La Sicilia Normanna
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LA SICILIA NORMANNA
Arte intorno a noi Arte Paleocristiana, arteintornoanoi.blogspot.it
Arte Paleocristiana La Basilica, lasicilianormanna.blogspot.it
Il Mosaico Paleocristiano, lasicilianormanna.blogspot.it
L'architettura Romanica In Sicilia, lasicilianormanna.blogspot.it
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Chiese in Sicilia – La Cappella Palatina, lasicilianormanna.blogspot.it
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Palazzo Reale O Palazzo Dei Normanni, lasicilianormanna.blogspot.it
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I luoghi di delizia dei Re Normanni – La Zisa, lasicilianormanna.blogspot.it
La CUBA, lasicilianormanna.blogspot.it
La CUBULA, arteintornoanoi.blogspot.it
ARTE PALEOCRISTIANA
L’arte che si è sviluppata nei primi secoli del cristianesimo sul territorio dell’Impero Romano viene
denominata arte paleocristiana. L’arte romana era fortemente orientata alla propaganda di
ideologie politiche e civili e influenzò con ogni probabilità le espressioni artistiche paleocristiane
proprio in relazione alle comuni esigenze del cristianesimo di trovare un modo di propagandare le
proprie ideologie religiose ed etiche. L’arte cristiana nasce con la consapevolezza del potere
evocativo delle immagini, che erano considerate come portatrici di significati simbolici. L’utilizzo
dell’immagine per diffondere i contenuti della nascente religione, è azione consapevole, sin
dall’inizio della sua diffusione. La prima arte paleocristiana non differisce stilisticamente dall’arte
romana, ma anzi ne imita gli schemi compositivi, oltre che le tecniche esecutive. I cristiani, lo si è
già visto, saranno gli unici eredi della vera mentalità romana.
D’altra parte, gli artisti e gli artigiani che lavoravano per i cristiani e per i pagani erano gli stessi.
Non c’è, quindi, discontinuità fra arte romana e arte cristiana.
Gesù Buon Pastore,seconda metà del III sec. Affresco. Roma, Catacombe di Priscilla.
Durante i primi due secoli dalla nascita di Cristo l’unica differenza fra arte pagana e cristiana va
colta nel diverso valore simbolico che i cristiani attribuivano a certe raffigurazioni. Infatti, se una
qualunque scena di vendemmia, con la rappresentazione di viti e grappoli d’uva, per un pagano non
era altro da quello che mostrava di essere, per un cristiano, invece, si caricava di valori simbolici. In
essa egli vedeva l’allusione alla parabola evangelica in cui Gesù paragonava se stesso alla vite e i
cristiani ai tralci. Un pastore con le pecore è, per un pagano, parte di una scena agreste, per un
cristiano raffigura Gesù Buon Pastore.
Allo stesso modo la raffigurazione di un pesce per un pagano altro non era che quella di un animale
acquatico (fig. a), mentre per il cristiano costituiva il simbolo stesso del Cristo (fig.b). In greco
pesce si dice ichthýs, ma questa parola è anche l’acròstico formato dalle lettere greche iniziali della
frase Iesùs Christòs Theoù Yiòs Sotèr, cioè: Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore.
Decorazione pagana. (fig.a)
Simboli cristiani (Fig.b)
Con le precisazioni che finora abbiamo tratteggiato, pertanto, per “arte paleocristiana” intendiamo
quella dei primi secoli dell’era cristiana, dal greco palaiòs, vecchio. Tale arte, comunque, può
essere ancora definita correttamente come tardo-antica.
Gli scavi archeologici effettuati da Palermo a Siracusa hanno riportato alla luce interi
cimiteri, situati intorno alle città e utilizzati a partire dell’antichità, quando la Sicilia viene
cristianizzata dai Romani. Le catacombe conservano alcune tracce di decorazioni pittoriche e sono
le prime testimonianze d’arte cristiana. Nel 535, la conquista dell’isola da parte dei Bizantini segna
il riavvicinamento della Chiesa di Sicilia all’esarcato di Ravenna e, a partire dal 751, all’impero di
Costantinopoli. E’ tuttavia la crisi iconoclasta che colpisce Bisanzio a dare la svolta decisiva alla
storia della regione. I cristiani di Sicilia infatti, rimasti fedeli al culto delle figure sacre vietate
dall’imperatore nel 725, assistono all’arrivo in massa di immigrati. Intere comunità monastiche e
numerosi gruppi di artisti si rifugiano in Sicilia dove fanno mostra delle loro doti, specialmente nel
campo dei mosaici.
Questo florido periodo dà origine da un lato all’allestimento di numerosi santuari e alla
costruzione di abitazioni rupestri scavate direttamente nella roccia, dall’altro all’edificazione delle
cube, chiesette a pianta centrata quadrata. (tipicamente bizantine) semplicemente formate da tre
esedre che si affacciano su un’area centrale cubica, sormontata da una cupola, con un ingresso
situato nell’unico lato piatto (ad ovest).
Catacombe paleocristine di Porta d'Ossuna, Palermo
Fonti: “Itinerario nell’arte” Dall’arte paleocristiana a Giotto. Terza edizione. Versione gialla. Cricco, Di Teodoro.
Zanichelli.
“Arte Paleocristiana in Sicilia” Siciliano.it
lasicilianormanna.blogspot.it
ARTE PALEOCRISTIANA
La Basilica
Con “arte paleocristiana” si intendono le espressioni artistiche dei primi secoli del Cristianesimo:
il prefisso “paleo” deriva infatti dal greco palaiòs, vecchio. Più esattamente l’arte paleocristiana
comprende un insieme di opere che vanno dalle prime pitture e sculture di soggetto propriamente
cristiano della fine del II secolo o degli inizi del III secolo fino alle architetture, alle sculture e alle
pitture della metà del VI secolo. L’arte cristiana nasce con la consapevolezza del potere evocativo
delle immagini, che erano considerate come portatrici di significati simbolici. L’utilizzo
dell’immagine per diffondere i contenuti della nascente religione, è azione consapevole, sin
dall’inizio della sua diffusione. La prima arte paleocristiana non differisce stilisticamente dall’arte
romana, ma anzi ne imita gli schemi compositivi, oltre che le tecniche esecutive. I cristiani, lo si è
già visto, saranno gli unici eredi della vera mentalità romana. D’altra parte, gli artisti e gli artigiani
che lavoravano per i cristiani e per i pagani erano gli stessi. Non c’è, quindi, discontinuità fra arte
romana e arte cristiana.
Storie di Giona, particolare dell'affresco della volta delle catacombe dei Santi
Pietro e Marcellino a Roma.
Contrariamente ai riti pagani che venivano celebrati all’esterno dei templi, quelli cristiani si
svolgevano al chiuso e alla presenza di tutta la comunità dei fedeli. I primi edifici adibiti al culto
cristiano vennero costruiti avendo quale esempio le basiliche romane, le uniche costruzioni
espressamente realizzate per contenere grandi moltitudini di persone.
La basilica cristiana ha un andamento longitudinale e l’ingresso, a differenza di quanto
avveniva nelle basiliche romane, è sempre in uno dei lati minori. Essa è preceduta da un
quadriportico, cioè da uno spazio di forma pressoché rettangolare, con un porticato posto su tutti e
quattro i lati. La porzione di porticato che corrisponde alla facciata della basilica è detta nartèce.
L’interno della basilica è diviso in navate da due o più serie di colonne. La navata centrale
è solitamente più ampia e più alta delle laterali, per permettere l’inserimento delle finestre, e
termina con un abside. Questa si compone di un semi cilindro, innestato sulla parete di fondo,
sormontato da un quarto di sfera che prende il nome di catino absidale. Talvolta il corpo
longitudinale è tagliato trasversalmente da una navata che prende il nome di transetto.
La basilica Paleocristiana.
La tavola si ispira alle forme della basilica di San Pietro a Roma in età costantiniana. La basilica
venne completamente rifatta a partire dall’inizio del XVI secolo, ma lacuni disegni e affreschi
hanno tramandato il suo primitivo aspetto. Se i due bracci del transetto sono più corti delle navate,
la basilica si dice a croce latina, tipologia diffusa soprattutto in Occidente; se sono uguali e si
innestano al centro delle navate, invece, si parla di edificio a croce greca,secondo una consuetudine
diffusa soprattutto nell’Oriente cristiano. Se, infine, nella croce latina, il transetto è posto a circa 2/3
del corpo longitudinale, si parla di croce immissa (dal latino immittere, mettere dentro, cioè inserita
all’interno); se è in fondo, di croce commissa (dal latino committere, mettere insieme) o di pianta a
“T” (tau).
Chiamiamo presbiterio il luogo riservato al clero, posto in fondo alla navata principale di fronte al
abside. Il presbiterio è solitamente separato dalla navata da un recinto in marmo, intagliato o
traforato, che viene più propriamente detto transènna.
Arco trionfale è detto quello che congiunge la navata centrale al transetto, ovvero, in mancanza di
quest’ultimo, per arco trionfale si intende la porzione di parete che rimane attorno all’innesto
dell’abside.
La basilica ha copertura composta da capriate lignee che, talvolta, sorreggono un soffitto piano
composto da cassettoni in legno.
Basilica costantiniana di San Pietroa Roma, veduta dall'interno, affresco
del XVII secolo.
Alla varietà tipologica delle basiliche si affiancava una varietà anche delle funzioni: le basiliche
cattedrali erano quelle in cui celebrava il vescovo, le basiliche cimiteriali o martyria erano quelle
destinate al culto dei martiri, meta di pellegrinaggi. Spesso queste ultime avevano un
deambulatorio, a continuazione delle navate laterali dietro il presbiterio: ciò consentiva l’accesso
dei fedeli alle reliquie, di solito conservate sotto l’altare.
Tipico edificio cristiano è il battistero, che ospitava la vasca con l’acqua per il rito del battesimo
per immersione: per analogia con gli ambienti termali, la pianta assunse una forma circolare o
poligonale.
“Itinerario nell’arte” Dalla Preistoria a Giotto, Cricco, Di Teodoro, Zanichelli,
“Le basi dell’arte” L’antichità e il Medioevo a cura di M. Cadario e C.Fumarco, Edizioni scolastiche Bruno
Mondadori Arte.
lasicilianormanna.blogspot.it
IL MOSAICO PALEOSCRISTIANO
Ravenna. Mausoleo di Galla Placidia. Particolare di un mosaico dell'interno
Nel periodo del trapasso dal tardo antico al paleocristiano, il mosaico si diffonde moltissimo. Esso
viene comunemente impiegato a pavimento per poi passare, negli edifici cristiani soprattutto, a
mirabili raffigurazioni parietali. Predominano ancora ad inizio secolo le scene mitologiche che
lasciano poi il campo a raffigurazioni più statiche, sovente di personaggi in atteggiamento frontale.
Stilizzate appaiono anche le raffigurazioni di paesaggi ed alberi.
I famosi mosaici di Piazza Armerina hanno alcuni “brani” da attribuire a questo periodo fra il III e
il IV secolo. Ma all’età paleocristiana risalgono i primi grandi mosaici parietali e a volta. Le
tecniche che qui bisognava impiegare dovevano essere differenti sia per ragioni pratiche sia
espressive. Il fondo di impasto non era omogeneo come quello a pavimento ma più scabro e
diseguale, scabra era anche la superficie delle tessere che acquistavano una diversa caratteristica
determinata dalla rifrazione della luce sulle irregolarità delle pietre.
Grande caccia, particolare: Personificazione
della Mauretania, mosaico pavimentale.
Nel IV e nel V secolo d.C. la tecnica del mosaico (o tecnica musiva) diventa quella più diffusa per
decorare pavimenti e pareti, sostituendo addirittura la pittura. E’ in questi secoli che il mosaico
raggiunge il massimo delle sue potenzialità espressive, prevale comunque il mosaico policromo.
Il termine mosaico viene dal latino medioevale musàicus a sua volta derivante da Musa. Le Muse,
infatti, venivano onorate in grotte artificiali (costruite nei giardini romani) che erano decorate, per
l’appunto, con motivi ornamentali costituiti da piccole pietre variamente accostate.
I mosaicisti romani impiegavano soprattutto pietre dure, terra cotta (anche colorata) e ciottoli di
forma parallelepipeda detti tessere. A cominciare dalla seconda metà del I secolo a.C. si diffuse
anche l’uso di tessere di vetro. Esse divennero preponderanti rispetto agli altri materiali dal III
secolo d.C. in poi, imponendosi in special modo all’interno delle prime basiliche cristiane.
I colori a disposizione aumentarono con l’uso del mosaico a pasta vitrea, perché era sufficiente
aggiungere al vetro un pigmento colorante in qualità variabili per ottenere intensità diverse di una
stessa tinta. Soprattutto l’impiego di tessere a fondo dorato, ottenute con l’interclusione di una
sottilissima lamina d’oro fra due colate di vetro, dette luogo a profonde innovazioni nell’effetto
totale della decorazione musiva.
Le tessere si immergevano nell’intonaco fresco che veniva via via applicato al di sopra di un
sottofondo sul quale il soggetto da rappresentare era stato precedentemente disegnato o inciso.
Poiché spesso i mosaici erano situati in posizioni alquanto distanti dall’occhio dell’osservatore,
l’artista poteva sfruttare la posa in opera non uniformemente liscia delle tessere, al fine di ottenere
particolari effetti di luce con riflessi variamente colorati e ombre. Al risultato finale partecipava
anche il piccolo vuoto che, a volte, veniva lasciato intenzionalmente fra una tessera e l’altra.
Spesso il mosaico si sovrapponeva a un dipinto vero e proprio. In quel caso le tessere d’oro erano
collocate su un fondo rosso, colore che diveniva visibile negli interstizi fra una tessera e l’altra
rafforzando ed esaltando l’effetto della doratura stessa.
Roma, Basilica di Santa Maria Maggiore, 432-440. Mosaico della navata centrale
Dopo aver disegnato con piccole tessere i contorni delle figure, si riempivano gli spazi fra l’una e
l’altra secondo filari pressoché orizzontali, ma, per ottenere effetti speciali, in alcune zone la
disposizione delle tessere poteva anche seguire altre regole. Successivamente si iniziava a lavorare
all’interno delle figure stesse. Le tessere impiegate non erano tutte delle stesse dimensioni. Ad
esempio quelle destinate agli incarnati erano molto più piccole delle altre. Ciò consentiva di
impiegarne un numero maggiore potendo contare, così, anche su una gamma superiore di colori e di
sfumature. Anche i dettagli, in tal modo, potevano esser più curati. La forma delle tessere era di
norma quadrangolare, ma talvolta si usavano tessere di forma circolare o ovale per rendere per
esempio le pupille o dettagli di gioielli, come le perle.
“Itinerario nell’arte” Dall’arte paleocristiana a Giotto, Terza edizione, Versione gialla. Cricco-Di Teodoro.
Zanichelli.
“Le basi dell’arte”L’antichità e il Medioevo, M.Cadario-C.Fumarco. Edizioni scolastiche Bruno Mondadori
lasicilianormanna.blogspot.it
L’ARCHITETTURA ROMANICA IN SICILIA
Dopo l’anno Mille tutta l’Europa occidentale conosce un periodo di straordinario fermento
innovativo. Questa favorevole situazione è determinata, in primo luogo, dal definitivo esaurirsi
della pressione esercitata dalle popolazioni barbariche di provenienza nord-orientale e dallo
stabilizzarsi della situazione politica generale.
Il termine “Romanico” ha origine dalla parola inglese Romanesque(in francese Roman) utilizzata
in ambito linguistico all’inizio del XIX secolo per indicare le lingue romanze, cioè le lingue europee
derivate dal latino. In ambito artistico, il Romanico non fu un momento di cesura con l’arte classica
né espressione della sua decadenza. Se nell’antichità era l’uomo il centro del mondo e la vita terrena
costituiva la dimensione più importante, nel Medioevo questa prospettiva è rovesciata: la realtà
terrena ha valore solo in virtù del suo legame con il divino, la dimensione soprannaturale.
Ne deriva un disinteresse per la rappresentazione naturalistica, a favore di quella simbolica, in
cui il corpo non ha valore in sé e il senso delle proporzioni non corrisponde ai canoni dell’arte
greco-romana. Alla fine dell’XI secolo l’Italia meridionale era divisa in principati longobardi,
città libere e potenti, zone abitate da coloni greci e piccole presenze arabe. Nel corso della prima
metà dell’XI secolo i normannicominciarono ad acquisire il controllo di alcuni territori, finché,
guidati da Roberto il Guiscardo, della famiglia degli Altavilla, e dal fratello Ruggero, conquistarono
l’intera Italia meridionale e la Sicilia musulmana.
L'Italia tra l'XI e XII secolo
Nel 1130 si costituì formalmente ilregno di Sicilia,quando Ruggero II venne consacrato re dal
papa. Dinastia straniera, con legami in Francia e in Terrasanta e ottimi rapporti con l’abate di
Montecassino Desiderio, i normanni favorirono l’intreccio delle diverse componenti culturali del
loro regno, nel quale nacque e si sviluppò un’arte estremamente raffinata.
Cristo incorona Ruggero II, metà del XII secolo,
mosaico. Palermo, La Martonarana.
Soggetta al dominio bizantino prima di cadere, alla metà del IX secolo, nelle mani degli arabi che
la trasformarono in una delle più splendide città del tempo, Palermo fu conquistata dai normanni nel
1072. La capitale del regno accrebbe dunque la sua bellezza e importanza quale strategico nodo
commerciale tra l’Europa, l’Asia e l’Africa. In Sicilia gli sviluppi dell’architettura di questo periodo
risentirono molto delle influenze bizantine, arabe e normanne, tanto che il romanico assunse
nell’Isola caratteri distintivi nettamente diversi da quelli di ogni altra regione. Le forme
orientalizzanti, come le rosse cupole emisferiche, gli archi intrecciati, la sontuosa decorazione
policroma musiva e marmorea sono le più evidenti peculiarità della sintesi stilistica operata
nell’Isola tra XI e XII secolo.
“Le Basi dell’Arte” L’antichità e il Medioevo, M. Cadario , C. Fumarco, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori.
“Itinerario nell’arte” Dall’arte paleocristiana a Giotto, Terza edizione, Versione gialla. Cricco-Di Teodoro.
Zanichelli.
“Art” Dalla preistoria al Gotico, O. Calabrese, V. Giudici, Le Monnier Scuola lasicilianormanna.blogspot.it
La Sicilia Romanica
L’architettura in Sicilia è segnata da vicende politiche e culturali. L’insediamento degli Arabi per
oltre due secoli, dal IX all’XI, non poteva non lasciare tracce. I Normanni, poi, introdussero
tecniche e strutture architettoniche evolute. Anche la cultura bizantina portò un contributo
importante al linguaggio architettonico siciliano. La sua raffinatezza e il suo splendore furono
particolarmente graditi al gusto di sovrani mecenati come Ruggero II, amanti dello sfarzo e della
ricercatezza. Diversi elementi, dunque, si mescolano nell’architettura dell’isola, che è
principalmente caratterizzata dal gusto orientale.
Ipotesi di ricostruzione della
pianta originaria della
Cattedrale di Cefalù
Le chiese sono di impianto basilicale a tre navate, divise da colonnati classicheggianti, in gran
parte realizzati reimpiegando marmi antichi, sui quali si impostano arcate di profilo ogivale; le
navate sfociano in uno spazio detto santuario di derivazione bizantina, che fonde in sé transetto (in
quanto di larghezza maggiore rispetto all’aula principale) e presbiterio (che ospita l’altare e gli
eventuali altri elementi dell’arredo liturgico); nella parete di fondo del santuario si aprono le absidi,
solitamente tre, delle quali la maggiore più ampia e più profonda.
Cefalù. Cattedrale. Veduta della navata centrale dall'ingresso.
La chiesa è spesso preceduta da un nartece che può essere affiancato, secondo una caratteristica
tradizione costruttiva cluniacense, da due alte torri che ventono così a rinserrare la facciata;
all’interno il santuario si differenzia dall’aula principale anche per la copertura, normalmente a
volta a crociera su robusti pilastri, rispetto alla più lineare copertura a capriate delle navate.
Cefalù. Cattedrale. Veduta della facciata con il portico.
Gli interni sono sontuosi per la preziosità dei materiali (pavimenti a intarsi marmorei policromi,
colonne e zoccoli delle pareti pure in marmi preziosi, intagli lignei dorati a rivestire le volte) e
sfavillanti per le vastissime superfici coperte da mosaici a fondo oro; più sobri i paramenti murari
esterni, in conci di pietra, ma ugualmente connotati dal gusto per la policromia, con l’impiego di
pietre di diverse tipo e colore.
Monreale. Duomo. Veduta della navata centrale dall'ingresso.
http://www.guidasicilia.it/ita/main/storia/storiaNormanni.
“Itinerario nell’arte” Dall’arte paleocristiana a Giotto, Terza edizione, Versione gialla. Cricco-Di Teodoro.
Zanichelli.
“eikon” guida alla Storia dell’Arte, 1dalla preistoria al Trecento,E. Bernini, R. Rota, Editori Laterza.
“L’arte italiana” Dall’alto medioevo all’arte gotica, Piero Adorno, Volume primo – Tomo secondo, Casa editrice
G. D’Anna.
http://www.guidasicilia.it/ita/main/storia/storiaNormanni.htm
lasicilianormanna.blogspot.it
Chiese in Sicilia
La Cappella Palatina
Le dominazioni che si sono succedute nel territorio dell’Italia meridionale e in Sicilia hanno
impresso nell’architettura dell’XI e del XII secolo un carattere eclettico e composito che risente,
con diversa intensità di influssi bizantini, arabi e normanni. A Palermo gli edifici presentano
analogie con quelli arabi, a tal punto che un cronista che visitò la città nel 1183 la dichiarò
somigliante a Cordova.
La Cappella Palatina, annessa al Palazzo dei Normanni, fondata da Ruggero II nel 1132 e
consacrata nel 1140, è un capolavoro di perfette proporzioni e squisite decorazione dove si fondono
felicemente motivi romanici, bizantini e arabi.
Il gusto arabo si avverte nell’originale soffitto in legno a “muquarnas” (alveoli e stalattiti) e
negli archi della navata.
L’ornamentazione a mosaico, che ricopre interamente le pareti, è invece di manifattura bizantina
e, come un manto splendente, le riveste di affascinanti bagliori determinati dalle accorte aperture
delle finestre.
La Cappella Palatina è un altissimo esempio di raffinata integrazione fra architettura e arti
decorative: il pavimento è a tarsie marmoree, come pure alcuni elementi dell’arredo liturgico: le
transenne, l’ambone, nonché il trono dal quale i sovrani assistevano alle celebrazioni; il Candelabro
per il cero pasquale è in marmo finemente scolpito con un intreccio di figure animali e umane tra
fogliami.
La navata maggiore ha un soffitto ligneo di manifattura araba, a cassettoni a forma di ottagono
stellato e stalattiti, dipinto a tempera con figure (scene di caccia, signori orientali che bevono,
danzatrici, suonatori, animali esotici, giocatori di scacchi,…) e iscrizioni in caratteri cufici; anche le
travature dei due spioventi delle navate minori sono dipinte, venendo a costituire il più vasto ciclo
pittorico islamico sopravvissuto.
La Cappella Palatina è una piccola basilica ispirata, non nelle forme ma negli ideali politici, alla
cappella imperiale di Aquisgrana. L’interno ha tre navate su colonne romane di spoglio, archi acuti
e soffitto ligneo arabo.
L'impianto basilicale a tre navate è chiaro e misurato.
http://www.federicosecondo.org/it/cappella-palatina.html
“Le Basi dell'Arte” L'antichità e il Medioevo, M. Cadario , C. Fumarco, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori.“Art” Dalla preistoria al Gotico, O. Calabrese, V. Giudici, Le Monnier Scuola“eikon” guida alla Storia dell'Arte, 1dalla preistoria al Trecento,E. Bernini, R. Rota, Editori Laterza.
lasicilianormanna.blogspot.it
IL ROMANICO
Dopo l’anno Mille tutta l’Europa occidentale conosce un periodo di straordinario fermento
innovativo. Ciò è dovuto al definitivo esaurirsi della pressione esercitata dalle popolazioni
barbariche di provenienza nord-orientale e al conseguente, relativo stabilizzarsi della situazione
politica generale.
In breve si giunge a una ripresa consistente e duratura delle attività economiche, religiose e
culturali. Questo rinnovato clima di ricerca, laboriosità e concretezza sarà la premessa, nell’Italia
centro-settentrionale, per la nascita e lo sviluppo dei liberi Comuni e, in quella meridionale e in
Sicilia, per l’affermazione della nascente potenza normanna.
Le numerosissime e variegate esperienze artistiche europee manifestatesi tra il Mille e la
fine del XII secolo sono convenzionalmente definite Romaniche. Quest’aggettivo, utilizzato per la
prima volta dagli storici dell’arte dell’Ottocento, allude all’origine romana ancora individuabile in
molti aspetti della nuova arte di quel periodo. Ma se l’arte romana, in quanto espressione d’un
potere centrale, era sostanzialmente unitaria in ogni parte dell’impero, quella romanica presenta
caratteri assai regionalistici e differenziati.
L’architettura è senza dubbio la manifestazione più imponente del romanico, ed è anche la
più complessa per la molteplicità delle soluzioni adottate nelle diverse aree dell’Occidente cristiano,
per gli innesti di diverso tipo con le culture precedenti, per la non sempre uguale disponibilità di
mezzi e di maestranze. Il monumento principe di questo periodo è la chiesa. Le chiese romaniche
furono un elemento di primaria importanza nel paesaggio medievale.
Pianta del Duomo di Spira, Germania
Le tipologie adottate sono quelle basilicali consuete, a croce latina con tre o eccezionalmente
cinque navate, transetto e cripta seminterrata. Ad esse si aggiunge anche il presbiterio rialzato,
dovuto al fatto che le volte della cripta superano spesso il livello del pavimento della navata.
Sezione di una chiesa romanica con I quattro livelli di alzato
Nelle costruzioni romaniche il matroneo, che abbiamo visto essere stato già ampiamente impiegato
anche in alcune architetture paleocristiane, bizantine e alto medioevali, diventa un elemento
distintivo e quasi sempre presente. Esso consiste, in genere, in una galleria collocata sopra le volte
delle navate laterali, che affaccia sulla navata centrale mediante arconi a tutto sesto o altri tipi di
aperture a bifora, a trìfora o a quadrìfora. Riservato inizialmente alle sole donne, come il nome
stesso suggerisce, diventò in seguito un elemento architettonico autonomo, la cui funzione era
anche quella di innalzare la navata centrale e di contribuire a irrigidire l’intero edificio.
Principali elementi architettonici di una chiesa romanica
Fra le innovazioni tecniche e le caratteristiche architettoniche più significative del Romanico
ricordiamo comunque:
· La volta a crociera, che sostituisce vantaggiosamente le più deperibili strutture a capriate in
legno e le troppo pesanti volte a botte in muratura.
· Il pilastro, che sostituisce o si affianca alla colonna.
· Il contrafforte esterno, che contrasta le spinte generate dalle volte a crociera.
· Il forte spessore delle murature perimetrali, che conferisce alla costruzioni la necessaria solidità.
La volta a crociera è un sistema di copertura in muratura che, anche se noto fin dall’epoca romana,
trova solo adesso la sua piena e sistematica applicazione costruttiva.
Dal punto di vista geometrico, una volta a crociera è generata da due volte a botte uguali
che si intersecano, una perpendicolarmente all’altra. Lo spazio quadrato coperto da ciascuna
crociera prende il nome di campata ed è delimitato, ai quattro vertici, da altrettanti massicci pilastre
in muratura. Le quattro porzioni di volte a botte risultanti dalla loro avvenuta intersezione prendono
il nome di vele, in quanto la loro forma richiama proprio quella di una vela triangolare gonfiata dal
vento.
Schema geometrico della costruzione di una volta a crociera
1. Prima volta a botte.
2. Seconda volta a botte perpendicolare.
3. Campata.
4. Vela.
La stabilità di una volta a crociera impone di adottare particolari accorgimenti costruttivi.
Infatti, mentre la volta a botte scarica il proprio peso uniformemente lungo le due pareti continue
che la sorreggono, la volta a crociera lo ripartisce, tramite i quattro archi a tutto sesto che la
delimitano e i due archi diagonali che l’attraversano, sui quattro pilastri della campata i quali, di
conseguenza, ne ricevono la spinta. Questi devono quindi assumere proporzioni e forme adeguate a
sopportare il carico degli archi e a contrastare efficacemente tali maggiori spinte. E’ per questo
motivo che essi sono spesso compòsiti, in quanto presentano sezioni mistilìnee, date dalla varia
combinazione di forme quadrate e tondeggianti. Pilastri cosiffatti, dunque, conseguono il doppio
effetto di essere più robusti senza però darne l’impressione, poiché il profilo spezzato ne
ingentilisce l’aspetto.
Nel caso di costruzioni a navata unica il problema statico di una volta a crociera è
generalmente risolvibile adottando murature esterne di grande spessore e riducendo al minimo
l’apertura di porte e finestre che, altrimenti, ne indebolirebbero la struttura. Le aperture oltre a
costituire una privazione di materia, quindi una discontinuità nella struttura, sono sempre i luoghi
più critici di un edificio.
Nelle chiese a tre o più navate sono le volte a crociera delle navate minori a compensare la
spinta esercitata sui pilastri della navata centrale dalle crociere principali. Le spinte diagonali che
anche le volte delle navate minori esercitano verso l’esterno, infine, vengono contrastate, oltre che
dalla spessa muratura perimetrale, anche dai contrafforti. Questi elementi architettonici sono un
ulteriore ringrossamento della sezione muraria, in pratica, degli ulteriori pilastri di rinforzo
addossati alla parete esterna in corrispondenza dei pilastri interni, cioè nei punti dove le spinte
generate dalle volte a crociera sono maggiori e più concentrate.
Cattedrale di San Geminiano, Modena
Ecco allora che i grandi spessori delle murature, la gran mole dei pilastri, il ritmico
succedersi dei contrafforti, la piccola luce delle finestre rappresentano le conseguenze dell’impiego
generalizzato delle volte a crociera, diventando al medesimo tempo il simbolo stesso
dell’architettura romanica.
Duomo di Modena, navata centrale
“Le Basi dell’Arte” L’antichità e il Medioevo, M. Cadario , C. Fumarco, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori.
“Itinerario nell’arte” Dall’arte paleocristiana a Giotto, Terza edizione, Versione gialla. Cricco-Di Teodoro.
Zanichelli.
“Moduli di ARTE” B L’età medievale. Electa, Bruno Mondadori
arteintornoanoi.blogspot.it
Palazzo Reale o Palazzo Dei Normanni lasicilianormanna.blogspot.it
Palazzo dei Normanni
Palazzo dei Normanni
Palazzo dei Normanni
Il Palazzo Reale di Palermo, da antica fortezza araba, divenne una reggia senza riscontri altrove. Il
nucleo centrale fu trasformato con una grande torre sull’esempio normanno, le sale di
rappresentanza furono rivestite di marmi, e maestri bizantini vi realizzarono mosaici con figure di
animali e scene di caccia.
Sala di Ruggero II
Infine sotto Ruggero II sorse, fra il 1132 e il 1140, la Cappella Palatina, una piccola basilica a tre
navate su colonne romane di spoglio, con archi acuti, soffitto con alveoli e stalattiti del tipo islamico
e notevoli mosaici, eseguiti da maestranze bizantine, con storie del Vangelo e la rappresentazione
del re incoronato da Cristo.
Cappella Palatina a Palermo, soffitto ligneo
della navata centrale
Il Palazzo Reale è oggi sede dell’Assemblea Regionale Siciliana. Fu costruito dagli arabi nel IX
secolo e poi ristrutturato dai normanni e successivamente dai veceré spagnoli nel ‘500. Costruito
strategicamente sul punto più alto della città su preesistenze puniche, romane, bizantine e arabe
poste a difesa delle mura e della porta urbica della città, la reggia normanna costituì un centro
plurifunzionale, simbolo del potere civile della monarchia.
Il palazzo era costituito da edifici turriformi collegati da portici e da giardini che formavano un
complesso unitario. La decadenza inizia già con gli Svevi, in quanto Federico II non vi risiede. Il
ruolo periferico assunto dalla città si accentua con gli Angioini e gli Aragonesi, che privilegiarono
altre sedi.
La rinascita del palazzo si ha con i viceré spagnoli che nella seconda metà del XVI secolo
scelsero di risiedervi adeguandolo alle nuove esigenze difensive e di rappresentanza.
http://www.palermoweb.com/cittadelsole/monumenti/palazzo_normanni.htm
Palermo città d’arte. Guida ai monumenti di Palermo e Monreale, C.De Seta, M.A. Spadaro, S. Troisi, Kalòs
“Moduli di ARTE” B L’età medievale, rielaborazione di testi di Storia dell’arte italiana a cura di C.Calza e
E.Varini Electa, Bruno Mondadori
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LA SICILIA NORMANNA
Gli arabi, dopo la fondazione nel VII secolo, da parte di Maometto, dell’Islam, la grande religione
monoteista che si viene ad affiancare alla ebraica e alla cristiana, conquistarono, diffondendo la loro
fede, un immenso impero che, fra il VII e l’VIII secolo, si estendeva dal fiume Indo all’Oceano
Atlantico, occupando tutta la costa meridionale del mare Mediterraneo.
Non si tratta soltanto di conquiste militari; si tratta soprattutto dell’espansione di una grande civiltà
che, nel medioevo, conosce più dell’Occidente il fiorire della cultura: si pensi soltanto alla filosofia
e alle scienze, in particolare alla matematica. Si spiega facilmente, perciò, perché i contatti
commerciali con l’Oriente islamico si risolvano in contatti culturali.
Chiesa di San Cataldo a Palermo.
Se questo è vero per alcune città dell’Italia centro-settentrionale, tanto più lo è per l’Italia
meridionale, sia perché più vicina all’area di influenza musulmana, sia perché alcune zone sono
state direttamente soggette al dominio degli arabi, come la Sicilia, che dopo aver fatto parte dal
VI al IX secolo dell’Impero bizantino, venne conquistata da essi nell’826, restando in loro
potere per oltre due secoli, fino al 1061, anno della successiva conquista dei normanni. Questi
rimarranno in Sicilia e in gran parte dell’Italia meridionale fino al XIII secolo, quando lo stato passò
per via ereditaria, a Federico II di Svevia.
Il periodo romanico in Sicilia si svolge dunque sotto i normanni.
Eppure, se anche è vero che niente è rimasto di ciò che costruirono gli arabi , gli edifici siciliani di
età normanna , non soltanto civili, ma anche religiosi, dedicati al culto cristiano fieramente avverso
a quello islamico, hanno un prevalente carattere musulmano , congiunto talvolta a elementi di
provenienza francese importati dai nuovi sovrani.
Ciò accade per la superiorità della civiltà araba, che ha inciso più durevolmente sulla cultura
siciliana di quanto abbiano fatto i normanni, i quali, in gran parte, hanno adottato gli usi locali,
unificando sotto il proprio dominio popoli di diversa stirpe, religione, costumi, come latini,
bizantini, greci, arabi, ebrei, longobardi, servendosi degli uni o degli altri per le alte cariche dello
stato, circondandosi del fasto dei sovrani bizantini e del lusso dei sultani musulmani.
Cefalù, lavatoio arabo
L’arte siciliana d’età romanica nasce dunque in questo clima culturale, così diverso da quello
dell’Italia centro-settentrionale, coordinando mirabilmente elementi arabi e normanni e dando luogo
quella tendenza artistica che è detta “arabo-normanna”.
Tralasciando di esaminare adesso i caratteri delle civiltà classica e bizantina analizzati a suo
tempo, sarà opportuno riassumere invece quelli arabi e normanni.
San Giovanni degli Eremiti, Palermo.
Nell’arte islamica l’architettura, all’esterno, ha andamento orizzontale, tetti piani, forme
geometriche collegabili allo spirito matematico degli arabi, cupole rialzate. All’interno, come
in tutte le civiltà orientali, si libera invece la fantasia: la decorazione è anicònica (priva cioè di
figurazioni), ricca e bidimensionale.
Nell’arte normanna prevale il verticalismo delle masse, comune a tutta l’Europa settentrionale.
Cattedrale di Cefalù
“Le Basi dell’Arte” L’antichità e il Medioevo, M. Cadario , C. Fumarco, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori.
“L’arte italiana” Dall’alto medioevo all’arte gotica, Piero Adorno, Volume primo – Tomo secondo, Casa editrice
G. D’Anna.
lasicilianormanna.blogspot.it
La Cattedrale di Cefalù
La Sicilia è stata da sempre un fertile crocevia di popoli e di culture, alla cui dominazione si sono
succeduti i Bizantini (che vi si insediarono fin dal 535), gli Arabi (che dopo varie vicissitudini la
annetterono al loro impero a partire dall’896) e, dopo el 1061, i Normanni.
Cattedrale di Cefalù
La Cattedrale di Cefalù riflette con evidenza la complessità di una tradizione architettonica
fortemente condizionata da tecniche costruttive e motivi ornamentali fra loro molto diversi, ma che
in essa, non meno che in moltre altre chiese romaniche dell’isola, hanno saputo convivere
fondendosi in modo creativo e armonioso.
Nella notte di Natale del 1130 Ruggero II d’Altavilla (figlio di Ruggero il Gran Conte) si fa
incoronare primo Re di Sicilia. Viene creato il primo grande stato unitario italiano post-imperiale: il
Regnum Siciliae. Egli ha capitale a Palermo e regna su parte dell’Abruzzo, su Campania, Puglia,
Calabria, Sicilia, sulle coste dell’Ifriqiya (attuale Tunisia) ed ha, inoltre il controllo del canale
d’Otranto.
La prima grande realizzazione dell’epoca del Regno è la costruzione della cattedrale di Cefalù. La
posa della prima pietra del gigantesco Duomo cefaludese avvenne il giorno di Pentecoste del 1131 -
per volere di Ruggero II - e si presume sia stato portato a termine soltanto fra il 1166 ed il 1170.
Egli l’aveva concepito come mausoleo per sé e, forse, per i suoi discendenti destinandolo ad
accogliere le sepolture regali. Infatti, nel 1145, fece collocare nel coro della chiesa due sarcofagi in
porfido, marmo riservato alla dignità degli Imperatori di Costantinopoli. Queste grandi arche - fra le
più pregevoli opere di scultura del XII secolo - non accolsero mai le sue spoglie che furono
inumate, invece, nella cattedrale di Palermo. Successivamente, nel 1125, Federico II fece traslare i
sarcofagi a Palermo.
Il Duomo occupa una posizione isolata rispetto al centro urbano ed ha per sfondo la Rocca di
Cefalù - possente formazione rocciosa - che mette in evidenza la maestosità delle sue architetture.
Cefalù
La chiesa è preceduta da un ampio sagrato che si eleva sul livello della piazza ed al quale si accede
per mezzo di una scalinata realizzata con blocchi squadrati di pietra calcarea (la cosiddetta
“lumachella”, materiale proveniente dalla stessa Rocca).
La facciata della Cattedrale è incastonata tra due alti campanili che, per la loro mole, somigliano
più a torri di difesa, essendo costituiti da un alto blocco parallelepipedo a base quadrata - senza
cornici intermedie - che continua con un blocco terminale più piccolo, posto in rientranza e
coronato da cuspide. Al centro, tra i due campanili e sotto il portico, si apre la «Porta Regum», con
un bellissimo portale a cinque ghiere concentriche riccamente scolpite.
Cattedrale di Cefalù, veduta della facciata con il portico
L’esterno del Duomo denuncia gli elementi delle varie fasi di realizzazione; di grande
rilievo storico-architettonico è il prospetto absidale del Duomo; esso evidenzia le interruzioni, le
riprese ed i mutamenti subiti dal progetto. Dal punto di vista volumetrico, la chiesa ed in particolare
il transetto non mostrano le proporzioni spaziali che caratterizzano l’architettura siciliana del XII
secolo, ma il netto contrasto delle masse crea un evidente richiamo all’architettura anglo e franco
normanna del XII secolo. La modifica del progetto originario, con la riduzione dell’altezza
inizialmente prevista, provocò un cambiamento totale nella realizzazione del corpo longitudinale
della basilica.
Cattedrale di Cefalù, esterno.
All’interno questo contrasto tra la pianta grandiosa del transetto ed il corpo
longitudinale, tanto più basso, è chiaramente visibile in corrispondenza dell’arco trionfale.
Sezione del Duomo di Cefalù
L’imponente costruzione, alta a dominare l’intero abitato, è a croce latina immissa e
presenta una pianta basilicale a tre navate, scompartite da otto colonne per lato, con capitelli
corinzi di spoglio risalenti al II secolo. Questi sorreggono archi a sesto acuto rialzati su alti piedritti.
Tale soluzione conferisce alla navata una verticalità maggiore rispetto a quella che i fitti
intercolunni avrebbero consentito in caso di utilizzo di semplici archi romanici a tutto sesto.
Cattedrale di Cefalù, Pianta
Chi entra nel Duomo dal portale principale posto tra le due torri campanarie, si trova nella
navata centrale di una basilica, divisa in tre navate da otto colonne di granito (eccezion fatta per la
prima che è di marmo cipollino), con capitelli classici e bizantini su cui si impostano, su alti
piedritti, archi a sesto acuto.
Cattedrale di Cefalù, Veduta della navata centrale dall'ingresso.
Da un lato e dall’altro della navata centrale, al di sopra degli archi, si eleva la liscia parete
superiore, con le finestre ciascuna in asse con le sottostanti arcate. Sia la navata centrale che quelle
laterali, hanno una copertura a tetto, con travature a vista; nelle travi, su di un fondale a stelle e
disegni geometrici, sono dipinti, oltre a scene di danza, di musica e di lotta, animali ed esseri ibridi.
Ma è quando si arriva all’ampio transetto che sono chiaramente visibili i segni delle
varianti apportate alla primitiva idea progettuale della chiesa; esso infatti presenta un doppio arco
trionfale, di cui quello più esterno fu concepito anteriormente per la basilica di dimensioni
maggiori, ma mai realizzata.
Proprio in questo punto si può chiaramente notare il mancato nesso tra la navata principale
e la parte absidale. E’ comunque certo che il transetto è la parte più importante di tutto l’intero
edificio, in quanto conserva la maestosa disposizione, originariamente progettata. Nelle due
cappelle laterali che comunicano con il presbiterio, sono pochi gli elementi architettonici originari
superstiti, in quanto ambedue in periodo barocco furono ricoperte da stucchi.
Cattedrale di Cefalù, Veduta dell'abside
Il fulcro della spazialità interna è rappresentato dalla parte sommitale dell’abside; il dolce e
divino sguardo del Cristo Pantocrator accoglie il visitatore della basilica (part. Mano destra –
part. Evangeliario). Alla stessa maniera che nella Cappella Palatina e nella Chiesa di S. Maria
dell’Ammiraglio, anche nell’abside del Duomo di Cefalù le figure che compongono la decorazione
sono sistemate secondo i canoni di una gerarchia liturgica.
In relazione con l’impianto basilicale, il «Pantocrator» domina dall’alto dell’abside, gli
angeli e gli arcangeli occupano la parte più alta della decorazione della superficie absidale e la
volta; i Profeti che annunziarono l’avvento del Cristo, si trovano nelle parti più alte delle pareti
laterali, mentre gli Evangelisti e gli Apostoli, subito dopo la Vergine; negli ordini più bassi della
decorazione parietale vi sono i Santi ed i Dottori. Le figure dell’abside e della volta sono
accompagnate da iscrizioni in greco, e quelle delle pareti da iscrizioni in latino, ad eccezione della
fascia più bassa della parete destra dove i santi Nicolò, Basilio, Giovanni Crisostomo e Gregorio
hanno iscrizioni in greco.
Cattedrale di Cefalù, Cristo Pantocrator
Dall’interno del Duomo, attraverso una porta che si apre all’inizio della parete della navata sinistra,
si scende al chiostro annesso al lato settentrionale della chiesa. Il chiostro quadrangolare era
costituito originariamente da semplici file di colonne binate che sorreggevano archi ogivali e
poggiavano su un basamento continuo. In esso, come poi sarà ripreso nel chiostro di Monreale (il
chiostro di Cefalù è stato anche nei dettagli modello e fonte di ispirazione per quello di Monreale) è
presente la soluzione della fonte angolare. I fusti delle colonne sono prevalentemente lisci, ma di
tanto in tanto si incontrano anche esemplari diversi: fusti con decorazioni a zig-zag e fusti decorati
con racemi ed elementi figurati.
Cattedrale di Cefalù, chiostro.
Il Duomo di Cefalù va dunque guardato alla luce del grande desiderio e della fervida
devozione di Ruggero. Si tratta di un monumento dove confluiscono tutte le esperienze artistiche
europee più antiche e più mature e che rimane come documento indiscusso dell’altezza e della forza
espressiva della cultura medievale siciliana. La commistione degli stili in esso presente rispecchia la
vera natura dell’edificio; Cefalù, infatti, doveva rappresentare l’autorità regia in riferimento a tutte
le componenti del Regnum: quella latina, quella greca e quella magrebina. A partite dalla
proclamazione del Regno i cantieri per la costruzione di edifici chiesastici e monastici si
moltiplicano investendo l’intero territorio dell’Isola.
“Le Basi dell’Arte” L’antichità e il Medioevo, M. Cadario , C. Fumarco, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori.
“Itinerario nell’arte” Dall’arte paleocristiana a Giotto, Terza edizione, Versione gialla. Cricco-Di Teodoro.
Zanichelli.
http://www.mec-carmel.org/index.php/Arte-cristiana/il-duomo-di-cefalu.html
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Santa Maria dell’Ammiraglio
Palermo, Chiesa di Santa Maria dell'Ammiraglio, detta la Martorana, ca.1143-1151. Veduta esterna
La conquista normanna dell’Italia meridionale culmina con la sconfitta dei Bizantini e dei
Longobardi a Bari e a Salerno, nel 1071 e nel 1077, e con la presa di possesso della Sicilia,
definitivamente strappata agli Arabi nel 1091.
L’incoronazione di Ruggero II a re di Sicilia, da parte dell’antipapa Anacleto II nel 1130,
suggella di fatto il potere della dinastia degli Altavilla su tutta l’Italia meridionale. Con Ruggero II
si apre un entusiasmante periodo di committenze di carattere aulico e imperiale.
Il nuovo sovrano sembra non resistere al fascino prezioso dell’arte islamica e assume alle
proprie dipendenze artisti arabi. Altro referente privilegiato delle committenze normanne in Sicilia è
il mondo costantinopolitano: maestranze orientali sono infatti chiamate a realizzare vasti mosaici.
Il primo sfarzoso e cosmopolita delle costruzioni reali si riflette su quelle commissionate da
personaggi della corte. Il grande ammiraglio del regno, Giorgio d’Antinochia, fa costruire a
Palermo, forse già entro il 1143, la Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, detta Martorana, dal
nome di una nobildonna, Eloisa Martorana, che vi fondò accanto un monastero benedettino
femminile.
L’origine greca del committente potrebbe essere alla base del modello tipicamente
bizantino della pianta, oggi alterata da interventi cinque e seicenteschi, e del programma
iconografico dei mosaici che ornano l’interno, dove opera una bottega diversa rispetto alla Cappella
Palatina.
Ricostruzione planimetrica della chiesa originaria di Santa Maria dell'Ammiraglio
Lo stile è qui più arioso e disteso, le scene sono meno affollate e i nessi logici tra le varie
parti assai meno precisi e rigorosi.
L’edificio presentava allora un semplice impianto a croce greca iscritto in un quadrato, con
i quattro bracci coperti da volte a botte e una cupola centrale emisferica impostata un un alto
tamburo ottagonale retto da quattro colonne.
Le quattro campatelle quadrate risultanti agli angoli avevano un’altezza minore ed
erano ricoperte con volte a crociera mentre, sulla parete orientale, si aprivano –secondo la
tradizione bizantina- tre absidi semicircolari, di cui quella centrale larga quasi il doppio delle altre.
In seguito, tra il 1146 e il 1185 vennero aggiunti alla facciata occidentale anche un esonartece (1),
un portico esterno (2) e, in asse con il portale d’ingresso, una torre campanaria (3) con tre ordini
di ampie bifore arabeggianti e, in corrispondenza degli ultimi due piani, spigoli smussati ottenuti
alleggerendo la muratura con una singolare soluzione di biforette angolari. All’esterno, La
Martorana appare come una costruzione compiutamente araba, con le sue finestre aperte dentro
un’amplissima strombatura e la bassa calotta della cupola sopra un tamburo ottagonale.
L’assetto originario, però, è stato in parte compromesso dai pesanti rimaneggiamenti che a
più riprese, fra il 1588 e il 1686, hanno snaturato la ben proporzionata struttura normanna,
abbattendo la facciata occidentale (4) e ricostruendone addirittura un’altra (5), ruotata di novanta
gradi, sul fianco settentrionale.
Veduta dei mosaici della cupola centrale
Questi nuovi lavori, comunque, non hanno compromesso che in parte lo straordinario ciclo
di decorazioni musive che ornava l’originario organismo a croce greca e che, nonostante i restauri
e le varie integrazioni subiti, conserva un’unitarietà compositiva e una raffinatezza di esecuzione
che lo pone a buon titolo fra i più significativi di tutta l’arte romanica.
Il Pantocratore
Il complesso programma iconografico, eseguito da qualificate maestranze bizantine tra il
1143 e il 1151, si dipana a partire dalla cupola, al cui centro troneggia un grande Cristo
Pantocratore immerso nell’oro del fondo. L’iconografia è quella tipica dell’arte bizantina, con la
figura –perfettamente frontale- maestosamente seduta sui cuscini di un trono privo di spalliera.
Mentre la mano sinistra regge verticalmente un libro chiuso, simbolo delle Sacre Scritture, la destra
è levata in atto benedicente, con pollice e anulare uniti, secondo la tradizione greca.
Cristo Pantocratore, Mosaico centrale della cupola.
L’Annunciazione
Essendo la Martorana dedicata alla Vergine, l’arco trionfale accoglie la scena
dell’Annunciazione, con l’Arcangelo Gabriele, sulla sinistra, che accenna a Maria con un ampio
gesto dalla mano.
Sul lato opposto la Vergine ruota lievemente la testa in senso contrario rispetto al busto,
come per voltarsi. Essa indossa un ricco mantello purpureo su una lunga tunica dalle sfumature che
vanno dall’azzurro al violetto. Essa è sorpresa mentre sta filando, come si capisce dal fuso
appoggiato nel cestino che regge sulle gambe e dalla matassa da filare che tiene nella mano sinistra.
I due sacri personaggi sono separati da un cielo rappresentato simbolicamente con mosaici a fasce
concentriche. Da esso si protende la mano di Dio da cui discende lo Spirito Santo, sotto forma di
colomba, che si dirige verso la Vergine.
Annunciazione, Mosaico
Annunciazione, Mosaico. Particolare con Maria
“Itinerario nell’arte” Dall’arte paleocristiana a Giotto, Terza edizione, Versione gialla. Cricco-Di Teodoro. Zanichelli. ARTE 1 Dalla Preistoria al Tardogotico, V. Terraroli, Skira Bompiani lasicilianormanna.blogspot.it
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SAN CATALDO
San Cataldo, interno
La chiesa attualmente retta dai Cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme, fu eretta
intorno al 1154 da Magone di Bari, grande ammiraglio e cancelliere del re Guglielmo I, come
cappella privata.
Chiesa di San Cataldo, pianta.
A pianta rettangolare, presenta un nudo interno a tre navate, divise da colonne di
reimpiego dai bei capitelli provenienti da costruzioni antiche, e ha per pavimento un pregevole
mosaico normanno. Lo spoglio ambiente ben si armonizza con il nitido e arabeggiante esterno,
percorso da arcatelle cieche a sesto acuto con un coronamento arabo mentre le tre calotte
emisferiche che sormontano in fila la navata centrale si impostano stavolta su un tamburo cubico
finestrato che consente una suggestiva illuminazione all’interno.
Chiesa di San Cataldo, metà del XII secolo
L’influsso della cultura araba si avverte in modo esplicito in questa chiesa, in origine forse
collegata con un palazzo. Il modo in cui vengono trattati le cupole, gli archi e i muri perimetrali –
alleggeriti da arcate chieche- rievoca l’architettura orientale nell’intento di dissimulare la dialettica
tra struttura di contenimento e sostegno.
Le squadrate e nitide forme dell’esterno racchiudono un piccolo interno di 10 m. per 7, a
pianta rettangolare. La navata centrale è sormontata da tre cupolette impostate su nicchie angolari;
tre absidiole movimentano la parte terminale della chiesa illuminata da suggestivi effetti di luce
provenienti dalle finestre sapientemente posizionate.
All’interno la sensibilità geometrica tipica della cultura fatimita si concretizza
nell’interazione dell’elemento cubico cupolato nella navata centrale. Nichiette tripartite poste agli
angoli del tamburo quadrato mediano il passaggio al cerchio di base delle cupolette costruite con
piccoli conci di tufo. Le due navate laterali, divise da colonne con capitelli di spoglio, hanno
campate rettangolari, coperte da volte a crociera. Le finestre ogivali nelle cupolette, nel tamburo
rettangolare e nelle pareti laterali della cappella, dovevano essere schermate da transenne di gesso.
Originale è l’altare in marmo.
http://www.medioevo.org/artemedievale/Pages/Sicilia/SanCataldoaPalermo.html
“La geografia dell'arte” 1- Età antica e medievale, N. Frapiccini N. Giustozzi, Hoepli.“eikon” guida alla Storia dell'Arte, 1dalla preistoria al Trecento,E. Bernini, R. Rota, Editori Laterza.
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San Giovanni degli Eremiti
San Giovanni degli Eremiti, particolare delle cupole
Si tratta di un complesso architettonico che comprende i resti di una moschea musulmana
in prossimità della quale fu costruita, per volontà di Ruggero II nel 1142-1248, una chiesa cui fu
annesso un convento benedettino: ne sopravvive il piccolo chiostro con archi acuti sorretti da
colonne binate che custodisce un delizioso giardino creando un ambiente di particolare
suggestione.
San Giovanni degli Eremiti, chiesa e chiostro
San Giovanni degli Eremiti, chiostro
Orientata verso est, la chiesa ha un impianto a croce commissa e una rigorosa forma
geometrica chiusa.
San Giovanni degli Eremiti, pianta
Il campanile, che si sviluppa sul braccio occidentale del transetto, ha tre ordini di finestre.
San Giovanni degli Eremiti, facciata
Sulle pareti laterali della chiesa si aprono delle finestre ogivali, originariamente coperte da
transenne di gesso arabescate (ne resta nel sito solo una copia).
San Giovanni degli Eremiti, particolare di una finestra
Il modulo costruttivo interno della chiesa è dato da una struttura cubica sormontata da
una cupola. Tale modulo si ripete cinque volte: due nelle campate dell’unica navata, tre nel
transetto. L’accostamento del quadrato, che rappresenta la terra, al cerchio, che rappresenta il cielo,
ricorre sia nella cultura islamica fatimita sia in quella bizantina. San Giovanni degli Eremiti,
faciata.
Nelle volte la struttura quadrata trapassa nella cupola semisferica per mezzo di nicchiette
angolari, che sono il solo elemento decorativo di un interno lineare semplicissimo.
San Giovanni degli Eremiti, interno di una delle cupole
La struttura architettonica della chiesa come dell’adiacente campanile rimane tipicamente
araba con un esterno severo, dalla cubica e limpida volumetria ingentilita in alto dalle cinque
cupole, colorate arbitrariamente di rosso nei restauri ottocenteschi, dal caratteristico rigonfiamento
orientaleggiante. Mentre le aperture delle navate erano un tempo schermate da lastre di gesso
traforate.
San Giovanni degli Eremiti, interno di una delle cupole
La struttura architettonica della chiesa come dell’adiacente campanile rimane tipicamente
araba con un esterno severo, dalla cubica e limpida volumetria ingentilita in alto dalle cinque
cupole, colorate arbitrariamente di rosso nei restauri ottocenteschi, dal caratteristico rigonfiamento
orientaleggiante. Mentre le aperture delle navate erano un tempo schermate da lastre di gesso
traforate.
San Giovanni degli Eremiti, struttura architettonica della chiesa
La chiesa palermitana di San Giovanni degli Eremiti è un piccolo edificio, nudo e
geometrico, con finestrelle arcuate e un campanile squadrato, le cui aperture si allargano
progressivamente dal basso verso l’alto: l’ultima è incorniciata da una triplice ghiera, lievemente
archiacuta, che toglie peso alla spoglia massa costruttiva. Sui tetti si alzano cupole rosse
estradossate, il cui colore si giustifica, come già nei templi greci con l’intensa luminosità
meridionale.
San Giovanni degli Eremiti, particolare delle cupole
San Giovanni degli Eremiti, particolare
milocca.wordpress.com
“La geografia dell’arte” 1- Età antica e medievale, N. Frapiccini N. Giustozzi, Hoepli.
“L’arte italiana” Dall’alto medioevo all’arte gotica, Piero Adorno, Volume primo – Tomo secondo, Casa editrice
G. D’Anna.
www.palermodintorni. blogspot.com
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http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/database/page_musei/pagina_musei.asp?
ID=48&IdSito=58
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Cattedrale
Cattedrale di Palermo
Summa della cultura artistica palermitana, costituisce il punto di arrivo dell’esperienza
fatimita valorizzata e arrcchita dalla capacità costruttiva normanna e, nello stesso tempo, un banco
di prova per le culture successive che si misurarono con questo edificio-simbolo della città,
reinterpretandolo. La fama di luogo sacro, favorita anche dal vicino fiume Papireto, era consolidata
da secoli.
Cattedrale di Palermo, pianta
La Cattedrale di Palermo fu eretta nel 1184 per volontà del vescovo Gualtiero Offamilio.
Le trasformazioni succedutesi nel corso del tempo hanno cancellato quasi del tutto l’impianto
architettonico originario: sono riconoscibili soltanto, al di sopra delle cappelle laterali
settecentesche, la parte superiore della muratura esterna della navata maggiore e, nella parte
posteriore dell’edificio, la sommità dell’abside, l’una e l’altra vivacizzate dai consueti motivi ad
archi intrecciati arabeggianti in pietre a intarsio multicolore.
Palermo, Cattedrale, abside
Dell’originaria costruzione normanna dedicata all’Assunta la parte meglio conservata è
quella absidale percorsa dalla preziosa ornamentazione policroma e separata da due slanciate torri
aperte da bifore che si ripropongono nella facciata collegata da archi acuti all’originale campanile.
Cattedrale di Palermo, prospetto laterale
Molti sono all’esterno i segni degli interventi gotico-catalani mentre l’interno, ristrutturato
a partire dal XV secolo fino al Settecento, ospita il suggestivo sacello con le tombe imperiali e
reali, costituite da sarcofagi marmorei sormontati da baldacchini; qui riposano Ruggero II
d’Altavilla, il cui sarcofago in porfido è ancora quello allestito provvisoriamente nel 1154, insieme
a Federico II, scomparso nel 1250 ben ventotto anni dopo la moglie Costanza d’Aragona.
http://www.cattedrale.palermo.it/monumento/visita%20virtuale/visita%20inizio.htm
http://www.youtube.com/watch?v=NtxABY0N1ls
“La geografia dell'arte” 1- Età antica e medievale, N. Frapiccini N. Giustozzi, Hoepli.http://www.palermonelmedioevo.com/monumenti%20la%20cattedrale.htm http://www.astropa.unipa.it/indice_generale/ meridiana_1.htmllasicilianormanna.blogspot.it
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Duomo Di Monreale
Cristo Pantocratore
Il Duomo di Monreale si colloca al termine del percorso italiano dell’architettura
normanna anteriore all’avvento di Federico II. Questo percorso si sviluppa attraverso tappe
significative che vanno dagli esordi pugliesi, caratterizzati da influssi lombardi, alla contaminazione
normanno-bizantina di Cefalù, dal sincretismo degli edifici reali di Palermo spalancati agli influssi
bizantini, arabi e persiani, alla sintesi estrema di Monreale. Componente significativa di questa
sintesi sono i mosaici delle pareti interne della cattedrale realizzate da artisti veneziani.
I rapporti di alleanza tra la dinastia degli Altavilla e il papato si guastarono ben presto
per la concezione assoluta della monarchia maturata progressivamente dai sovrani normanni sul
modello degli imperatori bizantini: per contrastare l’autorità del vescovo di Palermo, che, al
contrario, si adoperava per ribadire come la dignità regale fosse una concessione del papa agli
Altavilla, Guglielmo fondò una nuova diocesi a Monreale, con l’intento di farne il nuovo cuore
della vita religiosa dell’isola, sotto stretto controllo regio.
Sul luogo dove già esisteva un monastero benedettino e che era incluso nel vastissimo Parco
Reale, il sovrano promosse la costruzione di un grandioso complesso che comprendeva una nuova
Abbazia, la nuova Cattedrale, il Palazzo Reale e quello arcivescovile.
La Cattedrale riprende, sviluppandoli in chiave ancora più solenne e maestosa (102 x 40
m), i modelli della Cappella Palatina e del Duomo di Cefalù, dando spazio, sulle pareti delle
navate, del santuario e delle absidi ad uno straordinario ciclo a mosaico, realizzato fra la fine del
XIII secolo e i primi decenni di quello successivo, che comprende tutta la storia della salvezza,
dall’Antico al Nuovo Testamento.
Le successive trasformazioni non hanno infatti alterato il celebre duomo, che rimane il
classico esempio del sincretismo normanno per la compresenza di elementi settentrionali ( le
torri di facciata ), islamici (il cromatismo e gli intrecci degli straordinari archi absidiali
esterni), bizantini (i mosaici che rivestono completamente gli interni).
Situato sulle pendici di Monte Capùto, nell’immediato entroterra palermitano, fu iniziato
nel 1172, e venne consacrato già nel 1185, a dimostrazione dell’impegno profuso da Guglielmo che,
in questo modo, intendeva forse ricalcare le orme del nonno Ruggero, committente –come s’è visto-
della Cattedrale di Cefalù.
Pianta del Duomo di Monreale
Il duomo presenta una pianta basilicale a croce latina commissa, divisa in tre navate.
Quella centrale, larga più del doppio delle laterali, è ritmata da nove colonne per lato. Su di esse
sono collocati alcuni capitelli romani di spoglio (forse provenienti dall’Africa settentrionale) e
preziosi pulvini di gusto bizantino, interamente rivestiti in mosaico, sui quali si impostano archi a
sesto acuto, con ghiere e intradossi egualmente mosaicati. I pulvini contribuiscono a rendere puù
slanciato l’interno.
Duomo di Monreale. Decorazione musiva della navata destra.
La mancanza di volte a crociera (la copertura è a capriate), e la conseguente assenza di
pilastri che le sorreggano, conferisce alle pareti laterali un senso di armoniosa continuità, interrotto
soltanto dal doppio transetto continuo, oltre il quale si aprono tre absidi a pianta semicircolare. Al
fluido scorrere dello spazio concorre la copertura a capriate.
Monreale, Duomo, Veduta della navata centrale dall'ingresso
Navate, transetto e absidi sono rivestiti per intero da un apparato di decorazioni musive. La luce
che penetra dalle finestre illumina le pareti che sembrano annullare il loro spessore nello scintillio
dell’oro; i mosaici che ricoprono ogni parte dell’edificio lo rendono simile a uno scrigno prezioso.
Duomo di Monreale, Decorazione musiva
Vi si può accedere da due eccezionali porte bronzee. Quella del bel portico rinascimentale
laterale è di Barisano da Trani, del 1179, con riquadri raffiguranti santi ed evangelisti di stampo
orientale, simili a quelle del duomo della sua città natale e di quello di Ravello. Il portale maggiore
ospita invece i battenti con storie del Vecchio e Nuovo Testamento, importati via mare perché
firmati nel 1186 da Bonanno Pisano, che supera le ascendenze bizantine nella solidità dei modellati
dei personaggi essenziali intorno ai quali è composta la scena.
La facciata principale, molto rimaneggiata, anche con la successiva aggiunta di un portico
(1770), è stretta tra quanto resta di due massicci torrioni quadrangolari di tradizione normanna.
La decorazione della parte superiore, affine a quelladella Cattedrale di Cefalù, presenta un delicato
intreccio di archetti ciechi a sesto acuto.
Duomo di Monreale. Veduta della facciata con il portico
Lo stesso motivo, del resto, di schietta derivazione araba, si dispiega con maggior vigore
soprattutto nella zona absidiale.
Duomo di Monreale. Veduta esterna della zona absidaleee
Le pareti esterne, infatti, conservano intatta la decorazione archiacuta (ripartita su tre
registri sovrapposti nell’abside mediana e su due in quelle laterali), ulteriormente impreziosita
dalla ricercata policromia dei materiali impiegati soprattutto calcare bruno, laterizio rossastro e
pomice lavica nera).
Duomo di Monreale. Particolare del chiostro
Araba, infine, è anche l’impostazione dell’attiguo chiostro quadrato, aggiunto tra il 1176 e
il 1189. Si trova sul lato destro del Duomo ed è il più grande e pittoresco fra tutti quelli del XII
secolo. Esso –unico resto dell’originario monastero- presenta 208 colonnette binate, di
accuratissima e fantasiosa fattura.
La richezza dell’ornamentazione di basi, tori, fusti e capitelli, variamente scolpiti o
intarsiati con pietre policrome, offre uno straordinario panorama del raffinato
cosmopolitismo raggiunto degli artisti della Sicilia normanna.
Duomo di Monreale. Particolare del colonnato del chiostro.
Il chiostro, di forma quadrata di circa 50 metri di lato, è tenuto a lussureggiante giardino e
cinto da un quadriportico ad archetti acuti dalle doppie ghiere lavorate, sorretti da coppie di
colonnine (incise, dipinte, intarsiate a mosaico policromo o ornate da ricchi bassorilievi) con
capitelli fortemente differenziati, alcuni, come quello con l’Acrobata, scolpiti sotto l’influsso della
scultura romanica francese.
Duomo di Monreale. Chiostro con fontana Duomo di Monreale.
Duomo di Monreale. Particolare di un capitello del chiostro.
Da tutto l’insieme nasce un sottile movimento fantasioso che culmina, in un angolo, in un
piccolo recinto quadrangolare, delimitato da tre arcate per lato: al centro è una fontana, la cui acqua
sgorga da una colonnina arabeggiante, a fusto con forma di tronco di palma, dal disegno
stilizzato, di incredibile bellezza e grazia. E’ come un piccolo chiostro, intimo, riservato, e, al tempo
stesso, comunicante, attraverso gli archetti, con il chiostro maggiore. Si può immaginare, qui più
che altrove, il significato dei giardini arabo-normanni nella fertile piana di Palermo, con i loro
infiniti recessi e il mormorio delle acque in mezzo al rigoglio della vegetazione.
Il ciclo di mosaici comprende tutta la storia della salvezza, dall’Antico al Nuovo
Testamento. Nel catino dell’abside maggiore giganteggia la figura a mezzo busto di Cristo
benedicente, nel registro mediano la Madonna col Bambino affiancata da Angeli e Apostoli, in
quello inferiore figure di Santi.
Duomo di Monreale. Veduta della zona presbiteriale e absidale
Gli episodi narrativi, in cui hanno uno spazio particolare le Storie della Genesi e le Storie
evangeliche, si snodano lungo la navata centrale mentre le due absidi laterali sono dedicate ai Santi
Pietro e Paolo, rappresentati a figura nei due catini e accompagnati, sulle pareti contigue del
santuario, da episodi delle rispettive vite. Infine sopra il trono regale una brano di dedica con
Guglielmo II che riceve la corona da Cristo e sopra la cattedra episcopale Guglielmo II che offre la
Cattedrale alla Vergine Maria.
http://pti.regione.sicilia.it/portal/page/portal/SIT_PORTALE/SIT_DIR_AREE_TEMATICHE/the
%20infinite%20island/le%20principali%20mete%20turistiche/Monreale
http://www.duomomonreale.it/
http://www.arte.it/luogo/duomo-di-monreale-palermo-3160
“Percorso di storia dell’arte” Dalla Preistoria al Gotico, M. Bona Castellotti, Einaudi Scuola
“Itinerario nell’arte” Dall’arte paleocristiana a Giotto, Terza edizione, Versione gialla. Cricco-Di Teodoro.
Zanichelli
“La geografia dell’arte” 1- Età antica e medievale, N. Frapiccini N. Giustozzi, Hoepli.
“eikon” guida alla Storia dell’Arte, 1dalla preistoria al Trecento,E. Bernini, R. Rota, Editori Laterza.
“L’arte italiana” Dall’alto medioevo all’arte gotica, Piero Adorno, Volume primo – Tomo secondo, Casa editrice
G. D’Anna.
http://www.tour360.eu/panoramiche/monreale/
“Le Basi dell’Arte” L’antichità e il Medioevo, M. Cadario , C. Fumarco, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori.
lasicilianormanna.blogspot.it
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I LUOGHI DI DELIZIA DEI RE NORMANNI
ZISA
Fin dall’epoca del dominio arabo l’intera Conca d’Oro circostante la città di Palermo
doveva presentarsi, come un interminabile parco, dove, tra la vegetazione lussureggiante e i giochi
d’acqua, si inserivano gli edifici utilizzati dai re siciliani come luoghi di diletto. Le residenze di
delizia dei re normanni mantengono le forme architettoniche proprie della precedente civiltà araba,
come nel caso della Zisa, la Cuba e la Cubula.
La costruzione della Zisa, dal termine “al-aziz”, “la splendente”, venne iniziata durante il
regno di Guglielmo I e poi continuata da Guglielmo II tra il 1165 e il 1180.
La Zisa è un unicum in tutto il Mediterraneo poiché dei similari palazzi nordafricani non è
rimasto che qualche rudere. Il giardino che circondava il palazzo e la peschiera, che conserva i resti
di un padiglione composto da due stanze accessibile da un ponticello, propongono un insieme
unitario che vuol far riferimento al paradiso coranico.
All’esterno del palazzo, sviluppato in altezza e caratterizzato da un aspetto chiuso e
bloccato, la continuità dell’involucro murario veniva animata dal gioco grafico delle arcate cieche
nelle quali si inserivano originariamente bifore o monofore, dai tre fornici d’accesso e dai corpi
sporgenti laterali. I tre piani sono sottolineati da sottili cornici.
E’ un fabbricato a pianta rettangolare, alto e compatto: la sua articolazione interna non è
riconoscibile all’esterno se non per la presenza di tre ordini di arcate cieche a incorniciare le
finestre – quelle originali dovevano essere piccole monofore - che appena ne increspano la
superficie, senza intaccare l’ermetica cubatura geometrica della massa muraria.
Si specchiava in origine in un vasto bacino d’acqua antistante e altri giochi d’acqua erano presenti
all’interno, almeno nella principale sala di rappresentanza, destinata a feste e ricevimenti, detta
appunto, sala della fontana. Ogni parte della sala era impreziosita da materiali pregiati: il
pavimento in marmo, lo zoccolo delle pareti ricoperto di mosaici, le tre nicchie che movimentano
la sala arricchite di decorazioni a stalattiti in legno dorato.
Nella Zisa la contraddizione fra la impenetrabilità dell’esterno e lo spazio fluido e
avvolgente dell’interno richiama la netta separazione tra sfera pubblica e privata del mondo
orientale. Un principio geometrico di matrice culturale fatimita sovrintende a tutta la costruzione: al
centro del palazzo vi sono due sale di rappresentanza, la Sala della Fontana e la Sala Belvedere in
alto, qualificate da un’altezza maggiore e da un ricco apparato decorativo. Nelle due ali simmetriche
laterali si trovano gli appartamenti privati del re.
Dal grande fornice d’accesso, decorato da una costola bicroma nell’intradosso dell’arco e
da colonnine negli stipiti con capitelli con uccelli beccanti, si accede al vestibolo e alla Sala della
Fontana.
La Sala della Fontana, con pianta cruciforme (iwan), rappresenta un salsabil, un ambiente
nobile in cui la presenza di una fonte ricorda uno dei corsi d’acqua del paradiso coranico. L’acqua
sgorgava al di sotto di un’aquila musaicata, scivolava rifrangendosi negli zigzag di una lastra
obliqua e scorreva in una canaletta, inframmezzata da due vaschette quadrangolari, che divideva in
due l’ambiente, per poi confluire nella peschiera esterna. Arricchivano questo spazio colonnine
angolari e tre splendide muqarnas in stucco.
Nel piano superiore, a cui si accede da una scala, vi è la Sala Belvedere. Di forma quadrata
e originariamente scoperta aveva al centro un “impluvium” in marmo per la raccolta delle acque
piovane, con un mosaico dorato e geometrico.
Allo spazio estroverso delle sale di rappresentanza centrali aperte verso l’esterno, si
contrappone l’introversione dei sei appartamente privati del re, tre per ogni lato collegati da due
scale simmetriche, composti di tre vani con muqarnas e nicchie rettangolari. Condotti scavati nel
grosso dei muri delle due torrette laterali avevano il compito di far circolare l’aria e refrigerare tutti
gli ambienti.
“Palermo, città d’arte”, Guida ai monumenti di Palermo e Monreale, quarta edizione. Kalós.
http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/database/page_musei/pagina_musei.asp?
ID=11&IdSito=56
http://it.wikipedia.org/wiki/La_Zisa
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CUBA
Costruita nel 1180 da Guglielmo II, la Cuba era uno dei sollazzi del sovrano normanno,
espressione della sua cultura filorientale. Un grande giardino detto Genoardo, dall’arabo “il
paradiso della terra”, collegava questo palazzo suburbano agli edifici della Galca, il quartiere
direzionale della città normanna.
Piante da frutto e aromatiche, animali di qualsiasi specie, vialetti e piccoli chioschi
costituivano gli attributi qualitativi di questo giardino. La fama di questo luogo, denominato Cuba
già dal XIII secolo, ispirò Boccaccio che vi ambientò una novella del Decamerone.
Il palazzo, circondato da ogni lato da un bacino artificiale, sembrava ergersi sull’acqua,
come si evince anche dai resti di intonaco idraulico nella parte basamentale. Un ponticello doveva
facilitare l’accesso all’interno. L’uso dell’acqua come piano di posa sembrava contraddire l’aspetto
chiuso ed introverso dell’edificio, appena variato da torrette poste al centro di ogni lato.
Il parametro murario in conci di calcare ben squadrato è animato da alte arcate cieche a
doppia ghiera che contengono monofore, bifore o nicchiette sormontate da conccchiglie, secondo
tipologie riscontrabili nella cultura fatimita nord-africana.
L’interno era caratterizzato da uno spazio centralizzante, un grande atrio scoperto tra
arcate ogivali, sorrette da colonne e collegate al muro da volte a botte o archi, simile alla Sala dei
Venti di Palazzo Reale. Al centro si trovava un impluvium stellare.
Nelle nicchie rettangolari, due muqarnas con decorazioni geometriche che ripropongono la
stella a otto punte, sovrastano delle fontane.
Le sale laterali del palazzo erano coperte. Il lato nord-orientale era composto da tre
ambienti di cui quello centrale cruciforme con volta a crociera e possibili decorazioni alle pareti.
Colonnine angolari decoravano tutti gli ambienti.
Palermo, città d’arte, Guida ai monumenti di Palermo e Monreale. http://it.wikipedia.org/wiki/Cuba_Sottana equilibriarte.net http://palermodintorni.blogspot.it/2009/04/la-cuba-e-boccaccio.htmllasicilianormanna.blogspot.it
lasicilianormanna.blogspot.it
Cuba Soprana
I giardini sono uno dei segni distintivi della concezione araba, ereditata dai normanni. Il
giardino, con la sua verzura, con la varietà coloristica dei fiori, con la bellezza degli alberi, è
simbolo del paradiso islamico descritto nel Corano, luogo di riposo, come l’oasi nei deserti
arabici. Scomparso il parco arabo-normanno di Palermo, possiamo avere un’idea del suo
significato attraverso gli splendidi giardini del Genralife nell’Alhambra di Granada, in Spagna,
l’unico palazzo musulmano medievale che esista ancora in Occidente. Nel Generalife tutto è
semplice, riservato, diviso in piccoli scomparti, umidi e ombreggiati; i vialetti possono contenere
appena due persone affiancate; ovunque sono piante odorose, fitte boscaglie, fiori dai bei colori
brillanti; l’acqua sgorga da infinite fontanelle e scorre mormorando in stretti canali che si
intersecano, mescolandosi alla vegetazione e agli edifici.
Anche il parco di Palermo era ricco di fontane, vivai, chioschi, palazzi . Di queste
costruzioni, oltra alla Zisa, restano oggi solo alcune vestigia, fra cui la Cuba, che ne ripete le forme,
e la Cúbula, unico sopravvisuto fra i molti chioschi.
I resti della Cuba Soprana (XII secolo) di cui parlano le fonti sono oggi inglobati nella
settecentesca Villa Napoli. In età tardomedievale questo edificio per il soggiorno dei re normanni
venne trasformato in torre agricola fortificata.
Oggi del palazzo normanno rimane solo un muro di conci ben connessi di tufo, in cui si
apre ad una certa altezza un’arcata ogivale con doppia ghiera affiancata da finestre. In basso vi è
un’altra arcata, forse posteriore e di dubbia funzione. Un bacino artificiale o una peschiera simile a
quella antistante la Zisa doveva qualificare questo padiglione posto nel giardino regio del Genoardo.
Il corpo rettangolare della villa settecentesca si protende con due ali verso l’esterno e
racchiude al centro un bessissimo scalone a doppia rampa, sormontato da un fastigio a balaustra.
Villa Napoli
Inserita all’interno del giardino della villa è la Cubula, l’unico rimasto dei molti chioschetti
che arricchivano il Genoard. Costruita durante il regno di Guglielmo II (XII secolo) è caratterizzata
da una struttura cubica (m 6 x 6 circa) sormontata da una cupola rialzata su un tamburo
cilindrico e rivestita da cocciopesto idraulico, il cui colore rosato fu accentuato durante i restauri
ottocenteschi del Patricolo. Le aperture ogivali sui quattro lati, caratterizzate da una doppia ghiera
liscia e una con bugne a guancialetto, favorivano il soffiare della brezza necessaria nella calura
estiva.
All’interno del padiglione, molto semplice, nicchiette tripartite agli angoli del quadrato
modulano il passaggio al cerchio di base della cupola. Una piccola fontana ottocentesca arricchiva
l’ambiente.
Palermo, città d’arte, Guida ai monumenti di Palermo e Monreale.
http://it.wikipedia.org/wiki/Cuba_Soprana
“L'arte italiana” Dall'alto medioevo all'arte gotica, Piero Adorno, Volume primo – Tomo secondo, Casa editrice G. D'Anna
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