simile a quella compiuta con Lascuola moderna. Infatti Goldoni e Ciampi si dedicano sol-tanto alle parti comiche della produzione 58.Stesa a poca distanza dalla famosa Vedova scaltra, La favolade’ tre gobbi non ha molto in comune con la fonte che l’au-tore cita nella prefazione. Essa serve in realtà solo da prete-sto per imbastire una simpatica e riuscita satira sulla figuradel cavalier servente, un tema che dovette fare sicura presasul pubblico dell’epoca, come dimostra la fortuna rilevan-te del libretto goldoniano in Italia e in Europa sino alla finedel Settecento. L’argomento non del tutto originale (nel!"#3, al teatro veneziano di Sant’Angelo, si rappresentò unfortunato dramma giocoso dal titolo sospetto Li tre cicisbeiridicoli) è incentrato principalmente sui maldestri tentatividi seduzione del marchese Parpagnacco, del conte Bellavi-ta e del barone Macacco Tartaglia, balbuziente oltre chegobbo, nei confronti di madama Vezzosa. I soliti travesti-menti e le abituali burle, giostrate ai danni dei tre deformipretendenti, si risolvono in un quartetto conclusivo dove ipersonaggi inneggiano alla libertà dell’«amare in compa-gnia». A prima vista il testo della Favola può sembrare mol-to simile a quello di Monsieur Petiton, anch’esso a quattro

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sono assai scarse. L’autore non fa cenno ai tre lavori neiMémoires o nelle Prefazioni. Mancano inoltre in tutte le edi-zioni settecentesche: un silenzio del quale è difficile trovareuna spiegazione esauriente. È vero che il genere ormai erain disuso, ma questo non giustifica l’oblio di testi che, purnon brillando per originalità, presentano caratteristichenon dissimili, e certamente non inferiori per ciò che riguar-da la qualità, a quelle riscontrabili nei titoli scritti durantegli anni Trenta e Quaranta. L’abilità compositiva di Goldo-ni nel teatro comico musicale è infatti evidente in tutti e trei libretti che per le situazioni, per la struttura dei pezzi chiu-si e, non ultimo, per il disegno dei caratteri sulla scena, pos-sono essere considerati quasi come brevissimi drammi gio-cosi. In ogni modo non credo che l’articolazione drammati-ca del Matrimonio discorde o della Cantarina, entrambidestinati al carnevale del !"#$, sia all’origine della lorodenominazione come «farsette». La classificazione pareessere del tutto pretestuosa e priva di valenze formali, giac-ché La vendemmia, che presenta oltretutto maggiori adden-tellati con le strutture del dramma giocoso, nel frontespiziodel libretto originale è definita semplicemente intermezzo.La composizione degli intermezzi romani avvenne moltoprobabilmente grazie alla figura di Eleonora Collalto, sposadi Pier Andrea Cappello, ambasciatore veneziano presso loStato Pontificio, alla quale Goldoni aveva dedicato nel !"#%la prima edizione della Moglie saggia. Secondo Ortolanil’incarico per Il matrimonio discorde e per La cantarina risa-le al !"##, vista la derivazione – in effetti possibile – del pri-mo intermezzo dalla Villeggiatura che l’avvocato venezianoscrisse proprio in quel periodo per il San Luca 63. Invece èpiù probabile che l’idea della Vendemmia, messa in scenasolo nel !"$&, risalga al !"#' o al !"#( durante il soggiornoromano dell’autore. Nel novembre del !"#' il librettista

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veneziani da lui censiti:

Tre gobbi rivali amanti[di madama Vezzosa] [...]. Con tutto chequesto sia un intermezzo ho giudicato di ponerlo nella serie, pri-ma per il numero degli attori che sorpassa quello degli intermez-zi, secondo per il merito de’ cantanti e della musica e la terza per-ché li miei antecessori hanno posto in serie intermezzi di minormerito; perciò in seguito resteranno inseriti quelli che avranno lemedesime condizioni 61.

Il sorpasso segnalato da Groppo, oltre a riferirsi alle qualitàintrinseche del lavoro di Goldoni e Ciampi, conferma anco-ra una volta, se ce ne fosse bisogno, come la contaminazio-ne degli intermezzi con strutture appartenenti all’opera dimaggiori dimensioni fosse ormai completa, soprattutto peri brani d’assieme. A Goldoni non restava altro che fare ilpasso definitivo verso il dramma giocoso, già tentato insie-me ai Paganini con La scuola moderna, e lasciare a lato – conla sola eccezione dei tre intermezzi romani – un genere,ormai a tutti gli effetti minore, che negli anni Quaranta pre-sentava chiari segni del suo inesorabile declino. Per inciso,vale la pena di precisare che la lista finale dei Mémoires defi-nisce «intermède» Il disinganno ossia La vérité qui détrom-pe. Si tratta invece di una pièce allegorica in endecasillabi esettenari ma senza musica, intitolata Il disinganno in corte,probabilmente scritta in Francia e pubblicata per la primavolta da Zatta 62.

Gli intermezzi per il teatro Capranica a Roma (!"#$, !"$%)

Le informazioni che possediamo, relative agli intermezziscritti da Goldoni per il teatro Capranica fra il !"#$ e il !"$&,

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Vendemmia era invece formato dal napoletano DomenicoDe Domicis, da Antonio Rossi e, per ciò che riguarda leparti femminili, da Luca Fabri di Fabriano e da GaetanoBartolini.A prescindere dalle vicende legate alla commissione, dalladifferente dicitura con cui sono definiti e dalle questioniproduttive o performative, i tre lavori romani presentanoaffinità formali e strutturali più che evidenti, tanto da esse-re riconducibili a un unico momento creativo. Si segnalanoinnanzitutto: la presenza di quattro cantanti, le arie dalmetro di norma abbastanza regolare, l’uso di finali più ampie complessi e non ultima la morale posta alla fine, abitualenei drammi giocosi. Gli argomenti mostrano temi abba-stanza convenzionali, come si può notare già nel Matrimo-nio discorde, dedicato alla principessa Giulia Augusta Alba-ni Chigi e rappresentato fra gli atti della commedia goldo-niana La finta ammalata 68 con la musica perduta di Rai-mondo Lorenzini. Quasi sicuramente si tratta dell’unicolavoro profano di questo compositore, morto nel !"#$, pri-ma organista e poi maestro di cappella nella chiesa romanadi Santa Maria Maggiore, nel cui fondo si conserva unaquantità esorbitante di salmi, antifone e inni scritti da lui 69.Nel Matrimonio discorde i vani tentativi di don Ippolito –un «cittadino benestante» amante della caccia – di sedurrela contadina Sandra e gli stratagemmi che la moglie Floridautilizza, con l’aiuto del marchese Bizzarro e della stessaSandra, per ricondurlo a più morigerati costumi, non sonoper sé sufficienti a creare una trama originale, nonostantel’evidente presenza di una critica ai vezzi e alle manie dellanobiltà o della borghesia dell’epoca. Motivi d’interesse siriscontrano invece a livello formale, nella varietà e nella per-tinenza stilistica dei numeri musicali associati ad alcuni per-sonaggi e nella struttura dei quartetti che chiudono le due

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ebbe occasione di arrangiare alcuni intermezzi per unacompagnia di comici napoletani che si esibiva nel teatroTordinona. In realtà si trattava di veri e propri pasticci –come narra lo stesso Goldoni – imbastiti in tutta fretta suarie parodiate, tratte dagli spartiti di alcune delle sue operecomiche, trovati dai rivenditori di musica della capitale escomparsi senza lasciare traccia. Il primo ad andare in sce-na fu L’Arcifanfano re de’ matti, ricavato dal dramma gioco-so veneziano del carnevale !01# con la musica di Baldassar-re Galuppi e di altri 64. Non si può affermare, ma nemmenoescludere, che a questa operazione, voluta da Carattoli eLovatini, due dei maggiori buffi esistenti sulla piazza, abbiacollaborato lo stesso Galuppi, in quel periodo a Roma perun allestimento che sortì un memorabile e rumoroso fiascoal teatro Alibert 65. È quindi abbastanza probabile che, pri-ma di ripartire per Venezia, Goldoni, stimolato da un breveritorno al genere con cui era iniziata la sua carriera operi-stica, abbia fornito al Capranica il libretto della Vendemmia.Nel Teatro comico del !01#, il capo della compagnia di atto-ri aveva rifiutato i servigi della cantatrice Eleonora che si eraofferta di eseguire gli entractes durante le recite di parola 66.Tuttavia gli intermezzi romani sono destinati ad accompa-gnare tre diverse commedie dello stesso Goldoni. Partico-larità delle pièces per il Capranica, dedicate ad altrettantesignore della nobiltà romana, è la presenza di soli cantantiuomini. Infatti, essendo proibito alle donne calcare i palco-scenici dello Stato Pontificio, i ruoli femminili erano affida-ti agli evirati. Del cast del Matrimonio discorde e della Can-tarina facevano parte il napoletano Carmine Bagnano, l’an-conetano Pietro Santi e, appunto, i castrati Giovanni Toschi– all’inizio di una lunga e brillante carriera per tutta Euro-pa – e Francesco Liberati di Osimo o di Spello, la cui vitaartistica si chiuse probabilmente già nel !0$" 67. Il cast della

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chiara necessità di organizzare il discorso musicale in modopiù vario e articolato. Può avere influito su tale decisioneformale la presenza di Galuppi quale compositore? Pur-troppo, in mancanza della partitura, è impossibile rispon-dere con sicurezza a questa domanda 71. Non si può peròignorare che il brano dimostra un chiaro desiderio da partedi Goldoni e del Buranello di risolvere attraverso la musica,ossia mediante il pezzo chiuso, una situazione che in altreoccasioni si sarebbe esaurita in un semplice recitativo.Gli intermezzi del !"#$ – intitolati La vendemmia, dedicatia Cecilia Mahony Giustiniani e messi in scena con la com-media di Goldoni Il cavaliere e la dama 72 – presentano unargomento abbastanza convenzionale, impostato da un latosugli scherzi di Cecchina e Rosina ai danni del padrone, dal-l’altro sugli episodi comici che hanno come protagonista ilvilleggiante Fabrizio, un parassita vorace e disposto a tuttopur di saziare i propri appetiti alimentari. Temi come lafame atavica, il travestimento e la burla – presi dal reperto-rio all’improvviso – sono trattati da Goldoni indubbiamen-te in modo efficace ma non sufficiente per dare vita a unorganismo drammatico articolato che superi la semplicesuccessione di scenette più o meno spassose. Da questopunto di vista La vendemmia, tra gli intermezzi per il Capra-nica, è quello che indubbiamente mostra in misura minorelegami con la commedia di carattere. Ciò nonostante, da unpunto di vista formale, è invece la pièce maggiormente ela-borata, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto dramma-tico-musicale. Il cammino intrapreso col Matrimonio discor-de e con La cantarina, ossia quello di voler risolvere semprepiù le situazioni sceniche attraverso strutture musicali, tro-va nella Vendemmia un suo punto di arrivo, forse anche gra-zie all’intonazione perduta di Antonio Sacchini. Solo inquesto modo si può spiegare la presenza di un così alto – e

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parti della pièce. La cantante che interpreta Florida deve,per esempio, passare da uno stile da opera seria nell’aria disortita Gran miseria d’una sposa – allorché veste i panni del-la donna tradita – a uno di tipo comico leggero nei braniDell’ingiusta ingrata sorte o Se mi dicesse poi, quando al per-sonaggio sono richiesti atteggiamenti in scena meno seriosie vendicativi. I due quartetti conclusivi rivelano d’altro can-to la palese influenza dell’organizzazione drammatica speri-mentata da Goldoni nei finali dei drammi giocosi, soprat-tutto per ciò che riguarda l’uscita e l’entrata in scena deipersonaggi. L’arrivo di Sandra nel primo e l’andirivienid’Ippolito nel secondo dimostrano come l’espediente fun-zioni bene anche in queste brevi chiuse, rendendo dinami-ca la loro struttura, tradizionalmente più statica. L’uso inol-tre nei dialoghi della sticomitia e dell’alternanza tramomenti a solo e a due aggiunge una nuova brillantezza aipezzi d’assieme, un aspetto che probabilmente giovò nonpoco anche alla resa musicale della pièce.La cantarina, dedicata a Eleonora Collalto ed eseguita assie-me al Festino – una commedia scritta dallo stesso Goldoninel !"/. 70 – presenta caratteristiche non molto dissimili aquelle riscontrate nel Matrimonio discorde, anche se gli ele-menti di novità sono di certo minori. L’argomento, che hacome sfondo il tradizionale mondo delle «virtuose di musi-ca», si può riassumere nella gelosia del giovane Lorino neiconfronti di madama Geltruda, col personaggio del mar-chese di Capra a fungere da intermediario tra la fragilitàdella donna e l’insensata diffidenza dell’uomo. Questa bre-ve commedia della leggerezza in amore presenta, come uni-co aspetto rilevante, l’ampio duetto fra Geltruda e Lorino,collocato da Goldoni verso la fine della seconda parte. Ilbrano, costruito in più sezioni di ottonari e quinari doppi osemplici con una clausola di due endecasillabi, suggerisce la

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menterà ancora quello che è considerato il punto più rile-vante della sua riforma del teatro: non solo modificare ungenere – letterario, teatrale o musicale che sia – bensì inci-dere anche sullo spettacolo, nei suoi rapporti con la vitasociale, lavorando con la realtà ma col pensiero sulla scena.

Gli intermezzi goldoniani in Italia e in Europa

Tracciare un percorso esaustivo sulla fortuna degli inter-mezzi, di chiunque siano, è un’impresa non solo complessama quasi impossibile. La natura precaria del genere, nonsempre stampato in occasione della recita e soggetto a tra-sformazioni o a cambiamenti dell’ultimo momento, costrin-ge infatti a prendere con un certo beneficio d’inventario leinformazioni raccolte, spesso frammentarie a causa dellascarsa documentazione conservata dai cataloghi moderni odalle testimonianze dell’epoca. A tutto ciò bisogna aggiun-gere un altro fattore: se è vero che si scrivono pochi testinuovi, in compenso quelli vecchi, rimaneggiati o rimusicati,godono di un’ampia diffusione in Italia e in Europa, soprat-tutto dalla metà del Settecento. Tale aspetto ha come con-seguenza una notevole dispersione delle fonti e costituisceuna difficoltà in più per il ricercatore desideroso di offrireun quadro delle riprese dei singoli intermezzi, spesso rimes-si in scena con titoli così diversi da rendere incerta perfinola loro identificazione. Perciò questa breve nota sulla fortu-na degli entractes goldoniani costituisce soltanto un puntodi partenza su cui poter costruire in futuro una mappa del-la ricezione più completa possibile, grazie all’eventualeritrovamento di notizie ulteriori, anche sulla ripresa di alcu-ni testi nell’Ottocento e nel Novecento, un periodo per ilquale mancano sufficienti informazioni. Non si terrà conto

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inusuale per gli intermezzi – numero di pezzi d’assieme: unquartetto introduttivo e tre duetti, uno nella prima parte edue nella seconda, senza dimenticare i finali che presentanocaratteristiche formali non molto dissimili a quelle già vistenelle chiuse dei precedenti intermezzi romani. Il quartettoè il brano forse più rilevante giacché, oltre a essere postoall’inizio della pièce – fin qui soltanto L’amante cabala siapriva con un pezzo d’assieme – presenta la partecipazionedi un coro di contadini e villanelle. La novità è importanteperché mai in precedenza un concertato di questo tipo ave-va introdotto gli entractes goldoniani, cosa invece abitualenei drammi giocosi, tanto da diventarne un segno distinti-vo. Se a queste particolarità aggiungiamo la presenza di arieregolari, da un punto di vista metrico, ma assai vivaci sottol’aspetto scenico – basti citare Se discioglier mi potessi can-tata da Fabrizio nella seconda parte – e degli ensembles gio-cati su dialoghi brillanti e posizionati strategicamente inmomenti chiave dell’azione, non si farà molta fatica a con-siderare La vendemmia, per ciò che riguarda la varietà e lastruttura delle forme utilizzate, un vero e proprio mini-dramma giocoso, travestito, per così dire, da intermezzo.Il passo finale è compiuto: nello spazio formale occupato daun genere s’inseriscono, ormai imperiose, le caratteristicheappartenenti a un altro, destinato oltretutto a diventare lospettacolo operistico di riferimento della seconda metà delSettecento. Lungi dal volerli considerare come un verticenella parabola creativa dell’intermezzo goldoniano, i trelibretti scritti per il teatro Capranica mettono però in lucela fine di un percorso e il consolidamento di una posizione:l’abbandono definitivo della tipologia su cui l’avvocatoveneziano si era formato, durante gli anni Trenta, e la con-quista del nuovo dramma giocoso. Su questo terreno, gra-zie all’esperienza fatta con gli intermezzi, Goldoni speri-

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ni e dalla voce Goldoni del Grove) segnala una Pupilla aBologna nel !"#$ 79. Ma questa pièce non ha attinenza collibretto goldoniano, trattandosi in realtà di un’altra Pupilla,messa in scena in vari teatri italiani dopo la prima 80, avve-nuta al Valle di Roma nel carnevale del !"## con la musicadel compositore spagnolo Francisco García Fajer (Nalda,Logroño !"%!-Zaragoza !&'(). In mancanza di fonti a stam-pa datate, è difficile sapere con certezza se la nostra Pupillasia effettivamente andata in scena a Venezia nel !"$' 81, men-tre la replica indicata da Ortolani a Rovigo nel carnevale del!"$) 82 si può confermare grazie all’edizione in cui compaio-no i nomi dei tre personaggi originali (Rosalba, Giacinto eTriticone) anche se il titolo generico è del tutto irriconosci-bile: Intermezzo a tre voci 83. Si ha notizia infine di dueriscritture della Pupilla, nell’arco del tardo revival goldo-niano, fra l’ultimo Ottocento e il primo Novecento: una aTrieste nel !&($, con la musica di Gialdino Gialdini, l’altra aRoma con le note di Giuseppe Mancini, definita «comme-dia lirica in due parti» e stampata nel !('& con l’aggiunta diun prologo 84.Il successo della Birba, rappresentata ininterrottamentedurante il carnevale del !"%#, inizia – come narra Goldoni –fin dalle prime recite lagunari 85. Siccome una stampa di Bet-tanin senza data reca l’indicazione «in Venezia e in Bassa-no», secondo Ortolani l’intermezzo sarebbe stato ripresoimmediatamente in quest’ultima città 86. Anche il catalogobraidense ascrive l’edizione al !"%# 87, mentre – stando a Sar-tori – un’annotazione manoscritta nella copia conservata inCasa Goldoni reciterebbe «!"#$» 88. Però questa notizia nonè suffragabile, giacché negli esemplari da me visionati nellebiblioteche di Casa Goldoni e della fondazione GiorgioCini non si trova alcuna precisazione. Se è difficile dimo-strare la fantomatica messa in scena del !"#$, ancora più

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qui delle edizioni contenute (o meno) nelle raccolte Tever-nin, Olzati, Savioli, Guibert e Zatta – di cui dà ragione l’Ap-parato – data la loro relativa importanza per la fortuna degliintermezzi e per la loro messa in scena.Sugli Sdegni amorosi tra Bettina putta de campielo e Bule-ghin barcariol venezian non si ha notizia di alcuna recita set-tecentesca in Italia dopo la prima milanese del !"%3 73, bensìdi un pasticcio parigino intitolato Il gondoliere veneziano,eseguito nel !"$3 alla Comédie Italienne e ripreso nel !""! aVersailles 74. Pare che molti anni dopo Il gondoliere di Vene-zia continui a vogare al Fondo di Napoli nel !&3#, cantandouna nuova intonazione di Pietro Antonio Coppola 75. Scar-sissima sembra essere stata anche la fortuna dei primi inter-mezzi feltrini. Perduto Il buon vecchio, il breve successodella Cantatrice è legato esclusivamente alla Pelarina del!"%). Questa pièce, lasciando da parte i dubbi sull’effettivapaternità goldoniana, fu ripresa a Venezia nel !")), comeattestano il catalogo braidense e la stampa di Omobon Bet-tanin che non segnalano il teatro in cui avvenne la recita 76.Migliora invece la traiettoria ricettiva degli intermezzi scrit-ti per i comici del San Samuele fra il !"%# e il !"%$.La pupilla fu rimessa in scena a Firenze già nel !"%", standoall’edizione del libretto per i tipi di Francesco Moucke 77.Probabilmente la recita è legata a quella dell’intermezzo Ilmarito savio fatto vizioso per castigo della moglie troppovana, stampato nel capoluogo toscano e «rappresentato da’comici di San Samuele l’anno !"%"» 78 ossia da GiuseppeImer e da una certa «Muratte» che non è difficile identifi-care con Agnese Amurat, interprete abituale dei primientractes goldoniani. Nella versione presentata al pubblicofiorentino, curiosamente mancano i cambiamenti fatti daGoldoni a Venezia nel !"%#. Dopo la ripresa in Toscana,Domenico Maria Galeati nel suo Diario (seguito da Ortola-

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tificio 98. Fuori d’Italia Rosa Ruvinetti Bon e DomenicoCricchi, «ambi musici di camera di sua maestà prussiana»Federico II di Hohenzollern, nel !"#$ eseguono l’intermez-zo nel teatro Reale annesso alla residenza di Potsdam 99:diverso il titolo (Il filosofo convinto in amore), inedita la tra-duzione tedesca a fronte (Der von der Liebe überwundeneWeltweise) e nuova la partitura di Johann Friedrich Agrico-la, tramandata da numerosi esemplari 100. Infatti questa ver-sione mitteleuropea ricompare un po’ dappertutto con can-tanti diversi: al Nuovo di Praga nel !"#%, alla corte elettora-le di Mannheim nel !"#&, a Bonn nel !"#" (promossa dal-l’impresario veneziano Angelo Mingotti allora «direttoredell’opere italiane»), a Dresda nel !"'% e infine ancora aMannheim nel !""! 101.Grazie a Monsieur Petiton – sul quale non si ha notizia dirappresentazioni posteriori alla prima del !"&' – si scoprecome la forza della creazione goldoniana consista nellacapacità non solo di produrre opere autosufficienti maanche di suggerire temi o personaggi che possono essereripresi con maggiore o minor fortuna in altri generi e con-testi. La commedia Monsieur Petitone di Antonio Palomba,messa in scena al Nuovo di Napoli nel !"() con la musica diAntonio Corbisiero, è una lampante dimostrazione dell’as-sunto. Il librettista partenopeo si appropria del titolo e delcarattere goldoniano per imbastire una pièce, di fatto assaidiversa dall’originale, il cui successo è ampiamente confer-mato da una nuova versione: Madama Arrighetta, intonatada Niccolò Piccinni del !"#* e ripresa nel !"'& con interven-ti di Giacomo Insanguine 102. Il dramma, con lo stesso carat-tere e con le medesime peculiarità linguistiche, ricomparesulle scene veneziane del San Giovanni Grisostomo nel!""), intitolato Il francese bizzarro e rimusicato da GennaroAstarita. Un esito felice di tutto rispetto, testimoniato dalla

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incerte sono quelle ipotizzate da Ortolani a Padova nellaprimavera del !"&#, a Udine nell’estate dello stesso anno e aGenova nel !"&' 89. Benché i comici del San Samuele si tro-vassero all’epoca in quelle piazze per una tournée, seguitidall’autore che prese moglie in Liguria 90, manca qualsiasiriscontro. Un’edizione del libretto, per i tipi di Carlo Giu-seppe Ghislandi, attesta invece con sicurezza la rappresen-tazione della pièce al Ducale di Milano nell’estate del !"(& 91,lungo il circuito percorso abitualmente dalla compagniaImer 92.Per L’ippocondriaco non abbiamo alcuna testimonianza cir-ca possibili riprese dopo la prima. Difficile è anche stabili-re qualche relazione, come afferma Ortolani, con «un cano-vaccio con simile titolo», rappresentato nel !"(* al teatroSant’Angelo e «poi smarrito» 93. Non si può dire lo stessoper ciò che riguarda Il filosofo, di per sé analogo all’Ippo-condriaco ma molto più fortunato. Nessuna stampa confer-ma la rappresentazione degli intermezzi a Genova nella pri-mavera del !"&', ipotizzata da Ortolani in base alla tournéedella compagnia Imer 94, mentre un’edizione di GiuseppeRichino Malatesta 95, coeva a quella della Birba, attesta unaripresa al Ducale di Milano nell’estate del !"(&. Dopo unamessa in scena a Bologna nel !"(( 96, Il filosofo ricompare nelteatro della Fortuna a Fano il & febbraio del !"'#, con lanuova intonazione perduta di «Giambattista Bevilacqua diBologna, accademico filarmonico e maestro di cappella del-la collegiata di Mondavio» nei pressi di Pesaro. Il libretto,offerto al «sublime merito del [...] conte Angiolo degl’An-telminelli Castracane», il patrizio marchigiano a cui Goldo-ni dedica La bancarotta o sia Il mercante fallito nel !"#" 97,menziona il ravennate Francesco Guerra, un tenore al ser-vizio della cattedrale di Rimini, e Antonio Vannuccini, uncastrato nei panni di Lesbina secondo l’uso dello Stato Pon-

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to pazzo, La finta polacca e chi più ne ha più ne metta 110. Inquesti casi la presenza del nome imposto da Mariani al per-sonaggio maschile dell’originaria Contadina astuta, Tracolloe non Cardone, induce il fondato sospetto che si tratti del-l’intermezzo pergolesiano, più o meno variato. Il sodaliziofra Domenico Cricchi e Ginevra Magagnoli, che avevanocantato sia la stesura veneziana del !"#!, sia quella genovesedel !"#$, si scioglie quasi subito: la donna, insieme ad Ales-sandro Cattani, esegue Amor fa l’uomo cieco ad Amburgonel !"#%, a Lipsia nel !"## 111 e forse a Praga nello stessoanno 112; l’uomo, associato con Rosa Ruvinetti Bon, porta Ilfinto pazzo alla corte di Dresda nel !"#" e a Vienna nel!"&' 113. Lo stesso testo raggiunge l’Opera di Praga nel !"#(,grazie alla compagnia dei «piccoli ollandesi» che lo propo-ne anche a Braunschweig in una stagione imprecisata 114,probabilmente intorno al !"&). Invece in Italia, dopo la pri-ma rappresentazione, è attestata soltanto una recita di Amorfa l’uomo cieco al Cocomero di Firenze nel !"#& 115.Del Quartiere fortunato, in realtà così sfortunato, a dispettodel titolo bene augurante, da non conoscere alcuna edizio-ne settecentesca anteriore alla Zatta, esiste una ripresa fio-rentina al Cocomero nel !()$ con la musica del bologneseStefano Cristiani, un oscuro compositore e direttore d’or-chestra che debutta alla Scala nel !"'( ma poi si trasferiscea Barcellona, a Madrid e a Cuba, per finire i suoi giorni aCittà del Messico 116. Assolutamente diverso è il caso dellaFavola de’ tre gobbi, l’intermezzo di Goldoni più stravagan-te e più rappresentato durante il Settecento, in Italia e all’e-stero. Dopo il debutto del !"#' nel teatro di San Moisè, lacoppia intraprendente, formata da Maria Angela a da Car-lo Paganini, s’impadronisce della pièce e la ripropone al«Nuovo teatro dietro alla Rena» di Verona nel carnevale del!"&), forse con la musica originale di Vincenzo Ciampi ma

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partitura che si tramanda in varie copie 103.Gli ultimi due intermezzi scritti da Goldoni per i comici delSan Samuele – La bottega da cafè e L’amante cabala – in Ita-lia incontrano un successo limitato nel tempo dopo il loroesordio del !"%3. Un’edizione della Bottega nel !"#% da par-te di Ghislandi, che attesta una rappresentazione milanesein estate, coeva a quelle della Birba e del Filosofo, attribui-sce all’intermezzo la curiosa denominazione di «commediaper musica» 104. A ridosso della ripresa lombarda, La botte-ga si canta a Venezia nel !"##, forse a distanza di pochi gior-ni dalla replica dell’Amante cabala, avvenuta durante il car-nevale dello stesso anno, come dimostrano le stampe deilibretti per i tipi di Omobon Bettanin 105. Anche se questefonti non specificano il luogo della recita, è molto probabi-le che i due testi siano stati eseguiti dalla compagnia Imerche all’epoca lavorava per il teatro dei Vendramin a SanSamuele 106. All’estero invece il cabalon rispunta col titoloL’amante ingannatore e con la partitura d’Ignazio Fiorillotramandata almeno in due esemplari 107. Infatti l’intermezzocosì acconciato arriva a Praga nel !"#", a Lipsia nel !"#( e aBraunschweig !"&) 108, dove Fiorillo diventa Hofkapellmei-ster dal !"&#. La troupe che lo porta in giro per queste piaz-ze, diretta dal buffo caricato centroitaliano Filippo Nicolinie chiamata «i piccoli ollandesi», deve la sua curiosa deno-minazione al fatto che comprendeva due cantanti nateall’Aia, Teresa e Anna van Oploo, moglie e figliastra delcapocomico, oltre ad alcuni bambini specializzati nell’ese-cuzione di pantomime che accompagnavano pièces teatralidi vario genere 109.Confezionando Amor fa l’uomo cieco per il teatro ligure diSant’Agostino, Goldoni (o chi per lui) rielabora una piècemolto conosciuta e ripresa con vari titoli, fra cui Tracollomedico ignorante, Il ladro convertito per amore, Il ladro fin-

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so anno 123. Oltre a cambiare la prima donna, Maria Grandiin Emilia e Maddalena Daini in laguna, i buffi ingaggiano aVenezia la ballerina Angela Candi che si cimenta nei pannidi Serpina, gobba anche lei. A tutti gli effetti si tratta di unaparte vocale che comprende un’aria bistrofica, un ampiorecitativo e l’impegno del finale secondo. Sartori cita erro-neamente il nome di Angela Conti, specializzata in ruolisemiseri maschili en travesti, mentre secondo Ortolani sitratterebbe di un rifacimento d’autore. Anche se nel libret-to si legge che «la musica è del signor Ciampi, maestro cele-bre napolitano, le parole del signor dottor Carlo Goldoni»,nulla fa supporre che il poeta e il compositore siano inter-venuti direttamente nella nuova stesura 124. Un’altra versio-ne per cinque cantanti, che provengono tutti dalla «scuoladi musica di sua altezza reverendissima», va in scena a Par-ma nel carnevale del !""#, con la benedizione del duca Fer-dinando di Borbone, col titolo I tre gobbi innamorati e conla partitura di Ciampi, evidentemente modificata perché alcast partecipa una «cameriera» in più, laddove l’originaleprevedeva soltanto un servo muto 125. Molto variata anche laredazione veneziana tardiva dei Tre difettosi rivali in amore,data al teatro Tron di San Cassiano durante la stagioneautunnale del !"$%, con Luigia Zoldani (Vezzosa), PaoloToresani (Parpagnacco), Luigi Cavos (Bellavita) e GiovanBattista Seni (Macacco). Tuttavia, malgrado i rifacimentiabbastanza rilevanti, restano immutate sezioni estese direcitativo, due arie, il duetto con cui inizia la seconda partee ambedue i finali. Se non di plagio, almeno di scarsa one-stà intellettuale si deve perciò accusare Giuseppe Prettiniche nella dedica si attribuisce l’intera paternità del libretto,definendolo «questo mio intermezzo teatrale» 126. L’ultimocapitolo nella storia della ricezione italiana di questa fortu-nata creazione goldoniana si scrive nel !"$#, quando la

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con Marco Antonio Mareschi e Antonio Valletti che sosti-tuiscono i buffi della prima nei ruoli di Parpagnacco e diTartaglia 117. Nel giugno dello stesso anno al teatro Obizzi,per la fiera del Santo a Padova, i Paganini, in compagnia diMareschi, rimettono in scena I tre gobbi fra gli atti del Cor-saro punito, mentre un altro cantante goldoniano, GiovanniLeonardi, s’incarica di vestire i panni del barone Macacco.Il libretto, stampato all’interno di quello del dramma seriosenza indicazione del poeta, com’era d’altronde abbastanzacomune all’epoca, attribuisce la musica ad «autori diver-si» 118. Sempre nel !"/0 gli infaticabili Paganini rispuntano aTorino «nel teatro di sua altezza serenissima il signor prin-cipe di Carignano» dove replicano l’operina, intitolata I tregobbi rivali in amore e definita «farsa a quattro voci», che inquesta occasione forma un dittico insieme al Componimen-to drammatico ossia niente meno che alle Cinesi di Metasta-sio 119. Ai due mattatori si aggiungono i buffi caricati Giu-seppe Ambrosini e Pietro Bigiogiero nel ruolo di Macacco,ribattezzato Balocco per l’occasione. Riecco gli ubiquitariPaganini alla Pergola di Firenze nel carnevale del !"/! coiTre gobbi rivali, insieme a Niccola Petri e ad Antonio Val-letti che ripete la musica di Ciampi, probabilmente già ese-guita a Verona, fra gli atti del Mitridate 120.Durante gli anni Cinquanta La favola continua a viaggiareper l’Italia con altre compagnie. A questa decade si ascriveprobabilmente una messa in scena modenese intitolata Litre gobbi 121, eseguita da Rosa e da Pietro Brunelli (Vezzosae Bellavita), da Giuseppe Andrioli (Parpagnacco) e daFederico Rubini (Macacco). Frattanto alcuni interpreti deicaratteri maschili, Giovanni Valentini, Filippo Nicolini eGaetano Romagnoli, portano Li tre gobbi rivali amanti dimadama Vezzosa, ampliati e divisi in tre parti, allo Scroffa diFerrara nel !"/1 122 e al San Moisè, probabilmente nello stes-

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terling che affianca il soprano e i tre buffi dell’originale 137.In generale, se gli entractes goldoniani a due o a tre vocigodono di una certa notorietà, la devono soprattutto aicomici, che percorrono la strada verso Firenze o verso Mila-no, e a un ristretto manipolo di cantanti professionisti che liportano in giro dentro i loro capienti bauli. Alcuni inter-preti s’impadroniscono della partitura che pasticciano alle-gramente e poi cestinano senza rimorsi. Altri s’impossessa-no del testo che conosce una nuova intonazione, talora con-servata a differenza di quella originaria. Invece La favola aquattro personaggi esige la formazione di compagnie piùstabili e nutrite, come quella dei Paganini, la troupe di Min-gotti o il gruppo dei «piccoli ollandesi». Le numerose ripre-se della pièce, almeno dieci in Italia e sette nell’Europa cen-trale, bastano e avanzano per attestare un’eccezionale for-tuna, anche se l’intermezzo non sembra aver raggiunto nél’Inghilterra 138 né la Spagna 139. Ma la notizia di una parodiadella Favola, rappresentata nel febbraio del !"#$ alla Comé-die Italienne di Parigi, una piazza notoriamente protezioni-sta per quanto riguarda l’opera italiana, conferma il suostraordinario successo. Per l’occasione, probabilmentepasticciando la musica di Ciampi, si adotta la traduzione diFrancesco Riccoboni intitolata Les bossus 140. Bisogna quin-di resistere alla tentazione di supporre che ci abbia messo lemani Goldoni stesso, sempre incalzato da un cronico edisperato bisogno di denaro ma giunto in Francia soltantonell’agosto del !"#$. Tuttavia qualcosa deve aver combina-to, visto che il !% dicembre dello stesso anno dichiara aFrancesco Albergati:

Ho scritto un’opera buffa per i francesi del teatro Italiano [pro-babilmente un testo vecchio rimaneggiato]. La musica in oggi pre-vale e spero da questa il maggior bene 141.

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«compagnia de’ comici lombardi» presenta I tre gobbi riva-li al pubblico del teatro napoletano dei Fiorentini, riutiliz-zando la musica originale di Ciampi tranne, come segnala illibretto a stampa, alcuni brani – inclusa una sinfonia inizia-le assente nella partitura parigina – composti dal musicistaromano Vincenzo Fabrizi 127. Ovviamente anche il testo diGoldoni, come afferma Sonneck, fu parzialmente altera-to 128.Ma intanto i due Paganini, che non restavano certo fermicon le mani in mano, erano entrati al servizio di Federico &&di Prussia fin dal !"/% 129. Forse grazie a loro I tre gobbi var-cano i confini italiani e raggiungono l’area germanofona nel!"/0, ospitati dal teatro Reale di Potsdam con la traduzionea fronte Die drei Bucklichten 130. Non si sa chi porti a Mona-co nel !"/1 la «farsetta in musica» intitolata Li tre gobbi riva-li amanti di madama Vezzosa 131. In ogni caso è l’impresarioAngelo Mingotti che, insieme ad altre pièces goldoniane,allestisce l’«opera bernesca» Madama Vezzosa, cantata conla musica di Ciampi a Vienna nel !"/2 132, a Praga intorno al!"#3 133, a Bonn nel !"#0 134 e probabilmente a Bruxelles nel!"## 135. Per rivedere l’intermezzo sulle tavole di un palco-scenico mitteleuropeo, bisogna aspettare il !""$, quando Litre gobbi o sia Gli amori di madama Vezzosa, legati a unarappresentazione della «Nicolinischen Opera Pantomima»,si stampano con la versione Die drei Bucklichten oder DieLiebhaber von der Madame Vezzosa 136. Se è difficile stabilireil luogo esatto di questa recita, si può invece identificare lacompagnia con quella dei «piccoli ollandesi», guidata dallostesso Filippo Nicolini che aveva interpretato Parpagnacconelle esecuzioni avvenute a Ferrara e a Venezia nel !"/#.Infine una partitura adespota, conservata ad Amburgo edatabile intorno al !"13, riporta il testo in lingua tedesca eprevede l’aggiunta di un quinto personaggio, il tenore Stot-

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simili al Matrimonio o alla Cantarina – e non a caso ugual-mente definititi «farsette per musica» – ma come per i lavo-ri romani di Goldoni la loro vita sarà spesso breve e limita-ta alla sola occasione per la quale furono composti.Una singolare e curiosa eccezione, per non dire coinciden-za, è costituita dal Marchese di Verde Antico, un lungo«intermezzo» di Giuseppe Gazzaniga con ben cinque ruo-li 146, dato sempre al Capranica nel carnevale del !""# e ripre-so a Firenze nella primavera successiva proprio col titolo Lavendemmia. Nell’avvertenza Al pubblico rispettabilissimo,premessa al libretto stampato per una recita successiva alFondo di Napoli nel !"#$, si legge:

La vendemmia [ossia l’originario Marchese di Verde Antico], inter-mezzo giocoso rappresentato la prima volta in Roma con pochipersonaggi, prese forma e qualità di dramma nella primavera del-l’anno !""# allorché, accresciuti al numero di sette gli attori, nelregio teatro di via della Pergola di Firenze 147 venne posto sulle sce-ne [...]. Né [a Napoli] si è trascurato arricchirlo dell’ottavo per-sonaggio, di arie e recitativi affatto nuovi, scritti da penna maestrae dal medesimo lodato signor Gazzaniga messi in musica 148.

Così «accresciuta», definita «dramma giocoso» e general-mente attribuita a Giovanni Bertati, questa Vendemmia, chenon ha molto a che vedere con Goldoni se non per il titolo,per il debutto romano e per il nome del secondo buffo cari-cato (Cardone come in Amor fa l’uomo cieco), gode di unafortuna sterminata, a Venezia e altrove, per tutto il Sette-cento.Amico lettore, vivi felice.

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E il 5 maggio !"67 aggiunge scrivendo a Francesco Vendra-min:

Il tempo che mi avanza, dopo aver fatto il mio dovere verso que-sti miei comici italiani, lo posso impiegare in operette per musica,le quali fatte tradurre in francese mi profitteranno assai bene. Neho fatte due finora e mi sono ricercate da molti. Cento ducati peruna commedia a Parigi è una cosa assai misera 142.

Inoltre, prendendo con beneficio d’inventario l’indicazionedi Irène Mamczarz circa una messa in scena della Favola aSan Pietroburgo nel !"48 143, pare che Les trois bossus, musi-cati da Catterino Cavos ed eseguiti in francese nella capita-le russa fra il !"8# e il !#$7, siano stati cantati in lingua slavanel !#$# col titolo Tri brata gorbunï 144.Al contrario, dopo la prima rappresentazione romana, nonsi ha notizia di eventuali riprese delle pièces destinate al tea-tro Capranica nel !"46 e nel !"6$, dato che il testo della Can-terina a quattro voci di Haydn, eseguita nel !"6" a Presbur-go, oggi Bratislava, non è quello di Goldoni 145. L’unica spie-gazione che si può dare a tale silenzio è la natura ibrida checontraddistingue le tre opere, paragonabili a prodotti dinicchia. In un periodo di forte declino degli intermezzi qua-le momento d’intrattenimento da collocare durante unospettacolo di maggiori dimensioni – privilegio sempre piùconcesso al balletto – si dimostrava difficile riutilizzare testipalesemente a metà strada fra un genere ormai in disuso e ilnuovo dramma giocoso. Da un lato non erano abbastanzalunghi da poter reggere un’intera serata, dall’altro eranotroppo elaborati per inserirsi in altre forme di spettacolo, senon in circostanze e in ambienti che potessero giustificarele loro peculiari caratteristiche. Durante il Settecento siavranno infatti altri intermezzi di struttura e dimensioni

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10 Groppo, pp. !"#-!"$; poca cosa si sa del compositore GiacomoMaccari ( Roma %$&& circa-Venezia? dopo il %$'') a parte la sua origi-ne romana e il suo soggiorno a Venezia a partire dal %$!& dove èassunto come «musico tenore» presso la Cappella Ducale di San Mar-co; la sua collaborazione con la compagnia Imer lo porta a comporremusica anche per i primi drammi di Goldoni, La fondazion di Veneziae Lugrezia romana in Costantinopoli, a cui si aggiunge più avanti Lacontessina del %$'"; Grove, s.v.; Ortolani!, (, p. %!%$, attribuisce la par-titura a Salvatore Apolloni.11 Mémoires, p. %#): «Le premier intermède, par lequel ils [AgneseAmurat, Zanetta Casanova e Giuseppe Imer] avoient débuté, avoitété La cantatrice, petite pièce que j’avois faite à Feltre pour un théâ-tre de société».12 Antonio Gori-Salvatore Apolloni, Le metamorfosi odiamorose inbirba trionfale nelle gare delle terre amanti (Mestre e Malghera), a curadi Maria Giovanna Miggiani e Piermario Vescovo, in «Problemi dicritica goldoniana», (-(*, !&&"-!&&', pp. $-!#&.13 Prefazioni, p. $%$.14 Momoletta, Venezia, Valvasense, %$"#, p. !.15 Groppo, p. !"$.16 Manca in Sartori; esemplare del libretto in I-Vgc.17 Sartori, n. !'+,).18 Groppo, p. !"$.19 Mémoires, pp. %!,-%"&.20 Prefazioni, p. +,#.21 Mémoires, p. %"'.22 Ortolani!, (, p. %!!%.23 Franca Angelini, «In maschera voi siete / senza maschera al volto?»:le regole del gioco teatrale nei primi intermezzi goldoniani (!"#$-!"#%),in «Studi goldoniani», -*, %,)!, pp. %%'-%"& (in particolare pp. %!&-%!%).24 Prefazioni, p. $&,.25 Prefazioni, p. $&,.26 Mémoires, p. %#).27 Prefazioni, p. $%'.28 Mémoires, p. %+$.29 Prefazioni, p. $!'.

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1 Sull’intermezzo veneziano e sulle sue caratteristiche, cfr. il testo,ancora oggi il più completo sull’argomento, di Charles E. Troy, Thecomic intermezzo: a study in the history of eighteenth century opera,Ann Arbor, 36*, %,$,; Reinhard Strohm, L’opera italiana nel Settecen-to, Venezia, Marsilio, %,,%, pp. %%"-%",; Franco Piperno, Gli italianiall’estero. L’opera in Italia e in Francia, in Musica in scena. Storia del-lo spettacolo musicale, Torino, 3/5/, %,,+, **, pp. %"#-%'!.2 Sulle carriere dei due cantanti e sulla professionalità degli interpre-ti dei primi intermezzi, cfr. Franco Piperno, Buffe e buffi (considera-zioni sulla professionalità degli interpreti di scene buffe ed intermezzi),in «Rivista italiana di musicologia», (-***, %,)!, pp. !'&-!)#.3 Sulle strutture formali dell’intermezzo veneziano e sulle differenzecon quello napoletano, cfr. Michael F. Robinson, L’opera napoletana,a cura di Giovanni Morelli, Venezia, Marsilio, %,)', pp. !%'-!%$.4 Reinhard Strohm, Pietro Pariati librettista comico, in La carriera diun librettista. Pietro Pariati da Reggio di Lombardia, a cura di Gio-vanna Gronda, Bologna, Il Mulino, %,,&, p. ,!.5 Cfr. per esempio Il cuoco e la madama (A-Wn), Dragontana e Poli-crone (B-Br), L’indiano ossia Lisetta e Astrobolo (D-Hs), L’astrologoossia Pollastrella e Parpagnacco (D-Hs), Melissa schernita (D-Hs),Melissa vendicata (D-Hs) e Melissa contenta (D-Hs); per le partiturecitate, si indica sempre la biblioteca in cui si conserva il manoscritto;per quelle su testo goldoniano si danno anche le segnature.6 Per una sintesi sull’attività di Goldoni come librettista d’intermez-zi, cfr. Bruno Brizi, L’intermezzo, Goldoni e l’opera comica, in Musicanel Veneto. La Serenissima nel gran teatro del mondo, a cura di PaoloFabbri, Milano, Motta, %,,,, pp. $)-,,, e le osservazioni contenute nellavoro di Giovanni Calendoli, Il giovane Goldoni: dagli intermezzi allacommedia primogenita, Roma, Edizioni della Medusa, %,+,, pp. $)-,,.7 Mémoires, p. ,#: «Je choisis la Didone et le Siroé»; Prefazioni, p. ++!:«Si recitarono due drammi di Metastasio, la Didone e l’Artaserse[improbabile, visto che la prima rappresentazione del dramma meta-stasiano risale al carnevale del %$"&] e vi recitai io medesimo»; nessu-na traccia in Sartori, in *773 o in 0*86.8 Prefazioni, p. ++"; Mémoires, p. +&$ col titolo Le bon père.9 Prefazioni, p. ++"; cfr. Mémoires, p. %#).

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44 Franca Angelini, «In maschera voi siete / senza maschera al volto?»,cit., p. !"#.45 Groppo, p. "$%; Ortolani", &, p. !"%'.46 Franco Piperno, Gli interpreti buffi di Pergolesi. Note sulla diffu-sione della «Serva padrona», in Studi pergolesiani, (, a cura di France-sco Degrada, Firenze, La nuova Italia, !')*, pp. !**-!##.47 Ortolani", &, p. !"$"; Frank Walker, Goldoni and Pergolesi, in«Monthly musical record», +&&&, !',-, pp. "---"-,; Gordana Lazare-vich, From Naples to Paris: transformations of Pergolesi’s intermezzo«Livietta e Tracollo» by contemporary buffo singers, in Studi pergole-siani, (, cit., pp. !$'-!*,; Sartori, n. !-*$$; Piero Weiss, Carlo Goldoni,in Grove (opera), s.v.48 Groppo, p. ",): «Con questo dramma [Statira] si rappresentaronogli intermedi intitolati Il finto pazzo che non avendo incontrato granfortuna si cambiò per le ultime cinque recite nella Serva padrona fat-to l’autunno dell’anno passato a Sant’Angelo. La musica di tutti duefu del Pergolese. Rappresentati da Ginevra Magagnoli e da Domeni-co Cricchi ma per questa replica non si stampò [autonomamente,bensì insieme a Statira, Venezia, Rossetti, !#$!]»; Corniani, p. %)':«!#$!. Di primavera. Statira. Teatro di San Samuele. Poesia del Gol-doni. Musica di Petro Chiarini bresciano [...]. Intermezzi. Il finto paz-zo Musica e poesia d’incerti. La serva padrona. Poesia e musica d’in-certi».49 Irène Mamczarz, Les intermèdes comiques italiens au XVIIIe siècleen France et en Italie, Paris, ./01, !'#", p. $#,.50 Mémoires, p. *!); nessuna notizia in Frank Walker, Two centuries ofPergolesi forgeries and misattributions, in «Music and letters», &&&,!'$', pp. "'#-%"-; Frank Walker, Pergolesiana, in «Music and letters»,&&&((, !',!, pp. "',-"'*.51 Prefazione dell’autore alla prima raccolta delle commedie, !#,-, inOrtolani", (, p. #**.52 Ortolani", &, p. !"$$.53 James L. Jackman, Francesco Maggiore, in Grove, s.v.54 Sartori, n. !#*$*.55 Sartori, n. #%#%.56 Mémoires, p. *!).

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30 Mémoires, p. #!,; Ortolani", &, p. !"%$.31 Ortolani", &, pp. !"%!-!"%$, !"%'.32 Sopravvive un’aria di anonimo dall’Ippocondriaco in B-Bc, ,%#'.33 Prefazioni, p. #!#.34 Mémoires, p. !,'.35 Mémoires, p. !*$: «Le !# janvier [!#%,] on donna la première repré-sentation de ma Rosimonde [...]. La birba fit le plus grand plaisir; cet-te bagatelle, très comique et très gaie, soutint Rosimonde pendantquatre autres représentations; mais il fallut revenir à Bélisaire [...] etBélisaire et La birba furent joués ensemble jusq’au mardi gras»; Grop-po, p. "$-.36 Prefazioni, p. #"-.37 Gabriel Bella, Ciarlatani in Piazzetta a San Marco, olio su tela,Venezia, Fondazione Querini Stampalia.38 Franca Angelini, «In maschera voi siete / senza maschera al volto?»,cit., p. !",.39 Sugli aspetti linguistici degli intermezzi goldoniani, cfr. i preziosistudi di Gianfranco Folena, Goldoni librettista comico, in L’italiano inEuropa. Esperienze linguistiche del Settecento, Torino, Einaudi, !')%,pp. %-#-%"$, e di Franco Fido, La «mentita favella» degli intermezzi, inGuida a Goldoni, Torino, Einaudi, !'##, pp. ,!-,'.40 Prefazioni, p. #!*; Ortolani", &, p. !""*; sull’attività di Apolloni(Venezia !#-- circa-?) allievo di Galuppi e autore di alcune opere rap-presentate al San Samuele tra il !#"# e il !#%', cfr. James L. Jackman,Salvatore Apolloni, in Grove, s.v.; Francesco Passadore-Franco Rossi,San Marco: vitalità di una tradizione. Il fondo musicale e la Cappella dalSettecento a oggi, Venezia, Fondazione Levi, (, pp. %!$, $",, %").41 Ortolani", &, p. !"%$.42 Sugli aspetti legati alla teatralità della riforma nella Bottega da cafèe nella commedia La bottega del caffè, cfr. l’articolo di Ted Emery, Da«La bottega da cafè» a «La bottega del caffè»: le contraddizioni del mer-cato e la riforma goldoniana, in «Studi goldoniani», 8((, !'),, pp. $*-,'(in particolare pp. ,--,%).43 Groppo, p. "$%; l’attribuzione della musica addirittura ad AntonioVivaldi non trova per ora riscontro in alcuna fonte ed è solo una sup-posizione di Ortolani", &, p. !"%*.

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74 Andrea Fabiano, Histoire de l’opéra itelien en France (!"#$-!%!#).Héros et héroïnes d’un roman théâtral, Paris, !"#$, %&&', pp. (), %*%,%*+.75 Giovanni Carli Ballola, Pietro Antonio Coppola, in Grove (opera),s.v.; Piero Weiss, Carlo Goldoni, cit.; manca in #,$-, ,!!., I-Vcg, I-Vgc, I-Vnm.76 Corniani, p. (&/; Sartori, n. 0+*&/.77 Sartori, n. 0)*%) con data errata «01%1».78 Nota manoscritta nell’esemplare del libretto in I-Vnm, dramm)&&.0; Sartori, n. 0(+)&, non segnala questa copia.79 Ortolani%, 2, p. 0%%/.80 Sartori, n. 0)**%.81 Corniani, p. /0%: «01'&. Intermezzi. La pupilla, in Venezia, s.a., perOmobon Bettanin, in 2,, di pp. %(»; Sartori, n. 0)**&.82 Ortolani%, 2, p. 0%%/.83 Sartori, n. 0*(/&.84 Ortolani%, 2, p. 0%%/; La pupilla, Trieste, Schmidl, 0+)'; La pupilla,Roma, Voghera, 0)&+.85 Prefazioni, p. 1%&.86 Ortolani%, 2, p. 0%%'.87 Corniani, p. *'%: «01*/. Di primavera. Intermezzi [...]. La birba.Poesia e musica d’incerti. In Venezia, 01*/, Valvasense, in 2,, di p. %(.Altra edizione “in Venezia e in Bassano”». 88 Sartori, n. (&)'.89 Ortolani%, 2, p. 0%%'.90 Ortolani%, ,, p. 3.91 Sartori, n. (&)1.92 Groppo, p. %(*: «Bottega da caffè, L’amante cabala [...], MonsieurPetiton, Il filosofo. Questi sono tutti intermedi cantati nell’autunno ecarnevale passato da’ comici nel teatro di San Samuele [...] e sonostampati parte in Venezia parte in Milano, a causa del giro che nell’e-state fanno i suddetti comici».93 Ortolani%, 2, p. 0%*%.94 Ortolani%, 2, p. 0%**; Ortolani%, ,, p. 3.95 Sartori, n. 0&***.96 Sartori, n. 0&**(.

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57 Giovanni Polin, Introduzione, in Carlo Goldoni, Drammi comici permusica. I. !"&%-!"#!, a cura di Silvia Urbani, Venezia, Marsilio, %&&1,pp. %%-%1.58 Anna Laura Bellina, Tre gobbi per Anagilda, in «Finché non splendein ciel notturna face». Studi in memoria di Francesco Degrada, a curadi Cesare Fertonani, Emilio Sala e Claudio Toscani, Milano, 386 Edi-zioni, in corso di stampa.59 Esemplare della partitura in F-Pn, D %&/*; Ortolani%, 2 p. 0%(';James L. Jackman, Vincenzo Ciampi. Work list, in Grove, s.v. (col tito-lo Les trois bossus); manca in #,$- e in Catalogue Bn-Opale Plus(http://catalogue.bnf.fr).60 Anna Laura Bellina, Tre gobbi, cit.61 Groppo, p. *0%.62 Mémoires, p. '0); Ortolani%, 2,,, pp. )'+-)+0, 0%&%-0%&*.63 Ortolani%, 2, p. 0%/*.64 Mémoires, p. (&/; testo e apparato si leggono nel sito www.carlo-goldoni.it.65 Mémoires, pp. (&(-(&/.66 Il teatro comico, ,,.0/.67 Sartori, Indici. II. Cantanti, p. *''.68 Ortolani%, 2, p. 0%/*; Elisabetta Natuzzi, Il teatro Capranica dall’i-naugurazione al !%%!: cronologia degli spettacoli, Napoli, EdizioniScientifiche Italiane, 0))), pp. %01-%0+.69 Siegfried Gmeinwieser, Raimondo Lorenzini, in Grove, s.v.; #,$-,s.v.70 Il titolo di questa commedia è uguale a quello del dramma giocosodi Goldoni rappresentato a Parma nel 01/1 con la musica di AntonioFerradini; per la messa in scena al Capranica, cfr. Elisabetta Natuzzi,Il teatro Capranica, cit., pp. %%&-%%0.71 L’aria conservata in US-BEm, ms. )0, e attribuita a questo inter-mezzo di Goldoni da #,$-, s.v., non proviene dalla Cantarina.72 Elisabetta Natuzzi, Il teatro Capranica, cit., pp. %*1-%*+.73 Non è stato possibile vedere in tempo Il barcarolo, Vienna, Gio-vanni van Ghelen, 01(+, conservato solo in A-MB; Sartori, n. *1'&;dato il titolo, simile a quello con cui Goldoni stesso lo cita, potrebbeavere a che fare con I sdegni amorosi.

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119 Sartori, n. !""#.120 Sartori, n. $%!&!.121 Sartori, n. $%!&'.122 Sartori, n. $%!&(.123 Groppo, pp. %')-%'$: «'(!* [...]. Tre gobbi rivali amanti. Teatro diSan Samuele [sic]. Poesia Goldoni. Musica Ciampi»; Corniani, pp.&"$-&"%: «'(!*. D’autunno. La favola dei tre gobbi fu essa recitata nelteatro di San Mosè valendosi d’un libretto uscito nell’anno '(&" nelquale comparve sul teatro medesimo. Ella è un intermezzo di cui ilGroppo non fa menzione alcuna nel suddetto anno '(&" e poi nel pre-sente anno lo numera (forse per sbaglio) fra’ drammi nel suo catalo-go. Il teatro di San Mosè correva in quest’anno ad uso di commedia eframmischiarono i comici fra le stesse questo intermezzo cantato dapassabili musici e con esso terminarono le recite loro autunnali. Lapoesia è del dottor Carlo Goldoni, la musica di autore incerto»; Sar-tori, n. $%!&#; la nota manoscritta «'(!*» nell’esemplare del libretto inI-Mb conferma che l’edizione si può identificare con quella stampataa Venezia, Giovanni Battista Occhi, s.d., per il San Moisè.124 Sartori, n. $%!&#; Ortolani$, +, p. '$&*.125 Sartori, n. $%!&&.126 Sartori, n. $%!%$.127 Sartori, n. $%!&*.128 Oscar George Theodore Sonneck, Catalogue of opera librettosprinted before !"##, Washington, Government Printing Office, '"'&, ,,,p. ')").129 Christoph Henzel, Die Schatulle Friedrichs II von Preussen und dieHofmusik, cit., p. &'.130 Sartori, n. $%!&$.131 Sartori, n. $%!&".132 Esemplare del libretto in A-Wn, F-Pn; manca in Sartori; GustavZechmeister, Die Wiener Theater nächst der Burg und nächst demKärntnerthor von !$%$ bis !$$&, Wien, Böhlau, '"(', pp. $&)-$&'.133 Sartori, n. '&!(); Jitka Simákova-Eduarda Machácková, Teatraliazàmecké knihovny z Krimic, Praha, Divadelní ústav a KnihovnaNárodního Muzea v Praze, '"(), ,, p. '$', data illibretto al '(*)-'(*';Robert Haas, Beitrag zur Geschichte der Oper in Prag und Dresden, in

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*%

97 Ortolani$, ,, pp. "%", ''&*.98 Sartori, n. ')%%!.99 Sartori, n. ')%&$; Christoph Henzel, Die Schatulle Friedrichs II vonPreussen und die Hofmusik, in «Jahrbuch des Staalichen Instituts fürMusikforschung Preussischerkulturbesitz», rivista on line, '""", pp.&), &".100 Esemplari della partitura in D-B, Mus. ms. %#"; D-DS, Mus. ms. '',Mus.ms. ''a; D-WRgs, %$/%#(; D-WRz, Mus. IIa."); US-Wc, M '!))A *& F &; /,56, s.v.101 Sartori, nn. ')%&%-')%&*, '%&!#.102 Sartori, nn. '!"'#-'!"'".103 Sartori, n. ')"$"; /,56, s.v.104 Sartori, n. &''"; Ortolani$, +, p. '$%*.105 Sartori, nn. ""', &'$).106 Corniani, p. &)(: «'(&&. Intermezzi. La bottega da caffè. Repplicadel libretto del '(%* a San Samuele. Questa edizione però fu impres-sa in Venezia per Omobon Bettanin».107 Esemplari della partitura in D-LEm, Becker III.'!.*; D-WRz, Mus.VIIb.%&, Mus. VIIb.!$; /,56, s.v.108 Sartori, nn. ')&"-')!'.109 Ralf Eisinger, Das Hagenmarkt Theater in Braunschweig (!&'#-!"&!),Hildesheim, Olms, '""), pp. '($-'(".110 Sartori, nn. $%%(!-$%%(#, '&)"%-'&)"!, ')!'%; Frank Walker, Two cen-turies of Pergolesi forgeries and misattributions, cit., p. %)"-%'$.111 Sartori, nn. '%($-'%(&.112 Gordana Lazarevich, From Naples to Paris, cit., p. '*&; manca inSartori.113 Sartori, nn. ')*&!, ')*&(. 114 Sartori, nn. ')*&%, ')*&*. 115 Sartori, n. '%(!.116 Il quartier fortunato ossia La pace, Firenze, Giuseppe Pagani, '#)$;Ortolani', ++7,,, p. &)'; Ortolani$, +, p. '$&&; Piero Weiss, Carlo Gol-doni, cit., non confermato da José Antonio González, Stefano Cristia-ni, in Grove (opera), s.v.117 Sartori, n. "#%$.118 Sartori, n. **"".

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ABBREVIAZIONI

Per le opere di Goldoni e per i drammi qui riprodotti, citati col nume-ro del verso, si tralascia l’autore; per le biblioteche si adottano le sigle!"#$; per i classici si danno i numeri corrispondenti alle sezioni deitesti (canto o libro, strofa se necessario e verso; capitolo e paragrafo);per le pièces teatrali si indicano l’atto e la scena oppure i versi, quan-do le sezioni sono molto lunghe o quando manca la divisione. Inoltre:

Battaglia = Salvatore Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana,Torino, %&'&, ()*(-+,,+.

Berti = Carolina Coronedi Berti, Vocabolario bolognese italiano, Bolo-gna, Monti, (-*)-(-./ (ristampa anastatica: Milano, Martello, ()*)).

Boerio = Giuseppe Boerio, Dizionario del dialetto veneziano, Venezia,Cecchini, (-0* (ristampa anastatica: Firenze, Giunti, ())1).

Boggione-Massobrio = Valter Boggione-Lorenzo Massobrio, Diziona-rio dei proverbi. I proverbi italiani organizzati per tema, Torino,%&'&, +,,/.

Corniani = [Marcantonio Corniani Algarotti], Annali drammatici,musicali, pittorici, teatrali della città di Venezia nei secoli XVII,XVIII e XIX a tutto l’anno !"#$, con aggiunta delle farse, degl’inter-medi, delle cantate e degli oratori sacri italiani e latini eseguiti neiconservatori veneziani, Venezia (-1., ms., I-Mb, raccolta drammati-ca Corniani Algarotti, *,((.

Davanzo Poli = Doretta Davanzo Poli, Schegge goldoniane di modadalle commedie (!%#"-!%%"), in La moda a Venezia ai tempi di Carlo

*0

«Neues Archiv für sächsische Geschichte und Altertumskunde», 222-3"", ()(*, p. .1, data il libretto al (.*(-(.*+.134 Sartori, n. (/0.(.135 Robert J. van Nufel, Goldoni in Belgio, in Studi Goldoniani, a curadi Vittore Branca e Nicola Mangini, Venezia-Roma, Istituto per laCollaborazione Culturale, ()*,, "", pp. /++-/+1.136 Sartori, n. +10/1; probabilmente le due copie dell’aria conservata inD-Hs, M A/+)1*, ND VII 1,1b, databili al decennio (..,-(.-,, si rife-riscono a questa rappresentazione; !"#$, s.v.137 Esemplare della partitura in D-Hs, ND VII 1,1; !"#$, s.v.138 The London stage (!$$&-!"&&). A calendar of plays, entertainmentsand afterpieces together with casts, box-receipts and contemporary com-ment, compiled from the playbills, newspapers, and theatrical diaries ofthe period, "3 ((./.-(..*), a cura di George Winchetster Stone jr., 3((..*-(-,,), a cura di Charles Beecher Hogan, Carbondale (Illinois),Southern Illinois University Press, ()*+-()*-.139 Víctor Pagán Rodríguez, El teatro de Goldoni en España: comediasy dramas con música entre le siglos XVIII y XX, Madrid, UniversidadComplutense, ())..140 Andrea Fabiano, Carlo Goldoni, un ambassadeur involontaire del’opéra italien entre Venise et Paris, in La Venise de Goldoni, a cura diGeorges Ulysse, Aix en Provence, Publications de l’Université deProvence, ())-, pp. ++), +1/, +1*; Andrea Fabiano, Histoire de l’opéraitelien en France, cit., pp. /), +1+, +1/, +1-.141 Lettere, in Ortolani(, 222"2, p. 0/.142 Lettere, in Ortolani(, 222"2, p. **.143 Irène Mamczarz, Les intermèdes, cit., p. /,).144 Richard Taruskin, Catterino Cavos, in Grove (opera), s.v.; FrancoRossi, Catterino Cavos, in Dizionario enciclopedico universale dellamusica e dei musicisti, Torino, %&'&, ()))-+,,/, s.v.145 Sartori, n. /)),; !"#$, s.v.; Peter Branscombe-Caryl Clark, FranzJoseph Haydn, in Grove (opera), s.v.146 Sartori, n. (/.10.147 Sartori, n. +//-*.148 Sartori, n. +/0,(.

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paragrafo).Sartori = Claudio Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al

!"##, Cuneo, Bertola e Locatelli, !""#-!""$.Savioli = Carlo Goldoni, Opere drammatiche giocose, Venezia, Agosti-

no Savioli, !%%#-!%%&.Tevernin = Opere drammatiche giocose di Polisseno Fegeio, pastor arca-

de, Venezia, Giovanni Tevernin, !%'(.Zatta = Carlo Goldoni, Drammi giocosi per musica, in Opere teatrali,

)))*-)+,*, Venezia, Antonio Zatta, !%"$-!%"'.

-../0*,-1,23,

4%

Goldoni, Venezia, Centro Studi di Storia del Tessuto e del Costu-me, !""$, pp. !5-(4.

Folena = Gianfranco Folena, Vocabolario del veneziano di Carlo Gol-doni, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, !""(.

Groppo = Antonio Groppo, Catalogo purgatissimo di tutti li drammiper musica recitatisi ne’ teatri di Venezia, Venezia !%$! [ma !%4%],ms., I-Vnm, cod. it., *,,, &(&4 (= 5&4(); l’edizione (Antonio Groppo,Catalogo di tutti i drammi per musica recitati ne’ teatri di Veneziadall’anno !$%&, in cui ebbero principio le pubbliche rappresentazionide’ medesimi, fin all’anno presente !&'(, Venezia, Antonio Groppo,s.d.) risulta descripta rispetto al ms.

Grove = The new Grove dictionary of music and musicians, London,Macmillan, &###.

Grove (opera) = The new Grove dictionary of opera, London, Macmil-lan, !""&.

Guibert = Carlo Goldoni, Opere drammatiche giocose, Torino, Gui-bert e Orgeas, !%%%-!%%5.

,667 = Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italianee per le informazioni bibliografiche (http://sbnonline.sbn.it).

Marcello = Benedetto Marcello, Il teatro alla moda [Venezia !%&#].Mémoires = Carlo Goldoni, Mémoires, in Ortolani&, ,, pp. !-4!".Olzati = Carlo Goldoni, Opere drammatiche giocose, Torino, Stampe-

ria Reale, a spese di Agostino Olzati, !%'%.Ortolani! = Carlo Goldoni, Opere complete, a cura di Giuseppe Orto-

lani, Venezia, Municipio di Venezia, !"#%-!"'&.Ortolani& = Carlo Goldoni, Tutte le opere, a cura di Giuseppe Orto-

lani, Milano, Mondadori, !"('-!"'4.Prefazioni = Carlo Goldoni, Prefazioni ai diciassette tomi delle com-

medie edite a Venezia da Giambattista Pasquali, !%4!-!%%5, in Orto-lani&, ,, pp. 4&!-%'%.

Puoti = Basilio Puoti, Vocabolario domestico napoletano e toscano,Napoli, Libreria e Tipografia Simoniana, !5$!.

/,89 = International inventory of musical sources after !$##(http://biblioline.nisc.com).

Rohlfs = Gerhard Rohlfs, Grammatica storica della lingua italiana edei suoi dialetti, !"$"-!"'$, Torino, Einaudi, !"44-!"4" (si cita il

-../0*,-1,23,

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