LA RIFORMA DELLE FINESTRE IN ITALIA · 2020. 2. 6. · finestre di utilizzo delle opere...

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latest - scanner dati e tendenze del mercato audiovisivo a cura di DG Cinema scanner LA RIFORMA DELLE FINESTRE IN ITALIA di IOLE MARIA GIANNATTASIO E BRUNO ZAMBARDINO La regolamentazione della successione dei canali di sfruttamento dei film comincia a porsi a metà degli Anni '80, passando per il “Compromesso di Stoccolma”, per arrivare alla Direttiva di riforma della Televisione senza Frontiere in cui prevale la piena libertà contrattuale e l’espressione “emittenti” viene sostituita con quella più ampia di “fornitori di servizi media” comprendendo le trasmissioni via Internet e, in particolare, il video on demand La regolamentazione della successione dei canali di sfruttamento dei film – il cosiddetto sistema delle finestre o windows – è uno dei temi at- tualmente più dibattuti nel settore audiovisivo. La sequenza e la durata ottimali delle finestre sono frutto di un conti- nuo bilanciamento che da un lato deve impedire che il rilascio del film in una finestra possa cannibalizzare il successo del rilascio nella succes- siva, dall’altro deve evitare che tempi di rilascio troppo lunghi finiscano per rendere il prodotto poco interessante agli occhi del consumatore o preda di pirateria. In genere i diritti di riproduzione del film vengono venduti separata- mente per ciascuna finestra, a prezzi differenziati e decrescenti, man mano che ci si allontana dall’uscita del film.

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LA RIFORMA DELLE FINESTRE IN ITALIAdi IOLE MARIA GIANNAT TASIO E BRUNO ZAMBARDINO

La regolamentazione della successione dei canali

di sfruttamento dei film comincia a porsi

a metà degli Anni '80, passando per

il “Compromesso di Stoccolma”, per arrivare

alla Direttiva di riforma della Televisione senza

Frontiere in cui prevale la piena libertà contrattuale

e l’espressione “emittenti” viene sostituita

con quella più ampia di “fornitori di servizi media”

comprendendo le trasmissioni via Internet

e, in particolare, il video on demand

La regolamentazione della successione dei canali di sfruttamento dei film – il cosiddetto sistema delle finestre o windows – è uno dei temi at-tualmente più dibattuti nel settore audiovisivo. La sequenza e la durata ottimali delle finestre sono frutto di un conti-nuo bilanciamento che da un lato deve impedire che il rilascio del film in una finestra possa cannibalizzare il successo del rilascio nella succes-siva, dall’altro deve evitare che tempi di rilascio troppo lunghi finiscano per rendere il prodotto poco interessante agli occhi del consumatore o preda di pirateria.In genere i diritti di riproduzione del film vengono venduti separata-mente per ciascuna finestra, a prezzi differenziati e decrescenti, man mano che ci si allontana dall’uscita del film.

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1. http://www.camera.it/temiap/2014/12/03/OCD177-696.pdf

Un documento della Camera ad opera di Luigi Mansani intitolato “Le finestre di utilizzo delle opere audiovisive”1, fornisce una sintesi delle principali tappe normative europee sul tema a partire dalla metà degli Anni '80, quando l’Europa si inizia a porre il problema delle finestre temporali all’interno di quello che sarebbe divenuto il mercato unico delle trasmissioni audio e video. La Commissione pubblica nel 1984 un Green Paper on the Establishment of a Common Market in broadcasting, especially by Satellite and Cable in cui, pur non intendendo regolamentare le finestre, stabilisce che i titolari dei diritti cinematografici concedono diritti di trasmissione solo se questo non danneggia altre forme di com-mercializzazione, quali la proiezione al cinema.Un anno dopo la sentenza della Corte di Giustizia CE nel caso Ci-néthèque è il primo atto in cui le istituzioni comunitarie prendono posizione sulle finestre temporali, non ritenendo incompatibile con le norme del Trattato che misure nazionali possano imporre restrizioni temporali alla vendita dei diritti al fine di tutelare le industrie locali del settore cinematografico.Seguono una proposta di direttiva e una Raccomandazione nella quale si ribadisce l’opinione che nella distribuzione dei film venga data priori-tà al cinema a cui dovrebbero seguire videogrammi e televisione. Inoltre si auspica che le emittenti non programmino film nei giorni e orari in cui il cinema attrae maggior pubblico.Il “Compromesso di Stoccolma” del 23-24 no-vembre 1988 getta le basi per una regolamenta-zione delle finestre temporali, stabilendo che un film non possa andare in tv prima di due anni

dalla visione in sala, tempo ridot-to ad un anno in caso di copro-duzioni cinema-televisione. Tali finestre possono essere tuttavia derogate da accordi fra i titolari dei diritti e i distributori, in parti-colare le emittenti televisive.Questa regola viene ribadita dalla Convenzione europea sulla tele-visione transfrontaliera (1989) e dalla Direttiva sulla Televisione senza Frontiere (Direttiva 89/552/CEE), che stabilisce tra l’altro, (art. 3) che gli Stati Membri pos-sono prevedere una normativa più stringente in materia.Ben presto ci si rende conto che il limite dei due anni per poter tra-smette un film è poco allettante per le televisioni a pagamento, le quali iniziano ad operare sul mercato in numero sempre crescente, e il regi-me derogatorio che doveva essere applicato come eccezione, e che prevede la possibilità di accordi tra le parti, diviene di fatto la prassi.

LA CRONOLOGIA DEI MEDIA: MODELLO BASE

FINESTRE

0

CINEMA

3-6

VENDITAONLINE

VENDITADVD

PPVVOD

TV APAGAMENTO

TVGRATUITA

NOLEGGIOON LINE

WEB TV APAGAMENTO

4-12 9-12 +18

La Direttiva 97/36/CE si limita a stabilire che gli Stati membri de-vono assicurare che le emittenti non trasmettano opere cinema-tografiche al di fuori dei periodi concordati con i titolari dei diritti. Sostanzialmente viene ribadito che siano le parti ad accordarsi sulle finestre temporali non ne-gando la possibilità che gli Stati intervengano a regolamentare il settore. Nella Direttiva di riforma del-la Televisione senza Frontiere (Direttiva 2007/65/CE) si tiene conto dell’evoluzione tecnolo-gica e delle nuove modalità di trasmissione: prevale la piena li-bertà contrattuale e l’espressione “emittenti” viene sostituita con quella più ampia di “fornitori di servizi media” comprendendo le trasmissioni via Internet e, in par-ticolare, il video on demand.

Fonte: Camera dei Deputati, 2014

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LA LEGISLAZIONE IN FRANCIA E PORTOGALLO.I VINCOLI FINANZIARI IN GERMANIA E AUSTRIA

Lasciati dunque liberi di decidere, gli Stati Membri non hanno seguito una regola univoca. Francia e Portogallo, ad esempio, sono tra i pochi che si sono dotati di una legislazione in proposito.La Francia ha una delle normative più stringenti basata sulla chronolo-gie des médias che regola la vita di un film a partire alla sua uscita nelle sale e che, a seguito di anni di negoziazioni tra istituzioni, industria del cinema francese e piattaforme di pay tv, è in fase di riforma. Il nuovo accordo, che dovrebbe rispecchiare i cambiamenti intervenuti sulle abitudini di consumo degli utenti, prevede una riduzione da 4 a 3 mesi dei tempi di passaggio del film al video on demand dopo l’uscita al ci-nema; 6-8 mesi rispetto agli attuali 10-12 per la disponibilità su pay tv; 20-22 mesi (e non più 28) per il passaggio sulla tv gratuita; 36 mesi per la fruizione sulle piattaforme di SVOD. Il Portogallo ha una regolamentazione meno stringente, che prevede, a seguito del rilascio al cinema, un intervallo di 4 mesi per la pay tv e di 12 mesi per la free tv, alcune eccezioni e la possibilità di accordi tra le parti.

Altri paesi come Germania e Austria non sono dotati di specifiche misure legislative in materia, ma vin-colano il rispetto di determinate finestre temporali all’ottenimento dei finanziamenti statali. General-mente le finestre di rilascio, che vanno dai 6 mesi per home video e distribuzione online ai 18 mesi per la tv in chiaro, sono inserite tra le linee guida dei film fund.Infine, il modello in vigore nella maggior parte dei mercati, prevede che sia il mercato a stabilire, caso per caso, i tempi di rilascio sulle varie piattaforme.In questo modello che è perdurato negli ultimi de-cenni, in Italia, i film seguono una determinata cronologia di uscite presso il pubblico, partendo

dalla sala e poi approdando ai successivi canali come l’home enter-tainment, la pay tv, il video on demand, fino ad approdare alla televi-sione in chiaro. La sequenza dei canali o la durata dello sfruttamento del film su ciascuno di essi, non era definita da alcuna norma ed era frutto di accordi tra gli operatori del mercato, basati su convenzioni non scritte, una sorta di gentlement’s agreement. Il principio sottostante a questa prassi risie-de nell’obiettivo, condiviso da tutti gli aventi diritto, di massimizzare il valore commerciale dell’opera, ordinando la sua diffusione su una scala di rilievo economico decrescente. Il va-lore dei diritti di riproduzione del film, infatti, diminuisce all’avanzare delle finestre.Tuttavia, l’espansione di piattaforme distri-butive con ampia offerta di contenuti on demand immediatamente accessibili al pub-

blico e la costante innovazione tecnologica dei sistemi casalin-ghi di riproduzione dei contenu-ti, che assicura un’alta qualità di fruizione degli stessi, hanno mo-dificato le abitudini di consumo degli utenti e i modelli di busi-ness degli operatori, in particola-re quelli legati alla distribuzione delle opere. Questo fenomeno ha portato a una rivalutazione del valore economico delle singole finestre mettendo in dubbio la netta rilevanza dell’una sull’altra pattuita dalla cronologia abitual-mente utilizzata.

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LA NOZIONE DI FILME LA SUA RICADUTASUL SISTEMA DI SOSTEGNOAL SETTORE

Se la politica adottata all’ultimo Festival Cannes, che ha messo al ban-do le produzioni Netflix, è sintomo di una precisa presa di posizione nei confronti delle produzioni di piattaforme che non distribuiscono nei cinema, la presenza, alla 75a Mostra del Cinema di Venezia, di opere in concorso il cui modello distributivo non rispettava la prassi consolida-ta – tra cui il vincitore Roma, di Alfonso Cuarón – ha accelerato anche in Italia il dibattito in corso.Da un lato si è contestato lo screditamento del valore sociale e cultu-rale della sala cinematografica e della unicità dell’esperienza di visione offerta in questo contesto e della sua evidente ricaduta sul prodotto stesso. Dall’altro si è posta la questione della effettiva accessibilità ai contenuti da un punto di vista sia economico che pratico, oltre che della libertà di operare sul mercato dei soggetti distributori.A un livello più teorico, la riflessione si è spostata anche sull’individua-zione della natura stessa di opera cinematografica – ad oggi determinata dallo sfruttamento prioritario in sala – e sull’attualità della distinzione tra film e altro contenuto audiovisivo, quando è evidente che questa differenza non possa basarsi su valutazioni qualitative e di merito sulle opere stesse.

Il ragionamento filosofico su cosa sia un film non è puramente specula-tivo ma ha una ricaduta diretta e concreta sul ricco sistema di sostegno al settore implementato dalla legge 220 del 2016 “Disciplina del cinema e dell’audiovisivo”. Pur ampliando il finanziamento pubblico a tutta la produzione audiovisiva, la legge, già dal titolo, distingue tra cinema e altro audiovisivo. Gli aiuti economici sono destinati in maniera e pro-porzioni diverse in base alla tipologia di opera, con diversi vantaggi per i film a causa delle maggiori difficoltà nella ricerca di risorse finanziarie sul mercato rispetto alle opere destinate a circolare su altre piattaforme.Per individuare quindi le possibilità di finanziamento previste dalla leg-ge è necessario “incanalare” l’opera nel percorso amministrativo coin-cidente con la tipologia di opera stessa. Quindi un film avrà accesso ai sostegni destinati al cinema e una serie televisiva avrà accesso ai soste-gni per gli altri audiovisivi.I requisiti necessari a determinare la tipologia di opera sono disciplinati dal D.M. 14 luglio 2017, “Individuazione dei casi di esclusione delle ope-re audiovisive dai benefici previsti dalla legge 14 novembre 2016, n. 220, nonché dei parametri e requisiti per definire la destinazione cinemato-grafica delle opere audiovisive”.Dall’entrata in vigore del decreto, nel luglio 2017, le veloci trasformazio-ni delle prassi di mercato hanno creato una distanza con le previsioni del testo che non poteva prevedere una così rapida mutazione delle mo-dalità di sfruttamento commerciale delle opere. La consapevolezza di questo scollamento ha quindi comportato un ripensamento dei requi-siti utilizzati per definire la destinazione cinematografica delle opere.Le opere audiovisive ammesse ai benefici della legge sono infatti sud-divise in differenti categorie: opere cinematografiche, opere televisi-ve, opere web e videogiochi. Le opere cinematografiche, o film, sono ammesse a benefici di tipo esclusivo nel caso dei contributi selettivi e godono di particolari vantaggi rispetto alle altre opere nel caso di altri schemi di aiuto come i crediti d’imposta e i contributi automatici.La corretta individuazione di questa tipologia di opere e la distinzione dagli altri prodotti audiovisivi è quindi essenziale per un’equa applica-zione delle misure previste dalla legge.

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Innanzitutto, l’opera, oltre ad essere ideata, progettata e realiz-zata dal punto di vista artistico, tecnico, produttivo e finanziario per la prioritaria visione in sala, deve presentare anche model-li di diffusione e promozione presso il pubblico coerenti con la prioritaria commercializzazio-ne cinematografica, in modo da evitare che, fintanto che il film è disponibile in sala, vengano pub-blicizzate forme di sfruttamento successivo su altre piattaforme distributive che rischierebbero di scoraggiare gli spettatori dal preferire la visione al cinema.Gli altri due requisiti riguardano la tenitura e la finestra di sfrut-tamento in sala. Nel primo caso, l’opera deve essere programmata in sala per almeno 60 proiezioni singole nell’arco di tre mesi dalla prima uscita. Nel caso specifico di documentari e cortometraggi la soglia di proiezioni minima è ridotta a 15 nei tre mesi.

I TRE REQUISITIPER GODERE DEI BENEFICI DI LEGGE 220/2016 DESTINATI ALLE OPERE CINEMATOGRAFICHE

Il 29 novembre del 2018 è stato quindi emanato un decreto che sostituisce interamente l’artico-lo 2 del decreto 2017, “Destina-zione al pubblico per la visione nelle sale cinematografiche delle opere audiovisive”. Le modifiche sono il frutto di una riflessione condivisa con le associazioni di categoria interessate dal prov-vedimento e dei pareri del Con-siglio superiore del cinema e dell’audiovisivo. L’obiettivo, vale la pena ripeterlo, considerati gli equivoci generati da una lettura superficiale del testo, non è defi-nire cosa sia un film né, tantome-no, normare la libera scelta degli operatori di stabilire strategie distributive delle opere, purché rispettose degli accordi tra i tito-lari dei diritti e i fornitori di servi-zi di media (le tv e le piattaforme di streaming). Peraltro, il testo si limita a delimitare la finestra temporale di sfruttamento in sala cinematografica mentre non in-terviene sulle successive finestre. La disposizione introduce tre requisiti che devono essere con-giuntamente rispettati per poter godere dei benefici della legge 220/2016 destinati alle opere ci-nematografiche.

Nel secondo caso, si chiarisce che la fruizione in sala costituisce la prima modalità di diffusione al pubblico dell’opera e che questa non può essere diffusa attraverso altri canali di sfruttamento per 105 giorni a partire dalla prima proiezione in sala, periodo che coincide con quello che conven-zionalmente viene adottato dal mercato nel rispetto degli accor-di tra le parti. Ciononostante, proprio per venire incontro alle specificità distributive di prodot-ti con ciclo di vita diverso, sono previste due riduzioni alternative della finestra di 105.Nella prima casistica rientrano le opere programmate per non più di tre giorni lavorativi e non coincidenti con il fine settimana: si tratta delle cosiddette uscite evento, che non possono essere assimilate a quelle di opere che, per ragioni diverse, anche legate al valore economico della pro-duzione, non puntano a una im-mediata distribuzione massiva e capillare. Per queste opere, la fi-nestra sala da rispettare è ridotta a soli 10 giorni.

La seconda casistica è invece pen-sata per le opere che, nonostante abbiano pianificato una uscita di medie dimensioni, non trovano un riscontro di pubblico suffi-ciente a rimandare lo sfruttamen-to su altre piattaforme. Quindi, se l’opera è programmata in meno di ottanta schermi e dopo i primi 21 giorni di programmazione ha ottenuto un numero di spettatori inferiori a cinquantamila, la fine-stra è ridotta a 60 giorni.In entrambi i casi, durante il pe-riodo di programmazione in sala, non devono essere effettuate at-tività promozionali sulla succes-siva disponibilità dell’opera su altre piattaforme.Va dunque precisato che le nuo-ve regole non si applicano ai film stranieri e non vietano alle piattaforme di streaming di pro-grammare modalità distributive alternative – o contemporanee – all’uscita in sala, a patto che que-ste non vogliano usufruire delle agevolazioni previste dalla legge per le opere cinematografiche (fermo restando la possibilità di accedere agli aiuti per gli altri au-diovisivi). In altre parole il prov-vedimento, stabilendo delle pre-cise tempistiche di sfruttamento in sala, le impone alle sole opere beneficiarie di fondi pubblici.

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Opera programmata in sala per almeno 60 proiezioni nell’arco di 3 mesi decorrenti dalla data di pri-ma proiezione

Requisito del numero minimo di proiezioni ridotto a 15 per i docu-mentari e i corti

A condizione che nel periodo di programmazione non sia effettuata al-cuna attività di lancio e promozione in merito alla successiva disponibi-lità dell’opera attraverso fornitori SMAV ed editori home entertainment il termine è ridotto a:a) 10 giorni se l’opera è programmata in sala per un numero di giorni

feriali (no ven, sab e dom) pari o inferiore a 3b) 60 giorni se l’opera è programmata in sala in meno di 80 schermi e

dopo i primi 21 giorni di programmazione ha ottenuto un numero di spettatori inferiore a 50.000

Prima proiezione:attività di proiezione al pub-blico dell’opera per la sua in-tera durata, ivi inclusi i titoli di testa e di coda, a fronte di un titolo d’ingresso a paga-mento

REQUISITI OPERE CINEMATOGRAFICHE AI FINI DELLA LEGGE 220/2016

La fruizione in sala costituisce la prima modalità di diffusione al pubblico dell’opera per un perio-do di 105 giorni decorrenti dalla data di prima proiezione

L’opera non è diffusa al pubblico attraverso fornitori di servizi me-dia audiovisivi o editori home en-tertainment

2REQUISITICONGIUNTI

Fonte: MiBAC - Direzione Generale Cinema