LA RESPONSAILITA’ IVILE DEI SANITARI E DELLE STRUTTURE · STUDIO LEGALE MARTINI RODOLFI VIVORI ....

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LA RESPONSABILITA’ CIVILE DEI SANITARI E DELLE STRUTTURE STUDIO LEGALE MARTINI RODOLFI VIVORI

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LA RESPONSABILITA’ CIVILE DEI SANITARI E DELLE STRUTTURE

STUDIO LEGALE

MARTINI RODOLFI VIVORI

La responsabilità civile professionale del sanitario

• 1) Medico convenzionato ASL

• 2) Medico dipendente di struttura pubblica

• 3) Medico dipendente di struttura privata

• 4) Medico libero professionista

Medico convenzionato ASL

Rapporto di “parasubordinazione” tra Azienda Sanitaria Locale ed il medico (non è pubblico dipendente);

Medico convenzionato (medico di medicina generale, medico

specialista ambulatoriale, medico pediatra di libera scelta) svolge la propria attività in autonomia e con responsabilità e rischi propri (Cass. 07.11.1995 n. 11581) con conseguente personale responsabilità (oltre che penale e disciplinare), anche civile (contrattuale e/o extracontrattuale).

Medico convenzionato ASL

Discutibile se la P.A. può essere chiamata a rispondere dei danni cagionati al paziente (secondo la dottrina, visto che le convenzioni e gli accordi collettivi prevedono doveri di controllo, tuttavia, in certi casi si configura una possibile responsabilità diretta della ASL per culpa in vigilando)

Medico convenzionato ASL

Obbligo di stipulare polizza a favore del medico a carico

della ASL: assicurazione per conto altrui (vedi art. 29 del DPR 28.07.2000 n. 271: accordo collettivo per i medici specialisti ambulatoriali)

Medico dipendente di struttura pubblica

L’attività svolta dal medico dipendente pubblico (sia delle Aziende Sanitarie, di quelle Ospedaliere, delle Istituzioni Universitarie che delle istituzioni di ricerca scientifica) in favore dei pazienti non costituisce esercizio di una amministrazione pubblica, ma erogazione di un servizio pubblico

Medico dipendente di struttura pubblica

Nell'erogazione di questo servizio, si stabilisce un rapporto giuridico di tipo pubblicistico tra il privato, che ha un diritto soggettivo alla prestazione in suo favore e la pubblica amministrazione, che ha il corrispondente dovere di adempiere

Due orientamenti sino alla fine degli anni ’90:

A. Responsabilità solo extracontrattuale: “Nel caso concreto si è nel campo della responsabilità

extracontrattuale, non essendo stato concluso alcun contratto tra il medico dipendente USSL ed il paziente in ordine alla operazione chirurgica, mentre deve ritenersi pacifico che il rapporto contrattuale è sorto tra l’ente ospedaliero e lo stesso paziente” (Cass. 26.03.1990 n. 2428)

Responsabilità del medico

dipendente di struttura ospedaliera

Responsabilità del medico dipendente di struttura ospedaliera

B. Responsabilità anche di natura contrattuale: “La responsabilità dell'ente ospedaliero, gestore di un servizio

pubblico sanitario, e del medico suo dipendente per i danni subiti da un privato a causa della non diligente esecuzione della prestazione medica, inserendosi nell'ambito del rapporto giuridico pubblico (o privato) tra l'ente gestore ed il privato che ha richiesto ed usufruito del servizio, ha natura contrattuale di tipo professionale. Ne consegue che la responsabilità diretta dell'ente e quella del medico, inserito organicamente nella organizzazione del servizio, sono disciplinate in via analogica dalle norme che regolano la responsabilità in tema di prestazione professionale medica in esecuzione di un contratto di opera professionale” (Cass.27.05.1993 n. 5939 e Cass. 11.04.1995 n. 4152)

Oggi, la responsabilità è anche di natura contrattuale, sulla base del c.d. contatto sociale: “L'obbligazione del medico dipendente dal servizio sanitario per responsabilità professionale nei confronti del paziente, ancorché non fondata sul contratto, ma sul "contatto sociale" ha natura contrattuale” Consegue che relativamente a tale responsabilità i regimi della ripartizione dell'onere della prova, del grado della colpa e della prescrizione sono quelli tipici delle obbligazioni da contratto d'opera intellettuale professionale”(Cass. Sez. 3^ 22.01.1999 n. 589)

Responsabilità del medico dipendente di struttura ospedaliera

Medico dipendente di struttura pubblica

La responsabilità del medico dipendente di una struttura pubblica è analoga a quella del professionista medico privato e dunque, anche al medico dipendente pubblico andranno applicate, analogicamente, le norme dettate dal codice civile (art. 1218 e 2043 c.c.) onde regolare le responsabilità in tema di prestazione professionale medica in esecuzione d'un contratto d'opera professionale

Medico dipendente di struttura pubblica

Non sono invece applicabili le norme previste dagli artt. 22 e 23, D.P.R. 10.1.1957, n. 3, con riguardo alla responsabilità degli impiegati civili dello Stato per gli atti compiuti in violazione dei diritti dei cittadini, che escludono l’azione diretta della pretesa risarcitoria nei confronti del pubblico impiegato in caso di colpa lieve

Medico dipendente di struttura pubblica

In conclusione, nell’ipotesi di danni commessi dal medico pubblico dipendente nell'esercizio di prestazioni sanitarie, il paziente- danneggiato avrà diritto di rivolgere la proprie pretese risarcitorie nei confronti sia del medico che della struttura ospedaliera pubblica dalla quale dipende, che ne rispondono solidalmente, quale che sia lo stato soggettivo del professionista (vedi Tribunale Varese 10-16.02.2010 n. 16, Est. Buffone e, di recente, Trib. Milano 15.12.2011 n. 15152 Est. Presidente Sez. 5^ Migliaccio)

Medico dipendente di struttura privata

La responsabilità civilistica per i danni commessi nell’esercizio della propria attività, è analoga a quella del professionista privato (sia contrattuale che extracontrattuale)

Verso i pazienti-danneggiati, in sede civile, la responsabilità sarà in solido con il proprio datore di lavoro, ex art. 2049 c.c. (vedi Cass. 11.03.1998 n. 2678)

Medico dipendente di struttura privata

Il datore di lavoro avrà peraltro diritto di esercitare l’azione di rivalsa nei confronti del medico dipendente (con il limite degli accordi collettivi)

Medico libero professionista

L'attività libero-professionale del medico, costituendo adempimento di un obbligo contrattuale (contratto d'opera), è disciplinata sia dalle norme generali in materia di contratti (vedi artt. 1176 e 1375 c.c.), sia, più in particolare, dagli artt. 2229-2238 c.c..

Medico libero professionista

Possibile responsabilità solidale con altri professionisti o

con struttura privata presso cui opera senza alcun vincolo di subordinazione

In tali ipotesi il danneggiato potrà pretendere l'intero risarcimento, ai sensi dell'art. 2055 c.c., da uno qualsiasi dei corresponsabili dell'evento dannoso.

Medico libero professionista

Il medico può trovarsi esposto pertanto a due ulteriori azioni:

- una, di regresso, da parte del coobbligato che abbia risarcito il danneggiato per l'intero;

- oppure l'altra, di surrogazione, da parte dell'assicuratore della responsabilità civile di uno dei corresponsabili, che abbia risarcito il danneggiato (ex artt. 1299 e 1916 c.c.)

La responsabilità d’equipe

La responsabilità d’equipe

L’attività medico-chirurgica in equipe è contraddistinta dalla partecipazione e collaborazione tra loro di più medici e sanitari, che interagiscono per il raggiungimento di un obiettivo comune (la tutela della salute del paziente)

Il modello di riferimento della medicina moderna, d’altro canto, è rappresentato proprio dalla medicina d’equipe

La responsabilità d’equipe

L’attività terapeutica, infatti, sempre più raramente appare come la prestazione di un singolo professionista. Nella maggior parte dei casi essa è la risultante, sia sotto il profilo diagnostico che terapeutico, di un’opera di collaborazione e coordinamento che denuncia la progressiva tendenza allo specializzarsi dell’intervento medico, in conseguenza dell’ampliamento delle conoscenze scientifiche

Che tipo di responsabilità può configurarsi qualora più persone, a titolo diverso, forniscano una prestazione rivolta al recupero psico-fisico del malato ?

Responsabilità penale differente da quella civile

La responsabilità d’equipe

La teoria dell’affidamento

Qualora la condotta posta in essere dal singolo sanitario si sovrapponga a quella di altri soggetti, il precetto concreto di diligenza a cui attenersi nel caso concreto dovrà fare riferimento al c.d. principio dell’affidamento, in base al quale ogni soggetto non dovrà ritenersi obbligato a delineare il proprio comportamento in funzione del rischio di condotte colpose altrui, atteso che potrà sempre fare affidamento, appunto, sul fatto che gli altri soggetti agiscano nell’osservanza delle regole di diligenza proprie (vedi M. Mantovani, Il principio di affidamento nella teoria del reato colposo, Milano, 1997)

Limiti alla teoria dell’affidamento

L’affidamento deve peraltro contemperarsi con il concorrente principio della salvaguardia degli interessi del soggetto nei cui confronti opera la posizione di garanzia del medico (e cioè il paziente). Dunque:

1) Nelle ipotesi in cui tra i membri del gruppo esistano rapporti gerarchici, il c.d. capo equipe, dotato di una posizione apicale e dunque gerarchicamente sovraordinata rispetto agli altri, ha un ben preciso dovere di sorveglianza sull’operato dei suoi collaboratori

2) In tutte le ipotesi di èquipe, può verificarsi uno stato di fatto, capace di invalidare l’aspettativa di una condotta altrui corrispondente ai doveri di diligenza, prudenza e perizia, come nei casi in cui, a cagione dell’altrui comportamento colposo, sia già in atto una situazione pericolosa per un paziente, oppure vi sia ragionevole motivo di ritenere che essa possa realizzarsi, in ragione delle reali contingenze di fatto che siano riconoscibili o possano essere percepite dall’agente (come ad esempio le condizioni di salute non buone di un collega, la sua età giovane, la sua inesperienza o la distrazione)

Limiti alla teoria dell’affidamento

In tutti questi casi le limitazioni al dovere di diligenza connesse al principio dell’affidamento divengono non più vigenti: a carico di ogni medico che avrà la cura del paziente si avrà non solo l’obbligo di espletare le proprie mansioni specifiche con diligenza e perizia, ma anche quello di impedire e vanificare l’altrui condotta contraria alle leges artis proprie

Nei casi di inefficace o inesatto adempimento di tali doveri

cautelari, si potrà configurare a carico del singolo medico una eventuale responsabilità per le evenienze lesive sopravvenute

Limiti alla teoria dell’affidamento

Medicina d’èquipe di tipo orizzontale (rapporti tra medici specialisti in discipline diverse)

Equipe composta da medici aventi analoga posizione gerarchica, ma differente qualifica professionale, che svolgono la loro attività in favore dello stesso paziente

Tutti i sanitari, ciascuno con la propria differente specializzazione, si trovano in rapporto di uguaglianza e svolgono le proprie mansioni in maniera indipendente, nel rispetto delle leges artis dello specifico settore di specializzazione, seppur collaboranti tra loro verso un identico ed unico obiettivo: la cura e la tutela del paziente comune

Ciascun sanitario è tenuto al rispetto degli obblighi che a lui discendono dalla connessione di tutte le attività realizzate in funzione dell’obiettivo comune

Ogni medico, peraltro, non potrà evitare di stimare l’attività svolta dai suoi colleghi di equipe, sia pure essendo afferente ad altre discipline specifiche, di appurarne la conformità alle regole ed, eventualmente, di porre riparo ad eventuali errori evidenti e rilevabili con il supporto delle conoscenze comuni del professionista medio

Medicina d’èquipe di tipo orizzontale (rapporti tra medici specialisti in discipline diverse)

In tema di colpa professionale: “nel caso di équipes chirurgiche, ogni sanitario, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e di prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, è tenuto ad osservare gli obblighi ad ognuno derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ne consegue che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l'attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio o facendo in modo che si ponga opportunamente rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali e, come tali, rilevabili ed emendabili con l'ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio (Cass. 2/3/2004 n. 24036) (Cass. Pen. 06.04.2005 n. 22579; in senso conforme Cass. Pen. 24.01.2005 n. 18548)

Medicina d’èquipe di tipo orizzontale (rapporti tra medici specialisti in discipline diverse)

Il principio dell’affidamento viene così definito come c.d. relativo o temperato, facendo coincidere la necessità primaria di salvaguardia della vita e dell’integrità psico-fisica del paziente con quella della personalità della responsabilità penale

Medicina d’èquipe di tipo orizzontale (rapporti tra medici specialisti in discipline diverse)

Medicina d’èquipe di tipo verticale (rapporti tra sanitari di tipo gerarchico)

Nelle ipotesi in cui tra più medici e sanitari, tutti concorrenti al trattamento terapeutico di gruppo, intercorrano rapporti di tipo gerarchico, la dottrina più recente ha sostenuto che nei confronti di coloro che si trovano in posizione di vertice, avendo la direzione e il potere di coordinamento dell’attività medica dei propri assistenti, esiste un vero e proprio obbligo di controllo dell’operato altrui (cfr. F. MANTOVANI, Diritto penale, cit., 353; FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, cit., 499; MAZZACUVA, Problemi attuali in materia di responsabilità penale del sanitario, cit., 412; BELFIORE, Profili penali dell’attività medico-chirurgica in equipe, cit., 297)

Il capo dell’equipe, oltre a dovere attuare con cura, diligenza e perizia le funzioni specifiche a lui spettanti, deve altresì coordinare l’attività dei propri collaboratori e verificare la correttezza nell’esecuzione dei compiti loro affidati

Il principio dell’affidamento, pertanto, nei confronti del sanitario che occupa posizioni di vertice, dovrà ritenersi parzialmente attenuato, seppure non completamente eluso

Medicina d’èquipe di tipo verticale (rapporti tra sanitari di tipo gerarchico)

Il dovere di controllo e coordinamento, tuttavia, non dovrà essere inteso in senso continuo e costante, ma determinato in maniera tale da non annullare la divisione delle mansioni tra i vari sanitari

L’esasperazione di tale potere di controllo rischia di tramutarsi in un obbligo, spinto alle estreme conseguenze, di evitare il prodursi di ogni evento dannoso, allargando oltre misura gli ambiti della responsabilità, considerando il medico c.d. capo equipe comunque e sempre responsabile per ogni evento lesivo conseguente ad interventi medico-chirurgici nei quali abbia preso parte dirigendo le varie attività

Medicina d’èquipe di tipo verticale (rapporti tra sanitari di tipo gerarchico)

Secondo le pronunce dei giudici di legittimità, il primario, essendo titolare di un generico obbligo di garanzia nei confronti dei pazienti, è ritenuto responsabile per gli eventi lesivi determinati dalle condotte poste in essere dai componenti del suo reparto

Assai spesso, pertanto, si ritrovano nella prassi giurisprudenziale affermazioni di responsabilità del primario per omesso o inadeguato esercizio dell’obbligo di direzione e controllo dell’operato dei suoi sottoposti

Medicina d’èquipe di tipo verticale (rapporti

tra sanitari di tipo gerarchico): il Dirigente

(primario)

In un caso di omicidio colposo in seguito ad un sinistro stradale (versamento pleurico non identificato), ad esempio, la Corte ha optato non soltanto per la responsabilità dei sanitari facenti parte dell’equipe medica, per non essere riusciti ad identificare in maniera compiuta la sintomatologia del paziente, omettendo in tal modo di porre in essere i rimedi più elementari e necessari, facenti parte del patrimonio cognitivo di qualsiasi medico anche non specialistico, ma anche del primario il quale non aveva adottato le necessarie funzioni di indirizzo, verifica e direzione dell’attività dei suoi subalterni, per l’esecuzione delle migliori e più opportune scelte terapeutiche del caso (Cass. Pen. 11.11.1994)

Medicina d’èquipe di tipo verticale (rapporti

tra sanitari di tipo gerarchico): il primario

Il primario ospedaliero: “che ai sensi del DPR 27.03.1969 n. 128 art. 7 ha la responsabilità dei malati della divisione e il connesso obbligo di definire i criteri diagnostici e terapeutici, che gli aiuti e gli assistenti devono seguire, deve avere puntuale conoscenza delle situazioni cliniche che riguardano i degenti nonché delle iniziative intraprese dagli altri medici cui il paziente sia stato affidato, a prescindere dalle modalità di acquisizione di tale conoscenza (con visita diretta o dagli altri operatori) e indipendentemente dalla responsabilità di questi ultimi, e tanto allo scopo di vigilare sulla esatta impostazione ed esecuzione delle terapie, di prevenire errori e di adottare tempestivamente i provvedimenti richiesti da eventuali emergenze” (Cass. Civ. 29.11.2010 n. 24144; in senso conforme Cass. 30.06.2005 n. 13979)

Medicina d’èquipe di tipo verticale (rapporti

tra sanitari di tipo gerarchico): il primario

Nel caso di specie conferma della condanna di un primario del reparto di ostetricia e ginecologia, in solido con la struttura ed il suo assistente (medico di fiducia della paziente), per danni cagionati ad una partoriente durante un parto cesareo, nonostante che lui non fosse presente non solo al parto ma neppure al momento del ricovero, né aveva saputo delle complicanze intervenute. In realtà il primario avrebbe dovuto, in via preventiva, emanare direttive appropriate in ordine alle situazioni in cui era necessario ricorrere al taglio cesareo e comunque vigilare sull’attività dei propri subordinati, prima, durante e dopo il parto, assumendo specifiche informazioni su ogni caso presente in reparto e controllando la congruità delle terapie praticate (Cass. Civ. 29.11.2010 n. 24144; in senso conforme Cass. 30.06.2005 n. 13979)

Medicina d’èquipe di tipo verticale (rapporti

tra sanitari di tipo gerarchico): il primario

Il primario capo dell’equipe operatoria è responsabile anche nella fase post-operatoria, in quanto titolare di “un’ampia posizione di garanzia nei confronti del paziente”, che ha il dovere di controllare e seguire direttamente anche per interposta persona (Cass. Pen. 12.02.2010 n. 20584; in senso conforme Cass. Pen. 01.12.2004 n. 9739 e Cass. Pen. 08.02.2005 n. 12275).

Medicina d’èquipe di tipo verticale (rapporti

tra sanitari di tipo gerarchico): il primario

Né può parlarsi del “principio di affidamento” in quanto il primario non può addurre a propria discolpa che al reparto erano assegnati altri medici o che il suo intervento è dovuto solo in caso di particolari difficoltà o complicazioni, perché: “il medico appartenente alla posizione apicale ha il potere di impartire istruzioni e direttive in ordine alle cure e di verificarne l’attuazione” (Cass. Pen. 12.02.2010 n. 20584)

Medicina d’èquipe di tipo verticale (rapporti

tra sanitari di tipo gerarchico): il primario

La giurisprudenza è particolarmente rigorosa

La responsabilità è stata affermata anche in un caso in cui l'omissione da parte di questi era dovuta proprio ad un ordine del primario, che lo aveva destinato ad altre mansioni

Medicina d’èquipe di tipo verticale (rapporti

tra sanitari di tipo gerarchico): l’aiuto

In una situazione di potenziale conflitto tra la disposizione data dal primario al suo aiuto e gli obblighi di assistenza di quest'ultimo verso il paziente, l'ordine del primario non può valere, di per sé, a liberare l'aiuto dai suddetti obblighi e, così, ad escluderne la colpa. Infatti, se pure l'aiuto è soggetto al potere organizzativo del primario, egli deve comunque curarsi di: “rendere compatibili i due suoi diversi doveri, non solo rappresentando al primario, prima ancora del ricovero, la necessità in cui si sarebbe potuto venire a trovare, di prestare assistenza alla partoriente, ma anche esponendogli, dopo il ricovero, la necessità di non allontanarsi dal reparto per incombenze che gli impedissero di seguire l'evolversi del parto a lui affidato” (Cass. Civ. 13.03.1998 n. 2750)

Medicina d’èquipe di tipo verticale (rapporti

tra sanitari di tipo gerarchico): l’aiuto

Gli assistenti ospedalieri, seppur diretti collaboratori dei sanitari di grado superiore (e quindi in posizione di subordinazione), non devono attenersi ad un “pedissequo e acritico atteggiamento di sudditanza verso gli altri sanitari”, dato che qualora nelle opzioni di diagnosi o terapia effettuate dai loro superiori riconoscano elementi di sospetto, o li possano comunque percepire con l’uso dell’ordinaria diligenza e perizia, devono per ciò ritenersi obbligati a segnalare tali sospetti ed eventualmente manifestare il proprio dissenso. Solamente qualora il superiore gerarchico ritenga di non approvare l’atteggiamento così manifestato dal sanitario di grado inferiore, quest’ultimo potrà considerarsi esentato da eventuali responsabilità (Cass. pen., Sez. IV, 28.06.1996, n. 7363 e Cass. pen., Sez. IV, 19.12.2000, n. 173)

Medicina d’èquipe di tipo verticale (rapporti tra

sanitari di tipo gerarchico): l’assistente

In sede civilistica, è stato ribadito che: “La distribuzione dei compiti tra medico in posizione apicale e medico in posizione intermedia - quale si desume dagli artt. 7 del D.P.R. n. 128 del 1969 e 63 del D.P.R. n. 761 del 1979 - non esclude che il secondo sia tenuto ad un comportamento improntato a perizia e diligenza, sicché, di fronte a scelte del primario che debbono apparirgli improprie, egli è tenuto a manifestare le proprie diverse valutazioni e, se necessario, il proprio motivato dissenso” (Cass. civ., Sez. III, 27.02.2004, n. 4013)

Medicina d’èquipe di tipo verticale (rapporti

tra sanitari di tipo gerarchico): l’assistente

Nel caso di ordine manifestamente erroneo, l'assistente (o comunque il sottoposto) deve astenersi dall'eseguirlo, ritrovandosi altrimenti in colpa se lo esegue.

Nel caso di ordine astrattamente non erroneo, ma inopportuno o dannoso per il caso concreto, l'assistente non può astenersi dall'eseguirlo, ma ha il solo obbligo, se vuole andare esente da responsabilità, di manifestare, anche oralmente, il proprio dissenso (vedi Cass. Civ. 10.05.2001 n. 6502)

Medicina d’èquipe di tipo verticale (rapporti

tra sanitari di tipo gerarchico): l’assistente

CASSAZIONE 21.05.2012 N. 8023 ASSISTENTI ED AIUTI

Amputazione di gamba destra a seguito di ricovero conseguente ad incidente stradale.

Il paziente avrebbe dovuto essere trasferito immediatamente in

luogo attrezzato per un’indagine arteriografica e per un conseguente intervento di chirurgia vascolare.

Condanna di assistente ed aiuto.

CASSAZIONE 21.05.2012 N. 8023

Suprema Corte conferma la statuizione di secondo grado. L'assistente ospedaliero è responsabile: “sia perché non

può ritenersi un mero esecutore delle disposizioni del primario, sia perchè comunque la sua responsabilità è ricollegata dal giudice di merito al contatto sociale, rispetto al quale è irrilevante la qualifica del sanitario”.

CASSAZIONE 21.05.2012 N. 8023

Considerato che: “l’aiuto sostituiva il primario assente, non

può evidentemente giovargli la circostanza che il reparto a lui affidato fosse organizzato in modo tale che egli ebbe ad avere notizia del ricovero del sig. …. a distanza di molte ore dalla lesione (avvenuta intorno alle (OMISSIS)) e cioè solo la mattina del (OMISSIS), essendo evidentemente tale organizzazione a lui riferibile”.

Il concreto e personale espletamento di attività operatoria da parte dello specializzando comporta pur sempre l'assunzione diretta anche da parte sua della posizione di garanzia nei confronti del paziente, condivisa con quella che fa capo a chi le direttive impartisce (secondo i rispettivi ambiti di pertinenza ed incidenza), sicché: “anche su di lui incombe l'obbligo dell'osservanza delle leges artis, che hanno per fine la prevenzione del rischio non consentito ovvero dell'aumento del rischio, con la conseguenza che non lo esime da responsabilità la passiva acquiescenza alla direttiva data ove non si appalesi appropriata, avendo egli al contrario l'obbligo di astenersi dal direttamente operare” (Cass. pen., Sez. IV, 20.01.2004, n. 32901)

Medicina d’èquipe di tipo verticale (rapporti tra

sanitari di tipo gerarchico): lo specializzando

Anche gli infermieri sono stati riconosciuti penalmente responsabili in concorso con i medici: “Gli operatori di una struttura sanitaria, medici e paramedici, sono tutti "ex lege" portatori di una posizione di garanzia, espressione dell'obbligo di solidarietà costituzionalmente imposto ex art. 2 e 32 cost, nei confronti dei pazienti, la cui salute devono tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l'integrità; l'obbligo di protezione perdura per l'intero tempo del turno di lavoro e, laddove si tratti di un compito facilmente eseguibile nel giro di pochi secondi, non è delegabile ad altri. (Fattispecie in cui è stato escluso che fosse giustificato il comportamento di un infermiere che, in prossimità della fine del turno di lavoro, delegava un collega per eseguire l'ordine impartitogli da un medico di chiamare un altro medico, ordine facilmente e rapidamente eseguibile attraverso un citofono)” (Cass. pen., Sez. IV, 13.09.2000, n. 9638; in senso conforme Cass. Pen. 12.02.2010 n. 20584)

Medicina d’èquipe di tipo verticale (rapporti

tra sanitari di tipo gerarchico): l’infermiere

Medicina d’equipe

In giurisprudenza, si sta affermando un nuovo principio, e cioè quello secondo cui, l’obbligo di solidarietà costituzionale imposto dagli artt. 2 e 32 della Costituzione, nei confronti dei pazienti, rende tutti gli operatori di una struttura sanitaria, medici e paramedici, titolari di una posizione di garanzia che li obbliga a tutelare la salute dei pazienti contro qualsiasi pericolo per l’intero tempo del turno di lavoro indipendentemente dal fatto che siano stati rispettati il proprio turno di lavoro e le regole che presiedono agli obblighi contrattuali (vedi Cass. Pen., Sez. IV, 01.12.2004, n. 9739)

Medicina d’equipe in ambito civilistico: falso problema

Nell’ambito della responsabilità civile sussiste la nozione della responsabilità solidale

Una volta accertata la responsabilità penale dei singoli componenti l’equipe, questi sono tenuti, ex art. 2055 c.c., a risarcire i danni provocati al paziente in solido tra loro (ciò comporta che ciascun responsabile sarà obbligato al risarcimento dell’intero danno, con diritto di rivolgersi, dopo aver soddisfatto la pretesa del danneggiato, verso gli altri corresponsabili, per ripetere da costoro la parte del risarcimento ad essi spettante)

Alla responsabilità personale diretta degli autori del fatto dannoso (ossia di coloro che con il loro operato hanno concorso a provocare il danno), si aggiunge la responsabilità indiretta ed oggettiva del soggetto civilmente responsabile, e cioè dell’ospedale o della casa di cura che ha erogato la cura, in base agli artt. 1228, 2049 e 2232 c.c. (per la responsabilità della casa di cura dovuta a componenti di equipe non citati in giudizio vedi Cass. Civ. 01.02.2011 n. 2334)

Medicina d’equipe in ambito civilistico: falso problema

La responsabilità delle strutture

La responsabilità della struttura:

• Struttura sanitaria pubblica

• Struttura sanitaria privata accreditata

• Struttura sanitaria privata

La responsabilità della struttura pubblica

Le strutture pubbliche sono responsabili, sia contrattualmente che extracontrattualmente, dei danni provocati ai pazienti che si sono a loro rivolti.

La responsabilità della struttura pubblica

L’accettazione di un paziente in una struttura pubblica, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto, con conseguente responsabilità ex artt. 1218 e 1228 c.c.

Principio pacifico a partire dalla fine degli anni ’70 (Cass. 21.12.1978 n. 6141)

La responsabilità della struttura pubblica

Il c.d. contratto atipico di “spedalità” o di “assistenza sanitaria” che comprende una serie di prestazioni delle strutture (diagnosi e cura, somministrazione di medicine, disponibilità di personale medico ed ausiliario nonché di attrezzature per la cura, ecc.).

Contratto sinallagmatico a contenuto complesso (vedi Cass. 04.08.1987 n. 6707)

La responsabilità della struttura pubblica

Due profili di responsabilità (vedi Cass. 13.04.2007 n. 8826):

- A) per deficit organizzativi e gestionali (per fatti propri) ex art. 1218 c.c.

Ad esempio: apparecchiature carenti o insufficienti; inadeguata asepsi degli ambienti; mancata custodia o sorveglienza del paziente; somministrazione preparati difettosi o nocivi; utilizzo prodotti difettosi, ecc.

La responsabilità della struttura pubblica

- A) per deficit organizzativi e gestionali (per fatti propri) ex art. 1218 c.c.

Vedi Trib. Milano Sez. 5^ Dott.ssa Brena 10.12.2011 n. 15147 ove è stata condannata la struttura per complicanza dovuta ad infezione nosocomiale con rigetto di domanda proposta nei confronti del singolo medico

La responsabilità della struttura pubblica

- A) per deficit organizzativi e gestionali (per fatti propri) ex art. 1218 c.c.

Se è vero che sussiste il principio della c.d. “oggettivizzazione” della responsabilità della struttura sanitaria anche in mancanza della responsabilità del medico, tuttavia, è altrettanto vero che tale principio necessita nel singolo caso concreto di “precise analitiche e soprattutto tempestive specificazioni fattuali in particolare della relazione eziologica tra la condotta dell’ente “indipendente” da quella del sanitario ed evento di danno” (Cass. 02.04.2009 n. 7996. Domanda respinta contro la struttura perché impostata su responsabilità dei sanitari per mancata diagnosi).

La responsabilità della struttura pubblica

- A) per deficit organizzativi e gestionali (per fatti propri) ex art. 1218 c.c.

In pratica, laddove si chieda l’accertamento della responsabilità della struttura sanitaria anche in mancanza della responsabilità del medico è necessario allegare agli atti specifici addebiti che siano in rapporto eziologico con i danni lamentati: “E’ infatti configurabile una responsabilità autonoma e diretta della struttura ospedaliera ove il danno subito dal paziente risulti causalmente riconducibile ad una inadempienza delle obbligazioni ad essa facenti carico, anche in vista di eventuali complicazioni ed emergenze” (Cass. 11.05.2009 n. 10743)

La responsabilità della struttura pubblica

- B) per inadempimenti (ivi compresa la mancata acquisizione del consenso informato) imputabili ai medici e/o comunque al personale sanitario ecc. ex art. 1228 c.c.

La responsabilità della struttura pubblica

E’ irrilevante chi abbia effettivamente esercitato l’attività medica all’interno della struttura: dipendente e/o collaboratore.

La struttura pubblica risponde verso il cittadino-paziente anche dell’operato dei medici in regime di libera-professione intra-muraria (intra-moenia). Vedi Trib. Torino 08.05.2003 n. 3816

CASSAZIONE 03.02.2012 N. 1620

Bambino che in conseguenza di parto nasce con gravi lesioni personali (encefalopatia conseguente ad ipossia).

Il Tribunale e la Corte d’Appello respingono la domanda risarcitoria dei genitori in quanto la causa del danno individuata in evento ipossico acuto perinatale.

CASSAZIONE 03.02.2012 N. 1620

Decisione di secondo grado cassata.

Considerate le divergenti conclusioni delle due consulenze tecniche svolte: “l’Ospedale non ha fornito la prova di cui all’art. 1218 c.c.”

CASSAZIONE 03.02.2012 N. 1620

Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., SSUU 11 gennaio

2008 n. 577) hanno precisato che la responsabilità della struttura ospedaliera, fondata sul "contatto sociale", ha natura contrattuale.

Ne consegue che, in virtù del contratto, la struttura deve

fornire al paziente una prestazione assai articolata, definita genericamente di "assistenza sanitaria", che ingloba al suo interno, oltre alla prestazione principale medica, anche una serie di obblighi c.d. di protezione ed accessori.

CASSAZIONE 03.02.2012 N. 1620 Così ricondotta la responsabilità della struttura ad un

autonomo contratto (di spedalità), la sua responsabilità per inadempimento si muove sulle linee tracciate dall'art. 1218 cod. civ., e, per quanto concerne le prestazioni mediche che essa svolge per il tramite dei medici propri ausiliari, l'individuazione del fondamento di responsabilità dell'ente nell'inadempimento di obblighi propri della struttura consente quindi di abbandonare il richiamo, alquanto artificioso, alla disciplina del contratto d'opera professionale e di fondare semmai la responsabilità dell'ente per fatto dei dipendenti sulla base dell'art. 1228 cod. civ..

Principi analoghi alle strutture pubbliche, in quanto la struttura privata, una volta instaurata la convenzione, fornisce il servizio all’utente con modalità del tutto identiche a quelle seguite dalla struttura pubblica (vedi Ord. Cass. 02.04.2009 n. 8093)

La responsabilità della struttura privata accreditata

Casa di cura convenzionata condannata per non aver fornito la prova del fatto dell’adempimento dell’obbligo di protezione (derivante dal contratto di spedalità), dando la descrizione delle esatte modalità dell’intervento, nonché delle precise condizioni del paziente a partire dal momento in cui lo ha avuto in cura sino all’evento o comunque alle dimissione (Cass. 30.06.2011 n. 1405, Rel. Petti)

La responsabilità della struttura privata accreditata

Sino alla fine degli anni ’90, la giurisprudenza ha ritenuto che la responsabilità della struttura ospedaliera privata per il fatto illecito commesso dal medico nell'esecuzione di un intervento potesse essere affermata soltanto in due casi

La responsabilità della struttura privata

a) a titolo di responsabilità indiretta ex art. 2049 cod. civ., ove sussista un vincolo di subordinazione tra la casa di cura ed il medico operante;

b) a titolo di responsabilità diretta ex art. 1218 cod. civ.,

qualora la casa di cura avesse assunto direttamente nei confronti del danneggiato, con patto contrattuale, l'esecuzione dell'intervento (Cass. 11.03.1998 n. 2678, cit; in senso conforme Cass. 13.11.1970 n. 2392 nonché Cass. 6.3.1971, n. 606)

La responsabilità della struttura privata

La Suprema Corte, tuttavia, ha mutato orientamento, iniziando a ritenere sussistente la responsabilità della casa di cura per il danno causato dal medico, anche in assenza di un inquadramento organico del responsabile del danno nella struttura della casa di cura (circostanza ritenuta irrilevante) (Cass. 08.01.1999 n. 103. Asportazione di ernia presso clinica con gravissimi danni alla paziente minore per problemi di anestesia)

La responsabilità della struttura privata

La responsabilità della struttura privata

Nella remunerazione della prestazione del medico “comunque indispensabile alla casa di cura per adempiere l’obbligazione assunta con i danneggiati”, del resto, è incluso anche “ll costo, inteso come rischio, dell'esercizio dell'attività di impresa della casa di cura”, ivi compreso quello della distribuzione delle competenze tra i vari operatori, delle quali il titolare dell'impresa risponde ai sensi dell'art. 1228 c.c..(Cass. 08.01.1999 n. 103)

Secondo le Sezioni Unite, poi: “Il complesso ed atipico rapporto che si instaura tra la casa di cura ed il paziente, anche nell’ipotesi in cui quest’ultimo scelga al di fuori della struttura sanitaria il medico curante, non si esaurisce nella mera fornitura di prestazioni di natura alberghiera (somministrazione di vitto e alloggio), ma consiste nella messa a disposizione del personale medico ausiliario e di quello paramedico nonché nell’apprestamento dei medicinali e di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicanze”, dando vita a forme di “responsabilità autonome dell’ente, che prescindono dall’accertamento di una condotta negligente dei singoli operatori, trovando invece la propria fonte nell’inadempimento delle obbligazioni riferibili all’ente” (Cass. S.U. N. 9556/2002)

La responsabilità della struttura privata

E’ perciò configurabile: “un autonomo ed atipico contratto a prestazioni corrispettive (da taluni definito contratto di spedalità, da altri contratto di assistenza sanitaria) al quale si applicano le regole ordinarie sull'inadempimento di cui all'art. 1218 c.c.” e di conseguenza: “una responsabilità autonoma e diretta della casa di cura ove il danno subito dal paziente risulti causalmente riconducibile ad una inadempienza alle obbligazioni ad essa facenti carico, a nulla rilevando che l’eventuale responsabilità concorrente del medico di fiducia del paziente medesimo sia ancora sub iudice in altro separato processo” (Cass. Civ. S. U. 1.7.2002, n. 9556. Parto presso casa di cura con danni gravi al bimbo per carenze della struttura nell’assistenza successiva al parto e mancato trasferimento del bimbo in centro attrezzato).

La responsabilità della struttura privata

Da allora, la giurisprudenza (Cass. 11 marzo 2002, n. 3492; Cass. 14 luglio 2003, n. 11001; Cass. 21 luglio 2003, n. 11316 Cass. 28.5.2004, n. 10297; Cass. 14.07.2004 n. 13066 e Cass. 19.04.2006 n. 9085) è stata quasi unanime nell’affermare la responsabilità contrattuale della struttura privata nei confronti del paziente danneggiato:

A) indipendentemente dal rapporto di lavoro che intercorre tra la struttura stessa ed il professionista e quindi anche ove il sanitario sia quello “di fiducia” del paziente o comunque sia stato da lui scelto

e, come vedremo, B) anche in assenza dell’accertamento di una condotta

colposa dei singoli operatori .

La responsabilità della struttura privata

La responsabilità della struttura privata

Nel 2008, le Sezioni Unite della Cassazione hanno ribadito che per la responsabilità della struttura sanitaria nei confronti del paziente “è irrilevante che si tratti di una casa di cura privata o di un ospedale pubblico in quanto sostanzialmente equivalenti sono a livello normativo gli obblighi dei due tipi di strutture verso il fruitore dei servizi, ed anche nella giurisprudenza si riscontra una equiparazione completa della struttura privata a quella pubblica quanto al regime della responsabilità civile, anche in considerazione del fatto che si tratta di violazioni che incidono sul bene salute” (Cass. Sezioni Unite 11.01.2008 n. 577. Trasfusioni durante intervento chirurgico presso struttura privata che avrebbe provocato epatite B)

La responsabilità della struttura privata

Oggi si può avere dunque: “una responsabilità contrattuale della struttura verso il paziente danneggiato

- non solo per il fatto del personale medico dipendente,

- ma anche del personale ausiliario,

- nonché della struttura stessa (insufficiente o inidonea organizzazione) potendo la responsabilità della clinica prescindere dalla responsabilità o dall'eventuale mancanza di responsabilità del medico in ordine all'esito infausto di un intervento o al sorgere di un danno che non ha connessione diretta con l'esito dell'intervento chirurgico”

La responsabilità della struttura privata

E neppure: “assume più rilevanza ai fini della individuazione della natura della responsabilità della struttura sanitaria se il paziente si sia rivolto direttamente ad una struttura sanitaria del SSN, o convenzionata, oppure ad una struttura privata o se, invece, si sia rivolto ad un medico di fiducia che ha effettuato l'intervento presso una struttura privata. In tutti i predetti casi è ipotizzabile la responsabilità contrattuale dell'Ente“ (Cass. Sezioni Unite 11.01.2008 n. 577)

La responsabilità della struttura privata La giurisprudenza

- di merito (Trib. Milano Dott. Pertile, 11.03.2008 n. 3220; Trib.

Milano Dott.ssa Brena 11.04.2008 n. 4767; Trib. Milano Dott. Pertile 18.06.2008 n. 7888; Trib. Milano Dott. Spera 05.03.2009 n. 3047; Trib. Bari 10.03.2009 n. 827; Trib. Roma Sez. 13^ 02.09.2010 e di recente Trib. Milano 16.07.2011 n. 9696)

- e di legittimità (Cass. 08.10.2008 n. 24791; Cass. 28.11.2008 n.

24742; Cass. 02.04.2009 n. 7996; Cass. 11.05.2009 n. 10743; Cass. 28.08.2009 n. 18805; Cass. 09.12.2010 n. 24853 e Cass. 07.01.2011 n. 257)

è ormai consolidata

La responsabilità della struttura privata

Si segnalano da ultimo conformi:

Cass. 01.02.2011 n. 2334 (responsabilità anche per condotte di componenti l’equipe chirurgica non evocati in giudizio)

Cass. 17.02.2011 n. 3847 (relativa all’obbligo di “una compiuta informativa del paziente sui rischi di eventuali dimensioni od entità del suo equipaggiamento non idonee a fronteggiare particolari situazioni patologiche o devianti dalla norma”)

La responsabilità della struttura privata

D’altro canto: “ove un istituto autorizzi un chirurgo od un medico ad operare al suo interno, mettendogli a disposizione le sue attrezzature e la sua organizzazione, e con essa cooperi … viene ad assumere contrattualmente, rispetto al paziente, la posizione e le responsabilità tipiche dell’impresa erogatrice del complesso delle prestazioni sanitarie, ivi inclusa l’attività del chirurgo“ (Cass. 28.08.2009 n. 18805. Intervento di liposuzione su paziente portato dal medico di fiducia in clinica. Errore compiuto dal solo medico)

La responsabilità della struttura privata

Il medico: “non avrebbe potuto operare se non nell’ambito dell’organizzazione ospedaliera ed, accettandone l’attività, la casa di cura ne ha assunto le conseguenti responsabilità. Non si può certo ammettere che un ente ospedaliero dia accesso a chiunque si presenti, senza averne previamente verificati i titoli di abilitazione, la serietà, la competenza e affidabilità, anche in relazione alle esperienze pregresse, per poi trasferire sui pazienti gli effetti dannosi dell’eventuale imperizia dell’operatore, adducendo a motivo di averlo solo temporaneamente ospitato (peraltro non a titolo gratuito e traendone quindi un utile dall’attività di impresa per cui non può poi sottrarsi ai relativi rischi)“ (Cass. 28.08.2009 n. 18805)

La responsabilità della struttura privata

Per la giurisprudenza di merito si segnala la condanna di una casa di cura privata milanese perchè: “accertata quindi la responsabilità del professionista nell’esecuzione della prestazione professionale, consegue la responsabilità della struttura sanitaria che di detto professionista si è avvalsa, poiché la sua notorietà in ambito professionale e validità in campo scientifico costituiscono elementi di incremento della capacità di affermazione della struttura sul mercato” (Trib. Milano Sez. 5^ 21.12.2011 n. 15395, Dott.ssa Apostoliti)

La responsabilità della struttura privata

Se quindi l’utilizzo di un professionista piuttosto che di un altro costituiscono elementi rilevanti per l’impresa commerciale, al fine di rendere il servizio e di implementare la propria notorietà e gradimento tra gli utenti, appare consequenziale che la stessa struttura debba rispondere dell’operato di tali ausiliari laddove questo non sia stato idoneo a realizzare un pieno adempimento delle obbligazioni contrattuali assunte (Trib. Milano Sez. 5^ 21.12.2011 n. 15395, Dott.ssa Apostoliti)

CASSAZIONE 26.06.2012 N. 10616

Paziente sottoposto ad intervento chirurgico presso casa di

cura per correzione di deviazione del setto nasale da parte di medico libero professionista.

Durante l’operazione, a causa del malfunzionamento del bisturi elettrico, il cui elettrodo era stato applicato sulla gamba destra, il paziente riporta ustioni di terzo grado.

Il Tribunale e la Corte condannano la casa di cura al risarcimento ma non il medico libero professionista.

CASSAZIONE 26.06.2012 N. 10616

Sentenza cassata in quanto anche il medico deve considerarsi

responsabile su queste basi.

CASSAZIONE 26.06.2012 N. 10616 In via di principio, pur quando manchi un rapporto di

subordinazione o di collaborazione tra clinica e chirurgo, sussiste comunque un collegamento tra i due contratti stipulati, l'uno tra il medico ed il paziente, e l'altro, tra il paziente e la Casa di cura, contratti aventi ad oggetto, il primo, prestazioni di natura professionale medica, comportanti l'obbligo di abile e diligente espletamento della prestazione chirurgica e/o terapeutica (e, a volte, anche di raggiungimento di un determinato risultato) e, il secondo, prestazione di servizi accessori di natura alberghiera, di natura infermieristica ovvero aventi ad oggetto la concessione in godimento di macchinari sanitari, di attrezzi e di strutture edilizie specificamente destinate allo svolgimento di attività terapeutiche e/o chirurgiche.

CASSAZIONE 26.06.2012 N. 10616 Siffatto collegamento, per così dire ontologico, che dal

piano fattuale assume inevitabilmente rilevanza su quello giuridico, può discendere da eventi contingenti ovvero anche dalla determinazione volitiva delle parti. È sufficiente al riguardo considerare che, di norma, l'individuazione della Casa di cura dove il medico eseguirà la prestazione promessa costituisce parte fondamentale del contenuto del contratto stipulato tra il paziente ed il professionista, nel senso che ciascun medico opera esclusivamente presso determinate cliniche e che, a sua volta, ciascuna Casa di cura accetta solo i pazienti curati da determinati medici (confr. Cass. civ. 14 giugno 2007, n. 13953).

CASSAZIONE 26.06.2012 N. 10616

Ciò comporta che deve ritenersi consustanziale al dovere di

diligente espletamento della prestazione l'obbligo del medico di accertarsi preventivamente che la Casa di cura dove si appresta ad operare sia pienamente idonea, sotto ogni profilo, ad offrire tutto ciò che serve per il sicuro e ottimale espletamento della propria attività; così come, reciprocamente, la Casa di cura è obbligata a vigilare che chi si avvale della sua organizzazione sia abilitato all'esercizio della professione medica in generale e, in particolare, al compimento della specifica prestazione di volta in volta richiesta nel caso concreto.

CASSAZIONE 26.06.2012 N. 10616 Se è vero che la natura pacificamente contrattuale del rapporto

che si instaura tra paziente, da un lato, e casa di cura privata o ente ospedaliero, dall'altro (confr. Cass. civ., sez. un. 1 luglio 2002, n. 9556; Cass. n. 14 giugno 2007, n. 13953), comporta che la struttura risponde, ex art. 1218 cod. civ., non solo dell'inadempimento delle obbligazioni su di essa tout court incombenti, ma, ai sensi dell'art. 1228 cod. civ., anche dell'inadempimento della prestazione medico-professionale svolta dal sanitario, quale ausiliario necessario dell'organizzazione aziendale, e ciò pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato con lo stesso; il medico, a sua volta, in virtù della medesima norma, quale debitore della prestazione chirurgica e/o terapeutica promessa, è responsabile dell'operato dei terzi della cui attività si avvale.

CASSAZIONE 26.06.2012 N. 10616

Ne deriva che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di merito, il quale, dopo aver riconosciuto la sussistenza di un generale obbligo del medico di controllare gli strumenti utilizzati, ha poi contraddittoriamente ritenuto inesigibile la previa verifica tecnica dell'apparecchiatura necessaria all'esecuzione dell'intervento, il chirurgo operatore ha un dovere di controllo specifico del buon funzionamento della stessa, al fine di scongiurare possibili e non del tutto imprevedibili, eventi che possano intervenire nel corso dell'operazione (confr. Cass. civ. n. 13953 del 2007, cit.).

RIVALSE E REGRESSI

AZIONE DI RIVALSA

Rivalsa della Struttura pubblica contro medici dipendenti. La Pubblica Amministrazione, ha diritto di agire in rivalsa, ex art. 22 del D.P.R. 10.1.1957, n.3 nei confronti del medico dipendente pubblico che abbia cagionato danni a terzi nell’esercizio della propria attività medica. Questa azione di rivalsa, peraltro, è stata limitata ai soli casi in cui il danno sia stato provocato dal dipendente con dolo o colpa grave da intendersi quale “sprezzante trascuratezza, straordinaria ed inescusabile negligenza o imprudenza, grossolana superficialità, particolare noncuranza” (problemi assicurativi: vedi art. 21 CCNL 03.11.2005).

AZIONE DI RIVALSA

Nell’ipotesi in cui il danno sia stato provocato da colpa lieve, invece, la Pubblica Amministrazione non potrà esercitare alcuna rivalsa. L’azione di rivalsa della p.a., inoltre, è demandata alla giurisdizione esclusiva della Corte dei conti (vedi art. 103, Costituzione, art. 83, R.D., 18.11.1923, n. 2440 e art. 52, T.U. 12.7.1934, n. 1214).

AZIONE DI RIVALSA

Rivalsa struttura privata verso i medici dipendenti incontra i limiti dettati dal contratto collettivo (vedi art. 25 del C.C.N.L. del 19.01.2005: dolo e colpa grave) Rivalsa (o meglio regresso) della struttura privata verso medici liberi professionisti Nessun limite di dolo o colpa grave

AZIONE DI RIVALSA

Rivalsa (o meglio regresso) della struttura privata verso medici liberi professionisti Nessun limite di dolo o colpa grave La struttura sanitaria può esercitare l’azione di regresso, sia in tutto che in parte, nei confronti del medico, atteso che quest’ultimo assume la veste di ausiliario di cui si è avvalso il debitore nell’adempimento dell’obbligazione, ex art. 1228 c.c.” (Tribunale di Milano, Dott. Spera, 24.6.2010 n. 8333)

AZIONE DI RIVALSA

“In questa ipotesi, infatti, è possibile la prova che il danno subito dal paziente sia esclusivamente imputabile al medico e tuttavia la struttura sarà chiamata a risponderne nei confronti del paziente, ex artt. 1218 e 1228 c.c.. Pertanto in caso di accertata responsabilità esclusiva del medico, la struttura sanitaria potrà proporre l’azione di regresso per l’intera somma versata al danneggiato (richiamati artt. 1292 e 2055 c.c.”) (Tribunale di Milano, Dott. Spera, 24.6.2010 n. 8333; in senso conforme Trib. Milano 23.02.2005 n. 5908 e Trib. Milano 02.08.2011, Dott.ssa Brena n. 10288)

AZIONE DI RIVALSA

Sull’accoglimento della domanda di regresso avanzata dalla struttura nei confronti del medico per l’intera somma dovuta al paziente danneggiato, si segnalano di recente Trib. Milano Sez. V^ Dott. Borrelli, 17.05.2011 N. 6573 (domanda di manleva svolta da struttura privata convenzionata nei confronti di medico legato da contratto di collaborazione di lavoro autonomo) e Trib. Milano Sez. V^ Dott.ssa Apostoliti 21.12.2011 N. 15395 (domanda di manleva svolta da casa di cura privata nei confronti di libero professionista)

AZIONE DI RIVALSA

Per quanto concerne la surroga nel campo della responsabilità civile in ambito medico: “si deve convenire sulla fondatezza del principio secondo il quale nel caso in cui un medico, nell’esercizio della propria professione arrechi un danno al paziente, tali danni possono essere indennizzati da un assicuratore privato: a) se il medico danneggiante è coperto da polizza assicurativa valida ed efficace della propria responsabilità civile; (C. App. Milano 09.06.2011 n. 1670)

AZIONE DI RIVALSA

b) se dell’operato del medico debba rispondere (ex artt. 1228 e 2049 c.c) una struttura pubblica o privata coperta da polizza assicurativa della propria responsabilità civile. In questo caso l’assicuratore che ha pagato il danneggiato si surroga ex art. 1916 c.c. nei diritti di quest’ultimo verso il medico danneggiante ” (C. App. Milano 09.06.2011 n. 1670)

AZIONE DI RIVALSA

Nel caso in cui il medico: “pur operando nell’esercizio della propria attività libero-professionale, abbia agito in concorso con altri medici o oppure abbia operato nell’ambito di una struttura organizzata da terzi (ad esempio casa di cura privata) si avrà che: nel primo caso, il danneggiato potrà pretendere l’intero risarcimento, ex art. 2055 c.c., da uno qualsiasi dei corresponsabili ed il condebitore escusso avrà poi azione di regresso nei confronti dell’altro condebitore; nel caso in cui il corresponsabile escusso sia coperto da un’assicurazione della r.c., l’assicuratore che ha indennizzato il danneggiato si surroga nel diritto di regresso verso l’altro corresponsabile, ex artt. 1299 e 1916 c.c.” (C. App. Milano 09.06.2011 n. 1670)

AZIONE DI RIVALSA

Da ciò ne consegue che: “il medico libero professionista che presta la sua attività presso una struttura sanitaria, può trovarsi esposto a due azioni: una, di regresso, da parte del coobbligato che abbia risarcito il danno per l’intero; l’altra, di surrogazione, da parte dell’assicuratore della responsabilità civile di uno dei corresponsabili, che abbia risarcito il danneggiato” (C. App. Milano 09.06.2011 n. 1670)