La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

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1 LA STELE DI RAIMONDI Un Oopart nell’antico Perù precolombiano Articolo scritto da -il Pensatore-, Primo Maggio 2014 Introduzione Ovverosia I trucchi e la violenza del potere Considero l’archeologia accademica, così come viene insegnata nelle università e poi divulgata al pubblico, una grande truffa allorché essa verte su periodi storici anteriori al cosiddetto periodo classico che si fonda su Grecia e Roma antiche. Ciò si fa ancora più eclatante quando l’argomento si basa su civiltà nate e sviluppatesi al di fuori del contesto europeo. Le evidenze archeologiche cioè i reperti e le fonti documentali- possono essere datate con maggiore verosimiglianza quando riguardano periodi abbastanza vicini a noi, poiché siamo in grado di osservare un’evoluzione cultura le e tecnologica che da quei suddetti periodi arriva -grazie ai documenti scritti, alle rappresentazioni grafiche ed alle innovazioni tecniche- sino a noi senza evidenti (però solo all’apparenza) salti qualitativi o lacune. Ma attenzione, questo è solo il residuo che rimane depositato dopo che ogni cosa viene prima filtrata al setaccio dagli scherani del potere costituito; ciò che non passa attraverso la griglia è ritenuto scomodo e pertanto viene nascosto, oppure camuffato o, se necessario, viene distrutto. Al pubblico deve essere somministrata una sorta di cibo edulcorato. E’ mia convinzione che, nel mondo occidentale, tale strategia è palese in modo eclatante allorché la crisi dell’impero romano viene infiltrata dall’ espansione del cristianesimo; successivamente, col passare dei secoli altre maschere vengono usate: il potere costituito si evolve ed amplifica le sue abilità di mimesi e travestimento; apparentemente, riesce persino a sembrare altro da ciò che era un tempo. Per spiegare questo concetto necessito intraprendere il seguente itinerario. Durante le invasioni barbariche il mondo occidentale ha perso un enorme quantitativo di libri preziosissimi; secondo la versione ufficiale non c'è nessun mistero su questa perdita: il motivo principale è

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LA STELE DI RAIMONDI

Un Oopart nell’antico Perù precolombiano

Articolo scritto da -il Pensatore-, Primo Maggio 2014

Introduzione

Ovverosia

I trucchi e la violenza del potere

Considero l’archeologia accademica, così come viene insegnata nelle università e poi

divulgata al pubblico, una grande truffa allorché essa verte su periodi storici anteriori al

cosiddetto periodo classico che si fonda su Grecia e Roma antiche. Ciò si fa ancora più

eclatante quando l’argomento si basa su civiltà nate e sviluppatesi al di fuori del contesto

europeo. Le evidenze archeologiche –cioè i reperti e le fonti documentali- possono essere

datate con maggiore verosimiglianza quando riguardano periodi abbastanza vicini a noi,

poiché siamo in grado di osservare un’evoluzione culturale e tecnologica che da quei

suddetti periodi arriva -grazie ai documenti scritti, alle rappresentazioni grafiche ed alle

innovazioni tecniche- sino a noi senza evidenti (però solo all’apparenza) salti qualitativi o

lacune. Ma attenzione, questo è solo il residuo che rimane depositato dopo che ogni cosa

viene prima filtrata al setaccio dagli scherani del potere costituito; ciò che non passa

attraverso la griglia è ritenuto scomodo e pertanto viene nascosto, oppure camuffato o, se

necessario, viene distrutto. Al pubblico deve essere somministrata una sorta di cibo

edulcorato. E’ mia convinzione che, nel mondo occidentale, tale strategia è palese in modo

eclatante allorché la crisi dell’impero romano viene infiltrata dall’espansione del

cristianesimo; successivamente, col passare dei secoli altre maschere vengono usate: il

potere costituito si evolve ed amplifica le sue abilità di mimesi e travestimento;

apparentemente, riesce persino a sembrare altro da ciò che era un tempo. Per spiegare

questo concetto necessito intraprendere il seguente itinerario. Durante le invasioni

barbariche il mondo occidentale ha perso un enorme quantitativo di libri preziosissimi;

secondo la versione ufficiale non c'è nessun mistero su questa perdita: il motivo principale è

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stato la distruzione indiscriminata delle biblioteche perpetrate dagli invasori ... in realtà ciò

è vero solo in parte. La storiografia ufficiale si rifiuta sempre di dare la giusta importanza a

una serie di eventi cruciali; dopo il 314 DC, Costantino il Grande è l'unico ed in contrastato

padrone dell'impero romano. Egli ferma le persecuzioni contro le molte e diverse sette

cristiane e, soprattutto dopo il Concilio di Nicea -questo è un grande e decisivo incontro di

vescovi e studiosi che dura dal 20 maggio al 25 luglio del 325- inizia a conferire posizioni

importanti, all'interno del potere amministrativo, a funzionari di fede cristiana. Tale pratica

cresce con i suoi figli e successori, Costanzo II e Costante, che cominciano anche a

discriminare i sudditi pagani, però senza l'uso della violenza contro i templi della tradizione

romana e gli altri retaggi culturali. Ma i vescovi che formano l’emergente fazione cattolica,

potente e terribile, non ammettono l'esistenza di altre concorrenti sette cristiane e nemmeno

la persistenza degli antichi culti; arriviamo quindi all’imperatore Teodosio -molto devoto ai

dettami di Nicea, che hanno sancito il predominio teocratico della fazione cattolica- che

dichiara, il 27 febbraio 380 DC, il cattolicesimo romano religione di stato, a quel tempo

anche detto per l’appunto <cattolicesimo niceno>. Il vero vincitore è Aurelio Ambrogio

vescovo di Milano; egli è il più importante consigliere imperiale ed anche un uomo pieno

rancore verso le diverse opinioni altrui. Ambrogio convince il debole Teodosio ad imporre,

anche con l'uso della violenza, il cattolicesimo come l'unica religione ammessa in tutto

l'Impero, tramite l'emanazione dei cosiddetti "decreti di Teodosio". Così, nel 391, inizia la

persecuzione dei seguaci degli antichi culti –i quali comunque sono ancora la maggioranza

della popolazione entro i confini dell'Impero- e contro tutti gli ancestrali simulacri; anche le

altre sette cristiane non cattoliche sono combattute senza pietà. Certo, anche i libri erano un

bersaglio legittimo: bisogna notare che, a quel tempo, la letteratura cristiana era in uno stato

embrionale rispetto all’incommensurabile letteratura greco-romana. Molte biblioteche

pubbliche erano dedicate ai culti pre-cristiani, altre erano installate direttamente all'interno

dei santuari. All'inizio del terzo secolo l'imperatore Caracalla chiude il Musaeum, il grande

edificio che è stato la principale e prima sede della famosa Biblioteca di Alessandria. Molti

anni dopo, nel 264 DC, gran parte di quei libri sono stati trasferiti nel Serapeum di

Alessandria, santuario dedicato a Giove Serapide. Poche settimane dopo l’emanazione dei

"decreti di Teodosio", il santuario viene completamente distrutto da una folla di fanatici

cattolici aizzati dal vescovo Teofilo; i libri ardono insieme a molti altri capolavori assoluti

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dell’arte: sculture, mosaici, affreschi e dipinti. Questo è un modo utile e sempre amato dal

potere -soprattutto quando ne sta scalzando uno più antico- di sopprimere concetti, idee,

ricordi e sovvertire la storia: i nazisti non furono i primi a bruciare i libri, nel mondo

occidentale questo infame record appartiene ai cattolici. Proseguiamo su questo tracciato: si

è sempre detto che i monaci medievali sono stati i salvatori della civiltà occidentale,

durante e dopo le invasioni dei barbari; anche ciò è vero solo in parte. Nel Medioevo, i

monaci amanuensi hanno avuto la possibilità di scegliere -attraverso la ripetizione delle

copie dei manoscritti originali- cosa trasmettere ai posteri e cosa obnubilare. Questo è stato

il primo tipo di censura sistematica applicata nel mondo occidentale, dopo la caduta del

dell'ecumenismo romano. Bisognava permettere la diffusione di idee, concetti e memorie in

linea con la supremazia cattolica, oppure di idee, concetti e ricordi che -utilizzando le

opportune manipolazioni- potessero rivelarsi utili e compatibili con quella, essendo

l'ideologia intollerante del potere e non solo una semplice religione. Anche i capolavori del

canone greco-romano vengono aggrediti a causa della nudità più che manifesta e perché

mostrano le antiche divinità; i talebani quando hanno distrutto le statue monumentali di

Buddha, nel sud dell'Afghanistan, non sono stati i primi ad abbattere le reliquie

appartenenti alle precedenti religioni. Mi vien proprio da dire che i cosiddetti barbari sono

stati meno barbarici di, o almeno tanto barbarici quanto, molti cristiani fanatici che hanno

inflitto ad altre persone -ma con estensione geografica e temporale enormemente più

ampia- le stesse persecuzioni di cui proprio i primi cristiani hanno sofferto in passato1. E

da allora sino ad oggi? La lenta ma inarrestabile laicizzazione degli stati europei,

soprattutto dalla fine della Guerra dei Trent’Anni in poi, ha strappato progressivamente le

grinfie al Vaticano onnicomprensivo ed altrettanto intrusivo. Il potere si è evoluto, si è

liberato dalle sacrestie ed ha escogitato nuove forme di dominio; non ci sono più gli eretici

messi al rogo, l’Illuminismo ed il Positivismo hanno creato uno standard epistemologico ad

ampio spettro, buono per tutte le stagioni e per le sfaccettature del mondo contemporaneo:

esso è infatti il minimo comune multiplo della democrazia liberale, del fascismo, del

comunismo. Le bandiere e le ideologie possono cambiare ma esso resta ineffabile. Questo

standard epistemologico fissa parametri tassativi ben oltre la tutela del cosiddetto metodo

scientifico, esso definisce la congruità di modus pensandi, modus vivendi, modus operandi

in riferimento a tutti noi: solo ciò che rientra in tali parametri è reale altrimenti è una fola.

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E’ la differenza tra scienza e fantascienza, la differenza tra mito ed accadimento storico. Lo

standard distingue anche ciò di cui è lecito ed onorevole parlare da ciò che invece è ridicolo

e falso. Per esempio, è commendevole supportare e diffondere la lotta contro il cancro, ma

dire che le scie chimiche ci vomitano addosso sostanze cancerogene significa raccontar

balle dato che, ci viene assicurato, le scie chimiche non esistono. I grandi media

istituzionali hanno la funzione di sancire l’imprimatur su una qualsivoglia notizia, teoria o

ipotesi: una volta impresso il sigillo, qualunque cosa venga veicolata diviene la versione

ufficiale, ovverosia la verità. Ciò che non è diffuso dai famosi imbonitori di regime non

esiste. Il NWO è un argomento appetitoso per una fiction ma a livello divulgativo deve

rimanere una paranoia dei cosiddetti <cospirazionisti>, un neologismo della lingua italiana

coniato semplicemente per ghettizzare e deridere a priori noi studiosi indipendenti. Internet

è frutto della globalizzazione ma, al momento, è l’unica possibilità per una vera

controinformazione, come si diceva quando io ero giovane; Internet è la contraddizione nel

sistema, è il quid che si può ritorcere contro il suo stesso creatore…fintanto che qualcuno

non deciderà di staccare l’interruttore generale al momento opportuno. L’argomento di

questo articolo ci offre il modo di aprire la cortina degli inganni e mostrare un’epitome di

ciò che viene celato.

Una cosa che non dovrebbe esserci ma che invece c’è

Da un punto di vista prettamente tecnico, la sublime valenza artistica dei bronzi di Riace è

assolutamente pertinente al periodo più sfarzoso e lungimirante della Grecia antica, quando

operavano artisti quali Fidia, Policleto e Prassitele nell’ambito di una società che ha visto

nascere la filosofia occidentale; è altrettanto assodata in quell’epoca l’elevata maestria

ellenica nella tecnologia della fusione dei metalli. Poi tale afflato artistico e l’abilità

manuale sono stati trasmessi a Roma imperiale e da questa ulteriormente arricchiti. Venuti

poi a cadere quei patrimoni di conoscenza, abilità e cristallinità di vedute nell’ambito del

successivo Medio Evo (fino a Nicola Pisano: questo genio poliedrico per me è uno

spartiacque nella storia dell’arte), gli artisti europei epigoni di quel passato splendore si

sono trovati incapaci di assurgere ai livelli dei loro antichi ispiratori e lontani mentori.

Anche in ciò essi erano figli del loro tempo crudele, bigotto, asfittico e tutt’altro che

ecumenico. Ciò si può anche vedere nel ritardo con il quale la maestosità di edifici quali il

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Partenone, il Pantheon e le basiliche imperiali, solo per fare qualche esempio, venne prima

eguagliata e poi in qualche caso superata dalle cattedrali gotiche; ovverosia: dopo la caduta

di Roma gli scultori ed architetti europei pur non partendo da zero in realtà si trovarono,

all’atto pratico, quasi ad improvvisare. Ciò vuol dire che, ai tempi di Carlo Magno la

costruzione del mausoleo di Alicarnasso2

e la produzione del discobolo di Mirone erano in

realtà impossibili, essi sarebbero stati degli OOPART, cioè degli Out of Place Artifacts,

denominazione che possiamo tranquillamente tradurre in italiano come oggetti fuori posto.

Tutto ciò nonostante, ripeto, la civiltà europea avesse, parcheggiate nel dimenticatoio, tutte

le conoscenze e competenze per continuare su quella fulgida strada: semplicemente, la

caduta del mondo romano aveva segnato uno iato epocale, le sue idealità erano andate quasi

distrutte. Ma se questa impossibilità è vera in un periodo di decadenza, che segue un altro

che invece fu di splendore, è ancora più vera ed oppressiva nell’ambito di una civiltà che

nel suo passato (cioè le culture del cosiddetto Formativo Inicial ) non ha avuto e nel suo

presente (per l’appunto il periodo Chavín) non ha né la tecnologia congrua e né la maestria

gestuale; così come nel suo futuro (l’apoteosi del periodo incaico) non avrà alcun segno che

eguagli quella sublimità raggiunta in un particolare e fantomatico intermezzo (il monolito

che vedremo in seguito), secondo gli stessi dettami capziosi dell’archeologia universitaria;

mi sto riferendo al susseguirsi di civiltà dell’antico Perù sino all’arrivo dei conquistadores,

in particolare alla cosiddetta Chavín de Huantar. Questa può sembrare una asserzione

retorica, ma in realtà riflette la situazione di una quantità enorme di conoscenze e reperti

delle civiltà lontane da noi nel tempo e nella distanza, per esempio le piramidi di Giza, le

competenze astronomiche dei Maya, le mura ciclopiche di Sacsayuhaman a Cuzco, il

Trilithon di Baalbek in Libano (solo per citare qualche esempio). Ecco, tutte queste sono

evidenze archeologiche sotto gli occhi di chiunque ma che il fariseismo degli studiosi

ufficiali perverte, deforma e disloca temporalmente a proprio uso e consumo; questa è la

particolare modalità di truccare la storia arcaica architettata dall‘Illuminismo ed esaltata

successivamente dal Positivismo. In questo articolo, per ovvie ragioni di brevità, mancanza

di risorse pecuniarie per recarmi ovunque abbia sentito la necessità, ma soprattutto per

simpatia personale verso l’argomento, mi soffermo su un elemento appartenente al mondo

precolombiano, addirittura al periodo preincaico di quell’enorme territorio che è stato

conosciuto nella sua apoteosi col nome di Tahuantinsuyo, cioè l’-Impero dei Quattro

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Angoli del Mondo-, nome esatto dell’impero amerindio con capitale la città di Cuzco, che

in lingua quechua3

significa –Ombelico del Mondo-. Sto parlando della cosiddetta Stele di

Raimondi, manufatto unico e misconosciuto.

Lo Scopritore

Foto I - Antonio Raimondi e la parte alta della statua a lui ispirata, sita nella piazza limeña che

non poteva che chiamarsi Plaza Italia

Antonio Raimondi 4, chi era costui? Sì, fu un altro dei tanti carneadi della nostra storia: uno

di coloro che hanno fatto per il prossimo e per i posteri assai più di quanto molti tra noi

possano riuscire a fare, ma che mai godranno della fama di Piero Angela. E’ stato prima un

patriota sulle barricate milanesi tra il 18 e il 22 marzo 1848 e poi, a causa della vittoria

finale austriaca, un esule nel Nuovo Mondo, ove arrivò privo di mezzi ma ricco d’ingegno;

il Perù divenne la sua nuova casa. La nazione che allora incontrò stava ancora consolidando

la propria indipendenza e la propria identità dopo essere stata, grazie alla città di Lima

edificata tre secoli prima da Francisco Pizarro, la culla del vicereame ispanico nell’America

del Sud. Egli fu uno dei primi docenti stranieri dell’università di Lima e tra i fondatori della

facoltà di medicina, ma soprattutto fu il primo esploratore moderno di quei luoghi, che

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percorse in ogni senso gli fu possibile. Talentuoso disegnatore, ha lasciato migliaia di

rappresentazioni di piante, paesaggi e manufatti precolombiani. E’ stato un Indiana Jones

che è esistito per davvero, ma con le mani monde del sangue del suo prossimo. Quando il

giovane ufficiale dell’esercito peruviano Leoncio Prado5, figlio dell’allora presidente

costituzionale del Perù Mariano Ignacio Prado, si perse durante una missione di

esplorazione geografica, condotta da un plotone di soldati nella giungla amazzonica,

Raimondi, assistito da alcune guide native, fu in grado di ritrovarlo e di riportarlo alla

civiltà sano e salvo. Non risulta che amasse le armi da fuoco, ma diventò abilissimo

nell’uso del machete per aprirsi il varco nell’intrico della foresta pluviale. Quando la città di

Lima, alla fine della guerra del Pacifico Sud, venne occupata nel gennaio del 1881 dai

soldati cileni, egli espose al balcone di casa sua il tricolore sabaudo e durante il lungo

periodo dell’occupazione decine persone, di ogni sesso ed età, passarono di lì sottraendosi

agli abusi della soldataglia nemica. Tale era il suo prestigio che de facto quella grande e

vecchia dimora divenne un territorio tutelato dall’immunità diplomatica. Oggigiorno due

tra i migliori istituti scolastici di quel Paese portano il suo nome.

La scoperta

Nel 1860, Raimondi si trovava nel vasto sito archeologico attualmente noto col nome di

Chavín de Huantar 6

e fu avvicinato da un contadino nativo, tale Timoteo Espinoza, che lo

interloquì in quechua, lingua che il nostro ormai parlava fluentemente; all’incirca il

campesino gli disse: ”Straniero, so che cerchi cose antiche, sicché vuoi vedere qualcosa di

veramente unico?”. Così avviene in un modo quasi parodistico una delle scoperte più

importanti della storia dell’archeologia americana: sotto gli occhi stupiti dell’italiano, la

grande lastra di pietra, usata come mensa da pranzo in casa di Espinoza, si rivela in realtà

una stele magnifica finemente ed intricatamene lavorata. Queste sono le sue dimensioni,

altezza cm 198, larghezza cm 74, spessore cm 17. Essa raffigura il cosiddetto Dios de Los

Dos Baculos, cioè il <Dio con i due bastoni>. Nonostante la sua manifesta importanza, tale

reperto rimase nel dimenticatoio per tredici anni, poi, finalmente, il presidente José Balta ne

ordinò la traslazione nella capitale. Ma le vicissitudini non erano finite: durante il

saccheggio perpetrato dalla soldataglia cilena durante i primi mesi del 18817

ai danni di

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tutto il patrimonio culturale peruviano, la stele, ancora drappeggiata in una pesante coperta,

venne urtata da coloro che saccheggiavano il Museo de Historia e cadde rovinosamente

lungo una scala rompendosi in due pezzi; quando la teppa guardò ciò che giaceva ai propri

piedi ne vide solo il retro completamente liscio e non diede ulteriore importanza, così la

stele di Raimondi è rimasta fortunosamente nel suo Perù. Nel 1940, essa subisce un altro

colpo ma con minime conseguenze: il grande terremoto di quell’anno procura la rottura di

alcune parti della cornice.

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La stele

Foto II: l’originale

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Foto III: trasposizione grafica con una migliore risoluzione

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Foto IV: grazie a questa comparazione, si può vedere che le figure centrali, capovolgendo la

stele, hanno un’altra espressione

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Nell’agosto del 2001 ho potuto vedere direttamente questo capolavoro nel Museo Nacional

de Arqueología Antropología e Historia del Perú, che i Limeños chiamano orgogliosamente

e semplicemente El Museo de la Nación . Grazie al fatto che in quei giorni partecipavo agli

scavi nella Huaca Puclliana8, sita ormai nell’attuale contesto urbano di Lima, mi venne

permesso di avvicinarmi ed effettuare alcune misurazioni purtroppo sommarie e che non mi

soddisfecero del tutto: non mi fu permesso di appoggiare sulla superficie della stele né il

calibro centesimale né il flessometro. Inoltre, dato che all’epoca la direzione del museo

stava preparando una nuova edizione patinata del catalogo, mi si negò il permesso di

scattare foto ad un qualsivoglia reperto del museo e soprattutto alla stele; almeno, mi fu

permesso di toccarla a mani nude e questo, per l’epoca, fu una vera concessione.

Evidentemente, in questi ultimi anni, visto che vi sono diverse sue foto disponibili in Rete,

qualcosa è cambiato nella direzione del museo. Il protagonista dell’opera è letteralmente un

nano di circa 90 cm, con la testa coperta da un elmo integrale che raffigura un grande

felino, probabilmente un giaguaro o un puma. Tale casco/maschera è sormontato da una

serie di complicate elaborazioni di elementi felidi e serpentiformi che si alternano gli uni

agli altri, soprattutto teste di serpente. Capovolgendo la foto l’espressione dei vari

personaggi cambia, la sensazione è il passaggio dalla minaccia all’allegria. Questa tecnica,

che nella stele di Raimondi è complessa sino al parossismo, viene definita dal prof. N. J.

Wade9

come Binocular Rivalry (oppure, Contour Rivalry), che in italiano possiamo tradurre

come –rivalità binoculare-. In breve, tale fenomeno designa l’effetto della percezione visiva

di differenti immagini contigue ed alternate, mostrate allo stesso tempo ad ambedue gli

occhi; il primo studioso a prendere coscienza di questo fenomeno assai intrigante fu,

sempre secondo Wade, il matematico e fisico napoletano Giambattista della Porta (ma

soprattutto alchimista!), quest’ultimo tratta l’argomento per la prima volta nella storia nel

suo libro De Refactione Optces, 1589. Adesso vi esorto a guardare attentamente le foto

della stele: tecnicamente parlando, essa presenta aree maggiormente scavate all’esterno

della figura (cioè lungo i suoi contorni), questo espediente permette alla figura quasi di

emergere dalla cornice, di avere un effetto tridimensionale, queste parti esterne hanno una

profondità coerente di circa 3 cm (non superiore comunque a 5 cm). I bordi, che

circoscrivono sia le zone laterali di asportazione dal pieno che le scanalature-lineamenti,

formano un angolo di 90° che è rispettato lungo tutto il rispettivo perimetro. I lineamenti

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del nano e delle molteplici figure di draghi e serpenti, cioè i segni nella parte centrale, sono

meno profondi. Queste linee -possiamo chiamarle senz’altro incisioni continue, scanalature,

piuttosto che graffiti superficiali- che formano i lineamenti hanno una profondità coerente

di circa 3 mm (forse 5 mm) per una pari larghezza. Le narici e gli occhi delle figure centrali

-tranne gli occhi del nano- hanno una profondità apparente pari alle zone scavate dei

contorni esterni, anche qui viene rispettato l’angolo di 90°. Al tatto la superficie della figura

interna risulta levigata quasi a specchio, essa è interrotta solo dai lineamenti e dalla

spaccatura diagonale (il triste ricordo del 1881) immediatamente sopra l’elmo/maschera.

Anche il fondo delle asportazioni di contorno è altamente levigato: i polpastrelli non

riescono a percepire eventuali grossolanità; stesso discorso per i lati e la faccia posteriore,

che sono completamente privi di incisioni. Il personaggio è racchiuso da una cornice

laterale spessa circa 3 cm; tale spessore viene quasi mantenuto per tutto il perimetro della

stele; la cornice inizia ad assottigliarsi gradualmente dalla metà in giù. Tutte le differenti

misure: profondità, larghezza, rettilineità, curve, angoli, sono quasi sempre consistenti (cioè

non vi sono deviazioni marcate, gli errori sono appena percettibili: qui uso il termine -

consistente- proprio nella sua accezione britannica); la ripetizione dei disegni è precisa. Ove

ciò non accade ho ritenuto di riscontrarvi, in primo luogo, l’effetto delle intemperie e delle

vicissitudini dei millenni, più che lo sbaglio dell’autore. L’esecuzione sembra essere stata

effettuata appoggiando sulla superficie della lastra un foglio di carta millimetrata, sulla

quale è stata disegnata prima una metà e poi specularmente anche la successiva. Antonio

Raimondi scrisse, tra l’altro, a tal riguardo nella relazione inviata al governo di Lima:

“Detta pietra è degna di gran stima per il complicato e raffinato disegno, per la

sorprendente e precisa simmetria, che si nota in un lavoro tanto difficile che il migliore

artista non lo avrebbe potuto superare in perfezione”.10

Oltre un secolo dopo, nel

capolavoro della sua maturità, Historical Atlas od World Mythology, il prof. Joseph

Campbell11

arriva a parlare di lavoro di cesello in contrapposizione al quesito sulle

modalità della sua lavorazione; inoltre, dato che Campbell fu anche uno studioso

approfondito (e probabile praticante) di esoterismo, egli, nella suddetta pubblicazione,

ritiene di scoprirvi in filigrana addirittura il quarto chakra dell’induismo, quello del cuore,

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denominato Anahata, che in questo caso simbolizza l’unione del mondo dell’immanenza e

quello della trascendenza.

La datazione

A questo punto viene obbligatorio chiedersi a quale periodo della storia dell’umanità

appartenga questo straordinario manufatto: ebbene, la storiografia ufficiale lo attribuisce

alla cultura Chavín, esistita in Perù tra il 1200 ed il 200 AC. Il suo centro nevralgico è

proprio da identificarsi nel sito Chavín de Huántar, Valle Conchucos (3.180 m sul livello

del mare); attuale provincia di Huari, dipartimento di Ancasch, circa 462 km al Nord-Ovest

di Lima. L’etimolgia della denominazione Chavín de Huántar è oscura12

e la lingua di

origine è il quechua; comunque, tale denominazione è probabilmente più recente del

periodo in questione, dunque non è affatto certo che fosse davvero il nome con il quale i

nativi di quel tempo definissero la propria nazione. Generalmente, essa viene riconosciuta

come la più importante fase pre-incaica, seppur ancora costellata più da lacune ed

interrogativi che da certezze. La datazione della messa in opera della stele che riscuote

maggior consenso è avanzata dallo stesso Campbell, cioè intorno al 900 AC. Però,

dichiarando questo la storiografia ufficiale nello stesso tempo si trova avviluppata in una

contraddizione enorme: perché? Semplice. Gli spagnoli, quando affrontano e distruggono le

grandi civiltà precolombiane, hanno la fortuna di imbattersi in nemici che non possono

difendersi con le proverbiali armi pari. Aztechi, Maya, ed Inca hanno una metallurgia

primordiale, infima: non conoscono né il ferro e né l’acciaio; in America del Sud, i primi

tentativi di fusione per ottenere il bronzo (lega prodotta unendo rame e stagno) si suppone

che siano avvenuti solo dopo il IX secolo dopo Cristo (tanto per intenderci, in Europa a

quel tempo c’era Carlo Magno). Comunque, sempre secondo la storiografia ufficiale, la

metallurgia ha sempre rappresentato una voce minore dell’economia di quel tempo

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Il materiale

Almeno, tutto ciò è vero secondo il verbo dell’ufficialità universitaria. Oro, argento, e rame

sono metalli malleabili e per tale motivo, nell’ambito del progresso dell’umanità, hanno

ceduto il passo a quelli più duri e resistenti, allo scopo di creare utensili più robusti per

lavori di ogni tipo. Per quanto più resistente del solo rame, il bronzo rimane fragile e per

sopperire a ciò è necessario che venga usato in gran quantità per ciascun manufatto; per

esempio, si vedano le statue, le campane ed i cannoni antichi. I cosiddetti Chavín non

conoscevano nemmeno il bronzo ma hanno avuto l’abilità di creare questo gioiello,

lavorando un enorme blocco di granito ed usando perfino strumenti ridicoli: ciò non può

essere accaduto! Vediamo perché. Il granito è una roccia d’origine magmatica che,

tecnicamente parlando, viene definita durissima; nella scala di Friedrich Mohs13

alcune

tipologie di granito hanno un livello di durezza di 6 mentre altre hanno il 7. Tanto per

intenderci, il marmo ha un livello tra il 3 ed il 4 mentre il diamante è al top con il livello 10.

L’utilità empirica della scala Mohs è data dal seguente criterio: ogni elemento è in grado di

scalfire quello che lo precede (cioè quelli con il numero più basso) ma non viceversa.

Scala di Mohs

Teneri (si scalfiscono con l'unghia)

o 1. Talco

o 2. Gesso

Semi duri (si rigano con una punta d'acciaio)

o 3. Calcite

o 4. Fluorite

o 5. Apatite

Duri (non si rigano con la punta di acciaio)

o 6. Ortoclasio

o 7. Quarzo

o 8. Topazio

o 9. Corindone

o 10. Diamante

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Ma qui bisogna sottolineare una novità: quasi fino ad oggi, in riferimento a questa stele si è

sempre parlato di granito in senso lato: invece, nel 2009, il prof. Gorge Rapp14

, geologo

dell’università del Minnesota, identifica precisamente nella diorite il materiale che la

compone. Senza cadere nella disquisizione se la diorite sia una roccia di tipo granitico

oppure un genere a parte, ciò significa che la sua durezza tende più verso il livello 8 che al

7 propriamente detto.

Vickers Scale

Material Vickers

hardness

Material Vickers

hardness

Material Vickers

hardness

Sn 5 Limestone 250 Polypropylene 7

Al 25 MgO 500 Polycarbonate 14

Au 35 Window

glas 550 PVC 16

Cu 40 granite 850 Epoxy 45

Fe 80 quartz 1200

Mild

steel 140 Al2O3 2500

Hardened

steel 900 WC 2500

La tabella che segue la Mohs permette di confrontare le rocce granitiche con altri elementi,

questa scala è più recente ed è chiamata scala di Vickers. Possiamo vedere che il granito è

quasi duro come il moderno acciaio temprato industriale, anche se quest'ultimo solitamente

contiene contemporaneamente, oltre al carbonio, almeno altri componenti come il cromo, il

molibdeno ed il vanadio. Il quarzo è ancora più duro che l’acciaio temprato. La tabella

seguente è la più moderna in assoluto ed è stata sviluppata da BTI, un’azienda canadese

leader del settore della tecnologia mineraria, che mostra, tra le altre cose, l’alta durezza

della diorite.

Page 17: La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

17

TYPICAL ROCK HARDNESS – BTI SCALE

Rock: Toughness: Rock: Toughness:

Fresh Diabase (Trap)

Pyroxene Quartzite

Sandstone

Altered Diabase

Fresh Basalt

Hornblende Schist

Diorite

Hornblende Granite

Rhyolite

Quartzite

Biotite Gneiss

Augite Diorite

Altered Basalt

Feldspathic Sandstone

Gabbro

3.0

2.7

2.6

2.4

2.3

2.1

2.1

2.1

2.0

1.9

1.9

1.9

1.7

1.7

1.6

Chert

Calcareous Sandstone

Granite

Slate

Peridotite

Granite Gneiss

Andesite

Limestone

Mica Schist

Amphibolite

Dolomite

Biotite Granite

Augite Syenite

Hornblende Gneiss

1.5

1.5

1.5

1.2

1.2

1.2

1.1

1.0

1.0

1.0

1.0

1.0

1.0

1.0

Le prime opere scultoree che rappresentano alla perfezione il corpo umano, come ho già

detto, appartengono alla Grecia classica, allorché artisti incommensurabili avevano a

disposizione utensili congrui in ferro, forse anche acciaio (scalpelli, martelli, cunei, lime

etc.), per lavorare un materiale non duro e non resistente quale il marmo, però mai si sono

azzardati ad affrontare cimenti simili col granito. E’ vero che tale pietra è stata usata anche

nell’antichità remota, per esempio in Egitto ed in Mesopotamia, ma non per produrre

oggetti raffinati in cui la precisione della lavorazione era indispensabile per riprodurre

lineamenti e tridimensionalità; il granito era di norma utilizzato per la pavimentazione, la

costruzione di colonnati e pareti divisorie, i tentativi di realizzare statue hanno dato risultati

grossolani e sommari pur se di elevatissimo valore artistico. E se fosse stato possibile

altrimenti i grandi artisti del canone greco lo avrebbero utilizzato senz’altro…ops! eppure i

musei sono costellati di reperti impossibili che risalgono a molte centinaia di anni prima

della Venere di Milo! Su ciò tornerò brevemente in seguito.

Page 18: La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

18

La lavorazione

Le rocce granitiche (e simili, compresa quindi la diorite) sono altamente resistenti ad ogni

tipo di attrito, alle alte temperature ed agli acidi. Per riuscire a tagliare pezzi di granito che

fossero delle lastre con un perimetro formato davvero da angoli retti, cioè dei

parallelepipedi perfetti, si è dovuto aspettare l’invenzione del cavo elicoidale a fili

intrecciati d’acciaio con schegge di diamante su puleggia battente, risalente alla fine del

1800. Per affinare ulteriormente il processo lavorativo, il carrarese Luigi Madrigali15

ha

inventato trent’anni fa il filo d’acciaio con cilindri d’acciaio alternati a globuli di diamanti

sintetici su supporto rotante. Soprattutto, oggigiorno per ottenere incisioni ed asportazioni

precise pari ai lineamenti della figura nella stele di Raimondi si usano trapani battenti,

montati su colonna mobile, provvisti di punte diamantate al tungsteno aventi spessore di

pochi millimetri (oppure strumenti al laser di tipo militare); nessuno si sogna di usare

martello e scalpello perché siffatta precisione è inarrivabile con simili mezzi. Per fare un

esempio ironico, un’ascia da boscaiolo non è adatta per tagliare una bella, sottile e rotonda

fetta di mortadella. Per ogni fine che implichi precisione e raffinatezza bisogna mettere in

atto delle modalità congrue altrimenti si fallisce. Vi farò altri esempi: i bisturi del chirurgo e

i coltelli del macellaio sono tutti strumenti affilatissimi, ma un qualsivoglia chirurgo mai

userà i secondi per operare sul pancreas. La potenza dell’energia cinetica erogata dagli

ordigni esplosivi viene resa usando il chilotone, un chilotone è pari all’esplosione di una

massa compatta di mille tonnellate di tritolo. La bomba Little Boy, sganciata su Hiroshima

il 6 agosto del 1945 (8:15 ora locale) era pari a circa 16 chilotoni; prima ancora, tra il 13 ed

il 14 febbraio del 1945, nell’arco di meno di ventiquattro ore, la città tedesca di Dresda si

vide seppellita da 3.900 tonnellate di bombe convenzionali sganciate dai liberatori;

insomma, si può far esplodere tutto il tritolo che si vuole: ma per ottenere l’irraggiamento

radioattivo la condicio sine qua non è la fissione nucleare di uranio 235 o di plutonio 239

altamente concentrati. L’umanità per autodistruggersi ha usato gli esplosivi fin dal

medioevo, ma per arrivare al salto di qualità del fungo atomico si è dovuto aspettare che,

nel -Progetto Manhattan-, il genio di Oppenheimer avesse a disposizione la tecnologia

congrua e più elevata. Procedendo con questo discorso, l’ammontare della pressione in kg

per cm2, esercitata allo scopo di ottenere la complessa figura della stele, con gli inadatti

Page 19: La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

19

utensili propri di tutte le civiltà precolombiane poteva portare o alla distruzione degli stessi

oppure alla spaccatura irregolare del blocco, forsanche ad ambedue gli effetti. Su questo

argomento è senz’altro illuminante l’esperimento tentato da un talentuoso ma poco noto

scultore olandese: Hendricus Johannes (Henk) Etienne, all’incirca settanta anni fa, ha

cercato di riprodurre le tecniche scultoree in voga nell’antica Grecia; in primo luogo, egli

ha approcciato l’impresa facendosi costruire scalpelli in bronzo simili a quelli usati prima

dell’avvento degli utensili in ferro, per la lavorazione del marmo. Bisogna sottolineare che,

senza voler divagare in un trattato di tecniche scultoree, un qualsivoglia scultore ha a

disposizione il colpo diritto -cioè inferto dal martello sullo scalpello perpendicolare alla

superficie da lavorare- ed un ammontare pressoché illimitato di colpi obliqui, nell’ambito

dei 360° dell’angolo giro. Quando Etienne ha tentato di usare i colpi obliqui sul marmo il

risultato è stato frustrante: gli scalpelli in bronzo scivolavano, si piegavano e si spuntavano;

egli era costretto a perdere un sacco di tempo per rimetterli a posto per poi ottenere solo un

risultato grossolano e lontano dalle aspettative iniziali. Questa specie di fiasco indusse lo

scultore olandese ad usare unicamente il colpo diritto, la quale cosa gli consentiva sì di

preservare un po’ più a lungo l’integrità degli scalpelli però ottenendo comunque un esito

approssimativo e di ripiego, dovuto alla effettiva impossibilità di usare il virtuosismo dei

colpi obliqui. Inoltre, il fatto che fosse costretto ad una limitata possibilità operativa lo

costringeva a muoversi come una specie di handicappato, con una fatica fisica enorme ed

una lentezza esasperante. In questo modo Etienne ha dimostrato che solo l’avvento del ferro

–probabilmente introdotto in Grecia dai Dori invasori, sempre secondo la storiografia

ufficiale- ha permesso che, in epoca classica, i già citati eccelsi artisti avessero gli strumenti

idonei per convertire il marmo nei capolavori immortali tramite l’uso indispensabile dei

colpi obliqui. Attenzione, la nostra stele è di diorite, sicché provate ad immaginare quante

centinaia di migliaia, probabilmente milioni, di colpi diritti con scalpelli di rame -molto più

fragili di quelli in bronzo- sarebbero stati necessari per ottenere solo un obbrobrioso

pasticcio, fatto di graffi disordinati, assai superficiali ed appena intellegibili su tale

materiale, dotato di una durezza che si approssima a quella del diamante. Pur se essa non è

un’ opera a tutto tondo, le curve, la ridondanza di particolari –spessissimo ripetuti sino al

parossismo-, le scanalature e le asportazioni presenti su quella superficie levigata quasi a

Page 20: La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

20

specchio hanno necessitato una lavorazione sopraffina al massimo e tutt’altro che

menomata.

Foto V: Kore, cioè <ragazza>. Questa è la famosa statua marmorea di Nikander, trovata

nell’isola di Delo e risalente all’inizio del VII secolo AC; pur se è evidente l’azione corrosiva delle

intemperie e dei secoli, la sua palese legnosità e piattezza di forme, nonostante l’accennata

grazia di alcune curve muliebri, rende legittimo attribuire la sua lavorazione all’uso di scalpelli -ed

altri eventuali utensili acuminati- fatti di bronzo.

Foto VI: Kouros, cioè <giovane>. Questa statua, pure in marmo, proveniente dall’isola di Nasso

è più recente rispetto alla prima di almeno mezzo secolo; la maggiore flessuosità e rotondità di

forme, l’esaltazione dei particolari muscolari ed ossei, i lineamenti del viso ed i capelli quasi

cesellati, l’asimmetria degli arti inferiori in movimento, dimostrano che l’autore ha utilizzato

scalpelli e lime in ferro, godendo finalmente della libertà di movimento dei colpi obliqui.

Page 21: La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

21

Lo studioso anglo-germanico prof. Rudolf Wittkower, per ciò che concerne la Grecia

antica, inserisce il passaggio dagli utensili in bronzo a quelli in ferreo verso la fine del VII

secolo AC.16

E che diavolo?! Ripeto, qualche amerindio del lontano passato sarebbe stato

capace di ciò che fu impossibile ai maestri greci… eh sì, poiché voglio sottolineare che

nella trattatistisca accademica non vi è alcuna opera scultorea propriamente detta, fatta di

marmo o di un materiale più duro, che venga attribuita esplicitamente all’uso di utensili in

rame. Sto parlando di sculture a tutto tondo, di bassorilievi e di altorilievi che sono le tre

principali categorie nell’arte scultorea; le arcaicissime incisioni rupestri grossolane ma

evocative e coinvolgenti al tempo spesso, presenti un po’ ovunque nel mondo da Grosio in

Valtellina a Tassili nel Sahara, sono state realizzate grazie all’uso di amigdale, selci e punte

in rame su superfici calcaree e sedimentarie. Data l’impossibilità odierna di trovare in

commercio un sega in rame (pertinente all’epoca presunta della fabbricazione della stele) di

almeno 150 cm di lunghezza (attenzione, seghe di tal fatta mai sono state trovate in alcun

sito archeologico, né in assoluto di qualsivoglia dimensione nel Nuovo Mondo), caro

lettore, ti esorto a comprare una moderna sega manuale in un qualsiasi negozio di

ferramenta: prova a tagliare una semplice pietra di diorite (si trova nei negozi di geologia e

mineralogia), dopo averla messa in una morsa, vedrai i denti dell’utensile grattare

inutilmente prima, per poi surriscaldarsi e piegarsi perdendo il filo. Magari prova in

compagnia di un amico, voglio dire: tu ad un capo e l’altra persona all’altro della sega, così

svilupperete maggiore velocità e attrito sulla diorite… e potrete rovinare prima la sega e

risparmiare tempo anziché fare esperimenti inutili. L’intento potrà solo ottenere un taglio

assai slabbrato al suo inizio e grossolanamente ondulato lungo la sua lunghezza; data la

durezza di quella particolare pietra è assolutamente impossibile ottenere un taglio pulito e

perfettamente perpendicolare con un normale utensile manuale moderno, pur se in acciaio

al carbonio altamente temprato come sono le seghe che troviamo presso il nostro centro

commerciale di fiducia; l’attrito fa aumentare esponenzialmente il calore vulnerando la

stessa compattezza molecolare della lama, anche gli eventuali raffreddamenti con acqua

sottoporrebbero comunque l’attrezzo ad una successione di shock termici, mentre la

struttura della diorite rimane ineffabile. Oppure, compra una lastra già levigata di granito o

di diorite in un normale negozio di edilizia e prova a tracciare su di essa incisioni sottili,

lunghe, precise e profonde come quelle della nostra stele, usando martello e scalpello e ti

Page 22: La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

22

sentirai subito frustrato a morte; sicché, magari, vorrai usare un trapano con punta d’acciaio

comprato presso un Bricocenter e ti arrabbierai ancora di più; il passo successivo sarà

spendere un cifra dai 500 euro in su per comprare un più veloce e potente trapano con

colonna, insieme a diverse e costose punte diamantate al carburo di tungsteno, tra le più

sottili in commercio, e solo allora potrai ottenere un qualche successo! Stesso discorso per

ottenere quell’elevata levigatura (quasi a specchio): prova ad utilizzare su quella superficie

una pelle di squalo smeriglio, se sei così fortunato da trovarla in commercio da qualche

parte, oppure tenta con un mucchietto di normale sabbia tenuto nel palmo della mano;

proprio questi erano gli elementari mezzi su cui potevano contare popoli non ancora in

grado di forgiare le lime per la levigatura, lime comunque inadatte a levigare a specchio un

materiale assai più duro del marmo. La sabbia è un elemento molto duro ed esiste fin dalla

notte dei tempi, essa è stata utilizzata per millenni come strumento, semplicemente

mettendola nel palmo della mano, per tentare di lisciare qualsiasi superficie; poi, all’inizio

del XIII secolo DC in Cina, qualcuno ha avuto la geniale intuizione di utilizzare della

gomma naturale per incollare sabbia, conchiglie e semi schiacciati sulla superficie di una

pergamena e così, infine, è nata la carta vetrata. Qualora vogliate produrvi in un gioco

sull’orlo della pazzia, affrontate direttamente un enorme macigno informe di diorite con

tutti gli strumenti che riuscite a comprare presso il solito centro commerciale, ma senza

assolutamente rivolgervi ad un’industria specializzata, e vedremo per quanti minuti

riuscirete ad evitare di mandare tutto al diavolo…e non si dimentichi che, per la farisaica

scienza ufficiale, la metallurgia di quell’epoca non andava oltre il rame! Assolutamente un

altro discorso è la lavorazione delle pietre calcare che, essendo di natura sedimentaria, sono

molto più friabili: ciò ha permesso la loro utilizzazione anche da parte di popolazioni

completamente prive di metallurgia, mediante le cosiddette amigdale (in inglese choppers),

cioè concrezioni minerarie spontanee e facilmente reperibili in superficie, solitamente di

forma ovale e sufficientemente dure per scolpire e squadrare grossolanamente anche

blocchi di tufo. A questo punto trovo utile focalizzarci sull’articolo A Short History of

Metals scritto dal il prof. Alan W. Cramb17

, uno dei massimi esperti di ingegneria dei

metalli negli USA: in riferimento alla storia del ferro scrive tra l’altro:

“ La pratica della fusione del ferro inizia all’incirca nel 1500 a. C. […] C’è qualche indizio

che l’uomo abbia cominciato a lavorare il ferro già intorno al 2500 a. C.; comunque, la

Page 23: La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

23

lavorazione di questo metallo non è diventata una faccenda di tutti i giorni sino al 1200 a.

C. L’ematite, un ossido del ferro, fu largamente usata per produrre monili ed ornamenti; è

facilmente ottenibile usando anche il carbone. Inoltre, il materiale ferroso prodotto a

temperature comprese tra i 700 ed 800 ° C non è utilizzabile per la forgia, sicché deve

essere prodotto a temperature superiori ai 1100 °C. Il ferro battuto è stata la prima forma

utilizzata dall’uomo. Il prodotto della reazione era una massa porosa mista a scorie;

quindi essa doveva essere battuta, surriscaldata ancora, ribattuta per espellere le scorie e

quindi forgiata nella forma desiderata. Nei primi giorni della metallurgia, il ferro era

cinque volte più costoso dell’oro e i primi usi furono ornamentali. Le armi in ferro

rivoluzionarono l’arte della guerra ed il ferro comportò lo stesso sconvolgimento

nell’agricoltura. Ferro ed acciaio furono le fondamenta su cui si è costruita la civiltà. [ …]

Questi sette metalli: oro, argento, rame, piombo, stagno, mercurio, ferro e le leghe bronzo

ed elettro (lega naturale d’oro ed argento, a volte anche con scorie N.d.A.) furono il punto

di partenza della metallurgia e, perfino in questa breve storia, noi ci confrontiamo con

alcuni dei fondamentali problemi del processo metallurgico. I problemi sono i seguenti:

-il minerale deve essere scoperto, separato e modellato prima che lo si possa usare;

-il minerale deve essere fatto reagire sotto una temperatura controllata e sotto una

pressione atmosferica controllata;

-il metallo liquefatto deve essere prima mantenuto e poi gettato in un preciso stampo;

-il metallo deve essere lavorato per raggiungere le desiderate e finali proprietà e forma.”

Ed io aggiungo anche la difficoltà di trovare e riconoscere il materiale refrattario al calore

adatto per costruire vere e proprie fornaci: quindi arriviamo a comprendere come i nativi

peruviani18

di quell’epoca fossero impossibilitati letteralmente ad avere gli strumenti

congrui per realizzare questo stupefacente monolito. Dirò di più: quello che ho affermato

per esso si deve estendere a moltissimi altri manufatti, tra i quali (solo per nominarne

qualcuno, la lista è lunghissima) il cosiddetto sarcofago di Cheope, la Piedra del Sol azteca

e la stele di Hammurabi. A fronte di simili incongruenze ed illogicità palesi dei dogmi

ufficiali accademici, pur se nell’ambito dell’antico Egitto, Joseph Davidovits19

ha

affermato che gli Egizi possedevano una tecnologia così avanzata da permettere di

polverizzare gli enormi blocchi calcarei, del peso da 2 tonnellate sino a 15 tonnellate, per

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24

poi ricompattarli in loco sui bastioni stessi della piramide in costruzione. Anche se

appartengono ad un contesto diverso, ritengo utilissimi alcuni brani tratti dal fondamentale

libro The Piramydes and Temples of Gyzeh, scritto da sir William Matthew Flinders

Petrie20

, uno dei più grandi egittologi di tutti i tempi:

"Noi sappiamo già che le seghe ed i trapani con gioielli erano gli strumenti utilizzati dai

costruttori delle piramidi; mentre i martelli di pietra grezza sono esattamente i tipi

appartenenti a rozzi modi del periodo tolemaico.

[...]

La quantità di pressione, indicata dalla velocità con cui i trapani e le seghe hanno

perforato ed hanno attraversato le pietre dure, è molto sorprendente; probabilmente un

carico di almeno una o due tonnellate è stato imposto sui trapani di quattro pollici che

hanno bucato il granito.

[...]

Questi solchi non possono essere stati prodotti da graffi semplicemente rimuovendo il

trapano, come è stato suggerito. [...] Perciò queste scanalature a forma di spirali rapide

possono essere attribuite solo alla progressiva discesa, sotto un’enorme pressione, del

trapano nel granito; salvo, però, assumere l’utilizzo di un altro strumento abrasivo, la

raspa, che sarebbe stato impiegato alternativamente con il trapano per estendere

scanalatura, ma per quest’ultima ipotesi non vi è alcuna evidenza di prove.”

Ed io dico che sicuramente questi antichi costruttori hanno utilizzato seghe e trapani con

gioielli –e questi ultimi potevano essere solo i diamanti- ma anche molti altri strumenti

sofisticati e macchinari con energia diversa da quella umana. Qualunque sia il punto di

arrivo di un dato procedimento meccanico, tale traguardo è semplicemente l’ultimo anello

di una precisa e congrua catena: ovverosia, significa che il risultato rappresentato da

blocchi di granito forati e tagliati, così come ci viene descritto da sir Petrie, presuppone una

tecnologia avanzatissima frutto della coesistenza di molti fattori. Per applicare con successo

una pressione di alcune, probabilmente molte, tonnellate su un trapano del diametro di

quattro pollici (per di più con punta diamantata!) è necessario una complessa, potente e

sofisticata apparecchiatura, ben di più che la semplice forza bruta creata da una brigata di

uomini. La semplice aggiunta di scaglie di diamante sulla cima di una punta di acciaio

temprato è un’operazione molto difficile e costosa perfino oggi. Ancora una volta voglio

Page 25: La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

25

proporre alcuni esempi. Possiamo immaginare un numeroso equipaggio di una nave

incagliata su un'isola deserta: i naufraghi hanno una motosega senza benzina, beh, essi non

saranno mai in grado di tagliare un albero solo cercando di sfregare la catena contro un

qualsivoglia tronco, per semplice attrito; invece essi saranno costretti a costruire asce di

pietra e ad agire come uomini di Neanderthal. Dal tempo della supremazia fenicia nel

Mediterraneo fino alla caduta di Roma, l'uomo è stato in grado di costruire la potente

trireme, così letale da distruggere le navi nemiche grazie alla prua corazzata dotata del

rostrum, ma per rompere il ghiaccio polare è stato necessario aspettare l’invenzione del

moderno piroscafo a vapore. Bisogna sottolineare che sir Petrie dimostra esplicitamente che

i più recenti architetti di Tolomeo erano molto meno avanzati rispetto ai costruttori delle

antiche piramidi; inoltre, che peccato…nessuno degli antichi macchinari è stato mai

trovato. Soprattutto, è veramente spiacevole che Petrie non abbia cercato di spiegare meglio

la sua personale <sorpresa> nei confronti degli intriganti blocchi di granito. Sì, perché

voglio sottolineare che, secondo le più moderne attrezzature scientifiche:

"Il granito pesa circa il 12% più di un uguale volume di calcestruzzo. Il granito può

resistere a pressioni da 15.000 a 25.000 libbre per centimetro quadrato (da 103.000 a

172.000 kPa) rispetto alla pressione di 4000 libbre (27.600 kPa) che è in grado di

sopportare il più forte calcestruzzo"(Vedere la fine della nota 13).

Questo contesto coerente viene raggiunto soltanto dalla tecnologia contemporanea. In ogni

caso, nessuno del mondo accademico ha mai osato speculare su utensili di rame, o di

bronzo, con scaglie di diamante nell’ambito di tutta l'era precolombiana in America Latina.

Una manfrina che sento ripetere fin dalla mia infanzia è la seguente: -E’ scientifico solo ciò

che si può riprodurre in laboratorio-; Ok, va bene, non ho problemi, poiché nel presente

caso io ritorco questa asserzione contro i suoi propugnatori: io aspetto che riproducano per

filo e per segno la stele di Raimondi, in diorite, usando utensili manuali fatti in rame, selce

ed ossidiana e con le stesse asserite tecniche primitive in voga nel Perù del X secolo avanti

Cristo.

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26

Lo “schema delle età” e la balla parziale del ferro meteorico

Il materiale di cui è formato un manufatto è strettamente collegato agli strumenti necessari

per la sua lavorazione: adesso accompagnatemi nella vivisezione di uno dei dogmi che ci

accompagna fin dai bei tempi innocenti delle scuole elementari. E’ un percorso obbligato

per demolire un’impalcatura stantia che continua ad esistere solo perché fa comodo, quindi

è un pretesto per uno scopo più ampio. Agli albori dell’illuminismo, in data 12.11.1734,

innanzi ai suoi colleghi parrucconi21

dell’ Académie des inscriptions et belles-lettres, il

gesuita ed archeologo francese Nicolas Mahudel22

espone, tramite un lunga e dettagliata

dissertazione verbale, la sua teoria dell’evoluzione della civiltà umana: è il famoso schema

delle tre età, cioè quella della pietra, del bronzo e del ferro. Questa schematizzazione fu per

ben sei anni rifiutata dall’illustre consesso fino a che venne accettata nel 1740: semplice,

pur senza attaccare esplicitamente il racconto biblico nel Genesi, essa offriva una griglia

interpretativa alternativa ai dogmi del cattolicesimo. E’ elemento da sottolineare: con un

secolo d’anticipo su Charles Darwin, questo importante però misconosciuto studioso

individua un flusso evolutivo quasi costante nel succedersi delle generazioni umane, che da

una condizione pressoché miserabile passa, grazie ad una graduale e vieppiù sofisticata

manipolazione tecnologica, ai livelli eccelsi dell’antichità greco-romana. Tale

periodizzazione è stata accettata sostanzialmente da tutti gli studiosi posteriori, soprattutto

alla luce del successivo grande consenso riscosso dalla teoria darwiniana dell’evoluzione

della specie. I problemi incominciarono quando, a fine del 1800 si aprì l’epoca delle grandi

spedizioni archeologiche, condotte dai più famosi orientalisti tedeschi e britannici nel

vicino Oriente. Già qualche ingrippamento lo aveva causato Heinrich Schliemann tra il

1873 ed il 1890, soprattutto con la scoperta di Troia, ma anche con gli scavi a Tirinto e

Micene; però egli non era un cattedratico bensì un dilettante, geniale ma pur sempre un

outsider. Grazie all’avanzamento della tecnologia e della chimica già nella prima metà del

secolo scorso, le indagini stratigrafiche permisero di capire che i ritrovamenti di

Schliemann mostravano un’evoluta società in tempi assai anteriori al periodo del ciclo

troiano (XII-XI sec. a. C.): gli studi condotti dal prof. Carl W. Blegen della Yale

University, tra il 1932 ed il 1938, dimostrarono che i resti del nucleo primigenio (cosiddetta

-Troia I- 23

) risalivano addirittura al 3000-2600 AC. Queste datazioni indicano una civiltà

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27

che per antichità può quasi rivaleggiare con il primo periodo dinastico egizio; eppure in

quella zona costiera dell’Anatolia, ove si trova la collina di Hissarlik-Troia, in base agli

studi precedenti era ritenuto assai improbabile che a quell’epoca un siffatto livello potesse

esistere. Lo schema delle età inizia ad apparire come la camicia di un bambino che si

stringe sempre più su un corpo che, in piena fase di sviluppo, continua a crescere, fino a che

la persona, ormai diventata adulta, continua a portare quell’indumento striminzito,

miserrimo, scucito e pencolante, nonostante la palese ridicolaggine. Ma non c’è scandalo:

fintanto che, nella comunità degli studiosi, il classico bambino di turno non urla: -Ma il re è

nudo!-, l’inciucio prosegue e continua ad essere insegnato. Invece, le cose si complicano

per davvero quando in Egitto ed in Mesopotamia arrivano le cime dell’intellighenzia

accreditata; sicché, in breve, che cosa succede? Succede che molti reperti di pregevole

fattura sembrano essere più antichi rispetto al periodo entro il quale si dovrebbero

incasellare in base alla semplice suddivisione del reverendo Mahudel e successivi. In altre

parole, l’antichità di quei reperti spinge a retrodatare l’uso del ferro, in quanto prodotto di

evidenti fasi evolute, in epoche più remote rispetto a quella famosa periodizzazione. Nessun

problema: si tira la coperta da una parte e poi dall’altra. Quindi, verso la fine degli anni ‘20,

era possibile datare un manufatto non solo per le caratteristiche apparenti ma anche grazie

al contesto geologico nell’ambito del quale esso era ritrovato: le analisi chimiche già

permettevano di individuare con buona approssimazione l’epoca degli strati della crosta

terrestre, sicché, quando un oggetto in ferro, oppure un prodotto la cui manifattura indicava

l’uso di utensili in ferro, veniva trovato in uno strato più antico di quanto si aspettasse, per

esempio risalente al periodo del bronzo, bisognava retrodatare la scoperta del ferro. Il

seppur utile sistema delle età entra concettualmente in crisi quando, all’inizio degli anni ’50

del secolo scorso, si perfeziona la tecnica della datazione tramite il carbonio 14, detto anche

radiocarbonio24

. In breve, grazie al decadimento di questo isotopo radioattivo, presente nel

materiale organico, si può calcolare l’età del reperto sino a circa 60.000 anni prima del

tempo corrente (in inglese before present, prendendo come terminus ante quem il 1950),

inoltre, più il periodo del reperto in questione è vicino (anche il periodo sumerico, secondo

tali parametri è da ritenersi tale) maggiore è la precisione della datazione; dunque, per

esempio, se negli strati più interni di una lama in ferro si trovano residui organici risalenti

al 2500 a. C. conseguentemente bisogna dire che quel coltello fu costruito molto prima del

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28

periodo ritenuto normale. Per evitare che il sistema tripartito entri definitivamente in

collasso, il periodo metallurgico è stato coerentemente adattato ed esteso alla preistoria,

anche aggiustandolo relativamente alle varie realtà geografiche. Insomma, l’impianto

siderurgico aggiornato e corretto ancora viene insegnato nelle scuole di ogni ordine e grado;

però ad un occhio attento ed indipendente non sfuggono le contraddizioni temporali, che

potremmo definire delle vere e proprie enclave, ove si riscontrano degli oggetti (in realtà

molti) che stridono fortemente col contesto complessivo. La comunità scientifica ufficiale

usa astutamente, un colpo al cerchio ed uno alla botte, la scoperta del ferro meteorico per

tentare di risolvere definitivamente il problema. Il ritrovamento di oggetti fatti di questo

particolarissimo minerale, letteralmente proveniente dal cielo, è un’ottima scusante per

spiegare l’esistenza ingombrante di manufatti ferrosi in epoche remotissime e prive degli

strumenti più basilari per lo sfruttamento minerario (attenzione, sempre secondo la

storiografia ufficiale). Questo è un vero e proprio inciucio che permette di spiegare come il

debutto dell’età del ferro25

, in forma di oggetti ornamentali, sia stato addirittura retrodatato

in Africa, in particolare Egitto predinastico, sino al III millennio AC. Semplice, pur non

potendo sfruttare i giacimenti che avevano sotto i propri piedi perché non ne avevano i

mezzi, gli africani lavoravano il ferro caduto dal cielo perché era lì sotto gli occhi di tutti

pronto per essere sfruttato. Però, non mi risulta che sia stato rinvenuto alcun utensile in

ferro meteorico, davvero atto ad un qualsivoglia duro lavoro, che possa essere attribuito a

quella remota epoca. Infatti, c’è un altro problema, tale minerale è composto da una lega

complessa durissima e resistentissima, impossibile da lavorare proficuamente senza gli

strumenti metallurgici adatti (soprattutto altiforni e crogiuoli refrattari alle elevatissime

temperature necessarie per la fusione); insomma, popoli senza la dovuta tecnologia non

possono raggiungere risultati che necessitano imprescindibilmente di determinati fattori. A

tal fine è interessante notare quanto il ferro meteorico sia da sempre apprezzato per la forgia

di lame di elevatissima qualità26

(per dirla all’inglese: combat ready) e di assai ardua

realizzazione, dato che in realtà esso è un vero e proprio acciaio in attesa di essere

lavorato27

. Non solo, fino all’inizio degli anni ’90 del secolo scorso si è ritenuto che

l’acciaio (cioè lega di ferro più carbonio ed altri elementi, dato che stavolta parlo del

metallo terrestre) sia stato un progresso risalente, cronologicamente parlando, ai tempi della

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29

crisi di Roma imperiale ed all’inizio delle pressioni dei mongoli dall’Est; eppure recenti

ritrovamenti retrodatano il suo uso al 2000 AC. Mi riferisco ai manufatti di Kaman-

Kalhoyuk nel cuore dell’attuale Turchia, ritrovati e studiati dal ricercatore giapponese

Hideo Akanuma28

, tra il 2006 ed il 2008: essi sono stati prodotti in acciaio ad alto

contenuto di carbonio in un contesto che scombina lo scacchiere ipotetico precedente; ma

reperti similmente composti sono stati trovati successivamente anche in Mesopotamia,

India, Cina ed Africa orientale, oltre che, ovviamente, in Egitto. Però lo schema tripartito,

poi diventato quadripartito a causa dell’inserimento del rame, è ancora lì sbilenco a tener

banco, anziché essere stato buttato nell’immondizia coram pupulo. Ma voi ed io vediamo

che queste contraddizioni abnormi di tempo e di luogo, questi particolari Out Of Place

Artifacts, anziché enclave appaiono come veri e propri eczemi che si diffondono sul tessuto

malato che è la manfrina confezionata dalla –cosca del sapere-. Studiosi contemporanei

assai validi quali, Kristian Kristiansen29

, Graham Connah30

, Peter Bogucki31

, David

Browman32

, evidenziano il semplicismo, le lacune e le incongruenze dell’intero impianto

ma si guardano bene dal portare alla ribalta gli indizi che pure escono dalle loro stringenti

deduzioni. Quindi, più per le mancanze degli altri che per merito personale, mi trovo ad

essere l’unico che individua nella stele di Antonio Raimondi un Oopart.

Contraddizioni logiche e temporali

E’ interessante (ed oserei dire simpatico) sottolineare un elemento quasi distonico:

l’archeologia tradizionale ed ufficiale, soprattutto qui in Italia, è una disciplina umanistica,

cioè basata sulla filologia antica, la linguistica romanza e germanica, la storia dell’arte

classica prima e poi del vicino Oriente. Recentemente stanno subentrando, qui più

lentamente che altrove, anche altre discipline quali la geologia (in particolare la

stratigrafia), l’antropologia fisica e l’antropologia culturale. Il progressivo apporto di

chimica e fisica rendono l’archeologia contemporanea un complesso strutturale altamente

interdisciplinare e tecnologizzato; ma ciò comporta un grande problema: storici, filologi ed

archeologi fanno parte di una casta che comunque tende a perpetuare lo status quo

universitario; ovverosia, è lecito scoprire cose nuove ma il sistema totalizzante dogmatico

deve essere mantenuto, non può essere rivoluzionato. I problemi sono creati dai suddetti

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30

scienziati (coloro che si occupano delle cosiddette scienze naturali, fisiche e matematiche);

questi ultimi se non sono zittiti o ammansiti a priori da qualche centro di potere (per

esempio: le case farmaceutiche o i militari) se ne fottono altamente delle sicurezze

sbandierate dagli accademici umanisti, sicché, quando debbono pubblicare dei lavori che

contraddicono le balle dei farisei in toga lo fanno senza problemi di sorta; vedansi, per

esempio, i lavori del genetista Luigi Luca Cavalli Sforza33

che anticipano di più 30.000

anni la presenza dell’umanità in America, rispetto alla favola della migrazione attraverso lo

stretto di Bering durante l’ultima glaciazione. Sembra di vedere un po’ il diavolo che fa le

pentole ma non i coperchi: gli studiosi di stampo umanistico imbastiscono delle storielle

affascinanti ed apparentemente solide che si reggono fino a quando studiosi di stampo

scientifico (o scientista, se preferite) tirano dei siluri che dovrebbero affondare anche delle

corazzate…ma niente paura! Il sistema dogmatico della verità ufficiale ingloba e digerisce

tutto, proprio come lo stomaco di uno struzzo: basta semplicemente che gli elementi

apparentemente virali non vengano divulgati e correttamente spiegati al pubblico; bisogna

lasciare che gli imbonitori di regime continuino a ripetere le menzogne che rassicurano i

cuori e rincoglioniscono i cervelli. Invece, se volete immergervi in un lavoro monumentale

e rigoroso vi consiglio senz’altro Archeologia proibita di Richard Cremo34

, scritta in

collaborazione con Richard L. Thompson; è un peccato che in Italia questo lavoro

fondamentale non abbia avuto il meritato riscontro presso il vasto pubblico solitamente

interessato a tali argomenti.

Antropologia culturale eretica

Dulcis in fundo, cosa rappresenta il personaggio grottesco della stele di Raimondi? Ho già

detto che è definito dagli studiosi come El Dios de los dos Báculos, ma esso offre la

possibilità di un approccio analitico sia ortodosso che eterodosso; andiamo con ordine. La

parola Totem appartiene al gruppo linguistico algonchino-athabaska (America del Nord) ed

ha una pletora di significati, ma tutti portano alla trascendenza. I Totem più famosi sono

proprio quelli della nostra infanzia, che abbiamo visto nei film e nei fumetti western;

ebbene, essi in linea di massima erano delle riproduzioni fedeli degli originali; abbiamo

imparato conoscerli come pali di legno, sui quali erano intagliate delle figure di animali

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31

diversi tra loro ma quasi avviluppati gli uni agli altri, più raramente anche figure

antropomorfe, che si sviluppavano in altezza. Purtroppo, spesso ci sono stati mostrati come

strumenti di tortura, cosa che non corrisponde al vero. In realtà essi erano il tentativo di

unire il mondo contingente col mondo soprannaturale; in questo elemento di mediazione

inframondano venivano unite in simbiosi le rappresentazioni delle varie divinità e le parti

strutturali del gruppo sociale, partendo dall’entità basilare della banda finendo alla nazione.

Senz’altro lo slancio era verso il cielo ma la base del simulacro era comunque saldamente

infissa nella terra, non solo per motivi meramente utilitaristici; molte stele precolombiane

sono veri e propri Totem litici . Troviamo quindi che lo stesso approccio di tipo

antropologico culturale ci porta ad una lettura a più livelli:

- il Totem come elemento catalizzatore tra la trascendenza e l’immanenza;

- il Totem come raffigurazione esplicita degli esseri divini e della loro associazione con gli

umani;

- il Totem come rappresentazione dell’identità esistenziale e storica del popolo nativo.

L’afflato è il raggiungimento ed il mantenimento dell’armonia, lo sciamano ne è l’interprete

già predestinato alla nascita e poi riconosciuto dal gruppo. Anche la stele di Raimondi è un

Totem litico: in esso, l’artista sconosciuto ha -o più propriamente: gli artisti sconosciuti

hanno- voluto immortalare gli esseri sovrumani con i quali la cosiddetta civiltà Chavín era

in contatto, esseri che sono stati trasfigurati in modalità più consone alla prospettiva mistica

e tribale. Non solo Picasso, Salvador Dalí e Giorgio De Chirico, solo per fare qualche

nome, hanno distorto e riplasmato la realtà contemporanea e tecnologica che abbiamo sotto

i nostri occhi, per aggiungere altri significati, reconditi o addirittura estranei. Ciò fu fatto

legittimamente già al momento della realizzazione del nostro convitato di pietra35

. Sì: sto

parlando di Alieni. Autori imprescindibili nel campo dell’Alterità36

quali Erich von

Däniken, Peter Kolosimo, John Mack , Zecharia Sitchin e Corrado Malanga37

, colui che

ritengo il più eminente tra tutti, hanno, tramite approcci seppur diversi, ripetutamente

individuato nell’ambito del lungo campionario alieno delle figure preminenti: i Rettiliani, i

Nordici con pupilla verticale/romboidale ed i Grigi. E’ assolutamente inutile che io mi

dilunghi nel descrivere tali tipologie; i suddetti Autori lo hanno già fatto ampiamente. Posso

solo sottolineare che io, tramite l’analisi comparata delle religioni antiche, ho proposto la

Page 32: La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

32

mia griglia interpretativa su allegorie artistiche e narrative, sia in forma di miti orali che

scritti, nonché di rappresentazioni pittografiche o scultoree, che si basano su tali specie

aliene. Dato che ne ho parlato diffusamente in vari articoli che si trovano nel sito di

www.Sentistoria.Org38

ora voglio solo sintetizzare questa mia chiave di lettura in cui i

Rettiliani sono i draghi; i Nordici dalla folta chioma rutilante e la pupilla verticale sono

assimilati al dio giaguaro; mentre il Grigio, grottesco nano, compare quasi come un

giullare, recante in testa un pesantissimo copricapo che raffigura i suoi padroni. Su

quest’ultimo abbiamo la possibilità di soffermarci e di inquadrarlo come colui che fa la

maggior parte del lavoro sporco durante le abduction. Il cosiddetto the Grey, piccoletto,

paffutello e caricaturale, nell’ampia casistica dei rapimenti appare come il classico cacio sui

maccheroni, silenzioso e zelante Arlecchino servo di molti padroni39

, in questa

manifestazione epifanica lo si vede associato a due tra gli aguzzini più palesi agli occhi

degli addotti. Ritorniamo ancora alla stele; la trasposizione visiva è minuziosa, certosina, la

ridondanza dei particolari è a livelli barocchi e nulla è affidato al caso. L’artista, singolo o

collettivo che sia, ha voluto rendere precisamente un determinato progetto rappresentativo:

l’evidenza è che non un <dio giaguaro> si è voluto ritrarre bensì il Grigio con tre dita nelle

mani -richiudibili e con pollice opponibile e due dita nei piedi. Questa figura è ampiamente

citata40

nei Branton files ed in vari avvistamenti in America Latina, in special modo durante

gli avvenimenti di Varginha, Brasile, nel gennaio del 1992; essa è anche un identikit del

famoso viandante notturno universalmente noto come Chupacabras. Se si fosse voluto

raffigurare il giaguaro, ci sarebbe stato tutto lo spazio per scolpire le cinque dita per

cadauna zampa anteriore e le quattro dita di ciascuna zampa posteriore. Per ragioni diverse,

sia artistiche che psicologiche, sono rilevanti i due scettri (Los dos Baculos in spagnolo):

sono i quasi onnipresenti simboli della dualità, dell’opposizione: immanenza e

trascendenza, Yin e Yang, mortale ed immortale, terrestre ed extraterrestre; ma l’elenco è

infinitamente lungo. Se poi qualche competente vi sa scorgere delle raffigurazioni di

circuiti adducendo congrue dimostrazioni io, ebbene, non ho opposizioni di sorta. Mentre

l’ominide Guardalaluna41

contemplava un blocco anonimo (ma solo all’apparenza), un

monolito di granito nero, levigato a specchio e di dimensioni simili, noi abbiamo la

possibilità di ammirare un’opera d’arte sopraffina, stridente e scomoda: la rappresentazione

Page 33: La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

33

di un portale (questa è la spiegazione della cornice che percorre tutto il perimetro esterno)

sul quale si affaccia questo personaggio sincretistico, nell’atto di varcare la soglia tra due

mondi. Ma se quest’opera è così scomoda perché mai non è stata dichiarata un falso

moderno? Semplice: essa è sotto gli occhi di tutti, soprattutto degli studiosi,

ininterrottamente dal 1860: un’epoca in cui la strumentazione contemporanea per crearla

non esisteva ancora. Lo stesso discorso vale per tanti altri manufatti; basta tacere il fatto

che, tecnicamente parlando, è palesemente impossibile realizzarli proprio secondo le

contraddittorie teorie che la cultura ufficiale mette in giro, senza stare molto attenta alla

congruità delle affermazioni, contando che la cosiddetta ”massa” tanto poi non si accorgerà

di niente. Quando, circa trentacinque anni fa, esternai al mio professore di storia perplessità

simili, riguardo al sarcofago di Cheope, ricevetti questa risposta:”…se ce lo abbiamo lì

davanti agli occhi un diavolo di modo lo avranno trovato per costruirselo!.. e non stare più

a rompere!!” ed è quello che dico anche io (insieme a tanti altri studiosi eretici), ma non

concordo affatto con la linearità darwiniana rappresentata dallo schema delle età, che ci

vogliono inculcare dalla nascita dell’Illuminismo sino ad oggi; che è in realtà una linearità

maculata da pacchiane contraddizioni, logiche, temporali e di luogo. Se l’evoluzione

dell’homo sapiens può apparire più valida della storia di Adamo ed Eva (la quale comunque

allegoricamente vuol dire molto di più, ma “questa è un’altra storia”) io contesto la

lapidarietà dogmatica del processo storico che va dall’età della pietra sino all’età dell’ Ipad

o, se preferite, dal tozzo ominide Guardalaluna alla splendida Naomi Campbell. Non ho la

pretesa di conoscere per filo e per segno ogni tappa, ogni criticità, ma esistono evidenze che

prima della cosiddetta preistoria vi è stato un periodo fastoso, colto ed altamente

tecnologico che, onorando Platone42

, non ho difficoltà a definire come età atlantidea,

durante la quale erano a disposizione tutti gli strumenti tecnici per scolpire la stele di

Raimondi e costruire ben altro. I più antichi popoli preincaici sono stati testimoni di quel

mondo maestoso e drammatico nel contempo; il periodo imperiale degli Incas è stato sì il

climax della storia e della cultura di quei popoli precolombiani, ma solo in questa parte di

tempo più vicina a noi. I nativi del Tahuantinsuyo sono stati gli eredi quasi del tutto

inconsapevoli di un patrimonio residuo e mutilato, i resti di un qualcosa di

incommensurabile sia nel bene che nel male. Evidenze archeologiche suffragate dalle

analisi stratigrafiche, dalle corrispondenze astronomiche (scoperte che datano dalla seconda

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34

metà del secolo scorso, soprattutto in riferimento a siti particolarmente nevralgici e famosi

quali Giza e Tihauanaco) ci parlano di eventi epocali avvenuti all’incirca 13.000 anni or

sono. Tale cifra è, a spanne, la metà di un ciclo precessionale e si colloca in un lasso di

tempo nei paraggi dell’ultima glaciazione. Quella è l’epoca remotissima in cui secondo i

testi sacri dell’umanità (Bibbia, Veda, codici Maya ed Aztechi etc.) e le tradizioni orali

millenarie dei popoli nativi (Zuni, Dogon, Tibetani etc.) gli esseri soprannaturali

provenienti dal cielo vivevano su questo pianeta. Da quelle fonti si evince sempre un grado

di netta subordinazione dell’umanità nei confronti dei “discesi dal cielo”; a volte un

gregariato dotato di una certa autonomia però mai un’emancipazione con parità di

lignaggio. Una serie di concause, primariamente belliche e cataclismatiche43

, hanno portato

alla fine di quell’epoca ma non alla fine della morsa aliena sull’umanità. La sensazione è

che i dominatori si siano ritirati nell’ombra, nascosti dietro un sipario, ma che in più di

un’occasione abbiano agito a fianco degli uomini e sulla pelle degli uomini; il tutto per

farci credere d’essere individui realmente dotati di libero arbitrio. Una particolare razza di

alieni, che seguendo Sitchin possiamo chiamare senz’altro Annunaki, ha manipolato alcuni

primati per creare l’umanità e farne la propria forza lavoro. Successivamente, la fine di

Atlantide ha creato quella che viene definita impropriamente preistoria, durante la quale

sacche del passato fulgore hanno convissuto con decadute società umane tribali, le quali,

sempre con la spada di Damocle del controllo alieno mistificato, hanno iniziato il percorso

per arrivare all’attuale storia di oggigiorno. Se la stele di Raimondi è stata realizzata nel

900 a.C. nell’ambito della civiltà Chavín, vuol dire che i suoi realizzatori hanno goduto di

un lascito tecnologico, una vera reliquia, di Atlantide; ma io suppongo che la stele, così

come altre realizzazioni eclatanti e distoniche, debba essere retrodatata direttamente in quel

periodo lontanissimo. I sicofanti del regime accademico allorché incocciano in un

qualsivoglia quid stridente con i dogmi mummificati, in prima battuta tentano di screditarlo

tacciandolo di frode, invece, innanzi ad un reperto di autenticità cristallina (come per

esempio il monolito in argomento), lo avviluppano in un bozzolo di edulcorate

dichiarazioni a mezza bocca, tralasciando le evidenti contraddizioni per poi parcheggiarlo

nell’oblio; quindi, in tempi successivi, evitano accuratamente di approfondire ricerche che

le innovazioni tecnologiche rendono appetibili e semplicissime. Molto di ciò che non era

possibile 150 anni fa oggi lo è: l'esame al microscopio petrografico delle sezioni sottili,

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35

l'analisi diffrattometrica, l'analisi degli elementi in tracce, l'analisi isotopica, la spettrografia

all’infrarosso, per citare solo alcuni dei principali esempi. Ecco perché il massimo reperto

artistico di tutto il Perù precolombiano è alla vista in un luogo qualsiasi del Museo de la

Nación, senza che gli venga dedicata un’area tematica e mezzo nascosto dal chiosco delle

bibite, almeno tale era la situazione tredici anni or sono: la stele di Raimondi è un

manufatto unico ed impossibile nel contesto storico e tecnologico propugnato dalla

storiografia ufficiale. C’è una ratio dietro il comportamento omertoso ed ingannevole della

– cosca del sapere-? Sì: tale cricca è semplicemente un tentacolo della piovra totalizzante

che gestisce il living theatre della farsesca democrazia occidentale: un enorme gioco di

ruolo ove anche i burattinai (tra cui solo in pochi sono coscienti di chi è letteralmente sopra

le loro teste) sono semplici esecutori di ordini altrui; ma è un argomento assai più ampio e

già ben analizzato da studiosi quali David Icke, Maurizio Blondet e Corrado Malanga.

Foto VII: Dio giaguaro preincaico, l’eterno nemico (ma non il solo) del dio serpente. Terracotta

risalente al V sec. A C.. Si possono vedere le nette somiglianze con le stilizzazioni feline sulla

stele. Ho effettuato questa foto durante gli scavi nell’ambito della Huaca Pucllana (nota anche

come Juliana). Il termine quechua <huaca> sta per luogo sacro, interdetto, ma anche sicuro,

fortificato; la cosa più probabile che in questo caso si tratti di una fortezza-santuario. L’etimo

Pucllana potrebbe significare <gioco rituale>.

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36

Appendix Reptiliana

Foto VI,VII : Dupondio Antoninus Augustus Pius; ringrazio l’amico Metal Andrea per aver usato

la sua fotocamera per questi scatti

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37

Nei miei lavori precedenti mi sono soffermato sul culto del serpente, in particolar modo in

Hydra Tripudians, confrontandomi con un’apparente lacuna nell’ambito del mondo

romano. Concordo sul fatto che quest’ultimo abbia introiettato miti e leggende di quello

greco in un’epoca così precoce del proprio sviluppo che non abbia sentito la necessità di

crearne indipendentemente, salvo davvero poche eccezioni44

; quindi, gli aspetti regali e

divini con i quali appare il serpente in molte circostanze, però senza mai assurgere alla

dignità di dio in piena regola, nell’ambito della mitologia greca sarebbero stati traslocati a

Roma già in epoca monarchica. Su questa base nell’ambiente archeologico si è sempre

glissato sull’argomento, adducendo che non vi sono evidenze archeologiche per affermare

l’esistenza di un culto del -dio serpente- in Roma arcaica. Eppure sento di poter smentire

ciò in primo luogo grazie alla numismatica, dato che essa è una disciplina che rientra a

pieno titolo negli strumenti della ricerca archeologia. Mi riferisco ad una particolare moneta

molto in voga in età imperiale: il dupondio; il nome significa <due libbre>, dal latino duo

asses pondo semplificato in dupondius, con esso era possibile comprare due libbre di pane;

il metallo è composto da una lega di rame e zinco, detta oricalco, la quale, fintanto che

rimane pulita, all’apparenza è vagamente simile all’oro, potremmo definirla l’oro dei

poveri. Il lato principale di questa moneta, che risale all’incirca al 150 d. C., reca l’effige

dell’imperatore Antonino il Pio, figlio adottivo di Adriano ed a sua volta zio e suocero del

suo successore Marco Aurelio. Ma è il lato opposto ad interessarci, dato che è una

testimonianza esplicita: in esso la dea Salus (salute) offre cibo ad un serpente che si erge su

un altare45

. Salus, seppur mai assurta al rango di una dea quale Giunone moglie di Giove o

Minerva figlia di quest’ultimo, è una divinità di origine antichissima che rappresenta sia la

salute dell’essere umano che della Res Publica. In senso più ampio essa è anche una

trasfigurazione dell’eterna giovinezza degli dèi. Nonostante la mancanza di una congrua

letteratura che parli di lei, le sue caratteristiche ricordano alcune divinità di altri popoli

dell’antichità:

- la greca Igea, che letteralmente significa <cura>, <rimedio>, è figlia di Asclepio e le sue

rappresentazioni sono identiche a quelle di Salus;

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38

- la dea Ebe è la coppiera degli dèi greci, ai quali assicura l’eterna giovinezza tramite

l’elargizione di nettare ed ambrosia; ella diviene la sposa di Eracle allorché questi è

ammesso nell’Olimpo dopo la sua resurrezione dalla morte;

- la dea celtica Sirona, è la signora delle fonti guaritrici e molte rappresentazioni scultoree

la raffigurano con un serpente che avvolge il suo lussurioso corpo;

- Iðunn (Idun), è colei che custodisce le magiche mele che mantengono giovani gli dèi del

Nord che vivono in Asgard, è sposa di Bragi figlio di Odino.

Da tutto ciò si può senz’altro evincere un substrato comune e primordiale, dal quale i vari

popoli hanno sviluppato una tradizione indipendente nei secoli successivi: una dea che ha il

gravoso compito di assicurare agli dèi l’eternità. Pertanto, la raffigurazione del lato b

mostra una scena esplicita e trascurata dai vari studiosi interessatisi all’argomento: la dea

che rappresenta la <Salute>, la <Giovinezza> e la <Longevità> apparentemente ciba il

serpente ma in realtà cura la longevità, se non addirittura l’eternità, del <dio serpente> che

si erge sul proprio altare, retaggio del culto remoto del quale anche a Roma era rimasto

sentore. La presenza dell’altare non deve lasciare dubbi: su di esso venivano venerati solo

gli dèi. E’ importante sottolineare che vi sono, purtroppo solo scarne, tracce di questa

tradizione nella letteratura di Roma antica arrivata fino a noi. Riti della fertilità si

intrecciano alla basilare divinità ctonia. Ho deciso di riportare integralmente la mia

traduzione dei distici dal I al XIV dell’ottava elegia, dal IV libro delle Elegiae di Sesto

Aulo Properzio46

, poiché, oltre che assai belli ed evocativi, il lettore abbia la possibilità di

una fedele lettura.

Apprendi ciò che questa notte rimestò le acque dell'Esquilino,

quando fitta la folla accorse nei nuovi giardini.

L'antica Lanuvio è custode di un annoso drago,

colà, dove non è uno spreco l'ora per una così rara sosta,

dove il sacro cammino discende in un antro cieco,

dove entra la vergine (attenzione lungo tutto questo percorso!)

premio del giovane serpente,

quando chiede il pasto annuale

e dalla profonda terra si contorce sibilando.

Impallidiscono le fanciulle inviate a siffatti sacri riti,

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39

allorché con timore la mano è concessa alla bocca del serpente.

Quello afferra i cibi offertigli dalla vergine:

gli stessi canestri tremano nelle mani della vergine.

Se sono state caste, ritornano all’abbraccio dei genitori

ed i contadini proclamano "l'anno sarà fertile".

Nell’originale latino, che troverete in nota, compare il termine draconis, genitivo da draco-

nis imparisillabo della III declinazione; quando gli autori latini utilizzavano questo nome

non era a caso, bensì per indicare un essere serpentiforme immane e degno di tutto il

rispetto. E’ interessante notare che il mostro prima viene identificato come <annoso> drago

e poi <giovane > serpente: al momento di ricevere l’offerta vi è una rigenerazione. Claudio

Eliano fu un retore di Preneste che ha scritto solo opere in greco attico, nel Περὶ ζῴων

ἰδιότητος (Sulla natura degli animali)47

ci lascia una versione alquanto simile del mito

precedente (differisce soprattutto il luogo: non Lanuvium bensì Lavinium), ma che non

raggiunge affatto il livello artistico di Properzio; ciò che vale la pena di riportare è la frase

di apertura:

“Peculiare è il potere divinatorio del drago”

Ciò che poi è ribadito dall’ultima:

“Il drago dunque era in grado di verificare propriamente che fossero nelle condizioni

richieste dal vaticinio *” *cioè vergini

Reliquie della supremazia dell’alieno Sauroide, trasfigurato in epoche successive che si

allontanano dal primigenio nucleo di testimonianze dirette.

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40

Note

Premessa

Ho cercato di inserire quanti più link allo scopo di consentire un diretto ed immediato

(nonché gratuito) accesso alle fonti ed ai documenti che ho utilizzato. Pur se, in tutta

sincerità, ritengo l’inserimento delle note (a piè di pagina o fuori testo, la cosa mi è

indifferente) un lavoro lungo e tedioso, questa volta ho deciso di esporre al massimo le basi

delle mie asserzioni, in quanto ho voluto attaccare senza mezzi termini alcuni fatiscenti

dogmi dell’ufficialità accademica, sicché spero che anche quanto segue possa essere di

gradimento. Le opere in lingua straniera sono riportate col titolo in originale solo nel caso

esse non siano state tradotte in italiano.

1 Il Vaticano ha avuto con la letteratura non cattolica una pessima relazione dal Concilio di

Nicea fino al 1966. Ecco alcuni esempi, la lista è troppo lunga per citarli tutti. Nel 380,

molte copie delle poesie scritte dalla greca Saffo -Lesbo 610-570 AC- sono state bruciate

per ordine di Gregorio il Teologo, Arcivescovo di Costantinopoli; costui è stato dichiarato

santo ed uno dei padri della Chiesa cattolica. Ma il calvario per quei libri non era finito: nel

1073, papa Gregorio VII ordina di bruciare le poche copie sopravvissute ed ora abbiamo

solo una manciata di versi saffici. Qual è stato il peccato di Saffo? Oh, lei ha cantato

l’amore omosessuale tra donne. La maggior parte degli studiosi ha sempre dato la colpa

della distruzione della Grande Biblioteca di Alessandria al conquistatore musulmano Amr

ibn al'Alas, 640 DC; questo non è vero. Già Eusèbe Renaudot nella sua traduzione e

commento di Storia Patriarcharum Alexandrinorum (Parigi, 1713) mostra che le fonti

arabe -scritte ben 500 anni dopo la caduta di Alessandria e che attribuiscono la colpa ai

conquistatori musulmani - erano sommarie e tradotte male. Il grande Edward Gibbon nella

sua History of the Decline and Fall of the Roman Empire -Strahan e Cadell, Londra, 1776-

1789- ha accusato il vescovo Teofilo ed i suoi scagnozzi della tragedia. John Julius

Norwich ha la stessa certezza nella sua Byzantium:The Early Centuries, Viking, New York,

1989. Bernard Lewis in The Vanished Library, The New York Review of Books, 37 (14),

27 settembre 1990, analizza le fonti arabe più profondamente che lo stesso Renandout e

smentisce la responsabilità islamica. Fu invece la folla fanatica, scatenata dal vescovo

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Teofilo, il vero colpevole della tabula rasa succeduta ad uno dei più grandi santuari della

cultura mondiale, nel 391 DC. Anche se la biblioteca di Alessandria aveva già subito alcuni

colpi pesanti nei secoli precedenti, ai tempi dell'imperatore Teodosio era ancora un enorme

scrigno pieno di tesori; provate ad immaginare qualcosa di molto simile, rispetto al numero

di libri prodotti nel mondo, alla odierna Library of Congress a Washington. Quasi venti

anni dopo questo terribile evento, la stessa banda uccide e smembra la sublime scienziata,

attrice, poetessa e filosofa platonica Ipazia; questa volta il mandante è il vescovo Cirillo,

successore di Teofilo. Dopo il bagno di sangue, i maniaci distruggono tutti i suoi libri e

disegni, insieme con gli scritti di suo padre, il matematico Teone di Alessandria. Il sadico

Cirillo è stato congruamente proclamato santo e dottore della Chiesa. Nel 394 DC,

Teodosio -molto più intollerante che veramente "Grande"- vieta anche gli antichi Giochi a

Olimpia. Questa tradizione, iniziata nel 776 AC, è stata cancellata poiché gli atleti

gareggiavano completamente nudi e per la stretta connessione con gli antichi culti pagani.

Durante l'indipendenza della Grecia classica, le guerre tra le città-stato erano interrotte per

permettere gli uomini di partecipare a questo imprescindibile evento sportivo e sacro;

purtroppo, l’avvento del nuovo dio non permette più la libertà di pensiero, di religione e di

espressione. In ogni caso, e felicemente, anche nella sua apparente facciata di granito, il

cattolicesimo è sempre stato minato dalle divisioni interne; per esempio, molti abati e

semplici monaci scribi avevano la serenità di prendere decisioni non ortodosse, dunque,

non tutto quello che era destinato falò cadde in cenere. Vedasi, per esempio, la trasmissione

dei miti celtici autoctoni delle isole britanniche durante un periodo in cui il paganesimo era

ovunque ferocemente combattuto dai vescovi. Le collezioni di antiche famiglie nobili e le

prime università europee sono state in grado anche di salvare altri tesori. Per focalizzare

meglio la persistente intolleranza cattolica, è anche utile ricordare questo: nel mese di

novembre del 1229, il Consiglio di Tolosa vieta ai laici di possedere, in tutto o in parte, la

Bibbia (ma l'aristocrazia non era perseguitata). La traduzione della Vetus Latina e della

Vulgata –le uniche due versioni canoniche in latino- è altresì vietata; la punizione per chi

compie questi peccati è la morte. Questi divieti sono caduti nella metà del XVI secolo,

quando il Vaticano -di fronte alla valanga di Bibbie protestanti tradotti in inglese, tedesco e

francese- ha deciso di utilizzare gli stessi mezzi del nemico, la Riforma, per fare

proselitismo. In ogni caso, questa concessione è stata affiancata da una severissima norma:

Page 42: La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

42

nel 1559, un ramo speciale dell'Inquisizione romana, durante il regno di papa Paolo IV, ha

redatto il famigerato Index Librorum Prohibitorum (Elenco dei libri proibiti); i governanti

degli stati cattolici erano obbligati a far rispettare agli ordini dell'Inquisizione. L'ultima e

aggiornata edizione è stata pubblicata nel 1948; questa aberrazione viene abolita da papa

Paolo VI nel 1966: nell'Europa occidentale, già ormai da molto tempo, non c'è più spazio

per i sadici travestiti da santi apostoli.

http://www.sappho.com/poetry/sappho.html

http://www.britannica.com/EBchecked/topic/14417/Library-of-Alexandria

http://www.nybooks.com/articles/archives/1990/sep/27/the-vanished-library-2/

http://www.suppressedhistories.net/secrethistory/hypatia.html

http://www.fordham.edu/halsall/mod/indexlibrorum.asp

http://www.aloha.net/~mikesch/banned.htm

Del Col, Andrea, L'Inquisizione in Italia, Milano, Mondadori, 2007

Per quanto riguarda il sentimento della caduta di Roma nel moderno mondo di lingua

inglese, in ogni caso il diretto erede di chi distrusse l'impero occidentale- mi piace citare

questi versi sublimi:

"Fintanto che esiste il Colosseo, Roma esisterà

Quando cade il Colosseo, Roma cadrà;

E quando Roma cade - il Mondo".

Lord Byron, estratto da Childe Harold's Pilgrimage, 1812-1818

2http://www.academia.edu/486349/Le_tecniche_del_bello._I_canoni_della_scultura_nella_

Grecia_classica_2008_

http://www.loescher.it/librionline/risorse_forzaimmagine/download/w3264_figura_arte.pdf

http://www.treccani.it/enciclopedia/mausoleo_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Antica%29/

http://www.anima-morte-

eternita.com/index.php?option=com_content&view=article&id=107:mausoleo-di-

alicarnasso&catid=39:mausolei&Itemid=86

Page 43: La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

43

3 Il quechua è la lingua parlata da una gran parte di nativi del Perù, Bolivia ed Ecuador; nei

tempi più antichi essa era l’idioma degli abitanti della Valle Sagrada, la zona andina che

circonda Cuzco. Proprio basata sull’antica e vasta tradizione orale quechua, l’opera più

famosa del principe meticcio Inca Garcilaso de la Vega è fondamentale non solo per il Perù

ma per tutto il periodo coloniale ispanico: Comentarios reales de los incas o Primera parte

de los comentarios reales, la cui redazione inizia nel 1586 mentre la pubblicazione avviene

a Lisbona nel 1609; essa è seguita dall’altrettanto monumentale Segunda parte los

Comentarios Reales o Historia General del Perú, pubblicata a Córdoba nel 1617. Questo

autore rappresenta il primo esempio, sulla ribalta internazionale letteraria, dell’unione del

mondo nativo e di quello europeo: suo padre fu il conquistador Sebastiàn Garcilaso de la

Vega; mentre la madre, principessa Isabel Chimpu Ocllo, discendeva direttamente

dall’imperatore Túpaq Inka Yupanki, decimo sovrano della dinastia incaica. Nella prima

parte dei Comentarios si trova la spiegazione dell’origine del nome della città imperiale:

-Pusieron por punto o centro (del Tahuantinsuyu) la ciudad del Cozco, que en la lengua

particular de los lncas quiere dezir ombligo de la tierra; llamáronla con buena semejança

ombligo, porque todo el Perú es largo y angosto como un cuerpo humano, y aquella ciudad

está casi en medio-.

Mia traduzione:

-Scelsero come punto centrale del Tahauntinsuyo la città del Cuzco, che nella particolare

lingua degli Incas significa <Ombelico della Terra>; sicché la chiamarono <Ombelico>

dato che tutto il Perù è lungo ed angusto come il corpo umano e quella città ne è quasi il

suo centro-

Voglio sfruttare l’occasione per citare colui il quale io considero il primo antropologo

culturale del mondo amerindio: mi riferisco ad Álvar Núñez Cabeza de Vaca. Durante le

traversie ed i successi della sua vita, egli fu testimone diretto dei patimenti inflitti dai

conquistadores al popolo nativo nel nome dell’oro e della croce, dalle foreste della Florida

sino alle cateratte dell’Iguazú. L’opera autobiografica Naufragios, prima edizione Zamora

(1542), che narra dei lunghi otto anni di fuga dopo il completo fallimento della spedizione

comandata da Pánfilo de Narváez, è disponibile in originale al seguente link:

http://www.gutenberg.org/cache/epub/11071/pg11071.html

Page 44: La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

44

Con le opportune ricerche, è possibile trovare in Rete il notevole film Cabeza de Vaca,

diretto nel 1991 dal regista messicano Nicolás Echevarría e fedelmente ispirato alla

suddetta opera.

4Antonio Raimondi, Milano, 19 settembre 1826 – San Pedro de Lloc, 27 ottobre 1890

http://it.wikipedia.org/wiki/Antonio_Raimondi

5 Leoncio Prado Gutiérrez El Pradito, Huánuco, 24 agosto 1853 - Huamachuco, 15 luglio

1883 - Ferito gravemente durante la battaglia di Huamachuco, fu fatto prigioniero e poi,

mentre era infermo su un giaciglio di fortuna, fu fucilato dagli invasori cileni. L’attuale

scuola militare di Lima reca il suo nome.

http://es.wikipedia.org/wiki/Leoncio_Prado_Guti%C3%A9rrez

6 http://www.arqueologiadelperu.com.ar/chavin2.htm

7 Nel gennaio del 1881, il preponderante esercito cileno attacca i male armati soldati

peruviani, per lo più civili improvvisatisi guerrieri all’ultima ora, che ancora difendono

Lima; i difensori invano cercano, disperatamente, di ricacciare i nemici dagli ultimi bastioni

Page 45: La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

45

durante le battaglie di San Juan y Chorrillos, 13 di gennaio, e di Miraflores, 15 di gennaio.

Il 16 di gennaio inizierà la nefasta occupazione cilena della capitale peruviana.

http://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_del_Pacifico_%281879-1884%29

http://es.wikipedia.org/wiki/Guerra_del_Pac%C3%ADfico

http://en.wikipedia.org/wiki/War_of_the_Pacific

http://www.academiahistoria.cu/index.php/Bitacora/Publicaciones/La-dramatica-historia-

de-la-Guerra-del-Pacifico-1879-1883-y-de-sus-consecuencias-para-Bolivia

http://paginasheroicas.foroperu.org/t46-historia-de-la-guerra-de-america-entre-chile-peru-y-

bolivia-tomas-caivano1883

López Urrutuia, Carlos, Guerra del Pacifico, El Ciprés, Madrid, 2008

Garate Calle, Antonio, Por Diez Centavos de Salitre, Instituto de Estudios Histórico-

Marítimos del Perú, Lima, 2011

Caivano, Tommaso, Historia de la Guerra de America entre Chile, Perú y Bolivia,

Tipografia dell’Arte della Stampa, Firenze, 1883

8 http://huacapucllanamiraflores.pe/historia/

9 Wade, N., Wenderoth, P. (1978), The influence of colour and contour rivalry on the

magnitude of the tilt aftereffect, Vision Res 18: 827-36

Wade, N.J. (1996), Descriptions of visual phenomena from Aristotle to Wheatstone,

Perception 25 (10): 1137–75.

Wade, N.J. (1998), Early studies of eye dominances. Laterality 3 (2) : 97–108.

http://www.stereoscopy.com/faq/history-errors.html

http://www.dundee.ac.uk/psychology/staff/profile/nick-wade+

10 “Del mismo Castillo se ha desenterrado una piedra de granito de forma rectangular, de

1,88 m de largo, 0,70 de ancho y 0,15 de grosor, * con dibujos todavía más complicados

que los de la columna [...] Dicha piedra es de gran estimación, por lo complicado y la

hermosura de su diseño, por la finura y sorprendente simetría que se nota en un dibujo tan

difícil, que el mejor artista no habría podido hacerlo más perfecto. Ella es de por sí un

Page 46: La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

46

precioso monumento que debería conservarse con el mayor cuidado en el Museo Nacional,

porque da una exacta idea del gran desarrollo que había alcanzado el simbolismo, el

dibujo y el arte de trabajar la piedra entre los antiguos indios.”

* in realtà è un po’ più grande, le dimensioni corrette sono quelle che ho riportato

precedentemente.

11 http://en.wikipedia.org/wiki/Joseph_Campbell

http://www.jcf.org/new/index.php?categoryid=83&p9999_action=details&p9999_wid=701

http://www.miotas.org/blog_body.cfm?id=E609A933-B531-10AD-D827DCA504C2F830

http://www.miotas.org/blog_body.cfm?id=A263A16E-F04B-16B7-79F79448E476FB97

12 In effetti, Alfonso Klauer ci ricorda che il grande archeologo nativo Julio C. Tello

indicava l’origine caraibica del nome Chavín, trovando in <giaguaro> la sua traduzione:

Klauer, Alfonso, El mundo pre Inka : Los Abismos del Cóndor, Lima, 2000; disponibile in

rete ai seguenti link:

http://www.eumed.net/libros-gratis/2005/ak1/index.htm

http://www.eumed.net/libros-gratis/2005/ak1/01%20Abismos%20I.pdf

http://www.eumed.net/libros-gratis/2005/ak1/02%20Abismos%20II.pdf

Dato che in quechua la parola più usata per indicare una roccia di notevoli dimensioni è

wanka, mi azzardo a supporre che wantar possa esserne un derivato corrotto, arrivando

quindi alla definizione legittima ma assolutamente ipotetica di Giaguaro di Pietra.

Comunque, studiosi del calibro di Klauer, Miloslav Stingl e soprattutto l’impareggiabile

prof. Julio C. Tello concordano nell’avanzare l’ipotesi di una forte influenza

mesoamericana nello sviluppo primigenio delle popolazioni precolombiane del Perù.

13 http://www.geologists.org.uk/famous-geologists/friedrich-mohs-1773-1839/ 34

http://www.tf.uni-kiel.de/matwis/amat/mw1_ge/kap_8/advanced/t8_4_2.html

http://www.rockbreaker.com/equipment/rockbreakersystemsmain/26-products/booms/702-

rockhardness.html

http://en.wikipedia.org/wiki/Hardness_comparison

Page 47: La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

47

http://eurasiamarble.com/interesting-marble-facts/Granite Material and Industry Problems

http://graniteimports.net/blog/where-granite-for-countertops-fall-on-the-mohs-scale-of-

mineral-hardness/

http://science.howstuffworks.com/dictionary/petrology-terms/granite-info.htm

14 http://www.d.umn.edu/geology/people/fsbios/rapp.html

http://f3.tiera.ru/2/P_Physics/PGp_Geophysics/Rapp%20G.%20Archaeomineralogy%20%

28Springer,%202009%29%28ISBN%203540785930%29%28359s%29_PGp_.pdf

15 http://bs.taglio-cemento-armato.it/1/storia-taglio-cemento-a-filo-diamantato.html

http://ricerca.gelocal.it/iltirreno/archivio/iltirreno/2006/02/17/LC3PO_LC305.html

16 L’esperimento di Etienne è citato in Sculpture. Processes and Principles, Penguin Books

Limited, Londra (1977), di Margot Wittkower: l’autrice raccolse in un opera postuma le

lezioni di Belle Arti tenute dal prof. Rudolf Wittkower, suo padre, durante l’anno

accademico 1970-1971 presso il Christ’s College-University of Cambridge.

17 http://neon.materials.cmu.edu/cramb/

http://www.iit.edu/engineering/mmae/faculty/cramb_alan.shtml

http://neon.mems.cmu.edu/cramb/Processing/history.html

18 http://todosobrelahistoriadelperu.blogspot.it/2011/06/metalurgia-cultura-chavin.html

19 Davidovits,Joseph, Il Calcestruzzo dei Faraoni, Profondo Rosso Edizioni, Roma, 2004

20 http://www.gizapyramids.org/pdf_library/petrie_gizeh.pdf

-We now know, however, that jeweled saws and drills were the tools used by Pyramid

builders; and the rough stone hammers are of exactly the types belonging to the rude

remains of Ptolemaic times.-

[…]

Page 48: La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

48

-The amount of pressure, shown by the rapidity with which the drills and saws pierced

through the hard stones, is very surprising; probably a load of at least a ton or two was

placed on the 4-inch drills cutting in granite.-

[…]

-Yet these grooves cannot be due to the mere scratching produced in withdrawing the drill,

as has been suggested, since there would be about 1/10 inch thick of dust between the drill

and the core at that part; thus there could be scarcely any pressure applied sideways, and

the point of contact of the drill and granite could not travel around the granite however the

drill might be turned about. Hence these rapid spiral grooves cannot be ascribed to

anything but the descent of the drill into the granite under enormous pressure; unless,

indeed, we suppose a separate rymering tool to have been employed alternately with the

drill for enlarging the groove, for which there is no adequate evidence.-

In questa nota voglio riferire di aver trovato nel Web molti riferimenti, in lingua spagnola,

ad un cosiddetto Informe Baker: dunque, sir Benjamin Baker fu un importantissimo

ingegnere civile durante l’ultima parte dell’epoca vittoriana; questi riferimenti asseriscono

che sir Petrie assunse l’ing. Baker come consulente tecnico-scientifico per la stesura del suo

The Piramydes and Temples of Gyzeh, Londra, 1883. A Baker viene attribuita la seguente

frase:”…se un ingegnere moderno fosse capace di riprodurre l’antico marchingegno non

solo diverrebbe milionario ma rivoluzionerebbe l’industria moderna”; testo originale: "si

un ingeniero moderno fuera capaz de reproducir la herramienta antigua no solamente se

haría millonario, sino que revolucionaría la industria moderna". Nonostante le mie molte

ricerche, non sono stato capace di trovare un presunto Informe Baker oppure Report Baker,

o Dossier Baker etc. Comunque, Petrie non cita Baker nell’ambito del libro ma usa un

linguaggio tecnico molto rigoroso. La fonte di tutte le numerose illazioni riguardo El

Informe Baker sembra essere il seguente articolo in lingua spagnola:

https://www.yumpu.com/es/document/view/14257940/historia-misteriosa-de-egipto-

sentimientos-compartidos

Page 49: La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

49

21 Già Tito Lucrezio Caro (Pompei o forse Ercolano, 94 a.C. – Roma, 15 ottobre 50 a.C.),

nel suo De Natura Rerum (Intorno alle cose della natura) aveva tracciato le grandi linee di

questo pensiero, prendendo a sua volta ispirazione dal greco Democrito.

22 La dissertazione viene poi raccolta nella pubblicazione Les Monumens les plus anciens

de l'industrie des hommes, des Arts et reconnus dans les pierres de Foudres, edita nel 1740

dalla stessa Academié. Attualmente, fra attriti, dispute e tentativi di “quadratura del

cerchio”, le ultime ed aggiornate modificazioni dello schema fatte da studiosi

contemporanei sono grosso modo:

-Età della Pietra : finirebbe in Africa (Egitto), in Asia mediorientale ed in Estremo Oriente

intorno al 5.500 a C.; in Asia centrale ed in Europa continuerebbe sino al 4000 a. C.; in

America si concluderebbe verso 1.500 a.C.

-Età del Bronzo (che in realtà è preceduta dall’età del rame, vedere in seguito in questa

nota): inizierebbe in Egitto verso il 3.500 a.C., Mesopotamia verso il 3.300 a. C; in Cina

verso il 3.000. In Europa il passaggio è posteriore.

-L’Età del Ferro: debutterebbe nel territorio ora vagamente corrispondente all’Etiopia nel

2.600 a. C.; nell’ordine: Hyksos, Ittiti, Assiri, Cananei, Achei ed Etruschi inizierebbero ad

usarlo dal 1.200 in poi. I Celti ed i Germani inizierebbero a forgiarlo a partire dal IX secolo

a.C. 35. C’è da sottolineare che, nel 1881, il geologo ed archeologo britannico Sir John

Evans nel The Ancient Bronze Implements, Weapons and Ornaments of Great Britain and

Ireland dimostra che l’uso del solo rame ha preceduto quello del bronzo, ciò riesce ad

aggiustare un pochino il gap tra il periodo del bronzo e quello della pietra; sicché il sistema

diventa quadripartito. Ovviamente, non si deve pensare ad uno sviluppo massivo e a

tappeto bensì assai localizzato e a “macchie di leopardo”.

23 Molto interessante, riguardo ai dubbi sull’identificazione degli strati urbani di Hissarlik

con la Troia omerica, è il seguente articolo: http://www.varchive.org/nldag/idtroy.htm

In particolare: “Whichever level scholars may agree to identify as Homer’s Troy, the wider

problem of relating the Homeric geography to the site of Hissarlik remains. Some years

ago Rhys Carpenter put the matter very succinctly: “There are obvious indications,” he

Page 50: La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

50

wrote, “that Hissarlik does not agree with the situation demanded by the Iliad, which

speaks of a great walled city with streets, houses and palaces, rising to a temple-crowned

acropolis, at an approachable distance from the Hellespont [Straits of Dardanelles] and

apparently invisible from it, situated across the Scamander, with abundant springs of deep-

soil water gushing close at hand. Actually, Hissarlik is in plain sight of the Hellespont, on

the same side of the river, without any running springs, and enclosed within its walls an

area of less than five acres.” Desborough,V.R., The Last Mycenaeans and Their Successors

pp. 164-65, Oxford University Press, 1964

Mia traduzione:

-Se qualsivoglia studioso può essere d’accordo sull’identificazione della città di Troia di

Omero, pure il più ampio problema di sovrapporre la sua descrizione testuale alla

geografia del sito di Hissarlik permane. Alcuni anni fa, Rhys Carpenter affrontò la

questione molto succintamente: <Ci sono palesi indicazione- egli scrisse - Che Hissarlik

non combaci con la situazione richiesta dall’Iliade, che parla di una città circondata da

grandi mura, con strade, case e palazzi che si ergono da una acropoli con templi, posta ad

una distanza accessibile dall’Ellesponto (Stretto dei Dardanelli) ma apparentemente

invisibile da esso; situata oltre lo Scamandro, con abbondanti ruscelli che sgorgano dal

suolo nelle vicinanze. In realtà, Hissarlik è in piena vista dall’Ellesponto, sul stesso lato

del fiume Scamandro, senza alcuna sorgente attiva e le sue mura abbracciano un’area più

ristretta di cinque acri.>

24 http://www.c14dating.com/int.html

25 http://mineralsciences.si.edu/collections/meteorites.htm#3

http://www.minsocam.org/ammin/AM65/AM65_624.pdf

http://www.ucl.ac.uk/iams/newsletter/accordion/journals/iams_19/iams_19_1995_el_gayer

26 http://warehamforgeblog.blogspot.it/2010/06/working-meteor-iron.html

27 http://www.asia.si.edu/collections/singleObject.cfm?ObjectNumber=F1955.27a-b

Page 51: La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

51

http://www.hindu.com/thehindu/holnus/001200903261611.htm 36

28

http://www.une.edu.au/__data/assets/pdf_file/0006/22992/GRAVE_and_KEALHOFER202

006.pdf

http://www.jiaa-kaman.org/pdfs/aas_17/AAS_17_Akanuma_H_pp_313_320.pdf

http://www.jiaa-kaman.org/pdfs/aas_17/AAS_17_Masubuchi_M_pp_281_294.pdf

http://www.harrassowitz-verlag.de/dzo/artikel/201/004/4180_201.pdf?t=1336045002

29 Kristiansen, Kristian; Rowlands, Michael, Social Transformations in Archaeology:

global and local persepectives, Routledge, Londra, 1998

30 Connah, Graham, Writing About Archaeology, Cambridge University Press, 2010

31Bogucki, Peter, Northern and Western Europe : Bronze Age, in Encyclopedia of

Archaeology, pp. 1216–1226, Academic Press, New York, 2008

32 Browman, David L., Williams, Steven, New Perspectives on the Origins of Americanist

Archaeology, University of Alabama Press, Tuscaloosa, 2002

33 http://www.homosapiens.net/la-mostra/curatori/lang/it/

http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Luca_Cavalli-Sforza

34http://www.ibs.it/code/9788854128033/cremo-michael-a-/archeologia-proibita-

storia.html

35 Questa evocativa definizione non è mia bensì deriva da El burlador de Sevilla y

convidado de piedra, opera del frate spagnolo Tirso de Mendoza, 1612.

Page 52: La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

52

36 Il termine <ufologia> qui è fuori luogo: mica parlo di dischi volanti; ad <alienologia>

(che mi fa ridere) preferisco <alterità>, che è un concetto che già fa parte della filosofia

classica, pur se con altre finalità.

37 Beh, riguardo a questi nomi così fondamentali non credo che ci sia bisogno di suggerire

una bibliografia.

38 http://www.sentistoria.it/index.php/it/articoli/cat_view/34-articoli/52-il-pensatore

39 Sempre per onor del vero, per questa definizione mi sono ispirato ad Arlecchino servitore

di due padroni dell’insuperabile Carlo Goldoni.

40http://www.beyondweird.com/ufos/Branton_The_Dulce_Files_Chapter23_Inside_Intellig

ence_On_the_Dulce_Base.html

http://www.greatdreams.com/reptilian-humanoids.htm

http://www.thewhyfiles.net/varginha.htm

http://ufologie.patrickgross.org/htm/vargtim.htm

41 Guardalaluna è l’ominide che incontriamo all’inizio sia del film 2001 Odissea nello

Spazio, diretto da Stanley Kubrick su soggetto di Arthur Clarke, che nell’omonimo (e

successivo) libro scritto dal solo Clarke; ambedue i capolavori sono del 1968.

42 Platone (Atene 428/27 - 348/47 a.C.) ce ne parla in due dei suoi famosi dialoghi, il Timeo

e il Crizia. E’ in assoluto il primo autore a parlare dettagliatamente di un continente

potente, chiaramente tecnologizzato e poi sommerso per una serie di concause.

43 Vi sono moltissimi libri importanti al riguardo, io prediligo:

Hancock, Graham, Impronte degli Dei, Fabbri Editori, Milano, 2005

Wilson, Ian, I Pilastri di Atlantide, Fabbri Editori, Milano, 2005

Cotterell, Maurice M., Le Profezie di Tutankhamon, Fabbri Editori, Milano, 2005

Page 53: La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

53

Bauval, Robert; Gilbert, Adrian G., Il Mistero di Orione, TEA, Milano, 2005

44 Mi riferisco soprattutto al ciclo della fondazione di Roma, dalla nascita di Romolo e

Remo (generati dal dio Marte e dalla sacerdotessa vestale Rea Silvia) sino all’assunzione in

cielo di Romolo, sotto le nuove spoglie di <dio Quirino>.

45 Da non confondere con la –S- maiuscola sulla destra che sta per –Salus- .

46 Sesto Aurelio Properzio -Assisi, circa 47 a.C. – Roma, 14 a.C.- è stato un poeta romano.

Qui di seguito il testo originale,

Disce quid Esquilias hac nocte fugarit aquosas,

cum vicina novis turba cucurrit agris.

Lanvvium annosi vetus est tutela draconis,

hic ubi tam rarae non perit hora morae,

qua sacer abripitur caeco descensus hiatu,

qua penetrat virgo (tale iter omne cave!)

ieiuni serpentis honos, cum pabula poscit

annua et ex ima sibila torquet humo.

Talia demissae pallent ad sacra puellae,

cum temere anguino creditur ore manus.

Ille sibi admotas a virgine corripit escas:

virginis in palmis ipsa canistra tremunt.

Si fuerint castae, redeunt in colla parentum,

clamantque agricolae: "Fertilis annus erit."

47 Claudio Eliano (in greco antico Κλαύδιος Αἰλιανός, in latino: Claudius Aelianus;

Preneste, ca 165/170 – 235). Non ho trovato il testo in originale greco bensì la traduzione

latina di Friedrich Jacobs, Frommann edition, Jena, 1832:

Est et peculiaris draconum divinatio. Nam et in Lavinio, oppido Latinorum (quod a Lavinia

Latini filia nomen accepit, quo tempore Latinus, Aeneae adversus Rutulos auxiliatus, eos

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54

devicit, et Aeneas Trojanus Anchisae filius civitate praedicta potius est; quae quidem

Romae veluti avia nominari posset, ex hanc enim profectus Ascanius Aeneae et Creusae

Trojanae filius Albam condidit, cujus colonia est Roma) ceterum in Lavinio sacer est lucus

magnus et opacus, juxtaque ipsum aedes Junonis Argolidis. In luco autem latibulum est

amplum ac profundum, draconis cubile. In hunc lucum sanctae virgines statis diebus

ingrediuntur, quae mazam gestant manibus, oculos fasciis devinctae; eas recta ad

latibulum divinus quidam spiritus deducit, sensimque ac pedetentim progrediuntur sine

offensione, ac si detectis oculis viderent. Quod si virgines fuerint, cibos tanquam puros et

deo gratae animanti convenientes admittit draco; sin minus non attingit, corruptas esse

intelligens et divinans. Formicae vero hanc mazam a vitiata relictam minutatim

confractam, quo facilius ferant, e luco exportant, expurgandi gratia loci. Hoc cum fit, ab

indigenis animadvertitur, et quae ingressae fuerant indicantur, examinanturque; et cujus

pudicitiam esse violatam constiterit, poena legibus constituta plectitur. Draconis igitur non

expertes esse vaticinationis hoc modo demonstrarim.

Page 55: La Stele di Raimondi - Un Oopart nell'antico Perù precolombiano

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Indice della provenienza delle foto

Le foto qui utilizzate sono liberamente messe a disposizione da siti che chiedono di essere

citati quali provenienza delle stesse; inoltre chiedono che la diffusione avvenga senza scopo

di lucro: tutto ciò viene rispettato nel presente articolo.

Foto I:

http://www.generaccion.com/magazine/710/evocando-antonio-raimondi

Foto II: http://www.latinamericanstudies.org/chavin/raimondi.gif

Foto III:

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/7/7e/Raimondi_Stela_%28Chavin_de_Hu

antar%29.png

Foto IV:

http://www.miotas.org/blog_body.cfm?id=A263A16E-F04B-16B7-79F79448E476FB97

Foto V: http://cciv214fa2012.site.wesleyan.edu/archaic-period/exhibit-1/

Foto VI:

http://www.oneonta.edu/faculty/farberas/arth/Images/109images/greek_archaic_classical/sc

ulpture/kouros_met.jpg

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riprodurle a fine di studio, senza fine di lucro e purché si citi debitamente la presente fonte.