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ISTITUTO PROFESSIONALE PER L'ENOGASTRONOMIA E L'OSPITALITA' ALBERGHIERA - POTENZA LEGISLAZIONE RISTORATIVA Classe V Modulo 8 Unità didattica 3 La riforma del mercato del lavoro: dalla Legge Biagi alla riforma Fornero Prof. Antonio Maria Berardi

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ISTITUTO PROFESSIONALE PER L'ENOGASTRONOMIA E L'OSPITALITA' ALBERGHIERA - POTENZA

LEGISLAZIONE RISTORATIVA

Classe V

Modulo 8

Unità didattica 3

La riforma del mercato del lavoro: dalla Legge Biagi alla riforma Fornero

Prof. Antonio Maria Berardi

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Il mercato del lavoro in Italia e in Europa all'inizio degli anni 2000e la "Riforma Biagi"

Il Consiglio Europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000 e il

successivo Consiglio Europeo di Stoccolma del 23 e 24 marzo

2001 avevano posto all’Unione Europea l’obiettivo di

conseguire nel corso del successivo decennio una crescita

economica sostenibile capace di garantire un aumento

sostanziale del tasso di occupazione, di migliorare la qualità

del lavoro e di ottenere una più solida coesione sociale.

L’Italia si presentava come il paese europeo con il più basso

tasso di occupazione generale e femminile in particolare, il più

alto livello di disoccupazione di lungo periodo, il più marcato

divario territoriale.

Peraltro le Raccomandazioni rivolte all’Italia dall’Unione

Europea fin dal 1998 evidenziavano l’insufficienza delle

politiche fino ad allora attuate e la mancanza di interventi in

grado di migliorare sostanzialmente le caratteristiche del suo

mercato del lavoro.

Il governo italiano si mise quindi all’opera per portare a

compimento una profonda riforma del settore i cui obiettivi

furono chiaramente indicati nel «Libro Bianco sul mercato del

lavoro in Italia. Proposte per una società attiva e per un lavoro

di qualità» (ottobre 2001) e, successivamente, furono

condivisi dalle trentanove organizzazioni sindacali e datoriali

firmatarie del «Patto per l’Italia» (luglio 2002).

Il governo italiano si mise quindi all’opera per portare a

compimento una profonda riforma del settore i cui obiettivi

furono chiaramente indicati nel «Libro Bianco sul mercato del

lavoro in Italia. Proposte per una società attiva e per un lavoro

di qualità» (ottobre 2001) e, successivamente, furono condivisi

dalle trentanove organizzazioni sindacali e datoriali firmatarie

del «Patto per l’Italia» (luglio 2002).

Il Libro Bianco sul mercato del lavoro, commissionato dal

governo, fu redatto da un gruppo di lavoro coordinato da

Marco Biagi e Maurizio Sacconi, cui parteciparono Carlo

Dell’Aringa, Natale Forlani, Paolo Reboani e, Paolo Sestito.

Marco Biagi, che fu uno degli autori del libro bianco sul mercato

del lavoro in Italia, docente di diritto del lavoro in numerose

università italiane e consulente di diversi ministeri del governo,

venne vilmente assassinato il 19 marzo 2002 in un agguato

realizzato dalla organizzazione terroristica “Nuove Brigate

Rosse”.

La successiva riforma del mercato del lavoro venne quindi

intitolata al giuslavorista barbaramente assassinato.

La legge Biagi venne approvata il 5 marzo 2003 ed entrò in

vigore il 13 marzo successivo. Si tratta della legge n. 30 del 14

febbraio 2003, recante "Delega al Governo in materia di

occupazione e mercato del lavoro", con cui il Parlamento

autorizza il Governo a emanare, nell'arco degli anni successivi,

una serie di decreti legislativi orientati a creare un mercato del

lavoro più efficiente, più flessibile e maggiormente in linea con

le indicazioni delineate a livello comunitario.

Il governo rese operativa la legge n. 30 del 14 febbraio 2003

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OBIETTIVI DELLA RIFORMA BIAGI

Gli obiettivi della riforma Biagi si ispirano alle indicazioni delineate a livello comunitario, nell’ambito della cosiddetta Strategia Europea per l’occupazione, e riguardano:

• la creazione di un mercato del lavoro trasparente ed efficiente in grado di incrementare le occasioni di lavoro e

garantire a tutti un equo accesso a una occupazione regolare e di qualità;

• la messa in atto di una strategia coordinata volta a contrastare i fattori di debolezza strutturale della nostra

economia: la disoccupazione giovanile, la disoccupazione di lunga durata, la concentrazione della disoccupazione nel

Mezzogiorno, il modesto tasso di partecipazione delle donne e degli anziani al mercato del lavoro;

• l’introduzione di forme di flessibilità regolata, e contrattata con il sindacato, in modo da bilanciare le

esigenze delle imprese di poter competere sui mercati internazionali con le irrinunciabili istanze di tutela e

valorizzazione del lavoro;

• l’introduzione di nuove tipologie di contratto utili ad adattare l’organizzazione del lavoro ai mutamenti

dell’economia e anche ad allargare la partecipazione al mercato del lavoro di soggetti a rischio di esclusione sociale;

• il perseguimento di politiche del lavoro efficaci e moderne, soprattutto nelle aree svantaggiate del

Mezzogiorno, e a favore di quelle categorie di persone che oggi incontrano maggiori difficoltà nell’accesso a un lavoro

regolare e di buona qualità;

• l’affermazione di un maggiore ruolo delle organizzazioni di tutela e rappresentanza, con particolare attenzione alle forme bilaterali, in funzione della gestione di attività utili

alle politiche per l’occupazione.

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La disciplina dell'avviamento al lavoro dopo la Legge Biagi

La legge Biagi ha significativamente innovato la disciplina dell’avviamento al lavoro, ponendo fine al monopolio pubblico del collocamento, prevedendo accanto alle Agenzie per l’impiego, di natura pubblicistica ed in regime di competizione e concorrenza con esse, la possibilità per

operatori privati detti “Agenzie per il lavoro” di erogare i servizi di collocamento, ricerca e selezione, orientamento e formazione, somministrazione di lavoro. I servizi privati saranno gratuiti per i lavoratori e onerosi solo per le imprese.

Le Agenzie per il lavoro sono soggetti privati che operano nel mercato del lavoro e hanno la funzione di migliorare le capacità di inserimento professionale dei disoccupati e di coloro che sono in cerca della prima occupazione, con particolare attenzione alle fasce deboli.

Le Agenzie, in possesso dei requisiti di legge, devono ricevere l'autorizzazione dello Stato e l'accreditamento da parte delle Regioni che consente loro di operare a livello regionale e partecipare alla rete dei sevizi per l'impiego.

Successivamente all'autorizzazione e all'accreditamento le Agenzie, se in possesso dei requisiti di legge, devono essere iscritte ad un apposito albo istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

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LE AGENZIE PER IL LAVORO POSSONO ESSERE AUTORIZZATE A SVOLGERE LE SEGUENTI ATTIVITÀ:

Somministrazione di lavoro: consiste nel mettere a disposizione di soggetti terzi (utilizzatori) la prestazione di lavoro subordinato di lavoratori direttamente assunti dal somministratore. Il lavoratore, quindi, è a tutti gli effetti

dipendente dal somministratore ma lavora presso un’impresa da cui riceve le direttive per lo svolgimento della

propria attività.

Intermediazione: consiste nella mediazione tra domanda ed offerta di lavoro, anche per lavoratori disabili o svantaggiati.

Tale attività viene realizzata mediante la raccolta dei curricula dei potenziali lavoratori, preselezione e

costituzione di una banca dati, gestione dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Ricerca e selezione del personale: consiste nel ricercare e individuare il lavoratore più idoneo a soddisfare le esigenze di un'impresa. Vengono svolte diverse attività quali l'analisi

delle esigenze dell'impresa, la realizzazione di un programma di ricerca delle candidature più idonee, la

valutazione dei profili individuati, l'eventuale formazione dei candidati per l'inserimento nel contesto lavorativo e

l'assistenza nella prima fase di inserimento.

Supporto alla ricollocazione professionale: consiste nel ricollocare nel mercato un lavoratore o un gruppo di

lavoratori, su specifico incarico del datore di lavoro. L’out placement è realizzato grazie ad attività di preparazione e

di formazione specifica della persona o del gruppo, di accompagnamento e affiancamento nello svolgimento

della nuova attività.

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ALTRI OPERATORI AUTORIZZATI ALLO SVOLGIMENTO DI INTERMEDIAZIONE DI LAVORO BORSA CONTINUA NAZIONALE DEL LAVORO

La legge Biagi ha istituito la Borsa Continua

nazionale del lavoro che è un "sistema virtuale"

per l’incontro domanda - offerta di lavoro. Essa è

liberamente accessibile da qualsiasi punto della

rete internet, da lavoratori, disoccupati, persone

in cerca di prima occupazione, soggetti

autorizzati o accreditati e datori di lavoro.

Questo sistema informativo, continuamente

aggiornato, consente alle persone in cerca di

occupazione di immettere nel sistema le proprie

informazioni personali (curriculum vitae),

consultare liberamente gli annunci di ricerca del

personale e candidarsi agli stessi e scegliere se

rendere visibili i propri dati oppure permettere

l'identificazione solo tramite un operatore

prescelto, pubblico o privato.

I datori di lavoro possono, da parte loro,

pubblicare annunci di ricerca del personale senza

intermediari.

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La disciplina dei rapporti di lavoro subordinato diversi da quello a tempo indeterminato dopo la Legge Biagi

La riforma Biagi ha profondamente innovato la disciplina dei rapporti di lavoro subordinato diversi da quello a tempo indeterminato per un verso ridisegnando gli istituti già presenti nel nostro ordinamento, per altro verso

introducendo nuove tipologie contrattuali, talvolta in sostituzione di altre, talaltra regolamentando ex novo casistiche prima ignote o conosciute solo dalla prassi giurisprudenziale.

Significative innovazioni sono state apportate alla disciplina del rapporto di lavoro a tempo determinato, del part time e dell’apprendistato, già presenti nel nostro ordinamento.

Istituti nuovi introdotti in sostituzione di forme contrattuali ritenute ormai obsolete sono la somministrazione di lavoro a tempo parziale, che ha preso il posto del lavoro interinale ed i contratti di inserimento, che hanno

sostituito i contratti di formazione e lavoro.

Istituti del tutto nuovi sono invece da considerarsi il lavoro a chiamata, il lavoro ripartito, il lavoro occasionale di tipo accessorio (voucher) nonché la somministrazione di lavoro a tempo indeterminato. Nuovo anche l’istituto del

lavoro a progetto che si inserisce nel filone delle collaborazioni coordinate e continuative.

Infine la legge 196 del 24.6.1997 e i successivo D.M. 142 del 25.3.1998 continuano a disciplinare il Tirocinio formativo e di orientamento.

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SPUNTI CRITICI SULLA LEGGE BIAGI

La nota evoluzione legislativa culminata con il d.lgs. n. 276/2003 ha rotto la sostanziale unicità del mondo del lavoro e condotto ad un mercato del lavoro duale, diviso tra lavoratori standard e nuovi lavoratori, lavoratori tipici e lavoratori atipici, purtroppo, lavoratori tutelati e lavoratori sprovvisti di tutele.

Le tipologie contrattuali atipiche sono state introdotte nel nostro ordinamento per rispondere con efficacia ai mutamenti che hanno caratterizzato la struttura dell’impresa e l’ambiente sociale. In Italia, tuttavia, questa forte iniezione di flessibilità non è stata accompagnata da una responsabile previsione di quali sarebbero stati i contraccolpi in termini di eguaglianza, diritti, retribuzione e previdenza dei nuovi lavoratori.

In particolare, le tipologie contrattuali flessibili sono state utilizzate non tanto per rispondere alle esigenze economico-produttive cui si accennava ma per ottenere un risparmio in termini di costo del lavoro, favorito dal fatto che le tipologie atipiche costano di meno all’impresa, sia in termini contributivi che retributivi.

Tutto ciò ha condotto ad un abuso nell’utilizzo di tali nuove fattispecie contrattuali, ben al di la dell’area della necessità economico-produttiva. Peraltro è stato autorevolmente osservato che in Italia le tipologie contrattuali precarie non sono state utilizzate dalle imprese per liberarsi delle tutele in caso di licenziamento previste dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. I dati infatti indicano che il lavoro precario è particolarmente diffuso nelle piccole imprese, quelle con meno di nove dipendenti, che non sono interessate dalle tutele di cui all’art. 18 della legge n. 300 del 1970.

Per superare il dualismo del mercato del lavoro significa bisognerebbe allora ricondurre le tipologie contrattuali flessibili nel loro alveo naturale che non è quello del risparmio sui costi del lavoro, bensì quello dell’opportunità economica, della funzionalità al tipo di produzione da porre in essere.

Per rimuovere le diseguaglianze che si sono determinate nel mercato del lavoro bisognerebbe promuovere una riforma diretta alla rimodulazione delle tutele che costituisca uno “zoccolo dei diritti” per i nuovi lavori senza far perdere al lavoro subordinato il suo originario statuto e, quindi, senza intaccare il diritto del lavoro tradizionale, peraltro tenendo conto del fatto che la stessa Corte Europea di Giustizia del Lussemburgo che ha definito il contratto di lavoro a tempo indeterminato “la forma comune dei rapporti di lavoro”.

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LA RIFORMA FORNERO

Il governo tecnico presieduto dal Dott.Mario Monti che ha guidato il paese dal 16novembre 2011 al 21 dicembre 2012 haintrodotto nel nostro ordinamento unanuova riforma del lavoro.

La nuova riforma si è resa necessaria inconseguenza dell’aggravarsi della crisifinanziaria ed economica che ha colpitoalcuni paesi dell’Unione Europea, fra cuil’Italia e che ha determinato severi richiamida parte della Commissione Europeaaffinché nel nostro paese fossero avviateampie riforme strutturali dirette alrisanamento dei conti pubblici e alrecupero di condizioni di produttività,competitività e occupazione.

Una prima parte della riforma, frutto diun’intesa fra il Governo e i partiti che lohanno sostenuto, è stata introdotta con unemendamento alla legge di conversione deld.l. 83/2012 (“decreto sviluppo”). Lariforma nel suo complesso è stata peròapprovata con la Legge 28 giugno 2012, n.92, intitolata “Disposizioni in materia diriforma del mercato del lavoro in unaprospettiva di crescita”, in vigore dal 18luglio 2012.

La riforma è anche conosciuta come riforma Fornero, dal nome della prof.ssa Elsa Fornero, ministro del lavoro del governo Monti.

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OBIETTIVI DELLA RIFORMA FORNEROLa Legge 28 giugno 2012, n. 92, intitolata “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una

prospettiva di crescita”, in vigore dal 18 luglio 2012, si prefigge l’obiettivo di “realizzare un mercato del lavoro inclusivo e dinamico, in grado di contribuire alla creazione di occupazione, in quantità e qualità, alla crescita

sociale ed economica e alla riduzione permanente del tasso di disoccupazione”.

In particolare essa è tesa a:

• favorire l’instaurazione di rapporti di lavoro più stabili, confermando il rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato

quale “contratto dominante”;

• redistribuire in modo più equo le tutele dell’impiego, contrastando l’uso improprio e strumentale dei contratti di lavoro flessibili e adeguando contestualmente la disciplina del

licenziamento alle mutate esigenze del contesto di riferimento;

• rendere più equo ed efficiente il sistema degli ammortizzatori sociali;

• promuovere una maggiore inclusione nel mondo del lavoro delle donne e valorizzare l’apprendistato come modalità prevalente

di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.

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AREE TEMATICHE DELLA RIFORMA FORNERO

La riforma si propone l’obiettivo fondamentale

di perseguire una maggiore equità sociale

attraverso una riduzione della flessibilità in

entrata nel mondo del lavoro, controbilanciata

da una maggiore flessibilità in uscita, realizzando

una più equilibrata distribuzione delle tutele fra i

lavoratori assunti a tempo indeterminato

(beneficiari di una legislazione molto garantista)

e i lavoratori precari, i disoccupati e gli

inoccupati, titolari di tutele assai ridotte o nulle.

Il testo normativo della Riforma – composto da 4

articoli e 270 commi – interviene sulle seguenti

aree tematiche:

• flessibilità in entrata;

• flessibilità in uscita;

• ammortizzatori sociali;

• formazione e politiche attive del lavoro.

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MISURE PER RIDURRE LA FLESSIBILITÀ IN ENTRATA NEL MONDO DEL LAVORO

CONTRATTO DI LAVORO SUBORDINATO A TEMPO INDETERMINATO

Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminatoviene definito dalla Riforma “contratto dominante”, persottolineare il fatto che esso rappresenta la forma comune dirapporto di lavoro, la cui istituzione è favoritadall’ordinamento.

CONTRATTO DI LAVORO SUBORDINATO A TEMPO DETERMINATO

Viene introdotta la possibilità di instaurare il primo rapportoa tempo determinato,

anche in assenza delle ragioni giustificatrici di caratteretecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che sononormalmente richieste ai fini della valida apposizione deltermine al contratto, ma solo per contratti di durata nonsuperiore a dodici mesi e senza possibilità di proroga;

I limiti temporali entro i quali il rapporto può proseguire

oltre la scadenza del termine – con obbligo del datore dilavoro di corrispondere una maggiorazione retributiva, masenza conversione del rapporto in contratto a tempoindeterminato – vengono estesi da 20 a 30 giorni (per icontratti di durata inferiore a 6 mesi) e da 30 a 50 giorni (per icontratti di durata superiore). Superato tale periodo ditolleranza, il contratto si considera a tempo indeterminato.c

APPRENDISTATO

Diventa canale privilegiato per l’ingresso dei giovaninel mondo del lavoro.

Nelle aziende che occupino almeno 10 dipendenti,possano essere assunti 3 apprendisti ogni 2 lavoratorispecializzati (il precedente rapporto di 1 a 1 vienemantenuto per le aziende con un numero di dipendentiinferiore a 10, mentre i datori di lavoro che non hannoalle proprie dipendenze maestranze specializzatepossono assumere un massimo di 3 apprendisti).

I datori di lavoro che occupino almeno 10 dipendentinon possano stipulare nuovi contratti di apprendistatose nei 36 mesi precedenti non abbiano confermato inservizio almeno il 50% degli apprendisti che abbianoconcluso il periodo formativo (percentuale ridottatransitoriamente al 30% nei primi tre anni di vigenzadella legge).

Il contratto di apprendistato deve infine avere unadurata minima di 6 mesi, salva la possibilità di unadurata inferiore per le attività stagionali.

CONTRATTI ATIPICILa Riforma ha introdotto maggiori vincoli all’utilizzo dei contrattiatipici.collaborazioni coordinate e continuative a progetto (co.co.pro.)È richiesta una definizione più stringente del progetto, che deveessere “specifico” e non può consistere in una sempliceriproposizione dell’oggetto sociale del committente.Viene eliminato il concetto di “programma di lavoro o fase diesso”.Viene prevista la conversione in rapporto di lavoro subordinatoa tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione, in caso dirapporti stipulati senza l’individuazione di uno specifico progetto.La Riforma contiene poi misure di contrasto alle “false PartiteIva”, utilizzate ai fini dell’instaurazione di rapporti di lavoroautonomo che in realtà dissimulano rapporti di lavorodipendente.Sempre nell’ottica del contrasto al “cattivo uso” della flessibilità,la Riforma interviene sull’istituto del lavoro accessorio,limitandone l’ambito di operatività alle prestazioni di lavoro dinatura meramente occasionale che non diano luogo, conriferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a5.000 euro in un anno solare. Il pagamento dei compensi devepoi avvenire a mezzo di voucher orari, numeratiprogressivamente e datati.l’abolizione dei contratti di inserimento a decorrere dal 1°gennaio 2013, in quanto assorbiti dal nuovo e più organicosistema di incentivi all’occupazione dei lavoratori svantaggiatiprevisto dalla Riforma;la conclusione di un accordo fra Governo e Regioni per ladefinizione di linee-guida condivise in materia di tirocini formativie di orientamento.

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MISURE PER AUMENTARE LA FLESSIBILITÀ IN USCITA DAL MONDO DEL LAVORO

la Riforma ha completamente riscritto l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori (L. 300/1970).

LICENZIAMENTO DISCIPLINARE può essere intimato per cause imputabili a colpa o dolo dellavoratore la Riforma attribuisce alla contrattazione collettivao ai codici disciplinari aziendali il compito di tipizzare lefattispecie che integrano le ipotesi di giusta causa o diGiustificato motivo soggettivo, al fine di limitare il poterediscrezionale dei giudici.

LICENZIAMENTO ECONOMICOIl licenziamento per giustificato motivo oggettivo continuaad essere legittimo in presenza di “ragioni inerenti all’attivitàproduttiva, all’organizzazione del lavoro e al Regolarefunzionamento di essa”, ma ne diventa condizione diprocedibilità l’esperimento di un tentativo obbligatorio diconciliazione dinanzi alla Commissione provinciale diconciliazione per datori di lavoro che superinoalternativamente le seguenti soglie dimensionali:• oltre 15 dipendenti (5 se si tratta di imprese agricole)nell’unità produttiva in cui ha avuto luogo il licenziamentoovvero nelle unità produttive situate nello stesso Comune;• oltre 60 dipendenti, qualunque sia il numero dei dipendentioccupati nelle singole unità produttive.

REINTEGRAZIONE DEL LAVORATORE NEL POSTO DI LAVOROil giudice che accerti l’illegittimità del licenziamento, può oradisporre la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoroesclusivamente nelle seguenti ipotesi:1. assenza di giusta causa o di giustificato motivo soggettivo.2. manifesta infondatezza del giustificato motivo oggettivo.Il giudice, nelle altre ipotesi in cui accerti che non ricorronogli estremi della giusta causa o del giustificato motivo(soggettivo o oggettivo) addotti dal datore di lavoro, dichiararisolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data dellicenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento diun’indennità risarcitoria onnicomprensiva stabilita fra unminimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell’ultimaretribuzione globale di fatto.In questi casi la reintegrazione può essere disposta soltantoper licenziamenti intimati da datori di lavoro che superinoalternativamente le seguenti soglie dimensionali:• oltre 15 dipendenti (5 se si tratta di imprese agricole)nell’unità produttiva in cui ha avutoluogo il licenziamento ovvero nelle unità produttive situatenello stesso Comune;• oltre 60 dipendenti, qualunque sia il numero dei dipendentioccupati nelle singole unitàproduttive.

Resta sempre applicabile, indipendentemente dalledimensioni dell’organico aziendale, la tutela dellareintegrazione nel posto di lavoro in caso di:• licenziamento discriminatorio, ossia intimato per ragionisindacali, politiche, religiose, di razza, di lingua o di sesso. Intal caso l’onere della prova della natura discriminatoria delrecesso è a carico del lavoratore;• licenziamento contra legem (perché intimato inconcomitanza di matrimonio o in violazione dei divieti dilicenziamento disposti a tutela della genitorialità) o permotivo illecito determinante;• licenziamento inefficace, in quanto intimato in forma orale.Per contrastare la pratica delle “dimissioni in bianco”,consistente nella richiesta al lavoratore, all’attodell’assunzione, di una lettera di dimissioni firmata senzaindicazione della data di decorrenza viene previsto chel’efficacia delle dimissioni sia subordinata, alternativamente:• alla convalida effettuata presso la Direzione territoriale dellavoro o il Centro per l’impiego territorialmente competenti;• alla sottoscrizione di apposita dichiarazione del dipendentedimissionario, apposta in calce alla ricevuta di trasmissionedella comunicazione di cessazione del rapporto al Centro perl’impiego. In tal modo viene accertata la veridicità della datadi manifestazione della volontà del lavoratore.

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AMMORTIZZATORI SOCIALI

La Riforma ha disciplinato in modo del tutto nuovo gli istituti degli ammortizzatori sociali.

È stato previsto il nuovo istituto dell’Assicurazione sociale perl’impiego (ASpI), che entrerà in vigore a gradualmente adecorrere dal 1° gennaio 2013 e andrà a regime entro il 2017.

L’ASpI, istituita presso la “Gestione prestazioni temporanee ailavoratori dipendenti” facente

capo all’INPS, ha la funzione di fornire ai lavoratori cheabbiano perduto involontariamente la

propria occupazione un’indennità mensile di disoccupazione,che sostituirà le precedenti

indennità di mobilità e di disoccupazione.

Beneficiari del nuovo istituto sono tutti i lavoratori dipendentia tempo determinato e indeterminato, compresi gliapprendisti.

Requisiti per accedere al beneficio sono:

• status di “disoccupato”;

• almeno un’anzianità assicurativa di due anni e un anno dicontribuzione nel biennio precedente l’inizio del periodo didisoccupazione.

Restano esclusi i pubblici dipendenti a tempo indeterminato e ilavoratori agricoli, cui sono applicabili diversi istituti.L’indennità non spetta se il rapporto di lavoro è cessato perdimissioni o per risoluzione consensuale del contratto.

La misura dell’indennità è rapportata alla retribuzioneimponibile ai fini previdenziali degli ultimi due anni, in base auna percentuale variabile in funzione dell’ammontare dellaretribuzione mensile, nei limiti di un massimale (attualmentefissato in 1.119,32 euro). È prevista una riduzionedell’indennità del 15% dopo i primi sei mesi di fruizione eun’ulteriore decurtazione del 15% dopo il dodicesimo mese.

La durata del trattamento, a decorrere dal 1° gennaio 2016,sarà pari a un massimo di:

• 12 mesi per i lavoratori di età inferiore a 55 anni;

• 18 mesi per i lavoratori di età pari o superiore ai 55 anni.

Per il triennio 2013-2015 è previsto un regime transitorio, incui la durata dell’indennità sarà variabile fra un minimo di 8 eun massimo di 16 mesi.

In via sperimentale negli anni 2013, 2014 e 2015 il lavoratorepuò richiedere la liquidazione in unica soluzione degli importidel trattamento spettante per le mensilità non ancorapercepite, al fine di intraprendere un’attività di lavoroautonomo o di impresa o per associarsi in cooperativa.

In sostituzione dell’indennità di disoccupazione con requisitiridotti, viene poi introdotta la Mini-ASpI, destinata ailavoratori che possano far valere almeno 13 settimane dicontribuzione per l’assicurazione obbligatoria negli ultimi 12mesi.

L’indennità è corrisposta mensilmente per un numero disettimane pari alla metà delle settimane di contribuzionenell’ultimo anno.

Restano sostanzialmente invariati gli istituti della CassaIntegrazione Ordinaria e Straordinaria.

Viene però imposto alle organizzazioni sindacali eimprenditoriali comparativamente più rappresentative alivello nazionale di stipulare intese, anche intersettoriali, perla costituzione presso l’INPS di Fondi di solidarietà bilaterali,obbligatori per i settori non coperti dalla Cassa integrazioneGuadagni.

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FORMAZIONE E POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO

Allo scopo di incrementare i livelli di occupazione, la Riforma prevede misure volte aincentivare la formazione e a promuovere l’inserimento o il reinserimento nelmercato del lavoro soprattutto dei giovani, delle donne, dei lavoratori “anziani” e deidisoccupati, anche attraverso l’implementazione del sistema informativo.

La promozione delle attività diapprendimento è effettuata attraverso:

• la realizzazione e lo sviluppo di retiterritoriali di istruzione, formazione elavoro, che offrano sostegno allacostruzione di percorsi personali diapprendimento, mediante ilcoinvolgimento anche di università,imprese e Camere di Commercio;

• la certificazione degli apprendimentiacquisiti, attraverso la creazione di unsistema nazionale di certificazione dellecompetenze;

• il riconoscimento di crediti formativi;

• la fruizione di servizi di orientamentolungo tutto il corso della vita lavorativa.

Inoltre viene rinnovata al Governo ladelega (già contenuta nel ProtocolloWelfare del 2007) ad adottare, entro seimesi dall’entrata in vigore della Riforma ein armonia con i principi in essa contenuti,uno o più decreti legislativi volti ariordinare la normativa in materia di:

• servizi per l’impiego e politiche attiveper il lavoro,

• incentivi all’occupazione,

• formazione continua, qualificazione eriqualificazione professionale,

• collocamento di soggetti svantaggiati.

Per garantire l’efficacia delle politiche disostegno all’occupazione, la Riforma hainfine rivisitato l’impianto che regola lecause di decadenza dai sussidi, attraversola previsione della decadenza:

• dai trattamenti di sostegno del reddito incostanza di rapporto di lavoro, in caso dirifiuto ingiustificato di frequentareregolarmente corsi di formazione oriqualificazione professionale;

• dalla indennità di mobilità e dai sussididi disoccupazione o inoccupazione, in casodi rifiuto ingiustificato di partecipare ainiziative di politiche attive o di mancataaccettazione di un’offerta di lavoroinquadrato in un livello retributivo noninferiore al 20% rispetto all’importo lordodell’indennità spettante.

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SPUNTI CRITICI SULLA RIFORMA FORNERO

Da molti osservatori del mondo del lavoro la riforma Fornero è stata accolta con insoddisfazione e perplessità.

È certamente prematuro esprimere un giudizio conclusivo, eppure sussistono numerosi elementi di preoccupazione, soprattutto per alcune evidenti contraddizioni tra i propositi annunziati con grande enfasi e la disciplina in concreto introdotta.

Innanzitutto la finalità di favorire “l’instaurazione di rapporti di lavoro più stabili” e di ribadire “il rilievo prioritario del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (…) quale forma comune di rapporto di lavoro” è contraddetta dalla più significativa modifica introdotta nella disciplina dei contratti a termine che possono ora essere stipulati senza la necessità di specificare la ragione per cui si assume a termine (di cui all’art.1 D.Lgs. 368/2001), con un limite massimo di durata che può arrivare addirittura a dodici mesi. La modifica ora richiamata rischia di peggiorare gravemente la condizione sociale di una parte importante dei lavoratori precari.

Non trova poi riscontro il proposito più volte annunziato di voler ridurre drasticamente le tipologie contrattuali, in quanto l’unico contratto che è stato eliminato è il contratto di inserimento, del quale peraltro è venuta meno la necessità per le imprese, che oggi sono libere di assumere a termine).

Senz’alto positive sono le disposizioni tese a contrastare gli abusi nell’utilizzo di alcune tipologie contrattuali di lavoro non subordinato (contratto a progetto, collaborazioni professionali –cosiddette “a partita Iva” – associazione in partecipazione, lavoro accessorio) e quelle tese ad apportare miglioramenti della condizione contrattuale dei collaboratori a progetto (in particolare per quel che riguarda il tema dei corrispettivi).

Del tutto negativa è invece la circostanza che la maggiore flessibilità in uscita non è stata compensata da un moderno sistema di welfare, che avrebbe dovuto occuparsi dei problemi determinati dalla perdita del posto di lavoro per tutti i lavoratori, compresi quelli precari.

La riforma aderisce poi in modo del tutto acritico a quella impostazione ideologica secondo la quale una pretesa eccessiva rigidità dell’ordinamento italiano in materia di licenziamenti non favorisca né la crescita dei livelli di occupazione né favorisca una redistribuzione in modo più equo delle tutele del lavoro.

La previgente disciplina dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori è stata sostituita da un sistema piuttosto complicato e confuso che distingue i licenziamenti in numerose ipotesi alle quali corrispondono, in caso di annullamento, differenti sanzioni:

i licenziamenti discriminatori e quindi nulli per i quali è prevista la reintegrazione nel posto di lavoro, i licenziamenti per colpe del lavoratore, con applicazione, secondo i casi, nell’ipotesi di annullamento del licenziamento, della reintegrazione ovvero dell’indennità risarcitoria; i licenziamenti economici, con applicazione solo eventuale della reintegrazione (nei casi di più manifesta ingiustificatezza) o del solo indennizzo.

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Diapositiva n. 1 - Modulo 8 - U.D. 3 - La riforma del mercato del lavoro: dalla Legge Biagi alla riforma Fornero

Diapositiva n. 2 - Il mercato del lavoro in Italia e in Europa all'inizio degli anni 2000 e la "Riforma Biagi"

Diapositiva n. 3 - genesi della riforma Biagi

Diapositiva n. 4 - obiettivi della riforma Biagi

Diapositiva n. 5 - l'avviamento al lavoro dopo la Legge Biagi

Diapositiva n. 6 - attività delle Agenzie per il lavoto

Diapositiva n. 7 - borsa continua nazionale del lavoro

Diapositiva n. 8 - rapporti di lavoro subordinato diversi da quello a tempo indeterminato dopo la Legge Biagi

Diapositiva n. 9 - Spunti critici sulla legge Biagi

Diapositiva n.10 - La riforma Fornero

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Diapositiva n. 11 - obiettivi della riforma Fornero

Diapositiva n. 12 - aree tematiche della riforma Fornero

Diapositiva n. 13 - misure per ridurre la flessibilità in entrata nel mondo del lavoro

Diapositiva n. 14 - misure per ridurre la flessibilità in uscita dal mondo del lavoro

Diapositiva n. 15 - ammortizzatori sociali

Diapositiva n. 16 - formazione e politiche attive del lavoro

Diapositiva n. 17 - spunti critici sulla riforma Fornero

Diapositiva n. 18 - indice 1 U.D. 2

Diapositiva n. 19 - indice 2 U.D. 3