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IPERTESTO Eccidi ed esecuzioni di massa Nella loro azione in URSS, esercito ed Einsatzgruppen furono assistiti da varie altre forze te- desche, tra cui reparti SS della Polizia di sicurezza e undici battaglioni (circa 5500 uomini) del- la cosiddetta Ordnungpolizei, (Polizia d’ordine) costituiti sia da elementi richiamati, ma trop- po anziani per il servizio in prima linea, sia da giovani volontari. Molti di questi reparti si mac- chiarono di violenze efferate contro la popolazione civile sovietica e nei confronti degli ebrei. Tra il 24 e il 27 giugno 1941, un reparto della Polizia di sicurezza di Tilsit (l’attuale Sovetsk, in Russia) attraversò il confine con la Lituania e uccise 526 ebrei (comprese 2 donne) nelle città di Garsden (Gargzdi), Krottingen (Kretinga) e Polangen (Palanga). Si trattò di uno dei primi crimini compiuti dai nazisti in territorio sovietico. L’azione non fu ordinata dall’alto, ma nacque spontaneamente – dopo che si era sparsa la voce che in quella zona opera- vano dei partigiani comunisti – e fu approvata a tutti i livelli: dapprima dal comandante dell’Einsatzgruppe A (Franz Stahlecker) e poi (il 30 giugno) da Himmler e Heydrich. A partire dal 29 giugno, si verificò una terribile serie di violenze anche a Leopoli (Lwów), nella porzione di Polonia aggregata all’Ucraina. Prima di fuggire in tutta fretta, la poli- zia politica comunista aveva ucciso circa 5000 elementi controrivoluzionari detenuti nel- le carceri della città. All’arrivo dei tedeschi, questo massacro compiuto dai sovietici ven- ne reso pubblico; per vendicare le vittime, in nome della consueta equiparazione tra ebrei israeliti e comunisti, una milizia nazionalista ucraina rapidamente costituitasi cominciò a dar la caccia agli ebrei per le strade, uccidendone 4000 in tre giorni. Il 27 giugno 1941, un altro eccidio particolarmente spietato fu compiuto dalla polizia, a Bialystock, città situata nella porzione di Polonia occupata dai sovietici. Il reparto uccise circa 2000 ebrei; 700 di essi furono ammassati in una delle sinagoghe della città, che ven- 1 IPERTESTO B La Shoah nell’Europa dell’Est La Shoah nell’Europa dell’Est F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010 Soldati tedeschi osservano un villaggio sovietico devastato dalle fiamme, fotografia del 1941. POTERI E CONFLITTI Riferimento storiografico pag. 14 1 Violenze nella Polonia orientale

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Eccidi ed esecuzioni di massaNella loro azione in urss, esercito ed Einsatzgruppen furono assistiti da varie altre forze te-desche, tra cui reparti ss della Polizia di sicurezza e undici battaglioni (circa 5500 uomini) del-la cosiddetta Ordnungpolizei, (Polizia d’ordine) costituiti sia da elementi richiamati, ma trop-po anziani per il servizio in prima linea, sia da giovani volontari. Molti di questi reparti si mac-chiarono di violenze efferate contro la popolazione civile sovietica e nei confronti degli ebrei.Tra il 24 e il 27 giugno 1941, un reparto della Polizia di sicurezza di Tilsit (l’attuale sovetsk,in russia) attraversò il confine con la Lituania e uccise 526 ebrei (comprese 2 donne) nellecittà di Garsden (Gargzdi), Krottingen (Kretinga) e Polangen (Palanga). si trattò di uno deiprimi crimini compiuti dai nazisti in territorio sovietico. L’azione non fu ordinata dall’alto,ma nacque spontaneamente – dopo che si era sparsa la voce che in quella zona opera-vano dei partigiani comunisti – e fu approvata a tutti i livelli: dapprima dal comandantedell’Einsatzgruppe A (Franz stahlecker) e poi (il 30 giugno) da Himmler e Heydrich.A partire dal 29 giugno, si verificò una terribile serie di violenze anche a Leopoli (Lwów),nella porzione di Polonia aggregata all’ucraina. Prima di fuggire in tutta fretta, la poli-zia politica comunista aveva ucciso circa 5000 elementi controrivoluzionari detenuti nel-le carceri della città. All’arrivo dei tedeschi, questo massacro compiuto dai sovietici ven-ne reso pubblico; per vendicare le vittime, in nome della consueta equiparazione tra ebreiisraeliti e comunisti, una milizia nazionalista ucraina rapidamente costituitasi cominciòa dar la caccia agli ebrei per le strade, uccidendone 4000 in tre giorni.Il 27 giugno 1941, un altro eccidio particolarmente spietato fu compiuto dalla polizia, aBialystock, città situata nella porzione di Polonia occupata dai sovietici. Il reparto uccisecirca 2000 ebrei; 700 di essi furono ammassati in una delle sinagoghe della città, che ven-

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Soldati tedeschiosservano un villaggiosovietico devastatodalle fiamme,fotografia del 1941.

POTERIE CONFLITTI

Riferimentostoriografico

pag. 141

➔Violenze nellaPolonia orientale

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ne incendiata. Chi tentava di fuggire era colpito con raffiche di mitra e bombe a mano. L’a-zione di Bialystock vide l’assassinio anche di numerose donne e bambini, che altri reparti,invece, per il momento risparmiavano. si trattò di un’iniziativa personale di un subordinato,che agì senza ordini precisi, ma dettato da un preciso convincimento ideologico.Azione spontanea, dettata dall’iniziativa individuale o dal fanatismo ideologico, e impulsodal Centro, in questa prima fase caotica della Shoah non sono sempre facilmente distin-guibili. In effetti è possibile che Himmler, in questo caso, non solo abbia a posteriori ap-provato l’azione, ma ne abbia addirittura tratto un insegnamento. Infatti, si rese contoche gli uomini ai suoi ordini (o per lo meno alcuni di essi) erano disponibili ad azioni sem-pre più radicali. Pertanto l’8 luglio, mentre era personalmente a Bialystock, ordinò l’uc-cisione di alcune migliaia di ebrei sia in quella città sia a Brest-Litovsk (situata più a sud).Le paludi del fiume Pripjat si trovano a est di Lublino e a sud-est di Brest-Litovsk, ai con-fini tra la Bielorussia e l’ucraina. Fin dalle prime settimane di guerra, questi acquitrini,molto difficili da attraversare con veicoli motorizzati, divennero un rifugio privilegiatoper i partigiani e per tutti coloro (soldati che non volevano cadere prigionieri, ebrei infuga, civili terrorizzati ecc.) che cercavano di sfuggire agli occupanti tedeschi. Il 19 luglio1941, Himmler ordinò il trasferimento in quella regione di due reggimenti di cavalleriadelle ss per rastrellarla a tappeto. Gli ordini iniziali prevedevano la fucilazione di tutti imaschi adulti e la deportazione delle donne e dei bambini; il 29 luglio, però, Himmlerordinò la deportazione nelle paludi delle ebree rastrellate. Ancora una volta, era una for-mula vaga, che tuttavia, di fatto, apriva la strada a un’importante escalation, cioè all’uc-cisione anche delle donne ebree.L’azione di rastrellamento (guidata sul campo dagli Sturmbannführer Gunther Lombard eBruno Magill) ebbe inizio il 30 luglio e durò fino all’11 agosto. Col pretesto che si tratta-va comunque di partigiani pericolosi e che la zona andava pacificata definitivamente, si pro-cedette in modo drastico, uccidendo anche moltissime donne e numerosi bambini. secondoil rapporto steso dallo Standartenführer Hermann Fegelein (comandante in capo della Bri-gata di Cavalleria ss), vennero uccisi 1001 partigiani, 699 soldati dell’Armata rossa e 14 718saccheggiatori (cioè, di fatto, ebrei).

La Shoah in Ucrainaormai la politica di sterminio totale era iniziata: infatti, il 29-30 settembre, fu eseguital’operazione più massiccia della prima fase della shoah: 33 771 ebrei furono uccisi aBabij Jar, vicino a Kiev.La maggior parte dei reparti operativi degli Einsatzgruppen compiva le sue azioni in zoneche dipendevano dall’esercito tedesco. Alcuni distaccamenti dei gruppi C e D, impegnatiin Ucraina e nella russia meridionale agivano però nei settori assegnati a ungheresi e ru-meni, che dunque si trovarono ad affrontare un problema inatteso. Mentre gli unghere-si non collaborarono volentieri, i rumeni, al contrario, furono disponibili e intraprendenti.Gli eccidi più gravi si verificarono a odessa, dove viveva la più importante comunità ebrai-ca dell’unione sovietica. La città fu conquistata dalla quarta armata romena il 16 otto-bre 1941, dopo un lungo assedio.La sera del 22 ottobre, dei partigiani fecero saltare in aria il quartier generale rumeno invia engels, uccidendo una quarantina di militari, tra cui il generale Glogojanu, coman-dante della ventesima divisione, e tutto il suo stato maggiore. Per rappresaglia, i rumenifucilarono e impiccarono subito migliaia di ebrei e comunisti. Ma da Bucarest, il mare-sciallo Ion Antonescu, dittatore della romania, ordinò di giustiziare 200 comunisti perogni ufficiale, rumeno o tedesco, vittima dell’esplosione, e 100 per ogni soldato.Il 24 ottobre, 30-40 000 ebrei furono condotti alla fattoria collettiva di Dalnik, situata a unaquindicina di chilometri a ovest della città, per essere fucilati ai bordi dei fossati anticarro.Inizialmente, l’operazione fu condotta per gruppi di 40-50 vittime. un numero imprecisa-to di persone, però, venne ammassato in quattro fienili di grandi dimensioni: dapprima fu-rono mitragliate attraverso le feritoie dei muri; infine, gli edifici vennero dati alle fiamme.

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➔Iniziativeindividuali e

impulso dal centro

➔Donne e bambini

➔Odessa

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19 settembre 1941:la città di Kiev cadein mano alle truppetedesche.

DOCUMENT IL’eccidio di Babij Jar, in unaricostruzione tedesca

In qualità di membro del Sonderkommando 4a (speciali gruppi di deportati costretti a collaborarecon le autorità naziste nei campi di sterminio), dell’Einsatzgruppe C, KurtWerner testimoniò dopo la guer-ra e descrisse in modo particolareggiato le modalità con cui fu condotto il massacro dei 33 771 ebreia Babij Jar (vicino a Kiev, in Ucraina) il 29-30 settembre 1941.

L’intero commando, ad eccezione di una sentinella, si mise in marcia quel giorno versole 6 di mattina, diretto al luogo di queste esecuzioni. Io ero su un camion. Si doveva portarvia tutto quello che era disponibile. Proseguimmo per venti minuti in direzione nord e ci fer-mammo su una strada lastricata fino in aperta campagna, dove terminava. Là era riunito ungrandissimo numero di ebrei ed era stato anche disposto un luogo dove gli ebrei dovevanodepositare gli abiti e il bagaglio. Dopo un chilometro vidi una grande voragine naturale. Il ter-reno era sabbioso. La voragine era profonda circa 10 metri, lunga circa 400, larga in altocirca 80 metri e in basso 10.

Subito dopo il mio arrivo sul terreno delle esecuzioni dovetti scendere con altri cameratiin questa conca. Non passò molto tempo che già i primi ebrei ci vennero condotti giù perle pareti della voragine lungo le quali dovettero sdraiarsi faccia a terra. Nella conca si tro-vavano tre gruppi di tiratori, in tutto 12. Gli ebrei venivano condotti di corsa, tutti assieme,dall’alto verso questi tiratori. Gli ebrei che seguivano dovevano sdraiarsi sui cadaveri di quelliprecedentemente fucilati. I tiratori stavano di volta in volta dietro gli ebrei e li uccidevano concolpi alla nuca. Mi ricordo ancora oggi in quale stato di terrore cadevano gli ebrei che di lassù,sull’orlo della voragine, potevano per la prima volta scorgere i cadaveri sul fondo: molti gri-davano forte per lo spavento.

Non ci si può nemmeno immaginare quale forza nervosa richiedesse eseguire laggiùquella sporca attività. Era una cosa raccapricciante... Dovetti rimanere tutta la mattina giùnella voragine. Lì dovetti continuare a sparare per un certo tempo, poi fui impegnato a riem-pire di munizioni i caricatori della pistola mitragliatrice. Durante questo tempo furono impiegatialtri camerati come tiratori. Verso mezzogiorno fummo fatti uscire dalla conca e nel pome-riggio io, con altri, dovetti condurre gli ebrei fino alla conca. In questo tempo altri cameratisparavano giù nella conca. Gli ebrei venivano condotti da noi fino all’orlo della conca e dalì correvano giù da soli lungo il pendio. Tutte le fucilazioni di quel giorno possono essere du-rate all’incirca fino... alle 5 o alle 6 di sera. In seguito fummo riportati nel nostro alloggiamento.Quella sera fu nuovamente distribuito del liquore (grappa).

e. KLee, W. DresseN, V. rIess, «Bei tempi». Lo sterminio degli ebrei raccontato da chi l’ha eseguitoe da chi stava a guardare, La Giuntina, Firenze 1990, pp. 56-57, trad. it. P. BusCAGLIoNe CANDeLA

�Quale tipo di disagioindica l’espressione«Non ci si puònemmenoimmaginare qualeforza nervosarichiedesse eseguirelaggiù quella sporcaattività»?

�In che modo leautorità cercanodi attenuare neipoliziotti il «disagiodi uccidere»?

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La Shoah nei Paesi BalticiAl momento dell’attacco tedesco, la Lituania contava circa 2 milioni di lituani e 250 000ebrei. In Lettonia, invece, abitavano circa 1 600 000 lettoni e 95 000 israeliti. Lituani elettoni avevano vissuto come un vero trauma l’invasione russa del 1939 e l’annessione al-l’urss dell’anno seguente, accompagnate da massicce deportazioni in siberia di intellet-tuali ed elementi giudicati nemici del nuovo regime. Lituani e lettoni, pertanto, accol-sero i tedeschi come dei liberatori e collaborarono apertamente con loro nell’eliminazio-ne di tutti i comunisti. sollecitati dagli ufficiali degli Einsatzgruppen, nazionalisti lituanie lettoni organizzarono anche dei grandi massacri di ebrei. stando ai rapporti inviati a Ber-lino, nella sola Kaunas (in Lituania), nella prima settimana di occupazione tedesca ven-nero uccisi 3800 ebrei; nei giorni seguenti, una sorte simile toccò ad altre 1200 personein varie cittadine o villaggi del Paese, prima ancora che i nazisti si assumessero personal-mente su vasta scala il ruolo di carnefici.A fine estate, i nazisti istituirono ghetti a Kaunas, a Vilnius, a Riga e in altre città. Inapparenza, la procedura assomigliava a quella adottata in Polonia due anni prima. Inrealtà, in Lituania e in Lettonia, i nazisti decisero precocemente di eliminare tutti co-loro che non ritenevano utili per lo sforzo bellico. Pertanto, fin dall’ottobre 1941 i ghet-ti furono oggetto di alcune brutali epurazioni. Gli inabili al lavoro di Vilnius furonocondotti in una foresta, a una decina di chilometri dalla città, nei pressi di una loca-lità per villeggiatura chiamata in vari modi – Paneriai (in lituano) o Ponary (in tede-

sco) – e fucilati in grandi fosse comuni. Gli ebrei di Kau-nas, invece, furono uccisi in massa nei pressi del Forte IX,una delle strutture militari che l’esercito zarista aveva co-struito a difesa della città, prima della Grande Guerra.All’inizio di novembre, il comandante dell’EinsatzgruppenC Friedrich Jeckeln fu convocato a Berlino, ove Himmlergli comunicò che riga era stata scelta come meta per unelevato numero di ebrei, che sarebbero stati deportati dalreich; quindi, occorreva svuotare il ghetto della capitalelettone. Giunto a riga il 13 novembre, Jeckeln si affrettòa trovare un luogo adatto alle fucilazioni e scelse la fore-sta di Rumbula, a sedici chilometri dalla capitale letto-ne. Il 30 novembre, 13 000 ebrei fecero a piedi, a grup-pi di cinquanta, il tragitto che separava il ghetto dalla fo-resta. Qui erano state predisposte, da 300 prigionieri rus-si, sei grandi fosse, lunghe dieci metri e profonde tre me-tri circa. Le vittime furono costrette a stendersi prone suicadaveri dei morti o degli agonizzanti, prima di essereuccise con un colpo alla nuca. Con modalità simili, inun’ulteriore violentissima azione compiuta tra l’8 e il 9dicembre, furono uccisi a rumbula altri 25 000 ebreidi riga.Jeckeln aveva già diretto numerose stragi in ucraina oc-cidentale: comandava uno speciale reparto di Waffenss [ss combattenti, dotati di armi pesanti, n.d.r.] cherispondeva del suo operato direttamente a Himmler e

che operò con particolare brutalità. si ha l’impressione che Jeckeln sia stato utilizza-to da Himmler come una specie di apripista, di sperimentatore di modalità semprepiù estreme di intervento contro gli ebrei. Per questo motivo, probabilmente, fu scel-to proprio lui quando si trattò di condurre la grande azione contro il ghetto di riga.Tra il 15 e il 17 dicembre, circa 3000 ebrei furono uccisi anche a Liepaja, in Letto-nia, sulla costa del Mar Baltico. stranamente, di questo episodio della Shoah si è con-servata un’ampia documentazione fotografica, che ritrae soprattutto donne, anzianie bambini.

Manifesto antisemitanazista del 1941 diretto

a ottenere il sostegnodella popolazione

lituana. Le scritte piùvisibili recitano:

«Gli ebrei – Il tuoeterno nemico» e

«Stalin e gli ebrei –unica banda criminale».

➔Il traumadel 1939

➔Fosse comuni

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La ricerca di nuove tecniche per lo sterminioArthur Nebe era il comandante dell’Einsatzgruppe B, che operò in Bielorussia. Nel set-tembre 1941, ormai consapevole del crescente disagio psicologico delle sue truppe, quan-do ricevette l’ordine di eliminare i malati dell’ospedale psichiatrico di Minsk, fece rin-chiudere 25 pazienti in due bunker predisposti nella foresta e ne ordinò la distruzio-ne con l’esplosivo. L’esperimento fallì clamorosamente, in quanto solo una parte deimalati morì immediatamente; una seconda più massiccia dose di esplosivo, invece, pro-vocò un orribile spargimento di resti umani sull’intera area. Nebe era assistito in que-sti esperimenti dal dottor Albert Widman, chimico delle ss in servizio presso la poli-zia criminale.Pare sia stata sua l’idea di usare il gas di scarico di un veicolo a motore (cioè, il mo-nossido di carbonio) come strumento omicida, nell’esecuzione dei malati di mente del ma-nicomio di Mogilev (città che si trova nell’attuale Bielorussia) che ebbe luogo, sempre nelsettembre 1941, qualche giorno dopo il fallito esperimento di Minsk.A Mogilev, un gruppo di malati fu collocato in una stanza sigillata. Dall’esterno fu im-messo il gas di due automobili e poi anche di un autocarro. I pazienti morirono nelgiro di dieci minuti circa; quella di Mogilev può essere considerata la prima cameraa gas, funzionante secondo le stesse modalità che saranno poi attivate nei grandi cen-tri di sterminio di Belzec, sobibor e Treblinka.

Un soldatotedesco duranteun’operazione dirastrellamento inun villaggio russo.

Riferimentostoriografico

pag. 162

➔Monossidodi carbonio

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Nel 1940, in Prussia orientale e in Pomerania (in quello che, prima della guerra, era chia-mato il corridoio di Danzica) per uccidere i malati di mente era già stato utilizzato un fur-gone che, di fatto, era una camera a gas mobile. Il camion era mascherato da una scrittacommerciale (Kaisers-Kaffee); in realtà, all’interno del cassone, era immesso del monos-sido di carbonio, prelevato da apposite bombole.L’esperimento di Mogilev dimostrò che il gas poteva essere introdotto direttamente daltubo di scappamento del veicolo, risparmiando gli ingombranti contenitori. Nacquerocosì i cosiddetti Gaswagen (dei grandi autocarri) che vennero prodotti in vari mo-delli, adattati e migliorati sulla base dell’esperienza e delle esigenze.I camion-camera a gas (ufficialmente denominati Spezialwagen, cioè veicoli speciali, o S-Wagen) furono impiegati in ucraina, in Bielorussia e in serbia (per eliminare 5-6000 ebreia Belgrado, marzo-maggio 1942). L’impiego più sistematico, tuttavia, si ebbe nel

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DOCUMENT IEsperimenti: verso le camere a gasLe uccisioni di Mogilev: la prima camera a gas

I primi esperimenti con il monossido di carbonio furono compiuti a Mogilev (Bielorussia) da ArthurNebe, comandante dell’Einsatzgruppe B, desideroso di trovare una tecnica omicida meno traumaticadella fucilazione di massa. La testimonianza seguente fu rilasciata nel dopoguerra da Albert Widmann,un chimico della polizia criminale che fornì supporto tecnico a Nebe, nel settembre 1941. Le vittime, inquesto caso, erano dei malati di mente ricoverati nell’ospedale di Mogilev.

Nebe ordinò di murare la finestra di un locale destinato a essere riempito di personeda eliminare, e di lasciarvi solo due aperture per l’introduzione dei gas di scarico…Quando arrivammo sul posto, uno dei tubi che avevo sulla mia vettura fu collegato al tubodi scarico di un’automobile. Lo stesso fu fatto su un’altra vettura. Dai buchi lasciati apertinella finestra murata sporgevano tubi metallici sui quali si poterono infilare comodamentele altre estremità dei tubi di gomma…Dopo 5 minuti Nebe uscì dicendo chenon si vedeva ancora alcun effetto.Nemmeno dopo 8 minuti era successoniente, tant’è vero che Nebe cominciòad avere dei dubbi. Fu a quel puntoche a lui e a me venne contempora-neamente l’idea che i motori delle au-tomobili potessero essere troppo de-boli. Allora Nebe fece attaccare unsecondo tubo allo scarico di un auto-carro per il trasporto delle squadre dipolizia. E a quel punto ci vollero solopochi minuti perché la gente rinchiusanel locale svenisse. Per completare l’o-pera, lasciammo accesi i motori deidue veicoli per un’altra decina di minuticirca.

G. KNoPP, Olocausto,Corbaccio, Milano 2003,

p. 111, trad. it. u. GANDINI

Arthur Nebe in una fotografia degli anniQuaranta del Novecento.

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Warthegau, per eliminare gli ebrei del ghetto di Lodz (ai quali vanno aggiunti 19 827 ebreitedeschi, deportati dal reich tra il 15 ottobre e il 4 novembre 1941, con 25 trasporti).Per le esecuzioni di massa, tre S-Wagen furono inviati presso un castello disabitato lun-go il fiume Ner, in una località distante 56 chilometri da Lodz, chiamata Chelmno (inpolacco, mentre il nome tedesco era Kulmhof ). Chelmno – con le sue 150 000 vitti-me – può essere considerato il primo vero centro di sterminio nazista. A partiredall’8 dicembre 1941, gli ebrei vennero portati da Lodz con il treno; condotti al ca-stello e obbligati a spogliarsi, dovevano salire sui Gaswagen, che li conducevano all’a-rea delle fosse comuni, dopo un breve tragitto di circa 5 chilometri. La morte dei pri-gionieri avveniva in circa 15 minuti. Per il guidatore, lo stress psicologico era eleva-tissimo: le urla degli agonizzanti e lo spettacolo dei cadaveri estratti dal cassone (80,100, 130, a seconda dei modelli) erano pesantissimi da sopportare.

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➔Chelmno

DOCUMENT IChelmno: testimonianza di un autista di Gaswagen

Walter Burmeister prese servizio a Chelmno (qui chiamata con il suo nome tedesco, Kulmhof) neltardo autunno del 1941 e fu uno degli autisti dei veicoli speciali che provocarono la morte, in quel luo-go, di circa 150 000 persone. Processato dopo la guerra, fu condannato a 13 anni di carcere. La testi-monianza seguente fu resa il 24 gennaio 1961.

Dopo che il castello fu provvisto della rampa arrivavano a Kulmhof, su camion, personeda Litzmannstadt [nome tedesco di Lodz, n.d.r.]. […] Gli veniva spiegato che dovevano fareil bagno e che i loro vestiti andavano disinfestati, prima però dovevano depositare gli oggettidi valore che venivano registrati. Per ordine del capo del commando Lange [Herbert Lange,primo comandante di Chelmno, sostituito nel marzo/aprile 1942 da Hans Bothmann, n.d.r.]anche io qualche volta – non saprei dire quante – ho tenuto questo discorso alle persone cheerano in attesa nel castello. In questo modo si doveva nascondergli quel che li aspettava.

Quando si erano spogliati venivano condotti nella cantina del ca-stello e da qui, attraverso un corridoio, fino alla rampa e poi ai Ga-swagen. Nel castello c’erano dei cartelli con la scritta: «Ai bagni». I Ga-swagen erano dei grandi autocarri con un cassone lungo 4 o 5 metri,largo circa 2 metri e 20 e alto 2 metri, rivestito all’interno di lamiera.Sul pavimento c’era una grata di legno. Nel fondo del cassone c’eraun’apertura che poteva venir collegata allo scappamento con untubo metallico mobile. Quando i camion erano al completo i battentidelle porte posteriori venivano chiusi e si stabiliva il collegamento tralo scappamento e l’interno del camion…

I membri del commando impiegati come autisti dei Gaswagenmettevano poi in moto il motore, cosicché le persone che si tro-vavano all’interno morivano soffocate dai gas di scarico, poi venivatolto il tubo di collegamento e il camion si dirigeva al Waldlager [ilcampo nel bosco, dove si trovavano le fosse comuni, n.d.r.]. Qui venivano scaricati i cada-veri che in un primo tempo venivano sepolti in fosse comuni, più tardi invece bruciati… Poiriportavo il camion al castello e lo lasciavo lì. Qui veniva ripulito dalle deiezioni delle personemorte lì dentro. In seguito veniva nuovamente utilizzato per le gassazioni…

Che cosa io abbia pensato allora o se addirittura io abbia pensato qualcosa, oggi nonpotrei dirlo. Non posso neanche dire se il motivo per cui non mi sono mai opposto agli or-dini che mi venivano impartiti è che ero troppo influenzato dalla propaganda di allora.

e. KLee, W. DresseN, V. rIess, «Bei tempi». Lo sterminio degli ebrei raccontato da chi l’ha eseguitoe da chi stava a guardare, La Giuntina, Firenze 1990, p. 172, trad. it. P. BusCAGLIoNe CANDeLA

�Che cosa hanno in comune le procedure descritte nei due brani?�Come veniva risolto il problema dei cadaveri?�Che ruolo ebbe, sugli assassini, la propaganda di regime?

Un Gaswagen,il camion per legassazioni utilizzatodai nazisti primadella costruzionedelle camere a gas.

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La conferenza di WannseeIl 31 luglio 1941, Hermann Göring firmò un breve documento, in virtù del quale Hey-drich venne incaricato di predisporre tutte le misure che ritenesse necessarie al fine di rag-giungere la soluzione finale (o totale) della questione ebraica. Il documento in questioneè senza dubbio importantissimo, nella storia del processo di distruzione degli ebrei d’euro-pa: basti pensare che, per la prima volta, non ci si riferisce solo agli Ostjuden, cioè agli ebreiorientali, della Polonia o dell’urss, ma a tutta «la zona d’influenza tedesca in europa».Alla data del 31 luglio 1941, non era affatto scontato che l’espressione soluzione finale fos-se già un eufemismo coniato al fine di mascherare lo sterminio. In questa fase, pur essendogià iniziati massacri su vasta scala in urss, pare più ragionevole ipotizzare che i vertici na-zisti – ancora convinti dell’imminente successo della campagna militare contro l’urss –progettassero un’imponente deportazione di tutti gli ebrei in siberia o in qualche altra re-gione orientale o nordica della russia, eletta a riserva territoriale per l’ebraismo europeo.Non si deve mai dimenticare il clima di accesa rivalità esistente all’interno dei quadri piùelevati del regime nazista. Grazie al documento del 31 luglio 1941, le ss (cioè Heydriche, tramite lui, Himmler, suo diretto superiore) riuscirono a ottenere il controllo di unavasta operazione destinata a portare enormi vantaggi economici, insieme a prestigio e po-tere, all’istituzione che ne avesse ottenuto la direzione.Il 20 gennaio 1942, a Wannsee, un sobborgo elegante di Berlino, si tenne un’importan-te conferenza interministeriale, convocata e presieduta da Heydrich, a cui presero parte 14funzionari che a vario titolo rappresentavano i principali organismi del Terzo reich.Insieme alla lettera di convocazione, i soggetti invitati ricevettero anche copia del docu-mento firmato da Göring il 31 luglio. era chiaro fin dall’inizio, dunque, che sarebbe sta-to un incontro puramente operativo. Le decisioni veramente importanti erano già sta-

te prese (da Hitler e da Himmler, probabil-mente in ottobre), mentre Heydrich possedevauna delega di poteri che ne rendeva praticamenteassoluta e incontrastabile l’autorità nel campo spe-cifico della soluzione della questione ebraica.Heydrich si attendeva opposizioni, contrasti o re-sistenze, che però non ci furono per nulla. La con-ferenza procedette spedita e una vera discussio-ne ci fu solo su alcune questioni marginali. Il ver-bale della seduta, pur essendo riservatissimo, furedatto in trenta copie e spedito sia ai partecipantisia ad altri soggetti di spicco del regime nazista.Il protocollo di Wannsee (così, a volte, viene chia-mato il verbale della conferenza dei sottosegretari,tenutasi il 20 gennaio 1942) inizia sintetizzandoil lungo discorso di Heydrich, che ricostruì persommi capi le tappe della politica antisemita delTerzo reich: in un primo tempo, lo scopo era sta-to l’emigrazione degli ebrei dalla Germania edai territori annessi (Austria, Boemia e Moravia).Tale politica, secondo Heydrich, aveva provoca-to la partenza di 537 000 ebrei, tra il 30 gennaio1933 e il 31 ottobre 1941. Al momento attuale,però, l’emigrazione aveva ormai lasciato il po-sto all’evacuazione verso est. Heydrich ricordòche il nuovo orientamento – per raggiungere unasoluzione veramente definitiva – avrebbe dovu-to coinvolgere più di 11 milioni di ebrei, cifra nel-la quale vennero contati anche gli israeliti residentiin Inghilterra, in Irlanda, in svezia e in Portogallo.

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Un gruppo di bambiniebrei tedeschi fuggiti

dalla Germania esbarcati nel porto di

Harwich,nel Sud-Est

dell’Inghilterra. In unprimo momento

la politica antisemitadel Reich si proponeva

l’emigrazione degliebrei dalla terra

tedesca: soloin seguito si deciderà di

procedere con losterminio.

➔Un progettoglobale

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È chiaro dunque che, a quell’epoca, i vertici nazisti pensavano ancora di poter vincere la guer-ra e di imporre all’intera europa i loro progetti di riorganizzazione razziale.Nel gennaio 1942, una formula come evacuazione verso est era già sinonimo di stermi-nio. Probabilmente, tutti i partecipanti alla riunione erano informati dell’escalation su-bita dai massacri in urss e del fatto che, in Polonia, si stavano preparando dei nuovi cam-pi di sterminio, specificamente destinati all’uccisione degli ebrei. A questi eventi, però,Heydrich non fece alcun esplicito riferimento, limitandosi a disegnare un quadro moltogenerico. Nella sua descrizione, gli ebrei abili al lavoro sarebbero stati adibiti alla costru-zione di strade. Nulla fu detto circa la sorte degli individui inidonei; anzi, siamo di fron-te a un linguaggio che, almeno in parte, cercava di nascondere la gravità di quanto ve-niva organizzato. secondo lo storico americano r. Hilberg, si tratta del primo dei nu-merosi sforzi compiuti dai burocrati, ai vari livelli, per mascherare (a se stessi, prima cheall’opinione pubblica o a chiunque altro) la reale natura dei loro atti: di qui l’uso di espres-sioni generiche o neutre come «azioni», «trattamento speciale», «reinsediamento», «atti-vità di esecuzione degli ordini» ecc. Comunque, si lasciò intendere che l’attività lavora-tiva avrebbe comportato un elevatissimo numero di vittime e che gli eventuali supersti-ti sarebbero stati eliminati.

L’Aktion T-4Dal punto di vista operativo, lo sterminio degli ebrei poté giovarsi dell’esperienza accu-mulata in un’altra campagna omicida, che i nazisti avevano appena concluso, e che erastata denominata Aktion T-4: un vasto programma di eutanasia nei confronti dei di-sabili ricoverati nei manicomi tedeschi, avviato dal principio della guerra.Hitler concesse a Philip Bouhler (Capo della Cancelleria del Führer) e Karl Brandt (me-dico della scorta, incaricato di accompagnare Hitler nei suoi spostamenti) l’incarico di or-ganizzare questa campagna nell’autunno del 1939. sicuramente, Hitler firmò questa au-torizzazione/investitura in ottobre; il documento scritto, tuttavia, reca la data del 1o set-tembre, data di inizio della guerra e, nell’ottica di Hitler, di un nuovo modo di affronta-re i problemi sociali, politici e morali.L’inizio della seconda guerra mondiale aveva segnato l’apertura di una nuova era. Hitlerconcepì il nuovo conflitto come una specie di apocalittico scontro finale, da cui sarebbeuscito un mondo rigenerato, caratterizzato da una differente civiltà e da valori morali as-solutamente diversi da quelli tradizionali. Dunque, diveniva lecito e possibile – in tem-po di guerra – compiere azioni che la logica etica del passato avrebbe respinto, mache erano invece indispensabili per raggiungere la meta ultima del Reich dei mille anni, cioèla duratura prosperità del popolo tedesco e della razza ariana, a spese delle razze inferiori.La gestione pratica del programma fu assunta ben presto da Viktor Brack, stretto colla-boratore di Bouhler. Innanzi tutto, vennero individuati alcuni ospedali psichiatrici:Grafeneck (nel Württemberg, vicino a ulm), Bernburg (a sud di Magdeburgo), sonnenstein(presso Dresda), Hadamar (a ovest di Coblenza), Brandenburgo (a ovest di Berlino)e Hartheim (in Austria, nei dintorni di Linz). Questi luoghi vennero trasformati incentri di eliminazione che, tra l’inizio del 1940 e l’agosto 1941, uccisero almeno 70 000malati di mente.Per evitare equivoci linguistici e confusione, è bene chiarire che non si trattava di indivi-dui affetti da malattie incurabili allo stadio terminale; i nazisti non si proponevano affat-

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EutanasiaIl termine è di origine greca e significa, alla lettera, buona morte. L’ordine di eliminare i malatidi mente tedeschi (ariani ed ebrei) venne firmato personamente da Hitler nell’ottobre 1939. Perattuare il programma di eutanasia, venne fondata un’Associazione degli ospedali psichiatrici delReich, che aveva la propria sede a Berlino in Tiergartenstrasse 4. Per questo motivo, l’opera-zione fu poi chiamata in codice Aktion T-4.

le parole

➔Un nuovolinguaggioper mascherareil crimine

➔Guerra:una nuova era

➔70 000 malatidi mente

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DOCUMENT ILa prima ipotesi di applicazione agliebrei dei metodi collaudati nell’Aktion T-4

Il 25 ottobre 1941, il dottor Ehrard Wetzel, del ministero dell’Est, scrisse una lettera a HeinrichLohse, Reichskommissar a Riga. Wetzel comunicava che Viktor Brack, responsabile operativo dell’ope-razione di eutanasia, aveva offerto la collaborazione del suo personale, ormai esperto in uccisioni col gas,per l’eliminazione degli ebrei in Lituania e in Lettonia. Anche se l’ipotesi di costruire dei centri di ster-minio attrezzati nei Paesi Baltici non si realizzò mai, questo documento rappresenta il più importante anel-lo di congiunzione tra l’Aktion T-4 e l’Aktion Reinhard, che avrebbe fatto tesoro della lezione dell’euta-nasia. Dopo la guerra,Wetzel è scomparso e non è mai stato processato.

Il Signor Viktor Brack, Oberdienstleiter [capo dei gruppi di lavoro, n.d.r.] nella Cancelleriadel Führer, è pronto a collaborare all’installazione degli impianti e delle apparecchiature perl’erogazione del gas che saranno necessari.

Attualmente le apparecchiature in questione non sono disponibili in quantità sufficienti edebbono essere fabbricate. Poiché, secondo il Signor Brack, la fabbricazione crea problemipiù complessi nel Reich che non sul posto, egli ritiene senz’altro preferibile inviare a Riga ilsuo personale specializzato, e in particolare il suo chimico, dott. Kallmeyer, che provvederàa tutto. L’Oberdienstleiter Brack fa osservare… che il procedimento non è senza pericoli co-sicché saranno necessarie particolari misure protettive.

Stando così le cose, La prego di mettersi in collegamento con l’Oberdienstleiter Brack…tramite il Suo Comandante in capo delle SS e della Polizia e di chiedergli di inviare il suo chi-mico e relativi aiutanti.

Mi permetto di notare che lo Sturmbannführer Eichmann, referendario [referente, n.d.r.]per i problemi ebraici del RSHA [l’Ufficio centrale per la sicurezza del Reich, diretto da Hey-drich, n.d.r.], […] è d’accordo. Secondo comunicazioni di Eichmann […] a Minsk e a Riga sa-ranno creati dei campi per ebrei, nei quali po-tranno eventualmente essere ammessi ancheebrei provenienti dal territorio del Vecchio Reich.Attualmente, da tale territorio si stanno evacuandodegli ebrei, che dovrebbero essere trasferiti a Litz-mannstadt (Lodz) ed in altri campi per esserepoi, a seconda della loro idoneità al lavoro, im-piegati nei territori orientali.

Allo stato delle cose, non è il caso di farsi ec-cessivi scrupoli se gli ebrei non idonei al lavorodovranno essere eliminati con i metodi del SignorBrack. In tal modo si dovrebbe evitare il ripetersidi fatti come quelli verificatisi a Vilna […], durantele fucilazioni di ebrei; fucilazioni che, anche peril fatto di essere state compiute in pubblico,non possono essere approvate. Invece gli ebreiidonei al lavoro saranno trasportati all’Est peressere immessi nelle organizzazioni di lavoro.Naturalmente, fra questi ultimi, si dovrà avercura che gli uomini siano separati dalle donne.

G. reITLINGer, La soluzione finale. Il tentativodi sterminio degli ebrei d’Europa 1939-1945,

Il saggiatore, Milano 1962, p. 162,trad. it. Q. MAFFI

�Quali problemi erano stati riscontrati nelleprocedure di fucilazione attuate a Vilna(Vilnius), in Lituania?

�A tuo parere, in questo documento, è giàprevista l’eliminazione di tutti gli ebrei,senza eccezioni?

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to di alleviare le sofferenze di soggetti cui re-stava poco da vivere, in preda a insoppor-tabili dolori. Il loro obiettivo era di libera-re dei posti letto d’ospedale, da destina-re ai giovani soldati feriti al fronte; i mala-ti mentali e gli handicappati, invece, eranoconsiderati una zavorra inutile, scarti razzialidi cui era possibile disfarsi, approfittando delnuovo clima creato dal conflitto mondiale.Dalla sede berlinese dell’Aktion T-4, tut-ti gli ospedali psichiatrici tedeschi rice-vettero degli appositi moduli (uno per pa-ziente) da compilare e rispedire in Tier-gartenstrasse. Dopo aver ricevuto in talmodo informazioni su ogni singolo malatomentale del reich, il centro operativo cen-trale del programma di eutanasia (sullabase solo dei formulari, cioè senza proce-dere a ulteriori verifiche) selezionava i casiche giudicava irrecuperabili. Con veicolisimili a furgoni postali, i pazienti a quelpunto erano trasferiti nei centri di elimi-nazione e lì uccisi in camere a gas. Perquanto si facesse ampio uso di espressio-ni come eutanasia o morte pietosa, il decessodei malati selezionati non risultò affattoindolore.una lettera standard di conforto informava la famiglia che il soggetto era morto per cau-se naturali (polmonite o appendicite, ad esempio), e che il pericolo di epidemie aveva ob-bligato la struttura ospedaliera all’immediata cremazione del corpo. L’intera operazioneavrebbe dovuto restare segretissima. Tuttavia, una serie di errori grossolani compiuti dalpersonale (per alcuni soggetti già operati da tempo, ad esempio, si indicò l’appendicitecome causa del decesso), insieme al fumo e alle fiamme che uscivano incessantemente daicamini dei crematori dei centri, destò crescenti sospetti, dicerie e timori tra la popolazione.Infine, il 3 agosto 1941, il vescovo cattolico di Münster, cardinale Clemens August vonGalen, denunciò apertamente dal pulpito l’intera operazione.

Il trasferimento a Est delle tecniche omicideIl 24 agosto 1941, Hitler ordinò la fine ufficiale del programma di eutanasia (che tuttaviaproseguì nei campi di concentramento, col nome in codice di Aktion 14 f 13). Nel momentoin cui la campagna sul fronte orientale contro l’unione sovietica si faceva più impegnati-va, il Führer, dopo la denuncia del vescovo di Münster, temette di perdere il consenso del-la popolazione e non ritenne opportuno intraprendere una battaglia contro la Chiesa.Il personale impiegato nell’Aktion T-4, però, poteva essere utilizzato diversamente vistoche era esperto, politicamente affidabile e ormai assuefatto all’idea dell’uccisione dimassa. Probabilmente, già nell’ottobre 1941, proprio nel momento in cui il disagio diuccidere degli uomini degli Einsatzgruppen si faceva più marcato, Viktor Brack proposedi utilizzare i suoi uomini e le sue tecniche all’est, per eliminare gli ebrei. Pare che la suaofferta, in un primo tempo, abbia riguardato riga e il territorio denominato Ostland. Madal momento che, in queste regioni dell’urss occupata, la costruzione di centri di sterminiodotati di camere a gas fisse, alimentate da monossido di carbonio, non risultò praticabi-le, l’idea venne allora recepita da Himmler per il Governatorato generale di Polonia.Quando i nazisti iniziarono l’eliminazione di massa degli ebrei polacchi (chiamata incodice Aktion Reinhard ), procedettero per prove ed errori, in quanto non esisteva al-

Kaunas

Minsk

Lublino

Bialystok

Varsavia

Radom

LodzKalisch

Posen

Breslau

Katovice Cracovia

Leopoli

Bratislava

Sobibor

Treblinka

SLOVACCHIA

ROMANIAUNGHERIA

UCRAINABelzec

GOVERNATORATOGENERALE

Kulmhof(Chelmno)

Direttrici della deportazioneMar Balt ico

I CAMPI DI STERMINIO IN POLONIA

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➔Errori e sbavatureamministrative

➔Personale espertoe fedele

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cun precedente per l’operazione che stavano intraprendendo. Gli unici dati certi ri-guardavano le caratteristiche dei luoghi (che dovevano essere vicini a una ferrovia, manel contempo isolati, per mantenere la segretezza dell’azione) e la scelta del gas comestrumento di uccisione. Per il resto, la prima struttura che venne attivata – Belzec –fu una specie di centro sperimentale: Sobibor e Treblinka sarebbero stati costruiti, inseguito, tenendo conto di quella iniziale esperienza.La costruzione di Belzec iniziò il 1o novembre 1941; Christian Wirth, un commissa-rio della polizia criminale che aveva già lavorato all’Aktion T-4, arrivò intorno a Na-tale. Il regolare rifornimento di bombole di monossido di carbonio, in un luogo cosìlontano e isolato, avrebbe potuto costituire un grave problema logistico. Wirth per-tanto, in questo dettaglio, non seguì più la procedura usata nei centri per l’eutanasia,ma piuttosto recepì la lezione dei Gaswagen, applicandola a una camera fissa. A Bel-zec, dunque, sarebbe stato un motore diesel a produrre il gas omicida.Belzec iniziò ad accogliere trasporti di notevole entità verso la metà di marzo del 1942.In luglio, la sua capacità omicida fu raddoppiata e le camere a gas passarono a sei (perun totale di 2000 vittime potenziali al giorno). L’esperienza mostrò che, per la riuscitadell’operazione, erano essenziali due elementi: l’inganno e la rapidità. Di qui lo stra-tagemma di mascherare da bagni le camere a gas, e i comandi concitati, che insiemealle percosse impedivano alle persone di riflettere, cioè di rendersi conto della vera na-tura del luogo in cui erano state portate. Il personale di guardia era composto da mi-liti ucraini (in uniforme nera), prelevati tra i prigionieri di guerra sovietici catturatidall’esercito e addestrati al campo di Trawniki. In un primo momento, fu assegnatoagli ucraini anche il lavoro di estrazione dei cadaveri dalle camere; col tempo, ci si ac-corse che era più efficace utilizzare prigionieri ebrei, periodicamente eliminati e sostituitida nuovi deportati.La costruzione di sobibor iniziò nel marzo 1942; potendo contare sull’esperienza ac-quisita a Belzec, i nazisti la completarono in tempi brevissimi: dopo un mese, inizia-rono le prime uccisioni sperimentali; alla fine di aprile, il campo era pienamente ope-rativo. A Belzec furono condotti ebrei provenienti soprattutto dai distretti di Lubli-no e di Cracovia; a sobibor, invece, arrivarono ebrei anche dalla slovacchia, dalla Fran-cia e da altri paesi europei. Il campo di Treblinka, infine, fu completato in luglio, eavrebbe provveduto, in primo luogo, alla liquidazione del ghetto di Varsavia.

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Il campo di Treblinkacome appare oggi:

numerose pietre di variformati e colori

riportano i nomi dellecomunità ebraichedecimate nel lager.

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➔Belzec, Sobibor,Treblinka

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DOCUMENT IIl primo convoglio da VarsaviaIl primo treno di ebrei provenienti da Varsavia arrivò a Treblinka il 23 luglio 1942. Il ferroviere po-

lacco Franciszek Zabecki, capo-movimento alla stazione, lo vide arrivare. Da quel momento, tenne il con-to preciso di tutti i convogli diretti al campo di sterminio. Secondo i suoi calcoli, le vittime di Treblinkapotrebbero essere addirittura 1 200 000.

Molti ucraini avevano degli amici, qui, nel villaggio più vicino a Treblinka, una frazioncinadi duecento abitanti chiamata Wolga-Oknaglik. È un posto molto piccolo, non c’è nemmenola scuola e la chiesa – i bambini devono andare a scuola a Kossov, a sei chilometri di di-stanza. Ma fu lì che cominciarono ad arrivare delle voci. Udimmo che una vasta zona di ter-reno boscoso era stata recintata, e una parte veniva disboscata; stavano costruendo unabaracca, ci dissero, per la guarnigione tedesca, e un’altra per i lavoratori. Ed era anche statoscavato un pozzo per l’acqua. Entro pochissimo tempo venimmo a sapere che non soltantoil campo era stato costruito, ma vedemmo anche che stavano costruendo un binario chedalla nostra linea principale portava nella zona recintata. […]

Il 23 luglio 1942 era di servizio il mio collega Josef Pogonzelski. Il giorno prima era arrivatoun telegramma che annunciava l’arrivo di alcuni locali [treni regionali, che percorrono brevi di-stanze, n.d.r.] provenienti da Varsavia, con degli ebrei da reinsediare. Questo telegramma erastato seguito da un telegramma-lettera che comunicava l’orario giornaliero di arrivo di questitreni locali a partire dal giorno 23 luglio. Li stavamo aspettando fin dal mattino presto, chie-dendoci di che si trattasse. A un certo momento, arrivarono due SS – dal campo, immagino –e domandarono: «Dov’è il treno?». Da Varsavia erano stati informati che doveva essere giàarrivato, ma in realtà non c’era ancora. Poi arrivò un tender – di quel tipo che chiamavano taxiferroviario – con due macchinisti tedeschi, uno si chiamava Blechschmied, e l’altro, il suo aiu-tante, Teufel. Erano stati mandati avanti per guidare i primi treni sul nuovo tronco che entravanel campo.

Quando arrivò il primo treno – erano le nove e mezzo del mattino – lo udimmo quandoera ancora a notevole distanza. Non già per il rumore del treno, ma per via delle grida dellagente e delle sparatorie. C’erano delle guardie sedute sul tetto dei vagoni, con le manicherimboccate, e col fucile in mano. Avevano l’aria di chi ha ucciso; come se avessero immersole mani nel sangue, e poi se le fossero lavate prima dell’arrivo. Il treno era stipato – in ma-niera incredibile. Era una giornata calda, ma, con nostro sbalordimento, la differenza di tem-peratura tra l’esterno e l’interno dei carri era evidentemente tale che dal treno emanava unaspecie di nebbia che lo avvolgeva tutto.

Su ogni vagone erano segnate delle cifre col gesso – sa come sono metodici i tede-schi – è per questo che so esattamente quante persone furono uccise a Treblinka. Le ci-fre su ogni vagone variavano tra i centocinquanta e i centottanta. Noi non sapevamo checosa stesse succedendo, ma cominciammo ad annotare le cifre fin da quel primo giorno,e continuammo per un intero anno senza mai interromperci, finché non fu tutto finito. Il trenoera partito da Varsavia la notte prima – aveva viaggiato per quasi dodici ore… o almeno,erano dodici ore che la gente stava dentro il treno – il viaggio, normalmente, dura soltantoun paio d’ore.

La gente, dal treno, gridava che li stavano portando a lavorare nelle fattorie o nelle fab-briche, ma noi non lo credevamo. Traemmo le nostre conclusioni; un trasporto sorvegliatocon tanta attenzione, con tutti quegli spari…

Ci avevano detto che il binario che portava al campo poteva sopportare soltanto ventivagoni alla volta. Un treno, normalmente, aveva almeno venti vagoni, e a volte, nelle setti-mane e nei mesi successivi, arrivavano tre treni contemporaneamente. Così, tutto quantosuperava i venti vagoni rimaneva in attesa nella nostra stazione, finché ogni gruppo di ventivagoni avviato nel tronco del campo non era tutto finito.

G. sereNy, In quelle tenebre, Adelphi, Milano 1999, pp. 202-204, trad. it. A. BIANCHI

�A quale estrema speranza si attaccavano gli ebrei diretti a Treblinka?�Per quanto tempo potevano rimanere in treno coloro che, da Varsavia, erano condotti aTreblinka?

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Riferimenti storiograficiLe unità mobili in URSS: procedure e problemi

In URSS, furono uccisi circa 3 600 000 ebrei. La maggior parte fu eliminata da unità mobili delle SS

denominate Einsatzgruppen. Moltissimi uomini di questi reparti operativi, tuttavia, dopo aver fucilatodecine o centinaia di persone, cadevano in preda a fortissimi crolli nervosi, superabili solo con il ricor-so a massicce dosi di alcol. Dopo la prime azioni, quasi tutti i poliziotti nazisti operavano in perenne sta-to di ubriachezza.

Se i tedeschi portarono a termine il loro compito rapidamente e con efficacia, fu ancheperché i massacri erano standardizzati. In ogni città, le unità mobili ripetevano la stessa pro-cedura, con poche varianti minori. Sceglievano un luogo per l’esecuzione, generalmente lon-tano dalle città, e preparavano una fossa comune. Spesso, ampliavano e rendevano piùprofondo un fossato anticarro o una voragine di granata; alcune volte dovevano scavare unanuova fossa collettiva. Poi, a partire dal luogo di raccolta, le vittime venivano condotte allafossa per infornate successive, cominciando dagli uomini. Il luogo, all’inizio, era vietato a tuttele persone estranee all’operazione, ma a volte fu impossibile rispettare la regola, e vedremocome ne seguirono gravi difficoltà. Prima di morire, i prigionieri consegnavano gli oggetti diqualche valore al capo dei loro uccisori. D’inverno si toglievano i cappotti; nelle stagioni caldedovevano consegnare tutti i vestiti, a volte anche gli indumenti intimi.

A partire da questo modello, i metodi di esecuzione potevano variare. Taluni Ein-satzkommandos allineavano i condannati sul bordo della fossa e li uccidevano con la mi-tragliatrice o altre armi leggere, sparando loro alla nuca; gli ebrei colpiti a morte cadevanonella tomba. Ma altri comandanti non gradivano questo procedimento, pensando, forse, cheevocasse troppo l’NKVD (Narodnyj Kommissariat Vniutrennich Djel – Commissariato del po-polo per gli Affari interni) sovietico. Blobel, comandante dell’Einsatzkommando 4a, dopo laguerra dichiarò che, personalmente, si era rifiutato di far uso di specialisti del tiro alla nuca(Genickschusspezialisten). Anche Ohlendorf scartò questa tecnica, poiché non voleva im-porre ai suoi uomini «responsabilità personali». Come lui, Blobel e Haensch hanno dichia-rato di aver preferito il tiro di squadra a distanza. Un terzo metodo consentiva di combinarel’efficacia e il carattere impersonale delle esecuzioni. Conosciuto come sistema delle sar-dine (Ölsardinenmanier), consisteva nel far distendere la prima infornata di vittime sul fondo

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Unità mobili delle SSfucilano alcuni

prigionieri appenacatturati.

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della fossa, poi nel fucilarle dall’alto con tiri incrociati; dopo di che la seconda infornata sidistendeva a sua volta, con la testa dalla parte dei piedi dei morti. Alla quinta o alla sestatornata si chiudeva la fossa. A Rovno, gli ebrei vennero fucilati in una gola con mitragliatricie poi le sponde furono fatte saltare per coprire i corpi con i blocchi di terra staccatisi dallepareti. In seguito dei cani dissotterrarono i cadaveri dalle fosse.

È significativo il fatto che gli ebrei si siano lasciati uccidere senza resistenza. Tra tutti irapporti degli Einsatzgruppen, ben pochi menzionano incidenti. Le esecuzioni non costa-rono una sola vittima agli uomini delle unità di massacro; essi subirono perdite solo a causadi malattie o incidenti, e in occasione di conflitti con i partigiani o di loro avvicinamenti alfronte. In uno dei rapporti dell’Einsatzgruppe C si legge: «È stupefacente la calma con laquale i delinquenti si lasciano uccidere, che siano ebrei o non ebrei. La paura della mortesembra essere rimossa da una sorta di usura (Abstumpfung) risultante dai vent’anni di re-gime sovietico». Questa annotazione è del settembre 1941. Gli anni seguenti avrebbero di-mostrato che, in fin dei conti, i delinquenti non ebrei non erano poi così facili da eliminare;ma dopo essere stati sfiorati per la prima volta dalla morte, conoscendo in anticipo il lorodestino, gli ebrei rimasero paralizzati.

Anche uccidendo gli ebrei con poco clamore, i capi degli Einsatzgruppen si preoccu-parono delle eventuali ripercussioni sulla popolazione, sull’esercito e sui loro uomini; riper-cussioni e problemi che nascevano dalla loro azione – come per una pietra gettata in ac-que tranquille che, a partire dal suo punto di caduta, genera onde che si propagano moltolontano. […] Accadde, infatti, che taluni ebrei venissero uccisi da soldati che agivano senzaordini né direttive. Alcuni offrivano il loro aiuto alle unità mobili di massacro e partecipavanoalle esecuzioni; se ne videro altri immischiarsi nei pogrom, o anche organizzare esecuzionidi propria iniziativa. Abbiamo già sottolineato come l’esercito avesse prestato un’assi-stenza considerevole alle unità mobili; in che cosa allora, nelle condizioni indicate, quegli atti,generalmente individuali, potevano inquietare i comandi?

C’erano in proposito diverse ragioni di ordine amministrativo. Dal punto di vista sta-tutario, era poco gradito lasciare che dei soldati svolgessero funzioni di polizia. Quanto aipogrom, erano un vero incubo per gli esperti del governo di occupazione; i massacri im-provvisati sulle strade o nei villaggi costituivano un pericolo, e non solo per via dei rischidi errori o di incidenti. Ma al di là di queste considerazioni di circostanza, si trattava di unareazione complessiva nella quale trovava espressione tutta la psicologia del processo didistruzione.

Poiché l’assassinio degli ebrei era ammesso come una necessità storica, il soldato do-veva capire; e se per un qualsiasi motivo gli veniva ordinato di aiutare le SS e la Polizia nelloro lavoro, si supponeva che obbedisse. Ma se un soldato uccideva spontaneamente unebreo, di sua personale iniziativa, senza un ordine preciso e mosso solo dalla sua voglia diuccidere, allora commetteva un atto fuori dalla norma, degno forse di un europeo orientale– d’un rumeno, per fare un esempio – ma che comprometteva la disciplina e il prestigio del-l’esercito tedesco. Qui veniva posta la differenza cruciale tra l’uomo che si dominava, an-che per uccidere, e quello che si rendeva colpevole di atrocità gratuite. Il primo veniva giu-dicato un buon soldato e un nazista convinto, il secondo non sapeva essere padrone di sestesso e, dopo la guerra, di ritorno in patria, avrebbe rappresentato un pericolo per la co-munità tedesca. Tutti gli ordini che mirarono a risolvere il problema degli eccessi, si ispira-rono a questa morale. Il capo del XXX Corpo, associato all’11a Armata, il 2 agosto 1941, dif-fuse il seguente ordine, fino al livello delle compagnie:

«Partecipazione dei soldati ad azioni contro gli ebrei e i comunisti.La volontà fanatica dei membri del Partito comunista e degli ebrei di fermare a ogni co-

sto l’avanzata dell’esercito tedesco deve essere spezzata in ogni circostanza. Al fine di as-sicurare condizioni di sicurezza nelle retrovie dell’esercito, si rende dunque necessarioadottare provvedimenti draconiani [dass scharf durchgegriffen wird]. Questo compito vieneaffidato ai Sonderkommandos. Tuttavia, membri delle forze armate hanno partecipato inmodo increscioso [in unerfreulicher Weise beteiligt] a un’azione di questo tipo in una loca-lità. Per cui, per il futuro, ordino quanto segue:

Possono prendere parte a queste azioni soltanto quei soldati che ne hanno ricevuto l’or-dine formale. Inoltre, faccio divieto a tutti gli uomini sottoposti ai miei ordini di parteciparvianche come spettatori. Ogniqualvolta i membri delle forze armate vengano destinati a taliazioni [Aktionen], dovranno essere comandati da un ufficiale. L’ufficiale dovrà vigilare per-ché non si producano eccessi non graditi da parte delle truppe [dass jede unerfreuliche Aus-schreitung seitens der Truppe unterbleibt]».

r. HILBerG, La distruzione degli ebrei d’Europa, einaudi, Torino 1999, pp. 335-337, 342-343,trad. it. F. sessI, G. GuAsTALLA

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�Che vantaggiprovocava, agliassassini, laproceduradenominata «tiro disquadra a distanza»?

�Quale resistenzaopposero gli ebreisovietici all’azionedei reparti operativinazisti?

�Com’era giudicato unsoldato dell’esercitoche uccidevaspontaneamente unebreo di suapersonale iniziativa?Quale punizionesubiva?

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Hartheim: funzionamento e strategie di difesapsicologica del personale

Dal 1940 al 1941, in sei centri specializzati, i nazisti uccisero circa 70 000 malati di mente e han-dicappati. Hartheim (in Austria, vicino a Linz) era uno di questi luoghi. Vi morirono 18 000 persone, e leuccisioni proseguirono anche dopo la fine ufficiale della campagna di eutanasia. In questa struttura, in-contriamo tecniche di omicidio e personale che poi sarebbero stati impiegati a Belzec, Sobibor e Tre-blinka. Quanto alle infermiere o alle segretarie, alla fine della guerra cercarono di negare le loro responsabilitàaffermando che svolgevano un lavoro di ordine puramente amministrativo.

Nel 1939 Vinzenz Nohel era solo un meccanico qualificato ma mal retribuito perché gua-dagnava solo 100 marchi al mese, appena sufficienti per sostentare la famiglia. Spinto dallanecessità di un lavoro con un migliore stipendio, egli si rivolse a suo fratello, un SA-Briga-denführer, tornato di recente che riuscì ad organizzargli un colloquio con i dirigenti del par-tito a Linz. Quando fu dinanzi a loro, questi sorrisero per quanto poco guadagnava. Lui ealcuni altri, poi, furono informati che sarebbero stati mandati a Hartheim, facendoli giuraredi mantenere il segreto. Nohel cominciò a lavorare il 2 aprile 1940 e il suo salario aumentòrapidamente a 170 marchi al mese più vitto e alloggio. Egli riceveva anche 35 marchi comeindennità per il servizio svolto come addetto al crematorio.

Nohel divenne un esperto nel campo della distruzione di esseri umani. Secondo la suatestimonianza, la procedura era la seguente: le vittime, dopo essere state condotte all’in-terno del locale accettazione, venivano ispezionate superficialmente dal dottore e da tre oquattro assistenti. Ognuna veniva marcata con un numero di immatricolazione grande trecentimetri, condotta in uno studio fotografico dove veniva ripresa e rimandata nel locale ac-cettazione. Quando tutte erano state marcate, fotografate ed era stato tracciato sullaschiena un segno che indicava la presenza di denti d’oro, venivano condotte attraverso unaporta d’acciaio nella camera a gas che sorgeva a fianco del locale accettazione. La cameraconteneva tre getti per la doccia; il pavimento, precedentemente in legno, venne succes-sivamente cementato. I muri e il soffitto erano rivestiti di pittura a olio e col tempo venneroaggiunte delle piastrelle. Un’altra porta corazzata si trovava di fronte a un corridoio ed eradotata di uno spioncino rotondo attraverso il quale gli osservatori potevano seguire quantoaccadeva all’interno. Una diversa porta di acciaio portava in una stanza dove si trovavanoi contenitori del monossido di carbonio collegati a una tubazione d’acciaio attraverso unacannula di gomma. Quando un medico apriva il rubinetto del gas questo si diffondeva dalcontenitore alla camera attraverso un tubo di ferro del diametro di poco più di un centime-tro. Il gas riempiva la stanza in breve tempo, sottolineava Nohel, ma per ventilarla comple-tamente occorrevano da un’ora a un’ora e mezza.

A gruppi di quattro, con turni alternati di dodici ore, gli inservienti trascinavano via i mortidalla camera a gas in una stanza accanto dove i corpi venivano accatastati in attesa di sba-razzarsene nel forno a carbone. I cadaveri venivano sollevati dalla camera mortuaria e fattiscivolare in un forno vicino, dove bruciavano da due a otto per volta. «Il lavoro continuava,quando necessario, notte e giorno».

Dopo la guerra Nohel volle descrivere agli investigatori qual era la pavimentazione piùadatta per trascinare un corpo. Egli aveva scoperto, a questo proposito, che un pavimentoin cemento era migliore di uno in legno. Le piastrelle poi, se bagnate con l’acqua, erano lamigliore delle soluzioni. Aveva imparato che le donne bruciavano meglio degli uomini: lo sche-letro più leggero e la più ampia massa di grasso favorivano l’incenerimento: sapeva comesi doveva mettere la mano nella cavità orale di un cadavere; macabro cercatore d’oro, son-dava la cavità orale con un dito alla ricerca di otturazioni. Scoprì che l’estrazione delle ot-turazioni si presentava estremamente difficoltosa per uno che, come lui, aveva perso sen-sibilità a una mano, tanto che fu esonerato da tale compito. Tuttavia Nohel toccava icadaveri, conosceva la pesantezza dei corpi, sapeva quanto fosse duro districarli quandoerano stipati in più di centocinquanta per volta nella camera a gas. Una razione giornalierada un quarto di litro di grappa aiutava gli uomini a sopportare compiti che erano, come luistesso dice, «estremamente snervanti».

Dal maggio del 1940 fino al dicembre del 1944, per quattro anni e mezzo, VinzenzNohel fu un uomo vivo tra i morti. Con le mani nude li aiutava a spogliarsi della propriaforma terrena: sue erano le mani con cui i cadaveri venivano separati, accatastati per l’im-magazzinamento e poi spinti nel forno, carne bruciata fino a diventare cenere che egli va-gliava alla ricerca dei pezzi di osso più grossi per sminuzzarli in un mulino elettrico. Oc-cupati da migliaia di altre mansioni, gli altri collaboratori rimanevano incontaminati da restio sangue, liberi dal contatto con quella carne senza vita. Essi avevano semplicemente fatto

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sì che la morte passasse per altre mani, diverse dalle loro: quelle di Nohel e dei suoi sfor-tunati compagni. […]

Gli addetti al castello [luogo dove si trovava il forno crematorio di Hartheim, n.d.r.] tro-vavano una difesa comune nella linea immaginaria tracciata tra quelli che adempivano afunzioni di routine e quelli che operavano nella camera a gas e nei forni. Era come se laresponsabilità fosse più diretta, più facilmente riconoscibile nel punto di transizione, dovegli uomini diventavano cadaveri. In questo senso gli addetti del castello condividevano un’il-lusione comune, cioè che le loro azioni individuali non fossero funzionali all’intero processo.Perfino quelli che, regolarmente, ogni giorno, provvedevano a far giungere le vittime allaloro destinazione ultima, evitavano di guardarle e toccarle nel momento della morte. Essicredevano che questo stare alla larga potesse liberarli dalle responsabilità. La strage si lo-calizzava così in un laboratorio di distruzione. Persino dentro il castello essa formava unregno isolato le cui frontiere erano segnate dalle pesanti porte d’acciaio che conducevanoalla camera a gas e dalla bocca del forno dove le vittime diventavano cenere. Dopo checiascun gruppo di visitatori ne attraversava la soglia, l’odore della carne bruciata comin-ciava a diffondersi per il castello. Tuttavia, ogni addetto era lasciato libero di negare cheil suo viaggio alla guida del pullman, l’istantanea scattata dalla macchina fotografica, o ilticchettio della macchina da scrivere avessero qualcosa a che vedere con le sgradevolicondizioni dell’atmosfera.

Essi rifiutavano di credere che quegli esseri viventi venissero trasformati in cadaveri e poiin cenere, in parte perché loro li aiutavano nello svolgimento delle procedure. Tutti, dal ca-pitano Wirth, e dai dottori Lonauer e Renno che organizzavano i trasporti, effettuavano i con-trolli finali delle vittime, consegnandole alla camera a gas e sorvegliando l’immissione del gasletale, fino ai custodi, agli autisti di pullman, alle infermiere e alle segretarie, si tenevano abuona distanza dagli Stracci e dai fuochisti che maneggiavano quei corpi oltraggiati e senzavita. Il reale orrore dell’operazione era visibile solo alla fine; e il prodotto finale, che era lamorte, era nelle mani di un gruppo di uomini ubriachi, addetti alla distruzione delle vittime.Solo lì, così almeno sembrava ai dipendenti del castello, era la vera contaminazione che cia-scuno di loro aveva collaborato a rendere inevitabilmente evidente. Non c’è da sorprendersi,quindi, che il solo membro dello staff del castello a venir giustiziato, appena dopo la con-clusione della guerra, per la sua partecipazione alle operazioni di sterminio a Hartheim fosseuno degli addetti al crematorio, Vinzenz Nohel.

A questo riguardo l’insistenza dell’addetto alla manutenzione Buchberger sul fatto di averrifiutato di assistere alle gassazioni dei pazienti e di prestare servizio come addetto alla cre-mazione è molto significativa. La diretta responsabilità personale nell’uccisione sembravariferirsi solo al momento in cui si veniva a contatto dei morti o dei moribondi. Questo era ilrisultato logico e voluto di un sistema organizzato burocraticamente per lo sterminio dimassa, che si componeva di una sequenza d’operazioni coordinate, separate e divisibili,compiute da individui con scarsa considerazione personale, per non dire indifferenti, versole vittime che essi contribuivano a creare.

G.J. HorWIz, All’ombra della morte. La vita quotidiana attorno al campo di Mauthausen,Marsilio, Venezia 1994, pp. 89-91, 108-109, trad. it. G. GeNoVese

�Quale grave difetto tecnico presentavano le camere a gas di Hartheim?�Qual era l’illusione comune, che aveva salda presa nella mentalità di chi lavorava a Hartheim?�Per quale motivo Vinzenz Nohel fu il solo membro dello staff del castello a venir giustiziato, dopola conclusione della guerra?

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