LA REPLICA DELLO STUDIOLO - · PDF fileLa Giarrettiera con il motto francese “Honi soit...

19
Associazione Maggio Eugubino LA REPLICA DELLO STUDIOLO DI FEDERICO DA MONTEFELTRO NEL PALAZZO DUCALE DI GUBBIO Testo e disegni di Vincenzo Ambrogi Fotografie Giampaolo Pauselli Traduzione testi latini Filippo Mario Stirati Traduzione inglese Anna Lisa Rossetto copyright © 2011 Vincenzo Ambrogi Tutti i diritti riservati

Transcript of LA REPLICA DELLO STUDIOLO - · PDF fileLa Giarrettiera con il motto francese “Honi soit...

Associazione Maggio Eugubino

LA REPLICA DELLO

STUDIOLO DI FEDERICO DA MONTEFELTRO

NEL PALAZZO DUCALE DI

GUBBIO

Testo e disegni di

Vincenzo Ambrogi Fotografie Giampaolo Pauselli

Traduzione testi latini Filippo Mario Stirati

Traduzione inglese Anna Lisa Rossetto

copyright © 2011 Vincenzo Ambrogi Tutti i diritti riservati

Nel Palazzo Ducale di Gubbio è stata ricostruita la replica della stanza dello Studiolo del Duca Federico. Questo capolavoro del Rinascimento italiano era stato smembrato in vari musei di New York, Londra e Berlino. Nel presente testo sono descritti i dettagli dell’operazione, le caratteristiche dell’opera e le soluzioni adottate per la realizzazione della copia.

Le ragioni di una replica

E’ lecito indirizzare una così grande quantità di denari per creare un falso? Non sarebbe stato meglio destinare risorse finanziarie così importanti per conservare beni preesistenti?Quali sono state le ragioni per creare un replica?

La particolarità dell’opera. Lo Studiolo è un arredo strutturale e dunque non può essere trasportato e ricollocato altrove né tanto meno smembrato. Il Palazzo Ducale sebbene ampiamente saccheggiato delle opere pittoriche, degli arredi lignei e lapidei, rimane intatto nella sua struttura, pronto ad accogliere nuovamente l’opera con vantaggi reciproci. Replicare lo Studiolo per accoglierlo nel contenitore originale ha la stessa dignità che esporre quello originale in un contenitore falso, come nel caso del Metropolitan.

La soluzione più logica. La realizzazione di una replica lignea rappresenta la soluzione più logica. Le pratiche di restituzione non solo sarebbero state troppo lunghe, ma praticamente improponibili visto che lo Studiolo risulta regolarmente venduto qualche mese prima del 1 giugno 1939, giorno in cui entrò in vigore la legge italiana sul vicolo dei beni culturali. Anche un prestito temporaneo sarebbe difficile da realizzare, vista la complessità dell’opera e la sua elevata deteriorabilità: tanto che al Metropolitan, dal 1939 a oggi, è quasi più il tempo in cui l’opera è stata in restauro che in esposizione.

La soluzione più efficace. La replica lignea, cioè il materiale originario dell’opera, è la soluzione che meglio restituisce l’idea dell’oggetto e quella che ha il carattere più definitivo. Una replica fotografica, ipotizzata nel 1996, sarebbe stata sicuramente più semplice, ma non avrebbe avuto la stessa resa e rapidamente si sarebbe deteriorata. Le nuove tecniche audiovisive con proiezione di immagini a grandezza naturale sulle pareti, avrebbero sicuramente restituito maggiore profondità all’immagine, ma non sarebbero state tecnicamente realizzabili vista l’esiguità dello spazio a disposizione.

La sua riproducibilità. Una volta in possesso delle immagini, lo Studiolo è un’opera non impossibile da replicabile. Gli artigiani eugubini del mobile d’epoca, tra i migliori “falsari” d’Italia, e che ancora conoscono le antiche tecniche dell’intarsio rinascimentale, sarebbero stati assolutamente in grado di realizzare una simile opera.

L’impatto sugli eugubini. Gubbio aveva interrotto ogni legame con questa magnifica opera - forse la perdita artistica più grave subita dalla città negli ultimi secoli - tanto che se ne era persa perfino la memoria: proprio quello che speravano gli “sciagurati” che nel 1874 avevano venduto il bene. Un suo ritorno, anche se come opera “clonata”, rappresenta un punto fermo nella storia di Gubbio, segno tangibile della rinascita culturale ed economica.

L’impatto sul movimento turistico. Contrariamente ad un restauro conservativo di un’opera già esistente, la replica dello Studiolo, eseguita “a regola d’arte” e reinserita nel nuovo polo museale del Palazzo Ducale, può essere considerata un’opera nuova che si aggiunge al patrimonio di opere d’arte in Italia. La diffusione e lo sfruttamento dell’immagine sono altre logiche conseguenze dell’operazione che potrà attrarre molti turisti anche dall’estero.

ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS

1

Lo Studiolo

Lo studiolo è la stanza più importante del palazzo di un principe del Rinascimento italiano, uno spazio segreto dove questi si ritira per studiare e pensare, ma fatto anche per stupire gli ospiti più importanti. E’ di solito piccolo e buio, ma ricco di decorazioni, rivestito di pannelli di legno ad illusione ottica e da tavole dipinte.

Questa stanza è considerata molto importante perché rappresenta il luogo perfetto, dove si incontrano il mondo reale e quello delle idee, divisione cara al pensiero neoplatonico, dominante nel Rinascimento. Gli oggetti raffigurati negli intarsi sono simboli che inducono alla riflessione e guidano lungo il cammino della conoscenza.

Visione prospettica dello Studiolo dall’alto.

Quello di Gubbio è, insieme a quello di Urbino, il più completo esemplare di studiolo italiano del quattrocento. Entrambi sono stati eseguiti per volontà del Duca Federico di Montefeltro (Gubbio 1422 – Ferrara 1482), principe delle armi, cultore delle scienze e mecenate delle arti.

L’opera venne realizzata tra il 1475 ed il 1482 dalla collaborazione di Francesco di Giorgio Martini, ideatore del progetto, con i fratelli Giuliano e Benedetto da Maiano, probabili disegnatori degli intarsi, realizzati poi da ebanisti locali, e con Giusto di Gand, esecutore delle tavole dipinte.

ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS

2

Lo Studiolo di Gubbio rimontato in una stanza appositamente ricreata al Metropolitan Museum of Art di New York.

L’aspetto della stanza dello Studiolo dal 1874 fino al 2009.

La Villa Lancellotti a Frascati. La freccia indica l’attico della villa dove fu accolto lo Studiolo dal 1874 al 1937.

ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS

La Perdita dello Studiolo

Le tavole dipinte che ornavano la parte superiore della stanza furono smontate nel 1673 e trasportate a Firenze, dove si trovava come granduchessa Vittoria, l’ultima erede Montefeltro. Da qui furono disperse in Europa.

Nel 1874, la parte lignea dello Studiolo fu smantellata e venduta per la somma di 6.000 lire. Questa era una cifra ragguardevole, basti pensare che nello stesso periodo il Comune di Gubbio acquistava il palazzo del Bargello per 4.000 lire. L'acquirente era il principe Filippo Massimo Lancellotti che con lo Studiolo voleva arredare l’attico della sua villa di Frascati.

Lo Studiolo rimase proprietà del principe per oltre cinquanta anni, quando, nel gennaio 1937, il curatore dei beni della famiglia Lancellotti lo vendette ad un mercante d’arte tedesco di origine ebraica che lavorava a Venezia, Adolph Loewi, per la somma di 150.000 lire. Con l’avvento delle leggi razziali e l’incombere della seconda guerra mondiale, Loewi non si sentì più al sicuro in Italia e partì per gli Stati Uniti nel febbraio 1938 dove pensava di poter collocare con maggiore profitto il pregiato, ma "scomodo" oggetto.

Lo Studiolo venne smontato un’altra

volta e partì per un lungo viaggio da Genova, per via mare fino a Marsiglia e poi verso gli Stati Uniti. Il 21 aprile 1939, dopo due mesi di traversata lo Studiolo venne sdoganato a New York. Loewi propose l’acquisto del bene al Metropolitan Museum di New York che ne entrò in possesso per la somma di 32.000 dollari: era il 30 novembre 1939.

3

Uno dei pannelli durante la lavorazione.

Lo scavo della matrice lignea con il coltello da spalla.

La ricollocazione dei pannelli nella stanza.

11 settembre 2009. Inaugurazione della replica. Il ministro della Cultura on. Sandro Bondi si complimenta con gli autori.

ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS

La Rinascita dello Studiolo

Dopo una gestazione di circa cinque anni, il Progetto per la rinascita dello Studiolo è stato formalmente proposto dall’Associazione Maggio Eugubino alla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia nel 2002.

Esso prevedeva l’esecuzione della replica dello Studiolo del Duca in base ad immagini provenienti dagli archivi nazionali e la sua ricollocazione nel Palazzo Ducale.

Il Progetto ha ottenuto il finanziamento iniziale per l’esecuzione di due dei tredici pannelli. Gli artigiani in grado di replicare lo Studiolo sono stati identificati nei maestri ebanisti eugubini Marcello e Vincenzo Minelli, che vantavano una grande esperienza nel restauro e riproduzione del mobile antico.

Secondo la tecnica originale, gli intarsi fatti di legni differenti (noce, pero, ciliegio, acero, pioppo, quercia, gelso e fusaggine) furono inseriti nei pannelli scavando la matrice di noce stagionata con il coltello da spalla. Questo utensile era tipicamente usato dagli ebansti del Rinascimentos per incidere in profondità i contorni di un disegno.

Nel dicembre 2003 sono stati presentati i primi due pannelli. Da allora in poi il Progetto ha ottenuto periodici finanziamenti con la realizzazione di tutti gli altri pannelli, dei soffitti e delle tavole dipinte.

Dal gennaio 2009, lo stesso mese in cui, nel 1874, lo Studiolo era uscito dal palazzo, sono iniziate le prove per il riallestimento, terminate nel mese di settembre.

Adesso Gubbio ha di nuovo il suo Studiolo.

4

I Pannelli intarsiati

Gli 11 grandi pannelli intarsiati ed i 2 più piccoli, che corrispondono al sopraporta ed al sottofinestra, rivestono la parte inferiore della stanza e ne rappresentano l’aspetto più caratteristico.

Gli intarsi di questi pannelli sono impostati su giochi di illusione visiva o trompe l’oeil, con falsi sedili, false scansie con sportelli semiaperti dentro le quali si intravedono in prospettiva, tra ombre e luci, falsi oggetti, i quali possiedono una particolare valenza simbolica.

I 13 pannelli sono distribuiti su quattro pareti e vengono solitamente identificati con numeri latini. Sono qui rappresentati per intero, intorno ad una mappa schematica della stanza.

La Parete della porta La Parete di fondo La Parete della finestra

La Parete lunga I II III

XI XII XIII IV V

VI VII VIII IX X

ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS

5

Il mazzocchio.

ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS

La Parete lunga

E’ costituita dai tre pannelli, che sono concepiti in maniera unitaria, con una unica panca su cui è appoggiato il mazzocchio, la ciambella sfaccettata a scacchi bianchi e neri, usata come supporto per copricapi di stoffa, che diventa simbolo della Geometria. Negli schienali l’ermellino, simbolo della purezza, e lo struzzo, simbolo della tenacia.

L‘ermellino, simbolo di purezza, l'animale che non vuole mai sporcarsi,

Lo struzzo, simbolo della tenacia, stringe nel becco una punta di lancia; la scritta in tedesco recita: “io posso ingoiare un grosso ferro”.

La Parete lunga. Nei cerchi sono evidenziati gli oggetti raffigurati in dettaglio nelle foto.

I II III

6

Il corno da caccia.

La ribeca ed il suo relativo archetto.

La lettera cifrata.

La Giarrettiera con il motto francese “Honi soit qui mal y pense” (sia un infame chi ne pensa male).

Lo spazzolino.

L’arpa ed il tamburello.

La chiave per accordare.

Il libro aperto sulla canzone “O rosa bella”.

ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS

Nel pannello di sinistra (I) i simboli di alcune muse: la ribeca, antico strumento ad arco, simbolo di Talìa (Commedia) ed il corno da caccia, simbolo di Melpòmene (Tragedia). Da un libro pende una lettera cifrata, espediente usato dal Duca per impartire ordini segreti.

Nel pannello centrale (II) due simboli cari al Duca: la Giarrettiera, ordine onorifico conferito al Duca dal re d’Inghilterra, e lo spazzolino, simbolo della pulizia intesa anche come pulizia morale.

Nel pannello di destra (III) il tamburello e l’arpa simboli della musa Erato (Poesia lirica) e la chiave a T per accordare, simbolo della Musica, che richiama un piccola croce ansata. Nel libro aperto si leggeva fino ad un secolo fa la canzone “O rosa bella”, tra le preferite del Duca.

7

Lo spazzolino. Il morso da cavallo.

Il compasso, la citerna, la squadra con filo a piombo e la clessidra.

La candela spenta.

La scatola dei granuli.

Il tamburo di guerra.

Il vaso ed il pugnale.

ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS

La Parete di fondo E’ la prima parete che compare affacciandosi nello Studiolo. Sviluppa lo spazio di due

pannelli raccordati da un semplice sedile unico privo di pilastri di sostegno. Negli schienali lo spazzolino per strigliare ed il morso per dirigere il cavallo, allusione agli strumenti della politica del principe che deve premiare gli obbedienti e bloccare i ribelli.

Nel pannello di sinistra (IV) il compasso, la squadra con il filo a piombo (simboli della Geometria), la citerna (simbolo di Tersìcore, musa della Danza), la clessidra ed il candelabro con la candela spenta, riferimenti al tempo che passa.

Nel pannello di destra (V) il pugnale diretto verso il basso (simbolo della Temperanza), il vaso a due manici (simbolo della Grammatica), il tamburo (simbolo della guerra) e la scatola di granuli (simbolo dell’Aritmetica).

IV V La Parete di fondo. Nei cerchi sono evidenziati gli oggetti raffigurati in dettaglio nelle foto.

8

La spada.

L’elmo del Duca.

La mazza.

ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS

La Parete della finestra

Su questa parete si apre la nicchia

della finestra posta tra due grandi pannelli (VII e IX) ed uno più piccolo, sotto il davanzale (VIII). Ai lati della nicchia, sotto due piccole aperture aeree, troviamo altri due pannelli isolati (VI e X).

Nel pannello di sinistra (VI) della parete, appoggiata sul sedile, la spada del Duca, simbolo della Giustizia. Sugli schienali le lingue di fuoco ed il monogramma del Duca FD. Nell’armadio l’armatura del Duca con la mazza (simbolo della Fortezza).

VI

VII

VIII

IX

X

9

La gru che regge nella zampa una pietra.

I dischi della cornice.

Lo strumento per tracciare la prospettiva.

ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS

Il calamaio, lo stilo ed il temperino.

Il leggìo con l’Eneide aperta sulla “Morte di Pallante”.

Lo specchio rotondo di Guidoubaldo.

I fasci.

La sfera armillare.

Nel pannello sinistro della nicchia (VII) sullo schienale è raffigurata una gru (simbolo della vigilanza) e nello stipo una grande gabbia ottagona che custodisce un pappagallo, simbolo della Retorica. Da segnalare anche i dischi della cornice che descrivono preziosi giochi prospettici.

Il pannello del sottofinestra (VIII), perso durante la spedizione a New York, è frutto di una ricostruzione basata su una vecchia foto in bianco e nero. Sul sedile è appoggiato uno strumento per tracciare la prospettiva (un listello unito ad un filo che sospende un peso a forma di farfalla). Nello schienale l’Ordine della Giarrettiera che circonda un’aquila feltresca.

Nel pannello di destra della nicchia (IX), sul sedile è appoggiato il leggìo che reca l’Eneide aperta sul brano della prematura morte in battaglia dell'eroe Pallante, allusione e alla gloriosa vita ed alla morte del Duca, avvenuta prima del completamento dello Studiolo. Dal soffitto dello stipo superiore pende lo specchio rotondo, simbolo della Prudenza, con la scritta G.BALDO.DX (Guidoubaldo, il nuovo Duca). Nella scansia inferiore il calamaio con lo stilo, simboli della musa Calliope, la Poesia epica.

Nel pannello di destra della parete (X) sui sedili sono appoggiati due fasci, simbolo di concordia. Nello schienale sono raffigurate delle aquile alternate a campi in bande oblique. Nell’armadio si trovano la grande sfera armillare ed il quadrante, entrambi simboli dell’Astronomia.

Il pappagallo.

1 0

Il Collare dell’Ermellino.

Lo stipo chiuso, la granata esplodente ed il libro.

L’organo portatile ed il violino.

Il doppio flauto di Euterpe.

ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS

La Parete della porta

Sulla parete si apre l’unica porta che immette nella stanza dello studiolo. Ai lati due stretti pannelli, uniti tra di loro da un terzo che funge da architrave.

Nel pannello di sinistra (XI), appoggiato sopra un sedile, un libro chiuso così come è chiusa l’unica anta dello stipo, allusione all'occulto sapere ermetico, introdotto allora in Italia. Nello schienale la granata esplodente, l'arma più moderna a disposizione del Duca.

Dal pannello del sopraporta (XII) fuoriescono il manico di un liuto ed il Collare dell’Ermellino.

Nel pannello di destra (XIII), appoggiato sul sedile, l’organo portatile, simbolo della musa Polimnia (Musica sacra). Nell’armadio un liuto, il flauto doppio simbolo della musa Euterpe (Musica) ed un violino.

XI XII XIII La Parete della porta. Nei cerchi sono evidenziati gli oggetti

1 1

ÀSPĬCĬS| ÈTĒR|NÒS VĔNĔ|RÀNDĒ| MÀTRĬS Ă|LÙMNŎS║

DÒCTRĬNĂ |ÈXCĒL|SÒS║ ÌNGĔNĬ|ÒQUĔ VĬ|RÒS ║ ÙT NŪ|DÀ CĒR|VÌCĔ CĂD|ÀNT ĀNT(E) |ÒRĂ PĂ|RÈNTĪS║

SÙPPLĬCĬ|TÈR FLĒ|XÒ ║PRÒCŬBŬ|ÈRĔ GĔ|NÙ ║ ÌUSTĬTĬ|ÀM PĬĔ|TÀS VĪN|CÌT RĔVĔ|RÈNDĂ NĔC|ÙLLŪM║

PÈNĬTĔT |ÀLTRĪ|CÌ║ SÙCCŬ BŬ|ÌSSĔ SŬ|È║

ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS

DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS

VT NVDA CERVICE CADANT ANTE ORA PARENTIS

SVPPLICITER FLEXO PROCVBVERE GENV

IVSTITIAM PIETAS VINCIT REVERENDA NEC VLLVM

POENITET ALTRICI SVCCVBVISSE SVÆ

Tu osservi gli inesauribili discepoli della Veneranda Madre

uomini eccelsi per ingegno e cultura

come si lascino cadere a capo nudo dinanzi alla genitrice.

In atto di supplica si inginocchiarono.

La Pietas degna di reverenza vince sulla Giustizia e nessuno

si pente di essersi prostrato a colei che lo nutre.

ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS

L’Inscrizione

L’inscrizione in latino è giunta incompleta ed è stata ricostruita per mezzo di trascrizioni eseguite nel 1500 (Codice Gabrielli) e nel 1873, un anno prima dello smontaggio, da parte dell’architetto tedesco Laspeyres.

La frase allude ad alunni inginocchiati davanti alla Veneranda Madre e richiama le Tavole delle Arti Liberali soprastanti. La Veneranda Madre potrebbe essere interpretata come la sapienza, o meglio la filosofia, la massima espressione del pensiero dell’uomo.

Ancora più oscura è l’ultima parte dell’inscrizione che dovrebbe avere una spiegazione nella tavola dell’Orazione, ma ancora attende una soluzione soddisfacente.

La versione adottata nella replica dello Studiolo tiene maggiormente conto della trascrizione eseguita da Laspeyres nel 1873, sono presenti i dittonghi Æ e la parola IVSTITIAM (accusativo, trad. la Pietas vince sulla Giustizia), che a New York è stata trascritta come IVSTITIĀ secondo il documento del Codice Gabrielli (ablativo, trad. la Pietas prevale con l’aiuto della Giustizia).

L’inscrizione è scritta in una forma metrica latina chiamata distico elegiaco con un esametro ed un pentametro alternati. Questo ha permesso ad esperti di enigmistica di completarne anche le parti andate perdute e non documentate (ORA PARENTIS SVPPLIC), che erano quelle intorno alla finestra. Questa che segue è la lettura metrica:

La trascrizione dell’inscrizione nel codice Gabrielli (Fondo Armanni, MS. I.C. 10, fol.146v).

1 2

FEDERICVS MONTEFELTRIVS

EVGVBII ET DVX VRBINI MONTISFERETRI

SANCTÆQVE ROMANÆ

AC DVRANTIS COMES

SERENISSIMI REGIS SICILIÆ

CAPITANEVS GENERALIS

Federico da Montefeltro

di Gubbio e Duca di Urbino del Montefeltro

e Conte di Castel Durante

del Serenissimo Re di Sicilia

Capitano Generale

e di Santa Romana

ECCLESIÆ CONFALONERIVS Chiesa Confaloniere

ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS

Il Titolo ducale

Non è certo che nello Studiolo avesse posto l'inscrizione celebrativa del Titolo ducale, ma questa possibilità è molto alta. Per questo motivo l'inscrizione è stata riprodotta nella replica.

La presenza del Titolo nello Studiolo è documentata in uno scritto del 1660 che descrive questa inscrizione come situata in un “camerino remoto” con soffitto dorato del piano nobile del palazzo. E' verosimile che questo “camerino” possa trattarsi proprio dello Studiolo poiché solo questa stanza del piano nobile possiede queste caratteristiche. Il Titolo sarebbe poi stato asportato nel 1673 per facilitare lo smontaggio delle Tavole delle Arti Liberali.

Alcuni studiosi negano la presenza del Titolo perché tale inscrizione sarebbe già presente nelle sottostanti Tavole delle Arti Liberali.

Il Titolo è molto simile a quello riportato nello Studiolo di Urbino ed è stato collocato nella stessa posizione: subito al di sotto del soffitto. Da questo si differenzia per la presenza della significativa parola EVGVBII (di Gubbio).

Il Titolo definisce l’araldica, i possessi politici e gli incarichi militari del Duca. In esso si evidenziano le alleanze da lui stabilite. Quella con il re Ferrante di Napoli, che gli ha conferito il Collare dell’Ermellino, e quella con il Papa Sisto IV che lo nomina Duca, e che viene rafforzata con il matrimonio di Giovanna, figlia del Duca, con Giovanni della Rovere, nipote del Papa.

La trascrizione del Titolo nel documento del 1660 (SASG Fondo Comunale Riformanze, Reg:75, c.152v. Indice Rif III,c,196).

1 3

L’Astronomia (replica).

La Grammatica (replica).

La Retorica (replica).

La Musica (replica).

ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS

Le Tavole delle Arti Liberali Le tavole dipinte da Giusto di Gand, un

pittore fiammingo della cerchia federiciana, che decoravano la parte alta dello Studiolo, furono smontate nel 1673. Non ci sono documenti di come dovessero essere disposte (per le ipotesi vedi la sezione dedicata). Le tavole rappresentano una figura maschile che si inginocchia al cospetto della personificazione di un’arte liberale assisa in trono e dalla quale riceve un dono. Oggi sono presenti solo quattro delle sette tavole di cui questo ciclo si componeva in origine.

La Retorica, che la tradizione identifica con Costanza Montefeltro, quarta figlia del Duca, nell’atto di indicare la pagina di un libro aperto ad un giovane, forse il fratellastro Antonio.

L’Astronomia, che porge una sfera armillare al Re Tolomeo con le sembianze di Ferrante, Re di Napoli che ha insignito Federico del Collare dell’Ermellino.

La Grammatica, impersonata da Agnesina la terza figlia, che consegna un libro chiuso al Duca stesso.

La Musica, incarnata da Giovanna la seconda figlia del Duca, che indica un organo portatile ad un giovane che potrebbe essere suo marito Giovanni Della Rovere o suo zio Costanzo Sforza. Un particolare interessante è costituito dal motivo ornamentale dell'arco del trono. Esso è in realtà una scritta in arabo con l'antico alfabeto cufico, che va letta da destra verso sinistra: non avrai altro Dio all’infuori di Allah, e Maometto è profeta di Allah.

Le due tavole a destra (Astronomia e Grammatica) furono acquistate nel 1821 da un mercante prussiano e finirono al Kaiser Friedrich (oggi Bode) Museum di Berlino fino al 1945, quando andarono bruciate durante la battaglia per la conquista della città. Le repliche realizzate per il nuovo Studiolo di Gubbio e qui raffigurate sono state ricreate a partire da fotografie in bianco e nero.

Le due tavole a sinistra (Retorica e Musica) furono acquistate nel 1866 dalla National Gallery di Londra, dove ancora oggi sono esposte.

1 4

La Tavola dell’Orazione

La presenza di questa tavola nello Studiolo è negata da molti studiosi, perché non omogenea, sia per altezza (molto inferiore per coprire lo spazio a disposizione) che per soggetto, rispetto alle tavole delle Arti Liberali. Inoltre sia il testo dell’inscrizione del Titolo che la presenza del Duca, costituirebbero due elementi già raffigurati nelle suddette tavole, e dunque mal conciliabili con queste.

Elementi che invece depongono per la presenza di questa tavola nello Studiolo, a parte il soggetto feltresco e la simile mano del pittore, sono la perfetta corrispondenza tra le colonne e le paraste sottostanti nella parete della porta, la larghezza giusta per lo spazio disponibile, e la prospettiva della scena vista dal basso che si adatta bene a quella del punto di vista dell’osservatore nello Studiolo.

ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS

L’evento rappresentato non è stato identificato. Queste le ipotesi formulate: 1) una seduta dell’Accademia degli Assorditi di Urbino; 2) una lettura di Lodovico Odasio o di Paul di Middelburg o di un altro umanista invitato a corte; 3) la cerimonia d’investitura (1474) con l’Ordine della Giarrettiera, che il Duca mostra sul petto; 4) un’orazione pronunciata da Antonio Bonfini (1477 o 1478) in difesa di Leonardo Angelo, a cui era stato espropriato il feudo di Controguerra nel Regno di Napoli ed a cui farebbe riferimento l’inciso dell’inscrizione IUSTITIAM PIETAS VINCIT.

La tavola si compone di tre settori divisi da due colonne in primo piano, possibile riferimento a

Boaz e Jakim, le due colonne del tempio di Gerusalemme, potente elemento della filosofia ermetica.

Nel settore a sinistra compare l’oratore in toga su un pulpito con un leggìo ed un libro. Al centro Federico seduto in trono con la coccarda dell’Ordine della Giarrettiera sul petto ed un

libro in mano. Nella tavola originale i lineamenti del Duca erano molto ritoccati e lo rendevano irriconoscibile: nella replica abbiamo preferito dare un immagine più somigliante del Duca. Alla sua destra, in piedi, il figlio Guidoubaldo, erede al Ducato. Dalla cupola ottagona del soffitto filtra una luce, allegoria della rivelazione divina (la vita contemplativa dei neoplatonici), che investe i due protagonisti permettendone il passaggio ad un altro livello di conoscenza.

Nel settore a destra sono raffigurati tre personaggi della corte ducale seduti sui loro scranni. Quello centrale è probabilmente Ottaviano degli Ubaldini, grande amico e collaboratore del Duca Federico, nonché reggente del giovane Guidoubaldo, dopo la morte del padre.

La tavola venne smontata nel 1673 e come le altre tavole trasferita a Firenze.

Fu poi acquistata dalla Regina Vittoria nel 1853 e da allora si trova nel Palazzo di Hampton Court a Londra.

La tavola dell’Orazione (replica).

1 5

La Sistemazione delle Tavole dipinte

Non ci sono documenti di come dovesse essere la sistemazione delle tavole dipinte al di sopra dei pannelli intarsiati. Nessuna sistemazione tentata è risultata pienamente soddisfacente.

Esistono dei principi generali che da più di sessanta anni hanno guidato le varie ipotesi: 1) La corrispondenza spaziale tra tavole e pannelli: le tavole devono essere inserite nello spazio

individuato dalla continuazione delle paraste intarsiate; 2) La corretta sequenza testuale del Titolo ducale inscritto a segmenti nella parte superiore delle

tavole e dunque con la Musica o ultima o penultima; 3) La corrispondenza prospettica tra le tavole (orientate alcune da destra, altre dal centro ed altre

da sinistra) e la disposizione di queste nella parete; 4) La divisione classica delle Arti Liberali in trivio (dialettica, retorica e grammatica) e quadrivio

(aritmetica, geometria, astronomia e musica); 5) La corrispondenza semantica tra tavola e pannello sottostante. Questo punto è sicuramente

quello meno vincolante, dal momento che i pannelli sono difficilmente monotematici.

DAVIS 1945

Pro. La soluzione più logica per la parete lunga. Contro. Astronomia singola e con prospettiva sinistra messa come centrale su una parete a due posti. Geometria ed Aritmetica su parete tripartita. Sequenza del Titolo insoddisfacente. Necessità di chiudere a metà la finestra.

CLOUGH 1986

Pro. Introduzione dell’Orazione perfetta per la parete della porta. Contro. Astronomia singola su una parete a due posti. Necessità di chiudere le due finestrelle e a metà la finestra. Posizione prospettica non adatta alla Musica.

CHELES 1986 Pro. Sequenza del Titolo corretta. Contro. Soluzione prospettica poco probabile con due laterali sul fondo e due centrali sulle finestrelle, che debbono essere così necessariamente chiuse.

FABIANSKI 1990 Pro. Ottima soluzione per posizione prospettica e sequenza del Titolo. Contro. Necessità di chiudere le due finestrelle e a metà la finestra. Necessità di una Geometria molto diversa dalle altre, larga il doppio e con un elemento divisorio centrale che continua la parasta.

ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS

Fabiański M. Federigo da Montefeltro's "Studiolo" in Gubbio reconsidered. Its decoration and its iconographic program: an interpretation. Artibus et Historiae, Vol. XI, No. 21 (1990), pp. 199-214.

Cheles L. The Studiolo of Urbino: An Iconographical Investigation, Wiesbaden 1986, pp. 31-33.

Clough CH. Lo Studiolo di Gubbio. In: Federico di Montefeltro. Lo Stato, le Arti, la Cultura (Atti del convegno di Urbino-Gubbio 1982) Cerboni Baiardi G, Chittolini G, Floriani P (eds). Roma 1986; Vol.II, pp. 287-300.

Davies M. Early Netherlandish School. National Gallery Catalogues. London 1945.

1 6

CLOUGH 1995 Pro. Ottima soluzione per la parete corta con due tavole strette. Contro. Posizione improbabile della Musica per motivi prospettici.

RAGGIO 1996 Pro. Divisione in trivio-quadrivio, con due centrali sul fondo e due laterali sopra la porta lasciando intatte tutte le finestre. Contro. Posizione improbabile per la sequenza del Titolo. Parete della porta con solo due tavole anziché tripartita.

RAGGIO 1999 Pro. Buona soluzione per la parete di fondo e per la sequenza del Titolo. Divisione in trivio e quadrivio lasciando intatte tutte le finestre. Contro. Improbabile soluzione della parete sopra la porta con due tavole di cui una con prospettiva centrale ed una laterale, che occupano uno spazio decisamente inferiore a quello disponibile.

LA SOLUZIONE ADOTTATA 2009

Come abbiamo visto dall’analisi di tutte le ipotesi finora proposte, la soluzione ideale non esiste, a meno che non si trovino documenti chiave o, meglio ancora, le Tavole mancanti. Come appare evidente nella soluzione proposta non è stata adottata in maniera totale nessuna delle precedenti ipotesi.

Nella soluzione adottata sono state rispettate tutte le tre aperture (due secondarie laterali e superiori ed una principale centrale) sulla parete della finestra. Anche se è molto probabile che queste non abbiano rappresentato un vincolo per la disposizione delle Tavole, perché aperte successivamente o comunque copribili con i dipinti, si è tuttavia preferito non alterare la fisionomia architettonica della parete.

Sulla parete della porta la Tavola dell’Orazione è stata preferita a Musica ed Astronomia (ipotesi Raggio 1999), perché più adatta alla tripartizione delle paraste.

In base a questi presupposti l’unico spazio per Astronomia e Musica diventato la parete di fondo, soluzione non congruente con la sequenza del titolo e con le dimensioni ristrette dello spazio a disposizione. Tuttavia in questo modo non rimangono più antiestetici spazi vuoti nella stanza, se non quello per la prima tavola (la Dialettica).

ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS

Raggio O. The problem of the Liberal Arts. In: Gubbio Studiolo and its Conservation. Federico da Montefeltro’s Palace at Gubbio and its Studiolo. The Metropolitan Museum of Art, New York 1999, Vol.I, pp. 157-167.

Clough CH. Art as power in the decoration of the study of an italian Renaissace Prince: the case of Federico da Montefeltro. Artibus et Historiae, Vol. XVI, No.31 (1995), pp. 19-50.

Raggio O. The Liberal Arts Studiolo from the Ducal Palace at Gubbio. The Metropolitan Museum of Art Bulletin, Vol.LIII, No.4 (1996), pp. 5-35.

1 7

Il soffitto maggiore

Copre tutta la stanza ed ha pertanto un forma trapezoidale. E’ sostenuto da un cornicione che reca un fregio di palme e pennacchi dorati su campo azzurro. Esso si compone di 7 fasce di lacunari ottagoni al centro dei quali campeggiano in campo azzurro dei fiori dorati in rilievo. Gli ottagoni sono separati da lacunari a losanga con boccioli dorati in campo azzurro, e da rettangoli verdi intarsiati che simulano del finto marmo.

Il soffitto minore o del vano finestra

Di forma pressoché rettangolare copre il vano della finestra. E’ circondato da una cornice con grottesche urbinati dorate su campo azzurro e riprende lo stesso motivo del soffitto maggiore, con un totale di 6 lacunari ottagonali.

Il soffitto del vano porta

Copre il vano della porta nello spessore del muro maestro e contrariamente ai precedenti è realizzato come una singola tarsia. Raffigura lo stemma dei Montefeltro con il monogramma FE DVX.

Il soffitto maggiore (replica).

Il soffitto minore (replica).

Il soffitto del vano porta (replica).

ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS

Il Soffitto

Il soffitto dello Studiolo si compone di tre settori differenti: il soffitto maggiore, il soffitto del vano finestra, ed il soffitto del vano porta.

Visione dal basso dello Studiolo. I cerchi evidenziano la posizione dei tre soffitti.

1 8