LA STAMP AutomobilismA o - Ciclismo · GlUOGO I E LP G^hCIa O L a ripres de Campionatl Italianoo ....

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La ripresa del Campionato Italiano. Il dubbio da noi espresso la volta scorsa che

neppur domenica si sarebbero riprese le partite di Campionato è stato smentito.

Mentre a Milano la Federazione non acconsen-tiva che si giuocasse sul campo del Milani Olub, a Torino ed a Genova si poterono invece dispu-tare tre matches abbastanza regolari.

Diciamo « abbastanza » perchè quello giuocato sul campo della Juventus ebbe luogo, diremo così, per partito preso. La Juventus non volle infatti lasciarsi sfuggire l'occasione di un incontro con la Pro Vercelli, i cui campioni hanno sempre un ascendente grande sul nostro pubblico, quello cioè di attirarlo con qualunque tempo su qualsiasi campo.

La Juventus pensò che rinviando questo incontro si sarebbe potuto cadere in una domenica nella quale giuocando anche su altro campo, od essen-dovi qualche altro avvenimento sportivo, il pub-blico sarebbe stato frazionato, mentre invece il suo concorso non avrebbe potuto mancare nella favorevole circostanza di un unico match a To-rino, unico match, cui si sarebbe accorsi tutti, dopo la lunga sosta sofferta dallo svolgersi del Campionato, per le nevicate cadute.

vede, e più volte ancora il guarda-linee non adempie il suo compito con quella esattezza e quella logica interpretazione di norme, che deriva dal conoscerle a fondo.

Rimediamo adunque a questo inconveniente, non difficile ad evitarsi, e veda la Federazione se non è il caso di prendere delle tassative di-sposizioni anche a questo riguardo.

Ritornando quindi alle partite giuocatesi do-menica scorsa, noteremo la difficile vittoria del-VInternazionale sul Genoa Club e la nuova esa-sperante sconfitta dell' Unione Sportiva Milanese. «Esasperante sconfitta» quella degli unionisti tanto provati dalla disdetta, che si erano illusi sul principio del campionato di aver almeno la soddisfazione di misurare le proprie forze con qual-che squadra, come la loro, prettamente italiana. S'erano ripromessi contro la Pro Vercelli, il F. 0. Piemonte, la Juventus e VAndrea Boria di lottare ad oltranza in una onesta competizione di forze nazionali, ma gradatamente Juventus prima, An-drea Boria poi, andarono rinforzandosi — almeno così vien da credere se a degli elementi italiani ne vennero sostituiti di quelli stranieri — di

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Un nuovo campo pel giuoco del foot ball a Genova. L'i

La Juventus fece così buona speculazione sgom-brando il suo campo della neve ed ottenendo una specie di treno speciale dalla Società delle tramvie a vapore. . , x „ ,

E va lodata pel buon esempio dato coll'ottem-perare all'invito della Federazione.

Sempre a proposito del match svoltosi sul campo juventino (e di cui ci intratteniamo partitamente più sotto), vogliamo notare una manchevolezza cni sarebbe tempo rimediare : quella dei giudici di linea. Per disposizione federale, ogni Società dovrebbe disporre di un paio almeno di compe-tenti guarda-linee a disposizione del referee che arbitrerà la partita, provvisti della loro bande-ruola e, sopratutto, d'una provata conoscenza delle regole del giuoco, onde riuscire di vero aiuto a chi dirige il match.

Sovente accade infatti il pietoso spettacolo, os-servato domenica scorsa. Quando l'arbitro sta per fischiare l'inizio del giuoco, occorre correre qua e là gridando qualche nome per scovare il volonte-roso che sostenga il ruolo di guarda-linee. E quando s'è trovato il giovane di buona volontà, viso quasi sempre nuovo, persona quasi sempre sconosciuta, e gli si affida il còmpito voluto dal regolamento di giuoco, il disgraziato — non di-sponendo di una bandierina — si limita olimpi-camente a render orfane le tasche del proprio, non sempre lindo, moccichino, e con esso com-piere le necessarie segnalazioni.

Avviene così che molte volte l'arbitro non

te pelouse del Genoa Olub, inaugurata domenica scorsa. (Fot. Bottino - Genova)

giuocatori esteri, perdendo così le loro simpatiche tradiziooi nazionalistiche.

Ora l'U. S.M., benché demoralizzata, affronterà ancora con baldanza entusiaBtica i colleghi delia Pro Vercelli e del Piemonte, gli unici che, come lei, non han voluto conoscere, per salire in alto, le altrui scale. Ai bravi calciatori dell'Unione vada il nostro più forte incitamento a perseverare, non scoraggiandosi ai ripetuti insuccessi, ed il nostro più affettuoso augurio di un avvenire radioso in un tempo molto prossimo.

La sconfitta toccata sul campo donano, dove quel pubblico fu troppo sciovinista, avrà il suo appello a Milano il 26 prossimo marzo. Sapremo allora se avrà fatto meglio l'Unione a mantenersi pura, o VAndrea Boria a rompere i freni e met-tersi sulla strada del confratello Genoa Club.

Ma l'esito più sintomatico di quelli avutisi do-menica scorsa è dato dalla contrastata vittoria del F. 0. Internazionale sul Genoa Club, che inaugurò il suo nuovo campo, che ci dicono bello, quantunque piuttosto ristretto.

L'Internazionale ha ripristinata la sua squadra con un insieme di elementi degni della maggiore considerazione. Si sarebbe detto che a Genova avrebbe vinto con netta superiorità, ed invece solo negli ultimi minuti della ripresa riuscì a portare a due i punti attivi contro il primo goal segnato, con una certa facilità, dai genovesi. Sin-tomatico è quest'esito che mostra la vulnerabilità della difesa degli internazionali che nell'attacco

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sono veramente forti. Certo che alla vigilia del-l'incontro Pro Vercelli-Internazionale la vittoria dei vercellesi sulla Juventus fa molto più persuasiva e netta che non quella dell ''Internazionale sul Genoa. Vedremo oggi che sull'Arena di Milano debbono incontrarsi queste due squadre, ingenitamente antagoniste, quale delle due potrà sull'altra dire la parola e dare l'esponente per cui si possa ini-ziare un fondato pronostico sull'esito del Cam-pionato in corso.

Certo la Pro Vercelli ci apparve domenica scorsa dominare nettamente di scuola l'avversaria Juventus, infondendo nel pubblico la convinzione che la sua è sempre una gran squadra, destinata anche quest'anno a sostenere i primi ruoli nella classifica del Campionato. La constatazione che ci fu dato fare è molto lusinghiera anche un poco per noi, fautori incrollabili di un nazionalismo sportivo.

reporter.

La prima squadrai/Iella Pro Vercelli, nella sua nuova composizione, come giuoco domenica scorsa a Torino, contro la Jnventns. " (Fot. civ. Zoppis - Torino).

match se non riuscì ad accendere neppure una si-garetta, accese però più. d'un moccolo !

Qualcuno sensò la dégringolade della Juventus rilevando come alla sua squadra mancassero doc-cione e Maflìotti. Ma quando la squadra juventino, fu mai al completo ? Per essa la scusante dell'in-completezza è sempre esistita, e i suoi dirigenti lo sanno e subiscono oramai il fenomeno... non più come tale.

La Pro Vercelli, non so se completa o no (a seconda del concetto da cui si diparte),eraalquanto modificata dal solito, e cioè la sua squadra era così formata: Innocenti; Binaschi-Bossola; Ara-Milano I-Leone; Milano II-Valle-Ferraro-Rampini-Raso.

Nell'insieme fece un giuoco ottimo, classico, meglio e più di quanto recentemente la vedemmo giuocare su terreno regolare. Debole fn la sua ala sinistra Raso, al cui posto, pare, ritornerà subito il Corna, ultimamente indisposto.

La partita venne diligentemente arbitrata da F. Berardo, il center-forward della squadra nazio-nale, che ebbe il suo non poco da fare a frenare gli sdruccioloni, non sempre casuali, dei giuoca-tori in campo. Si ebbe un piccolo incidente con l'immancabile gesto di riottosità del Colombo, ma ormai la cosa non è nuova ed il pubblico non vi

diede soverchio peso. L'arbitro, nna volta ancora, si accoatentò di una semplice ammonizione.

Concludendo, ci auguriamo che la Juventus abbia presto a ritrovarsi, e che la sua, squadra, ch'ebbe, è poco, dei momenti d'irrefrenabile brio e di giuoco veramente buono, faccia dimenticare presto questa sua strana giornata, facendo persuasi anche i più increduli che l'attuale sua squadra ba molte buone qualità per concorrere al Campionato nazionale di I Categoria.

Dna riunione di foot -bal lers veterani a Torino.

In occasione del match Juventus-Doria del 19 feb-braio, la nostra Juventus ha ventilata l'idea di provocare a Torino una riunione di veterani del foot-ball in Italia.

Il Club torinese invita adunque tutti i veterani a questa riunione, sia che alcuni vogliano prender parte al match veterano che si disputerebbe in quel giorno, sia che altri accettino di prendere parte soltanto al banchetto.

Le adesioni si ricevono a Torino presso la Ju-ventus o al Ristorante Voigt, e a Milano presso il dott. Canfari, via Ariosto, 17.

Il match di campionato svoltosi domenica scorsa a Torino. Prima della partita il referee sig. Berardo (a sinistra),

prorede alla revisione delle tessere dei giuocatori, A destra, Milano I. capitano della « Pro Vercelli » e della squadra nazionale italiana. (Fot. cav. Zoppìs).

A Torino. " Pro Vercelli „ vince " Juventus „ 4 -0

L'impressione ricevuta presenziando quest'in-contro è stata quella di una squadra fortissima che, scherzando con una debolissima, si permet-tesse di far dell'accademia, del giuoco elegante, del virtuosismo collettivo, ogni tanto segnando un goal per scuotere un po' la freddezza del pub-blico, deluso nell'aspettativa d'una partita inte-ressante e combattuta.

Nella fanghiglia orribile nella quale guazzavano i giuocatori, i vercellesi parevan divertirsi nel-l'intercettare gli sforzi degli avversari, impedendo loro di riunirsi quando si ricordavano che il giuoco del calcio è giuoco d'insieme, sorpassandoli quando le lunghe gambe di qualche terzino tardavano a districarsi dal pantano, e marcando il goal quando proprio non se ne poteva fare a meno, e cioè quando i terzini s'erano lasciati oltrepas-sare o quando il portiere era uscito intempesti-vamente dalla sna porta.

Alle 15,20 da Rampini, alle 15,27 di nuovo da Rampini, alle 15,32 da Milano l i e nella ripresa, alle 16,30, da Ferraro, vennero marcati i quattro goals, tutti a neanche nn passo dalla porta, fiac-camente difesa da Pennano, che durante questo

La prima squadra della Jnventns, che soccombette domenica scorsa sul suo campo contro la Pro Vercelli. — In alto da sinistra: Fiiller. Colombo, Armano, Mastrella, Zaffi, Geisser, Kiindig, Egli, In basso da sinistra; Pen-nano, Ferraris (cap.), Valobra. (Fot. cav. Zoppis - Tonno).

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p e r T O R I N O

Ditta PASCHETTA Via Santa Teresa angolo Via Genova.

Fotografi e giornalismo sportivo

La mia carriera di reporter giornalista, benché sia ancora assai breve, pure mi ha già dato agio, in più d una occasione, di apprezzare quanto valga, nella relazione di un pubblico avvenimento, l'aiuto di un intelligente e buon fotografo.

Se ci è dato infatti di poter accompagnare i nostri, molte volte affrettati, resoconti, con delle nitide è movimentate illustrazioni, ci pare che il pubblico ci legga più volentieri, gufando la nostra prosa non per le sue qualità stilistiche, ma attraverso le fotografie che accompagnano e riproducono le fasi dell azione da noi descritta.

Quante volte poi i colleghi di redazione che atten-dono da noi, sballottati in qualche automobile per le strade di lontane regioni, dei resoconti ampi particolareggiati, non ricevono invece con l'ultimo espresto che poche cartelle di c onaca incolore... E allora, come riempire le pagine stanziate pel nostro avvenimento?

Vi soccorre il fotografo, il nostro prezioso collabo-r a t o r e ; delle sue istantanee, invece di sei, se ne pubblicano il doppio, e così si ha, è vero, una maggior spesa per l'amministrazione, ma l'onore del-1 invialo speciale è salvo !

E se le peripezie d'un reporter giornalista non son poche, non crediate già che quelle del reporter totografo sian nulle.

Freddo, acqua, neve d'inverno; solleone, polvere acquazzoni improvvisi d'estate; ecco gli ingredienti' molte volte inseparabili, delle grandi riunioni spor-tive. Eppure il nostro fotografo, al pari del collega giornalista, ha ricevuto un ordine espresso, catego-rico, e non vi si può sottrarre; il suo amor proprio il senso del dovere lo obbligano al suo posto come U buon soldato che non può, nè vuole derogare alla consegna.

La collaborazione della fotografia al giornalismo ha assunto da qualche tempo un'importanza non in-differente anche in Italia. Ogni gran quotidiano pre-tende ad illustrarsi con la speciale istantanea del-1 avvenimento del giorno, ed ecco la necessità di avere uno o più fotografi specialisti a disposizione, e molte volte anche la zincografia in redazione per quella benedetta necessità di far presto ed ottenere I illustrazione d'un avvenimento del mattino nell'edi-zi"ne della sera, o viceversa...

Nell'America del Nord, ed anche da noi in Europa — l'Inghilterra e la Francia insegnano — il fo-tografo od i fotografi di redazione sono pareggiati ai redattori ordinari sia nello stipendio che nella morale considerazione.

Certo hanno fatto pur essi una scuola: la scuola del giornalista, quella cioè di saper colpire il lato fiusto... anche se il meno veritiero,

ella cosa ; di soffermarsi magari sul particolare svisando all'oppor-tunità il fatto complessivo; di sfruttare insomma quelle piccole astuzie che son le ragioni d'essere del giornalismo e che piacciono al pubblico appunto perchè... han sa-puto trarlo in inganno, e, comunque, interessarlo intensamente.

II fotografo del giornale dev'essere un artista, un intelligente, un per-spicace sopra tntto. Quanti aned-doti avrete letto o sentito raccon-tare di fotografi che, rompendo ogni consegna, ricorrendo a sotterfugi, a trovate d'ogni genere, riuscirono a portare in redazione il cliché, che tutti guarderanno poi con curiosa meraviglia, dell'uomo o dell'avveni-mento che avrebbe dovuto rimanere un mistero per tutti?

Già quella del reporter di giornale è un po' la vita del poliziotto, qualche volta anche travestito... Ma non sempre il tempo impiegato gli frutta e... non tutte le ciambelle gli riescono col buco.

Talvolta, infatti, il povero foto-grafo finisce alla Tartarin, comica-mente...

Ricordo qualche aneddoto, che tenterò di raccontare alla meglio.

Durante il Giro d'Italia... a l l 'arr ivo d'una lappa qualsiasi.

— Due soldi... due soldi la foto-grafia di Luigi Ganna...

— Aranci, mandarini, limoni... — ...Gaietti è ferito! L'han tele-

fonato adesso dal Borghetto... — ...Prosegue. Ecco la segnala-

zione. Poer Galetin (il prolungato n nasale lascierebbe credere che l'in-terlocutore sia un lombardo).

— Limonata, fresca in ghiaccio... — Dio birbone, che canicola..,

Quaranta gradi. E siamo all'ombra. — Chiamala ombra... Quattro fra-

sche di tiglio!,,, — Ma dunque, arrivano, o son

morti arrostiti?...

1 nostri fotografi. Il Gav. Zippis, redattore-fotografo viaggiante.

tappa506 S ° l d i ' " d n e s o I d i 11 vincitore dell'ultima — Due al soldo le cartoline di Provinciali . — semini salati..,

neffe o r e S ' : ? E p o i 6 . / ^ M m i n i '* ° ° S a D r i i C08Ì

— Eccoli... eccoli... No, è l'automobile della Giurìa. _ F,er favore, signorina, si tolga davanti. .

calca ' n ° n P 0 8 S° m u o v e r m i - " Beata Vergine, che

di^nT61" rfff ° r f ' ^mn-ina Ehl, t u ragazzo, scostati di qui... Uff! Anche il carabiniere, adesso..

(Una voce... anonima). — Giù quella lanterna,..

' • destra: Lo Coscio, di Palermo G. B. Bota, e Bottino di Genova. ~ l"°S0< da sinUtra a destra!

ennes fmfVX* 8 ° r r Ì d e ' 8 C°8 t a ' r Ì p e t e n d ° p e r ™ a

— Indietro, signori. Indietro... i r , ^ i ^ f n 0 r l D a ' p ! r f a v o r e " E ' dalle una che son qui in piedi su questo paracarro. Non è mica lei che imbroglia, ma... il suo paralume... ' a traino0 u o m o > u n fotografo con un macchinone a tracolla, gronda sudore sotto il panama dalle ampie tese. Egli implora: panama dalle

fQV c ì r e - H o fieevuto un espresso del mio giornale. Se lei non si abbassa, come farò a pren-dere il gruppo? Mi raccomando, almeno, quando arriveranno, si chini, che io possa prenderli q

La posizione del fotografo è buona: s'è appostato a pochi passi dal traguardo d'arrivo tenuto penosa" r a r r L 8 g ° m b r 0 d a ' ! a res<a ^Pressionante della folla L arrivo era calcolato per le 15. Poco dopo mezzo giorno esso era già al suo posto, ma ora al momento 'U°fn°' Bi ' T V , " , 1 rischio di non poter fotografare

la fase finale della corsa. Ha già prese una mezza dozzina di istantanee del pubblico, ma.. do7i è nne71!.v,gi0rrlale ™ o 1 l e g r a f i e dei corri-dori, e quel che più importa.,

E questa gentaglia... — Eccoli... eccoli...

l ' a m n / ^ V 1 r e t t i l Ì E e ov. sgombro di pubblico per n n O l O f i.-1 u n ,Pal°, di metri al più, si leva una nuvoletta bianca di polvere. Due ciclisti, dne raeazzi irr.conoscib.li sotto la patina di polvere che li ricopre tutti, corrono pedalando rabbiosamente sul traguardo f e n T O UQ U r ' ° da l- PeWI1ÌCO, che si scompone prò• tendendosi sempre più avanti. Un'ovazione i n t e r i -nanri 'al ri ^idio violento. Eccoli... Passan veloci di-nanzi al paracarro del nostro fotografo. Questi, che ha dato una rapida occhiata nel mirino, fa scattare ihrioraba°re-1?Ia n e l empiere l'opera perde Pequi-

librio, barcolla e... patatrac... capitombola ziù sn di un mare d, teste. Il rnacchmone finisce sul della signorina... Questa sbraita. Il pubblico ride L u c r e r ò V7t°na 'r m a r c i a Vittoria italiana ? l i P°7er0- f o t ? « r a f o si raddrizza, fa a spintoni per ridT'Tr V? SUS aPPareECbio scomparso sotto una ridda di gambe... Sul suo sfacelo, sulla fase finale s o l T e S ' r g i T a l Ì 8 t Ì C O ' l'iuuo reale satura U solleone delle sue note raucamente briose.

Ad una partita di foot-ball.

Il pubblico dalle tribune urla Vallez ali.*

Il fotografo, un bel signore, dalla fluente barba brizzolata, inviato speciale d'un gran giornale, attende di fianco al goal il momento buono per fermare sulla lastra la fase emozionante della partita.

Ecco. I rosso-neri discendono mi-nacciosi nel campo dei bianchi. Sono

in. • 0 9 ° a l ' a v a n t i riceve la palla in ottima posizione e calcia in porta. Il portiere bianco, con un balzo felice, arresta, respinge.

il fotografo sta per far scattare, ma si arresta. Troppo tardi! La pai a è già fuori di fuoco... Il pallone cade nei piedi d'un altro rosso-nero. Questi ripete lo shoot... ma il pallone velocissimo, invece che infilare il goal, infila in pieno lo stomaco d-el fotografo che è sul limite esterno del campo. Il bel si-gnore dalla barba brizzolata, l'in-viato speciale del gran giornale, non ha tempo che di gridare nn oh/... Oli cade il cappello, gli ca-dono gli occhiali, la macchina foto-grafica gli ruzzola a terra... Il pub-blico applaude, con una risata in-terminabile, feroce, straziante per a giornalismo sportivo illustrato !

Il battesimo d'un dirigibile.

Finalmente, dopo tanti giorni di attesa, il gran fuso giallo sta per-lasciare gli ormeggi. Il suo batte-simo con l'aria è imminente. Venti uomini trattengono le eorde, pronti al lasciate tutto... L'ordine non tarda-fra un urlo di gioia dei pochi mat-tinieri che avevan saputo dell'av-venimento, il dirigibile si alza maestoso, nel cielo turchino... L'e-lica comincia a girare furiosamente • il motore rugge in nn respiro ritmico, lasciando a poppa una piccola scia di turno denso, azzurrognolo e s avvia pel suo primo viaggio..

Giornalisti e fotografi che dal-1 alba attendevano il gran momento assaltano l'automobile che dovrà correre all'inseguimento del diri-gibil

e. Un demarrage breve, rabbio-so, e via !...

L'inseguimento comincia, ed i due fotografi iniziano un fuoco di fila di istantanee al grande pallone giallo che s'alza sempre più nel cielo limpidissimo

Dopo tre ore di corsa a zig zag seguendo le capricciose evoluzioni

;avv. Abe- della poco dirigibile areonave, que-Uuarneri, sta, che si è abbassata sensibilmente

accenna ad atterrare.

ftÌAT e i e L i

g o m m e

P I F S E k l a l

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La storia della fotografia

La storia della fotografia è quasi centenaria. La camera nera fu scoperta nel 1297 da Roger Bacon, e perfezionata nel 1569 da Battista Porta. Il fissaggio dei sali d'argento per mezzo della luce fu scoperto nel 1556 dagli alchimisti. Nel 1796 Brougham ebbe l'idea che fosse possibile sensibilizzare una placca d'avorio per mezzo d'una soluzione d'argento. Ma fu nel 1814 che Nicef ire Niepce cominciò le prime espe-rienze che avevano per fine di fissare l'imagine cosi ottenuta. Daguerre cominciò delle esperienze analoghe nel 1824. Nel 1829 il Governo francese offri a Daguerre una pensione di 6000 lire e a Niepce una pensione di 4000, a condizione ch'essi divulgassero il loro

1 nostri fotografi. — A sinistra, Alemanni, di Firenze A destra, Tullio Bozza, di Napoli.

procedimento, che divenne così proprietà del pub-blico. Il tempo di posa necessario era allora di 45 minuti. La più antica fotografia conosciuta si trova oggi al museo di Chalou-sur Saòne, patria di Niepce. E' la riproduzione d'un quadro rappresentante il cardinale d'Amboise. Quanto al primo ritratto preso dal vivo è, come si dice, quello che il prof. Draper, di New York, fece di sua sorella Dorotea nel 1829. Questo stesso professore fu in seguito il primo che ottenne un cliché della luna. Intanto il tempo di posa fu rapidamente ridotto. Nel 1841 con il calo-type non abbisognavano più che tre minuti L'impiego del collodio umido Lei 1851 ridusse questa durata a 10 secondi. Con le placche gelatinose inventate nel 1878, un secondo fu sufficiente. Il formato visita, adottato per le piccole fotografie, è dovuto ad un nizzardo, Eerrier, dietro suggerimento del duca di Parma: il formato album è d'origine inglese: fu in-ventato nel 1867 da Windsor.

Icaro in gabbia Francamente è finito assai male. Icaro, violatore magnifico di tutte le serenità

celesti, padrone di tutti gli spazi, non so pen-sarlo tra due carabinieri, in una gabbia di Corte d'assise, stanco, disfatto, abbattuto, con i polsi cerchiati, blindati di ferro, sotto l'imputazione di omicidio colposo...

Povero Icaro, ci mancava anche questa ! Ma chi è Icaro 1 Già, bisogna ben presentarvelo. Non dell'eroico figlio di Dedalo, costruttore di labirinti

P. Sbisà, di Roma.

Brocherel, di Aosta.

l'ingenuità della selvaggina, a guisa di specchietto per allodole, davanti agli occhi attoniti di tutti questi buoni giovanotti senza paura, costituiscono un buonissimo argomento per cambiar mestiere... Già, mestiere. La parola è scritta per quanto amara.

Troppi forse oggi fanno dell'aviazione un me-stiere, un mestiere senza entusiasmo, nn mestiere come un altro, un mestieraccio, anzi. Ma è colpa di nessuno se quei certi biglietti da mille, di cui vi parlavo sopra, rappresentano l'elemento primo d'ogni ipotetica umana felicità. L'aviazione è la ricchezza, l'aviazione è la felicità: e agli in-genui lodoloni adescati dai bagliori aurei di una piramide di zecchini, ride anche nel cuore la spe-ranza di altre graziose lodolette, compagne sol-lazzevoli...

Ed è una generazione fecondissima questa del-l'Icaro moderno, ultima specie darwiniana, nè uccello, nè mammifero, che è venuto a popolare il globo terracqueo, in verità tanto pieno di bestie d'ogni colore e dimensione che non si capisce bene la necessità di questo strano e pericoloso tipo. Tanto pericoloso che finalmente è finito in gabbia come tutte le bestie feroci. Finora si cre-deva che egli fosse unicamente affetto da incu-rabile manìa snicida come certe formiche d'Au-stralia, che non appena nate non si curano d'altro che di cercare un modo qualsiasi di dar fine alla loro vita effimera.

E fin lì niente di male: padrone ciascuno di far quel che gli pare: ma purtroppo Icaro, col crescer d'età, ha dimostrato delle spiccate tendenze a nuocere anche ad altri oltre che a sè stesso. E allora la Giustizia, questa cosa che, come tante altre di dubbio significato, si usa scrivere col-l'iniziale maiuscola, senza veramente saperne bene il perchè, ha sentito il dovere d'intervenire sotto

La strada battuta ora dall'automobile, non è più una strada, è un sentiero alpestre, per arrampicarsi sul quale la macchina rantola, traspirando affanno-samente. Un bianco soffione di vapore acqueo schizza dalla vite del radiatore, vite che è saltata via in un sobbalzo violento, che per poco non faceva rotolare automobile e giornalisti giù da una china.

Dove si è? Alla prima rampa di un monte. Non vi è più anima viva. L'ultimo paese lo si è lasciato ad una quindicina di chilometri... A un tratto l'auto-mobile prende male una cunetta che attraversa la strada. Crac... Si è fermi. Lo chauffeur lancia una bestemmia, lascia il volante, s'avvicina trepidante all'avantreno dell'automobile. Irrimediabilmente (gli avverbi fioriscono in modo particolare nel suo lin-guaggio), non ci si può più muovere ! Si è piegata la sale anteriore...

Intanto il dirigibile, più in su, quasi al vertice d'un greppo sta per atterrare. Gli areonanti fanno grandi gesti con le braccia. 11 guiderope penzola giù in attesa di qualcuno che lo arresti, e con lui tiri al basso la docile massa dell'areostato. Si decide di scendere in massa dall'automobile, e correre in aiuto degli areo-nanti. I fotografi si mettono a tracolla le loro mac-chine e corrono pur essi a prestar aiuto... Ma l'ascesa è ripidissima, malagevole ancor più ai due rcporters fotografi impacciati dal peso e dal volume dei loro inseparabili Ooertz... Pure nel penoso calvario essi si consolano che potran prendere delle istantanee interessantissime pei loro giornali. Incespicano, ca-dono, sbuffano, si rialzano... Dopo un quarto d'ora di eorsa ossessionante, incitandosi l'uno con l'altro per far presto, giungono finalmente sullo spiazzo del monte dove la navicella stava adagiandosi dolcemente sotto l'enorme massa semi-sgonfiata del dirigibile.

Uno dei due fotografi, il più attempato, si accoscia sfinito a ridosso d'un masso, con l'asma che gli serra la gola, e guarda, con gli occhi imbambolati, senza potersi muovere, gli amici che dànno mano agli areonanti per trattenere la navicella che ad ogni leg-

Arturo Collari, di Roma.

gera ventata dà dei sobbalzi dal basso in alto. L'altro fotografo, il più giovane, trionfante, si accinge a ri-trarre il momento interessante quando s'accorge... che nella fretta ha dimenticato nell'automobile il serba-toio delle lastre ! Il poveretto, se non impazzisce, è perchè ha la cortfceia cerebrale molto in buon stato ! Un lampo di genio... Corre verso il collega. Gli dice, gli domanda... Ma il compagno ha ancor la forza di serrarsi al petto la sua macchina e di rantolargli un « no » con un sorriso fra l'ebete ed il beffardo. I due colleghi sono in questo momento due rivali. I gior^ nali che rappresentano sono in concorrenza...

Dunque, niente fotografie... Cioè no ! Quando la navicella fu bene ormeggiata, e si iniziarono le ope-razioni di sgonfiamento, il fotografo più attempato potè ritrovare la forza di sollevarsi e di ritrarre le non più interessantissime successive operazioni di sgonfiamento.

L'altro, ritornato all'automobile, vi trovò dentro due ragazzetti che si baloccavano con varie cose, non escluso il serbatoio delle sue lastre, che avevano vista la luce attraverso una fessura intelligentemente praticata dai due garzoncelli col prezioso aiuto d'un chiodo !

Corradino Corradini.

a tempo perso, io vi parlo, non di quegli che ponendo in non cale i consigli paterni troppo alto volle volare, onde cadde pre-cipitevolissimevolmente nel mare che s'ebbe il suo nome. Mito del resto che saià sempre di grande attualità perchè ci sarà sempre qualcuno che vorrà volare troppo alto... Lo stesso Icaro continua anche ora, ogni giorno, a precipitare, a tanti secoli di distanza, da quell'epoca preistorica che ce lo trasmise avvolto in nebbia di leggendaria poesia, continua anche oggi a precipitare senza sua colpa in quei torbidi mari in tempesta che sono le colonne dei giornali, le cui onde tanto spesso si rompono rabbiosamente contro le irte scogliere della logica. Non dell'Icaro della favola, io vi parlo, ma del-l'Icaro moderno, di quello che tutti più o meno conosciamo, che tutti più o meno abbiamo incontrato.

Icaro moderno, sbarbato o imberbe, vestito di cuoio, ben imbottito contro la minaccia di ignoti freddi siderali, la sigaretta spenta tra le labbra, sperduta in un grande sorriso di ragazzo sventato. Donde viene l'Icaro moderno? Da tutte le vie: ex-meccanico, ex-viveur, ex-corridore, ex-tutto, tanto che pare che per diventare aviatore sia neces-sario essere ex-qualchecosa. Come se fosse

scritto che per meglio gustare la suprema ebrezza del volo sia necessario portare con sè, per via-tico, l'amaro ricordo di qualche piccola vita vol-gare d'altri tempi. Certo, i bei bigliettoni da mille che mecenati, organizzatori e giornali agitano in nobile gara, come esperti cacciatori che sappiano

I W P J f t T l f ^ H / T J ^ 3 W T r M ? m Q C I P E D I " G e r m a n i a „ DI FAMA mqndia I N H j Ì y I J j L . J T I 3 M Massima Eleganza, Leggerezza e Solidità

S E | O E L & N A U M A N N - DRESC Deposito giurali in Italia : Umil io Secondo - Verona. — Tendila oscillila in Piemonte, Lombardia, Pistoni», Pira», Reggio Umilia: Raffaele Refendi - Viadana (Mantova).

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LA STAMPA SPORTIVA

forma di due ben pasciuti carabinieri, che si sono preso Icaro e lo hanno senz'altro trascinato fra le sbarre di una gabbia di tribunale.

I giornali parigini così riferiscono il fatto. L'aviatore Harvel è stato processato innanzi al tribunale per aver ferito mortalmente nello scorso agosto una donna, durante un suo esperimento a Issy les Moulineux.

II 3 agosto l'aviatore cercava di spiccare il volo con nn biplano : passando per un sentiero sul li-mitare di piazza d'Armi volle evitare un ciclista, e nello sterzare troppo rapidamente andò ad ur-tare contro una passante, r o v e s c i a n d o l a a terra. Trasportata all'ospedale, la disgraziata mori poche ore dopo, in seguito alla frattura del cranio.

Il marito della defunta intentò processo all' a-viatore, e questo ieri è

. stato condannato a pagare la multa e lire 5000 per danni ed interessi per aver commesso — come dice la sentenza — una imprudenza nell' avvici-narsi troppo al sentiero.

E il giorno stesso un altro telegramma ci an-nunziava : L'aviatore Bal-lod di Lione è comparso innanzi al tribunale cor-rezionale per rispondere di omicidio involontario. Il 15 ottobre u. s., dopo infruttuosi tentativi di volo nelle vicinanze del campo di Jullet a Limo-ges, il suo areoplano piegò bruscamente a d e s t r a , urtando contro la folla assiepata sul marciapiedi e uccidendo una giovi-netta di quindici anni. L'aviatore è stato condan-nato a un mese di pri-gione, col beneficio della legge del perdono, e a 200 lire di multa.

Come vedete, non è vero affatto che le disgra-zie aviatorie si somiglino tutte, come parrebbe a prima vista. Intanto si p o s s o n o d.stiuguere in due grandi categorie : di-sgrazie veramente .avia-torie e disgrazie falsamen-te aviatorie.

Appartengono alla pri-ma categoria quelle in cui è vittima l'aviatore; alla seconda quelle da cui l'a-viatore esce sano e salvo ed altri ci lasciala pelle, come quelle per cui i due nominati Harvel e Ballod sono stati trascinati sul banco degli accusati.

Naturalmente dal pun-to di vista del povero pedone, animale per sua natura filosofa, le prime sono assai preferibili alle seconde, mentre per l'a-viatore in ambedue i casi è un disastro: o al cimi-tero o in galera, con la differenza che alla prima, dirò così, destinazione è sempre alquanto preferi-bile la seconda.

In ogni modo l 'avia-zione, è d'uopo constatar-lo si va mettendo defini-tivamente sulla via della pratica. Il giorno in cui fu fatta la prima con-travvenzione per atterraggio arbitrario in luogo proibito, tutti gli ironisti della terra gongolarono di una gioia indescrivibile. E scrissero: La con-travvenzione è l'unica, vera consacratrice delle scoperte umane; la prima contravvenzione avia-toria è stata fatta. Viva l'aviazione ! (Vero è che, ragionando in tal guisa, le povere automobili banoo avuto tante consacrazioni che ormai è una scoperta che sarebbe meglio... ricoprire). E fu per tutto il mondo un grande scoppio d'ilarità. Perchè,

vedete, la volgarità della vita quotidiana non è ancora riuscita a estirparci dal cuore le ultime radici del sentimentalismo, misera pianticella in-tristita sull'aridità dell'anima, sicché talvolta an-cora ci accade di poter cogliere la sottile ironia di certi contrasti fra quella che sarebbe la nostra natura libera, sincera e spassionata e la fredda maschera di scetticismo che l'umanità ci mette in volto.

Il francese Ledoux, campione di boxe nonché cuoco di professione I

Onde ci parve sommamente ridicola la scenetta di quel conquistatore di cieli invitato a declinare le proprie generalità all'imperturbabile sergent de ville.

Quel sergent de ville rappresentava in quello istante la società civile, il consorzio umano, con tutti i suoi preconcetti, le sue misure igieniche, i suoi regolamenti, la sua carta bollata. Ma ora, come avete sentito, è avvenuto di peggio. Icaro è diventato omicida.

Icaro ha le ali insanguinate. Icaro è in gabbia

come un volgare delinquente, di quelli che ha inventato Lombroso.

A proposito, chi sarà quel Lombroso dell'avve-nire che ci regalerà un trattato compiuto di de-linquenza aviatoria ? Anzitutto, a quale categoria li ascriveranno ? A quella di delinquenti occasio-nali o a quella di delinquenti per tendenza con-genita ?

Vedete, a me sarebbe piaciuto moltissimo di essermi trovato in quei tribunali all' udienza in cui furono giudicati i due pericolosi d e l i n q u e n t i aerei Harvel e Ballod.

Ecco, nell'atmosfera c'è il fermento dei grandi processi ; i giudici, per l'occasione, sono piuttosto svegli e in alto, sopra la calvizie presidenziale, la consueta scritta sorride ironica come sempre.

A sinistra, su due file, dodici signori vestiti di festa, faccie q u i e t e di borghesi grassi e magri, la giuria popolare. Dal-l'altra parte, in gabbia, la belva. Comincia la rap-presentazione. E penso le furie sdegnose e magni-loquenti dell'oratore della legge: S gnori giurati! salvate la società dal nuo-vo pericolo, dalla distru-zione...

E forse avrà c h i e s t o l'ergastolo... Come avete detto? La ghigliottina? E perchè no ? E penso all'oratole della parte ci-vile che avrà fatto della due disgraziate donne due innocenti vittime d'una malvagia brutalità.

E penso anche, commi-serando , a qu6i poveri avvocati difensori che si saranno trovati di fronte non la rigida coscienza dei giudici togati che pure in quanto a tenerezza ha spesso molta comunanza col macigno, ma quella di dodici signori vestiti di festa che in quel mo-mento rappresentavano la società e le leggi conser-vatrici della vita e il mo-dernismo di cui è impa-stata l'umana coscienza.

Ma in fondo il verdetto è stato benigno, e così la sentenza. Un mese di prigione col beneficio del-la legge del perdono e 200 lire di multa per aver ucciso una donna, via, non è molto in fede mia. Vero è che in Italia, anche se uccideste vostra moglie, purché il vostro difensore cercasse di d i m o s t r a r e che voi siete un uomo di genio, vi assolverebbero. Ma noi ci congratuliamo lo stesso con quei giurati d'oltr'alpe che hanno cre-duto tanto poco alla de-linquenza d'Icaro.

Forse avrebbero fatto meglio a non c r e d e r c i affatto.

Valentino Lardi.

Variazioni sulla boxe Un cuoco boxista... e viceversa.

A distanza di secoli dall'èra classica delle bar-barie inaudite del Circo, noi che ci vantiamo di avanzata civiltà, abbiamo la velleità di pagare dieci franchi un posto, d'attendere pazientemente due ore per assistere al disgustevole spettacolo di due uomini che, a sangue freddo ed utilizzando

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Il celebre boxista Sam Mac Vea, che prossimamente si incontrerà a Parigi con Tommy Burns, pel quale incontro è vivi, li na l'aspettativa.

le£forze umane, sviluppate e raccolte con un'in-tenzione criminale, lottano l'un cont-o l'altro, fino al momento in cui uno di essi, dinanzi ai nostri occhi e per soddisfare la nostra malsana curiosità medioevo! mente morbosa, cadrà nel ring vomi-tando sangue, gli occhi fuori dell'orbita, il viso tumefatto ed orribile !

Ecco lo spettacolo nuovo che già ha generato fuori d'Italia e sta per generare anche presso di noi una epidemia di lottatori, i quali, alla loro volta, hanno pure trovato il modo di farsi sfrut-tare da una caterva d'impresari di caffè chantants e di direttori di circhi equestri.

Certo è però che questo esercizio pugilatorio merita anche di essere discusso, forse più d'ogni altro esercizio acrobatico e magari sportivo dei circhi equestri. Tatto ciò che si vede nei circhi è infatti ordinariamente un'arte d'eccezione: a nessuno verrà mai il capriccio di popolarizzare tutti quei salti e quelle corse a rompicollo che ivi si fanno. Il pugilato anglo-americano è invece un esercizio già popolare e diffusissimo in molti paesi ; ed in questi paesi vi si annette una grande importanza, sia per l'educazione fisica che per l'educazione morale. Gli americani lo chiamano la « virile arte dell'autodifesa ».

E' certo che anche la boxe, ultimamente rego-lamentata, può, per qualche ragione, entrare nel campo degli sports. E' una scherma, fatta con le mani invece che con le armi.

Ma come la scherma è uno sport se fatta sulla pedana, ed è un duello se fatto con intenzioni cruente sul terreno, così la boxe potrà essere uno sport fino a che la si pratica... in via d'esperi-mento, nelle sale sociali di qualche club, ma e semplice e brutale massacro quando pomposa-mente diviene una competizione di razza o di na-zione con l'incontro di due atleti rappresentativi, pagati per affermare, uno sull'altro, fino a che uno non avrà fratturato qualche organo vitale dell'altro, la discussa supremazia.

Avete mai assistito a qualche round di boxe'l F I due lottatori si presentano al pubblico accom-pagnati dai loro rispettivi padrini ; ed al manesco duello presiede un direttore che, al momento buono, deve gettarsi tra i due pugilanti, dimen-tichi del loro dovere ed avviticchiantisi l 'un l'altro come dne polipi.

Ma ciò accade di rado, ed è sempre contro le regole del vero pugilato cavalleresco.

E del resto i pugni non debbono essere dolo-

rosi, come potrebbe parere, le mani dei due lottatori essendo guarnite dall'indispensabile guanto, che è, na-turalmente, il più molle possibile. Non appena il direttore di sala ha gridato il suo « è tempo », i due pugilatori si piantan sulle ginocchia solide, fanno qualche finta, si girano intorno come due cani che facciano indagini d'amore, si allettano con mosse rapide, corte, civettuole, direi quasi, e cosi continuano per qualche minuto. Improvvisamente, v e l o c e come un lampo, uno si avventa sul-l'altro e tenta subito il colpo mae-stro. La destra vorrebbe assestare all'avversario il terribile upper cut, mentre la sinistra tenta il colpo solar-plexis.

E' 1' upper cut un « colpo dal di sopra » e mira alla mandibola.

Quando esso riesce « rimuove il col-pito dai suoi piedi », per dirla con espressione di boxer; e il vinto cade a terra.

11 colpo Solar plexis è invece di-retto alla regione del cuore; e quando esso è rettamente « fornito » , la lotta è al suo termine.

Ed il vinto lo si trasporta a braccia all'ambulanza prima, allo sportello della cassa poi, dove tanti biglietti di banca fungeranno da cerotti a coprirgli le ferite cicatrizzandogliele in breve tempo!

* * *

Un tipo originale di boxista è il francese Ledoux, reputato in patria come campione di gran classe. Il Ledoux ha accumulato, nella sua vita sociale, le funzioni più disparate. Ora ha solo più due occupazioni e pare gli siano entrambe remunera-tive. Come uomo normale fa il cuoco, come... quello che volete, fa della boxe. Dicono che nelle cucine del noto Restaurant parigino ove è im-piegato, goda di una certa autorità. Il proprietario del locale ne è molto

soddisfatto. Prima gli affari non gli andavano molto prosperamente: i fornitori erano d'accordo coi cuochi e questi rubavano a man salva; i clienti erano mal serviti... Era un mezzo disastro. Ma dopo che assunse il Ledoux come capo cuoco, nes-suno azzarda parola, il servizio fila magnifica-mente, non vi sono più contestazioni... Ledoux comanda col più bel sorriso sulle labbra e col pugno chiuso. I subalterni ubbidiscono.

Il rovescio della medaglia lo si ha poi quando il Ledoux lascia le pentole per salire sui ring. Egli invariabilmente esclama : « Ora ne cucino uno ». E il pubblico sottolinea i colpi che egli

manda a destinazione, con linguaggio gastrono-mico. « Lingua all'wper cut » « Cuore alla solar plexis», ecc...; e quando il suo avversario è at-terrato: « il signore è servito ! ».

Bel tipo quel Ledoux! L t .

Weymann vola con tre passeggieri Weymann ha tentato con successo il viaggio

Bouy-Reims e ritorno con tre passeggeri. Difatti sul suo biplano Farman di tipo militare, fu col-locata dietro il seggiolino del pilota una panca su cui presero posto altri tre noti aviatori : Boutmy, Neri, Van Gever. . . .

Weymann si collocò al suo posto abituale, e fornitosi di 30 litri di benzina e 15 di olio, seb-bene avesse sulla macchina un peso di circa 350 chilogrammi, alle 11.40 si elevò facilmente dal suolo. Si innalzò subito ad un centinaio di metri e dopo un rapido giro sull'areodromo filò diritto verso Reims e a mezzogiorno e 10 minuti la prima parte del viaggio era finita. Weymann poteva prendere felicemente terra sull'areodromo di Bétheny.

In condizioni altrettanto favorevoli si compi il ritorno. Questa volta alla nebbia leggera che aveva un poco intirizzito al mattino i passeggeri si era sostituito un leggero vento che batteva un po contro l'areoplano, ma non tanto da compromet-terne l'equilibrio. Dopo 25 minuti di volo a un'al-tezza quasi costante di 150 metri, Weymann fu di nuovo sull'areodromo di Bouy, e non contento del suo meraviglioso viaggio, volle compiere per un'altra ventina di minuti delle ardite evoluzioni sopra il campo e i villaggi circostanti.

U n d i r i g i b i l e r é c l a m e s u B e r l i n o Il primo dirigibile réclame ha bordeggiato sopra

Berlino. Si tratta di un Parseval, che è stato impiegato questa estate per gite a pagamento, e che verrà utilizzato durante l'inverno in questa nuova applicazione. Nell'interno dell'involucro vi è un riflettore elettrico che proietta sul fondo del pallone dei grandi scritti luminosi. Dall'esterno si può regolare la lampada e cambiare le scritte. Oltre a questa fonte di guadagno vengono accolti nella navicella molti passeggeri che hanno la melanconia di attraversare Berlino di notte in dirigibile. La prima prova di questo sistema di rèe lame è stata soddisfacente. Sebbene il dirigibile volasse abbastanza alto, i caratteri erano visibi-lissimi. Nelle strade la circolazione si arrestò, e tutti si torcevano il collo per vedere la nnova meteora. Passò così snccessivamente la réclame di Case di automobili, di profumi, di caffè vero americano, di carta igienica, e così via. Il diri-gibile rimase in aria tre o quattro ore.

La riuscitissima corsa di km. 1S, svoltasi a Napoli sul percorso Viale Elena, Posillipo elritorno, ^he segnò «n'opro bZ vittoria pel noto campioni meridionale Del Gaudio, del Circolo Sportivo Ausonia. (T. Bozza - Napoli).

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P E R LA STORIA IPPICA

Le corse in Francia.

Sino alla metà del secolo x ix in Italia non si sapeva, o lo si sapeva cosi a orecchio, io che cosa consistessero e che fossero le corse dei cavalli. Qua e là nella penisola si chiacchierava, per averlo sentito a dire, dei palio di Padova e di quello di Siena; si narrava come di cose d'altro mondo delle corse dei barberi di Roma e delle Maremme toscane, dove, si ripeteva, oltre a far correre in gara i cavalli liberi, si fanno altre sorta di corse coi cavalli montati dagli nomini.

Nel 1815 a Firenze si costituì una Società allo scopo di promuovere le corse dei cavalli all'uso inglese, e l'esempio dei fiorentini fu seguito poco dopo dai torinesi.

Milano non si fece viva che nel 1852. In quel-l'anno all'Arena si tennero corse con tutta la magnificenza, ricchezza ed apparato in uso presso la nazione inglese, e cinque anni dopo, cioè nel 1857, la Società Lombarda delle corse le indisse a Senago.

Riunioni più modeste avevano luogo nel con-tempo in varie città del Piemonte, mentre nuove Società anonime costituivansi a Firenze e a Pisa (1851), allo scopo di propagare questo dilettevole passatempo inglese, mentre a Napoli questo còm-pito veniva affidato volta a volta a speciali Com-missioni.

Con l'unità d'Italia le varie Società si fusero e si trasformarono in nna vasta e solida Società Nazionale, che il ministro Cordova nel 1872 do-tava di un sussidio di 50.000 lire.

Poco dopo la Società Nazionale subì una nuova trasformazione e assunse la denominazione di Associazione Ippica Italiana.

Ma le cose nou andarono a gonfie vele ; molti attriti, molte difficoltà, specialmente pecuniarie, osteggiarono, specie dal 1868 al 1880, lo svi.uppo proficuo di questa associazione.

Finalmente m-1 1871 venue fondato il Jockey Club Italiano, clic oggi prospera e non è secondo alle congeneri società straniere.

Però il record, è g ustizia il convenirne, è te-nuto anche oggi dall I ighilterra, che è il paese nel quale tutti gli spnrls sono tenuti in grande onore e aiutati in mille guise, tutte proficue, dai cittadini e d i Governo. Le prime grandi riunioni di orse ai galoppo risalgono, in Inghilterra, al 1690, nel qual anno un nucleo di gentiluomini si costituì in Società per tener corse ip iche a Boutleano-Dowus, campagne superbe, che oggi portano il nome conosciutissimo di Epsom.

Durante il legno di Giorgio I il Club o Società di Eps.«m contava fra i suoi affigliati gli allena-tori più noti e godevi di una pensione a premio da parte della Casa Reale di Hannover, per quelle riunioni ipcirh , la fama dello splendore delle qua i aveva oltre assato la Manica.

Nel 1778 lord Derby, un gentiluomo ricco a milioni e appass onato er qu sto genere di sport, comprò nn padiglione da caccia d tto delle Oaks (querele),- che era in Epsom, lo fece ingra due e abbellire con nn pareo sii pei ho e vi andò ad abitare con la moglie Elisab. tta Hami'ton, una tra le più belle e più eleganti amazzoni di quel-l'epoca.

In quell'epoca, e specialmente per le generose

elargizioni di quel munifico signore, fu istituito il premio per i puledri di tre anni, premio detto Derby, dal fondatore, imitato in Francia, e per ultimo istituito in Italia per la mu-nificenza del suo Re.

Verso la metà del secolo x v m i parigini si erano dati, a quanto pare, alla pazza gioia di ogni genere di spettacoli, i quali erano numerosi tanto da impedire ai popolani e ai nobili di accudire a ogni sorta di affari.

Ma i divertimenti più apprezzati erano i combattimenti degli ani-mali. Questi combattimenti manda-vano in visibilio i parigini, talché non solo il grosso pubblico, ma anche le dame di qualità non disdegna-vano di mescolarsi al fango plebeo, pur di godere il triste ed efferato spettacolo di un asino o di un toro assalito e ucciso dai cani o dai beccai.

La polizia da prima proibì e mi-nacciò pene severe; ma per non in-correre in peggio fu costretta a tol-lerare prima, a chiudere ambedue gli occhi, dopo, per finire con auto-rizzare questi spettacoli di una effe-ratezza senza pari (1781).

In quel tempo si cercò una diver-sione a queste crudeli rappresenta-zioni nelle corse dei cavalli ; ma i tentativi fallirono lo scopo. Solo la parte eletta della società parigina accorse al nuovo spettacolo, che per ciò rimase un divertimento aristo-cratico.

E questo forse accadde perchè le prime corse di cavalli in Francia non furono che gare, che scommesse tra due o più gentiluomini. La prima di queste rimonta al 1726.

Il conte di Saillans aveva scom-messo contro il conte di Courtan-vaux di percorrere in 30 minuti la distanza che c'era ria i cancelli degli Invalidi e quelli di Versailles.

Corte e popolo vi si interessa-rono vivamente ; fu un fuoco di pa- ' glia, perchè scarso fu il pubblico accorso nel 1753 alla scommessa te-nuta da nn signore inglese contro il Duca d'Oriéms di peicorrere a cavallo in due ore, mutando tre volte la cavalcatura, la distanz che cor-reva ria Fontainebleau e la Bar-r i ca d'E iter.

Ma le vere e prò rie corse in Francia dat n > dai 1775. Parecchi genti uomini di co te «osutuironsi in una spec e di so ietà, cui venne riservato il diruto di far correre ca-valli nati e allevati in Francia. Le prime corse ebbero luogo a Vin-cennes, ed i parigini «e ne mostra-rono piuttosto indifferenti e le di-menticarono totalmente quando l'i >-podromo da Vincennes fu trasferito alla pianura dei Sablons. Quivi le corse furono di pretesto ai signori

Alla ripreia dalli corte lei e filili in Fnncia riesce > F. "Wotton O'Connor. t!

Bellhouse. G- Stern.

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LA a i AMJP A e r u d i i cu

©

A sinistra : Il fantino Atee Carter. - Nel eentro: Le corse al galoppo a Nizza: Prime ^ Ma gny di Oh. I iénart ( Beath). vincitore del Premio di Montecarlo (grande corsa di *iepi,meMdVOV, L 50 000) - A destra: Camillo Blanc, proprietario di Cham, da gli ordini al suo jockey, imbauli.

per scommettere somme favolose; ma le rovine che quelle scommesse por-tarono non fecero rinunciare alle dame della Corte quel passatempo che permetteva loro di presentarsi in pubblico abbigliate sontuosamente e con quell'arte squisita, la quale ne metteva in rilievo tutte le attrat-tive fìsiche.

La rivoluzione fece scomparire an-che le corse, delle quali non si sentì più a pirlare in Francia sino verso il 1830.

Nel 1833 la Società francese pel miglioramento della razza cavallina divide fra i vincitori dodici panieri di bottiglie di champagne; nel 1836 lo champagne lasciò il posto a 46.000 franchi di premi, saliti a 360.000 nel 1857 e a un milione nel 1867. Oggi questi premi sorpassano i 15 mi-lioni. Il Derby francese fu fondato nel 1855.

I. Gelli.

llon.

I c a v a l l i p i ù c e l e b r i a t t r a v e r s o la s t o r i a

Quella celebrità e quella gloria che il cuore umano anela continua-mente, benché alle volte fugga viep-più lontano quanto più, anche dispu-tandosi i pochi meriti, si cerea ÌD-vano di conseguire, si acquista forse con minore difficoltà (la alcuni ani-mali, fra i quali primeggia natural-mente il cavallo.

Il cavallo infatti approfitta sem-pre delle circostanze più opportune per rendersi celebre; esso, per la sua intelligenza e per la sua ve-locità, venne impiegato fin da anti-chissimi tempi nell'arte della guerra, la quale fu ed è persino ai dì nostri il campo ove più facilmente, sia pure a prezzo di sangue e di vite, si coglie l'alloro tante volte invano aspettato.

Non vi è quindi da fare alcuna meraviglia se fin dai tempi remoti della classica Grecia troviamo ìegi-strato negli eterni papiri di Clio il nome di qualche cavallo celebre in-vero. , . . .

Il più famoso fu senza dubbio il cavallo di battaglia di Alessandro Magno. Bucefalo, che Filgar di Ma-cedonia comprò da un tessalo, chia-mato Filonico, per 13 laicato». Il ca-vallo però non era ancora domato e non permise che 1q montasse nes-suno alt'infuori di Alessandro.

Si asserisce da alcuni che dopo essere stato alquanto addestrato si

lasciasse maneggiare da tutti fino a quando ebbe le divise regie, e che d'allora in poi nessuno, eccetto il padrone, lo potesse domare.

Movi di vecchiezza a trent'anni, e si narra che nell'attacco di Tebe, sebbene ferito, non permise che Alessandro smontasse. Si fece innalzare una città a sua memoria chiamata Bucefalia.

Il cavallo di Caligola, Tacitatus,_ ebbe dal pes-simo imperatore grandissimi onori.

Borestenes, eavallo di caccia di Adriano, fa se-polto con grandissima pompa ed ebbe uno spe-ciale epitaffio.

Furono pure assai celebri due cavalli spagnuoli Aquilin e Babieca. Quest'ultimo fu cavalcato dal Cid Campeador. .

Ai nostri tempi tntti conoscono la fama dei cavalli bianchi di Napoleone.

Styrie, Ali, Marengo, Jaspa, Marie ed Austerlitz, portarono snl loro dorso il Cesare della età mo-derna, ed ebbero, come si vede, il nome di luoghi ove avvennero i fatti più noti e si combatterono le battaglie più gloriose.

Uno di questi cavalli fa sepolto nei sotterranei del Palazzo Nazionale a Parigi e la sua groppa conserva ancora la marca imperiale: una N ed una corona.

Il più famoso dei cavalli napoleonici fu poi Marengo, il cui scheletro si conserva a Londra.

Oopenhaghen, cavallo di Wellington, si rese famoso a Waterloo per la sua resistenza.

Ajace, appartenente a Napoleone III, meritò l'onore di servir da modello al pittore Meissonnier.

Bianche è stato forse il più famoso degli ani-mali ammaestrati.

Riguardo ai cavalli da corsa basterà parlare dell'immortale Derley Arellan, l'antecessore di tutti i cavalli da corsa di pura razza. Il più celebre di tutti i suoi figli fu Edipee.

Altri famosi cavalli dell'Ippodromo furono Go-dolfin, che, pi ima di acquistare tanta fama, fu un umile servo di un povero inaffiatore di strada.

Più tardi furono celebri: Ormonde, Bucephale e Gladiateur. Però, sebbene lo sport moderno sembra che presenti anche ai cavalli dei nostri giorni non poche circostanze da acquistar fama, nessun cavallo ebbe, uè avrà la fortuna di quello di Caligola, la fortuna di essere nominato niente-meno che Senatore.

Cento chilometri all'ora con un passeggero Il record di Bréguet.

All'areodromo della Brayelle, l'aviatore Luigi Bréguet ha battuto il record della velocità con nn passeggero, coprendo cinquanta chilometri in 34' 54" e 4/5" e cento chilometri in un'ora. 9', 28" e 4/5, ad una velocità media, cioè, di 86 chilo-metri e 468 metri all'ora.

L'apparecchio è nn monoplano del tipo mili-tare russo. . j

Bi éguet ha superato di molto i precedenti records appartenenti a monoplani. Nel suo volo il mono-plano ha perfino raggiunto in linea retta una velocità di 95 chilometri all'ora.

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}_, A. fl I A Ja r a j- unr^ »

Gli Italiani volano Da temperatura rigida di questi giorni non ha

trattenuto i nostri aviatori dali'uscire con le loro macchine per compiere superbi voli.

A Pordenone, a Padova, a Pisa, il barone Leo-nino Da Zara, il barone De Antonio, Mario Co-bianchi e Cagliani hanno spinto in alto 1 je j ivoh a loro affidati ed hanno entusiasmato la folla. Il Cobianchi ed il barone De Antonis dopo una serie di arditi voli sono stati vittime di incidenti di macchina e sono caduti. Fortunatamente però la caduta non ebbe per entrambi gravi conseguenze.

Il barone De Antonis, partito regolarmente, si portò, a venti metri di altezza, fino al limite set-tentrionale del campo. Da questo punto, dopo una breve sosta, ripartì nuovamente, costeggiando la strada Ariano-Pordenone. Quando si trovò a circa 500 metri àaWhangar, egli volle scendere senza togliere l'accensione al motore, e, ad un inegua-glianza del terreno presso il fossato tra la strada ed il campo, fece fare uno sbalzo all'apparecchio, ebe si sollevò, poi toccò terra nuovamente. Questa volta venne sbalzato sopra la strada da un colpo di profondeur che doveva farlo risalire e metterlo sulla giusta rotta: invece l'apparecchio cozzò

ed a Pisa poi si dimostra un degno allievo della Scuola di Pordenone, partecipando alle due riu-nioni col suo Farman.

Gli sportsmen pisani, che hanno saputo apprez-zare i meriti e il coraggio dell'aviatore bolognese, in segno di riconoscenza e di ricordo gli offri-ranno una medaglia d'oro. .

La performance compiuta dal Cobianchi il giorno prima del disgraziato incidente deve essere registrata fra le migliori finora compiute dagli aviatori italiani.

Egli per il primo ha compiuto il volo sulla storica Torre Pendente, all'altezza di circa cin-quecento metri, volo preconizzato dal D'Annunzio nel suo « Foise che sì forse che no », e che e oggi definito infatti il volo di Paolo Tarsie.

Cagliani con la sua libellula Henriot continua quella bellissima serie di voli iniziata al nostro campo di Mirafiori e compie voli velocissimi con dei virages sorprendenti. .

Il barone Leonino Da Zara, il duce dei volon-tari italiani, non si arresta di fronte al mal tempo ed anche lui pilotando un Farman continua ad incoraggiare amici ed ammiratori.

L'ultimo ospite gradito che ha avuto l'onore di condurre per le vie del cielo è stato S. A. R. il Principe di Udine.

della sfera, l'elasticità della quale è aumentata da altri cerchi a spitale intermedi.

Questa sfera dovrebbe applicarsi all'apparecchio, che al momento dell'esperimento era rappresentato da un piccolo monoplano, giacché gl'inventori riten-gono, appunto, ohe il monoplano presenti minore stabilità del biplano.

Il velivolo in sedicesimo e l'aviatore... improvvi-sato furono lasciati cadere dalla torre del Diavolo da un'altezza di 17 metri.

L'apparecchio cadde vertiginosamente e volò in mille pezzi, mentre la sfera rotolò per qualche poco, arrestandosi subito dopo.

L'aviatore... pardon... il maialino usci affatto in-colume e cominciò a correre a destra e sinistra.

L'esperimento fa quindi concludentissimo. Si potrà però applicare la grande sfera ad un vero

e proprio apparecchio? E potendola applicare, potrà intralciare 1 movi-

menti dell'apparecchio o quelli dell'aviatore? Ed anche ammettendo di poter rispondere affer-

mativamente a tutte e due le domande, chi si sen: tirà di far l'esperimento... reale? Gl'inventori stessi ?

La riuscita dell'esperimento del porcellino... avia-tore ha sollevato la questione circa l'esperienza con un vero... aviatore dentro la sfera a grosse molle?

L'Auto reca due, fra le tante lettere, che, al ri-guardo, gli sono pervenute.

Da sinistra a destra: Il barone de Antonis, allievo della Cobianchi coli'apparecchio italiano ( Cobianchi-Miller),

contro un albero: l'elica, in moto, volò in fran-tumi, l'ala sinistra s'infranse, il carrello di atter-rissage ebbe a subire danno. I presenti accot sero sul posto ed aiutarono l'aviatore, che gridava. Egli non riportò, fortunatamente, che poche con-tusioni. , ,

Il Cobianchi, rispondendo ad un nostro tele-gramma di augurio così si esprimeva: «Sono in-cidenti del mestiere. Grazie infinite. Viva l'avia-zione. Caramente. Cobianchi ».

Chi conosce il Cobianchi e sa tutto il suo en-tusiasmo, la sua passione per l'aviazione non si meraviglia. E' ammirato della sua forza d'animo, che in un momento di grave pericolo ha saputo conservare, ed il più ammirato di tutti è il suo compagno di viaggio il generale De Chaurand, U quale, uscito incolume dalla caduta, facendo animo al ferito così si esprimeva:

— Coraggio, io debbo partire, ma spero che ci rivedremo e compiremo insieme un altro giro per aria. Questo non è riuscito bene, e bisogna farne un altro.

Il Cobianchi sorrideva annuendo. Ammiriamoli questi giovani, che rinunciano al

divertimento, alle comodità di una vita signorile in città, e vanno a frequentare i corsi di una scuola di aviazione situata presso un paesello. Essi con entusiasmo vestono la Uouse dei mec-canico e passano giornate intere nella monta ggia della macchina, che poi prendono a praticare.

Ottenuto il brevetto di aviatore, non possono rinunciare ad un invito, ed ecco appunto il Co-bianchi, il gentléman nato, che a Treviso prima

scuola di Pordenone, vittima di una recente• caduta senza all'ultimo meeting amatorio di Firenze. - Mano Cobianchi

Di tutto ciò vi è da compiacersi. Francamente in aviazione noi italiani non abbiamo ancora fatto quello che abbiamo ottenuto in automobilismo, ma siamo ormai sulla via sicura della vittoria. La squadriglia degli aviatori si ingrossa giornal-mente; nuove ed ottime reclute ci forniscano le diverse Scuole e cosi presto vedremo gli italiani misurarsi numerosi con i campioni di oltr'Alpe.

Da Zara, Cobianchi, Cagliani, Cagno, EroB, Faccioli, Cirri, Stucchi, il ten. Gavotti sono in-fatti ottime promesse per i prossimi meetings di Torino e Roma.

V. G.

Ottimi risultati di un apparecchio di protezione per gli aviatori (l)

A Vincennes, presso Parigi, i signori Rollet e Tissier hanno proceduto, alla presenza di numerosi invitati, ad un esperimento che potrebbe, forse, esser decisivo se i risultati ottenuti potessero davvero con-fermarsi su più larga scala, applicando cioè 1 appa-recchio dei signori Rollet e Tissier ad un areoplano

parecchio protettore. ,. Gl'inven.ori prescelsero appunto questo tipo ai

animale perchè delicatissimo. Una caduta da soli due metri può causarne la morte immediata.

L'apparecchio consiste in una sfera metallica com-posta da sei grandi cerchi, che formano la carcassa

conseguenze. - Ricordo della partecipazione di Mario dinanzi al suo Farman, durante la riunione di Pisa.

In una di esse lo scrivente si esprime cosi: « Voi chiedete: Chi vorrebbe arrischiarsi dentro

^ JQ̂ 8f e r a p « Mi sembra che un condannato a morte non do-

« manderebbe di meglio che di farne l'esperimento « lasciandogli salva la vita, in caso di felice esito, « per inviarlo alla deportazione.

i In questa guisa, pur essendo umanitari, si po-si trebbe così esperimentare il paracadute per salva-s guardare gli aviatori ».

L'idea non è dispiaciuta al grande giornale pa-rigino, che la raccomanda alla Commissione delle Grazie. . .,

Un altro lettore è più coraggioso e più pratico. Egli vuol semplicemente sostituirsi al porcellino

d'Iudia, e si esprime cosi: ,. , i Ho letto con molto interesse il vostro articolo

« sull'esperimento dell'apparato di protezione contro « le cadute. . . . . . . •

«Non conoscendo affatto l'indirizzo degli ìnven-« tori, vorreste voi far sapere ai signori Rollet e « Tissier ch'io sono a loro completa disposizione « per un esperimento ancor più decisivo, e che non « esiterò un minuto a farmi rinchiudere nella sfera? « Yi sarei grato, se parlaste di questa mia nel vostro « giornale, di non fare ancora il mio nome.

« Ricevete, signore, con i miei migliori ringrazia-« menti ed i voti più fervidi perchè questo esperi-« mento si faccia e riesca per il gran bene dell avia-« zione, i saluti i più distinti ».

L'incognito firma bravamente la sua lettera con nome e cognome, età ed indirizzo.

Che razza di fegato! Orlandoli. (1) Da una corrispondenza parigina al Giornale dello Sport di

Firenze.

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£o " Stadlum „ di Homa. Giorni or sono per invito del senatore Lucchini

presidente dell'Istituto Nazionale per l'incremento dell'educazione fisica, ha avnto luogo una visita di giornalisti ai lavori dello « Stadium nazionale » di Roma che si sta erigendo presso l'incrocio delia

Il senatore Lucchini, presidente del Comitato per lo Stadium di Roma.

via Flaminia e dei Parioli. Sono intervenuti il presidente senatore Lucchini, il vice-presidente senatore Roux, il conte Cantoni Mamiani, i di-rettori dei lavori comm. Vito Pardo, ing. Pia-centini ed ing. Gnazzaroni, il cav. Romano Guerra, il comm. Corner vice-presidente della Camera di commercio, ed i rappresentanti di tutti i princi-pali giornali italiani.

Il progetto di questo « Stadium », come è stato più volte detto, è dell'architetto comm. Pardo e degli ingegneri Piacentini e Guazzaroni. A Roma, dove tatti gli sporta vengono accolti con sì larga simpatia e divengono subito popolari, la costru-zione di uno stadio che, disciplinando i giuochi e le gare, li rendesse palestra di una nobile emu-lazione, si era fatta da tempo sentire come una necessità. E fin dal 1908 l'Istituto nazionale per l'incremento dell'educazione fisica fece sua l'idea partita da diverse Società sportive, e da tutti i congressi e le riunioni ove si era parlato di sport in genere e di educazione fisica in particolare: poiché se lo sport, un po'alla buona, si può fare ugualmente in una palestra angusta, ove a mala pena il ginnasta riesca ad eseguire una evolu-zione sulla sbarra e dove l'aria penetra soltanto da una piccola finestra, l'educazione fisica, per esser tale, deve venir regolata altrimenti. y Appena si cominciò a parlare della costruzione di uno stadio, la Federazione scolastica nazionale propose di reclamare e riadattare senz'altro il Circo Massimo presso il Palatino.

La proposta trovò opposizione di carattere ar-cheologico ed artistico e gravissime difficoltà d'ordine f i n a n z i a r i o . Troppi milioni ci vole-vano infatti per l'espro-priazione delle zone pe-rimetrali, e tutti i lavori di scavo, di restauro e di ricostruzione.

Il sindaco Natban pro-pose allora di riedificare il Circo di Massenzio, ma le stesse difficoltà d'ordine archeologico e finanziario che fecero ri-nunziare al Circo Mas-simo impedirono la ri-surrezione di quello di Massenzio, la quale si presentava inoltre, per la grande distanza del Circo dalla c i t t à , di dubbia riuscita.

Venne allora lanciato un referendum: vi par-teciparono scrittori, arti-sti, educatori, sportsmen, ingegneri ed architetti e dopo nuove e più vivaci discussioni, finalmente Comune ed Istituto per l'educazione f i s i c a si trovarono d'accordo nel dare l'incarico all'archi-tetto Piacentini, all'in-gegnere Guazzaroni ed

al comm. Vito Pardo di redigere un progetto per la costruzione di uno stadio affatto nuovo.

Nel giugno dello scorso anno il Consiglio co-munale approvò una convenzione per la quale l'on. Giuseppe Sanarelli, vice-presidente dell'isti-tuto per l'educazione fisica, e il dottor Giorgio Luzzatto assumevano la costruzione dello stadio nel terreno di proprietà comunale, della super-ficie di circa 60.000 mq. fra i viali Parioli e Fla-minio. Fu convenuto che i lavori dovessero esser compiuti entro dodici mesi dalla consegna del terreno. Il Comune si obbligò a corrispondere un canone annuo, a concedere per un ventennio l'esercizio dello stadio, per la costruzione del quale concorse per la somma di 250.000 lire.

Con altri sussidi — compresi quello del Governo e del Comitato dell'Esposizione — si riuscì a met-tere insieme il denaro occorrente per iniziare i lavori. E nel luglio scorso, quando già una buona parte della stagione propizia era passata, l'im-presa Visetti cominciò i lavori di costruzione.

Lo stadium sarà capace di contenere 30.000 per-sone; tutto intorno all'esterno ci saranno dodici porte ; ognuna di queste darà adito ad uno dei vomitoi. La costruzione risente di quello classico di Atene, con la sola d.fferenza che mentre la sagoma è della stessa grandezza, quello olimpico contiene 60.000 persone.

Le gradinate sono alte il doppio e questo se da un lato giova per l'imponenza dell'ambiente, rende in fondo la palestra, il campo delie gare, un po' come incassato, chiuso come un cortile.

La decorazione dell'ingresso principale sarà ispirata nelle linee architettoniche a uno stilo grandioso e severo. Il disegno interno è costi-tuito da due lunghi bracci di scalee, larghe m. 20, raccordate da un lato a semicerchio e aventi lo sviluppo di circa 490 metri. La lunghezza mas-sima sarà di m. 220, per una massima larghezza di metri 120. ^

Nell'interno : pista da corsa per podisti, dello sviluppo di circa metri 400, e vasca per il nuoto lunga metri 100 e larga 10. Sotto le scalee: sale di scherma, palestre, bagni, refettori, dormitori, uffici, sale di lettura e di ritrovo, caffè e risto-ranti; tutto vi sarà che renda desiderato e ge-niale il convegno.

L'Istituto Nazionale per l'incremento dell edu-cazione fisica, presieduto dall'on. senatore Luigi Lucchini, ha deliberato di aggiungere alle mani-festazioni sportive che si svolgeranno per sua cura nello stadium, d'accordo col Comitato delle Feste Giubilari del corrente anno, alcune Gare di skating, lo sport che tanto appassiona oggidì la nostra gioventù.

L'organizzazione della gara è affidata ad una Commissione speciale che si sta costituendo.

L'Istituto, poi, sta studiando il modo di riunire in apposita Federazione le Società e altri nuclei di skating.

Già dobbiamo all'iniziativa e alla pertinacia dell'Istituto la costituzione della fiorente Fede-razione Schermistica, sorta nel 1909, e di quella del Tamburello, sorta nello scorso anno. Siamo certi che anche questa sua nuova iniziativa tro-verà caldo appoggio in tutti gli appassionati dello skating e che la nuova Federazione sarà presto un fatto compiuto.

L'Esposizione internazionale Alpina a Torino. La Sezione di Torino del Club Alpino Italiano

ha ideato per la prossima Grande Esposizione Internazionale, su disegno degli ing. Chevalleye Morelli di Popolo, nn caratteristico «Villaggio Alpino » che sorgerà vicino al Salone dei festeg-

gio Stadium di Roma in costruzione.

L'architetto comm. Vito Pardo, che ha progettato con gli ìng.ri Piacentini e Guazzaroni lo Stadium di Roma.

giumenti e la di cui costruzione avanzatissima viene già ammirata con vero entusiasmo da quanti, anche sfidando la neve ed il freddo di questi giorni, si recano a vedere il progredire vertigi-noso dei lavori della futura grande mostra per le sue linee puramente montanine, ispirate però ad un vero senso d'arte, che farà certamente di questo « Villaggio Alpino » uno dei clou dell'Espo-sizione Internazionale di Torino, e che colla sua chiesuola in stile valdostano e la riproduzione geniale di diversi casolari alpini sarà veramente un gioiello dì buon gusto e ricordeià artistica-mente al visitatole, che uscirà stanco dalle gal; lerie vicine, la bellezza e tranquillità vera dei nostri ameni e cari villaggi alpestri.

A dare ancor maggior attrattiva a questa mostra la Sezione di Torino del Club Alpino Italiano, oltre al far figurare nell'interno di questo villaggio un'esposizione di fotografie di montagna, di attrez-zamento ed equipaggiamento alpino, di piccole industrie, dell'opera del Club Alpino Italiano, plastici e diorami alpini, ha disposto affine venga riunita in sale speciali, all'uopo costrutte, una accolta di opere atte ad illustrare e far sempre più apprezzare l'alta montagna, ciò che formerà appunto la prima Esposizione Internazionale di questo genere, ed in unpadiglione speciale vengano racchiusi tutti i ricordi e vedute illustranti le grandi esplorazioni compiate dall'ardimentoso Principe di Casa Savoia S. A. R. il Duca degli Abruzzi. , , . - 1.

Già affluiscono giornalmente alla sede della Sezione di Torino del C. A. I., via Monte di

Pietà, n. 28, domande di ammissione da ogni parte d'Europa, sia da artisti che da fotografi francesi, inglesi ed italiani ed al-tre molte se ne attendono prima del 31 gennaio cor-rente, ultimo limite utile per far pervenire queste domande d'ammissione.

La Coppa Nichelili 1911. La Coppa Michelin si

disputerà anche questo anno sulla distanza, ma non più su un areodromo chiuso.

Infatti la Commissione che si è riunita giorni sono ha stabilito che il pilota che vorrà parteci-pare alla Coppa dovrà s c e g l i e r e preventiva-mente, sopra una carta militare, due estremi di-stanti l'uno dall'altro da 50 a 100 chilometri.

Una volta partito non dovrà mai tenere una velocità inferiore a 50 km. all'ora. (Fot. S. Conio - Roma).

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I soci della « Giovane Torino » festeggiami il 1° anniversario sociale. (Fot. G, Moschino).

CORRISPONDENZA Btbiana. Caglio E. — Grazie. Non è argomento

per il nostro giornale. Venezia. — Non possiamo favorirla in quanto ri-

chiede, poiché già abbiamo nn corrispondente nel signor Zanetti.

Genova. Bottino. — Ci spiace. Giuntoci l'espresso alle 10 di mercoledì, troppo tardi. Al massimo deve arrivare al martedì sera.

Napoli. Perrone. — A giorni il vaglia. L'articolo nel prossimo numero. Saluti. V. G.

Moncalieri. G. Dezzo. — Si rivolga alla Società di Aviazione, Galleria Nazionale, Torino.

N i c o P i c c o l i e il primo volo del suo dirigibile " Ausonia bis

E' quindi libero di fare o non fare acalo alla condizione assoluta che la media chilometrica non riesca, anche atterrando, mai inferiore ai 50 chi-10 Ad* ogni passaggio del concorrente dal punto di partenza, il cronista ufficiale rileverà se egli si trova sempre nelle condizioni volute dal regola-mento.

Il motore, l'elica e le tele dell'areoplano saranno piombate.

VAusonia bis, il piccolo ed elegante dirigibile di Nico Piccoli, di cui pubblicammo la fotografia nello scorso numero, ha ricevuto il suo battesimo con l'aria, compiendo un riuscitissimo viaggio aereo da Busco Mantico (Verona), nel cui hangar militare era ospitato, sul Lago di Garda, fin quasi a Brescia, atterrando poi a Calcinate presso Ber-gamo, donde, in una seconda tappa, tornava a Busco Mantico. Stralciamo dall'Arena di Verona questa briosa biografia di Nico Piccoli.

« Quando non lo fanno imbestialire, Nino Pic-coli è sempre così: molto semplice, molto calmo, molto vicentino. Quest'uomo, che fu corridore automobilista in un'infinità di circuiti, e stermi-natore di piccioni in una moltitudine di stands, è un paradosso ambulante. Ciò che in lui sbalor-disce è il sangue f eddo.

<, Uua mattina di giugno dell'anno scorso egli capitò a Mantova per spiccar il primo volo con il nuovissimo e primo dirigibile Ausonia. L'attesa era intensa: alitava nell'aria un sentore di trionfo. Nico Piccoli arrivò all'hangar e non trovò nulla, diremo meglio anzi, trovò quello che sarebbe stato assai più utile non trovare. Quattro ore prima, sull'alba, un uragano vagabondo s'era pre-cipitato su l'hangar, sul dirigibile, sui campi at-tigui, ed aveva tutto distrutto, tutto infranto, in un'orgia sfrenata di teppismo temporalesco.

« Qualunque altro uomo avrebbe acceso un moccolo verbale per la circostanza. Piccoli no, invece ; Piccoli guardò, calcolo, pensò, poi disse : Ostrega!

« Ci vuol altro perchè Nico si scomponga ! Un dirigibile si sfascia? Ebbene? E non c'è s u a Magrè, presso Schio laboriosa e vittoriosa, una ricca e pacifica villa vicentina, dove si può pro-gettare ancora, lavorare ancora, spendere ancora ? Anche spendere: è oramai dogma indiscutibile che l'energia ascensionale d'un uomo sta in pro-porzione diretta con la sua energia monetaria. La regola patisce un'eccezione soltanto per gli im-becilli; ma la regola è anche pietosa: gli imbe-cilli non s'accorgono d'esserne eccettuati.

« Piccoli si ritirò dunque a Magrè e costrusse l'Ausonia bis; poi se ne venne, calmo calmo, a Verona, fece rombar per le nostre strade la sua macchina da corsa, la rossa 8pa, che rassomiglia nel nome ad uno scoppio rapido, guardò con gli occhi miti, dietro le lenti concave, i piccioni tor-raioli, più gioiosi e più agili dopo la sentenza del Tribunale che riconsacrò in loro la dignità di piccioni civici, pensò con nostalgico affetto agli amici abbandonati, con il fucile alla spalla, sulle pedane degli stands, e con le macchine an-simanti sui circuiti di mezza Europa, poi si fregò le mani. Era contento.

| * « Gli intimi si domandavano: Ma che fa Nico Piccoli a Verona?

« Nico? Nico fumava, fumava patriarcalmente la pipa lassù, in quel suo quartierino di corso

L'« Ausonia 5is», rientra nell'hangar militare di Bosco Mantico. (Fot. E. Masprone - Verona).

Vittorio Emanuele, che domina tanto spazio di tetti e di verde, e che lascia scorgere nella cam-pagna bassa la spira argentina dell'Adige assi-derato e pigro. Bisogna vedere con quanta impar-zialità Nico Piccoli dispensa in questi momenti la sua saggia attenzione fra lé nuvole della pipa e le nuvole del cielo !

Piccoli ha oramai una tale domestichezza con le nuvole che difficilmente egli riesce a consi-derare le questioni raso terra. Egli trova, per esempio, che sia cosa naturalissima possedere un dirigibile, e non capisce perchè la gente voglia così immischiarsi nei fatti suoi, nè perchè i gior-nalisti lo perseguitino con tanto accanimento.

— Ma che cosa importa a voi — ci gridava un giorno — se io volo o non volo? Volerò quando mi pare.

Ci trattava dall'alto in basso, lo sentimmo, ma gli accordammo tutte le attenuanti.

Era colpa dell'abitudine: era la malattia della navicella. Quando si è là, sospesi fra terra e cielo, schiavi di un intrigo di vimini e di corde e di un'enorme vescica irragionevole, che monta a sbalzi le scale dell'aria, si perde subito la bus-sola : non la bussola di bordo, ma quella dello spirito. Persino l'obbiettivo della macchina foto-grafica si scorda d'essere obbiettivo.

Nel quartierino di corso Vittorio Emanuele, Piccoli ha atteso l'ora del volo: in silenzio e senza fretta. Egli s'era messo a completa dispo-sizione del barometro. La sua volontà non dipen-deva più che dal capriccio d'una colonnina di mercurio.

E le sue speranze da una fortunata e meritata coincidenza di calcoli. Chi ha seguito Nico Pic-coli, come l'abbiamo seguito noi fin dai primi momenti del suo tenace lavoro, pieno di fede, ha dovuto rilevare, sorridendo, ano strano contrasto. Piccoli era circuito di curiosi che volevano i dati del dirigibile : l'Ausonia bis era disceso al livello d'un delinquente del quale i giornalisti possano pretendere la descrizione antropometrica.

I dati? Ma certo: il trionfo dell' A usonia si ba-sava tutto sui dati : una cifra esagerata, una com-

binazione mancata significavano l'insuccesso, la catastrofe forse, in ogni caso il facile scherno delle audacissime persone che, attorno ai tavoli dei caffè, combattono le loro battaglie senza dati... e senza date.

Una sera dell'anno scorso Adolfo Fossi e Nico Piccoli andarono alla stazione di Porta Vescovo a ricevere Gabriele D'Annunzio, il quale giungeva a Verona per dissertare sui dominio dei cieli. Arrivata la comitiva sul Ponte Navi, nella mo-rente luce del crepuscolo, fra i primi guizzi Ce-rulei dei fanali, sullo sfondo rosato del cielo, D'Annunzio esclamò:

— Insomma, è tempo che gli aviatori si affran-chino dal gioco dedaleo dei circuiti. Fuori, fuori gli audaci, sopra le città e sopra i campi. A questo patto si conquista il dominio dei cieli.

Pochi giorni dopo Paulhan volava da Londra a Manchester. Nico Piccoli non sapeva di Paulhan, ma imperturbabile, come se D'Annunzio non fosse stato D'Annunzio, rispose :

— E' giusto ! Ma ciò si farà con il dirigibile ! — Non credo! — replicò il Poeta. — L'avve-

nire è del velivolo ! — E sarebbe malignità sup-porre che egli ci tenesse ad affermare la supre-mazia della macchina per la supremazia del vocabolo.

Oggi Nico Piccoli ha cominciato ad affermare con°i fatti le sae parole. Le cifre erano esatte : l'Ausonia era di sana e perfetta costituzione ed ha volato ».

Nelle società sportive La " Giovane Torino „.

Un avvenimento simpatico si è svolto domenica. I soci della Giovane Torino si riunivano a banchetto, al Camoscio, per festeggiare l'anniversario di fonda-zione sportiva della società.

La società, fondata il 15 agosto 1909 con intendi-menti puramente di ricreazione, ampliava a poco a poco il suo programma, diventando nel gennaio 1910 una fra le più attive società di sport, annoverando tra i suoi 80 soci il campione Torricelli.

I soci che si riunivano a banchetto volevano spe-cialmente ricordare con applausi di riconoscenza l'o-pera feconda della Direzione, capitanata dal presidente Cornolò, dal vice-presid. Candelo dal segret. Garrone, dal vice-segret. Gatto, dal case. De Ambrogio; e cosi pure tributare applausi calorosi ai campioni Torri-celli (ciclismo), Tribaudino e Rossi (podismo), Casson (lotta).

Al banchetto partecipavano la Direzione, il cam-pione ciclista Borgarello, il signor Pezziardi per la Juventus Nova, il noto sportsman signor Moschino, e moltissimi soci, tra cui Ceva, Fogìizzo, Bellone, Vi-ziale.

Parlarono il presid. Cornolò, De Ambrogio, Tri-baudino, Torricelli, Garrone, il rappresentante della Stampa Sportiva ed il sig. Roggero.

La Giovane Torino si prepara a sostenere i prossimi avvenimenti sportivi cai vuole prendere parte at-tiva, e prima di tutto al Cross-country della Juventus Nova (del 19 febbraio, patrocinato dalla Stampa Spor-tiva) e che si svolgerà appunto nella sua regione, in Vanchiglia,

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