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Giulio Grablovitze gli studi geofisici nell’isola d’Ischia

Testo di E. Oddone (dicembre 1928)

Nato nel 1846 in terra non libera, inspirato da sentimenti nazionali, assunse trentenne la cittadi-nanza italiana quando la sua città natale, Trieste, doveva per oltre quarant’anni rimanere ancora op-pressa dallo straniero. Un’immane catastrofe (Casamicciola 28 luglio 1883) doveva dare origine alla sua carriera. Stu-dioso di fisica cosmica e terrestre, attirò su sé l’oc-chio della Commissione Reale Geodinamica no-minata in seguito a quel disastro. Fu chiamato in suo seno, e nel 1885, quando il Parlamento decise sorgesse in Italia e nell’isola d’Ischia a Casamiccio-la il primo Osservatorio Geodinamico, considerato che il Grablovitz aveva qualità di ricercatore e di organizzatore, fu giudicato degno di fondarlo e di-rigerlo. La costruzione dell’Osservatorio di Casamicciola andò per le lunghe, ostacolata da mille avversità edilizie; pel che nell’attesa, il prof. Grablovitz do-vette impiantare il servizio sismico in una stazione provvisoria a Porto d’Ischia. Successe che la zona attorno gli offerse tale campo di indagini, che si può dire la sede prediletta dei suoi lunghi studi fu più Porto d’Ischia che Casamicciola; e, anche quando il vero Osservatorio principiò a funziona-re, egli abitò sempre presso la stazione di Porto d’Ischia. L’attività del Grablovitz rifulse in vari rami del-la geofisica, ma più particolarmente nella sismo-metria. A quei tempi gli strumenti sismici erano pochi, primitivi e per lo più avvisatori empirici. I pochi registratori davano grafici confusi, inde-cifrabili, che scientificamente rappresentavano pressoché nulla. Fu lui ad indicare la giusta via per ottenere dei sismogrammi leggibili; lui a sostenere il principio del punto fermo e delle tre componen-ti: due orizzontali, la terza verticale; lui a dividere gli apparecchi da servire gli uni per le onde rapi-de, gli altri per quelle lente. Alle prime destinava i già esistenti pendoli verticali corti (modelli Cecchi e Brassart), alla registrazione delle onde lente de-stinava i livelli geodinamici ed un apparato da lui stesso ideato e cioè la vasca sismica. Più tardi, col modificare e rendere registratori i pendoli orizzon-tali del Rebeur Paschwitz, risolveva il problema di catturare con un solo apparecchio le onde sismiche di svariate lunghezze. Tutti convengono che i pen-doli orizzontali del prof. Grablovitz costituiscono il punto di partenza dei più sensibili sismografi

moderni. Certo in oggi, gli enormi progressi fatti dalla sismometria hanno reso inutili gli strumenti della scuola passata creati con minimi mezzi, quin-di inutili i Cecchi, i Brassart, gli stessi Grablovitz; ma non dimentichiamo che essi segnarono l’inizio di un’era novella, e dimostrarono anche in questo ramo della geofisica il primato d’Italia. Il prof. Grablovitz insisteva a generalizzare la convinzione che, senza strumenti precisi e senza un tempo cronometrico, i diagrammi più perfetti perdono nove decimi della loro utilità. Ed in più di una occasione mostrò che, migliorato il servizio strumentale e provveduto alla cognizione dell’ora, le calcolate velocità di propagazione crescevano al doppio del primitivo valore. Così il problema della determinazione della distanza epicentrale comin-ciava a delinearsi possibile. Grazie alle sue doti inventive, seppe costruire da sé i suoi sismografi, ed era così grande la sua abi-lità sperimentale e così soda la sua preparazione matematica, che anche cogli strumenti rudimenta-li in sua mano traeva dati che potevano competere con quelli dei più moderni perfezionati apparecchi dei grandi Osservatori esteri. Della sua produzione sismologica buona parte delle memorie è presa dalla descrizione degli ap-parecchi da lui ideati; altre trattano del come do-vrebbero essere impiantati gli osservatori e fatte le osservazioni; altre costituiscono elenchi e mono-grafie di terremoti, di periodi sismici, di microsi-smi, di analisi dei diagrammi, di relazioni, di pa-reri ecc. Mi indugio sulla produzione nel campo della si-smometria per far noto che, in qualunque suo ca-pitolo fosse sorto nuovo quesito o conflitto di idee, egli sapeva risolverlo coll’acume del suo ingegno. Ne porge un esempio elegante la tesi dell’escursio-ne verticale delle onde sismiche lente. Pareva ad un egregio sismologo che le oscillazioni lente fos-sero dovute ad inclinazioni del suolo, ciò che corri-spondeva ad attribuire all’escursione verticale del-le onde lente un’ampiezza fino a mezzo metro. Il prof. Grablovitz con un’indagine sperimentale, che a suo onore vogliamo ricordare, dimostrò che ciò non succedeva. Su di un bilanciere, a periodo lento atto ad imitare il presunto moto verticale del suo-lo, montò una spirale a periodo breve. Mostrò che la spirale seguiva il moto verticale lento del bilan-ciere con un’elongazione assai notevole. Siccome

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la spirale in occasione delle onde lente del suolo, di egual periodo, segnò ampiezze di gran lunga mi-nori, cosi poté con stringente logica conchiudere che anche nelle onde lente l’escursione verticale è molto, molto esigua. Le sue idee sull’organizzazione sismica erano all’incirca le seguenti: accentramento di direttiva tecnica, e cioè creazione presso il R. Ufficio Cen-trale di Roma di un Istituto sismografico per spe-rimentare e confrontare con unità di metodo tutti i tipi di strumenti sismici che finora diedero risul-tati positivi. Il detto Istituto avrebbe anche da san-zionare l’opera degli Osservatori della rete sismica concretandone gli scopi. Tale rete sismica avrebbe dovuto essere composta di una cinquantina di sta-zioni equamente distribuite a distanze reciproche prevalenti di 100/ 150 km. Può a prima vista pa-rere esagerato questo numero, ma il Grablovitz lo giustificava in quanto egli non aveva solo di mira la registrazione dei terremoti lontani, ma voleva ap-profondire lo studio dei terremoti italiani e quello della determinazione degli epicentri. Vogliamo adesso considerare l’opera del prof. Grablovitz in altri rami della geofisica. Dotato di profonda cultura astronomica poté tra altre indagini1 studiare con competenza la fre-quenza dei terremoti in relazione all’angolo orario della luna, ed i rapporti che esistono tra i micro-sismi e l’azione luni-solare. Costruì orologi solari e tali che, prima dell’introduzione della radio, gli fornivano dati orari sufficientemente esatti. Co-struì planisferi, ossia carte geografiche mondiali per uso geodinamico, le quali danno le distanze e le direzioni azimutali dei vari luoghi da servire alla determinazione della distanza epicentrale. Costruì diversi grafici dell’isola d’Ischia a servizio della ge-ofisica. Si occupò del difficile problema della defor-mazione periodica della parte solida del globo ter-restre dovuta all’attrazione luni-solare, e dell’altro problema non meno complicato dei bradisismi. Istituì nell’Isola una rete di punti geodinamici tri-gonometrici con l’indicazione delle rispettive quo-te altimetriche, e degli azimut reciproci. Ciò lo riportò a studi che già gli erano prediletti, dico gli studi mareografici2. Vi contribuì con nu-

1 In astronomia esordì nel 1874 con la pubblicazione di previsione dei fenomeni celesti, limitati prima a Trieste, poi estesi a tutta Italia. Eseguì in seguito calcoli di eclissi, di congiunzioni, di occultazioni; scrisse sul passaggio di Venere, ecc.2 I primi studi mareografici datano dal 1875 e sono tavole di maree. Propose nuovi tipi di mareografi; collaborò alla compilazione del Portolano delle carte d’Italia intrapresa dal R. Ist. Idrografico della Marina; eseguì il programma mareografico del Tirreno affidatogli dal Comitato Talasso-grafico. Scrisse sul fenomeno della marea nell’Adriatico e ne diede le tavole. A questo proposito una reminiscenza. È noto che l’illustre geodeta austriaco Roberto von Sterneck

merose pubblicazioni e con l’impianto di un mare-ografo, tipo Thomson, a Porto d’ Ischia, del quale per trentasette anni seguì le registrazioni. Ricavò così gli elementi mareometrici dell’isola che non è sterile qui ricordare. Consistono in otto onde pe-riodiche principali delle quali l’onda media luna-re semidiurna ha un’ampiezza di 24 cm. e 10 cm. quella dell’onda media solare. La prima raggiun-ge il suo massimo da 9 a 10 ore dopo il passaggio dell’astro al meridiano. Nel novilunio e plenilunio sale a 34, ai quarti di luna scende a 14 cm. Lo spoglio dei diagrammi ed il loro confronto coi capisaldi vicini, gli accertarono un progressivo ab-bassamento del lato orientale dell’isola, in possi-bile connessione coi fenomeni sismici locali e col bradisismo di Pozzuoli. Insisteva perché si ripetes-sero le livellazioni di precisione, insisteva perché si studiassero le oscillazioni periodiche della super-ficie terrestre mediante i pendoli orizzontali. Anzi suggeriva che tali pendoli fossero impiantati lonta-no dalle azioni di marea; per l’Italia presso il lago Trasimeno. Gli stava a cuore vedere confermata una sua giovanile teoria secondo la quale nelle ma-ree entrano in modo preponderante le oscillazio-ni del suolo impresse nei punti più flessibili della crosta terrestre dall’attrazione del sole e della luna. Un’altra collana di studi riguarda le acque termo-minerali dell’ isola e fenomeni affini come fuma-role, stufe, sabbie calde, ecc. Queste termali egli le ha enumerate e sistematicamente investigate. Per quelle vicine al mare, trovò una relazione tra la temperatura, il deflusso ed il livello del mare.

pubblicò, nel 1903, una carta delle isorachie adriatiche ba-sandosi su valori della costa dalmata che, per la maggior parte, erano semplici interpolazioni aritmetiche e li giusti-ficò mirabilmente con una teoria sua propria attribuendo implicitamente a Manfredonia 6’1 e ad Ortona 10h,5.Erano stupende ogive concentriche sulle quali il Mazelle, il Magrini e il De Marchi basarono argomentazioni in oppo-sizione alle vedute del Grablovitz. Ebbene in una successi-va pubblicazione il von Sterneck stesso, che allora troppo in buona fede attinse ai dati altrui, 1) dichiara interpolati ed inesatti i dati su cui si era basato nel 1903; 2) ammette il movimento d’altalena in cambio dell’irradiazione della marea delle aree di maggior profondità; 3) revoca la leg-ge emessa del continuo incremento della marea dal SE al NW per ammettere invece una linea nodale con ampiez-za minima nella parte centrale; 4) a spiegare altri effetti suppone un’altra linea nodale quasi normale alla prima quale il Grablovitz accampò a pag. 6 del fase, di gennaio 1907 della Neptunia; 5) ottiene mediante sue proprie os-servazioni, nell’autunno 1907, a Manfredonia 3\ 9 (non più 6) ed a Ortona 3\3 (non più 10,5) in accordo con 3,3 e 3,7 del Grablovitz rispettivamente determinate nel 1906 su os-servazioni del 1899 e 1901; 6) costruisce infine una nuova carta (tuttavia discutibile da Ancona ad Ortona) essenzial-mente diversa dall’altra (1903) che il Magrini riprodusse in appendice alla traduzione della Marea del Darwin. È anche da ricordare che il Grablovitz ebbe a correggere l’errata car-tina mareografica dell’apprezzatissimo Atlante Berghaus.

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Consiste in questo che, quando il mare è basso per la presenza di anticicloni, il deflusso è minore ed è minore la temperatura della termale. Invece quando il livello del mare è alto per depressioni atmosferiche, il deflusso della termale è maggiore e maggiore la temperatura. Queste relazioni sono messe in evidenza in base a numerose osservazioni discusse coi più svariati artifici dell’analisi mate-matica nei quali era maestro. Tale campo di studi sulle termali non è ancora chiuso, ma intanto certe variazioni termiche, che per l’addietro destavano timori, in oggi trovano spiegazione nello stato del-la marea. Anche in Meteorologia raccolse molte annate di osservazioni, fatte di pubblica ragione negli Annali e nei periodici locali. Di lui abbiamo inoltre alcune monografie: una sull’anemometria, una seconda sul clima dello Scioa, una terza sull’influenza lu-nare sul tempo, una quarta su di un periodo baro-metrico. In complesso il numero delle sue pubblicazioni supera il centinaio e sono quasi tutte da qualificar-si per ottime. Dato ampio cenno dell’opera del distinto ed au-torevole scienziato, poco rimane a dire della sua carriera, che tutta si compendia nell’isola. Vi fu un momento dove pareva ne dovesse uscire, ma fu miraggio di breve durata. Ecco come andarono le cose. Mentre era nel programma del Grablovitz di moltiplicare le stazioni sismiche, prevalse inve-ce a Roma il concetto di ridurle ad un minimo, ed in quest’ordine di idee, mentre egli accarezzava il sogno che la sistemazione dell’Osservatorio di Ca-samicciola si sarebbe consolidata con l’assegno di sufficiente personale, più larghi mezzi, ecc. un fa-tale Decreto sopprimeva, assieme ad altri, proprio l’Osservatorio dell’ isola. La soppressione venne motivata per i disturbi che l’azione degli urti del mare avrebbero provocato sui moderni sensibilis-simi strumenti sismici, nonché per la relativa lon-tananza dell’Osservatorio dai grandi centri scien-tifici. In quei giorni così tristi per lui, chi potrà mai dire la dolorosa impressione che quella misura ebbe a procurargli? Ben vero che un successivo articolo del Decreto spiegava che l’Osservatorio di Casa-micciola sarebbe stato trasferito a Trieste; e che da lettere private egli seppe che molti desideravano ch’egli avesse accettato la direzione di quel nuovo osservatorio3. Non è a dire quanto sia stato lusin-

3 La scelta di Trieste devesi al volere di quella Città di veder conservato il già esistente Osservatorio Sismico, un deside-rio evidentemente subito esaudito per motivi patriottici. Fu il Comitato Talassografico a disporre che gli apparecchi si-smici da Bosco Pontini passassero ad un nuovo Padiglione costruito nei locali dell’Osservatorio Geofisico al passeggio di Sant’Andrea.

gato, in un primo tempo, dal miraggio di sapere che, per volontà concorde di tanti, era designato alla Direzione dell’Osservatorio di Trieste, Trieste la sua città nativa redenta! Ciò leniva il dispiacere di lasciare l’isola amata e di veder soppresso l’Os-servatorio pel quale aveva tanto lavorato e lottato. Restava il disappunto di apprendere che a Trieste gli apparecchi sismici erano stati tolti da Bosco Pontini e portati nell’ubicazione di Sant’Andrea, a riguardo della quale il Grablovitz diceva: “Un Wiechert ben regolato non farà che registrare fe-delmente ogni flutto di mare ed ogni passaggio di veicoli tranviari e ferroviari”. Restava anche da risolvere la questione delle camere da studio, da biblioteca, da archivio e d’alloggio pel personale.... La complicata questione degli alloggi andò anch’essa per le lunghe e tanto che, senza essere decisa, fu preceduta da un Decreto di collocamen-to a riposo del prof. Grablovitz per raggiungimento dell’età e degli anni di servizio. Per quanto il provvedimento sia stato mitigato, grazie all’animo buono del prof. Palazzo che otten-ne che al Grablovitz fosse conservato l’uso tempo-raneo dell’alloggio nei locali demaniali dell’Osser-vatorio di Casamicciola fino al completo trasferi-mento della suppellettile scientifica a Trieste, e gli venisse conferito il titolo di Direttore onorario, era la fine! Vecchio di 82 anni, angustiato da sventure dome-stiche, infermo da quattro mesi, ripetutamente at-taccato da paralisi e travagliato per la perdita della vista, vide con rassegnazione approssimarsi la fine e serenamente spirò addì 19 settembre 1928. Attorno al feretro che trasportò all’ultima dimora la salma del prof. Grablovitz, si adunò, in pietoso plebiscito di dolore, tutta Casamicciola ed il supe-riore nostro Ministero ed il nostro Ufficio centrale vi erano rappresentati. Tra la generale commozio-ne egli fu inumato non lungi dov’è la tomba del-la figlia primogenita; quella Teresina che soleva coadiuvarlo e che aveva tanto amor filiale e tanta devozione pel servizio che, febbricitante, l’anno della spagnuola, si alzava per compiere lei le os-servazioni che il padre, pur ammalato, non poteva effettuare. Il prof. Grablovitz fu funzionario esemplare, me-ritevole d’ogni encomio. Confinatosi da sé medesimo, e per la vita, nella isola, diede alla scienza tutta l’opera sua con mo-destia, zelo e spirito d’abnegazione. In condizioni difficili, per scarsità di personale e di dotazione, compì da sé il lavoro intellettuale e gran parte del lavoro manuale che a quello si connette. Diede prestigio ad un ramo scientifico nuovo, importante per la nostra Italia, che a quei tempi era guardato con diffidenza. Anche negli altri rami della geofi-sica tenne alto il decoro della scienza italiana. La

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sua fierezza per le cose nostre lo portava a lagnarsi che qualche volta la stampa quotidiana desse all’e-stero dei vanti che sono nostri. Fu un generoso e nessuno di noi, suoi colleghi, ottenne qualche suc-cesso di studi o di carriera che egli non se ne com-piacesse con giovanile entusiasmo. Per non dare agli isolani, ossessionati dall’idea del terremoto, la sfavorevole impressione di una sua assenza, non si allontanava dall’isola nemmeno per le vacanze. Assolse con abilità e tatto il penoso compito di nul-la nascondere alle popolazioni e d’altro canto dare alle manifestazioni endogene il loro vero valore. Non gli mancarono del resto alcuni riconoscimenti ufficiali. I suoi apparecchi sismici, presentati all’e-sposizione di Milano (1906), furono premiati di medaglia d’oro. Fu invitato ad assistere, con voto consultivo, alle discussioni del Consiglio Direttivo

di Meteorologia e Geodinamica. Appartenne al Co-mitato per gli studi talassografici del Mediterraneo in qualità di tecnico esperto. Ebbe la cittadinanza onoraria di Casamicciola; ed ebbe dal governo fa-scista le insegne di Commendatore. Fu vice pre-sidente della Commissione edilizia speciale per l’Isola d’Ischia, e membro della Commissione di giuria per l’aggiudicazione dei premi nel concor-so indetto dagli Ingegneri ed Architetti di Milano per le tre migliori proposte in fatto di costruzioni asismiche. Fu anche vice presidente della società alpina delle Giulie; membro delle direzioni delle società Minerva ed Adriatica di Trieste, socio fon-datore della società Sismologica Italiana e mem-bro di quella degli Spettroscopisti».

E. Oddone

Giulio Grablovitze i tempi gloriosi dell’avvio delle ricerche geofisiche in aree vulcaniche

(da G. Luongo, E. Cubellis, F. Obizzo - Ischia, storia di un’isola vulcanica - Liguori Editore, 1987).

L’Osservatorio di Casamiccio-la nasce nel 1885 in seguito alle istanze avanzate da più parti per la costituzione di detta struttura, “quando il Parlamento decise sorgesse in Italia e nell’isola d’I-schia, a Casamicciola, il primo Osservatorio Geodinamico”. Fu chiamato alla direzione Giulio Grablovitz, già impiegato di ban-ca a Milano, autodidatta, facente parte della Commissione Reale Geodinamica, nominato in se-guito alla catastrofe del 28 luglio 1883. La costruzione dell’Osser-vatorio di Casamicciola andò per le lunghe; così Grablovitz iniziò le osservazioni sismiche instal-lando una stazione provvisoria a Porto d’Ischia, nei locali dello Stabilimento Termale Militare. Nel 18984 fu messa a punto la sede sulla Collina della Senti-nella, mentre alcuni strumenti furono conservati al Porto. In quella sede l’Osservatorio rima-se solo tra il 1898 e il 1902, in quanto Grablovitz trasferì le at-trezzature di nuovo al Porto per-ché incominciò ad interessarsi 4 In altre fonti si legge che l’Osser-vatorio di Casamicciola fu inaugu-rato nel 1891 (nota ed.).

anche dei fenomeni di marea. Sviluppò molto la parte della strumentazione per le registra-zioni sismiche e fu il primo ad utilizzare strumenti diversi per la registrazione di terremoti vici-ni e di quelli lontani, sismografi che oggi si direbbero “a corto pe-riodo e a lungo periodo”. Per le registrazioni delle onde lunghe, secondo le componenti orizzon-tali, costruisce un apparato che si chiama “vasca sismica”. Questa consiste di un recipiente a for-ma circolare contenente acqua; due galleggianti sono posti ai bordi del recipiente all’estremi-tà dei diametri secondo le dire-zioni N-S ed E-O. Il movimento dell’acqua, prodotto dalle onde sismiche di lungo periodo, è in-grandito e registrato su un tam-buro con carta affumicata. La vasca ha un diametro di 1,5 m e la profondità dell’acqua è di 1 m. Il movimento del suolo secondo la componente N-S è ingrandito di 74,4 volte, mentre secondo la direzione E-O l’ingrandimento è di 68,6 volte. Per ottenere orari sufficien-temente esatti costruì orologi solari. Il controllo del mezzo-

giorno vero è un’immagine gu-stosa tramandata da un giovane ricercatore in forza presso l’Os-servatorio Geodinamico di Casa-micciola all’inizio degli anni ‘20 e poi direttore dell’Osservatorio Vesuviano. Sul pavimento di una stanza rivolta a Sud era trac-ciata una meridiana; Grablovitz, ormai ottantenne, e il giovane ri-cercatore, inginocchiati accanto alla linea N-S attendevano che il fascetto di luce, passante at-traverso una fessura ricavata sulla facciata dell’edificio rivolta a Sud, coincidesse con la traccia sul pavimento per definire il mo-mento del mezzogiorno vero. Il Reale Osservatorio Geodina-mico di Casamicciola nel mo-mento di maggiore attività ha due stazioni sismiche, una al Porto d’Ischia e l’altra alla Gran-de Sentinella, e una stazione mareografica al Porto d’Ischia. Ad Ischia si registrano i terre-moti del Pradesh del 1905 e di S. Francisco del 1906 come risul-ta dalla pubblicazione “Report ofthe State Earthquake Inve-stigation Commission” da “The California Earthquake of Aprii 18, 1906”.

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Al mareografo si registra il ma-remoto prodotto dal terremoto di Messina del 1908. Negli anni successivi Grablovitz continuò nei rilievi sismici e mete-orologici senza aggiornare la stru-mentazione. Nel 1923 l’Osservato-rio di Casamicciola fu soppresso. Grablovitz ottenne a titolo perso-nale di restare nei locali di Casa-micciola continuando a compiere alcune osservazioni. Il mareografo (che aveva registrato il terremoto del 1908), fu consegnato agli organi tecnici della città di Napoli che ben presto se ne disinteressarono. Alla morte di Grablovitz, 1928, una del-le figlie, in qualità di diurnista, con-tinuò le osservazioni fino a quando gli strumenti non furono trasferiti all’Osservatorio di Trieste. (...) Dalla storia dell’Osservatorio di Casamicciola si evince chiaramente che le sorti di esso sono state legate a quelle di Grablovitz. Ai momenti di grande attività e di genialità del

Grablovitz si sono accompagnati momenti di prestigio dell’Osser-vatorio. Grablovitz era certamente una persona singolare, triestino, autodidatta di bell’aspetto, cata-pultato in un’Isola del Sud, creava certamente del fascino intorno alla sua persona, specie tra le donne, e per questo motivo anche riprova-zione da parte di alcuni cittadini di Porto e Casamicciola. Era, come suol dirsi, una persona poco for-male, e questo suo atteggiamento lo scaricava all’interno del lavoro e nei rapporti con i figli. Le osserva-zioni e le attività svolte all’Osserva-torio erano in stretta simbiosi con i problemi familiari. I figli vivevano all’interno dell’Osservatorio e per volontà del padre dovevano essere autodidatti. Grablovitz rappresenta molto bene i tempi gloriosi dell’avvio delle ricerche geofisiche in aree vulcaniche. Ma rappresenta anche un’occasione mancata di rendere

solidi dei filoni di ricerca che si mo-streranno alcuni decenni dopo come fondamentali per la comprensione della dinamica delle aree vulcaniche attive. La mancata nasci-ta di una scuola da parte di Grablovitz è certamente legata

La Vasca sismica ideata da Giulio Grablovitz

alle difficoltà dei tempi, ma anche il personaggio forse non possedeva gli strumenti adatti per farsi segui-re con la dovuta continuità dai gio-vani che si affacciavano allo studio dei vulcani con metodologie geofi-siche. L’altra struttura che avrebbe potuto portare avanti questo setto-re, l’Osservatorio Vesuviano, attra-versava negli anni ‘20 una profon-da crisi dirigenziale che può essere fatta risalire all’indomani della morte del suo direttore Giuseppe Mercalli, nel 1914. In queste condi-zioni il settore va in piena crisi e la leadership passa al Giappone che la conserva tuttora. In Italia solo nella seconda meta degli anni ‘60 inizia una sensibile ripresa e poi l’even-to di Pozzuoli (inversione del bra-disismo) nel 1970 e la nascita del Progetto Finalizzato Geodinamica nel 1976 riporta il settore della Vul-canologia fisica a livelli competitivi con i paesi all’avanguardia (USA, URSS, Giappone, Francia).

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