LA STAGIONE DELLE VILLE CASTELFRANCO OGGI ......LA STAGIONE DELLE VILLE Venezia non interviene...

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LA STAGIONE DELLE VILLE Venezia non interviene sull’ambiente solo con scopi preventivi e correttivi nei riguardi dell’opera della natura perché il fine dei suoi governanti era sempre il “business”, gli affari, la resa economica. E’così che con il dominio veneto inizia la fortunata stagione delle ville, fenomeno unico e forse irripeti- bile sia per l’aspetto artistico che sociale ed economico. Per la verità la co- struzione di ville suburbane non è solo tipico del Veneto, ma si riscontra, in forme più o meno caratterizzanti, in molte regioni dell’Italia (Lombardia, Toscana, Lazio, Campania, Sicilia ecc.) Ma nel Veneto non sono solo luoghi di svago, testimonianza di uno status symbol di competizione tra le maggiori famiglie della nobiltà locale, ma un fenomeno economico e politico. Come è ben noto, la formazione dello stato regionale veneziano, eliminando quell’in- trico di frontiere politiche che avevano caratterizzato il passato medievale del Veneto, riesce a tenere lontano dal cuore della nostra pianura ogni esercito nemico, anche se la politica delle armi continua, soprattutto in Oriente , dove l’aggressività ottomana impedisce ed ostacola i commerci veneziani. E’ proprio la progressiva ed inarrestabile espansione del mondo islamico a con- vincere gli abitanti di Venezia ad investire anche in terraferma che, passata la bufera della Lega di Cambrai, non corre nessun pericolo di guerra. In questo loro operare i patrizi veneziani fanno, inoltre, un “piacere” allo stato, aumen- tando i beni immobili da cui attingere tasse per sostenere le continue guerre. Si può affermare che pian piano l’interesse per la campagna penetra la via veneziana e si riflette nell’arte: i fondi oro dei quadri bizantineggianti si aprono e lasciano vedere l’azzurro cielo e i verdi campi: Giorgione e Tiziano portano dai loro luoghi nativi un senso vigoroso di poesia. La figura emblematica di “inventore “delle ville è, come ben si sa, Andrea Palladio: dai primi esempi di villa/castello con due o quattro torricelle ango- lari, si passa alla villa “tempio”, tipologia che,pur in molteplici varianti, verrà ripetuta fino al XIX secolo. Volumetricamente la villa è composta da un corpo centrale di rappresentanza con un piano terreno e uno o due piani, impostato secondo un rigido asse di simmetria, concluso da un frontone triangolare, spesso molto rialzato (timpano) e coronato talora di elementi decorativi in pietra (obelischi, vasi, palle, nani ecc.). Il timpano è racchiuso tra due alti camini così frequenti nei palazzi di Venezia, a cui evidentemente si richiamano. Il corpo centrale, che comprende il salone di rappresentanza e le abitazioni del signore, è fiancheggiato da due ali più basse, talora un po’ arretrate, dette “barchesse”: sono ambienti di servizio e per la conservazione e la lavorazione dei prodotti agricoli che si ricavano dai fertili territori circo- stanti. Ogni villa ha un giardino, il più frequente è quello all’italiana, in cui le piante ornamentali, i sentieri, le aiuole sono “costruite” secondo criteri pro- spettici e geometrici. Molte ville hanno anche la cappella privata. Attorno al 1540, Alvise Corner, colto proprietario terriero, si fa propugnatore di una campagna “pro-agricoltura” con importanti bonifiche, per far fronte a problematiche emergenti come: crescita della popolazione urbana, sicurezza di entrate fiscali ordinarie e straordinarie ecc. Fra le ville più significative della seconda metà del 1500, sorte nel territorio della castellana, ricordiamo: a Poisolo (ora Venezze e Cusinato), a S. Andrea oltre Muson (ora Chiminelli-Tiepolo) e in Borgo Treviso (ora Bolasco) di proprietà dei Corner .Ma come non ricordare villa Emo con i misteriosi affre- schi dei “benandanti”, e villa Barbaro a Maser, con gli affreschi del Verone- se! Successivamente, però, la villa diventa anche una moda perseguita soprat- tutto dai nuovi nobili e dai nuovi ricchi veneziani e di terraferma. La villeg- giatura diventa una moda di goldoniana memoria e avrà luogo la stagione di “passare qualche mese in campagna”, oppure di “scendere” in campagna nelle gondole e nei burchielli. CASTELFRANCO OGGI La caduta della Serenissima repubblica, avvenuta alla fine del 1700, apre le strade del nostro territorio prima alle armate di Napoleone e, dopo il 1815 con il neonato Regno del Lombardo-Veneto, a quelle austria- che fino al 1866, quando la TERRA di Castelfranco entra a far parte del Regno unitario d’Italia. Le nostre considerazioni sull’o- dierna Castelfranco sono partite dalla comparazione delle carte topografiche di Cittadella e Castelfranco, due città create ad una ventina d’anni l’una dall’altra dai Comuni antagonisti, Treviso e Padova. E’ emerso che i due impianti urbanistici presentano caratte- ristiche diverse, in quanto Castelfranco si espande non lungo gli assi viari che si dipartono dai quattro lati del castello ma, per una precisa disposizione dell’antico Comune di Treviso, tutt’intorno ad esso, lungo le direttrici che chiamiamo comunemente delle “Bastie”, ed esattamente “Bastia Vecchia” (doppio allineamento di case sul lato orientale del castello) e “Bastia Nuova” (comparto edificato “compreso tra la piazza del mercato, dall’angolo della Loggia dei Grani, sino alla casa Spinelli – oggi Andretta – e , da lì, sino alla porta Cittadella”). Queste due strutture ad uso civile, facendo da corona al castello, evidenziano, e in qualche modo proteggono due ampie piazze sui lati est e nord che consentono a Castelfranco di svolgere soprattutto la funzio- ne di grande mercato . “Quello di Castelfranco è un mercato di antica origine, documentato come preesistente al 1233. Esso si svolge, almeno sino alla fine del secolo XVIII, esclusivamente nella giornata di martedì. Infatti solo dal 1792 è attestato un mercato al venerdì, pressoché totalmente dedicato alla compravendi- ta di animali [...] Gli animali dunque sono, unicamente ai grani (le biade ) la merce privilegiata scambiata al mercato.” Rileviamo, infatti, che già nel 1300 la funzione civile e mercantile di Castelfran- co comincia a svilupparsi in modo significativo tale da porre quasi in secondo piano la funzione difensiva: le case in legno vengono sostituite da strutture stabi- li e all’interno del castello si apre un Monte dei Pegni e una scuola per l’insegna- mento dell’Abbaco (attuale via dell’Abbaco). Ed ancora lo sviluppo di un note- vole benessere economico si rileva nel 1500, quando si realizzano anche nel perimetro cittadino alcune ville e attorno al castello i primi edifici cinquecente- schi di impianto signorile che ancora oggi possiamo ammirare. Andando avanti, nel 1600, su progetto dello Scamozzi viene edificato lo stupendo com- plesso del Paradiso, in Borgo Treviso, di proprietà di Nicolò Corner. Ma è proprio nel corso del 1700 che la città viene “rimodellata”, nei principali spazi ed edifici pubblici, ad opera dell’ architetto castellano Francesco Maria Preti, nell’ambito del nuovo clima culturale dettato dall’Illuminismo che a Castelfranco s’identifica nel cena- colo scientifico di Jacopo, Giordano e Vincenzo Riccati. Sorgono così il Teatro Accademico, il Duomo di Santa Maria Assunta e San Liberale con la Piazza, per cui viene abbattuto un tratto delle mura accanto alla torre dei Morti, per fare posto all’abside della chiesa, mentre l’antica e splendida casa Marta (oggi cono- sciuta come Casa del Giorgione) e il suo brolo vengono dimezzati. Successiva- mente, nel corso del 1800, le idee di F.M.Preti vengono riprese e completate da Gian Battista Meduna che progetta la passeggiata lungo i fossati del castello, realizza i giardini pubblici alla base della cinta muraria, fa abbattere la porta dei Beghi sul lato nord del castello per ottenere una diversa prospettiva dell’insieme delle mura, completa l’interno del Teatro Accademico, fa costruire la sfarzosa residenza in Borgo Treviso e il parco Revedin-Bolasco sui terreni dove si trova- va la cinquecentesca villa “del Paradiso” dei Corner, della quale viene eliminata ogni traccia. Alla fine dell’Ottocento viene costruita la stazione ferroviaria, nel 1910 viene collocata un’industria pesante e si realizza il sovrappasso viario con una strada nuova per Padova fuori dalla direttrice di Borgo Pieve. Negli anni ’50-‘70, si registra un’accentuata crescita economica e demografica, che si accompagna ad uno sviluppo edilizio concentrato nel quartiere compreso tra Borgo Treviso e la ferrovia e nel settore settentrionale, alle spalle della piazza del mercato a tutt’og- gi in continua espansione verso l’area di nord-est. Da questo breve excursus temporale sull’evoluzione urbanistica, economica e demografica di Castelfranco Veneto, possiamo desumere che l’attuale benessere economico, nel contesto più ampio della ricca realtà del Nord-Est, è sicuramente il frutto di una precisa strategia politica fatta di ammodernamento agricolo, di incentivazione industriale, e di sviluppo nei servizi , più marcati dal secondo dopoguerra, che in verità ha trovato terreno fertile innestandosi in una realtà indubbiamente collegata alla presenza di un preesistente substrato socio- economico molto vivace legato all’antichissima attività di mercato che abbiamo ampiamente descritto. PRIMA DELLA FONDAZIONE DEL CASTELLO Perché le possenti mura di Castelfranco sono sorte proprio in questo lembo di territorio? La risposta va ricercata in questi semplici dati di fatto: 1. il territorio della castellana presenta aspetti interessanti per la presenza di risorgive e corsi d’acqua e per essere un importante crocevia fra pedemonta- na e pianura, nonché punto di transito e scambio di merci provenienti da e verso le zone lagunari; 2. a San Giorgio, nell’alto medioevo, si forma un primo nucleo abitato( forse di popolazioni longobarde) attorno ad un monastero benedettino; 3. in borgo Pieve, attorno alla Pieve Nuova di Santa Maria, intorno al Mille, si registra la presenza di un secondo nucleo abitato; 4. la presenza di un terrapieno, costruito forse in contemporanea alle mura “50 passi per volta”, oppure nel Tardo Impero Romano (Castrum stativum) oppure infine, nell’Età del Bronzo per analogia (forma, dimensione ed orien- tamento) alle Motte di Castello di Godego, soprattutto dopo i recenti ritrova- menti archeologici attorno al 1985 di un abitato tangente agli argini di nord est. Ipotesi, peraltro, decisamente confutata da Giovanni Lupato in un recen- te e interessante articolo dal titolo “Casistica di errori in archeoastronomia- 1”consultabile nel sito “http://www.archaeoastronomy.it/ casistica_errori_archeoastronomia.htm”. Il più vecchio disegno riproducente il castello Progetto “Sostenibilità turistica a Castelfranco Veneto” Classe 5ª A turistico guidate dai docenti Proff. Cavallaro A. Favero G. e dal tecnico Renzo Maggiotto Le informazioni presenti in questa brochure sono principalmente tratte da : - “Storia di Asolo” di Luigi Comacchio - Atti del convegno, “Sora Acqua: umile, preziosa e bella” - “La Castellana” di Trentin Flavio - “Una Roggia dimenticata, il Musonello” di A. Curci - “La Podesteria di Castelfranco” di G. Cecchetto - “La Motta di sotto” e “Castel Franco millenaria” di C. Battiston Foto di Maurizio Stocco

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LA STAGIONE DELLE VILLE

Venezia non interviene sull’ambiente solo con scopi preventivi e correttivi nei riguardi dell’opera della natura perché il fine dei suoi governanti era sempre il “business”, gli affari, la resa economica. E’così che con il dominio veneto inizia la fortunata stagione delle ville, fenomeno unico e forse irripeti-bile sia per l’aspetto artistico che sociale ed economico. Per la verità la co-struzione di ville suburbane non è solo tipico del Veneto, ma si riscontra, in forme più o meno caratterizzanti, in molte regioni dell’Italia (Lombardia, Toscana, Lazio, Campania, Sicilia ecc.) Ma nel Veneto non sono solo luoghi di svago, testimonianza di uno status symbol di competizione tra le maggiori famiglie della nobiltà locale, ma un fenomeno economico e politico. Come è ben noto, la formazione dello stato regionale veneziano, eliminando quell’in-trico di frontiere politiche che avevano caratterizzato il passato medievale del Veneto, riesce a tenere lontano dal cuore della nostra pianura ogni esercito nemico, anche se la politica delle armi continua, soprattutto in Oriente , dove l’aggressività ottomana impedisce ed ostacola i commerci veneziani. E’ proprio la progressiva ed inarrestabile espansione del mondo islamico a con-vincere gli abitanti di Venezia ad investire anche in terraferma che, passata la bufera della Lega di Cambrai, non corre nessun pericolo di guerra. In questo loro operare i patrizi veneziani fanno, inoltre, un “piacere” allo stato, aumen-tando i beni immobili da cui attingere tasse per sostenere le continue guerre. Si può affermare che pian piano l’interesse per la campagna penetra la via veneziana e si riflette nell’arte: i fondi oro dei quadri bizantineggianti si aprono e lasciano vedere l’azzurro cielo e i verdi campi: Giorgione e Tiziano portano dai loro luoghi nativi un senso vigoroso di poesia. La figura emblematica di “inventore “delle ville è, come ben si sa, Andrea Palladio: dai primi esempi di villa/castello con due o quattro torricelle ango-lari, si passa alla villa “tempio”, tipologia che,pur in molteplici varianti, verrà ripetuta fino al XIX secolo. Volumetricamente la villa è composta da un corpo centrale di rappresentanza con un piano terreno e uno o due piani, impostato secondo un rigido asse di simmetria, concluso da un frontone triangolare, spesso molto rialzato (timpano) e coronato talora di elementi decorativi in pietra (obelischi, vasi, palle, nani ecc.). Il timpano è racchiuso tra due alti camini così frequenti nei palazzi di Venezia, a cui evidentemente si richiamano. Il corpo centrale, che comprende il salone di rappresentanza e le abitazioni del signore, è fiancheggiato da due ali più basse, talora un po’ arretrate, dette “barchesse”: sono ambienti di servizio e per la conservazione e la lavorazione dei prodotti agricoli che si ricavano dai fertili territori circo-stanti. Ogni villa ha un giardino, il più frequente è quello all’italiana, in cui le piante ornamentali, i sentieri, le aiuole sono “costruite” secondo criteri pro-spettici e geometrici. Molte ville hanno anche la cappella privata. Attorno al 1540, Alvise Corner, colto proprietario terriero, si fa propugnatore di una campagna “pro-agricoltura” con importanti bonifiche, per far fronte a problematiche emergenti come: crescita della popolazione urbana, sicurezza di entrate fiscali ordinarie e straordinarie ecc. Fra le ville più significative della seconda metà del 1500, sorte nel territorio della castellana, ricordiamo: a Poisolo (ora Venezze e Cusinato), a S. Andrea oltre Muson (ora Chiminelli-Tiepolo) e in Borgo Treviso (ora Bolasco) di proprietà dei Corner .Ma come non ricordare villa Emo con i misteriosi affre-schi dei “benandanti”, e villa Barbaro a Maser, con gli affreschi del Verone-se! Successivamente, però, la villa diventa anche una moda perseguita soprat-tutto dai nuovi nobili e dai nuovi ricchi veneziani e di terraferma. La villeg-giatura diventa una moda di goldoniana memoria e avrà luogo la stagione di “passare qualche mese in campagna”, oppure di “scendere” in campagna nelle gondole e nei burchielli.

… CASTELFRANCO OGGI

La caduta della Serenissima repubblica, avvenuta alla fine del 1700, apre le

strade del nostro territorio prima alle armate di Napoleone e, dopo il 1815 con il neonato Regno del Lombardo-Veneto, a quelle austria-che fino al 1866, quando la TERRA di Castelfranco entra a far parte del Regno unitario d’Italia. Le nostre considerazioni sull’o-dierna Castelfranco sono partite dalla comparazione delle carte topografiche di Cittadella e Castelfranco, due città create ad una ventina d’anni l’una dall’altra dai Comuni antagonisti, Treviso e Padova. E’ emerso che i due impianti urbanistici presentano caratte-

ristiche diverse, in quanto Castelfranco si espande non lungo gli assi viari che si dipartono dai quattro lati del castello ma, per una precisa disposizione dell’antico Comune di Treviso, tutt’intorno ad esso, lungo le direttrici che chiamiamo comunemente delle “Bastie”, ed esattamente “Bastia Vecchia” (doppio allineamento di case sul lato orientale del castello) e “Bastia Nuova” (comparto edificato “compreso tra la piazza del mercato, dall’angolo della Loggia dei Grani, sino alla casa Spinelli – oggi Andretta – e , da lì, sino alla porta Cittadella”). Queste due strutture ad uso civile, facendo da corona al castello, evidenziano, e in qualche modo proteggono due ampie piazze sui lati est e nord che consentono a Castelfranco di svolgere soprattutto la funzio-ne di grande mercato . “Quello di Castelfranco è un mercato di antica origine, documentato come preesistente al 1233. Esso si svolge, almeno sino alla fine del secolo XVIII, esclusivamente nella giornata di martedì. Infatti solo dal 1792 è attestato un mercato al venerdì, pressoché totalmente dedicato alla compravendi-ta di animali [...] Gli animali dunque sono, unicamente ai grani (le biade ) la merce privilegiata scambiata al mercato.” Rileviamo, infatti, che già nel 1300 la funzione civile e mercantile di Castelfran-co comincia a svilupparsi in modo significativo tale da porre quasi in secondo piano la funzione difensiva: le case in legno vengono sostituite da strutture stabi-li e all’interno del castello si apre un Monte dei Pegni e una scuola per l’insegna-mento dell’Abbaco (attuale via dell’Abbaco). Ed ancora lo sviluppo di un note-vole benessere economico si rileva nel 1500, quando si realizzano anche nel perimetro cittadino alcune ville e attorno al castello i primi edifici cinquecente-

schi di impianto signorile che ancora oggi possiamo ammirare. Andando avanti, nel 1600, su progetto dello Scamozzi viene edificato lo stupendo com-plesso del Paradiso, in Borgo Treviso, di proprietà di Nicolò Corner. Ma è proprio nel corso del 1700 che la città viene “rimodellata”, nei principali spazi ed edifici pubblici, ad opera dell’ architetto castellano Francesco Maria Preti, nell’ambito del nuovo

clima culturale dettato dall’Illuminismo che a Castelfranco s’identifica nel cena-colo scientifico di Jacopo, Giordano e Vincenzo Riccati. Sorgono così il Teatro Accademico, il Duomo di Santa Maria Assunta e San Liberale con la Piazza, per cui viene abbattuto un tratto delle mura accanto alla torre dei Morti, per fare posto all’abside della chiesa, mentre l’antica e splendida casa Marta (oggi cono-sciuta come Casa del Giorgione) e il suo brolo vengono dimezzati. Successiva-mente, nel corso del 1800, le idee di F.M.Preti vengono riprese e completate da Gian Battista Meduna che progetta la passeggiata lungo i fossati del castello, realizza i giardini pubblici alla base della cinta muraria, fa abbattere la porta dei Beghi sul lato nord del castello per ottenere una diversa prospettiva dell’insieme delle mura, completa l’interno del Teatro Accademico, fa costruire la sfarzosa residenza in Borgo Treviso e il parco Revedin-Bolasco sui terreni dove si trova-va la cinquecentesca villa “del Paradiso” dei Corner, della quale viene eliminata ogni traccia. Alla fine dell’Ottocento viene costruita la stazione ferroviaria, nel 1910 viene collocata un’industria pesante e si realizza il sovrappasso viario con una strada nuova per Padova fuori dalla direttrice di Borgo Pieve. Negli anni ’50-‘70, si registra un’accentuata crescita economica e demografica, che si accompagna ad uno sviluppo edilizio concentrato nel quartiere compreso tra Borgo Treviso e la ferrovia e nel settore settentrionale, alle spalle della piazza del mercato a tutt’og-gi in continua espansione verso l’area di nord-est. Da questo breve excursus temporale sull’evoluzione urbanistica, economica e demografica di Castelfranco Veneto, possiamo desumere che l’attuale benessere economico, nel contesto più ampio della ricca realtà del Nord-Est, è sicuramente il frutto di una precisa strategia politica fatta di ammodernamento agricolo, di incentivazione industriale, e di sviluppo nei servizi , più marcati dal secondo dopoguerra, che in verità ha trovato terreno fertile innestandosi in una realtà indubbiamente collegata alla presenza di un preesistente substrato socio-economico molto vivace legato all’antichissima attività di mercato che abbiamo ampiamente descritto.

PRIMA DELLA FONDAZIONE DEL CASTELLO

Perché le possenti mura di Castelfranco sono sorte proprio in questo lembo di territorio? La risposta va ricercata in questi semplici dati di fatto: 1. il territorio della castellana presenta aspetti interessanti per la presenza di risorgive e corsi d’acqua e per essere un importante crocevia fra pedemonta-na e pianura, nonché punto di transito e scambio di merci provenienti da e

verso le zone lagunari; 2. a San Giorgio, nell’alto medioevo, si forma un primo nucleo abitato( forse di popolazioni longobarde) attorno ad un monastero benedettino; 3. in borgo Pieve, attorno alla Pieve Nuova di Santa Maria, intorno al Mille, si registra la presenza di un secondo nucleo abitato; 4. la presenza di un terrapieno, costruito forse in contemporanea alle mura “50 passi per volta”, oppure nel Tardo Impero Romano (Castrum stativum) oppure infine, nell’Età del Bronzo per analogia (forma, dimensione ed orien-tamento) alle Motte di Castello di Godego, soprattutto dopo i recenti ritrova-menti archeologici attorno al 1985 di un abitato tangente agli argini di nord est. Ipotesi, peraltro, decisamente confutata da Giovanni Lupato in un recen-te e interessante articolo dal titolo “Casistica di errori in archeoastronomia-1”consultabile nel si to “http:/ /www.archaeoastronomy. i t /casistica_errori_archeoastronomia.htm”.

Il più vecchio disegno riproducente il castello

Progetto “Sostenibilità turistica a Castelfranco Veneto”

Classe 5ª A turistico guidate dai docenti Proff. Cavallaro A. Favero G. e dal tecnico Renzo Maggiotto

Le informazioni presenti in questa brochure sono principalmente tratte da : - “Storia di Asolo” di Luigi Comacchio - Atti del convegno, “Sora Acqua: umile, preziosa e bella” - “La Castellana” di Trentin Flavio - “Una Roggia dimenticata, il Musonello” di A. Curci - “La Podesteria di Castelfranco” di G. Cecchetto - “La Motta di sotto” e “Castel Franco millenaria” di C. Battiston

Foto di Maurizio Stocco

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FONDAZIONE DEL CASTELLO

La storia del Castello, fondato ex novo dai trevigiani alla fine del XII secolo ( 1195 o 1199 ),è strettamente connessa fino al 1300 con la città di Treviso e dal 1300 in poi con gli eventi della Serenissima di Venezia. Essa va quindi inqua-drata dalla fondazione del castello fino al 1300 circa nel contesto degli avvenimenti del Comune di Treviso che vuole affermare la propria giurisdizione su una notevole parte del Comitato ( territorio circostante). Infatti Treviso e altre città del Veneto, dopo la pace di Costanza (1183), pur avvalendosi di esperienze acquisite nel lungo periodo feu-

dale, riescono ad applicarle in maniera più dinamica e produttiva, tale da operare un profondo cambiamento che porterà alla civiltà comunale. Tuttavia gli interessi espansionistici reciproci sono talmente forti che ben presto Treviso, che già dal 1164 aveva ottenuto il riconoscimento ufficiale della sua autonomia dall’imperatore Federico Barbarossa, entra in conflitto armato, nella zona occidentale, sia con Padova e Vicenza che avevano occupato parte del comitato trevigiano compreso tra i fiumi Brenta e Mu-sone, sia con le potenti famiglie feudali dei Da Camposampiero e dei Da Onara ( questi ultimi meglio conosciuti come Ezzelino e Da Romano) che possedevano castelli, i primi a Treville, i secondi a Castello di Godego. La costruzione del castello, in un’area strategica definita “crocevia di primo livello”, è quindi una precisa risposta ad un bisogno concreto: assi-curare in maniera stabile la difesa del proprio territorio in un settore parti-colarmente importante segnato dal fiume Musone. Le mura sorgono lungo il perimetro di una figura che assomiglia ad un quadrato di m. 232 circa per lato, con 4 torrioni agli angoli che sono le

prime opere murarie edificate collegate tra loro, in un primo momento, da strutture in legno che vengono poi sostituite dalle parti di muro costruite con un ritmo di 50 passi alla volta, come impongono gli statuti. Che torri e mura abbiano tempi di costruzione diversi lo dimostra il fatto che sono corpi staccati, privi di ammorsature. Il muro è altro circa 17 metri con uno spessore di 1,70 e con uno zoccolo alla base largo 3 metri ed alto 3,50.. La tecnica di costruzione è detta “a cassetta” o “a sacco”. Il lato est è quello maggiormente rinforzato . Nei punti mediani delle mura vengono costruite altre quattro torri rivolte ai quattro punti cardinali, dove vengono aperte delle porte: la porta orientale o di levante o a mattina, che è la principale chiamata “Salata”; la porta di ponente o occidentale, o a sera, chiamata del Musile o porta Cittadella;la porta a sud o a mezzogiorno ( porta dei morti); la porta settentrionale, o a nord, chiamata dei Beghi o porta “Salomona”. Quelle a sud e a nord sono solo pedonali e quindi chiamate “minori”. Tutte le porte hanno un ponte: quelli delle porte maggiori sono levatoi, quelli delle porte minori mobili. Terminata l’opera il comune di Treviso vi istalla 100 famiglie di feudatari e nobili esenti da tasse, per cui il nuovo castello diviene ed è chiamato “franco”, cioè libero da tasse. Tutti i beni di Castelfranco, quindi, di pro-prietà del comune di Treviso, sono concessi o da concedere in futuro in feudo con l’obbligo per i beneficiari di abitare a Castelfranco e di prestarvi particolari servizi. I feudi non potevano essere venduti o alienati o usurpati né dai vassalli né da altre persone e neppure dagli ufficiali del comune delegati alle vendite, pena l’invalidità dell’atto di vendita e la perdita del bene e dei diritti su di esso da parte dei contraenti. Questo spiega come anche in epoca comunale continua a persistere il sistema feudale nell’asse-gnazione dei terreni dentro e fuori del Castello. Il governo del castello fu affidato a due consoli e ad un consiglio di nobili scelti tra i migliori e più onorati cittadini di Treviso. Essi duravano in

carica non più di sei mesi. L’interno del castello è suddiviso in 4 quartieri: a Nord-Est il quartiere di Campane, a Sud-Est il quartiere della Pancera o della Mestrina, a Sud-Ovest il quartiere delle Fornaci ed infine quello del Musile. Nel 1246 il castello passa nelle mani di Ezzelino III da Romano, il quale per rendere la struttura più solida nel lato est fa costruire il girone: un’ulte-riore fortezza all’interno del castello, che racchiude, accanto ad edifici di servizio, le costruzioni militarmente e residenzialmente più importanti, come il “palacium castri” e la torre principale. Il girone si configura quindi con caratteri precisi: un fortilizio, posto all’interno del castello, attorno alla torre principale nella quale si apre la Porta Franca. E’ una specie di castello nel castello, sopraelevato rispetto al piano del resto della fortezza, circonda-

to da fossato, “fossa çironi”, e molto probabilmente da muro. Si articola in due corti distinte: quella di dimensioni più contenute posta sul lato destro della porta, dove è presumibilmente collocata la dimora di chi detiene il potere, il “palatium castri”, e quella più ampia, che si sviluppa sul lato sinistro, dominata dalla “domus militum” dove risiedono il capitano e la sua guarnigione. Successivamente la dominazione passa a Cangrande della Scala fino al 1339, che,dopo il fallito tentativo di Ezzelino III da Romano, cerca di crea-re uno stato regionale. Successivamente inizia la prima dominazione vene-ziana durante la quale il territorio trevigiano viene diviso in 5 podesterie autonome, ma l’autonomia riconosciuta dalla Serenissima riguarda solo l’amministrazione della giustizia, così i feudi ed il castello continuano a restare di proprietà del comune di Treviso. Nel 1380, in seguito ad una ribellione, Castelfranco si consegna a Francesco I da Carrara (la presenza è testimoniata dagli affreschi sotto la volta della torre principale che rappre-sentano dei carri) e solo dopo otto anni ritorna sotto il dominio defini-tivo di Venezia che inizia un processo di ero-sione dell’istituto feudale sia per p u n i r e i “traditori” sia per far fronte alle enormi spese sostenute per finanziare la propria politica di espansione in terraferma. Ve-nezia a l lora decide di porre in vendita i feudi di Castelfranco con i loro diritti che così diventano semplice terra da coltivare: un boccone ghiotto per i cittadini trevigiani e veneziani benestanti, deside-rosi di investire i loro capitali in buona terra, produttrice di vino e di fru-mento. Si prospetta da questo momento la meravigliosa stagione delle VILLE.

CASTELFRANCO E LE ACQUE L’acqua ha accompagnato la storia di Castelfranco fin dalle sue origini me-dievali e, se non è stata proprio protagonista, ha comunque fortemente deter-minato lo sviluppo storico, economico e sociale della città. Per acqua s’intende essenzialmente quella del Musone, che ha due rami sorgentiferi, quello di Castelcucco e quello di Monfumo, i quali si congiun-gono in località Casonetto. A Pagnano è ingrossato dall’Erega, a Spineda dall’Astego, a Loria dal Viazza e a Castello di Godego dal Brentone. Il Mu-sone, oggi torrente di modesta portata, nel passato era fiume dalle acque abbondanti ed impetuose che facilmente straripavano inondando vaste zone, con serio pericolo anche per l’interramento della Laguna, dove sfociava. Così la Repubblica di Venezia, fin dal suo primo espandersi in terraferma, fa com-piere inizialmente poderose opere di difesa contro gli straripamenti del Muso-ne ed infine, tra il 1612 e il 1613, fa costruire un nuovo alveo che parte da Castello di Godego e, passando vicino a Castelfranco Veneto e a Camposam-piero, immette le acque del Musone nel Brenta, all’altezza di Vigodarzere. Viene chiamato da allora anche Muson dei Sassi o Sovrabbondante. Per acqua s’intende anche quella della roggia Musonello, un canale artificiale derivato dal Musone, nei pressi di Spineda, a scopo quasi del tutto industria-le, in quanto le sue acque servivano ad azionare piccole industrie come moli-ni, magli e segherie. Il Musonello non costeggiava sempre il Musone dalla parte sinistra, in quanto passava più volte sotto il letto del Musone mediante un condotto profondo, dalla gente comunemente chiamato “botte”. Questo per dare agli abitanti delle due sponde uguali vantaggi. L’ultima “botte” si trova a Castello di Godego, vicino alla chiesetta di San Pietro. A Castelfran-co, scendendo dal Borgo Bassano, giunge nella piazza d e l Merc a t o , attraversa con un percorso sotterra-neo i portici grandi e, passando sotto la Loggia dei Grani, va ad unirsi con il torrente Avenale. Continua la sua corsa verso sud e, nei pressi di Resa-na, si riversa nel Marzenego. Per acqua s’inten-de infine quella dell’Avenale nel passato torrente con una portata incostante ed esi-gua poiché princi-palmente alimenta-to “nelle pianure di Spineda e di Riese dai scoli delle strade e delle campagne”. Nel periodo medievale, esattamente nei due secoli successivi alla fondazione del castello, le acque sopra descritte servivano ad alimentare le fosse esterne ed intorno al castello, ad irrigare i campi e a soddisfare le esigenze domesti-che della popolazione. A partire dal XVI secolo fino al XVII, nel lungo periodo di pace e tranquillità dovuto al dominio veneziano, le acque, non avendo più il castello una funzio-ne difensiva, servivano più ad uso domestico, irriguo ed industriale. La movi-mentazione dell’acqua nel fossato, proprio per evitare situazioni di ristagno e di imputridimento, era assicurata a settentrione solo dal canale Musonello attraverso una “Brentella” che passava sotto la Loggia dei Grani e a sud-est, attraverso il ponte di Cà Duodo, dalle acque del Musonello che riceveva, presso l’attuale Casa di Riposo, le acque dell’Avenale. Tra il XIX e il XX secolo, poiché Castelfranco si amplia e diventa importante centro industriale e commerciale, le acque cambiano funzione d’uso: non servono più alla difesa del castello, né all’uso domestico delle abitazioni ormai servite dalla rete idrica dell’acquedotto, non servono più ai molini, alle segherie, le cui ruote sono spinte dall’energia elettrica ( il molino alla Sega, in località San Giorgio, fu modificato proprio in tal senso per rispondere alle innovazioni tecnologiche che trovano applicazione in ogni settore della quoti-dianità). Così, mentre il Muson non subisce alcuna deviazione né cambia-mento nella portata, l’alveo del Musonello a nord di Castelfranco rimane asciutto, e la movimentazione dell’acqua nei fossati esterni e attorno alle mura è assicurata dalle acque dell’Avenale esclusivamente attraverso il ponte di Cà Duodo, ridefinito da un complesso progetto dell’ing.Gaspare Polese nel 1896. L’Avenale ha, infatti, una portata più regolare e abbondante grazie all’apporto delle acque di scarico provenienti dagli impianti del Consorzio Pedemontano Brentella di Pederobba, che le convoglia dal fiume Piave. Oggi le acque, sebbene non abbiano più le funzioni sopra descritte e a volte siano fonte di problematiche pesanti con esondazioni e allagamenti, costitui-scono una parte molto significativa del paesaggio, per cui debbono essere salvaguardate attraverso progetti interterritoriali sul modello di quelli nati attorno all’area dei Prai tra Castelfranco, Riese e Godego o attorno al Sentie-ro degli Ezzelini, lungo il Muson, tra Castelfranco ed Asolo.

DOMINAZIONE VENEZIANA

Gli eventi bellici connessi alla Lega di Cambrai, una guerra peraltro molta confusa che si conclude senza un vincitore né un vinto, segnano la fine del Rinascimento e l’inizio dell’era moderna. Vera vincitrice in verità, è la borghesia imprenditoriale e mercantile europea e italiana (ad es. i Medici a Firenze e i Fugger in Svizzera). Del resto, come sappiamo dalla storia, non è un caso se dopo il 1500 iniziano le guerre di religione e i protestanti di-ventano sempre più forti, in quanto il loro credo viene

sempre più a coincidere con gli interessi della borghesia. È anche per que-sto motivo che dopo il 1517, Venezia, Repubblica fondata sulla potenza del denaro e del commercio (le nuovi armi della borghesia) controlla in modo stabile il territorio della castellana, regalandogli un lunghissimo periodo di

pace e di tranquillità. L’attenzione di Venezia verso il dominio DA TERRA si è sviluppato in maniera continua e progressiva , determinata da importanti eventi politici ed economici che possono essere così sintetizzati: nella seconda metà del 1300 quando Venezia intende crearsi uno scudo verso l’interno nel com-plesso scacchiere politico dell’Italia degli stati regionali; dopo la presa di Costantinopoli da parte dei turchi nel 1492. La massiccia presenza dei turchi di fatto impedisce a Venezia la libera circolazione commerciale verso l’Asia e l’area orientale del Mediterraneo; dopo la scoperta dell’America (1492) allorquando le nuove rotte commerciali nell’Atlantico di fatto sop-piantano e comunque rendono meno redditizie dal punto di vista commer-ciale le vie verso Oriente. Inizialmente, ma anche nel prosieguo della dominazione, l’iniziativa vene-ziana verso la terraferma non ha fini prevalentemente agricoli: i veneziani capiscono ben poco di agricoltura ed avevano il commercio nelle vene, per cui avviano anche attività connesse all’agricoltura e che con l’acqua aveva-no a che fare: opifici,mulini, attività tessili legati al baco da seta. Successi-vamente, anche per salvaguardare la laguna dall’apporto dei detriti dei fiumi, mette in atto una massiccia trasformazione idraulica che modifica profondamente il territorio e le attività che in esso si vanno prefigurando e sviluppando. Dal 1517 si consolida e continua un lungo periodo di pace e di tranquillità che, grazie al pullulare di nuove attività che creano benessere e ricchezza, determina un notevole aumento della popolazione che, data la ritrovata sicurezza, si sposta verso l’area circostante il castello. Il castello, però, perde la sua centralità perché baluardo tra la parte alta e bassa del territorio castellano. Castelfranco, infatti,al pari di altri castelli non più idonei dal punto di vista strutturale a sopportare l’impatto delle nuove macchine da guerra, perde ogni significato difensivo, assumendo il ruolo di polo referen-ziale economico per unire un’area più vasta. Si spiega così l’espansione urbana verso l’esterno, verso i borghi che conosciamo oggi.

Villa Emo a Fanzolo di Vedelago

La torre principale, alta circa 33 metri, costituiva il fulcro del sistema di difesa ed era accessibile solo dall’interno del “girone”.

All’interno del “Girone” si trovava la casa di chi deteneva il potere, con la scala che conduceva alla torre e ad un pozzo per la riserva dell’acqua.

Qui si trovava l’alloggio delle guarnigioni che presidiavano l’ingresso orientale con la scala che conduceva ai camminamenti di ronda, ai magazzini delle scorte, alle cucine ed al forno

Questo edificio, che è al piano terra, costituisce la terza arcata difensiva, detta Porta Franca, al primo piano collegava fra loro le due aree del “Girone”.

Il “Girone” era cinto da un fossato interno collegato a quello esterno, tramite un sottopassaggio nelle mura. Un ponte levatoio collegava il “Girone” al resto del castello.

1 Il fossato denominato “fossato della Cerchia”

2 L’ampia fascia di terreno definita “Cerchia”

3 Il terrapieno 4 Sbarramento di case denominato “Bastia”

5 Il fossato attorno alle mura, misurava tra i 21 e 25 metri.

6 a siepe di spini e rovi denominata “Fratta”

7 La Porta Franca, la più fortificata delle quattro

8 Il “girone”

Il disegno ricostruisce la serie di ostacoli allestiti davanti alla porta Franca per impedire l’avvicinamento delle macchine d’assedio

Nei primi secoli di vita

Castelfranco adotta come

proprio lo stemma di

Treviso

La memoria storica rivive, oggi, nei personaggi del

Palio (prima settimana di Settembre)

Lo stemma successivamente

venne modificato parzialmen-

te con la dominazione

veneziana

Il disegno ricostruisce il “girone “ della Porta Franca, un autentico castello nel castello, sopraelevato, e circondato da mura e fossato