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LA SCUOLA MEDIA“S. CATERINA DA SIENA”

FORIOcon il patrocinio del Comune di Forio, dell’Asso-ciazione Albergatori di Forio, del Circolo Nautico dì Forio

organizza

per tutti gli operatori scolastici del 24° Distretto un corso di aggiornamento sul tema:

La scuola media oggi: problemi e prospettive

Gli incontri avverranno secondo il seguente ca-lendario presso il Circolo Nautico di Forio, con inizio alle ore 15,30.

7/8 aprile 1986: “Il preadolescente oggi: proble-mi psicologici e sociologici” - Relatore il prof. Fabrizio Rava-glioli, Ordinario di Storia della Pedagogia presso l’Università di Roma.

10/11 aprile 1986: “Esperienze ed attività nelle classi a tempo prolungato di scuola media” - Relatore il prof. Giuseppe Esposito, Ispettore Tecnico Periferico del Mini-stero della Pubblica Istruzio-ne.

15 aprile 1986: “La nuova scheda di valutazione” - Relatore la prof.ssa Lauro Ser-pico Persico, Ispettore Centrale Ministero Pubblica Istruzione.

17/18 aprile 1986: “Programmazione a livello di collegio dei docenti - La valuta-zione” - Relatore il prof. Mauri-zio Tiriticco, Ispettore Tecnico Periferico Sovrintendenza Sco-lastica Regione Lazio.

Ischia: disciplina per i fìtti estiviL’amministrazione comunale di Ischia ha prov-veduto a disciplinare i fitti per la stagione estiva 1986, per cui chiunque sia proprietario o posses-sore o comunque detenga o disponga di apparta-menti e ville ed intenda utilizzarli per il fitto estivo è obbligato a munirsi di preventiva autorizzazio-ne comunale, il cui rilascio è subordinato, altresì, all’accertamento dell’idoneità igienico-sanitaria dell’immobile. Inoltre chi fitta è tenuto a segnalare tempestivamente le esatte generalità delle persone alle quali ha affittato l’appartamento o la villa con l’indicazione del periodo di fitto e degli occupanti.

CASAMICCIOLA:il PCI in maggioranza con DC e PLI

Crisi risolta al comune di Casamicciola Terme: Angelo Manzi, democristiano, è stato confermato sindaco, così come sono stati confermati gli asses-sori Giuseppe Castagna, Pietro Pisani, Antonio De Luise, Gelsomino Sirabella, Michele Scotti, Parisio Iacono. Si tratta di un monocolore democristia-no, che può contare sull’appoggio di comunisti e liberali, mentre all’opposizione restano socialisti e repubblicani. Il PCI riesce così ad avere un ruolo determinante in un altro Comune isolano, dopo Barano e Lacco Ameno.

Lacco Ameno: il PCI si spacca C’è atmosfera tesa tra i comunisti di Lacco Ame-no, con la conseguenza che tre consiglieri comunali (Aristodemo Giovanzante, Nicola Pascale, Scipio-nee De Siano) sono usciti (o sono stati espulsi) dal partito insieme con l’ex segretario Michele Leonar-do Impagliazzo. I contrasti non devono suscitare scalpore, in quanto succedono un po’ dovunque, ma lascia perplessi la serie di accuse che i due grup-pi si sono scambiate e relative sia al passato che al presente. E’ dunque soltanto apparenza la bella fac-ciata che il PCI ha cercato di presentare al paese? Ovviamente si attende di conoscere quali riflessi avrà l’avvenimento sulla attività dell’amministra-zione comunale; se anche qui si farà sentire la bur-rasca, Lacco Ameno vedrà ancora una volta frenato il suo sviluppo.

Le poste isolane: ritardo nel recapito Il nostro giornale (ma evidentemente- anche altra corrispondenza) viene spesso recapitato con no-tevole ritardo rispetto alla spedizione: anche dieci giorni. La piccola isola d’Ischia forse diventa una metropoli per le poste locali, e la puntualità pertan-to non può essere assicurata.

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Turismo Raffaele Castagna

Bilancio di una stagione turistica, quella relativa al 1985, con il rife-rimento dei dati (elaborati dall’A-zienda di cura, soggiorno e turi-smo delle isole di Ischia e Procida) di arrivi e presenze nel movimen-to turistico (italiani e stranieri). Problemi e prospettive per la stagione 1986 che proprio nel periodo pasquale prende l’avvio più concreto ed evidente: forse si notano maggiormente certi disa-gi e disservizi, che, come di soli-to, fanno assumere toni incerti, se non negativi, all’incalzare di interrogativi specifici di ogni par-tenza: come andrà? si allargherà il campo dei paesi interessati alle nostre risorse e peculiarità turisti-che? quali riflessi avrà il ventilato divieto d’imbarco per le vetture della Campania, soprattutto sul mercato delle case private? ma sarà veramente varato il provvedi-mento restrittivo per le macchine, che prevede un accordo tra i Co-muni isolani? L’elenco potrebbe continuare ed interessare molteplici aspet-ti e settori della nostra isola, ma risposte concrete potranno aver-si naturalmente solo in futuro, quando anche questa stagione sarà trascorsa ed avrà vissuto quei momenti più significativi per quanto di bello e di attraente l’iso-la d’Ischia sa sempre offrire, come per la pazienza con cui sarà neces-sario tollerare disfunzioni e diffi-coltà di varia natura, ricorrenti da qualche tempo. Il carattere ovvio di tali affermazioni non ne sconsi-glia un’adeguata considerazione, perché sappiamo che l’isola d’I-schia spesso contraddice qualsia-si previsione e fa prevalere la sua vera e specifica vocazione turisti-ca, al di là degli scempi provocati dall’uomo sulla sua natura. D’altra parte tutto il turismo or-

mai non procede più con quella programmazione che in passato ne ha caratterizzato l’andamento. Ci sono motivi nazionali ed inter-nazionali che rendono opportuno evitare impegni anticipati su una particolare direzione: motivi non solo di carattere economico, ma soprattutto di sicurezza e di ga-ranzia negli spostamenti, conside-rato quanto spesso si verifica nei poli di comunicazione. Il turismo 1985 ha fatto registra-re, per quanto concerne il territo-rio dell’isola intera, un incremen-to di arrivi e di presenze rispetto al 1984 nella componente italiana, ma una diminuzione, più notevole come presenze, per gli stranieri. Per certe situazioni vengono con-fermate tendenze già registrate in passato: il maggiore interesse che va dirigendosi verso le strutture alberghiere (arrivi: +18,1 per cen-to — presenze: + 19,3 per cento) nei confronti degli alloggi privati (arrivi: +0,6 per cento — presenze: +1,2 per cento); il restringimento del periodo di ferie, specialmente da parte degli stranieri, per cui, a volte, si registrano lievi modifiche negli arrivi, ma più consistenti movimenti (per lo più negativi) nelle presenze (arrivi: -1,6 per cento — presenze: -3,4 per cento); la concentrazione delle vacanze in periodi non diversificati e più le-gati a determinate e speciali ricor-renze, per cui a mesi di notevole afflusso, con conseguenze nega-tive in settori poco soddisfacenti nella loro completezza, fanno ri-scontro mesi di limitato interesse e quindi di limitato lavoro per le aziende alberghiere. E quest’ultimo aspetto può con-siderarsi il più preoccupante, per-ché determina già e rischia di al-largare la propensione a ritardare l’apertura e ad anticipare la chiu-

sura, rispetto a quelle che sem-bravano essersi legate stabilmen-te alla fine di marzo e agli inizi di novembre. Occorre quindi cercare di creare condizioni ideali, al fine di porre incentivi a frequentare l’isola d’I-schia nei periodi oggi meno desi-derati: e questo obiettivo può es-sere conseguito con manifestazio-ni di richiamo, ma anche e forse in particolar modo con la valoriz-zazione continua delle risorse ter-mali, di cui il territorio è florido. Se analizziamo l’andamento tu-ristico verificatosi in ciascun Co-mune, troviamo una conferma ge-nerale dell’incremento di arrivi e di presenze nei dati (anche in per-centuale) degli italiani, con punte più alte a Forio, ove si ha +33,0 per cento negli arrivi e +35,6 per cento nelle presenze. Per il resto si può dire che tutti i centri isolani sono egualmente amati e frequentati dagli ospiti ita-liani, che non si concentrano più nella parte Nord dell’isola (Ischia, Casamicciola, Lacco, Forio),ma hanno cominciato a preferire an-che le località interne (da Barano a Serrara Fontana, dove peraltro forte richiamo esercitano la spiag-gia dei Maronti e S. Angelo con il suo centro libero dal caos del traf-fico. Più ricco di considerazioni e di riflessioni si presenta il movimen-to straniero, che tende a preferire sempre più zone come Forio (ar-rivi: +5,4 per cento — presenze: +1,0 per cento), Lacco Ameno (ar-rivi: +14,6 per cento — presenze: +5,4 per cento), Serrara Fontana (arrivi: +4,0 per cento — presen-ze: +7,0 per cento). Ad Ischia si registra un calo che già lo scorso anno era stato evi-

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denziato (arrivi: -10,8 percento —presenze: -10,9 per cento).Eguale tendenza si ha a Casamic-ciola Terme (arrivi: - 13,2 per cen-to — presenze: -13,5 per cento). Barano dimostra di tenere per quanto riguarda gli arrivi (+0,5 per cento), ma una diminuzione fa riscontrare il dato delle presen-ze (-6 per cento).

Macchine sìmacchine no

Questo problema, sul quale con-ducemmo una inchiesta tra le for-ze politiche locali nel 1970 per la “Tribuna Sportiva dell’Isola d’I-schia”, è stato riproposto ultima-mente all’attenzione della cittadi-nanza, delle autorità competenti comunali e regionali, proponendo l’attuazione del divieto assoluto d’imbarco per le vetture con targa della Campania.

A sostegno del provvedimento e del preventivo accordo fra tutti i Comuni isolani, è stato anche ap-provato dalla Regione Campania in breve tempo un progetto di mi-glioramento dei servizi automo-bilistici pubblici. E’ questo l’ele-mento più importante che merita di essere seguito e sollecitato, in modo che non resti soltanto sulla carta, ma passi invece a testimo-niare la vera volontà dei respon-sabili politici a concretizzare certe soluzioni.Invero, dopo i primi entusiasmi, ben presto ha preso a circolare lo scetticismo intorno al progetto regionale, per la cui realizzazione si nutrono poche speranze, anche per la brevità dei tempi in in cui bisognerebbe operare (e si sa che la celerità non è delle cose pubbli-che). Su “La Tribuna Sportiva dell’Iso-la d’Ischia” (anno I, n. 12 - settem-

bre 1970): Le strade, i parcheggi non risolvono un bel niente: biso-gna piuttosto rafforzare i servizi pubblici e frenare gli abusi di ta-luni settori di trasporto, in modo che il turista non senta il bisogno di giungere ad Ischia con la pro-pria macchina. In tutti questi anni poco si è fat-to su tale direttiva, anzi il servizio automobilistico pubblico è andato peggiorando sempre più.: basti dire che allora in luglio ed ago-sto andava in vigore un orario più intenso di corse rispetto ai tempi attuali. Pur alcuni provvedimenti ten-denti a ridurre l’afflusso di mac-chine hanno tradito le attese, al-meno di quelli che credono nella necessità di salvaguardare le ca-ratteristiche essenziali dell’isola, e cioè come luogo di riposo, di cura, di tranquillità e di calma. Oggi, di fronte a situazioni e

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problemi che sono diventati in-sostenibili, sembra allargarsi il numero di quanti chiedono inter-venti riduttivi e una più aperta e responsabile presenza degli am-ministratori e dei politici investiti di responsabilità a livelli superiori nella realtà del paese. Naturalmente ci potrebbe es-sere un peso da pagare, ma delle scelte si devono fare per dare una precisa fisionomia al territorio e su queste poi indirizzare la futura attività e la verifica dei vari servizi.

Viceversa si andrà avanti ancora nell’assenza di qualsiai program-mazione e nell’improvvisazione generale.

L’Azienda Turismo

Evidentemente nelle sfere compe-tenti e politiche responsabili poca fiducia si ha verso le aziende che sono chiamate, come finalità sta-tutarie, a valorizzare nel campo

nazionale ed internazionale l’im-magine del paese. La considera-zione scaturisce naturale dal fatto che per lungo tempo le medesime sono costrette a vivere senza la completa presenza delle persone responsabili nei quadri organici.

Raffaele Castagna

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Il dibattito sull’attualità o meno di costruire il gran-de depuratore con il grande collettore fognario in galleria, alla luce di quanto è successo in altre lo-calità campane, in questi ultimi tempi, rischia di diventare sterile, perché la gran parte dei 125 con-siglieri dei sei Comuni dell’isola d’Ischia non inter-viene su questo argomento che è vitale per l’econo-mia turistica dell’isola. Così non intervengono i partiti, con i loro dirigen-ti, e soprattutto non vengono convocati i consigli comunali per un ampio dibattito sul problema. In tal modo la discussione rimane fra gli addetti ai lavori, cioè fra i tecnici progettisti ed i soliti uomini politici a livello provinciale e regionale; i consigli comunali sono sempre più ridotti al ruolo di ratifica “ex post” delle decisioni dei capi politici. Non credo alla immutabilità delle cose e delle opi-nioni, anzi penso che chi ha il coraggio di cambia-re le proprie opinioni meriti rispetto. Il più grande economista del secolo ventesimo, L. John Maynard Keynes, offrì lui stesso una difesa impeccabile all’accusa che gli veniva rinfacciata di essere pro-teiforme. Quando le mie informazioni cambiano, io altero le mie conclusioni. E lei, signore, cosa fa? rispose a chi lo accusava di cambiare spesso opinione. All’indomani della infezione colerica del 1973 la classe politica dirgente si accorse che esisteva il problema dell’inquinamento marino del Golfo di Napoli. Se ne accorse solo allora ed allora si dette incarico alla Cassa per il Mezzogiorno di redigere l’ennesimo “progetto speciale”, quello per il disin-quinamento del Golfo . La Cassa predispose il pro-getto senza sentire prima gli enti locali. Nacque un progetto mastodontico che a 13 anni dal colera non è stato terminato in nessuna località della Campania. Giovanni Russo ha scritto sul “Corriere della sera” che nessun impianto di depurazione costruito dal-la Cassa per il Mezzogiorno in Campania funziona bene: o funziona male o non funziona affatto. Non è stato smentito. In questi 13 anni - sempre dal colera del 1973 - il mare di Ischia, tranne brevi tratti in prossimità dei porti e degli approdi, è risultato non inquinato, no-nostante che ci sia stata in questi anni la più mas-

Dietro la notizia

di Giuseppe Mazzella

Il problema del depuratore:

parlino i consigli comunali

siccia speculazione edilizia, a memoria d’uomo, nella nostra isola.L’economia turistica ha conosciuto, proprio verso la metà degli anni ‘70, la sua massima espansione. Il dott. Fresi del Laboratorio di Ecologia Marina di Ischia ha dichiarato che l’ecosistema marino dell’i-sola è uno degli angoli più belli del Mediterraneo con le stupende praterie sommerse della Posido-nia. Le condotte sottomarine - lo hanno confermato nella riunione sul disinquinamento, che si è tenuta a Barano dì recente, il sindaco di Serrara Fontana, Arturo Trofa, il sindaco di Lacco Ameno, Tommaso Patalano, ed il vice sindaco di Ischia, Balestrieri - si sono dimostrate idonee allo scopo di evitare l’in-quinamento di tratti di arenili o di coste, poiché gli scarichi di Ischia sono essenzialmente di materia organica e non esistono scarichi industriali. Se gli alberghi sono forniti di piccoli impianti di de-purazione, se esistono impianti di pre-trattamento con condotte sottomarine ben localizzate (perché un problema importante è la scelta del sito marino, come ha ricordato Fresi; ed infatti, se localizzate in posti non adatti, le condotte si rompono subito), il problema dell’inquinamento marino di Ischia è già risolto. I progetti della Cassa per il Mezzogiorno presen-tavano degli “impianti modelli, capolavori dì inge-gneria”, ma la prova dei fatti ha clamorosamente smentito i progettisti della Casmez. Contrari alla costruzione del grande collettore in galleria di Ischia e del depuratore ad Ischia si dichiararono il prof. Giorgio Marinelli, direttore dell’Istituto di Mineralogia di Pisa e dell’Istituto In-ternaz. di Vulcanologia dell’ONU, ed il prof Cari H. Oppenheimer, microbiologo marino ed oceanogra-fo nell’Università del Texas, proponendo soluzioni più economiche e dai risultati più soddisfacenti, come le condotte sottomarine. Non mi sento di condannare chi nel 1975, avendo responsabilità di governo negli enti locali, sulla scia dell’impressione che aveva avuto l’infezione coleri-ca del 1973 che ci riportò indietro negli anni e nella geografia, fino a farci sembrare un Paese da terzo mondo, e sulla scorta delle enormi assicurazioni dei progettisti della Cassa per il Mezzogiorno, ma-nifestò il proprio parere favorevole alla costruzione

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del depuratore. Ma, poiché oggi sono cambiate le informazioni e l’esperienza storica di questi ultimi 13 anni ha dimostrato che anche grazie alla partico-larità geografica di Ischia, che è in gran parte ocea-nograficamente nel Golfo di Gaeta e non in quello di Napoli, è stata consentita la balneazione, tranne in brevi tratti, in tutte le località dell’isola, altera-re le proprie conclusioni non è reato né peccato né prova di incoerenza. Anzi è assunzione di respon-sabilità. Ed allora, poiché il progetto per il depuratore di Ischia dispone del finanziamento soltanto del pri-

mo lotto (circa 40 miliardi) e poiché la materia è ara di competenza esclusiva della Regione Campania, forse ha ragione il sindaco di Barano, Gaudioso, di tentare di riconvertire questi fondi nella sistema-zione delle reti fognarie dei sei Comuni, già quasi ultimate con fondi regionali, e nel completamento di un sistema di idonee condotte sottomarine, uti-lizzando i fondi anche per opere di risanamento ecologico di arenili e coste, anche con la costruzio-ne di scogliere protettive, abbandonando quindi il progetto della costruzione del depuratore.

Giuseppe Mazzella

Conferenza del prof. De Meo

MICHELANGELO apre una nuova frontiera all’uomo

L’isola d’Ischia sta vivendo, grazie all’intesa del Circo-lo culturale Sadoul con l’Istituto Italiano di Studi Filo-sofici, magnifiche occasioni culturali che ci significano in concreto il ruolo fondamentale che il Centro di Studi napoletano va svolgendo nel campo della ricerca. Mercoledì 5 marzo, il prof. De Meo è intervenuto, nella sala delle conferenze del Jolly di Ischia Porto, sul tema: “Michelangelo e le sue rivoluzioni”. Il relatore, che da ben 25 anni si dedica allo studio ed alla interpretazione del genio cinquecentesco, ha esor-dito affermando che un rapporto profondo con la spi-ritualità di Michelangelo è sconvolgente, nel senso che contribuisce a trasformare la personalità di un indivi-duo. Avvicinarsi a Michelangelo significa adottar il dubbio critico, partire per la ricerca che è civiltà. Con Michelangelo si muore per rinascere. Egli è il fa-tum libertatis. Essere libero è il fato, il destino dell’uo-mo. Da ciò scaturisce senso della lotta, ironia, acquisi-zione di ciò che si dice. In lui tutto è conflitto, è l’uomo eracliteo inteso come uomo che lotta. La storia è conflitto ed il mondo si deli-nea come armonia spezzata. Grande lettore di Platone e dei tragici greci, esprime nella sua poesia, biografia della sua anima, il continuo perpetuo conflitto del suo destino. Ohimè, ohimè, ch’i’ son tradito dai giorni miei fugaci e dallo specchio.Michelangelo appare spezzato dentro ed in conflitto in-sanabile. Chi è quel che per forza a te mi mena, ohimè, ohimè, ohimè, legato e stretto e son libero e sciolto? Se tu incateni altrui senza catena, e senza mani o braccia mi hai raccolto, chi mi difenderà dal tuo bel volto? L’ironia è per Michelangelo la consapevolezza che la realtà è un dissidio, che il giudizio su di essa non può mai essere sicuro, con lui la realtà diventa ricerca. Egli si sentiva autonomo, ma nello stesso tempo im-pegnato a considerare il mondo come un tessuto miste-rioso.

Per questo Kant vede in Michelangelo il primo dei mo-derni ed in una sorta di incarnazione ideale lo pone in Galilei ed in Newton. In Michelangelo abbiamo il pri-mato della coscienza su tutto, anche sulla fede. Il “Diluvio” è per lui il regno della pietà e della solida-rietà, mentre nella Bibbia è il regno del dolore e della dannazione. Il prof. De Meo vede nel Giudizio Universale di Miche-langelo l’ultima pagina della storia. Per Michelangelo il mistero non è chiuso, egli non sa cosa accadrà dopo. Cristo non sta condannando, ma sta pensando. E’ fal-sa l’idea che quello sia il Cristo Giudice. E’ Cristo che partecipa al dramma dell’umanità in attesa ed in lotta. Tutti i personaggi esprimono uno sforzo individuale. Michelangelo mette così in crisi il concetto del dogma. L’uomo etico è colui che ha una coscienza, vale a dire disponibilità alla estenuante lotta e ricerca. Da qui un inno categorico alla responsabilità ed alla libertà. Michelangelo rivoluziona la condizione della donna, che era tenuta di inferiorità morale, giuridica, fisiolo-gica. Ne rovescia il rapporto. Eva ed Adamo prendono per proprio conto, ciascuno per se, il frutto: sono cor-responsabili. L’artista mette tre donne sull’altare in funzione sacer-dotale. Appare così un eretico e distrugge l’inferiorità morale e fisiologica. Contro l’idea generale che quando nasceva una fem-mina era una disgrazia, Michelangelo ne ha piacere grandissimo, esprime la sua gioia “femmina o maschio che sia”. Questa è una rivoluzione sociale. Anche al razzismo politico (a proposito degli amerindi e dei negri), in base alle notizie giunte dalle Americhe, Michelangelo si ribella. Nel Giudizio Universale si vede un’amerinda che sostiene un uomo, sollevandolo verso l’alto. Per Michelangelo l’amerinda e l’uomo negro sono salvi perché hanno sofferto. Con Michelangelo infine si afferma un nuovo umane-simo, egli apre una nuova frontiera all’uomo, apre al moderno creando l’arte individuale, l’affermazione del soggetto, superando il classicismo. Lo stesso umanesimo e rinascimento sono compiuti e una cultura si compie quando getta le premesse di una nuova cultura.

Giuseppe Silvestri

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CASAMICCIOLALa ricchezza delle acque I disastri dei terremoti

(cronaca degli inizi del secolo)

Da più di un secolo il 4 marzo nella Chiesa del Soccorso di Forio si celebra un rito di ringraziamento per lo scam-pato pericolo del terremoto del 1881 che fu disastroso parimenti a quello successivo del 1883. Negli anni scorsi si portava in processione il miracolo-so crocefisso esistente nel tempio e la partecipazione di popolo era più massiccia; oggi invece il tutto avviene in tono minore ,anche perché sono eventi che si allontana-no sempre di più nel tempo ed il loro ricordo si affievo-lisce. Abbiamo trovato nelle nostre carte una cronaca degli inizi del secolo che descrive il terremoto del 1881 e l’a-spetto della Casamicciola di allora che riportiamo, cre-dendo di fare cosa utile:- Casamicciola prima dei terremoti del 1881 e del 1883 era un ridente villaggio sulla costa settentrionale dell’i-sola. La mitezza del clima e la splendida posizione attira-rono e attireranno sempre gran folla di bagnanti. Per 478 anni il terribile Epomeo aveva lasciato in pace i poveri abitanti, che, rassicurati pienamente, dimentica-rono di essere vicino ad un vulcano. Il 4 marzo 1881, dopo mezzogiorno, l’orologio pubblico di Casamicciola cessò improvvisamente di funzionare. Era avvenuto un orribile disastro. Due terzi delle case del paese crollavano in seguito ad una scossa violenta di terremoto, accompagnata da un triplice movimento: sussultorio, verticale e ondulatorio. Il numero delle vit-time ascese a 250 tra morti e feriti. Casamicciola era in gran parte distrutta. Si notò allora un fatto stranissimo: il terremoto produsse stragi soltanto in prossimità di Casamicciola ed in particolar modo nel villaggio stesso, ma nelle altre parti dell’isola non fu avvertita la minima scossa. In quest’ultima come pure altre volte, vi si è ag-giunto il disseccamento dei pozzi, le piccole scosse sen-sibili; ma le sorgenti ritornarono poi subito a scorrere abbondantissime e limpide. Dopo il terremoto, le case di Casamicciola vennero ri-costruite inferro, per renderle così più atte a resistere ad altre brutte sorprese dell’Epomeo. Vi si inaugurò anche l’acquedotto del Buceto, il quale lungo circa 5 km, rac-coglie le acque da cinque sorgenti, situate alla distanza di 8 km da Casamicciola, e la reca nei tre rioni: Genala, Sanseverino, Umberto I della nuova città. Come il nome di Umberto I, così anche i nomi di Cena-la e Sanseverino devono ricordare alla posterità l’opera umanitaria, in quelle funeste circostanze, di un ministro dei lavori pubblici e di un prefetto di Napoli. Oggi Casamicciola, con una febbrile attività, si è data a ricostruire cosine e palazzine in legno e fabbrica, giuste le prescrizioni del regolamento edilizio, sotto la vigilanza di una commissione d’ingegneri mandata dal Governo. La fiducia è ritornata nei bagnanti, che accorrono nu-merosi, perché insieme alla sicurezza delle abitazioni

trovano il comodo ed il confortabile, come una volta. Interessante la visita al nuovo camposanto, al piede del monte Rotaro, coi monumenti dedicati alle vittime del terremoto.Nei dintorni di Casamicciola, in Valle Ombrasco, sono abbondanti le sorgenti termominerali, che furono la causa di numerosi stabilimenti di cura. Gurgitello offre la più efficace e la più celebre di queste fonti. I medici consigliano le sue acque per uso interno ed anche ester-no, sotto forme di bagni, di docce e di fanghi. Seguono le fonti del Cappone e di Bagno Fresco o dell’Occhio molto rinomate per malattie d’occhio. In Val Sinigalla sono le sorgenti dello Spenna Pollastro e quelle Colata e Cociva. Nella Val Tamburo sono l’acqua ferrata, d’oro e d’argento, e la sorgente del Tamburo. Ci-tiamo ancora l’Acqua Rita, i fumaroli e le stufe Frasso e Montecito. Come si vede dalla descrizione del nostro anonimo antenato, una vasta gamma di acque buone per curare i mali degli uomini la cui esistenza giunge nuova, non solo a noi, crediamo. In conclusione ci poniamo due domande: quante di queste meraviglie della natura esistono ancora, e quale altro posto del mondo può vantare simile ricchezza?

Eugenio Fusco

A Casamicciola dal 9 al 13 aprile 1986XIII INCONTRI INTERNAZIONALI

VIVERE 2000

Dal 9 al 13 aprile si svolgeranno a Casamicciola Ter-me gli INCONTRI INTERNAZIONALI 1986 (XIII edi-zione), organizzati dal Centro Internazionale di Cultura e dal Comune di Casamicciola Terme, con il patrocinio del Ministero della Sanità, del Ministero Turismo e Spet-tacolo, della Regione Campania, del Banco di Napoli, dell’Azienda Turismo, della Soc. Caremar. Nell’ambito del tema generale “VIVERE 2000”, saran-no svolte specifiche relazioni sui seguenti argomenti:- Allergologia, eutanasia;- Dermatologia, cosmetologia, alimentazione;- Termalismo, reumatologia, turismo, idrogeologia;- La malattia diabetica: moderne acquisizioni;- Malattie infettive: attualità e prospettive sull’AIDS.- L’educazione sanitaria scolastica: musica, sport, am-biente; E’ previsto anche un ampio programma sociale a carattereartistico culturale, fra cui la presentazione di un libro di poesie di Nicolino Barbieri. Faranno da cornice al congresso i pittori: Mariolino Capuano, Maria Caputo, Mimma Cutolo, Nazzarena Cu-icchi, Amelia Ferrandino, Mario Ferrandino, Giorgio Gi-rolami, Rino Lauro, Irina Kudasceva, Giacomo Pontillo, Flora Raschellà, Antonio Pinto, Anna Sibilio, Antonino Tarantino, Gianluigi Verde, ed i poeti Nando Clemente, Biagio Di Meglio, Vincenzo Giandomenico, Rino Lauro, Ennio Rota.

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E’ veramente paradossale che, dopo anni di lavoro, dibattiti cul-turali, impegni finanziari, ancora non si possa dare una risposta at-tendibile e confortante ad una do-manda così ovvia. Tra l’altro, il tu-rista lo trova già da qualche tempo indicato su talune guide per le sue vacanze, ma, nella realtà, recan-dosi nel Complesso di Villa Ar-busto, appositamente acquisito al patrimonio pubblico, inutilmente chiede al custode quando si possa visitare il Museo. La risposta è ancora quella degli scorsi anni: Il Museo non c’è ancora! Ma se non è possibile dare una risposta precisa, tentiamo almeno di fare il punto della situazione in-dicando, in maniera estremamen-te pratica e costruttiva, possibili soluzioni a breve termine. E’ risaputo che l’edificio princi-pale del Complesso Villa Arbu-sto è stato da tempo ristrutturato dal Comune con fondi regionali su progetto concordato tra il Co-mune stesso e la Soprintenden-za archeologica e architettonica, con un impegno di spesa di lire quattrocento milioni. Per la pre-cisione, i lavori hanno interessato tutto il primo piano dell’edificio, e cioè quella parte dello stabile destinata alla esposizione. La ri-manente parte dell’edificio, e cioè il piano terra, nonché gli altri due edifici minori, destinati a deposito dei reperti, laboratori, biblioteca e centro studi, sono interessati ad altri lavori, già progettati e rego-larmente approvati, per i quali si attendono i finanziamenti relativi. Va precisato che questi ultimi lavori possono eseguirsi indipen-dentemente dalla parte della villa già ristrutturata e destinata, come si diceva, alla esposizione dei re-perti. Sono altresì in via di ultimazio-ne i lavori di sistemazione degli esterni per altri duecento milioni. Allo stato, onde evitare ulteriori

ritardi con grave pregiudizio per la credibilità di tutta la iniziativa per la quale tanta attesa si è deter-minata negli ambienti scientifici e culturali, oltre che economici e turistici dell’Isola, è necessario sancire alcuni punti fermi: 1) Bisogna assolutamente evitare ogni ripensamento progettuale rispetto a quanto già definito ed approvato sia dal Comune che dalle Soprintendenze competen-ti, e ritenere conclusi i lavori del primo piano della villa maggiore, orientando ogni impegno politico amministrativo all’allestimento, sia pure graduale, delle sale di esposizione. Voci tendenziose che vorrebbero rimettere in discussio-ne una tale realtà vanno stroncate sul nascere. 2) Occorre definire, a tempi bre-vissimi, la convenzione con la So-printendenza archeologica per l’affidamento al Comune degli ol-tre diecimila reperti attualmente custoditi nella parte inferiore del-la Villa. 3) E’ opportuno e possibile affi-dare, con apposita convenzione, l’organizzazione e l’avvio del fun-zionamento del Museo al “con-

servatore” dei reperti, il prof. Giorgio Buchner, artefice prin-cipale degli scavi e degli studi che hanno posto Pithecusa e Lacco Ameno al centro dell’attenzione del mondo scientifico e culturale, in relazione a ciò che la colonizza-zione greca ha rappresentato per la civiltà mediterranea. 4) Si può costituire, in attesa che la Commissione centrale per la finanza locale approvi l’ade-guamento della Pianta organica già deliberata dal Comune fin dal dicembre ‘84, un nucleo di collaboratori del prof. Buchner, scegliendoli tra i dipendenti del Comune particolarmente prepa-rati, o impegnando con contratti a termine giovani interessati ad un lavoro del genere, e facendo distaccare provvisoriamente dal-la Soprintendenza archeologica alcuni dei propri dipendenti che già lavorano a Lacco Ameno. 5) Appare necessario avviare an-che la organizzazione del Centro Studi sulla colonizzazione greca in Italia per collegare la istituzio-ne del Museo di Pithecusa a tutte le iniziative analoghe esistenti in Italia e nel Mediterraneo riguar-danti la civiltà del mondo antico occidentale, di cui Pithecusa fu un importante crocevia, inserendo l’attività del Centro in particolare in tutto quanto esiste o si va svi-luppando nei Campi Flegrei e in tutto l’arco dell’Itinerario turistico culturale che va dal Circe a Pithe-cusa. E’ proprio tanto difficile dare concretezza ad una così affasci-nante ipotesi turistico-culturale? Anche la organizzazione del Cen-tro Studi potrebbe essere affidata con convenzione a persone qua-lificate, riprendendo magari uno schema a suo tempo predisposto dal Comune. 6) Quanto mai lodevole sarebbe coordinare le iniziative predette con la realtà del Museo di San-ta Restituta, che rappresenta la

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prova evidente di quanto è pos-sibile fare se si ha il coraggio di superare gli ostacoli burocratici e la confusione delle idee che finisce per paralizzare ogni attività pub-blica. Vorrà l’amministrazione co-munale interessare il Consiglio per una discussione seria sul-le proposte di cui innanzi per ridare credibilità ad un impe-gno culturale e sociale concre-to, e riprendere con determi-natezza la via più giusta per i finanziamenti necessari sia per l’immediato avvio del funziona-mento del Museo, sia per il com-pletamento delle strutture secon-do la progettazione già definita ed approvata? Saprà la stessa Soprintenden-za uscire da una visione asettica da conservatoria di stato, valida solo per un manipolo di studio-si, e dare una risposta adeguata alla domanda di conoscenza del-la gente comune, in particolare giovani e turisti? Che cosa si deve pensare, quan-

do si sente solo ventilare l’ipotesi che l’immenso patrimonio arche-ologico di Lacco Ameno e dell’Iso-la d’Ischia possa essere trasferito in una della sale anonime del Mu-

seo Archeologico di Napoli? Sarebbe troppo pretendere che la popolazione isolana si ribelli ad una ipotesi del genere?

Vincenzo Mennella

Sul periodico TUTTOTURISMO (n. 3 - Marzo 1986) sono state dedicate alcune pagine all’isola d’Ischia, con particolare riguardo a S. Angelo con il titolo:

Il piacere dell’ozio nel paese capolavoro

Un villaggio di pescatori così bello da indurre alla pigrizia anche i vacanzieri più inquieti. E una stra-ordinaria abbondanza di acque termali racchiuse nel verde dei giardini affacciati sul mare. Come si rileva anche da altre notizie riportate (che cosa si cura - tipi di cura - caratteristiche delle ac-que -aziende termali - alberghi), è dato rilievo so-prattutto all’aspetto termale del luogo. Vi compaiono anche due pagine d’informazione promozionale, a cura del CAI (Consorzio Alberghi d’Ischia):

Mare e terme tutto l’anno Per quanto riguarda alcuni suggerimenti per ral-legrare il soggiorno ischitano, sono indicati: il giro dell’isola in barca; l’ascensione al monte Epomeo (“una vista stupenda sul golfo di Napoli”); la visita al porto di Ischia e al Castello Aragonese.

Significativo appare, anche a conferma di quanto scrive il prof. Mennella, il riferimento a Lacco Ame-no:… Gli scavi hanno portato alla luce testimo-nianze di epoca greca, latina e paleocristia-na, ora raccolti nel Museo archeologico.

Premio di poesia “Giovanni Verde” (seconda edizione)

Radio Monte Epomeo di Forio, con il patrocinio della Regione Campania, indice il secondo concor-so di poesia intitolato al poeta e scrittore Giovanni Verde.

Le poesie devono essere assolutamente inedite ed ogni partecipante può presentare un massimo di due poesie.

Termine di presentazione : 15 aprile 1986La premiazione avverrà nel Salone della Scuola

elementare “Luca Balsofiore” di Fotio il 30 maggio 1986. Possono partecipare gli alunni della scuola media e della scuola media superiore.

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Casamicciola

Un progetto per il Pio Monte della

Misericordia Il progetto prevede l’utilizzo dell’intera area, con la possibilità di realizzazione per parti, facilmente segmentabili dall’insieme, con la cessione, per uso pubblico, della pineta in angolo con il lungomare, in zona ovest. Viene conservato il fabbricato prospiciente la strada costiera, opportunamente restaurato, con funzioni di rappresentanza. Altro ingresso, con l’abitazione del custode, viene previsto nella zona alta; da questo si accede diret-tamente al Centro Congressi, alla zona Termale, e all’Albergo. Una strada veicolare, da questa zona d’ingresso, perviene, con opportune sacche di parcheggio, al lungomare. L’andamento dell’edificio alberghiero si adatta all’acclività del suolo e così pure le resi-denze ed i negozi. La sistemazione proposta, partendo dalla quo-ta più bassa, si articola: nell’edificio esistente re-staurato dove si possono svolgere manifestazioni pubbliche e cerimonie ; il grande atrio, suggestivo spazio architettonico, costituirà l’accesso dal lun-gomare all’intero complesso. Dall’atrio si passa, contornata da portici con negozi e residenze, alla piazzetta: questa svolge-rà funzioni di incontri e scambi, con l’edicola dei giornali, bar con tavolini, ecc. Sul fondo, addossata al dislivello ci sarà una grande fontana luminosa. A destra e sinistra scala e rampe con dolce pendenza collegano con il pian-terreno dell’albergo, quindi con ristorante e salo-ni. Da questi anche alla zona termale e alla zona congressi. Quindi sia che si venga dalla zona alta che da quella bassa, l’intero complesso è tutto percorribi-le e le funzioni svolte facilmente accessibili. Nella zona alta il centro congressi è abbraccia-to dalla pineta esistente e l’antico manufatto dei serbatoi viene restaurato e destinato a locali di servizio e salette riservate; si prevede una nuova disposizione per il portale barocco presente nella pineta. Inoltre la grande area che si sviluppa ad est del complesso sarà sistemata a giardino ed è prevista una grande piscina all’aperto, mentre

altra al coperto viene realizzata all’interno della zona termale.Vaste aree a verde, piccoli giardini di piante gras-se, sono inoltre previsti tra i vari corpi di fabbrica. Materiali locali saranno impiegati per la siste-mazione delle aree libere, rivestimenti delle ram-pe e per i muri di confine; l’integrazione del verde esistente e del legame tra il complesso ed il tessuto urbano circostante, sono alla base dell’intervento che assume l’asspetto di un vero e proprio pia-no urbanistico di esecuzione, in ottemperanza a quanto previsto dallo strumento urbanistico e dal-lo spirito dell’iniziativa che si propone il carattere di una vera e propria struttura pubblica, all’inter-no dell’abitato di Casamicciola.

(Proposta di progetto prodotta dagli architetti Giu-seppe Mandia, Antonio Monti, Antonio Zehender e Massimo Rosi, per conto della Società Nizzola, e presentata sul periodico “La Provincia di Napoli”).Peraltro in una nota si legge che i progettisti hanno dichiarato la loro indisponibilità.

Un particolare del progetto

Plastico della sistemazione proposta

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Sezione sperimentale per lo studente europeo della lingua italiana I edizione 1986

Il numero dei partecipanti è stato anche quest’anno al-tissimo e la commissione nell’attento lavoro di vaglio dei componimenti ha potuto apprezzare la buona levatura letteraria degli stessi. A giudizio unanime è stato designa-to vincitore il testo “Dolce tempo” di Salgarello Alberto, stuente di 16 anni dell’Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri “M. C. Luciano dal Cero” di San Bonifacio (Ve-rona).La composizione si segnala per l’intensità dei sentimen-ti che l’anima, per la capacità evocativa che si concreta in quadri precisi di vita agreste, colta non come evocazione elegiaca ed arcaica, ma come austera affermazione di au-tentici valori umani, tali da proporsi come tavola di rife-rimento “con un senso consolante - di pentimento - e di riconciliazione. L’espressione risulta sicura, colta, senza essere d’imprestito o fozata.

Edoardo Malagoli Presidente della Giuria

come prima o seconda lingua straniera per il loro corso di studi. I componimentipoetici degli studenti europei dovranno es-sere scritti in lingua italiana.

La sezione sperimentale per l’edizione 1986 del Premio di poesia “Ciro Coppola” per lo studente eueopeo della lingua italiana è dotato di un premio di lire 500.000 per l’autore della poesia designata vincitri-ce dalla Giuria che è la stessa del Premio nazionale.

Il PresidenteGiuseppe Mazzella

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di Alina Adamczyk Aiello

Alla fine dell’anno scorso è stata pubblicata in Po-lonia un’interessante opera di Józef Duzyk, pubbli-cista, scrittore e studioso polacco. Il titolo originale è: Wedrówki Wlówki - Editore Ludowa Sp. Wyd., Warszawa 1985, pp. 340, che traduciamo come Su e giù per l’Italia. Il libro si compone di cinque capitoli, ognuno dei quali è dedicato ad un gruppo di temi diversi, ma tutto l’insieme è un riassunto delle esperienze ita-liane dell’autore. Esperienze letterarie e culturali ma anche sociali e turistiche nel migliore significa-to di questi aggettivi. Le esperienze personali sono state sorrette da solide ricerche bibliografiche. Lo scrittore trascorse ben 8 anni in Italia lavoran-do nella Biblioteca dell’Accademia Polacca delle Scienze a Roma. Józef Duzyk, ricercatore nato, sfruttava scrupolo-samente ogni ritaglio di tempo libero dagli impe-gni professionali e dedicava quel tempo all’appro-fondimento delle conoscenze del mondo italiano, presente e passato. Immediatamente dopo aver

messo a fuoco un tema appassionante che poteva essere un ‘opera d’arte, un luogo particolarmente suggestivo oppure un avvenimento importante, scriveva un bell’articolo destinato alla stampa cul-turale polacca. La regolarità e la frequenza con cui sono stati pubblicati i suoi lavori riguardanti l’Italia hanno fatto di Duzyk un intenditore ed un ‘autori-tà culturale competente delle cose italiane. Il suo libro quindi è stato accolto dai lettori polacchi con interesse e ben riposta fiducia nelle possibilità nar-rative dell’autore. Il volume si colloca egregiamen-te accanto ai migliori resoconti e memorie di viaggi scritti nel passato da tanti personaggi di cultura europea. In più l’opera possiede un’impostazione estremamente moderna, possiede infatti un ‘elasti-cità di pensiero che permette una lettura scorrevole e vivace malgrado la considerevole quantità di no-tizie ed informazioni. In questo libro intelligente e ben fornito di acute osservazioni intellettuali come pure di pratiche indicazioni sulla quotidianità ita-liana - non dimentichiamo che il libro è destinato ai lettori polacchi - alcune pagine sono state dedicate a Ischia. Fra l’altro, Duzyk scrive:

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... L’Isola è un paradiso non solo per la gente sof-ferente, ma anche per i turisti in ricerca di emozio-ni estetiche. Ad esempio, quando si sale sul Monte Epomeo, la cima più alta dell’isola, quasi a 800 me-tri, il panorama che di qui si gode toglie il respiro, tale è la sua grandiosità e bellezza; le pinete, che purtroppo bruciano nel calore estivo, le colline, i pittoreschi paesetti, la lucentezza del mare puro e trasparente, cosa rara oggi anche in Italia. Chi non deve risparmiare sale il Monte Epomeo con i muli ed asini. Io e mio figlio andiamo a pie-di, nonostante la strada resa difficile dalla polvere e dai raggi di sole che è davvero impietoso. Chi vuole fare una sosta più lunga ha a disposizione un’ac-cogliente pensioncina nei muri del vecchio eremo incollato alla roccia della vetta. Provate ad immaginare che incanto deve avere la notte, il tramonto ed il sorgere del sole visti da que-sto posto. In alcuni punti dell’isola sì ha l’impres-sione di trovarsi nell’esotico Messico. Bianchissime case, facciate di chiese diverse che altrove in Italia. Particolarissima quella diFo-rio, Santa Maria del Soccorso, dove la base è costantemente lavata dalle acque del mare che infrange le sue onde a ridosso della pietra. Questo tempietto di marinai e pescato-ri è il luogo dove la gente di mare depone l’ex voto per le grazie ricevute: ingegnosi modellini di barche e di pescherecci. Mi dicono che anche da questo po-sto il tramonto del sole è una vista impareggiabi-le.... E continua così parlando ancora di Sant’Angelo, di Lacco Ameno, di Ischia Ponte. Non dice niente di nuovo, ma racconta di Ischia delle cose vere e belle. Perciò queste pagine nel contesto di tutto il libro sono importanti.

Józef Duzyk abita a Cracovia. L’estate scorsa sono andata in Polonia ed anche a Cracovia, che è la città più bella della Polonia. Nell’ospitale casa della famiglia Duzyk ho visto un bellissimo disegno in bianco e nero fatto nel 1964 dal pittore KAROL BADURA. Questo Castello di Ischia che si trova in una casa polacca a Cracovia merita di essere menzionato an-che perché il pittore Karol Badura, scomparso due anni fa (1907 Silesia, Polonia - 1983 Roma) per 40 anni visse e lavorò in Italia, precisamente a Roma dove oggi abita ancora la vedova di lui, la signora Vittoria, anche lei pittrice. I coniugi Badura veni-vano spesso a Ischia. Karol Badura e Józef Duzyk erano amici. Ognuno di loro ha dedicato a Ischia più di un pensiero.

Alina Adamczyk Aiello

È possibile leggere tutta la stampa italia-na? Per leggere tutti gli articoli di nostro interesse che vengono pubblicati sulla stampa italiana, oc-correrebbe avere, anzitutto, un...ufficio investi-gativo, per conoscere i titoli delle decine di nuovi giornali e riviste che ogni mese si pubblicano e poi bisognerebbe avere a disposizione i cento occhi di Argo. Per questa ragione esiste dal 1901 L’ECO DELLA STAMPA -Via G. Compagnoni, 28 - 20129 Milano - dove migliaia di giornali e riviste vengono sistematicamente letti e ritagliati per conto di giornalisti, scrittori, addetti alle re-lazioni pubbliche, imprenditori, amministratori di società industriali, consulenti, uomini politici, artisti, interessati a ricevere articoli e notizie nei quali sia citato il loro nome o che trattino deter-minati argomenti.

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di Antonina De Palma Garise

In tempi in cui si mira, spesso e soltanto, all’u-tile e al proprio “particulare”, fa piacere notare come ci sia tanta gente, che dà spazio, potendo-lo, alla propria creatività. Ad Ischia infatti esiste un nutrito gruppo di artisti pittori, che ha animato ed anima, con successo, mostre collettive e personali. Sono sempre più numerosi coloro che, mediante le tecniche pittoriche più varie, tentano di espri-mere il proprio mondo interiore o più sempli-cemente cercano un momento di evasione e di serena distrazione dalla “routine” quotidiana. In questo modo, di tanto in tanto, si può sco-prire anche un vero e proprio talento dell’arte pittorica. Uno di questi fortunati si può consi-derare MARIOLINO CAPUANO, di profes-

Mariolino Capuano

Nelle opere pittoriche

dell’artista foriano

si coglie

una sorta di amara

ironia e un senso

cupo della vita

sione commerciante, con una non breve espe-rienza di capitano marittimo.

Nato a Forio nel 1943, fin da ragazzo ha prediletto i colori e la grafica. Nel 1958, appena quindicen-ne, partecipa ad una collettiva insieme con artisti quali Bolivar, Avitabile, Emerson, Von Rudloff; nel 1982,dopo una lunga interruzione, l’artista foriano riprende l’attività pittorica con maggiore consape-volezza nelle scelte, perfezionando o acquisendo nuove tecniche, con preferenza per l’inchiostro di china su carta o l’acrilico su compensato o su tela. Partecipa a collettive fuori dell’Isola d’Ischia:

1984 al IV Trofeo S. Francesco, Barra;1985 al premio d’arte moderna di Catania, risul-

tando primo classificato; 1985 alla decima Rassegna internazionale di pit-

tura, scultura, grafica e poesia - Pompei. Si parla di lui e della sua arte nel volume Storia dell’Arte contemporanea, ed. Arte Pompei.

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La sua prima personale si è avuta dal 20.12 al 30.12.1985, nell’atrio del Cinema Italia in Casamic-ciola Terme ed è stata questa l’occasione, che mi ha fatto conoscere la bravura e l’originalità di Marioli-no Capuano nel campo dell’arte figurativa. Le opere di Mariolino Capuano non sono di facile lettura. Chi le osserva può dare ad esse l’interpre-tazione che vuole. Vi può leggere del simbolismo concettuale o l’estrinsecazione dei fantasmi dell’in-conscio, che spesso premono prepotenti alle porte dell’io razionale e riescono a farsi strada proprio attraverso l’arte. Osservando le opere pittoriche dell’artista foriano, oltre a notare che questi ha raggiunto padronanza e maturità nella tecnica, si coglie una sorta di ama-ra ironia e un senso cupo della vita. Infatti i colori, anche quando non sono foschi, quasi mai appaio-no illuminati dalla luce e, se questa è presente, è una luce fredda, senza calore. La collocazione di un oggetto, di un personaggio apparentemente non in armonia con la composizione stessa, genera a chi guarda un senso di inquietudine, di incubo. Così al parapetto della Chiesa del Soccorso in Fo-rio, quasi tolda di nave dominante il mare tempe-stoso, si affaccia inaspettatamente la sagoma di un

burattino, Pinocchio di collodiana memoria. Men-tre a ridosso della Chiesa di S. Gaetano appare un prosaico furgone, che trasporta una copia del Mosé di Michelangelo. Un senso di solitudine totale si prova di fronte all’opera in acrilico su tela, rappresentante un og-getto, abbandonato su una spiaggia, delimitata da un mare in tempesta e sconfinato. Forse reminiscenze di burrascose traversate tran-soceaniche hanno ispirato a Mariolino Capuano il Notturno, in cui campeggia un cielo nero solcato dal sinistro bagliore di un lampo lunghissimo. Rifu-gio, appena accennato infondo alla composizione, quasi emergente dall’angolo più nascosto del cuore dell’artista, la Chiesetta del Soccorso, rappresen-tante forse per i marinai foriani, oltre la presenza della Provvidenza, anche il paese natio, il calore del focolare tanto più sognato quanto più si è lontani.

Antonina De Palma Garise

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Un gioiello distrutto

La Cappella Regine a Foriodi Giuseppe Alparone

Senza neanche un mormorio di protesta di coloro che sono abituati ad indignarsi contro il cemento dello sviluppo edilizio, è completamente sparito dal tessuto urbano di Forio un gioiello prezioso: la Cappella REGINE, che Scipione Volpicella definiva di tanta e sì ricca eleganza che assai bene starebbe unita al palagio di alcuni de’ più magnifici signori che si sapesse nel Reame. Traggo la citazione da una delle Gite, descrizione di paesi visitati, con cui il futuro primo presidente della Società Napoletana di Storia Patria collabo-rava a periodici e raccolte di scritti vari, nel caso presente l’Albo Artistico Napoletano, pubblicato da Mariano Lombardi nel 1853. Scipione Volpicella era un erudito, ma non uno storico dell’arte, anzi in tale campo era imbevuto di pregiudizi neoclassici che lo portavano a guardare con occhio malevolo ad interi secoli. Descrivendo l’isola d’Ischia non s’accorge dell’esistenza di Alfon-so Di Spigna (dopo il ms. 439 della B. N. di Napoli la prima menzione è nelle pagine di Giuseppe D’A-scia, nel 1867), dimentica il nome della chiesa di S. Restituta, ma ci permette di identificarla grazie al giudizio acido sul pittore Filippo Balbi, autore del S. Agostino all’altare, passa distratto e con gli oc-chi chiusi accanto a quel gingillo meraviglioso che è la Congrega di Visitapoveri, ma per fortuna dedica molta attenzione alla cappella Regine (la chiesetta della famiglia dei Regina) permettendoci di cono-scere com’era e di piangerne la scomparsa. Scomo-da Michelangelo, citandone il più famoso dei versi del celebre sonetto dedicato a Vittoria Colonna, per sottolineare l’imperfezione dello scorso secolo de-cimottavo, da cui si distinguerebbe un tantino la mano che ubbidisce all’intelletto del-Vottimo arti-sta, purtroppo ignoto, autore di due acquasantiere e del ritratto di Gaetano Regine, maestrevolmente scolpito di mezzo rilievo in un tondo. C’era sull’altare una brutta immagine diS. Filippo Neri, tinta piuttosto che dipinta nel 1776 da Anto-nio Sarnelli di poco avventurosa memoria (opi-nione malevola che nessuno oggi condivide), ed in sacrestia un bel Cristo porta-croce di Giovanni Do, che il Volpicella chiama Don.Nella sacrestia medesima due sculture di Giusep-

pe Sammartino, lodato per aver fatto a Napoli fede della virtù dell’ingegno ne’ tempi della decadenza delle arti (i tempi di Solimena, De Mura, Bonito, Giaquinto!). Per motivi facilmente comprensibi-li ne inverto la citazione, ricordando prima la pila dell’acqua sotto un piede che sostiene una lapide. Ha questo piede scolpito nella faccia assai bene di basso rilievo in un tondo il mezzobusto del sacer-dote Pietro Regina, fondatore della chiesetta, e sot-tostà alla figura di un nudo fanciullo, in cui si dice ritratto di naturale il nipote ed erede del fondatore. La statua della Fede (la religione del Cristo), figura-ta come donna anzi piccina che grande, panneggia-ta e velata, la quale in atteggiamento poco acconcio, calpesta sopra la pietra quadra della chiesa la ma-schera dell’ipocrisia, e le carte delle false dottrine ed i serpentelli de’ vizi, sostiene con la mano stanca (sinistra) una croce di tronchi posata sopra il libro degli evangeli a cui sottostanno ritte le mosaiche ta-vole della legge, solleva con la mano destra il cuore fiammeggiante della carità, ed ha presso al pie drit-to il profano amore bendato è senza ali rovescio, e capovolto. Il nome dello scultore e l’anno 1786 si legge all’un lato nell’orlo superiore del piedistallo, il quale ha le facce ritondate, si vede listato d’oro, ed è adorno d’una storia di vecchi e donne con lampade egregiamente condotta di basso rilievo. Tralasciamo di trascrivere uno sproloquio con cui Scipione Volpicella monta in cattedra per esporre i canoni del neoclassicismo confrontando questa fi-gura velata ed il celeberrimo Cristo Velato con una statua velata opera di Luigi Persico, a suo dire ricca di tutte le qualità che mancano alla scultura di Giu-seppe Sammartino. Riflettiamo su questa descrizione accuratissima che risponde in gran parte, tranne i particolari in basso, ad una statuetta che alla fine degli anni ‘50 venne acquistata sul mercato antiquario e pubblica-ta nella rubrica di antiquariato de L’Espresso. Con molta cortesia il giornalista Fabrizio Dentice, che firmava la rubrica con lo pseudonimo di Oberon, rispose alla mia lettera ed io andai a Roma a cer-carla presso il museo di Palazzo Venezia che l’aveva acquistata. Anche qui ebbi la fortuna di imbattermi nella cortesia del compianto direttore prof. Anto-nino Santangelo, che me la mostrò accuratamente dopo averla tolta da una vetrina, indicandomi le

La Rassegna d’Ischia 2/86 25

tacche di misurazione da cui lo scultore intendeva passare dal bozzetto al marmo. E’ un bozzetto dello scultore atestino Antonio Corradini, autore della celebre Pudicizia, una del-le statue velate che fanno della cappella Sansevero un museo unico al mondo. Antonio Corradini morì a Napoli nel pieno della sua attività nell’anno del Signore 1752, ed il suo aiutante Giuseppe Sammar-tino si trovò a disporre di trentasei bozzetti di creta cotta, da uno dei quali, conservato nel Museo Na-zionale di S. Martino, trasse il celeberrimo Cristo Velato, che porta la data del 1753. La mia ipotesi che a distanza di anni ricavasse da un bozzetto corradiniano anche la statua di Forio, purtroppo perduta, non piacque a Napoli (Mor-mone), ma piacque invece a Roma (Faccioli) ed a Leningrado (Matzulevitch). La esposi in un breve saggio ospitato dal Bollettino d’Arte del Ministero della P. I., nel quale venne pubblicato anche il bel S. Vito argenteo di Giuseppe Sammartino, che poi è riapparso come novità nell’ambito della mostra del ‘700, giacché chi lo ha ripubblicato ha preferito ignorare che non era affatto inedito. La pagina del Volpicella si conclude così: Nel pavi-mento d’una loggetta onde si passa dalla sacrestia all’abitazione dei Règina, si vede dipinte le storie della creazione del mondo e della salvezza degli animali nell’arca di Noè in mattoni invetriati, che ricordano quelle celebratissime fabbriche di maio-liche di Castelli di Abruzzo. Quando visitai la cappella, adibita a caserma della guardia di Finanza, ricordo di avere ammirato tale pavimento, quale unica reliquia della decorazione così minutamente descritta. Sparita la costruzione, pare che tale pavimento sopravviva, secondo quan-to mi dice l’amico Agostino di Lustro, in una delle tante ville sorte negli ultimi anni. Unico neo della pagina del Volpicella il non essersi accorto della presenza o della bellezza di un altro pavimento, che è pure sopravvissuto, ed è finito nella sala dei professori del primo istituto d’arte a Napoli. Una bella foto a colori, tav. 29, lo riproduce nel volume Pavimenti e rivestimenti maiolicati in Campania, pubblicato dal dott. Guido Donatone a Napoli nel 1981. Serve a farci comprendere quanto bella fosse la cappella Regine e di quanta impor-tanza sarebbe stata sul piano culturale e turistico per il buon nome di Forio, anche se c’è da dubitare sul suo reale apprezzamento in sede locale. Quan-do nella primavera dell’83 il prof. Edoardo Mala-goli presentò la monografia di Agostino Di Lustro sulla confraternita di Visitapoveri le autorità locali brillavano per l’assenza.

Giuseppe Alparone

FERMAMMECE NU POCOPoesie di Umberto Patalano

“Na scatulella ‘e parole / mise nzieme”, così presenta l’autore questa sua raccolta poetica. Il lettore si accorgerà che non si tratta del solito sgranarsi di ricordi nell’intento di volere, ad ogni costo, fissare istantanee che il tempo ha sbiadito, per rendere eterni attimi e sensazioni, provati e sofferti un giorno, e di cui, in un determinato mo-mento, si sente l’accorata nostalgia. E’ la vita con la sua stessa quotidianità, il mon-do con il suo incessante mutare che risvegliano, in consonanza o, molto più spesso, in dissonan-za, echi lontani, palpiti, sbocci e ferite. Da questo nasce la varietà dei temi e dei motivi: l’accora-to rimpianto di un’ epoca revoluta, il nostalgico ricordo dei cari perduti, le gioie, le pene e tutte quelle piccole cose, cui un tempo non si prestò forse attenzione, e che all’improvviso urgono con una calda nostalgia che il cuore culla e lusinga. Per questo stato d’animo, inoltre, lo sguardo che il poeta volge sul mondo che lo circonda, luccica di un sorriso ironico, a volte canzonatorio, senza mai essere beffardo, pur proponendo, come una specie di filosofia dettata dal semplice buonsenso, una propria visione delle cose ed una propria teo-ria del mondo e sul mondo. Pur tuttavia, il mondo, che predomina è il mon-do familiare: la moglie, i figli, le nuore, i nipotini. La visione spesso si allarga e quel mondo ingloba anche gli abitanti del piccolo centro turistico, di-cui si singolarizzano le abitudini, non poche volte le manie o certe situazioni più o meno strambe, se non ridicole. Rivive pure il mondo familiare dell’infanzia di cui permangono stati d’animo e l’atavica devozione, anche se alcuni personaggi biblici o catechistici (Giuda, Noè, San Pietro...) sono visti in un’ottica del tutto nuova e singolare. Si legga, ad esempio, GIUDA, che evidenzia l’ine-luttabilità del destino. Come ogni artista che si rispetti, anche Patala-no dimostra una spiccata tendenza narcisistica che lo spinge, dopo pochi “autoritratti”, finanche all’acrostico: Uno e ddoie / Me metto a pazzia. / Badando poco... / E niente ‘e fessarie. Alcune liriche avrebbero forse meritato qualche taglio reciso ed un intervento più critico da parte deli-autore. Le sue emozioni, però, sono limpide, i suoi sentimenti sono sentimenti senza veli e la lingua che adoperala lingua napoletana, ce li ren-de quasi palpabili.

Giovanni CastagnaPresentazione contenuta nel volume, pubblicato nel dicem-bre 1985.

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Le feste di PasquaArticolo tratto da Usi e costumi di Napoli e contorni, a cura di Francesco De Bourcard, vol. II Napoli 1853, Nuova edizione in volume unico, Longanesi editore, 1970)

In nessun paese del mondo il popolo celebra le feste come in Napoli. L’ardore meridionale, la spensieratezza, l’obblio di ogni cura, il non esser solleciti della dimane come fu imposto agli Apostoli, l’abbandonarsi in som-ma alla gioia perché questa s’insinui nell’anima per tutt’i pori del corpo, è privilegio speciale del popolo napoleta-no. Né si manifesta meno il suo buon cuore nelle feste: se sta mangiando e bevendo all’aria aperta della strada in cui dimora o della taverna urbana o campestre, non passa amico a cui non offra un bicchier di vino e non lo costringa ad accettare, non pezzente a cui non dia alme-no un pezzo di pane. Chi è presente a queste baldorie, a questi tripudii, se non è un freddo egoista, sente passarsi nell’animo quell’aperta e franca allegria; ed io ho rara-mente provato tanto piacere quanto nel vedere quella popolare contentezza nelle affollate bettole suburbane. Dolorosamente questo bel quadro ha il suo lato tristo. E qual cosa non l’ha quaggiù? Spesso si fan debiti e pe-gni per una momentanea gozzoviglia, verificandosi quel proverbio spagnuolo che dice giorno di tutto vigilia di nulla. Spesso la vista di un ubriaco deturpa la scena fi-nale dello spettacolo, e spesso la conturbano le risse, che riescono ad insanguinarla. Fra queste feste hanno il primato quelle di Pasqua. Po-ste nella stagione in cui si esce dal torpore dell’inverno (torpore relativo al clima che noni è certo quello delle marmotte delle Alpi), in cui la primavera ringiovanisce l’anno, più che l’aspetto di famiglia delle feste del Natale, hanno l’aspetto di festa dell’intera città. Quelle comin-ciano e si compiono fra i domestici lari; queste se co-minciano in casa, si vanno a compiere fuor del pomerio cittadino. Preparativo alla crapula è il lungo digiuno dei dì qua-dragesimali, fatto più rigido in quelli della settimana maggiore. E la nostra plebe l’osserva bene quel digiuno, un po’ per divozione religiosa, un po’ per necessità. Il di-giuno di quaresima del ricco sarebbe per un popolano lautezza squisita. Fagiuoli, minestra di cavoli, baccalà, aringhe, peperoni in aceto, zucche e carote alla scapece, cipolle, ed altri simili cibi, sono per lui nutrimento con-sueto. Sicché non è strano che la povera gente voglia in alcune occasioni festive dell’anno avere il suo banchet-to, regalarsi del bendidio, e farsi un tratto la sua buona scorpacciata, cavando il corpo di grinze. All’indigestio-ne provvede il moto corporale e l’aria della campagna; e in ogni caso vi rimedia la consecutiva dieta abituale. L’ubbriachezza passa con un buon sonno. E se vi furono risse, quelle che non finiscono con una gita ai Pellegrini e con una villeggiatura gratuita alla Vicaria, hanno presto componimento in una pace procurata “dagli amici o dai

compari, pace più sincera e più durevole di quella onde ora godono le potenze europee. Detto questo così sui generali delle feste di Pasqua, en-triamo a dire qualche cosa più in particolare. Il prodromo si ha già nella settimana santa. Da ogni parte cominciano ad andare in giro per la città servi e facchini con regali, che non solo sono dimostrazione di affetto fra amici e fra parenti, ma il più sovente dimo-strazione superba di superiorità a chi crediamo essere a noi inferiori, e spesso turpe mercede di favori a persone in carica o ai loro facili ministri e servi. La gente elegan-te corre ai misereri (1) per fare sfoggio di vestimenta, e trova una delizia la musica più noiosa del mondo. E mentre i pizzicagnoli incominciano l’apparato pasquale delle loro botteghe, il bel sesso corre a far mostra di sé nella passeggiata di Toledo, che dal tocco del giovedì ri-mane sgombro di carrozze fino alle dieci del mattino del sabbato. Negli anni passati era vietato in questo tempo per tutta la città il passaggio delle carrozze e d’ogni altra sorta di veicoli. Di più, i bigliardi dovevano starsene inoperosi, e in molte case non si usava spazzare né sonare alcun istrumento. Qual ragionevolezza s’avesse questa usanza, io noi saprei dire: soltanto posso dire che ora rimane il divieto delle carrozze per Toledo e per qualche altra stra-da principale. E tutti vi si versano, come fiumi affluenti di un fiume reale, più che a visitare i sepolcri nelle chie-se, a dare spettacolo di sé e de’ suoi abiti, a vedere i ser-penti ringiovaniti che al cessare della fredda stagione escono dalle tane rivestiti di novella scaglia. Esposizione vivente, ove si vede e si è veduto. Si entra e si esce dalle chiese per ammirare il paramento, l’addobbo, la scenica montatura del così detto sepolcro; e per riposarsi dalla passeggiata si va a sedere alla predica della Passione. Ed intanto il pizzicagnolo ha compito il suo apparato, dove salami e salumi, latticini e formaggi d’ogni maniera destano l’appetito nel comune dei riguardanti e le voglie nelle gravide. Per descrivere quest’altra esposizione ci vorrebbe un intero lessico culinario, con molte aggiunte per quelle specialità che non hanno riscontro nella bella lingua toscana. Vi dirò solo che anche qui il politico ha di

1 È inveterata costumanza che il direttore del conservatorio di musica in Napoli debba comporre un miserere che poi vie-ne eseguito ogni anno dagli alunni in tre sere della settimana santa. Di presente nella chiesa di S. Pietro a Majella, attigua al collegio, si esegue quello del cav. Saverio Mercadante succedu-to al cav. Nicola Zingarelli. La chiesa in tale occasione è sempre piena di gente elegante, soprattutto di stranieri. Io l’ho inteso una volta sola.

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che confortarsi, vedendo il prodotto dell’unità nazionale nell’unione degli svariati prodotti di tutte le italiane pro-vince. I prosciutti del Cilento danno la mano ai zamponi di Modena e alle mortadelle di Bologna; il caciocavallo di Regno e di Sicilia fraternizza col parmigiano di Lodi e collo stracchino di Milano; il cacio di Cotrone s’abbrac-cia a quello di Sardegna, e la ricotta salata di Avella dà un bacio alla ricotta fresca e al butiro di Roma. L’ordine e la simmetria che pone il pizzicagnolo fra le sue merci po-trebbe servir di modello, non che ad un architetto, ma ad un amministratore. La gente attonita si ferma e guarda con occhi cupidi, mentre mentalmente riduce quei chi-logrammi, quelle lire e soldi delle cartelle, in antichi pesi e monete di Napoli, e poi rivolge l’occhio del pensiero all’asciutto e magro borsellino, E cresce il lavorio preparatorio: alle solite cantilene dei venditori s’aggiunge quella del grano per la pastiera, de’ limoni dolci, e su tutte domina il grido del beccaio ambulante: chi ammazza o piecoro, grido a cui riman-gono esterrefatti molti e molti mariti. Le vie, le piazze, i mercati si popolano di venditori e di merci; le botteghe, e specialmente quelle dei pasticcieri e dei confettieri, si abbellano di straordinaria mostra delle loro mercanzie. E a questo universale movimento si mesce ad ogni pie’ sospinto una voce che intuona il cento di questi giorni; voce che scende dritto alla borsa per praticarvi un salas-so. Ma ecco suona la gloria : spari festivi, campane, canalo-ni l’annunziano. Le carrozze riprendono il loro corso or-dinario. L’alleluja discaccia fin l’ultimo tristo segno di lutto, e tutti gli animi son volti al banchetto della di-mane. Ma è ancor sabbato, poiché la Chiesa che anticipa di un giorno la morte, anticipa pur di un giorno la risur-rezione. Quindi la plebe si divora devotamente l’ultima aringa, l’ultima salacca, l’ultima sarda salata, mentre il ricco assapora delicatamente il consueto storione e fa penitenza col pesce spada, col merluzzo, colla sogliola, colle triglie, coi calamai. Gli apparecchi incalzano; gli spenditori sono in volta, e chi non l’ha fa la spesa da sé; fornai, macellai, pasticcieri, cuochi, ostieri, vinai, sono in grandissime faccende: fervet opus. Non vi descriverò il pranzo pasquale: aprite la Cucina del duca di Buonvicino, e troverete più di quello ch’io potrei dirvi. Ma i cibi di prammatica sono la minestra di Pasqua, lo spezzatello con uova e piselli, l’agnello al forno, l’insalata incappucciata, la soppressala colle uova sode, il tòrtano, il casatello, e per corona e suggello del pranzo la pastiera. Io vi parlo delle usanze del popolo, a cui più o meno si accosta la classe media. I ricchi e i no-bili non si abbassano a queste vivande plebee, o se pure s’imbandiscono sulle loro mense, poco o nulla conserva-no del nazionale primitivo aspetto. Ne sia esempio il casatello. Nella sua prima sempli-cità popolare non è altro che un pane di forma circo-lare, come un grosso ciambellone, in cui si conficcano delle uova, anche un solo, secondo la dimensione del pane, e queste uova, con tutto il guscio, son fermate al loro posto da due strisce di pasta in croce. La pasta è la solita pasta del pane, ma intrisa col lardo strutto.

Cotto al forno, le uova vi divengono sode. Questi casatel-li per lo più si fanno in casa, prendendo la denominazio-ne di caratello a un uovo, a due uova e via dicendo; e non solo si regalano scambievolmente, ma si danno ancora ai servi, alla lavandaia, e ad altre persone domestiche. Ma il ricco, se pur si degna di farne fare in casa o di com-prarne, vuol che vi sia mescolato zucchero, uova battute e vattene in là; e i venditori di dolciumi e i pasticcieri ne fanno a questo fine di altre paste dolci, di pan di Spagna, e di svariate altre guise, sol conservando del popolare casatello la forma circolare colle uova o altra cosa che abbia forma di uovo. Ogni festa ricordevole ha fra noi il codazzo di altre due. Così al Natale, così alla Pasqua, così alla Pentecoste. Ed è ben ragione che non si passi di botto dalla gozzoviglia all’ordinaria forzosa frugalità. Il passaggio si fa per gra-di, e l’esuberanza del dì della festa si vuol digerire nelle due feste secondarie. In queste si consumano gli avanzi del dì solenne, e si provvede a quel che manca nelle ta-verne, nelle osterie, nelle cantine, specialmente in quel-le che sono nei deliziosi dintorni di Napoli. Pazzigno, il Granatello, il Pascone, Casanova, Lotrecco, Capodichi-no, l’Ottocalle, Miano, lo Scutillo, Antignano, il Vomero, Posilipo, Fuorigrotta, accolgono i popolani di Napoli. E senza uscire dalla città, guardate in uno di quei giorni il corso Vittorio Emmanuele, la Marinella, Santa Lucia, Foria, Porto, il Pendino, le adiacenze di Porta Capuana e di Porta Nolana, e non avrete bisogno della testimonian-za di Persigny per conchiudere che il popolo napolitano è il popolo più allegro e più contento del mondo. Ma le feste, già declinanti nel martedì, sono finite nel dì seguente. Tutti ripigliano le loro occupazioni, meno coloro che non ne hanno alcuna. L’operaio torna al la-voro; e purché n’abbia, purché la sanità rida sul volto di lui e de’ suoi, manda al diavolo ogni malinconia, e pensa come fra cinquanta giorni possa andare a Montevergine o almeno alla Madonna dell’Arco.

Emmanuele Rocco

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Forio

La corsa

dell’Angelo

di Pietro Paolo Zivelli

A Forio, più che in altre zone dell’Isola, sopravvi-vono e si tramandano usi e costumi nei quali si fon-dono ricordi pagani e motivi di più alta religiosità. In queste manifestazioni dal richiamo ancestra-le, rivivono superstizioni e leggende, misticismo cristiano e risonanze pagane, storia e cultura di un passato che non dovrebbe morire, ma trovare continuo alimento in una rivendicazione folklorica e culturale attraverso l’impegno dei politici e la par-tecipazione dei cittadini. Tutto questo a conferma che il veicolo migliore per comunicare informa ac-cessibile alla mentalità popolare non è tanto il do-cumento, la testimonianza scritta bensì il ripetersi in termini di partecipazione di tali manifestazioni, quelle stesse quasi del tutto trascurate dalle nuove generazioni distratte dal consumismo, dalle mode effimere quanto i tempi che le caratterizzano. La domenica di Pasqua si svolge a Forio una sa-cra rappresentazione, certamente tra le più belle e suggestive che si possano vedere altrove su questo tema: LA CORSA DELL’ANGELO. (1)

Non so quando per la prima volta si sia fatta tale rappresentazione, che per il coinvolgere diretta-mente tanta parte della popolazione, locale e non, resta un fatto di costume, un motivo folkloristico, un incontro reale tra credenti e non credenti, tra cattolici e non; una verifica della rappresentazione come fatto religiosamente sentito, culturalmente vissuto; un pretesto per lo spettacolo puro; senz’al-tro un momento ecumenico sociale. L’angelo dipinto ad oro, di fattura manierata, si-mile ad un vero combattente nella fierezza degli occhi, deciso nel capo leggermente chino, “anghe-los” foriero di buone nuove, portato a spalla, corre lungo il corso principale dalla P.tta G. Matteotti al quadrivio del paese. (2) Il percorso è tappezzato lungo i fianchi da un vero muro umano. La gente diverse ore prima si dà da fare per potere occupare un posto nelle prime posi-zioni; i vecchi palazzi settecenteschi sul Corso, con le loro lunghe balconate, sono affollati oltre misura. La buona stagione incoraggia ad uscire, a sosta-

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re in quelle stoffe leggere, variopinte che fanno da cornice, che ubriacano gli occhi di chi si soffermi a guardarsi intorno.Sembra veramente un momento della vecchia Fo-rio. La gente del posto, come a Napoli nel giorno dello “struscio” (3), veste gli abiti più eleganti, soddisfa-cendo così un abituale esibizionismo civettuolo, ma soprattutto deferente avvertendo l’importanza del-la festività religiosa. Sin dal primo mattino della domenica di Pasqua, diane di mortaretti, di bombe carta lacerano l’aria e gli orecchi di quanti indugiano a letto. Le campa-ne riprendono a suonare a festa facendo dimenti-care il lugubre, monocorde suono del “tabba-tabba “ (4) dei giorni della Passione. Diverse famiglie sono direttamente coinvolte nella sacra rappresentazione: quelle famiglie che conser-vano da lungo tempo il diritto di portare a spalla le statue di S. Giovanni, della Madonna e del Cristo Risorto. E’ questo uno “jus” geloso che si trasmettono da generazioni, un privilegio che per nulla al mondo rimetterebbero in altre mani, un richiamo che fa ritornare anche chi lontano è per motivi di lavo-ro. Non credo vi sia un coordinatore, tutti si muo-vono seguendo una regia estemporanea quanto efficace, senza mai compromettere perciò il buon

esito della rappresentazione. Dopo un riverente inchino nei confronti del Cristo Risorto, l’Angelo vola letteralmente a portare la buona novella alla Madonna:Regina Coeli laetare, Alleluja, Alleluja;Resurrexit sicut dixit, ora pro nobis miseris;Alleluja, Alleluja Il secondo versetto, non so per quali fenomeni fo-netici, subendo interpolazioni ed inflessioni dialet-tali, comunque per l’ignoranza della lingua latina, in una comunanza di accenti viene fuori dalla gola aperta a mantice dei poderosi cantori più o meno così:Restu Restu, sicutu sisti (due volte) Alleluja, Alle-luja.... Ora pronobiseru, ora pronobiseru, Alleluja, Alleluja (qui con tono ancora più alto, da infarto). Bisogna dire che vi è un acceso agonismo tra i due capigruppo dei cantori, i quali si danno da fare nel reclutare quanta più gente possibile in modo da su-perare nell’urlato l’altro gruppo. L’uno si dispone a semicerchio all’inizio del Cor-so, l’altro all’estremità opposta. Ripetendo forse in-consciamente la disposizione dei coreuti nel teatro greco, e delimitando, frenando l’impeto dell’Angelo in corsa. Tre corse e cinque stazioni, che scandiscono il tem-po nella piazza, che soffocano o incitano le grida, le esclamazioni dei presenti. Poi il momento meno dinamico ma certo più drammatico. L’Angelo si ri-tira all’altezza del campanile di S. Maria di Lore-to. Maria, il volto ricoperto da un candido velo (5), ormai convinta di quanto le è stato annunziato, in compagnia di Giovanni si avvia verso il punto dove staziona il Cristo. La folla, sino a quel momento rumorosa e chiasso-sa, zittisce, aspetta. Il procedere della Vergine e di Giovanni è ovattato dal silenzio. A metà del corso, in un punto preciso, da anni sempre lo stesso, il momento magico: una vera “suspense” per tutti quanti, pur sapendo ciò che andrà di lì a poco ad accadere, sembrano im-pietriti come dal fatto nuovo, l’arcano, il mai visto, il non vissuto. Un prete, che neppure si vede, mentre tutti gli oc-chi sono fissi sulla statua della Madonna, fa scivo-lare via il velo (4). Una esclamazione di meraviglia, dilatandosi, as-sume la dimensione di un boato; le campane ri-prendono a suonare festosamente, mentre ritagli di velina colorata vengono giù dalle terrazze, dai balconi a confondersi in una policromia di stoffe, di palloncini, di bandierine agitate, di colombi che volano riacquistando una simbolica libertà.Da alcuni anni c’è anche una banda musicale locale

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che non fa mancare il suo generoso ratatà: Tutto sembrerebbe concluso con l’incontro tra la Madonna e Gesù Cristo, ma non è così. Si fa largo tra la folla ormai straripata nel Corso, un adulto vestito di una tunica bianco-celeste, uno del grruppo che precedentemente disciplinava, ar-mato di corta asta di ottone, i cordoni laterali du-rante la corsa dell’Angelo. Porta con braccia ben tese in avanti un alto sten-dardo con sulla estremità superiore un bianco pen-nacchio lungo quasi mezzo metro (lì tirso di Dioni-so?,) (5). Si porta verso il Cristo e dopo che gli si è creato intorno lo spazio sufficiente, sempre rivolto in os-sequio alla statua del Cristo, dà luogo ad una vera e propria prova di abilità e di forza. Ad un cenno del preposto, impugnando lo sten-dardo notevolmente lungo alla estremità inferiore, lo porta in posizione orizzontale sino a sfiorare con il pennacchio il selciato per tre volte (il sacro nu-mero si ripete con matematico misticismo); guai se dovesse toccare terra, perderebbe il diritto di ripe-tersi l’anno dopo. Tutto si conclude con una proces-sione per le vie del paese.

Pietro Paolo Zivelli

Note

Qualcosa di simile, oltre che in altre cittadine d’Ita-lia (famosa quella di Sezze), si verifica in alcune cit-tà spagnole, quali Siviglia, Cordova e Granada. In queste città, durante la “Semana Santa”, vengono portati a spalla per le strade principali i cosiddet-ti “Pasos” (effigi o gruppi lignei che rappresentano scene della Passione di Cristo).In uno studio (“Arciconfraternita di S. M. Visitapo-veri”) dello storico di cose fonane, Agostino Di Lu-stro, rilevo a pag. 19 che delle statue (Gesù Risorto, la Madonna, S. Giovanni Evangelista, e l’Angelo) le prime tre furono scolpite in legno da un anonimo artigiano, quasi certamente di Napoli (nel bilancio del 1757 si trova una nota di 60 carlini o grana per “nolo dette statue”), tra il 1756 e il 1757. Un anti-cipo di sei ducati fu pagato allo scultore nel 1756, ed altri dieci l’anno successivo “per rifosa alle tre statue”. L’Angelo è una statua in legno dorato, che sulla base reca scritto in caratteri d’oro l’annuncio pasquale: REGINA COELI LAETARE ALLELUIA.

STRUSCIO (lat. extrusus), rumore delle scarpe strisciate per terra; caratteristica passeggiata del giovedì e venerdì santo (ebbe inizio il 18 marzo 1704, al tempo di Ferdinando IV); si cammina (so-vente con scarpe nuove) assai lentamente, un po’

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perché la folla assiepa le strade e le chiese adorne del Sepolcro e perché si indugia davanti alle vetrine dei negozi che offrono in via Toledo, in via Ghiaia e in via Duomo il meglio dei loro generi.

Via Toledo, in Via Chiaia e in Via Duomo, il meglio dei loro generi.4 TABBA TABBA - onomatopeico: strumento a per-cussione rudimentale ed arcaico. Si compone di un corpo di legno pieno, di lunghezza variabile tra i 50 e i 30 cm e largo 20/25 cm, presenta una maniglia nella parte alta che serve a impugnatura. Sul cor-po del legno in senso longitudinale sono applicati, mediante appositi occhielli, due tondini di ferro sul davanti, due sul retro a forma di maniglia. Operan-do un mezzo giro della mano da destra verso sini-stra e viceversa, le maniglie ruotano negli occhielli e battono sul legno. Talvolta in corrispondenza del-la linea di battuta, sul legno si trovano infissi chiodi di grosse dimensioni in modo da offrire con la loro testa una superficie di impatto che rende più inten-so il suono (tabba tabba).Lo strumento suddetto è

la famosa “tabula” che nel Medio Evo veniva suo-nata durante l’agonia dei monaci. Il suono del tabba tabba, secondo la liturgia della chiesa, sostituisce quello delle campane dal “Glo-ria” del giovedì santo al “Gloria” della domenica di Pasqua.A. Di Lustro, pub. cit., pag. 41 (20) “fino a qualche decennio fa, questo velo erd colore nero.Nel bilan-cio del 1759 troviamo anche una spesa di 60 (carlini o grana) sostenuta “per un manto negro alla Ma-donna della mattina di PASCA” (Arciconfatemita di S. Maria di Visita-poveri - registro dei conti, perio-do 1736-74).TIRSO gr. THYRSOS - bastone nodoso e contorto sormontato da un viluppo di edera,che veniva con-siderato presso gli antichi attributo di Dioniso o dei Satiri e delle Baccanti. Le fotografie delle statue, realizzate da Luigi Cop-pa, sono state tratte dal libro: “La Confraternita di Visitapoveri a Forio” di Agostino Di Lustro.

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Festa degli artigianiPremiati 27 anziani artigiani dell’isola

Domenica 16 marzo 1986, presso la Sala Congressi della Cabalhotels in Lacco Ameno, si è tenuta la se-conda edizione di FESTARTIGIANO, organizzata dall’Associazione Artigiani dell’isola d’Ischia. Sono stati premiati 27 anziani artigiani che “han-no contribuito, con il loro lavoro, allo sviluppo eco-nomico e sociale del comparto e dell’isola. “Le 1200 imprese artigiane oggi operanti sull’isola - ha detto Silvestro Fiorentino nella presentazione - vogliono manifestare ai maestri artigiani, attraverso questa premiazione, la loro riconoscenza per aver saputo tramandare come una tradizione la loro cultura socio-economica, fondamentale per un paese. Ha preso poi la parola il Presidente dell’Associa-zione Artigiani dell’isola d’Ischia, sig. Michele Tra-ni.

MICHELE SCOTTI:Lo sviluppo dell’artigianato è possibile attra-verso la forma associativa delle cooperative e dei consorzi Devo innanzitutto ringraziare vivamente, a nome dell’Associazione Artigiani dell’isola d’Ischia, tutti gli intervenuti a questa seconda edizione di FE-STARTIGIANO che quest’anno ha ricevuto il pa-trocinio dell’Amministrazione comunale di Lacco Ameno, alla quale va un caloroso ringraziamento. FESTARTIGIANO si va dunque qualificando, oltre il suo aspetto di festosa occasione, come un momento di riflessione su quella che è la continuità storica dell’artigianato. Nel consegnare ai maestri artigiani i simbolici at-testati della nostra stima, riconosciamo ad essi, in modo certo, la presenza storico-economica del loro lavoro determinante nella formazione delle attuali maestranze e nella costruzione dell’attuale assetto socio-economico. Ma FESTARTIGIANO è anche una occasione, for-se l’unica fino ad oggi, dove le forze sociali e le re-altà istituzionali si incontrano sul piano della pre-senza artigiana. Non sembra perciò fuori luogo sottolineare, pro-prio in questo momento dedicato agli artigiani an-ziani, come oggi più che mai occorra una fattiva in-

tesa fra forze imprenditoriali e lavorative e pubblici amministratori. La consistenza numerica e qualitativa dell’im-prenditoria minore e media infatti, con tutta la problematica ad essa relativa, non può più passare inosservata. Occorre una attenta revisione delle attuali posizio-ni politico-amministrative nei confronti di questa realtà ormai profondamente mutata, eppure tanto vitale quanto trascurata. La Regione Campania, ad esempio, è forse l’unica Regione italiana ad aver prodotto nel corso di que-sti anni un numero di leggi e provvedimenti per gli artigiani assolutamente ridicolo. Sono state riconfermate e rifinanziate leggi dal tenore assistenziale e bloccate proposte o leggi che possono invece effettivamente risultare utili al comparto. E non è il caso di addurre esempi. Nel frattempo l’artigianato è andato evolvendosi verso forme strutturali nuove e questo in un tempo abbastanza breve. Per la nostra isola si è trattato di un cambiamen-to legato alla vocazione turistica del posto, con un incremento di quei settori dell’artigianato di servi-zio, che ha positivamente riorganizzato la struttura lavorativa delle imprese, producendo un più alto numero di laboratori, di occupazione, di aggiorna-mento tecnologico ed in certa misura di riqualifi-cazione professionale legata alla conversione pro-duttiva. Qualcosa di molto diverso dall’artigianato degli anni ‘50, fatto di accurate e laboriose tecniche, di strumenti lavorativi arcaici, fondato sull’istituto dell’apprendistato a tempo pieno, sulla trasmis-sione del sapere lavorativo strettamente legato alla sfera dell’arte, della maestria e della padronanza assoluta del mestiere. Un artigianato tradizionale unico ed irripetibile e di difficile recupero, il problema attuale è che le realtà produttive devono adeguarsi alle esigenze sempre più pressanti del mercato, devono dotarsi di nuovi strumenti e strutture, devono rispondere in maniera moderna e flessibile al nuovo assetto economico. Dotato di una nuova legge-quadro, stimolato dalle ultime leggi sulla occupazione giovanile, agevolato

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nella politica creditizia, l’artigianato sembra aver conquistato una precisa identità nel quadro econo-mico del paese che non è più quella della classica figura dell’evasore fiscale. Proprio in rapporto a questi evidenti processi, gli artigiani hanno ora la necessità improrogabile di utilizzare quegli strumenti associativi che, per ana-cronismo, sull’isola hanno tardato e tardano ad af-fermarsi. E’ attraverso la forma associativa della cooperati-va e del consorzio che oggi passano le linee di uno sviluppo più articolato e programmato dell’artigia-nato. Mediante l’incremento dell’associazionismo divie-ne possibile interloquire con le istituzioni, interve-nire concorrenzialmente sul mercato, garantirsi un ruolo nel contesto economico.

L’artigiano deve ora imparare a fare il suo mestie-re in maniera diversa, facendosi protagonista e non passivo fruitore di scelte effettuate altrove. Oggi, l’organizzazione artigiana sull’isola ha pro-dotto forme associative come cooperative ed ulti-mamente un consorzio. La costituzione del CONSORZIO ISCHITANO DI SERVIZI REALI a favore delle imprese artigia-ne rappresenta un importante passo in avanti per l’imprenditoria artigiana: in questo momento essa ha a disposizione tutta la potenzialità che esprime un tale istituto e sarebbe un grosso errore sotttova-lutarlo. Le 52 imprese che già aderiscono al consor-zio rappresentano la volontà di quegli ampi settori dell’artigianato ischitano di intervenire attivamen-te nel complesso del processo economico della no-stra isola, fondando il loro programma di fattibilità in un quadro che spazia dalla commercializzazione dei prodotti alla realizzazione di aree attrezzate. Agli enti locali spetterà ora il compito di garantire la tutela dell’artigianato, come sancito dal detta-to costituzionale, intervenendo in modo concreto. Sono ancora molti i problemi rimasti irrisolti: la questione dell’apprendistato, lo sviluppo del lavo-ro cosiddetto abusivo, la ancora scarsa pratica-bilità del credito agevolato da parte degli istituti bancari e così via, fino ad arrivare alla progetta-zione delle aree di insediamento produttivo come definito dalla legislazione urbanistica. Nei prossimi anni, quindi, l’artigianato sarà una realtà sempre più mutevole e determinante che oc-correrà valutare nella giusta dimensione. Una realtà che deve molto al lavoro dei nostri ventotto maestri artigiani, che oggi abbiamo l’onore di premiare,ed ai quali va il nostro più sincero ringraziamento.

Altri interventi: .

TOMMASO PATALANO sindaco di Lacco Ameno

E’ un momento importante questo, per ribadire non solo la esistenza, viva ed efficace, della catego-ria, ma anche i programmi che dovranno diventare richieste pressanti al governo cittadino, regionale, perché, insieme, le proposte dell’Associazione Arti-giani dell’isola d’Ischia non rimangano solo voci nel deserto, ma abbiano, tenuto conto naturalmente di tutte le difficoltà che oggi incontra l’attività ammi-nistrativa, attenzione, soprattutto oggi, considerate le nuove forme di occupazione che sì vanno facen-do strada, specialmente nell’isola d’Ischia, ove ad una piena occupazione nel campo alberghiero ha fatto seguito un abbandono di tutte quelle attività artigiane, dall’agricoltura alla pesca e così via, che erano alla base dell’economia ischitana. Al boom turistico alberghiero ha fatto seguito un altrettanto pieno sviluppo dell’edilizia privata che ha colto in questi anni la massima percentuale di occupazione estiva che rimaneva disoccupata nei periodi invernali. Tuttavia questo mercato è andato ad esaurirsi, sia per leggi restrittive che sono via via intervenute in questo campo, sia per pigrizia delle pubbliche am-ministrazioni, degli enti locali, dell’ente Regione, che non hanno provveduto (o hanno ritardato) a programmare uno sviluppo territoriale, in base a strumenti edilizi adeguati alla realtà. Oggi abbiamo la crisi occupazionale nell’edilizia privata ed occorre quindi che si programmi da par-te degli enti locali, delle associazioni di partito e delle categorie sociali forme nuove di investimenti, riconvertendo il mercato del lavoro e dirigendolo verso queste nuove forme di attività, fra le quali l’artigianato, visto sotto forme moderne rispetto al passato. Ed è necessario che di ciò si prenda coscienza da parte di tutti; è importante quindi che questi di-scorsi, soprattutto oggi con le leggi sul Mezzogior-no che sono state approvata, vengano portati avanti in base a cooperative di lavoro.

LUIGI MELEPresidente regionale della Confederazione Artigiana Sindacati Autonomi L’artigianato è un lavoro che non fa parlare di se come cassa integrazione, scioperi, assenteismo, etc...; è un settore che produce e paga. Questa è una cosa molto importante. Ma i nostri dirigenti nazio-nali hanno fatto sempre e soltanto promesse a fa-

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vore dell’artigianato: è una cosa terribile ascoltare e ascoltare e vedere che i fatti concreti non possono andare avanti. Peccato, perché l’artigianato dà e può continuare a dare tanto.

ANGELO MANZI Sindaco di Casamicciola Terme

A livello di amministrazione abbiamo preso del-le decisioni per venire incontro alle esigenze degli artigiani, abbiamo degli indirizzi di modifica del Piano Regolatore Generale, abbiamo date delle in-dicazioni a che vengano individuate, nell’ambito del territorio comunale, delle zone da destinare a famose zone D, cioè di interventi a carattere arti-gianale. C’è bisogno di dare sfogo a questa attività che non deve essere chiusa, pressata in ambienti angusti, sicché l’Amministrazione comunale deve adope-rarsi per far sì che si individuino zone da destinare proprio agli artigiani e quindi a prezzi anche bassi, per far sì che l’artigiano possa concorrere ad acqui-stare questi terreni. A Casamicciola c’è anche l’altra prospettiva che l’amministrazione comunale sta tentando di porta-re avanti: è in costruzione un porto, al quale dob-biamo dare una sistemazione definitiva. Nell’am-bito del porto dobbiamo trovare delle zone idonee per far sì che gli artigiani, propri del settore marino, trovino occasione di esercitare le attività specifiche. FAUSTO SILVESTRO Rappresentante del comune d’Ischia

L’economia isolana, pur basata principalmente sul turismo, trova delle valvole di sfogo importan-tissime nel terziario, nell’agricoltura e nella pesca. Quindi noi guardiamo con attenzione a quanto ope-ra l’Associazione degli Artigiani, che può dare delle risposte concrete alla necessità di occupazione che esiste sul territorio dell’isola d’Ischia. Occupazione soprattutto giovanile, che deve avere sbocchi nuovi. Ritengo che con alcune iniziative, come l’attuazio-ne dei consorzi, si possa dare una risposta concreta, sia a coloro che già hanno un ‘attività, sia a quel-li che si immettono in tale campo. Bisogna quindi cercare di incentivare queste prospettive e le Am-ministrazioni comunali devono trovare il modo di aiutare le associazioni, anche nel momento in cui chiedono delle strutture, delle zone, chiedono la possibilità di immettersi attivamente nell’econo-mia dell’isola; e quindi dare delle risposte non assi-stenziali, ma risposte concrete per far in modo che coloro i quali si impegnano quotidianamente nel

loro lavoro, possano trovare poi delle concrete sod-disfazioni di carattere economico. Con la legge sul Mezzogiorno abbiamo la possibi-lità di creare i presupposti di nuova imprenditoria-lità.

GLI ARTIGIANI PREMIATI

Lacco AmenoCalise Marianna (sarta) Papagni Gaetano (Sar-to) Matterà Vincenzo (Edile) Monti Leopoldo (Fabbro) Vespoli Rosa (Ricamatrice)

IschiaCalifano Antonio (Meccanico) Cuomo Liborio (Pittore) Mancusi Filippo (Sarto) Terzuoli Ga-etano (Falegname) Mazzella Isidoro (Murato-re) Patalano Salvatore (Panettiere) Del Franco Antonio (sarto)

BaranoMarino Giovanni (Falegname) Iacono Nicola (Fabbro) Panariello Vincenzo (Muratore)

CasamicciolaSenese Stanislao (Tassista) Lombardo Luigi (Pittore) Conte Gennaro (Tassista) D’Angelo Giuseppe (Meccanico) Barr Luigi (Elettricista)

ForioMonti Filippo (Falegname)-Luongo Salvatore (Fabbro) Matterà Ottorino (Muratore) Tessi-tore Eduardo (Muratore) Calise Michele (Mec-canico)

Serrara FontanaIacono Eugenio (Calzolaio) Iacono Silvestro (Falegname)