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BCC CREDITO COOPERATIVO Formello e Trevignano Romano TUTTA L’EMOZIONE DEL VINO UNA SIMBIOSI PERFETTA TRA UOMO E NATURA LE MARCHE IL RACCONTO DEL VIAGGIO LA MERIDIANA DI FORMELLO CONDIVIDERE IL TEMPO IN UNA COMUNITÀ TREVIGNANO FILM FEST IL CINEMA E LE LIBERTÀ NEGATE VELA LA RIVISTA DELLA BANCA DI FORMELLO E TREVIGNANO DI CREDITO COOPERATIVO VEIOLAGO N. 32 - Settembre 2016 -Periodico trimestrale di finanza e cultura - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - 70% - Roma Aut. N. 21/2009

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BCCCREDITO COOPERATIVO

Formelloe

Trevignano Romano

TUTTA L’EMOZIONE

DEL VINOUNA SIMBIOSI PERFETTA

TRA UOMO E NATURA

LE MARCHE IL RACCONTO DEL VIAGGIO

LA MERIDIANA DI FORMELLO

CONDIVIDERE IL TEMPOIN UNA COMUNITÀ

TREVIGNANO FILM FEST

IL CINEMA E LE LIBERTÀ NEGATE

VELALA RIVISTA DELLA BANCA DI FORMELLO E TREVIGNANO DI CREDITO COOPERATIVO

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N. 32 - Settembre 2016 - Periodico trimestrale di finanza e cultura - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - 70% - Roma Aut. N. 21/2009

BCCCREDITO COOPERATIVO

Formelloe

Trevignano RomanoBCCCREDITO COOPERATIVO

Formelloe

Trevignano Romano

Fuochi d’artificio nel cielo di Trevignanodopo la processione mariana dellebarche illuminate, che come ogni annoanima la notte di Ferragosto.

Il barcone che porta l’immagine di Maria Assuntapassa lentamente davanti a migliaia di persone,assiepate sulle sponde del lago o sedute ai tavoliniall’aperto. Nell’aria, le note dell’Ave Maria diSchubert e le parole del Vescovo.

La foto è stata scattata da Giampiero Marricchi.

Sommario

3 Editoriale del Presidente4 La Carta della Finanza5 Il Punto del Direttore6 Le Marche tra terra, mare

e musica

10 La Meridiana di Formello14 Conoscere Roma15 Il Trevignano Film Fest16 Francesca Romana

e Luca Maroni

20 Dolores Sforzini

22 Navigare nella storia24 I comportamenti

delle imprese

BCCCREDITO COOPERATIVO

Formelloe

Trevignano Romano

TUTTA L’EMOZIONE

DEL VINOUNA SIMBIOSI PERFETTA

TRA UOMO E NATURA

LE MARCHE IL RACCONTO DEL VIAGGIO

LA MERIDIANA DI FORMELLO

CONDIVIDERE IL TEMPOIN UNA COMUNITÀ

TREVIGNANO FILM FEST

IL CINEMA E LE LIBERTÀ NEGATE

VELALA RIVISTA DELLA BANCA DI FORMELLO E TREVIGNANO DI CREDITO COOPERATIVO

VE

IOL

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N. 32 - Settembre 2016 - Periodico trimestrale di finanza e cultura - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - 70% - Roma Aut. N. 21/2009

La rivista della Bancadi Formello e Trevignano di Credito Cooperativo

Periodico trimestraleAnno 9 - N. 32 Settembre 2016

Registrato presso il Tribunale di Tivoliil 27-10-2008 al N. 21/2008

RedazioneViale Umberto I, 92Formello (Roma)Tel. 06 90 14 30 95

Direttore ResponsabileGino Polidori

RedattoreArmando Finocchi

Ufficio SociTel. 06 90 14 30 55

StampaMiligraf SrlVia degli Olmetti, 36Formello (Roma)Tel. 06 90 75 142

Hanno collaborato a questo numero:Giuliana Di CarloCorrado GiustinianiAlfonso Mongiu(per le immagini sullaMeridiana di Formello)

In copertina:un grappolo d’uva della vendemmia 2016

www.bccformello.com

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Sullo sfondo: uno dei camminamenti dironda all’interno delle mura aureliane,vicino Porta San Sebastiano sull’Appiaantica, meta della nostra ultima gitaromana. Qui nel 1989 è stato allestito il“Museo delle Mura”, in cui un plasticooffre una visione su tutta la cinta murariae le vie consolari. La via Appia era la“regina delle strade” e portava a Romale spezie e i profumi d’Oriente. Dalleferitoie di queste fortificazioni difensivei soldati vedevano arrivare carri econvogli commerciali.

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La comunicazione di oggi richiede certamente velocità, chiarezza,ma soprattutto concisione, intesa come riduzione quantitativa delmessaggio non disgiunta dall’affinamento espressivo. Un’esigen-

za che via via è penetrata sempre più nel linguaggio, condizionandolo con una sequela disigle spesse volte dal suono metallico per l’affollamento di più consonanti.

Gli acronimi appunto, una parola formata generalmente dalle iniziali di più parole. ALM, AQR,BAIL IN, CET1, ELA, ICAAP, QE, RAF, RAS, sono alcune delle centinaia di sigle oggi utilizzatenegli istituti bancari. Un diluvio, sostengono alcuni. Per altri l’uso crescente degli acronimi èun vero e proprio abuso di specialisti, che di giorno e di notte si impegnano nel varare regolesempre più stringenti, che a loro volta richiedono sintesi sillabiche o letterali.

Cosicché il linguaggio diviene sempre più ermetico e poco accessibile anche per coloroche operano giornalmente in quello specifico campo.

Una delle fonti principali è certamente l’Unione Europea, pronta in ogni tempo a dettarein tutti i campi regolamentazioni sempre più articolate, fino a spingersi a risibili dimensio-namenti nei processi alimentari come la grandezza minima delle cozze, la lunghezza dellezucchine e perfino delle etichette che le accompagnano. Anche qui manciate di sigle.

Peraltro l’utilizzo degli acronimi era in uso già nella Roma antica, ma con marginale diffu-sione. Negli epitaffi sepolcrali si poteva leggere STTL (sit tibi terra levis: ti sia leggera laterra), oppure per le donazioni DD (donum dedit: donò); per le abbreviazioni: cos, console;imp, imperatore e così via. Marginale diffusione, dicevamo, e solo per situazioni ripetitivee per l’inevitabile dimensionamento minimale della superficie marmorea.

Oggi nel mondo bancario si parla per sigle, quali gergalismi grafici di un nuovo modo diesprimersi o come qualcuno ha detto per grafici connotativi.

Non diverso è il linguaggio dei giovani attraverso gli sms, i messaggini, una vera neolingua,un nuovo gergo a dimensione generazionale, peraltro pericoloso per la purezza dell’italianoa causa di una voluta trasgressività grammaticale e sintattica.

Anche nel campo giornalistico viene sempre più spesso usato un linguaggio sincopato peresigenze di velocità comunicativa: dg (direttore generale), ct (commissario tecnico), ad (am-ministratore delegato), pm (pubblico ministero) e via così.

Insomma si va sempre più affermando il ricorso all’acronimia, intesa come un insieme diprocessi per la formazione di acronimi dei quali, purtroppo, ci sentiamo a volte prigionierie spesso ostaggi, soprattutto quando ci attardiamo a decifrare la sigla pronunciata dal rela-tore di turno, mentre il suo discorso prosegue senza tregua, magari infiocchettato da altriacronimi. Nei passaggi più difficili non stupirebbe nemmeno un “abracadabra”, che da sim-bolo esoterico potrebbe sembrare, nell’ansia di decifrare un linguaggio criptato, la sintesidi un nuovo compendio normativo.

Prigionieri degli acronimi

Il Presidente

Gino Polidori

Fa parte dei valori del Credito Cooperativo. Perché le BCC vogliono darestrumenti di crescita, includere, costruire il domani. Oggi più che mai darecredito vuol dire dare fiducia.

VELA CREDITO COOPERATIVO

ResponsabileUna finanza responsabilmente gestita e orientata albene comune.

SocialeAttenta ai bisogni della società e capace di guarda-re oltre se stessa.

PluraleComposta di soggetti diversi, per dimensione, for-ma giuridica e obiettivi d’impresa.

InclusivaDeve integrare nei circuiti economici e partecipa-tivi e quindi realizzare rispetto e coesione.

ComprensibileNon deve abitare i templi, ma le piazze. Deve par-lare il linguaggio comune delle persone.

UtileNon autoreferenziale, ma al servizio, per consentirealle persone di affrancarsi da destini apparentemen-te segnati e di mettere a fattor comune le propriecapacità.

IncentivanteCapace di riconoscere e valutare il merito, ancheoltre i numeri e le procedure standard.

Educante Insegna a gestire il denaro, nelle diverse fasi dellavita, con discernimento e consapevolezza, per far-ne un mezzo e non un fine.

EfficienteImpegnata a migliorare la propria offerta e i propriprocessi di lavoro con il fine di garantire sempremaggiore convenienza ai propri clienti.

La Carta della finanzalibera, forte e democratica

Lo scorso 15 luglio la Banca d’Italia ha pubblicato lo schema delle disposizioni in materia di

Gruppo Bancario Cooperativo, ai sensi di alcuni articoli introdotti dalla riforma delle BCC. Le

disposizioni sono destinate a confluire nella Circolare della Banca d’Italia n. 285 “Disposizioni

di Vigilanza per le Banche”.

A partire dal 15 luglio, per 60 giorni, è iniziata la fase di consultazione, in cui è stato possibile

presentare le osservazioni prima delle disposizioni definitive, dalla cui data di pubblicazione

decorrerà il termine, non superiore a 18 mesi, per la proposizione da parte della candidata Ca-

pogruppo dell’istanza di costituzione del Gruppo Bancario Cooperativo.

È stata quindi un’estate fervida di incontri e proposte. Entro il 5 agosto le Federazioni locali delle

BCC hanno inviato le proprie osservazioni a Federcasse, che a sua volta le ha inserite in un di-

segno d’insieme e le ha trasmesse alla Banca d’Italia.

L’obiettivo di tutti è che la Capogruppo possa da un parte intermediare le BCC con i mercati

dei capitali, con i mercati interbancari, con i sistemi di pagamento e con la Banca Centrale per

gli obblighi di riserva e le operazioni di politica monetaria, dall’altra esercitare i poteri di dire-

zione e coordinamento in modo autonomo.

Per assicurare questo secondo compito, racchiuso nel cosiddetto “contratto di coesione”, sono

previsti poteri della Capogruppo per nominare e revocare i componenti degli organi delle BCC,

con la possibilità di opporsi alla nomina degli esponenti ritenuti non idonei e di nominare i

componenti mancanti, di esternalizzare presso la Capogruppo le funzioni di controllo interno,

di approvare preventivamente le operazioni che abbiano rilievo strategico sul piano patrimo-

niale o finanziario, di definire l’articolazione territoriale e la rete distributiva di ogni singola BCC.

Al di là delle limitate modifiche che dovessero essere introdotte a seguito della consultazione

di questi mesi, la direzione è chiara: le BCC saranno limitate nelle proprie scelte organizzative,

ma verranno supportate da un’efficace “rete di protezione” in grado di far crescere il sistema

cooperativo e sviluppare sempre di più lo scambio mutualistico con i soci e le aziende.

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Una nuova rete di protezione

È l’obiettivodel contratto di coesione

Il Direttore

Mario Porcu

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VELA LA GITA SETTEMBRINA

Le Marchetra terra, mare e musica

Le tradizioni cooperative di una grande azienda casearia, Anconaporto di mare, le verdi colline dell’entroterra e la candida costa delConero, il borgo medievale di Jesi racchiuso nelle mura, l’arte dellafisarmonica, il Santuario di Loreto e i tipici piatti regionali di terra edi mare. “Le strade del gusto” è stata un’occasione straordinaria perscoprire un’Italia ricca di storie e forse poco conosciuta. Questo ilnostro diario di viaggio.

Le Marche ci accolgono con paesaggi da fiaba. È il momento delle arature. Dalla cura dei campi iniziamo acomprendere la proverbiale operosità marchigiana.

Tra i mercati emergenti ci sono an-che Sud Africa, Cina e Stati Uniti.E così la panna-spray prodotta quiviaggia in nave all’interno di con-tainers per arrivare su quelle tavo-le. La globalizzazione è ancheun’opportunità e solo la coopera-zione permette a piccoli e mediproduttori di raggiungere paesicosì lontani.

Apprendiamo la missione socialedi Trevalli Cooperlat. Ad esempiosostiene la Lega del Filo d’oro,l’associazione onlus fondata aOsimo nel 1964 che assiste le per-sone sordocieche. Prima di salu-tarci, i cooperatori marchigiani cioffrono una degustazione di for-maggi, mozzarelle e budini.

Concerto in entrambe le serate.Regia di Igino Angelici, VladimiroFinocchi alle tastiere, Sonia Mayere Tonino Bovarelli tra gli interpreti,alle loro spalle Silvano Marinelli,nel ruolo di presentatore. Ma sisono esibiti anche Flavio Mazzari-ni e Ombretta Belloni.

Dopo il nostro arrivo visitiamouna grande azienda lattiero-casea-ria. “Il modello cooperativo è unesempio di equilibrio tra sviluppoeconomico, progresso sociale esostegno alla cultura”, ha dettoPaolo Fabiani, presidente di Tre-valli Cooperlat.

Più di mille agricoltori, riuniti in 15cooperative di base, si sono asso-ciati in una cooperativa più gran-de. Allevano animali in tanti pa-scoli nelle colline marchigiane e inaltri versanti dell’Appennino. Lacooperazione unisce l’Italia.

Divisi in gruppi veniamo accom-pagnati all’interno dello stabili-mento. In tutto il comprensorioagricoltura e allevamento convivo-no con fabbriche manifatturiere,dai prodotti alimentari ai calzatu-rifici ai mobilifici.

Veloci nastri trasportatori dirigonole confezioni verso il reparto del-l’imballaggio e della spedizione.La Trevalli Cooperlat è stata la pri-ma azienda del settore a confezio-nare il latte a lunga conservazionenei contenitori tetrapack.

Negli ultimi anni la ricerca portataavanti nel laboratorio aziendale hacreato nuovi prodotti per consuma-tori intolleranti al lattosio, con l’uti-lizzo di ingredienti vegetali ad altadigeribilità come la soia 100% madein Italy e Ogm-free.

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Dopo aver costeggiato la Loggia deiMercanti, saliamo sul monte Guascoper visitare la Cattedrale di San Ci-riaco, santo patrono di Ancona. Èuno dei capolavori dell’arte romani-ca italiana, a cui si mescolano ele-menti gotici e bizantini.

Entriamo in chiesa durante un matri-monio. La luce del mattino irrompeda una vetrata, in alto, mentre unaviolinista suona il “Canone in remaggiore” di Johann Pachelbel.Davvero la musica avvicina a Dio.

Lo sguardo spazia sul porto di Anco-na, tra cantieri navali, banchine etraghetti pronti a salpare verso laCroazia e la Grecia. La scia bianca diun motoscafo si perde all’orizzonte.“Anche in porti gremiti il mare tienein una condizione di solitudine e digrandezza”, scrisse Ungaretti.

Dal mare arrivavano ricchezze ma an-che malattie. Per questo merci e per-sone provenienti da paesi di possibilecontagio rimanevano per 40 giorni nelLazzaretto, in “quarantena”, appunto.Anche il prete distribuiva le ostie dalontano, conficcandole sulla punta diuna lunga canna. “Non te toccherìamanco co ‘na canna guzza!”, diconoancor oggi gli anconetani.

Percorriamo la strada del Conero,talvolta sulla costa, talvolta nell’en-troterra, fino ai due borghi di Siroloe Numana, dove pranziamo in unpanoramico ristorante a picco sulmare, a due passi da questo arco.Qualcuno di noi già sogna di ritor-narci, ma di sera.

“La Madonna delle Rose” di LorenzoLotto (1480-1556) alla Pinacoteca diJesi. Un Gesù bambino irrequietotende le braccia a Giuseppe, vestitoda pellegrino. La giovane Madonnachiude il libro a San Gerolamo, per-ché nel libro c’è già scritto il doloro-so destino del Figlio. In quel mo-mento non vuole sapere.

Come era fatta una farmacia settecen-tesca? Grandi scaffali in legno e cen-tinaia di vasi di ceramica con essenze,unguenti ed erbe medicinali. Questacollezione custodisce ben 208 vasirealizzati nel 1775 e provenienti dalla“speziera” dell’Ospedale di Jesi.

Il dibattito sul Credito cooperativotra Gino Polidori, presidente dellanostra Banca, e Luciano Saraceni,presidente della BCC di Filottrano,di cui Trevalli Cooperlat è socia, in-tervistati da Armando Finocchi. “Lariforma è necessaria per dare stabi-lità al sistema, ma dovrà conservarei nostri valori”.

Dalcorbezzolo(kòmarosin greco) il Coneroprende il suonome. E i corbezzolici sonoancora, tra lamacchiamediterraneache ricoprequestescogliere.

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LA GITA SETTEMBRINA VELA

Secondo la leggenda al tempo delle crociate furono gli angeli a trasportare qui la Casa di Nazaret, dove visse Gesù. Attorno a questa reliquia nascerà il Santuario di Loreto.

Sul muro del municipio diCastelfidardo un’iscrizioneonora uno dei protagonistidel Risorgimento: “Giu-seppe Mazzini / PoveroContristato Schernito So-gnatore / Tollera / Questionori postumi / I soli con-sentiti dal destino / Ai Mae-stri”. È che nelle Marche cat-toliche non era facileimmaginare un governo di-verso da quello del Papa.

Ma il paese è noto in tuttoil mondo per la fisarmo-nica, il più suggestivo stru-mento musicale della cul-tura popolare, oggiriscoperto anche dalle ac-cademie. Un piccolo mu-seo ne conserva più di 200esemplari, mentre un ra-gazzo di 25 anni ce nesuona una con vertiginosaabilità. È da solo ma sembraun’orchestra intera!

A Jesi assaggiamo piatti diterra bagnati da un buonVerdicchio, sulla costa ipiatti di mare. A Numana ilpesce ci viene servito “inpotacchio”, intingolo a basedi vino bianco, olio d’oliva,aglio e pomodoro. A PortoRecanati è la volta di unadeliziosa frittura mistadell’Adriatico. Difficile al-zarsi da tavola.

Porto Recanati ha unospettacolare lungomare ecase colorate. Sulle sue co-ste si svolge una “Festa delmare” con una sfilata dibarche in onore della Ma-donna del Soccorso. Se-condo la tradizione unatela raffigurante la Ma-donna venne ritrovata trale reti di un peschereccioscampato al naufragio.

Sulla via del ritorno, laBanca ha voluto regalare adognuno dei partecipantiuna confezione di un tipicobiscotto marchigiano, lefette di mosto con le man-dorle, prodotto da un fornocooperativo socio dellaBCC di Filottrano. E così lastrada del gusto ci riaccom-pagna “dolcemente” fino acasa.

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La Meridiana di Formello

Condividere il tempo in una comunità

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VELA PATRIMONI

Alla fine del Settecento Formello aveva appena600 abitanti, divisi in due parrocchie, quella

di San Lorenzo Martire e quella di San Michele Ar-cangelo. L'arciprete Francesco Volponi era il parro-co di San Lorenzo, il rettore Luigi De Sanctis era ilparroco di San Michele. Ognuno a suo modo, donFrancesco e don Luigi erano due sacerdoti volente-rosi: il primo riordinò la storia della comunità scri-vendo pagine di inventari e di memoriali, il secon-do amava la tecnica ed era anche un provetto scal-pellino. E proprio a don Luigi si deve la Meridianadi Formello.

Luigi De Sanctis, chi era costui?Ma da dove veniva don Luigi? E perché intrapreseun progetto così difficile? Cerchiamo di indagarenella sua vita. Era nato a Castel S. Elia nel 1757. Ilpadre si chiamava Michele ed era un “capitano”,quindi un ufficiale pontificio. La madre, Rosa Lo-renzoni, era di Monterosi.Non sappiamo dove Luigi studiò e dove appreseanche cognizioni di matematica e astronomia, forseal Collegio Romano di Roma. Probabilmente fre-quentava la città, perché fu la vista della Meridianadi Santa Maria degli Angeli che lo ispirò nell'ideareuna cosa simile anche nella piccola chiesa formel-

lese, di cui divenne titolare alla morte di don Fran-cesco. La Meridiana avrebbe potuto determinarecon esattezza l’istante del mezzogiorno solare e re-golare l’orologio del campanile, piuttosto imprecisocome tutti gli orologi meccanici di allora.

Contare il tempo nell’Italia contadinaDal Trecento all’Ottocento in Italia le ore non ve-nivano contate a partire dalla mezzanotte, comeavviene oggi, ma dal tramonto del sole, che peròvaria di giorno in giorno secondo le stagioni. Era ilsistema orario detto “italico”.Perché tutto questo? Quando non esisteva l’elettri-cità per illuminare le strade e i borghi a una certaora chiudevano le porte, questo sistema permettevadi sapere con precisione quante ore di luce rimane-vano prima della notte, perché la ventiquattresimaora era sempre l'ora del tramonto. E quindi, se siudivano ventidue rintocchi della campana, volevadire che rimanevano due ore di luce, in qualsiasistagione dell’anno: erano spesso le ore per tornarea casa dai campi, a piedi con la zappa in spalla o alritmo lento del somaro, caricato di legna o di fieno.Dopo un primo momento di perplessità, anche iviaggiatori stranieri finivano per abituarsi a questomodo di misurare il tempo basato su un evento

Nel Lazio esistono solo due meridiane attive acamera oscura: una nella Basilica di Santa Mariadegli Angeli a Roma e l’altra nella chiesa di SanLorenzo a Formello. La Meridiana di Roma èammirata da migliaia di visitatori, quella diFormello è stata da poco riscoperta. Un libroappena pubblicato ne svela la storia sorprendente.

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quotidiano percepibile anche dalle persone piùsemplici o isolate: il tramonto del sole. Una curiosità: a Roma esisteva un solo orologiomeccanico pubblico che contava le ore dalla mez-zanotte, quello installato sul campanile sinistro del-la Chiesa della Trinità dei Monti, che appartenevaalla giurisdizione dello Stato francese. Nelle crona-che del tempo e nei diari dei viaggiatori europeiquell’orologio veniva talvolta chiamato “il confortodegli stranieri”, perché era l’unico a segnare il tem-po come nei loro paesi di origine.

La MeridianaMa torniamo alla nostra Meridiana. Nel 1796 donLuigi fece realizzare una linea di marmo lunga cir-ca 13 metri e larga 12 centimetri, sulla quale eranoincise le ore “italiche” del mezzogiorno, con unpasso di un quarto d’ora. Ai suoi lati c’erano i ri-quadri dei segni zodiacali con funzioni calendarialie versi in latino. Era dotata di un foro gnomonico(cioè “indicatore”) di otto millimetri di diametro aun'altezza di oltre 6 metri, aperto nella facciata del-la chiesa di San Lorenzo esposta a sud, sopra a unaseconda porta della chiesa, un ingresso minore ol-tre a quello che conosciamo oggi. Il modello eraquello della Basilica romana, solo più piccolo diun terzo, da cui vennero ripresi anche i segni zo-diacali, incisi a Formello dal pittore Luigi Procida.

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VELA PATRIMONI

Don Luigi dovette fare i conti con la struttura dellachiesa di allora: secondo gli usi dell’epoca, la chie-sa era anche cimitero di parroci o famiglie abbienti,e la Meridiana si sovrappose a una botola sepolcra-le. Ma il sogno dell’intraprendente parroco di For-mello era diventato realtà e misurò per oltre 150anni il tempo del lavoro e delle festività.

La distruzione e il recuperoLa Meridiana venne distrutta nel 1958 con i lavoridi rifacimento del pavimento della chiesa, quandoil cotto venne sostituito da marmettoni di graniglia.Alcuni blocchi di marmo vennero accatastati nelcortile, la maggior parte venne trafugata, tanto chesono scomparsi 8 segni zodiacali su 12, i segni nu-merici e quasi tutta la linea di marmo originaria. Ilforellino in alto, invece, si è conservato: un segnodel destino. Solo che l’antico ingresso secondariodella chiesa è stato murato con il Fonte battesimale,che purtroppo occulta oggi la proiezione verticaledel foro. Ma da quel forellino continuava ad entrarein chiesa un raggio di luce, che in qualche modoispirò e guidò prima un sacerdote dei nostri giorni,don Luigi Peri, tenace animatore dell’opera di ripri-stino, e poi grandi esperti come Mario Catamo, chesi è impegnato nella ricostruzione, e Alfonso Mon-

giu, fotografo di talento che ha documentato l’inte-ro progetto di recupero.Con strumenti topografici e metodi astronomici, vi-sto che la presenza del Fonte battesimale non con-sentiva di ricavare il “punto verticale”, cioè la pro-iezione del foro sul pavimento, Mario Catamo ini-ziò a ricostruire pazientemente la Meridiana scom-parsa. Dovette considerare, rispetto al 1796, anchela diversa inclinazione dell’asse di rotazione dellaTerra, mentre lo stesso pavimento della chiesa si ri-velò essere in leggera pendenza. Cesare Lucarini haeseguito con maestria le nuove incisioni, dopo ave-re costantemente collaborato alla realizzazionedell’intera opera. Dopo un lungo e complesso la-voro di verifica, la nuova Meridiana di Formello,del tutto simile all’antica, anzi, incorporandone latestata meridionale, veniva inaugurata nel 2009.

L’ora media italianaCon l’occupazione di Roma e la proclamazionedella Repubblica romana, tra il 1798 e il 1800 iFrancesi imposero l’adozione del sistema orariomoderno, che conta le ore dalla mezzanotte. Masubito dopo le meridiane ripresero la loro funzione,almeno fino al 1846, quando venne definitivamenteadottato il nuovo sistema e la Meridiana di Formello

Cesare Lucarini e Mario Catamo

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servì a fornire numerose informazioni astronomichee ad indicare il mezzogiorno locale. Anche questafunzione ebbe termine qualche decennio dopo, nel1893, con l’adozione dell’ora media per tutta l’Italia,ricavata dal meridiano di Greenwich.Prima di cambiamenti sociali ed economici chesegneranno anche per Formello l’ingresso nell’etàcontemporanea, dall’emigrazione al socialismo fi-no alla prima guerra mondiale, alla fine dell’Otto-cento anche il modo di contare il tempo era cam-biato. Non era più il tempo delle piccole comunitàcontadine. Anche per gli orologi era iniziato, percosì dire, il tempo della nazione.

INTERVISTA VELA

Formello nel 1952

Tutto è partito da quel raggio di luceDall’antica meridiana una riflessione sultempo e sulla condivisione

Don Luigi Peri è un volto fami-gliare per tutti i formellesi. Èstato il nostro parroco tra il1996 e il 2011. Nato a Montero-si, ha studiato a Nepi, a Ronci-glione e infine nel seminarioromano di San Giovanni in La-terano. Ordinato sacerdote nel1989, ha incontrato i fedeli diNazzano, Fiano Romano e For-mello. Oggi è ad Anguillara Sa-

bazia, e ci accoglie nel sagrato della splendida chie-sa “Regina Pacis”. È una delle nuove chiese più sug-gestive d’Italia, che con la sua forma circolare invitaa condividere il messaggio cristiano.

Quasi nessuno ricordava che a Formello c’era statauna meridiana.Tutto è partito da quel raggio di luce. Era una pre-senza silenziosa e discreta che volevo capire fino infondo. Così rilessi con attenzione l’inventario dellachiesa di San Lorenzo redatto a suo tempo da donVolponi, che descriveva anche la Meridiana, e iniziaiad approfondire l’argomento. Neppure gli anziani ri-cordavano con precisione.

Due secoli più tardi, dopo Luigi De Sanctis un altrodon Luigi si recò a Roma nella Basilica di Santa Ma-ria degli Angeli...Osservai attentamente la grande Meridiana della Ba-silica e presi contatto con il Rettore, che mi presentòMario Catamo. Subito pensammo al restauro. Ma dellaMeridiana originale rimaneva ben poco, se non qual-che lastra di marmo nel cortile. Poi accadde un altrosegno del destino: un parrocchiano restituì alcuni pre-ziosi frammenti che aveva preso al momento dellosmantellamento e che aveva tenuto nel suo casalettodi campagna. Li aveva custoditi a sua insaputa.

Per la fede il tempo è un valore importante.Papa Francesco ha detto: “Il tempo è superiore allospazio”. Vuol dire: non dobbiamo semplicemente oc-cupare gli spazi. Dobbiamo attivare dei processi. Dob-biamo gettare semi. Oggi vogliamo tutto e subito. In-vece per attivare dei processi c’è bisogno di tempo.

La porta di una chiesa è una delle porte per entrarea far parte di una comunità.Sì. Anche di comunità in trasformazione come le no-stre. La parrocchia è un luogo di incontro tra le perso-ne, tra i vecchi residenti e chi è venuto da poco ad abi-tare qui, tra gli abitanti dei borghi storici e quelli deinuovi quartieri come Le Rughe a Formello e La Stazio-ne ad Anguillara. Condividendo le storie nascono pro-getti comuni. Insieme, ci si sente in cammino.

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VELA CONOSCERE ROMA

Il nuovo calendarioIl programma di visite culturali riparte da ottobre: gli ambienti segretidel Monte Soratte e due angoli poco conosciuti della Città Eternasaranno le nostre mete.

Sabato 12 novembre 2016 - IL BUNKER SORATTECon oltre 4 km di tunnels scavati nelle viscere del Monte Soratte, è la più imponente operasotterranea di ingegneria militare d’Italia. Fu realizzata per volere di Benito Mussolini tra il1937 e il 1942 e costituiva un rifugio antiaereo per le alte cariche del governo fascista e delregio esercito. Nel dopoguerra divenne un bunker anti-atomico. La temperatura interna è di13°C: sono consigliati indumenti caldi e scarpe comode chiuse; una torcia è facoltativa.Ingresso: 8 euro

Sabato 25 febbraio 2017 - PALAZZO CESI ARMELLINIElegante palazzo rinascimentale che in tempi recenti ha patito gli sventramenti urbanistici di viadella Conciliazione, fu dimora dei cardinali delle due famiglie che gli hanno lasciato il nome.Nella loggia dipinta, affreschi tardo-cinquecenteschi di tema biblico; nella cappella del pianosuperiore, la tomba del fondatore dell'ordine religioso che oggi amministra la sede.Ingresso: 5 euro

Sabato 20 maggio 2017 - IL FORO OLITORIO E LA CHIESA DI SAN NICOLAStraordinario sito archeologico che documenta l'evoluzione di un'area commerciale cono-sciuta come il Foro olitorio, cioè il mercato di frutta e verdura confinante con il più tardo teatrodi Marcello: tre templi di età repubblicana costituiscono oggi le fondamenta della chiesa me-dievale di San Nicola in Carcere e offrono la suggestione di una passeggiata “sotterranea”.Ingresso: 3 euro

La partenza in pullman avviene da Trevignano (ore 8:00) e da Formello (ore 8:30). È necessario prenotarsi,fino all'esaurimento dei posti disponibili, al numero 06 90 14 30 55 (Ufficio Soci). Ogni socio può farsiaccompagnare da un famigliare. Chiediamo ai nostri soci prenotati di mantenere l'impegno o, in casodi un imprevisto, di avvertire dell'assenza entro il giovedì precedente la data della gita, in modo da daretempo all'Ufficio Soci di contattare i prenotati nella lista di riserva.

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CON IL PATROCINIO DELLA BANCA VELA

Il cinema e le libertà negate

Il tema scelto per quest’anno è as-sai impegnativo: “Ombre nere, il

cinema e le libertà negate”. Il Trevi-gnano FilmFest, in programma nellostorico Cinema Palma di Trevignano,lo affronterà con una dozzina di filme documentari fra i più belli e intensidi questi anni. Sarà questa la quintaedizione di una rassegna che neglianni si è affermata come uno deglieventi culturale più attesi del nostroterritorio, apprezzata dal pubblico,stimata dalla critica e seguitissimadai media nazionali, con articoli digiornale, agenzie di stampa e tv: loscorso anno le telecamere della Raisono arrivate due volte.

Uno sguardo a qualcuno dei film in programma.Sul tema del lavoro verranno proiettati “La legge delmercato” di Stéphane Brizé e un documentario inanteprima, “I bambini della miniera” di TommasoSanti, che racconta una tragedia dimenticata, anzisotterrata: quella dei 43 italiani che persero la vitanella miniera toscana di Ribolla, nel maggio del1954, due anni prima di Marcinelle, di cui que-st’anno è stato commemorato il sessantesimo anni-versario. Sulle libertà democratiche, un documen-tario di assoluto interesse è il russo “Under the

Sun”, che ripercorre la giornata di alcuni bambininella Corea del Nord dominata dalla più intransi-gente dittatura comunista, con un esasperato cultodella personalità. “L’ultima parola” ripropone inve-ce la vera storia di Dalton Trumbo, lo scenografopremio Oscar accusato di comunismo e persegui-tato assieme ad altri nell’America della GuerraFredda.

Molto nutrito il capitolo che riguarda le donne. Siva da “Difret”, il delicato film che racconta la storiavera di una ragazzina etiope di 14 anni che ucciseil suo rapitore e che grazie a un’associazione di av-

vocatesse riuscì ad evitare la con-danna a morte, al saudita “La bi-cicletta verde”, al noto “Mu-stang”, con protagoniste cinquegiovani sorelle di un villaggio tur-co, che riusciranno a sottrarsi alleassurde costrizioni loro imposte.Tra gli italiani, verrà proiettato ilfilm “Un posto sicuro”, dedicatoalla questione dell’amianto, rive-latosi estremamente pericolosoper la salute.

Ma come ogni anno ci sarannoanche anteprime nazionali eospiti a sorpresa. Il programmadefinitivo verrà pubblicato, oltreche nelle locandine e nei mani-festi, sul sito www.trevignanofil-

mfest.it, su quello del Comune di Trevignano e sullapagina Facebook dedicata alla rassegna.

Il team di giornalisti che organizza il FilmFest ha in-tensificato la collaborazione con le strutture del pae-se. Il Comune garantirà una navetta gratuita dal par-cheggio adiacente alla Chiesa di San Bernardino(Via Settevene Est) al cinema, in orario spettacoli,mentre con la FilmFest Card dal costo di soli 10 europer tutti gli ingressi si potrà visitare anche un’impor-tante mostra presso il Museo etrusco di Trevignano,dal titolo “Hitnes - Le collezioni sommerse”.

Dal 23 al 26 settembre ilTrevignano Film Fest proietteràfilm e documentari dedicati allelibertà politiche, allacondizione della donna, aldiritto al lavoro e all’amore intutte le sue forme.

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VELA AZIENDEVELA AZIENDE

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Tuttal’emozionedel vinoUn metodo innovativo ci insegna avalutare il vino e ogni anno segnala imigliori vini italiani in un preziosoAnnuario. Ne parliamo con Francesca RomanaMaroni, editore e ideatrice di grandieventi attorno al vino e alle emozioniche suscita.

Nella Zona industriale di Formello ha sede la

SENS, la casa editrice della più completa guida

dei vini italiani, nata dalla passione di Luca Maroni,

analista sensoriale, e Francesca Romana, sua sorella,

che ai migliori vini italiani dedica eventi di respiro

internazionale. È qui che, in un locale spazioso,

vengono raccolti i campioni di vino provenienti da

aziende di tutta Italia che Luca analizza personal-

mente, con un metodo scientifico di degustazione

basato sull’assioma che la qualità del vino è la pia-

cevolezza del suo sapore. Ed è qui che Francesca

Romana ci spiega il segreto dei vini migliori.

Piacevolezza del vino. Cosa vuol dire?Il vino è piacevole quando il suo gusto richiama inmodo vero, vale a dire consistente, equilibrato e in-tegro, quello delle uve da cui è ottenuto. Sono treparametri non puramente teorici, ma analiticamentemisurabili e percepibili da ognuno. È questo il ri-sultato delle lunghe ricerche di Luca. La riproduci-bilità tecnica della piacevolezza è quindi finalmentepossibile anche per il vino, come avviene da anniper il resto del settore alimentare.

Consistenza, equi-librio e integritàdel vino. Defi-niamo questi treparametri di valu-tazione. Cos’è laconsistenza?La consistenza èl’insieme delle so-stanze che costi-tuiscono un vino,il suo estratto. Ilvino consistente èricco di colore, diprofumo, di sa-pore, e ha un tatto

denso e viscoso. Dipende dalla consistenza dell’uvaimpiegata. Ma tanto maggiore è la quantità di uvaprodotta da una vite, tanto minore sarà la consi-stenza del vino ottenuto: la consistenza di un vinoè quindi un pregio raro perché costoso.

E quando un vino può dirsi equilibrato?Un vino è equilibrato quando la dolcezza del suogusto eguaglia la somma della sua acidità e della

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AZIENDE VELA

Formello nel 1952

A Milano la vigna di Leonardo da VinciIl vigneto più prezioso del mondo riscoperto da Luca Maroni

Nel 1498 Ludovico il Morodonò una vigna a Leonardoda Vinci, a Milano, vicino aPorta Vercellina, a pochi pas-si dal suo laboratorio e dallasala in cui il grande artista di-pinse uno dei suoi capolavo-ri, il Cenacolo.

Leonardo proveniva da unafamiglia fiorentina che ama-va coltivare la vite e che pos-sedeva terreni in Toscana, eanche per questo curò conpassione la vigna milanese ela lasciò agli eredi. Con alter-ne vicende, quel vigneto ar-

rivò fino al Novecento: “un viale con pergola vitata”, scrisse untestimone nel 1920, all’interno della Casa degli Atellani, un belpalazzo con cortile che ha preso il nome da una famiglia di im-portanti nobili di corte. Nel 1943 i bombardamenti della se-conda guerra mondiale distrussero il vigneto, di cui non rima-sero che disegni e note dello stesso Leonardo e fotografie inbianco e nero degli ultimi proprietari.

Ma ecco l’intuizione di Luca Maroni: “se le viti furono distrutteda un incendio, allora le radici sottoterra sono ancora integre, emagari scavando possiamo ritrovarle ricavandone frammenti cel-lulari ancora vivi della vigna di Leonardo per identificarla, ripor-tarla in vita e ripiantarla, nella stessa posizione, della stessa iden-tica natura dell’originale”. Era il 1999: da quel momento Lucainizia a coinvolgere enti di ricerca, fondazioni, istituzioni e glistessi attuali proprietari del terreno, fino a iniziare gli scavi, indi-viduare il DNA della vigna di Leonardo e reimpiantare, nella pri-mavera del 2015, le stesse viti di allora: la Malvasia di CandiaAromatica. Questa vicenda è raccontata nel libro “Leonardo daVinci. La vigna ritrovata” edito dalla SENS: un’intuizione sospesasulle ali di un sogno divenuta realtà, e oggi il vigneto è produttivoe visitabile su prenotazione. A tutti gli effetti è un bene culturale.

La ricerca del vigneto originale ha portato Luca anche a rileggerel’opera del Genio: “cercando il vino in Leonardo ho trovato ilsuo spirito umano”, la sua curiosità senza confini, le sue osser-vazioni quotidiane che riguardarono anche la concimazione del-la vite, i segreti della vinificazione e un consiglio per trarre dalvino tutto il piacere senza stordimento: “E’l vin sia temperato,poco e spesso. Non fuor di pasto, né a stomaco voto”.

VELA AZIENDEVELA AZIENDE

sua eventuale amarezza. È un vino armonico. Sel’uva impiegata non è matura, il vino avrà saporeacido o amaro. Anche l’equilibrio è un pregio raro,perché se una vite produce uva in grande quantità,la maturazione del frutto è più difficile.

Cos’è l’integrità del vino?Il gusto di un vino è integro quando il sapore delfrutto è avvertito nella sua pulizia e nella sua novità.La pulizia del vino è la sua purezza, in cui devonoessere assenti aromi non propri dell’uva, come pro-fumi o sapori sulfurei, acetosi o legnosi. La novitàdel vino è invece l’assenza di aromi ossidati, nonpresenti nell’uva al momento del suo distacco dallapianta. Come la consistenza e l’equilibrio, anchel’integrità è un pregio raro, perché nasce da un pro-cesso di produzione curato, rapido e diligente.

Un vino di alta qualità è allo stesso tempo consi-stente, equilibrato e integro.Sì. Nessuno dei tre parametri fondamentali deter-mina da solo la qualità di un vino, ma sono tra lorointerdipendenti. Ognuno dei tre concorre in manieraidentica (33,33%) alla qualità del vino e alla valu-tazione pubblicata dall’Annuario dei migliori viniitaliani. Il livello di consistenza, equilibrio e integritàè fissato una volta per tutte dal produttore con ildefinitivo imbottigliamento del vino. Il trascorreredel tempo causa il decremento della consistenza edell’integrità, ma l’equilibrio resta immutato.

Il ruolo del produttore è fondamentale.Ogni giorno negli occhi dei nostri produttori ve-diamo la passione e la gioia interiore di chi creaqualcosa di così prezioso, puro e naturale come il

vino. Assieme a loro vogliamo raccontare le eccel-lenze. Il cibo e il vino richiamano sensazioni con-divise. Dal 1988 ad oggi abbiamo degustato oltre300.000 vini.

La persona è sempre al centro di tutto. Vale per leaziende viti-vinicole come per il mondo bancario.Siete nostri correntisti all’agenzia di Olmetti.Il Credito cooperativo ha mantenuto la capacità diascolto, la cortesia e la competenza, venendo in-contro alle nostre esigenze, quando invece negli ul-timi anni il sistema bancario internazionale non hasaputo rimanere dentro il sistema produttivo, con larichiesta di garanzie eccessive e un difficile accessoal credito. Anche questo ha provocato le sofferenzein molte piccole e medie imprese.

E invece molte piccole e medie aziende custodi-scono storie straordinarie e vini eccellenti.È importante far conoscere al grande pubblico pro-duttori, cantine e vini che non hanno ancora unavasta rete commerciale. Portiamo il vino nei luoghipiù belli d’Italia: il buono nel bello. È il mio lavoro.Esiste una correlazione sottile tra etica ed estetica:un luogo bello ti porta a comportarti in modo ri-spettoso. Anche nei piccoli centri c’è voglia di qua-lità, bellezza e aggregazione.

Quindi un bicchiere di vino è…Un bicchiere di vino è un pretesto per riappropriarcidi un contesto che ci rende migliori.

Il vino sprigiona le idee, ci fasognare, libera i pensieri, ci faintuire l’universo attorno a noi,perché una tonalità di colore,un retrogusto particolare o unprofumo ben distinto ci rivelanola tipologia di un terreno,l’esposizione al sole o l’anda-mento climatico di un’annata.

Esprime simbologie profonde. Accompagna riti sacrie profani, le tavole nobiliari e i banconi della più umi-le osteria, feste popolari e bevute solitarie. Suggeriscel’energia creatrice di una natura potente e silenziosa,il ritmo incessante delle stagioni, i gesti antichi dellapotatura, della vendemmia e della pigiatura.

Luca Maroni ci ha fatto fare un meraviglioso viaggionel tempo alla ricerca della vigna di Leonardo da Vin-ci. E proprio un contemporaneo di Leonardo, l’uma-nista Marsilio Ficino, scriveva: “La materia non ha insé la forza di darsi forma, perché ciò accada occorreche incontri l’anima, e la manifestazione dell’incontroè la bellezza e il grado è la qualità” (De Vita, 1489).Per il vino, quale definizione migliore di questa?

Il vino è un incontro di anima e materia, l'uva. Èl’espressione massima dell’amore per il territorio. È lasimbiosi perfetta tra uomo e natura. E aggiungerei:coraggio.

Perché ci voleva coraggio a piantare la vite, millennifa, quando di certo non si conoscevano tutte le suepotenzialità. Ci voleva coraggio anche in anni più re-centi, all’epoca dei nostri nonni, per coltivare terrenidifficili e frammentati.

Attorno al Lago di Bracciano l’umidità non favoriscela crescita di uve di pregio. L’ho sperimentato perso-nalmente impiantando e coltivando un vigneto in unterreno appartenuto a mio padre. Nelle zone internee collinari, invece, c’è un migliore drenaggio e

un’escursione termica maggiore. È importante, perchéil freddo notturno blocca gli aromi primari e secondariall’interno dell’acino. A tal punto che in alcune vignedell’Europa centrale i grappoli vengono raccolti con-gelati e si vinifica in condizioni estreme: il ghiacciodisidrata il frutto e consente la concentrazione deisucchi. È il “vino di ghiaccio”, “Icewine”, “Eiswein”o “Vin de Glace” nelle altre lingue.

Associamo sempre il cibo al vino, per la tradizione eper il territorio. Abitualmente al piatto si associa il vi-no, ma si può fare anche il contrario: degustare primail vino e poi scegliere il piatto più indicato.

Nel mio ristorante, “Acquarella”, tra Trevignano R.e Anguillara S., per tanto tempo ho cercato un vinoche potesse darmi la naturale armonia del gusto, unvino da abbinare al pesce del lago. L’ho trovato nel-la Lugana, un bianco delicato dal colore dorato, enel Bardolino del Lago di Garda, un rosso di grandefreschezza e dalla struttura non molto forte. Non acaso questi vini nascono non lontano dalle spondedi un altro lago.

Per tanto tempo nel Lazio ha prevalso la quantità,quando il vino era considerato un semplice alimento.Poi, negli anni Venti del Novecento, un episodio cam-biò le sorti dei nostri vini: la Regina d’Inghilterra volleun Frascati nella sua cantina. E da qual momento an-che da noi si iniziò a riflettere sulla qualità.

Ma rispetto ad altre regioni, i nostri agricoltori nonhanno ancora creduto nella consorzialità, che invecepermetterebbe di abbattere i costi, di essere più com-petitivi sul mercato e di creare infrastrutture più gran-di, come estesi vigneti e cantine sociali.

Oggi una nuova generazione si affaccia al mondo del-le campagne: dopo anni di abbandono dei terreni,molti giovani stanno aprendo vivai, coltivano ortaggi,trasformano i prodotti con originalità. Sono sicuro chesapranno guardare lontano. (M.S.)

Una simbiosi perfetta tra uomo e naturaMatteo Stefanelli è un nostro consigliere ma anche un raffinato sommelier che saabbinare i piatti del lago con i vini migliori. Gli abbiamo chiesto di raccontarci ilvalore culturale del vino.

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VELA SUL FILO DELLA MEMORIA

Dolores Sforzini,per tutti “Dolò”

L’ingrediente essenziale del-le storie che ci rimanda il

mondo contadino è la semplici-tà. Sembra quasi che i personag-gi si muovano su percorsi segna-ti, senza alcuna incertezza. An-che di fronte a scelte complessenon ci sono esitazioni possibili.Come nelle tragedie greche,ognuno segue il proprio destino.

In questo contesto di cose sem-plici, di scelte senza compro-messi, è la storia di Dolò: Dolo-res Sforzini, nata a Trevignano il21 gennaio 1909 e morta, sem-pre a Trevignano, il 25 dicembre1986.

Sesta di sette fratelli, una fami-glia uguale a tante altre, diversasemmai solo per la scelta vario-pinta dei nomi di battesimo; uni-ca concessione alla fantasia, inun mondo fatto di giornate tutte uguali. Tra i fratellie le sorelle di Dolò, infatti, uno si chiama Paride,un'altra si chiama Argenide, il più giovane si chia-ma Tripoli, forse in omaggio all'avventura italianain Libia.

Non vogliamo raccontare ogni singola giornata diDolò, ma ci piace immaginare una bambina picco-la che cresce, insieme ad altri bambini, in mezzo avia Garibaldi, la via principale del paese, gioca alippa o a nascondino, magari buttando un occhioa Tripoli che è più piccolo.

Nel 1929 arriva a Trevignano, come medico con-dotto, Mario Dubois.

Prima di addentrarci nelle vicende personali di Ma-

rio e Dolò, vorremmo soffer-marci, per un attimo, sulla fi-gura del medico condotto inun piccolo paese nell'Italiacontadina degli anni ’30. Ilmedico condotto era una spe-cie di divinità laica; a metàstrada tra stregone, veterinario,medico, chirurgo e confessore.Si andava a consultarlo comesi consulterebbe un oracolo eci si aspettava da lui la solu-zione ad ogni problema.

Dolò collabora saltuariamentecon il medico condotto e tra idue giovani nasce immediata-mente una simpatia che si tra-sforma, in breve, in una storiad'amore. Ma è una storia diffi-cile, complessa: forse Mario ètroppo debole e Dolò tropposicura di sé e tra i due, purscattando la scintilla, non è vi-

ta facile. Incompatibilità di carattere, diremmo noi;non era destino, avranno commentato allora. E ildestino di Mario si compie in un matrimonio, forsefatto più per dispetto che per convinzione, con unadonna che non è Dolò.

Ma è un mondo chiuso, quello dove vivono Marioe Dolò, e ci si rincontra sempre. Trevignano è lì,compreso tra la piazza del comune e la fontana;non ci sono strade provinciali, tutto l'universo èracchiuso in quattro vicoli e una piazza. Non ci so-no diversivi, è difficile sfuggirsi o ignorarsi; è più fa-cile rincontrarsi. E Dolò e Mario si rincontrano.

Dove c'è stato il fuoco cova la cenere, come avreb-be detto mia nonna. Tra i due è nuovamente amore,

Il coraggio di vivere di una donna quando Trevignano era tutta lì, trala piazza del comune e la fontana, e si finiva sempre per rincontrarsi.

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SUL FILO DELLA MEMORIA VELA

ma un amore ancora più difficile e sofferto. Lei rim-provera a Mario di averla lasciata per sposare un'al-tra donna; lui le rimprovera di non essere una don-na fragile e arrendevole.

Mentre questa situazione sentimentale vacilla, Do-lò si accorge di aspettare un bambino. Per com-prendere il senso e il valore di una scelta, bisognatentare di capire il contesto sociale e culturale incui quella scelta è maturata. Una donna sola, un fi-glio illegittimo, il peso di uno scandalo, nessun so-stegno economico e, forse, quel che è peggio, nes-suna comprensione.

E in questo contesto quello che più colpisce è lasemplicità e la determinazione della decisione pre-sa, come se non fosse possibile fare diversamente.Dolò accetta la sfida: un figlio da sola, senza com-promessi, senza accettare un aiuto o un matrimonioin Francia che, forse, ai suoi occhi doveva sembrareun'offesa peggiore del tradimento.

Un figlio da sola, forse perché come diceva Filome-na Maturano “i figli sono figli”, o forse più sempli-cemente perché non si può fare altro, forse perchénon si può sfuggire al proprio destino. Ma le sceltedifficili evidentemente rafforzano chi ha il coraggiodi prenderle; Dolò non ha bisogno di niente, nonvuole avere nessun aiuto da Mario, anzi non vuolepiù avere contatti con lui.

L'unico contatto: il bambino che si chiama Giuliocome il nonno paterno, proprio come avrebbe vo-luto Mario che non ha e non avrà altri figli. Giulionasce il 29 settembre 1943.

In un mondo provinciale dove ogni cosa diversasuona come uno scandalo, dove le donne vivonoall'ombra degli uomini e in alcuni casi disperatipreferiscono morire piuttosto che essere emarginatee non accettate, Dolò si accetta e obbliga gli altriad accettarla.

Crescerà il figlio del medico da sola, lo crescerà nelmigliore dei modi possibili perché comunque quelbambino appartiene per nascita a un altro strato so-ciale.

Si rischia la retorica quando per raccontare una sto-ria si insiste sul sacrificio compiuto, sull'amore in-trepido di una madre, ma Dolò non è una figura re-torica, è una donna semplice; non pensa di farenulla di straordinario, è tutto normale, tutto sempli-cemente scontato.

Le storie belle, del resto, rischiano sempre di diven-tare retoriche quando non abbiamo più il coraggiodi guardarle per quello che sono: storie di vita co-mune, storie d'amore. Non si poteva fare altro equello che si poteva fare bisognava farlo bene.

Noi l'abbiamo conosciuta Dolò; l'abbiamo vistavecchia, bastava fischiare e le si abbassava la voce;faceva le iniezioni a tutti i trevignanesi perché erarimasta, nell'animo, un po' infermiera. È morta inpoco tempo, senza disturbare e senza clamori cosìcome era vissuta e forse le dispiacerà che noi laconsideriamo un personaggio importante della no-stra piccola comunità perché lei, in fondo, non hafatto niente di eccezionale; ha solo avuto il corag-gio di vivere. (Antonella Morichelli)

Nerone incorona Tiridate, il re dell’ArmeniaUn trionfo di colori

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VELA NAVIGARE NELLA STORIA

Quel mattino di maggio del 66 i Fori divennero il palcoscenico per unastraordinaria rappresentazione propagandistica. Quando i raggi del solesfiorarono i tetti della enorme Basilica Emilia e, colorandosi d’oro,illuminarono Nerone, Tiridate e il suo corteo iniziarono a percorrerel’ultimo tratto della via Sacra per andare a inginocchiarsi davantiall’Imperatore.

Le fanfare scossero dal torpore la folla assiepatafin sui tetti degli edifici e intimorirono il Re arme-

no che stupefatto da tanto splendore procedeva concautela verso il palco imperiale.Una duplice fila di gente vestita di tunica biancaaveva preso posto fin dalla notte lungo i bordi dellestrade. La Guardia Pretoriana in alta uniforme erastata schierata davanti ai templi e alla tribuna rostrata.Il Senato al completo occupava lo spazio tra la BasilicaGiulia e il declivio del Tabularium, fondale monu-mentale della piazza. I Sacerdoti e i rappresentantidelle magistrature erano sistemati a ridosso della Tri-buna dei rostri su cui troneggiava la sedia curule, oc-cupata dall’Imperatore, “in abito da trionfatore, cir-condato da insegne e da vessilli”.

Tra i due imperi, l’ArmeniaTiridate (nome derivato da Tir, dio partico della scienzae dell’arte) era fratello di Vologese, il re del temuto

impero delle Partia, da decenni in lotta contro Roma.Fu posto dal potente fratello sul trono dell’Armenia,da lungo tempo attraversata dalle legioni romane alcomando del Generale Corbulone. Da dieci anni du-rava il confronto armato tra i due eserciti, con frequentitattiche dilatorie, ritiri improvvisi, fughe e attacchi fe-roci, finché Vologese impose il proprio volere. Romanon poteva di certo restare inerme davanti al fattocompiuto, anche perché era vivo ancora il dolorosoricordo di una bruciante sconfitta, subita poco primadalle legioni romane.Nerone aveva deciso da qualche tempo che l’Armeniadoveva diventare un protettorato romano, essendoquesto piccolo Stato, posto tra il Mar Nero e il MarCaspio, un naturale cuscinetto tra i due imperi. Romadunque preparò una possente armata per l’attaccodecisivo. Una forza militare di quelle proporzioniavrebbe avuto ragione di qualsiasi resistenza. A Tiridatenon rimase che chiedere un incontro al generale ro-

mano Corbulone: furono radunati i due eserciti l’unodi fronte all’altro, dai quali si staccarono due scortedi venti cavalieri ciascuna. Corbulone e Tiridate, scesida cavallo, si strinsero la mano mentre nella spianataregnava un silenzio totale. Ci vollero quindici giorniper la preparazione della cerimonia celebrativa del-l’accordo raggiunto.Fu uno straordinario spettacolo: da una parte la ca-valleria, divisa per squadroni, dall’altra i reparti dellelegioni con le aquile risplendenti, le insegne e lestatue degli dèi, come in un tempio. Nel mezzo unpalco con la sedia curule e, sulla sedia, la statua diNerone. Si accostò ad essa Tiridate, dopo i rituali sa-crifici di vittime, si tolse dal capo il diadema e lo de-pose ai piedi della statua: “ora sarebbe andato a mo-strarsi al mondo in veste di prigioniero o poco meno”.La corona di Re l’avrebbe ripresa a Roma dalle manidi Nerone.

Il viaggio verso RomaPassarono da quel giorno tre anni prima che il Repartico iniziasse il suo pellegrinaggio verso l’Urbe, acausa delle tragiche vicende che sconvolsero la Ca-pitale, come l’incendio della città. Alla fine del 65iniziarono i preparativi per il lungo viaggio che duròoltre nove mesi. Tiridate, oltre che mago, era anchesacerdote di Mitra, il Dio della luce, che guidava ilsuo popolo contro le tenebre nel sistema religiosodello zoroastrismo. Tale movimento vietava ai seguacidi attraversare il mare per non contaminarlo con gliescrementi e, quindi, il viaggio per Roma doveva es-sere intrapreso soltanto per via terrestre.Nel profondo Oriente, e precisamente nella città diArtaxata, cominciò a radunarsi un lungo corteo, conin testa Tiridate e la moglie, il cui viso era coperto dauna maschera d’oro. Seguivano i Principi armeni sucammelli con cesti ricolmi di doni, poi la guardiapersonale del Re, dietro alla quale marciavano circatremila arcieri partici e alcuni reparti della cavalleriaromana. Lentamente la lunga e variopinta colonnacominciò a incamminarsi verso Ovest lasciandosi allespalle, dopo alcuni giorni, l’Armenia. Attraversò poila Cappadocia e la Bitinia per arrivare successivamentesulle rive del Bosforo, che attraversarono in corrispon-denza della città di Bisanzio (Istanbul). In ogni pro-vincia romana venivano accolti con tutti gli onori eriforniti di viveri necessari per arrivare alla tappa suc-cessiva. Il corteo attraversò poi la Tracia e la Macedoniafino a giungere in Dalmazia. Da lì risalirono la Pannoniaper arrivare poi in Italia. Cominciò da quel punto lamarcia verso sud in direzione della Capitale.

All’erario imperialeil viaggio costava800.000 sesterzi algiorno, oltre all’im-pegno che dove-vano profondere lestrutture delle Pro-vince per rendereaccogliente il sog-giorno.Ovunque arrivava

Tiridate suscitava ammirazione e rispetto perché “eranel pieno della gioventù, una figura notevole per gio-vinezza, per bellezza, per stirpe e per intelligenza”,come scrive Cassio Dione. Questo lungo corteo, daiprofumi e colori orientali, che montava cavalli consellerie arabescate, aumentava di giorno in giorno laconsiderazione che la gente nutriva per Nerone. Perla prima volta un Principe orientale aveva deciso dipercorrere migliaia di chilometri per inginocchiarsidavanti all’Imperatore e chiedere la sua protezione.

L’incoronazione nel giorno aureoVigeva a quell’epoca la consuetudine che chiunqueavvicinasse l’Imperatore romano non poteva portarecon sé nessun’arma. Nemmeno Tiritade poteva disat-tendere la norma. E allora la spada che pendeva dalsuo fianco fu fatta inchiodare alla cintura.Il Re armeno salì lentamente le scale che portavanoalla tribuna rostrata e così si rivolse a Nerone, la cuiintera figura risplendeva ai primi raggi del mattino:”Io sono venuto verso di te, mio Dio, per adorarticosì come Mitra, e la mia sorte sarà quella che tum’assegnerai, perché tu sei per me il Destino e la For-tuna”. Una dichiarazione di grande effetto, pronun-ciata in greco, che un Pretore lentamente traduceva avoce alta alla folla. Nerone allora lo aiutò ad alzarsi egli pose sul capo il diadema che tre anni prima Tiridateaveva deposto a Rhandeia ai piedi della statua. Poi loabbracciò e lo baciò e disse ad alta voce: “Io ti con-cedo ciò che tuo padre non ti lasciò in eredità e i tuoifratelli non prestarono aiuto a mantenerlo dopo aver-telo consegnato. Ti affido la corona d’Armenia. Sap-piate che è mio potere prendere o donare reami”.Nella stessa giornata il corteo si recò nel teatro diPompeo per festeggiare l’incoronazione, in uno sfarzodi colori. Sopra il teatro avevano teso un velo di por-pora sul quale spiccava la figura del Principe romanoche guidava un carro tra gli astri celesti. Le pareti e lecolonne erano state dorate, tanto che quella giornatasarà poi ricordata come “il giorno aureo”. (G.P.)

IL FILO DELLANAVIGARE NELLA STORIA VELA

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VELA LE MIGLIORI TESI DI LAUREA

Partendo dall’assunto incon-trovertibile che l’obiettivo

principale delle grandi aziendesia la crescita e l’espansione,possiamo affermare che moltospesso questo venga perseguitoanche a svantaggio delle impresepiù piccole. Potremmo fare innu-merevoli esempi di aziende strut-turate che oltrepassano il confi-ne, talvolta labile, tra la normaleconcorrenza e quella sleale.

Uno dei casi di maggior rilievoesaminati dall’Autorità Garantedella Concorrenza e del Mercatoè quello che vede come protago-nista Poste Italiane, che ha postoin essere condotte volte a ledereil libero gioco della concorrenza,a discapito di Nexive, ex TNT.

Poste Italiane ha operato su unduplice fronte: da una parte haottenuto illecitamente il control-lo sulla corrispondenza dellaconcorrente Nexive e dall’altraha applicato prezzi più bassi ri-

spetto a quelli di quest’ultima.Tali prezzi, mediante alcune me-todologie di calcolo, sono statiritenuti al di sotto dei costi diproduzione e dunque anticon-correnziali. È inoltre da sottoli-neare che tali prezzi sono statiapplicati su un prodotto che Po-ste Italiane ha creato a immaginee somiglianza di un analogo pro-dotto realizzato poco prima daNexive: il servizio “Posta Time”.

Le condotte descritte nel casooggetto di analisi hanno, comefattore comune, l’utilizzo stru-mentale della rete postale da par-te dell’operatore dominante (Po-ste Italiane), finalizzate a falsareil libero gioco della concorrenza.Il possesso di tale “privilegio” haportato alla stessa società unvantaggio implicito, che si è pa-lesato mediante il controllo dellacorrispondenza dei concorrenti.La società Poste Italiane è stataquindi condannata dall’AutoritàGarante della Concorrenza e del

Mercato, dal momento che lesue condotte sono state princi-palmente finalizzate ad esclude-re dal mercato il principale con-corrente TNT.

Casi come questo sono assai fre-quenti nel mercato odierno, gui-dato da imprenditori che dovreb-bero conoscere i limiti di ciò cheè consentito fare o ciò che la leg-ge vieta. Questi ultimi dovrebbe-ro evitare di contrastare i dirittidelle imprese concorrenti, spes-so più piccole e deboli.

Anche chi è preposto alla com-mercializzazione di un prodotto,che spesso riceve dall’azienda in-centivi proporzionati ai risultatiraggiunti, potrebbe essere tenutoa un atteggiamento più responsa-bile. C’è da chiedersi infatti: sevenisse chiamato a risponderedelle sanzioni imposte in capo al-l’azienda, a causa del suo opera-to, continuerebbe a porre in esse-re tali comportamenti scorretti?

Federica Leuti ha studiatoeconomia, management efinanza presso l’Università

Europea di Roma.Attualmente lavora in

Kpmg Spa come Auditordel settore industriale.

Vive a Formello.

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I COMPORTAMENTI DELLE IMPRESEA discapito dei più deboli? DI FEDERICA LEUTINEO-LAUREATA IN ECONOMIA

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