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Supplemento Dubbi e certezze nella gestione della mastite della bovina da latte LA SETTIMANA V ETERINARIA settimanale d’informazione professionale per il veterinario - supplemento al n. 967 - 29 giugno 2016 Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Brescia - In caso di mancato recapito ritornare al mittente che si impegna a pagare la corrispondente tassa DCB - Brescia

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LA SETTIMANAVETERINARIA

settimanale d’informazione professionale per il veterinario - supplemento al n. 967 - 29 giugno 2016Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Brescia - In caso di mancato recapito ritornare al mittente che si impegna a pagare la corrispondente tassa DCB - Brescia

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Come migliorarela routine dimungituraattraversol’analisi dellecurve diemissione dellatte

Carlo Boselli

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La nutrizione puòcausare e risolvere lemastiti?

Alessandro Fantini

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Aspettimetodologici perla gestione dellamastite clinica

Daniele SagrafoliGiuseppina Giacinti

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Le mastiti cliniche e sub-clinichesono ancora un problema in Italia?

Alessandro Fantini4

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Dubbi e certezze nella gestione della mastite della bovina da latte

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e cellule somatiche sono il sintomoprincipale di una malattia dellamammella, ossia della mastite. Que-sta precisazione, che sembrerebbeovvia, spesso non lo è in quanto le

cosiddette “cellule alte” vengono spessocombattute in quanto tali intervenendo sullarazione, riducendone concentrazione pro-teica e i concentrati, oppure con alcuni ad-ditivi.

LA MASTITE OGGIAllo stato attuale delle conoscenze la mastiteè una malattia infettiva della mammella cau-sata da agenti patogeni batterici o alghe co-me la Prototheca. La genetica, l’ambiente, ilmanagement e la nutrizione altro non sonoche fattori di rischio per l’accesso dei pato-geni dentro la mammella o per la piena ef-ficienza delle difese fisico-chimiche e im-munitarie di questo organo. Quelle che nel1977 furono definite da Bruno Moretti nelsuo libro “Malattie della mammella del bo-vino” come “turbe secretorie asettiche dellamammella”, ossia mastiti a prescindere daun patogeno, non sono mai state scientifi-camente dimostrate. Molto dell’equivoconasce dal fatto che a volte non si isolanoagenti patogeni in mammelle - o meglio daquarti - che presentano alterazioni infiam-matorie o semplicemente alti livelli di cellulesomatiche. Questo fenomeno - che spessosconcerta gli allevatori, rafforza l’ipotesi del-le “turbe secretorie asettiche della mammella”e fa mettere in dubbio la capacità diagnosti-ca dei laboratori - è dovuto per lo più al ti-pico andamento di quelli che vengono de-finiti patogeni ambientali. Questo gruppodi batteri viene prontamente distrutto daisistemi difensivi della mammella e quindispesso non viene isolato al momento dell’a-nalisi, che il più delle volte avviene su latteprelevato molte ore dopo l’insorgenza dellamastite. Resta tuttavia il dubbio che più omeno transitori aumenti delle cellule soma-tiche del latte derivino da altri fattori, ossiache si possano verificare “reclutamenti”, dalsangue alla mammella, di elementi del si-stema immunitario cellulo-mediato, comemacrofagi e neutrofili, da parte di sostanze

chemiotattiche che si concentrano nel latteper fattori diversi dalla presenza di un pa-togeno. La quantità di ricerche su quest’ultimo aspet-to è molto esigua e le ragioni sono tante. Lacomunità scientifica si è concentrata sugliaspetti eziologici microbiologici e sui fattoridi rischio. Si è accettato cioè il “paradigma”che la mastite è solo una malattia infettiva,evitando di approfondire scientificamentel’ipotesi che la mastite possa essere ancheuna patologia non solo infettiva. Questo at-teggiamento della comunità scientifica hacome motivazioni molte ipotesi complesseche meriterebbero approfondimenti. È noto che la mastite bovina può decorrereo presentarsi in forma clinica o sub-clinica.La differenza sostanziale è che la prima “esi-bisce” un complesso di sintomi facilmentericonoscibili come alterazioni visibili del nor-male aspetto del latte, mammella gonfia e avolte dolorante e anche rialzo termico ossiafebbre. Nelle mastiti da batteri Gram-nega-tivi, a causa del trasferimento in circolo diendotossine, si possono aggiungere alla sin-tomatologia classica alterazioni del metabo-lismo che possono avere impatti negativi sul-la produzione di latte e la fertilità.Le mastiti sub-cliniche esibiscono come sin-tomatologia solo un rialzo più o meno tran -sitorio delle cellule somatiche del latte diquarto oltre le 200.000/ml, livello conside-rato lo “spartiacque” tra una mammella, omeglio un quarto sano o ammalato. Anchein questo caso, e se l’agente eziologico è unGram-negativo, si verificheranno le altera-zioni del metabolismo dovute alle endotos-sine ma sarà difficile la diagnosi clinica. Lalegislazione europea, al fine di garantire lamassima sicurezza ai consumatori di latte,ha emanato numerose leggi in materia. Il re-golamento CE n. 853 del 2004 ed entrato invigore il 1° gennaio 2006 fissa come requisitoigienico-sanitario del latte un livello massi-mo di 400.000 cellule somatiche per millili-tro, calcolato come media geometrica mobiledi non oltre un prelievo mensile e per unperiodo di tre mesi. Inoltre la legge stabilisceche un allevatore a cui viene notificata lanon conformità deve adeguarsi entro tre me-

Le mastiti cliniche e sub-clinichesono ancora un problemain Italia?

Dubbi e certezze nella gestione della mastite della bovina da latte

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Alessandro FantiniPresidente SibF.P.A [email protected]

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si, pena il non ritiro del latte alla stalla. Que-sto regolamento prende atto che le cellulesomatiche non sono di per sé dannose allasalute umana, ma lo sono in quanto espres-sione della presenza di patogeni nella mam-mella.

LO STATO DELL’ARTENegli ultimi anni è stato condiviso a livellomondiale, sia dalla comunità scientifica cheda quella dei tecnici, il protocollo da utiliz-zare per ridurre la prevalenza della mastitebovina in allevamento. A parte variazioniesecutive non sostanziali, la procedura com-porta l’individuazione degli agenti eziologici,da effettuare in via preliminare sul latte dimassa per poi approfondire, in caso di po-sitività, sul latte di quarto (meglio) o di pooldi quarti. Una volta individuato il patogenoed eseguito l’antibiogramma, si deve proce-dere alla separazione degli animali infetti dapatogeni contagiosi, da mungere alla fine,oppure da eliminare se incurabili per la pre-senza di Prototheca o per un’irreversibile cro-nicizzazione della mastite.Il paradigma condiviso per le mastiti sub-cliniche è che il trattamento antibiotico d’e-lezione è quello alla “messa in asciutta”, oggipraticato su tutte le bovine, ma che proba-bilmente in futuro sarà riservato solo a quelleammalate per la tendenza alla riduzionedell’uso dei farmaci, soprattutto degli anti-microbici.Nonostante questo paradigma, dobbiamoregistrare un andamento delle mastiti sub-cliniche ancora piuttosto preoccupante, al-meno analizzando i dati derivanti dalla mi-surazione delle cellule somatiche del latteindividuale raccolto negli allevamenti chepartecipano alla selezione genetica delle raz-ze da latte più diffuse in Italia come la Fri-sona, la Bruna e la Jersey. Può avere una si-gnificatività statistica soffermarsi sulla Fri-sona italiana in quanto il nucleo di alleva-menti che partecipano alla selezione geneticaè piuttosto rilevante. Al 2014 sono in sele-zione 11.517 allevamenti, per un totale di1.076.181 capi di bovine di questa razza. InItalia abbiamo, nel periodo 2013/2014, pocomeno di 35.000 allevamenti di bovine da lattedi tutte le razze e quelli che partecipano allaselezione sono il 53%. Pertanto, utilizzare idati della misurazione individuale delle cel-lule somatiche della razza Frisona italianapuò avere una significatività statistica piut-tosto “robusta”.Altre fonti d’informazioni, ma piuttostoparziali, sono quelle pubblicate dagli Istitutizooprofilattici ai quali in molti casi è affi-dato l’autocontrollo. Il Dlgs n. 155/1997 haregolamentato fino al 2005 le produzionipost-primarie di derrate alimentari. Il Reg.CE n. 852/04 ha esteso dal 2006 la metodo-

logia dell’autocontrollo anche alla produ-zione primaria di latte, carne e vegetali de-stinati al consumo umano. In pratica, l’al-levatore è tenuto a effettuare periodicheanalisi del latte di massa presso laboratoririconosciuti da allegare al piano di autocon-trollo. Questi laboratori possono essere pri-vati oppure della rete degli Izs. L’Istitutozooprofilattico sperimentale della Lombar-dia e dell’Emilia Romagna pubblica e ag-giorna i dati dei risultati analitici dei suoilaboratori, anche quelli delle cellule soma-tiche. I risultati aggregati (contenenti anchequelli messi a disposizione da Granlatte eAral) delle analisi dei campioni di massa dilatte in Lombardia evidenziano un valoredi 250.000 cs/ml.Analizzando invece i dati derivanti non giàdalle analisi dei campioni di massa effet-tuate per l’autocontrollo ma come mediadelle determinazioni individuali, si eviden-zia una situazione completamente diversa.Le metodiche di prelievo dei campioni dilatte individuale delegate da Aia alle Asso-ciazioni regionali degli allevatori sono stan-dardizzate da Icar in quanto alcune delleinformazioni derivanti vengono utilizzateai fini della selezione genetica delle bovineda latte, e ciò avviene nei 59 Paesi che han-no sottoscritto l’accordo. Questo per avereuna base dati omogenea, che permette diutilizzare non gli stessi indici ma gli stessidati per la selezione genetica. Lo stesso puòdirsi per la rete dei laboratori che eseguonole analisi anche del latte individuale ai finidella selezione genetica. Tutti in rete con ilLaboratorio standard latte di Aia. Pertanto,sia per quanto riguarda l’affidabilità anali-tica dei laboratori che effettuano le analisidei campioni di massa anche per l’autocon-trollo, sia per quelli utilizzati dalle Ara cisono pochi dubbi in merito. Resta però dacapire la grande discordanza delle informa-zioni per dare una risposta al titolo di que-sto articolo.Analizzando i dati elaborati dall’Ufficio stu-di Aia relativi alle medie delle cellule so-matiche individuali, la situazione apparetutt’altro che confortante nonostante glienormi sforzi - gestionali ed economici - diquesti ultimi anni nel ridurre la prevalenzadelle infezioni mammarie di batteri conta-giosi come Staphylococcus aureus, Streptococ-cus agalactiae e Mycoplama bovis. Sforzi pe-raltro rivolti anche a migliorare la funzio-nalità della mungitura e dell’ambiente distalla. Nel grafico 1 (vedere a pag. 6) è pre-sentata la media delle cellule somatiche in-dividuali delle bovine di razza Frisona ana-lizzate mensilmente nel latte durante i con-trolli funzionali. Si tratta di quattro anni edi quasi 2.500.000 dati. Oltre a confermarel’andamento stagionale delle cellule soma-

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Le mastiti cliniche e sub-cliniche sono ancora un problema in Italia?

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tiche, con picchi in estate e il nadir in pri-mavera, si evidenzia come si è ancora troppivicini alla soglia “d’inconsegnabilità” sta-bilita dal regolamento CE n. 853/2004, e co-munque al di sopra di quanto pubblicato erelativo ai campioni di massa.Il grafico 2 (vedere) altro non è che il confron-to 2013-2014-2015 che conferma l’andamentoe i livelli e una tendenza, mese su mese, a unlieve miglioramento.Il costante monitoraggio in allevamento diquante bovine siano ammalate di mastitesub-clinica si realizza facilmente, almenoper le stalle iscritte ai controlli funzionali,sapendo quale percentuale di bovine ha piùdi 200.000 cs/ml. Nel grafico 3 (vedere a pag.8) è riportato questo dato per la Frisona ita-liana e l’andamento mensile. È bene peròsottolineare che, se è vero che nei mesi esti-vi l’effetto del caldo ha sicuramente unacorrelazione positiva con il numero di bo-vine con mastite sub-clinica e clinica, è an-che vero che questo dato è poco raffronta-bile con gli altri mesi proprio in virtù del-l’aumento dei giorni medi di lattazione ela riduzione della produzione individuale.

Questi fattori se normalizzati testimonianoche l’effetto negativo dell’estate può essereben più grave.Ma a questo punto, e grazie ai dati di sup-porto, si può criticamente valutare se le in-dicazioni contenute nel protocollo standarddi gestione della mastiti, e dai più condiviso,ha ancora una sua efficacia.

STRATEGIE PER IL RISANAMENTOBATTERIOLOGICO DELLA MAMMELLAAbbiamo detto che è condiviso il fatto chela somministrazione di un antibiotico allamessa in asciutta è il metodo più efficace perrisanare la mammella dai patogeni battericiacquisiti nella lattazione precedente. Questametodologia affianca l’uso terapeutico diqueste sostanze quando si presenta una ma-stite clinica in lattazione. Ovviamente peramplificare la probabilità di “guarigione” inasciutta, o meglio di risanamento batterio-logico della mammella, ciò deve essere ac-compagnato da altre accortezze altrettantoimportanti.È consuetudine far precedere alla messa inasciutta un periodo più o meno lungo di ri-duzione drastica di alimenti energetici e pro-teici. Per i gravi effetti collaterali sull’ecosi-stema ruminale è sconsigliabile la riduzioneo la sospensione dell’acqua da bere.L’aumentata persistenza di lattazione portamolte bovine al momento dell’asciutta conproduzioni piuttosto elevate: ciò è dovutoa diverse motivazioni. Sicuramente, più chela selezione genetica volontaria, quella na-turale (precoce eliminazione delle bovinedall’allevamento) ha modificato la persi-stenza di lattazione ossia la produzione do-po il picco di lattazione.In secondo luogo, la non diffusa abitudinedi somministrare alle bovine “stanche” ra-zioni meno concentrate e, in ultimo, l’ele-vata percentuale di primipare spesso pre-senti in allevamento che difficilmente sonomeno del 35%.Una produzione elevata al momento dell’a-sciutta, oggi tendenzialmente di durata in-feriore ai classici 60 giorni, rende difficoltosol’asciugamento e meno efficace la terapia an-tibiotica.Oltre a queste accortezze gestionali e nutri-zionali è da poco disponibile una molecolapiuttosto interessante e di cui vedremo glieventuali effetti postivi dopo una diffusa uti-lizzazione. Si tratta della cabergolina, mole-cola nota in Medicina umana come potenteanti-prolattinico utilizzato nel trattamentodel morbo di Parkinson.In Veterinaria si sfrutta l’effetto che esercitasui recettori dopaminici delle cellule ipofi-sarie che producono la prolattina rallentan-done la produzione. L’effetto ricercato nellabovina da latte è quello di accelerare il tempo

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Dubbi e certezze nella gestione della mastite della bovina da latte

GRAFICO 1. MEDIA DELLE CELLULE SOMATICHEINDIVIDUALI DELLE BOVINE DI RAZZA FRISONA

ANALIZZATE MENSILMENTE NEL LATTEDURANTE I CONTROLLI FUNZIONALI

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GRAFICO 2. MEDIA DELLE CELLULE SOMATICHEINDIVIDUALI: CONFRONTO 2013-2014-2015

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di asciugamento per un più rapido calo dellaproduzione di latte.Grazie ai dati elaborati da Aia, è possibilevalutare quanto sia efficace attualmente ilperiodo d’asciutta per la riduzione dellaprevalenza delle infezioni mammarie equante bovine invece si infettano, vanifi-cando di fatto una delle principali motiva-zioni per cui si fa l’asciutta alle vacche dalatte. Per valutare questo è stato verificatoil livello di cellule somatiche presenti nellatte individuale all’ultimo controllo fun-zionale prima dell’asciutta e quello al pri-mo dopo il parto successivo, di solito effet-tuato mediamente a 30 giorni di lattazio-ne.Ovviamente, il livello d’imprecisione - o me-glio di non accuratezza - è piuttosto elevato,in quanto il tempo che trascorre dall’ultimocontrollo funzionale può essere piuttosto va-riabile e quindi possono intercorrere nuoveinfezioni mammarie. Lo stesso si può direper il primo dopo il parto. In ogni caso l’e-norme mole di dati elaborati è in grado didare una rappresentazione chiara del feno-meno.Le bovine sono state classificate per questedifferenze in:- OK: se all’ultimo controllo hanno meno di

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Dubbi e certezze nella gestione della mastite della bovina da latte

GRAFICO 3. MEDIA DELLE CELLULE SOMATICHE INDIVIDUALI DELLE BOVINE DI RAZZAFRISONA ANALIZZATE MENSILMENTE NEL LATTE DURANTE I CONTROLLI FUNZIONALI.

CONFRONTO TRA LOMBARDIA, EMILIA ROMAGNA, LAZIO E PUGLIA

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GRAFICO 4. VALUTAZIONE DELL’EFFICACIADEL PERIODO D’ASCIUTTA PER LA RIDUZIONE

DELLA PREVALENZA DELLE INFEZIONI MAMMARIE

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- OK, bovine con SCC < 200.000 all’ultimo controllo e al primo dopo il parto,- G++ bovine asciugate con SCC > 200.000 e presentanti meno di questo valoredopo il parto (guarite), - G bovine migliorate di 100.000 cs/ml, - A++ bovine peggiorate in asciutta, - A+ bovine ammalate in asciutta ossia all’ultimo controllo avevano SCC< 200.000 e dopo il parto un valore superiore,- NG bovine non guarite in asciutta.

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200.000 cellule somatiche come anche al pri-mo dopo il parto,- G++: se guariscono, ossia asciugate con piùdi 200.000 cellule somatiche e presentantimeno di questo valore dopo il parto, - G: se sono migliorate di 100.000 cellule so-matiche,- A++: se sono peggiorate in asciutta, - A+: se ammalate in asciutta ossia all’ultimocontrollo avevano meno di 200.000 cellulesomatiche e dopo il parto un valore supe-riore,- NG: se non guarite in asciutta.Da come si evidenzia nel grafico 4 (vedere)negli ultimi quattro anni presi in conside-razione e relativamente alla Frisona italia-na, oltre il 45% di queste bovine “transita”in asciutta senza problemi mammari. Qua-si il 25% guarisce e poco più del 5% mi-gliora. Purtuttavia, le A++, le A+, le A ele NG rappresentano le bovine che duran-te l’asciutta vedono peggiorare la loro con-dizione sanitaria mammaria e nell’insiemerappresentano circa il 24%. Regionalizzan-do il dato delle bovine che contraggonoun’infezione in asciutta (A e A+) si evi-denzia come esso oscilla da poco più del10% del Trentino Alto Adige al primatodella Toscana con quasi il 17%. Nelle Re-gioni ad alta concentrazione di vacche dalatte come la Lombardia e il Veneto tro-viamo il 14%, in Piemonte il 13% e in Emi-lia poco più del 10%.

CONCLUSIONILa comunità scientifica, attraverso la sua in-cessante attività di ricerca, ha come missionquella di fornire e aggiornare quelle cono-scenze che, poi, la comunità dei tecnici uti-lizzerà per l’attività professionale di sviluppodi prodotti e metodologie. Quando la comu-nità scientifica e la comunità dei tecnici con-dividono pressoché all’unanimità alcuni con-cetti, questi diventano paradigmi.Oggi sia gli scienziati che i professionisti sitrovano a gestire l’inedito problema dell’e-norme quantità di lavori scientifici disponi-bili, all’interno dei quali il rischio di bias èmolto più elevato che in passato. Molti sonoi paradigmi attraverso i quali vengono ge-stite dai professionisti le mastiti della bovina.Ne sono esempi il cosa fare alla messa inasciutta, la suddivisione dei patogeni in con-tagiosi e ambientali, la necessità di eradicarein allevamento i contagiosi, la regolazioneideale degli impianti di mungitura, le tecni-che di mungitura, etc. Questi paradigmi sonoparte integrante dei cosiddetti protocolli digestione delle mastiti.I protocolli però, come tali, sono modificabiligrazie proprio alle informazioni che deriva-no dalla ricerca e dalla pratica professionale.

Se ciò non fosse crederemmo ancora che è ilsole a girare intorno alla Terra. L’esempio diGalileo Galilei è il più classico per definireil divenire dei paradigmi.Due sono le considerazioni da fare sui risul-tati della gestione delle mastiti bovine in Ita-lia. La prima è: soffermarsi con attenzionesul perché esiste la profonda differenza trai dati che derivano dai campioni individualidei controlli funzionali e quelli dei campionidi massa, in parte o tutti utilizzati nel “ma-nuale di autocontrollo”.Personalmente ho delle perplessità sul con-cetto stesso e sull’utilità dell’autocontrollo.Ovvio è che nel campione di massa non ven-gono inserite le bovine con mastite clinicao con altre patologie in corso proprio perevitare di rappresentare un latte o non com-mercializzabile o molto penalizzato nel pa-gamento a qualità. Queste tipologie di ana-lisi però possono essere pericolose in quantoimpediscono la consapevolezza del proble-ma delle mastiti sub-cliniche, rilevabili soloin quegli allevamenti dove vengono eseguitimensilmente i campionamenti e le analisidel latte individuale.Il secondo aspetto evidenziato nei grafici èche la percentuale di bovine con più di200.000 cs/ml è ancora molto elevata nel no-stro Paese. Questo dato, abbondantementeoltre il 30%, ci impone di verificare se i para-digmi attraverso i quali gestiamo questa pa-tologia sono ancora efficaci o se al loro in-terno sono annidate “distorsioni” più o menocasuali.Nulla possiamo dire in Italia sulla prevalen-za delle mastiti cliniche in quanto i dati nonvengono raccolti in maniera efficace e siste-matica. In molti di noi è chiara la convinzio-ne che alcune domande ce le dobbiamo por-re, per non fare come quelli che ostacolaronoGalileo Galilei. Siamo poi così sicuri chenell’eziologia degli incrementi di cellule so-matiche nelle bovine che noi classifichiamocome mastiti sub-cliniche non ci possa essereun’eziologia anche non infettiva? Siamo an-cora così sicuri che Staphylococcus aureus vadaeradicato dall’allevamento? Siamo certi cheil “gold standard” di taratura delle macchinedi mungitura sia ancora l’ideale? Visti i livelliproduttivi raggiunti dalle singole bovine, so-no ancora compatibili le due mungiture gior-naliere con il loro benessere e la salute dellamammella? La pratica di utilizzare sistema-ticamente antimicrobici alla messa in asciuttaa prescindere dal controllo della presenza inmammella di patogeni è ancora da racco-mandare? Queste rappresentano solo unapiccola parte delle domande da porsi per ve-rificare se i paradigmi che costituiscono iprotocolli sono ancora utilizzabili o vadanosostituiti o modificati.

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Le mastiti cliniche e sub-cliniche sono ancora un problema in Italia?

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l legame tra nutrizione e mastite è unodegli argomenti più controversi dellaMedicina veterinaria, o meglio dellabuiatria. Nelle specie diverse dai rumi-nanti questo argomento è preso in scar-

sa considerazione, anche se è ovvio e condi-viso che la nutrizione ha un profondo lega-me con la piena efficienza del sistema im-munitario. Un organismo vivente sottopostoa restrizioni alimentari primarie, ossia man-canza di nutrienti per indisponibilità, o se-condarie dovute a uno scompenso tra elevatifabbisogni e approvvigionamento, è più su-scettibile alle infezioni e al loro decorso.Nella bovina da latte, specialmente in Italia,si è sempre sopravvalutato il ruolo della ra-zione attribuendole, in molti casi, un ruoloterapeutico o eziologico per le produzionidi latte, la fertilità, le mastiti, le zoppie equant’altro. Si modificano le razioni quandoci sono le mastiti, le cisti ovariche o i flem-moni, generalmente attribuendo alle carenzedi energia, agli eccessi proteici e alle carenzevitaminiche la causa primaria di queste chesono le patologie a più elevata prevalenzain allevamento. Questo in un rapporto diret-to causa-effetto: ad esempio, dalla riduzionedelle proteine della razione ci si aspetta “ilgiorno dopo” una riduzione delle cellule so-matiche, oppure da un aumento dell’energiaun “dissolversi” delle cisti ovariche o un mi-glioramento del tasso di concepimento.Questo avviene dimenticando che tra la ra-zione e la bovina c’è un rumine che per “im-parare“ una nuova dieta impiega non menodi un mese.Nello schieramento contrapposto troviamola comunità scientifica, unita nel credere chela mastite sia solo una malattia infettiva equindi che la mal-nutrizione non ne può es-sere l’agente eziologico. L’unica aperturaquesta comunità la fa verso le carenze di mo-lecole antiossidanti (e altri aspetti di cui inseguito verranno approfonditi i contenuti);chiusura invece quasi totale verso il legametra mastite e alterazioni degli alimenti, comel’ingerire insilati di cattiva qualità o alimenticoncentrati alterati.

LA NUTRIZIONE E I SISTEMIDIFENSIVI DELLA MAMMELLATipico argomento delle “nutrizione clinica”è la possibilità che le carenze di alcuni nu-trienti o il sovradosaggio di altri possano

modulare la risposta immunitaria, sia quellaumorale e ancor più quella cellulomediata,dando ovviamente per scontato che la ma-stite, sia essa clinica che sub-clinica, è unamalattia infettiva ossia che l’agente eziolo-gico è un microrganismo patogeno.In pratica la nutrizione clinica “scende incampo” quando, nonostante l’adozione ditutte le misure igieniche generiche e speci-fiche, il patogeno è riuscito a penetrare nellamammella (o meglio all’interno del paren-chima mammario), e la salute di questo or-gano dipende dalla piena efficienza del si-stema immunitario, in particolare quello cel-lulo-mediato. È anche vero che la nutrizioneclinica viene coinvolta anche nell’efficaciadegli altri sistemi difensivi della mammella,come lo sfintere del capezzolo, e per i fattorianti-batterici del latte come la lattoferrina,la lactoperossidasi e il lisozima.

I nutrientiPrima di dettagliare se e come i singoli nu-trienti o le loro interazioni possono esserefattori eziologici, predisponenti, “metafilat-tici” e terapeutici delle mastiti, è necessarioconoscerli. I nutrienti disponibili per le bo-vine da latte vengono apportati con le diete,e sono presenti solo negli alimenti vegetaliessendo vietato nei ruminanti l’uso di pro-dotti di origine animale. La bovina mangia cellule vegetali la cui pa-rete esterna è costituita da carboidrati strut-turali come le emicellulose, le cellulose e lalignina. All’interno della cellula vegetale tro-viamo invece i carboidrati non strutturali co-me gli zuccheri, le pectine e gli amidi, le pro-teine, i grassi, i minerali e le vitamine.I nutrienti ingeriti hanno lo scopo di forniretutte le molecole indispensabili per le fun-zioni vitali come la produzione d’energia peri processi metabolici, gli aminoacidi ancheper la loro funzione plastica, etc. Nello sche-ma 1 (vedere) è sintetizzata una buona partedei nutrienti che la bovina ingerisce.Nei monogastrici gli alimenti ingeriti su -biscono per lo più processi enzimatici e fisicinella prima parte dell’apparato digerente(bocca, stomaco e intestino tenue) per poi ve-nire assorbiti nell’intestino come singoli nu-trienti e distribuiti attraverso il sangue a tuttigli organi. Nei ruminanti, invece, buona partedegli alimenti, prima di arrivare allo stomacoghiandolare, subisce un processo di fermen-

La nutrizione può causaree risolvere le mastiti?

Dubbi e certezze nella gestione della mastite della bovina da latte

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Alessandro FantiniPresidente SibF.P.A [email protected]

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La nutrizione può causare e risolvere le mastiti?

SCHEMA 1. I NUTRIENTI

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tazione e idrolisi a carico del microbiota ru-minale. Solo una parte riuscirà a superare labarriera ruminale per subire gli stessi processienzimatici dei monogastrici nello stomaco enell’intestino, sia tenue che grosso.Quanta quota e quali alimenti riusciranno asuperare completamente o parzialmente in-degradati il rumine dipende da molti fattori:alcuni intrinseci agli alimenti, altri dovuti alprocesso tecnologico a cui sono stati sottoposti(macinatura, fermentazione, fioccatura, estru-sione, ecc.) e, come ultimo fattore, in base allavelocità di transito della razione. Più è alta laquota di concentrati ingeriti e minore è la gra-nuolometria della dieta, più intensa sarà la ve-locità di transito ruminale e quindi maggiorela probabilità di far giungere alimenti inde-gradati a valle del rumine. Questa concatena-zione di variabili rende spesso difficile valutareeccessi e carenze di specifici nutrienti.In ogni caso, con i modelli matematici oggidisponibili si riesce a simulare con buona ap-prossimazione il tasso di crescita del micro-biota ruminale e la sua produzione dei sin-goli acidi grassi volatili, nonché quali e quan-ti alimenti possono arrivare intatti o quasi alivello intestinale. Questi dettagli della nu-trizione dei ruminanti sono indispensabiliper poter da un lato soddisfare tutti i fabbi-sogni nutritivi dei singoli nutrienti e, dall’al-tro, evitare carenze che potrebbero compro-mettere non solo la produzione e la riprodu-zione ma anche la piena efficienza del siste-ma immunitario. Inoltre, questo livello diconoscenze permette anche di utilizzare que-ste molecole nella nutrizione clinica, ossiaquando si utilizzano singoli nutrienti, ridu-cendoli o aumentandoli in deroga ai fabbi-sogni, per incentivare la salute delle bovine. Carenze o eccessi di singoli nutrienti posso-no, nel caso della mastite, avere effetti nega-tivi sul sistema immunitario umorale e cel-lulo-mediato ma, allo stato attuale delle co-noscenze, non sono in grado di rappresen-tare fattori eziologici della mastite.

I disordini macro-mineraliUna ruolo importante delle difese immunitariedella mammella lo hanno proprio i minerali.Una bovina in produzione ingerisce ogni gior-no 2.000-2.500 grammi di ceneri costituite qua-si completamente da questi elementi; in asciut-ta (o meglio nelle ultime 8 settimane di gravi-danza), ne ingerisce circa 1.000 grammi.Nelle ceneri di una razione ci sono i mineralinaturalmente contenuti negli alimenti e quel-li aggiunti per soddisfare il fabbisogno dellesingole molecole, almeno di quelle che sisuppone abbiano un ruolo positivo e quelleche la legge consente d’integrare.A scopo esclusivamente di classificazione essivengono raggruppati in macrominerali, la cuipresenza è misurabile nell’ordine di grammi,

e in microelementi, od oligoelementi, la cuipresenza è misurabile nell’ordine di milli-grammi. Ognuno di questi elementi ha unospecifico ruolo nelle funzioni biologiche degliorganismi viventi e importanti sono le lorointerazioni. Carenze o eccessi, primari o rela-tivi, possono avere effetti negativi sulla pienafunzionalità del sistema immunitario e più ingenerale sui sistemi difensivi della mammella. Oggi si punta l’attenzione su macro-elementicome il calcio, il fosforo, il magnesio, lo zolfo,il sodio e il cloro e su oligoelementi come ilrame, lo zinco, lo iodio, il manganese, il ferro,il selenio e il molibdeno. Si conoscono gli ef-fetti postivi di altri oligoelementi, ma vistala loro potenziale tossicità, anche a bassi do-saggi, per gli animali, per l’uomo e per l’am-biente, ne è vietato l’impiego come integra-tori e se ne sorvegliano solo gli eccessi. Èquesto il caso del cromo e dell’arsenico.La sindrome ipocalcemica è una patologiaclassificata nel raggruppamento dei disordiniminerali e ha un sicuro ruolo tra i fattori pre-disponenti o di rischio delle mastiti.Il calcio è un elemento importante nel meta-bolismo della bovina da latte sia in lattazioneche non. Il pool ematico di calcio di una bo-vina adulta è di circa 3 grammi (8,5-10 g/dl)mentre il totale di quello extra-cellulare è di9-10 grammi. Metà del calcio ematico è pre-sente in forma ionizzata (iCa2+). Una parteconsiderevole di calcio viene eliminata conil latte che ne contiene lo 0,1%-0,15%. Per-tanto una bovina elimina, in funzione dellaproduzione giornaliera, anche fino a 60-70grammi di calcio al giorno nel latte. Inoltrenelle feci ne vengono persi dai 5 ai 7 grammial giorno e nelle urine 0,5-2 grammi.A mantenere l’omeostasi del pool ematicodi calcio contribuisce l’assorbimento intesti-nale di questo elemento e la quota stoccatanelle ossa. La regolazione di questa omeo-stasi è affidata a tre ormoni: il paratormone(PTH), la calcitonina (CT) e l’1,25 diidrossi-colecalciferolo. Il primo è secreto dalla para-tiroidi e ha la funzione di modulare l’assor-bimento intestinale, l’escrezione urinaria ela mobilizzazione dalle ossa. Il PHT vienesecreto quando la calcemia si abbassa. La CTinvece interviene nel ridurre la calcemia,agendo a livello osseo inibendo l’attivitàosteoclastica e promuovendo quella osteo-blastica. L’1,25 diidrossicolecalciferolo, anchedetto calciferolo o vitamina D3 (il calcitroloè la forma attiva delle vitamina D3), vienesintetizzato dalla pelle in seguito all’esposi-zione dei raggi solari ed è in grado di stimo-lare l’assorbimento intestinale del calcio pre-sente negli alimenti.Nell’omeostasi del calcio intervengono ancheil fosforo e il magnesio. Una carenza ematicadi magnesio (< 1,7 mg/dl) altera la secrezionedel PHT e la sua attività presso i recettori cel-

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Dubbi e certezze nella gestione della mastite della bovina da latte

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lulari. L’eccesso di fosforo, o meglio del suorapporto con il calcio, altera l’assorbimentointestinale anche del magnesio e la piena fun-zionalità del calciferolo (vedere schema 2).La riduzione della quota di iCa2+ (< 1 mM)sierico oppure di quello totale (<8 mg/dl) ècoinvolta sia nel meccanismo di contrattilitàdelle muscolatura liscia, sia nella piena effi-cienza del sistema immunitario cellulo-me-diato.Il primo sistema difensivo della mammellaè rappresentato dallo sfintere del capezzoloche è la via di accesso dei microrganismidentro la mammella. Lo sfintere, nella bovi-na non in lattazione e negli intervalli tra lemungiture, è chiuso dalla contrazione dellamuscolatura liscia e da un “tappo” di che-ratina. Dopo la mungitura ci vogliono circadue ore affinché si richiuda completamente.Ci sono tre momenti del ciclo produttivo del-la bovina dove questo meccanismo difensivodi base può entrare in difficoltà. Il primo èdurante la fase di asciugamento, solitamentepreceduta da una drastica riduzione deglialimenti apportati tra cui l’integrazione mi-nerale. Un’ipocalcemia in questa fase, ac-compagnata magari da una scarsa igiene distalla, può essere causa di nuove infezionimammarie proprio per una scarsa efficienzadel canale del capezzolo.Altro momento “rischioso” sono gli ultimigiorni di gravidanza dove la mammella, econseguentemente i capezzoli, è deformatadall’edema mammario che, a volte, può es-sere patologico perché eccessivo, Spesso ciòè legato a eccessivi apporti e quindi alla pre-senza nel sangue di sodio e potassio.Il terzo momento critico sono i primi giornidi lattazione dove l’ingestione è bassa e, a

causa della più o meno rapida “montata lat-tea”, vengono eliminate con il latte grandiquantità di calcio. Nel primo giorno di lat-tazione può essere persa una quota pari a 10volte il calcio presente nel sangue. Durantele ultime settimane di gravidanza, e a causadella non produzione di latte, l’omeostasidel calcio è piuttosto equilibrata. Subito dopoil parto, e proprio a causa della repentinaproduzione di latte, i sistemi ormonali coin-volti non sono in grado di rispondere pron-tamente a questa nuova situazione metabo-lica. L’ipocalcemia in ogni fase del ciclo pro-duttivo della bovina può avere effetti nega-tivi sulle cellule del sistema immunitario cel-lulo-mediato a cui è affidato prevalentemen-te il controllo dei patogeni penetrati negli al-veoli mammari. Nel prosieguo di questo articolo vedremocome le carenze di alcuni nutrienti e le ma-lattie metaboliche possono interferire sullapiena efficienza dei leucociti (macrofagi eneutrofili). Nello specifico durante la sindro-me ipocalcemica, anche a decorso sub-clini-co, si osserva una più bassa attività chemio-tattica dei neutrofili, ossia della capacità diraggiungere massicciamente e rapidamentel’alveolo mammario infetto in seguito al ri-lascio delle molecole chemio-attraenti pro-dotte dai macrofagi mammari. Questa situa-zione è poi aggravata dalla para-fisiologicaimmunodepressione del periparto perché inquesto periodo, o meglio già due settimaneprima del parto e fino a 20 giorni dopo, nonsia ha la piena efficienza dei neutrofili.La prevalenza della sindrome ipocalcemicache decorre in forma clinica, anche detta“milk fever”, sembra essere negli USA del5,2%. La forma sub-subclinica ha invece una

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La nutrizione può causare e risolvere le mastiti?

SCHEMA 2. L’OMEOSTASI DEL CALCIO

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prevalenza molto più elevata che va dal 25%delle primipare al 47% delle pluripare. Sepoi accanto all’ipocalcemia si verifica, in ge-nere per un apporto insufficiente (carenzaprimaria), una carenza di magnesio, la sin-drome ipocalcemica può avere un decorsoanche piuttosto grave. Per prevenire questapatologia, o meglio per garantire meglio l’o-meostasi del calcio in tutta la fase di tran -sizione, è necessario gestire attentamente l’a-limentazione macro-minerale in asciutta einizio lattazione equilibrando tutti i macro-minerali.

Lo stress ossidativoLa distruzione dei patogeni che entrano inmammella è affidata per lo più ai macrofagie ai neutrofili, i quali una volta fagocitati ipatogeni li distruggono (respiratory burst) at-traverso la produzione di molecole dove èpresente l’ossigeno (ROS) come lo ione su-perossido, il perossido d’idrogeno e lo ioneipocloroso. In condizioni normali questa re-lazione avviene all’interno dei leucociti e aproteggere le membrane cellulari interven-gono le molecole anti-ossidanti a cui appar-tengono enzimi come la glutatione-perossi-dasi (selenio dipendente), la superossidodi-smutasi (rame, zinco e manganese dipen-dente), le vitamine A, E e C e i carotenoidi.Carenze primarie o secondarie di oligoele-menti come il rame, lo zinco, il manganesee il selenio oppure di vitamine come la A, laE e i carotenoidi possono da un lato ridurrela “killing activity” dei leucociti e dall’altrocausare le leucocitosi croniche tipiche di ma-stiti in cui l’agente eziologico è stato elimi-nato, ma, a causa della diffusione dei ROSal di fuori dei neutrofili e dei macrofagi nel-l’epitelio alveolare mammario, si ha distru-

zione di queste cellule (infiammazione cro-nica) e un continuo afflusso di neutrofili dalsangue e che ritroveremo nel latte come cel-lule somatiche. Il consumo di molecole an-tiossidanti è molto elevato a causa del grandemetabolismo aerobico tipico delle grandiproduttrici di latte. È di fatto indispensabileprocedere a un’integrazione di molecole an-ti-ossidanti. I dosaggi consigliati sono ormainoti in letteratura scientifica e numerose lefonti disponibili.

Alterazioni del metabolismo energeticoe proteicoGià nelle ultime settimane di gravidanza enelle prime settimane di lattazione la bovinada latte è in bilancio energetico e proteiconegativo. Ciò è dovuto alla ridotta capacitàd’ingerire i nutrienti necessari per comple-tare lo sviluppo del feto e, dopo il parto, perla produzione di latte. Tutto questo perchédapprima il feto e la mammella poi hannola priorità metabolica sulle altre funzioni me-taboliche, compreso il buon funzionamentodel sistema immunitario. Quando la mam-mella è invasa dai microrganismi patogeni,e il dry-off e il periparto per le ragioni già vi-ste sono momenti particolarmente rischiosi,i macrofagi, normalmente presenti nel latte,producono molecole chemio-attraenti comele interleuchine (1,6,8) e il TNF-α. Queste ci-tochine entrando anche in circolo richiamanonella mammella l’altra componente impor-tante dei leucociti, che sono i polimorfonu-cleati, anche detti neutrofili. Nel caso di ma-stiti da Gram-negativi questo meccanismo èulteriormente stimolato dall’ingresso in cir-colo di endotossine o lipopolisaccaridi, ossiaporzioni della parete cellulare di questi bat-teri. La presenza diretta di citochine pro-in-fiammatorie provenienti dagli alveoli mam-mari e di quelle prodotte dalle cellule delKupffer e dai monociti, indotte dalle endo-tossine, stimola la differenziazione cellulareper aumentare la produzione dei neutrofili.Per soddisfare le elevatissime necessità ener-getiche del sistema immunitario, verrannomessi in atto dei meccanismi collaterali pergarantire a questo la massima disponibilitàdi nutrienti. I leucociti e i linfociti hanno untasso di crescita molto alto e ciò è dovuto an-che all’elevato grado di apoptosi a cui vannoincontro. Come avviene negli altri tessutidell’organismo, queste cellule per produrreenergia chimica (ATP) utilizzano glucosio,acidi grassi e aminoacidi e di questi in par-ticolare la glutamina. Oltre all’energia, avran-no bisogno anche di aminoacidi “plastici”.Pertanto in presenza di citochine pro-infiam-matorie, sia nel tessuto immunitario che inquello epatico e in quello muscolare verràstimolata la glicogenolisi e il catabolismo de-gli aminoacidi (vedere schema 3).

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Dubbi e certezze nella gestione della mastite della bovina da latte

SCHEMA 3. GLI EFFETTI DEL BILANCIO ENERGETICONEGATIVO (NEBAL) SUI NEUTROFILI (PMN)

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Attualmente le vostre bovinesono ben protette?

Il periodo di asciutta svolge un ruolo fon-damentale nell’epidemiologia della ma-stite, tuttavia, sorprendentemente, pochi

studi hanno analizzato in dettaglio le dina-miche di infezione durante tale periodo. Boe-hringer Ingelheim ha pertanto intrapreso unostudio multicentrico di ampie dimensionivolto a esaminare le dinamiche di infezioneintramammaria nelle mandrie da latte in tuttaEuropa1. Il progetto è stato diretto da AndrewBradley, un eminente esperto di epidemio-logia delle bovine in asciutta.Sono state reclutate 522 bovine provenientida 12 aziende agricole di 6 Paesi europei(vedere figura 1). Tutti gli animali hanno ri-cevuto una terapia antibiotica per l’asciutta.Gli allevatori erano liberi di usare qualsiasiprodotto; non erano però consentiti sigillantiper capezzoli, in quanto le bovine dovevanoessere sottoposte a numerosi prelievi duranteil periodo di asciutta. Sono stati effettuatiprelievi per l’esame batteriologico da tutti iquarti al momento della messa in asciutta e

nella settimana immediatamente successivaal parto. Durante il periodo di asciutta, si èproceduto al prelievo del secreto delle bovineda due quarti ipsilaterali 2 e 6 settimanedopo la messa in asciutta. Si è inoltre prov-veduto a valutare la pulizia dei capezzoli ela presenza del tappo di cheratina.

Una Azienda - Una RealtàLa gestione dell’asciutta è una parte fon-damentale nell’allevamento moderno, tut-tavia la standardizzazione delle singole va-riabili non è possibile poiché le mandriemostravano notevoli differenze di stabula-zione e anche all’interno delle mandriestesse la stabulazione e l’alimentazione va-riavano a seconda della stagione.

Le bovine sono a rischio di infezioneI dati hanno confermato quanto risultavadalle ricerche precedenti, ossia che la bar-riera naturale rappresentata dal tappo di che-ratina non offre sufficiente protezione control’infezione. Un altro fattore osservato nellostudio è il diverso grado di pulizia dei ca-pezzoli che risultavano sistematicamentepiù sporchi rispetto alla lattazione, il che fapensare che le bovine vengano spesso gestitein maniera non ottimale, aumentando la pro-babilità di infezione da germi ambientali.

Attenzione ai Gram-negativi verso la finedel periodo di asciuttaLo studio ha evidenziato come la percen-tuale di campioni positivi ai Gram - (vederefigura 2) aumenti considerevolmente nel-l’ultimo periodo dell’asciutta, confermandola divisione in tre fasi dell’asciutta perquanto riguarda la dinamica delle infezioni

in questo periodo (vedere figura 3). È ne-cessario quindi porre la giusta attenzioneall’ultima fase dell’asciutta poiché dallo

studio si evince che la maggior parte delle

infezioni ha avuto origine in quel pe-

riodo, (vedere figura 4).Nel complesso, questo studio conferma

l’importanza del periodo di asciutta

nell’epidemiologia della mastite. Eviden-zia inoltre quanto sia importante valutare ecomprendere le dinamiche di infezione al-l’interno della mandria nel periodo prece-dente all’asciutta (banca dati aziendale).Quindi la scelta dell’antibiotico da usare inasciutta deve tener conto della presenza deibatteri Gram positivi e dei Gram negativiche si sviluppano nel ultima fase del-l’asciutta. Il prodotto scelto deve quindi ga-rantire una protezione per tutto il periodointeressato e avere tempi di attesa nel latteche rispettano le necessità aziendali. •

1. Bradley AJ, De Vliegher S, Green MJ, Larrosa P,Payne B, Schmitt van de Leemput E. An investigationof the dynamics of intramammary infections acquiredduring the dry period on European dairy farms. JDairy Sci, Bd. 2015;98(9):1-19.

publiredazionale

Figura 1. La ricerca è stata condotta in Francia, Belgio, Paesi Bassi,Regno Unito, Spagna e Polonia.

Figura 4. Apparente origine dell’infezione intramammaria nel primopost parto.

Figura 2. Prevalenza degli agenti patogeni della mastite al momentodella messa in asciutta e a 6 settimane di distanza.

Figura 3. Le tre fasi dell’asciutta.

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Inoltre, le citochine pro-infiammatorie sti-moleranno la produzione delle proteine dellafase acuta. Pertanto i linfociti, in particolarei leucociti “attivati” sia direttamente dalleendotossine che dalle citochine pro-infiam-matorie, aumentano i fabbisogni della bovinadi glucosio, aminoacidi (in particolare di glu-tamina) e di lattati, in un momento in cui es-sa si trova in bilancio energetico e proteiconegativo dovuto principalmente all’impo-nente e prioritaria sottrazione di nutrientidella mammella che - come abbiamo dettoprecedentemente - ha la priorità metabolicaassoluta almeno fintanto che la bovina nonè nuovamente gravida.Questo deficit proteico ed energetico iniziagià prima del parto a causa di una ridottacapacità d’ingestione, a fronte di una ele-vata domanda di nutrienti del feto. La bo-vina per far fronte a questa smisurata do-manda di nutrienti “attaccherà” le proteinedi riserva, dette anche “labili”, e le riserveadipose.Due importanti malattie metaboliche tipichedella fase di transizione e delle prime setti-mane di lattazione possono “esasperare”questo quadro metabolico piuttosto critico.La prima è la chetosi, ossia quando il fegatonon riesce a utilizzare a fini energetici l’im-ponente afflusso di acidi grassi (NEFA) chearrivano dal tessuto adiposo. L’aumentataconcentrazione ematica di corpi chetonicicome il BHBA, l’acetone e l’aceto-acetatoesercita un’azione negativa sul sistema im-munitario. La chetosi (sia a decorso clinicoche sub-clinico) induce una riduzione dellaproduzione di citochine proinfiammatorie,dell’attività fagocitaria dei neutrofili e diquella chemiotattica.

L’acidosi ruminale già nella sua forma sub-clinica, che può presentarsi già nella fase dipreparazione al parto e in tutta la lattazione,a causa di una caduta del pH ruminale sotto5,6 comporta un’imponente e progressivaproduzione di endotossine in grado poi dipassare nel sangue. Esse stesse, e la conse-guente produzione di citochine pro-infiam-matorie, aggraveranno il quadro critico finqui descritto.

CONCLUSIONIL’igiene di stalla e la piena efficienza deimeccanismi difensivi della mammella sonodi fondamentale importanza per ridurre iltasso d’infezioni mammarie. La nutrizionepuò avere un ruolo decisivo sulla piena ef-ficienza dei sistemi difensivi della mammel-la; purtuttavia, rimangono alcuni dubbi sul-la possibilità che possano esistere dei rialzipiù o meno transitori delle cellule somatichedel latte in assenza di un patogeno nellamammella. Endotossine, amine biogene, bu-tirrati e quant’altro presente negli insilati(anche non palesemente alterati) oppure de-rivanti da cattive fermentazioni ruminali odel grosso intestino potrebbero diffonderenel latte ed esercitare un effetto chemiotat-tico nei confronti dei leucociti anche in as-senza di un patogeno? Visti i dati non con-fortanti presentati nell’introduzione di que-sto “Speciale mastite”, a fronte della ormaidecennale diffusione di protocolli operativiuniversalmente condivisi, probabilmente lacomunità scientifica dovrebbe approfondirela propria attività di ricerca anche in questadirezione, per non farsi magari dire che “l’o-perazione è tecnicamente riuscita ma il pazienteè morto”.

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Dubbi e certezze nella gestione della mastite della bovina da latte

SCHEMA 4

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l mercato del latte e dei prodotti lattiero- caseari sta attraversando una profondacrisi dovuta a molteplici fattori, in ulti-mo il grave squilibrio tra aumento delleconsegne di latte e stagnazione della do-

manda registrata in generale sul mercato co-munitario ovvero mondiale delle importa-zioni. A oltre un anno dalla cessazione del regi-me di quote fisiche di produzione, il com-parto dei bovini da latte mostra sintomiinequivocabili di difficoltà, attribuibili alcontinuo ribasso del prezzo del latte allastalla, alla crescente incidenza dei costi diproduzione, in particolare di quelli ali-mentari e della manodopera, se parago-nati con quelli dei Paesi stranieri, in par-ticolare degli ultimi arrivati nella Comu-nità europea. È sufficiente consultare i dati pubblicati dalMilk market observatory sui prezzi del lattecrudo di vacca pagati ai produttori di latte,per osservare che nel mese di febbraio 2016il prezzo medio italiano per 100 kg di latteera superiore a quello medio europeo (€34,36 vs € 29,47), mentre confrontando ilprezzo medio del latte registrato a gennaio2016 rispetto a gennaio 2015, si denota unadifferenza di -4%.Alla luce di questa breve premessa sullostato dell’arte del settore, emerge un qua-dro tutt’altro che roseo, che orienta gli al-levatori più attenti a individuare, dovepossibile, gli strumenti e le nuove tecno-logie adatte a massimizzare il profitto, at-traverso il contenimento dei costi di pro-duzione e il miglioramento, per quanto at-tuabile, del management aziendale e deisuoi punti critici. La mungitura rappresenta una delle princi-pali criticità dell’azienda zootecnica da latte,sia per l’impiego di risorse che incidono suicosti di produzione sia per gli effetti che lemodalità di mungitura possono avere sullaproduzione, sulla sanità della mammella esulla qualità del latte.

I FATTORI COINVOLTINELLA MUNGITURALa mungitura rappresenta una fase partico-lare, delicata e fondamentale che si concre-tizza con l’estrazione del latte dalla mam-mella, quest’ultimo deve essere rimosso inmaniera rapida ed efficiente preservando ilbenessere degli animali e degli operatori. Sedurante tale processo sono contemporanea-mente garantite idonee condizioni generaliche coinvolgono la macchina mungitrice,l’uomo e l’animale, è possibile massimizzarela produzione lorda vendibile e il redditoaziendale. Alla base di questa apparentemente sempliceoperazione, sono sostanzialmente coinvoltitre fattori: l’animale, l’impianto di mungiturae l’uomo.

L’animaleAll’interno della ghiandola mammaria il latteè ripartito in due frazioni: cisternale e alveo-

Come migliorare la routinedi mungitura attraverso l’analisidelle curve di emissionedel latte

I

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Carlo BoselliIstituto zooprofilatticosperimentale del Lazio e dellaToscana M. AleandriComitato tecnico “Malattie dellamammella” della Sib

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lare, nella bovina da latte il rapporto fra ledue frazioni è a circa 20:80 (Bruckmaier etal., 1991; 1996; 1998; 2001). La frazione cisternale è quella prontamentedisponibile per la mungitura, infatti, per l’e-strazione è sufficiente vincere le forze oppo-ste dallo sfintere del capezzolo (in condizionidi assenza di stimolazione sono necessarivuoti medi di apertura dello sfintere del ca-pezzolo variabili fra 17,8 e 21,0 kPa, per lun-ghezze medie del canale di circa 1,1 cm;Weiss et al.; 2004). Per contro la frazione al-veolare, contenuta negli alveoli e nei piccolidotti, può essere rimossa solo per effettodell’ossitocina (secreta dalla neuroipofisi)che, giunta al livello della mammella, si legaa specifici recettori delle cellule mioepiteliali,causandone la contrazione e quindi la disce-sa del latte nelle cisterne mammarie e capez-zolari. La contrazione provoca un’azione di “spre-mitura” degli alveoli con conseguente flussodel latte verso le cisterne, dove si accumuladeterminando un aumento della pressioneendomammaria. In condizioni ordinarie levariazioni nella concentrazione ematicadell’ossitocina sono rapide, infatti, da un li-vello basale di 3-5 picogrammi/ml, si rag-giungono picchi di 60 picogrammi/ml, inbrevissimo tempo (Lollivier et al., 2002). Magià dopo pochi minuti la concentrazioneematica inizia a decrescere, limitando l’ef-fetto sulla “spremitura” degli alveoli mam-mari, pertanto la scarica di ossitocina garan-tisce l’azione per un periodo limitato di tem-po: se si aspetta troppo tempo per mungerel’animale, l’azione si riduce e l’estrazione dellatte dalla mammella è incompleta. Per tali motivi è consigliabile eseguire l’at-tacco dei gruppi di mungitura alla mammel-

la non oltre i due minuti dall’inizio della pre-stimolazione.Nella routine quotidiana, possono interve-nire fattori che concorrono a impedire l’e-strazione della frazione alveolare, anche sel’animale è stato stimolato correttamente epossono essere ricondotti a fenomeni di ini-bizione centrale nella produzione di ossito-cina o a fenomeni di inibizione periferica deirecettori adrenergici della mammella indottada elevate concentrazioni di catecolamineche riducono o annullano l’effetto dell’ossi-tocina (Wellnitz O, Bruckmaier RM, 2001).

L’impianto di mungitura meccanicaSostanzialmente l’impianto opera generandoun differenziale di pressione, originato dauna pompa del vuoto e applicato sino ai ca-pezzoli, i quali attraverso l’apertura ciclicadello sfintere determinano la fuoriuscita dellatte. I principali parametri operativi dell’im-pianto sono il vuoto operativo, i cicli di pul-sazione e il loro rapporto. La velocità di deflusso del latte è influenzataoltre che dalle caratteristiche anatomiche delcapezzolo (interne ed esterne) anche dalladifferenza di pressione che si determina trainterno ed esterno della mammella.

L’uomoHa il compito di gestire il managementaziendale. Spesso tecniche di mungitura er-rate e routine non sempre correttamente ese-guite, associate a un impianto non control-lato e manutenuto, conducono a un peggio-ramento dello stato sanitario degli animalie conseguentemente della qualità del latte. È frequente osservare anomalie dell’impian-to dovute a pulsatori non sempre efficienti,a guaine particolarmente usurate, a tubi cortifessurati, che associati a vuoti elevati o a so-vramungitura finale danneggiano l’apice delcapezzolo, provocando ipercheratosi e favo-rendo processi di infezione batterica. Al ri-guardo, alcuni studi hanno evidenziato unacorrelazione positiva fra punteggiatura diteat score e conta delle cellule somatiche.Per ottenere una completa e rapida rimozio-ne del latte è importante che la procedura dimungitura sia corretta anche per evitare con-taminazioni da parte di germi contagiosi oambientali, preservando per quanto possibilela salute e il benessere animale ed evitandoun peggioramento delle caratteristiche chi-mico-fisiche e microbiologiche del latte pro-dotto.

MUNGIBILITÀ E CURVE DI FLUSSOLa valutazione della corretta emissione dellatte dalla mammella durante la mungiturapuò essere eseguita attraverso il controllodella mungibilità della mandria. Tale carat-tere, attualmente considerato anche nei piani

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Dubbi e certezze nella gestione della mastite della bovina da latte

FIGURA 1. CURVA DI FLUSSO CON INDICAZIONEDELLE PRINCIPALI FASI

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di miglioramento genetico può essere defi-nito come “la capacità di ogni animale apparte-nente alle diverse specie lattifere (bovina, bufalina,ovina, caprina, asinina ecc.) a cedere in modo re-golare, completo e rapido il latte secreto dallaghiandola mammaria in risposta a una propriatecnica di mungitura, e a un corretto funziona-mento dell’impianto di mungitura”.Allo scopo viene impiegato il lattoflussome-tro elettronico LactoCorder® (le caratteristi-che tecniche sono disponibili e consultabilisul sito web del produttore http://www.lac-tocorder.ch/).Lo strumento viene montato in sala di mun-gitura posizionandolo con idonei raccordifra il tubo lungo del latte e il lattodotto, cosìda consentire per ciascun animale muntonella posta monitorata di ottenere la relativacurva di flusso. È possibile, impostando cor-rettamente la produzione di latte presuntaper ciascun animale, eseguire un campiona-mento rappresentativo del latte individualeprodotto (fino a un massimo di circa 60 ml)da utilizzare successivamente per le analisidi laboratorio (parametri qualitativi e sani-tari).La curva di flusso viene rappresenta grafi-camente con le varie fasi che la caratterizza(vedere figura 1), in aggiunta sono disponibili

anche i singoli parametri. Ciascuna curva di flusso è caratterizzata dauna fase ascendente, rappresentata dal tempoche intercorre fra l’attacco del gruppo pren-dicapezzoli e il momento in cui l’emissionedel latte nei quarti è costante (la bimodalitàviene registrata in questa fase).Segue una fase di plateau, caratterizzata daun flusso costante, in cui l’eiezione del lattenei quartieri secernenti è costante, il flussomassimo si registra di solito in questa fase.Quando il flusso decresce più o meno rapi-damente per cessata emissione in uno o piùquarti inizia la fase discendente, rappresentatadal tempo che intercorre fra il termine delplateau e valori di flusso inferiori a 0,20kg/min. Può seguire una fase di mungiturain bianco o sovramungitura, che va dal terminedella fase discendente e l’inizio della fase disgocciolatura (se presente) o allo stacco delgruppo di mungitura.Nella fase di sgocciolatura, viene registratala quantità di latte estratto e il tempo impie-gato per l’estrazione. Per comprendere le dif-ferenze nella cinetica di emissione fra le variespecie lattifere, nella figura 2 (vedere), sonorappresentate alcune curve di emissione ti-piche. Per ogni animale monitorato con il lattoflus-

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Come migliorare la routine di mungitura attraverso l’analisi delle curve di emissione del latte

FIGURA 2. CURVE DI FLUSSO DI DIVERSE SPECIE LATTIFERE

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sometro è possibile conoscere la produzionedi latte, le caratteristiche della curva di flussoe la conducibilità elettrica; opzionalmente lostrumento registra anche il lavaggio dell’im-pianto di mungitura.

PRINCIPALI ANOMALIEEVIDENZIABILI DALL’ANALISIDELLE CURVEDi seguito sono analizzate le principali ano-malie evidenziabili dall’analisi delle curve,riconducibili quasi sempre a errori nella rou-tine.

Presenza di curve bimodaliIndicata dal software (SW) strumentale co-me “BIMO=1”, è graficamente visibile conuna curva di emissione a due picchi, più omeno separati fra loro, di cui il primo è vi-sualizzato all’inizio dell’emissione lattea. Èdovuta quasi sempre a un’errata o inade-

guata preparazione della mammella seguitada un attacco troppo rapido del gruppoprendicapezzoli. Questa interruzione delflusso è da attribuire all’azione dell’ossito-cina endogena ancora incompleta. Sebbenegli animali non rispondano uniformementealla stimolazione e la risposta aumenti conlo stato della lattazione, è quasi sempre cor-relata a un non idonea routine di premun-gitura. Va precisato che a valori di bimoda-lità elevati, non sempre sono associate rou-tine del tutto errate, infatti, la bimodalitàstrumentale non classifica esattamente laseverità del fenomeno che può manifestarsiin diversi gradi, come indicato nelle figure3, 4, 5, 6, 7 (vedere).Tale fenomeno si manifesta con diverso gra-do di severità ed è associato, come indicatoda diversi Autori, a un contenuto elevato dicellule somatiche nel latte individuale. Lasovramungitura iniziale ha un effetto nega-

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Dubbi e certezze nella gestione della mastite della bovina da latte

FIGURA 3 FIGURA 4

FIGURA 5 FIGURA 6

Bimodalità lieve, il flusso scende da 2,20 kg/min a 1,5 kg/minper poi risalire rapidamente.

Bimodalità di grado simile a quella riportata nella figura precedentein una bovina a elevata produzione.

Bimodalità medio grave, il flusso scende a 0,20 kg/min per poirisalire rapidamente.

Bimodalità medio grave, sebbene sono intercorsi oltre dueminuti dall’inizio del prestimolazione, il flusso scende quasi azero per poi risalire rapidamente.

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tivo sulla sanità della mammella ed è asso-ciata a una minore produzione di latte (inmedia del 7-8%) con ripercussioni anche sultempo di mungitura.

Inizio della prestimolazione - attacco delgruppo di mungituraQuesto parametro tecnico è di fondamentaleimportanza per una corretta mungitura, in-fatti, quasi sempre alla base di una buona ci-netica di emissione lattea c’è una buona pre-stimolazione della mammella e un idoneotempo di attesa prima dell’attacco del grup-po mungitore.Tale parametro indicato come “tVorl”, seb-bene influenzato da numerosi fattori quali:le caratteristiche dell’impianto, il numero ela preparazione dei mungitori, la tecnica esoprattutto la routine di mungitura e dalladisposizione dei lattoflussometri in stalla,fornisce importanti informazioni sulla pre-parazione degli animali monitorati. Vanno valutati separatamente i risultati ri-levati negli impianti provvisti di sistemi au-tomatici di prestimolazione, frequenti nellesale a tandem, in cui la prestimolazione èeseguita in maniera autonoma dal pulsatorenella fase postuma all’attacco del gruppo, ildato in questo caso fornisce informazioniparziali.Per ottenere un valore medio che riflettaquanto più possibile lo stato dei fatti, è ne-cessario posizionare correttamente i latto-flussometri in sala: la loro disposizione di-pende dal numero degli strumenti disponi-bili, dal tipo di sala, ecc., ma in linea generaleper registrare dati rappresentativi, è neces-sario installare gli strumenti almeno sullaprima e sull’ultima bovina appartenenti allotto degli animali preparati e successiva-mente attaccati e munti, in linea generaleogni 4 - 5 poste di mungitura. Nel caso si disponga di un elevato numerodi strumenti, specie in presenza di tecnichecon routine territoriale, è possibile monito-rare anche la manualità di ciascun mungitorepresente in sala. Negli impianti a trasportolatte invece è sufficiente uno strumento pergruppo di mungitura.Attraverso l’attivazione della funzione spe-cifica viene misurato il tempo che intercorrefra l’inizio della prestimolazione e l’attaccodel gruppo mungitore (azionamento del pri-mo “Start” all’inizio della pulizia del primo

capezzolo e del secondo “Start” al momentoin cui viene attaccato il primo bossolo pren-dicapezzolo).Tale intervallo di tempo necessario per l’at-tivazione dello stimolo ipotalamo-ipofisarioe la successiva risposta ormonale, dovrebbeessere compreso in linea generale fra 61 e120 secondi.I risultati ottenuti da un nostro studio, con-dotto su un campione di 43 aziende laziali,mostrano una correlazione moderata ma si-gnificativa (r_Pearson = -0,40; P=0,007) fratempo di prestimolazione - attacco dei grup-pi (minuti) e bimodalità (%).La tabella 1 (vedere), indica come il 55,8% del-la aziende applica una routine di premun-gitura inadeguata, cui è associata una pre-valenza di curve bimodali elevata, quantifi-cata nel 26,09%. Quest’ultimo parametroscende drasticamente fino al 3,33%, quandola prestimolazione supera i 120 secondi.Complessivamente la prevalenza media del-le bimodalità è risultata del 21,84%. Sebbenela classificazione delle curve sia di tipo boo-leano (Bimodale = 1; Normale = 0), nella pra-tica sono individuabili diversi gradi di seve-rità come precedentemente rappresentati (ve-dere figure 3, 4, 5, 6, 7).Anche valori superiori ai 2,5 minuti sono da

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Come migliorare la routine di mungitura attraverso l’analisi delle curve di emissione del latte

TEMPO DI PRESTIMOLAZIONE ATTACCO (SECONDI) NUMERO – (%) BIMODALITÀ RILEVATE (%)

1 - 60 24 - 55,8% 26,09 61 - 120 17 - 39,5% 17,01 >120 2 - 4,7% 3,33

Tabella 1. Distribuzione in classi dei due parametri analizzati

FIGURA 7

Bimodalità grave, rilevata in animale al termine della lattazione, il flusso scendea valori prossimi a 0,00 kg/min, per poi risalire dopo 30 secondi, in questo casoi capezzoli subiscono una sovramungitura iniziale per oltre 30 secondi.

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sconsigliare, a causa della breve emivitadell’ossitocina. Problematiche di questo tiposi evidenziano soprattutto negli impianti alattodotto, con preparazione delle bovinemunte con lo stesso gruppo in coppia, dovesovente si ravvisa una scarsa preparazionenella prima bovina e un’eccessiva nella se-conda bovina, è frequente anche in casi diun sovradimensionamento del cantiere dimungitura, specie quando un unico mungi-tore deve gestire un elevato numero di postein sala.

Sovramungitura e sgocciolaturaLa sovramungitura si verifica quando ilflusso del latte è inferiore a 0,20 kg/min, inpratica all’interno di ogni mammella il tem-po di sovramungitura reale inizia quandoil singolo capezzolo cessa o riduce sensibil-mente l’emissione del latte, tanto da deter-

minare diversi livelli di sovramungitura inrelazione alla diversa distribuzione del lattenei quarti e alla diversa anatomia dei ca-pezzoli e dei quartieri stessi. Graficamenteviene evidenziata la presenza di sovramun-gitura e il SW (tMBG > 0) ne quantifica ladurata in minuti o frazioni di esso; taleparametro, se comunemente presente negliimpianti sprovvisti di stacco automatico,dovrebbe essere ridotto negli impianti do-tati di stacco automatico (vedere figure 8, 9,10, 11). Al termine della mungitura, quandoil flusso del latte è ridotto il bossolo tendead arrampicarsi verso l’alto determinandouna strozzatura del capezzolo stesso, il lattedi sgocciolatura può essere rimosso ma-nualmente, oppure adottando un sistemaautomatico di stacco. La sovramungituradegli animali spesso è dovuta a stacchi ge-stiti in manuale dal mungitore, mal funzio-

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Dubbi e certezze nella gestione della mastite della bovina da latte

FIGURA 8 FIGURA 9

FIGURA 10 FIGURA 11

Taratura dello stacco prossima a valori di flusso di 0,20 kg alminuto, è possibile osservare una sovramungitura di oltre 50secondi.

Taratura dello stacco prossima a valori di flusso di 0,20 kg alminuto, è possibile osservare una sovramungitura di oltre 30secondi.

Sovramungitura precedente (7 - 9 min) e successiva (10,5 -11,5 min) alla fase di sgocciolatura con trazione manuale.

Trazione manuale con latte di sgocciolatura (seconda curva adestra) con stacco tarato a un flusso di 0,25 kg/minuto.

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nanti o con parametri di settaggio limitanti.Oltre a determinare un ulteriore stress aicapezzoli, prolunga i tempi di mungitura,ed è visibile sugli animali nel medio lungoperiodo con incrementi del teat score e delrischio di mastite.In linea generale la sovramungitura dovrebbeessere contenuta al di sotto dei 20 secondi.La pratica della trazione manuale a finemungitura è spesso associata a sovramun-gitura e dovrebbe essere evitata. I risultatidel nostro studio mostrano una prevalenzadi questa pratica sul 23,0% delle curve regi-strate (oltre 1.200) con quantità media di latteestratto pari a 0,61 kg/capo, a fronte di unaggravio del tempo totale di mungitura paricirca 50 secondi.

Entrate di aria e cadute del gruppoprendicapezzoliQuesta anomalia viene registrata quando so-no presenti entrate d’aria nelle guaine percadute del gruppo mungitore o per effettodello scivolamento di una o più guaine ori-ginando il fenomeno dell’impatto (vedere fi-gure 12, 13). Sono particolarmente pericoloseper la sanità della mammella e per la qualitàmicrobiologica del latte. Vengono segnalatese presenti dal SW strumentale (LE=1). Il fenomeno dell’impatto del latte contro ilcapezzolo risulta particolarmente dannosospecialmente al termine della mungitura,quando dal capezzolo defluisce pochissimolatte o il flusso è terminato, in questo caso igermi vengono inseriti all’interno del canaledel capezzolo. Anche durante lo stacco manuale dei pren-dicapezzoli e, soprattutto, durante la sgoc-ciolatura, l’aria penetra nella guaina del bos-solo che si è staccato per primo e proietta il

latte presente nella guaina, dove è posizio-nato il capezzolo adiacente, causandone iltrasferimento di germi.La caduta del gruppo può essere dovuta alivelli del vuoto troppo bassi, posizionamentinon corretti del gruppo prendicapezzoli,guaine in cattive condizioni, ma anche perlo scalcio degli animali.Tale fenomeno dovrebbe essere contenutoentro il 5%, nel nostro studio sono emersivalori lievemente superiori, pari al 5,6%.

Ulteriori parametri indicatori di carenzenella routineAltri parametri che possono essere conside-rati sono il tempo totale di mungitura che,sebbene influenzato dal livello produttivodella mandria, dovrebbe essere inferiore a 8minuti, con valori target dei flussi massimie medi rispettivamente di 3,50 e 2,30 kg alminuto. Altro valido indicatore è il rapportofra fase di plateau e fase di discendente (>100,0%) e fase di plateau e tempo di mungi-tura principale (> 50,0%); infine dove non èpossibile eseguire il campione di latte indi-viduale per il conteggio delle cellule soma-tiche, ci si può avvalere della conducibilitàelettrica che è correlata positivamente al nu-mero delle cellule somatiche e alle mastitisubcliniche.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVEI principali parametri utili ai fini di una dia-gnosi dei punti critici relativi alla routine dimungitura sono la bimodalità e il tempo diprestimolazione-attacco dei gruppi prendi-capezzoli, strettamente correlati fra loro, poi-ché l’elevata bimodalità è frequentementeindice di scarsa e inidonea preparazione del-le bovine in fase di mungitura, con insuffi-

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Come migliorare la routine di mungitura attraverso l’analisi delle curve di emissione del latte

FIGURA 12 FIGURA 13

Caduta del gruppo durante la fase di plateau, con rapido riattacco,viene segnalata con LE=1.

Soffio al termine della fase di plateau, per scivolamento della guainadel capezzolo anteriore destro (ellisse rossa), viene segnalata con LE=1.

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ciente livello igienico e conseguente aumentodelle probabilità di contagio dei quarti dellastessa bovina munta. Per contro, anche tempi di preparazione ec-cessivi se da un lato annullano la frequenzadelle curve bimodali, dall’altro si ripercuo-tono sulla quantità del latte prodotto per in-completo svuotamento della ghiandolamammaria.Il rispetto dei tempi fra inizio della presti-molazione e attacco del gruppo mungitoredeve essere compreso fra 1 e 2 minuti e co-munque non oltre i 2,5 minuti.La sovramungiutura finale per mancanzadegli stacchi automatici è fisiologica, mentredovrebbe essere contenuta negli impiantiche ne sono dotati, in quest’ultimo caso è op-portuno ricordare che va censurata, salvocasi particolari, la gestione in manuale deglistacchi. Altre volte la sovramungitura finaleindica malfunzionamenti e/o starature dello

stacco e si associa al latte di sgocciolatura ot-tenuto per trazione al termine della mungi-tura stessa. La prevalenza del fenomeno èvisibile da valori di teat score elevati associatiad aumenti della conta cellulare a seguito dinuove infezioni mammarie.Le entrate d’aria riflettono essenzialmentecondizioni di carenze strutturali e dimensio-nali dell’impianto di mungitura (tipo di guai-ne e grado d’usura, peso del gruppo, livelloe fluttuazioni del vuoto, etc.), come anche laconformazione delle mammelle e dei capez-zoli, abbinate anche a errato posizionamentodel gruppo di mungitura e relativo allinea-mento del tubo lungo del latte. Con valorisuperiori al 5% è necessario un intervento dimanutenzione. Fra gli altri parametri la prevalenza del tem-po di plateau sulle altre fasi (fase discendentee di mungitura principale) è indice di buonaemissione.

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Dubbi e certezze nella gestione della mastite della bovina da latte

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a mastite è una delle patologie piùfrequenti e costose nell’allevamentodella bovina da latte, causando per-dite che possono essere misurabilinell’immediato, come nel caso della

mastite clinica, e perdite stimabili a più lungotermine quali il decremento della quantità equalità del latte, la riduzione della persisten-za della lattazione, la riforma anticipata dellebovine. L’impatto economico di questa pa-tologia varia tra gli allevamenti ed è legatosoprattutto alle differenti pratiche di mana-gement. Risulta quindi che l’incidenza dellemastiti cliniche, intese come nuove infezionio infezioni ricorrenti all’interno dell’alleva-mento, può essere più o meno incrementatada fattori manageriali che facilitano la dif-fusione degli agenti patogeni dall’ambientealle bovine oppure da bovina a bovina. Nella pratica quotidiana, il trattamento dellemastiti cliniche è prevalentemente gestitodall’allevatore e/o dal mungitore, dove fre-quentemente si osserva:- scarsa formazione del personale;- terapia antibiotica effettuata senza il sup-porto di una diagnosi eziologica con conse-guente assenza di test di sensibilità agli an-tibiotici (antibiogramma);- protocolli terapeutici spesso non idonei;- mancata verifica batteriologica degli esitidella terapia (guarigione batteriologica);- mancata o non idonea registrazione ed ela-borazione dei dati.Risulta quindi fondamentale che, alla basedi un piano di monitoraggio e di controllocorretto delle mastiti, ci sia la raccolta e laregistrazione dei dati quantificando i seguen-ti parametri:- incidenza mensile delle mastiti cliniche;- episodi di mastite clinica che richiedono unnuovo trattamento;- numero di vacche che hanno avuto più diun episodio di mastite nella lattazione cor-rente;- numero di vacche che hanno ricorrenti epi-sodi di mastite clinica (episodi multipli dimastiti nello stesso quarto a distanza di 14giorni);- numero di vacche che vengono riformatea causa della mastite clinica.In aggiunta, per la gestione dei casi clinici,di particolare rilevanza è sviluppare un si-stema semplice di raccolta dei dati, per cuiè importante:

1. definire il grado di gravità della mastite;2. conoscere l’agente eziologico con even-tuale antibiogramma attraverso un campio-namento del caso clinico;3. stabilire protocolli terapeutici predefinitidal veterinario aziendale;4. verificare la guarigione clinica e batterio-logica;5. registrare tutti i punti precedenti.La classificazione clinica più semplice chepermette di stabilire il grado di gravità dellamastite, descritta da diversi Autori, prevedetre livelli di gravità: lieve, moderata e grave.Nella tabella 1 (vedere) si riporta la frequenzadei casi di mastite clinica secondo alcuni Au-tori. La gravità “lieve” è caratterizzata dallapresenza di alterazioni del latte e assenza disintomi a livello locale e generale; la gravità“moderata” è caratterizzata dalla presenzadi alterazioni del latte e della mammella eassenza di sintomi generali; la gravità “gra-ve” presenta alterazioni sia a livello localesia la comparsa di uno o più sintomi a livellogenerale (febbre, calo della produzione, ano-ressia, blocco della ruminazione, depressionedel sensorio, ecc.).Aspetto di fondamentale importanza è che,qualunque sia la classificazione adottata,questa deve essere la più oggettiva possibile,facile da attuare e ripetibile tra i diversi ad-detti. Non trascurabile diventa pertanto laformazione periodica delle figure che ope-rano nella gestione della sanità della mam-mella.Classificare la gravità della mastite permettedi attuare in maniera sistemica protocolli te-rapeutici predefiniti dal medico veterinarioa seconda della gravità del caso clinico, sullabase dello storico aziendale relativo alla sa-nità della mammella e alla storia clinica dellasingola bovina.Prima di qualsiasi trattamento è estrema-mente importante effettuare il campiona-mento della mastite per conoscerne l’agenteeziologico e la sensibilità agli antibiotici. Tale

Aspetti metodologici per lagestione della mastite clinica

L

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Daniele SagrafoliIstituto zooprofilatticosperimentale del Lazio e dellaToscanaComitato tecnico “Malattie dellamammella” della [email protected]

Giuseppina GiacintiIstituto zooprofilatticosperimentale del Lazio e dellaToscanaComitato tecnico “Malattie dellamammella” della [email protected]

GRAVITÀ DELLA MASTITE % CASI DI MASTITE CLINICA

Lieve 60 – 90 %Moderata 10 – 30 %Grave 5 – 20 %

Tabella 1. Frequenza dei casi di mastite clinica (Ruegg P. 2012; Roberson JR. 2012)

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azione permette di incrementare i dati azien-dali relativi alla sanità della mammella e ap-portare modifiche al piano terapeutico in ca-so di insuccesso dell’antibiotico usato in pri-ma istanza. È fondamentale poi implementare i dati ana-litici anche con i campioni di latte provenien-ti da bovine alla messa in asciutta e post par-tum, da soggetti con elevati valori di cellulesomatiche ai controlli funzionali (CCFF) ocon esito positivo al California Mastitis Test(CMT), da animali introdotti in azienda; inaggiunta anche con campioni di massa per

la ricerca mirata di agenti mastidogeni con-tagiosi e Prototheca spp. Inoltre, il campionedeve essere effettuato dopo il trattamentoantibiotico e al termine del tempo di sospen-sione dello stesso, al fine di verificare la gua-rigione batteriologica. Infatti, in molti casialla guarigione clinica (remissione dei sin-tomi) non corrisponde una guarigione bat-teriologica (assenza del patogeno) e ciò puòspiegare gli eventi di recidiva. Quanto sopra permette nel tempo di ottenereuno “storico aziendale” relativo alla sanitàdella mammella, costituito dall’insieme dellaraccolta dei dati relativi a bovine in lattazione(data evento mastite; matricola; quarto mam-mario coinvolto; giorni di lattazione; ecc.),esami di laboratorio (diagnosi eziologica eantibiogramma), terapie adottate (farmacoe numero di somministrazioni), esiti dellaterapia (guarigione clinica e batteriologica)(vedere figura 1). Tutto ciò con lo scopo di ela-borare protocolli terapeutici predefiniti (ve-dere figura 2 a pag. 28) e agevolare il veteri-nario nella diagnosi presunta dell’agente ma-stidogeno, individuare gli animali affetti damastite cronica, verificare l’efficacia della te-rapia, fornire indicazioni utili per i tratta-menti in lattazione e nella fase di asciutta,orientare il management attraverso l’identi-ficazione e la correzione dei punti critici.

MASTITE CRONICAQuesta tipologia di mastite può originare daforme cliniche acute, oppure essere conse-guenza di un’infezione subclinica persisten-te. I sintomi possono essere: formazione ditessuto cicatriziale nel tessuto mammario

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Dubbi e certezze nella gestione della mastite della bovina da latte

FIGURA 1. SCHEDA REGISTRAZIONE DELLE MASTITI CLINICHE IN USO PRESSO L’IZSLT

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spettro d’azione, che risponde

perfettamente alle attuali normative

sull’uso attento e prudente degli

antibiotici nella terapia animale.

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con conseguente alterazione di forma e vo-lume del quarto interessato e riduzione dellaproduzione di latte.Vengono considerati cronici tutti quegli ani-mali con più di un caso di mastite nel corsodella stessa lattazione, quelli con elevati va-lori di SCC (conta delle cellule somatiche)prima e dopo la messa in asciutta e quellicon SCC >200.000 cs/ml per almeno due

controlli funzionali consecutivi. In quest’ul-timo caso, se non presenti alterazioni visibilidella mammella (indurimenti, noduli), è pos-sibile effettuare come ultimo tentativo untrattamento antibiotico mirato, dopo isola-mento batteriologico, e prolungare la terapia(5-8 giorni). In tutti i restanti casi di mastite cronica (gravialterazioni della mammella, mastiti recidi-vanti, mancata risposta ai trattamenti) le pos-sibilità di guarigione sono nulle. Diventa op-portuno quindi individuare e segregare l’a-nimale mungendolo per ultimo, qualora nonsia attuabile disinfettare il gruppo prendi-capezzolo a ogni suo passaggio in sala dimungitura; in alternativa, messa in asciuttadel quarto colpito o invio della bovina allariforma.

GESTIONE DELLA MASTITEDA E. COLIEscherichia coli risulta essere a livello mon-diale l’agente mastidogeno che più comune-mente viene isolato in corso di mastite e que-sto dato è confermato anche dalla nostra at-tività, in cui E. coli è stato isolato nel 26,2%(vedere tabella 2) di campioni di mastite cli-nica. Ci sembra opportuno quindi dare al-cune informazioni utili sulla terapia di que-sta particolare e frequente tipologia di ma-stite.Le infezioni sostenute da E. coli possono va-riare da forme di mastite subclinica a formesistemiche gravi. Nel processo infiamma-

Supplemento de La Settimana Veterinaria - n° 967 del 29 giugno 201628

Dubbi e certezze nella gestione della mastite della bovina da latte

SPECIE ISOLATA N° %

E. coli 360 26,22Str. uberis 193 14,06S. aureus 132 9,61SCN 97 7,06Altri Gram negativi 72 5,24Strep. spp. 69 5,03Str. dysgalactiae 61 4,44Mycoplasma spp. 51 3,71Altri Gram positivi 26 1,89Str. canis 25 1,82Enterococco spp. 16 1,17Prototheca zopfii 16 1,17Str. agalactiae 16 1,17Lieviti 4 0,29Campione negativo 161 11,73Campione inquinato 74 5,39Totale campioni 1.373

Tabella 2. Numero di specie isolate e percentualeda campioni di mastiti cliniche (dati IzsLT)

FIGURA 2. ESEMPIO DI PROTOCOLLI TERAPEUTICI PREDEFINITIDAL VETERINARIO AZIENDALE IN BASE ALLA GRAVITÀ DELLA MASTITE

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torio e nel determinismo della patogenesiun ruolo importante è giocato dai lipopoli-saccaridi (LPS), componenti della paretecellulare dei batteri Gram negativi, che ven-gono rilasciati durante la replicazione e lamorte del microrganismo. Nelle mastiti daE. coli i segni clinici sono principalmentecausati dai LPS e, quindi, il trattamento de-ve essere mirato a ridurre l’effetto di tali so-stanze sull’organismo. Ruolo fondamentalerisulta quello della terapia di supporto co-me: aumentare il numero di mungiture alloscopo di allontanare la maggior parte deiLPS; fluidoterapia con soluzioni saline, so-luzione glucosata per correggere la disidra-tazione e soluzioni di calcio-gluconato perl’ipocalcemia.È importante sottolineare che, nella maggiorparte dei casi, l’eliminazione spontanea diE. coli dal quarto mammario avviene in tem-pi brevi (vedere figura 3).Per quanto riguarda la terapia delle mastitida E. coli il ruolo degli antibiotici è ancorada chiarire. La resistenza antimicrobica invitro non sembrerebbe un fattore limitanteper il trattamento, dato questo confermatoanche dai nostri risultati, dove E. coli risultaessere sensibile alle diverse classi di antibio-tici testati. Tuttavia, gli unici antimicrobiciper i quali vi è qualche evidenza scientificadegli effetti benefici nel trattamento per lamastite da E. coli sono i fluorochinoloni e lecefalosporine. Nei casi gravi di mastite da E.coli è comunque consigliata la somministra-zione sistemica di antibiotici per ridurre ilrischio di batteriemia mentre l’efficacia deltrattamento per via intramammaria non ri-sulta ancora provata da nessun dato scien-tifico. Diversi autori hanno evidenziato la fonda-mentale importanza degli antinfiammatorinon steroidei (FANS) come farmaci di primascelta per alleviare i segni clinici associatialle mastiti da E. coli.Concludendo possiamo affermare che, incorso di sospetto di mastite moderata e graveda E. coli, è consigliata la terapia antibioticaper via generale al fine di scongiurare il ri-schio di batteriemia, associandovi una tera-pia di supporto e la somministrazione diFANS.

STAPHYLOCOCCUS AUREUSStaphylococcus aureus è il principale agenteeziologico in grado di causare mastiti con-tagiose nella bovina da latte, dato confermatoanche dalla nostra attività, in cui S. aureus èstato isolato nel 9,61% mentre Streptococcusagalactiae nell’1,17% di campioni di mastiteclinica (vedere tabella 2). Un’indagine svoltanegli ultimi anni nella Regione Lazio ha in-dicato una prevalenza di S. aureus nel 52,68%delle aziende monitorate. A livello di alle-

Supplemento de La Settimana Veterinaria - n° 967 del 29 giugno 2016 29

Aspetti metodologici per la gestione della mastite clinica

FIGURA 3. ANDAMENTO DELLE CELLULE SOMATICHE EUFC DI E. COLI IN FUNZIONE DEL TEMPO (FONTE QMPS)

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vamento è stata osservata una percentualemedia di infezione del 39%, con un range dianimali infetti tra il 3% e il 100%. Comples-sivamente sono state controllate 11.482 bo-vine, delle quali 2.903 (25,3%) sono risultateinfette da S. aureus. Tale patologia comparein forma lieve con occasionali episodi a ca-rattere acuto al momento del parto. Con ilprocedere della lattazione prevale la formasub-clinica associata a incrementi del conte-nuto cellulare e riduzione della produzionelattea. Sia le forme cliniche che quelle chequelle sub-cliniche possono progredire incroniche con lesioni irreversibili della ghian-dola mammaria. Il trattamento farmacolo-gico in lattazione ha scarse probabilità di suc-cesso: 25% per le forme cliniche, 40% per leforme sub-cliniche.La terapia endomammaria in asciutta per-mette di ottenere risultati migliori (50-75%)e comunque legati all’ordine di parto (>1;>2; >3; >4), numero di quarti infetti, forma-zione di microascessi, sviluppo di ceppi far-macoresistenti (MRSA). Nella tabella 3 (ve-dere) si evince come il 7,5% dei ceppi di S.aureus testati mostri un profilo di resistenzaa più di tre molecole testate. La guarigionespontanea risulta essere molto bassa.L’immunità di tipo umorale non sembra averun ruolo protettivo nei confronti delle infe-zioni mammarie da S. aureus, ciò pone quin-di grossi limiti all’efficacia di una certa tipo-logia di vaccini. La principale fonte di contagio sono i quarti

infetti delle bovine, la cute della mammellae del capezzolo lesionati. La fase di maggiorcontagio risulta essere la mungitura attra-verso i gruppi prendi capezzolo, i tovaglioliper la pulizia delle mammelle e le manidell’operatore contaminati.Il ruolo delle manze nella diffusione dell’in-fezione in un programma di risanamento de-ve essere attentamente verificato per impo-stare eventuali strategie di controllo. Le scar-se misure igieniche durante le operazioni dimungitura e l’ingresso in allevamento di ani-mali infetti aumentano il rischio di contagiotra le bovine in lattazione.Il controllo delle mastiti sostenute da S. au-reus si basa su alcuni fattori importanti qualiuna routine di mungitura corretta e igienica,separazione dei soggetti infetti, controllo pe-riodico degli animali negativi e di tutte lebovine dopo il parto (7, 14 e 21 giorni), con-trollo batteriologico di tutti i casi di mastiteclinica del gruppo dei soggetti negativi, te-rapia antibiotica in asciutta efficace control’agente eziologico e riforma degli animaliaffetti da infezioni croniche.

CONCLUSIONIAlla luce di quanto detto, il trattamento, purrimanendo un aspetto importante nel con-trollo della mastite, diventa più efficace seassociato a protocolli di intervento scritti ebasati su: diagnosi clinica precoce; valuta-zione dei dati del singolo soggetto (numerodi lattazioni, numero dei casi clinici prece-denti, storico delle SCC dei controlli funzio-nali) e identificazione presunta o accertatadell’agente eziologico; uso di antibiotici peruna durata appropriata per il patogeno inquestione/atteso. Il trattamento e la gestionedei casi clinici è quindi di fondamentale im-portanza nei programmi di controllo e ge-stione delle mastiti, dove la prevenzione ri-mane il requisito principale.In generale, l’utilizzo di protocolli gestionalisviluppati su una raccolta di dati aziendalirappresenta un valido strumento per il mi-glioramento del management aziendale fi-nalizzato principalmente alla prevenzionedella mastite e a un uso più consapevole delfarmaco.

Supplemento de La Settimana Veterinaria - n° 967 del 29 giugno 201630

Dubbi e certezze nella gestione della mastite della bovina da latte

PROFILO DI RESISTENZA % ISOLATI RESISTENTI

AM 10,6SUL 6,1SUL-SXT 9,1TE-SUL-SXT 3,0AM-SUL-SXT 1,5AM-ENR-AMC 1,5AM-GE-SUL-K 1,5AM-ERY-CLI-TE-K 3,0AM-ERY-CLY-TE-SUL-SXT-K 3,0

Tabella 3. Profili di antibiotico-resistenza in S. aureus isolatida latte di singole bovine (dati IzsLT)

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