La Scienza in Tv

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Davide Di Santo La Scienza In Tv Forme della Comunicazione Scientifica Pubblica in Televisione

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Davide Di Santo

La Scienza In TvForme della Comunicazione Scientifica Pubblica

in Televisione

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La Scienza in Tv

Forme della comunicazione scientifica pubblica in televisione Prima parte - Le teorie e le tecniche Introduzione: il complesso di Andalù Capitolo 1 - Cosa c’è in Tv? I programmi di divulgazione scientifica, p. 1 1.1 - Livelli di analisi e metodologia, p. 3 1.2 - La mappa della divulgazione televisiva. Sfere d’azione delle trasmissioni di

comunicazione scientifica in Italia, p. 6 1.3 - Il conduttore, p. 9

1.3.1 - Il cultore e il militante, p. 10 1.3.2 - L’ingenuo e l’umanizzante, p. 12 1.3.3 - Il giornalista e l’entusiasta, p. 12 1.3.4 - La vestale e l’evocatore, p. 14

Capitolo 2 - I modelli della comunicazione scientifica pubblica, p. 15 2.1 - I flussi della comunicazione, p. 15 2.1.1 - Tra divulgazione e comunicazione scientifica pubblica, p. 17 2.2 - La semplificazione, p. 19 2.2.1 - Il modello della diffusione, p. 22 2.2.2 - Giornalisti e mediazione, p. 24

2.2.3 - Il pubblico, p. 25 2.2.4 - Gli scienziati, p. 29 2.2.5 - Il modello della continuità e del salvagente (bucato), p. 29

2.3 - L’expertise, p. 37 2.3.1 - L’assegnazione della credibilità, p. 40 2.3.2 - Non esperti e quasi esperti, p. 42 2.3.3 - Flusso comunicativo e interazione, p. 45

Capitolo 3 - Pensiero scientifico e senso comune, p. 50 3.1 - La metafora, p. 50 3.2 - Il linguaggio del senso comune: La Scienza In Cucina, p. 53 3.3 - Le rappresentazioni sociali, p. 53 3.4 - Rappresentazioni sociali e senso comune, p. 55 3.5 - Scienza, senso comune, everyday knowledge, p. 59 3.6 - Il trasferimento delle conoscenze, p. 62 Capitolo 4 - Televisione e negoziazione della scienza, p. 66 4.1 - La negoziazione della scienza nello spazio pubblico, p . 67 4.2 - Attori e conflitti, p. 69 Capitolo 5 - Divulgazione e retorica: generi e linguaggi, autorevolezza e patti comunicativi, p. 71 5.1 - I generi: forme e promesse della scienza in Tv, p. 71 5.2 - La divulgazione come genere, p. 73

5.2.1 - Logiche di programmazione, p. 74

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5.2.2 - Le tecniche, p. 76 5.3 - La notizia scientifica nel flusso televisivo: informazione e infotainment, p. 79

5.3.1 - Scienza e newsmaking, p. 80 5.3.2 - I telegiornali e la notizia scientifica, p. 82

5.4 - La fonte autorevole e la credibilità, p. 84 5.4.1 - Autorevolezza e divulgazione scientifica, p. 86 5.4.2 - Su Voyager: etichette di genere e contenuto, p. 87

5.5 - Il patto comunicativo della scienza in Tv, p. 89 5.5.1 - La scienza tra paleo e neotelevisione, p. 91 5.5.2 - Il patto dell’apprendimento, p. 93 5.5.3 - Il patto dello spettacolo, p. 94 5.5.4 - La fiducia, p. 95

Capitolo 6 - Divulgazione e ideologia, p. 98 6.1 - Le rappresentazioni della scienza: Frankenstein o Marie Curie?, p. 99 6.1.1 - Scienza e fiction, p. 100 6.2 - Immagini televisive della scienza, p. 102 6.3 - Ideologie della scienza in Tv, p. 103 Capitolo 7 - Divulgazione e narrazione, p. 107 7.1 - Sapere scientifico e sapere narrativo, p. 109 7.2 - Scienza e narrazione, p. 110 7.3 - Mito e mimesi, p. 111

7.3.1 - Dimensione agonistica della narrazione della scienza, p. 113 7.4 - Gli iconolatri di Bisanzio, p. 114 7.5 - Intellettuali ed esclusi, p. 115 7.6 - UnmasKing Kong, p. 116 Seconda parte - Il caso di studio Capitolo 8 – L’analisi delle interviste, p. 119 8.1 - Scienza divulgazione, p. 119 8.2 - La rappresentazione della scienza, p. 121 8.3 - Ideologie della divulgazione, p. 122 8.4 - La televisione, p. 123 8.5 - Il pubblico, p. 125 8.6 - La selezione degli argomenti, p. 127 8.7 - Credibilità e fonti, p. 128 8.8 - Il patto comunicativo, p. 130 8.9 - Linguaggi, parole e immagini, p. 132 8.10 - Tra scienza e pubblico, p. 134 8.11 - Futuro della scienza, della divulgazione, dell’intervistatore…, p. 136 Conclusioni, p. 140

Appendici – Trascrizioni delle interviste, p. 150

Bibliografia, p. 159

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Introduzione: il complesso di Andalù

Lo spettatore di programmi di divulgazione scientifica vive il complesso di Andalù,

assistente del ‘colonialista ingenuo’i Angelo Lombardi de L’amico degli animali: è

spettatore, modello e produttore implicito di senso. Lo stesso conduttore è un’entità

anfibia, sospeso tra expertise e senso comune. È responsabile della descrizione per

metafore e analogie di argomenti complessi, della selezione e riformulazione dei loro tratti

salienti in linguaggi non specialistici, delle dinamiche di percezione dell’autorevolezza e di

attribuzione della credibilità. La ricerca di continuità in un processo discontinuo e

frammentario come quello della ricerca scientifica non solo risponde all’esigenza di

rendere attraente il prodotto televisivo, ma è un modo per razionalizzare attraverso

elementi del senso comune conoscenze altrimenti esoteriche.

Andalù sta ad Angelo Lombardi come il fruitore sta alla tv: rapporto subalterno tra

colonialista e indigeno a cui insegnare, anche se quest’ultimo è al tempo stesso fruitore e

produttore di senso dal momento che linguaggi e logiche di programmazione non sono il

risultato di una traduzione lineare ma si modellano in base alle conoscenze di sfondo

ipotizzate, al posizionamento del programma, alla personalità di rete e alle ideologie del

programma.

Il patto di veridizione che sussisteva nella tv degli albori tra pubblico ed emittenza si è

trasformato da un rapporto tutoriale e didascalico a un rapporto basato sull’emotività, il cui

linguaggio più efficace è quello dell’intrattenimento. La tv non è più un maestro, ma un

cugino più grande, un po’ sboccato...

È dunque utile analizzare le dinamiche attraverso le quali si costruiscono le

rappresentazioni televisive della realtà, e specialmente della scienza dal momento che essa

subisce reintrepretazioni continue da parte dei media.

Si è scelto di approfondire il rapporto tra scienza e televisione per diversi motivi. Innanzi

tutto la divulgazione scientifica come genere in Italia nasce insieme alla televisione stessa.

Inoltre è un settore della comunicazione in cui il rapporto che lega rappresentazione

televisiva e fonti è fortissimo, dal momento che la formulazione televisiva di conoscenze

rappresenta la funzione cardine della divulgazione. Infine l’analisi della divulgazione

scientifica consente di osservare tecniche retoriche, ideologie e strategie narrative attivate

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ii

durante la produzione di racconto televisivo dal momento che è indispensabile il rispetto

delle fonti scientifiche che vengono riformulate in good stories.

Questo lavoro si propone di analizzare i processi di produzione di rappresentazioni

televisive della scienza all’interno dei programmi di divulgazione scientifica. A una prima

parte di analisi dei vari aspetti riguardanti la comunicazione pubblica della scienza segue

un caso di studio specifico basato sulla metodologia dell’intervista qualitativa a osservatori

privilegiati.

Nel primo capitolo si delinea una mappa della divulgazione scientifica nella televisione

italiana alla luce di studi effettuati nell’ambito delle teorie della comunicazione di massa.

Vengono evidenziate le sfere d’azione dei programmi attualmente in onda e di quelli più

rappresentativi dei decenni scorsi e le diverse forme della figura del conduttore.

Il secondo capitolo ospita la descrizione, e in alcuni casi la rielaborazione, dei modelli

più diffusi di comunicazione pubblica della scienza. A tal riguardo si analizzano sia i

modelli che approfondiscono i flussi della comunicazione coinvolti nella divulgazione sia i

modelli che definiscono le problematiche della semplificazione delle conoscenze

specialistiche come il modello della continuità attraverso il suo approccio al pubblico, ai

mediatori e al mondo della ricerca. Accanto alla descrizione del modello della continuità

ne viene proposta una sua rielaborazione nata dalla necessità di tenere conto delle

deviazioni delle traiettorie di routine della comunicazione della scienza che coinvolgono

l’arena pubblica e i processi di negoziazione. Infine vengono evidenziate le problematiche

relative all’expertise nei programmi di divulgazione scientifica, ovvero i processi

dell’assegnazione di credibilità, dell’attribuzione dello status di esperto, dei flussi

comunicativi finalizzati all’asseverazione e esplicitazione di conoscenze.

Nel terzo capitolo si analizzano i rapporti tra pensiero scientifico e senso comune alla

luce delle teorie sulla rappresentazione sociale. Viene sottolineato il ruolo della metafora

nella comunicazione pubblica della scienza e l’importanza del senso comune e della

everyday knowledge nella diffusione e nella produzione di conoscenze scientifiche.

Mentre il quarto capitolo descrive i processi di negoziazione della scienza nello spazio

pubblico, i restanti tre capitoli della prima parte si occupano di tre aspetti rilevanti di un

i Aldo Grasso a tal proposito riporta che “Lombardi [...] si comporta come il classico esploratore bianco dei fumetti: è forte, è il dominatore del regno animale, è un po’ colonialista”. Fonte: Grasso A., Storia della televisione, la Tv italiana dalle origini, Garzanti, Milano 1999

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testo televisivo, come affermato da Roger Silverstone, ovvero retorica, ideologia e

narrazione della divulgazione scientifica.

Più approfonditamente nel quinto capitolo viene definita la divulgazione scientifica come

genere e ne vengono descritte le tecniche e le logiche di programmazione. Vengono inoltre

analizzate le caratteristiche della notizia scientifica nel flusso televisivo. A tal proposito

vengono descritti i criteri di selezione e i valori notizia della notizia scientifica in

televisione. Successivamente viene introdotto il tema dell’autorevolezza della divulgazione

scientifica e della sua percezione come fonte credibile. A tal riguardo viene analizzato il

rapporto tra elementi caratteristici del genere e contenuti veicolati relativamente agli studi

riguardanti il patto comunicativo che si instaura tra televisione e fruitore.

Il sesto capitolo descrive le rappresentazioni della scienza e dello scienziato in

televisione e l’influenza dell’immagine della scienza costruita dalla fiction nei processi di

negoziazione. Inoltre vengono delineati gli atteggiamenti ideologici delle trasmissioni di

divulgazione scientifica mentre il settimo capitolo si occupa della dimensione narrativa

della scienza, ovvero del rapporto tra sapere scientifico e sapere narrativo.

Si cerca, infine, di evidenziare scenari possibili nella ricerca di linguaggi efficaci per la

diffusione della scienza: forme televisive che riescano a fornire conoscenze, promuovere

interazioni, creare motivazioni e nuove forme di fruizione che prevedano l’interazione di

molteplici mezzi di comunicazione.

La seconda parte ospita il case study. È stata usata la metodologia dell’intervista

qualitativa a osservatori privilegiati per redigere un questionario semistrutturato

circoscritto a sette argomenti: scienza, televisione, pubblico, produzione, credibilità,

linguaggi, autopercezione dei professionisti del settore. Questo tipo di analisi consente di

evidenziare i punti di vista di attori diversi coinvolti nello stesso processo produttivo. I

soggetti coinvolti in questo studio sono figure professionali affermate nel campo della

divulgazione scientifica e occupano ruoli chiave nella redazione del programma di Rai

Uno SuperQuark. Si tratta di Monica Giorgi Rossi, produttrice esecutiva, Laura Falavolti,

curatrice, Giovanni Carrada, autore, Giangi Poli, redattore scientifico, Piero Angela,

ideatore e conduttore. La metodologia impiegata favorisce la più assoluta libertà espressiva

del soggetto per quanto riguarda la definizione dei temi avanzati dall’intervistatore, al

quale è lasciato il compito di confrontare i punti di vista dei singoli soggetti. I contenuti

delle interviste saranno interpretati al fine di descrivere esperienze professionali e

concezioni personali dei soggetti coinvolti. Ciò aumenterà le possibilità di comprendere

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fenomeni complessi come quello della creazione di rappresentazioni della scienza, del

rapporto tra senso comune e discorso scientifico nella diffusione della scienza, della

percezione del pubblico da parte di professionisti della comunicazione e della loro

percezione riguardo il proprio ruolo.

La realizzazione di questo lavoro è stata possibile grazie alla disponibilità di Piero Angela, Giovanni Carrada, Laura Falavolti, Monica Giorgi Rossi, Giangi Poli e di tutta la redazione di SuperQuark, e grazie all’aiuto prezioso (e all’amicizia) di Arianna, Elisabetta, Micaela, Matteo, Nicola e Sara.

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“Non avrai veramente capito qualcosa fino a quando non sarai in grado

di spiegarla a tua nonna” Albert Einstein

Prima parte - Le teorie e le tecniche

Capitolo 1 - Cosa c’è in Tv? I programmi di divulgazione scientifica

Le definizioni di che cosa sia divulgazione sono numerose e spesso evidenziano aspetti

diversi della comunicazione scientifica, a dimostrazione della complessità di interessi che

innervano il concetto di divulgazione. Essa è mediazione1, interfaccia ma soprattutto una

good story da raccontare2. Vive il contrasto tra la “scienza in vetrina” e la sua

“riappropriazione”3; la sua capacità di tradurre il sapere in good stories4 convive con

l’essere informazione e comunicazione5; ma è anche riduzione6 e per alcuni, a causa di

barriere linguistiche e difformità di apparati intellettuali, una missione impossibile7; è

traduzione8, giro di frasi9, perifrasi e riassunto10; allusione, informazione per sommi capi,

suggerimento, rivolti a un lettore idealmente digiuno e motivato su questioni che

richiederebbero anni di studio per essere penetrate a fondo11. In lingua inglese invece

esistono ben quattro parole per coprire l’area semantica che in italiano viene occupata dal

termine divulgazione: spreading of scientific news, scientific education, popularization,

divulgation. Il concetto di divulgazione, dunque, ingloba una pluralità di significati che

prendono forme diverse a seconda della formulazione del messaggio e degli obiettivi della

comunicazione.

Già prima dell’avvento della televisione la divulgazione scientifica aveva esplorato

diversi gradi di approfondimento e presentazione, toccando registri sia colti che popolari.

Gli estremi di questo continuum sono rappresentati dai metodi della semplificazione

1Tannenbaum P.H., editoriale in Science, n. 3567, 1963 2 Pearlman D., Science and the massmedia, “Dedalus”, n. 103, 1974 3 Grasso A., Il demone della divulgazione, in Bettetini G.F. Grasso A. (a cura di), Lo specchio sporco della televisione, divulgazione scientifica e sport nella cultura televisiva, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1988, p. 57 4 Vinassa De Regny E., L’informazione scientifica, “Città-Regione”, 8-9, 1979 5 Jacobelli J., Relazione in Atti del Convegno “Il linguaggio della divulgazione”, Milano, 1982 6 Aa. Vv., editoriale in Penguin Science News, 1947 7 Thistle M. W., Popularizing Science, “Science”, n. 4, 1958 8 Tannenbaum P.H., op. cit. 9 Bloomfield L., Scienza del linguaggio e linguaggio della scienza, Marsilio, Padova 1970 10 Beccaria G. L., Relazione in Atti del Convegno “Il linguaggio della divulgazione”, Milano 1982 11 Piattelli Palmarini M., S come cultura, Protagonisti, luoghi, idee delle scienze contemporanee, Mondadori, Milano 1987

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(popularisation) e da quello della diffusione (spread of scientific news): il primo indica

una scelta preventiva di argomenti e la loro subordinazione nelle categorie logiche e

semantiche del linguaggio comune, mentre nel secondo prevale l’istanza giornalistica della

completezza e del rigore espositivo, con la conseguente perdita di comprensibilità.

L’‘educazione permanente’ (scientific education) e lo spettacolo (scientific entertainment)

sono registri e linguaggi declinati in più forme nella divulgazione scientifica prima e dopo

la nascita della televisione, basti pensare ai programmi Rai della fine degli anni Cinquanta

e alle più moderne forme di edutainment, o per i periodici alle differenze tra Le Scienze

(Scientific American) e Focus, mentre la peculiarità del mezzo televisivo relativamente alla

comunicazione pubblica della scienza si manifesta soprattutto per quanto riguarda la

rappresentazione della scienza.

Con l’avvento della televisione sono incrementate le potenzialità espressive della

divulgazione, nuovi linguaggi si sono affiancati a quelli preesistenti, dal momento che

l’audiovisivo è diventato una seconda lingua madre, unico linguaggio comune a popoli

diversi12. Soggettiva e montaggio, ad esempio, fanno parte delle nostre competenze

linguistiche dopo più di un secolo di cinema e mezzo di televisione. Il linguaggio per

immagini è addirittura predominante, la “galassia Marconi” inghiotte la “galassia

Gutenberg”.13

Durante la traduzione del discorso scientifico in narrazione televisiva la scienza acquista

unità e neutralità, le differenze che la diversificano al suo interno si neutralizzano,

fornendo un’immagine della scienza unitaria e idealizzata, con denotazioni che variano

dalla conquista, alla rivalità tra nazioni, al progresso umano. L’incontro tra scienza e

televisione ha subordinato la scienza ai criteri televisivi: divulgazione è notizia di eventi

che possano essere ridotti a una good story.14

Il primo divulgatore della televisione italiana è stato il professor Alessandro Cutolo nel

1954 nella longeva trasmissione Una risposta per voi, andata in onda fino al 1968, che si

ispirava a una rubrica americana condotta dal vescovo Fulton Sheen15. Già dai primi anni

Sessanta avviene un processo di differenziazione tra le trasmissioni per quanto riguarda il

12 Castellani, L., La Tv dell’anno zero, Studium, Roma 1995, p. 31 13 Ibidem, p. 32 14 Bettetini G. F. Grasso A. (a cura di), Lo specchio sporco della televisione, divulgazione scientifica e sport nella cultura televisiva, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1988, pp. 16-19 15 Nobile S., La scienza in Tv, tempi e mercati della divulgazione scientifica, in Cannavò L. (a cura di) La scienza in tv: dalla divulgazione alla comunicazione scientifica pubblica, VQPT/Eri, Roma 1995

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divario di competenze, il livello di risorse cognitive impiegate per fruire al meglio dei

programmi, e le diverse esigenze del pubblico pomeridiano da quello della seconda serata.

Pertanto la scienza in tv viene declinata in forme divergenti già dalla sua nascita, si

producono trasmissioni come L’amico degli animali16, che faceva presagire le potenzialità

del mezzo televisivo nel fondere etologia e senso comune, e Orizzonti della Scienza e della

Tecnica17, rivolta a un pubblico motivato: il programma si proponeva come strumento

informativo di approfondimento con puntate monografiche finalizzate alla diffusione di

un’idea della scienza come progresso e miglioramento dell’uomo da parte dello scienziato

al servizio dell’umanità. Già dal 1958 con la messa in onda di Quarta Dimensione, Viaggio

nel Tempo e nello Spazio e Uomini nello Spazio18 si possono notare diverse forme e

potenzialità della divulgazione in televisione. Nella prima trasmissione il documentario per

la prima volta sostituiva l’esperto nella funzione di certificazione delle informazioni. I

filmati, altamente spettacolari, sottoposti a un labor limae di post-produzione

estremamente minuzioso e sottolineati da commenti musicali altamente suggestivi,

conducevano in un viaggio nel tempo consentito dall’allora recente scoperta della

possibilità di datare reperti organici grazie alle emissioni di Carbonio 14. La seconda

trasmissione era invece proiettata nel futuro e alle possibilità della ricerca più moderna con

ampio uso dei documentari che forniscono temi e nozioni per le spiegazioni degli esperti,

gli accademici Giorgio Abetti e Aurelio Robotti.

1.1 - Livelli di analisi e metodologia

In questa sede si cercherà di analizzare i diversi aspetti della divulgazione scientifica in

televisione relativamente a tre sfere d’azione del mezzo televisivo individuate da Roger

Silverstone: retorica, narrativa e ideologia. Questi aspetti emergono all’interno di ciascuna

sfera a livello cognitivo, per quanto riguarda attenzione, motivazioni, gerarchie di

importanza, narrativo e di attribuzione di valori alla storia, ed emozionale, ovvero relativo

a strategie di coinvolgimento: spettacolarizzazione e drammatizzazione19.

16 Canale nazionale, 1956, condotta da Angelo Lombardi e Bianca Maria Piccino 17 Canale nazionale, 1966-1973, domenica, seconda serata, condotta da Giulio Macchi. Dal 1967 in poi passa al Secondo Canale sempre in seconda serata ma in giorni feriali 18 Entrambe le trasmissioni: Canale nazionale, 1958, seconda serata 19 Arcuri L., Castelli L., La trasmissione dei pensieri: un approccio psicologico alle comunicazioni di massa, Decibel, Padova 1996, pp. 7-10

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I sistemi di rappresentazioni elaborati dagli individui risentono fortemente dalle

gerarchie di importanza e dalle frequenze di citazione con cui certi particolari argomenti

sono comparsi all’ordine del giorno nel sistema dei mass. Ad esempio possiamo notare una

tendenza sistematica a sovrastimare i dati di frequenza di omicidi e di crimini in genere da

parte di quelle persone che sono forti fruitrici di serial polizieschi e court-shows. C’è

dunque una stretta relazione tra quantità di fruizione televisiva e sistemi di conoscenze che

le persone strutturano a proposito della realtà sociale. La rappresentazione televisiva non è

quindi soltanto un veicolo di conoscenza, sebbene questo non sia un ruolo banale, ma il

modo stesso in cui viene trasmessa la conoscenza può diventare l’elemento più rilevante

dal punto di vista dei meccanismi di costruzione della notizia o della storia, come ad

esempio la rappresentazione televisiva del processo Mani pulite basata sul contrasto: vir

novus contro ancient regime, sud contro nord20. L’evento televisivo più che riflettere

quello che c’è nel mondo ci dice quali sono gli avvenimenti e, all’interno di questi, i

dettagli a cui si deve prestare attenzione. In quest’ottica è lecito interrogarsi se gli elementi

di drammatizzazione dei linguaggi televisivi agiscono sul piano della descrizione della

realtà o su una sua interpretazione: la cronaca audiovisiva si avvale dei mezzi del

montaggio di post-produzione o di regia conferendo ad ogni prodotto televisivo una

componente di fiction. La giustapposizione di immagini provenienti da inquadrature

diverse consente di ottenere un effetto narrativo realizzato attraverso l’uso di tecniche

drammatiche. La cronaca, il documentario, diventano fenomeni psicologicamente

significativi e consentono allo spettatore di cogliere legami, operare rimandi, di

individuare contrapposizioni, di effettuare inferenze, di andare al di là dell’informazione

audiovisiva. I confini tra fiction e cronaca sono ancora più labili se consideriamo le

modalità di fruizione. I sistemi di lettura e interpretazione dell’evento tv risultano sempre

più omogenei e indifferenziati: infatti una narrazione viene compresa più facilmente se i

fatti sono collegati a un singolo protagonista, e diventa più coinvolgente se vengono

enfatizzati gli elementi di contrasto. Una storia è ancora più efficace se il per fruitore è

facile collocare personaggi e azioni entro le classiche polarità del buono e del cattivo21.

20 Ibidem 21 Ibidem

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La metodologia utilizzata in questo studio è quella dell’intervista qualitativa a

osservatori privilegiati, circoscritta22 e semistrutturata,. Questo tipo di ricerca ha

implicazioni notevoli. Se da una parte l’intervista qualitativa si pone l’obiettivo di

“accedere alla prospettiva del soggetto studiato”,23 ovvero al punto di vista personale di un

individuo, dall’altra il ricercatore rinuncia a costruire un campione rappresentativo, ovvero

tale da riprodurre in piccolo le caratteristiche della popolazione.24

Il questionario nasce dalla necessità di registrare il punto di vista dei soggetti coinvolti

nel processo di produzione di rappresentazioni della scienza attraverso la televisione, e a

tal fine è costituito come un’intervista circoscritta25 basata su un elenco di argomenti in

assenza di una formulazione standardizzata delle domande.26 Questo metodo consente di

analizzare la percezione degli individui circa determinati argomenti lasciando loro libertà

di espressione e offrendo al ricercatore la possibilità di osservare possibili differenze nella

percezione e nella definizione dei temi stabiliti. L’eterogeneità delle esperienze e degli

individui è il punto di forza dell’intervista a osservatori privilegiati e consente al

ricercatore di analizzare le sfumature che un’indagine quantitativa non registrerebbe27;

inoltre è la metodologia più adatta ad analizzare il punto di vista degli attori coinvolti in un

processo produttivo complesso come quello televisivo.

I contenuti delle interviste tenderanno a determinare il punto di vista dei soggetti circa i

temi entro i quali sono stati suddivisi gli argomenti, e i risultati consentiranno di descrivere

esperienze professionali e concezioni personali dei soggetti coinvolti, aumentando le

possibilità di comprendere fenomeni complessi come quello della creazione di

rappresentazioni della scienza, del rapporto tra senso comune e discorso scientifico nella

diffusione della scienza, della percezione del pubblico da parte di professionisti della

comunicazione e della loro percezione riguardo il proprio ruolo sociale. Gli argomenti:

22 Ci si riferisce al concetto di focused interview avanzato da R.K. Merton, cfr. nota 25 23 Corbetta P., Metodologia e tecniche della ricerca sociale, il Mulino, Bologna 1999, p. 406 24 Ibidem 25 Merton R.K et al., The focused interview, Free Press, New York 1956 26 Phillips B.S., Social research. Strategy and tactics, Mac Millan, New York 1971, trad. it. Metodologia della ricerca sociale, il Mulino, Bologna 1972, pp. 191-192 27 Corbetta P., Metodologia e tecniche della ricerca sociale, pp. 420-421

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La scienza

definizioni di scienza e divulgazione

rappresentazione della scienza in tv

rappresentazione delle differenze

La televisione

definizione di tv

cosa si può raccontare

cosa si dovrebbe raccontare

cosa si racconta

Il pubblico

spettatore modello vs. omnibus

grado di assimilazione e soddisfacimento

delle retroazioni del pubblico

La produzione

selezione degli argomenti

selezione, produzione, pianificazione dei

documentari

proporzione e giustapposizione degli

argomenti selezionati

La credibilità

selezione delle fonti

proporzione tra fonti scientifiche, didattiche,

informative, divulgative e di finzione

patto che lega tv, conduttore e pubblico:

fiducia e credibilità

I linguaggi

rapporto tra parole e immagini

traduzione o descrizione

in che modo la scienza diventa racconto

L’autopercezione

il divulgatore: dalla parte della scienza o del

pubblico

programma migliore e programma peggiore

Domande generali

il futuro della scienza

il futuro della divulgazione

per lavorare in questo campo è meglio una laurea

in Astrofisica o in Scienze della Comunicazione

Gli osservatori privilegiati svolgono ruoli dicersi nella produzione di SuperQuark, Rai 1:

Monica Giorgi Rossi (produttrice), Laura Falavolti (curatrice), Giovanni Carrada (autore),

Giangi Poli (redattore scientifico), Piero Angela (ideatore e conduttore).

1.2 - La mappa della divulgazione televisiva. Sfere d’azione delle trasmissioni di

comunicazione scientifica in Italia.

Si può ipotizzare una ricostruzione del posizionamento delle trasmissioni al fine di

tracciare il panorama entro cui la televisione rappresenta la scienza. Per effettuare una

tassonomia delle trasmissioni in onda negli ultimi anni si può attualizzare uno schema

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tracciato da Paolo Braga28 a partire da una divisione in categorie di Andrea Cerroni29

ideata in origine per analizzare la fenomenologia del rischio e attualizzato per quanto

riguarda le trasmissioni degli ultimi anni, anche considerando eventuali cambiamenti

nell’esposizione e nella selezione dei contenuti. La coordinata fondamentale di

posizionamento dei testi è la “responsabilizzazione” rispetto alla scienza intesa come

fenomeno complesso. Questa istanza si concretizza quando:

i) i programmi inducono l’audience ad una autopercezione di consapevolezza dei

paradigmi disponibili per spiegare le problematiche trattate;

ii) quando è evidente nella rappresentazione che la ricerca non è immune da influenze

sociali, geografiche e politiche;

iii) quando si propongono criteri e si forniscono strumenti per partecipare al dibattito

pubblico in una prospettiva storicamente e antropologicamente attendibile30. L’istanza

della responsabilizzazione resta inevasa quando la comunicazione scientifica in televisione

non riesce, almeno in misura accettabile, a colmare la distanza tra pubblico e scienza.

Questo divario permette ugualmente al fruitore di stupirsi, di intrattenersi, di pensare, ma

in modo passivo, intendendo la scienza come prassi inevitabilmente delegata ai tecnici31.

L’autopercezione di responsabilità interessa sfere e dimensioni diverse:

i) il proprio corpo

ii) i consociati, ovvero i legami affettivi più forti identificabili con famiglia e amici

iii) i contemporanei: bambini, anziani, popoli del mondo

iv) i successori, ovvero le prossime generazioni

v) l’ambiente. In senso lato la Terra.

28 Braga P., La divulgazione scientifica in televisione, in Bettetini, G., Braga, P., Fumagalli, A. (a cura di), Le logiche della televisione, Franco Angeli, Milano 2004, p. 198 29 Cerroni A. et al., “Biotecnologia e opinione pubblica. Una ricerca sulla percezione della scienza in Italia”, Sociologia e Ricerca Sociale, 67, 2002, pp. 117-142 30 Braga P, La divulgazione scientifica in televisione, p. 196 31 Ibidem

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Figura 1 - L'offerta divulgativa e i suoi contenuti.

Le trasmissioni di comunicazione medica, dunque, sono più pertinenti alla prima sfera,

mentre quelle di stampo ambientalista, ad esempio, o di etologia sono più vicine alla

quinta. In altri termini le fasce dello spettro (figura 1) sintetizzano le aree di

responsabilizzazione in rapporto alla scienza che possono essere attivate da una

trasmissione in virtù degli argomenti di cui si occupa abitualmente. Oltre alla dimensione

concettuale del posizionamento dei programmi all’interno dello schema va considerata

anche quella emotiva, estremamente importante in televisione. Strategie di coinvolgimento

Page 16: La Scienza in Tv

9

e gestione dei filmati determinano il tipo di conduzione delle trasmissioni32 che possono

essere molto diverse dal punto di vista emotivo mentre le forme espositive della

divulgazione odierna non differiscono molto dal modello edutainment-infotainment,

entrambi generi che si basano sulla personalizzazione del conduttore. Il conduttore nel

microcosmo della trasmissione televisiva rappresenta il volto della scienza33 e funge da

raccordo tra tutti gli elementi del programma, tra gli esperti, il pubblico e gli ‘altrove’

rappresentati dai filmati e dai collegamenti esterni. La trasmissione può puntare sull’azione

coinvolgente: “di fronte a un conduttore che si lancia nella dimostrazione del prototipo di

galleria del vento e poi della mansuetudine di un raro felino del Borneo allo stato brado, di

fronte a quello che si collega con un ospedale per mostrare come ci si sottopone ad una

terapia, lo spettatore vive il dato scientifico come compatibile con la sua quotidianità”34.

Scienza come esperienza possibile. Nel caso, invece, in cui la scienza viene confezionata e

presentata in prospettiva, orientata al futuro, con enfasi per i passi compiuti dalla scienza,

in contrasto con il senso di chiusura e sicurezza dello studio, da dove il conduttore “si

trova per aprire finestre su fenomeni planetari, animali o vegetali, allora lo spettatore vive

la divulgazione come esperienza strettamente televisiva, […] opportunità di distensione

che può consistere in una parentesi per farsi un’idea approssimativa della propria funzione

nell’ordine cosmico, o nel genuino godimento dello spettacolo che dal cosmo è offerto ”.35

La convergenza degli spicchi verso la parte alta dell’immagine suggerisce l’ideale di

responsabilizzazione cui il divulgatore dovrebbe puntare. L’attivazione di una porzione di

questo schema da parte di una trasmissione, dunque, dipende principalmente dagli ambiti

di interesse frequentati (gli estremi: corpo e ambiente), il modo di presentazione

(tensione/distensione), la volontà di fornire degli strumenti concettuali per il dibattito

pubblico (responsabilizzazione).

1.3 - Il conduttore

Gli stili di conduzione delle trasmissioni di divulgazione sono diversi e producono

percezioni della scienza e tipologie di informazioni volte a integrare le conoscenze di

fondo del pubblico di riferimento in modo differente l’uno dall’altro. La tendenza

32 Semprini A., Analizzare la comunicazione. Come analizzare la pubblicità, le immagini, i media, Franco Angeli, Milano, 1997, pp. 257-264 33 Braga P, La divulgazione scientifica in televisione, p. 197 34 Ibidem

Page 17: La Scienza in Tv

10

personalizzante della televisione italiana si manifesta al meglio nei programmi di

divulgazione scientifica: sono infatti pochissimi gli esempi di programmi di genere non

incentrati sulla figura del conduttore. Il ruolo del conduttore è cruciale per diversi aspetti.

Infatti egli rappresenta il garante del patto di veridizione che lega fruitore ed emittente:

questo gli permette di essere credibile sia come mediatore, ospite degli esperti, sia come

enunciatore. Inoltre lo stile di conduzione contribuisce con decisione alla costruzione della

rappresentazione della scienza veicolata al fruitore. Infatti il conduttore si può dire che

incarni l’immagine della scienza che presenta, e per questo è utile definire i modi

attraverso i quali il personaggio del conduttore, foriero anche dei tratti distintivi della rete,

rappresenta la scienza.

1.3.1 - Il cultore e il militante

Il conduttore che si rifà allo stile detto del “cultore della disciplina”36 è come un custode

della scienza con licenza di diffusione. Lo spettatore è emotivamente libero rispetto

all’impegno intellettuale da assumere di fronte ai contenuti. Senza enfasi il conduttore

presenta i vari temi con tono pacato e ritmo espositivo regolare. La tranquillità con cui il

conduttore sdrammatizza con partecipazione quasi divertita alla probabile sorpresa del

pubblico sottolinea la necessità della divulgazione di stupire e tranquillizzare37. La ricerca

viene vista come un’impresa umana collettiva in cui lo studioso sembra alleggerito da

radicalismi e difficoltà di finanziamento. Il metodo scientifico, in questa rappresentazione

della scienza, invita alla pazienza fiduciosa radicata nel concetto di progresso come

crescita collettiva per prove ed errori, e il laboratorio è sua icona e simulacro. Questo stile

di conduzione include nello stesso raggio della selezione naturale mondo culturale e

mondo naturale: “[l’evoluzione] suggerisce al singolo una benevola adeguazione a quanto

può risultare spiacevole, tanto più che, comprendendone i principi, risulterà molto più

accettabile. […] Un taglio riduzionistico avvertibile, mimetizzato da un’eleganza di

eloquio un poco algida”38 suggerisce la corretta distanza dalla quale osservare i fenomeni,

ovvero con coinvolgimento intellettuale e distacco emotivo. In quest’ottica, ad esempio, è

35 Ibidem 36 Si prende spunto dall’analisi di Paolo Braga contenuta in La divulgazione scientifica in televisione, pp. 198-206 37 Angela P., La divulgazione scientifica in televisione, in Bettetini G.F., Grasso A. (a cura di), Lo specchio sporco della televisione, divulgazione scientifica e sport nella cultura televisiva, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1988, pp. 511-516

Page 18: La Scienza in Tv

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del tutto lecito, e televisivamente efficace, trattare un tema come quello dell’amore dal

punto di vista etologico usando strumenti come la neuropsicologia e paragonando

l’innamoramento ai comportamenti ossessivi compulsivi come avvenuto in una puntata

monografica di Quark del febbraio 2002.39

La rappresentazione della parte pratica degli argomenti, soprattutto per ciò che riguarda

l’uomo e le passate civiltà, vivacizza le trasmissioni, attribuendo un fascino maggiore alla

laboriosità, all’ingegno, al ciclo perpetuo della civiltà umana più che ai valori in sé. In

conclusione, lo stile del “cultore della disciplina” è identificabile nelle trasmissioni di

Piero Angela.

Se nello stile precedentemente analizzato il conduttore, custode e ambasciatore della

scienza, è gratificato dal suo stesso sapere tanto che la causa scientifica non ha bisogno di

presentazioni, parla da sé, e viene offerta con garbo al pubblico, nella divulgazione “di

prima linea”, dove emerge il ruolo del conduttore “militante”, la scienza “deve” essere per

tutti. L’eterogeneità degli ospiti in studio di alcune trasmissioni dimostra questa volontà di

produrre discorso scientifico popolare e fruibile allo stesso modo da tutti. Il conduttore

riserva le attenzioni migliori per gli iniziandi che trovano finalmente un luogo che gli

permette un contatto con l’esperto di qualche tema. Lo spettatore è emotivamente meno

libero rispetto allo stile precedente dato che il suo disimpegno non è scusabile: l’obiettivo

della trasmissione è quello di rispondere agli interrogativi che si pongono tutti. Oltre

all’arricchimento, forse più nozionistico che culturale, la gratificazione maggiore per lo

spettatore è quella rappresentata dalle nuove frontiere del documentario scientifico.

In queste produzioni di vertice la scienza appare frantumata in una molteplicità di set

documentaristici ai quali è merito dell’impegno editoriale del programma portare

audience, non dissimulando assolutamente lo sforzo, che, anzi, viene spesso enfatizzato.

La scienza come oggetto fruibile, esperienza emotiva e, in ultima istanza, culturale,

determina un’idea di progresso ingenua e spettacolare che concedere alla televisione di

sfruttare al massimo le sue potenzialità di intrattenimento. Questo stile è ravvisabile in

programmi come La Maccina del Tempo di Cecchi Paone.

38 Braga P, La divulgazione scientifica in televisione, p. 199 39 Ibidem

Page 19: La Scienza in Tv

12

1.3.2 - L’ingenuo e l’umanizzante

Quando il conduttore adotta uno stile ingenuo le dinamiche di partecipazione del

pubblico si modificano sensibilmente. Il conduttore denuncia con modestia la propria

inesperienza di divulgatore, e questa funge da leva per ottenere la familiarità del pubblico.

Lo spettatore condivide col presentatore l’apertura di nuovi orizzonti dovuta alla visione

dei filmati o alla conversazione con gli esperti: è un rapporto paritario in cui il conduttore

non basa il suo agire sull’autorevolezza del suo ruolo, diversamente dai primi due stili

analizzati, ma sulla comune curiosità che unisce idealmente i fruitori di divulgazione, che

in questo contesto espositivo devono preferire la chiarezza espositiva alla certificazione del

sapere. Questo avvicinamento del conduttore con il lay public fa allontanare il mondo della

scienza dal pubblico. Ne scaturiscono delle rapide incursioni nel mondo della scienza a

cavallo tra cronaca e suggestione che implicitamente confortano lo spettatore: scienziati e

tecnici in tutte le parti del mondo stanno risolvendo i problemi di tutti. Questo è il caso, ad

esempio, di Sfera su La 7, condotto da Andrea Monti.

Lo stile “umanizzante” richiede un conduttore di cultura classica, che sa citare le

massime latine e greche e ha alle spalle una formazione non esclusivamente scientifica. Al

tempo stesso si richiede al conduttore di nobilitare col suo savoir faire le infiltrazioni nel

discorso scientifico del senso comune da parte degli ospiti. Mentre lo specialista illustre

usa registri e linguaggi congrui alla sua figura professionale nel descrivere gli ultimi

ritrovati della ricerca medica, al conduttore spetta dichiarare sintomi fastidiosi e cercare

conferme e smentite per i “sentito dire” in fatto di pratiche terapeutiche, scherzare sulla

paura scaramantica del profano di fronte al medico, parafrasare la conferenza specialistica

in chiacchiera salottiera da talk show. È la formula di Elisir e di Michele Mirabella. È da

notare come nell’edizione 2006 gli esperti appaiano più disinvolti, usando un linguaggio

analogico e metaforico.

1.3.3 - Il giornalista e l’entusiasta

Quando la trasmissione non ha intenzione di attuare strategie di personalizzazione il

divulgatore può vestire con successo i panni del giornalista, mutuando dal rispetto severo

della sua deontologia professionale l’autorevolezza necessaria alla divulgazione. Il rigore

Page 20: La Scienza in Tv

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formale dei registri espressivi si nota sia nel rapporto col pubblico che percepisce la natura

“di servizio” di questo tipo di trasmissioni, sia nel rapporto con gli esperti, trattati con

sussiego dato che sono la fonte delle informazioni che mettono in moto la macchina del

programma. Il divulgatore qui prende la forma tradizionale e forse superata del mediatore

che si prende l’impegno di tradurre conoscenza specifica certificata dall’autorevolezza

dell’esperto in conoscenza pratica e subito spendibile dal pubblico. Le trasmissione che

fanno divulgazione attraverso il giornalismo “di servizio” non lasciano nulla allo

spettacolo; inoltre, offrendo strumenti informativi utili al fruitore, configurano i flussi di

comunicazione in maniera didascalica, ovvero gli esperti parlano ex cathedra e il

conduttore media le conoscenze per il pubblico che le assimila. È lo stile di Check Up

(Livia Azzariti) e di Medicina 33 (Luciano Onder).

Lo stile “entusiasta” è frequente quando la scienza non catalizza l’attenzione in quanto

tale ma è la chiave per analizzare i mirabili equilibri della natura: non l’uomo che si

confronta con il cosmo e con le leggi della fisica, ma la natura che si manifesta con

grandezza. La scienza fornisce gli strumenti adatti per apprezzare l’apparente immobilità

di microcosmi diversi che non vanno cercati necessariamente in altri continenti: anche

l’ambiente urbano è un microcosmo brulicante di flora e fauna insospettabili; l’animale

domestico è uno scrigno di curiosità millenarie; la possibilità di un’emergenza nucleare

induce a cercare di capire quali sono le funzioni di una centrale energetica, a sapere cosa

successe a Hiroshima e Nagasaki e a Chernobyl, come bisogna comportarsi in situazioni di

panico. Il conduttore indossa i panni sportivamente silvestri dell’ambientalista di lungo

corso nelle riprese esterne, mentre quando è in studio emerge la sua natura di ricercatore,

di studioso, di appassionato. Le riprese esterne rappresentano il nocciolo del programma, e

vengono accompagnate dalle descrizioni euforiche e incalzanti del conduttore che

producono l’effetto di raccontare allo spettatore eventi che sembrano inaspettati. È una

delle caratteristiche di Gaia di Mario Tozzi40, che veste sia i panni del ricercatore che di

ambientalista sensibile ai grandi temi dell’ambiente come il riscaldamento del globo e le

energie alternative.

40 Mario Tozzi è primo ricercatore al CNR

Page 21: La Scienza in Tv

14

1.3.4 - La vestale e l’evocatore

La versione femminile dello stile precedente è ha come protagonista la conduttrice

“vestale” che adotta uno stile giovanile, solare e pacatamente alternativo: i timori ragionati

per l’ambiente sono sostituiti da interesse e passione. La passione per la natura e per gli

argomenti trattati supera l’interesse scientifico e il contenuto informativo del programma.

Questa “divulgazione emotiva” mescola le gerarchie di expertise degli ospiti tanto che è

plausibile che un primatologo e l’impiegato di un canile trattino dello stesso argomento. Il

setting traduce questa serenità emotiva, che non richiede particolari sforzi intellettuali per

assimilare il basso contenuto informativo, in paesaggi tranquilli e in forme di affettuosa

empatia, più infantile che materna, nei confronti di cuccioli e animali domestici. Tra

esotismo da villaggio vacanze e ambientalismo romantico si collocano le trasmissioni

come Alle falde del Kilimangiaro e Il pianeta delle meraviglie di Licia Colò.

La periferia oscura della divulgazione scientifica è il regno del divulgatore ‘evocatore’.

Promette di condurre gli spettatori “ai confini della conoscenza”41 attraverso il suo sguardo

magnetico e l’eloquio profetico. Alla dietrologia dell’irrisolto si applica l’etichetta della

divulgazione con l’implicita convinzione che ci sia un complotto mondiale per insabbiare

le questioni irrisolte dell’umanità. Galileo e Nostradamus spesso sembrano complementari,

e l’agenda della scienza viene influenzata dalla fiction dato che il fortunato libro di Dan

Brown Il codice Da Vinci è l’ispiratore di tutta la serie di Voyager del 2005. Templari e

Santo Graal sono gli argomenti preferiti di Voyager, tra fantastoria e fiction in forma di

detective-story, mentre Stargate (La 7) ha una predilezione per i misteri dell’antichità.

41 Ci si riferisce al titolo completo della trasmissione: Voyager, ai confini della conoscenza. Se ne parla più approfonditamente nel paragrafo 5.4.2

Page 22: La Scienza in Tv

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Capitolo 2 - I modelli della comunicazione scientifica pubblica

Il processi di professionalizzazione, emancipazione e continua specializzazione della

scienza sono stati accompagnati dall’ampliamento dei pubblici che possono essere

raggiunti dalla comunicazione scientifica42. Questi processi hanno dato l’opportunità alla

divulgazione scientifica di far nascere molteplici forme deputate a trasmettere conoscenze

altrimenti inaccessibili o impenetrabili in ambi settori del pubblico43.

I modelli di comunicazione della scienza sono diversi e nascono all’esigenza di tenere

conto da una parte dei processi di differenziazione delle comunità scientifiche e dall’altra

dello sviluppo del sistema dei media e dalla capacità di questi di agire sulla percezione

della realtà. La concezione che ha ispirato i primi modelli, detta canonica44, considera la

divulgazione come un trasferimento mediato delle conoscenze mentre modelli come quello

della continuità45 riescono a tenere conto di problematiche più complesse che sottostanno

alla comunicazione scientifica pubblica.

2.1 - I flussi della comunicazione

L’analisi dei flussi della comunicazione nella divulgazione scientifica parte dal

presupposto che la caratteristica più rilevante della comunicazione pubblica della scienza è

la centralità del sistema dei media, e fornisce strumenti utili per analizzare la

rappresentazione della scienza in televisione. La comunicazione scientifica porta

nell’arena pubblica “i principi chiave della conoscenza scientifica e cioè concetti ad alta

valenza disciplinare e transdisciplinare, utili non solo a consentire la

traduzione/descrizione del sapere già accumulato, ma anche alla delimitazione di nuove

42 Bucchi M., Science and the media, Routledge, London-New York 1998, trad. it. La scienza in pubblico, Mc Graw-Hill, Milano 2000, p. 1 43 Shapin S., “Science and the public”, Companion to the History of Modern Science, Routledge, London 1990, p. 1001 44 Il termine ‘concezione canonica’ è stato avanzato da Shapin, mentre altri studiosi hanno introdotto i concetti di ‘visione dominante’ (Hilgartner S., “The dominant view of popularisation”, Social Studies of Science, 20, 1990, pp. 519-539), di ‘modello di divulgazione’ (Väliverronen E., “Science and the media: changing relations”, Science Studies, 2, 1993, pp. 23-34) e ‘di modello di diffusione’ (Cooter R., Pumfrey S., “Science in popular culture”, History of Science, 32/3, 1994, pp. 237-267) 45 Bucchi M., “When scientists turn to the public: alternative routes in science communication”, Public Understanding of Science, 5, 1996, pp. 375–394. p. 387

Page 23: La Scienza in Tv

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aree di ignoranza e la costruzione di una nuova conoscenza, anche specializzata”46. In

particolare il mezzo televisivo viene considerato una fonte di conoscenza anche per gli

scienziati stessi, rifiutando l’idea che il trasferimento di conoscenza al pubblico avvenga

attraverso un percorso lineare esclusivamente top-down: “la divulgazione influenza le

traiettorie cognitive degli specialisti e di qui anche la produzione tecnico-scientifica,

venedo così a riscattarsi da quella connotazione sostanzialmente derogatoria che da alcuni

ricercatori le viene attribuita”47. Flussi comunicativi complessi, caratterizzati da molteplici

attori, pubblici diversi e processi di feedback evidenziano quanto sia necessaria

un’integrazione tra modelli cognitivi e massmediatici. Ciò induce a pensare che ragione

scientifica e senso comune non appartengono a domini della conoscenza qualitativamente

diversi. Nonostante la divulgazione abbia la finalità manifesta di ridurre la complessità del

sapere scientifico per permetterne la fruizione anche a un pubblico di non esperti ci

possono essere gradi diversi di semplificazione per “provvedere ad aperture verso altri

approcci o universi di discorso, con il necessario contorno di mediazioni retoriche di vario

genere”48.

È possibile individuare finalità ed effetti della comunicazione scientifica pubblica. Tra le

funzioni manifeste della divulgazione spiccano la volontà di aggiornamento delle

conoscenze e di diffusione di un’informazione critica. Le funzioni latenti invece derivano

dalle pratiche comunicative e sono ad esempio la legittimazione del sapere scientifico-

tecnologico, l’integrazione tramite i media di rappresentazioni del mondo altrimenti

contrastanti, la socializzazione ai valori della scienza, l’influenza sull’agenda setting e

l’influenza di questa nella selezione dei topics.

Il sistema dei media stabilisce pubblico di riferimento, temi, stili e linguaggi, grado di

approfondimento, in un certo senso marginalizzando i produttore di conoscenza,

“assegnando loro soprattutto il ruolo di asseveratori di affermazioni proposte dai media

stessi”.49

Inoltre una corretta divulgazione dovrebbe rappresentare la scienza usando diverse

risoluzioni, anche se la rappresentabilità televisiva della scienza come processo

sperimentale di costruzione del sapere è nettamente inferiore a quella della scienza come

prodotto. La vocazione didascalica della televisione italiana del monopolio e la sua

46 Cannavò L. (a cura di) La scienza in tv: dalla divulgazione alla comunicazione scientifica pubblica, p. 23 47 Ibidem, p.24 48 Ibidem, p. 25 49 Ibidem, p. 33

Page 24: La Scienza in Tv

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rappresentazione della scienza come “radiofonia educativa con contorno di immagini”50 ha

impedito per molto tempo un uso più articolato del linguaggio televisivo, “che propone

un’appercezione gestaltica che costituisce un priming, una vera e propria inizializzazione,

un effetto alone cognitivo sul processo di decodifica e sulla complessiva valutazione del

messaggio”51 e avrebbe le potenzialità espressive per rappresentare la scienza anche come

processo, ricerca, prove ed errori.

2.1.1 - Tra divulgazione e comunicazione scientifica pubblica

In base al pubblico di riferimento e al livello delle sue conoscenze di sfondo la

comunicazione scientifica pubblica può prendere diverse forme, a partire dal trasferimento

di conoscenze della comunicazione infraspecialistica, che viene reso ancora più difficile in

quella interspecialistica dove alcuni concetti, terminologie, procedure empirico-

sperimentali possono essere sensibilmente diversi tra le varie discipline. In questi casi si

innescano meccanismi di traduzione semantica per analogia, che si dimostrano più fluidi se

c’è una distanza ridotta tra emittente e ricevente, dove la lontananza è determinata dalle

differenze teoriche e pratiche delle discipline più che dal campo di ricerca. Infatti nella

traduzione di conoscenze notiamo che c’è minore distanza concettuale, terminologica ed

empirico-procedurale tra geotecnica e geofisica piuttosto che tra geofisica e biofisica. Con

un pubblico non scientifico per cui la traduzione analogica non ha possibilità di successo si

innescano dinamiche di traduzione parafrastica per metafora, dove la metafora implicata,

non necessariamente di senso comune, permetterà la comunicazione scientifica pubblica

nel caso dell’audience di elevato grado di istruzione ma estranea al contesto semantico e

pragmatico della ricerca scientifico-tecnologica. Al diminuire del livello di istruzione del

fruitore si configurano strategie di semplificazione che vanno dalla riduzione alla

banalizzazione, che possono condurre ad un indebolimento del significato in un contesto

espositivo di vera e propria volgarizzazione del sapere52.

Si può rappresentare il modello di Cannavò con lo schema riprodotto nella figura 2.53 Il

processo di trasferimento dei contenuti simbolici è bidirezionale e intervengono nella

50 Angela, P., Raccontare la scienza (intervista a cura di Giuseppe Ferrari), Pratiche, Torino 1987, p. 44 51 Cannavò L. (a cura di) La scienza in tv: dalla divulgazione alla comunicazione scientifica pubblica, p. 37 52 Ibidem, p. 34 53 Legenda: E: emittente, R: ricevente, p: processo comunicativo, C: capacità di decodifica del ricevente, K: complessità simbolica del messaggio trasmesso, D: distanza comunicativa e gradi di affinità semantica, F: sistemi che fungono da filtro

Page 25: La Scienza in Tv

18

comunicazione forme di sapere specializzato, il sistema dei media, tratti caratteristici dei

mezzi di comunicazione, gruppi sociali, politici e professionali. I filtri possono agire con

spessori ed estensioni differenti, consentendo senza alterazioni il flusso comunicativo

operando come interfaccia diffusori o connotare il messaggio fino a distorcerlo in modo

che venga percepito erroneamente dal pubblico di riferimento o addirittura da un’audience

imprevista.

Figura 2 - Il modello di Cannavò per la comunicazione scientifica pubblica

Il processo può essere caratterizzato da dislivelli comunicativi, filtri, particolari processi

come quello di spettacolarizzazione. Si notano due elementi tipici della divulgazione

televisiva: spettacolarizzazione della narrazione e personalizzazione dei contesti espositivi.

Lo slittamento dell’uso della spettacolarizzazione da mezzo per la rappresentazione dei

contenuti a fine su cui incentrare la comunicazione è un aspetto peculiare della

neotelevisione, una tendenza a cui la divulgazione non è immune. Questo tipo di

rappresentazione della conoscenza pone i contenuti a un grado elevato di appetibilità

suscitando interesse. Tra le conseguenze si nota il prevalere di modalità comunicative

basate sulla percezione visiva, che può essere letto come una tendenza

all’ipersemplificazione, come se si ritenessero scientificamente rilevanti solo i fenomeni

visivamente percepibili. Questo aspetto inoltre favorisce un uso distorto della

comunicazione volto alla costruzione di immagini mentali coerenti con il paradigma

Page 26: La Scienza in Tv

19

cognitivo che l’emittente vuole diffondere con l’effetto di valorizzare implicitamente

un’immagine della scienza vista “come impresa prometeica, sciamanica eppure

rassicurante, che semplifica non il contesto ma il messaggio stesso”.54

Il secondo aspetto peculiare è rappresentato dalla personalizzazione dei contesti

espositivi, “per cui in televisione non viene rappresentata la scienza ma lo scienziato, non

l’esperienza ma l’esperto”.55 La personalizzazione della comunicazione scientifica in

televisione ha il vantaggio di ridurre la distanza tra emittente e destinatario favorendo la

comprensione da parte del pubblico attraverso la creazione di una interazione impersonale.

2.2 - La semplificazione

L’opinione pubblica è senza dubbio una risorsa per la scienza. Il suo ruolo è destinato a

crescere non solo per le immediate implicazioni etiche della ricerca in campo genetico, ma

anche per l’assetto maturato dal sistema-scienza nel suo complesso. Il quadro d’insieme è

oggi interpretabile sotto il segno del tramonto della Big Science56: il finanziamento

pubblico viene sostituito da quello privato, la ricerca applicata, instradata verso prodotti e

soluzioni tecnologiche di profitto immediato supera la ricerca pura. Sia gli istituti di

ricerca che i dipartimenti universitari assumono un’ottica ‘post-accademica’

conformandosi alle attese di applicabilità a breve termine dei risultati. Questo cambio di

scenario necessita di strumenti diversi dal modello della diffusione della comunicazione

scientifica pubblica, in quanto spesso vengono effettuate dagli scienziati delle deviazioni

rispetto ai flussi comunicativi tradizionali nel tentativo di imporre all’attenzione dei media

le loro scoperte al fine di ottenere visibilità e finanziamenti da una parte, e di essere tutelati

da plagi e anticipazioni con maggiore efficacia rispetto ai tempi e ai modi del peer-

reviewing tradizionale. In questo modo gli addetti ai lavori sono contemporaneamente

raggiunti da una notizia che impone al dibattito una linea di ricerca, mentre l’opinione

pubblica tributa interesse a questo argomento che guadagna il vertice delle priorità circa,

ad esempio, la speranza di miglioramento della qualità della vita. A questo punto possono

entrare in gioco soggetti politici e istituzionali che stimolati dal battage informativo

intravedono possibilità di migliorare la propria immagine e incrementare il proprio

54 Cannavò, L., Babele e la scatola magica, in Cannavò L. (a cura di), La scienza in Tv: dalla divulgazione alla comunicazione scientifica pubblica, VQPT/Eri, Roma 1995, p. 40 55 Ibidem

Page 27: La Scienza in Tv

20

consenso legando il proprio nome a tali istanze attraverso il finanziamento. All’interno di

tale scenario la televisione agisce per quella che è: “un impareggiabile amministratrice

della visibilità sociale”57. Infatti la televisione dà prova di essere una potente leva sociale

ed economica anche per la comunicazione scientifica: la notizia di un passo avanti della

genetica nei titoli dei telegiornali può fruttare alla società responsabile guadagni strepitosi

in tempi brevissimi.58

.

Hilgartner sostiene che spesso la divulgazione si basa su una iper-semplificazione del

discorso scientifico, che però serve alla scienza come risorsa per costruire un repertorio di

modalità espressive nel dibattito pubblico, strumenti per educare alla scienza e favorire la

crescita di experitise. Genuine Science vs. Popularisation; Simplification vs. Distortion

(Pollution). Sono queste le coordinate entro cui si muove la rappresentazione televisiva

della scienza che è inevitabilmente semplificata:

“The culturally-dominant view of the popularisation of science is rooted in the idealised notion of pure, genuine scientific knowledge against which popularised knowledge is contrasted. A two-stage model is assumed: first, scientists develop genuine scientific knowledge; subsequently, popularisers disseminate simplified accounts to the public. Moreover, the dominant view holds that any differences between genuine and popularised science must be caused by ‘distortion’ or ‘degradation’ of the original truths”.

[Hilgartner59 1990: 519]

La ‘visione dominante’ si basa sul fatto che c’è sempre perdita di genuinità della scienza

nella divulgazione, che nel migliore dei casi è semplificazione delle verità originali, nella

peggiore delle ipotesi è distorsione, inquinamento. Nascono quindi vocabolari di non

scienza per spiegare la scienza, contaminazioni di conoscenza genuina e semplificata. La

divulgazione si avvicina soltanto alla conoscenza effettiva, oggettiva, e certificata. Anche i

politici e il pubblico fruiscono di una versione semplificata della scienza ed è il mondo

della scienza a indicare quali semplificazioni sono appropriate. Gli scienziati usano questo

56 Greco P., “La comunicazione nell’era post-accademica della scienza”, Jekyll.comm International Journal of Science Communication I, http://jekyll.sissa.it, 2002 57 Braga P., La divulgazione scientifica in televisione, p. 175 58 Ci si riferisce all’episodio riportato da Luigi Bianco nel dossier del 2002 dell’Osservatorio TuttiMedia Scienza e mass media di Giovanni Giovannini e Maria Pia Rossignaud consultabile sul sito www.ossevatoriotuttimedia.org, secondo il quale l’azienda che detiene i diritti della clonazione della pecora Dolly abbia diffuso la notizia di essere in grado di riportare indietro l’orologio cellulare fino allo stadio staminale per la trasformazione in cellule cardiache di cellule di altro tipo, notizia alla quale è seguito un rialzo dell’11% delle azioni in un giorno. Il comunicato stampa, però, non è mai stato seguito da alcuna pubblicazione in materia 59 Hilgartner S., The dominant view of popularisation, p. 519

Page 28: La Scienza in Tv

21

potere per applicare l’autorità dei simboli culturali ‘scienza’ o ‘distorsione’ alle

semplificazioni che ritengono opportune.

Un caso portato alla luce da Hilgartner mostra l’uso fatto dai media di un articolo di due

oncologi, R. Doll e R. Peto60 per non esperti sulla ricerca sul cancro e le relazioni tra

l’incidenza della malattia e l’alimentazione. Hilgartner dimostra che una comunicazione

scientifica con intenti divulgativi, anche se rivolta a un pubblico estremamente motivato e

non digiuno di nozioni mediche e scientifiche, è soggetta a causa di continue

semplificazioni e selezioni da parte dei media a una perdita progressiva di significato.

Infine, un articolo scientifico che viene rappresentato dai mass media tende a perdere le

indicazioni degli autori sulla precisione e l’uso dei risultati; inoltre vengono amplificati

solo alcuni aspetti ritenuti significativi da giornali e televisione; i numeri tendono a

prendere il sopravvento sulle considerazioni degli scienziati.

Infatti ogni riscrittura opera come una trasformazione quasi sempre semplificativa.

Chiaramente dipende dal contesto e da fruitore, certo però che nella riformulazione della

ricerca di Doll e Peto si notano slittamenti di significato: stima diventa scoperta,

ricercatori diventano famosi scienziati inglesi.

Questi sono i limiti della ‘visione dominante’ nell’analisi della comunicazione di

carattere scientifico, ma è molto utile come strumento politico. Questa teoria stabilisce che

la scienza reale è prerogativa solamente degli scienziati, che però sono dotati di un

repertorio di strumenti concettuali e retorici per fornire rappresentazioni della scienza al

pubblico. Questo potere viene esercitato autonomamente dagli scienziati, sia nel processo

di divulgazione che in quello di asseverazione della conoscenze, spesso in maniera non

neutra61. Spesso gli esperti semplificano la scienza con l’intento di persuadere il pubblico a

supportare il proprio obiettivo, verso l’opinione pubblica, gli investitori, la politica. Inoltre

gli scienziati spesso usano questo potere di asseverazione della scienza divulgata per non

essere danneggiati da situazioni controverse, smentendo la divulgazione e tacciandola di

distorsione: facts vs claims.

In conclusione è possibile affermare che la visione dominante della divulgazione è una

ipersemplificazione che da sola non può fornire un modello circa la diffusione delle

conoscenze scientifiche. Questo perché sono troppo ambigue le categorie genuine science,

popularization, appropriate simplification, distortion. La ricerca spesso si sofferma su

60 Doll R., Peto R., “The cause of cancer. Quantitative estimates of avoidable risks of cancer in the United States Today”, Journal of The National Cancer Institute, vol. 66, n. 6, 1981, pp. 1192-1308

Page 29: La Scienza in Tv

22

cosa determini distorsioni della conoscenza scientifica nella divulgazione. Sarebbe utile

sapere anche che cosa determina l’uso di etichette simbolico concettuali come distorsione e

semplificazione appropriata durante le controversie, e come questo meccanismo mantiene

la gerarchia degli esperti.

In questo senso questa teoria contribuisce a far mantenere agli scienziati l’esclusiva della

genuine science, dei fatti, della conoscenza non mediata. Le etichette ‘semplificazione’ e

‘distorsione’ permettono agli scienziati di garantire o meno nozioni per il pubblico. Il

problema è che spesso il mondo della scienza è diviso al suo interno, e distribuisce queste

etichette in modo diverso, mentre la rappresentazione ideologica fornita dai media vuole

una scienza unanime e concorde sull’applicazione delle etichette di appropriatezza e

inquinamento. Inoltre è impossibile stabilire quali di queste attribuzioni sono fatte per un

motivo politico.

2.2.1- Il modello della diffusione

La comunicazione pubblica della scienza, detta nel linguaggio comune divulgazione

scientifica, negli ultimi anni viene considerata dagli addetti ai lavori non più come una

parte marginale del discorso scientifico, ma ne viene affermata la centralità soprattutto per

due motivi: la scarsa alfabetizzazione scientifica della popolazione e il conseguenze

aumento della distanza tra la scienza e il pubblico da una parte, l’impatto sociale delle

notizie scientifiche sull’immagine e la percezione pubblica della ricerca dall’altra. Senza

dubbio sono numerose le occasioni in cui la scienza è chiamata a comunicare in maniera

efficace a pubblici più o meno vasti, dalle previsioni del tempo alla costituzione di un

museo interattivo sulla scienza alla pubblicazione di notizie su temi di grande richiamo

come clonazione, fecondazione assistita, AIDS.

Da Il neutonianismo per le dame di Francesco Algarotti ad oggi la divulgazione

scientifica è diventata una pratica consolidata soltanto con l’istituzionalizzazione della

ricerca come professione congiuntamente alla diffusione dei mezzi di comunicazione di

massa. Il processo di specializzazione delle discipline scientifiche ha fatto emergere

difficoltà nel trovare linguaggi adatti alla divulgazione di argomenti complessi, soprattutto

con lo sviluppo della fisica ai primi del Novecento che evidenzia un’immagine della

scienza “troppo complicata per essere compresa dal grande pubblico”, a tal punto da far

61 Hilgartner S., The dominant view of popularisation, p. 513

Page 30: La Scienza in Tv

23

esclamare ad Einstein circa la teoria della relatività: “al mondo non ci sono più di una

dozzina di persone in grado di capire la mia teoria” 62.

Questa visione della comunicazione pubblica della scienza implica che i media assolvano

un ruolo di mediazione tra scienza e pubblico per colmare la distanza “attraverso la

metafora della traduzione linguistica”63. Il divulgatore come interprete che traduce

conoscenze complesse in linguaggi accessibili. È però un’ottica troppo semplicista e

idealizzata, che determina una visione “diffusionista” (figura 3) della scienza secondo la

quale la mera diffusione di conoscenza comprensibile per il pubblico corrisponda un

maggiore apprezzamento e sostegno per la ricerca scientifica.

Figura 3 - Il modello della diffusione

Questa tendenza a idealizzare il fatto che gli eventi scientifici hanno solo bisogno di

essere trasportati da un contesto specialistico a uno divulgativo affonda le radici nella

ideologie professionali delle categorie di attori coinvolte. Infatti questo modello da una

parte legittima divulgatori e giornalisti nel loro ruolo di mediatori, dall’altra autorizza gli

scienziati a dichiararsi estranei dai processi di comunicazione pubblica, liberi di

deprecarne errori ed eccessi soprattutto in termini di spettacolarizzazione e distorsione. È

emerso così un orientamento tendente a considerare i media come uno ‘specchio sporco’64

della scienza, una lente opaca incapace di riflettere e filtrare adeguatamente i contenuti

scientifici.

62 Bucchi M., Scienza e società, Bologna, il Mulino 2002, p. 134 63 Ibidem 64 Questa concezione anima studiosi come Grasso e Bettetini nel volume Lo specchio sporco della televisione, divulgazione scientifica e sport nella cultura televisiva

Page 31: La Scienza in Tv

24

2.2.2 - Giornalisti e mediazione

Sono numerosi gli studi che mettono a confronto temi scientifici e la loro rappresentazione

nei media, anche se quasi esclusivamente dedicati alla stampa. I risultati in genere portano

ad auspicare maggiore accuratezza, a stimolare maggiormente le interazioni tra giornalisti

e specialisti e a ridurre le fonti di disturbo tra queste due categorie. Si sono inoltre

osservate le tendenze dei media a sovrarappresentare alcuni ambiti disciplinari, in

particolare quello biomedico, rispetto ad altri e a dipendere da eventi specifici o da priorità

sociali più che scientifiche, enfatizzando la dimensione del rischio. In un’analisi di lungo

periodo della copertura della stampa popolare americana di malattie infettive come la

difterite, il tifo e la sifilide, Ziporyn65 ha mostrato la maggiore importanza dei valori sociali

rispetto alle scoperte scientifiche nel determinare il carattere di tale copertura. È innegabile

che sia piuttosto raro che una scoperta di matematica raggiunga le prime pagine dei

quotidiani o nei notiziari televisivi; l’ultima eccezione nel dicembre del 2005 è stata la

definizione del numero primo più grande conosciuto, che viene riportata da tutte le agenzie

perché la notizia risponde a criteri di notiziabilità anche televisivi, dato che è circondata da

un alone di curiosità da guinness dei primati e ha delle applicazioni nella tecnologia della

sicurezza dei circuiti bancari, argomento spesso presente nell’agenda dei media. È naturale

infatti che la selezione delle notizie e dei temi sia spesso condizionata dalla presenza di

eventi ‘notiziabili’ o dalla possibilità di legarli ad altri temi non scientifici.

Alla visibilità raggiunta in Italia nel 1996 dall’emergenza della mucca pazza66 ben prima

che si scoprisse alcun caso sul territorio nazionale e dopo undici anni che se ne parlava in

Gran Bretagna ha contribuito la rilevanza attribuita in quel momento dl tema

dell’integrazione europea. Nel 1997 l’annuncio della nascita della pecora clonata Dolly

ricevette per quasi un mese ampia copertura da una stampa già sensibilizzata a temi quali

gli embrioni, la fecondazione in vitro, l’aborto, mentre l’annuncio di tentativi riusciti di

clonazione umana quattro anni prima erano caduti nel vuoto. Per quanto riguarda ciò che

avviene dopo il superamento delle barriere della selezione delle notizie si può notare che

spesso i media scelgono esperti scientifici che non necessariamente sono i più qualificati a

trattare un dato argomento scientifico. Aspetti cruciali nella selezione degli esperti da parte

65 Ziporyn T., Disease in the popular american press. The case of diphteria, typhoid feverand syphilies 1879-1920, Greenwood, New York 1988 66 Bucchi M., Vino, alghe e mucche pazze: la rappresentazione televisiva delle situazioni a rischio, Rai/Eri, Roma 1999

Page 32: La Scienza in Tv

25

di stampa e tv possono essere anche la visibilità del personaggio in ambiti esterni alla

ricerca come divulgazione, politica e tecnica, il fatto che crei interesse dal punto di vista

umano, che sia disponibile a esprimersi su una pluralità di argomenti, che sia facilmente

legittimabile la sua autorità come membro di un istituzione o perché insignito di un

premio.

Tuttavia dalle analisi di lungo periodo sulla stampa non specialistica della copertura di

eventi scientifici è emersa una presentazione dell’attività scientifica come prevalentemente

progressiva e apportatrice di benefici per la società, consensuale, fortemente orientata dalle

fonti specialistiche e spesso neanche troppo distante da loro anche dal punto di vista

linguistico. Numerosi studi hanno evidenziato come i giornalisti che si occupano di scienza

siano sempre più portati a considerare un background scientifico essenziale alla loro

attività. Questi giornalisti considerano la propria professione come un mezzo per

consolidare l’importanza e l’immagine della ricerca scientifica di fronte alla comunità

scientifica. Per questo vi è una netta differenza tra i giornalisti che si occupano dei scienza

nelle rubriche specializzate dei giornali o nelle riviste e nei programmi dedicati alla

divulgazione e i giornalisti a cui capita in certe occasioni di trattare di scienza. Dal punto

di vista dei valori professionali i primi risultano molto più vicini alla comunità scientifica

che al pubblico: vedono la propria “missione professionale” in termini di divulgazione

quando non di vera e propria “educazione” ed elevazione culturale del pubblico. I

giornalisti di informazione invece si considerano portatori dei dubbi e delle esigenze del

pubblico: descrivono i propri obiettivi nei termini dell’esigenza di informazione da parte

dell’opinione pubblica, il che può anche comportare un atteggiamento, tra l’altro legittimo,

di indifferenza nei confronti delle priorità dell’agenda scientifica a scapito della quale

vengono valorizzati altri tipi di criteri di notiziabilità, più squisitamente giornalistici.67

2.2.3 - Il pubblico

La concezione diffusionista della comunicazione scientifica, insieme a un uso

pedagogico e paternalistico dei mezzi di comunicazione di massa e soprattutto di quello

televisivo, ha portato numerosi ricercatori a effettuare ricerche sul pubblico. Avviate negli

anni Cinquanta negli Stati Uniti, a partire dagli anni Ottanta le ricerche sul livello di

interesse del pubblico per informazione scientifica e sul grado di conoscenza in ambito

67 Bucchi M., Scienza e società, pp. 135-137

Page 33: La Scienza in Tv

26

scientifico (public awareness of science) sono divenute comuni in molti paesi. In numerose

occasioni i risultati di queste ricerche sono stati usati per dimostrare uno scarso interesse

per i temi scientifici e un livello troppo basso di alfabetizzazione scientifica (scientific

literacy) al fine di stimolare un miglioramento qualitativo e quantitativo di questo tipo di

comunicazione. Senza dubbio il livello informativo del pubblico lascia molto a desiderare,

bisogna però ammettere che questo approccio è stato sottoposto a numerose critiche.

Spesso gli indicatori usati per stabilire il livello di comprensione dei fatti scientifici

appaiono inefficaci: ad esempio uno studio della National Science Foundation del 1991

sottolineava che solo il 6% degli intervistati era in grado di dare una risposta scientifica

corretta a una domanda sulle cause della pioggia acida, sottostimando il fatto che gli stessi

specialisti si trovino tuttora in forte disaccordo su tali cause68. Altre ricerche hanno

approfondito le diverse articolazioni dell'immagine della scienza presenti nel pubblico: una

percezione dell'astrologia come disciplina scientifica, classificata da numerose indagini

come segno di analfabetismo scientifico, si accompagna spesso a un alto livello di

comprensione della scienza.69

La concezione che abbiamo definito diffusionista inoltre implica che una fruizione

massiccia di informazione scientifica determini un livello elevato di conoscenza e di

comprensione, oltre che un orientamento favorevole nei confronti della ricerca, mentre è

stato dimostrato che in alcuni campi come ad esempio nelle biotecnologie siano presenti

atteggiamenti di scetticismo e diffidenza anche nelle fasce di popolazione più esposte e

informate.70

La disgiunzione tra sapere esperto e sapere laico71 non può essere ridotta a un mero

dislivello informativo tra specialisti e grande pubblico, come secondo il deficit model. La

conoscenza fattuale è solo un aspetto del sapere laico, entro il quale operano diversi fattori

come giudizi di valore e il grado di fiducia nei confronti delle istituzioni scientifiche che

rendono nel complesso il sapere laico articolato almeno quanto quello specialistico. A

conferma di ciò è utile ricordare che le fonti di cui i cittadini europei si fidano di più per

ottenere informazioni sulle biotecnologie sono organizzazioni ambientalistiche e

associazioni dei consumatori, non i centri di ricerca72. Se un informazione viene percepita

68 Ibidem, p. 138 69 Ibidem 70 Gaskel, G., et al., “Biotechnology in the european public”, Nature Biotechnology, 18, 9, 2000, pp. 935-938 71 Sapere laico è l’espressione più usata dagli studiosi italiani per tradurre il concetto di lay knowledge, conoscenza non specialistica 72 Gaskel, G., et al., Biotechnology in the european public, pp. 935-938

Page 34: La Scienza in Tv

27

dal pubblico come irrilevante o inapplicabile alle proprie esigenze concrete ha un’alta

probabilità di essere ignorata, come ad esempio può avvenire con la rappresentazione del

rischio da parte di esperti medici espressa in termini formali e probabilistici,

contrariamente a una rappresentazione basata sull’esperienza soggettiva.

Un esempio classico di disgiunzione tra sapere esperto e laico è offerto da Brian

Winnie73 circa la cosiddetta crisi delle “pecore radioattive” che investì alcune regioni della

Gran Bretagna nel 1986, in coincidenza con il disastro nucleare di Chernobyl. Le

valutazioni degli esperti scientifici del governo britannico minimizzarono a lungo il rischio

che le greggi di pecore degli allevatori del Cumberland fossero state contaminate dalle

radiazioni, ma tali valutazioni si rivelarono largamente errate, costringendo le istituzioni a

bandire per quasi due anni la vendita e la macellazione di carne ovina nell’area interessata.

Questo nonostante gli allevatori si fossero dimostrati preoccupati dall’inizio sulla base

della loro esperienza diretta costruita sull’esperienza, che il governo britannico non poteva

possedere, riguardo caratteristiche del terreno e del deflusso delle acque. Questa iniziale

discrasia di stime tra una conoscenza specialistica ma probabilistica e formale e una laica

ma diretta portò gli allevatori a perdere fiducia nei confronti degli specialisti, considerando

le loro valutazioni come viziate dalla volontà di mettere a tacere la vicenda74.

Secondo alcuni studiosi gli stessi esperti contribuirebbero alla rappresentazione del

pubblico come analfabeta dal punto di vista scientifico. Nel corso di uno studio condotto

sulla comunicazione tra medici e pazienti in un grande ospedale canadese fu sottoposto un

questionario al fine di saggiare il livello conoscitivo dei pazienti. Contemporaneamente fu

chiesto ai medici di stimare individualmente e per ogni paziente quella stessa conoscenza.

Si ottennero tre risultati molto sorprendenti. Se da un lato il livello conoscitivo dei pazienti

risultava piuttosto alto (75,8% di risposte corrette ai quesiti) meno della metà dei medici

era riuscito a stimare correttamente il livello informativo dei propri pazienti. Il terzo

risultato era che i medici non usavano questa stima per adeguare il proprio linguaggio al

livello di comprensione del paziente. In altri termini è possibile affermare che il fatto di

considerare un paziente in grado di comprendere o meno questioni o termini non portava il

medico a modificare significativamente le proprie modalità espositive.75

73 Winnie B., “Sheepfarming after Chernobyl. A case study in communicating scientific information”, in Environment Magazine, 31, 2, 1989, pp. 361-389 74 Ibidem, p. 389 75 Bucchi M., Scienza e società, pp. 138-9

Page 35: La Scienza in Tv

28

Le rappresentazioni della scienza prodotte dalla comunicazione pubblica della scienza,

dunque, innescano interazioni e retroazioni tra pubblici diversi composti sia da laici, lo

‘scienziato amatore’ di Moscovici, che da esperti, come ipotizzato da Viale che considera

la comunicazione scientifica una sorta di arena pubblica76 come è schematizzato nella

figura 4.

Figura 4 - Il modello di Viale

In alcuni casi è plausibile affermare che la disinformazione del pubblico è una sorta di

‘profezia che si autoadempie’: è l’emittente del messaggio che, considerando il ricevente

privo di competenza, contribuisce a mantenerlo in questo stato non adeguando la codifica

del messaggio alla capacità del ricevente di decodificarlo.

L’enfasi su una concezione diffusionista e lineare della comunicazione scientifica

pubblica è indicata anche dalla scarsa attenzione riservata al ruolo delle immagini della

scienza al di fuori dei contesti informativi e in particolare della fiction. Gli studi effettuati

in quest’area mostrano che queste immagini spesso rivestono un’importanza cruciale nella

percezione pubblica della scienza e dei suoi esponenti. Si pensi al ruolo che opere di

fiction hanno nel sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo temi come l’Aids o il rischio

ambientale. A metà degli anni Novanta, per esempio, il tema dell’origine ereditaria del

cancro al seno divenne particolarmente saliente nel dibattito pubblico inglese anche grazie

al suo trattamento in una popolare soap opera.77

76 Viale R., Il sistema della scienza in Tv, in Cannavò L. (a cura di), La scienza in tv: dalla divulgazione alla comunicazione scientifica pubblica, VQPT/Eri, Roma 1995, p. 10 77 Henderson, P., Kitzinger, J., The human drama of genetics. ”Hard” and “soft” media representations of inherited breast cancer, Glasgow Media Center, Glaslow 1999, p. 85

Page 36: La Scienza in Tv

29

2.2.4 - Gli scienziati

Qual è invece il ruolo dei ricercatori e come agiscono tra le pratiche discorsive dei

giornalisti e l’incomprensione del pubblico? L’80% dei ricercatori francesi afferma di

avere avuto almeno un’esperienza di divulgazione scientifica sui mezzi di comunicazione

di massa, e quasi un quinto degli articoli su scienza e medicina comparsi negli ultimi

cinquant’anni sul Corriere della sera sono stati firmati da scienziati78. Inoltre gli stessi

ricercatori spiccano spesso tra i fruitori più assidui della copertura della scienza da parte

dei media, a cui attingono per preselezionare nell’enorme massa di pubblicazioni e

ricerche. A conferma di ciò si può citare uno studio di Phillips che afferma che un paper

pubblicato sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine ha una probabilità tre

volte maggiore di essere citato nella letteratura scientifica se viene citato sul quotidiano

New York Times.79 Il giudizio sintetico che gli stessi scienziati esprimono sulla qualità

della copertura della scienza effettuata dai media che spesso assume marcate connotazioni

negative, diviene nettamente più positivo a livello analitico, ovvero quando vengono

interpellati sulla qualità della copertura di un tema specifico di loro.80

Infine è utile ricordare come la presenza e la visibilità degli scienziati nei media tenda

anch’essa ad avere una struttura piramidale molto simile a quella della distribuzione delle

altre risorse e ricompense nell’ambito della comunità scientifica: un numero estremamente

ridotto di ‘celebrità’ spesso consultate anche su temi al di fuori della scienza, come i premi

Nobel, e un’ampia base di fonti dalla visibilità nulla o assai sporadica.81

2.2.5 - Il modello della continuità e del salvagente (bucato)

L’approccio degli science studies alla comunicazione pubblica della scienza si

caratterizza per una critica netta all’impostazione della concezione tradizionale.82 Il

modello della diffusione che evidenzia la funzione della mediazione tra scienza e pubblico

78 Bucchi, M., Mazzorini, R.G., La scienza nella stampa quotidiana : il caso del Corriere della Sera, 1946-1997, in G. Guizzardi (a cura di), La scienza negoziata. Scienze biomediche nello spazio pubblico, il Mulino, Bologna 2002 79 Phillips, D.M., “Importance of the lay press in the transmission of medical knowledge to the scientific community”, New England Journal of Medicine, 11 ottobre 1991, pp. 1180-1183 80 Hansen, A., Journalistic practices and science reporting in the British press, “Public Understanding of Science, 3, 1992, pp. 111-134 81 Bucchi M., Scienza e società, p. 141 82 Ibidem, p. 142

Page 37: La Scienza in Tv

30

può essere sostituito da un modello di ‘continuità’ della comunicazione83. Lungo questo

continuum si possono tracciare differenze graduali tra i diversi contesti e stili di

comunicazione e ricezione che coesistono nell’esposizione delle idee scientifiche. Queste

diversi contesti e stili prendono forme diverse a seconda del livello di conoscenza degli

attori e il loro rapporto (simmetrico o asimmetrico). Il paper pubblicato da una rivista

specialistica è il prototipo della comunicazione intraspecialistica, che rappresenta il livello

più esoterico di comunicazione della scienza. Il livello interspecialistico della

comunicazione scientifica avviene solitamente attraverso relazioni nel corso di convegni o

a livello mediatico attraverso ‘periodici ponte’ (bridge journals) come Nature o Science.

La scienza che si trova nei manuali risponde alle necessità pedagogiche della

comunicazione scientifica. Qui viene diffuso un corpus teorico consolidato, frutto del

paradigma corrente, enfatizzando la prospettiva storica e la natura comulativa dell’impresa

scientifica. Siamo già nella parte del continuum in cui precisi linguaggi televisivi vengono

usati per trasmette contenuti scientifici, come ad esempio i programmi della seconda serata

della Rai dedicati alla divulgazione negli anni Sessanta. La rappresentazione televisiva del

discorso scientifico interviene soprattutto nel livello ‘popolare’, dove si trovano sia

l’informazione scientifica della stampa quotidiana e della televisione generalista sia la

cosiddetta ‘scienza amatoriale’ dei documentari scientifici, in cui spicca il discorso

metaforico e l’attenzione per temi come salute, tecnologia, economia.84 Per tanto è

possibile immaginare una sorta di ‘traiettoria cognitiva’ per le idee scientifiche che le

porta da un contesto espositivo intraspecialistico a quello popolare della stampa e dalla

televisione attraverso i livelli intermedi. A livello popolare scompaiono dubbi o

attenuazioni: le articolazioni e le sfumature del sapere specialistico si condensano in

formula elementari e compatte: “l’Aids è l’Hiv, la psicoanalisi studia i ‘complessi’, la

teoria neurologica che ipotizza una divisione dei compiti tra i due emisferi cerebrali si

trasforma in una netta contrapposizione tra persone ‘destre’ e ‘sinistre’”.85 Il percorso

comunicativo dalla scienza specialistica a quella popolare può insomma essere descritto

come una sorta di imbuto che si restringe progressivamente, lungo il quale il sapere perde

sottigliezze e sfumature riducendosi a pochi elementi a cui viene attribuita certezza e

incontrovertibilità. Questa progressiva solidificazione del sapere influenza gli stessi

83 Bucchi M., “When scientists turn to the public: alternative routes in science communication”, Public Understanding of Science, 5 (1996), pp. 375–394 84 Cloitre, M., Shinn, T., Expository practice. Social, cognitive and epistemological linkages, in Shinn T. Whitley R, (a cura di) Expository science, Reidel, Dordrecht 1985, pp. 31-60

Page 38: La Scienza in Tv

31

specialisti dato che “la certezza, la semplicità, l’intuitività nascono solo nel sapere

popolare, e lo specialista trae la propria fede in esse [...] proprio da questo tipo di sapere

che in forza della sua semplificazione, della sua intuitività e della sua apoditticità appare

certo, armonioso, compatto”.86

Figura 5 - Il modello della continuità

Il percorso di una nozione scientifica attraverso i diversi livelli non può quindi essere

descritto come la semplice traslazione di un oggetto da un contesto espositivo a un altro.

Ogni passaggio comporta una trasformazione della nozione stessa. Il modello della

continuità considera dunque il livello della comunicazione popolare come lo stadio finale e

decisivo in quel processo di “stilizzazione, distanziamento dalle fonti di ricerca, e di

produzione di fattualità e apoditticità che costruisce l’evidenza scientifica”.87

Più il contesto di ricerca è allontanato dal contesto di ricezione in termini di linguaggio,

prestigio intellettuale e livelli di abilità, più risulta facile per gli scienziati presentare il loro

lavoro come certo, decontestualizzato dalle condizioni in cui è avvenuta la sua produzione

e autorevole.88

85 Bucchi M., Scienza e società, p. 145 86 Fleck, L., Genesi e sviluppo di un fatto scientifico, Bologna, il Mulino, 1983 87 Bucchi M., Scienza e società, p. 145 88 Whitley R., Kinowledge producers and knowledge acquirers, in Shinn T. Whitley R, (a cura di) Expository science, Reidel, Dordrecht 1985

Page 39: La Scienza in Tv

32

La forma ad imbuto del modello di continuità enfatizza la crescente solidità e

semplificazione che acquista un fatto scientifico nel processo della sua comunicazione a un

pubblico sempre più ampio, fino a sembrare un ‘galeone in bottiglia’: bello da ammirare

nella sua perfezione, impossibile da riportare alle sue componenti originarie. Questo

modello è utile a descrivere situazioni di routine della comunicazione scientifica pubblica,

ma può anche includere processi più sofisticati. Un esempio di queste dinamiche può

essere rappresentato dal caso dell’anemia falciforme, una particolare forma di anemia

causata da una deficienza genetica di emoglobina che fa sì che le cellule infette assumano

una forma irregolare. Colpisce solo le persone di colore (negli Stati Uniti ne è affetto un

bambino afroamericano su cinquanta) ed è trasmessa per via ereditaria. La malattia fu

diagnosticata per la prima volta dal fisico tedesco James Herrick a Chicago. Nel 1949

Pauling dimostrò che l’emoglobina falciforme aveva una struttura molecolare differente da

quella normale; nel 1957 furono definite le differenze tra le due molecole e nel 1966

Marayama presentò un modello completo della malattia (livello specialistico). Fino agli

anni Settanta però non vi alcun riferimento nei libri di testo e nei manuali di medicina

(livello pedagogico) fino a quando l’anemia falciforme guadagnò gradualmente

l’attenzione del pubblico dopo una serie di documentari televisivi sulla malattia (livello

popolare) furono organizzate raccolte di fondi e l’anemia fu menzionata dal presidente

Nixon in un discorso del febbraio 1971 e ci fu un notevole aumento dei fondi per la

ricerca e il controllo della popolazione. Questa risonanza portò a colmare la lacuna di

comunicazione a livello pedagogico, permettendo all’anemia falciforme di scalare

velocemente l’agenda dei manuali. In questo caso si può parlare di ‘deviazione’ verso il

livello pubblico, perché l’esposizione non segue la traiettoria di routine ma passa

direttamente al livello popolare per poi passare da qui ai livelli specialistici. Ad esempio in

casi di controversia o cambio di paradigma alcuni conflitti non sono più gestibili

all’interno della comunità scientifica ma richiedono una deviazione a livello pubblico.89 Le

informazioni e le immagini che circolano al livello popolare del continuum vengono spesso

usate dai ricercatori per la comunicazione scientifica specialistica, come nel caso

documentato da Cloitre e Shinn in cui la metafora originariamente elaborata per spiegare il

moto browniano delle particelle nei testi di divulgazione scientifica (‘la formica nel

89 Jacobi D., Textes et images de la vulgarisation scientifique, Peter Lang, Bern 1987

Page 40: La Scienza in Tv

33

labirinto’) viene successivamente usata dagli scienziati per testi specialistici.90 Circa un

terzo degli studiosi coinvolti nel dibattito sull’estinzione di massa dei dinosauri come

risultato di una collisione di una meteora con la terra, controversia di ampia risonanza

pubblica, affermò di avere avuto notizie dell’ipotesi di Alvarez dai mezzi di

comunicazione di massa.91 La metafora del ‘buco nell’ozono’ con il suo enorme impatto

sui media e sull’opinione pubblica produsse un consenso a livello pubblico che anticipò di

almeno un anno quello specialistico, all’epoca fortemente incerto e controverso,

sull’impatto dei Cfc sull’atmosfera. In alcuni casi si può sostenere che, proprio come

accade per certe forme di discorso politico come il cosiddetto ‘pastone’ dei quotidiani

nazionali fatto di sottintesi autoreferenziali, il discorso scientifico sembra essere solo

apparentemente pubblico: talvolta la comunicazione a questo livello non è realmente

rivolta al pubblico in generale, ma al raggiungimento rapido di un vasto numero di

colleghi, utilizzando il livello pubblico come ‘arena’ comune senza doversi attenere ai

tempi e alle costrizioni della comunicazione specialistica. Questa prerogativa del livello

pubblico è particolarmente importante nei casi in cui la comunicazione deve attraversare

settori disciplinari diversi o più categorie di attori. Gli scienziati che sostenevano la

relazione tra emissione di Cfc e assottigliamento dello strato di ozono dell’atmosfera

terrestre trovarono nella metafora largamente pubblicizzata del ‘buco’ un modo per

allertare ricercatori di più discipline, politici, ambientalisti e opinione pubblica su

un’emergenza che richiedeva tempestività d’intervento e visibilità. La convergenza

raggiunta in tempi brevissimi in ambito pubblico con il protocollo di Montreal del 1987 in

cui si stabiliva la necessità di accordi internazionali per ridurre le emissioni di Cfc portò

indirettamente a rafforzare lo status di conoscenze che a livello specialistico erano ancora

ampiamente dibattute.

Nei casi di deviazione della comunicazione scientifica il discorso pubblico della scienza

non riceve semplicemente ciò che filtra attraverso i livelli precedenti ma può trovarsi al

centro delle dinamiche della produzione scientifica. La comunicazione scientifica pubblica

è composta da almeno due elementi:

1. Una traiettoria ‘di routine’, consensuale, non problematica, adeguatamente descritta

dal modello ‘della continuità’ (figura 5). È la forma più classica di divulgazione, che

90 Cloitre M., Shinn T., Enclavemente et diffusion du savoir, “Social Science Information”, 25, 1, 1986, pp. 161-187 91 Clemens E., “Of asteroids and dinosaurs. The role of the press in shaping the scientific debate”, Social Studies of Science, 16, 1986, pp. 421-456

Page 41: La Scienza in Tv

34

implica una riscrittura continua delle conoscenze attraverso i contesti comunicativi

determinati dal livello di specializzazione e dalla presenza o meno, e in che grado, di

asimmetria comunicativa.

2. Una traiettoria alternativa rappresentata dai processi di deviazione verso il livello

pubblico, in cui la comunicazione pubblica assume un rilievo ancora maggiore e un

ruolo più articolato nei confronti del dibattito specialistico, e che viene rappresentato

graficamente nel modello del salvagente (bucato), figura 6.

Alcune rilevanti differenze formali e sostanziali sembrano essere rispettivamente

associate a queste due modalità. A livello formale quando la comunicazione prende la

forma della divulgazione i problemi scientifici sono più frequentemente inseriti in spazi

esplicitamente dedicati alla comunicazione della scienza: programmi televisivi di

divulgazione, riviste, pagine scientifiche dei quotidiani. La stessa presenza all’interno di

questi frames costituisce un elemento di legittimazione dei contenuti, che vengono

accreditati dal mezzo oltre che dall’autore, con una dinamica simile a quella che avviene

ad esempio all’interno di un museo che tende di per sé a conferire ad un elemento

scientifico uno status di fatto incontrovertibile. Dall’altro lato nei processi di deviazione i

problemi scientifici appaiono più frequentemente anche in contesti mediali generici,

ovvero negli spazi giornalistici e televisivi non esplicitamente etichettati da marche

comunicative relative alla scienza, ma come items di altre unità tematiche. A livello

sostanziale nel caso della divulgazione il risultato della comunicazione nel livello pubblico

è relativamente scontato: come discorso principalmente celebrativo92 la divulgazione

contribuisce a rafforzare la certezza e la solidità delle teorie e dei risultati. Quando invece

avvengono dei processi di deviazione non è possibile determinare a priori quale sarà il

risultato del processo comunicativo. Per esempio gli scienziati fanno un uso sempre più

frequente della conferenza stampa e degli articoli sui quotidiani per annunciare le proprie

scoperte, in quanto occorre un certo periodo di tempo perché un articolo sia pubblicato su

un giornale scientifico e perciò aumentano le probabilità che esso venga anticipato e

l’esame anonimo dei manoscritti da parte dei colleghi prima della pubblicazione fa spesso

temere il rischio di plagio. In tali casi le deviazioni a livello pubblico possono realmente

accelerare il processo di peer reviewing, ma possono essere considerate dai colleghi come

un tentativo per scavalcare l’intero processo e di guadagnare un riconoscimento improprio

92 Curtis, R., Narrative form and narrative force. Baconian story-telling in popular science, “Social Studies of Science”, 24, 3, 1994, pp.419-422

Page 42: La Scienza in Tv

35

al di fuori della comunità scientifica. A questo livello i fatti scientifici, insieme alle reti di

figure professionali che li circondano possono essere consolidati così come prevede il

modello della continuità, ma possono anche venire dissolti, decostruiti o semplicemente

manipolati da gruppi sociali diversi per i propri scopi. Infatti la forma ‘a imbuto’ del

modello di continuità può prendere una forma ‘a clessidra’ dato che si restringe verso il

livello popolare e si riallarga agendo nuovamente sulla comunicazione specialistica.

Attori sociali abitualmente esterni all’attività di ricerca quali attivisti o rappresentanti

delle associazioni di consumatori o pazienti, possono quindi entrare in modo significativo

nei processi di definizione dei fatti scientifici. Si pensi al caso della ricerca sull’Aids, in

cui le procedure di sperimentazione dei farmaci e lo stesso termine poi adottato da tutti gli

specialisti per identificare la malattia sono state diffusamente negoziate con i gruppi di

attivisti e le associazioni di pazienti.93

Le deviazioni comunicative della scienza danno la possibilità di analizzare la pluralità

dei luoghi per la produzione e la riproduzione della conoscenza scientifica,94 oltre che a

riconoscere un ruolo privilegiato al pubblico, che da semplice fruitore delle successive

semplificazioni dalla comunicazione specialistica a quella popolare diviene interlocutore

del mondo scientifico, riuscendo talune volte a intervenire significativamente nella

produzione dei fatti e dei discorsi scientifici. In questo modo una teoria o dei risultati

scientifici possono ottenere contemporaneamente status e solidità diversi dipendentemente

dai livelli della comunicazione. Così la teoria del Big Bang può rappresentare in ambito

popolare l’unica spiegazione per la nascita dell’universo degna di essere ricordata,

nonostante i dubbi che vengono nutriti in ambito specialistico. Si può avanzare un modello

che tiene conto dei processi di deviazione dei flussi comunicativi e dei processi di

negoziazione, e contemporaneamente evidenzia le differenze trasversali ai livelli di

rappresentazione (figura 6). Nel modello che qui viene proposto i flussi comunicativi di

routine si comportano allo stesso modo del modello della continuità con la differenza che

sono soggetti a influenze del mondo sociale, politico ed economico come dimostrato da

Hilgartner. Inoltre le rappresentazioni a livello popolare della scienza non si limitano a

influenzare nuovamente la produzione scientifica ma possono seguire altri percorsi di

deviazione in virtù dell’autoreferenzialità dei media che fa rimbalzare le conoscenze

93 La sigla originariamente utilizzata dai ricercatori per denominare l’Aids era Grid (Gay Related Immunodeficiency Disease). Fu abbandonata su pressione dei gruppi di attivisti omosessuali americani. Fonte: Guizzardi G, La negoziazione della scienza nello spazio pubblico, in Guizzardi G. (a cura di) La scienza negoziata, scienze biomediche nello spazio pubblico, il Mulino, Bologna 2002

Page 43: La Scienza in Tv

36

semplificate, le immagini e le informazioni della scienza, da un contenitore all’altro con

criteri estetici e ideologici, patti comunicativi e pratiche di fruizione differenti.

Figura 6 - Il Modello del salvagente (bucato)

È possibile individuare alcune di queste dinamiche attraverso degli esempi:

1. Il dibattito sul ‘creativismo’, in cui interviene una pluralità di attori sociali: livello

pedagogico (scuole, case editrici), attori del sistema politico-economico (Ministero

dell’Istruzione, politici, movimenti) e religioso (autorità ecclesiastiche), livello

intraspecialistico (scienziati evoluzionisti, scienziati per il cosiddetto disegno

intelligente), livello popolare (giornali e televisione). La puntata de L’Infedele (La 7)

di Gad Lerner del novembre 2005 sul tema ‘scienza e fede’ con tutte queste categorie

di attori è emblematica circa complessità dei flussi comunicativi nella negoziazione

dei significati e delle rappresentazioni, qui vero e proprio struggle of meaning.

94 Cooter R., Punfrey S., Science in popular culture, “History of science”, 32/3, 1994, p. 254

Page 44: La Scienza in Tv

37

2. Ad esempio giornate della scienza come il Festival delle Scienze di Roma che

rappresentano un momento non di divulgazione ma di estensione della

comunicazione interspecialistica tra discipline a un pubblico (potenzialmente)

popolare.

3. Sono luoghi in cui si avverte la volontà degli attori di rinegoziare il concetto di

scienza. Nell’ultima giornata del Festival delle Scienze del gennaio 2005 dedicato al

linguaggio, ad esempio, il linguista Piattelli Palmarini ha negato con forza,

rispondendo a una domanda di un ascoltatore della conferenza, la legittimità

scientifica, a suo modo di vedere, della semiotica.

4. Petizioni popolari, raccolte di firme, tutti gli strumenti pubblici di intervento nei

confronti del mondo scientifico. Anche le etichette ‘per la vita’ e ‘per la scelta’ dei

movimenti anti e pro aborto rientrano in processi di negoziazione di ciò che è scienza

o degli ambiti in cui deve godere di autonomia.

5. Processi di deviazione interspecialistica si verificano, come nel caso di questa

ricerca, quando si riformulano concetti di una disciplina affinché altri campi di

ricerca possano avvalersi di strumenti ritenuti efficaci: questa è una manipolazione (e

una semplificazione causata dalle pratiche di traduzione per analogia e parafrasi della

comunicazione interspecialistica già analizzate in questa sede) del modello della

continuità presente negli studi di Bucchi, Cloitre, Shinn e Whitley anche se questa

non è una ricerca strettamente sociologica.

2.3 - L’expertise

La figura dell’esperto nei programmi di divulgazione scientifica svolge un ruolo

importante nella qualificazione della comunicazione, agendo da marca veridittiva del

discorso sia nella produzione di enunciati sia nella asseverazione di enunciati altrui.

Andrea Semprini95 distingue tre profili dell’expertise in tv:

i) Quella dello studioso è una figura dalle competenze eminentemente intellettuali,

che instaura rapporti di asimmetria col pubblico basati sulla possibilità di

legittimare gli enunciati.

95 Semprini A., Analizzare la comunicazione. Come analizzare la pubblicità, le immagini, i media, Franco Angeli, Milano 1997, pp. 264-268

Page 45: La Scienza in Tv

38

ii) Il veterano deve il suo status di esperto al sapere pratico e all’esperienza. Guardie

forestali, viticultori, marinai sono una valorizzazione dell’azione sulla parola.96

iii) L’ appassionato, di solito un naturalista o un ecologista, deve il suo expertise

all’intensità del legame che lo lega agli argomenti. È il portavoce di una verità

interiore più che oggettiva, e il rapporto con lo spettatore è di tipo simmetrico

fondato su complicità e prossimità.

Nei primi due casi l’expertise deriva da fenomeni esterni, l’educazione e l’esperienza,

mentre “nel caso dell’expertise per passione sembrerebbe invece che [...] ogni competenza

si trovi già nell’individuo. Per liberarla basta una carica emozionale abbastanza forte da

funzionare come detonatore del processo”.97 Non sarebbe il risultato terminale di una

scoperta di fenomeni esterni ma la ricostruzione di qualità preesistenti.

Un’analisi molto efficace dell’expertise nei programmi di divulgazione scientifica è

senza dubbio quella di Paola Ungaro98 che parte dall’assunto che una delle caratteristiche

peculiari della divulgazione in tv sta nell’ampio potenziale espressivo di questo medium

rispetto ai modelli comunicativi degli altri media, a tal punto che è possibile affermare che

la televisione ha “addomesticato” il linguaggio della scienza alle sue modalità espressive e

comunicative.

È necessario, in quest’ottica, individuare gli attori sociali della comunicazione, il ruolo

che viene da loro svolto, le modalità con cui espletano funzioni comunicative all’interno di

sistemi di interazione e comunicazione a vari livelli di complessità e strutturazione su cui

si basa la divulgazione scientifica in televisione.

Una costante strutturale di questo tipo di programmi è rappresentata dal ruolo del

conduttore, vero snodo comunicativo, forza personalizzante e mediatrice tra esperti e

pubblico, scienza e senso comune.

La comunicazione pubblica della scienza si basa su un passaggio di informazioni basato

su interazioni asimmetriche tra un pubblico di non esperti e un gruppo professionale. La

comunicazione diretta e personale è essenziale per la divulgazione non solo nella

costruzione del materiale audiovisivo, ma anche per la legittimazione dei contenuti, infatti

l’esperto svolge una funzione veridittiva e di garanzia di serietà e completezza di

96 Ibidem, p. 266 97 Ibidem, p. 268 98 Ungaro P., Gli attori della divulgazione, in Cannavò L. (a cura di) La scienza in tv: dalla divulgazione alla comunicazione scientifica pubblica, VQPT/Eri, Roma 1995

Page 46: La Scienza in Tv

39

informazione99 data da uno status di superiorità dovuto al fatto di essere detentore e

produttore di conoscenze. Il ruolo e la figura dell’esperto hanno assunto diverse forme col

susseguirsi dei modelli comunicativi della televisione. Negli anni Cinquanta le modalità di

intervento dell’esperto variavano a seconda della collocazione nel palinsesto e quindi al

mutare del pubblico di riferimento. La figura dell’esperto si afferma nelle trasmissioni di

seconda serata dedicate ad un pubblico motivato di livello culturale più elevato. La sua

partecipazione si manifestava nella forma dell’esperto-conduttore, spesso in un vero

laboratorio, o come ospite che interviene con interviste e filmati ‘sul campo’ , o

partecipando direttamente alla trasmissione, interagendo con il conduttore. Verso la fine

degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta iniziano ad affermarsi tipologie di

programmi più complesse, in cui ad una prima parte espositiva con filmati, interviste e

dichiarazioni di esperti seguiva un dibattito con l’intervento in studio del pubblico e degli

specialisti, che preannunciava il modello a tavola rotonda guidato da un conduttore-

mediatore. La natura anfibia dell’esperto-conduttore si sdoppia definitivamente negli anni

Ottanta, che vedono queste due figure esercitare funzioni comunicative diverse e più

specifiche. Il ruolo che assume la centralità dei flussi comunicativi è quello del conduttore,

che rinuncia alla qualifica di esperto e rinsalda la sua propensione alla mediazione. Il punto

di forza della conduzione è la semplicità espositiva, che deve sbalordire e tranquillizzare

insieme100, e negli anni Ottanta l’accrescere del carisma e dello spazio del conduttore va di

pari passo con il mutare della proporzione tra linguaggio verbale e visuale delle

trasmissioni in favore di quest’ultimo. Infatti dagli anni Ottanta è in atto una presa di

coscienza delle potenzialità tecniche ed espressive del mezzo televisivo, in particolare per

quanto riguarda il fatto che nella televisione confluiscono tutte le istanze divulgative

precedenti, contemporanee ed esterne al suo agire, che provengono riformulate e ridotte a

materiale primario, trasformate in modalità discorsive marcate solo dalla propria cifra. A

questa nuova presa di coscienza degli emittenti aggiungiamo l’inasprimento della guerra

per l’audience conseguente alla nascita dell’emittenza privata, e otteniamo l’emergere

dell’esigenza di spettacolarizzare la divulgazione, e per altri versi l’informazione,

enfatizzando le esigenze di intrattenimento per attrarre e convincere un pubblico vasto.

Tali tendenze provocano una progressiva sostituzione del ruolo dell’esperto con il filmato

99 Schiavini E., in Bettetini G.F. Grasso A. (a cura di), Lo specchio sporco della televisione, divulgazione scientifica e sport nella cultura televisiva, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1988, p. 81 100 Angela P., La divulgazione scientifica in televisione, p. 513

Page 47: La Scienza in Tv

40

scientifico con voce fuori campo, che permette una maggiore fruibilità, attenuando la

sensazione di “istruzione permanente” che caratterizzava la divulgazione della paleotv.

Negli anni Novanta si assiste all’implementazione di queste tendenze con la nascita di tre

generi divulgativi che si strutturano intorno a l’esperto, le immagini, o il conduttore.

1. La centralità dell’esperto sopravvive in quei programmi basati sul rapporto tra esperti

e non esperti, ragione stessa di esistenza di programmi come Medicina 33, Check up.

Anche in forme televisive meno formali e più sbilanciate verso l’intrattenimento la

figura dell’esperto ha ancora un ruolo importante quando interagisce direttamente col

pubblico dei non specialisti, ponendosi spesso come question solver.

2. C’è invece un’altra tipologia di programmi che sottolineano il primato del linguaggio

televisivo su quello parlato, montando le immagini come viaggio o spedizioni

scientifiche, usando modalità espressive che indeboliscono l’importanza dell’esperto

nell’economia della trasmissione.

3. Il terzo filone raccoglie quei programmi che recuperano la centralità del conduttore

nella funzione tecnico-divulgativa, ma anche di legittimazione: in alcuni casi la sua

presenza è tanto forte da rendere debole quella degli specialisti.

2.3.1 - L’assegnazione della credibilità

Dunwoody e Ryan101 evidenziano che i criteri di assegnazione della credibilità e

dell’affidabilità scientifica da parte dei giornalisti non sempre coincidono con quelli

adottati dagli scienziati, ed anzi si può lamentare la totale assenza di una cultura comune

finalizzata alla mutua comprensione e al miglioramento della comunicazione. La

credibilità delle fonti, dunque, è un problema che sembra riguardare da vicino il mondo

della divulgazione, soprattutto nella scelta dei professionisti da coinvolgere.

Dunwoody e Ryan asseriscono inoltre che i media tendono a ricercare criteri di

credibilità molto generali provocando un utilizzo inappropriato delle competenze, dato che

la credibilità più che emergere come qualità intrinseca delle fonti sembra il risultato di un

processo di attribuzione da parte dei media stessi.

In tale prospettiva la presentazione degli specialisti appare dunque centrale perché

direttamente influente sulla percezione da parte del fruitore. Il giudizio sulla fonte

101 Dunwoody S., Ryan M., “The credible scientific source”, Journalism Quarterly, 67, Spring 1987, pp. 21-27

Page 48: La Scienza in Tv

41

veicolato dalla televisione deve essere finalizzato all’attribuzione di uno specifico status a

cui viene riconosciuta credibilità scientifica, e sarà usato dal telespettatore nel dare

maggiore o minor credito alla figura dell’esperto102. Le modalità di presentazione degli

esperti televisivi sono strettamente collegate alla centralità o marginalità del ruolo nella

tipologia di trasmissione: quelle incentrate sul contributo diretto dell’esperto (1) sono

popolate quasi esclusivamente da professionisti e docenti universitari presentati come

prestigiosi studiosi del settore trattato, o da celebrità del mondo scientifico come premi

Nobel, la cui presentazione punta, oltre ai meriti di ricerca, anche a enfatizzare le

caratteristiche personali. La dovizia di particolari nella presentazione degli esperti, inoltre,

contribuisce ad accreditare maggiore credibilità alla fonte da parte del pubblico.

Le trasmissioni che, per così dire, lasciano parlare le immagini o che affidano al

conduttore il ruolo di mattatore e di esperto insieme riducono l’esperto a un ruolo

secondario (2 e 3). In alcuni di questi programmi la presentazione delle credenziali della

fonte non è fatta verbalmente ma soltanto con scritte in sovrimpressione, che oltre a

veicolare una limitata quantità di informazioni, hanno la conseguenza, nella formulazione

del linguaggio televisivo, di introdurre l’esperto direttamente con il suo intervento verbale.

Lo status di professionista della scienza viene così a configurarsi, anziché come qualifica

attribuita sulla base di un curriculum professionale, come un a priori postulato dalla fonte.

L’intervento degli studiosi inoltre è in relazione con le finalità divulgative generali della

trasmissione, che determinano complessità, livello di formalizzazione, specificità tecnica

del linguaggio dell’esperto in relazione agli obiettivi dell’esposizione nei confronti del

pubblico immaginario. Si può dunque affermare che i programmi sono modellati intorno al

proprio target. Nelle trasmissioni finalizzate all’accrescimento del bagaglio conoscitivo

del pubblico di riferimento gli esperti sono sollecitati ad esprimersi in modo da fornire

elementi tali da chiarire la complessità del problema affrontato, come la rilevanza di un

tale approccio o di una scoperta. Gli esperti sono invitati ad esporre metodologie

innovative e sperimentali, temi scientifici di alto livello di complessità, implicazioni

teoriche di questioni apparentemente semplici.

Nei programmi che si basano sulla veicolazione di informazione, specialmente quelli di

informazione medica, gli esperti intervengono con una complessità argomentativa

difficilmente rintracciabile in altri tipi di trasmissioni, che nasce dalla volontà di questi

programmi di essere espressione della tv ‘di servizio’. L’analisi teorica delle patologie più

102 Ungaro P., Gli attori della divulgazione, p.93

Page 49: La Scienza in Tv

42

diffuse e la ricostruzione delle condizioni della loro insorgenza e sintomatologia mirano al

chiarimento della complessità delle questioni trattate per un pubblico motivato soprattutto

dalla possibilità di tradurre le conoscenze in consigli immediatamente fruibili.

L’accostamento della vocazione pragmatica e l’argomentazione teorica in queste

trasmissioni porta all’offerta e alla conferma di chiavi di lettura proposti dal programma e

di rassicurazioni in merito a questioni controverse da un punto di vista etico o sociale.

Nelle trasmissioni mosse da finalità strumentali di spendibilità quotidiana di contenuti

divulgativi trova minore fortuna l’argomentazione teorica, che lascia spazio all’offerta di

elementi informativi che rimandano ad un utilizzo di breve respiro della scienza intesa

come attività soprattutto finalizzata all’intervento pratico e alla risoluzione di problemi

quotidiani. Questi consigli sono forniti in un panorama di continua rassicurazione, con

l’offerta di conferme di chiavi di lettura, come per esempio nella trasmissioni del genere

che trattano della salute vista in una prospettiva olistico-sistemica, risultato sinergico di

tanti piccoli sforzi, senza troppi sacrifici. È per questo motivo che da un punto di vista

linguistico si nota un continuo processo di traduzione dei linguaggi scientifici in

linguaggio comune, che viene solitamente innescato dal conduttore, che in tale contesto

esercita massicciamente la sua funzione mediatrice tra scienza e senso comune, tra

expertise e lay public103.

2.3.2 - Non esperti e quasi esperti

Così come le competenze dei pubblici della divulgazione in televisione sono diversificate

e hanno diverse aspettative riguardo la capacità del mezzo televisivo di diffondere

rappresentazioni adeguate del mondo scientifico, anche le competenze dei portatori di

expertise sono molto varie per due motivi. Il primo coinvolge l’emittente del messaggio:

spesso gli specialisti vengono chiamati ad esprimersi su argomenti diversi da quelli della

loro particolare disciplina. Il secondo coinvolge anche il fruitore, in quanto nasce dalla

cattiva rappresentazione, e successiva ricezione della differenza tra scienza e tecnica, tra il

ricercatore e il professionista.104

Negli anni Novanta si assiste all’emergere di un tratto distintivo di molte trasmissioni:

l’intervento di una folta schiera di non-esperti. È una categoria che comprende una

103 Ibidem, pp. 90-92 104 Ibidem, pp. 97-98

Page 50: La Scienza in Tv

43

diversità di attori che hanno finalità e motivazioni diverse nella partecipazione al discorso

divulgativo, ma che hanno in comune il fatto di non essere produttori di conoscenza

scientifica, anche se non manifestano lo stesso livello di estraneità rispetto al sapere

scientifico. Si va quindi da un lay public estraneo alla scienza depositario di conoscenze

non scientifiche e del senso comune, al professionista depositario di conoscenze tecnico-

scientifiche, che va considerato un quasi-esperto. Bisogna distinguere nettamente due tipi

di attori che operano nella divulgazione, ovvero l’esperto scientifico-cognitivo e il

professionista tecnico-scienfico105 (tabella 1). In sintesi possiamo affermare che gli esperti

sono latori e produttori di un sistema di conoscenze al quale si rapportano con un’ottica di

medio-lungo periodo con l’obbiettivo di incrementare il bagaglio di conoscenze. Invece il

professionista tende ad evidenziare il valore strumentale delle conoscenze, come mezzo

per il raggiungimento di un fine, in un’ottica di breve periodo e senza la preoccupazione di

garantire in prima persona la validità scientifica delle conoscenze usate nella loro

applicazione, certificate dagli esperti.

Scienza: ricercatore, esperto

scientifico

Applicazioni tecniche: professionista

valori di riferimento

accrescere la conoscenza usare la conoscenza

orientamento al tempo

medio-lungo periodo breve periodo

tipo di utilizzo della conoscenza

fine in sé mezzo

controllo sulla certificazione della conoscenza

alto basso

Tabella 1 - Specialisti scientifici e tecnici

Alla luce di questa distinzione si nota che in molte trasmissioni di natura medica

l’esperto tende ad agire come nell’esercizio delle sue funzioni di professionista più che di

esperto scientifico-cognitivo. Le azioni tipiche degli attori della divulgazione

contribuiscono a stabilire un sistema di ruoli e dinamiche interattive nel contesto

comunicativo. Gli attori compiono azioni sociali tipiche dotate di uno stile connotativo che

105 Mc Naul J.P., Relations between researchers and practitioners, in Nagi S.Z., Corwin R.G., The social context of research, Wiley-Interscience, London 1972, cap. 9

Page 51: La Scienza in Tv

44

le rende riconoscibili sia dagli altri soggetti della comunicazione che dal pubblico

televisivo. L’utilizzo dell’expertise con finalità pratiche e non finalizzato all’accrescimento

delle conoscenze teoriche del fruitore si può manifestare in diversi modi, dalle prescrizioni

dei medici di Visita medica che agiscono da professionisti nell’esercizio delle loro

funzioni, fatto segnalato ai fruitori sia dal set che dall’abbigliamento (camice, laboratori,

strumenti medici), alla funzione non pedagogica di estetisti e terapisti nei programmi di

costume. Sono quindi ospiti-esperti, ma la loro finalità è quella di approfondire temi

specifici secondo una specifica professionalità.

L’utilizzo di ospiti nelle trasmissioni di divulgazione è riconducibile sostanzialmente alla

possibilità di agire da testimonial, ad un particolare interesse o impegno dimostrato

nell’argomento trattato, all’essere personaggi graditi al pubblico.

Il testimonial può avere la funzione di case-study, di esemplificazione visiva di un caso

medico, oppure può rendere possibile l’allestimento in studio di un esperimento col

coinvolgimento di un ospite.

Nelle trasmissioni caratterizzate da una mission di stampo ambientalistico gli ospiti

intervengono soprattutto perché impegnati personalmente nella tutela e nella

conservazione delle specie animali. Collaboratori, volontari, ranger, filantropi,

intervengono in queste trasmissioni con lo status di ospiti, con un certo grado di

autorevolezza derivante dall’impegno sul campo più che da meriti scientifici, competenza

basata sull’esperienza.

Gli ospiti celebri hanno una funzione soprattutto di richiamo per il pubblico e la loro

utilizzazione sembra più efficace nelle trasmissioni in cui la ‘dose’ di intrattenimento

supera la propensione pedagogica. Un esempio particolare è rappresentato da I

documentari di Jacques Cousteau, in cui al conduttore Ambrogio Fogar e agli ospiti

esperti è riservato un ruolo di semplice esemplificazione e presentazione di Cousteau, nella

funzione di “ospite d’onore”, che svolge una funzione di guida “totalitaria”106 per il

telespettatore che si addentra nel contesto comunicativo, in cui gli elementi strutturali della

comunicazione si basano sull’intervento degli ospiti sui documentari e la loro

realizzazione.

Per quanto riguarda il pubblico in studio il modello dell’interazione tra esperti e pubblico

nasce negli anni Sessanta in programmi divulgativi che seguono lo schema della tavola

rotonda, e sopravvive fino ai giorni nostri. La fortuna di questo modello risiede nel fatto

106 Ungaro P., Gli attori della divulgazione, pp. 98-99

Page 52: La Scienza in Tv

45

che la partecipazione dell’uomo comune, in posizione di estrema lontananza nei confronti

del sapere scientifico e di estrema vicinanza rispetto al sistema di conoscenze dello

spettatore favorisce meccanismi e processi immedesimativi da parte di quest’ultimo. In

molte trasmissioni assistiamo a modalità di coinvolgimento che rimandano a due differenti

modelli. Da una parte i programmi incentrati su un rapporto dialogico tra esperto e

pubblico con la mediazione dei flussi comunicativi da parte del conduttore, dall’altra

programmi che apparentemente aumentano la distanza tra le due tipologie di attori. Infatti

ad una prima analisi è possibile affermare che la prima tipologia di trasmissioni metta in

atto un’interazione significativa tra esperti e pubblico mentre la seconda utilizzi il lay

public esclusivamente come claque. In realtà però la sensazione che spesso si ricava è che

in molti flussi comunicativi l’interazione col pubblico abbia una funzione meramente

strumentale, di sola stimolazione dei veri protagonisti, che sono gli esperti. In quest’ottica

anche la disposizione fisico-spaziale permette una decodifica immediata del flusso

comunicativo: in questi programmi il pubblico è spesso disposto in cerchio o semicerchio

con gli esperti al centro o a chiusura del semicerchio. Quindi più che strutturarsi sul

modello a tavola rotonda queste trasmissioni si configurano sul modello della lezione

impartita a un gruppo di soggetti docili che malgrado il contatto diretto con gli specialisti

denotano una sostanziale marginalità circa le informazioni veicolate dagli esperti. Anche il

pubblico del secondo tipo di programmi che stiamo analizzando risulta essere passivo e se

vogliamo ‘addomesticato’, ma la sua presenza si manifesta in forme indirette, specialmente

in rapporto con le esigenze di comprensione che vengono sollecitate dal conduttore e dagli

esperti. Questa funzione di sollecitazione sottordinata nei confronti degli specialisti, spesso

innescata dal conduttore con la sua funzione mediatrice e traduttrice, si accompagna con

quella di invito all’immedesimazione per il fruitore televisivo. L’esigenza di innescare

meccanismi di immedesimazione viene soddisfatta anche attraverso al personalizzazione

degli interventi, che spesso si trasformano in microstorie che contribuiscono alla creazione

del contesto comunicativo in cui vengono veicolate le informazioni scientifiche.

2.3.3 - Flusso comunicativo e interazione

È possibile individuare quattro tipi di azioni comunicative incentrate sull’esperto. Nelle

trasmissioni di divulgazione scientifica che prevedono la figura dell’esperto le competenze

sono influenzate dal grado di simmetria che vige tra gli ospiti, dal tipo di discorso

Page 53: La Scienza in Tv

46

televisivo e di modalità di interazione tra gli attori, dalle dinamiche di certificazione delle

conoscenze. I quattro flussi comunicativi:

1. Esplicitazione di competenze esperte / sollecitazione subordinata.

2. Sollecitazione subordinata / regolazione del flusso comunicativo / esplicitazione di

competenze esperte.

3. Interazione tra pari.

4. Asseverazione implicita ed esplicita.107

1. Questo è un modello divulgativo che prevede l’esplicitazione di expertise attraverso

l’intervento subordinato di attori in un contesto di asimmetria comunicativa. Si basa

sul confronto di due categorie di attori portatori di livelli cognitivi diversi. Entrambe

le funzioni possono essere svolte da soggetti che ricoprono ruoli differenti. Dato che

ai fini della divulgazione della scienza la funzione centrale è quella del livello di

competenze più alto, si identificano tre tipologie di trasmissioni in cui la conoscenza

scientifica viene detenuta e comunicata da diverse categorie: gli esperti tecnico-

scientifici, gli ospiti esperti, il conduttore. Nel primo tipo di trasmissioni si possono

trovare gli schemi basati sul dialogo visti in precedenza o configurazioni in cui la

funzione di stimolo viene ricoperta alternativamente dal conduttore-mediatore e dal

pubblico, oppure trasmissioni di taglio giornalistico in cui vige una rigida divisione

dei ruoli e un confronto diretto tra question-setter e question-solver. Nei programmi

in cui i flussi comunicativi risultano più duttili la funzione di esperto può essere

occasionalmente ricoperta in uno scambio di ruoli dal conduttore, oppure si possono

innescare situazioni di interazione tra pari specialmente in trasmissioni basate

sull’emotività, sulla stessa passione per l’argomento trattato di conduttore, esperti e

pubblico. Ciò crea i presupposti per forme divulgative che usano liberamente

linguaggi dello spettacolo e dell’entertainmet, come il talk-show. In altre modalità

espressive le competenze vengono esplicitate da esperti che intervengoo in qualità di

ospiti, e possono prendere ad esempio la forma dell’intervista strutturata condotta

con linguaggi e registri informali (Leonardo). 108 Un uso particolare di questa

configurazione può essere rintracciato nel programma Visita medica in cui un ospite

107 Ibidem, p. 109

Page 54: La Scienza in Tv

47

esperto e un ospite comune si relazionano l’un l’altro simulando il modello

asimmetrico del modello medico-paziente. È una formula narrativa sospesa tra

rappresentazione e realtà: la visita medica in cui sono coinvolti gli attori, in uno

studio che riproduce fedelmente uno studio medico, è un espediente per veicolare

informazioni al telespettatore attraverso la rappresentazione scenica che protende al

genere della science-fiction109.

2. Nelle trasmissioni in cui osserviamo un ruolo di veicolazione delle conoscenze

scientifiche svolta dal conduttore, quest’ultimo può ricoprire il ruolo multiplo di

interazione alla pari con gli esperti e di interfaccia e traduzione col pubblico col

quale colma il dislivello cognitivo che sussiste tra specialisti e pubblico. In alcuni

programmi (Check-up) la distanza tra lay public ed esperti, infatti, tende a diventare

abissale per la presenza di un doppio filtro che porta a un flusso comunicativo a tre

fasi. A una fase di raccoglimento delle domande del pubblico da parte di un attore

avente la funzione di assistente conduttore, che rappresenta il primo filtro della

comunicazione con l’expertise, si accompagna una seconda fase in cui il conduttore

interagisce con gli esperti per il soddisfacimento della domanda, attraverso quindi

una doppia traduzione dei codici espressivi e la selezione da parte del conduttore

dell’ospite più indicato. In strutture di interazione tra ospiti esperti e giornalisti,

questi ultimi chiamati a ricoprire una funzione di sollecitazione, notiamo invece che

queste due categorie di attori non agiscono in rapporto di asimmetria comunicativa

ma in non omogeneità di competenze, infatti i flussi comunicativi non si basano sulla

richiesta dell’esplicitazione di expertise ma con l’intento di aumentare le proprie

conoscenze e come stimolo per gli esperti a prendere posizione su determinati

argomenti, anche in chiave polemica.110

3. Alcuni attori, anche se dotati di motivazioni e finalità diverse, si collocano su un

piano di simmetria comunicativa. In questi casi tutti i ruoli presenti interagiscono tra

loro da pari, in configurazioni che qualificano le trasmissioni incentrate

sull’esplicitazione di conoscenze esperte e quelle che non hanno finalità informative

ma tendono a esercitare altre funzioni comunicative. Queste tipologie di trasmissione

presuppongono che il conduttore goda di un livello di autorevolezza tale da

108 Ci si riferisce al programma di Rai 3 degli anni Novanta. In seguito la trasmissione ha assunto tutte le marche semantiche di un telegiornale, mutandosi in Tg Leonardo 109 Ungaro P., Gli attori della divulgazione, pp. 105-108 110 Ibidem, pp. 108-112

Page 55: La Scienza in Tv

48

permettergli di sostenere un rapporto paritario con l’esperto, con il quale spesso si da

del ‘tu’, e c’è la vaga impressione che la presenza dell’ospite non incida sull’apporto

informativo della comunicazione, ma abbia soprattutto la funzione di alternare la

fonte del messaggio, vivacizzare lo stile, trasporre in dialogo quello che potrebbe

essere un monologo. All’interno di questo schema possiamo inserire uno schema

interattivo paritario particolare: quello basato sul rapporto del conduttore con se

stesso. Nel programma La macchina meravigliosa Piero Angela in studio interagisce

col suo alter ego all’interno del corpo umano. Questo sdoppiamento dello stesso

attore in due dimensioni narrative e spaziali distinte si esplicita attraverso il dialogo

tra i due ruoli che conducono la parte esplicativa del programma da soli. L’intervento

degli ospiti, e la fine dell’incantesimo, verranno in seguito. Il secondo gruppo di

schemi interattivi la simmetria comunicativa tra i diversi ruoli non è dovuta al

riconoscimento di competenze specialistiche del conduttore, ma dall’instaurarsi di

interscambi che avvengono su un piano non strettamente specialistico e di maggiore

quotidianità. In molte trasmissioni questi tipi di interazioni si instaurano tra

conduttore e ospiti non esperti al fine di alleggerire la trasmissione e colmare

provvisoriamente la distanza tra il fruitore e gli attori della rappresentazione.

4. La testimonianza, implicita o esplicita, dell’autorevolezza del messaggio veicolato

ricorre, ad opera di diversi attori, in numerosi scambi comunicativi. Questa funzione

viene assolta il più delle volte secondo un modello unidirezionale, in cui l’asseverazione

viene riferita al membro autorevole della comunicazione, che può variare a seconda

delle situazioni e delle diverse reti di interazioni. Una funzione di asseverazione può

essere colta ogni qual volta si è in presenza di una esplicitazione di competenze esperte:

una testimonianza dell’alto livello di preparazione degli specialisti viene infatti fornita

da conduttore, pubblico o ospiti in tutte le trasmissioni in cui c’è interazione tra ruoli.

L’asseverazione esplicita giunge agli esperti attraverso il conduttore, mentre una

connotazione più implicita caratterizza la testimonianza asseverativa degli spettatori e

degli ospiti, che esprimono verso gli specialisti totale fiducia e approvazione. Nelle

trasmissioni in cui si instaurano scambi comunicativi tra esperti basati sull’interazione

tra pari si assiste a una funzione asseverativa svolta in modo bidirezionale: infatti si

costituisce una sorta di rete di mutua legittimazione esplicita con un continuo scambio

di conferme e rassicurazioni reciproche. Inoltre si instaurano testimonianze di

Page 56: La Scienza in Tv

49

autorevolezza nei confronti del conduttore, da parte del pubblico, indipendentemente

dal grado di preparazione scientifica111.

In sintesi l’analisi svolta da Paola Ungaro suggerisce che i ruoli maggiormente coinvolti

nella divulgazione scientifica sono quelli del conduttore e dell’esperto, i quali, nonostante

le tendenze a limitare la partecipazione del pubblico, continuano a rappresentare il fulcro

della scienza in tv. In particolare il conduttore. Assolvendo contemporaneamente diverse

funzioni è il cardine attorno a cui ruota la gestione dei flussi comunicativi. Le funzioni

principali di queste due figure sembrano essere la sollecitazione subordinata e

l’esplicitazione di competenze esperte. La prima viene assolta da tutti gli attori a

esclusione degli esperti, mentre la seconda da tutti ad esclusione del pubblico. È

interessante notare come il conduttore sia un’entità anfibia dal momento che condivide la

possibilità di legittimere conoscenze con l’esperto, e col pubblico un rapporto di empatia

basato su fiducia e curiosità.

111 Ibidem, pp. 112-123

Page 57: La Scienza in Tv

50

Capitolo 3 - Pensiero scientifico e senso comune

Il rischio che si corre nei processi di divulgazione è di costruire una rappresentazione

della realtà per la quale tutto è facile e comprensibile senza particolari sforzi, immersa in

un’atmosfera di sonnolenta banalità112. Secondo i divulgatori il problema dell’accesso alla

conoscenza deriva da barriere linguistiche più che dalle idee, e queste posizioni

evidenziano la natura di traduzione e di metafora dell’informazione scientifica. Italo

Calvino scrisse: “la poesia consiste nel far entrare il mare in un bicchiere”. Lo stesso cerca

di fare la divulgazione, rischiando di mancare l’obiettivo della sua missione: “la poesia è

ciò che si perde, ciò che resiste a una traduzione (Robert Frost). Allo stesso modo la

scienza è ciò che resiste alla divulgazione?”113

3.1 - La metafora

La metafora è un trasferimento semantico per similarità, e si oppone alla metonimia, che

opera per contiguità114. Come afferma Aristotele nella Poetica, nella metafora un’entità

prende il nome di un’altra nella misura in cui sussista tra loro un rapporto di analogia.115

Le metafore del senso comune dovrebbero, in fatto di divulgazione, essere dei mezzi

attraverso i quali il lay public possa emanciparsi gradualmente, in un lento processo di

socializzazione/iniziazione fino alla fase in cui il sapere trasmesso è operativizzabile da

parte del fruitore.116

La riduzione di concetti complessi mediante l’uso di immagini e nozioni familiari ha, a

causa di questa familiarità del linguaggio, un forte potere di suggestione

indipendentemente dalla conoscenza scientifica che contribuisce a trasmettere117, inoltre è

112 Grasso A., Il demone della divulgazione, in Bettetini G.F. Grasso A. (a cura di), Lo specchio sporco della televisione, divulgazione scientifica e sport nella cultura televisiva, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1988, p. 61 113 Ibidem 114 Jakobson R., Due aspetti del linguaggio e due tipi di afasia, in Jakobson R., Saggi di linguistica generale, Feltrinelli, Milano 1966 115 Galimberti U., Enciclopedia di psicologia, Garzanti, Torino 1999, p.649 116 Fasanella A., La metafora del sapere, in Cannavò L. (a cura di), La scienza in tv: dalla divulgazione alla comunicazione scientifica pubblica, VQPT/Eri, Roma 1995, p. 160 117 Nagel E., The structure of science: problems in the logic of scientific explanation, Harcourt Brace & World, New York 1961, tr. it. La struttura della scienza. Problemi di logica della spiegazione scientifica, Feltrinelli, Milano 1984, p. 99

Page 58: La Scienza in Tv

51

utile ricordare che la divulgazione non deve sostituire la scienza ma fornire al pubblico i

‘principi-chiave’ per comprenderla.118

Dunque il processo divulgativo, attraverso gli strumenti del senso comune, produce un

decadimento della conoscenza scientifica e una rappresentazione parziale della scienza.

D’altro canto analogie e metafore costituiscono strumenti ai quali si ricorre anche durante

la costruzione del sapere scientifico.119 Per esempio “in termodinamica la cinetica dei gas

può ritenersi strutturata in riferimento alle leggi e alla teoria relative al moto di macrocorpi

sferici dotati di elasticità, simili a palle di biliardo. Allo stesso modo può essere

immaginata una connessione tra un raggio di luce ed il moto rettilineo uniforme di un

proiettile”.120

La rappresentazione della scienza, invece, può subire a causa del senso comune altri tipi

di influenze, come ad esempio i processi detti di dogmatizzazione del sapere:

nell’immaginario comune la scienza tende a essere percepita come una attività umana

dotata di uno status superiore attribuitole dalla doxa, e la divulgazione contribuisce a

rafforzare questa tendenza presentando i contenuti scientifici come verità universali, stabili

ed incontrovertibili. 121

Per Moscovici metafora e analogia rilevano una tendenza a integrare l’oggetto in un

mondo esistente, a stabilire con esso una relazione tramite la mediazione di altri oggetti,122

ed è quindi evidente che i loro usi e le loro funzioni possono essere diversi a seconda degli

universi semantici in cui si agisce. Vosniadu e Ortony, a tal senso, distinguono all’interno

dei modi di ragionamento per somiglianza tra quelli “within domain”, ovvero analogici

all’interno di un singolo ambito tematico, e quelli “between domain”, metaforici tra ambiti

tematici differenti.123 Una classificazione di questo tipo rivela che esistono metafore

interne al discorso scientifico ed altre che fungono da ponte tra scienza e senso comune.124

Le prime vanno considerate come costitutive della scienza, mentre le seconde hanno la

funzione esegetica di creare un punto di contatto tra il livello specialistico e quello

118 Allemand E., “Aspects de la situation de la vulgarisation scientifique audio-viselle”, Etudes de Radio-télévision, 33, 1984, p. 116 119 Fasanella A., La metafora del sapere, p. 177 120 Ibidem, p. 176 121 Whitley R., Kinowledge producers and knowledge acquirers, in Shinn T. Whitley R, (a cura di) Expository science, Reidel, Dordrecht 1985, p. 85 122 Moscovici S., La psychanalyse, son image, son public, PUF, Paris 1961 123 Vosniadu S., Ortony A., Similarity and analogical reasoning: a synthetis, in Vosniadu S., Ortony A. (a cura di) Similarity and analogical reasoning, Cambridge University Press, Cambridge 1989 124 Bucchi M., La scienza in pubblico. Percorsi nella comunicazione scientifica, Mc Graw-Hill, Milano 2000, p. 27

Page 59: La Scienza in Tv

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popolare della comunicazione scientifica. È stato dimostrato che spesso le metafore usate

nella divulgazione scientifica sono le stesse usate nel processo di costruzione di una teoria

scientifica: la divulgazione può concretizzare sotto forma di immagini la analogie e le

metafore che la comunità scientifica mobilita a scopo euristico,125 come ad esempio la

metafora dell’atomo come sistema solare126 o immagini come area, field, boundaries,

frontiers, metafore spaziali che vengono comunemente usate sia nella produzione che nella

divulgazione scientifica.127 Tra questo tipo di metafore è opportuno distinguere i loro

diversi livelli in relazione alle immagini sulla scienza:

i) livello intrametaforico, ovvero le metafore più assimilate e condivise, come quella

di ‘codice genetico’

ii) livello metaforico: metafore in fase di negoziazione, non completamente

assimilate, come l’espressione ‘interruttore chimico’

iii) livello suprametaforico, ovvero non utilizzabile dal punto di vista divulgativo

perché ancora di tipo within domain ed esclusivamente costitutiva del discorso

scientifico.128

Le informazioni e le immagini che circolano al livello popolare vengono spesso usate dai

ricercatori per la comunicazione scientifica specialistica, come la metafora originariamente

elaborata per spiegare il moto browniano delle particelle nei testi di divulgazione

scientifica (‘la formica nel labirinto’), successivamente usata dagli scienziati per testi

specialistici.129 Allo stesso modo la metafora del ‘buco nell’ozono’ con il suo enorme

impatto sui media e sull’opinione pubblica produsse un consenso a livello pubblico che

anticipò di almeno un anno quello specialistico, all’epoca fortemente incerto e controverso,

sull’impatto dei Cfc sull’atmosfera.130

125 Jacobi D., Schiele B., “Scientific imagery and popularized imagery”, Social Studies of Science, 19, 1989, p. 752 126 Bucchi M., La scienza in pubblico, p. 27 127 Broks P, Conceptual space: a new understanding of popular science, Public Communication of Science and Technology Conference, Berlino, 17-19 Settembre 1998 128 Bucchi M., La scienza in pubblico, p. 27 129 Cloitre M., Shinn T., Enclavemente et diffusion du savoir, “Social Science Information”, 25, 1, 1986, pp. 161-187 130 Bucchi M., Scienza e società, p. 142

Page 60: La Scienza in Tv

53

3.2 - Il linguaggio del senso comune: La Scienza In Cucina.

Un esempio interessante delle potenzialità dei linguaggi del senso comune nel costruire

rappresentazioni precise della scienza è senza dubbio la rubrica La Scienza in Cucina

all’interno di Quark. In questo piccolo spazio settimanale lo spettatore è invitato ad

assistere a quei fenomeni chimici e fisici che avvengono in cucina. È dunque una scienza

che non offre niente di strabiliante o miracoloso da lasciare a bocca aperta, ma si inserisce

nel regno incontrastato del senso comune. La scienza in questo modo, oltre ad apparire

facile e divertente, non è in contrasto col senso comune e non cerca di rivoluzionarlo. È

una scienza ‘piccola’, divulgazione di principi scientifici e non solo diffusione di

informazioni. Questi principi sembrano quasi inconsci mentre si è in cucina: anche perché

questa è una rappresentazione che vede la scienza procedere accanto al senso comune. È

curioso notare che la metafora della cucina come scienza è il sovvertimento di quella della

scienza come cucina che viene solitamente usata dagli scienziati nella comunicazione

scientifica pubblica per criticare metodi e risultati di altri colleghi, e questo sintetizza il

rapporto difficile ma necessario tra divulgazione e produzione di conoscenze

scientifiche.131

3.3 - Le rappresentazioni sociali

Un articolo dell’International Herald Tribune commentava nel 1979 la decisione della

Società Americana di Psichiatria di sostituire i termini ‘nevrosi’ e ‘nevrotico’ con

l’indicazione di ‘disordini specifici’. Infatti secondo gli psichiatrici l’uso di questi termini

induceva a un atteggiamento quasi di scusa dell’interlocutore nei confronti di un nevrotico,

atteggiamento che, a detta degli psichiatri, non sarebbe stato assunto di fronte a un

individuo affetto da disordini specifici.132 Dunque la parola ‘nevrosi’ si è resa indipendente

dalla malattia, è divenuta una categoria: una rappresentazione sociale nel senso comune,

non solo il corrispondente linguistico di un referente reale.133 Le rappresentazioni sociali

131 Bucchi M., Surely you are cooking, Mr. Feynman! Strategies for the presentation of science in tv, Public Communication of Science and Technology Conference, Berlino, 17-19 Settembre 1998 132 Jodelet D., Rappresentazione sociale: fenomeni, concetti e teoria, in S. Moscovici (a cura di), Psicologia sociale, Borla, Roma 1996, p. 338 133 Farr R.M., Le rappresentazioni sociali, in S. Moscovici (a cura di), Psicologia sociale, Borla, Roma 1996, p. 365

Page 61: La Scienza in Tv

54

sono immagini che condensano una serie di significati e servono a dare un senso

all’inatteso134 concorrendo alla costruzione sociale della realtà.135

Il concetto di rappresentazione sociale designa una forma di conoscenza specifica: il

sapere del senso comune. È una forma di pensiero che si manifesta in processi generativi e

funzionali socialmente rilevanti, e una forma di pensiero pratico in cui le rappresentazioni

sono orientate verso la comunicazione, la comprensione e il dominio dell’ambiente sociale,

materiale, ideale.136 È ciò che lega percezione e concetto, il processo con cui si

stabiliscono relazioni tra oggetti e individui in base al loro posizionamento sociale,137 con

un meccanismo simile a quello con cui la televisione e i media in genere rendono presente

nella mente del fruitore qualcosa che viene fatto percepire indirettamente.138

Le rappresentazioni sociali si concretizzano nei concetti del senso comune, divenendo

quasi delle cose materiali. Questo processo è detto di oggettivazione. Gli elementi

oggettivizzati vengono selezionati e decontestualizzati per essere resi generalizzabili e

applicabili sulle percezioni che giungono dall’esterno. Questi processi avvengono

attraverso criteri culturali e normativi. Queste rappresentazioni vengono quindi

naturalizzate, ovvero diventano la realtà del senso comune, il mondo dell’agire pratico.

Infine subiscono processi di ancoraggio, con la possibilità che alcuni elementi si rendano

autonomi dalla rappresentazione sociale nella sua interezza dopo aver subito i processi di

oggettivizzazione e naturalizzazione, proprio come era avvenuto secondo la Società

Americana di Psichiatria per la rappresentazione sociale della nevrosi.139

Molte rappresentazioni sociali sono tali perché veicolate dai media nella loro natura di

rappresentazioni collettive140 e permettono agli individui “di orientarsi nell’ambiente

sociale e materiale, e di dominarlo”141 in quanto sono finalizzate a rendere familiare ciò

che appare strano e a rendere percettibile l’invisibile.142

134 Jodelet D., Rappresentazione sociale: fenomeni, concetti e teoria, p. 339 135 Berger P.L., Luckmann T., The social constructon of reality, Doubleday & co., New York 1966 136 Jodelet D., Rappresentazione sociale: fenomeni, concetti e teoria, pp. 340-341 137 Ibidem 138 Ibidem, p. 341 139 Ibidem 140 Ci si riferisce al concetto introdotto da Durkheim che individua quelle rappresentazioni che, opposte a quelle individuali, definiscono valori, pratiche e idee e che stabiliscono un ordine sociale e facilitano la comunicazione tra i membri di un gruppo. Durkheim, E., “Représentations individuelles et représentations collectives”, Revue de Metaphysique et de Morale, VI, 1898, pp. 273-302 141 Moscovici S., prefazione a Herzlich C., Santé et maladie. Analyse d’une représentation social, Mouton, Paris 1969 142 Farr R.M., Le rappresentazioni sociali, p. 365

Page 62: La Scienza in Tv

55

Le rappresentazioni costruite dai media sono rappresentazioni sociali e come tali sono

oggettivizzate, ovvero subiscono processi di personalizzazione e concretizzazione e

spesso, quindi, sono autonome dal loro referente reale in virtù di dinamiche di ancoraggio

e agiscono sul senso comune, dal momento che ne costruiscono la realtà.

3.4 - Rappresentazioni sociali e senso comune

Pensiero scientifico e senso comune sono stati definiti in molti modi: logica e mito,

pensiero domestico e pensiero selvaggio, logica e prelogica. Tutte queste dicotomie si

riferiscono a una forma di pensiero caratterizzato da rigore e sicurezza delle previsioni

basate su conoscenze certe e che gode di ristretti gradi di libertà, e a una forma che non

sottostà a regole specifiche, restrizioni, autorevolezza.143

Senso comune e pensiero scientifico hanno un rapporto articolato. Infatti la naïveté del

senso comune caratterizza le ‘conoscenze di prima mano’ che nascono dalla

razionalizzazione delle realtà che si presenta in modo confuso attraverso le

rappresentazioni sociali. Questo corpus di conoscenze viene elaborato dal pensiero

scientifico, come ad esempio il concetto di forza presente nel senso comune, diventato un

concetto matematico a partire da una conoscenza di prima mano144.

“[il senso comune] è il capitale di una conoscenza immensa e prodigiosamente attiva, formata dall’unione delle intelligenza umane; di secolo in secolo questo capitale si trasforma e si accresce; a queste trasformazioni, a questo accrescimento di ricchezza, la scienza teorica contribuisce in grandissima parte; incessantemente la scienza si diffonde attraverso l’insegnamento, la conversazione, i libri, le riviste, i giornali; e penetra fino in fondo alla conoscenza volgare, risveglia la sua attenzione su dei fenomeni ancora trascurati, le insegna ad analizzare delle nozioni che erano rimaste confuse, arricchisce così il patrimonio delle verità comuni a tutti gli uomini o, almeno, a tutti coloro che hanno raggiunto un certo grado di cultura intellettuale”.

[Duhem145, 1984: 510]

Il fruitore di divulgazione è attratto dal pensiero scientifico e cerca di integrarlo nelle

risorse che quotidianamente utilizza, col fine di dominare la realtà e dare una risposta,

ancorché incerta, alle grandi questioni dell’uomo.146 O anche per consuetudine, come

143 Moscovici S., Hewstone M., Dalla scienza al senso comune, in S. Moscovici (a cura di), Psicologia sociale, Borla, Roma 1996, p. 508 144 Ibidem, p. 510 145 Ibidem 146 Roqueplo, P., Le partage du savoir, Le Seuil, Paris 1974

Page 63: La Scienza in Tv

56

Salim, il personaggio di Naipaul che aveva consacrato la sua vita a collezionare e studiare

frammenti di riviste di divulgazione scientifica.

Lo spettatore di divulgazione scientifica fruisce di un prodotto che veicola in una sola

rappresentazione sociale della scienza molteplici aspetti che nel senso comune sono delle

rappresentazioni sociali che godono di un qualche grado di autonomia: le rappresentazioni

delle applicazioni della scienza, delle teorie scientifiche, della scienza dei manuali si

concretizzano in un’immagine unitaria.147 La divulgazione, in ogni caso, funge da veicolo

di socializzazione, di diffusione di pensiero scientifico nel senso comune, mentre il

pensiero scientifico ha la funzione di razionalizzare le conoscenze di prima mano del senso

comune.148

La creazione di rappresentazioni sociali avviene attraverso alcuni processi:

i) Personificazione. Spesso concetti e teorie scientifici si concretizzano in

rappresentazioni inscindibili dallo scienziato: relatività/Einstein, psicoanalisi/Freud,

riflesso condizionato/Pavlov.149 È un processo inverso a quello a cui tende il pensiero

scientifico, ovvero rendere impersonali le cose.

ii) Figurazione. Le rappresentazioni sociali hanno una grande forza immaginativa, e

spesso le rappresentazioni del senso comune influisce sul pensiero scientifico che

usa, ad esempio, metafore come onda, corpuscolo ecc.

iii) Ontologizzazione. Il pensiero scientifico si propone di non attribuire lo status di

cose o sostanze ai risultati di un analisi, mentre il senso comune tende a far

corrispondere alle idee cose, qualità, forze.

Il processo di trasformazione di pensiero scientifico in senso comune usato dallo

scienziato ‘amatore’150 può essere considerato il passaggio da un tipo di pensiero

informativo a un tipo di pensiero rappresentativo (tabella 2) caratterizzati da forme di

razionalità diverse:151

Pensiero informativo:

Concetti e segni

Validità empirica

Dominanza del ‘come’

Pensiero rappresentativo:

Immagini e simboli

Validità consensuale

Dominanza del ‘perché’

147 Moscovici S., Hewstone M., Dalla scienza al senso comune, p. 512 148 Ibidem, p. 513 149 Ibidem, p. 514 150 Moscovici S., Hewstone M., Social representation and social explanation. From the naive to the ‘amateur’ scientist, in M. Hewstone (a cura di) Attribution theory, Blackwell, Oxford 1983 151 Moscovici S., Hewstone M., Dalla scienza al senso comune, p. 525

Page 64: La Scienza in Tv

57

Tipi fissi di inferenza

Limitazione della successione degli atti mentali

Limitazione delle forme sintattiche disponibili

Scelta dei tipi di inferenza

Flessibilità della successione degli atti mentali

Forme sintattiche illimitate

Tabella 2 - Pensiero informativo e pensiero rappresentativo

Ogni rappresentazione di una teoria scientifica comporta un’alterazione profonda del suo

contenuto e della sua struttura cognitiva. Una volta che questa alterazione è avvenuta

appare uno schema anche solo in apparenza coerente che permette agli individui di ‘creare’

realtà conforme a quegli schemi.152 Gli individui precisano “ciò che è reale” attraverso

l’interazione tra individui allo stesso modo in cui definiscono ciò che è fittizio153: è “come

se la gente deformasse le cose per metterle in accordo con i propri desideri e con i propri

interessi”.154 Alla base vi è la selezione delle informazioni, influenzata da credenze e

pregiudizi, che esclude alcuni aspetti a scapito di altri. Ne conseguono errori evidenti di

giudizio e rappresentazioni distorte della realtà, spesso dovuti al fatto che “ognuno si

espone unicamente ai messaggi del suo gruppo e non accetta che le informazioni che

provengono dal suo partito, dalla sua Chiesa, ecc.”155 Una spiegazione a ciò scaturisce dal

fatto che le informazioni sono spesso caratterizzate da ambiguità, dato che spesso è

impossibile stabilirne il grado di verità, soprattutto per quelle veicolate dai media

caratterizzati da un patto di veridizione con il fruitore molto debole. È infatti ingenuo

pensare che dietro ai termini ‘razza’ e ‘Aids’ vi sia solo un referente reale: c’è una

rappresentazione sociale, o meglio ci sono rappresentazioni sociali che individui o gruppi

sociali hanno contribuito a creare e con le quali possono essere in disaccordo. Il ‘grado di

realtà’ di informazioni, immagini, parole, che viene percepito è, secondo Moscovici, il

risultato di un processo di imputazione di realtà per ‘indizi’:

i) La ‘percezione dell’autorità’, che si basa sulla convinzione che le informazioni

siano certe e verificate da esperti. Come è facile immaginare spesso l’associazione

di un’informazione a un’autorità credibile è solo illusoria.

ii) La riduzione di una rappresentazione sociale a nozioni e immagini preesistenti. È

possibile individuare diversi tipi di strategie utilizzate in questo senso, la prima

delle quali è l’equivalenza tra le nuove informazioni e porzioni di senso comune

152 Ibidem, p. 526 153 Ibidem, p. 527 154 Ibidem

Page 65: La Scienza in Tv

58

già sedimentate, come ad esempio l’introduzione nel senso comune attraverso la

divulgazione scientifica della teoria della divisione del cervello in emisferi con

funzioni molto diverse, che non è distante dal concetto divenuto popolare

dell’esistenza di uno spirito intuitivo e di uno intellettuale. La seconda ha il

compito di minimizzare le differenze tra la versione ‘scientifica’ di una conoscenza

e la sua rappresentazione: come il cattolico che può avere un giudizio favorevole

sulla psicanalisi se l’accosta alla confessione. Inoltre ogni rappresentazione

possiede uno schema di riduzione, come ad esempio la comparazione del corpo con

una macchina, che porta a usare i concetti di forza, motore, movimento e ad

accantonarne altri. In linea di massima ciò che rientra nei processi di equivalenza,

minimizzazione delle differenze e di applicazione di uno schema di imputazione

viene di solito chiamato realtà, ciò che viene escluso rientra nella sfera della

soggettività e dell’immaginazione. “Il senso comune ride del famoso rasoio di

Ockham e di ogni economia del pensiero. In una parola, mentre lo scienziato

professionale è per necessità deflazionista e tratta la realtà come una risorsa rara, lo

scienziato ‘amatore’ è inflazionista e tratta la realtà come una risorsa pletorica”.156

iii) La positività, ovvero la ripetizione sotto forma affermativa di una informazione

minimizzandone gli aspetti negativi e le particolarità.

In conclusione ricorrendo a una metafora di Moscovici è possibile affermare che, come

il dipinto di Magritte in cui è raffigurata una pipa e il dipinto di una pipa con l’iscrizione

“questa non è una pipa”, le rappresentazioni sociali che compongono il senso comune e

lo formano a partire dalle teorie e dai dati della scienza sono come il quadro piccolo

all’interno di quello grande:

“Le informazioni che noi riceviamo [...], sono tenute attaccate dalle immagini e dai concetti ‘sovraimposti’ agli oggetti e agli individui. Quando guardiamo questi individui e questi oggetti, quando spieghiamo le loro proprietà, noi ‘dimentichiamo’ che questi potrebbero essere delle rappresentazioni di un’altra natura. Noi applichiamo loro le categorie del nostro gruppo sociale, i ragionamenti che abbiamo acquisiti, e li combiniamo in questo quadro, per farli così come li vediamo. [...] E così i contenuti e le regole di questo pensiero rappresentativo finiscono per costutuire attorno a noi un vero ambiente entro il quale il fisico e il sociale si fondono”.

[Moscovici e Hewstone,157 1996: 532]

155 Ibidem, p. 528 156 Ibidem, p. 530

Page 66: La Scienza in Tv

59

3.5 - Scienza, senso comune, everyday knowledge

La nozione moderna di senso comune indica l’integrazione dei idee scientifiche nella

conoscenza popolare. L’etichetta di ‘verità sociale’ in molte società industrializzate è

applicata ai prodotti del pensiero scientifico e non più, o almeno non solo, a fonti come la

religione. Le conoscenze che usiamo tutti i giorni (everyday knowledge) sono il risultato

dell’incontro tra la scienza divulgata e le credenze trasmesse da una cultura, che crea una

vera e propria folk science.158 La differenza con il senso comune propriamente detto,

ovvero il pensiero naïf, si nota dal fatto che questo è un sapere in qualche misura stabile e

tramandabile, mentre la everyday knowledge, il sapere quotidiano, è in continua

evoluzione, a causa della diffusione di folk theories da parte dei media e ai temi in agenda.

Relativamente a questo studio l’introduzione di nuovi elementi nel sapere quotidiano da

parte della rappresentazione televisiva della scienza dipende dalla loro accettazione da

parte dell’opinione pubblica. Il consenso è correlato alla quantità di cambiamento che i

nuovi elementi richiedono per essere integrati e la loro applicazione metaforica nella vita

di tutti i giorni. Soddisfatte queste esigenze, le nuove idee possono diffondersi come in

un’epidemia, finchè non vengono sostituite da altre.159

Parafrasando Wittgenstein è possibile affermare che il pensiero scientifico concretizzato

nelle rappresentazioni sociali della scienza estende la periferia di quella città ideale che è il

sapere quotidiano come i simboli chimici e il concetto di infinito in matematica hanno

accresciuto il linguaggio e il pensiero preesistenti.160 Si può applicare la metafora della

città come conoscenza sia al sapere quotidiano, prodotto delle rappresentazioni sociali,

delle credenze trasmesse e della scienza divulgata, sia alla comunicazione scientifica

pubblica, che riformula le rappresentazioni sociali della scienza e influenza la ricerca in

più campi.161 Si può immaginare la divulgazione come un forum, e che le idee non siano

oggetti che passano da un individuo all’altro ma ‘spazi’. Area, field, boundaries, frontiers

sono metafore spaziali che vengono comunemente usate sia nella produzione che nella

divulgazione scientifica. Sia lo spazio urbano che quello concettuale sono il risultato di

157 Ibidem, p. 532 158 Wagner W., “Aspects of social representation theory”, Social Science Information, 33, 2, 1994, p. 156 159 Sperber, D., The epidemiology of beliefs, in C. Fraser and G. Gaskell (a cura di) The social psychological study of widespread beliefs¸ Clarendon Press, Oxford 1990 160 Wittgenstein L., Philosophische Untersuchungen, in Schriften, vol. 1, Suhrkamp, Francoforte sul Meno 1969, p. 18 161 Broks P., Conceptual space: a new understanding of popular science, Public Communication of Science and Technology Conference, Berlino 17-19 Settembre 1998

Page 67: La Scienza in Tv

60

progettazione, uso e storia, e stabiliscono il modo in cui la comunità, rispettivamente, vive

e pensa. In questo scenario gli attori sociali sono chiamati a rendere accessibili le aree

edificate e a individuare gli spazi liberi verso i quali dirigersi, ovvero la comunicazione

scientifica pubblica risponde alla necessità di rendere comprensibile e fruibile dal pubblico

l’attività della ricerca, e contemporaneamente influenza la scienza stessa nella sua

rappresentazione, negoziandone i confini come ad esempio avviene per la bioetica, e

indicando le priorità alle quali la ricerca dovrebbe dedicare le risorse maggiori, come ad

esempio la progettazione di centrali nucleari sicure chiesta da più parti durante la crisi

energetica del gennaio 2005. In altre parole:

“We can picture our present version of common sense as a city with old and new houses, crooked streets and squares in the old center, surrounded by younger suburbs with straight streets and monotonous buildings.

[Geertz,162 1983]

La costruzione del senso comune avviene attraverso i processi di selezione di porzioni di

realtà e di generalizzazione degli elementi selezionati che vengono ridotti a tipi.163 La

dimensione sociale della conoscenza, dato che il sapere quotidiano serve sia a

comprendere la realtà che a condividere le rappresentazioni che rendono possibile la

comunicazione, viene costruita attraverso la mediazione di tv, stampa e dei gruppi sociali

per l’acquisizione della conoscenza, fino alla cristallizzazione delle nuove conoscenze in

convenzioni.164 Oltre all’acquisizione, l’elemento sociale emerge nelle forme di

socializzazione delle conoscenze e alla loro modalità di distribuzione,165 dato che ogni tipo

di riformulazione o di fruizione delle conoscenze innesca processi di negoziazione delle

rappresentazioni sociali della scienza.

La costruzione sociale della ‘conoscenza quotidiana’ (everyday knowledge), che secondo

Uwe Flick166 è l’espressione più adatta ad indicare che il concetto moderno di senso

comune include la razionalizzazione del pensiero scientifico che diventa utilizzabile anche

in ambiti non specialistici, avviene su due livelli interconnessi: quello dei collettivi, ovvero

attori più o meno istituzionali dotati di expertise e di linguaggi specifici, e quello della

quotidianità, ovvero individui e gruppi sociali non specialisti. Attraverso l’interazione le

162 Geertz C., Local knowledge, Basic Books, New York 1983 163 Shutz A., Collected papers, vol. I, Nijhoff, Den Haag 1962 (1966), p. 7 164 Ibidem 165 Flick U., “Social representations and the social construction of every day knowledge: theoretical and methodological queries”, Social Science Information, 33, 2 (1994), Sage, London, p. 180

Page 68: La Scienza in Tv

61

rappresentazioni acquistano una dimensione tra individui membri di un gruppo e tra diversi

gruppi sociali.167

Le rappresentazioni sociali non riproducono fedelmente la realtà: in primo luogo perché

non è detto che esista una realtà in quanto tale, e in secondo luogo perché il processo che

genera le rappresentazioni sociali, ovvero l’insieme di selezione, oggettivizzazione e

ancoraggio delle cose percepite, è esso stesso una forma di costruzione della realtà.168 La

rappresentazione sociale è dunque in stretta relazione con i concetti di comunicazione e

comprensione, e non agisce solo a livello cognitivo, dal momento che le rappresentazioni

sociali creano sia la realtà che percepiamo, come detto prima, sia il senso comune, ovvero

lo strumento che serve a catalogare il mondo.169 Parafrasando le parole di Serge Moscovici

è possibile affermare che produrre rappresentazioni sociali corrisponde a creare la realtà, o

almeno tre aspetti di essa. In primo luogo le rappresentazioni che un gruppo ha di sé

diventano parte integrante della sua identità; in secondo luogo le rappresentazioni hanno

sia un lato mentale che uno materiale; e infine la vita dei gruppi sociali si basa su ‘mondi

virtuali’ e che la loro trasformazione è un ulteriore modo di creazione della realtà.170

Questi mondi virtuali sono ad esempio quelli che emergono dalle griglie di valutazione

dei gruppi caratterizzati da expertise e specializzazione, come le discipline scientifiche e la

ricerca, dal momento che nella comunicazione intraspecialistica della scienza, ad esempio,

individui che non hanno alcun contatto fisico tra di loro condividono rappresentazioni

sociali e categorie.171

La costruzione sociale della realtà nel senso comune attraverso le rappresentazioni

sociali, dunque, è un processo speculare a quello della creazione della realtà da parte del

linguaggio televisivo per quanto riguarda la divulgazione scientifica, dal momento che si

basano entrambi sulla selezione e la tipizzazione dei prodotti della percezione e si

influenzano a vicenda, oltre a influenzare la produzione scientifica stessa come visto nei

modelli della comunicazione pubblica della scienza.

166 Ibidem, p. 183 167 Moscovici S., “The mith of the lonely paradigm: a rejoinder”, Social Research, 51, 1984, p. 958 168 Flick U., Social representations and the social construction of every day knowledge: theoretical and methodological queries, p. 183 169 Moscovici S., The phenomenon of social representation, in R. M. Farr e S. Moscovici (a cura di) Social representations, Cambridge University Press, Cambridge 1984, p. 19 170 Moscovici S., “Answers and questions”, Journal for the Theory of Social Behaviour, 17, 1987, p. 517 171 Flick U., Social representations and the social construction of every day knowledge: theoretical and methodological queries, p. 183

Page 69: La Scienza in Tv

62

L’inserimento della realtà dei media all’interno della costruzione del senso comune e la

tendenza di quest’ultimo ad appropriarsi di elementi del pensiero scientifico attraverso

attività di comunicazione pubblica della scienza suggeriscono che il senso comune non è

più da considerarsi una forma di conoscenza opposta a quella scientifica ma una

trasformazione di conoscenza specialistica in strategie da usare quotidianamente per capire

il mondo. Questa everyday knowledge172 è un insieme di conoscenze meno esplicite e

definite di quelle degli esperti ma più complesse e strutturate di nozioni isolate; infatti si

tratta di un processo progressivo di sostituzione delle conoscenze tramandate (archaic

knowledge) con quelle del pensiero scientifico disponibili attraverso le traiettorie di

comunicazione pubblica della scienza.

3.6 - Il trasferimento delle conoscenze

È possibile dunque, alla luce degli studi effettuati da Serge Moscovici sul senso comune

e da Uwe Flick sul rapporto tra la comunicazione della scienza e le forme di conoscenza

non specialistiche (figura 7173) elaborare un modello dei diversi livelli di conoscenza che

integri i modelli di comunicazione scientifica pubblica descritti e proposti nel capitolo 2.

Per Bangerter la divisione tra senso comune, associato solitamente all’universo

consensuale, e pensiero scientifico, ovvero l’universo oggettivizzato, non è netta. Infatti ci

sono rapporti complessi tra questi due mondi; si può notare ad esempio come all’interno

delle teorie scientifiche ci siano elementi prodotti da forme di pensiero non scientifiche.174

Le nozioni di universo consensuale e oggettivizzato (reified) nascono per evitare di

considerare la scienza una sfera sacra da venerare contrapposta al pensiero usato nelle

pratiche quotidiane.175 Nelle società antiche la sfera del sacro era considerata un mistero e

un tabù ed era caratterizzata da rituali, cerimonie e da un linguaggio altamente

formalizzato. Un alto tasso di formalizzazione influisce anche sulla negoziazione dei

significati e sulla produzione di senso: il discorso sacro nelle società prescientifiche o

quello scientifico nella modernità diventano indipendenti dall’enunciatore, che è soltanto il

172 Ibidem, p. 165 173 Nello schema dei livelli di conoscenza di Flick è stata evidenziata l’area interessata dai modelli della comunicazione scientifica analizzati nel capitolo 2 174 Bangerter A., “Rethinking the relation between science and common sense: a comment on the current state of social representation theory”, Papers on Social Representations, vol. 4, 1995, p. 61 175 Moscovici S., The phenomenon of social representations, p. 20

Page 70: La Scienza in Tv

63

veicolo della conoscenza prodotta dalla scienza come sistema.176 Nell’universo

oggettivizzato le cose divengono la misura dell’uomo.177

Figura 7 - La comunicazione scientifica pubblica e le forme della conoscenza

A dimostrazione di ciò è interessante osservare come il significato delle parole nel

linguaggio scientifico sia denotativo e inequivocabile mentre nel senso comune le

rappresentazioni sociali dei concetti sono variabili e connotative. È possibile dunque

affermare che le rappresentazioni sociali siano in continuo movimento grazie alla dialettica

tra questi due universi: il senso comune è dunque il primo passo verso la formalizzazione

di concetti non familiari attraverso un ancoraggio con la realtà, il pensiero scientifico è la

razionalizzazione univoca di questo rapporto referenziale:

Senso comune: l’universo consensuale La scienza: l’universo oggettivizzato

profano

essoterico

mancanza di formalizzazione

esperto

esoterico

formalizzato

176 Bangerter A., Rethinking the relation between science and common sense: a comment on the current state of social representation theory, p. 65 177 Moscovici S., On social representations, in J.P. Forgas (a cura di) Social cognition, Academic Press, New York 1981, p. 186

Page 71: La Scienza in Tv

64

polisemia

connotazione

instabile nel tempo

referenza univoca

denotazione

stabile nel tempo

Tabella 3 - Universo consensuale e universo oggettivizzato

Le rappresentazioni sociali delle teorie scientifiche, infatti, tornano a influenzare il senso

comune: la loro metamorfosi all’interno della società e il loro modo di rinnovare il senso

comune fanno parte del processo di diffusione di una teoria. Il rapporto tra senso comune e

scienza non è soltanto bottom-up dunque, ma la divulgazione scientifica rappresenta il

modo in cui in un’ottica top-down il senso comune si rinnova attraverso la sua

formalizzazione:178 il pensiero scientifico. Questo tendenza è così forte che a volte le teorie

scientifiche si caricano di valore ideologico: i concetti, le immagini e il vocabolario

disseminati acquistano connotazioni all’interno nel senso comune; gruppi politici e sociali

si appropriano di questi concetti divulgati, quindi polisemici e non più univoci, connotativi

e non più denotativi, in nome della scienza.179

Il trasferimento delle conoscenze tra universo oggettivizzato e consensuale è un modo

per integrarle nelle strutture conoscitive esistenti di un gruppo sociale.180 In questo

processo di rappresentazione sociale delle teorie scientifiche nacono i ‘miti scientifici’,181

ovvero quella particolare classe di rappresentazione sociale che aiuta ad assimilare le

nozioni scientifiche, come la teoria del Big Bang o la teoria della divisione delle funzioni

degli emisferi cerebrali. Diventano miti perché nel senso comune prendono forma narrativa

mentre conservano la sacralità dovuta al fatto che scaturiscono dal discorso scientifico.

Ovviamente sono rappresentazioni sommarie, con almeno due difetti: non sono verificabili

attraverso le categorie del senso comune, e sono autosufficienti dal momento che si

emancipano dall’universo della scienza in virtù di processi di ancoraggio.

È necessario però affermare che per molti aspetti ‘scienza’ e ‘conoscenza scientifica’ non

corrispondono, e che entrambi non sono comunità omogenee di idee e gruppi di scienziati:

la produzione di miti scientifici inalvea tutte le discipline e le scuole di pensiero nello

178 Moscovici S., The phenomenon of social representations, p. 54 179 Ibidem, p. 59 180 Bangerter A., Rethinking the relation between science and common sense: a comment on the current state of social representation theory, p. 66 181 Moscovici S., The psychology of scientific myths, in. von Cranach M, Doise W., Mugny G. (a cura di) Social representationsand social bases of knowledge, Hans Huber, Bern 1992, pp. 3-9

Page 72: La Scienza in Tv

65

stesso insieme. Bangerter nota efficacemente che anche nella scienza queste differenze

spesso si annullano: infatti è singolare come il concetto di falsificazione, secondo lo

psicologo molto simile a un mito scientifico, sia un elemento costitutivo della ideologia

della scienza usato per legittimare i suoi prodotti e considerato infallibile.182

182 Bangerter A., Rethinking the relation between science and common sense: a comment on the current state of social representation theory, p. 72

Page 73: La Scienza in Tv

66

Capitolo 4 - Televisione e negoziazione della scienza

La comunicazione pubblica della scienza è un sistema complesso e articolato che subisce

diverse interpretazioni. Infatti secondo alcuni la divulgazione scientifica (popular science)

è la parte più periferica del discorso scientifico e nulla ha a che fare con la produzione di

conoscenza scientifica.183 Questa rappresentazione popolare non induce a un vero proprio

sviluppo della scienza ma punta al trasferimento di conoscenza scientifica alle masse.

Secondo questo orientamento la conoscenza viene prodotta all’interno di comunità

scientifiche che usano significati, pratiche e linguaggi complessi che devono essere

riformulati accuratamente in linguaggi non specifici, ad esempio in quello giornalistico o

in quello televisivo.184 In linea teorica è possibile affermare che la comunicazione

scientifica pubblica raggiunge uno dei suoi scopi quando la comunità scientifica ritiene che

il processo di semplificazione sia accurato e non viziato da distorsioni185 anche se gli

scienziati possono fare un uso scorretto delle etichette ‘semplificazione accurata’ e

‘distorsione’ per screditare il lavoro di altri scienziati o per favorire il proprio approccio

disciplinare rispetto ad altri a causa di pressioni politiche o sociali.186

Secondo altri i prodotti di divulgazione andrebbero considerati una sorta di forum di

negoziazione nei quali si formano le idee di cosa sia la scienza, di quali topics siano da

considerarsi scientifici. Questa negoziazione dei principi guida e degli argomenti della

scienza sta alla base degli obiettivi della divulgazione che sono accrescere la conoscenza

media e la capacità del pubblico di intervenire in questioni tecniche.187 La divulgazione,

dunque, non può limitarsi a una immagine unitaria e decontestualizzata della scienza e a

una mera trasmissione di informazioni perché fornisce gli strumenti per infinite

negoziazioni del concetto di scienza: abusare del senso comune, come dimostrato da

Hilgartner, provoca una degradazione e un inquinamento dell’idea di scienza che il mezzo

televisivo contribuisce a costruire, specchio ed exemplum del mondo188 ma anche modello

e strumento per negoziazioni continue delle rappresentazioni. La negoziazione della

183 Curtis R., “Narrative form and normative force. Baconian story-telling in popular science”, Social Studies of Science, vol. 24, n. 3, pp.419-461 184 Shinn T. Whitley R, (a cura di) Expository science, Reidel, Dordrecht 1985 185 Dornan C., “Some problems in conceptualizing the issue of ‘Science in the Media’”, Critical Studies in Mass Communications, vol. 7, 1990, pp. 48-71 186 Hilgartner S., “The dominant view of popularisation”, Social Studies of Science, 20, 1990, pp. 519-539 187 Nieman A., The popularisation of physics: boundaries of autority and the visual culture of science, University of the West of England, Bristol 2000 188 Casetti F., Di Chio F, Analisi della televisione, Bompiani, Milano 1998, p. 267

Page 74: La Scienza in Tv

67

scienza nei media corrisponde al cosiddetto ‘boundary work’, al processo di delimitazione

dei confini della scienza da parte degli attori sociali.

La negoziazione del concetto di scienza attraverso la televisione avviene dal momento

che quest’ultima esercita nei confronti dei contenuti che rielabora una funzione

modellizzante che si va ad aggiungere alle altre funzioni che caratterizzano un testo

televisivo da altri prodotti culturali. Questa specificità fa sì che la tv rispecchi, riprenda,

codifichi nuovamente e riproponga tempi e modi di interazione. Costruisce

rappresentazioni semplificate e canoniche della realtà, da cui prende a prestito valori,

rituali, simboli, tipologie di interazione, che poi restituisce come modelli. Questo avviene

anche nella fiction televisiva che saccheggia il reale, crea immaginario che diventa punto

di riferimento per leggere il sociale. È ciò che avviene con l’immagine dello scienziato: le

rappresentazioni sommarie e stereotipate dello scienziato si rafforzano in virtù della

solidità che acquista la rappresentazione televisiva rispetto alla realtà.189

4.1 - La negoziazione della scienza nello spazio pubblico

Il racconto della scienza nei media non specializzati determina la costruzione di figure di

eroi, dallo scopritore geniale al chirurgo innovatore, che spesso debordano dal campo

specifico per diventare esperti di etica pubblica e privata, come i Nobel che acquisiscono il

ruolo di sacerdoti laici. D’altro canto la comunicazione scientifica nello spazio pubblico è

parte integrante della ricerca in quanto le rappresentazioni della scienza influiscono sui

processi di negoziazione.

Secondo Lyotard il sapere nelle società contemporanee cessa di essere fine a se stesso e

diviene prodotto per essere scambiato.190 In questo caso, partendo dall’assunto che la

comunicazione della scienza fa parte della ricerca stessa, il sapere scientifico ingloba la

sua comunicazione, e si intreccia dunque con il sapere in forma narrativa.

Nelle ‘teorie dominanti’191 si ipotizza un meccanismo lineare e unidirezionale e si

prevede che il sapere scientifico venga trasmesso ai ‘laici’. Dato che i non esperti non

possiedono le competenze per interpretare i codici che sottostanno alla produzione di

189 Nieman A., The popularisation of physics: boundaries of autority and the visual culture of science, pp. 185-209 190 Lyotard J.F., La condizione postmoderna, Feltrinelli, Milano 1981, pp. 12-13 191 Ci si riferisce all’espressione introdotta da Hilgartner (The dominant view of popularisation) e in generale ai ‘modelli di diffusione’ (Väliverronen E., Science and the media: changing relations, Cooter R., Pumfrey S., “Science in popular culture”)

Page 75: La Scienza in Tv

68

sapere scientifico, questo passa attraverso un filtro, una pratica sociale apposita, la

divulgazione, che opera come una traduzione. Questo passaggio causa una spaccatura

dovuta al processo di decadimento del sapere scientifico nella traduzione semplificata, se

non distorta e banalizzata.192 Inoltre, dato che non è prevista una retroazione tra il

destinatario della divulgazione e gli specialisti, il mondo della scienza risulterebbe come

chiuso e autosufficiente. A condividere questi due tipi di sapere deve essere il

mediatore193, che si trova nella condizione di esercitare il potere di partecipare al processo

di produzione di senso, e questa figura è inevitabilmente osteggiata dagli scienziati.

“Lo scienziato moderno si trova necessariamente a far parte di una setta di inintellegibili. Ne risulta un abisso crescente tra lo scienziato e i profani. L’uomo comune deve accettare con un atto di fede le dichiarazioni pubbliche sulla teoria della relatività o sulla teoria quantistica o su altri oggetti esoterici”.

[Merton,194 2000:1049.]

Per tentare di colmare questo divario, la traduzione delle teorie complesse avviene ad

esempio attraverso il linguaggio delle applicazioni tecniche.195 Questo processo produce

un surplus di legittimità dovuto alla percezione di utilità che si aggiunge alla legittimità

della scienza tout court. L’utilità e la visibilità delle applicazioni rendono dunque

accettabile la fiducia del pubblico nei confronti di una realtà inintellegibile come quella

scientifica, che altrimenti prenderebbe la forma di un atto di fede196 anche se l’ethos dello

scienziato lo porta ad agire in relazione a previsioni sul lungo periodo e non sulle

applicazioni immediate delle teorie scientifiche. C’è dunque uno scarto tra le ideologie

della scienza e quelle della sua immagine197 in un modello diffusionista come quello delle

teorie dominanti, soprattutto alla luce del fatto che gli esperti hanno la possibilità di

spostare i confini di ciò che è scienza senza alcun controllo da parte di altri attori.198 Sia

l’operato degli scienziati che quello dei mediatori fa riferimento a quella che è l’ideologia

positivista, che per lo scienziato suona come ‘attenersi ai fatti e alla realtà dei fatti’, mentre

per il campo giornalistico consiste nel ‘ridurre il reale a ciò che viene percepito, il fatto alla

192 Guizzardi G, La negoziazione della scienza nello spazio pubblico, in Guizzardi G. (a cura di) La scienza negoziata, scienze biomediche nello spazio pubblico, il Mulino, Bologna 2002, p. 7 193 Ibidem, pp. 14-15 194 Merton R.K., Teoria e struttura sociale. III Sociologia della conoscenza e sociologia della scienza, il Mulino, Bologna 2000, p. 1049 195 Ibidem, p. 1044 196 Ibidem 197 Mulkay M, La scienza e la sociologia della conoscenza, Comunità, Milano 1981 198 Hilgartner, The dominant view of popularisation, p. 533

Page 76: La Scienza in Tv

69

sua descrizione’:199 quello che gli scienziati fanno e non quello che essi dicono a proposito

di quello che fanno.200 È un doppio codice che salvaguarda le due tipologie di attori come

produttori di fatti reciprocamente inaccessibili all’osservazione e alla critica reciproca.201

È indubbio però che questi modelli lineari e diffusionisti non rendono conto di flussi

comunicativi di retroazione che sono stati dimostrati, come l’influenza della divulgazione

di una notizia sulla fonte stessa. Infatti può accadere che lo scienziato ‘aggiusti il tiro’

delle sue ricerche in virtù di quelle da lui stesso divulgate.202 È da notare infatti

un’influenza del narrativo nel sapere scientifico, tradizionalmente non narrativo,

soprattutto nella comunicazione da parte della scienza verso il grande pubblico nella quale,

per soddisfare le regole del gioco narrativo che vincolano sia i media gli scienziati, la

scienza prende la forma di un’epopea.203

È possibile ritenere dunque che l’arena dei media partecipa attivamente alla costruzione

del fatto scientifico a causa delle molte controversie che apre e della negoziazione tra

esigenze e prospettive degli attori204 e che la scienza non pensa essa stessa come assoluta

anche se lo afferma. Il ruolo degli attori istituzionali e politici è cruciale nella definizione

del fatto scientifico, così come quello della comunicazione pubblica della scienza, che è il

terzo gruppo di attori in gioco. Le dinamiche tra questi tre gruppi sono solo all’apparenza

lineari. A tal riguardo è possibile affermare che i processi di mediatizzazione del conflitto

scientifico influenzano non solo la rappresentazione della scienza, ma anche la credibilità

della ricerca nella produzione di conoscenze scientifiche: “creare eventi mediatici e

acquisire la condizione di esperto sono due dimensioni proprie del linguaggio dei media

che finiscono per entrare nelle competenze richieste agli scienziati”.205

4.2 - Attori e conflitti

La visione dominante della scienza, rappresentata dai modelli della diffusione, spiega

solo in minima parte i processi che si instaurano tra fruitori dei media e mondo scientifico;

199 Schiele B., “Vulgarisation et télévision”, Social Science Information, n. 25, 1986, p. 203 200 Nelkin D., Selling science. How the press covers science and technology, Freeman, New York 1987, p. 163 201 Guizzardi G, La negoziazione della scienza nello spazio pubblico, p. 19 202 Cloitre M., Shinn T., “Enclavement et diffusione du savoir”, in Social Sciences Information, n. 25, 1986, pp.161-187 203 Lyotard J.F., La condizione postmoderna, p. 53 204 Shinn T., Whitley R., Expository science 205 Guizzardi G, La negoziazione della scienza nello spazio pubblico, p. 27

Page 77: La Scienza in Tv

70

ad esempio non tiene conto della negoziazione dei fatti scientifici che avviene attraverso la

distribuzione di visibilità da parte dei media, negoziazione sia riguardo le esigenze degli

attori, ma anche sui confini della scienza, sul ruolo dell’etica, e soprattutto sulla

rappresentazione sociale dello scienziato e della scienza. La rappresentazione sociale della

scienza coinvolge i processi di narrazione televisiva, quella dello scienziato coinvolge i

processi che fanno di un individuo un esperto attraverso la personificazione del ruolo

astratto, portavoce legittimato dal consenso di altri esperti.206

Immaginando un racconto possibile della scienza in tv si potrebbe pensare a una

narrazione ‘in azione’, di processo e non di prodotto. Ma questa rappresentazione dinamica

dovrebbe considerare non solo il contesto della produzione scientifica e delle peculiarità

epistemologiche delle varie discipline, ma anche i processi di negoziazione tra attori

sociali che determinano i confini entro i quali la conoscenza scientifica è legittimata ad

agire e le rappresentazioni sociali della scienza e dello scienziato, ovvero le

semplificazioni della realtà presenti nel senso comune.

La posizione cruciale nei processi di negoziazione è occupata dalla figura dell’esperto,

figura astratta in cui è accumulato il potere di definizione della situazione in virtù del

consenso istituzionale del mondo della ricerca dal quale l’esperto è legittimato. Accanto a

questa forma di definizione del “vero” la funzione della divulgazione e del giornalismo

scientifico risiede nella definizione del “nuovo” e dell’”utile”, in base sia ai criteri di

notiziabilità che quelli di formulabilità televisiva. In alcune situazioni particolari verità,

novità, e utilità della comunicazione scientifica televisiva rientrano nella categoria del

‘giusto’: l’esempio più lampante è quello della comunicazione delle catastrofi in cui la tv,

oltre a riformulare il discorso scientifico all’interno degli schemi ideologici analizzati in

questa sede, suggerisce che è giusto essere il più informati possibile e la bontà degli

interventi possibili per uscire dalle situazioni di rischio. In altri tipi di controversie la

categoria del giusto viene richiamata per negoziare con la scienza la sfera dell’etica,

soprattutto nelle scienze biomediche riguardo alla negoziazione tra diversi attori sociali,

scientifici e istituzionali di concetti come l’origine della vita, la delimitazione tra umano e

non umano, i concetti di natura e di natura umana.207

206 Ibidem, p. 38 207 Ibidem, pp. 43-45

Page 78: La Scienza in Tv

71

Capitolo 5 - Divulgazione e retorica: generi e linguaggi, autorevolezza e patti

comunicativi

5.1 - I generi: forme e promesse della scienza in Tv

Per fornire una definizione di genere televisivo precisa e al tempo stesso generale, ci si

può affidare a quella di François Jost. Se per Neale208 il genere è un insieme di

convenzioni che intervengono sia in fase di produzione che di fruizione dei testi, e per

Altman 209è un contratto che stabilisce convenzioni testuali che determinano gli standard di

produzione mentre per Wolf è un sistema di regole che funge da modello di produzione per

l’emittente e sistema di attese per il ricevente,210 per Jost ha più le caratteristiche di una

promessa.211 Una promessa intesa in un duplice senso: infatti il genere determina un

orizzonte di attese, e inoltre si impegna a garantire un certo livello di interesse o di

emozioni.212 “Ogni genere in effetti si basa sulla promessa di un rapporto con un mondo il

cui modo o grado di esistenza condiziona l’adesione e la partecipazione del ricettore. Detto

altrimenti un documento [...] è prodotto in funzione di un determinato tipo di credenza a

cui mira il mittente e, di rimando, non può essere interpretato dal destinatario senza

un’idea preliminare del tipo di legame che l’unisce alla realtà”.213

Dunque il genere è un’insieme di elementi espressivi che suggeriscono al fruitore il tipo

di rappresentazione della realtà o di finzione del testo televisivo. La neotv della fiducia,

più che dell’autorevolezza, quindi tv amica e non maestra come la paleotv,214 chiede la

partecipazione del fruitore formulando la promessa di esaudire aspettative legate a un

insieme di credenze condivise tra emittente e ricevente del messaggio, in virtù del fatto che

il genere è riconoscibile e codificato.

Cultura e scienze per la televisione attuale sono forme di intrattenimento, o meglio

l’intrattenimento è il linguaggio che la neotv utilizza per rappresentare tutto, anche cultura

208 Neale S., Questions of genre, in O. Boyd-Barret, C. Newbold (a cura di), Approaches to media: a reader, Arnold, London 1995 209 Altman R., Film/Genre, British Film Institute, London 1999 210 Wolf M., Generi e mass media, in Barlozzetti G. (a cura di), Il palinsesto. Testi, apparati e generi della Tv, Franco Angeli, Milano 1986 211 Jost F., Realtà/Finzione. L’impero del falso, Il Castoro, Milano 2003 212 Grasso A., Scaglioni M., Che cos’è la televisione, Garzanti, Milano 2003, p. 95 213 Ibidem 214 Casetti F., Di Chio F., Tra me e te. Strategie di coinvolgimento dello spettatore nei programmi della neotelevisione, VPT/ERI, Roma 1988, p. 125

Page 79: La Scienza in Tv

72

e scienza.215 L’ edutainment, compresenza di education e entertainment, rappresenta una

forma di ibridazione che consiste nell’utilizzo di modalità espressive del linguaggio dello

spettacolo in trasmissioni che hanno l’obbiettivo di aumentare o consolidare determinate

conoscenze del fruitore. I programmi che mantengono la cifra stilistica della paleo-

televisione, ovvero una maggiore attenzione per l’educazione piuttosto che per gli altri due

elementi della ‘triade reithiana’,216 trovano spazio solo nelle ore morte del palinsesto, e il

loro scarso potere di attrazione costringe le reti quasi a giustificare la loro esistenza con

marche comunicative ad hoc come il logo RaiEdu che sostituisce quello tradizionale della

tv di stato in un vertice dello schermo. L’edutainment si affida invece a una ricetta ibrida:

la funzione educativa viene garantita dall’intervento di ospiti esperti e l’uso di

documentari, spesso molto spettacolari, che sono però intarsiati con forme provenienti dal

contenitore che forniscono ritmi di narrazione più vivaci. Uno dei linguaggi usati nel corso

degli anni da Quark ad esempio si compone di frammenti di tonalità diversa, che gioca

sull’alternanza tra una parte scientifica esplicativa e una parte con ospiti condotta come un

talk show. È possibile trovare altre declinazioni televisive della scienza che rientrano nel

genere divulgazione nella ‘terra di mezzo’ tra scienza e fiction, dove da un lato si assiste a

rappresentazioni della scienza “che spesso debordano in una sorta di scienza-trash al

confine tra arti divinatorie e science fiction, mentre dall’altro si guarda con interesse alla

nascita di generi nuovi, di confine, come il docudrama”,217 che a dire il vero ha già una

discreta diffusione nel mondo anglosassone. Il docudrama focalizza la sua attenzione

sull’intreccio, la narrazione degli eventi, costruendo artificialmente vicende non

documentabili con le immagini, nel rispetto della credibilità delle fonti e dell’expertise, e

nell’ottica del verosimile televisivo. Il docudrama è forse l’esempio più lampante di come

le rappresentazioni televisive paradossalmente possano essere percepite più verosimili

attraverso la virtualizzazione, l’iperrealtà teorizzata da Baudrillard.218 Commistioni tra

talk-show, rotocalco giornalistico, contenitore e collection di documentari spesso di

docudrama rappresentano i confini entro i quali agiscono le trasmissioni di divulgazione

scientifica, anche se configurazioni di questo tipo vengono spesso usate anche nelle

inchieste televisive (Chi l’ha visto?, Blu notte) e in programmi solo in apparenza

215 Menduni E., I linguaggi della radio e della televisione, Laterza, Roma-Bari 2002, p. 156 216 Ci si riferisce alla ‘missione’ della BBC condensata da Reith nello slogan educare, intrattenere, informare. 217 Menduni E., I linguaggi della radio e della televisione, p. 156 218 Baudrillard J., Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realtà?, Raffaello Cortina, Milano 1996, p. 41

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73

scientifici219 per rispondere all’esigenza di restituire intensità a una storia attraverso

l’affabulazione della ricostruzione narrativa.

Dunque nell’edutainment è contenuto un paradosso tipico di tutte le forme di

virtualizzazione della realtà per cui ciò che è ricostruito è più efficace del reale. Simulare e

ricostruire una situazione del genere risulta molto più rapido, economico, efficace. Essendo

tutto confezionato su misura ci consente di rendere al massimo quell’effetto realtà che non

si avrebbe facilmente in una ripresa dal vivo.

5.2 - La divulgazione come genere

Roger Silverstone sostiene che la detective story è la forma più usata dai mass media per

raccontare la scienza che diventa favola, mito.220 Rivolgendo l’attenzione alla situazione

italiana Grasso221 ha notato che i programmi che rientrano nel genere ‘divulgazione

scientifica’, a partire dai primi esempi nella seconda metà degli anni Cinquanta (Albori del

Progresso Scientifico, Sapere,222 Enciclopedia Tascabile, le Avventure della Scienza di

Enrico Medi, Arti e Scienze, possono essere definite ‘illustrazione per descrizione’ in

quattro forme principali:

i) il modello basato su l’esperto inteso come depositario ufficiale del sapere in

programmi mediati o frequentati da non specialisti richiedono all’esperto di

esercitare la sua funzione veridittiva sugli argomenti trattati.

ii) il modello della lezione, esempio più caratteristico della tv degli albori che si

manifesta come una scuola parallela223 i cui programmi simulano una lezione

scolastica, con tanto di lavagne, laboratori e studenti.

iii) il documentario è il frutto di un processo di spersonalizzazione della divulgazione

con esiti spettacolari. È la tv che prende lo spettatore per mano.

iv) il modello del conduttore. Ordinatore e generatore del discorso, conferisce alle

trasmissioni omogeneità e identificabilità, caratteristiche necessarie all’esistenza

219 Cfr. pragrafo 5.4.2 220 Silverstone R., Framing science, the making of a BBC documentary, British Film Institute, London 1985 221 Grasso A. (a cura di), Enciclopedia della televisione, Garzanti, Milano 1996 (2003), pp. 201-202 222 Programma Nazionale, dal 1967 al 1971, tutti i giorni in fascia preserale, a cura di Giovan Battista Zorzoli 223 Ciò è valido anche per la fiction, come notato da Sorice in Lo specchio magico. Linguaggi, formati, generi, pubblici della televisione italiana, Editori Riuniti, Roma 2002 e da Buonanno in numerosi testi per quanto riguarda la socializzazione delle grandi masse nei confronti dei classici della letteratura stimolata da sceneggiati come I promessi sposi, La cittadella, I fratelli Karamazov, senza considerare l’importanza della cosiddetta paleotv per la diffusione dell’italiano standard

Page 81: La Scienza in Tv

74

stessa dei programmi e delle reti nella tv della concorrenza. Atteggiamenti

riconoscibili e linguaggio caratteristico rappresentano punti di contatto e forme di

coinvolgimento del pubblico. Spesso la figura del conduttore viene usata per

caratterizzare e per infondere i valori di rete e del programma a contenuti di grande

prestigio ma poco personalizzati, come l’accostamento negli anni Novanta di Piero

Angela e dei documentari firmati National Geographic.

In sintesi traduzione e narrazione sono le due vie percorribili dal genere divulgazione in

tv. La traduzione dei codici scientifici in modalità espressive più generiche è una strada

battuta in misura maggiore dalle riviste, mentre una declinazione televisiva del genere

consiste invece nell’agire su tutte le parti dell’enunciato che prende la forma di un

racconto e una coerenza interna espressa con gli aspetti retorici e spettacolari tipici della

fiction, come drammatizzazione e spettacolarizzazione. Questi processi di

narrativizzazione del discorso scientifico portano a una descrizione ideologica della

scienza, evidente ad esempio in alcuni programmi in cui c’è una visione umanizzata degli

animali, e conducono alla conclusione che la divulgazione tende incontrovertibilmente alla

science-fiction in quanto l’enunciatore sperimenta modalità espressive che lo rendono

autore del messaggio anche se questo è la mediazione di un prodotto della conoscenza

scientifica.224

5.2.1 - Logiche di programmazione

I dati confortanti per quanto riguarda la divulgazione scientifica negli ultimi anni sono

sicuramente quelli relativi a audience e palinsesto. Anche se negli ultimi anni sia la Rai

che Mediaset hanno posizionato le trasmissioni di divulgazione nelle reti che intercettano

una parte minoritaria del pubblico televisivo (Rai Tre e Rete 4) c’è da notare un ritorno al

prime time dopo l’ostracismo dalla prima serata degli anni Ottanta, e i dati riguardanti gli

ascolti sono in rialzo.225 Ad esempio un programma come Gaia trasmesso in prima serata

su Rai Tre può ottenere punte di share fino al 14%, più di due milioni e mezzo di

spettatori. Questo sia grazie al ritorno di interesse di una parte del pubblico per i temi

scientifici, sia perché l’offerta divulgativa è permeata anche in altre parti del palinsesto

televisivo come il daytime sia con programmi autonomi (Alle falde del Kilimangiaro, Geo

224 Grasso A. (a cura di), Enciclopedia della televisione, p. 202

Page 82: La Scienza in Tv

75

& Geo, Hit science, Atlantide) sia con appendici di programmi di prima e seconda serata

(Ragazzi c’è Voyager!).226 Senza dubbio lo spostamento della scienza alle reti che

raccolgono il target dei ‘dissidenti’, della parte minoritaria del pubblico del mainstream, è

in una qualche misura strumentale alla raccolta pubblicitaria, dato che “il minuto di

pubblicità su Rai Uno rende alla Rai molto più di quello su Rai Tre. Paradossalmente se la

terza rete fa troppo ascolto danneggia i bilanci dell’azienda”.227 Per quanto riguarda

Mediaset si può notare che gli ottimi riscontri di audience de La Macchina del Tempo sono

il frutto di un investimento di ampia prospettiva che coinvolge un canale satellitare e un

mensile che portano lo stesso nome. La visibilità televisiva del prime time è funzionale

dunque allo sfruttamento trasversale di un brand.

Da un punto di vista economico le reti hanno una certa convenienza nel fare

divulgazione, dato che le produzioni che acquistano documentari dalle grandi case di

produzione possono contare su vantaggi dovuti dalle economie di acquisto e di scala.228 La

forza di ‘etichette’ come National Geographic o BBC nel conferire autorità e credibilità

alle reti che ne acquistano i diritti fa ritenere il loro acquisto più conveniente che l’acquisto

di fiction. Infatti le major propongono pacchetti che incorporano sia un prodotto molto

appetibile sia altri caratterizzati da un appeal inferiore: lo stock di B movies che

accompagna un prodotto di fiction è sicuramente meno promuovibile e garantisce un

ritorno di ascolti inferiore a un documentario di media fattura posizionabile in programmi

diversi e che gode dello status di autorevolezza dovuto all’etichetta della casa produttrice

allo stesso modo di un documentario di punta. Anche per queste ragioni il mercato dei

documentari caratterizzato da una certa vischiosità causata da barriere all’entrata,

coinvolge sempre gli stessi attori di fatto escludendo, ad esempio, produttori italiani come

Nova-t, i cui prodotti vengono acquistati dalla Rai solo se acquistati precedentemente da

produttori come National Geographic229 e quindi caratterizzati da etichette internazionali.

La percezione dei divulgatori stessi nei confronti di questo tipo di trasmissioni non è

comunque entusiastica: “chi fa divulgazione non nasconde di sentirsi in una posizione di

arroccamento in una riserva continuamente minacciata”.230 Per quanto riguarda il servizio

225 Braga P., La divulgazione scientifica in televisione, in Bettetini, G., Braga, P., Fumagalli, A. (a cura di), Le logiche della televisione, Franco Angeli, Milano 2004, p. 188 226 Ibidem 227 Angela, P., Promemoria sulla televisione di qualità, www.primaonline.it, 2002 228 Braga P., La divulgazione scientifica in televisione, p. 189 229 La notizia viene citata da Paolo Braga ed è relativa a un’intervista dell’amministratore delegato di Nova-t sul quotidiano Avvenire del 14 settembre 2003 230 Braga P., La divulgazione scientifica in televisione, p. 190

Page 83: La Scienza in Tv

76

pubblico, che trasmette programmi di divulgazione dal 1954 e cioè dalla sua nascita, il

mandato educativo e culturale è espresso dal contratto istituzionale e comunicativo col

pubblico. Secondo Piero Angela il diffondersi dell’intrattenimento leggero in tutte le parti

del palinsesto porta il servizio pubblico a conformarsi a questa tendenza sottraendosi

all’adempimento del mandato che investe la tv di stato, e fa emergere la necessità di norme

che tutelino i telespettatori e che evitino il pubblico sia esposto soltanto a programmi di

mero intrattenimento.231 Le tesi di Angela investono sia la ricerca che la divulgazione dato

che se la prima è una misura dello stato di progresso di un paese, la seconda rappresenta un

enorme potenziale nell’elevare la soglia di competenza media della popolazione necessaria

per disporre degli strumenti di comprensione agili e facilmente assimilabili che la

comunicazione pubblica della scienza dovrebbe fornire. Oltre a questa attività

“intelligentemente pedagogica”232 la divulgazione dovrebbe aspirare a presidiare i

“palinsesti con diffusa omogeneità: gli spettatori altrimenti finirebbero per essere

risucchiati dal flusso, essendo gli appuntamenti edificanti radi, e perciò da ricercare nelle

fasce orarie con una premeditazione, realisticamente, improbabile”.233

5.2.2 - Le tecniche

Un riferimento imprescindibile per analizzare le strategie messe in atto dai programmi di

divulgazione è il saggio di Piero Angela Raccontare la scienza. Secondo il giornalista la

corda da toccare per destare l’attenzione dello spettatore è la curiosità: il piacere

esplorativo innato, il bisogno di conoscenza. Il desiderio di conoscenza è legato alla

volontà degli individui di rassicurarsi, di non essere all’oscuro di ciò che gli capita intorno,

e “tutto ciò ha a che fare con la sopravvivenza. Nel cervello si crea uno stato di allarme che

facilita la ricezione dell’informazione”.234 Il nodo che il divulgatore deve sciogliere,

inoltre, è quello della comprensibilità espositiva a fronte della complessità degli argomenti:

“dalla parte degli scienziati per i contenuti, dalla parte del pubblico per il linguaggio”

(Braga 193). La semplicità dell’esposizione deve portare il divulgatore a dare risalto agli

elementi essenziali che rappresentano ‘la chiave di volta’ di una teoria articolata e che

diventeranno il leit-motif della trattazione dell’argomento. Si tratta di “ridurre una struttura

231 Angela, P., Promemoria sulla televisione di qualità 232 Braga P., La divulgazione scientifica in televisione, p. 191 233 Ibidem 234 Angela, P., Raccontare la scienza, a cura di Ferrari G., Pratiche, Torino 1987, p. 58

Page 84: La Scienza in Tv

77

complessa ad alcuni principi molto generali. Per esempio, dopo aver letto molte cose

sull’origine dell’universo […] ho capito che tutto si riduce, in sostanza, all’azione

combinata della gravità e della pressione che crea calore”.235

La suspence generata dalla dilazione della risposta al quesito è lo stratagemma retorico

che più spesso viene usato nella rappresentazione televisiva dei meccanismi semplificati di

teorie complesse. La cosiddetta ‘scienza in pillole’ rappresentata da programmi come Sai

Xché236 reitera e dilata l’interrogativo: domande e risposte in miniatura e in quantità

massiccia ricattano l’attenzione e la curiosità dello spettatore. Una delle differenze tra

questo tipo di programmi e quelli canonici di divulgazione è che nei primi lo spettatore

non deve compiere alcuno sforzo cognitivo per comprendere la raffica di ‘spigolature’ da

cui viene investito.

La scelta di costruire puntate monotematiche o giustapporre argomenti diversi nel corso

della puntata è di solito correlata al materiale audiovisivo e alle testimonianze degli esperti

a disposizione delle redazioni. Nelle puntate composte da più argomenti di solito viene

posto in apertura l’argomento con il materiale visivo più spettacolare: questa funzione di

teaser viene spesso svolta dall’etologia per la spettacolarità dei documentari sugli

animali.237 Strategie di fidelizzazione del pubblico invece vengono attuate mediante la

creazione di rubriche fisse, che trattano spesso argomenti attinenti alla sfera quotidiana,

come ad esempio l’appuntamento fisso La scienza in cucina all’interno di Quark.238

Le puntate incentrate su un unico tema si possono dividere in due tipologie: il “ping-

pong tematico” e “la caduta libera”.239 Nel primo caso una coppia di conduttori si passa il

testimone l’un l’altro attraverso un fitto intreccio di montaggio su due argomenti diversi,

simulando una diretta improbabile in cui l’uno mostra all’altro l’evento che sta seguendo.

Questo è il caso delle puntate più strutturate di Sai Xchè. La seconda tipologia viene

denominata “a caduta libera” da Paolo Braga per due motivi, entrambi in parte polemici: in

primo luogo la qualità dei filmati tende a scadere con il procedere della trasmissione, e in

235 Ibidem, p. 19 236 È utile per comprendere la televisione della ‘scienza in pillole’ citare la scaletta delle domande di una puntata di Sai Xché presente nel sito web della trasmissione: Perché le donne che fanno molto sport hanno poco seno? Perché si dice “cheese” prima di fare una foto? Perché i gatti sono considerati animali straordinari? Chi ha inventato il chewingum? Perché i giochi olimpici sono così importanti? Perché Mercurio è detto pianeta “pigro”? 237 Braga P., La divulgazione scientifica in televisione, p. 193 238 Bucchi M., Surely you are cooking, Mr. Feynman! Strategies for the presentation of science in tv, Public Communication of Science and Technology Conference, Berlino, 17-19 Settembre 1998 239 Braga P., La divulgazione scientifica in televisione, p. 194

Page 85: La Scienza in Tv

78

secondo luogo la tipologia dei contenuti tende, dopo un esordio ‘impegnato’, a concedere

sempre più spazio a documenti dal basso interesse scientifico ma efficaci dal punto di vista

dell’intrattenimento, talvolta usando prodotti della real tv come catastrofi naturali e crolli

di palazzi.240 Le puntate monotematiche seguono la variante ‘strutturale’ nella forma più

pura quando avviene la trasformazione del conduttore in inviato, mentre quella

‘superficiale’, che viene declinata dagli ultimi nati tra i programmi di divulgazione, si basa

su una semplice consonanza di contenuto, sia a livello narrativo che semplicemente

scenografico, tra la postazione del conduttore e l’ambientazione dei documentari proposti:

ad esempio il ponte di una motovedetta della guardia costiera italiana per presentare un

filmato americano sull’esplorazione del relitto del Titanic.241

Si parla di “cucitura pretestuosa” quando vengono riuniti in studio esperti disparati dalla

competenza variamente attinente al tema trattato.242 Questa tecnica funziona al meglio con

argomenti molto generici che possono rendere coerenti tra loro filmati eterogenei, magari

rinvenuti nella library di rete: ad esempio se il tema scelto è l’acqua si può parlare sia

dell’habitat delle cascate del Niagara che dei sommergibili nucleari.

La tecnica dell’”esperimento ideale” viene impiegata quando una spiegazione teorica è

dimostrabile solo a livello immaginativo. Questo tipo di stratagemmi retorici fungono da

visualizzazione mentale dei concetti e sfruttano la dimensione analogico-metaforica tipica

della divulgazione:243

“Cos’è un processo esponenziale? Se prendo un foglio di carta e lo piego in due, poi ancora in due, una terza volta in due, il foglio diventa sempre più piccolo, ma anche sempre più spesso. Se ripeto questa operazione 64 volte, quanto diventa alto? Un metro, Dieci metri… No, diventa spesso, in teoria diecimila volte la distanza tra la Terra e il Sole. Prendendo un foglio con lo spessore di un decimo di millimetro il risultato torna. Per arrivare a un metro bisogna piegarlo molte volte, ma poi lo spessore si alza a una velocità pazzesca”

[Angela,244 1987:26]

Questo tipo di esemplificazioni ipotetiche mediante il linguaggio comune permettono di

limitare l’uso delle cifre a vantaggio di quello delle proporzioni, come quelle tavole nei

libri didattici che mostrano un uomo accanto a una balena, esaltando la grandezza di

quest’ultima.

240 Ibidem 241 Ibidem 242 Ibidem 243 Ibidem, pp. 194-195 244 Angela, P., Raccontare la scienza, p. 26

Page 86: La Scienza in Tv

79

5.3 - La notizia scientifica nel flusso televisivo: informazione e infotainment

“La divulgazione scientifica è sempre e comunque science-fiction”.245 Questa laconica

affermazione suggerisce la natura particolare della rappresentazione televisiva della

scienza soprattutto riguardo al fatto che la tv fa dell’affabulazione, del racconto e

dell’intrattenimento le sue cifre più evidenti anche quando parla di scienza. In altre parole

la tv riformula il discorso scientifico in narrazione selezionando i contenuti attraverso

criteri televisivi che concernono soprattutto la sfera dell’intrattenimento. Per quanto

riguarda la comunicazione scientifica nei telegiornali, che sono legati allo spettatore da un

‘contratto di veridizione’246 basato sul rispetto della deontologia professionale da parte dei

giornalisti, c’è da notare che anche il mondo dell’informazione adotta una formulazione

narrativa della scienza, trasformando l’universo referente in un mondo raccontato,247 a tal

punto che anche e soprattutto nell’offerta di informazione “la televisione deforma la realtà,

o piuttosto la manipola per renderla spettacolo o addirittura trasforma il suo stesso sguardo

nello spettacolo della realtà”.248

Alcune analisi della divulgazione televisiva condotte nell’ambito degli studi sulla

comunicazione di massa pervengono a un giudizio negativo per quanto riguarda la

divulgazione come tessuto trasversale alle trame dei palinsesti, ovvero in quei casi in cui

l’argomento scienza prende forme diverse in contenitori e generi diversi: quando la scienza

diventa materiale per programmi di infotainment. Alcune ricerche dell’Osservatorio di

Pavia sottolineano come il ciclo della notizia in televisione nel medio periodo si riduca a

un progressivo trasferimento della sua trattazione dalla sede informativa a quella del

contenitore generalista come accaduto per il tema delle biotecnologie nel settore

agroalimentare tra il 2000 e il 2002.249 Per quanto riguarda l’arco di vita in cui una notizia

trova spazio nell’informazione si notano lacune tipiche del newsmaking televisivo, ovvero

la brevità degli spazi, la spettacolarizzazione e l’enfatizzazione della cronaca, la quale

sottolinea i fatti più che le conseguenze di un evento scientifico. In termini strettamente

linguistici l’Osservatorio nota che le capacità orientative degli spettatori sono

sopravvalutate dai giornalisti che nella maggior parte dei casi non usano le immagini come

245 Grasso A. (a cura di), Enciclopedia della televisione, p. 202 246 Deriu M., L’informazione televisiva: lo spettacolo del mondo, in Bettetini G., Braga P., Fumagalli A., Le logiche della televisione, Franco Angeli, Milano 2004, p. 83 247 Bettetini G., La conversazione audiovisiva, Bompiani, Milano 1984, p. 59 248 Calabrese O, Volli U., Il telegiornale. Istruzioni per l’uso, Laterza, Roma-Bari 1995, p. 111

Page 87: La Scienza in Tv

80

esemplificazione ma come semplice descrizione, lasciando alla sola comunicazione

verbale il compito di trasmettere informazioni difficilmente traducibili in sapere comune.

Quando poi la trattazione approda all’arena dell’infotainment e del talk show l’adeguatezza

informativa tende a degradarsi e la parola dello scienziato subisce una drastica perdita di

peso, diluita nella discussione si mescola a quella degli altri ospiti. Se da una parte tale

traslazione significa che un tema sollevato dal mondo della scienza ha raggiunto la

coscienza collettiva e l’arena dei media, dall’altra parte è minato “dalle effusioni

populistiche del giornalista-conduttore verso il suo pubblico […], e dalla fasulla vox populi

dell’uomo della strada”.250 Oltre a ciò questi temi, importati in origine nell’arena dei media

per la loro alta notiziabilità, dal momento che diventano materiale per i talk show vengono

inseriti entro cornici di precomprensione che condizionano il dibattito.251

Il problema della presentazione e selezione degli ospiti in televisione è presente

massicciamente in questi ambiti, dal momento che la laconicità con cui i portatori di

expertise vengono annunciati impedisce al fruitore di decifrarne la competenza e

l’autorevolezza, oltre al fatto che spesso l’estrazione disciplinare degli ospiti non ha nulla a

che fare col tema trattato.

5.3.1 - Scienza e newsmaking

Ogni notizia che emerge alla visibilità di tutti attraverso i media è il risultato di una serie

di valutazioni, interpretazioni, selezioni. Questa funzione è assunta dai gatekeepers

(reporter, fotografi, redattori, produttori, agenzie), la cui approvazione si traduce nello

stabilire cosa sia una notizia.252 I valori notizia (news values) sono criteri valutativi

convenzionali che regolano la selezione delle notizie contribuendo a determinare la

newsworthness, la notiziabilità.253 Infatti “determinati eventi vengono riconosciuti degni di

fare notizia solo qualora si conformino a questi criteri di selezione [...] piuttosto che da un

riferimento al ‘mondo reale’ degli eventi”.254 All’autoreferenzialità televisiva si va allora

ad aggiungere quella giornalistica che rappresenta allo stesso modo cronaca e media-

249 Osservatorio di Pavia, Media Research (a cura di), Le agrobiotecnologie nei media italiani. Rapporto conclusivo 2001-2002, www.osservatorio.it, 2002 250 Braga P., La divulgazione scientifica in televisione, p. 183 251 Ibidem 252 Garrison B., Professional news writing, Lawrence Erlbaum Associated, Hillsdale (N.J.) 1990, pp. 26, 29-31, e 216-219 253 Papuzzi A., Professione giornalista, Donzelli, Roma 2003, p. 20 254 Mc Quail D., Le comunicazioni di massa, il Mulino, Bologna 1993, p. 227

Page 88: La Scienza in Tv

81

events,255 attualità e ‘fatti notizia’, costruzioni artificiali di eventi la cui unica ragion

d’essere è quella di essere rappresentati dai media.

I valori notizia non sono norme oggettive, ma sono criteri mutevoli, tuttavia se ne

possono individuare alcuni: novità, vicinanza, dimensione, comunicabilità, drammaticità,

conflittualità, competenze pratiche, human interest (che include cronaca rosa, solidarietà,

soft news, curiosità), progresso, prestigio sociale. Questi valori notizia generali si

sovrappongono ad alcuni di essi tipicamente televisivi: feelings, analysis, compellig,

energy:256 rispettivamente coinvolgimento emotivo; coinvolgimento retorico; uso di

immagini forti come conflitti, anche metaforici, e catastrofi, ritmo. La selezione dei topics

che vengono discussi nell’arena dei media sottostanno anche a valori durevoli della

gestione delle informazioni di tv e giornali: etnocentrismo, interesse per la parte nord

occidentale del mondo, individualismo, ordine.257 Per quanto riguarda la notizia scientifica

televisiva nei programmi di divulgazione sono stati individuati quattro valori notizia da

Michael Shapiro della Cornell University:258

i) l’importanza dell’argomento alla luce dei news values tradizionali

ii) le potenzialità di intrattenimento dei temi e la possibilità di trasformare la notizia in

storia

iii) la possibilità di suscitare l’interesse del pubblico attraverso la semplificazione

articolata di argomenti complessi

iv) la presenza dei temi coinvolti nelle agende del pubblico e dei media

La notiziabilità televisiva è determinata, infine, anche dal materiale a disposizione delle

redazioni. Il materiale audiovisivo deve potere esercitare sia la sua funzione esplicativa per

ridurre la complessità del messaggio, sia quella di intrattenimento.259 Il formato televisivo,

inoltre, favorisce eventi che per frequenza, durata, rappresentabilità, rientrano nei tempi

serrati e nella narrativizzazione delle notizie nella neotv.

È opportuno, inoltre, considerare che l’ibridazione dei generi che ha caratterizzato la

televisione dall’inizio degli anni Ottanta in poi ha causato una sovrapposizione tra

informazione e intrattenimento, o meglio il secondo è stato usato come linguaggio per

255 Papuzzi A., Professione giornalista, p. 20 256 Tassonomia di Clarence Jones riportata da Papuzzi, Professione giornalista, p. 24 257 Ibidem, p. 25 258 Ibidem, p. 207 259 Boldrini M., Lezioni di giornalismo, Protagon, Siena 2000, p. 35

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formulare tutta la realtà televisiva, anche l’informazione. I criteri di valutazione

dell’informazione, dunque, si integrano con quelli della fiction, soprattutto in generi come

quello divulgativo, che sempre più frequentemente si basano su docu-drama, ricostruzioni

storiche, animazioni tridimensionali. Ai news values si affiancano i fiction values,

individuati da Buonanno nella prossimità delle storie da raccontare con la realtà sociale del

fruitore e nell’attualità dell’argomento. Ci sono anche criteri relativi alla fiction come

confezionamento di un prodotto: ad esempio il fatto di suscitare emozioni attraverso storie

su personaggi importanti o noti, vittime innocenti e comportamenti deviati, o la ripetizione

dei caratteri nel racconto. Altri fiction values, che si possono chiamare ‘valori storia’ in

opposizione/integrazione ai ‘valori notizia’, sono relativi al sistema televisivo basato sulla

concorrenza. Infatti la produzione di programmi di genere in diverse reti risponde a due

tipi di logiche, la logica della distinzione e quella dell’imitazione. Se da una parte i

programmi di divulgazione scientifica configurano i propri linguaggi in relazione

all’identità di rete e al posizionamento dei programmi in base a audience e fascia oraria,

dall’altra le tendenze autoreferenziali della tv si manifestano nell’imitazione delle altre

trasmissioni da parte di quelle appena nate. In Italia Quark ad esempio è stato un modello

per tutti programmi che negli anni l’hanno affiancato.260

5.3.2 - I telegiornali e la notizia scientifica

In un periodo di rilevazione compreso tra il 1° settembre 1998 e il 10 gennaio 1999 sono

state analizzate da Terenzio Fava le notizie nei telegiornali rispondenti a due criteri

principali: la rilevanza scientifica e il riferimento a personaggi del mondo della scienza. I

risultati emersi evidenziano che le reti pubbliche posizionano le notizie scientifiche nel

notiziario principale (Tg1) mentre Mediaset in spazi secondari (Tg4). Nel primo caso le

notizie sono rivolte al grande pubblico,261 nel secondo vi è un uso personalistico della

notizia ed elevata spettacolarizzazione.262

Per quanto riguarda la relazione tra trattazione delle notizie e la loro anticipazione nel

sommario, che rappresenta un importante strumento di attribuzione di visibilità, si può

notare che visibilità nei titoli, frequenza delle notizie scientifiche nei notiziari e la loro

durata media sono misure indipendenti l’una dall’altra. Ad esempio il Tg1 ha un’elevata

260 Buonanno M., Leggere la fiction. Narrami o diva rivisitata, Liguori, Napoli 1996, pp. 187-198 261 Grandi R. (a cura di), Tg fatti così. Analisi del formato dei telegiornali¸ Rai/Eri, Roma 1998

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83

frequenza di notizie scientifiche, abbinata a un alto grado di visibilità, ma la durata media

delle notizie scientifiche è inferiore alla media, il Tg3 presenta notizie più lunghe ma la

loro visibilità nel sommario e in apertura di telegiornale sono limitate, mentre il Tg2

attribuisce bassa rilevanza e produce servizi più brevi della media riguardo ai fatti di

scienza. Emerge, in maniera generale, la tendenza a non riconoscere alla comunicazione

scientifica una posizione di primo piano.263

Tra le caratteristiche della presentazione delle notizie scientifiche si notano la ricerca

dell’esclusività, attributo che viene evidenziato quando una notizia viene riportata da un

solo organo, e il raggruppamento delle notizie scientifiche in un unico blocco.264

L’intervista è una parte essenziale dei servizi televisivi sulla scienza e vi compaiono

diversi soggetti. Oltre agli esperti, ovvero medici, scienziati e studiosi, compaiono

rappresentanti istituzionali, esponenti della società civile e gente comune. È verosmile che

in un servizio sul doping si possa decidere di intervistare un tossicologo o un medico

sportivo, un dirigente del Coni, un olimpionico del passato magari a capo di una

fondazione benefica, o l’allenatore di una squadra di calcetto di quartiere. A tal riguardo si

nota che il Tg3 ricorre in maniera massiccia alla figura dell’esperto, mentre le interviste

condotte in strada rilevando il sentire comune sono una caratteristica del Tg5. Si possono

individuare cinque tipi di notizia scientifica:

i) quelle riguardanti tematiche ambientali, come il mutamento del clima e

l’inquinamento

ii) le notizie puramente scientifiche riguardo le scienze mediche

iii) le notizie circa le scienze mediche che hanno un’utilità quotidiana, come le

informazioni intorno al vaccino dell’influenza

iv) la comunicazione delle scoperte scientifiche come astronomia, fisica, matematica e

dello stato della ricerca

v) le informazioni relative alla ricerca come le precedenti ma legate a un evento o alla

quotidianità, come il passaggio di una cometa265

Questi tipi di notizie vanno sovrapposti al tipo di impatto che i temi scientifici hanno

sull’agenda dei media. A tal proposito è utile individuarne quattro tipologie:

i) temi di fondo. Salute, ambiente, medicina; vi rientrano anche notizie non scientifiche

262 Simonelli G., Speciale TG. Forme e contenuti del telegiornale, Interlinea, Novara 1997 263 Fava T., Scienza e media: le notizie scientifiche nei notiziari di Rai e Mediaset, in Guizzardi G. (a cura di) La scienza negoziata, scienze biomediche nello spazio pubblico, il Mulino, Bologna 2002, pp. 78-79). 264 Ibidem, p. 80

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84

ii) temi dal contenuto forte, che hanno un forte impatto sull’interesse e sull’agenda dei

media, come cancro, Aids, genetica

iii) temi del momento, che entrano di prepotenza nell’agenda televisiva assumendo per

un periodo le caratteristiche dei temi forti. Un esempio: il caso Di Bella.

iv) ricorrenza e discontinuità dei temi: ad esempio l’emergere in alcuni periodi

dell’anno di notizie sulle malattie di stagione.266

In conclusione è utile notare che l’attenzione dei tg si focalizza prevalentemente sulla

medicina. I processi di spettacolarizzazione si notano soprattutto nella trattazione dei temi

del momento e dei temi forti come il caso Di Bella o il doping nello sport. Numerosi fatti

non trovano spazio nei telegiornali perché presentati in maniera più efficace da altri

programmi come quelli di divulgazione e i telegiornali specialistici come il Tg Leonardo.

È dunque difficile definire cosa sia una notizia scientifica dal momento che oltre ai valori

notizia giornalistici e quelli televisivi visti in questa sede, le caratteristiche dei temi trattati

e il loro impatto sull’attualità e la quotidianità, si aggiunge la non copertura di eventi che,

anche se rispondenti a questi criteri, sono veicolati in maniera più efficace da altri

contenitori.267 In definitiva è possibile affermare che il giornalismo televisivo seleziona le

notizie scientifiche non solo in base alla loro rilevanza scientifica ma soprattutto in

relazione all’attualità, la spendibilità quotidiana delle informazioni da parte del fruitore, la

possibilità di tradurre il discorso scientifico in narrazione, di fatto escludendo dall’attualità

televisiva le scienze pure in favore della narrazione della loro applicabilità e delle loro

applicazioni.268

5.4 - La fonte autorevole e la credibilità

La logica e i sermoni non convincono molto l’umido della notte penetra più a fondo la mia anima.

Walt Whitman

La tv solitamente viene vista come uno strumento certificatore di un fatto269 ma bisogna

pensare che rappresenta elementi parziali di realtà,270 sia perché essa ne presenta una

porzione limitata, sia perché si manifesta solo il suo punto di vista.271

265 Ibidem 266 Ibidem, p. 85-89 267 Ibidem, pp. 98-99 268 Ibidem, p. 100 269 Sartori C., La grande sorella, Arnoldo Mondadori, Milano 1989, pp.14-15

Page 92: La Scienza in Tv

85

È noto che il bilancio delle ricerche condotte sui messaggi persuasivi e sull’efficacia

delle comunicazioni in cui la fonte viene percepita come autorevole, a partire da quelle di

Hovland e Weiss272 e Aronson e Golden,273 è che l’impatto maggiore lo ha il messaggio

che proviene da una fonte percepita come superiore in sapere, istruzione, intelligenza e

riuscita professionale274, e in misura ancora maggiore se la fonte sembra essere

disinteressata.275

È opportuno ribadire che per quanto riguarda flussi comunicativi che intendono stimolare

processi di apprendimento, di cambiamento di atteggiamento e di persuasione occorre

tenere conto anche delle modalità di ricezione dei messaggi.

È stato dimostrato276 che, relativamente all’attenzione e alle motivazioni all’ascolto che

il fruitore manifesta nei confronti di un messaggio, colui che lo riceve può essere persuaso

da argomentazioni articolate e ben strutturate se dispone di elevate risorse cognitive da

impiegare nello scambio comunicativo, mentre in modalità di fruizione superficiali è

probabile che elementi periferici risultino più efficaci dei ‘discorsi forti’. L’efficacia dei

messaggi di divulgazione scientifica, dunque, è determinata da diversi fattori: dalla qualità

del prodotto, dalla autorevolezza dell’enunciatore relativamente alla percezione di

credibilità della cornice comunicativa come si vedrà in questo capitolo e dalle modalità e

dagli obiettivi di fruizione, come trattato nel paragrafo 7.5 dedicato alla ricezione. È

comunque utile ricordare che “l’utilizzazione di certi schemi piuttosto che altri nella

lettura/interpretazione di un qualsivoglia messaggio dipende in misura consistente dalle

aspettative del ricevente” e che “assume una notevole importanza ai fini degli effetti a

lungo termine il concetto di genere e i suoi correlati”.277 Questa chiave di lettura porta ad

ipotizzare che i fruitori di testi si orientino preventivamente basandosi sulle loro

270 Di Salvo P., Il giornalismo televisivo, Carocci, Roma 2004, p. 32 271 Ortoleva P., Di Marco M.T., Luci del teleschermo. Televisione e cultura in Italia, Mondadori-Electa, Milano 2004, pp. 214-215 272 Hovland C.I., Weiss W., “The influence of source credibiliy on communication effectiveness”, Public Opinion Quarterly, 15, 1951, pp. 635-650 273 Aronson E., Golden B.W., “Effects of the relevant and irrelevant aspects of communication credibility on opinion change”, Journal of Personality, 30, 1962, pp. 135-146 274 de Montmollin G., Il cambiamento d’atteggiamento, in S. Moscovici (a cura di), Psicologia sociale, Borla, Roma 1996, p. 93 275 Hovland C.I., Janis I.L., Kelley H.H., Communication and persuasion, Yale University Press, New Haven 1953 276 Ci si riferisce a l lavoro di Petty R.E. e Cacioppo J.T., Communication and persuasion. Central and peripheral routes to attitude change¸ Springer-Verlag, New York 1986 e al loro modello ELM: The Elaboration Likelihood Model of persuasion, in Berkowitz (a cura di), Advances in experimental social psychology, vol. 19, Academic Press, New york 1986, pp. 123-205 277 Cheli E., La realtà mediata. L’influenza dei mass media tra persuasione e costruzione sociale della realtà, Franco Angeli, Milano1999 (2002), p. 180

Page 93: La Scienza in Tv

86

precedenti esperienze di fruizione per interpretare gli elementi nuovi del racconto a causa

delle attese che seguono il riconoscimento di un testo nella categoria di un genere.278

5.4.1 - Autorevolezza e divulgazione scientifica

L’effetto della fonte autorevole è noto per quanto riguarda le varie forme di

comunicazione persuasiva. Questo effetto può dipendere dalla percezione della fonte come

esperta e competente. Byron Reeves e Clifford Nass hanno dimostrato che anche il

medium in sé può essere percepito come esperto, e dunque autorevole.

Le persone usano categorie per economizzare risorse e questo porta a una tendenza

all’accettazione acritica dei pareri. I due studiosi sono partiti dall’ipotesi che i contenuti di

un televisore etichettato come specialista sarebbero stati percepiti come superiori rispetto a

contenuti identici trasmessi da una tv etichettata come generalista.

Mostrando ai soggetti dell’esperimento quattro flussi di immagini di pochi minuti

trasmessi da due canali televisivi fittizi di news e intrattenimento, uno presentato come

generalista e l’altro come specialista, Reeves e Nass dimostrarono che i soggetti

valutavano segmenti identici come superiori in fatto di qualità, gradevolezza, importanza,

completezza di informazione, interesse degli argomenti e serietà quando li vedevano alla tv

specialistica.

Un effetto sorprendente e inaspettato è che vennero valutati come superiori anche

chiarezza e colore delle immagini della tv specialistica. L’autorevolezza attribuita dalle

etichette che ci aiutano ad economizzare le risorse cognitive si estende non solo ai

contenuti ma a molteplici aspetti della fruizione. In conclusione è possibile affermare che

gli individui sono influenzati dalle etichette (social orientation to media) dato che

l’assegnazione di ruoli sociali riduce l’incertezza del mondo. La specializzazione, vera o

presunta, accresce la capacità persuasiva di un enunciato dal momento che l’autorevolezza

è un agente efficace di persuasione.279 Questo vale sia per il messaggio che per il canale,

anche alla luce del fatto che le televisioni private in Italia che hanno proposto

l’intrattenimento come linguaggio specifico della tv sono quelle che più fanno fatica a

produrre programmi efficaci di divulgazione scientifica

278 Ibidem, p. 181 279 Reeves B., Nass C., The media equation: how people treat computer, television and new media like real people and places, CSLI Publications, Stanford 1996, pp. 181 e ss.

Page 94: La Scienza in Tv

87

Il genere divulgazione scientifica incarna il concetto che dietro ad ogni operazione di

divulgazione su piccolo schermo è implicito il consenso circa la superiorità della scienza

rispetto a ogni altro tipo di conoscenza, un consenso motivato dalla “mitica precisione” del

discorso scientifico, e dalla continua enunciazione del suo distacco da ogni prospettiva di

interesse partigiano o di scelta ideologica.280

Questo oggetto-scienza formulato dal linguaggio televisivo diffonde una particolare

aurea di verosimiglianza, un ‘effetto alone’281 che valorizza il programma, il contenitore

splende della luce riflessa del contenuto.

La divulgazione scientifica, intesa come genere, è nata in Italia con l’inizio delle

trasmissioni ed è sopravvissuta al processo graduale che ha trasformato la televisione di

palinsesto in televisione di flusso. Il rigore espositivo della divulgazione degli albori ha

contribuito a rafforzare l’aura di fiducia e credibilità che sottostà al patto di veridizione che

lega enunciatore ed enunciatario della comunicazione televisiva, che vede i testi sui quali

viene applicata l’etichetta di divulgazione come credibili, se non autorevoli.

5.4.2 - Su Voyager: etichette di genere e contenuto.

Si possono addurre come esempio delle considerazioni sul genere divulgazione

scientifica come etichetta che garantisce un alone di autorevolezza alcune osservazioni sul

programma di Rai 2 Voyager.282 Il genere televisivo nella televisione di flusso influenza la

produzione di significato sia dal punto di vista narrativo che della ricezione attraverso

l’applicazione esplicita ed implicita di etichette simboliche sui contenuti.

La trasmissione, che a livello formale appare conforme ai canoni comunque non rigidi

del genere divulgazione, ha una ‘dote iniziale’ di autorevolezza dovuta alla presenza di

etichette di genere. Si può notare, infatti, che Voyager adotta strategie comunicative tipiche

della divulgazione ma che sottostanno a una ideologia di fondo diversa da quella della

comunicazione pubblica della scienza.

Il conduttore interagisce in condizioni di simmetria comunicativa con gli ospiti esperti:

infatti spesso sia l’uno che gli altri sono seduti nello studio su poltrone identiche, con

orientamento simmetrico e distanza uguale nei confronti dello spettatore. Non sono

280 Bettetini G. F. Grasso A. (a cura di), Lo specchio sporco della televisione, divulgazione scientifica e sport nella cultura televisiva, p. 14 281 Ci si riferisce alla tendenza, in un giudizio, a lasciarsi influenzare da impressioni generali o da aspetti marginali

Page 95: La Scienza in Tv

88

infrequenti le sequenze ‘campo-controcampo’ fittizie, con ospiti presenti attraverso un

contributo registrato precedentemente in assenza del conduttore, e quindi nell’impossibilità

di proporre la configurazione ospite-conduttore precedentemente descritta.

Gli esperti si presentano da soli, guardando in macchina, ovvero lo spettatore. Si

percepisce l’autorità non come infusa dal mezzo televisivo ma come attributo

caratterizzante l’ospite prima della sua rappresentazione attraverso i media.

Tra i contenuti si può notare che il filo conduttore dell’edizione 2005 consisteva nella

verifica da parte del conduttore, attraverso gli esperti, i servizi il cui protagonista è il

conduttore stesso e i documentari acquistati, dei riferimenti storici, geografici e culturali,

della trama de Il codice Da Vinci del romanziere Dan Brown.283 Ne consegue un rapporto

controverso col romanzo: da una parte fornisce tutto il materiale della trasmissione, e

inoltre rappresenta un immaginario fatto di templari, vangeli apocrifi e leggende che già in

passato ha nutrito le suggestioni fantastoriche di trasmissioni analoghe come Stargate (La

7), dall’altra si percepisce un processo di ‘scrematura’ dei tratti fantastici del romanzo che

Voyager verifica e razionalizza in forma narrativa ma non di fiction. Ciò porta a due

conclusioni circa queste strategie comunicative: da un lato Voyager rivendica un suo

diritto di produttore di conoscenza, dall’altro attraverso l’uso di fonti di fiction delimita il

campo dei suoi interessi a immaginari di stampo fantastico.

Una parte della trasmissione si basa sulla verifica/confutazione di un fenomeno

paranormale sotto l’egida del Cicap, etichetta che conferisce autorevolezza scientifica alla

trasmissione dal momento che si tratta di un istituto che si occupa della verifica

sperimentale di presunte attività paranormali. La presenza di un’istituzione esterna

conferisce al prodotto prestigio, potere e status, ovvero elementi che rendono un prodotto

efficace in fatto di persuasione.284 È singolare che, accanto alla volontà di falsificare queste

prove si percepisce una speranza implicita che possano in qualche modo verificarsi. Lo

studio in cui si svolgono queste verifiche è completamente bianco e senza confini

apparenti. È significativo il fatto che il conduttore nell’introduzione dell’esperimento

282 Voyager - Ai confini della conoscenza, Rai 2, autunno 2005, martedì, 22:45-23:45 283 Brown D. Il codice Da Vinci, Mondadori, Milano 2003. È utile sottolineare che i temi trattati e l’accettazione/confutazione delle tesi presenti nel romanzo di Brown si sono fatti strada nell’arena dei media durante la stesura di questa tesi. Dalle puntate monotematiche di Voyager questi temi hanno raggiunto spesso i talk show più seguiti come Matrix (Canale 5) e Porta a Porta (Rai 1), anche grazie all’uscita del film basato sulla trama de Il codice Da Vinci e al processo che ha coinvolto l’autore, chiamato a difendersi dall’accusa di plagio e che secondo autorevoli quotidiani inglesi sarebbe poco più di una trovata promozionale 284 Pratkanis A.R., Aronson E., L’età della propaganda. Usi e abusi quotidiani della persuasione, il Mulino, Bologna 1996 (2003), p. 207

Page 96: La Scienza in Tv

89

appaia e parli contemporaneamente sia di persona sia attraverso un televisore, con la

percezione che il mezzo televisivo sia garante autorevole della regolarità della verifica

sperimentale: insieme personalizzazione e distacco.285

In sintesi Voyager cerca una via per una scienza-altra. La costruisce innescando flussi di

comunicazione simmetrici con gli ospiti esperti, risolvendo controversie legate a senso

comune e fiction, creando simulacri di metodologie scientifiche in laboratorio quasi

mistiche, in uno studio senza appigli con la realtà, con riferimento all’assolutezza della

scienza.

Il risultato più evidente è che il formato tipicamente divulgativo della trasmissione non è

coerente con i contenuti: la divulgazione trova la sua ragion d’essere nel rendere

essoteriche pratiche di produzione della conoscenza tipicamente esoteriche e per addetti ai

lavori, mentre in Voyager si nota una versione esoterica e dietrolgica di conoscenze

essoteriche come prodotti di fiction o credenze, miti e leggende. Inoltre è significativo

notare che al termine della trasmissione il conduttore presenti i riferimenti bibliografici dei

testi utilizzati nella redazione della puntata, conferendo autorevolezza all’enunciato, anche

se i libri presentati sono testi non scientifici ma divulgativi, parascientifici o di narrativa.

Dunque, se Voyager fa divulgazione solo in apparenza ciò non impedisce che partecipi ai

processi di negoziazione della scienza, soprattutto a causa del fatto che la fruizione

televisiva è spesso di tipo periferico286 e non centrale. Questo conferisce efficacia

persuasiva in maniera maggiore agli elementi formali e accessori a scapito dei discorsi

‘forti’, ovvero le argomentazioni ben strutturate, che dovrebbero fornire strumenti per una

socializzazione alla scienza del fruitore.

5.5 - Il patto comunicativo della scienza in Tv

La ‘via televisiva’ alla scienza ha bisogno di un patto comunicativo forte, con un

soggetto garante della qualità e della correttezza.287 Il concetto di patto comunicativo, che

muove da quello di contratto di lettura proposto da Eliseo Veron, può essere definito come

l’accordo di sfondo grazie a cui emittente e ricevente riconoscono di agire in un ambito

285 Detto per inciso, il Cicap è una creatura, tra gli altri, di Piero Angela 286 Ci si riferisce nuovamente al modello ELM di Petty e Cacioppo. Si rimanda pertanto alla nota 276 287 Bettetini G. F. Grasso A. (a cura di), Lo specchio sporco della televisione, divulgazione scientifica e sport nella cultura televisiva, p. 19

Page 97: La Scienza in Tv

90

comune: di essere entrambi parti della medesima partita, di operare in relazione reciproca,

di obbedire a regole mutuamente accettate, di perseguire finalità parallele. In altre parole si

tratta di quell’accordo in virtù del quale le parti coinvolte accettano di comunicare.288

La televisione non solo trasmette contenuti, ma ha la capacità di costruire rapporti

sociali, più specificatamente dei rapporti comunicativi. Oltre al riconoscimento a livello

cognitivo delle immagini come oggetti, azioni e personaggi, il pubblico è spinto a

comprenderne anche intenzioni e finalità. Si instaura dunque un’interazione che motiva

una sorta di confronto caratterizzato da asimmetria. Il patto tra tv e pubblico è certamente

ineguale, anche se non mancano meccanismi di feedback; inoltre si nota un’evidente

preoccupazione da parte dell’emittente di tenere conto dei desideri del recettore. Dunque,

per quanto filtrata e parziale, in televisione non è assente una certa “convergenza delle

volontà”.289

Il patto instaurato tra emittenza e audience è un rapporto simulato: viene riproposto sullo

schermo tra conduttore, pubblico, ospiti, ma anche tra chi parla e il ‘tu’ indistinto, vero

simulacro di spettatore. La simulazione, ovvero la rappresentazione del rapporto con il

‘pubblico a casa’ attraverso la ricostruzione del patto tra colui che parla e chi funge da

recettore in scena, è funzionale alla definizione dell’immagine di emittente e ricevente con

la finalità di controllare l’azione comunicativa dell’emittente e poter fornire informazioni

precise al recettore. Ovviamente la simulazione è l’altra faccia dei comportamenti reali, e

può essere usata per trasmettere informazioni false, anche intenzionalmente.

Il patto tra televisione e pubblico sembra ad una prima analisi un accordo perfettamente

delineato, stabile, mentre invece è una struttura aperta alla negoziazione: vengono sempre

ricercate nuove forme di intesa, e il patto può essere considerato non come un insieme

rigido di norme ma come un’ipotesi di lavoro che i comunicanti assumono per rafforzare

l’intesa del momento e ricercare quella del futuro.

Il ruolo comunicativo all’interno di un patto può essere definito come l’attualizzazione

nel comportamento espressivo di una particolare situazione comunicativa del ruolo sociale.

Per la psicologia sociale un ruolo denota un insieme di attributi formali e prevedibili

connessi a una particolare posizione sociale. Nel quotidiano corrisponde a una strategia per

far fronte a situazioni che si presentano con una certa frequenza. In narratologia il termine

288 Casetti F., Di Chio F., Tra me e te. Strategie di coinvolgimento dello spettatore nei programmi della neotelevisione, VPT/ERI, Roma 1988, p. 15 289 Ibidem

Page 98: La Scienza in Tv

91

ruolo viene assunto spesso come sinonimo di funzione. Si può sintetizzare in modo

articolato una nozione di ruolo che tenga presente queste varie accezioni.

Un ruolo è in primo luogo una maschera fissa, un comportamento standardizzato

all’interno di una recita sociale che impone obblighi e aspettative, in secondo luogo un

modello organizzativo del comportamento le cui manifestazioni sono prevedibili. È una

parte definita, ma anche una parte contrattata, negoziabile all’interno di relazioni sociali.

Possiede inoltre una funzione tematica nel quadro dell’azione comunicativa. Ad esempio

svolge il ruolo di intrattenitore colui che nell’ambito del discorso svolge la funzione di

ricevere e intrattenere un ospite. Possiamo affermare che un ruolo è anche una funzione

stilistica nella costruzione del discorso. In sostanza il ruolo si costruisce come lo spazio in

cui viene esercitata una data competenza successiva a un mandato esterno o a un

automandato.290

5.5.1 - La scienza tra paleo e neotelevisione

Fino alla seconda metà degli anni Settanta la Rai aveva fatto propria la triade reithiana

secondo la quale la televisione doveva informare, intrattenere ed educare, facendo

attenzione soprattutto a questa terza funzione.291 In questa fase “la paleotelevisione non

trasmetteva tutto il giorno [...], questo perché la mattina e il giorno le persone erano al

lavoro o a scuola. Ancora negli anni Sessanta se la nazionale di calcio era impegnata in

una partita importante in giorni infrasettimanali in orario di lavoro la Rai non trasmetteva

la partita in diretta”,292 Ciò avvenne anche per gli incontri di pugilato di Benvenuti negli

Stati Uniti, trasmessi di notte solo dalla radio per paura che il giorno dopo la gente non

sarebbe andata a lavorare. Questa responsabilità sociale che investiva la tv di stato guidava

anche le scelte riguardanti l’informazione, sobria e priva di qualsiasi elemento

spettacolare, e l’intrattenimento, le cui punte di diamante erano il quiz, allegoria

dell’ascesa sociale attraverso il duro lavoro di preparazione293 e lo sceneggiato, inteso

come prima socializzazione delle classi meno colte nei confronti della letteratura. Questa

290 Ibidem, p. 92 291 Sorice M., Lo specchio magico. Linguaggi, formati, generi, pubblici della televisione italiana, Editori Riuniti, Roma 2002, p. 39 292 Fumagalli A., L’industria televisiva e il suo impatto sociale, in Bettetini G., Braga P., Fumagalli A., Le logiche della televisione, Franco Angeli, Milano 2004, p.21 293 Monteleone F., Storia della radio e della televisione in Italia. Società, politica, strategie, programmi 1922-1992, Marsilio, Venezia 1992, pp. 322-326

Page 99: La Scienza in Tv

92

dimensione “festiva”294 si perde con l’avvento delle tv private che cambiano il modo di

concepire il broadcasting: la responsabilità sociale lascia spazio alla concorrenza per

offrire il maggior numero possibile di ascoltatori agli investitori pubblicitari.295

L’emergere di queste necessità trasformano notevolmente la produzione televisiva, che

non ha più la forma del palinsesto ma di un flusso. La nozione di flusso è stata sviluppata

dall’inglese Raymond Williams296 a proposito della televisione americana, riguardo la

quale si accennava per la prima volta all’idea di un susseguirsi di programmi senza un vero

inizio e una fine: il laborioso dosaggio tra generi veniva sostituito da un flusso continuo di

brevi sequenze. Si passa da “guardare il telegiornale a guardare la televisione”.297 In

seguito questa nozione è diventata una definizione paradigmatica per definire i nuovi

modelli comunicativi della televisione. Umberto Eco, nel 1983 ha coniato l’altrettanto

fortunata definizione di ‘neotelevisione’, opposta alla ‘paleotelevisione’, per sottolineare le

divergenze sostanziali tra questi due modi di concepire l’emittenza televisiva.298 È

possibile riassumere i punti di discontinuità tra paleo e neotv in uno schema (tabella 4):299

paleotelevisione neotelevisione

struttura del mercato e della programmazione

tv come finestra sul mondo tv come arena collettiva

funzioni di intrattenimento

codici morali ed etici stabili codici morali ed etici costruiti negozialmente

funzioni di potere sapere fondato sull’expertise

centralità del sapere quotidiano

tv come attività: pochi guardano molti

tv come sapere sociale: ciascuno guarda a tutti

potere ideologico e manipolatorio

potere diffuso e soggettivo

ruolo dell’audience spettatori passivi

spettatori attivi

consumo festivo

consumo feriale

accettazione o rifiuto dei messaggi interazione e conversazione con il mezzo

294 Menduni E., I linguaggi della radio e della televisione, Laterza, Roma-Bari 2002, p. 39 295 Fumagalli A., L’industria televisiva e il suo impatto sociale, p. 22 296 Williams R., Television. Technology and cultural form, Fontana, London 1974, tr. it. Televisione. Tecnologia e forma culturale, Editori Riuniti, Roma 2000 297 Menduni E., Televisione e società italiano 1975-2000, Bompiani, Milano 2002, p. 99 298 Eco U., Sette anni di desiderio, Bompiani, Milano 1983

Page 100: La Scienza in Tv

93

Tabella 4 - Paleo e neotelevisione

Il rapporto tra scienza e televisione dunque subisce dei cambiamenti con il passaggio da

una televisione di palinsesto a una di flusso. I linguaggi e i registri pedagogici della

paleotv fanno spazio all’intrattenimento inteso come linguaggio e assistiamo a

un’ibridazione dei patti comunicativi nella divulgazione scientifica che da un lato conserva

la missione di accrescere le conoscenze degli spettatori fornendo strumenti concettuali,

dall’altra ingloba strategie narrative e di coinvolgimento tipiche dell’entertainment.

In questa sede si prenderanno in considerazione due tipi di patti comunicativi e la loro

configurazione di ruoli e azioni: il patto dell’apprendimento e quello dello spettacolo. In

entrambi questi patti si trovano i ruoli dello speaker, inteso come colui che legge le notizie

o che introduce un dibattito o un filmato, e del conduttore, colui che illustra al pubblico i

numeri dello spettacolo, fa presente qualcuno su un palcoscenico. Il partner comunicativo

dello speaker o del conduttore solo di rado viene ad avere un ruolo esplicito; anche il

pubblico presente in studio non ha funzione di vero e proprio interlocutore, ma la sua

funzione si situa o in un contesto di estetica dello spettacolo (ci sono le luci, il

palcoscenico, e il pubblico come arredamento dello studio), oppure di messa in scena di

una sanzione euforica (il pubblico che applaude). È la rappresentazione di un giudizio

positivo che diventa metonimia di un pubblico più vasto. La neotelevisione tende sempre

più a trasformare questo pubblico ornamentale in un pubblico-interlocutore, così come il

presentatore si propone sempre più come conduttore-intrattenitore che conversa con il

pubblico in sala e quello a casa.300

5.5.2 - Il patto dell’apprendimento

Il ruolo dello speaker si può manifestare in figure più specifiche che prendono in carico

compiti e funzioni diverse, data la multiformità che questo patto può assumere.

L’interazione avviene soprattutto sull’asse conduttore-pubblico ed è per questo che i rituali

e i comportamenti riguardano non tanto i rapporti tra personaggi interni al programma

quanto soprattutto la relazione che si stabilisce tra schermo e telespettatore. La figura dello

299 Rielaborazione dello schema presente in Sorice M., Lo specchio magico. Linguaggi, formati, generi, pubblici della televisione italiana, p. 173 300 Fumagalli A., L’industria televisiva e il suo impatto sociale, in Bettetini G., Braga P., Fumagalli A., Le logiche della televisione, p. 21

Page 101: La Scienza in Tv

94

speaker in senso stretto è quella che si trova nei telegiornali, dove il personaggio assume la

veste di trasmettitore di notizie in virtù di una aspettativa di responsabilità e serietà

professionale. Si pone come testimone quando parla un esperto o assiste a un filmato,

accentuando il suo ruolo di tramite tra realtà e fruitore, dando un tono di imparzialità e di

aderenza al reale: “queste immagini mostrano meglio di qualunque discorso”,

“interpelliamo ora l’esperto”.301 Parole e filmati fungono da attestazione della veridicità

delle parole dello speaker oltre che da ponte tra gli argomenti.

Un altro ruolo dello speaker può essere quello di maestro, attraverso il quale

maggiormente viene evidenziato il rapporto direttivo con lo spettatore tipico della

televisione del monopolio. Questo ruolo è caratterizzato da una funzione pedagogica e

morale che tradisce preoccupazione per chi sta di fronte. Può esercitare, inoltre, un’altra

funzione, ovvero il coinvolgimento emotivo del fruitore con gli argomenti trattati, che può

arrivare alla costituzione di una sorta di cerimonia, di rito catartico, con espliciti risvolti

pedagogici nei confronti del pubblico.

Nella funzione del divulgatore scientifico il conduttore esalta la rigorosità e la precisione

dell’informatore scientifico: mancanza di accentuazioni espressive del volto, parole

misurate, aggettivazione moderata, un modo non appariscente di vestire sono

caratteristiche e qualità. Quando il conduttore agisce da moderatore, invece, egli incarna

per eccellenza l’ideale dell’imparzialità informativa: moderatore che si pone, anche

fisicamente, equidistante tra le parti.302

5.5.3 - Il patto dello spettacolo

Il passaggio fondamentale del progressivo polarizzarsi verso il piano dell’intrattenimento

della triade reithiana anche nei programmi di divulgazione scientifica si è verificato

quando le trasmissioni omnibus e quelle enciclopedico-divulgative della paleotelevisione

hanno abbandonato il commento dell’immagine in favore di uno stile conversazionale

adottato dal conduttore, diventato elemento di personalizzazione. All’interno della nuova

formula dell’‘educare intrattenendo’, o viceversa, si assiste a una contrazione dei tempi

301 De Berti R., Negri A., Signorelli P., Scene di vita quotidiana, in Casetti F., Di Chio F., Tra me e te. Strategie di coinvolgimento dello spettatore nei programmi della neotelevisione, VPT/ERI, Roma 1988, pp. 92-94 302 Ibidem

Page 102: La Scienza in Tv

95

con un relativo aumento del ritmo espositivo, e alla focalizzazione degli argomenti trattati

solo su alcune aree del sapere come salute, natura e storia contemporanea.303

L’ibridazione dei generi nella televisione di flusso determina in molti casi la presenza

simultanea di elementi del patto dell’apprendimento e dello spettacolo. Il conduttore-

presentatore può assumere le caratteristiche di ‘maestro di cerimonie’ che fornisce le

chiavi interpretative per leggere ed unificare i momenti dell’azione304, ruolo direttivo nei

confronti del pubblico che tende a diventare più amichevole e solidale, di ospitalità.305 Nel

patto dello spettacolo, dunque, il pubblico non viene mai completamente coinvolto ma in

qualche modo il presentatore è un suo rappresentante, punto di contatto con gli attori

coinvolti.

5.5.4 - La fiducia

“Negli anni scorsi ci avete accordato la vostra fiducia.

Volete farci credito anche questa volta?” Enzo Biagi

I patti comunicativi della neotv tendono anzitutto a instaurare un contatto, un tempo della

relazione. La proposta, l’invito diventano intesa e relazione, all’asse dei contenuti viene

sostituito l’asse dei rapporti personali. In questo senso quello del fruitore non è più

considerato un ruolo implicito del processo comunicativo, punto di arrivo obbligato ed

automatico, ma viene trascinato nella comunicazione secondo strategie specifiche e non

più trattato come entità collettiva e anonima: il pubblico. Allo spettatore si dà del tu,

chiamato per nome, direttamente interpellato. C’è stato dunque un mutamento qualitativo

nel rapporto tra schermo e spettatore: da rigida e verticistica questa relazione è diventata

fluida e confidenziale. Lo spettatore ha spazio, viene evocato, viene chiamato a dialogare

in un modello comunicativo che esige presenza e partecipazione.

Un tale, progressivo, stravolgimento del rapporto comunicativo tra emittente e fruitore

porta anche a una nuova regolazione della relazione fiduciaria che regge la stessa

interazione comunicativa.306

303 Ortoleva P., Di Marco M.T., Luci del teleschermo. Televisione e cultura in Italia, Mondadori-Electa, Milano 2004, pp. 214-215 304 De Berti R., Negri A., Signorelli P., Scene di vita quotidiana, p. 88 305 Ibidem, p. 89 306 Ghislotti S., Di Chio F, Questioni di tempo, questioni di fiducia, in Casetti F., Di Chio F., Tra me e te. Strategie di coinvolgimento dello spettatore nei programmi della neotelevisione, VPT/ERI, Roma 1988, pp. 134-136

Page 103: La Scienza in Tv

96

L’azione comunicativa della neotv non è più ingessata entro una serie prevedibile e

limitata di effetti: lo spettacolo ‘fa vedere’, il patto dell’apprendimento ‘fa sapere’. Si apre

ad una gamma più vasta di comportamenti e di interazioni che favorisce un nuovo modello

in cui cresce la relazione fiduciaria che lega tv e pubblico. La divulgazione scientifica nella

neotelevisione ha bisogno di stabilire un patto di veridizione che lega lo spettatore al

mezzo che deve essere percepito come credibile, e contemporaneamente deve rispondere

alle promesse di intrattenimento che la neotv ha stabilito nel patto dello spettacolo, diffuso

in tutto il flusso televisivo.307

Questo processo si articola in due modi: i) la differenza tra sapere e credere che regola la

relazione fiduciaria nel patto, ii) il rapporto tra conduttori e pubblico.

i) La comunicazione televisiva è costituita da un percepire, un sapere e un credere. I

vari patti sono diversi tra loro perché accentuano alcuni aspetti di questi elementi. Il

patto dello spettacolo ad esempio tende al soddisfacimento percettivo dello

spettatore, anche nei generi in cui in apparenza c’è scambio informativo ma che

invece sono finalizzati alla visione di una competizione, come nel quiz. In sintesi il

patto dello spettacolo è il patto del ‘far vedere’. Le trasmissioni di divulgazione e

informazione, invece, sottolineano l’elemento cognitivo della comunicazione, anche

nei casi in cui sembra emergere l’elemento percettivo, come nei documentari, ci

troviamo davanti a uno scopo eminentemente informativo: la divulgazione risponde

allo scopo di ‘far sapere’. A queste vocazioni, percettiva e informativa, tipiche della

paleotv, si aggiunge un nuovo elemento, che indebolisce il peso dei contenuti in

favore della valorizzazione della forma espositiva e delle strategie di

coinvolgimento, ma che rappresenta anche un ampliamento dei mezzi linguistici a

disposizione dei produttori di comunicazione scientifica pubblica. La neotv, infatti,

amplifica la sfera del ‘credere’, per la quale è necessario attuare strategie di

coinvolgimento, di fiducia. Se la paleotv fondava il suo agire comunicativo su

occasioni di evasione e di conoscenza, la neotv punta sulla valorizzazione della

comunicazione stessa, del fatto che è in corso un’interazione. Nei patti televisivi di

vecchia concezione, presenti ancora oggi in alcune regioni del palinsesto, la fiducia

veniva accordata in funzione agli elementi di spettacolo e informazione, il ‘credere’

viene dopo il ‘vedere’ e il ‘sapere’.308 Nei patti neotelevisivi la fiducia passa in

307 Ibidem, pp. 136-141 308 Ibidem

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97

primo piano, non è più semplice esito della comunicazione, ma diventa la posta in

gioco, il fulcro stesso dell’interazione. Se nella divulgazione scientifica la fiducia

viene accordata in base all’attendibilità e al modo di presentazione delle conoscenze

all’interno del patto di apprendimento, nelle nuove ibridazioni della neotv è la

fiducia a dare fondamento ai contenuti. Passiamo da una fiducia istituzionale a una

personalizzata. La Rai della paleotv trasmetteva autorità e suscitava fiducia nel

pubblico in virtù del suo peso istituzionale, del suo uso sociale e dell’aura sacrale e

festiva che l’avvolgeva.309 La fiducia era implicita nel patto, a priori.

ii) Con l’avvento del regime di concorrenza emerge l’esigenza di rinnovare il patto di

fiducia continuamente a seguito di un consumo sempre meno festivo e sempre più

quotidiano di televisione in cui la proposta di fiducia non viene più veicolata

dall’istituzione, caratterizzata da valori e da una storia, ma dai conduttori, che

propongono una fiducia personalizzata e che come mediatori rispecchiano sia le

istanze di rete che quelle dell’audience. Queste forme personalizzate di fiducia

prendono conseguentemente forme diverse: confidenza, familiarità, simpatia, onestà,

impegno morale, solidità professionale. Non a caso è impossibile non associare il

concetto di trasmissione televisiva di divulgazione con il volto di Piero Angela. Il

fare dei conduttori si associa a un’interazione pattuita, ovvero al ricevimento di un

mandato e all’assunzione di una competenza. La proposta del mediatore costituisce

un invito rivolto allo spettatore che concerne una sua assidua presenza e

partecipazione. Il conduttore, dunque, emette a sua volta un mandato, chiedendo al

pubblico di ‘seguirlo’, ed ogni conduttore esprime questo invito con alcune categorie

modali. Ad esempio, attraverso la costruzione di una relazione fiduciaria tra schermo

e fruitore, “il mediatore può operare uno spostamento di competenza ed attribuisce al

telespettatore un ‘poter fare’”.310

309 Bettetini G., La conversazione audiovisiva 310 Ghislotti S., Di Chio F, Questioni di tempo, questioni di fiducia, pp. 138-139

Page 105: La Scienza in Tv

98

Capitolo 6 - Divulgazione e ideologia

Le rappresentazioni televisive dipendono dal referente e sono il frutto di modalità

linguistiche specifiche che agiscono in un’intenzione comunicativa simile all’interazione

personale, anche se la struttura nella quale operano è impersonale.311 Il referente non può

essere spiegato completamente ma solo negli aspetti che possono essere formulati in

relazione al mezzo. Il contesto comunicativo, per il semplice fatto che è un costrutto, può

deformare ciò che è riferito. Il ricevente compie una decodifica del linguaggio iconico,

primo passo verso la comprensione e l’integrazione delle nuove conoscenze con quelle di

sfondo. Queste ultime, per ottenere una decodifica ottimale, vanno prese in considerazione

dall’emittente nel corso della formulazione del messaggio. Non va considerata dunque solo

la semplificazione, che avviene in ogni passaggio della notizia scientifica a partire da

quando l’evento viene tradotto in linguaggio scientifico, o da quando gli scienziati

applicano categorie linguistiche a eventi amorfi.312

Nella divulgazione si delimita il campo in base alle conoscenze di sfondo ipotetiche che

forniscono la misura e la porzione di sapere che va semplificata. Il secondo passo è la

costruzione dell’interesse. Il linguaggio iconico televisivo per eccellenza è lo spettacolo,

cioè un insieme di regole ed esigenze da applicare ai contenuti più diversi. Le forme dello

spettacolo rischiano di deformare la rappresentazione del referente, enfatizzando le parti

del discorso che si possono meglio tradurre in discorso televisivo. Le parti televisivamente

formulabili sono come ritagliate: ne emerge una concezione globale e unitaria,

un’immagine di scienza. In tv prevale una concezione di scienza eccezionale ed

ottimistica, che si mostra come una conquista. Vengono tralasciati esperimenti errati,

discontinuità nelle discipline e nelle teorie, e vengono sottolineati l’indiscutibilità dei

risultati, la certezza delle conclusioni, i benefici della tecnica. È una rappresentazione

ideologica, il cosiddetto scientismo. La rappresentazione televisiva è in aperto contrasto

con molte ricerche epistemologiche che sottolineano la discontinuità, provvisorietà,

correggibilità e non linearità del panorama scientifico, e che evidenziano condizionamenti

politici, sociali, di committenza.313 “Non esiste più una scienza realistica, una positivistica,

un’altra probabilistica, un’altra ancora che agisce per paradigmi storici, un’altra

311 Agazzi E., La comunicazione televisiva attraverso il mezzo televisivo, in Bettetini G.F. Grasso A. (a cura di) Lo specchio sporco della televisione, divulgazione scientifica e sport nella cultura televisiva, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1988 312 Ibidem

Page 106: La Scienza in Tv

99

popperiana... No: esiste una scienza sola; meglio, la scienza. Le scienze annullano le loro

reciproche differenze nell’impatto con la televisione: le annullano in parte mascherandole

ideologicamente in tutti i loro tentativi di divulgazione e in parte esplicitando questa

neutralizzazione in virtù di un effetto che è tutto e solo televisivo”.314

6.1 - Le rappresentazioni della scienza: Frankenstein o Marie Curie?

La storia recente della percezione pubblica della scienza è il risultato di eventi di grande

impatto internazionale: gli anni Settanta conoscono un’impennata di interesse generato

tanto dalla conquista dello spazio quanto dal clamore suscitato dai primi trapianti di cuore.

L’entusiasmo di spegne, trasformandosi in disimpegno e in calo della domanda di

informazione scientifica a seguito di “impatti traumatici come la catastrofe di Chernobyl e

la sciagura aerospaziale della navetta Challenger”.315 Oggi l’onda della fiducia torna

complessivamente a crescere, insieme con il desiderio di approfondimento, nonostante il

caso della mucca pazza e le inquietudini sull’uso delle biotecnologie in campo

agroalimentare. Gli scienziati vengono di nuovo auspicati come portatori disinteressati di

progresso collettivo316 anche se l’alone positivo che circonda la figura del ricercatore può

essere frutto di disinformazione: spesso la scienza è percepita come attività nobile ma

esclusivamente filantropica, oppure l’attenzione viene catalizzata esclusivamente dalla

medicina vista come scienza più importante o come scienza tout court attraverso una sorta

di sineddoche per la quale la medicina diventa la scienza, quest’ultima la tecnologia.317 La

percentuale di persone che nutre un atteggiamento di critica consapevole nei confronti

della scienza corrisponde al 10% della popolazione, mentre coloro che ne hanno una

visione acritica e fideistica si attestano al 42%.318 In effetti l’incremento della domanda di

informazione scientifica ha come contraltare il successo delle pubblicazioni astrologiche319

e l’alto tasso di ignoranza su argomenti cruciali, che non risparmia neanche i fruitori

313 Ibidem 314 Bettetini G.F. Grasso A. (a cura di), Lo specchio sporco della televisione, divulgazione scientifica e sport nella cultura televisiva 315 Braga P., La divulgazione scientifica in televisione, p. 179. 316 Cerroni A. et al., Biotecnologia e opinione pubblica. Una ricerca sulla percezione della scienza in Italia, “Sociologia e Ricerca Sociale”, n.67, 2002, p. 137 317 Bucchi M., “I rischi della scienza in piazza”, Zadig, www.zadig.it, 8 febbraio 2003 318 Neresini F., Bucchi M., Pellegrini G., Biotecnologie e opinione pubblica in Italia, Fondazione Bassetti-Poster, www.fondazionebassetti.org, 2002, p. 8

Page 107: La Scienza in Tv

100

abituali di divulgazione, di cui il 30% ritiene che i pomodori non contengano geni, e questi

ultimi vengono considerati come tipici dei soli ortaggi geneticamente modificati.320

L’emergere di tematiche controverse legate alle biotecnologie senza dubbio sta in ogni

caso diffondendo un’ombra di diffidenza nella percezione pubblica della scienza.321

L’immaginario popolare è dominato da una “cosmologia ingenua di tipo organicistico e

statico, in cui la natura è pensata come una Grande Madre, in tutto buona, generosa,

perfetta e delicata: dimensione di purezza minacciata dalla barbarie biotecnologia. È

un’ontologia ingenua che contrappone radicalmente quanto è naturale a quanto è

artificiale”.322 In sintesi convivono le immagini dello scienziato risolutore di problemi

dell’umanità e quello trascinato da intenzioni prometeiche: Marie Curie e Frankenstein si

alternano nell’immaginario collettivo.323 Le rappresentazioni televisive, inoltre, instaurano

patti di complicità molto forti che si consumano all’interno di una sacralità e di una

ritualità che concorrono a generare una neutralizzazione delle differenze epistemologiche e

ideologiche della scienza, verso una sua enfatizzazione acritica.

6.1.1 - Scienza e fiction

È il caso di dire che le immagini della scienza nei programmi di divulgazione spesso

convivono con quelle trasmesse da testi di fiction. Queste immagini sono il prodotto di

processi di ‘naturalizzazione’, ovvero di creazione mediante ricostruzioni realistiche di un

alone di accuratezza solo superficiale che tradisce un’immagine scevra delle differenze che

caratterizzano le scienze.

“Fictional film naturalizes both ‘accurate’ and ‘inaccurate’ science by presenting both as ‘natural’ via a perceptually realistic framework”.

[Kirby324 2003: 261]

Ciò si aggiunge alle note ricerche effettuate negli Stati Uniti da George Gerbner e dai

suoi collaboratori secondo le quali tutte le rappresentazioni televisive sono fuorvianti. Ad

319 Andrea Riveccio in Scienza e mass media a cura di Giovanni Giovannini e Maria Pia Rossignaud, www.ossevatoriotuttimedia.org, stima che la cifra spesa per acquistare pubblicazioni di astrologia ammonti nel 1999 a 100 miliardi di lire, contro i 70 relativi all’editoria scientifica 320 Neresini F., Bucchi M., Pellegrini G., Biotecnologie e opinione pubblica in Italia, p. 6 321 Cerroni A. et al., Biotecnologia e opinione pubblica. Una ricerca sulla percezione della scienza in Italia, p. 137 322 Braga P., La divulgazione scientifica in televisione, p. 180 323 Ibidem, p. 181 324 Kirby D.A., “Scientists on the set: science consultants and the communication of science in visual fiction”, Public Understanding of Science, 12, 2003, p. 261

Page 108: La Scienza in Tv

101

esempio la percentuale delle minoranze etniche viene rappresentata nei programmi di

fiction in un’incidenza minore di quella che si presenta nella realtà.325 Allo stesso modo la

rappresentazione della scienza viene deformata326 soprattutto nei film e nella serialità del

prime time che offrono una rappresentazione dello scienziato come di un individuo folle,

pericoloso e incontrollabile: è la categoria che in televisione più spesso ricorre

all’omicidio,327 anche se bisogna notare che la frequenza di delitti nella finzione televisiva

è dieci volte superiore di quella che si verifica nella realtà.328 Non sempre la

rappresentazione televisiva della scienza è in grado di dare una risposta chiara e netta alle

esigenze del pubblico, come accaduto per il caso Di Bella, esempio eloquente di come si

possano innescare attriti irreparabili tra scienza e televisione quando quest’ultima è

convocata d’urgenza nell’arena mediatica su un punto nevralgico senza troppe certezze. La

scienza vede minacciato il suo peso veridittivo, compressa nei modi e nei tempi televisivi

che infrangono metodologie e autorità, mentre la televisione, permeabile a ogni forma di

scostamento dalla norma, dà voce e visibilità a chi si pone ex grege.329 In assenza di un

punto di vista abbastanza ampio per contestualizzare la situazione, lo scontro televisivo

esplode senza lasciare una risposta sicura nello spettatore.

La difficoltà di distinguere immagini e rappresentazioni della scienza costruite e

veicolate dalla fiction da quelle usate nella divulgazione deriva dal fatto che film e serial

presentano la scienza con diversi gradi di realismo senza avere alcun obbligo di

accuratezza, la quale invece è il mezzo e il fine della divulgazione scientifica. La fiction

deve rispondere solo a criteri di plausibilità: l’idea centrale di Jurassic Park di Michael

Crichton, ovvero la possibilità di ricostruire un organismo nella sua interezza attraverso il

DNA contenuto in gene isolato, va considerato come assolutamente plausibile in relazione

alle conoscenze della biologia del periodo. Come in effetti era plausibile Frankenstein nel

periodo della sua realizzazione.330

Il rapporto tra immaginario cinematografico e percezione dell’immagine dello scienziato

è complesso. Antonella Testa sostiene che il cinema biografico rappresenta gli scienziati

325 Pratkanis A.R., Aronson E., L’età della propaganda. Usi e abusi quotidiani della persuasione, il Mulino, Bologna 1996 (2003), p. 140 326 Gerbner G., “Science on television: how it affects public conceptions”, Issues in Science and Technology, 3, 1987, pp. 109-115 327 Evans W., “Science and reason in film and television”, Skeptical Inquirer, 20, 1996, p. 58 328 Pratkanis A.R., Aronson E., L’età della propaganda. Usi e abusi quotidiani della persuasione, p. 115 329 Braga P., La divulgazione scientifica in televisione, p. 182 330 Rose C., “How to teach biology using the movie science of cloning people, resurrecting the dead, and combining flies and humans”, Public Understanding of Science 12, 2003, p. 292

Page 109: La Scienza in Tv

102

come degli eroi, mentre Jacques Jouhaneau e Alexis Martinet dopo aver analizzato oltre

tremila film concludono che più la figura dello scienziato è realistica, più la sua

rappresentazione è positiva.331

Michael Crichton, autore del romanzo Jourassic Park, divenuto un fortunato

blockbuster, sostiene che quella dello scienziato è un’immagine distorta dalla fiction, ma

tutte le professioni sono trattate allo stesso modo: nei film “gli avvocati sono senza

scrupoli, i politici corrotti, i poliziotti degli psicopatici, gli uomini d’affari dei

filibustieri.”332

La rappresentazione cinematografica dello scienziato cambia col passare del tempo: se

ne La mosca di David Cronenberg lo scienziato vive volontariamente isolato dal mondo

ma ha bisogno di una giornalista che documenti le sue scoperte, in The day after tomorrow

cerca in tutti i modi di farsi ascoltare dall’opinione pubblica, dalla politica e dal mondo.333

Ci sono inoltre numerose linee di continuità, come ad esempio la quantità di film che si

basano sullo scienziato che perde il controllo del proprio sapere, da Frankenstein ai giorni

nostri. Il rapporto tra scienziato e società muta nel tempo: se in numerosi film come ad

esempio L’isola del dottor Moreau lo scienziato è barricato in un’enclave inespugnabile

dal mondo reale, oggi lavora sempre più spesso in un équipe e non è mai l’unico artefice

degli eventi.334

6.2 - Immagini televisive della scienza

Jochen Pade e Klaus Schlupmann sostengono che i programmi di divulgazione

scientifica in televisione non forniscono conoscenza scientifica adeguata al pubblico, né

servono come orientamento sociale circa l’importanza della scienza. Le trasmissioni di

divulgazione non rappresentano la scienza o il suo impatto sociale, ma forniscono

rappresentazioni che possono essere formulate in linguaggio televisivo, costituendo

soltanto una sorta di canale per le ‘pubbliche relazioni’ della scienza. Ad esempio le

scienze naturali sembrano trovare la loro traducibilità in termini televisivi soltanto con la

spettacolarità dei documentari, o con ricostruzioni storiche sulla vita di singoli scienziati.

La rappresentazione degli scienziati in tv sembra corrispondere a rigidi stereotipi, quasi ad

331 Merzagora M., “Scienziati di celluloide”, Quark, 62, 2006, p. 61 332 Ibidem, p. 63 333 Ibidem, p. 65 334 Ibidem, p. 66

Page 110: La Scienza in Tv

103

un identikit: sesso maschile, individualista e responsabile del progresso scientifico, senza

contare che deve necessariamente occupare una posizione di leadership. Il lavoro degli

scienziati è presentato come top research, cruciale per il progresso, innovativo, anche se

ciò sembra più che altro essere dato per scontato. Per quanto riguarda i programmi di

intrattenimento, essi tendono a presentare un’immagine stereotipata della scienza percepita

come magica, pericolosa e in mano ad anziani in camice: gli scienziati pazzi.335

L’impossibilità di interazione diretta col fruitore tipica dello scambio comunicativo

televisivo dovrebbe indurre i produttori di programmi a incrementare la comprensibilità

della presentazione dato che spesso la divulgazione si limita ad un uso improprio di

analogie mutuate dal senso comune per spiegare eventi complessi, e spesso sono consentiti

grossolani errori in nome della semplificazione. I programmi con una vocazione più

elitaria tendono a presentare gli eventi scientifici in modo accurato, mentre quelli che

rincorrono un pubblico non di nicchia giocano spesso la carta della spettacolarità, creando

un legame emotivo col fruitore anche attraverso l’uso del commento musicale.

Secondo le ricerche dei due studiosi l’immagine televisiva della scienza e dello

scienziato sembra datata e troppo elementare ed emerge una concezione romantica del

ricercatore: genio solitario, bizzarro e incomprensibile. Inoltre la scienza appare come una

verità assoluta e univoca, capace di fornire una risposta ad ogni problema.

La concezione televisiva che vede l’universo scientifico come unitario e consensuale

impedisce che emergano posizioni personali su questioni scientifiche, ciò fa emergere un

atteggiamento acritico verso la scienza e un clima di ‘silenziosa complicità’ tra giornalista

ed esperto; è emblematica, a tal senso, la pratica usata nell’edutainment in cui l’uno

completa la frase dell’altro e viceversa.336

6.3 - Ideologie della scienza in Tv

Quando la scienza in tv prende la forma dei programmi di divulgazione si ha

l’impressione che la sua declinazione in un contesto unitario e ad hoc abbia come prima

conseguenza quella di conferirle un’ideologia. Se l’informazione scientifica è una forma

trasversale ai generi che come argilla si conforma ai contenitori che la ospitano e che

335 Holbrook. J.B., The role of Science Teacher Associations in promoting the popularisation of science through nonformal means, in Cheng Kai Ming, Leung Kam Chong (a cura di), Popularization of science and technology, University of Hong Kong/Unesco, Parigi 1989

Page 111: La Scienza in Tv

104

hanno bisogno di sottolinearne solo alcuni aspetti in una sorta di camaleontismo

funzionale, la scienza nella sua sede televisivamente istituzionale “favorisce una

concezione astratta, disincarnata e storicamente decontestualizzata della scienza, in

definitiva succube del mito illuministico”.337 Questa sorta di “peccato originale”338 non si

avverte tanto nella mancanza della rappresentazione della scienza come successione di

tentativi condotti da soggetti diversi al fine di accrescere le potenzialità umane, che invece

è un topos di questi programmi soprattutto quelli che fanno uso di docudrama, ma nella

lettura degli eventi a posteriori, che guarda alla prova a partire dal suo esito e in funzione

di esso.339 Il metodo è totalmente assente dalla rappresentazione televisiva: se per scienza

s’intende una prassi intellettuale che elabora modelli interpretativi del reale e li sottopone a

verifiche empiriche misurabili e ripetibili affinché la comunità degli scienziati possa

disporre di dati confrontabili, di questo non v’è traccia in tv. La confusione maggiore è

quella tra scienza e tecnologia, il rapporto tra le quali non sempre è percepito nel modo

giusto. La tv tende a enfatizzare le applicazioni tecnologiche alle speculazioni teoriche, e

questo secondo Eco ha qualcosa di magico: l’enfasi per la tecnologia tradisce la

presunzione di voler passare da una causa a un effetto senza passare per gli stadi

intermedi.340 In alcuni programmi è infatti impossibile discernere medicina e fitness.

Nella divulgazione c’è grossa confusione tra scienza e tecnologia. La prima andrebbe

vista come conoscenza, come la filosofia che cerca di rispondere alle antiche domande

dell’umanità: l’origine della vita, della materia, la seconda invece come proiezione

industriale, economica e politica della prima, anche se i due concetti tendono a intrecciarsi.

La differenza cruciale è che la scienza non deve essere messa al servizio di qualcosa, ma

essere libera di ricercare e produrre conoscenza, così come l’arte, la filosofia, la letteratura,

la musica. Il risultato della ricerca rischia però di essere distorto nel momento in cui viene

riformulato in linguaggio televisivo, nel tentativo di strumentalizzare la scienza per

confermare le idee o ideologie del divulgatore. L’approccio da adottare, dunque, è di

scetticismo nei confronti degli apporti più moderni della ricerca, che non vanno considerati

336 Pade J., Schlüpmann K., Science on television, alternating between elitism and levelling, Public Communication of Science and Technology Conference, Berlino, 17-19 Settembre 1998 337 Braga P., La divulgazione scientifica in televisione, p. 184 338 Ibidem 339 Ibidem, p 185 340 Eco U., Il mago e lo scienziato, La Repubblica, 10 novembre 2002

Page 112: La Scienza in Tv

105

come verità ma conoscenze. Infatti la scienza produce dei sistemi di conoscenze non

soggettive, né oggettive, ma intersoggettive, condivisibili da tutti.341

Una delle cause della confusione che esiste tra scienza e tecnologia deriva dalle

rappresentazioni della ricerca nella fiction soprattutto televisiva e cinematografica: lo

‘scienziato folle’ che detiene verità assolute. La scienza è invece il contrario delle certezze,

è “l’elogio del dubbio”342 mentre la tecnologia è l’amplificazione del gesto umano, con

tutte le sue implicazioni. Secondo Angela il problema principale della divulgazione che

vuole raggiungere grandi platee televisive è quello di arrivare non solo a persone che per

livello educativo sono spontaneamente interessate alla scienza ma anche a coloro che

hanno nella televisione l’unico aggancio culturale col loro tempo: il divulgatore, oltre a

veicolare informazioni tecnico-scientifiche, è chiamato a diffondere una mentalità

scientifica, di razionalità.

Analizzare l’impostazione ideologica delle trasmissioni di divulgazione è d’aiuto nel

delineare il panorama del broadcasting italiano in fatto di comunicazione scientifica. Le

visioni della scienza che fanno da sfondo alla divulgazione possono essere riassunte in tre

atteggiamenti ideologici totalizzanti e onnicomprensivi.343

i) La prima concezione legge la scienza in funzione al ruolo dell’uomo nel mondo.

In questo caso “il sapere scientifico è concepito come un insieme di certezze

incontrovertibili, anche se deve essere relativizzato ai valori che lo

trascendono”.344 Questa rappresentazione si colloca più che nell’ambito umanistico

in quello ambientalista e animalista e definisce il ruolo dell’uomo a partire da

quello di scienza, tecnica, natura.345

ii) La seconda concezione è quella positivistica e assolutistica ed è presente nella

trasmissioni che propongono una descrizione minuziosa dei fenomeni che si basa

su “un’istanza metafisica inespressa, secondo la quale la scienza si autolegittima

come strumento di conoscenza e di emancipazione”.346 Questo punto di vista

animava trasmissioni tipiche della seconda serata della paleotelevisione come

Orizzonti della Scienza e della Tecnica.347

341 Angela P., La divulgazione scientifica in televisione, p. 511-516 342 Ibidem 343 Braga P., La divulgazione scientifica in televisione, p. 186 344 Bettetini G., Lo specchio sporco della televisione. Fra scienza e sport, in Bettetini G., Grasso A., Lo specchio sporco della televisione. Divulgazione scientifica e sport, Fondazione Agnelli, Torino, 1988, p. 13 345 Braga P., La divulgazione scientifica in televisione, p. 186 346 Bettetini G., Lo specchio sporco della televisione. Fra scienza e sport, p. 13 347 Programma Nazionale, 1958, seconda serata

Page 113: La Scienza in Tv

106

iii) Il terzo approccio ideologico è in realtà sotteso a entrambi i precedenti dato che

agisce come comune denominatore dei programmi di divulgazione e suggerisce

una visione in cui ricerca, ambiente, uomo e natura sono legati da un

connessionismo di fondo di stampo “cibernetico-evoluzionista-funzionalista”348 in

cui i rapporti differiscono solo per la scala dimensionale su cui sono posti e natura

e cultura procedono di pari passo: in alcuni programmi non viene specificato che

l’espressione ‘cultura delle orche’ sia da considerarsi dal punto di vista etologico

(comportamento acquisito per imprinting) o come una rappresentazione

umanizzata del comportamento animale.349

348 Braga P., La divulgazione scientifica in televisione, p. 186 349 Ibidem

Page 114: La Scienza in Tv

107

Capitolo 7 - Divulgazione e narrazione

Traduzione e narrazione sembrano essere le due vie che la divulgazione può

intraprendere. L’abilità del divulgatore risiede allora nella capacità di individuare l’essenza

del testo che vuole tradurre da un sistema di pratiche espressive specializzate a quelle di

senso comune, per questo la divulgazione dovrebbe tendere a una traduzione più ‘mirata’

che ‘fedele’.350 In altri casi il divulgatore sceglie di rappresentare il discorso scientifico in

forma narrativa. Ciò implica sia la rappresentazione dei fatti che la finalizzazione del

contenuto ad un’unica trama coerente. “Il divulgatore affronta la scienza come materia di

affabulazione, con motivi, trame, topoi, ruoli e funzioni e ne cava fabulae sempre diverse,

intrecci personali, personaggi caricati di un ethos storico e psicologico inevitabilmente

immerso in una certa società”.351 Da un punto di vista televisivo la rappresentazione

narrativa della scienza, oltre a trasmettere una visione ideologica, perché unitaria, della

scienza, è influenzata a più livelli dal suo autore-divulgatore che consapevolmente usa

modalità espressive proprie dello storytelling, per cui si può arrivare ad affermare che la

divulgazione televisiva è sempre e comunque science-fiction.352

Per quanto riguarda la via della traduzione l’operazione dell’attribuzione di senso è

parziale e ambigua, per questo Fayard parla di una missione impossibile.353 Questa

difficoltà nella traduzione risiede non nel passaggio dei termini specialistici da un

sottocodice a un altro ma nella trasposizione dei concetti da un contesto linguistico e

sociale all’altro,354 nella relazione tra mondi e concettualizzazioni diversi.355 Spesso,

infatti, termini di uso comune vengono usati in testi specialistici con un significato

specifico mentre sono polisemici e di uso generico in un contesto quotidiano.356

Mentre per alcuni, dunque, la narrazione è uno stile di divulgazione che si contrappone

alla traduzione da codici specialistici in linguaggio televisivo e in quanto stile non

pregiudica una qualificazione significativa del contenuto che può in entrambi i casi essere

inserito in una strategia comunicativa sia inferenziale ed esplicativa che retorica e

350 Agazzi E., Epistemologia e informazione, in G. Bettetini (a cura di) Il tempo dell’uomo nella società della tecnica, La Biennale di Venezia/ERI, Venezia 1983 351 Grasso A., Il demone della divulgazione, p. 66 352 Ibidem 353 Fayard P., La communication scientifique publique. De la vulgarisation à la médiatisation, Chronique Social, Lyon 1988 354 Shinn T., Whitley R, (a cura di) Expository science 355 Eco U., Lector in fabula, Bompiani, Milano 1979 356 Verdanega A., I linguaggi della divulgazione, in Cannavò L. (a cura di) La scienza in tv: dalla divulgazione alla comunicazione scientifica pubblica, VQPT/Eri, Roma 1995, pp. 126-127

Page 115: La Scienza in Tv

108

persuasiva (figura 8357), per altri invece nessuna forma di rappresentazione della realtà può

fare a meno dello storytelling. Questo vale sia nei casi in cui si tratta di documentazione

della realtà,358 come ad esempio nell’informazione scientifica, sia nel caso di

rielaborazioni narrative come il docudrama che propone interpretazioni degli aspetti non

documentabili che circondano un evento. D’altro canto è noto che la realtà televisiva ha da

tempo manifestato la sua vocazione autoreferenziale che tende a sostituire lo spettacolo

della realtà con la realtà dello spettacolo359 rendendo sempre più esile il filo tra realtà e

rappresentazione. Dunque la riformulazione della realtà in televisione prende

inevitabilmente una forma narrativa: questa narrativizzazione dei contenuti muove dalla

natura orale del discorso televisivo e dalla sua funzione affabulatoria che crea un alone di

familiarità e vicinanza.360 Queste tipologie di rappresentazione acquistano una dimensione

collettiva dal momento che una delle caratteristiche peculiari del discorso televisivo è la

sua natura ‘bardica’ che si manifesta nella narrazione dei valori di un patrimonio culturale

comune e delle gesta di una comunità, nonché nella registrazione degli eventi

significativi.361

Divulgazione

/ \

Narrazione Traduzione

/ \ / \

Inferenziale Retorico Inferenziale

Esplicativa Persuasiva Esplicativa

Figura 8 - La divulgazione tra traduzione e narrazione

L’utilizzo della narrazione come forma divulgativa consente di rendere intellegibili i fatti

ed evidenziare nessi eziologici. Lo storytelling si dimostra una pratica interpretativa

efficiente nel comprendere e diffondere conoscenza, in particolare è il formato attraverso il

357 La figura è la semplificazione grafica di una tassonomia presente in Verdanega A., I linguaggi della divulgazione, p. 142 358 Giomi E., Limiti e potenzialità della fiction italiana 359 Debord G., La società dello spettacolo, Baldini & Castoldi, Milano 1997 360 Casetti F., Di Chio F., Analisi della televisione: strumenti, metodi e pratiche di ricerca, Bompiani, Milano 1998 361 Il concetto di ‘funzione bardica’ è stato introdotto da Fiske J., Hartley J., Reading television, Routledge, London 1978 e rielaborato da Casetti F., Di Chio F., Analisi della televisione: strumenti, metodi e pratiche di ricerca

Page 116: La Scienza in Tv

109

quale la conoscenza scientifica viene messa a disposizione di un pubblico non

specialistico.

7.1 - Sapere scientifico e sapere narrativo

La scienza è un sottoinsieme della conoscenza caratterizzato dalla condivisione di un

metodo e di un linguaggio pertinente da parte di una comunità che garantisce

l’osservabilità dei fenomeni.362 In altri tipi di conoscenza, invece, vigono altri criteri come

la giustizia, la bellezza, l’efficienza tecnica, come ad esempio nel sapere tradizionale, il

mondo della doxa.363 Questi tipi di conoscenza vengono trasmessi in una forma narrativa,

che può avere una funzione formativa nella legittimazione di modelli positivi attraverso, ad

esempio, i miti, o in forme denotative più complesse.

Il sapere scientifico necessita di una legittimazione del gruppo dei pari e che questo

condivida metodo e linguaggio in quanto la conoscenza scientifica si sviluppa attraverso

una dialettica simmetrica di prove e confutazioni,364 con l’unica eccezione delle

trasmissioni di sapere didattico.365 Il sapere scientifico è denotativo e l’accettabilità degli

enunciati coincide con il valore di verità, comunque non oggettivo, ma limitato agli

enunciati stessi. Sapere scientifico e sapere narrativo, dunque, sono estremamente diversi

nella forma e nella sostanza, ma si intrecciano nei casi in cui il mondo della scienza sente

la necessità di partecipare al dibattito pubblico o di esternare concetti e teorie alla

società,366 anche se i criteri di valutazione applicati dall’uno e dall’altro sono

incomparabili. Infatti, se il sapere scientifico è legittimato dal metodo e dalla pertinenza

del linguaggio, quello narrativo è legittimato dalla pratica: se il consenso della comunità

scientifica si ottiene attraverso enunciati veri relativamente a metodo e linguaggio, nel

sapere narrativo il senso comune stabilisce ciò che è giusto in nome del progresso, visto

come accumulazione di sapere, non solo scientifico.367 È dunque impossibile pensare che,

come in un sistema di vasi comunicanti, si possa trasferire il sapere scientifico in forma

narrativa senza le perdite di significato causate sia da manipolazioni e distorsioni che da

riformulazioni accurate di concetti generali o descrizioni specifiche in linguaggi non

362 Lyotard J.F., La condizione postmoderna, Feltrinelli, Milano 1981, p. 38 363 Ibidem, p. 39 364 Ibidem, p. 47 365 Ibidem, p. 49 366 Ibidem 367 Ibidem, pp. 51, 57

Page 117: La Scienza in Tv

110

scientifici: “lamentarsi della perdita di senso nella postmodernità significa lasciarsi

prendere dalla nostalgia”.368

7.2 - Scienza e narrazione

Le caratteristiche della rappresentazione della scienza in tv, già individuate da Cannavò

nella spettacolarizzazione e la personalizzazione degli eventi scientifici e delle trasmissioni

televisive,369 sono state trattate da Roger Silverstone370 sottolineando le interazioni tra

ruoli sociali diversi e l’impossibilità di indirizzare la comunicazione della scienza a un

pubblico identificabile con chiarezza. La conoscenza subisce un processo di costruzione a

cui concorrono diversi fattori tra cui il sistema educativo, quello politico, economico e

culturale e, al suo interno, il sistema dei media. I media, ed in particolare la televisione si

occupano dei contenuti più eterogenei adeguandoli al loro formato. La scienza rientra tra

questi contenuti e, nonostante lamenti che la sua rappresentazione sia inadeguata sia in

termini di spazio che dal punto di vista dell’appropriatezza del linguaggio, Silverstone

osserva che la scienza entra in televisione non solo per derimere controversie che

interessano la collettività, come dimostrato dai numerosi studi su questo argomento,371 ma

come estensione della visione dominante372 in forma narrativa. Come si è visto solitamente

viene data una rappresentazione positivistica della scienza, di forza, della razionalità

dell’uomo che tende al progresso, ma quando la scienza è l’argomento centrale dell’agenda

la sua rappresentazione all’interno di un frame narrativo può farle perdere i contorni

definiti e rassicuranti delle ideologie della divulgazione per ammantarsi di incertezza e

paura. Dunque la narrazione è un elemento essenziale della comunicazione televisiva e dei

media in genere ed è impossibile che i contenuti che vengono inseriti in cornici narrative

non vadano incontro a una perdita di significato.

La formulazione televisiva del racconto scientifico è solo l’ultima di numerose

manipolazioni, dato che sono molti i passaggi comunicativi tra l’evento e la sua

rappresentazione televisiva che contribuiscono alla connotazione ideologica del

368 Ibidem, p. 51 369 Cfr. paragrafo 2.1.1 370 Silverstone R., “Communicating science to the public” , Science Technology & Human Values, vol. 16, 1991 371 Ad esempio: Bucchi M., Vino, alghe e mucche pazze: la rappresentazione televisiva delle situazioni a rischio, Rai/Eri, Roma 1999, circa la rappresentazione mediatica delle situazioni di rischio, ad esempio i casi del metanolo e della mucca pazza 372 Hilgartner S., The dominant view of popularisation, p. 520

Page 118: La Scienza in Tv

111

messaggio. Inoltre il discorso scientifico è caratterizzato da strategie retoriche nella sua

presentazione e gli scritti scientifici spesso possono essere letti come il racconto di un eroe

spersonalizzato che viene investito dall’autorità conferitagli dai riferimenti bilbliografici

dei suoi articoli.373 Dunque anche la scienza non rinuncia a forme di narrativizzazione, le

quali non sono dovute solo all’utilizzo del mezzo televisivo ma anche alla dialettica

all’interno del discorso scientifico tra conoscenza mitica e mimetica, e spesso queste forme

narrative forniscono rappresentazioni connotate ideologicamente e fuorvianti. Secondo

alcuni, ad esempio, il paper scientifico è un artefatto letterario con una struttura rigida, uno

stile espositivo convenzionale, una strategia narrativa codificata ed è caratterizzato da una

forma empirista e induttivista che può nascondere o rappresentare erroneamente il

processo che sta dietro alla sua redazione.374 Ciò sarebbe dovuto sostanzialmente a una

funzione sociale dell’articolo scientifico che punta a dare l’impressione che i risultati

presentati non siano la ricerca di una legittimazione scientifica di opinioni: in altre parole

si attuano strategie comunicative impersonali e rigidamente induttiviste per preservarsi da

critiche e ridurre le controversie.375

7.3 - Mito e mimesi

La cultura simbolica di un gruppo sociale è basata prevalentemente su un sistema di

valori che contiene i principi delle culture orali preservate nelle forme narrative più

semplici. La narrativa mitica è dunque caratterizzata da grande riconoscibilità e da sue due

dimensioni: l’archetipo dell’eroe e la struttura logica di categorie concrete, basi empiriche

delle narrazioni. Le forme narrative mitiche sono profondamente radicate nella cultura e

hanno allo stesso tempo una forte valenza interculturale, e ciò avviene nonostante la

pretesa, implicita o esplicita, di presentare i fatti in maniera obiettiva e neutrale. La

presentazione di materiale fattuale in uno schema interamente identificato con la fantasia e

la finzione ha ripercussioni molto importanti per capire il ruolo delle trasmissioni

televisive che parlano di scienza e il grado di comprensione del pubblico. Per quanto

riguarda le categorie logiche dei sistemi simbolici mitici Roger Silverstone376 nota che il

373 Lyotard J.F., La condizione postmoderna, p. 51 374 Curtis R., “Narrative form and narrative force. Baconian story-telling in popular science”, Social Studies of Science, 24, 3, 1994, p. 423 375 Watkins J.W.N., Confession is good for ideas, in Edge D. (a cura di) Experiment, BBC, London 1964, pp. 64-70, nota 2 376 Silverstone R., Media, myth and narrative, Sage, London 1988

Page 119: La Scienza in Tv

112

processo di classificazione procede per opposizioni: natura e cultura, vita e morte, umano e

non umano. Il codice dominante è quello in cui la purezza della natura contrasta con la

cultura, o al contrario come avviene in laboratorio, dove la cultura domina l’intrusione

della natura. La narrativa mimetica è parallela a quella mitica ed è basata sulla logica e

l’argomentazione: è una dimensione che pretende di condurre per mano lo spettatore verso

la realtà, con gli strumenti della retorica classica. Mentre per la narrazione mitica lo

spettatore è chiamato a vestire i panni dell’eroe, nella narrazione mimetica si fa appello

alle sue qualità razionali di giudizio. L’elemento mimetico emerge dalla rappresentazione

della scienza in televisione sia attraverso l’immagine che garantisce la fedeltà al mondo

percepito di cui abbiamo esperienza, sia dalle forme del commento. Ogni immagine è il

risultato di una selezione tra un insieme infinito di immagini, e il commento è la parte

seduttiva e persuasiva del testo. I programmi tv non sono atti locutivi, ma perlocutivi: non

vi si ravvisa soltanto una produzione di senso relativa al riferimento, ma anche l’intenzione

di persuadere, convincere o dissuadere. Dunque è possibile concludere che la narrazione

mimetica si basa su rappresentazione, letteralità, chiarezza, informazione, argomentazione;

mentre quella mitica è caratterizzata da drammatizzazione, fantasia, potere,

intrattenimento, storia.377

I temi che riguardano la scienza, l’ambiente e la medicina sono radicati nella cultura

simbolica e nella vita di tutti i giorni: la dialettica tra scienza e senso comune, discorso

specialistico e generico, scrittura e oralità, narrazione e rappresentazione viene espressa da

questo modello che mostra le interazioni tra i due livelli di conoscenza:

Figura 9 - Punti di contatto tra narrazione mitica e mimetica

La televisione può essere considerata la moderna espressione del mito, perché

rappresenta tutte le caratteristiche del racconto mitico in termini di episodicità,

frammentarietà, radicamento nel sistema valoriale di una cultura. In altre parole i mezzi di

comunicazione di massa rappresentano una ‘seconda oralità’, risultato di compromesso

377 Silverstone, R., “Narrative strategies in television science”, Media, Culture and Society, vol. 6, 1984

Page 120: La Scienza in Tv

113

dell’illusione di realtà creata dalla tecnologia audiovisiva e quindi essenzialmente orale, in

una cultura basata sulla scrittura.378

7.3.1 - Dimensione agonistica della narrazione della scienza

Come detto in precedenza i testi televisivi nella riflessione di Silverstone possiedono tre

dimensioni fondamentali: la struttura narrativa, l’apparato retorico, lo status ideologico.

Ognuna di queste dimensioni ha una propria proiezione agonistica. Infatti a livello

narrativo c’è una dimensione agonistica in relazione alla scelta di un linguaggio rispetto ad

altri e all’interno del linguaggio stesso. La televisione media non solo tra gli emittenti e il

loro pubblico, ma anche tra differenti discorsi: mitico e mimetico sono le rappresentazioni

simboliche di questi discorsi e qualsiasi testo televisivo è sempre in bilico tra le due

narrazioni. Questi due elementi sono in rapporto costante: senso comune e conoscenza

quotidiana, ad esempio, non sono in rapporto diretto soltanto con il campo delle emozioni

ma anche con quelli dell’immaginario e dell’esperienza, mentre la conoscenza scientifica

non è esclusivamente razionale ma usa rappresentazioni, logiche narrative e

semplificazioni concettuali e linguistiche. La dimensione narrativa di una trasmissione non

ha una relazione necessaria con il mondo cui si riferisce: la relazione è meramente

sufficiente poiché il racconto televisivo gode di un’autonomia pressoché totale dal

referente. La narrazione è il prodotto di un lavoro di produzione estetica e di senso

attraverso l’applicazione di norme e convenzioni che, se detenute anche dal fruitore,

consentono i processi di codifica e decodifica. Ad esempio i documentari naturalistici

invitano lo spettatore ad interpretare il contesto ed il messaggio in un certo modo. La

produzione di un testo audiovisivo esclude altre griglie di lettura e la formulazione delle

immagini e delle parole in linguaggio televisivo fa aumentare la distanza tra referente e

rappresentazione. Questo rapporto nasce come selezione della realtà e si trasforma

all’interno del contesto in una funzione narrativa. Ogni programma è il risultato della

negoziazione tra elementi mitici e mimetici, ed è necessariamente orientata verso uno degli

estremi del continuum, ma l’uso della forma narrativa è ineludibile e i suoi elementi

378 Ong, W., Oralità e scrittura, il Mulino, Bologna 1982

Page 121: La Scienza in Tv

114

retorici e ideologici influenzano indiscutibilmente la produzione, la ricezione e la

negoziazione dei significati.379

7.4 - Gli iconolatri di Bisanzio

La concezione che la televisione sia lo specchio della realtà capace di imitare fedelmente

il mondo è da considerarsi alla luce delle ricerche attuali una visione ingenua. La

mediazione tecnica e umana nella produzione televisiva provoca un allontanamento dalla

realtà perché “la componente autorale è sempre un’interpretazione”.380 A tal proposito

Baudrillard afferma che la televisione agisce “come gli iconolatri di Bisanzio: mentre

cercano di rappresentare la grandezza di dio, dio scompare dalla rappresentazione. La

realtà, ovvero il mondo delle apparenze che sono le tracce del delitto compiuto nei

confronti della realtà, nella simulazione finisce di esistere”.381 Paradossalmente le

rappresentazioni televisive per apparire verosimili hanno bisogno, più che di un rapporto

mimetico con la realtà, di una loro coerenza interna.382 La realtà rappresentata non rimane

però chiusa all’interno della ‘scatola magica’ ma deborda fuori dalla cornice influenzando

la realtà in processi di negoziazione che possono essere guidati da una sorta di

“sceneggiatura invisibile” che guida i comportamenti secondo modelli e automatismi che

discendono dalle rappresentazioni stesse.383 Secondo Feyles la ‘colonizzazione della

realtà’ da parte della sua rappresentazione televisiva avviene su quattro livelli: linguaggio,

retorica, agenda setting, produzione di modelli ed esempi della realtà. Per quanto riguarda

il rapporto tra scienza e televisione è possibile affermare che anche il linguaggio

scientifico, gli artifici attraverso i quali viene veicolata un’immagine ideologica della

scienza, le dinamiche di selezione degli argomenti scientifici che giungono alla ribalta del

discorso pubblico e l’influenza delle rappresentazioni di fiction sulla percezione della

ricerca scientifica fanno parte dei processi di negoziazione tra la scienza e la sua

rappresentazione televisiva.

379 Silverstone R., The agonistic narratives of television science, in Silverstone R. (a cura di) Documentary and the mass media, Edward Arnold, London 1986 380 Feyles G., La televisione secondo Aristotele, Editori Riuniti, Roma 2003, p.28 381 Baudrillard J., Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realtà?, Raffaello Cortina, Milano 1996 382 Feyles G., La televisione secondo Aristotele, p. 51 383 Taggi P., Vite da format, Editori Riuniti, Roma 2000, p. 23

Page 122: La Scienza in Tv

115

7.5 - Intellettuali ed esclusi

Una analisi della ricezione dei programmi di divulgazione scientifica svolta in Francia ha

riscontrato quattro chiavi di lettura che i telespettatori adottano per fruire di programmi di

divulgazione.384 Questi atteggiamenti, uniti alle pratiche di fruizione, riguardano

essenzialmente la percezione dell’autorevolezza della televisione e il rapporto tra le

informazioni trasmesse e le conoscenze di sfondo dei fruitori.

Le quattro chiavi di lettura:

1. lettura intellettuale. La televisione non è una fonte attendibile circa l’informazione

scientifica. Per gli spettatori che adottano questo tipo di fruizione è preferibile una

divulgazione basata sui documentari piuttosto che quella basata sulla presenza di un

conduttore, dato che viene preferita una visione del mondo scientifico più diretta e

non mediata.

2. lettura pedagogica (beneficiary reading). È una chiave di lettura che percepisce il

mezzo televisivo come una fonte autorevole di conoscenza. In questo caso lo

spettatore preferisce la presenza di un conduttore e cerca di integrare le informazioni

ricevute con le sue conoscenze di sfondo.

3. lettura intimistica. Il fruitore non si pone il problema della credibilità del mezzo

televisivo e apprezza la divulgazione come reminiscenza scolastica senza cercare in

essa strumenti per ridurre la complessità del mondo.

4. lettura esclusa. È la chiave di lettura di chi ritiene che la scienza non possa essere

compresa dai non esperti e che la televisione non sia capace di colmare in alcun

modo il divario di conoscenze tra i produttori di conoscenze scientifiche e il pubblico

televisivo.

Questo significa che non c’è una formula magica per la divulgazione, ma le strategie

comunicative devono essere adattate alle esigenze dei diversi pubblici. Per alcuni la figura

del conduttore è essenziale per percepire familiarità con la trasmissione (2), mentre per

altri è inaccettabile (1); alcuni pubblici accettano il divario di conoscenze tra il divulgatore

384 de Cheveigné S., Véron E., “Science on TV: forms and reception of science programmes on French television”, Public Understanding of Science, 5, 1996, pp. 231–253

Page 123: La Scienza in Tv

116

e il fruitore in virtù di uno scambio comunicativo di tipo pedagogico (2) che viene rifiutato

da altri (4).

Questi quattro pubblici fruiscono della divulgazione scientifica attraverso differenti

pratiche di fruizione del mezzo televisivo e diverse aspettative sul mondo della scienza e

sulla efficacia della sua rappresentazione televisiva, ma hanno anche idee diverse su quali

siano le funzioni della divulgazione, la quale si colloca lungo un continuum ai cui vertici si

trovano, rispettivamente, nozioni generali quotidianamente spendibili (everyday

knowledge) e approfondimenti specifici sul mondo della scienza (scientist close-up).385

7.6 - UnmasKing Kong

Se tutte le telecamere del mondo smettessero di funzionare all’improvviso succederebbe

una cosa paradossale. Il cinema morirebbe e la tv prospererebbe. È paradossale perché la

forma più diffusa di cinema è quella basata sulla finzione, ed eppure ha un bisogno

continuo di realtà. Invece la tv, che pretende di raccontare la realtà, potrebbe sopravvivere

di riferimenti autorefenziali.

È dunque necessario approfondire il rapporto tra realtà e obiettivo della comunicazione,

tra la tendenza insopprimibile alla fiction e all’affabulazione e la volontà/possibilità di

trasmettere e negoziare conoscenza.

Al fine di considerare la portata dell’influenza del formato narrativo sulla negoziazione

dei significati si possono citare due prodotti audiovisivi: il celebre documentario Koko386 e

il reality-show Odhaleni/Unmasking.387 Il primo è un viaggio affascinante nel rapporto tra

ricercatore e soggetto della ricerca, e un documento strabiliante circa le capacità cognitive

e comunicative dei primati. La rappresentazione di questi ultimi, protagonisti indiscussi del

film, è incentrata sull’apprendimento e sull’uso del linguaggio dei segni che li avvicina e

quasi li include nella cerchia degli uomini. La comunicazione che lega uomo e primate è

semplice e asimmetrica ma non è univoca, ed assistere alla trasformazione delle volontà e

dei pensieri dei primati in enunciati codificati e comprensibili ha una resa audiovisiva

estremamente efficace.

385 Ibidem, p. 251 386 Barbet Schroeder, 1977 387 Czech Tv, 2005

Page 124: La Scienza in Tv

117

Unmasking, invece, risponde a tutti i requisiti richiesti a un reality avanzato, 388 o

varreality:389 l’uso della variabile tempo, nel suo scorrere lento e quotidiano dello

streaming feriale e nella narrazione attraverso il montaggio dei momenti salienti della

trasmissione festiva; l’isolamento come contesto irrinunciabile di creazione di ‘iper-realtà’;

la chiusura dello spazio simbolico;390 l’ibridazione della reality tv con il game;391 il

regolamento come tappeto reattivo; le prove come snodo narrativo; l’incoronazione

finale.392 Unmasking, inoltre, è in sintonia con il modello emergente di tv realtà, il “piacere

della sorveglianza”,393 dal momento che ci si trova in uno zoo...

Infatti i protagonisti di Odhaleni/Unmasking sono quattro gorilla dello zoo di Praga, in

compagnia di Moja, nato pochi giorni prima delle riprese e non in competizione.

La divulgazione acquisisce sempre nuovi linguaggi che manifestano potenzialità

inespresse. L’affabulazione costruita dalla ‘sceneggiatura invisibile’ di un reality show a

prima vista può sembrare il linguaggio del prodotto televisivo più lontano dalla scienza e

dall’idea di ‘semplificazione accurata’ di concetti e linguaggi specialistici che sottostà ai

modelli della diffusione della comunicazione scientifica pubblica. Non senza sorpresa si

può affermare, sulla base dell’esperimento di Unmasking, che l’uso di formati

esclusivamente di intrattenimento può innescare delle dinamiche di interazione tra fruitori

ed emittente basate non solo sui referenti reali della rappresentazione, ma sul

trasferimento, stimolato dal coinvolgimento dello spettatore nei meccanismi della

docusoap, di quelle nozioni e quegli strumenti e che vengono invocati dai divulgatori

stessi. È sufficiente visitare il forum on line di Unmasking per comprendere che la volontà

di approfondire determinate questioni e la curiosità emersa durante la visione di un reality

possono essere efficacemente soddisfatte dallo strumento ‘multi-piattaforma’ che la tv, la

cosiddetta enhanced Tv, sta diventando.394

388 Taggi P., Un programma di... Scrivere per la Tv, il Saggiatore, Milano 2005, p. 190-191 389 Taggi introduce questa nozione per distinguere i reality show di intrattenimento dalla televisione verità dei decenni precedenti 390 A tal proposito è curioso notare che il primo nome del programma che sarebbe poi diventato Big Brother era Golden cage: oltre a una chiusura dello spazio simbolico, una chiusura simbolica dello spazio 391 Taggi P., Il manuale della televisione. Le idee, le tecniche, i programmi, Editori Riuniti, Roma 2003, p. 534 392 Taggi P., Un programma di... Scrivere per la Tv, pp. 190-237 393 Couldry N., Teaching us to fake it: the ritualized norms of television’s “reality” games, in Murray S., Oullette L. (a cura di), Reality TV. Remaking television culture, New York University Press, New York-London 2004, pp. 65-66 394 Si adducono come esempi i topics del forum di Odhaleni/Unmasking del sessantatreesimo giorno, il 6 gennaio 2006, che includono argomenti avanzati sia dai fruitori che da figure istituzionali: i) la situazione dei gorilla in natura nelle foreste dell’Africa. ii) uomini e gorilla con davanti tre cesti di mele, grandi, medie e piccole, scelgono lo stesso optimum: quelle medie. iii) come distinguere i gorilla? Il docente di studi umani

Page 125: La Scienza in Tv

118

Si ripropone nell’era della convergenza multimediale un rapporto fruitore-media basato

sulle competenze, una sorta di deficit model, in cui l’esigenza di veicolare ed acquisire

informazioni non emerge per colmare un divario di conoscenze che rappresentano una

chiave di lettura del mondo, ma più semplicemente per permettere una partecipazione

completa alle sue rappresentazioni.

Forse la diffusione della scienza andrebbe vista non come un formato, un genere, una

giustapposizione di documentari o la risposta giusta ad un quiz. Forse la sua caratteristica

che va sottolineata con maggiore forza è quella di essere un obiettivo possibile della

comunicazione che può essere conseguito in molti modi e con infiniti mezzi espressivi.

Stanislav Komárek spiega i meccanismi del riconoscimento degli individui tra le specie animali e il riconoscimento delle differenze etniche tra gli uomini. Fonte: www.rozhlas.cz/odhaleni/english

Page 126: La Scienza in Tv

119

Seconda parte – Il caso di studio

Capitolo 8 - L’analisi delle interviste

Si useranno delle sigle come riferimento ai soggetti intervistati:

P.A.: Piero Angela (ideatore e conduttore di SuperQuark)

G.C.: Giovanni Carrada (autore)

L.F.: Laura Falavolti (curatrice)

M.G.R.: Monica Giorgi Rossi (produttrice)

G.P.: Giangi Poli (redattore scientifico)

8.1 - Scienza e divulgazione

L’argomento che ha messo maggiormente in difficoltà i soggetti intervistati che

ricoprono ruoli organizzativi piuttosto che autorali è stato la richiesta di fornire una

definizione di scienza. A tal riguardo curatrice e produttrice di SuperQuark hanno posato

l’accento sulla funzione di ricerca delle risposte alle domande dell’uomo, sottolineando

che il fine è capire il “funzionamento del sistema universo e dell’uomo” (L.F.) rispettando

il metodo scientifico (M.G.R.). Nel definire in poche parole essenziali il concetto di

scienza autore e redattore scientifico hanno invece sottolineato rispettivamente la natura di

sistema organizzato della scienza (G.C.: Produzione organizzata di conoscenze controllate)

e dell’universalità e razionalità del metodo scientifico; secondo G.P. “il metodo serve a

distinguere il fatto scientifico dall’opinione attraverso la ripetibilità degli esperimenti”, e

garantisce che un fatto “sia verificabile sperimentalmente da tutti e nel tempo”. La

definizione laconica fornita da Giovanni Carrada è complementare a quella riassuntiva di

G.P.: “la scienza è un modo per istituzionalizzare la curiosità”, dal momento che entrambi

evidenziano la struttura istituzionale e organizzata della scienza. P.A. sottolinea invece il

legame tra scienza e filosofia: la ricerca come tentativo moderno di rispondere alle grandi

domande dell’umanità, la specializzazione delle discipline è funzionale alla comprensione

della complessità del mondo (P.A.: La scienza risponde alle antiche domande dei filosofi,

da dove veniamo, chi siamo, dove andiamo, cos’è la materia. La formazione dell’universo

è la cosmologia, cos’è la terra è la geologia, la nascita della vita la biochimica, lo sviluppo

Page 127: La Scienza in Tv

120

dell’uomo paleontologia umana, lo sviluppo del cervello neurofisiologia eccetera, l’atomo

fisica atomica).

Il concetto di divulgazione per certi aspetti allinea i pareri dei soggetti coinvolti e per

certi altri fa emergere delle divergenze. L’elemento unificante è che la divulgazione viene

considerata una mediazione tra mondi diversi. Gli elementi di discontinuità sono invece

rappresentati dalla non omogeneità dei punti di vista nell’evidenziare la natura di questa

mediazione.

Da un lato la divulgazione scientifica può essere considerata una sorta di traduzione

“dall’italiano in italiano” (P.A. ma anche L.F.) col fine di “rendere certi concetti

comprensibili” (M.G.R.); è interessante notare come produttrice e curatrice mostrano punti

di vista omogenei anche nel citare le definizioni di divulgazione di Piero Angela, a metà

strada tra lo slogan e la linea editoriale (L.F.: Per i concetti dalla parte degli scienziati, per

il linguaggio dalla parte dello spettatore), la quale consente anche di visualizzare il ruolo di

mediazione della divulgazione. Inoltre gli elementi di ‘fedeltà’ di produttrice e curatrice

nei confronti del conduttore sono espliciti: “come ha insegnato Piero Angela” (L.F.), “l’ha

inventata lui la divulgazione” (M.G.R.). Quello che traspare dalle parole di P.A. è la

necessità di spiegare, far capire, anche alla luce delle implicazioni della scienza nella vita

delle persone (P.A.: La divulgazione […] cerca di tradurre dall’italiano in italiano, cioè

riassume in modo chiaro per un pubblico vasto le cose che sono significative sia nel campo

della scienza che della tecnologia e che possono avere più implicazioni, spiegando anche

quali).

Quindi se da un lato si tende a enfatizzare la funzione di traduzione e di mediazione,

dall’altro viene sottolineata la funzione sociale. G.P. sostiene ad esempio che il termine

divulgazione è inadatto (G.P.: Del concetto di volgo non me ne può fregare di meno) e

andrebbe preferita l’espressione diffusione della scienza, che “è il modo per dare i mezzi a

chi non li ha, gli elementi per non farsi fregare. Strumenti per sviluppare lo spirito critico

che viene fuori applicando il metodo scientifico” (G.P.). Si pone in contrasto con questa

funzione di sviluppo dello spirito critico e di costruzione di strumenti concettuali la

concezione che vede della divulgazione soprattutto un trasferimento di conoscenze:

“racconto delle conoscenze che si producono nel mondo della scienza per chi è fuori da

questo processo” (G.C.). Se G.P. sottolinea l’importanza della divulgazione nel fornire

strumenti, non solo informazioni (G.P.: All’erudizione scientifica [...] dovrebbe pensare la

scuola), a chi non ha mezzi economici e intellettuali, G.C. evidenzia la funzione

Page 128: La Scienza in Tv

121

informativa esercitata nel diffondere le conoscenze che vengono prodotte dagli ‘addetti ai

lavori’ in forma di racconto.

I soggetti intervistati, dunque, condividono l’idea di divulgazione come mediazione

anche se sottolineano obiettivi diversi: traduzione da linguaggi specialistici finalizzata alla

comprensibilità (M.G.R.; L.F.), fornire strumenti e diffondere spirito critico (G.P.),

trasferire conoscenze (G.C.).

8.2 - La rappresentazione della scienza

La rappresentazione televisiva della scienza appare vincolata sia a caratteristiche

specifiche del medium che all’utilizzo dei suoi linguaggi. Le prime vengono chiamate in

causa da G.C. che sostiene che la scienza viene quasi forzata nella trasposizione in

linguaggio televisivo ed emerge il problema della sua rappresentabilità: “è una

rappresentazione molto parziale, perché la televisione è un mezzo che seleziona gli

argomenti molto più di qualsiasi altro. [...] È un mezzo che ti costringe a usare immagini in

movimento, tende a escludere intere branche della scienza che non sono rappresentabili: la

matematica, la chimica, la genetica, la biologia molecolare. Di fatto taglia fuori gran parte

della scienza contemporanea” (G.C.). Le scienze che non sono rappresentabili attraverso

l’uso di immagini in movimento riescono occasionalmente a raggiungere l’arena televisiva

per via dei criteri che sottostanno alla selezione degli argomenti e per la mancanza di

linguaggi efficaci: “la divulgazione adopera molti linguaggi che servono a risolvere il

problema della rappresentabilità, [...] ci si arrampica sugli specchi” (G.C.). L’accento sulla

possibilità che il mezzo televisivo produca rappresentazioni poco fedeli della scienza viene

posto dagli altri intervistati. G.P. sottolinea la diversità del genere divulgazione da quello

dell’intrattenimento e dagli altri generi televisivi (G.P.: Io non considero trasmissioni di

divulgazione scientifica quelle che vengono messe insieme come la Wanna Marchi) per

motivi di expertise (G.P.: C’è un presentatore che non sa un tubo) e di confezionamento

(G.P.: Prende cose acquistate da fuori, li mette insieme e te li vende bene. [...] Fa come

Mike Bongiorno o Pippo Baudo).

Le rappresentazioni distorte della scienza secondo L.F. non sono dovute a un cattivo uso

dei linguaggi televisivi ma a un tentativo da parte di alcune trasmissioni di negoziare i

confini della scienza: “ce ne sono alcune [di trasmissioni, N.d.I.] molto puntuali e curate

[...], ma ci sono delle trasmissioni border line, tra scienza e mistero, che veramente sono

Page 129: La Scienza in Tv

122

ignobili perché giocano tra la linea di confine tra la ricerca di qualcosa e il generico fumus

(L.F.). Invece il punto di vista di M.G.R. è incentrato non sulla qualità dell’offerta che

costituisce la rappresentazione della scienza ma sulla quantità, all’aumentare del

“ventaglio dell’offerta è cresciuta anche la domanda, soprattutto perché la scienza è

diventata un business”. Secondo P.A. una variabile importante nella rappresentazione della

scienza in tv è la capacità di distinguere tra scienza e tecnologia: “le due cose sono sempre

più intrecciate, comunque la scienza è la scoperta, la tecnologia è l’invenzione che per

essere applicata ha bisogno di mezzi forniti dall’industria, dalla politica, dal mercato, e non

è più filosofia ma diventa ben altro” (P.A)

8.3 - Ideologie della divulgazione

A una domanda esplicita sulle ideologie395 della divulgazione scientifica i soggetti

intervistati hanno reagito in modi diversi. G.C. non ritiene che si possa parlare di

ideologie, di idee generali che fanno da sfondo alla comunicazione scientifica, ma indirizza

di nuovo il discorso sul problema della rappresentabilità. L’immagine unitaria e omogenea

della scienza in tv “nasce non dalla narrazione, ma dalla rappresentazione di alcune

scienze. Cosa faccio vedere?” (G.C.).

Per L.F. la scienza va raccontata come prodotto, non come processo, valorizzando il

raggiungimento del consenso delle teorie piuttosto che l’osservazione della ricerca come

processo (L.F.: Le persone non possono seguire tutti i professori nei meandri dei

laboratori, la divulgazione deve aspettare che le teorie siano accettate). Il consenso del

mondo della ricerca è un indicatore importante della possibilità di selezionare

un’informazione, dal momento che viene percepito come risultato dell’accettazione del

metodo scientifico e di un suo uso corretto (M.G.R.: La scienza è una, che viene

convalidata dal metodo scientifico e quindi condivisa dalla scienza).

Per P.A. è necessaria grande attenzione nel distinguere nella divulgazione tra scienza e

tecnologia, perché se la prima è produzione di conoscenze, la seconda è legata

all’applicazione delle stesse con risvolti sociali, politici, economici, che esulano dal campo

scientifico (P.A.: Si danno colpe agli scienziati che non sono loro e non si pensa a

395 Il concetto di ideologia per quanto riguarda la comunicazione scientifica pubblica è stato trattato nel sesto capitolo e in particolare nel paragrafo 6.3 sulla base di una tassonomia di Paolo Braga

Page 130: La Scienza in Tv

123

controllare i politici dell’uso che fanno delle scoperte e anche dei fondi che le tasse

mettono a loro disposizione).

G.P. circa le rappresentazioni della scienza indica “due linee di pensiero. Una è quella

alla Piero Angela ed ha molti vantaggi, ti dice come sono le cose. L’altra è quella della

scienza e società, di non collocare gli scienziati un po’ fuori […] ma considerare la scienza

come una delle tante attività”. Emerge una diversità di obiettivi della divulgazione

scientifica in questi due filoni, più ideali che reali, nel senso che G.P. ha indicato due modi

di declinare la divulgazione non tanto in base alla rappresentazione attuale ma alle

possibili scelte linguistiche che un divulgatore si trova ad affrontare. Di queste due forme

di diffusione della scienza una è di stampo didascalico, l’altra invece utilizza linguaggi e

metodi del giornalismo d’inchiesta: “La prima è volteriana, illuminista, neopositivista dei

primi decenni del secolo scorso, cioè la scienza che viene insegnata al volgo. […] L’altra

[…] consiste ad esempio nel parlare dell’inquinamento che fa crepare i pesci. Ma il

discorso mio è che fa crepare anche gli operai che stanno in fabbrica, poi è uscito fuori ed

è arrivato negli ambienti borghesi ed è venuta fuori l’ecologia, perché prima non glie ne

fregava niente a nessuno. Non era un discorso inquinamento e posti di lavoro ma

inquinamento e maggior profitto. Collegare il discorso scientifico a quello sociale” (G.P.).

8.4 - La televisione

È interessante notare che i due soggetti che hanno un ruolo più strettamente autorale tra

quelli coinvolti in questa ricerca hanno due punti di vista completamente diversi sul mezzo

televisivo. In primis la differenza è formale: se G.C. ha risposto con una battuta stringata

G.P. ha impiegato più di nove minuti. A livello sostanziale G.C. pone l’accento sulle

caratteristiche del mezzo e sulla peculiarità di SuperQuark come testo televisivo: “La

televisione è un racconto per immagini, anche se la nostra trasmissione si basa molto sui

testi, […] il nostro pubblico e il pubblico di trasmissioni analoghe si comporta maniera

diversa, dando molta importanza alla parte testuale”. Questa visione traccia una linea di

confine tra la divulgazione scientifica e il resto della produzione televisiva sia per quanto

riguarda i linguaggi usati che per le modalità di fruizione: pubblico e programma si

collocano su una dimensione basata sulla parola, sulla precisione della denotazione, sul

riferimento diretto della descrizione, al di fuori del contesto televisivo ordinario. Circa la

rappresentazione della scienza G.C. ha già indicato che quello televisivo “è un mezzo che

Page 131: La Scienza in Tv

124

ti costringe a usare immagini in movimento”. Questa costrizione, unita alla difficoltà di

rappresentare efficacemente in linguaggio iconico i diversi aspetti delle scienze, favorisce

un rapporto tra pubblico fidelizzato ed emittente basato sulla parola più che sull’immagine,

la quale perde il valore epistemologico, di apportatrice di conoscenze, in favore del

riferimento puntuale al discorso verbale.

G.P. afferma che questo rapporto privilegiato con la parola più che con l’immagine non è

una particolarità della divulgazione scientifica e di SuperQuark, ma si inserisce in un

processo più ampio che coinvolge la dimensione sociale e politica della televisione. “La

gente guardava la televisione […] per avere una prova incontrovertibile della realtà. Nel

linguaggio televisivo non puoi raccontare che l’acqua di un fiume va in su, perché si vede

che va in giù, e questo vale per la miseria nei quartieri bassi di Napoli e per il cattivo uso

della scienza che fanno alcuni programmi” (G.P.). Il progressivo abbandono della

concezione basata sulla superiorità dell’immagine come prova incontestabile della realtà

secondo il redattore è avvenuto “a causa delle manipolazioni politiche dal ’62 fino ad oggi.

[…]. Questo discorso dà fastidio politicamente perché se l’Etna erutta e distrugge le case

devi far vedere che le seconde case lì non le devi far costruire, se invece dici che è tutta

una catastrofe naturale, allora dici ah, poveretti!”. La svalutazione della forza della

documentazione della realtà nell’economia del discorso televisivo si è acuita con la caduta

del monopolio televisivo e ha favorito la diffusione dell’intrattenimento come linguaggio

specifico della tv (G.P.: Non gli è parso vero con la storia della pubblicità e della

concorrenza di mandare a mignotte tutto quanto. Il cambiamento linguistico è funzionale

alla scelta che è stata fatta, più panem et circenses dai...). Il passaggio del sistema

televisivo a un regime di concorrenza ha dunque velocizzato una tendenza che era già

presente nella Rai anche se negli anni Sessanta e Settanta “c’era un tentativo, di stampo

volteriano e neopositivista, di tirare su, per così dire, la gente. […] Con la concorrenza si è

invece seguito pedissequamente il gusto della gente con la scusa della concorrenza che non

c’è, perché c’è omologazione, […] se questi vogliono vedere culi e tette, facciamogli

vedere culi e tette” (G.P.).

Le potenzialità del mezzo televisivo, più che l’uso che ne viene fatto, vengono

evidenziate da L.F. (un mezzo straordinario) che pone l’accento sulla mancanza di

interesse del mondo della cultura circa le possibilità della televisione: “il mezzo è stato

sottovalutato, e questo è stato un errore degli intellettuali del nostro paese” (L.F.).

Page 132: La Scienza in Tv

125

La produttrice di SuperQuark individua nella duttilità del mezzo come formato culturale

la particolarità della televisione: “l’importanza del mezzo è data dalla duttilità dei

veicolare qualsiasi contenuto con la diretta, la sua specificità, e con la possibilità offerta

dal digitale per ognuno di fare la propria televisione diventa il mezzo di comunicazione per

eccellenza. Anche Internet vive di televisione, dovrà comunque diffondere immagini

televisive” (M.G.R.). È interessante notare come la diretta venga considerata una

specificità anche se non può essere sfruttata dalla divulgazione che va in onda settimane,

se non mesi, dopo la propria produzione e che ha un rapporto incostante con l’attualità. È

inoltre opportuno evidenziare come la tv sia considerata il mezzo di comunicazione per

eccellenza, il formato culturale che influenza modalità di fruizione (M.G.R.: la possibilità

offerta dal digitale per ognuno di fare la propria televisione) e reti di comunicazione e di

interazione più eterogenee e complesse, come Internet.

8.5 - Il pubblico

“Ogni comunicazione è una conversazione immaginaria con qualcuno, io devo avere un

modello mentale del mio interlocutore” (G.C). L’autore rende bene l’idea di una

personificazione del pubblico televisivo e dell’adeguamento dei testi alle sue aspettative,

conoscenze di sfondo, alla possibilità di suscitare. Questo modello mentale deve però

essere il più ampio e generalizzato possibile: (G.C.: Ci si rivolge a un quattordicenne

curioso, con quel linguaggio si arriva a qualsiasi adulto) dal momento che in televisione

“la sopravvivenza delle trasmissioni dipende dall’audience” (G.C.).

La linea editoriale del programma risponde alle esigenze della rete e al rispetto assoluto

del concetto di servizio pubblico: “Angela ha un’idea della divulgazione quasi missionaria,

se ne fa un dovere suo e il dovere primario, principale, della televisione, del servizio

pubblico, deve parlare a tutti, soprattutto a chi non ha i mezzi” (M.G.R.). Questa attenzione

nell’intercettare il pubblico più ampio possibile in virtù della necessità della rete

generalista per eccellenza di rispondere degli obblighi che spettano al servizio pubblico in

qualche misura limita il ventaglio dei linguaggi e delle forme espressive, la complessità

degli argomenti e il loro sviluppo nel tempo, come affermato, non senza ironia, da G.P.:

“Piero Angela direbbe: come se dovessi raccontare un fatto a un contadino di Arcinazzo,

che non capisce un cazzo, aggiungo io. […] Il problema è che è un linguaggio giusto per i

Page 133: La Scienza in Tv

126

cinquecentomila ragazzi che ogni anno si affacciano a Quark, ma i padri e i nonni non ne

possono più di sentire come è fatta la cellula”. Di questa esigenza è cosciente anche L.F.

(Io sarei a volte tentata di fare qualcosa di più, […] si potrebbe differenziare l’offerta,

anche con un linguaggio più sofisticato o argomenti più alti. La risposta [di Piero Angela,

N.d.I.] è sempre la stessa: non pensare ai tuoi amici, ma a chi non ha la possibilità di

disporre dell’informazione) per la quale è importante offrire stimoli nuovi a un pubblico

che viene percepito come stabile negli anni. È questa una costante de soggetti intervistati

che sottolineano in vari modi l’unicità del pubblico della divulgazione scientifica rispetto a

quello di altri generi televisivi: “il nostro pubblico è un pubblico particolare. È più

motivato, si sceglie il programma ed è molto attento. Il nostro pubblico, attraverso degli

studi che abbiamo fatto, è diviso in due: una parte che segue tutte le trasmissioni di

divulgazione, però poi seleziona molto. C’è uno zoccolo duro molto attento e molto

grosso, che qualsiasi cosa venga prodotta da Angela, in qualsiasi fascia oraria, la segue”

(M.G.R.). La produzione, per motivi organizzativi estremamente attenta alla composizione

del pubblico, è spinta a garantire uno standard qualitativo per soddisfare un pubblico

fidelizzato nel tempo, uno “zoccolo duro che è cresciuto con noi” (L.F.). Il conduttore ne

sottolinea la caratteristica più saliente: Il nostro è un pubblico molto diversificato, al di là

del livello scolastico raggiunto e dell’istruzione, ha però una caratteristica comune che è

quello della curiosità. È un pubblico che è interessato e stimolato, si affeziona a programmi

che soddisfano questa sua esigenza (P.A.). Per quanto riguarda il rapporto diretto tra

pubblico ed emittente e il fine tuning dell’offerta in seguito a fenomeni di retroazione da

parte del pubblico è interessante notare attraverso le parole di L.F. che la redazione ha “dei

rapporti non puntuali, addirittura ossessivi con il pubblico. Se andiamo in onda oggi su un

x soggetto dall’archeologia all’energia, domani ci arrivano tremila e-mail, se abbiamo fatto

un piccolo errore, se abbiamo fatto bene o male. È il nostro pubblico, il nostro zoccolo

duro, tre milioni e mezzo di persone”. Questo feedback che arriva dal pubblico coinvolge

solo marginalmente gli autori: “a volte riceviamo lettere ecc., ma il giornalista ha una

propria rappresentazione del proprio pubblico. Una parte importante del bagaglio

professionale di un giornalista è conoscere il proprio pubblico, e questa è una delle

maggiori qualità di Piero Angela, che lo conosce come le sue tasche, prevedendo

comprensione e reazioni in maniera sofisticata” (G.C.). Riguardo l’idea che l’esperienza

determina il grado di comprensione delle possibili reazioni del pubblico, è possibile

affermare (G.P: Anche adesso un programma ben fatto, anche se va in onda a mezzanotte,

Page 134: La Scienza in Tv

127

vedi che sale l’interesse) che la qualità gioca un ruolo fondamentale, anche perché “i

programmi scientifici meno approfonditi e meno rigorosi fanno all’inizio un ascolto più

ampio, che poi si va ad assottigliare” (L.F.).

Secondo il conduttore l’alfabetizzazione scientifica è un parametro che non è

necessariamente proporzionale al livello d’istruzione: “perché se si spiega genetica a un

magistrato bisogna spiegarla come a qualcuno che non ha una formazione scientifica, che i

suoi studi di biologia sono quelli del liceo ormai dimenticati e superati”. Lo spettatore

modello è dunque “un ragazzo intelligente di quindici anni. Questo è il pubblico della

televisione e anche dei libri e dei giornali, che a meno che abbia una sua formazione o

interesse particolare, dipende dalla chiarezza di chi con competenza e onestà intellettuale

trasferisce le informazioni dal mondo della ricerca al vasto pubblico” (P.A.).

8.6 - La selezione degli argomenti

La selezione degli argomenti che diventeranno servizi e documentari sembra avvenire

attraverso almeno due criteri: la disponibilità delle immagini e l’aderenza all’attualità

scientifica, che ha tempi diversi da quelli dell’attualità strettamente giornalistica.

La scelta, dunque, “dipende dalle immagini, anche se non devono seguire

pedissequamente ciò che viene detto. [...] Si va molto sull’esempio e sull’uso astratto e

metaforico dell’immagine” (G.C.). Gli argomenti che sono documentabili con immagini

nuove o con materiale acquistato hanno la precedenza sugli altri (G.P.: Gli illustratori,

quelli che fanno i servizi, cercano quelli più illustrabili in linguaggio televisivo, gli altri si

arrangiano, con i cartoni animati o con uno che parla) e in ogni caso la redazione “tiene

conto della attualità e della diversità dei temi, del materiale a disposizione” (L.F.). Gli

argomenti che possono essere formulati attraverso il linguaggio iconico devono rispondere

anche a criteri di attualità particolari, relativi alla comunicazione scientifica e a quella

televisiva. I tempi di produzione da una parte e l’integrazione e il consolidamento delle

notizie scientifiche propriamente dette nel contesto della ricerca dall’altra fanno dilatare i

tempi dell’attualità che regolano le trasmissioni di divulgazione scientifica (G.C.: Nel

giornalismo la notizia è una cosa nuova, il problema sono i tempi di produzione. Quando

andavamo in onda parallelamente alla produzione aprivamo sempre con temi di

strettissima attualità, adesso passano dei mesi, può succedere di tutto. Anche nelle riviste

scientifiche, la maggior parte delle cose non sono di attualità, perché la notizia

Page 135: La Scienza in Tv

128

propriamente detta in campo scientifico raramente è interessante, sono una serie di notizie,

di scoperte che insieme fanno maturare un settore). Secondo i soggetti intervistati coinvolti

nella produzione di SuperQuark la copertura della notizia scientifica, una scoperta ad

esempio, non rientra nel concetto di attualità che la televisione come medium ha gli

strumenti per trattare dal momento che “l’attualità sulla ricerca va fatta con altri mezzi”

(M.G.R.). Per G.P., ad esempio, la previsione sul ciclo di vita di un argomento è un criterio

di selezione: “si fa una ricerca e cerchi qualcosa che si interessante possibilmente per i

prossimi uno o due anni”. È interessante osservare come questi criteri spesso guidino le

scelte relative all’acquisto del materiale: “Ricordo quando c’è stato il terremoto in

Giappone. Poco prima avevamo comprato un documentario sulle esercitazioni

antisismiche, perché un terremoto ci sta sempre bene. Prima o poi un terremoto arriva.

Abbiamo ricevuto i complimenti della rete per essere stati sul pezzo” (L.F.). Una regola

d’oro: “per tutti i fenomeni naturali è consigliabile tenersi dei coccodrilli nel cassetto...”

(M.G.R.).

Per quanto riguarda la proporzione degli argomenti all'interno del testo televisivo nelle

puntate pluritematiche il criterio di base nella produzione dei testi è quello della varietà

(G.C.: Il pubblico sa che dopo una cosa che magari non gli interessa ce n’è un’altra. Ci

vuole un equilibrio tra archeologia, cose più scientifiche, cose più seriose come scienza e

società, certe cose vanno messe in una percentuale piccola) mentre nell'organizzazione

generale della trasmissione i valori in gioco riguardano dinamiche complesse relative

all'audience (G.C.: Io ho curato una rubrica sulla sessualità che veniva messa alla fine, non

per i bambini, ma perché uno alla fine diceva: “ah, c’è il sesso!”, e su questo viene studiato

in maniera spasmodica l’andamento degli ascolti, e diventa un’arte raffinata).

8.7 – Credibilità e fonti

Le fonti usate nella divulgazione scientifica rappresentano il rapporto referenziale che

lega rappresentazione e realtà: la formulazione di discorso televisivo si avvale di una

composizione variabile di riferimenti a pubblicazioni di varia natura integrate da elementi

esterni relativi e competenze degli autori e tecniche espressive.

È opinione diffusa che i soggetti intervistati sono dell’idea che i paper dei ricercatori non

siano da considerarsi fonti rilevanti per la divulgazione, nonostante gli stessi soggetti

Page 136: La Scienza in Tv

129

intervistati ritengano cruciale la sua funzione di mediazione e traduzione. Gli articoli dei

journals, fonte primaria del discorso scientifico e formato consueto della comunicazione

scientifica nelle traiettorie di routine, non hanno un’influenza diretta nella traduzione in

linguaggio non specialistico dei concetti e delle teorie che concorrono a costruire.

“Raramente si va al lavoro scientifico originale perché molto spesso è incomprensibile.

Capita con i temi che sono più vicini a quello che ho studiato, ma quasi sempre sono

incomprensibili e invalutabili. Raramente un singolo lavoro scientifico da un’idea

dell’argomento, essendo molto settoriale. Parlare con l’esperto ha il vantaggio che conosce

tutto il contesto” (G.C.). La prima forma di mediazione avviene dunque attraverso il

rapporto diretto con l’esperto che elabora le conoscenze in un contesto non specialistico.

Questa necessità di personalizzazione delle conoscenza avviene per motivi legati

all’elevato grado di specializzazione raggiunto dalle scienze (G.C.: Ci sono tanti livelli di

competenza, a partire dal giornalista scientifico che si trova in una situazione particolare:

ci sono tanti argomenti che cambiano velocemente e siamo tutti degli ignoranti,

specialmente sugli argomenti che hanno pochi specialisti in Italia e nel mondo). Le

pubblicazioni che vengono usate come materiale per la divulgazione sono soprattutto

bridge journals: “tanti campi hanno la loro letteratura intermedia: l’alta divulgazione, le

review, gli articoli de Le scienze che offrono un livello intermedio. [...] Quasi mai il

giornaletto, la rivista divulgativa, sempre cose come Nature” (G.C.). La diffusione

televisiva della scienza si avvale dunque di strumenti che sono già delle rappresentazioni

mediate di argomenti specialistici: “alcuni autori si rifanno a pubblicazioni scientifiche, ma

soprattutto Nature e riviste che sono già una mediazione, partire dalla pubblicazione

scientifica, dall’abstract del professore avviene raramente” (M.G.R.). Tutti i soggetti

intervistati sottolineano l’importanza del processo di verifica delle fonti; questo processo

diventa cruciale dal momento che le fonti non sono dirette ma sono testi di divulgazione,

anche se caratterizzati da etichette autorevoli come Nature. Un processo simile a quello di

verifica delle fonti scientifiche avviene per selezionare i materiali non di divulgazione

usati per confezionare le conoscenze in forma narrativa, ovvero testi di fiction e citazioni

(L.F.: I testi di finzione sono solo un supporto per il racconto, e deve essere tutto

controllato).

Il rapporto diretto con l’esperto, contemporaneamente diffusione e interpretazione di

conoscenze, sembra essere la fonte più preziosa della divulgazione. La voce viva di un

esperto elimina i problemi legati a una cattiva interpretazione di testi specialistici e

Page 137: La Scienza in Tv

130

settoriali e consente di condividere l’autorevolezza della fonte esperta, ferma restando la

necessità di verificare la genuinità delle informazioni: “Uno parte da una ipotesi, va a

parlare con gli esperti e si fa mandare le carte. Sono due strade: o intervisti direttamente gli

esperti o te ne strafotti e scrivi una specie di pastone dicendo che l’ha detto tal dei tali,

sempre informandoti che non stai dicendo una fregnaccia. Poi cerchi il caso che possa

documentare questo fatto. Prima c’è l’informazione scientifica, poi visivamente,

l’esperimento scientifico. C’è un rischio gravissimo su Internet dove si trova di tutto e di

più, non c’è un bollino verde delle fonti, l’hanno proposto ma chi dovrebbe metterlo?”

(G.P.). Dunque è possibile affermare che la fonte esperta coinvolta direttamente consente

di facilitare il processo di verifica delle informazioni, che diventa più complesso nella

redazione di testi compilativi (M.G.R.: Noi lavoriamo soprattutto con materiale d’acquisto

e lo passiamo al vaglio di consulenti tecnici scientifici, anche per quanto riguarda la

traduzione), e permette inoltre di evitare fonti disponibili e facilmente reperibili ma non

completamente affidabili come Internet.

Il rapporto con gli esperti e le riviste ritenute più prestigiose e autorevoli dalla comunità

scientifica, quelle con maggiore impatto nei meccanismi di negoziazione della scienza,

sono le fonti che andrebbero privilegiate: “le fonti attendibili e credibili […] sono in

definitiva le persone che per le loro capacità e per i loro metodi sono quelle che pubblicano

sulle riviste importanti. Nel mondo della ricerca si sa che quello che si chiama impact

factor, il fattore di impatto, e che sono le citazioni su altre riviste di articoli apparsi in

precedenza. […] Questo meccanismo che non ha un valore in sé ma ha un valore indiretto

è quello che poi fa sì che le grandi riviste internazionali che hanno il maggior numero di

impact factor sono quelle di maggior prestigio come Nature, come Science” (P.A.). D’altro

canto anche il consenso della comunità scientifica ha un peso nella selezione delle fonti

(P.A.: Si sa nell’ambiente chi sono persone che hanno scritto cose importanti su riviste

importanti e sono quelle i punti di riferimento. […] Perché altrimenti […] il divulgatore se

si rivolge a una persona semplicemente perché è professore in qualche materia, perché la

insegna o ha un dottorato, questo non vuol dire che le cose che dice sono le più attendibili).

8.8 - Il patto comunicativo

La credibilità dell'emittente è la componente essenziale per stabilire un patto

comunicativo col fruitore per quanto riguarda la divulgazione scientifica. Parlando di

Page 138: La Scienza in Tv

131

SuperQuark emerge dalle parole degli attori che la credibilità raggiunta dal programma

durante gli anni è ciò che la differenzia da altre trasmissioni di genere: il patto col fruitore

“dipende dalla trasmissione, e cambia moltissimo. SuperQuark ha una grandissima

credibilità, anche alla luce delle ricerche che abbiamo fatto. Quando ci fu l’entrata in

vigore dell’euro, Ciampi chiese che se ne parlasse in televisione, ed è stata fatta un’analisi

su chi il pubblico voleva che se ne occupasse. Piero Angela risultò come il più credibile. È

una cosa costruita nel tempo attraverso l’onestà nel lavoro. La fiducia è spiegata da fatto

che Quark non dà mai fregature, perché c’è un continuo controllo. Dopo che ho fatto un

servizio lo faccio rileggere all’esperto, chiedo l’opinione di un altro esperto. Poi c’è una

piccola rete di ricercatori in vari campi con un rapporto di conoscenza, ci propongono delle

cose e poi andiamo a vedere che non è così, come una notizia gonfiata. Per un giornalista

scientifico la credibilità è una delle caratteristiche essenziali. Un cronista politico può dire

una cosa e il giorno dopo il suo contrario e nessuno può dirgli niente, su questo mestiere la

reputazione conta” (G.C.).

La precisione dell'informazione deve caratterizzare la comunicazione scientifica, in

quanto per M.G.R. e L.F. sussiste, nonostante l'evoluzione dei linguaggi televisivi, un

patto di veridizione che lega mezzo e fruitore in virtù del quale “lo spettatore medio è

ancora convinto che l’ha detto la televisione” (M.G.R.). Ciò si aggiunge alle affermazioni di

G.C. riguardo la percezione di autorevolezza del pubblico nei confronti di SuperQuark e

del suo volto Piero Angela, “perchè se l’ha detto la televisione, e la televisione dice tante

idiozie ed è pericoloso, ma se l’ha detto Piero Angela è veramente il verbo” (M.G.R.). Si

nota una percezione di responsabilità dei soggetti coinvolti nella produzione della

trasmissione per quanto riguarda la precisione dei contenuti dovuta alla certezza che il

mezzo televisivo conserva nella trasmissioni di divulgazione scientifica tutto il suo potere

veridittivo: “ad esempio prima di dare una notizia allarmista ci pensiamo cento volte,

perché se l’ha detto Piero Angela una notizia viene come convalidata” (L.F.). Questo

potere asseverativo nei confronti dei contenuti riformulati dalla televisione tende secondo

questi soggetti a generare nel pubblico una percezione di oggettività circa i contenuti

televisivi, di verità incontrovertibile delle conoscenze diffuse (L.F.: Alcune persone sono

venute qui pretendendo di avere una testimonianza in tribunale da parte di Piero Angela su

fatti scientifici).

Page 139: La Scienza in Tv

132

8.9 - Linguaggi, parole e immagini

I linguaggi della divulgazione scientifica e le forme espressive e narrative a disposizione

dei produttori di rappresentazioni televisive della scienza sono chiamati a rispettare le fonti

scientifiche e documentare la realtà dal momento che devono rappresentare una

semplificazione accurata di conoscenze verificate attraverso il metodo scientifico. Inoltre

emerge la necessità di attrarre lo spettatore, di essere comprensibili, di ricorrere a forme di

story-telling: “sappiamo che dobbiamo dare al nostro pubblico una serie di cose, la prima è

la chiarezza di linguaggio, la seconda è una costruzione del servizio che abbia dei momenti

anche emotivi, di nobile emotività, naturalmente. Magari costruito sotto forma di storia”

(P.A.). Lo stesso processo di scrittura e di costruzione del testo televisivo in una certa

misura può essere visto come una pratica sperimentale: “parto con un’ipotesi di lavoro, che

poi sono disposto a smontare. Poi faccio un’immersione nell’argomento, vado sempre a

parlare con un esperto, e metto insieme una serie di fatti interessanti. Di solito mentre parlo

con gli esperti, di quelle cento cose che mi dicono mi vengono in mente quelle venti o

trenta che messe in fila formano un racconto, ed ogni servizio in questo è diverso. È una

cosa che nasce dalla ricerca, da un accumulo di fatti e suggestioni e dalla scelta del modo

per raccontarli” (G.C.).

La scelta di un filo conduttore nella narrazione è essenziale per rendere coerente una

narrazione e collegare informazioni indipendenti, anche se si nota una differenza nel

modus operandi dei due autori intervistati dal momento che G.C. sembra affidarsi a

ispirazioni legate alle conoscenze apportate dall’esperto che vanno a influenzare la

produzione di immagini usate per documentare il testo, mentre G.P. ritiene che l’apporto

informativo debba venire dalle immagini, intorno alle quali deve ruotare la costruzione del

testo. Un esempio della modalità usata da G.C. può essere rintracciato nel racconto della

ricerca di un filo conduttore in un lavoro recente: “Sto facendo un’inchiesta sulle infezioni

gravi ospedaliere, che fanno più vittime degli incidenti stradali e domestici messi insieme,

e mi è venuta in mente l’idea di farla attraverso la storia di un paziente che entra in

ospedale con un problema perfettamente guaribile ed incappa in un problema di infezione

grave, che causa una corsa contro il tempo. È una cosa che scopro quando vado là, quando

l’esperto mi dice che è tutto una questione di rapidità della diagnosi e di un’analisi

batteriologica tempestiva dato che servono tre giorni, e lo racconto come una corsa contro

il tempo. Entrato dentro l’argomento, trovo un spunto che può funzionare. Lì con due fini:

Page 140: La Scienza in Tv

133

com’è andata a finire oggi? Bene... non si può far morire il paziente, e come andrà domani,

con una serie di strumenti diagnostici che invece di due giorni ci mettono un’ora.” (G.C.).

È diametralmente opposta la concezione di G.P. per quanto riguarda la formulazione

narrativa dei testi: “Bisogna capovolgere il ragionamento. Il testo lo scrivo alla fine. La

tendenza che corre adesso è quella di fare l’articolo illustrato ed è la novità assoluta. È una

grande differenza nel linguaggio televisivo. Prima per fare un’inchiesta si andava in giro

con una scalettina e poi alla fine montavi le immagini, e quando erano sufficienti non

scrivevi una cazzo di parola, lasciavi là una musichetta o stavi anche zitto, adesso si

scrivono i testi prima, poi si mandano in giro quei disgraziati che ha visto qui sotto [si

riferisce alla redazione di SuperQuark, N.d.I.] a illustrare i testi degli autori, che non vuol

dire niente, cambia il ritmo, il montaggio cambia tutto.” Per G.P. dunque la divulgazione

scientifica in televisione tende ad avere un rapporto indiretto con la realtà che viene usata

per “illustrare” le informazioni che prendono forma narrativa, mentre viene meno la

funzione epistemologica della documentazione della realtà come apporto di conoscenze:

“quello che comanda è il testo illustrato, è la tecnica del telegiornale. […] Io, Marco

Visalberghi mai più, Lorenzo Pinna... l’ho fatto, sennò gli veniva un fegato così, siamo

solo noi che scriviamo il testo dopo, gli altri lavorano prima sul testo. Approvato, per

giunta. Ma mica solo Piero Angela lavora così, tutti. Poi ci mettono dentro qualche

intervistina. Questo è un cambiamento epocale nel linguaggio televisivo” (G.P.).

Le immagini dunque spesso vengono concepite come didascalie del testo, in una sorta di

capovolgimento delle funzioni. Il continuo processo di verifica delle fonti scientifiche e

l’attenzione per la scrittura dei testi stabilisce un rapporto puntuale tra immagini e testi

(G.P.: Quando è un cane vedi un cane, su questo Piero ci ha rotto le scatole per anni, ma

c’è il rischio dell’illustrazione pedissequa. Bisogna riuscire a mettere quel qualcosa in più

che non vedi). Trovare nel linguaggio iconico televisivo l’unità di significato

corrispondente al linguaggio verbale è un’impresa ardua per tutte quelle conoscenze

difficilmente rappresentabili come ad esempio le scienze pure (M.G.R.: Esiste il cosiddetto

cane-cane, gatto-gatto) e questo rafforza il concetto che spesso le conoscenze scientifiche

vengono selezionate dalla divulgazione anche in base alla loro possibilità di essere

rappresentate attraverso immagini efficaci.

Secondo P.A. sono gli argomenti selezionati a determinare il tipo di formulazione

televisiva che verrà usata: “Ci sono argomenti nei quali la parte visiva prevale. Per fare un

esempio banale l’etologia, lo studio del comportamento animale, si basa su immagini che

Page 141: La Scienza in Tv

134

sono di per sé estremamente attraenti, e naturalmente il commento deve dare significato a

queste immagini. Ci sono altri servizi che riguardano ad esempio studi di genetica, lì non

c’è nessuna possibilità di filmare i geni e tantomeno di vedere cose appassionanti. Quindi è

soprattutto al parte verbale che prevale e la parte visiva si adatta a questo discorso” (P.A.).

A tal proposito secondo G.P. vengono privilegiati i linguaggi verbali a scapito di quelli

visivi. Ciò può provocare difficoltà nella ricezione del messaggio se le immagini non sono

in grado di rappresentare con chiarezza le informazioni veicolate dal linguaggio verbale:

“il problema grosso è che molti dei giornalisti scientifici vengono dalla carta stampata,

fanno fatica a inventarsi i modi per raccontare le cose. Tu scrivi le cose, come i testi che

diamo a nostri ragazzi, ma con le immagini li devi seguire e certe cose sono difficilissime.

Per creare un racconto bisogna mettersi con umiltà e dire questo chi lo capirebbe? Qual è il

target al quale devo parlare?” (G.P.).

8.10 - Tra scienza e pubblico

Una delle idee di fondo che emergono dalle interviste effettuate è che il giornalista

scientifico, il divulgatore, è cosciente della responsabilità che lo investe in quanto

mediatore tra mondi che non hanno possibilità di contatto. Secondo G.C. i divulgatori

hanno il compito di semplificare le conoscenze e selezionare quelle che si ritiene

interessino il fruitore. Queste due funzioni rappresentano la specificità del giornalismo

scientifico, che nel loro esercizio si rende autonomo dal mondo della scienza: “non si

possono fare compromessi, non si posso addomesticare i contenuti per far piacere a

qualcuno, né compromessi sul linguaggio, altrimenti non si viene capiti. Se per essere

accurato e preciso devo perdermi per strada chi mi ascolta... A volte mi accorgo che di un

argomento non se ne può parlare perché semplificandolo lo si fa a pezzi, allora lasciamo

stare. Però se la semplificazione non diventa una mistificazione si semplifica” (G.C.). Le

prese di posizione su temi controversi rappresentano il momento più significativo della

difesa da parte della divulgazione della mentalità scientifica, e soprattutto vengono

rivendicate come esclusiva di SuperQuark (G.C.: Essere dalla parte della scienza,

prendersi la briga di dire cose che vanno contro opinioni molto diffuse è un tratto molto

nostro, altri non lo fanno. Siamo l’unica trasmissione che parla ogni tanto di biotecnologie,

raccontando la posizione della scienza: ci sono dei potenziali rischi, ma controllabili e

sono gli stessi delle tecniche di agronomica tradizionali che funzionano da decenni. Anche

Page 142: La Scienza in Tv

135

su temi come l’omeopatia prendiamo delle posizioni impopolari, non lisciamo il pubblico,

per questo siamo dalla parte della scienza, oltre al rispetto necessario dei contenuti). La

divulgazione dunque ha potenzialità di intervenire nel mondo sociale, rinegoziare concetti

e favorire la comprensione critica di argomenti complessi anche secondo i soggetti che ne

avevano sottolineato soprattutto la funzione di trasferimento di conoscenze come G.C.: “ad

esempio nella puntata su Chernobyl, mentre quella cosa sugli Ogm è una stronzata, come

sull’elettrosmog, lì ci sono delle scelte da fare, e ci si sforza di raccontare tutta la verità,

raccontare pregi e difetti di tutte le varie opzioni, perché si può anche peccare di

omissione. Si fa presto a parlare male di una fonte di energia, prendere una decisione

perché l’energia ci serve è un’altra cosa” (G.C.).

Chi si occupa di divulgazione (P.A.: Il profano, il giornalista, il divulgatore) “è

necessario che sia uno specialista in una materia, del resto la divulgazione a tutto campo

[…] richiede soprattutto una capacità di sapere, conoscere quali sono i metodi, il quadro

generale su cui si muove la ricerca e soprattutto riferirsi a delle fonti attendibili e

credibili”. Il territorio entro il quale deve muoversi la divulgazione è dunque quello che ha

come limiti l’accuratezza e la comprensibilità, con le parole di P.A.: “la formula è da un

lato dalla parte degli scienziati per quanto riguarda i contenuti, e dalla parte del pubblico

per quanto riguarda il linguaggio”.

La funzione asseverativa della televisione circa le teorie controverse e le deviazioni della

comunicazione scientifica pubblica dalle traiettorie di routine ha la funzione di fornire una

rappresentazione fedele della ricerca: “Noi facevamo gli interessi della ricerca, e gli altri ci

guardavano un po’ così. […] Uno in teoria dovrebbe essere al servizio del pubblico, ma

anche il pubblico va iniziato. Se la gente non sa cosa succede là dentro nascono quei casini

tipo gli antivivisezionisti a oltranza, dico gli estremisti. Molte cose fatte o dette succedono

perché non si sa che succede dentro” (G.P.). Una rappresentazione fedele del ruolo della

scienza all’interno della società dunque permetterebbe di mediare tra il mondo della

scienza, spesso poco propenso ad accettare le semplificazioni dovute alla riformulazione

delle informazioni in linguaggi non specialistici, e di fornire al pubblico strumenti corretti

nel dibattito pubblico, nella costruzione delle rappresentazioni sociali, nei processi di

negoziazione.

Per quello che riguarda la scelta di un programma migliore e uno peggiore nello scenario

della divulgazione scientifica attuale, è interessante notare che G.C. non risponde perché

non gli sembra giusto indicare un programma peggiore (G.C.: No, non si può...) ma anche

Page 143: La Scienza in Tv

136

perché non è uno spettatore assiduo (G.C.: Anche perché ne guardo pochissima di

televisione) mentre G.P. si esprime su alcune delle trasmissioni più seguite: “Io non

considero trasmissioni di divulgazione scientifica quelle che vengono messe insieme come

la Wanna Marchi, dove c’è un presentatore che non sa un tubo che prende cose acquistate

da fuori, li mette insieme e te li vende bene. Tanto per non far nomi, La Macchina del

Tempo. […] Monti [Sfera, La7, N.d.I.] ora ha cominciato ad andare in giro anche lui, dopo

tanti anni l’ha capito. Lo stesso discorso vale per Gaia. […]. Tradizionalmente parlando

quella fatta meglio rimane SuperQuark” (G.P.).

8.11 - Futuro della scienza, della divulgazione, dell’intervistatore…

Gli obiettivi e gli scenari futuri della scienza secondo G.C. sono inimmaginabili dal

punto di vista delle conoscenze, mentre G.P. pone l’accento sulla deontologia della ricerca.

“Tutte le previsioni anche a breve termine sono state sempre puntualmente smentite, come

gli esempi storici clamorosi, alla fine dell’Ottocento si diceva la fisica è finita, l’anno dopo

arriva Einstein e cambia tutto. Nelle scienze applicate si conoscono dei problemi, ma poi le

soluzioni... Come diceva qualcuno, prevedere il futuro è una delle forme più grandi di

stupidità” (G.C.). Lo stesso P.A. non ritiene possibile prevedere gli sviluppi futuri della

ricerca, dal momento che nei decenni scorsi tutte le previsioni circa la scienza

contemporanea sono state inattese (P.A.: Quando io ho cominciato si pensava che per

esempio per tutto quanta riguarda ora la genomica, il trasferimento di geni, terapie geniche,

mutazioni guidate, fossero cose quasi di fantascienza, in realtà nell’arco di trenta anni

queste cose sono diventate una realtà galoppante, e la stessa microelettronica negli anni

Sessanta sembrava essere più una curiosità. […] Ci sono invece dei campi in cui si puntava

molto, fuori dei quali si pensavano progressi molto rapidi, in realtà sono completamente

bloccati. Le faccio un esempio, quello della fusione nucleare. […] Quindi a volte questi

sviluppi della scienza incontrano campi difficili anche nella realizzazione pratica che

bloccano le promettenti ricerche di base. Quindi quello che succederà nei prossimi anni

non lo possiamo sapere).

Per G.P. c’è il pericolo che il tramonto della Big Science e l’aumentare dei finanziamenti

privati nella ricerca rispetto quelli pubblici possa facilitare comportamenti poco etici negli

scienziati: “io ritengo che la scienza va nella direzione in cui è sempre andata, se è

esercitata da scienziati coscienti. Può cambiare direzione se succedesse... gli scienziati

Page 144: La Scienza in Tv

137

sono come le altre persone, sono figli di mignotta pure loro. Bisognerebbe vedere quale

percentuale di ricercatori rimane legata al proprio giuramento di ricerca, come i medici a

quello di Ippocrate e quanti si vendono, o quanti, e questo è dimostrato, si inventano

papocchi totali pur di spaventare e ottenere soldi per una ricerca che non c’entra un tubo

con quella che è la loro ricerca. L’esempio classico è quello degli Stati Uniti negli anni

Ottanta con la storia delle guerre stellari che bisognava assolutamente fare il cannone o lo

scudo. Quando andavo a Berkeley e a Livermore che conoscevo tutti è venuti fuori che si

erano inventati tutto così l’esercito gli dava i soldi per fare lo studio sulle particelle.

[..]Anche in Corea per le cellule staminali era una cosa per farsi dar soldi, come la fusione

fredda, le mucillagini dell’Adriatico. Però io ritengo che siano eccezioni. Bisogna stare

attenti. Anche perché la parola scienziato ha assunto un significato negativo in alcune

frange in campo ambientale, per far capire come arriva il messaggio bisognerebbe usare un

po’ di più la parola ricercatori. Anche perché è un concetto più vicino a uno che non ne sa

niente, è uno che ricerca, è un’idea più romantica. Lo scienziato è legato alla bomba

atomica, a immaginari non scientifici, a Frankenstein. […] Bisogna anche che i ricercatori

non venissero continuamente sollecitati da interessi privati, e mollassero per guadagnare di

più. Bisogna, per cominciare, che guadagnassero di più. La privatizzazione della ricerca

implica che il ricercatore venga sollecitato a divulgare cose all’uso di chi gli da i soldi, e

via di seguito. Un rischio potrebbe essere una deviazione dalla linea che la scienza ha

seguito fino a adesso che lo scienziato per qualche soldo in più taciti la propria coscienza.”

(G.P.). Per quanto riguarda la divulgazione “secondo me va fatta nella televisione

generalista. La divulgazione dovrebbe essere l’esca che permettere di attirare verso la

scienza la gente che non glie ne può fregare di meno. Nei canali tematici puoi fare quello

che vuoi. […] Quello che interessa a me, che sono della generazione che cercava di tirare

su le masse, è quello di dargli la possibilità di incuriosirli, e di mandarli sui metodi

tradizionali, libri riviste scientifiche, se hanno voglia di andarsele a vedere, o su Internet.

Secondo me deve andare sulla generalista, e deve dare queste cose. Il dramma è che si

continua a dividere la ricerca scientifica, a tenerla separata dalla realtà economica e

sociale, generale del paese, perché è una cosa come le altre, altrimenti è la torre d’avorio.

La gente non capisce perché, allora finanzia solo le staminali ad esempio” (G.P.). Il terreno

su cui la divulgazione scientifica dovrà misurarsi è dunque non tanto la soddisfazione

della curiosità di una parte specifica del pubblico, una nicchia altamente motivata,

possibile attraverso la moltiplicazione dell’offerta avvenuta con l’avvento della televisione

Page 145: La Scienza in Tv

138

digitale, ma continuare a stimolare la curiosità del pubblico più ampio possibile per

costruire e diffondere lo spirito critico insito nel rispetto del metodo scientifico. Secondo

P.A. il futuro della divulgazione dipende dalle capacità e sensibilità dei giornalisti,

indipendentemente dall’uso di nuovi linguaggi: “ci saranno altri sistemi, ma dietro ci sarà

sempre l’uomo, l’individui con la sua capacità di immedesimarsi negli altri, di mettersi nei

panni del prossimo e creargli dei discorsi, dei libri, della televisione, su misura. Spesso in

passato ma ancora oggi c’è gente che scrive non tenendo conto delle misure del suo

interlocutore, per cui si rischia o di avere delle scarpe troppo strette che fanno male ai piedi

o troppo larghe che non si riescono neanche a infilare” (P.A.).

La risposta alla provocazione (interessata) dell’intervistatore circa la differenza di

prospettive di carriera nella comunicazione scientifica di un laureato in Scienze della

Comunicazione e di un laureato in Astrofisica è (tristemente) unanime. Lo scarto

principale nella preferenza di una facoltà scientifica consiste soprattutto nel metodo

scientifico. È possibile affermare che è preferibile una laurea in Astrofisica “non per le

conoscenze che si sanno ma per capire il modo di procedere della scienza, il modo di

pensare di chi fa scienza. Chi non ha avuto una formazione scientifica rimane sempre un

po’ al di fuori. Il capirsi umanamente è fondamentale in questo lavoro” (G.C.).

All’angoscia dell’intervistatore si aggiunge quella di G.P.: “È una cosa che mi ha

angosciato per anni. […] Quando sono venuti fuori tutti questi ragazzi di Scienze della

Comunicazione è stato un disastro. Dov’è il mercato? Adesso i presidi si incazzano... Ma

sapete quanti siete? Ci vuole una specializzazione ferrea” (G.P.). Dello stesso avviso G.C.,

che intravede nella specializzazione lo spiraglio per occuparsi di divulgazione provenendo

da studi non scientifici: “ci sono persone come Piero Angela che vengono da altri settori,

ma è necessario fare un grande lavoro negli anni” (G.C.).

P.A. distingue tra le competenze che possono derivare dai diversi corsi di sudio: “cienze

naturali per chi vuole fare il divulgatore a tutto campo, dà un po’ l’idea generale della

scienza. Però molti si specializzano, allora in fisica piuttosto che in biologia, piuttosto che

in medicina, quindi ci sono delle specializzazioni. Il fatto della scienza delle

comunicazioni permette di migliorare le tecniche della comunicazione, del linguaggio. […]

Il problema è quello di saper raccontare, saper scrivere, saper spiegare. Però comunque il

saper spiegare è solo una parte, per saper spiegare bisogna come prima cosa capire, e chi

ha una laurea in una materia scientifica ha certamente più attrezzi per riuscire a capire

quello che si sta facendo nel mondo della ricerca”.

Page 146: La Scienza in Tv

139

Dunque l’importanza del rigore scientifico per comprendere sia le conoscenze che il

modus operandi dei ricercatori deve integrarsi alle capacità esplicative: “Un astrofisico se

ha la capacità di comunicare ha il metodo scientifico. Quando io ho cominciato sono stato

fortunato, ho mandato una lettera alla Rai dicendo che ero laureato in fisica terrestre e

volevo fare trasmissioni. Gallinari mi disse: venga non la vuole fare nessuno” (G.P.).

Page 147: La Scienza in Tv

140

Conclusioni

La mediazione

I modelli della diffusione e le teorie dominanti evidenziano la funzione di mediazione

della comunicazione scientifica pubblica limitando l’attività della ricerca all’attenersi ai

fatti e alla realtà dei fatti e quella della divulgazione al ridurre il reale e ciò che viene

percepito, il fatto alla sua descrizione.1 Dato che non è prevista una retroazione tra il

destinatario della divulgazione e gli specialisti, il mondo della scienza risulterebbe come

chiuso e autosufficiente. A condividere i due tipi di sapere, esperto e laico, deve essere il

mediatore,2 che si trova nella condizione di esercitare il potere di partecipare al processo di

produzione di senso. La mancata considerazione nei modelli della diffusione di flussi

comunicativi complessi che compartecipano alle dinamiche di negoziazione della scienza

porta alla conclusione che le teorie dominanti non descrivano in modo esaustivo i

meccanismi della divulgazione scientifica in televisione. Alla luce delle interviste

qualitative a osservatori privilegiati effettuate con soggetti coinvolti nella produzione di

SuperQuark è possibile affermare che il modello della continuità3 descrive con maggiore

precisione le dinamiche che sottostanno alla produzione di rappresentazioni televisive della

scienza dal momento che prende in considerazione diverse forme di trasferimento delle

conoscenze. Le interviste effettuate, che non hanno la pretesa di essere un campione

rappresentativo della divulgazione scientifica in generale ma si limitano a descrivere

pratiche produttive circoscritte ad alcuni soggetti e a una trasmissione specifica,

sottolineano come la composizione delle fonti utilizzate favorisca da una parte il rapporto

diretto con l’esperto e dall’altra l’uso di periodici ponte classificabili nella categoria della

comunicazione interspecialistica, di fatto estromettendo dal processo produttivo le

pubblicazioni scientifiche dirette. Questi flussi comunicativi caratterizzati da diversi gradi

di formalizzazione, dunque, sono facilmente collocabili lungo il continuum del modello

della continuità e nelle deviazioni comunicative delle traiettorie di routine del modello del

salvagente proposto nel paragrafo 2.2.5, anche se è interessante notare come la percezione

degli attori intervistati riguardo il ruolo della divulgazione scientifica sia da un lato

aderente ai modelli della diffusione, mediazione tra saperi diversi attraverso la traduzione

1 Schiele B., “Vulgarisation et télévision”, Social Science Information, n. 25, 1986, p. 203 2 Guizzardi G., La negoziazione della scienza nello spazio pubblico, pp. 14-15 3 Cfr. paragrafo 2.2.5

Page 148: La Scienza in Tv

141

da linguaggi specialistici a linguaggio comune, dall’altro ponga l’accento sulla sua

dimensione sociale: la costruzione di spirito critico nel fruitore non solo attraverso la

diffusione di conoscenze, ma attraverso il rispetto del metodo scientifico. È dunque

necessario non trascurare la dimensione sociale della divulgazione dal momento che è

evidente che le dinamiche di riformulazione delle conoscenze in linguaggio televisivo

siano solo una parte delle sue funzioni e potenzialità.

A tal proposito è opportuno evidenziare la coerenza tra i punti di vista dei soggetti

ascoltati nelle interviste e lo schema di Braga incentrato sulla responsabilizzazione

riportato nel paragrafo 1.2. È possibile affermare che l’alto grado di responsabilizzazione

della trasmissione secondo questo schema e l’uso di forme espressive volte a non creare

tensione ed eccessiva preoccupazione nel pubblico, sono caratteristiche evidenziate dalle

argomentazioni dei soggetti intervistati e rappresentano una formula efficace per la

divulgazione.4

L’unicità dei mediatori

La volontà di responsabilizzare il pubblico che anima o dovrebbe animare gli attori della

divulgazione scientifica è una peculiarità che contraddistingue pochi generi televisivi della

televisione attuale. Emerge pertanto una percezione di unicità negli attori della

divulgazione scientifica, vista da alcuni come “una posizione di arroccamento in una

riserva continuamente minacciata”.5 Una spiegazione circa questa percezione di unicità

della divulgazione scientifica può risiedere nella chiusura, almeno in Italia, del mondo

della scienza, anche se col tramonto della Big Science sono sempre più frequenti le

deviazioni delle traiettorie di routine della comunicazione scientifica finalizzate ad

acquisire visibilità. Questa unicità è espressa nelle funzioni di verifica della fonti, di

richiesta continua dei pareri degli esperti e della comprensione degli argomenti controversi.

4 Si porta come esempio il racconto della nascita di un servizio di Giovanni Carrada, autore, in cui è evidente la volontà di responsabilizzare il pubblico su un argomento ritenuto importante e l’attenzione nel non diffondere un sentimento di tensione: “sto facendo un’inchiesta sulle infezioni gravi ospedaliere, che fanno più vittime degli incidenti stradali e domestici messi insieme, e mi è venuta in mente l’idea di farla attraverso la storia di un paziente che entra in ospedale con un problema perfettamente guaribile ed incappa in un problema di infezione grave, che causa una corsa contro il tempo. È una cosa che scopro quando vado là, quando l’esperto mi dice che è tutto una questione di rapidità della diagnosi e di un’analisi batteriologica tempestiva dato che servono tre giorni, e lo racconto come una corsa contro il tempo. Entrato dentro l’argomento, trovo un spunto che può funzionare. Lì con due fini: com’è andata a finire oggi? Bene... non si può far morire il paziente, e come andrà domani, con una serie di strumenti diagnostici che invece di due giorni ci mettono un’ora.” 5 Braga P., La divulgazione scientifica in televisione, p. 190

Page 149: La Scienza in Tv

142

Queste funzioni così importanti nei processi di negoziazione dei concetti scientifici

comunque devono essere esercitate dalle trasmissioni sempre attraverso la proposta di un

patto comunicativo basato sulla compresenza di elementi cognitivi e percettivi,6 ovvero dei

patti dell’apprendimento e dello spettacolo. La divulgazione scientifica ha bisogno di

stabilire un patto di veridizione che leghi lo spettatore al mezzo che oltre a essere percepito

come credibile deve rispondere alle promesse di intrattenimento diffuse in tutto il flusso

televisivo.7 Inoltre si tende a sottolineare l’elemento cognitivo della comunicazione anche

nei casi in cui sembra emergere l’elemento percettivo, come nei documentari. Il rapporto di

fiducia, dunque, è basato sull’attendibilità e sul modo di presentazione delle conoscenze

all’interno del patto di apprendimento, ed è possibile osservare uno spostamento

dell’autorevolezza necessaria per parlare di scienza in tv. Da una fiducia istituzionale,

relativa al mezzo e al suo rapporto con la realtà e con il fruitore, si passa a una fiducia

personalizzata costruita intorno alla figura del conduttore. Emerge chiaramente anche dalle

interviste effettuate che il volto del conduttore abbia la funzione di asseverare le

informazioni che veicola, costruendo una credibilità personalizzata indipendente8

dall’emittente: la divulgazione ha bisogno di un surplus di autorevolezza rispetto al patto

di veridizione ordinario della televisione generalista. Dunque la contemporaneità dei

processi di polarizzazione verso il piano dell’intrattenimento della triade reithiana anche

nei programmi di divulgazione scientifica e dei processi attraverso i quali le trasmissioni

omnibus e quelle enciclopedico-divulgative della paleotelevisione hanno abbandonato il

commento dell’immagine in favore di uno stile conversazionale imperniato sulla figura del

conduttore, elemento di personalizzazione, ha spostato gli equilibri della credibilità

televisiva. All’interno della formula dell’‘educare intrattenendo’, o viceversa, si assiste a

una contrazione dei tempi con un relativo aumento del ritmo espositivo, e alla

focalizzazione solo su alcune aree del sapere, al trasferimento di un rapporto fiduciario

istituzionale sul piano della personalità.9

6 Ghislotti S., Di Chio F, Questioni di tempo, questioni di fiducia, in Casetti F., Di Chio F., Tra me e te. Strategie di coinvolgimento dello spettatore nei programmi della neotelevisione, VPT/ERI, Roma 1988, pp. 134-141 7 Ibidem, pp. 136-141 8 Monica Giorgi Rossi, produttrice di SuperQuark, a tal proposito: “lo spettatore medio è ancora convinto che l’ha detto la televisione, [...] ma se l’ha detto Piero Angela è veramente il verbo” 9 Ortoleva P., Di Marco M.T., Luci del teleschermo. Televisione e cultura in Italia, Mondadori-Electa, Milano 2004, pp. 214-215

Page 150: La Scienza in Tv

143

Unicità del pubblico

La disgiunzione tra sapere esperto e sapere laico non può essere ridotta a un mero

dislivello informativo tra specialisti e grande pubblico. La conoscenza fattuale è solo un

aspetto del sapere laico, entro il quale operano diversi fattori come giudizi di valore e il

grado di fiducia nei confronti delle istituzioni scientifiche che rendono nel complesso il

sapere laico articolato almeno quanto quello specialistico. È interessante osservare come i

soggetti coinvolti nella produzione di rappresentazioni televisive della scienza che sono

stati intervistati ritengano il proprio pubblico unico, estremamente motivato a fruire di

divulgazione scientifica, omogeneo negli anni. Questa dimensione è simmetrica alla

percezione di unicità da parte della divulgazione, che si estende dunque nella definizione

dell‘obiettivo della comunicazione. I linguaggi televisivi sono strettamente collegati alla

configurazione dello spettatore ideale, dal momento che le scelte stilistiche e di contenuto

sono incentrate, nel caso analizzato, a soddisfare i doveri del servizio pubblico. A tal

proposito è interessante notare la compresenza di anime diverse nella divulgazione: da una

parte la vocazione pedagogica, il trasferimento di principi scientifici semplificati

confezionati in formato omnibus, dall’altra la volontà, a volte soffocata, di collegare la

rappresentazione della scienza con la partecipazione sociale, di costruire

contemporaneamente uno spirito critico e civico attraverso il metodo scientifico.10 La

percezione del pubblico da parte degli attori intervistati evidenzia che la modalità di

fruizione più diffusa sia simile alla lettura pedagogica (beneficiary reading) proposta da

Suzanne de Cheveigné secondo la quale il fruitore percepisce il mezzo televisivo come una

fonte autorevole di conoscenza, preferisce la presenza di un conduttore e cerca di integrare

le informazioni ricevute con le sue conoscenze di sfondo.

10 Giangi Poli espone con queste parole due diverse forme di fare divulgazione: “La prima è volteriana, illuminista, neopositivista dei primi decenni del secolo scorso, cioè la scienza che viene insegnata al volgo. […] L’altra […] consiste ad esempio nel parlare dell’inquinamento che fa crepare i pesci. Ma il discorso mio è che fa crepare anche gli operai che stanno in fabbrica, poi è uscito fuori ed è arrivato negli ambienti borghesi ed è venuta fuori l’ecologia, perché prima non glie ne fregava niente a nessuno. Non era un discorso inquinamento e posti di lavoro ma inquinamento e maggior profitto. Collegare il discorso scientifico a quello sociale”

Page 151: La Scienza in Tv

144

La notizia scientifica

La newsworthness, la notiziabilità di un evento, è frutto di una concezione per la quale

“determinati eventi vengono riconosciuti degni di fare notizia solo qualora si conformino a

determinati criteri di selezione”, i valori notizia, “piuttosto che da un riferimento al ‘mondo

reale’ degli eventi”.11 La divulgazione scientifica in televisione è comunque un genere

dotato di caratteristiche specifiche che lo differenziano da altri contenitori della notizia

scientifica. Le finalità comunicative a volte più pedagogiche che informative, i tempi di

produzione anche molto lunghi che sconvolgono i concetti di attualità e tempestività della

notizia, la difficoltà nel rappresentare in linguaggio iconico teorie e conoscenze

influenzano non poco i criteri di selezione e produzione della divulgazione scientifica.

I valori notizia più consolidati,12 che comunque sono mutevoli nel tempo e generali,

vengono solitamente accostati ad alcuni più televisivi come il coinvolgimento sia emotivo

che narrativo, ritmo e storia. D’altronde le potenzialità di intrattenimento e la possibilità di

trasformare la notizia in storia sono criteri di selezione riconosciuti della notizia

scientifica.13 Gli argomenti che possono essere formulati attraverso il linguaggio iconico

devono rispondere a criteri di attualità particolari: i tempi di produzione da una parte e

l’integrazione e il consolidamento delle notizie scientifiche propriamente dette nel contesto

della ricerca dall’altra ne fanno dilatare i tempi. La singola notizia è raramente

rappresentabile in maniera efficace, mentre la maturazione di un settore attraverso diverse

scoperte in un filone di ricerca può diventare un argomento televisivo, specialmente se

questo rientra in temi facilmente formulabili come i temi dal contenuto forte o i temi del

momento.14 La disponibilità del materiale acquistato o a disposizione nelle libraries è un

criterio relativo al mezzo in sé ma è anche guidato da previsioni sul ciclo di vita di un

argomento.15

11 Mc Quail D., Le comunicazioni di massa, il Mulino, Bologna 1993, p. 227 12 Ad esempio novità, vicinanza, human interest, etc. 13 Papuzzi A., Professione giornalista, Donzelli, Roma 2003, p. 207 14 Fava T., Scienza e media: le notizie scientifiche nei notiziari di Rai e Mediaset, in Guizzardi G. (a cura di) La scienza negoziata, scienze biomediche nello spazio pubblico, il Mulino, Bologna 2002, pp. 85-89 15 “Ricordo quando c’è stato il terremoto in Giappone. Poco prima avevamo comprato un documentario sulle esercitazioni antisismiche, perché un terremoto ci sta sempre bene. Prima o poi un terremoto arriva. Abbiamo ricevuto i complimenti della rete per essere stati sul pezzo” (Laura Falavolti, curatrice). Una regola d’oro: “per tutti i fenomeni naturali è consigliabile tenersi dei coccodrilli nel cassetto... ” (Monica Giorgi Rossi, produttrice)

Page 152: La Scienza in Tv

145

Le fonti

Le fonti scientifiche rappresentano insieme alla documentazione dell’immagine un tipo

di rapporto con la realtà. Se i documentari sono una formulazione della realtà in linguaggio

visivo le fonti scientifiche rappresentano il materiale utilizzato per la costruzione testuale

che spesso influenza in maniera determinante la scelta e la produzione delle immagini.

Figura 10 – Il modello della continuità e le fonti scientifiche della divulgazione

È interessante sottolineare che, nonostante la divulgazione venga percepita tra l’altro

come una attività di traduzione del linguaggio specialistico utilizzato nella produzione di

conoscenza scientifica, non sembra usuale un utilizzo diretto delle produzioni scientifiche,

degli articoli dei journals specializzati.

Le fonti privilegiate dai giornalisti scientifici sembrano essere il colloquio diretto con gli

esperti e i periodici ponte, le riviste come Nature e Le Scienze che nel modello della

continuità costituiscono strumenti di comunicazione interspecialistica. Dunque si può

provare a sovrapporre le osservazioni dell’intervista qualitativa a osservatori privilegiati

che è stata svolta con i flussi descritti dal modello della continuità, e si osserva come la

traiettoria di routine descritta da produttori di rappresentazioni televisive della scienza di

SuperQuark parta da un contatto diretto con l’expertise, passi attraverso le pubblicazioni

intermedie, i cosiddetti bridge journals, integri le conoscenze e le suggestioni narrative

dell’autore e si trasformi in linguaggio televisivo.

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Se si volesse sottolineare la raccolta delle fonti sarebbe opportuno schematizzare questi

flussi prendendo in considerazione non solo le traiettorie di routine ma anche le deviazioni,

dal momento che la rappresentazione televisiva costruita intorno al rapporto diretto con

l’esperto è il frutto di un’apertura della scienza che può essere già considerata

divulgazione. Si evidenziano, dunque, le deviazioni comunicative privilegiate dai soggetti

intervistati all’interno del modello del salvagente (bucato) proposto nel capitolo 2.

Figura 11 – Salvagente (bucato) e fonti scientifiche della divulgazione

Alla luce di queste osservazioni è interessante avanzare alcune considerazioni sul ruolo

dell’esperto nella divulgazione scientifica in televisione. Dalla letteratura analizzata in

questa sede emerge l’idea di un’evoluzione dei linguaggi televisivi verso la

personalizzazione delle informazioni, e più precisamente un potenziamento della figura del

conduttore che, entità anfibia, oltre a incarnare i valori di rete e di testata, condivide

qualcosa con il pubblico. Questo emerge chiaramente nella divulgazione scientifica nella

sua funzione di mediatore tra mondi e linguaggi altrimenti inaccessibili al grande pubblico,

dove la figura del conduttore in fatto di credibilità ed autorevolezza sembra aver raggiunto

quella dell’esperto; queste due tipologie di soggetti, infatti, spesso interagiscono in modo

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simmetrico.16 Relativamente a SuperQuark è interessante notare come l’accrescere della

forza del conduttore abbia diminuito le occasioni di asseverazione delle conoscenze da

parte dell’esperto durante l’interazione col pubblico, mentre rimane cruciale il suo ruolo e

la forza del suo status durante la produzione dei testi, per la verifica delle fonti e della

genuinità delle informazioni che vengono formulate in linguaggio televisivo. Un ulteriore

compito della divulgazione dovrebbe essere dunque quello del controllo di una pluralità di

fonti, in modo che la comunicazione scientifica non possa correre i rischi descritti da

Hilgartner relativi a un uso scorretto da parte degli scienziati delle etichette

‘semplificazione accurata’ e ‘distorsione’17 dal momento che ciò dovrebbe essere

considerato un inquinamento della genuine science ma qualcosa di simile a una

controversia scientifica, tra l’altro interessante da rappresentare televisivamente.

È opportuno sottolineare che l’esperto a cui ci si riferisce ha le caratteristiche che

Semprini riconosce nello studioso, figura dalle competenze eminentemente intellettuali,

che instaura rapporti di asimmetria col pubblico basati sulla possibilità di legittimare gli

enunciati.18

Secondo Guizzardi la posizione cruciale nei processi di negoziazione è occupata dalla

figura dell’esperto, figura astratta in cui è accumulato il potere di definizione della

situazione in virtù del consenso istituzionale del mondo della ricerca dal quale l’esperto è

legittimato. Accanto a questa forma di definizione del “vero” la funzione della

divulgazione e del giornalismo scientifico risiede nella definizione del “nuovo” e

dell’”utile”, in base sia ai criteri di notiziabilità che quelli di formulabilità televisiva. In

alcune situazioni particolari verità, novità, e utilità della comunicazione scientifica

televisiva rientrano nella categoria del ‘giusto’, ad esempio per quanto riguarda la

comunicazione del rischio o le politiche ambientaliste.19 È interessante notare come nel

caso analizzato l’esperto tenda a mantenere il potere di definizione del vero, non inteso

come atto di fede ma come conoscenza prodotta nel rispetto del metodo scientifico, mentre

utilità e novità siano criteri usati spesso dai mediatori per selezionare gli argomenti,

processo che avviene prima della ricerca delle fonti e quindi dell’apporto dell’esperto. In

ogni caso è utile ricordare che anche la scienza non rinuncia a forme di narrativizzazione,

le quali non sono dovute solo all’utilizzo del mezzo televisivo ma anche alla dialettica

16 Ungaro P., Gli attori della divulgazione, pp. 112-123 17 Hilgartner S., The dominant view of popularisation 18 Semprini A., Analizzare la comunicazione. Come analizzare la pubblicità, le immagini, i media, pp. 264-

268 19 Guizzardi G, La negoziazione della scienza nello spazio pubblico, pp. 43-45

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all’interno del discorso scientifico tra conoscenza mitica e mimetica, e che la composizione

di rapporti diretti con l’expertise e di pubblicazioni interspecialistiche osservata in questo

studio offre la garanzia oltre che del rispetto del metodo scientifico, che non si può

riscontrare ad esempio in alcune forme di deviazione dalle traiettorie consuete della

comunicazione scientifica, anche la certezza di diffondere conoscenze condivise dalla

comunità della scienza.

Linguaggi e rappresentabilità

Riguardo le interviste raccolte, la varietà dei punti di vista sui linguaggi televisivi

utilizzati e utilizzabili dalla divulgazione scientifica è certamente indicativa della capacità

di rappresentazione del mezzo televisivo. Tra gli elementi che si trovano a monte di queste

problematiche è possibile notare la grande attenzione alla parte verbale del discorso

televisivo, la funzione esplicativa delle immagini e il rispetto del mandato di servizio

pubblico da parte dei soggetti intervistati coinvolti nella produzione di SuperQuark. Questi

presupposti favoriscono una formulazione dei contenuti che secondo alcuni capovolge il

primato dell’immagine, della documentazione della realtà.20 Si tende spesso ad avere un

rapporto indiretto con la realtà che viene usata per ‘illustrare’ le conoscenze che prendono

forma narrativa, mentre viene meno la funzione epistemologica della documentazione della

realtà come apporto di conoscenze. Le immagini dunque spesso vengono concepite come

didascalie del testo, in una sorta di capovolgimento delle funzioni.

Questa doppia natura della divulgazione deriva dalla necessità di instaurare un patto

comunicativo col fruitore che includa sia caratteristiche del patto dell’apprendimento che

dello spettacolo. La commistione di elementi cognitivi e percettivi non è uniforme sia per

quanto riguarda le trasmissioni, dove intervengono scelte redazionali relative al

posizionamento dei programmi in relazione all’audience e alla personalità di rete, che per

quanto riguarda i singoli testi televisivi dal momento che gli argomenti trattati dalla

divulgazione scientifica godono di gradi di rappresentabilità diversi.

20 “La tendenza che corre adesso è quella di fare l’articolo illustrato ed è la novità assoluta. È una grande differenza nel linguaggio televisivo. Prima per fare un’inchiesta si andava in giro con una scalettina e poi alla fine montavi le immagini, e quando erano sufficienti non scrivevi una cazzo di parola, lasciavi là una musichetta o stavi anche zitto, adesso si scrivono i testi prima, poi si mandano in giro quei disgraziati che ha visto qui sotto [si riferisce alla redazione di SuperQuark, N.d.I.] a illustrare i testi degli autori, che non vuol dire niente, cambia il ritmo, il montaggio cambia tutto” (Giangi Poli, redattore scientifico)

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Una considerazione che si ritiene opportuna in chiusura di questo lavoro è che l’uso di

linguaggi televisivi che hanno grande diffusione nella sfera dell’intrattenimento può

dimostrarsi estremamente efficace anche nella diffusione della scienza e nella

comunicazione scientifica, come osservato nel paragrafo 7.6. Ci sono linguaggi che in

determinati generi tendono a ridimensionare il ruolo del conduttore nelle trasmissioni della

televisione generalista, come si avverte dal progressivo indebolimento dei reality show in

favore delle docusoap. La tendenza alla personalizzazione dei programmi in favore della

figura del conduttore in gran parte dei testi televisivi, e in maniera evidente nella

divulgazione scientifica dove la funzione di asseverazione delle conoscenze è

progressivamente passata dall’esperto al conduttore, dunque non è inarrestabile. Ciò che

preme sottolineare in questa sede è che si ritiene dannoso non sperimentare linguaggi

diversi nella comunicazione pubblica della scienza, anche alla luce della tendenza alla

convergenza dei diversi media, ormai non più uno scenario lontano. Alcuni linguaggi

risultano logorati nella sfera dell’entertainment, erosi nella loro forza epistemologica

attraverso la costruzione di una realtà in vitro, ma possono essere estremamente efficaci

nella comunicazione scientifica sia per quanto riguarda la produzione di testi televisivi che

la promozione di forme di interazione diretta tra fruitore ed emittente. Ci si riferisce per

tanto all’uso dell’immagine come fonte principale di documentazione e all’uso di una

pluralità di media per stabilire flussi di comunicazione complessi col fruitore. È utile

sottolineare nuovamente che l’interazione è uno degli obiettivi della divulgazione,

finalizzata tra l’altro a indirizzare il fruitore verso l’approfondimento delle conoscenze

formulate in linguaggio televisivo.

Il limite più evidente della divulgazione scientifica in tv è quello di rappresentare la

scienza come prodotto, invece come processo. La prima concezione, l’unica diffusa dal

broadcasting, è legata indissolubilmente a un uso didascalico delle conoscenze e delle

immagini, esplicative le prime, illustrative le seconde. Rappresentare la scienza come

processo permetterebbe invece l’utilizzo di linguaggi sperimentali legati alla

documentazione della realtà e all’interazione del fruitore col testo, e inoltre di rendere un

servizio efficace alla scienza sottolineando l’importanza del metodo scientifico, la

descrizione delle discontinuità e delle differenze, l’ingresso del fruitore nei centri di ricerca

della comunità scientifica cancellando la sensazione che questa si trovi in una torre

d’avorio. Sarebbe opportuno superare il concetto di traduzione delle conoscenze in favore

di quello di comprensione dei processi che sottostanno alla ricerca.

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Appendici – Trascrizione delle interviste Trascrizione dell’intervista a Giovanni Carrada, autore. Cos’è la scienza. G.C.: Produzione organizzata di conoscenze controllate. Cos’è la divulgazione. G.C.: La divulgazione è il racconto delle conoscenze che si producono nel mondo della scienza per chi è fuori da questo processo con i linguaggi, i limiti e i vincoli... Rappresentazione della scienza. G.C.: È una rappresentazione molto parziale, perché la televisione è un mezzo che seleziona gli argomenti molto più di qualsiasi altro. In televisione si parla della scienza più semplice, perché le esigenze del pubblico televisivo sono le più basiche, ma anche perché è un mezzo che ti costringe a usare immagini in movimento, tende a escludere intere branche della scienza che non sono rappresentabili: la matematica, la chimica, la genetica, la biologia molecolare. Di fatto taglia fuori gran parte della scienza contemporanea. Ideologie della televisione. G.C.: La difficoltà nasce non dalla narrazione, ma dalla rappresentazione di alcune scienze. Cosa faccio vedere? Faccio la radio? Spettatore modello o omnibus. G.C.: In televisione si è obbligati a parlare a tutti, al pubblico più ampio, proprio per un vincolo economico che ha la televisione, la sopravvivenza delle trasmissioni dipende dall’audience, bisogna fare la divulgazione più ampia possibile. Ci si rivolge a un quattordicenne curioso, con quel linguaggio si arriva a qualsiasi adulto. In questo la scienza è veramente diversa da altri settori. Ci sono tanti livelli di competenza, a partire dal giornalista scientifico che si trova in una situazione particolare: ci sono tanti argomenti che cambiano velocemente e siamo tutti degli ignoranti, specialmente sugli argomenti che hanno pochi specialisti in Italia e nel mondo. Cos’è la televisione G.C.: La televisione è un racconto per immagini, anche se la nostra trasmissione si basa molto sui testi, e analisi sul pubblico che abbiamo fatto fare evidenziano che il nostro pubblico e il pubblico di trasmissioni analoghe si comportano maniera diversa, dando molta importanza alla parte testuale. Il pubblico. G.C.: Ogni comunicazione è una conversazione immaginaria con qualcuno, io devo avere un modello mentale del mio interlocutore. A volte riceviamo lettere ecc., ma il giornalista ha una propria rappresentazione del proprio pubblico. Una parte importante del bagaglio professionale di un giornalista è conoscere il proprio pubblico, e questa è una delle maggiori qualità di Piero Angela, che lo conosce come le sue tasche, prevedendo comprensione e reazioni in maniera sofisticata. Selezione degli argomenti. G.C.: Dipende dalle immagini, anche se non devono seguire pedissequamente ciò che viene detto. La divulgazione adopera molti linguaggi che servono a risolvere il problema della rappresentabilità: si usano metafore, disegni, metafore visive, ci si arrampica sugli specchi. La scienza non è solo una collezione di fatti, ma anche di concetti ed idee, che sono le cose che la televisione è meno adatta a rappresentare. Si va molto sull’esempio e sull’uso astratto e metaforico dell’immagine. In che modo la scienza diventa racconto G.C.: Parto con un’ipotesi di lavoro, che poi sono disposto a smontare. Poi faccio un’immersione nell’argomento, vado sempre a parlare con un esperto, e metto insieme una serie di fatti interessanti. Di solito mentre parlo con gli esperti, di quelle cento cose che mi dicono mi vengono in mente quelle venti o trenta che messe in fila formano un racconto, ed ogni servizio in questo è diverso. È una cosa che nasce dalla ricerca, da un accumulo di fatti e suggestioni e dalla scelta del modo per raccontarli. Sto facendo un’inchiesta sulle infezioni gravi ospedaliere, che fanno più vittime degli incidenti stradali e domestici messi insieme, e mi è venuta in mente l’idea di farla attraverso la storia di un paziente che entra in ospedale con un problema perfettamente guaribile ed incappa in un problema di infezione grave, che causa una corsa contro il tempo. È

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una cosa che scopro quando vado là, quando l’esperto mi dice che è tutto una questione di rapidità della diagnosi e di un’analisi batteriologica tempestiva dato che servono tre giorni, e lo racconto come una corsa contro il tempo. Entrato dentro l’argomento, trovo un spunto che può funzionare. Lì con due fini: com’è andata a finire oggi? Bene... non si può far morire il paziente, e come andrà domani, con una serie di strumenti diagnostici che invece di due giorni ci mettono un’ora. Selezione delle fonti e proporzione tra fonti diverse G.C.: Raramente si va al lavoro scientifico originale perché molto spesso è incomprensibile. Capita con i temi che sono più vicini a quello che ho studiato, ma quasi sempre sono incomprensibili e invalutabili. Raramente un singolo lavoro scientifico da un’idea dell’argomento, essendo molto settoriale. Parlare con l’esperto ha il vantaggio che conosce tutto il contesto. Tanti campi hanno la loro letteratura intermedia: l’alta divulgazione, le review, gli articoli de Le scienze che offrono un livello intermedio, è il tipo di materiale che mi faccio mandare insieme anche siti web molto ben fatti che mi permettono una prima sgrossatura. Quasi mai il giornaletto, la rivista divulgativa, sempre cose come Nature... Il patto comunicativo della scienza in televisione G.C.: Dipende dalla trasmissione, e cambia moltissimo. SuperQuark ha una grandissima credibilità, anche alla luce delle ricerche che abbiamo fatto. Quando ci fu l’entrata in vigore dell’euro, Ciampi chiese che se ne parlasse in televisione, ed è stata fatta un’analisi su chi il pubblico voleva che se ne occupasse. Piero Angela risultò come il più credibile. È una cosa costruita nel tempo attraverso l’onestà nel lavoro. La fiducia è spiegata da fatto che Quark non dà mai fregature, perché c’è un continuo controllo. Dopo che ho fatto un servizio lo faccio rileggere all’esperto, chiedo l’opinione di un altro esperto. Poi c’è una piccola rete di ricercatori in vari campi con un rapporto di conoscenza, ci propongono delle cose e poi andiamo a vedere che non è così, come una notizia gonfiata. Per un giornalista scientifico la credibilità è una delle caratteristiche essenziali. Un cronista politico può dire una cosa e il giorno dopo il suo contrario e nessuno può dirgli niente, su questo mestiere la reputazione conta. Proporzione e disposizione degli argomenti G.C.: In genere diamo una sufficiente varietà: il pubblico sa che dopo una cosa che magari non gli interessa ce n’è un’altra. Ci vuole un equilibrio tra archeologia, cose più scientifiche, cose più seriose come scienza e società, certe cose vanno messe in una percentuale piccola. Ad esempio io ho curato una rubrica sulla sessualità che veniva messa alla fine, non per i bambini, ma perché uno alla fine diceva: “ah, c’è il sesso!”, e su questo viene studiato in maniera spasmodica l’andamento degli ascolti, e diventa un’arte raffinata. Dalla parte della scienza o del pubblico. G.C.: Non si possono fare compromessi, non si posso addomesticare i contenuti per far piacere a qualcuno, né compromessi sul linguaggio, altrimenti non si viene capiti. Se per essere accurato e preciso devo perdermi per strada chi mi ascolta... A volte mi accorgo che di un argomento non se ne può parlare perché semplificandolo lo si fa a pezzi, allora lasciamo stare. Però se la semplificazione non diventa una mistificazione si semplifica. Di solito si sceglie una sola cosa, seuendo un solo filo, ma anche lì non si possono fare compromenssi. Essere dalla parte della scienza, prendersi la briga di dire cose che vanno contro opinioni molto diffuse è un tratto molto nostro, altri non lo fanno. Siamo l’unica trasmissione che parla ogni tanto di biotecnologie, raccontando la posizione della scienza: ci sono dei potenziali rischi, ma controllabili e sono gli stessi delle tecniche di agronomica tradizionali che funzionano da decenni. Anche su temi come l’omeopatia prendiamo delle posizioni impopolari, non lisciamo il pubblico, per questo siamo dalla parte della scienza, oltre al rispetto necessario dei contenuti. Ad esempio nella puntata su Chernobyl, mentre quella cosa sugli Ogm è una stronzata, come sull’elettrosmog, lì ci sono delle scelte da fare, e ci si sforza di raccontare tutta la verità, raccontare pregi e difetti di tutte le varie opzioni, perchè si può anche peccare di omissione. Si fa presto a parlare male di una fonte di energia, prendere una decisione perché l’energia ci serve è un’altra cosa. L’attualità come criterio di selezione degli argomenti G.C.: Nel giornalismo la notizia è una cosa nuova, il problema sono i tempi di produzione. Quando andavamo in onda parallelamente alla produzione aprivamo sempre con temi di strettissima attualità, adesso passano dei mesi, può succedere di tutto. Anche nelle riviste scientifiche, la maggior parte delle cose non sono di attualità, perché la notizia propriamente detta in campo scientifico raramente è interessante, sono una serie di notizie, di scoperte che insieme fanno maturare un settore. La grande svolta avviene in un certo arco di tempo attraverso diversi studi.

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Programma migliore e programma peggiore G.C.: No, non si può... anche perché ne guardo pochissima di televisione. Obiettivi futuri della scienza G.C.: Tutte le previsioni anche a breve termine sono state sempre puntualmente smentite, come gli esempi storici clamorosi, alla fine dell’Ottocento si diceva “la fisica è finita”, l’anno dopo arriva Einstein e cambia tutto. Nelle scienze applicate si conoscono dei problemi, ma poi le soluzioni... Come diceva qualcuno, prevedere il futuro è una delle forme più grandi di stupidità. Astrofisica o Scienze della Comunicazione G.C.: Meglio in astrofisica, non per le conoscenze che si sanno ma per capire il modo di procedere della scienza, il modo di pensare di chi fa scienza. Chi non ha avuto una formazione scientifica rimane sempre un po’ al di fuori. Il capirsi umanamente è fondamentale in questo lavoro. Detto questo ci sono persone come Piero Angela che vengono da altri settori, ma è necessario fare un grande lavoro negli anni. Trascrizione dell’intervista a Monica Giorgi Rossi, produttrice e Laura Falavolti, curatrice. Cos’è la scienza? L.F.: La ricerca delle risposte sul funzionamento del sistema universo e dell’uomo. M.G.R.: La ricerca delle risposte rispettando sempre il metodo, che siano possibili le verifiche. Cos’è la divulgazione? L.F.: Come ha insegnato Piero Angela è tradurre dall’italiano all’italiano, stando per i concetti dalla parte degli scienziati, per il linguaggio dalla parte dello spettatore. M.G.R.: Anche perché l’ha inventata lui la divulgazione, è quello che ha più successo. Si vede dalla risposta del pubblico, per il quale è il più compreso e la divulgazione è rendere certi concetti comprensibili. Il rapporto col pubblico. Feedback come risorsa. L.F: Abbiamo un grandissimo feedback, dei rapporti non puntuali, addirittura ossessivi con il pubblico. Se andiamo in onda oggi su un x soggetto dall’archeologia all’energia, domani ci arrivano tremila email, se abbiamo fatto un piccolo errore, se abbiamo fatto bene o male. È il nostro pubblico, il nostro zoccolo duro, tre milioni e mezzo di persone. M.G.R.: Il nostro pubblico è un pubblico particolare. È Più motivato, si sceglie il programma ed è molto attento. Il nostro pubblico, attraverso degli studi che abbiamo fatto, è diviso in due: una parte che segue tutte le trasmissioni di divulgazione, però poi seleziona molto. C’è uno zoccolo duro molto attento e molto grosso, che qualsiasi cosa venga prodotta da Angela, in qualsiasi fascia oraria, la segue. L.F.: I programmi scientifici meno approfonditi e meno rigorosi fanno all’inizio un ascolto più ampio, che poi si va ad assottigliare. Spettatore modello o omnibus M.G.R.: Piero Angela la fa per tutti. Ha lavorato per la prima rete, che è per tutti. Un giudizio personale: Angela ha un’idea della divulgazione quasi missionaria, se ne fa un dovere suo e il dovere primario, principale della televisione, del servizio pubblico. Deve parlare a tutti, anzi, soprattutto a chi non ha i mezzi. C.F: Io sarei a volte tentata di fare qualcosa di più, dato che abbiamo questo zoccolo duro che è cresciuto con noi, si potrebbe differenziare l’offerta, anche con un linguaggio più sofisticato o argomenti più alti. La risposta è sempre la stessa: “Non pensare ai tuoi amici, ma a chi non ha la possibilità di disporre dell’informazione”. La rappresentazione della scienza in televisione M.G.R.: Ultimamente si è allargato il ventaglio dell’offerta, è cresciuta anche la domanda, e soprattutto perché la scienza è diventata un business, ci sono i musei della scienza le riviste... Si è allargata molto anche per questo. C.F.: Per quanto riguarda le trasmissioni ce ne sono alcune, anche per quanto riguarda l’informazione, molto puntuali e curate come Tg Leonardo, con i quali abbiamo dei rapporti, ma ci sono delle trasmissioni border line, tra scienza e mistero, che veramente sono ignobili perché giocano tra la linea di confine tra la ricerca di qualcosa e il generico fumus.

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Differenze di orientamenti, discipline, paradigmi. M.G.R.: Non ci sono tante scienze. La scienza è una, che viene convalidata dal metodo scientifico e quindi condivisa dalla scienza. Laddove ci siano delle teorie controverse, dove c’è dibattito, si cerca di dar voce delle due teorie. L.F.: Le persone non possono seguire tutti i professori nei meandri dei laboratori, la divulgazione deve aspettare che le teorie siano accettate, per essere divulgate al popolo! Cos’è la televisione? L.F.: Un mezzo straordinario. M.G.R.: L’importanza del mezzo è data dalla duttilità dei veicolare qualsiasi contenuto con la diretta, la sua specificità, e con la possibilità offerta dal digitale per ognuno di fare la propria televisione diventa il mezzo di comunicazione per eccellenza. Anche Internet vive di televisione, dovrà comunque diffondere immagini televisive. Selezione degli argomenti. M.G.R.: Nasce da un dibattito attento con gli autori e da uno sguardo sul mondo. L’attualità sulla ricerca va fatta con altri mezzi. L.F.: Tiene conto della attualità e della diversità dei temi, del materiale a disposizione. Ricordo quando c’è stato il terremoto in Giappone. Poco prima avevamo comprato un documentario sulle esercitazioni antisismiche, perché un terremoto ci sta sempre bene! Prima o poi un terremoto arriva. Abbiamo ricevuto i complimenti della rete per essere stati sul pezzo. M.G.R.: Per tutti i fenomeni naturali è consigliabile tenersi dei coccodrilli nel cassetto. Le fonti: provenienza e proporzione. L.F.: I testi di finzione sono solo un supporto per il racconto, e deve essere tutto controllato. M.G.R.: Noi lavoriamo soprattutto con materiale d’acquisto e lo passiamo al vaglio di consulenti tecnici scientifici, anche per quanto riguarda la traduzione. Alcuni autori si rifanno pubblicazioni scientifiche, ma soprattutto Nature e riviste che sono già una mediazione, partire dalla pubblicazione scientifica, dall’abstract del professore avviene raramente. L’ispirazione però può venire da qualunque parte, l’importante è la verifica della fonte. Patto comunicativo L.F.: A volte si da per scontato che ciò che offre la televisione sia il peggio, invece non bisogna confondere contenuti e mezzo, che è stato sottovalutato, e questo è stato un errore degli intellettuali del nostro paese. M.G.R.: Lo spettatore medio è ancora convinto che “l’ha detto la televisione”. Il nostro compito è di essere attenti con le notizie, sicuri delle fonti, non dire sciocchezza. L.F.: Ad esempio prima di dare una notizia allarmista ci pensiamo cento volte. Perché se l’ha detto Piero Angela una notizia viene come convalidata M.G.R.: Perchè se l’ha detto la televisione, e la televisione dice tante idiozie ed è pericoloso, ma se l’ha detto Piero Angela è veramente il verbo. L.F.: Alcune persone sono venute qui pretendendo di avere una testimonianza in tribunale da parte di Piero Angela su fatti scientifici. Linguaggio verbale e immagini. M.G.R.: Qua esiste il cosiddetto cane-cane, gatto-gatto. Trascrizione dell’intervista a Giangi Poli, redattore scientifico. Cos’è la scienza G.P.: La scienza è un modo razionale e umano, cioè che non coinvolge visioni metafisiche, per conoscere il mondo dove siamo, in un modo che sia verificabile sperimentalmente da tutti e nel tempo. Il metodo serve a distinguere il fatto scientifico dall’opinione attraverso la ripetibilità degli esperimenti. Come la conoscenza, la scienza è un modo per istituzionalizzare la curiosità, bisogna essere curiosi e applicare un metodo. Cos’è la divulgazione G.P.: Non l’ho mai chiamata divulgazione, ho sempre usato l’espressione diffusione della scienza, perché del concetto di volgo non me ne può fregare di meno. Sono quaranta anni che mi occupo di giornalismo scientifico e Quark è l’ultima delle cose di cui mi sono occupato, ed è il modo per dare i mezzi a chi non li ha, gli elementi per non farsi fregare. Strumenti per sviluppare lo spirito critico che viene fuori applicando il

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metodo scientifico, altrimenti ci si fa fregare dal primo che passa. La diffusione della scienza è diversa dall’erudizione scientifica, alla quale dovrebbe pensare la scuola. La diffusione della scienza non deve far vedere un vulcano, ma deve spiegare perché fa certe cose, perché provoca frane e la gente muore. Sono due le linee di pensiero, e sono sempre esistite. Una è quella alla Piero Angela ed ha molti vantaggi, ti dice come sono le cose. L’altra è quella della scienza e società, di non collocare gli scienziati un po’ fuori, come fa Piero con il quale lavoro da venticinque anni, ma considerare la scienza come una delle tante attività, come pittura e scultura, e deve essere collegata a ciò che succede nella società, l’economia, la morale. La prima è volteriana, illuminista, neopositivista dei primi decenni del secolo scorso, cioè la scienza che viene insegnata al volgo, quindi il termine divulgazione. L’altra, la linea che ho usato nelle mie inchieste prima di approdare a Quark già dal Settanta consiste ad esempio nel parlare dell’inquinamento che fa crepare i pesci. Ma il discorso mio è che fa crepare anche gli operai che stanno in fabbrica, poi è uscito fuori ed è arrivato negli ambienti borghesi ed è venuta fuori l’ecologia, perché prima non glie ne fregava niente a nessuno. Non era un discorso inquinamento e posti di lavoro ma inquinamento e maggior profitto. Collegare il discorso scientifico a quello sociale. Cos’è la televisione G.P.: La televisione avrebbe qualcosa di importante che non ha più. La televisione è stato per moltissimi anni il mezzo che non poteva essere smentito, mentre con le chiacchiere puoi fare qualsiasi cosa. I primi programmi l’ho fatti nel ’62 e allora era importante il fatto di documentare cose che avvenivano contemporaneamente e farle vedere. La gente guardava la televisione, e parlo del discorso politico e della scienza, non dello spettacolo, per avere una prova incontrovertibile della realtà. A parole si può dire di tutto. Nel linguaggio radiofonico ad esempio c’è incontrollabilità da parte dell’ascoltatore, nel linguaggio televisivo non puoi raccontare che l’acqua di un fiume va in su, perché si vede che va in giù, e questo vale per la miseria nei quartieri bassi di Napoli e per il cattivo uso della scienza che fanno alcuni programmi. A causa delle manipolazioni politiche dal ’62 fino ad oggi si è sempre più ridotta la parte visiva mentre è aumentata quella parlata. Se una casalinga la mattina può tenere la televisione accesa e seguire mentre fa le sue cose, quella non è televisione, è radio. Se deve andare a vedere cos’è vuol dire che è televisione, l’autore o il giornalista ha fatto un lavoro che implica l’uso dell’immagine. Questo discorso dà fastidio politicamente perché se l’Etna erutta e distrugge le case devi far vedere che le seconde case lì non le devi far costruire, se invece dici che è tutta una catastrofe naturale, allora dici “ah, poveretti!”. L’attuale scarsità di offerta culturale, per usare delle belle parole, come se stiamo a offrire qualcosa, è cominciata prima della concorrenza, che quando è arrivata ha trovato terreno fertile, cioè non gli è parso vero a questi qua che potevano trasferire altrove [cultura e scienza, N.d.I.], ci siamo capiti, anche quando è nato il secondo canale e il terzo c’erano già tra di noi delle battaglie e non gli è parso vero con la storia della pubblicità e della concorrenza di mandare a mignotte tutto quanto. Il cambiamento linguistico è funzionale alla scelta che è stata fatta, più panem et circenses dai... Un’altra cosa seria e grave è che durante la gestione democristiana della faccenda sono stato censurato, risse furibonde, ogni cosa tu dicessi c’erano non un ma tre censori, perché per contratto dovevo fare cinque ore di programma all’anno, per fare un’inchiesta grossa. Tre mesi di ricerche, tre mesi di sopralluoghi, tre mesi di riprese, tre mesi di montaggio e tre mesi di censura, e quindi il contratto scadeva perché c’erano liti furibonde. Io non sono mai stato democristiano, ma devo ammettere che c’era però un tentativo, di stampo volteriano e neopositivista, di tirare su, per così dire, la gente. Odio il termine tirare su, ma c’era questa volontà. Dopo, con il secondo e il terzo canale, c’era chi voleva farsi vedere, ma c’era anche la voglia di tirare su il volgo, da qui divulgazione. Con la concorrenza si è invece seguito pedissequamente il gusto della gente con la scusa della concorrenza che non c’è, perché c’è omologazione. È successo come con le privatizzazioni: hanno fatto il cartello. Quindi la tendenza democristiana e socialista, e poi della terza rete, era di dare una massa di informazioni, quella della concorrenza di inseguire il gusto. È come la democrazia diretta: se questi vogliono vedere culi e tette, facciamogli vedere culi e tette. Però se fai vedere qualche altra cosa scopri che la gente non è stupida per niente. Anche adesso un programma ben fatto, anche se va in onda a mezzanotte, vedi che sale l’interesse. Per quanto riguarda l’offerta culturale, la Rai la deve fare, ma a orari tali.. dice: “ci sono i registratori!”. Li fa ad orari improponibili solo per giustificare il canone. La selezione degli argomenti Bisogna capovolgere il ragionamento. Il testo lo scrivo alla fine. La tendenza che corre adesso è quella di fare l’articolo illustrato ed è la novità assoluta. È una grande differenza nel linguaggio televisivo. Prima per fare un’inchiesta si andava in giro con una scalettina e poi alla fine montavi le immagini, e quando erano sufficienti non scrivevi una cazzo di parola, lasciavi là una musichetta o stavi anche zitto, adesso si scrivono i testi prima, poi si mandano in giro quei disgraziati che ha visto qui sotto [si riferisce alla redazione di SuperQuark, N.d.I.] a illustrare i testi degli autori, che non vuol dire niente, cambia il ritmo, il montaggio cambia tutto. I sette specifici del cinema vanno a farsi fottere, quello che comanda è il testo illustrato. È la

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tecnica del telegiornale, io ho lavorato a Tv7, il primo, arrivavi il venerdì alle cinque che andavi in onda alle nove, non potevi stare lì a fare i giochetti, scrivevi e mettevi l’immagine. Questo diventa una palla in una trasmissione che dura come una di divulgazione scientifica. Io, Marco Visalberghi mai più, Lorenzo Pinna... l’ho fatto, sennò gli veniva un fegato così, siamo solo noi che scriviamo il testo dopo, gli altri lavorano prima sul testo. Approvato, per giunta. Ma mica solo Piero Angela lavora così, tutti. Poi ci mettono dentro qualche intervistina. Questo è un cambiamento epocale nel linguaggio televisivo. Per selezionare gli argomenti stiamo dietro alle riviste grosse, e ora c’è anche internet ma bisogna stare attenti che si raccontano un sacco di balle. Si fa una ricerca e cerchi qualcosa che si interessante possibilmente per i prossimi uno o due anni, magari si sviluppano cose che uno ha fatto nella propria carriera. Non è che si fa una bibliografia. Gli illustratori, quelli che fatto i servizi, cercano quelli più illustrabili in linguaggio televisivo, gli altri si arrangiano, con i cartoni animati o con uno che parla. Immagini e fonte Se uno parte da una ipotesi va a parlare con gli esperti e si fa mandare le carte. Sono due strade: o intervisti direttamente gli esperti o te ne strafotti e scrivi una specie di pastone dicendo che l’ha detto tal dei tali, sempre informandoti che non stai dicendo una fregnaccia. Poi cerchi il caso che possa documentare questo fatto. Prima c’è l’informazione scientifica, poi visivamente, l’esperimento scientifico. C’è un rischio gravissimo su internet dove si trova di tutto e di più, non c’è un bollino verde delle fonti, l’hanno proposto ma chi dovrebbe metterlo? Scienza e narrazione G.P.: Il problema grosso è che molti dei giornalisti scientifici vengono dalla carta stampa fanno fatica a inventarsi i modi per raccontare le cose. Tu scrivi le cose, come i testi che diamo a nostri ragazzi, ma con le immagini li devi seguire e certe cose sono difficilissime. Per creare un racconto bisogna mettersi con umiltà e dire “questo chi lo capirebbe? Qual è il target al quale devo parlare?” Anche perché è un conto fare televisione in prima serata e un conto in seconda o in terza. Piero Angela direbbe: “come se dovessi raccontare un fatto a un contadino di Arcinazzo”, che non capisce un cazzo, aggiungo io. Una volta è successo un qui pro quo con uno dei montatori che era di Arcinazzo che diceva che sua moglie... è successo un casino, vabbè questo è gossip... Comunque dipende dal target, con le inchieste quelle grosse si sa dove si va. Il problema è che è un linguaggio giusto per i cinquecentomila ragazzi che ogni anno si affacciano a Quark, ma i padri e i nonni non ne possono più di sentire come è fatta la cellula. Il racconto comunque deve passare per l’immagine, altrimenti diventa radio. Certo, quando è un cane vedi un cane, su questo Piero ci ha rotto le scatole per anni, ma c’è il rischio dell’illustrazione pedissequa. Bisogna riuscire a mettere quel qualcosa in più che non vedi. Autopercezione: scienza o pubblico G.P.: Se fai un discorso di erudizione, “io erudisco il pupo”, vai tutto da una parte, invece se inserisco un discorso economico, morale, sociale, della scienza all’interno, stai anche dalla parte degli scienziati. Forse non è come ci vediamo noi, la questione, perché abbiamo fatto una battaglia furibonda per anni per far parlare bene gli scienziati, stavano in una torre d’avorio, ogni volta non c’era verso: “si arrangi lei”, tant’è che ho tradotto dall’italiano all’italiano, mettevamo una voce femminile sotto al professore, italiano sottolineo, che parlava. Quando andavo sei o sette mesi negli Stati Uniti per fare inchieste scientifiche, molto prima di Quark, gli scienziati cercavano te, televisione italiana, senza alcun ritorno, economico o altro perché non andavamo in onda lì, perché negli Stati Uniti l’idea di far sapere cosa fa la ricerca, a chiunque della stampa, ha un ritorno sui fondi, perché se la gente sa, è più facile che dia i soldi. Qua è tutto un altro discorso. Noi facevamo gli interessi della ricerca, e gli altri ci guardavano un po’ così, tranne per la ricerca medica, sempre porte aperte. La ricerca medica sempre le porte aperte. È chiaro il ritorno, tu guardi tizio e tutti quanti si fiondano lì, invece del fisico e del chimico non glie ne frega niente a nessuno. Uno in teoria dovrebbe essere al servizio del pubblico, ma anche il pubblico va iniziato. Se la gente non sa cosa succede là dentro nascono quei casini tipo gli antivivisezionisti a oltranza, dico gli estremisti. Molte cose fatte o dette succedono perché non si sa che succede dentro. Programma migliore e peggiore. G.P.: Io non considero trasmissioni di divulgazione scientifica quelle che vengono messe insieme come la Wanna Marchi, dove c’è un presentatore che non sa un tubo che prende cose acquistate da fuori, li mette insieme e te li vende bene. Tanto per non far nomi, La Macchina del Tempo. Dove c’è una persona per bene, il quale però per me fa come Mike Bongiorno o Pippo Baudo, prima vende i materassi e poi fa le trasmissioni... Queste categorie qua sono la maggioranza delle trasmissioni. Monti ora ha cominciato ad andare in giro anche lui, dopo tanti anni l’ha capito. Lo stesso discorso vale per Gaia che ultimamente si sono messi. Di Mario Tozzi si dice in giro che è un po’ malato di protagonismo. Tradizionalmente parlando quella

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fatta meglio rimane SuperQuark, anche se Angela sa bene che io vorrei una linea editoriale più sui fatti sociali, ma lui proprio non lo sente questo discorso... ciccia. Certo, tre querele se le è beccate lui perché io andavo a rompere i coglioni. Allora lui quando dissente da me dice “c’è andato Giangi Poli, e si è anche divertito”. Il che vuol dire “cazzi suoi”. Come sull’omeopatia, sulle erbe malefiche o sull’inceneritore lo scorso anno... “e si è anche divertito”. Adesso ce ne è uno sull’acqua, sulla privatizzazione, che è un problema spaventoso che sta arrivando. Bisogna parlare dello stato dell’acqua attuale, e dire che è un po’ un merdaio e che lo stato si muovesse prima di darlo a privati. Che poi fanno i cazzi loro, come per i telefoni, l’energia. Rimane ancora la nostra [trasmissione, N.d.I.] che fa pezzi un po’ più lunghi, approfonditi. Ormai io e lui [Angela, N.d.I.] abbiamo i capelli bianchi. Le altre sì, Tozzi si vede bene... c’ha sempre il martelletto [da geologo, N.d.I.] parla di chimica e fisica, va sempre in giro col martelletto anche quando parla di extraterrestri. Seondo me anche quando scopa c’ha il martelletto. Speriamo che non sente questa intervista... Futuro della scienza e della divulgazione G.P.: Io ritengo che la scienza va nella direzione in cui è sempre andata, se è esercitata da scienziati coscienti. Può cambiare direzione se succedesse... gli scienziati sono come le altre persone, sono figli di mignotta pure loro. Bisognerebbe vedere quale percentuale di ricercatori rimane legata al proprio giuramento di ricerca, come i medici a quello di Ippocrate e quanti si vendono, o quanti, e questo è dimostrato, si inventano papocchi totali pur di spaventare e ottenere soldi per una ricerca che non c’entra un tubo con quella che è la loro ricerca. L’esempio classico è quello degli Stati Uniti negli anni Ottanta con la storia delle guerre stellari che bisognava assolutamente fare il cannone o lo scudo. Quando andavo a Berkeley e a Livermore che conoscevo tutti è venuti fuori che si erano inventati tutto così l’esercito gli dava i soldi per fare lo studio sulle particelle. E che mai c’era stata un’accelerazione sugli studi sulle particelle come negli anni Ottanta o Novanta. Anche se sapevano che non serviva a niente, perché bastava che un missile ruotasse per raffreddare, ma loro andavano avanti lo stesso, ed è finito in burla, inventandosi che i Russi chissà che cazzo facessero. Anche in Corea per le cellule staminali era una cosa per farsi dar soldi, come la fusione fredda, le mucillagini dell’Adriatico. Però io ritengo che siano eccezioni. Bisogna stare attenti. Anche perché la parola scienziato ha assunto un significato negativo in alcune frange in campo ambientale, per far capire come arriva il messaggio bisognerebbe usare un po’ di più la parola ricercatori. Anche perché è un concetto più vicino a uno che non ne sa niente, è uno che ricerca, è un’idea più romantica. Lo scienziato è legato alla bomba atomica, a immaginari non scientifici, a Frankenstein, Frank Einstein... Bisogna anche che i ricercatori non venissero continuamente sollecitati da interessi privati, e mollassero per guadagnare di più. Bisogna, per cominciare, che guadagnassero di più. La privatizzazione della ricerca implica che il ricercatore venga sollecitato a divulgare cose all’uso di chi gli da i soldi, e via di seguito. Un rischio potrebbe essere una deviazione dalla linea che la scienza ha seguito fino a adesso che lo scienziato per qualche soldo in più taciti la propria coscienza. La divulgazione secondo me va fatta nella televisione generalista. La divulgazione dovrebbe essere l’esca che permettere di attirare verso la scienza la gente che non glie ne può fregare di meno. Nei canali tematici puoi fare quello che vuoi. Fai un canale che fai vedere le operazioni al cuore, se lo vedono i cardiochirurghi. Quello che interessa a me, che sono della generazione che cercava di tirare su le masse, è quello di dargli la possibilità di incuriosirli, e di mandarli sui metodi tradizionali, libri riviste scientifiche, se hanno voglia di andarsele a vedere, o su internet. Secondo me deve andare sulla generalista, e deve dare queste cose. Il dramma è che si continua a dividere la ricerca scientifica, a tenerla separata dalla realtà economica e sociale, generale del paese, perché è una cosa come le altre, altrimenti è la torre d’avorio. La gente non capisce perché, allora finanzia solo le staminali ad esempio. Ho fatto uno studio adesso, lo sa che anche quella è una ricerca fatta per i soldi? Ma per studiare meglio, attenzione. Dai risultati troppo rapidi e veloci per avere sempre più soldi per farlo. Quando dai a un cardiopatico la speranza... La notizia esce e butti i soldi della ricerca, come è successo alla terapia genica. Sull’informazione scientifica è un discorso un po’ schifoso. Io mi occupo dell’informazione a Fisica Terrestre all’Università di Padova, quindi dovrei stare dalla parte di questi qua, ma questo è un sistema che si rivolterà contro [si riferisce al fatto che alcuni scienziati diffondano le proprie scoperte non attraverso i canali tradizionali delle riviste e del peer reviewing ma con conferenze stampa, N.d.I.] perché quando fai una dichiarazione pubblica e ha milioni di persone che la sentono e poi sbagli o non si avvera, la gente dice “quello è un tonto”, ma non solo lui, la ricerca intera. Io sono estremamente sospettoso quando uno fa il comunicato stampa di una grossa scoperta, ma finchè è un comunicato stampa, ma quando cominci a dire in prima persona e compagnia bella, è un’altra questione. Questo discorso va contro il discorso che abbiamo fatto, che un fatto è scientifico se può essere ripetuto da chiunque avendo i dati, nel tempo e dappertutto. Questo può avvenire solo con le riviste scientifiche, le conferenze, dove ti spennano vivo e dopo che tutti hanno provato e riprovato, quello diventa un fatto scientifico, che si può cambiare più avanti se arrivano cose nuove, ma è sempre un fatto scientifico.

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Astrofisica o in Scienze della Comunicazione. G.P.: Astrofisica. È una cosa che mi ha angosciato per anni. Io prima di fare Quark facevo inchieste su scienza e società. La vita prima della nascita e l’aborto ho fatto cinque puntate di un ora. L’inchiesta sull’ambiente nel Settanta sul petrolio ha messo in moto la commissione Fanfani in Italia, erano tegole che venivano giù. Quando sono venuti fuori tutti questi ragazzi di Scienze della Comunicazione è stato un disastro. Dov’è il mercato? Adesso i presidi si incazzano... Ma sapete quanti siete? Ci vuole una specializzazione ferrea. Un astrofisico se ha la capacità di comunicare ha il metodo scientifico. Quando io ho cominciato sono stato fortunato, ho mandato una lettera alla Rai dicendo che ero laureato in fisica terrestre e volevo fare trasmissioni. Gallinari mi disse: “venga non la vuole fare nessuno”. Trascrizione dell’intervista a Piero Angela, ideatore e conduttore di SuperQuark La scienza P.A.: La scienza risponde alle antiche domande dei filosofi, da dove veniamo, chi siamo, dove andiamo, cos’è la materia. La formazione dell’universo è la cosmologia, cos’è la terra è la geologia, la nascita della vita la biochimica, lo sviluppo dell’uomo paleontologia umana, lo sviluppo del cervello neurofisiologia eccetera, l’atomo fisica atomica. Bisogna distinguere, cosa che non si fa spesso, scienza e tecnologia. Bisogna dire che le due cose sono sempre più intrecciate, comunque la scienza è la scoperta, la tecnologia è l’invenzione che per essere applicata ha bisogno di mezzi forniti dall’industria, dalla politica, dal mercato, e non è più filosofia ma diventa ben altro. Questo deve essere ben chiaro nella mente delle persone, perché si danno colpe agli scienziati che non sono loro e non si pensa a controllare i politici dell’uso che fanno delle scoperte e anche dei fondi che le tasse mettono a loro disposizione. La divulgazione P.A.: La divulgazione è qualcosa che partendo da quanto gli scienziati hanno detto, scritto pubblicato, cerca di tradurre dall’italiano in italiano, cioè riassume in modo chiaro per un pubblico vasto le cose che sono significative sia nel campo della scienza che della tecnologia e che possono avere più implicazioni, spiegando anche quali. La divulgazione non ha attinenza con la qualità del pubblico, con il livello di istruzione, perché se si spiega genetica a un magistrato bisogna spiegarla come a qualcuno che non ha una formazione scientifica, che i suoi studi di biologia sono quelli del liceo ormai dimenticati e superati. Quindi direi un ragazzo intelligente di quindici anni. Questo è il pubblico della televisione e anche dei libri e dei giornali, che a meno che abbia una sua formazione o interesse particolare, dipende dalla chiarezza di chi con competenza e onestà intellettuale trasferisce le informazioni dal mondo della ricerca al vasto pubblico. Credibilità e fonti P.A.: Non è necessario che sia uno specialista in una materia, del resto la divulgazione a tutto campo, come facciamo noi a SuperQuark o come si fa in una rivista o in un giornale, richiede soprattutto una capacità di sapere, conoscere quali sono i metodi, il quadro generale su cui si muove la ricerca e soprattutto riferirsi a delle fonti attendibili e credibili. Quali sono queste fonti? Sono in definitiva le persone che per le loro capacità e per i loro metodi sono quelle che pubblicano sulle riviste importanti. Nel mondo della ricerca si sa che quello che si chiama impact factor, il fattore di impatto, e che sono le citazioni su altre riviste di articoli apparsi in precedenza. Le persone che hanno più citazioni sono quelle considerate fautori di articoli di ricerca importanti. Le riviste sulle quali queste cose sono pubblicate sono quelle che hanno maggior impact factor, maggior numero di citazioni. Questo meccanismo che non ha un valore in sé ma ha un valore indiretto è quello che poi fa sì che le grandi riviste internazionali che hanno il maggior numero di impact factor sono quelle di maggior prestigio come Nature, come Science, come tante altre soprattutto inglesi e americane. Si sa nell’ambiente chi sono persone che hanno scritto cose importanti su riviste importanti e sono quelle i punti di riferimento o comunque i gruppi in cui lavorano, le università in cui hanno dei dipartimenti attivi e quindi scendendo per i rami, ovviamente con tanti altri punti di riferimento, delle fonti, che però siano quelle che hanno una credibilità all’interno del mondo scientifico. Perché altrimenti il profano, il giornalista, il divulgatore se si rivolge a una persona semplicemente perché è professore in qualche materia, perché la insegna o ha un dottorato, questo non vuol dire che le cose che dice sono le più attendibili. Parole e immagini P.A.: Ovviamente questi due canali viaggiano parallelamente, il video e l’audio. Ci sono argomenti nei quali la parte visiva prevale. Per fare un esempio banale l’etologia, lo studio del comportamento animale, si basa su immagini che sono di per sé estremamente attraenti, e naturalmente il commento deve dare significato a queste immagini. Ci sono altri servizi che riguardano ad esempio studi di genetica, lì non c’è nessuna possibilità di filmare i geni e tantomeno di vedere cose appassionanti. Quindi è soprattutto al parte verbale che prevale e la parte visiva si adatta a questo discorso, anche se le due cose hanno un’interazione continua e

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quindi si avvale di animazioni, o la storia di un paziente di cui si racconta un po’ tutta la cronistoria. Non ci sono delle regole, la regola è che alla fine del servizio uno deve aver capito una cosa e aver trovato interessante quello che è stato detto. Pubblico P.A.: Il nostro è un pubblico molto diversificato, al di là del livello scolastico raggiunto e dell’istruzione, ha però una caratteristica comune che è quello della curiosità. È un pubblico che è interessato e stimolato, si affeziona a programmi che soddisfano questa sua esigenza. Per la confezione dei programmi sappiamo che dobbiamo dare al nostro pubblico una serie di cose, la prima è la chiarezza di linguaggio, la seconda è una costruzione del servizio che abbia dei momenti anche emotivi, di nobile emotività, naturalmente. Magari costruito sotto forma di storia. Quando non ci sono immagini di creare immagini artificiali attraverso la computer grafica o altre cose che consentano di visualizzare ciò che non può essere tradotto in immagini reali. E poi piccole cose che di volta in volta cerchino di essere vicine agli interessati. In sostanza la formula è da un lato dalla parte degli scienziati per quanto riguarda i contenuti, e dalla parte del pubblico per quanto riguarda il linguaggio. Per quanto riguarda il linguaggio, non solo in quanti testo ma come struttura di racconto che si avvale delle innovazioni sfruttando sia le tecnologie che le tecniche disponibili, ma anche con metafore e con esempi che possano chiarire meglio i concetti. In sostanza alla fine del servizio il pubblico deve essere tra virgolette interessato e divertito perché questo gli ha dato qualche cosa in più di quello che sapeva prima. Futuro della scienza P.A.: Il futuro della scienza nessuno sa qual è. Se avessi dovuto prevedere nell’arco degli ultimi trenta quaranta anni, da quando mi occupo di divulgazione scientifica, cosa sarebbe successo nei primi cinque o dieci anni sarei stato incapace. Quello che ho visto è uno sviluppo rapidissimo in due campi che all’inizio sembravano o poco promettenti o comunque di interesse non così vasto, parlo della microelettronica e della genetica. Quando io ho cominciato si pensava che per esempio per tutto quanta riguarda ora la genomica, il trasferimento di geni, terapie geniche, mutazioni guidate, fossero cose quasi di fantascienza, in realtà nell’arco di trenta anni queste cose sono diventate una realtà galoppante, e la stessa microelettronica negli anni Sessanta sembrava essere più una curiosità, un sistema adatto per grandi università, grandi aziende o pr i militari, nessuno avrebbe previsto che sarebbe entrata così massicciamente nell’uso comune e diffondendo anche informazione attraverso Internet, il web eccetera. Ci sono invece dei campi in cui si puntava molto, fuori dei quali si pensavano progressi molto rapidi, in realtà sono completamente bloccati. Le faccio un esempio, quello della fusione nucleare. La fusione nucleare è quel tipo di energia che è creata per esempio all’interno delle stelle e che si pensava di replicare sulla terra entro gli anni Ottanta, Novanta. Oggi siamo nel duemila, si parla di cose fattibili forse fra trenta o quaranta anni. Quindi a volte questi sviluppi della scienza incontrano campi difficili anche nella realizzazione pratica che bloccano le promettenti ricerche di base. Quindi quello che succederà nei prossimi anni non lo possiamo sapere. Futuro della divulgazione P.A.: Sappiamo certamente una cosa. Cambierà forse nei moduli attraverso tecniche diverse, io mi avvalgo della mia esperienza, ho visto cambiare moltissimo, parliamo semplicemente della computer grafica che ha rivoluzionato tantissime cose nel modo di spiegare i concetti di fisica ma anche di genetica. Quindi ci saranno altri sistemi, ma dietro ci sarà sempre l’uomo, l’individui con la sua capacità di immedesimarsi negli altri, di mettersi nei panni del prossimo e creargli dei discorsi, dei libri, della televisione, su misura. Spesso in passato ma ancora oggi c’è gente che scrive non tenendo conto delle misure del suo interlocutore, per cui si rischia o di avere delle scarpe troppo strette che fanno male ai piedi o troppo larghe che non si riescono neanche a infilare. Astrofisica o Scienza della Comunicazione P.A.: Forse scienze naturali per chi vuole fare il divulgatore a tutto campo, dà un po’ l’idea generale della scienza. Però molti si specializzano, allora in fisica piuttosto che in biologia, piuttosto che in medicina, quindi ci sono delle specializzazioni. Il fatto della scienza delle comunicazioni permette di migliorare le tecniche della comunicazione, del linguaggio. Tanto per fare un esempio anche nella nostra redazione alcuni hanno la laurea in geologia o biologia, altri no, uno è laureato in filosofia, altri non sono laureati. Il problema è quello di saper raccontare, saper scrivere, saper spiegare. Però comunque il saper spiegare è solo una parte, per saper spiegare bisogna come prima cosa capire, e chi ha una laurea in una materia scientifica ha certamente più attrezzi per riuscire a capire quello che si sta f acendo nel mondo della ricerca.

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