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La responsabilità amministrativa degli Enti ex D.Lgs. 8 giugno, 2001 – n°231

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La responsabilità amministrativa degli Enti

ex D.Lgs. 8 giugno, 2001 – n°231

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Indice degli argomenti

Contesto di riferimento

Fonti normative

Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto

Sanzioni previste

Interventi da adottare

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Contesto di riferimento

Il crescente fenomeno dei cosiddetti “white collar crimes” (reati dei colletti bianchi, vale a dire di criminalitàeconomica), registrato fin dagli anni 70, ha reso pressante per l’Unione Europea l’esigenza di introdurre un efficacesistema di contrasto dell’attività criminale, non di matrice individuale, ma riferibile agli Enti intesi come personegiuridiche, società e associazioni anche prive di personalità giuridica.

Al finire degli anni ’90 rispondere a tale esigenza è divenuto indispensabile vista la gravità e la frequenza degliscandali imprenditoriali internazionali quali quelli di Enron, Worldcom, Vivendi, e quelli italiani di Cirio, Parmalated altri.

Il fenomeno considerato ha riguardato non solo le imprese intrinsecamente illecite, cioè operanti per ilperseguimento di un fine criminale, ma anche gli enti mossi da fine in sè leciti, ma perseguiti con policies aziendaliaperte a pratiche illecite quali la corruzione, la truffa finanziaria, di lesione di interessi patrimoniali pubblici, etc.

Ciò ha indotto il legislatore comunitario a sollecitare i singoli legislatori nazionali ad assumere strumenti legislativicapaci di perseguire direttamente le persone giuridiche ritenute responsabili di reati economici.

Su tali premesse interviene a livello nazionale la Legge Delega n. 300/2000, che configura storicamente un punto dipartenza in quanto per la prima volta il legislatore italiano è chiamato a disciplinare la responsabilità amministrativadegli Enti collettivi per gli illeciti dipendenti da reato.

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Contesto di riferimento

Ciò ha costituito un’importante novità per il nostro ordinamento giuridico, che, più di altri, ha sempre manifestatouna forte resistenza all’accoglimento del principio della responsabilità penale degli enti, trovando un ostacoloinsormontabile nel principio “societas delinquere non potest” codificato nell’art. 27 della Costituzione.

Per dare applicazione al mandato della Legge Delega 300/2000, è stato emanato il D. Lgs. 231/2001, che istituisce laresponsabilità amministrativa dell’Ente per i reati posti in essere dai suoi amministratori, dirigenti o dipendentinell’interesse e/o a vantaggio dell’Ente stesso.

Il legislatore italiano, tra le possibili opzioni normative - quali la proclamazione di una vera e propria responsabilitàpenale degli enti (prevista ad esempio in Belgio, Francia, Olanda, Irlanda, Canada, altri) o in alternativa laconfigurazione di una responsabilità non penale, sebbene connessa all’illecito penale - ha scelto di introdurre quelloche nella relazione governativa accompagnatoria del D.Lgs 231 viene definito un “tertium genus” di responsabilità:non di natura solo amministrativa poiché presuppone la commissione di un vero e proprio reato (illecito penale) eneppure di natura penale, poiché la sanzione comminabile all’ente, seppur tipicamente punitiva, è priva dellafunzione rieducativa che è propria della pena.

La scelta normativa italiana, secondo alcuni commentatori, è stata quella di contemperare i tratti essenziali delsistema amministrativo e di quello penale, cercando di recepire ed adattare ai sistemi di matrice codicistical’esperienza anglosassone dei Compliance Programs nord americani.

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Contesto di riferimento

Il decreto legislativo 231/01 persegue l’intento di sensibilizzare gli stessi operatori economici sui fenomeni dellacriminalità d’impresa, coinvolgendoli nell’azione di contrasto dei reati e rompendo quella relazione di “estraneità” invirtù della quale il reato di natura economica veniva percepito come un evento episodico ed individuale del qualel’ente poteva disinteressarsi.

All’ente viene quindi demandata una funzione di “garanzia”, volta ad adottare ogni misura idonea alla prevenzionedei crimini economici, nel contesto di un esercizio dell’impresa conforme alla legge e rispondente a principi etici.

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Fonti normative

Il regime della responsabilità amministrativa degli Enti, è stato introdotto nell’ordinamento italiano dal Decreto231/2001 e successivamente integrato da:

Legge 409/2001 “Disposizioni urgenti in vista dell’introduzione dell’euro” che ha introdotto nel DecretoLgs. 231, l’articolo 25bis: ”Falsità in monete, carte di pubblico credito e in valori di bollo”.

Legge 366/2001 (Legge delega per la riforma del diritto societario), che ha esteso il regime diresponsabilità amministrativa degli Enti, anche nei confronti dei c.d. reati societari, (ex D.Lgs.61/2002)(quali ad esempio: false comunicazioni sociali, falso in prospetto, falsità nelle relazioni o nellecomunicazioni della società di revisione, impedito controllo, indebita restituzione dei conferimenti,illegale ripartizione degli utili e delle riserve, illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della societàcontrollante, formazione fittizia del capitali, aggiotaggio, ostacolo all’esercizio delle funzioni delleautorità pubbliche di vigilanza).

Legge Finanziaria 2005 (Legge n. 311 del 30/12/2004) che ha imposto l'adozione obbligatoria deiModelli con misure organizzative e di funzionamento idonee a prevenire il rischio del compimento diilleciti nel loro interesse o a loro vantaggio, per gli enti e le società che fruiscono di finanziamenti acarico di bilanci pubblici o dell’Unione europea (anche sotto forma di esenzioni, incentivi o agevolazionifiscali) in materia di avviamento, aggiornamento e formazione professionale, utilizzazione di lavoratori,sgravi contributivi per personale addetto all’attività produttiva. Tali Modelli devono essere verificati edapprovati dall’ISFOL (Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori)

Nota: il Ministro di Giustizia ha inoltre emanato il Decreto n. 201/2003 “Regolamento recante disposizioni regolamentari

relative al procedimento di accertamento dell'illecito amministrativo delle persone giuridiche, delle società e delleassociazioni anche prive di personalità giuridica, ai sensi dell'art. 85 del D.Lgs 231/2001.

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Prima del D. Lgs. 231/2001

NON VI ERA:

Sistema normativo che prevedesse conseguenze sanzionatorie dirette nei confronti di entiper REATI posti in essere a vantaggio di questi ultimi da amministratori, dirigenti odipendenti

VI ERA SOLO:

Obbligo per l’ente di farsi carico del pagamento di multe e ammende (ex Artt. 196 e 197Codice Penale):

inflitte personalmente al rappresentante legale e all’amministratore;

in caso di insolvenza dei soggetti che hanno compiuto il reato.

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Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto

Il regime della responsabilità amministrativa degli Enti, introdotto dal D. Lgs 231/01, presenta leseguenti caratteristiche:

Destinatari: Enti forniti di personalità giuridica, società fornite di personalità giuridica eassociazioni anche prive di personalità giuridica.

Soggetti esclusi: Stato, Enti pubblici territoriali ed Enti con funzioni di rilievo costituzionale

Quando: per reati commessi nel loro interesse o a loro vantaggio (è esclusa la responsabilitàdell’ente qualora la persona fisica abbia commesso il reato per esclusivo vantaggio proprio o di terzi)

Reati commessi da:

• Art. 5 Lettera A - soggetti che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione odirezione dell’Ente stesso o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e

funzionale o che ne esercitano, anche di fatto, la gestione ed il controllo;

• Art. 5 Lettera B - persone sottoposte alla direzione o vigilanza di uno dei soggetti di cui allalettera A

Casi di esonero: adozione da parte degli Enti di modelli organizzativi idonei a prevenire ilcompimento dei reati.

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Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto (segue)

Il D. Lgs 231/01 istituisce quindi la responsabilità amministrativa dell’ente per

reati posti in essere da amministratori, dirigenti e/o dipendenti nell’interesse o a

vantaggio dell’ente stesso.

Natura della responsabilità dell’Ente (discussa dai giuristi):

A. Responsabilità amministrativa

B. Responsabilità penale

C. Terzo genere di responsabilità che coniuga i tratti essenziali del sistemapenale con quelli del sistema amministrativo

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Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto (segue)

CIO’ CHE RILEVA E’ CHE:

1. Il D. Lgs 231/01 introduce la responsabilità in sede penale dell’Ente che va adaggiungersi a quella della personalità fisica

2. La responsabilità coinvolge il patrimonio dell’ente e, indirettamente, gliinteressi economici dei soci

3. Superamento del principio “societas delinquere non potest” ex Art. 27Costituzione

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Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto (segue)

Le ipotesi di reato per le quali si configura la responsabilità amministrativa dell’Ente sono:

malversazione a danno dello Stato (art.316-bis c.p.);

indebita percezione di erogazioni pubbliche (art.316-ter c.p.);

truffa in danno dello Stato o di altro Ente pubblico (art. 640 co.2, c.p.);

truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.);

frode informatica in danno dello Stato o di altro ente pubblico (art. 640-ter c.p.);

concussione (art.317 c.p.);

corruzione per atto pubblico (art. 318 c.p.);

corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio (art. 319 c.p.);

corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.);

corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320 c.p.);

istigazione alla corruzione (art.322 c.p.);

peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione degli Organi delle ComunitàEuropee e di funzionari delle Comunità Europee e di Stati membri;

falsità in monete, in carte di pubblico credito e valori bollati (art. 25-bis D.Lgs231/2001).

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Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto (segue)

I reati societari normati dall’art.25-ter del Decreto, introdotti in seguito al D.Lgs. 61/2002:

false comunicazioni sociali;

falso in prospetto;

falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni della società di revisione;

impedito controllo;

formazione fittizia del capitali, indebita restituzione dei conferimenti, illegale ripartizionedegli utili e delle riserve, operazioni in pregiudizio dei creditori, indebita ripartizione deibeni sociali da parte dei liquidatori;

illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante;

illecita influenza sull’assemblea;

aggiotaggio;

ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza.

Nota: Il D. Lgs. 366/02 dimostra che le elencazioni dei reati per le quali si configura la responsabilitàamministrativa dell’Ente sono ragionevolmente destinati all’ampliamento

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Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto (segue)

DIFFERENZE TRA IL SISTEMA NORD-AMERICANO E QUELLO PREVISTO DAL D.LGS231/01

Alcune disposizioni previste dal D. Lgs 231/01 derivano dal sistema anglosassone, in particolare daquello nordamericano dei cosiddetti “Compliance Company Programs”, modelli organizzativi idoneia conformare alla legge i comportamenti dei singoli, nonché ad implementare validi strumenti dicontrollo interno, capaci di assicurare la correttezza e l’eticità dell’esercizio dell’impresa.

Esiste però una differenza essenziale tra i due sistemi.

Compliance Programs nordamericani: l’adozione dei Compliance Programs, se debitamenteadottati ed attuati, consentono alla company di ottenere una riduzione della sanzione comminabile.

Modelli di organizzazione e gestione previsti dal D.Lgs 231: l’adozione del Modello, nel caso incui il giudice penale accerti ex post la sua congruità, può dar luogo alla concessione del beneficiodell’esimente in toto da responsabilità dell’ente, quand’anche sia stato realizzato un reato dellafattispecie di quelli citati nel D.Lgs 231.

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Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto (segue)

IPOTESI DI ESCLUSIONE DELLA RESPONSABILITA’ DELL’ENTE

E’ previsto un regime di responsabilità con l’inversione dell’onere della prova

Art. 6, se il reato è commesso da soggetti in posizione APICALE (Art. 5, Lettera A) è necessario che

l’Ente provi che:

1. Sono stati comunque adottati modelli organizzativi, di gestione e di controllo idonei a prevenire

reati della specie poi verificatasi.

2. E’ stato istituito un organismo di controllo interno e autonomo, dotato di poteri di vigilanza.

3. I vertici hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i protocolli preventivi,

4. Non ci sono state omissioni o negligenze nell’operato dell’organismo di controllo.

Art. 7, se il reato è stato commesso da un dipendente, NO alla prova della elusione fraudolente dei

protocolli preventivi, SI alle altre prove.

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Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto (segue)

E’ QUINDI NECESSARIO (MA NON OBBLIGATORIO) PER L’ENTE DOTARSI DI:

A. Un modello di organizzazione, gestione e controllo caratterizzato da criteri diefficienza, praticabilità e funzionalità ragionevolmente in grado di limitare leprobabilità di commissione di reati ricompresi nell’area di rischio legata all’attivitàdell’impresa.

B. Un organismo interno all’ente che che abbia compiti di iniziativa e di controllo sullaefficacia del modello e che sia dotato di piena autonomia nell’esercizio dellasupervisione e del potere disciplinare

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Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto (segue)

L’art. 6 del Dlgs 231 prevede che: “i modelli di organizzazione e controllo possono essere adottati (…)

sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti e

comunicati al Ministero della Giustizia…”.

A tale scopo nel marzo 2002 sono state emanate le “linee guida per la costruzione dei modelli di

organizzazione gestione e controllo ex D.lgs 231/01”

Le principali associazioni di categoria si sono attivate a tal fine.

In particolare, Confindustria, in data 18 maggio 2004 ha inviato al suddetto Ministero la nuova

versione delle proprie linee guida finalizzate alla costituzione di un valido sistema di controllo

preventivo.

Anche l’ABI (Associazione Bancaria Italiana) ha provveduto a emanare, nel mese di febbraio 2004,

la nuova versione delle proprie linee guida per l’adozione di modelli organizzativi sulla responsabilità

amministrativa delle banche per illeciti dipendenti da reato, già approvate dal Ministero della

Giustizia.

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Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto (segue)

Caratteristiche del modello:

individuazione delle attività nel cui ambito possono essere commessi i reati;

previsione di specifici protocolli diretti a programmare la formazione el’attuazione delle decisioni dell’Ente in relazione ai reati da prevenire;

individuazione di modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee a impedireil compimento dei reati;

previsione di obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato avigilare sul funzionamento e sull’osservanza dei modelli;

introduzione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispettodelle misure indicate nel modello.

Sotto la responsabilità di: uno specifico organismo dell’Ente, dotato di autonomi poteridi iniziativa e di controllo, responsabile della Vigilanza sul funzionamento del modellostesso.

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Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto (segue)

In ogni caso spetta al giudice penale la valutazione in merito alla rispondenza deicodici comportamentali adottati dall’Ente ai parametri elencati nell’art. 6 comma 2del D.Lgs 231.

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Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto (segue)

VICENDE MODIFICATIVE DELL’ENTE

TRASFORMAZIONE

Resta ferma la responsabilità della società trasformata (già corollario dell’art.2498, IIIcomma, c.c.)

FUSIONE

La responsabilità si trasferisce in capo alla società risultante dalla fusione (già corollariodell’art. 2504 bis c.c.)

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Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto (segue)

VICENDE MODIFICATIVE DELL’ENTE

SCISSIONE

In caso di scissione parziale, la società scissa rimane responsabile per i reati commessianteriormente alla data in cui la scissione ha avuto effetto.

Tanto in caso di scissione parziale che totale, gli enti saranno responsabili in solido neilimiti del patrimonio netto ad essi trasferito

NOTA BENE

L’ente beneficiario al quale sia stato trasferito il ramo d’azienda nel quale è commesso ilreato:

- sarà responsabile oltre i limiti altrimenti previsti;

- sarà responsabile anche per i reati commessi anteriormente alla data in cui la scissione haavuto effetto.

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Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto (segue)

VICENDE MODIFICATIVE DELL’ENTE

CESSIONE E CONFERIMENTO D’AZIENDA

Solidarietà del cessionario per il pagamento della sanzione pecuniaria.

A condizione che:

il debito (la sanzione) risulti dai libri contabili obbligatori;

il cessionario, in alternativa, sia comunque a conoscenza degli illeciti commessi inprecedenza.

Salvo:

il beneficio della preventiva escussione del cedente;

nei limiti del valore dell’azienda ceduta

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Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto (segue)

PROCEDIMENTO DI ACCERTAMENTO E DI APPLICAZIONE DELLESANZIONI AMMINISTRATIVE

ART. 34

- Nell’accertamento delle responsabilità delle imprese si seguono le regole del processopenale.

- All’ente si applicano le disposizioni processuali relative all’imputato.

ART. 55- Annotazione del P.M. nel registro delle notizie di reato

ART. 58

- Invio di una eventuale informazione di garanzia all’ente;

- L’ente ha il diritto di partecipare al procedimento penale;

- Possibilità di applicazione di misure cautelari interdittive

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Sanzioni previste

Le sanzioni previste dalla legge a carico della società in conseguenza della commissione otentata commissione degli specifici reati sopra menzionati consistono in:

sanzione pecuniaria fino ad un massimo di Euro 1.549.370 (e sequestro conservativo insede cautelare);

sanzioni interdittive (applicabili anche come misura cautelare) di durata non inferiorea tre mesi e non superiore a due anni.

confisca del profitto che la società ha tratto dal reato (sequestro conservativo, in sedecautelare);

pubblicazione della sentenza di condanna (che può essere disposta in caso diapplicazione di una sanzione interdittiva).

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Sanzioni previste

SANZIONI PECUNIARIE

Minimo edittale Massimo

€25.822,84 €1.549.370,69

Introduzione di un sistema commisurativo per quote

FASE 1Numero quote in base aindici di gravitàdell’illecito

FASE 2Valore monetario quotein base alle condizionieconomiche delle’ente

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Sanzioni previste

SANZIONI PECUNIARIE- Previsione di ipotesi di riduzione della sanzione (Art. 12)

1. La sanzione pecuniaria è ridotta della metà se:a) l'autore del reato ha commesso il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi e

l'ente non ne ha ricavato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo;b) il danno patrimoniale cagionato è di particolare tenuità.

2. La sanzione è ridotta da un terzo alla metà se, prima della dichiarazione di apertura deldibattimento di primo grado:

a) l'ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose opericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso;

b) è stato adottato e reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenirereati della specie di quello verificatosi.

3. Nel caso in cui concorrono entrambe le condizioni previste dalle lettere del precedentecomma, la sanzione è ridotta dalla metà ai due terzi.

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Sanzioni previste

SANZIONI INTERDITTIVE

Le sanzioni interdittive si applicano in relazione ai reati per i quali sono espressamentepreviste, quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni:

a) l'ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità e il reato è stato commesso dasoggetti in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti all'altrui direzione quando, inquesto caso, la commissione del reato è stata determinata o agevolata da gravi carenzeorganizzative;

b) in caso di reiterazione degli illeciti.

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Sanzioni previste

SANZIONI INTERDITTIVE- CONDIZIONI (ART. 13)

Le sanzioni interdittive (applicabili anche come misura cautelare) di durata non inferiorea tre mesi e non superiore a due anni, possono consistere in:

interdizione dall’esercizio dell’attività;

sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali allacommissione dell’illecito;

divieto di contrarre con la pubblica amministrazione;

esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi ed eventualerevoca di quelli concessi;

divieto di pubblicizzare beni o servizi.

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Sanzioni previste

SANZIONI INTERDITTIVE- PRECLUSIONI (ART. 17)

Ferma l'applicazione delle sanzioni pecuniarie, le sanzioni interdittive non si applicanoquando, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, concorronole seguenti condizioni:a) l'ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o

pericolose del reato, ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso;b) l'ente ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante

l'adozione e l'attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie diquello verificatosi;

c) l'ente ha messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca.

Le sanzioni interdittive non si applicano inoltre nei casi previsti dall’art 12 al primo comma,vale a dire se l'autore del reato ha commesso il fatto nel prevalente interesse proprio o di

terzi e l'ente non ne ha ricavato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo o se ildanno patrimoniale cagionato è di particolare tenuità.

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Gli interventi da adottare

L’attività d’elaborazione ed implementazione di un Modello e gli interventi da porre in essereper realizzare fattivamente l’azione penal-preventiva prevista dal D. Lgs 231/01 può esserecosì sintetizzata:

1. Definizione dei principi etici: elaborazione/aggiornamento e condivisione di un Codice Etico

2. PROCESS ASSESSMENT: Check up aziendale e ricognizione di “chi fa cosa”

3. RISK ASSESSMENT: Identificazione delle realtà aziendali a rischio-reato

4. RISK MANAGEMENT: Analisi del sistema di auditing, se esistente, elaborazione deiprotocolli comportamentali e valutazione dei rischi residui accettabili

5. Adozione/revisione del sistema disciplinare conforme allo Statuto dei lavoratori e al CCNLapplicabile. Condivisione con Organizzazioni Sindacali

6. Individuazione, nomina ed attivazione di un organismo di vigilanza dell’ente, autonomo edindipendente

7. Adozione formale e condivisione (interna ed esterna) del modello, informazione e formazionedei destinatari, ottimizzazione ed aggiornamento continuo del modello

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Gli interventi da adottare

LA FUNZIONE DEL MODELLOIl Modello intende configurare un sistema strutturato ed organico di procedure ed attività di controllo, exante ed ex post, volto a prevenire ed a ridurre il rischio di commissione dei reati contemplati dal Decreto.

In particolare, l’individuazione delle attività esposte al rischio di reato e la loro proceduralizzazione in unefficace sistema di controlli, si propone di:

rendere tutti coloro che operano in nome e per conto dell’Ente pienamente consapevoli dei rischi di poterincorrere, in caso di violazioni delle disposizioni ivi riportate, in un illecito passibile di sanzioni, su piano

penale e amministrativo, non solo nei propri confronti ma anche nei confronti dell’azienda;

ribadire che tali forme di comportamento illecito sono fortemente condannate dall’Ente in quanto (anchenel caso in cui la società fosse apparentemente in condizione di trarne vantaggio) sono comunque contrarie,

oltre che alle disposizioni di legge, anche ai principi etico-sociali cui l’Ente intende attenersinell’espletamento della propria missione aziendale;

consentire alla società, grazie a un’azione di monitoraggio sulle aree di attività a rischio, di interveniretempestivamente per prevenire o contrastare la commissione dei reati stessi.

Tra le finalità del Modello vi è, quindi, quella di radicare nei Dipendenti, Organi Sociali, Collaboratoriesterni e Partner che operano per conto o nell’interesse dell’Ente nell’ambito delle aree di attività a rischio, ilrispetto dei ruoli, delle modalità operative, dei protocolli e, in altre parole, del modello organizzativoadottato e la consapevolezza del valore sociale di tale Modello al fine di prevenire i reati.

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Gli interventi da adottare

L’ORGANISMO DI VIGILANZA- Principali caratteristiche

Autonomia:

L’OdV deve essere dotato di “autonomi poteri di iniziativa e di controllo”, deve rimanereestraneo ad ogni forma d’interferenza e pressione da parte del management non coinvoltoin alcun modo nell’esercizio di attività operative, né partecipe di decisioni gestorie; deveinoltre poter autodeterminare le proprie regole comportamentali o procedurali e gestire inproprio un congruo budget di risorse (preventivamente deliberato dalla società.

Indipendenza:

Requisito non espressamente citato nel D. Lgs 231 ma condizione necessaria di nonsoggezione ad alcun legame di sudditanza nei confronti della società e del suomanagement. Nella Relazione accompagnatoria al Decreto è disposto che l’OdV debbaessere “interno” alla società (per evitare di utilizzare organismi compiacenti e per fondareuna vera e propria colpa dell’ente) e specificamente preposto a questi compiti. L’OdVdeve quindi essere un organo terzo, collocato al vertice della linea di comando, le cuiscelte adottate non sono sindacabili

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Gli interventi da adottare

L’ORGANISMO DI VIGILANZA- Principali caratteristiche

Professionalità ed onorabilità:

L’OdV deve essere professionalmente capace ed affidabile, dotato di competenze edesperienze multidisciplinari (di natura societaria, penale, procedurale, civile edamministrativa) e delle cognizioni tecniche necessarie ad assicurare un corretto ed efficaceesercizio delle funzioni che è chiamato ad esercitare. La composizione dell’OdV dipendeanche dal tipo di funzione che svolgerà:

- Se si utilizzerà come OdV un organo sociale/funzione sociale già esistente, basteràintegrare quello con competenze per testare sulla sussistenza e sufficienza dei requisiti giàrichiesti dalla legge e dallo statuto

- Se si costituisce un organismo ex novo è lo stesso Modello organizzativo (o il codiceetico) a determinare i requisiti soggettivi necessari

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Gli interventi da adottare

L’ORGANISMO DI VIGILANZA- Principali caratteristiche

Continuità d’azione:

L’OdV deve poter operare senza soluzione di continuità, vale a dire con un impegnoanche non esclusivo ma prevalente ed idoneo comunque ad assolvere con continuità,efficienza e presenza i diversi compiti ad esso affidati. Questo requisito è anche fattorediscriminante in sede di valutazione se utilizzare, o meno, un organo sociale/funzioneaziendale preesistente.

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Gli interventi da adottare

L’ORGANISMO DI VIGILANZA- Le principali funzioni

Attività di vigilanza e controllo:

Funzione primaria dell’OdV è quella di vigilare sull’attuazione e la corretta applicazionedel Modello adottato curandone l’aggiornamento e gli adattamenti necessari o utili.

In sostanza l’organismo deve verificare la coerenza tra i comportamenti aziendali concretied il modello predisposto, analizzandone la solidità e la funzionalità garantendonel’idonietà a prevenire fattispecie di rischio, anche di nuova insorgenza. Deve inoltrecontrollare periodicamente le singole aree valutate come “sensibili”, la correttaapplicazione dei protocolli e la regolare tenuta dei documenti in essi previsti.

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Gli interventi da adottare

L’ORGANISMO DI VIGILANZA- Le principali funzioni

Adattamento ed aggiornamento del Modello:

Concezione di adattamento continuo del Modello alle circostanze.

Alcuni esempi

- Adattamento per variazione dell’attività o della struttura dell’ente

- Adattamento in sede di intervento correttivo dopo aver rilevato un mal funzionamentodel Modello

- Aggiornamento legato ad integrazioni della normativa di riferimento (D.Lgs 231 omaterie correlate)

La competenza a deliberare le modifiche Modello spetta al massimo livello decisionaledell’ente, a cui l’OdV provvede a proporre le variazioni da apportare.

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Gli interventi da adottare

L’ORGANISMO DI VIGILANZA- Le principali funzioni

Informativa e coordinamento interorganico:

Per agevolare l’attività di controllo e di vigilanza dell’OdV devono essere attivati egarantiti flussi informativi bi-direzionali.

-L’OdV deve essere costantemente informato di quanto accade nell’azienda e di ogni altroaspetto, sia gestionale che operativo, di rilievo. (reporting interno, documentazione utile,note dell’organismo dirigente, comunicazioni esterne/interne connesse a qualsiasifattispecie di reato contemplato dal Modello, etc.)

-L’OdV dovrà a sua volta relazionarsi costantemente all’organo dirigente e agli organi dicontrollo per indirizzarne l’azione e sollecitarne reazioni, nell’ambito delle rispettivecompetenze

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Gli interventi da adottare

L’ORGANISMO DI VIGILANZA- I poteri necessari

Potere di autoregolamentazione:

Scelta delle modalità di autoconvocazione, di deliberazione, di comunicazione e rapportodiretto con ogni funzione aziendale, di acquisizione di informazioni e documentazione.

Potere ispettivo:

Alcuni esempi

-Verifiche obbligatorie su alcune operazioni/processi societari significativi, in primis lagestione finanziaria e le operazioni di tesoreria;

- coordinamento con il collegio sindacale, con il revisore contabile (o la società direvisione), il comitato di controllo interno se implementato presso la società quotata, inprossimità della redazione delle comunicazioni sociali e della redazione del progetto dibilancio.

- verifica e cura dell’interpretazione delle disposizioni del Codice etico ecomportamentale, del Modello e delle procedure aziendali previste in attuazione

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Gli interventi da adottare

L’ORGANISMO DI VIGILANZA- I poteri necessari

Potere sanzionatorio:

Attivazione di procedimenti disciplinari nei confronti di chi non abbia rispettato i modelliadottati.

In caso di segnalazione o denuncia di una infrazione, l’OdV deve effettuare le verifichedel caso dandone conto tempestivamente agli organi aziendali deputati.

In caso di accertamento della violazione l’OdV, sentito l’autore ed indipendentementedall’eventuale instaurazione di un giudizio penale, segnala prontamente ed ufficialmentel’evento all’organo amministrativo ed a quello di controllo, proponendo la misurasanzionatoria prevista dal sistema disciplinare vigente presso l’ente.