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LA RICERCA SOCIALE SUI MEDIA - Losito Capitolo 1: LA FRUIZIONE DEI TESTI MEDIALI Pubblico: non è più considerato come un generico aggregato di destinatari passivi, ma come realtà complessa, differenziata al suo interno e composta da persone che nel loro rapporto con i media coinvolgono diverse istanze psicologiche, sociali e culturali. La creazione del significato nell'interazione tra testi e fruitori è una contesa, una negoziazione tra due fonti semi-powerful --> entrambe le parti dispongono di strategie efficaci, ciascuna ha i suoi punti deboli e i suoi interessi. Ricezione: insieme dei processi che caratterizzano il rapporto di ciascun destinatario con i testi mediali, dell'esposizione all'attenzione, dalla percezione alla memorizzazione, dalla comprensione all'interpretazione, fino all'accettazione o al rifiuto del messaggio. La ricerca sulla ricezione si caratterizza per il riferimento ad approcci teorici e metodologici proprio di più ambiti disciplinari che sembrano concordare nel sostenere la tesi secondo cui il pubblico è attivo nel rapporto con i testi mediali. Per questa ragione al ricezione è da preferirsi fruizione. Ne consegue anche la necessità di far riferimento non tanto a un pubblico o a pubblici generalmente intesi, ma a singoli fruitori che mettono in atto modalità di fruizione orientate dalla propria esperienza sociale. Il ruolo attivo del fruitore si manifesta su tre piani: 1. Selettività dell'esposizione e dei processi cognitivi attivati nella fruizione 2. Autonomia semantica nella negoziazione che contraddistingue i processi di comprensione e interpretazione 3. Rielaborazione e reinterpretazione collettiva di significati dei testi mediali nell'interazione sociale L'ESPOSIZIONE AI MEDIA La selettività dell'esposizione --> ciascuno ha occasione o decide deliberatamente di leggere certi giornali e non altri! di ascoltare certi programmi e non altri, di vedere certe trasmissioni e non altre... L'approccio di ricerca che ha dato un maggior contributo nel studiare le modalità e le motivazioni dell'esposizione selettiva, fa riferimento alla teoria "usi e gratificazioni" --> teoria di ispirazione funzionalista sviluppatasi negli anni '60, soprattutto negli USA e in gran Bretagna. Assunto di base di questa teoria: Le situazioni sociali sono tali da generare determinati bisogni a livello individuale I mass media sono considerati da chi ne usufruisce, mezzi capaci di soddisfare almeno alcuni di questi bisogni e per questo vengono usati Dall'uso dei media, quando essi risultino efficaci a questo fine, derivano gratificazioni che aiutano ad affrontare le situazioni sociali e alleviare eventuali disagi che queste possono produrre. Il ruolo attivo del pubblico trova espressione in un consumo mediale inteso come agire finalizzato e in relazione/competizione con altre azioni volte a soddisfare bisogni. Esempio: 1944 --> ricerca di Herzog sull'ascolto delle soap opera radiofoniche da parte del pubblico femminile. Le donne intervistate attribuivano a questo particolare genere radiofonico funzioni riconducibili a tre dimensioni, corrispondenti a tipi di bisogni individuali:

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LA RICERCA SOCIALE SUI MEDIA - Losito Capitolo 1: LA FRUIZIONE DEI TESTI MEDIALI Pubblico: non è più considerato come un generico aggregato di destinatari passivi, ma come realtà complessa, differenziata al suo interno e composta da persone che nel loro rapporto con i media coinvolgono diverse istanze psicologiche, sociali e culturali. La creazione del significato nell'interazione tra testi e fruitori è una contesa, una negoziazione tra due fonti semi-powerful --> entrambe le parti dispongono di strategie efficaci, ciascuna ha i suoi punti deboli e i suoi interessi. Ricezione: insieme dei processi che caratterizzano il rapporto di ciascun destinatario con i testi mediali, dell'esposizione all'attenzione, dalla percezione alla memorizzazione, dalla comprensione all'interpretazione, fino all'accettazione o al rifiuto del messaggio. La ricerca sulla ricezione si caratterizza per il riferimento ad approcci teorici e metodologici proprio di più ambiti disciplinari che sembrano concordare nel sostenere la tesi secondo cui il pubblico è attivo nel rapporto con i testi mediali. Per questa ragione al ricezione è da preferirsi fruizione. Ne consegue anche la necessità di far riferimento non tanto a un pubblico o a pubblici generalmente intesi, ma a singoli fruitori che mettono in atto modalità di fruizione orientate dalla propria esperienza sociale. Il ruolo attivo del fruitore si manifesta su tre piani: 1. Selettività dell'esposizione e dei processi cognitivi attivati nella fruizione 2. Autonomia semantica nella negoziazione che contraddistingue i processi di

comprensione e interpretazione 3. Rielaborazione e reinterpretazione collettiva di significati dei testi mediali

nell'interazione sociale L'ESPOSIZIONE AI MEDIA La selettività dell'esposizione --> ciascuno ha occasione o decide deliberatamente di leggere certi giornali e non altri! di ascoltare certi programmi e non altri, di vedere certe trasmissioni e non altre... L'approccio di ricerca che ha dato un maggior contributo nel studiare le modalità e le motivazioni dell'esposizione selettiva, fa riferimento alla teoria "usi e gratificazioni" --> teoria di ispirazione funzionalista sviluppatasi negli anni '60, soprattutto negli USA e in gran Bretagna. Assunto di base di questa teoria: • Le situazioni sociali sono tali da generare determinati bisogni a livello individuale • I mass media sono considerati da chi ne usufruisce, mezzi capaci di soddisfare almeno

alcuni di questi bisogni e per questo vengono usati • Dall'uso dei media, quando essi risultino efficaci a questo fine, derivano gratificazioni che

aiutano ad affrontare le situazioni sociali e alleviare eventuali disagi che queste possono produrre.

Il ruolo attivo del pubblico trova espressione in un consumo mediale inteso come agire finalizzato e in relazione/competizione con altre azioni volte a soddisfare bisogni. Esempio: 1944 --> ricerca di Herzog sull'ascolto delle soap opera radiofoniche da parte del pubblico femminile. Le donne intervistate attribuivano a questo particolare genere radiofonico funzioni riconducibili a tre dimensioni, corrispondenti a tipi di bisogni individuali:

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• La dimensione della coscienza, con riferimento alla possibilità di acquisire informazioni sul mondo da questi programmi

• La dimensione delle relax, della pausa e del distacco dalle incombenze e dalle preoccupazioni della vita di tutti giorni

• La dimensione del immaginare e della fantasia, stimolata dalle vicende e dai personaggi di questi.

Un esempio significativo di indagine empirica esplicitamente ispirata alla teoria degli usi e gratificazioni è Television in Politics, (Blumer e McQuail) andate in Inghilterra in occasione delle elezioni politiche del 1964, l'ipotesi guida è che ai fini della persuasione non conta tanto l'esposizione alla propaganda di per sé, ma contano le ragioni soggettive, consapevoli o meno, che orientano le scelte dei telespettatori. Da qui la costruzione di un disegno di ricerca finalizzato a porre in relazione le gratificazioni ricercate dai telespettatori nell'esposizione alla comunicazione politica e gli effetti da questa eventualmente indotti. Cinque sono state le fasi operative sul campo. Nelle prime due sono stati effettuate preliminari ricerche destinate a raccogliere informazioni da utilizzare per la costruzione delle tecniche di raccolta dei dati: • Un questionario per rilevare caratteristiche di base, interessi per la politica, intenzioni di

voto, comportamento delle elettorale, valutazione della televisione come mezzo per la propaganda elettorale

• Una scala di atteggiamento nei confronti dei partiti impegnati nella competizione: il conservatore, il laburista e i liberali. Sulla base delle risposte a questa scala, per ciascun intervistato sono stati costruiti un indice di atteggiamento nei confronti di ciascun partito e un indice di adesione a ciascuno dei due partiti maggiori (conservatore e il laburista).

• Un differenziale semantico con uno scaling a sette passi per ciascuna coppia di attributi per rilevare le valutazioni nei confronti del leader dei tre partiti.

• Una batteria di affermazioni ciascuna delle quali esprime una motivazione a seguire o a non seguire le trasmissioni elettorali dei partiti in televisione. In base alle risposte ottenute sono stati costruiti diversi insiemi di items, ciascuno dei quali rappresenta un tipo particolare di dimensione motivazionale.

• Una batteria di domande sull'esposizione alla propaganda elettorale nei diversi media. Nelle fasi successive, due prima e una dopo il voto, sono state effettuate le rilevazioni finali su campioni. I risultati hanno evidenziato, anzitutto, che la televisione ha aumentato in modo determinante il livello di informazione politica dei telespettatori, in particolare contribuendo ad accrescere la notorietà del partito liberale. Quanto alle motivazioni delle esposizioni, i risultati mostrano come esse siano riconducibili a due principali dimensioni, ciascuna riferibile a un particolare tipo di elettori: i ricercatori di sostegno, per i quali la propaganda eserciterebbe un effetto di rafforzamento di intenzioni di voto preesistenti, i ricercatori di guida, per i quali la propaganda eserciterebbe un effetto di orientamento dell'intenzione e del comportamento di voto. --> In entrambi i casi la televisione svolge un ruolo rilevante lasciandosi usare per cercare e trovare conferme oppure per trarre elementi su cui basare decisioni ancora incerte e indefinite. Una tipologia dei bisogni che è possibile soddisfare attraverso l'uso dei media è quella proposta da McQuail, Blumer e Brown, poi riadattata dallo stesso McQuail nel modo seguente: 1. Informazione:

• Ricerca di eventi rilevanti nell'ambiente circostante, nella società e nel mondo. • Ricerca di suggerimenti o di opinioni pratiche e per prendere decisioni. • Soddisfacimento di curiosità e interessi di ordine generale.

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• Apprendimento, autodidattica. • Acquisizione di un senso di sicurezza mediante la conoscenza.

2. Identità personale: • Ricerca di una conferma e di una rafforzamento dei valori individuali. • Ricerca di modelli di comportamento cui fare riferimento. • Attivazione di possibili processi di identificazione con gli individui considerati

importanti. 3. Integrazione e interazione sociale:

• Conoscere e comprendere e a due condizioni: impartir sociali. • Identificazioni con altri e realizzazioni di sentimenti di appartenenza. • Acquisizioni di argomenti per la conversazione e per l'interazione sociale. • Vivere esperienze vicarie, surrogato di esperienze reali. • Sostegno nei comportamenti associati ai diversi ruoli sociali. • Aiuto nel rapporto con la famiglia, con gli amici e la società in genere.

4. Intrattenimento: • Evasione, distrazione dai problemi. • Di pensioni. • Ottenere un intrinseco piacere culturale • Estetico. • Impiegare il tempo. • Liberazione delle emozioni. • Eccitazione sessuale.

Particolarmente numerose sono le ricerche sugli usi della televisione. Alan Runin distingue due tipi più generali di produzione televisiva in relazione alle motivazioni che possono determinarla: una fruizione ritualistica è una funzione strumentale. La fruizione ritualistica rappresenta uno stile di consumo centrato sul mezzo in quanto tale il piuttosto che sulla specifica offerta che propone. Questa modalità di fruizione è generalmente caratteristica di spettatori assidui in prevalenza motivata dalla necessità di impiegare il tempo in maniera facile e immediata, in assenza di altre possibili alternative più gratificanti. La fruizione strumentale corrisponde a uno stile di consumo televisivo centrato sui contenuti: si sceglie deliberatamente un determinato programma, mossi dalle motivazioni più diverse. Ovviamente queste modalità di fruizione possono coesistere, alternandosi in uno stesso soggetto. Tra le motivazioni individuate da Rubin quelli che risultano più frequentemente indicate dai telespettatori sono riconducibili a tre dimensioni: quella dell'evasione, quella della conoscenza e quella dell'informazione. Evasione può significare ricerca di divertimento, di piacere, di relax, di distrazione, ma anche di fuga dalla realtà, fuga che può essere sollecitata da situazioni problematiche di solitudine, di stress o di ansia e depressione. Motivazioni legate al bisogno di conoscenza corrispondono a un uso della televisione considerata come finestra aperta sul mondo. L'uso con finalità formative corrisponde a un bisogno più immediato e diretto di essere aggiornati su fatti particolari e contingenti. Il ricorrente riscontro di un uso ritualistico della televisione lascerebbe supporre una diffusa presenza di modalità di fruizione passive in contraddizione con le premesse stesse dell'approccio usi e gratificazioni. In realtà molti autori hanno sottolineato che consumo televisivo eccessivo e di routine (heavy wieving) va considerato anch'esso come modalità

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attiva di fruizione, trattandosi comunque di un agire motivata in relazione a uno scopo, sia esso consapevole o meno. Importanti sono le indicazioni che provengono da ricerche sulla privazione di televisione. Viene segnalata la funzione di garantire ai telespettatori un controllo delle informazioni maggiore di quello consentito dagli altri mezzi di informazione, grazie all'efficacia del linguaggio televisivo, all'immediatezza e alla tempestività delle notizie, alla possibilità di stabilire con i giornalisti in video un rapporto più diretto e emotivamente gratificante. Poi viene indicata una funzione di relax e di intrattenimento. Questa funzione può assumere valenze diverse nella percezione dei telespettatori,valenze riferibili non soltanto a una modalità disimpegnata di trascorrere il tempo, ma anche alla possibilità di trovare rifugio nell'immaginario o di essere stimolati sul piano emotivo. Questa ricerca dà un'ulteriore conferma alla tendenza ad attribuire alla televisione funzioni che hanno a che fare con l'interazione e con l'integrazione sociale. In particolare anziani e adolescenti fanno presente che programmi e personaggi televisivi sono spesso oggetto di conversazioni, con ciò facilitando i rapporti interpersonali diretti tra le persone. La televisione può anche favorire la coesione in seno al nucleo familiare, rappresentando un comune e rassicurante punto di riferimento per ritrovarsi in particolari momenti della giornata. Gli sviluppi più recenti della teoria degli usi e gratificazioni e del filone di ricerca che ad essa fa riferimento non si caratterizzano per ulteriori e più significative acquisizioni. Di questa situazione fa testimonianza McQuail, quando sottolinea la necessità di un nuovo rinunciato di base per la teoria. Un secondo filone d'indagine sulla fruizione dei media è quello dell'etnografia del consumo mediale prende corpo negli Stati Uniti. Si caratterizza per ricerche qualitative condotte con presupposti teorici e impianti metodologici del tutto diversi da quelli che distinguono le ricerche quantitative dall'approccio usi e gratificazioni: osservazione partecipante, focus group interviste in profondità. In Europa trova accoglienza nell'ambito dei cultural studies britannici. L'etnografia del consumo mediale ha privilegiato lo studio del consumo televisivo in ambito domestico caratterizzandosi per almeno due tendenze più evidenti. Una prima tendenza consiste nel fare riferimento alle funzioni sociali svolte dalla televisione nella vita quotidiana dei telespettatori. Esemplificativa di questa tendenza è l'attività di ricerca condotta negli USA da Lull, che ha evidenziato due principali usi delle televisioni in ambito familiare, strutturale e relazionale. Le modalità d'uso di tipo strutturale fanno del mezzo televisivo un elemento tra i tanti che strutturano il contesto domestico e caratterizzano la vita quotidiana. L'uso relazionale della tv comporta invece un coinvolgimento diretto o indiretto di essa, in modi differenti, nei rapporti interpersonali. Dopo la ricerca qualitativa sugli usi della televisione, Lull ha condotto un'altra ricerca, questa volta quantitativa, allo scopo di studiare le eventuali relazioni tra usi strutturali e usi relazionali, da un lato, e stili di interazione sociale prevalenti nelle famiglie, dall'altro. Questi ultimi sono corrispondono a quelli evidenziati da alcune ricerche di Chaffe, McLeod e collaboratori e ricondotti dagli stessi autori a due macro categorie: quella delle famiglie socio-oriented e quella delle famiglie concept-oriented. Le famiglie socio-oriented sono estroverse, interpretano e agiscono senza rigidità i ruoli familiari, sollecitano l'esternazione estemporanea di opinioni e convinzioni, favoriscono il contatto con gli altri. Le famiglie concept-oriented sono ripiegate su se stesse, elaborano e discutono al loro interno le vicende del mondo, per i figli preferiscono sostituire all'esperienza diretta una

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rappresentazione della realtà il cui meditato racconto è affidato ai genitori, chiamati a esercitare la loro autorità senza lassismi. Nella ricerca di Lull sono stati considerati come indicatori dei due orientamenti le risposte a tre domande formulate per ciascuno di essi, con le quali si chiedeva quanto spesso i rispondenti fossero autori, in famiglia, di determinati comportamenti. Sulla base dei punteggi associati alle risposte a queste domande sono stati costruiti due indici, uno per lo stile di interazioni socio-oriented e uno per quello concept-oriented. Lull utilizza come indicatori una serie di affermazioni, chiedendo agli intervistati di valutarle in termini di accordo o disaccordo su una scala a quattro passi, con 1 corrispondente al massimo disaccordo e quattro al massimo accordo. È stato quindi effettuato uno studio delle relazioni tra ciascuno degli items relativi agli usi della tv e gli indici, rispettivamente, di socio-orientation e di concept-orientation. I risultati hanno mostrato che le famiglie socio-oriented si caratterizzano per un consumo televisivo più consistente e per usi relazionali della tv con valenze o implicazioni più esplicitamente sociali. Al contrario, le famiglie concept-oriented fanno un uso meno frequente della tv e tendono a respingere l'idea che la televisione possa rappresentare una presenza importante nello scenario dei rapporti di comunicazione e delle relazioni interpersonali in seno al nucleo familiare. Le famiglie socio-oriented sembrano meno propense di quelle concept-oriented a individuare nell'uso delle televisioni un'occasione per esercitare l'autorità genitoriale. Resta da chiarire se questo dipenda da una maggiore flessibilità oppure da quella che sembra essere un'accettazione incondizionata della tv come parte integrante della quotidianità. Le famiglie concept-oriented non solo guardarmi la tv, mancando la guardano prediligono programmi di informazione piuttosto che quelli di intrattenimento, discutono dei contenuti, sembra sappiano bene che il mondo televisivo ebbe altra cosa da quello reale. Il problema della gestione del mezzo televisivo e delle contrapposizioni che ne possono derivare in seno alle famiglie è stato preso in esame da una ricerca di David Morley, siamo così giunti ai cultural studies, finalizzata a rilevare cause, dinamiche e esiti dei conflitti di fatto attivati dalla televisione nei rapporti familiari e in quelli di coppia. In base ai risultati di questa ricerca le posizioni di uomini e donne nei confronti della tv risultano disuguali con riferimento non solo alle scelte di programma, ma anche alle concrete modalità di fruizione: guardare la televisione è per l'uomo un'attività quasi sempre esclusiva, in una condizione di distensione e di riposo, mentre per la donna è prevalentemente un'attività secondaria che accompagna le faccende di casa o qualunque altra attività, come se le aspettative di ruolo associate la condizione femminile in ambito domestico fossero tali da non contemplare un consumo televisivo fine a se stesso. Dall'accertamento della disuguaglianza tra l'uomo e la donna nella fruizione televisiva all'opzione per pratiche di ricerca di ispirazione femminista il passo è stato breve. Una seconda tendenza riscontrata nell'approccio etnografico è quella che consiste nell'occuparsi dei pubblici femminili e nel ricercare uno specifico femminile nel consumo mediale. Per le casalinghe rinchiuse in casa e impegnate in un lavoro faticoso, non retribuito e solitario, la radio e la televisione costituiscono una parte integrante della vita quotidiana, spesso l'unica possibilità di contatto con il mondo esterno, l'unico antidoto contro le frustrazioni derivanti dall'isolamento domestico. Si scopre anche che le donne orientano le loro scelte verso generi televisivi che considera più vicini ai loro interessi, alle loro sensibilità, alla loro propensione a rielaborare in chiave immaginaria di esperienza reale e

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rifiutano generi che considera invece espressamente rivolti agli uomini, quali informazioni e lo sport. Da qui l'ipotesi che esistano due mondi televisivi, uno femminile e uno maschile, in opposizione l'uno all'altro. Come nel mondo reale la condizioni maschile gode di maggior considerazione sociale rispetto quella femminile, così anche nel mondo televisivo i generi maschili, in particolare l'informazione, godono di un riconoscimento e di una rispettabilità che invece sono negati ai generi femminili. Si giunge all'individuazione di uno specifico femminile anche nell'offerta mediale, facendo valere l'esigenza di una rivalutazione di prodotti popolari come la fiction televisiva e in particolare il soap-opera. Si attribuiscono così alle donne determinate capacità riferibili alla sfera affettiva, all'immaginazione, al coinvolgimento emotivo, capacità positive che possono essere impiegate nella fruizione di prodotti come le soap operas. Uno specifico femminile si può riscontrare anche nel fatto che il soap-opera propongono nei testi e attivano nella realtà quotidiana dei fruitori modalità di discorso tipicamente femminile. È il caso, in particolare, del pettegolezzo. In Italia, l'approccio etnografico è stato preso in considerazione dagli studiosi impegnati nella ricerca sui media a partire dall'inizio degli anni 90. Una ricerca sulla fruizione del telegiornale nel contesto familiare fu condotta da Paolo Mancini nel 1991. Ricorrendo all'osservazione partecipante, ai focus group e anche a questionari compilati dai capofamiglia, la ricerca ha evidenziato le modalità selettive che caratterizzano l'esposizione e l'attenzione alle notizie del telegiornale. Si evidenzia il ruolo attivo del telespettatore nel loro rapporto con il telegiornale, nel quale coinvolge non solo elementi relativi alle dinamiche familiari, ma anche all'esperienza sociale pregressa e al patrimonio di conoscenze, atteggiamenti, valori di cui è portatore. In base a questi elementi seleziona le notizie importanti e poi trova per ciascuna di esse la collocazione più appropriata all'interno di sistemi di significati consolidatisi nel tempo: così tutte le notizie di politica finiscono in un super-tema che le abbraccia tutte, le ricostruisce, le interpreta, le valuta e viene chiamato appunto super tema della politica. La categoria di supertema è ripresa da una griglia costruita con riferimento a tre aspetti generali: 1. I soggetti individuati dai fruitori come protagonisti dei fatti riportati nelle notizie. 2. La coerenza tra le parti nelle quali si articola la narrazione relativa alla ricostruzione dei

fatti oggetto della notizia. 3. I temi generali che risultano dalle aggregazioni di temi e significati specifici, ai quali i

telespettatori riconducono i diversi contenuti delle notizie, mettendo in atto un processo che pone in relazione tali contenuti con conoscenze e atteggiamenti pregressi, coinvolgendo nel contempo la dimensione cognitiva e quella emotivo valutativa.

Al consumo televisivo nelle famiglie è poi dedicata una ricerca diretta da Casetti e pubblicata nel 1995. Anch'essa è condotta utilizzando diversi procedimenti di raccolta delle informazioni tra quelli considerati dalla ricerca etnografica e, in generale, dalla ricerca qualitativa: osservazione partecipante e colloqui in profondità, individuali e di gruppo, accompagnati da due questionari con domande aperte e domande chiuse, compilati rispettivamente dai capofamiglia e, individualmente, da ciascun membro delle famiglie coinvolte nella ricerca. Lo scopo della ricerca e mettere in luce le diverse forme in cui si realizza il consumo televisivo e mediale. Dai risultati emergono 5 grandi nuclei tematici: 1. I diversi media che entrano in famiglia danno di sè immagini distinte. A ciascuno di essi

viene attribuita una funzione prevalente: la radio fa compagnia, i quotidiani informano e

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soddisfano interessi culturali, il cinema rappresenta uno svago sociale, mentre la tv può soddisfare più bisogni contemporaneamente.

2. La televisione entra liberamente in casa senza essere ostacolata da barriere come il prezzo o la ristrettezza degli spazi domestici.

3. Il consumo televisivo si svolge in relazione a due diversi quadri di riferimento che continuamente si sovrappongono e confliggono in una normale giornata televisiva: un frame televisivo e un frame famigliare.

4. I programmi televisivi sollecitano diverse modalità e diversi livelli di coinvolgimento dei membri della famiglia.

5. Il consumo televisivo si organizza secondo stili ricorrenti influenzati dalla struttura familiare.

--> I tratti socieconomici non paiono avere un gran peso, mentre hanno una rilevanza certamente maggiore le caratteristiche culturali e soprattutto relazionali della famiglia. Il consumo familiare dei media, e della televisione in particolare, è una pratica variata, mediata, negoziata e ritualizzata: assume modalità diversificate che si alternano nell'arco della giornata, si contraddistingue per l'azione di filtro messa in atto dal gruppo nei confronti e la contrattazione interpersonale che ne caratterizzano le scelte, entra a far parte della quotidianità della vita familiare e assume tra talvolta i tratti di un rito collettivo, semplice e spontaneo, celebrato delle mura domestiche. L'esposizione ai media è selettiva e l'uso dei media si configura come un agire dotato di senso che si concretizza in percorsi di consumo mediale quotidianamente costruiti da ciascun fruitore sotto la spinta di motivazioni molteplici e di diversa natura. PROCESSI COGNITIVI E FRUIZIONE DEI TESTI MEDIALI Nella fruizione di un qualunque testo mediale, l'attenzione è un processo cognitivo preliminare con conseguenze rilevanti sulla comprensione e sull'interpretazione. Caratteristiche fondamentali di questo processo sono quelle di essere volontario oppure involontario e quella di essere, in entrambi i casi, altamente selettivo. L'attenzione volontaria non viene rivolta allo stesso modo e in uguale misura a compiti svolti contemporaneamente, come ad esempio guidare l'automobile e conversare. La possibilità di dividere l'attenzione tra compiti dipende dalla difficoltà di questi compiti e dalla maggiore o minore consuetudini che abbiamo con essi, ma anche dal nostro coinvolgimento nel seguirli. Nella funzione dei testi mediali l'attenzione sarà massima quando ciò che stiamo leggendo, ascoltando o guardando è di particolare interesse per i contenuti che propone, per la sua capacità di coinvolgerci sul piano emotivo, per le caratteristiche formali o per qualunque altro aspetto che abbia nei nostri confronti un potere di attrazione. L'attenzione ė selettiva anche nei confronti di parti o di elementi di uno stesso testo al quale si è esposti. In questo caso, la collettività si manifesta essenzialmente in termini di discontinuità, con fasi alterne di maggiore e minore intensità nel corso della fruizione. La discontinuità dell'attenzione è massima in situazioni in cui la fruizione è un'attività secondaria. In questo caso la discontinuità può anche tradursi in un'assenza pressoché totale di attenzione, come quando si usano la radio e la tv come semplice sottofondo. Intrinsecamente legata all'attenzione è la percezione, processo costruttivo e quindi selettivo che consiste in un complesso insieme di operazioni prima di analisi e poi di sintesi di tutti i dati che ci provengono non soltanto da stimolazioni sensoriali esterne, ma anche della memoria che rielabora i risultati delle nostre esperienze percettive pregresse.

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Gestalt --> ha sottolineato come la dinamica dell'attività percettiva si contraddistingue per la tendenza a dare un carattere unitario e coerenti all'esperienza, costruendo per sintesi immagini che non sono una semplice somma di singole parti individuati a livello di analisi. La percezione dipende anche dai tratti di personalità del recipiente, in particolare dalle sue motivazioni e dei suoi atteggiamenti nei confronti sia dell'oggetto della percezione sia della situazione percettiva. Nei processi percettivi intervengono anche determinanti sociali, quali si presentano nei processi di socializzazione e di costruzione dell'identità. Se riferiamo tutto ciò alla fruizione di un testo mediale, possiamo affermare il fruitore mette in atto un processo di riduzione della complessità del testo stesso: non essendo possibile, un'attenzione esaustiva nei confronti di tutti gli elementi in esso presenti, la percezione sarà parziale e coinvolgerà alcuni di questi elementi e non gli altri. E agli elementi testuali coinvolti il fruitore attribuirà anche una diversa salienza in funzione delle sue predisposizioni percettive, delle sue motivazioni, dei suoi interessi e della sua capacità di riferirli al contesto in cui compaiono, giudicandoli essenziali o inessenziali, rilevanti o irrilevanti e in relazione ad esso. --> il fruitore attiva in tal modo, nei confronti del testo, un processo di individuazione selettiva e di gerarchizzazione dei segni che in esso compaiono: in un testo mediale, i fruitori non leggono, ascoltano, vedono tutti le stesse cose; e a quelle cose che eventualmente tutti leggono, ascoltano, vedono non attribuiscono tutti la stessa rilevanza come elementi costitutivi della trama testuale. Come l'attenzione e la percezione, anche la memoria è una facoltà dinamica e attiva. Essa infatti attiva: 1. Un processo di selezione delle informazioni, trattenendo quelle che risultano coerenti

con le nostre conoscenze pregresse e con i nostri interessi; 2. Un processo di astrazione mediante il quale le informazioni selezionate vengono

tradotte in forme astratte e investite di significato; 3. Un processo di integrazione delle informazioni così trasformate con quelle già in nostro

possesso. Schema: strutture concettuali organizzate in memoria, ovvero insiemi integrati di concetti e categorie, acquisti con l'esperienza, che ci consentono di rappresentare gli oggetti e gli eventi presenti nell'ambiente che ci circonda nonché le relazioni che tra questi stessi concetti e eventi intercorrono. La memoria e la conoscenza funzionano sinergicamente, elaborando in modo selettivo, mettendo in relazione e, se necessario, modificando le informazioni che ci provengono dall'esterno, secondo una strategia che ha come fine quello di creare rappresentazioni della realtà che siano soggettivamente plausibili, convincenti e organizzate. Più schemi relativi ad azioni in successione possono combinarsi in scripts --> strutture che descrivono sequenze preordinate e stereotipiche di comportamenti ed eventi, quali possono manifestarsi in una determinata situazione nota. È una sorta di copione mentale che viene generato e rappresentato in memoria organizzando in forma gerarchica diversi ricordi. Sono disponibili nella nostra memoria scripts relativi alle attività più comuni es: alzarsi al mattino, prepararsi, uscire di casa, andare a lezione ecc.. A queste azioni di base possono ovviamente accompagnarsi altre azioni la cui presenza genera, a livello individuale, diverse varianti di uno stesso script. Questa variante,

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presente nella nostra memoria e attivata nel corso di una particolare situazione, contribuisce a determinare il nostro modo di conoscere e interpretare quella situazione e, conseguentemente, di agire in essa. Quando a sequenza di azioni riguarda non attività ordinarie, ma attività che implicano lo svolgimento di compiti più impegnativi e finalizzato al conseguimento di uno o più obiettivi non facili da perseguire, la nozione di script viene sostituita con quella di piano, che corrisponde a una strategia interpretativa e d'azione che elaboriamo quando i comportamenti da mettere in atto sono tutt'altro che scontati. --> concetti, schemi, piani e scripts costituiscono gli strumenti fondamentali con i quali costruiamo la nostra conoscenza della realtà e orientiamo il mostro agire nelle diverse situazioni. Orientano anche l'attività di fruizione dei testi mediali, si configurano come elementi che portano tutti all'attribuzione di un ruolo attivo ai lettori, ascoltatori e spettatori. I PROCESSI DI COMPRENSIONE E INTERPRETAZIONE Fini agli anni '70 del novecento, la tendenza prevalente è stata quella di sovrapporre o identificare la comprensione con l'interpretazione, e a considerare come esito atteso da tali processi la corrispondenza tra codifica della fonte e decodifica del destinatario. La comunicazione veniva così intesa come mera trasmissione di informazioni che il destinatario riceve ed elabora secondo modalità che corrispondono a quelle di un processo sostanzialmente passivo. Si misurava l'efficacia della comunicazione in termini di ricordo: il destinatario ha compreso il testo se, trascorso un determinato lasso di tempo dalla ricezione, è in grado di ricordarne più o meno fedelmente i contenuti. Questa tendenza ha caratterizzato la ricerca sulla persuasione: la comprensione, sempre intesa come corrispondenza tra codifica e decodifica, veniva considerata come condizione necessaria per il successo della processo d'influenza --> finalizzato a indurre un mutamento di opinione e/o di atteggiamento e/o di comportamento del destinatario. Inizio anni 50: Hovland e collaboratori dell'università di Yale conducono un programma sistematico di ricerca sulla persuasione --> la persuasione è il risultato delle sequenza di più fasi! ciascuna delle quali è condizione necessaria per il verificarsi di quella successiva. Tra queste è centrale la comprensione, considerata come esito della corrispondenza tra codifica e decodifica. Caratteristiche del messaggio che possono favorire la comprensione: • Presenza nel messaggio di elementi familiari al destinatario • Semplicità degli argomenti proposti e delle argomentazioni adottate • Articolazione organizzata degli elementi • Ripetizione degli argomenti cruciali • Presenza di una conclusione esplicita McGuire ha proposto un modello della persuasione ancora intesa come sequenza di fasi ciascuna necessaria per il verificarsi della successiva: • Esposizione al messaggio • Attenzione • Comprensione • Accettazione delle conclusioni • Memorizzazione delle conclusioni • Conversione in azione

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Teoria delle risposte cognitive: secondo questa teoria il destinatario non apprende passivamente quanto gli viene proposto, ma rapporta i contenuti del messaggio alla propria struttura cognitiva e alle conoscenze pregresse, orientato dalle sue caratteristiche di personalità e dagli esisti delle influenze che gli derivano dall'esperienza sociale. Lazarsfeld e collaboratori: l'effetto di rafforzamento di opinione preesistenti è più frequente di quello consistente in un radicale cambiamento di esse. Sempre più seguente diviene il richiamo alla necessità di tener conto del fatto che possano darsi, per uno stesso testo diverse modalità di comprensione. Ad avviare questo percorso sono state le teorie della ricezione dei testi letterari e le sollecitazioni provenienti dalla semiotica, grazie alle quali si è venuta gradualmente affiancando la consapevolezza del potere del pubblico a quella del potere dei media. Tra i primi e più significativi contributi al tentativo di individuare a descrivere le modalità con cui si manifesta il potere del pubblico vanno ricordati quelli condotti nell'ambito dei Cultural Studies dai ricercatori del media group dell'università di Birmingham. Questi ricercatori, pur ammettendo che i media possono proporre significati preferenziali e, quindi, attivare modalità privilegiate di decodifica (le cosiddette letture preferite), sostenevano comunque la necessità di considerare ciascun membro del pubblico come un fruitore attivo, che non necessariamente accetta, ma anzi negozia ed eventualmente rifiuta l'interpretazione suggerita dal testo, coinvolgendo nella fruizione il proprio particolare profilo culturale e sociale e l'insieme di competenze ad esso associate. Hall: propone un modello del processo di codifica/decodifica (encoding/decoding). L'asimmetria tra econding e decoding dipende da fattori relativi sia al testo sia al fruitore del testo stesso. Hall propone una tipologia delle possibili modalità di decodifica: 1. Decodifica conformista: si caratterizza per l'accettazione della lettura preferita 2. Decodifica negoziata: respinge la rappresentazione dominante quando un fatto o un

problema riguarda la situazione particolare e personale. 3. Decodifica oppositiva: rifiuta i contenuti proposti dal testo e l'orientamento ideologico

in base al quale questi stessi contenuti sono rappresentati. Il processo di encoding non è sempre intenzionalmente orientato in funzione ideologica e in esso hanno una parte determinante le routine produttive e le procedure professionali consolidate degli operatori dei media. Attività è: • Selettività: selettive sono le modalità con cui ciascun membro del pubblico costruisce

quotidianamente e liberamente i propri percorsi di consumo mediale. • Autonomia semantica: nella produzione negoziata di senso nell'interazione con i testi

mediali. • Reinterpretazione collettiva: i significati diventano oggetto di conversazione e

discussione, occasione e pretesto per attivare e perpetuare i rapporti interpersonali. È possibile considerare attivo il fruitore perché il suo interagire con i media di configura come un agire dotato di senso, anche se non sempre intenzionato e finalizzato in modo esplicito. È stato messo a punto un modello (ancora provvisorio) del processo di fruizione basato su una preliminare distinzione tra comprensione e interpretazione, l'una considerata come un

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processo analitico di lettura sintattica e semantica e l'altra come un processo sintetico di attribuzione di un senso unitario al testo considerato nella sua globalità. Comprensione: processo implicito di individuazione dei segni: in uno stesso testo mediale ciascun fruitore può individuare come particolarmente significativi alcuni segni e non altri e alla presenza di ognuno di questi segni può attribuire una certa rilevanza, maggiore o minore, in relazione a tutti gli altri. Si può quindi considerare come un insieme integrato di atti di imputazione semantica dei segni selezionati. È possibile individuare due diverse modalità di imputazione semantica: 1. Riconoscimento da parte del fruitore dei significati, di denotazione o di connotazione,

attribuiti nel testo a certi segni. 2. Attribuzione autonoma di significato, di denotazione o di connotazione, non coincidenti

con quelli attribuiti nel testo, ad altri segni. Interpretazione: processo globale e sintetico di attribuzione di senso al metatesto costituito dalle relazioni stabilite tra i molteplici significati riconosciuti e/o attribuiti autonomamente e riorganizzati nel processo di comprensione. La comprensione, dunque, è presupposto dell'interpretazione e non si sovrappone ad essa: il processo di imputazione semantica fornisce i significati che costituiscono il materiale con cui costruire l'interpretazione. Capitolo 2: GLI EFFETTI DEI MEDIA Avvento della radio: anni 20 --> molti ritenevano che le opinioni, gli atteggiamenti e i comportamenti degli individui potessero essere facilmente orientati o addirittura condizionati utilizzando in modo opportuno i mass media. Anni 40: teoria degli effetti limitati --> si riferisce agli effetti a breve termine, ossia effetti su singole opinioni, singoli atteggiamenti e singoli comportamenti. Negli anni 70 questa teoria viene rimessa in discussione. Vengono presi in considerazione gli effetti a lungo termine. INFLUENZA PERSONALE ED EFFETTI LIMITATI DEI MEDIA Teoria dell'ago ipodermico: secondo questa teoria i media possono esercitare su chiunque un'influenza diretta in modo immediato e efficace. Da qui l'onnipotenza dei media e una complementare concezione del pubblico come massa --> entità amorfa e indifferenziata. Non è una teoria scientifica esplicitamente formulata e basata su un palese sostengo empirico, ma un orientamento di pensiero. Es: Payne Fune Studies --> indagini sull'influenza del cinema sui processi di socializzazione di bambini e adolescenti. Risultati: non è possibile imputare al cinema effetti immediati, diretti e indiscriminati, ma effetti che, se effettivamente si verificano, devono essere comunque considerati alla luce delle caratteristiche individuali dei minori, delle loro esperienze pregresse, delle condizioni famigliari, del contesto sociale e culturale. The people's choice: ricerca condotta in occasione delle elezioni presidenziali americane con Roosevelt e Willkie candidati, allo scopo di rilevare l'influenza esercitata dalla propaganda radiofonica, dalla propaganda a mezzo stampa e dai rapporto interpersonali. L'ipotesi dei ricercatori è che i rapporti interpersonali svolgano una mediazione significativa nei processi di formazione e mutamento delle opinioni e degli atteggiamenti. Il risultato consiste nell'individuazione di tre possibili effetti della propaganda politica: 1. Rafforzamento delle opinioni politiche e delle intenzioni di voto preesistenti

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2. Orientamento delle scelte di coloro che sono ancora indecisi 3. Conversione ossia radicale cambiamento delle opinioni politiche e delle intenzioni di

voto Effetto più frequente: rafforzamento Meno frequente: conversione Altra teoria: personal influence --> l'ipotesi dell'influenza mediata dai rapporti interpersonali viene precisata come ipotesi del flusso di comunicazione a due fasi. Il leader di opinione è colui che occupa una posizione strategica nella rete di comunicazione all'interno del gruppo e, conseguentemente, è colui che ha più frequentemente contatti con gli altri membri del gruppo stesso. La ricerca si è posta tre obiettivi principali, considerando quattro specifici ambiti nei quali le persone attivano più frequentemente processi decisionali nella vita di tutti i giorni: acquisto di prodotti per la casa, moda e acquisto di abbigliamento, scelta dei film da vedere al cinema, partecipazione sociale. Obiettivi: 1. Individuazione di specifici episodi di influenza 2. Individuazione di chi/che cosa esercita questa influenza 3. Individuazione e descrizione, nel caso dell'influenza personale, delle caratteristiche dei

leader d'opinione e delle modalità con cui si manifesta la leadership d'opinione. Il campione è costituito da sole donne e di età superiore ai 16 anni. Per la rilevazione sono stati utilizzato tre questionari i quali dovevamo rilevare: • I comportamenti di scelta nei quattro settori • Le influenze su questi comportamenti • La designazione e l'eventuale autosedignazione delle influenti e delle influenzate • Le caratteristiche del leader d'opinione • Influenza dei mass media Divisione in due categorie delle intervistate che avevano dichiarato di essere state in qualche modo influenzate dai contatti interpersonali o da un mezzo di comunicazione: quelle che attribuivano al l'influenza della fonte indicata un peso non determinante e quelle che invece attribuivano ad essa un peso rilevante. È stato quindi possibile distinguere tra esposizione contributiva ed esposizione efficace. Risultato: i rapporti interpersonali e la leadership d'opinione risultano essere fonti prioritarie di influenza per quanto riguarda le singole opinioni, singoli atteggiamenti, singoli comportamenti. Su questa teoria si basa la teoria degli effetti limitati dei media. Riassunto teoria degli effetti limitati: pag 67 EFFETTI SU OPINIONI, ATTEGGIAMENTI E COMPORTAMENTI Nella ricerca sulla persuasione coesistono due diversi approcci: quello empirico sul campo e quello sperimentale. Il profilo metodologico del primo corrisponde a quello dell'inchiesta. Quello dell'approccio si caratterizza soprattutto per il fatto che vuole testare se e come determinate caratteristiche sia dei destinatari, sia della comunicazione, possono agire nei diversi processi implicati dalla persuasione, quello relativo alla ricezione e quello relativo all'influenza della comunicazione persuasoria. Il primo è inteso come un percorso che coinvolge l'attenzione, la percezione e la comprensione, mentre il secondo è ricondotto all'eventuale accettazione, conseguente alla ricezione, dei contenuti proposti dalla fonte. Centrali nella ricerca della persuasione sono gli atteggiamenti. I modelli multidimensionali rappresentano l'atteggiamento come una disposizione appresa ad agire e reagire nei

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confronti di qualcuno o di qualcosa basata sulla o generata dalla compresenza e interazione di elementi riconducibili a tre dimensioni: 1. Cognitiva: conoscenze e opinioni 2. Affettiva: sentimenti e valutazione su base emotiva 3. Conativa: intenzioni d'azione Altri modelli unidimensionali considerano l'atteggiamento come una proprietà unitaria di tipo affettivo-valutativo, come una risposta valutativa globale nei confronti di un determinato oggetto. Se facciamo riferimento ai modelli multidimensionali, nel processo di persuasione il mutamento dell'atteggiamento coinvolge in prima istanza la componente cognitiva e ha a che fare con l'accettazione delle opinioni proposte e sostenute dalla fonte. L'accettazione e il rifiuto di queste opinioni dipendono dalle risposte cognitive che ad esse ciascun fruitore contrappone. --> mutamento della componente cognitiva Le componenti di un atteggiamento tendono ad essere coerenti e a mutare l'una in relazione alle altre: a un cambiamento della componente cognitiva generalmente corrisponde un conseguente cambiamento della componente valutativa e a questi un cambiamento, anche, della componente conativa. I fatto che incidono sull'estensione del mutamento della componente cognitiva alle altre componenti dell'atteggiamento e all'atteggiamento nel suo complesso sono da ricercare nella sfera dell'identità psicologica e sociale di ciascun fruitore della comunicazione persuasoria. Ancor più incisivamente intervengono in questo processo la personalità e il background culturale e normativo del destinatario che valuta l'oggetto d'atteggiamento e matura intenzioni d'azione nei confronti di esso facendo riferimento alle proprie aspettative e ai modelli di comportamento e valori. Tutto ciò agisce sul mutamento dell'atteggiamento, ostacolando o respingendo l'influenza di contenuti che contraddicono quelle aspettative, quei modelli e quei valori. Una volta indotto un mutamento devono verificarsi per il successo della comunicazione persuasoria anche una persistenza del mutamento d'atteggiamento e una successiva conversione di esso in azione. La persistenza del mutamento d'atteggiamento è necessaria poiché tra l'esposizione alla comunicazione persuasoria e la situazione in cui dovrebbe manifestarsi il comportamento da questa sollecitato può passare del tempo. Il comportamento dipende, quindi, da quanto resta del mutamento d'atteggiamento nel momento in cui viene messo in atto. Sulla persistenza del mutamento d'atteggiamento influisce positivamente il ricordo dei contenuti della comunicazione. Per quanto riguarda la conversione in azione, svolgono un ruolo importante i fattori psicologici, i fattori sociali e i fattori oggettivi e di contesto. • Fattori psicologici: assumono particolare rilevanza le motivazioni --> forze che risultano

determinanti nell'attivazione dei comportamenti. • Fattori sociali: sono rilevanti i rapporti interpersonali e i gruppi sociali di appartenenza. • Fattori oggettivi e di contesto: prescindono dalla particolare disposizione di ciascun

soggetto. Es: l'atteggiamento positivo nei confronti di un nuovo prodotto eventualmente indotto dalla campagna che ne ha accompagnato il lancio, può non tradursi in un effettivo comportamento di scelta a causa del prezzo, ma può riguardare le componenti del marketing, la distribuzione, il servizio...

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Gli effetti dei contenuti violenti dei media: nelle ricerche sul campo, un'eventuale propensione all'aggressività e alla violenza viene in ipotesi associata a un'esposizione frequente e abituale a contenuti violenti (tv e internet). Gli studiosi affermano che è possibile stabilire una relazione circolare tra esposizione a contenuti violenti e agire aggressivo e violento: la violenza nei media può produrre effetti negativi in soggetti psicologicamente predisposti, che sono anche quelli che più frequentemente si espongono ad essa, soggetto che generalmente si caratterizzano per un vissuto sociale di privazione e di disagio. --> la rappresentazione di atti violenti e criminali nei media non è il movente primo di una condotta violenta, ma il contenuto rinforza o completa tendenze di comportamento preesistenti o altrimenti indotte. Le ricerche sperimentali: analizzano il nesso diretto tra l'esposizione a singole scene di violenza e la successiva immediata manifestazione di comportamenti violenti, in situazioni di laboratorio artificialmente costruite. Il più delle volte questi esperimenti sono condotti su bambini e prevedono la costruzione di un gruppo sperimentale, che viene sottoposto a uno stimolo rappresentato da un filmato con contenuti violenti, e un gruppo di controllo, che invece non viene sottoposto a stimoli. Subito dopo la somministrazione dello stimolo, i bambini del gruppo sperimentale e i bambini del gruppo di controllo vengono sottoposto a osservazione diretta da parte dei ricercatori mentre interagiscono liberamente in una situazione di gioco. Se i bambini del gruppo sperimentale manifestano aggressività in misura più evidente dei bambini del gruppo di controllo, questa viene associata all'esposizione al filmato con contenuti violenti. Un'inferenza del genere sarebbe legittima se i membri del gruppo sperimentale e quelli del gruppo di controllo fossero scelti rispettando il criterio della parità di tutte le condizioni. In realtà vengono controllate sono alcune caratteristiche evidenti o facilmente accertabili: età, sesso, situazione di coppia dei genitori, livello di studi, condizione economica... Disegni di ricerca più complessi sono quelli che contemplano una complicazione e/o differenziazione degli stimoli, al fine di sottoporre a controllo ipotesi che prendono in considerazione diverse modalità o situazioni di presentazione della violenza. Es: esprimenti di Bandura e collaboratori, sempre condotti su bambini. In uno di questi vengono osservati 4 gruppi: tre sperimentali e uno di controllo. A ciascuno dei gruppi sperimentali viene mostrata una scena in cui è maltrattata una bambola: • al primo quella con protagonista un adulto in una situazione reale • Al secondo quella con protagonista sempre un adulto ma in un filmato • Al terzo quella con protagonista un adulto mascherato da gatto in un filmato. Il gruppo di controllo non viene sottoposto a nessuno stimolo. Dagli anni 60 in poi le ricerche sul campo e quelle sperimentali su questo tema diventano sempre più numerose. Secondo alcune teorie il soggetto apprende e manifesta, in base a meccanismi imitativi, i comportamenti proposti dai media, soprattutto quando questi sono presenti come efficaci per il raggiungimento degli scopi e quindi come positivi e di fatto premiati. Si sviluppa anche una diffusa attenzione da parte dei ricercatori agli effetti della rappresentazione non solo della violenza fisica, ma anche di altre forme di violenza come quella verbale e psicologica. È assai meno accentuata la propensione della ricerca a indagare i possibili effetti della rappresentazione, nei media, di atteggiamenti e comportamenti pro sociali. Una ricerca

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sulla fiction svolta negli USA da Lee ha rilevato una consistente presenza di comportamenti pro sociali riconducibili a tre categorie: 1. Azioni altruistiche: cooperare, aiutare gli altri.. 2. Comportamenti affettivi approvati socialmente: manifestazioni di affetto, simpatia,

empatia 3. Controllo su predisposizioni negative: resistere alle tentazioni, controllo

dell'aggressività... MEDIA E COSTRUZIONE SOCIALE DELLA REALTÀ Effetti a lungo termine: effetti aspecifici imputabili ai percorsi di consumo costruiti quotidianamente da ciascun fruitore in relazione a più mezzi e con riferimento ai generi nei quali si articola l'offerta mediale. Si tratta di effetti sul sapere comuni, ossia su quello che la gente conosce come realtà nella vita quotidiana a livello preteoretico o non-teoretico, effetti non intenzionali che possono intervenire sulla formazione, sul consolidamento o sul cambiamento delle rappresentazioni individuali e sociali, nell'ambito dei complessi processi che caratterizzano quella che la sociologia contemporanea chiama costruzione sociale della realtà. Prima rilevante teoria che si occupa degli effetti aspecifici a lungo termine: Teoria dell'agenda setting: si basa sull'assunto secondo cui l'influenza dei media è soprattutto da attribuirsi al fatto che essi attirano l'attenzione del pubblico sui temi, sugli eventi, sui personaggi di cui essi stessi parlano e nella misura in cui parlano, determinandone in tal modo l'importanza. Descrivendo in un certo modo la realtà, i media presentano al pubblico una sorta di elenco, di ordine del giorno, e ciò che è rilevante e di cui conseguentemente è necessario essere informati per poter discuterne con gli altri. In media, dunque, esercitano la loro influenza perché indicano i temi sui quali avere un'opinione. L'effetto di agenda setting è dunque un effetto cumulativo che si manifesta in termini di salienza di quanto i media pongono al centro dell'attenzione del pubblico. McLeod, Becker e Byrnes distinguono tre tipi di salienza: 1. Salienza individuale: corrisponde all'importanza attribuita personalmente da ciascuno

a un certo tema. 2. Salienza percepita: corrisponde all'importanza che si ritiene gli altri attribuiscano a

quel tema. 3. Salienza comunitaria: corrisponde all'importanza che a quel tema si attribuisce a

livello collettivo, facendone oggetto di pubblica discussione. A determinare tutti e tre questi tipi di salienza intervengono non solo i media, ma anche i rapporti interpersonali che generalmente agiscono nella direzione di un rafforzamento piuttosto che di una radicale conversione delle istanze cognitive e valori che ciascuno condivide con altri gruppi sociali di appartenenza. Ne consegue che l'effetto di agenda setting attribuibile ai media è un effetto relativo, tanto più forte quanto meno incisive sono le altre fonti di influenza e quanto meno consistente è il patrimonio dell'istanze cognitive e valoriali pregresse. Le ricerche empiriche più recenti elaborano dei disegni di ricerca intesi a ricostruire l'agenda dei media e l'agenda del pubblico per poi porle a confronto. L'agenda dei media è rilevata mediante l'analisi del contenuto dei campioni opportunistici di prodotti mediali, selezionati con riferimento a segmenti dell'offerta mediale stabiliti in funzione degli obiettivi della ricerca. Costruito il campione, viene calcolata la frequenza

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con cui ciascun tema viene complessivamente trattato, per poi rilevare su ogni unità di analisi dati relativi alle modalità di trattazione di ciascun tema. L'agenda del pubblico viene invece rilevata con inchieste su campioni di fruitori assidui, utilizzando questionari con domande destinate a raccogliere, per ogni intervistato, informazioni sulla conoscenza dei temi considerati e sulla salienza attribuita a ciascuno di essi, su abitudini, modi e livelli del consumo mediale, sulle possibili altre fonti di informazione oltre ai media, sulle caratteristiche sociali... Il passaggio successivo è quello del confronto tra agenda dei media e agenda del pubblico e dell'eventuale individuazione di relazioni significative tra le due dalle quali inferire l'effettivo manifestarsi dell'effetto di agenda. PERÒ: Lo studio dell'effetto d'agenda e delle concrete modalità con cui può manifestarsi richiede un approccio analitico che individui i percorsi di consumo mediale di ciascun fruitore e che per tali percorsi ricostruisca l'entità della presenza dei temi considerati e le diverse modalità di copertura e di approfondimento di ciascuno di essi. Dunque, non più l'agenda dei media al confronto con l'agenda di un pubblico generico, ma le agende di fruitori concreti a confronto con le agende rintracciabili nei particolari segmenti di offerta che definiscono i percorsi individuali di consumo mediale. Teoria della coltivazione: formulata da Gerbner Nel corso di questa ricerca, le rappresentazioni di alcuni aspetti della realtà sociale proposti dalle fiction televisive sono state poste a confronto con quelle rilevate su campioni di telespettatori assidui e di telespettatori non assidui, sia adulti sia bambini, al fine di controllare l'ipotesi secondo cui i telespettatori assidui manifestano più dei telespettatori non assidui la tendenza a rappresentare la realtà in base a modelli televisivi. L'autore si occupa quindi dei possibili effetti sulla formazione e sul cambiamento del sapere comune, assumendo che la televisione coltivi nel pubblico immagini di realtà secondo un processo a lungo termine, cumulativo e non intenzionale. L'analisi del contenuto della fiction lo scopo di rilevare e descrivere la rappresentazione della realtà sociale proposta in essa, con particolare riferimento a due aspetti: da un lato, gli attributi demografici e sociali dei personaggi, e dall'altro la rappresentazione della violenza fisica e delle caratteristiche di quanti sono in essa coinvolti come autori e come vittime. La ricerca ha evidenziato che la presenza episodi violenti è maggiormente concentrata nella fascia oraria mattutina del sabato e della domenica, quando più numerosa è l'audience infantile. L'indice di violenza è elevato non soltanto nelle serie e nei film polizieschi e d'avventura, ma anche nei programmi espressamente rivolti ai bambini come i cartoni animati. La maggioranza degli atti violenti è commessa ricorrendo all'uso di armi e la violenza viene proposta come mezzo efficace per il conseguimento degli scopi, siano legittimi o illegittimi, ed è anche spesso giustificata e, quando non lo è, rimane il più delle volte impunita. Secondo questa ricerca i telespettatori assidui sono, diversamente da quelli non assidui, più portati a rappresentare la realtà sociale secondo modelli televisivi. I confronti tra telespettatori assidui e telespettatori non assidui dovrebbe però essere effettuata a parità delle condizioni relative a questi fattori. In questo studio, infatti, non vengono considerate caratteristiche relative alla personalità dei telespettatori, alle loro esperienze di socializzazione, ai loro contatti con altri possibili fonti di influenza oltre alla televisione, alle modalità di fruizione, comprensione e interpretazione dei contenuti televisivi.

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Metodi di raccolta dati: nelle interviste agli adulti sono stati utilizzati questionari con domande chiuse destinate a rivelare modalità televisive o, al contrario non televisive di rappresentare determinati aspetti di realtà. Nelle interviste ai bambini, invece, si è fatto prevalentemente ricorso a procedure non standardizzati e tecniche indirette per rilevare immagini di realtà, pregiudizi e stereotipi. --> I risultati ottenuti sembrano confermare l'esistenza di una relazione tra esposizioni assidua alla fiction televisiva ed effetto di coltivazione. Per quanto riguarda la violenza, i telespettatori assidui, più dei telespettatori non assidui, attribuiscono ai protagonisti attivi e passivi di azioni violente nella vita reale caratteristiche analoghe a quelle dei protagonisti della violenza televisiva. Vi è una relazione circolare tra esposizione alla fiction e possibili effetti di quest'ultima sui processi di costruzione sociale della realtà. Capitolo 3: LE AZIENDE DEI MEDIA GLI OPERATORI DEI MEDIA E LE CONCEZIONI DELLA PROFESSIONE Le prime ricerche sugli operatori dei media e, in particolare quelli sui giornalisti, hanno avuto come principale obiettivo quello di ricostruirne i profili sociali e professionali sulla base delle caratteristiche personali (sesso, età, livello di istruzione, astrazione sociale..), e delle peculiarità del vissuto lavorativo, con particolare attenzione alle motivazioni, alle aspirazioni, ai valori e gli atteggiamenti nei confronti della professione. Si tratta di ricerche che hanno rappresentato un punto di partenza per successive indagini più approfondite. Anni '60: la ricerca comincia a occuparsi delle concezioni della professione e delle dinamiche della socializzazione professionale. I temi prevalentemente indagati sono: A. Profilo sociale degli operatori dei media:

• Caratteristiche socio demografiche • Motivazioni, atteggiamenti, aspirazioni nei confronti di aspetti, fatti, situazioni, processi

relativi alla professione • Orientamento politico-ideologico

B. Definizione della professione e dei ruoli professionali: • Attributi della professione in generale • Ethos professionale • Attributi e competenze di ruoli professionali specifici • Concezioni della professione e orientamenti professionali

C. Formazione professionale e socializzazione alla professione: • Formazione fuori della professione e nella professione • Reclutamento e carriere • Socializzazione alla professione, controllo e conflitto • Rapporti, di contrapposizione e di mediazione, tra esigenze della professione ed

esigenze dell'organizzazione Mentre le ricerche sul profilo sociale degli operatori hanno una valenza descrittiva con riferimento ai vari contesti temporali in cui sono state condotte, quelle sulla professione, sugli orientamenti professionali, sulla socializzazione alla professione sono più complesse. Tipologie dei metodi d'intendere la professione: sono tipologie con un sostegno empirico alquanto incerto e comunque non corrispondente alla complessità delle proprietà

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di volta in volta considerate dai ricercatori e alla conseguente necessità di trovare soluzioni adeguate, altrettanto complesse, per le definizioni operative. Es: Cohen propone una distinzione tra giornalista neutrale e giornalista partecipante, il primo autore di un'informazione che pretende di rispecchiare la realtà in modo fedele e sostanzialmente passivo; il secondo, al contrario, sostenitore di un'informazione critica che prende partito e svolge un'opera di denuncia al servizio dei cittadini. Sigal: individua cinque concezioni della professione giornalistica e altrettanti profili di giornalisti: oltre al giornalista partecipante e al giornalista neutrale, individua il giornalista cittadino, il giornalista antagonista del governo e il giornalista scrittore. Janowitz: pone a confronto la vecchia concezione di giornalista come gatekeeper (guardiano) che corrisponde al giornalista neutrale, e l'idea più recente di giornalista come advocate (difensore), che corrisponde al giornalista partecipante. Lo stesso Janowitz riconduce questi due orientamenti a profili giornalistici differenti per caratteristiche come l'età, la formazione professionale, l'associazionismo, l'orientamento politico-ideologico: il gatekeeper è più anziano, si è formato direttamente nella professione, è maggiormente coinvolto nelle associazioni professionali ed è moderatamente progressista. L'advocate è più giovani, si è formato nelle scuole universitarie di giornalismo, preferisce intrattenere rapporti interpersonali diretti in seno a gruppi sociali spontanei piuttosto che relazioni formali nelle associazioni di categoria, ed è generalmente schierato a sinistra, in ogni caso più a sinistra del gstekeeper. Socializzazione alla/nella professione: si configura come un processo attraverso il quale dovrebbero realizzarsi l'accettazione e l'interiorizzazione delle regole, dei valori e dei modelli di comportamento dominanti nella professione stessa e, con esse, il raggiungimento di un livello di conformità tale da rendere possibile una mediazione efficace tra le esigenze professionali e le esigenze delle organizzazioni nelle quali gli operatori dei media svolgono le loro attività. Quindi la ricerca sulla socializzazione professionale dovrebbe consistere nel definire prima e nell'individuare poi norme, valori e modelli riguardanti la professione e, in secondo luogo, nell'evidenziare le modalità e le dinamiche attraverso cui queste norme, questi valori e questi modelli sono percepiti e vissuti, accettati o rifiutati nell'ambito di situazioni e contesti concreti. LE ORGANIZZAZIONI DEI MEDIA E I PROCESSI PRODUTTIVI Le ricerche sui media direttamente o indirettamente ispirate alla sociologia del lavoro e delle organizzazioni tendono a privilegiare un approccio centrato sugli apparati organizzativi che producono e distribuiscono prodotti mediali e sulle dinamiche che ne caratterizzano il funzionamento. Le aree più frequentemente indagate sono: A. Finalità dell'organizzazione B. Struttura e funzionamento dell'organizzazione

• Settori e divisione de lavoro • Funzioni e ruoli

C. Rapporto tra organizzazioni e operatori • Socializzazione, controllo e conflitto

D. Strategie e modalità del processo produttivo Tunstall in una ricerca sui giornali specializzati nella raccolta di notizie ha evidenziato come ogni testata persegua una combinazione di tre tipi di scopi: 1. uno scopo remunerativo di incremento dell'audience --> audience revenue goal

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2. uno scopo remunerativo incremento delle pubblicità --> advertising revenue goal 3. Scopi non è remunerativi come la promozione culturale o l'acquisizione di influenza

politica --> non-revenue goals Un ruolo centrale è svolto dai processi produttivi e dalle specifiche modalità che li contraddistinguono nelle organizzazioni dei media. La consapevolezza di questa centralità ha comportato il consolidamento di un secondo filone di indagini centrate sull'informazione e relativo al newsmaking. Questo filone si caratterizza per il prevalere di un approccio di tipo etnografico, con la presenza dei ricercatori sul campo, immersi nella realtà concreta in cui si manifestano i fenomeni indagati, e con il ricorso a procedure non standardizzate di raccolta delle informazioni come l'osservazione partecipante e le interviste libere. Anni '70: l'attenzione dei ricercatori si focalizza su ciò che determina la notiziabilità di un evento, ossia sui criteri e sulle procedure in base ai quali determinati fatti, piuttosto che altri, vengono selezionati e trasformati in notizie. Le ricerche su questo tema si sono prevalentemente occupate delle determinanti interne del newsmaking, evidenziando come la notiziabilità dipenda, oltre dalle caratteristiche dell'evento in sè, anche da fattori relativi sia alla professionalità giornalistica sia alle particolari routine produttive nei vari media. La notiziabilità si configura come esito del concorso di fattori oggettivi, di fattori soggettivi e di fattore tecnico-organizzativi: la rilevanza e la centralità dell'evento, l' interesse ad esso attribuito dai giornalisti, la sua adattabilità a processi produttivi di routine relativamente consolidati. Il riconoscimento della rilevanza e della centralità oggettive di un evento e interesse ad esso attribuito dai giornalisti sono ampiamente influenzati dai valori-notizia --> qualità degli eventi o della loro costruzione giornalistica la cui relativa assenza o presenza li raccomanda per l'inclusione in un processo informativo. Essi orientano non soltanto la selezione, ma anche le modalità con cui i fatti vengono trasformati in notizie e presentati al pubblico, costituendo perciò un insieme di regole pratiche che esplicitamente e spesso implicitamente spiegano e guidano le procedure lavorative redazionali. I valori notizia si concretizzano quindi in criteri applicati nel processo di scelta degli eventi e di produzione delle notizie in modo immediato e flessibile, in sintonia con l'imprevedibilità e la rapidità che spesso caratterizzano l'accadimento degli eventi e con la conseguente tempestività che deve caratterizzare il lavoro giornalistico. I valori notizia relativi all'effettiva salienza degli eventi notiziari riguardano l'importanza degli attori in essi coinvolti (paese, organizzazione, gruppi, persone), l'entità e l'estensione dell'impatto che essi hanno nell'immediato e/o che possono avere in un futuro prossimo sulla collettività, il numero di individui che ne subiscono le conseguenze. La notiziabilità di un evento dipende anche dalla sua adattabilità alle routine del Newsmaking. Conseguentemente, nel caso di fatti non eccezionali, ha maggiore probabilità di venire selezionato evento che può essere lavorato per la sua trasformazione in notizia seconda e abituali procedure, senza alterare il normale ciclo produttivo. Questa necessità di piegare i fatti a modalità predefinite e usuali di lavorazione fa sì che le routine produttive producano inevitabilmente a una distorsione degli eventi, che vengono ricostruiti e rappresentati secondo le esigenze, i ritmi, i formati, modalità espressive del lavoro giornalistico e di ciascun mezzo di informazione. Decontestualizzazione e ricontestualizzazione: sono processi tipici delle pratiche giornalistiche: i fatti vengono rimossi dal loro contesto originario e, trasformati in notizie,

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vengono introdotti in un contesto diverso, artefatto, che ne determina la rilevanza e il significato. I media vanno considerati non come specchi che riflettono in modo fedele o infedele la realtà, ma come costruttori di realtà, una realtà altra che non avrebbe senso confrontare con quella reale, sulla base di regole produttive, tecniche e, soprattutto, di genere. Le regole di genere sono di fatto note sia agli operatori dei media sia ai fruitori. Esse rappresentano un comune patrimonio di competenze, per uni esplicito agli altri implicito, che costituiscono la dimensione in cui si realizzano le necessarie complicità testuali tra i diversi protagonisti del processo comunicativo. ALLA CONQUISTA DELL'AUDIENCE L'audience è condizione essenziale non solo per la sopravvivenza economica, ma anche per la legittimazione culturale della televisione, è per la stessa televisione una costante e preoccupante fonte di incertezza. Audipress: società costituita allo scopo di realizzare, in maniera oggettiva e imparziale, indagini collettive sulla lettura dei giornali quotidiani e periodici e sulle caratteristiche dei lettori. Indagine include due rivelazioni, una sulla lettura dei quotidiani e una sulla lettura dei periodici. Entrambe raggiungono campioni probabilistici rappresentativi di tutti i cittadini italiani, uomini e donne dai 14 anni in su che vivono stabilmente nel territorio nazionale. Int Le interviste si svolgono nelle abitazioni degli intervistati e sono effettuate con il sistema CAPI da intervistatori dotati di un pc portatile nel quale sono installati i questionari per le interviste e il programma necessario per inviare i dati al calcolatore centrale. L'intervista si articola in due fasi. Una fase preliminare di filtro è destinata a individuare, per ciascun intervistato, le testate sfogliate almeno una volta nell'ultimo periodo lungo (tre mesi per i quotidiani e per i supplementi settimanali di quotidiani, 12 mesi per i supplementi mensili di quotidiani, tre mesi per settimanali, 12 mesi per i mensili), indipendentemente dalla provenienza della copia e dalla data di uscita nelle edicole. La seconda fase è destinata a rilevare nel dettaglio la frequenza di lettura delle testate selezionate nella fase precedente. Nel questionario compaiono, inoltre, domande volte a rilevare le caratteristiche socio demografiche dell'intervistato e dei suoi familiari e il ruolo svolto da ciascuno nelle decisioni relative agli atti d'acquisto. Le principali definizioni di lettore adottate da Audipress sono: 1. Lettori totali dei quotidiani: quanti leggono o sfondano il quotidiano almeno una volta

in tre mesi. 2. Lettori nel giorno medio dei quotidiani: quanti leggono o sfogliano il quotidiano

almeno una volta in media, in un giorno, nel corso di una settimana. 3. Lettore totale dei periodici e dei supplementi di quotidiani: quanti leggono o sfogliano

una testata almeno una volta in tre mesi se settimanale o supplemento settimanale di quotidiano, oppure in 12 mesi se mensile o supplemento mensile di quotidiano.

4. Lettori nell'ultimo periodo dei periodici e dei supplementi di quotidiani: quanti leggono o sfogliano una testata almeno una volta in sette giorni se settimanale o supplemento settimanale di quotidiano, oppure in 30 giorni se mensile o supplemento mensile di quotidiano.

Fino agli anni 80, protagonista delle ricerche sull'ascolto di radio e televisioni è stata la Rai. Due le indagini principali condotte con continuità, una giornaliera e l'altra settimanale. La prima era il cosiddetto barometro d'ascolto --> rilevava con interviste faccia a faccia

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l'ascolto della giornata precedente sui diversi canali e nelle diverse fasce orarie, con riferimento a unità temporali di 15 minuti. La seconda raggiungeva un panel dei soggetti che veniva periodicamente rinnovato ed era destinata a rilevare il gradimento nei confronti di programmi oggetto d'ascolto della settimana, con domande che esplicitamente chiedevano di indicare quanto il programma fosse piaciuto, con alternative da "molto" a "per nulla". Ricerche sul gradimento venivano effettuate attraverso indici di gradimento di ciascun programma, costruiti sulla base di giudizi in termini di apprezzamento o di soddisfazioni espresse dagli spettatori su più livelli. Nonostante la loro semplicità, questi indici hanno consentito di evidenziare per la televisione alcune tendenze interessanti, in primis quella secondo cui gli indici di gradimento non sono sempre significativamente correlati con gli indici di ascolto. Ciò sta a indicare che l'ascolto non può essere considerata espressione diretta del gradimento e, dunque, che l'esposizione a questo o a quel programma non necessariamente soddisfa le aspettative del telespettatore. Inoltre gli indici di gradimento dei programmi seri risultano costantemente più elevati di quelli dei programmi d'evasione. Italia 1986: istituzione di Auditel Italia 1988: istituzione di Audiradio Auditel è una super società super partes che rileva 24 ore su 24, minuto per minuto, l'ascolto della televisione con riferimento a tutte le diverse modalità di trasmissione e ricezione. In essa sono rappresentate le tre componenti del mercato televisivo: anzitutto gli utenti di pubblicità, che devono poter disporre di dati sui quali fondare la pianificazione degli stati spazi pubblicitari; le imprese emittenti, per le quali la pubblicità rappresenta una risorsa irrinunciabile, interessata a analizzare i comportamenti del pubblico e a valutare il successo o l'insuccesso di singoli programmi; infine le agenzie dei media operanti nel paese. Attualmente la rilevazione effettuata su un panel rappresentativo della popolazione italiana, composta da circa 14.000 individui appartenenti a famiglie estratte in modo anonimo e casuale. Le famiglie del panel sono dotate di un'apparecchiatura elettronica, denominata People Meter, composta da tre unità: 1. Un'unità d'identificazione, che riconosce e registra il canale televisivo utilizzato da ogni

apparecchio presente nell'abitazione di ciascuna famiglia; 2. Un telecomando, che segnala le presenze individuali per ciascun televisore, attraverso

tasti assegnati a ogni componente della famiglia e a eventuali ospiti; 3. Un'unità di trasmissione, che raccoglie i dati da tutti i televisori e trasmette a una

calcolatore centrale per via telefonica o GSM I dati rilevati consentono di calcolare indici che corrispondono a: • Audience media: numero medio di telespettatori di un programma, dato dal rapporto

tra la somma dei telespettatori all'ascolto di quel programma in ciascun minuto di un dato intervallo di tempo e la durata in minuti dell'intervallo stesso.

• Share: rapporto percentuale tra gli ascoltatori di una certa emittente e il totale degli ascoltatori che stanno guardando in quel momento qualunque altro programma sulle altre reti.

• Penetrazione: rapporto percentuale tra gli ascoltatori di una certa categoria e il loro universo statistico di riferimento.

• Contatti netti: numero di tutti i telespettatori che vedono almeno un minuto di un certo programma.

• Minuti visti: numero medio di minuti visti dai telespettatori per ogni programma.

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• Permanenza: rapporto percentuale tra il numero di minuti viste in media dagli ascoltatori di un certo programma e la durata dello stesso.

Audiradio è una società con un profilo analogo a quello di Auditel, annoverando tra i soci utenti di pubblicità, emittenti radiofoniche e organizzazioni dei media. Promuove indagini campionarie annuali sull'ascolto delle radio Rai e delle radio private, nazionali e locali, e sul profilo degli ascoltatori. Ogni angolo anno vengono effettuate 120.000 interviste con questionari a soggetti di età superiore agli 11 anni, nel loro insieme rappresentativi della popolazione nazionale. Le interviste sono suddivise in sei bimestri e vengono effettuate per telefono, fisso o cellulare, con il sistema CATI. L'intervista rileva l'ascolto degli ultimi sette giorni, l'ascolto del giorno medio e le caratteristiche sociodemografiche degli intervistati per poter poi riferire ad esse i dati relativi all'ascolto. Le principali definizioni di ascoltatore sono: • Ascoltatori negli ultimi sette giorni: quanti dichiarano di aver ascoltato la radio X in

almeno uno dei sette giorni precedenti l'intervista; • Ascoltatori nel giorno medio: quanti dichiarano di aver ascoltato la radio X almeno un

quarto d'ora nelle 24 ore che vanno dalle sei del mattino del giorno precedente l'intervista alle sei del mattino del giorno in cui si svolge l'intervista.

Oltre a questa rilevazione sistematica, Audiradio realizza ricerche mirate sugli ascoltatori su commissione delle emittenti radiofoniche, avvalendosi di diversi procedimenti di raccolta dei dati, caratteristici della ricerca sia quantitativa sia qualitativa. L'immagine del pubblico da essi proposta è quella di una sommatoria di individui considerati e indagati esclusivamente nell'esito finale dei loro comportamenti di consumo, prescindendo dai contesti materiali e immateriali in cui tali comportamenti maturano e si manifestano e dai processi psicologici e sociali che intervengono nella fruizione dei testi mediali. A tutt'oggi sono soprattutto le aziende televisive ad aver manifestato un qualche interesse per la qualità televisiva percepita, come generalmente si denomina la qualità dell'offerta televisiva per come è intesa è valutata dai telespettatori. Il ritardo è tuttavia evidente e le ragioni sono molteplici. Alcune sono imputabili alle dinamiche interne allo stesso sistema televisivo, mentre altre hanno a che fare con le difficoltà di ordine teorico e metodologico implicate, per la ricerca, da questo particolare oggetto di indagini. I tipi di ragione sono: • Reticenza delle aziende televisive • Problematicità del tentativo di stabilire cosa sia la qualità televisiva: i telespettatori

ricorrono a criteri di valutazione diversi nell'un caso e nell'altro, con il conseguente riscontro di indici di qualità più bassi e più selettivi rispetto all'indice di gradimento.

Losito: programma pluriennale di ricerca --> Utilizzo di un questionario semistrutturato con domande aperte e chiuse, alcune delle quali poste in scala. La strategia seguita per rilevare i requisiti della qualità televisiva considerati rilevanti dagli intervistati è stata una strategia di tipo induttivo: per ciascuno dei macrogeneri televisivi (informazione, attualità, fiction, intrattenimento e pubblicità) è stata posta una domanda aperta con la quale si chiedeva ogni intervistato di indicare, ponendoli in ordine di importanza quelli che riteneva dovessero essere gli attributi di un programma di qualità di quel determinato genere. Considerando gli attributi più frequentemente citati dagli intervistati, è possibile trarre due significative indicazioni, una relativa alla loro estrema varietà e l'altra alla loro pertinenza, e ribadire di conseguenza l'ipotesi secondo cui il pubblico della televisione è un pubblico consapevole non solo delle proprie preferenze, ma anche del diverso spessore che investe il gradimento, da un lato, e la valutazione della qualità televisiva dall'altro.

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Nella ricerca italiana, un filone di indagine si ripropone di individuare le modalità con cui la televisione tenta di stabilire un contatto il più possibile diretto con il pubblico, coinvolgendolo nei programmi. PATTO COMUNICATIVO: si manifesta con tre strategie ricorrenti e caratteristiche della neotelevisione: 1. La prima strategia consiste nel riprodurre modalità di interazione tipiche della

quotidianità, come la chiacchierata, il consiglio, l'avviso, istruzione eccetera in particolare in programmi come talkshow e i programmi contenitore.

2. La seconda consiste nell'insistere costantemente sulla fiducia del telespettatore. 3. La terza è la promozione dei programmi, proposti come un'occasione d'incontro da non

perdere, come un appuntamento cui non si può rinunciare. Di queste tre strategie, quella che meglio rappresenta il profilo della neotelevisione è senz'altro la prima: la quotidianità è il tratto distintivo della programmazione di flusso della neotelevisione e si propone di fatto come espediente per ridurre la distanza tra la televisione e il pubblico. La vecchia televisione generava i testi in funzione di un telespettatore-tipo il cui profilo era tracciato soprattutto con riferimento a quelle che si riteneva fossero le prevalenti finalità pedagogiche del mezzo. La neotelevisione, al contrario, ha a che fare con telespettatori reali che sono consumatori reali di prodotti reali pubblicizzati dagli spot, dalle promozioni, dalle televendite. Per essi la televisione deve essere più vicina. Capitolo 4: L'OFFERTA MEDIALE LA CULTURA DI MASSA E I MEDIA TRADIZIONALI Ortega: con l'avvento della società di massa, la moltitudine diviene all'improvviso visibile e conquista i luoghi migliori della società. Prende così corpo una nuova realtà chiaramente identificabile: la massa sociale e, con essa, l'uomo medio generico e indifferenziato. Questa massa invadente si ribella, pretende di affrancarsi dalla marginalità sociale culturale, impone i suoi gusti le sue aspirazioni, minaccia la cultura, distrugge i modelli di comportamento e i valori tradizionali, annulla tutto ciò che è originale, differente, singolare, selezionato, e ricrea tutto il mondo a sua immagine e somiglianza. Si è concordi nel considerare la posizione critica di Ortega come una posizione di destra, che di fatto esprime l'avversione e i timori dei ceti sociali dominanti nei confronti del nuovo ruolo assunto dei ceti popolari nella società e nella politica. Diverse sono le critiche di sinistra alla società di massa e le posizioni più interessanti si delineano dopo la seconda guerra mondiale e fanno prevalentemente riferimento alla società americana, che dal conflitto è uscita più forte e più ricca, considerata come emblematica e evidente incarnazione della società di massa. Es: social criticism --> denuncia con forza le contraddizioni della società opulenta, ossia una massa anonima che non produce e non consente al suo interno rapporti sociali significativi. A questa folla solitaria milza attribuisce un'identità, quella dei colletti bianchi, la classe media americana, al suo interno eterogenea per quanto riguarda le attività lavorative e i livelli di reddito di prestigio, ma omogenea per quanto riguarda le mete culturali, i valori, i modelli di comportamento, i consumi e, soprattutto, la propensione a un consenso acritico e passivo nei confronti dello status quo. Scuola di Francoforte: oggetto della loro analisi è la società industriale capitalistica, in particolare, la società americana degli anni 40, 50 e poi 60. In essa si palesa quella che essi considerano la contraddizione strutturale della società opulenta: la civiltà, giunta

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all'apice del suo sviluppo, pur disponendo delle risorse per soddisfare bisogni reali e emancipare da essi gli essere umani, tradisce la sua vera missione, rinuncia al progresso e si trasforma in barberie. I mass-media sono parte integrante di questo apparato. Essi immettono nel mercato a getto continuo prodotti fabbricati in ferie all'insegna dell'ovvietà, della ripetizione, della conformità e della prevedibilità, destinati a un pubblico culturalmente e ideologicamente omogeneo. Si innesta così una spirale per cui l'industria dei media crea prodotti standardizzati per un pubblico uniforme che essa stessa contribuisce a rendere tale. Il livellamento indotto dai mass media non resta un fatto meramente culturale, ma assume anche un'evidente valenza politica, in quanto rappresenta una preliminare e necessaria condizione per indurre una passiva accettazione dell'ideologia dominante, dei valori conservativi, dei modelli di comportamento convenzionali, degli stereotipi culturali che contribuiscono a sollecitare nel pubblico una predisposizione alla passività e manipolazione. Marcuse: introduce il concetto di uomo a una dimensione, un individuo isolato in una massa anonima, indottrinato e manipolato dalla classe dominante con la complicità dei mass media, abilitato soltanto a lavorare e a consumare, incapace di distinguere tra bisogni reali e bisogni fittizi indotti ad arte, incapace di dissentire e reagire. Su di lui la società opulenta esercita indisturbata la sua potenza distruttiva e repressiva. Analisi che valutano positivamente la società di massa: Shils: la nuova società è una società di massa, precisamente nel senso che la massa della popolazione è stata incorporata nella società. Il centro della società ha quindi allargato i suoi confini. Anche in questo caso il riferimento prevalente è alla società americana, questa volta considerata come il migliore dei mondi possibili, destinata a conoscere ulteriori infiniti significativi progressi. Sullo sfondo è implicito il riferimento al credo americano, all'american way of life, alla credenza diffusa che il buon americano normale, che ha interiorizzati valori della nuova società e che lavora duramente, possa senza ostacoli intraprendere la strada del successo, dell'affermazione individuale in campo economico e professionale, del raggiungimento della felicità che la costituzione degli Stati Uniti considera diritto inalienabile di ciascun individuo. In questa società I mass-media operano in sintonia con gli altri agenti del processo di democratizzazione e di integrazione e per questo svolgono una funzione positiva: contribuiscono a infrangere le tradizionali barriere sociali perché diffondano il sapere, perché offrono a tutti le stesse opportunità di intrattenimento e di evasione, perché si fanno portavoce delle mete culturali e dei valori condivisi e contribuiscono a creare un'opinione pubblica più estesa e consapevole, perché garantiscono tutte le informazioni e la possibilità di conoscere e porre a confronto punti di vista diversi, favorendo in tal modo la partecipazione sociale e politica. Morin: La cultura di massa è cultura perché anch'essa, come altre culture, è un insieme integrato di simboli, di miti ed immagini concernenti la vita pratica e la vita immaginaria, è un sistema di proiezioni e di identificazioni, è una cultura che si affianca alle altre culture entrando in relazione e in concorrenza con esse in una realtà policulturale. Industria culturale non può che rivolgersi a un pubblico il più ampio possibile e da qui l'eclettismo dei contenuti che caratterizza l'offerta complessiva e anche i singoli prodotti dell'industria culturale. È per questo che la cultura di massa tende a configurarsi come una cultura cosmopolita per vocazione e planetaria per estensione.

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Tratto fondamentale nella cultura di massa e anche il sincretismo che la contraddistingue e che si palesa nella continua reciproca contaminazione del reale e dell'immaginario. In questo contesto si collocano i divi moderni, star del cinema e della televisione, re, principi e principesse, campioni dello sport. Morin usa il termine olympiens e dunque identifica i divi con gli dei della mitologia contemporanea. Sociale Theory and Sociale Structure: Lazarsfeld e Merton fanno anche loro riferimento alla società, al sistema dei media e al pubblico americano degli anni 40. Essi iniziano con l'evidenziare tre constatazioni alla base delle preoccupazioni suscitate dalla diffusione dei mezzi di comunicazione di massa: • L'ubiquità dei media genera la convinzione che essi possiedano un potere magico o

quasi soprannaturale. • Gruppi di potere e potenti coalizioni di interessi esercitano attraverso i media molteplici e

diversificati tipi di controllo sociale. • I mass-media possono indurre un deterioramento della cultura popolare e del gusto

estetico del pubblico. I media affermano e legittimano lo status quo e, nel contempo, trascurano tutto ciò che potrebbe metterlo in discussione. La pressione economica spinge al conformismo e a ignorare gli aspetti più problematici e controversi della società. Questa funzione di salvaguardia e legittimazione dello status quo è correlato alla funzione di rafforzamento delle norme sociali, che i due autori associano al fatto che i media sistematicamente danno pubblico annuncio della devianza che spesso riguarda anche eventi o pratiche già note a livello privato. E quando il comportamento deviante viene reso di pubblico dominio, si crea una tensione tra ciò che è privatamente tollerabile e ciò che è pubblicamente ammissibile. Un'altra funzione è quella di attribuzione di uno status privilegiato a persone, gruppi, organizzazioni, ma anche a problemi e tendenze sociali, svolta dai media. Altra funzione richiamata dagli autori è la funzione narcotizzante. Si tratta in realtà di una disfunzione che ha a che fare con il fatto che l'ampiezza e la disponibilità dell'offerta induce le persone a dedicare ai media una parte consistente del loro tempo, tempo che invece potrebbe essere dedicato all'azione e alla partecipazione sociale e politica. I CONTENUTI DELL'OFFERTA MEDIALE La ricerca sui contenuti dei testi mediali rappresenta uno dei primi e più consistenti filoni di indagine nella sociologia delle comunicazioni di massa. Quando la communication research non era ancora nata, già diffuso tra gli scienziati sociali era il convincimento che prima stampa poi il cinema e la radio fossero destinati a svolgere un ruolo culturale, sociale e politico di primissimo piano e che per poterne valutare i possibili effetti fosse necessario studiarne sistematicamente i contenuti. Con lo scoppio del primo conflitto mondiale e con l'avvento dei regimi totalitari in diversi paesi europei, l'attenzione si concentra sulla propaganda e sulla comunicazione politica. Importante è lo studio di Lasswell, il quale introduce la nozione di simbolo-chiave che assume una rilevanza metodologica per l'analisi del contenuto. I simboli-chiave sono quella parte del contenuto di un messaggio capace di colpire il centro dell'attenzione degli individui e dell'opinione pubblica, ovvero quella parte che risulta essere cruciale non solo dal punto di vista semantico ma anche da quello ideologico. Viene introdotto anche il concetto di mito-politico, ossia l'insieme delle istanze ideologiche alle quali si fa ricorso, in un determinato contesto, non solo per spiegare, ma anche per giustificare specifiche pratiche di potere.

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Numerose sono le ricerche condotte da Lasswell in base a questo nuovo orientamento nell'analisi della comunicazione politica. Un esempio è l'analisi degli slogan formulati dal 1918 al 1943 in unione sovietica per la festa del 1 maggio. I simboli chiave individuati negli slogan furono classificati in 11 categorie di contenuto: • Simboli rivoluzionari • Sembri controrivoluzionari • Simboli nazionali • Simboli universali • Simboli di politica interna • Simboli di politica estera • Simboli di gruppo sociale • Nomi di persone • Simbolo liberali tradizionali • Simboli morali • Simboli d'azione Lasswell individua anche le strategie comunicative utilizzate negli slogan, ciascuna delle quali funzioni attira l'attenzione e influenza i destinatari, esse sono: • Descrizione • Sostegno • Denuncia • Ammonizione • Indirizzo • Autoidentificazione Dopo Lasswell, le ricerche di analisi del contenuto diventa, tra gli anni 40 e 50, via via più numerose. A essere presi in esame sono non più soltanto la propaganda e la comunicazione politica in genere, ma insieme di testi di differente natura, relativi alla gran parte dei generi nei quali si articola l'offerta mediale. Berelson: definisce l'analisi del contenuto una tecnica di ricerca capace di descrivere in modo obiettivo, sistematico e quantitativo il contenuto manifesto della comunicazione, evidenziando quelli che allora venivano considerati requisiti metodologici imprescindibili per questo tipo di indagini e per la ricerca sociale in genere: appunto l'obiettività, la sistematicità e l'opzione per l'approccio quantitativo. • Sistematicità: caratteristica essenziale di qualunque procedimento scientifico. • Obiettività: una procedura è obiettiva se analisti diversi, applicandola sullo stesso

insieme di unità d'analisi, ottengono esattamente gli stessi risultati. L'analisi del contenuto obiettiva è un'analisi senza interpretazione, un agire applicativo da parte di rilevatori che si riteneva dovessero essere neutrali e passivi secondo un'implicita pretesa di stampo oggettivistico e di chiara derivazione positivistica.

In quegli anni si evidenziarono i limiti dell'approccio quantitativo tradizionale e si sottolineò la necessità di indagare non soltanto i contenuti manifesti, ma anche la dimensione intenzionale dei testi veicolati dai mass-media. Gli sviluppi successivi non furono però contrassegnati da un abbandono dell'approccio quantitativo. Ma a partire dalla seconda metà degli anni 60, l'informatica e l'uso via via sempre più diffuso del computer nell'analisi del contenuto hanno reso possibile un significativo affinamento, offrendo nuovi strumenti di indagine ai ricercatori. Negli ultimi vent'anni, in particolare, il software per l'analisi testuale ha conosciuto un notevole sviluppo, offrendo agli utenti procedure con le quali effettuare molteplici e sofisticate operazioni di diverso tipo sui testi in esame.

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Sempre a partire dagli anni 60, si afferma anche un nuovo orientamento nell'analisi del contenuto, nel cui ambito viene attribuita maggiore rilevanza alla dimensione interpretativa degli analisti è definitivamente riconsiderata la tradizionale nozione di oggettività. A essere sottoposti ad analisi sono testi di diversa natura, nella più ampia accezione del termine testo: programmi radiofonici e televisivi, film, spot, annunci pubblicitari a mezzo stampa, fumetti, fotoromanzi, qualunque atto di comunicazione che assuma rilievo per i ricercatori per come esso costruisce determinati aspetti della realtà. È possibile denominare analisi del contenuto come inchiesta l'analisi del contenuto così intesa. Come l'inchiesta, infatti, essa si basa sul ricorso a tecniche di raccolta dei dati e a un elevato livello di standardizzazione per rilevare gli stati in cui, da caso a caso, si presentano determinate proprietà in un insieme di unità d'analisi opportunamente selezionate. --> l'analisi del contenuto con inchiesta è ormai da diversi anni l'approccio prevalente nella ricerca sociale sui testi mediali e numerosissime sono le ricerche riconducibili a questo approccio. Resta aperto il dibattito su alcuni vini dell'analisi del contenuto, che la svolta interpretativa degli anni 60 ha contribuito a ridimensionare, ma non a eliminare del tutto. Serrato e fonte di significative sollecitazioni è stato in particolare il confronto tra sociologia dei media e semiotica. L'analisi del contenuto è altra cosa dall'analisi semiotica e da qualsiasi altro tipo di analisi testuale: si ripropone di conseguire obiettivi essenzialmente descrittivi e ha una portata e euristica chiaramente definita e delimitata che non può investire ambiti e finalità che richiedono altre competenze disciplinari. Essa, comunque, è e resta l'unico procedimento di ricerca idonea ad affrontare simultaneamente insiemi estesi di testi mediali. LA CULTURA POSTMODERNA E I MEDIA DIGITALI La nuova cultura digitale sembra ai teorici della postmodernità un universo indefinito e privo di un ordine intrinseco, sconfinato territorio dove tutte le negoziazioni di significato e tutti percorsi di attribuzioni di senso sono possibili. L'industria dei media e l'offerta mediale hanno subito una radicale e rapida trasformazione con l'avvento e la diffusione dei media digitali, quelli nuovi e quelli tradizionali che hanno recepito le innovazioni prodotte dallo sviluppo tecnologico. Questa trasformazione, avviata dal computer, ha comportato significativi cambiamenti sia nel consumo mediale di una buona parte del pubblico sia, in generale, nei processi di formazione e diffusione dell'informazione, nella cultura, nelle occasioni di interazione sociale, in modi di intrattenimento e di impiego del tempo libero. Un primo insieme di interrogativi riguardanti questi mezzi si riferisce all'accesso diseguale ai nuovi media, con categorie sociali e intere popolazioni che ne sono escluse o che ne sono utenti soltanto marginale. Il non uso e l'uso marginali possono dipendere da fattori soggettivi e da circostanze oggettive. Tra i primi hanno una palese incidenza un'insufficiente disponibilità economica, la mancanza di competenze, la resistenza all'innovazioni per ragioni psicologiche e culturali. Le seconde riguardano in particolare internet e hanno a che fare con le carenze delle infrastrutture tecnologiche che consentono la connettività. Il fenomeno, nato con il nome di divario digitale, determina nuove forme di disuguaglianza tra diverse fasce della popolazione in un singolo paese tra diversi paesi a livello internazionale. Per la ricerca sul pubblico dei media, di questi due aspetti quello più interessante è il divario digitale interno, considerato come riferimento alle sue case soggettive. L'Italia, che pure si colloca nella parte medio-alta della graduatoria

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dei parsi più industrializzati per quanto riguarda l'uso di Internet, non è immune dal fenomeno. Emergono evidenti differenze tra le tre grandi aree geografiche, con un uso frequente di internet sensibilmente maggiore nel Nord, rispetto al centro e, soprattutto, al sud e alle isole, anche se negli ultimi anni si riscontra un graduale ed ridimensionamento di questa tendenza. Consistenti sono anche le differenze tra le diverse fasce d'età, con il prevalere degli adulti rispetto agli anziani e, anche, rispetto ai giovani e agli adolescenti. Nel confrontare i dati relativi agli adulti e ragazzi bisogna ovviamente considerare la condizione occupazionale, essendo per i primi soprattutto l'attività lavorativa a richiedere l'uso di Internet. Quanto agli anziani, esseri rappresentano la categoria sociale per la quale il divario digitale e risulta più accentuato. I dati relativi a livello di scolarità e al reddito, aiutano a mettere ulteriormente a fuoco il rapporto tra gli anziani e Internet. Sono infatti gli utenti con i livelli medi e alti sia di scolarità sia di reddito ad accedere più frequentemente alla rete. Una seconda insieme di interrogativi è relativo ai cambiamenti nel consumo mediale prodotti dalla diffusione dei mezzi digitali, con un'offerta che diviene ancora più ampia e differenziata e un'esposizione che diviene necessariamente sempre più selettiva, almeno per quanti sono in condizione di usufruire al meglio delle nuove opportunità. I problemi che si pongono all'attenzione della ricerca sono molteplici, dal riemergere di modalità di fruizione collettive al riproporsi del flusso di comunicazione a due fasi e della leadership d'opinione. Del primo fenomeno sono espressioni, ad esempio, i tentativi di alfabetizzazione informatica degli anziani. Del secondo sono espressione le pratiche, i flussi e i contenuti della comunicazione in quei nuclei familiari in cui convivono utenti con diverse competenze mediali e diversi accessi e nuovi media. Interrogativi rilevanti per la ricerca riguardano anche le motivazioni all'uso dei nuovi media, i tempi e modi dell'uso di essi nell'ambiente domestico e l'usabilità dei siti internet. Il tema dell'usabilità dei siti è relativamente nuovo per la ricerca sociale assume rilevanza per diversi aspetti, in particolare quello relativo alle concrete modalità di interazione consentite da Internet e alla qualità di tale interazione. I requisiti di usabilità di un sito sui quali convergono le indicazioni di più autori sono: • La presenza di elementi che facilitano la navigazione interna e il reperimento delle

informazioni e dei servizi di cui l'utente ha bisogno. • La facilità per l'utente di apprendere e memorizzare le regole e gli strumenti di

navigazione. • La possibilità per l'utente di accedere a informazioni e servizi che corrispondono alle

proprie aspettative. • La presenza in sito di contenuti pertinenti e dettagliati. • Il ricorso a un linguaggio semplice e registri e verbali e iconico. • La qualità della grafica e delle animazioni. Si tratta di requisiti che possono essere ricondotti a tre fondamentali dimensioni: quella dell'efficienza nell'uso dei siti, quella dell'efficacia comunicativa dei siti, quella della soddisfazione dell'utente. Altri interrogativi di ricerca riguarda i possibili effetti dei nuovi media, quelli specifici a breve termine e quelli aspecifici a lungo termine, interrogativi che richiedono di riconsiderare sia l'ipotesi dell'influenza mediata e del ruolo attivo del settore sia quella dei powerful media; riguardano anche i contenuti del web.

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Considerando proprio coloro che usano abitualmente i nuovi media, l'oggetto di indagine attualmente di maggiore interesse per la ricerca sociale è rappresentato dalla comunicazione mediata dal computer e dalle modalità di interazione sociale che ne derivano. Due sono i tipi più generali di CMC: la comunicazione testuale asincrona e la comunicazione testuale sincrona. Rientrano nel primo tipo la posta elettronica e i gruppi di discussione. Rientrano invece nel secondo tipo le modalità d'interazione in tempo reale, spesso nell'anonimato o con nomi fittizi, tra le quali le più diffuse sono forme di comunicazione come lo scambio immediato e ripetuto di messaggi tra due utenti che dispongono di un sistema di instant messaging e le conversazioni in rete a più voci (chat line). La comunicazione testuale è vincolata dal fatto che può utilizzare soltanto il codice linguistico. Va poi segnalata un'ulteriore assenza, oltre a quella dei codici comunicativi non verbale, ed è quella del contesto o circostanza della comunicazione: nella CMC testuale gli interlocutori non sono a conoscenza della concreta situazione nella quale l'altro è collocato. La ricerca sociale sulla CMC arriva così a rivolgere la sua attenzione ai processi di costruzione dell'identità in rete, considerando la relazione, di corrispondenza o di contrapposizione, tra identità reali e identità virtuali. L'identità reale di una persona non è mai definita in modo stabile e univoco, se non quella che ha a che fare contratti evidenti di tipo demografico e sociale, come genere sessuale, età, la professione eccetera. Altra cosa è però l'identità psicologica e simbolica, quella che ha a che fare con la personalità e con l'immagine di sè che si vuole comunicare agli altri e che può assumere tratti multiformi e mutevoli. La rete è diventata una situazione sociale sui generis, dove un numero sempre crescente di persone definiscono, ridefiniscono e comunicano la propria identità in relazioni mediate dal computer, identità virtuali sovente del tutto differenti da quelle consentite dalle relazioni sociali reali. Infatti, la non compresenza fisica e la conseguente non visibilità dei tratti evidenti che definiscono identità reale, rende possibili scelte identitarie innumerevoli e, anche, i trasformismi più arditi, all'insegna di fattori attinenti alle dimensioni più diverse, da quella dei bisogni insoddisfatti a quella ludica, da quella psicopatologica a quella truffaldina. Nascosto dietro a uno o più nicknames, che possono essere anche cambiati all'infinito, ognuno nella rete può essere chiunque, assumendo di volta in volta identità, stato sociale e ruoli differenti. Ci si può proporre agli altri perfezionando la propria identità reale in base a come si vorrebbe che essa fosse, ridefinendola con riferimento ad aspirazioni non realizzate, a aspettative tradite, a mete non raggiunte; oppure costruendo una nuova identità fittizia, sovente assai lontana da quella reale. Le comunità virtuali sono spazi sociali in rete ai quali possono accedere persone interessate a incontrarne altre per discutere, per acquisire e scambiare materiali e impostare e realizzare iniziative su questioni di comune interesse. Il termine comunità sta a indicare che questi spazi virtuali rappresentano non soltanto un'occasione di comunicazione da molti a molti, ma anche entità sociale nel cui ambito sperimentare un'agire partecipativo sostenuto da norme e valori interiorizzati, condivisi e orientati verso finalità comuni: come nelle comunità reali, in esse possono svilupparsi sentimenti di identità, di appartenenza e di solidarietà.

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Capitolo 5: PREMESSE, CONCETTI E PROCEDIMENTI FONDAMENTALI TEORIA E RICERCA Rapporto tra teoria e ricerca empirica: teoria e ricerca devono sostenersi a vicenda --> la teoria deve avere un fondamento empirico e, nel contempo, la capacità di orientare proficuamente la ricerca, e la ricerca deve avere un fondamento teorico e, nel contempo, la capacità di produrre risultati pregnanti capaci di consolidare o cambiare la teoria. Nella pratica dell'indagine sia teorica che empirica, riuscire ad applicarli con successo è un'impresa che incontra spesso molte difficoltà. È inizialmente la sociologia americana ad affrontare il problema, perché è negli USA che la ricerca sociale e empirica si sviluppa prima e più rapidamente che altrove. È in particolare la ricerca quantitativa a conoscere gli sviluppi più significativi, giungendo ad affermarsi come pratica egemone d'indagine empirica. Così, soprattutto a partire dagli anni 40, all'accento sul rigore metodologico si accompagna il ricorso sempre più frequente a tecniche di campionamento, a strumenti standardizzati di raccolta delle informazioni, a procedure statistico matematiche di analisi dei dati. Lynd: sottolinea i rischi di uno stile di ricerca finalizzato alla raccolta di informazioni frammentarie che producono dati non riconducibili a un quadro teorico più generale e, per questo, privi di significato sociologico sostanziale. La sociologia sarebbe dunque incapace di affrontare i grandi temi che caratterizzano una realtà sociale che si costituisce come totalità, una totalità che non può essere arbitrariamente ridotta a sommatoria di fatti frammentari e di eventi isolati. In effetti, nella sociologia dei media le esigenze della committenza determinano, negli anni 40 e 50, un proliferare di indagini su problemi circoscritti, relativi non al processo di comunicazione tra mass-media e pubblico considerato nella sua globalità, ma piuttosto a una o all'altra delle componenti di tale processo, considerata separatamente dalle altre. Per queste sue caratteristiche, la mass communication research diviene oggetto privilegiato di discussioni e confronti polemici. Es: Adorno e Lazarfeld--> polemica tra i due autori, riguardante la contrapposizione tra ricerca amministrativa e ricerca critica. La prima persegue obiettivi di conoscenza immediatamente utili per le aziende di media e per la committenza, mentre la seconda si propone di studiare il sistema dei media con riferimento alla società intera e ai fattori ideologici, politici ed economici che ne determinano l'azione e gli aspetti culturali e sociali. Adorno accusava la ricerca amministrativa di perseguire obiettivi conoscitivi del tutto irrilevanti, trascurando di considerare la condizione di subordinazione culturale nella quale il pubblico è costretto e la fitta rete di condizionamenti economici, politici e ideologici operanti sui media. Sottolineava anche che l'apparato metodologico e tecnico della ricerca amministrativa e della ricerca quantitativa in generale, era perfettamente coerente con la frammentazione e la de contestualizzazione dell'oggetto d'indagini. In particolare, contestava l'uso feticistico di strumenti standardizzati di raccolta dei dati, come i questionari e le scale, che consentirebbero a suo avviso di cogliere non i processi complessi nei quali si articola la realtà sociale, ma soltanto il modo in cui gli intervistati vedono la realtà e se stessi, con l'errore conseguente di scambiare la realtà oggettiva con quella che invece altro non sarebbe se non la sommatoria di opinioni soggettive. --> la critica di Adorno non riguarda l'assenza di teoria, qualunque sia la teoria, ma il mancato riferimento a una teoria generale della società in sintonia con la teoria critica che

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lui stesso, con altri esponenti della scuola di Francoforte, aveva formulato, una teoria che nel costante riferimento alla totalità trova la sua primaria espressione. Lazarsfeld: afferma che nessuna scienza considera il proprio oggetto nella sua pienezza reale, ma si scelgono alcune proprietà e si cerca di stabilire delle relazioni tra di esse. Queste proprietà devono essere poi tradotti in variabili della ricerca. Quando si vogliono costruire variabili si è generalmente portati a seguire un processo più o meno tipico. Quest'ultimo permette di esprimere i concetti in termini di indici empirici e si compone di quattro fasi principali: 1. la rappresentazione figurata del concetto 2. la specificazione delle dimensioni 3. la scelta degli indicatori osservabili 4. la sintesi degli indicatori per la formazione degli indici È proprio nel mettere in atto questo processo che il ricercatore ha bisogno anche di una teoria che lo sostenga nella definizione concettuale delle proprietà indagate, nella specificazione dei concetti in dimensione, nella scelta degli indicatori per ciascuna di queste dimensioni. Lazarsfeld era convinto della necessità di sostanziare la ricerca con la teoria, ogni ricerca con una teoria. Si tratta di una teoria a un livello di astrazione tale da consentire di trarre da essa, per la ricerca, orientamento e legittimazione e di trovare per essa, con la ricerca, un adeguato controllo empirico: una teoria a medio raggio come Merton l'avrebbe chiamata. La nozione di teoria a medio raggio ha grande importanza nella metodologia delle scienze sociali e il riferimento ad essa consente di eliminare non pochi equivoci nell'affrontare la questione del rapporto tra teoria e ricerca, qualora si convenga che interrogarsi su tale rapporto abbia senso se si considerano teorie a questo livello di astrazione, piuttosto che grandi sistemi teorici di natura filosofica. Mills: compie un'analisi estremamente critica della sociologia accademica americana di quel periodo. In essa Mills individua due grandi disgraziate tendenze: la grande teorizzazione, che avrebbe in Parsons il suo principale esponente, è l'empirismo astratto, che invece avrebbe Lazarfeld come capofila. • La grande teorizzazione: è impegnata a un livello di pensiero così generale che chi la

pratica non è in condizione di scendere a quello, assai più basso, dell'osservazione empirica della realtà sociale.

• L'empirismo astratto: è così impegnato nella rilevazione del dato empirico da non porsi eccessive preoccupazioni di ordine teorico, finendo così col conseguire risultati tanto irrilevanti quanto elaborate e sofisticate sono le tecniche d'indagine che utilizza.

RICERCA QUALITATIVA E RICERCA QUANTITATIVA Non si tratta di una contrapposizione, ma di differenze nei modi di operare nella costruzione della base empirica della ricerca e nell'organizzazione e analisi delle informazioni raccolte. Sono tratti distintivi della ricerca qualitativa: • Il ricorso a procedure di raccolta delle informazioni non standardizzate o a un livello

basso di standardizzazione (osservazione partecipante, colloqui informali, interviste libere...), applicate su un numero limitato di casi assunti come tipici o significativi.

• Assenza di matrici di dati. • Ricorso a procedimenti di classificazione a più livelli e all'analisi ermeneutica nel

trattamento delle informazioni raccolte.

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Sono tratti distintivi della ricerca quantitativa: • La costruzione di variabili mediante definizioni operative. • L'utilizzazione prevalente di strumenti di raccolta delle informazioni a un livello di

standardizzazione elevato, comunque tale da garantire l'omogeneità della rilevazione, ovvero la raccolta su tutti casi considerati di informazioni relative a tutte le proprietà contemplate nel disegno della ricerca e poi tradotte in variabili (interviste con questionario con domande aperte o chiuse, scale d'atteggiamento, test...)

• La costruzione di matrici di dati e il ricorso all'analisi statistica dei dati, quando la rilevazione viene effettuata su un numero sufficientemente ampia di casi.

I punti indicati per l'un tipo di ricerca e per l'altro sono evidentemente in relazione tra loro. Per quanto ha a che fare con le procedure di raccolta delle informazioni e, in particolare, con l'intervista, l'assenza o presenza di standardizzazione è generalmente considerata l'elemento più importante di distinzione tra ricerca qualitativa e ricerca quantitativa, con una conseguente opzione terminologica che porta alcuni autori a determinare la prima ricerca non standard e la seconda ricerca standard. Il compito dell'intervistatore non è quello di semplice lettore di domande e di passivo classificatore e codificatore di risposte. Egli, infatti, deve: • Formulare la domanda nel modo che ritiene più adeguato caso per caso, per farsi che

effettivamente tutti la comprendano in funzione di ciò che essa è destinata a rilevare; • Ascoltare attentamente la risposta e, se necessario, intervenire per dare e/o ricevere

chiarimenti e per sollecitare approfondimenti. • Interpretare la risposta, sintetizzarla e classificarla, riconducendola a una delle categorie

che costituiscono le alternative che chiudono la domanda. Caratteristiche ricerca quantitativa descritte dai ricercatori dell'approccio non-standard: • L'intervista con questionario è una modalità inquisitiva di fare ricerca, perché ha la

pretesa di estorcere agli intervistati una verità prestabilita. Non è un'intervista, ma è una tecnica costrittiva imposta dall'alto.

• Gli intervistati non sono liberi di rispondere alle domande come meglio credono, ma sono obbligati a sceglierle in un elenco di risposte preconfezionate.

• L'intervistato è di fatto considerato e trattato come un oggetto, come una cavia, costretto a dare sostegno empirico a paradigmi teorici definiti a tavolino, a confermare le ipotesi astratte formulate a priori, a riprodurre un sapere conservativo e sordo alle novità e alle eccezioni.

• Il questionario e in genere gli strumenti tipici dell'approccio standard imbrogliano i ricercatori che li usa, sospingendo senza scampo nel circolo vizioso di pretendere di indagare un determinato fenomeno per come è, usando procedimenti che invece determinano essi stessi che cosa quel fenomeno sia o debba essere.

Caratteristiche ricerca qualitativa descritte dai ricercatori dell'approccio standard: • Impressionistica e asistematica, più prossima all'inchiesta giornalistica o alla descrizione

letteraria che all'indagine scientifica. • Inutile, perché esplora situazioni circoscritte, senza alcuna possibilità di generalizzare le

conclusioni raggiunte. • Invasiva, per la sua pretesa di calarsi dentro alla realtà che intende studiare. • Inaffidabile, per l'arbitrio derivante dal primato della soggettività del ricercatore e per

l'impossibilità di controllare i processi di inferenza da una base empirica che il più delle volte è eterogenea, disorganizzata e inaccessibile alla comunità scientifica.

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Al di là delle differenze di impostazioni e procedure ricerca, la presunta inconciliabilità quantitativa è ricerca qualitativa non sembra avere una reale fondamento. È anzi possibile recuperare l'idea dell'unità metodologica della sociologia come scienza, considerando la vocazione empirica e l'attenzione induttiva che accomuna i diversi stili di ricerca che in essa convivono e valutando di volta in volta ogni specifica indagine, qualitativa o quantitativa che sia, per quanto essa è in armonia con una determinata opzione teorica, per quanto è compatibile con la realtà empirica con la quale si deve misurare, per quanto è efficace in funzione degli obiettivi conoscitivi e dell'ipotesi dei ricercatori, per quanto obbedisce alla logica della spiegazione scientifica, per quanto è in grado di accrescere e approfondire in modo controllabile il nostro sapere. PROPRIETÀ, CONCETTI, VARIABILI Nella ricerca sociale vengono prese in considerazione le proprietà che contraddistinguono gli oggetti sui quali viene effettuata l'osservazione o la rilevazione, scelte dal ricercatore in funzione delle finalità conoscitive che intende perseguire e delle eventuali ipotesi che intende sottoporre a controllo empirico. Es di proprietà: sesso, attività lavorativa, status socioeconomico.. Ogni proprietà può assumere due o più stati, uno in ciascuno dei casi considerati. Il genere sessuale, ad esempio, assume lo stato che corrisponde al genere maschile oppure quello che corrisponde al genere femminile. --> una proprietà è ciò che per essa intende il ricercatore ed è di conseguenza definita dal concetto che il ricercatore stesso usa per raffigurarla. La diversità, nella conoscenza scientifica, dipende dal particolare punto di vista che ciascuna ricercatore assume nello studio del fenomeno oggetto della sua indagine, punto di vista che dipende dalla sua formazione e dai suoi studi pregressi, dalla teoria alla quale fa eventualmente riferimento, dalle particolari caratteristiche del contesto empirico in cui conduce la sua ricerca. La definizione concettuale che egli dà di una proprietà e quella lessicale che ne consegue sono, pertanto, definizioni convenzionali. Nella ricerca quantitativa, una proprietà deve soddisfare due condizioni per poter essere considerata nel disegno della ricerca: in primo luogo, deve variare, cioè assumere stati diversi (almeno due) nell'insieme delle unità di rilevazione considerate; in secondo luogo, deve poter essere trasformata in una variabile della ricerca attraverso una definizione operativa. Definizione operativa: complesso di regole che guidano le operazioni con cui lo stato di ciascun caso sulla proprietà X viene rilevato, assegnato a una delle categorie stabilite in precedenza e registrato nel modo necessario a permetterne la successiva analisi con le tecniche che si intendono usare. Nella ricerca sociale si ha a che fare con diversi tipi di proprietà e per ciascun tipo sono applicabili certe operazioni di ricerca e certe procedure di analisi dei dati e non altri. È possibile distinguere tra proprietà che il ricercatore può pensare come discrete e proprietà che il ricercatore può pensare come continue. • Una proprietà discreta assume un numero finito di stati nettamente distinti l'uno

dall'altro. Tali sono, ad esempio, proprietà come il genere sessuale, il titolo di studio, i contatti netti di un determinato programma televisivo, ossia il numero di tutti telespettatori che vedono almeno un minuto di quel programma.

• Una proprietà continua, invece, assume un numero teoricamente infinito di stati lungo un ideale continuum che va da un minimo a un massimo di intensità con cui la stessa

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proprietà si presenta nei casi in esame. Ad esempio, l'atteggiamento positivo o negativo nei confronti della pubblicità.

Le proprietà discrete si distinguono in: A. Proprietà discrete categoriali, ossia proprietà con categorie non ordinate. B. Proprietà discrete ordinali, ossia proprietà con categorie ordinate. C. Proprietà discrete cardinali, ossia proprietà con stati enumerabili. Una proprietà discreta categoriale presenta un numero finito, e generalmente limitato, di stati non ordinabili lungo una determinata dimensione concettuale. La variabile categoriale costruita per questa proprietà avrà conseguentemente modalità che corrispondono a categorie non ordinate, a ciascuna delle quali viene attribuito un valore numerico per designarla in base alla sola condizione che questo valore sia diverso da quello attribuito ciascuna. Ad esempio: le modalità maschile e femminile della variabile genere sessuale sono modalità che corrispondono a categorie non ordinate, e potrebbero essere designate, rispettivamente, con valori numerici uno e due, oppure indifferentemente con valori due e uno, non essendo le modalità e i valori ad essi assegnati vincolanti, nella loro elencazione, da un ordinamento che è appunto assente. Una proprietà discreta ordinale presenta anch'essa un numero finito e generalmente limitato di stati che però possono essere ordinati lungo una certa dimensione concettuale. La variabile ordinale costruita per questa proprietà avrà dunque modalità che corrispondono a categorie ordinate alle quali viene attribuito un valore che ha non soltanto la funzione di designarli, ma anche quella di indicarne la posizione nell'ordinamento rappresentato dall'insieme di tutte le categorie. Es: le modalità della variabile titolo di studio --> 1 licenza elementare, 2 licenza scuola media.... Una proprietà discreta cardinale è una proprietà con stati enumerabili, ovvero stati che consistono nel numero di determinati elementi o eventi con i quali la proprietà stessa è in relazione. La definizione operativa, per queste proprietà, consiste nel conteggio di questi elementi o eventi. La variabile costruita per questa proprietà può essere denominata variabile cardinale naturale, dove l'attributo naturale serve a indicare che essa è appunto basata su un conteggio. Le proprietà continue sono distinte in: A. Proprietà contiene misurabili B. Proprietà contiene norme misurabili Una proprietà continua misurabile è tale se la definizione operativa comporta, per essa, la costruzione di un'unità di misura convenzionale applicando la quale è possibile misurare l'intensità con cui la proprietà considerata si presenta da caso a caso. Per una proprietà di questo tipo, la variabile costruita con la definizione operativa è una variabile cardinale metrica perché basata su una misurazione. Una proprietà continua non misurabile è una proprietà continua per la quale l'indisponibilità di un'unità di misura non consente la misurazione. In questo caso i valori sono attribuiti ricorrendo a tecniche di differenziazione scalare (scaling). Le variabili costruite con queste procedure sono variabili ordinali.

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Lazarsfeld: compie una descrizione dettagliata del procedimento seguito nella ricerca sociale per la costruzione delle variabili. Si compone di quattro fasi in successione tra loro. 1. La raffigurazione della proprietà considerata mediante un concetto 2. La specificazione del concetto 3. La scelta degli indicatori 4. La costruzione di un indice La raffigurazione della proprietà mediante un concetto e la corrispondente definizione lessicale costituiscono il primo indispensabile passo per la costruzione di una variabile. È necessario, infatti, stabilire in via preliminare in cosa consiste la proprietà considerata, perché in assenza di un concetto che la raffiguri, non è possibile dare di essa una definizione operativa. A proprietà semplice corrisponderanno concetti anch'essi semplici, a un basso livello di astrazione, tali da consentire il passaggio diretto alle operazioni di ricerca di cui consta la definizione operativa. Se invece la proprietà è complessa, ad essa corrisponderà un concetto a un più elevato livello di astrazione, tale da non consentire un passaggio diretto alla definizione operativa. In corrispondenza della seconda fase dello schema, bisognerà specificare questo concetto mediante un'analisi dimensionale, individuando le dimensioni ossia gli aspetti di esso che possono essere considerati più significativi. In corrispondenza della terza fase dello schema, per ciascuna di esse il ricercatore dovrà scegliere degli indicatori empirici appropriati. Un indicatore empirico è una proprietà semplice raffigurabile mediante un concetto che, per il livello di astrazione al quale si pone, consente il passaggio diretto alla definizione operativa. La scelta degli indicatori deve rispondere a precise esigenze di ordine logico-metodologico. La parte finale del processo consiste nella costruzione di un indice che sintetizza le informazioni raccolte con i diversi indicatori. I procedimenti da seguire per la costruzione degli indici variano a seconda del tipo di variabili alle quali corrispondono gli indicatori utilizzati o a seconda di come tali variabili vengono di fatto trattate dal ricercatore. Se gli indicatori sono variabili categoriali e ordinali, la sintesi delle informazioni e esse relativa è fornita da tabella di contingenza, ovvero tabelle a doppia entrata ciascuna delle quali incrocia le modalità di due variabili utilizzate come indicatori. Gli indici costruiti con questo procedimento sono indici tipologici. Nel caso in cui gli indicatori sono invece proprietà trasformate in variabili cardinali, è possibile e legittimo costruire indici effettuando operazioni matematiche su valori numerici associati alle modalità di queste variabili, considerati come conteggi. Si tratta di sommatorie ed è per questa ragione che indici così costretti vengono denominati indici sommatori. Katz e Lazarsfeld: utilizzano il processo fin qui descritto per la costruzione della variabile gregarismo utilizzata per descrivere il profilo dei leader d'opinione. Il leader d'opinione è quel membro del gruppo che ha più frequentemente contatti interpersonali, in ragione sia della posizione strategica che occupa nella rete di comunicazione interna al gruppo stesso, sia di una più accentuata propensione personale a intrattenere rapporti con gli altri. Quest'ultima caratteristica è denominata dei due autori gregarismo. Gli indicatori scelti per queste dimensioni sono il numero di amicizia e il numero di associazioni cui si è iscritti. Per ciascuno di essi è stata inserita un'apposita domanda in uno dei questionari somministrati nel corso della ricerca.

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Nella fase di analisi dei dati, per ciascuna delle due distribuzioni, l'una relativa al numero di amicizie e l'altra al numero di associazioni dichiarati dagli intervistati, è stato individuato il valore corrispondente alla posizione mediana. Questo valore è stato utilizzato per distinguere due livelli, alto e basso, per ciascun indicatore. È stata poi costruita la tabella di contingenza. Johnstone, Slawsky e Bowmann: si tratta di una ricerca che individua due diversi orientamenti nella professione giornalistica, quello del giornalista neutrale e quello del giornalista partecipante. Questi due orientamenti sono stati rilevati mediante una domanda chiusa, inserita nel questionario utilizzato nella ricerca, con otto alternative di risposta corrispondenti ad affermazioni relative alle possibili funzioni della stampa, per ciascuna delle quali si chiedeva ai giornalisti intervistati di indicare quanto la considerassero importante su una scala da "decisamente non importante" a "estremamente importante". Utilità conoscitiva: se il concetto raffigura una determinata proprietà nel processo di costruzione di una variabile, diremo che esso è tanto più utile, e quindi valido, quanto più è capace di suggerire una definizione operativa che risponda adeguatamente alle esigenze conoscitive del ricercatore. La validità di un concetto attiene, dunque, al suo rapporto con la definizione operativa e non con la proprietà che rappresenta. Efficacia conoscitiva: una definizione operativa è valida se traduce in operazioni adeguate di ricerca il concetto associato alla proprietà considerata e non altri e, quindi, se specifica questo concetto su base empirica in relazione al significato che ad esso il ricercatore ha inteso attribuire. --> se la validità di una definizione operativa riguarda il rapporto con il concetto, l'affidabilità riguarda invece il rapporto tra gli esiti della stessa definizione operativa e la proprietà originaria. L'affidabilità di una definizione operativa va dunque riferita alla fedeltà dei dati che produce: una definizione operativa è affidabile se sue i suoi esiti consistono in dati fedeli, cioè corrispondenti agli stati effettivi della proprietà considerata, così come si presentano da caso a caso. La fedeltà di un dato, però, non può essere dimostrata e tantomeno può essere misurata, non essendo disponibile l'elemento oggettivo con cui confrontare il dato stesso e non potendo di conseguenza valutare la corrispondenza tra l'uno e l'altro. Possiamo considerare come un buon indizio di affidabilità un elevato grado di corrispondenza tra registrazioni diverse effettuate con la stessa definizione operativa sugli stessi casi. La corrispondenza tra registrazioni diverse può essere di due tipi: • Corrispondenza tra registrazioni diverse effettuate in momenti diversi da uno stesso

rilevatore con lo stesso strumento sugli stessi casi (test-retest) • Corrispondenza tra registrazioni diverse effettuate da più rilevatori con lo stesso

strumento sugli stessi casi (test-test) CLASSIFICAZIONE E MISURAZIONE Classificare: significa, nell'ambito della conoscenza scientifica, effettuare una serie di operazioni sostanzialmente analoghe a quelle che caratterizzano l'attività del classificare nella conoscenza comune, però con la rilevante differenza che, nel caso della conoscenza scientifica, è necessario rispettare rigorosamente determinate regole. L'operazione del classificare tratto distintivo sia della ricerca quantitativa sia della ricerca qualitativa e, in entrambi i casi, il rispetto delle regole della classificazione è un obbligo metodologico dal quale non si può prescindere.

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Nella ricerca quantitativa, la classificazione è una delle operazioni di cui consta la definizione operativa e si effettuano operazioni di classificazione mediante variabili. Possiamo parlare di classificazione A per indicare il procedimento in base a quale si individuano le modalità della variabile, modalità che rappresentano le classi il cui insieme corrisponde alla classificazione B. La registrazione nella matrice dei dati del valore numerico della modalità cui è assegnato ciascun caso corrisponde alla classificazione C. Le regole da rispettare nell'effettuare le operazioni relative alla classificazione sono: 1. L'unicità del criterio di classificazione. 2. L'esaustività dell'insieme delle categorie. 3. La mutua esclusività delle categorie. La regola dell'unicità del criterio di classificazione stabilisce che il criterio in base al quale i casi vengono attribuiti alle classi deve essere uno soltanto, lo stesso per tutti i casi. La regola dell'esaustività dell'insieme delle classi stabilisce che ogni caso, nessuno escluso, deve poter essere classificato. La mutua esclusività stabilisce che le classi non devono sovrapporsi e che, di conseguenza, ogni caso deve essere attribuito a una classe e a una soltanto. Misurazione: riguarda evidentemente soltanto la ricerca quantitativa e non anche la ricerca qualitativa. Possiamo definire la misurazione come un insieme di operazioni mediante le quali registriamo stati di una proprietà che corrispondono a livelli diversi di intensità con cui la proprietà stessa si presenta da caso a caso. La misurazione, dunque, riguarda proprietà pensate come continue che variano per incrementi o decrementi infinitesimali. Spesso è necessario ricorrere all'unità di misura convenzionale costruita dal ricercatore. Marradi: ha posto l'accento sulla necessità di distinguere tra operazioni di misurazione e operazioni di conteggio. La prima possibile per proprietà pensate come continui e la seconda, invece, per proprietà con stati enumerabili, ovvero proprietà discrete cardinali.