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Sanità LA RADIOPROTEZIONE NELLE ATTIVITÀ SANITARIE: MANUALE INFORMATIVO AD USO DEI LAVORATORI

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Sanità

LA RADIOPROTEZIONE NELLE ATTIVITÀSANITARIE:

MANUALE INFORMATIVOAD USO DEI LAVORATORI

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Alla redazione del presente manuale informativo hanno contribuito:

Anna Anversa(1), Luisa Biazzi(2), Roberto Brambilla(3), Cristina Canzi(3), Stefano DeCrescenzo(1), Giuseppe Eulisse(3), Daniele Fantinato(4), Roberta Matheoud(3), GuidoPedroli(5), Gabriella Raimondi(3), Maurizio Rozza(3), Anna Maria Segalini(6), FrancoVoltini(3).

(1)Direzione Generale Sanità - U.O. Prevenzione - Regione Lombardia(2)Università di Pavia(3)I.R.C.C.S Ospedale Maggiore Milano(4)I.R.C.C.S. Fondazione Salvatore Maugeri Pavia(5)A.O. Niguarda Ca’ Granda Milano(6)Libero professionista

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PRESENTAZIONE

Nel quadro dell’attuazione del “Progetto Obiettivo Prevenzione e sicurezza nei luo-ghi di lavoro in Lombardia, 1998-2000”, di cui alla deliberazione del ConsiglioRegionale n. VI/0848 dell’8 aprile 1998, e in sintonia con la realizzazione del pro-getto speciale “La prevenzione del rischio nel comparto Sanità”, la UnitàOrganizzativa Prevenzione della Direzione Generale Sanità della RegioneLombardia ha predisposto anche la realizzazione di una serie di iniziative per laprevenzione dei rischi professionali da esposizione alle radiazioni ionizzanti. Si trat-ta certamente di un fattore di rischio tra i più conosciuti e meglio affrontati dallanormativa di protezione in ambito occupazionale; infatti gli attuali sistemi e pro-cedure di limitazione delle dosi riescono ad ottenere, se correttamente applicati,la sostanziale protezione della stragrande maggioranza dei lavoratori, anche sepermane ovviamente il rischio incidentale e/o di eventi anomali ed in propositodeve essere adottato ogni utile strumento di prevenzione.

A livello regionale sono state realizzate o avviate in questi anni diverse iniziativein materia di radioprotezione dei lavoratori: si ricordano l’altro le seguenti:– la definizione di linee guida per la classificazione di radioprotezione dei dipen-

denti pubblici del comparto Sanità esposti a rischio derivante da radiazioniionizzanti, approvate con la circolare regionale 15/SAN del 18/4/94 ed aggior-nate alla fine del 1995 in relazione all’entrata in vigore del D. Lgs. 230/95 il1/1/1996;

– l’emanazione della circolare regionale n. 4/SAN del 24 gennaio 2001, a seguitodella entrata in vigore del D. Lgs. 241/2000, che ha modificato e integrato ilD. Lgs. 230/95 recependo la direttiva 96/29/Euratom, introducendo tra l’altrodiverse novità nel Capo VIII, riguardante la protezione sanitaria dei lavoratori;

– sono in fase di avanzata elaborazione le informazioni ricevute in questi mesi dauna trentina di strutture sanitarie pubbliche e private riguardo ai lavoratoriesposti, ai relativi dati dosimetrici ed alla classificazione di radioprotezione: taliinformazioni saranno la base per la formulazione di una linea guida regionalerelativa all’applicazione del principio di ottimizzazione alle attività sanitarie com-portanti il rischio di esposizione alle radiazioni ionizzanti, in ottemperanza aquanto prescritto dall’art. 2 del citato D. Lgs. 230/95 e successive modifiche eintegrazioni.

Certamente la formazione ed informazione del personale esposto a rischio daradiazioni ionizzanti rappresenta un elemento importante per conseguire l’obietti-vo della tutela della salute dei lavoratori in questo campo e si è pertanto proget-tata la realizzazione di un’iniziativa specifica in materia; in questo contesto si èinserita la proposta, avanzata nell’autunno scorso da un gruppo di fisicidell’Associazione Nazionale Professionale Esperti Qualificati in radioprotezione(ANPEQ – Gruppo Regionale Lombardia), di un manuale informativo specifica-mente dedicato ai lavoratori esposti che operano nelle strutture sanitarie.

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La proposta è stata accolta ed il manuale, rielaborato al fine di renderlo maggior-mente coerente con gli obiettivi regionali, è stato sottoposto anche all’esame dellaCommissione di esperti per l’applicazione del D. Lgs. 230/95 istituita presso la U.O.Prevenzione.Si ritiene che questo manuale informativo rappresenti un utile strumento perdare concreta applicazione agli obblighi di informazione dei lavoratori, previsti,oltre che dal D. Lgs. 626/94 sul piano generale, in maniera specifica dall’art. 61,comma 3, lettera e) del D. Lgs. 230/95; lo si mette a disposizione prima di tuttodei Direttori Generali delle Aziende Sanitarie lombarde ma anche dei datori di la-voro di tutte le strutture sanitarie pubbliche e private della Lombardia, con l’au-spicio che possa essere ampiamente utilizzato nell’ambito dell’attuazione degliadempimenti mirati alla prevenzione dei rischi da esposizione professionale alleradiazioni ionizzanti.

L’Assessore regionale alla SanitàCarlo Borsani Milano, ottobre 2001

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1. Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61.1. Le origini storiche e tecnologiche della radioprotezione . . . . . . . 6 1.2. Le radiazioni di origine naturale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 1.3. L’interazione delle radiazioni con i tessuti . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

1.3.1. Gli effetti delle radiazioni sulle cellule . . . . . . . . . . . . . . . 10 1.3.2. Gli effetti delle radiazioni sull’organismo . . . . . . . . . . . . . 10

1.4. I princìpi della radioprotezione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 1.5. La normativa nazionale di radioprotezione. . . . . . . . . . . . . . . . . 15

1.5.1. Criteri di classificazione dei lavoratori e delle zone . . . . . 17 1.5.2. Sorveglianza fisica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 191.5.3. Sorveglianza medica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 201.5.4. La protezione sanitaria della popolazione . . . . . . . . . . . . 21

1.6. Glossario. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 222. Le apparecchiature radiologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

2.1. Generalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 2.2. Generalità sui meccanismi di formazione dell’immagine

radiografica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 3. Principi generali di radioprotezione operativa nelle attività

comportanti l’utilizzo di apparecchiature radiologiche . . . . . . 293.1. Fonti di rischio in attività radiologica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

3.1.1. Fascio primario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 3.1.2. Radiazione diffusa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 293.1.3. Radiazione di fuga . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

3.2. Rischio da irradiazione esterna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30 3.3. Il rischio radiologico nelle attività comportanti l’impiego

di apparecchiature radiologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32 3.3.1. Il rischio in attività radiologica tradizionale . . . . . . . . . . . 32 3.3.2. Fonti di rischio in fluoroscopia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 3.3.3. Rischio radiologico nelle procedure speciali . . . . . . . . . . . 33

3.4. Esempi di tecniche di radioprotezione per la riduzione della doseagli operatori. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

4. La radiologia tradizionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34 4.1. Principali apparecchiature e accessori utilizzati in radiologia

tradizionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 344.2. Misure di prevenzione e protezione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

5. La mammografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 375.1. Generalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 5.2. Misure di prevenzione e protezione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

6. La tomografia computerizzata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38 6.1. Generalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38 6.2. Misure di prevenzione e protezione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

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INDICE

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7. La radioscopia e la radiologia interventistica . . . . . . . . . . . . . . 417.1. Generalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 7.2. Misure di prevenzione e protezione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41

8. La radiologia dentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 448.1. Generalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44 8.2. L’ortopantomografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44 8.3. La radiologia dentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44 8.4. Misure di prevenzione e protezione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

9. La mineralometria ossea computerizzata . . . . . . . . . . . . . . . . . 469.1. Generalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46 9.2. Misure di prevenzione e protezione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46

10. La radioterapia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4710.1. Generalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47

10.1.1. Teleradioterapia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47 10.1.2. Brachiterapia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . 48

10.2. Misure di prevenzione e protezione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49 10.2.1. Teleradioterapia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49 10.2.2. Brachiterapia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49

11. Radioprotezione nelle attività che comportano l’utilizzodi sostanze radioattive non sigillate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5111.1. Generalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51 11.2. Rischio di irradiazione esterna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51 11.3. Valutazione del rischio per irradiazione esterna . . . . . . . . . . . . . 53 11.4. Rischio di irradiazione interna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54 11.5. Valutazione del rischio per irradiazione interna in attività

diagnostica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54 11.5.1. Incorporazione per inalazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54 11.5.2. Incorporazione per ingestione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54

11.6. Valutazione del rischio per irradiazione interna in attivitàterapeutica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55

12. La radioimmunologia (R.I.A.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5612.1. Generalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56 12.2. Misure di prevenzione e protezione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56 12.3. Rifiuti radioattivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57

13. Medicina nucleare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5813.1. Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58 13.2. Misure di prevenzione e protezione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5913.3. Rifiuti radioattivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60

14. Il ciclotrone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6214.1. Generalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62 14.2. Misure di prevenzione e protezione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62

15. La tomografia ad emissione di positroni. . . . . . . . . . . . . . . . . . 6416. La terapia radiometabolica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66

16.1. Generalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66

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16.2. Misure di prevenzione e protezione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66 16.3. Rifiuti radioattivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67

16.3.1.Rifiuti solidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67 16.3.2.Rifiuti liquidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68

17. Irradiazione dei preparati biologici. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6917.1. Generalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69 17.2. Misure di prevenzione e protezione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69

18. Norme di radioprotezione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70 18.1. Appendice 1 - Unità di Misura. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70 18.2. Appendice 2 - Norme di radioprotezione in radiodiagnostica. . . . 72

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1.1. Le origini storiche e tecnologi-che della radioprotezione.

L’8 novembre 1895 Wilhelm ConradRöentgen, professore di fisica all’Univer-sità di Wurzburg, stava studiando le ca-ratteristiche dei raggi prodotti all’internodi un tubo nel quale era stato prodotto ilvuoto e generata un’alta differenza di po-tenziale tra due elettrodi in esso conte-nuti. Questi raggi, chiamati raggi catodi-ci, avevano origine in prossimità dell’elet-trodo catodo ed erano diretti verso l’elet-trodo anodo. Röentgen studiava, in par-ticolare, la luminescenza indotta dal fa-scio di raggi catodici sul vetro del tubo.A un certo punto decise di “oscurare”questa luminescenza ricoprendo il tubocon un mantello sottile di cartone nero,in grado di impedire il passaggio deiraggi del sole o di una lampada ad arco;in queste condizioni notò una deboleemissione luminosa provenire da un pic-colo schermo fluorescente di carta spal-mato di platinocianuro di bario, che sitrovava casualmente a una certa distan-za dal tubo.La fluorescenza indotta sullo schermodurante il funzionamento del tubo persi-steva anche allontanando lo schermofluorescente o ponendo il tubo stessoin una cassetta di legno chiusa ermetica-mente.Tutto questo non trovava ragionevolespiegazione con il fenomeno dei raggicatodici, oggetto di studio da parte dinumerosi fisici in quel periodo (J.J.Thomson dimostrò nel 1897 che i raggicatodici sono costituiti da cariche elet-triche negative, in seguito chiamateelettroni).Röentgen si accorse inoltre, con grande

emozione, che interponendo la propriamano tra il tubo e lo schermo fluore-scente appariva su questo l’ombra delleproprie ossa!A questo punto comprese che qualcosadi sconosciuto, avente origine nel tubo,era in grado di attraversare il cartoneopaco, o la cassetta di legno, la propriamano e di giungere a produrre fluore-scenza sullo schermo: aveva scoperto iraggi X, così chiamati da Röentgen pro-prio per sottolinearne la natura scono-sciuta. Nel giro di poche settimaneRöentgen fu in grado di studiare e di de-scrivere le più importanti caratteristichedei raggi X, e in particolare: – la loro capacità di impressionare lastre

fotografiche;– la loro capacità di produrre ionizzazio-

ne in aria o in altri gas;– la loro capacità di attraversare, senza

apprezzabile attenuazione, molti ma-teriali a basso numero atomico e abassa densità;

– il loro significativo assorbimento du-rante il passaggio attraverso materialiad alto numero atomico e ad altadensità.

Il primo lavoro presentato da Röentgen,intitolato “Un nuovo tipo di raggi”, ripor-tava, oltre alle modalità di produzione ealle caratteristiche principali dei raggi X,anche l’immagine ormai famosa delle“ombre delle ossa della mano” dellamoglie.Proprio il diverso grado di assorbimentodei raggi X in materiali a diverso numeroatomico e a diversa densità è la caratte-ristica che viene sfruttata in radiologiaclinica per “vedere” l’interno del corpoumano e, nell’industria e nella ricerca,

1. INTRODUZIONE

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per esaminare peculiarità o difetti internia manufatti in genere metallici.La scoperta dei raggi X diede al clinicomedico, da alcuni decenni già in posses-so dello stetoscopio (lo “strumento cheguarda dentro il torace”) scoperto daLaennec, un formidabile mezzo diagno-stico in grado di indagare l’invisibile, at-traverso un oggetto fluorescente chia-mato criptoscopio, lo “strumento che os-serva le cose nascoste”.Lo sviluppo delle tecniche radiologichenegli anni successivi fu impressionanteanche grazie alla realizzazione nel 1912da parte di Coolidge di un particolaretipo di tubo a raggi X, dello stesso tipo diquelli ancor oggi utilizzati, sia pure conimportanti aggiornamenti tecnici.

Il tubo di Coolidge è schematicamentecostituito da un'ampolla di vetro, nellaquale è praticato il vuoto spinto e nellaquale si trovano due elettrodi, un catodoe un anodo (o anticatodo), quest’ultimocostituito da un metallo ad alto numeroatomico (ad esempio, tungsteno); nellevicinanze del catodo si trova un filamen-to che, riscaldato, libera elettroni. Nellafigura seguente è riportato uno schemadi massima.

W. Röentgen

Gli elettroni liberati dal filamento riscal-dato vengono attratti dall’anticatodo (cheè l’elettrodo positivo): l’emissione dei raggiX è dovuta all’interazione degli elettroni (iraggi catodici studiati da Röentgen) congli atomi dell’anticatodo.All’epoca della realizzazione di Coolidgeera già stata dimostrata da M. Von Lauela natura fisica dei raggi X: sono ondeelettromagnetiche, fisicamente dellostesso tipo della luce visibile, caratteriz-zate da una diversa lunghezza d’onda,estremamente piccola (dell’ordine di10-10 m).Poche settimane dopo la scoperta deiraggi X da parte di Röentgen, il fisicofrancese Becquerel, ricercando una re-lazione tra i raggi X appena scoperti e ifenomeni di fluorescenza indotti su salidi uranio, scopriva il fenomeno della ra-dioattività naturale e avviava il mondoscientifico dell’epoca alla scoperta dellacostituzione intima della materia.Tra il 1898 e il 1902 Pierre Curie e lamoglie Marie Sklodowska scoprironoaltri elementi (tra i quali il radio) in gradodi presentare il fenomeno della radioat-tività, dimostrando quindi che questonon è esclusivamente caratteristico del-l’uranio.Nel 1934 Irene Curie (figlia dei Curie)e il marito Frederic Joliot scoprirono ilfenomeno della radioattività artificiale,

Schema di un tubo a raggi X

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cioè la possibilità di produrre artificial-mente elementi radioattivi non presen-ti in natura e aprirono la strada allascoperta di un grande numero di isoto-pi radioattivi artificiali (oggi sono centi-naia gli isotopi radioattivi producibili ar-tificialmente).La possibilità successiva di marcarecon isotopi radioattivi cellule, molecoleo farmaci ha fornito ai ricercatori lapossibilità di seguire il comportamentodegli stessi all’interno del corpo umano,in particolare consentendo di rilevare,dall’esterno del corpo, la distribuzionedella radioattività in un particolare or-gano (la cosiddetta scintigrafia) ovverodi eseguire indagini funzionali attraver-so lo studio dell’accumulo e dell’elimi-nazione del composto in un organo o inun tessuto biologico.Proprio lo stesso Becquerel, pochi anni

dopo la scoperta della radioattività na-turale, doveva accorgersi che le radia-zioni scoperte da lui e da Röentgenproducono effetti sugli organismi vi-venti: nasceva quindi da una parte laradioterapia, una nuova disciplina dellamedicina basata sullo sfruttamento te-rapeutico degli effetti biologici delle ra-diazioni, dall’altra la radioprotezione,cioè la disciplina che tratta della prote-zione dalle radiazioni.

1.2. Le radiazioni di origine natu-rale

La scoperta dei raggi X, avvenuta solo unsecolo fa, e la diffusa preoccupazione de-stata dagli effetti devastanti delle esplo-sioni nucleari prodotte durante l’ultimaguerra mondiale hanno diffuso l’idea chele radiazioni ionizzanti fossero solo unprodotto dell’attività umana.In realtà le radiazioni ionizzanti esisto-no da sempre sul nostro pianeta e laspecie umana si è evoluta vivendo e ri-producendosi in un campo di radiazioninaturali, chiamato fondo naturale di ra-diazioni.Le radiazioni naturali hanno origine inparte dal sole e dallo spazio e in partedalla crosta terrestre; inoltre isotopi ra-dioattivi naturali sono normalmente pre-senti nel nostro organismo, come in tuttigli esseri viventi.L’intensità del fondo naturale è moltovariabile da luogo a luogo, è diversa al-l’aperto e dentro gli edifici; all’internodegli edifici può cambiare, spesso inmodo significativo, in funzione di diffe-renti materiali da costruzione e dellapresenza di radon, gas nobile radioatti-vo che emana dal suolo e, in assenza diventilazione, tende a rimanere al suolo,essendo più pesante dell’aria.In Tabella 1 sono mostrate le dosi me-

I coniugi Curie

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Tabella 1 Dose efficace media assorbita da un individuo dovuta a fonti diirradiazione naturali presenti nell’ambiente. (fonte Health Physics, 58-3, 1990)

(*) valore estremamente variabile (dipende dal contributo dovuto alla inalazione di radon, gas radioattivo natura-le emesso sia dal terreno sia dai materiali di costruzione degli edifici).

diamente assorbite, espresse in milli-sievert (mSv), da un individuo della po-polazione a causa del fondo naturale di

radiazioni. Per la definizione di dose sirimanda al glossario al termine di que-sto capitolo.

1.3. L’interazione delle radiazionicon i tessuti

I raggi X appartengono alla famiglia delleradiazioni elettromagnetiche, che com-prende anche la luce visibile, l’infrarosso,l’ultravioletto e i raggi gamma provenien-ti da decadimenti radioattivi; il solo ele-mento discriminante tra queste radiazio-ni è la lunghezza d’onda o la frequenza(che è inversamente proporzionale allalunghezza d’onda).I raggi X, (come anche le radiazioni elet-tromagnetiche provenienti dai decadi-menti radioattivi) a differenza della lucevisibile, dell’infrarosso e dell’ultravioletto,sono radiazioni ionizzanti, perché nel loropassaggio attraverso la materia produco-no ionizzazioni, cioè alterazioni dellastruttura elettronica degli atomi; quandoquesto avviene con gli organismi viventi(in particolare con l’uomo) possono pro-dursi danni biologici, a volte di estremagravità.

Spettro della radiazione elettromagnetica

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Nel seguito vengono riportati i principalimeccanismi biologici che comportanodanno a seguito di esposizione alle radia-zioni ionizzanti e descritti i vari tipi didanno.

Fonte mSv/anno

Raggi cosmici 0.355

Radionuclidi presenti in natura prodotti dalla radiazione cosmica 0.015

Radionuclidi primordialiIrradiazione esterna 50.41

40K 50.18Famiglie radioattive (238U e 232Th) 551.42 (*)

Totale 2.38

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Dopo un grande numero di replicazio-ni di cellule mutate può comparire uneffetto macroscopico nell’organismo. Se la mutazione interessa le cellulegerminali dell’individuo, è possibileche da una di queste cellule abbia ori-gine un embrione; in questo caso lamutazione avrà un effetto genetico,potendo comparire nell’individuo figlioe/o nei figli che da questo sarannogenerati.

1.3.2. Gli effetti delle radiazionisull’organismo

Gli effetti delle radiazioni ionizzantisull’organismo possono essere di duetipi: somatici e genetici.Gli effetti somatici si riferiscono aidanni che si osservano nell'individuoesposto e si esauriscono con lui; gli ef-fetti genetici sono riferiti alle conse-guenze dei danni prodotti sulle cellulegerminali e trasmessi ai discendenti;tali conseguenze si manifestano solonelle generazioni future. Gli effetti biologici, inoltre, possono es-sere suddivisi in “stocastici” e “deter-ministici”.Gli effetti stocastici sono di tipo proba-bilistico, ovvero la loro frequenza dicomparsa, comunque molto piccola, èfunzione della dose; non hanno gra-dualità di manifestazioni con la doseassorbita, cioè sono del tipo tutto - o -niente quale che sia la dose.Gli effetti deterministici sono viceversaprevedibili, nel senso che è possibilepredire se una persona irradiata conuna data dose svilupperà questi effet-ti. Presentano un valore soglia di doseal di sopra del quale colpiscono tutti oquasi tutti gli irradiati e mostrano unaggravio di sintomi con l’aumentaredella dose.

1.3.1. Gli effetti delle radiazionisulle cellule

Il passaggio di radiazioni ionizzanti inuna cellula vivente può dare origine auna complessa catena di eventi poichénella cellula stessa sono presenti mole-cole molto diverse, alcune molto sem-plici (l’acqua), altre molto complesse (ilDNA).In ogni caso, il primo evento è la ioniz-zazione primaria di un atomo o di unamolecola della cellula.

La ionizzazione provoca la formazionedi nuove entità chimiche, a volte moltoreattive, come nel caso dei radicali li-beri derivanti dalla ionizzazione dell’ac-qua; in questi casi possono avvenirereazioni chimiche capaci di modificare ilcontenuto della cellula stessa e quindiin grado di produrre un effetto biologi-co dipendente dalla natura del danno,dai componenti cellulari danneggiati edalla specifica funzione della cellula in-teressata.La cellula umana contiene 46 cromoso-mi, che possono essere schematizzaticome catene di geni: le caratteristichedi ciascun individuo sono determinateda questi geni e dalla loro disposizione.Ogni cambiamento della struttura di ungene, cioè ogni mutazione, si trasmet-te alle cellule figlie, che hanno originedalla cellula mutata.

Fenomeno della ionizzazione

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Possono manifestarsi entro qualchegiorno o qualche settimana dall’irra-diazione (effetti immediati) o dopomesi o anni (effetti tardivi).I valori soglia al di sopra dei quali com-paiono effetti rilevabili clinicamentesono dell'ordine del sievert o anche più. Gli effetti somatici possono essere ditipo deterministico o stocastico.Tra gli effetti somatici deterministici,oltre a quelli dovuti all’esposizione glo-bale acuta di un individuo a dosi ele-vate, di cui viene riportato in Tabella 2un quadro schematico e semplificatodella sintomatologia in rapporto alladose, rientrano: • le radiodermiti, dal semplice eritema

cutaneo immediato alla “radiodermite

Tabella 2 Sintomatologia a seguito di esposizione globale acuta di un indi-viduo ad alte dosi

del radiologo”, che insorge dopo diver-si anni di latenza, ma che non regredi-sce più, fino ad evolvere, potenzial-mente, in epitelioma spinocellulare;

• le alterazioni ematologiche, essenzial-mente rappresentate da manifestazionidi aplasia midollare, con riduzione delnumero di granulociti, linfociti e piastri-ne, e da anemie;

• le alterazioni a carico dell’occhio, es-senzialmente rappresentate dalla cata-ratta, che può insorgere, anche adistanza di diversi anni, a seguito del-l’esposizione ad una dose unica di 5-8sievert (Sv);

• danni agli organi genitali, quali la ridu-zione della fertilità o la sterilità per dosisuperiori a 1 Sv.

Settimane dopol’esposizione

1

2

3

4

Sopravvivenza

nausea e vomito(1 giorno)

depilazione, malesseregenerale

perdita appetito, emor-ragia, diarrea, febbre,deperimento, morteeventuale

possibile nel 50% deicasi

nausea e vomito, ma-lessere, diarrea, febbre

bocca e gola infiamma-te, ulcerazioni, deperi-mento, morte

impossibile

Dose (Sv)

1-3 4 > 6(subletale) (letale) (sopraletale)

11

fase latente

perdita appetito, depi-lazione, infiammazionegola, emorragie

diarrea, guarigione

certa salvo complica-zioni (2.5 Sv sono mor-tali nel 5% dei casi)

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Gli effetti somatici stocastici sono quellipiù importanti dal punto di vista radio-protezionistico in quanto, almeno in viateorica e come vedremo più avanti, sipossono verificare anche per livelli didose molto bassi; viceversa gli effetti de-terministici si verificano solo per valori didose elevati e sono quindi da escluderein attività ospedaliere comportanti l’im-piego di radiazioni ionizzanti.Gli effetti somatici stocastici sono rappre-sentati da lesioni neoplastiche, quali leleucemie e altre forme tumorali solide(cancro del polmone, tumore della mam-mella, carcinoma della tiroide, tumoridello scheletro, etc.). Tali effetti hannotempi di latenza piuttosto lunghi: iltempo di latenza minimo varia da treanni per le leucemie e i tumori ossei adieci anni per gli altri tumori solidi. Vanno inoltre considerati i danni embrio-nali e fetali: infatti, a seguito dell'azionedelle radiazioni sul prodotto del concepi-mento, si possono osservare sia la mortefetale, sia alterazioni dello sviluppo conrischi di malformazioni. Nel primo mese digravidanza dosi dell’ordine di 0.1 Sv rice-vute dall’embrione possono provocare l’a-borto. Dalla fine del primo mese fino alterzo si possono produrre diversi tipi dimalformazione, mentre dalla fine delterzo mese si possono indurre effetti tar-divi, a carattere probabilistico, manife-stantisi nei primi anni di vita del bambino.Tra i danni al feto è inoltre da citare il ri-schio di ritardo mentale grave a seguito diirradiazione nel periodo compreso tra l’ot-tava e la quindicesima settimana di ge-stazione e, con minor intensità, tra la se-dicesima e la venticinquesima settimana;l’aborto e le malformazioni fetali sono ef-fetti a carattere deterministico con un va-lore soglia di circa 50 mSv. Gli effetti ere-ditari, almeno a livello delle dosi conside-

rate a livello radioprotezionistico, sono ditipo stocastico. Essi sono dovuti a duecomponenti principali: le mutazioni geni-che e le aberrazioni cromosomiche. Lemutazioni geniche si distinguono in domi-nanti e recessive in rapporto alle modali-tà di trasmissione. Anche le aberrazionicromosomiche sono di due tipi: aberra-zioni numeriche, in relazione alla presen-za di cromosomi in più o in meno rispet-to al numero caratteristico della specie;aberrazioni strutturali quando, pur man-tenendosi questo numero invariato, i genipresenti su uno o più cromosomi sono ineccesso o in difetto rispetto alla norma. Visono infine molte condizioni di origineereditaria aventi trasmissibilità irregolare;esse riguardano, per esempio, le predi-sposizioni a malattie particolari di granderilevanza sociale, oppure condizioni nonrilevabili nel singolo individuo, ma sullepopolazioni nel loro complesso (fertilità,durata della vita). Al fine di una valuta-zione più completa del rischio di esposi-zione alle radiazioni ionizzanti è inoltreutile aver presente, per confronto, i datirelativi all'esposizione degli individui dellapopolazione alla radiazione dovuta alfondo naturale contenuti in Tabella 1.Per un più diretto confronto fra il rischiodovuto all'esposizione alle radiazioni io-nizzanti ed il rischio dovuto ad altre atti-vità lavorative, in Tabella 3 è mostrata lariduzione media della durata di vita do-vuta ad incidenti in diverse attività lavo-rative, mentre in Tabella 4 è mostrataquella associata a varie cause di tipo nonlavorativo. Per confronto viene indicata lariduzione media della durata di vita do-vuta all’esposizione alle radiazioni ioniz-zanti valutata utilizzando i fattori di ri-schio indicati nella pubblicazione 60 dellaICRP (International Commission onRadiological Protection) e considerando

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che la perdita media di spettanza vita, incaso di tumore, risulta rispettivamente,di 13.4 anni per un individuo della popo-lazione e di 12.7 anni per un lavoratore.Il confronto è effettuato per una esposi-

zione continua di 5 mSv/anno, ovverol’esposizione massima che si riscontranormalmente nei lavoratori in ambientesanitario, e di 1 mSv/anno, ovvero il limi-te di dose per le persone del pubblico.

Tabella 3 Riduzione media della durata di vita dovuta ad incidenti indiverse attività lavorative. (fonte Health Physics, 61-3, 1991)

Attività lavorativa Riduzione media delladurata di vita (giorni)

Commercio 27Industria manifatturiera 40Servizi 27Trasporti 160Agricoltura 320Costruzioni 227Valore medio 60Esposizione alle radiazioni (5 mSv/anno) 40

Tabella 4 Riduzione media della durata di vita associata a varie cause ditipo non lavorativo. (fonte Health Physics, 36-6, 1979 e 61-3, 1991)

Causa Riduzione media delladurata di vita ( giorni )

Abuso di alcool 4000Essere celibe, vedovo o divorziato 3500Fumo (1 pacchetto di sigarette/giorno) 2250Essere nubile, vedova o divorziata 1600Essere sovrappeso ( + 20% ) 1040Incidenti con veicoli a motore 207Alcool 130Incidenti in casa 74Fumo passivo 50Esposizione lavorativa alle radiazioni (5 mSv/anno) 40Cadute 28Esposizione alle radiazioni di individui della popolazione(1 mSv/anno) 18Esami RX-diagnostici 6Caffè 6

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1.4. I princìpi della radioprotezione.Scopo della radioprotezione è la preven-zione totale degli effetti dannosi non sto-castici (che, come detto in precedenza,avvengono sopra una determinata sogliadi dose) e la limitazione a livelli conside-rati accettabili della probabilità di accadi-mento degli effetti stocastici.La prevenzione degli effetti deterministicisi ottiene fissando limiti di equivalente didose individuale a valori sufficientementebassi, tali che nessuna dose soglia vengamai raggiunta. La limitazione degli effettistocastici si ottiene con il “sistema di li-mitazione delle dosi”, che si propone dicontenerli ai livelli più bassi ragionevol-mente ottenibili.La radioprotezione si fonda su tre princìpi:– primo principio, detto di giustifica-

zione: nessuna attività umana cheesponga alle radiazioni deve essere ac-colta o proseguita, a meno che la sua

introduzione o prosecuzione producaun beneficio netto e dimostrabile;

– secondo principio, detto di ottimizza-zione: ogni esposizione umana alleradiazioni deve essere tenuta tantobassa quanto è ragionevolmente otte-nibile, facendo luogo a considerazionieconomiche e sociali (principio ALARA,dalle iniziali della frase inglese: “tantobassa quanto è ragionevolmente otte-nibile”);

– terzo principio, detto di limitazionedelle dosi individuali: l’equivalentedi dose ai singoli individui non devesuperare determinati limiti appropria-tamente sicuri, stabiliti per le varie cir-costanze.

Nella tabella 5 è riportato, sia pure in ma-niera schematica e incompleta, il corsostorico della radioprotezione dagli alboria oggi.

Tabella 5: Alcune date importanti nella storia della radioprotezione.

Periodo Evento

1915 Prime raccomandazioni per la protezione dei lavoratori emanate dalla BritishRöentgen Society

Anni Definizione della dose di tolleranza, uguale per lavoratori e popolazione, pariventi a 1 R/settimana al corpo intero, cioè 50 R/anno.

1925 I Congresso internazionale di Radiologia a Londra e costituzione dell’ICRU(Commissione Internazionale per le unità di misura)

1928 II Congresso internazionale di Radiologia a Stoccolma e costituzione dell’ICRP(Commissione internazionale per la radioprotezione)

1931 Il röentgen (R) è adottato come unità di misura della dose da esposizione alfine di “misurare” i raggi X

1934-1935 In Italia sono promulgati il Testo Unico delle leggi sanitarie e il relativo rego-lamento di attuazione; viene disciplinato l’esercizio della radiologia

Anni Definizione di dose genetica intesa come dose media alle gonadi tra gliquaranta individui in età fertile. Detta dose è posto che sia “dose di tolleranza”

1941 Il Comitato USA per la radioprotezione raccomanda per il Radio il “depositocorporeo massimo di 0.1 µCi”

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Periodo Evento

Anni Ipotesi di linearità nella relazione dose/effetto stocastico, caduta del concettocinquanta di dose di tolleranza, ricerca di una dose a basso rischio biologico

1952 Le malattie professionali da Radio, raggi X e sostanze radioattive sono inclu-se, in Italia, nella tabella delle lavorazioni per cui è obbligatoria l’assicurazio-ne contro gli infortuni e le malattie professionali

1953 Il rad è adottato come unità di misura della dose assorbita

1956 È introdotto in Italia per decreto l’obbligo delle visite mediche preventive eperiodiche sui lavoratori addetti a mansioni che implicano l’uso del Radio, deiraggi X e delle sostanze radioattive.

1956-1959 L’ICRP definisce le dosi massime ammissibili al corpo intero per i lavoratori (5rem/anno) e per gli individui della popolazione (0,5 rem/anno), la dose ge-netica media per gli individui di una vasta popolazione ( 5 rem in 30 anni), epropugna la lotta a ogni rischio indebito

1958 È obbligatoria in Italia l’assicurazione dei medici contro le malattie e le lesio-ni da raggi X e da sostanze radioattive

1959 La Comunità Europea emana proprie direttive di radioprotezione

1960 L’ICRP raccomanda di porre in atto ogni sforzo inteso a ridurre le esposizioninei limiti più ristretti possibili

1964 L’Italia ha la normativa di radioprotezione (il DPR n. 185)

1965 Principio ALARA (as low as reasonably achievable): le dosi siano mantenutetanto basse quanto è ragionevolmente ottenibile, facendo luogo a considera-zioni economiche e sociali

1965-1969 Sono promulgate leggi italiane sulla professione del tecnico sanitario di ra-diologia medica

1969 Il DPR n. 128 sancisce l’obbligo di istituire in taluni ospedali un Servizio diFisica Sanitaria

1977 La ICRP raccomanda un nuovo sistema di limitazione delle dosi

1995 L’Italia ha una nuova normativa di radioprotezione, in attuazione di varie di-rettive Euratom (il D.Lgs. n. 230)

2000 Viene modificato e integrato il D.Lgs. 230/95 recependo le Direttive Euratom96/29 e 97/43

1.5. La normativa nazionale di ra-dioprotezione

In Italia esiste un regime giuridico del-l’impiego pacifico dell’energia nucleare,nel quale rientra quindi, come caso parti-colare, la detenzione e l’impiego di mac-chine generatrici di raggi X o la detenzio-ne e l’impiego di sorgenti radioattive ar-tificiali a scopi diagnostici o terapeutici.

Il testo fondamentale in materia di pro-tezione sanitaria contro il rischio derivan-te dall'impiego di sorgenti di radiazioni io-nizzanti è il Decreto Legislativo 17 marzo1995, n. 230; questo, al fine di recepirela direttiva Euratom 96/29, è stato modi-ficato e integrato dal D. Lgs. 26 maggio2000, n. 241, e dal D. Lgs. 9 maggio2001, n. 257.

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Per quanto riguarda in particolare la ra-dioprotezione del paziente, la normativadi riferimento è attualmente rappresenta-ta dal D. Lgs. 26 maggio 2000, n. 187, conil quale è stata recepita la direttivaEuratom 97/43. L’obiettivo fondamentaledel D. Lgs. 230/95 può essere riassuntodall’art. 2 che recepisce le raccomanda-zioni internazionali emanate dall’I.C.R.P.60 del 1991 (International Commission onRadiological Protection) e di cui di seguitovengono riportati i passi più rilevanti:1. Nuovi tipi o nuove categorie di prati-

che che comportano un’esposizionealle radiazioni ionizzanti debbono es-sere giustificati, anteriormente allaloro prima adozione o approvazione,dai loro vantaggi economici, sociali odi altro tipo rispetto al detrimento sa-nitario che ne può derivare.

2. I tipi o le categorie di pratiche esisten-ti sono sottoposti a verifica per quan-to concerne gli aspetti di giustificazio-ne ogniqualvolta emergano nuove edimportanti prove della loro efficacia edelle loro conseguenze.

3. Qualsiasi pratica deve essere svolta inmodo da mantenere l’esposizione al li-vello più basso ragionevolmente otte-nibile, tenuto conto dei fattori econo-mici e sociali.

4. La somma delle dosi derivanti da tuttele pratiche non deve superare i limiti didose stabiliti per i lavoratori esposti,gli apprendisti, gli studenti e gli indivi-dui della popolazione.

Nel seguito, salvo diversa indicazione, sifarà quindi riferimento al citato DecretoLegislativo n. 230/95, del quale si riportal’indice.In appendice è anche riportato un glos-sario dei termini, delle grandezze e delleunità di misura più comunemente utiliz-zati in radioprotezione.

Decreto Legislativo 17 marzo 1995, n.230 “Attuazione delle direttive Euratom89/618, 90/641, 92/3 e 96/29 in mate-ria di radiazioni ionizzanti”.

SommarioCapo I: Campo di applicazione. Principigenerali di protezione dalle radiazioni io-nizzanti.Capo II: Definizioni.Capo III: Organi.Capo III bis: Esposizioni da attività la-vorative con particolari sorgenti naturalidi radiazioniCapo IV: Lavorazioni minerarie.Capo V: Regime giuridico per importa-zione, produzione, commercio, trasportoe detenzione.Capo VI: Regime autorizzativo per le in-stallazioni e particolari disposizioni per ri-fiuti radioattivi.Capo VII: Impianti.Capo VIII: Protezione sanitaria dei la-voratori.Capo IX: Protezione sanitaria della po-polazione.Capo X: Stato di emergenza nucleare.Capo XI: Norme penali.Capo XII: Disposizioni transitorie efinali.Allegato I: Determinazione delle condi-zioni di applicazione delle disposizioni perle materie radioattive e per le macchineradiogene.Allegato I bis: Condizioni per l’applica-zione del Capo III bisAllegato II: Spedizioni, importazioni edesportazioni di rifiuti radioattivi.Allegato III: Determinazione, ai sensidell’art. 82, delle modalità e dei criteriper l’adozione della sorveglianza fisicanonché dei criteri e delle modalità per laclassificazione dei lavoratori, degli ap-prendisti e degli studenti, nonché dellearee di lavoro.

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Allegato IV: Determinazione, ai sensidell’art. 96, dei limiti di dose per i lavora-tori, per gli apprendisti, gli studenti e lepersone del pubblico gli individui dellapopolazione, nonché dei criteri di compu-to e di utilizzazione delle grandezze ra-dioprotezionistiche connesse. Allegato V: Determinazione, ai sensidegli artt. 78 e 88, delle modalità, titoli distudio, accertamento delle capacità tec-nico professionali per l’iscrizione neglielenchi degli esperti qualificati e dei me-dici autorizzati. Istituzione degli elenchidegli esperti qualificati e dei medici auto-rizzati e determinazione ai sensi degli ar-ticoli 77 e 88 delle modalità, titoli di stu-dio, accertamento della capacità tecnico-professionale per l’iscrizione.Allegato VI: Determinazione, ai sensidell’art. 74, delle modalità e dei livelli diesposizione professionale di emergenza.Allegato VII: Determinazione, ai sensidell’articolo 18, delle modalità della noti-fica delle pratiche di importazione e diproduzione, a fini commerciali, di materieradioattive, di prodotti, apparecchiaturee dispositivi in genere contenenti dettematerie, nonché delle esenzioni da taleobbligo; determinazione, ai sensi dell'ar-ticolo 18-bis delle disposizioni procedura-li per il rilascio dell'autorizzazione perl’aggiunta intenzionale di materie ra-dioattive nella produzione e manifatturadi beni di consumo e per l’importazione ol’esportazione di tali beni di consumo;determinazione delle modalità di notificadelle pratiche di cui al comma 1 dell’arti-colo 22 e dei valori di attività e dei valoridi concentrazione di attività per unità dimassa di cui alle lettere a) e b) delcomma 2 dello stesso articolo; determi-nazione, ai sensi dell’articolo 19 dellemodalità di attuazione dell’obbligo di in-formativa relativo alle materie radioattive

immesse in commercio, nonché delleesenzioni da tale obbligo. Allegato VIII: Determinazione dei cri-teri e delle modalità per il conferimentodella qualifica di sorgente di tipo ricono-sciuto, ai sensi dell’articolo 26.Allegato IX: Determinazione, ai sensidell’articolo 27, comma 2, delle condizio-ni per la classificazione in Categoria A edin Categoria B dell’impiego delle sorgentidi radiazioni, delle condizioni per l’esen-zione dal nulla osta e delle modalità peril rilascio e la revoca del nullaosta. Allegato X: Determinazione, ai sensidell’articolo 31, delle disposizioni proce-durali per il rilascio dell’autorizzazione al-l’attività di raccolta di rifiuti radioattiviprovenienti da terzi e delle esenzioni datale autorizzazione.Allegato XI: Determinazione ai sensidell’art. 62, comma 3, dell’art. 81, comma6 e dell’art. 91, comma 5, delle modalitàdi tenuta della documentazione relativaalla sorveglianza fisica e medica dellaprotezione dalle radiazioni ionizzanti edel libretto personale di radioprotezioneper i lavoratori esterni.Allegato XII: Determinazione, ai sensidell’art. 115 comma 2, dei livelli di inter-vento nel caso di emergenze radiologichee nucleari.

1.5.1. Criteri di classificazione deilavoratori e delle zone

Secondo il D. Lgs. 230/95 si definiscelavoratore esposto chiunque sia suscetti-bile, durante l’attività lavorativa, di unaesposizione alle radiazioni ionizzanti su-periore a uno qualsiasi dei limiti fissatiper le persone del pubblico.I lavoratori che non sono suscettibili diuna esposizione alle radiazioni ionizzantisuperiore a detti limiti sono da classifi-carsi lavoratori non esposti.

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I lavoratori esposti, a loro volta, sonoclassificati in categoria A e categoria B.I lavoratori esposti sono classificati in ca-tegoria A se sono suscettibili di un’espo-sizione superiore, in un anno solare, auno dei seguenti valori:• 6 mSv di dose efficace;• i tre decimi di uno qualsiasi dei limiti di

dose equivalente per il cristallino (150mSv in un anno solare), per pelle,mani, avambracci, piedi e caviglie (500mSv in un anno solare).

I lavoratori esposti non classificati in cate-goria A sono classificati in categoria B.Nella tabella seguente sono riportati ilimiti di dose in funzione della classifi-cazione.

Il sistema di limitazione delle dosi indivi-duali rappresenta un mezzo per garanti-re che il lavoro che si espone ai rischiderivanti dalle radiazioni ionizzanti possaessere ricompreso tra i “lavori comune-mente ritenuti sicuri” (utile al propositoil raffronto con i dati contenuti nella ta-belle 3).Per quanto riguarda la classificazionedegli ambienti di lavoro, la normativaprescrive al datore di lavoro di classifi-care e segnalare gli ambienti in cui èpresente il rischio di esposizione alle ra-diazioni ionizzanti e regolamentarnel’accesso.In particolare, viene definita zona con-trollata un ambiente di lavoro in cui sus-sistono per i lavoratori in essa operanti le

condizioni per la classificazione di lavora-tori esposti di categoria A.Viene definita zona sorvegliata un am-biente di lavoro in cui può essere supe-rato in un anno solare uno dei pertinentilimiti fissati per le persone del pubblico eche non è zona controllata.A integrazione di quanto sopra indicato,si segnalano alcuni aspetti della normati-va citata di particolare rilevanza:1. l’accertamento delle condizioni che

portino alla classificazione dei lavora-tori è di competenza esclusiva dell’e-sperto qualificato; al datore di lavorocompete, ovviamente, solo la defini-zione delle attività che i lavoratori de-vono svolgere;

2. il criterio di classificazione non vienepiù associato al tipo, al luogo, aitempi, all’abitualità o all’occasionalitàed alle modalità di svolgimento del la-voro, ma resta legato al rischio effetti-vo di ricevere dosi superiori a limitiprefissati, in considerazione del rischiodi irradiazione esterna e contaminazio-ne interna e anche in considerazionedi esposizioni potenziali conseguenti aeventi anomali e malfunzionamenti chesiano suscettibili di aumentare le dosidei singoli derivanti dalla normale atti-vità lavorativa programmata. Quantosopra comporta, per esempio, che lapresenza di operatori in zone classifi-cate non determini automaticamentela classificazione dei lavoratori stessicome lavoratori esposti.In altre parole, esemplificando, all’in-terno di una zona controllata è possi-bile avere lavoratori classificati espostidi categoria A e/o lavoratori classifica-ti esposti di categoria B e/o lavoratoriclassificati non esposti, a seconda del-l’entità del rischio radiologico associa-to all’attività lavorativa.

Lavoratori Lavoratoriesposti non esposti

Dose efficace 20 mSv/anno 1 mSv/annoDose equivalente 150 mSv/anno 15 mSv/annocristallinoDose equivalente 500 mSv 50 mSvpelle e estremità

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3. Un’attenzione particolare viene dedi-cata dalla normativa agli apprendisti estudenti.

4. Un’attenzione particolare viene altre-sì dedicata dalla normativa anchealla tutela della lavoratrice gravida edel neonato: viene infatti prescrittoche, ferma restando l’applicazionedelle norme speciali concernenti latutela delle lavoratrici madri, ledonne gestanti non possono svolge-re attività in zone classificate o, co-munque, attività che potrebberoesporre il nascituro ad una dose cheecceda 1 mSv durante il periododella gravidanza. È inoltre vietatoadibire le donne che allattano ad at-tività comportanti un rischio di con-taminazione.

5. I principali casi di non applicazionedella citata normativa possono essereriassunti come segue:a) esposizione di pazienti nell’ambito

di un esame diagnostico o di unaterapia che li concerne;

b) esposizione di persone che coscien-temente e volontariamente collabo-rano a titolo non professionale alsostegno e all’assistenza di pazien-ti sottoposti a terapia o a diagnosimedica;

c) esposizione di volontari che prendo-no parte a programmi di ricercamedica o biomedica, essendo taleesposizione disciplinata da altroprovvedimento legislativo.

6. Il D.Lgs. 241/00 ha introdotto, tral’altro, al Capo III bis la tutela deilavoratori nei confronti della esposi-zione derivante da attività con par-ticolari sorgenti naturali di radiazio-ni che non può essere trascuratadal punto di vista della radioprote-zione.

Le attività lavorative considerate sono:– quelle che si svolgono in tunnel, sotto-

vie, catacombe, grotte e in tutti i luo-ghi di lavoro sotterranei, oppure in su-perficie in zone ben individuate, in re-lazione alla possibile esposizione aradon e a radiazioni gamma;

– quelle che implicano l’uso o lo stoc-caggio di materiali abitualmente nonconsiderati radioattivi ma che con-tengono radionuclidi naturali, o checomportano la produzione di residuiabitualmente non considerati radioat-tivi ma che contengono radionuclidinaturali;

– quelle in stabilimenti termali o quelleconnesse ad attività estrattive non di-sciplinate dal Capo IV;

– quelle su aerei, con riferimento al per-sonale navigante.

Sono previsti una serie di obblighi per gliesercenti le attività di cui sopra, i qualidevono provvedere, a seconda dei casi, amisurazioni di radon e/o a valutazioni diesposizione nei luoghi di lavoro; in casodi superamento dei livelli di azione fissa-ti nell’Allegato 1 bis, gli esercenti devonoadottare azioni di rimedio entro tempidefiniti. Qualora tali azioni di rimedio ri-sultino inefficaci, l’esercente adotta iprovvedimenti previsti dal Capo VIII.

1.5.2. Sorveglianza fisicaIl Capo VIII del D.Lgs. 230/95 (Protezionesanitaria dei lavoratori) prevede che i da-tori di lavoro, esercenti attività compor-tanti la classificazione degli ambienti dilavoro in una o più zone controllate o sor-vegliate oppure la classificazione degliaddetti interessati come lavoratori espo-sti, assicurino la sorveglianza fisica permezzo di esperti qualificati iscritti in elen-chi nominativi presso l’Ispettorato medi-co centrale del lavoro.

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Tra le attribuzioni specifiche dell’esper-to qualificato si ricordano (art. 79 delD. Lgs. 230/95):a) redazione della relazione contenente

le valutazioni e le indicazioni di radio-protezione inerenti le attività espo-nenti a rischio al fine di integrare ildocumento di cui all’art. 4 del Decretolegislativo 19 settembre 1994, n. 626(la normativa sulla prevenzione e si-curezza nei luoghi di lavoro) per gliaspetti concernenti i rischi da radia-zioni ionizzanti e la collaborazione conil Servizio di prevenzione e protezionedell’azienda (art. 80 comma 3, D. Lgs.230/95);

b) fornire indicazioni al datore di lavoroaffinché gli ambienti di lavoro in cuisussista un rischio da radiazioni ven-gano individuati, delimitati, segnala-ti, classificati in zone e che l’accessoad essi sia adeguatamente regola-mentato;

c) fornire indicazioni al datore di lavoroaffinché i lavoratori interessati sianoclassificati ai fini della radioprotezione;

d) fornire indicazioni al datore di lavoroper predisporre norme interne di pro-tezione e di sicurezza, consultabili neiluoghi frequentati dai lavoratori, inparticolare nelle zone controllate;

e) fornire indicazioni al datore di lavoroperché siano forniti ai lavoratori, ovenecessario, i mezzi di sorveglianza dosi-metrica e di protezione;

f) fornire indicazioni al datore di lavoroal fine di rendere edotti i lavoratori,nell’ambito di un programma di for-mazione finalizzato alla radioprote-zione;

g) effettuare l’esame e la verifica delle at-trezzature, dei dispositivi e degli stru-menti di protezione e in particolare:• procedere all’esame preventivo e ri-

lasciare il relativo benestare, dalpunto di vista della sorveglianza fi-sica, dei progetti di installazione checomportano rischi di esposizione,nonché delle modifiche alle installa-zioni implicanti rilevanti trasforma-zioni delle condizioni, dell’uso o dellatipologia delle sorgenti;

• effettuare la prima verifica, dalpunto di vista della sorveglianza fi-sica, di nuove installazioni e delleeventuali modifiche apportate allestesse;

• eseguire la verifica periodica dell’ef-ficacia dei dispositivi e delle tecni-che di radioprotezione;

• effettuare la verifica periodica dellebuone condizioni di funzionamentodegli strumenti di misurazione;

h) effettuare la sorveglianza ambientaledi radioprotezione nelle zone control-late e sorvegliate;

i) procedere alla valutazione delle dosiin considerazione del rischio di irra-diazione esterna e, ove pertinente,del rischio di contaminazione interna.

1.5.3. Sorveglianza medicaI datori di lavoro esercenti attività com-portanti la classificazione degli addetti in-teressati come lavoratori esposti devonoassicurare la sorveglianza medica permezzo di medici autorizzati, iscritti inelenchi nominativi presso l’Ispettoratomedico centrale del lavoro, nel caso di la-voratori esposti di categoria A e permezzo di medici autorizzati o medicicompetenti (D. Lgs. 277/91) nel caso dilavoratori esposti di categoria B (art. 83del D. Lgs. 230/95).Il datore di lavoro deve inoltre provvede-re a che:• i lavoratori esposti siano tutti sottoposti

a visita medica preventiva a cura del

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medico addetto alla sorveglianza medi-ca (medico autorizzato o medico com-petente, come già spiegato);

• i lavoratori esposti classificati in cate-goria B siano sottoposti a visita medicaperiodica almeno una volta all’anno acura del medico autorizzato o del me-dico competente;

• i lavoratori esposti classificati in cate-goria A siano sottoposti a visita medicaperiodica almeno con periodicità seme-strale a cura di un medico autorizzato.

Per quanto riguarda la visita medica pre-ventiva, essa deve comprendere unaanamnesi completa dalla quale risultinoanche le eventuali esposizioni preceden-ti, dovute sia alle mansioni esercitate siaa esami e trattamenti medici, e unesame clinico generale completato daadeguate indagini specialistiche e di la-boratorio per valutare lo stato generaledi salute del lavoratore.In base alle risultanze della visita medicapreventiva il medico addetto alla sorve-glianza medica comunica per iscritto aldatore di lavoro la classificazione dei la-voratori come:• idonei;• idonei a determinate condizioni;• non idonei (devono essere immediata-

mente allontanati dal lavoro compor-tante esposizione a radiazioni ioniz-zanti).

In base alle risultanze delle visite medi-che periodiche e straordinarie il medicoaddetto alla sorveglianza medica dellaprotezione può disporre anche la sorve-glianza medica dopo la cessazione del la-voro che ha esposto i lavoratori alle ra-diazioni ionizzanti.Particolarmente innovativo rispetto allaprecedente normativa è poi l’obbligo, daparte del medico addetto alla sorveglian-za medica, di illustrare al lavoratore il si-

gnificato delle dosi ricevute, delle intro-duzioni di radionuclidi, degli esami medi-ci e radiotossicologici.Tra le attribuzioni specifiche del medicoaddetto alla sorveglianza medica si ricor-dano i seguenti adempimenti (art. 83 delD. Lgs. 230/95):a) analisi dei rischi individuali connessi

alla destinazione lavorativa e alle man-sioni al fine della programmazione diindagini specialistiche e di laboratorioatte a valutare lo stato di salute dellavoratore, anche attraverso accessidiretti negli ambienti di lavoro;

b) gestione dei documenti sanitari per-sonali;

c) prestazione di consulenza al datore dilavoro per la messa in atto di infra-strutture e procedure idonee a garan-tire la sorveglianza medica dei lavora-tori esposti, sia in condizioni di lavoronormale che in caso di esposizioni ac-cidentali o di emergenza.

1.5.4. La protezione sanitaria dellapopolazione

Il Capo IX del D. Lgs. 230/95 è relativoalla protezione sanitaria della popolazio-ne. Di questo aspetto vengono qui ripor-tati solo gli elementi fondamentali, inqualche modo connessi alle attività sani-tarie.Viene esplicitato il divieto di utilizzaresorgenti di radiazioni ionizzanti sulle per-sone se non per scopi di diagnostica, diterapia o di ricerca. Viene affermato chechiunque esplichi attività comportantil’uso di sorgenti di radiazioni ionizzantideve evitare che le persone del pubblicosiano esposte al rischio di ricevere o im-pegnare dosi superiori ai limiti, anche aseguito di contaminazione di matrici am-bientali.In particolare viene sottolineato che, in

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caso di contaminazione radioattiva nonprevista o accidentale all’interno di unainstallazione o durante un’operazione ditrasporto che comporti un rischio di si-gnificativo incremento del rischio di espo-sizione delle persone, l’esercente, ovveroil vettore autorizzato al trasporto, deveintraprendere le iniziative idonee ad evi-tare l’aggravamento del rischio.Nei casi di maggiore gravità, cioè nelcaso che l’evento comporti diffusionedella contaminazione all’aria, all’acqua,al suolo e ad altre matrici, o comunqueesposizione delle persone all’esterno delperimetro dell’installazione, l’esercentedeve darne immediata comunicazione alPrefetto, ai Vigili del fuoco, agli organi delServizio Sanitario Nazionale e all’ANPA(Agenzia Nazionale per la Protezionedell’Ambiente).Sempre al fine di ridurre rischi di esposi-zione alle persone del pubblico, il D. Lgs.230/95 prevede la necessità di adottarele misure necessarie affinché la gestionedei rifiuti radioattivi, ad esempio prove-nienti da un servizio di Medicina Nucleareovvero da un laboratorio di ricerca scien-tifica, avvenga nel rispetto delle specifi-che norme di buona tecnica e delle even-tuali prescrizioni tecniche contenute neiprovvedimenti autorizzativi.

1.6. Glossario– attività (A): quoziente di dN diviso

per dt, in cui dN è il numero atteso ditransizioni nucleari spontanee di unadeterminata quantità di un radionucli-de da uno stato particolare di energiain un momento determinato, nell’in-tervallo di tempo dt;

– becquerel (Bq): nome speciale dell’u-nità di attività (A); un becquerel equi-vale ad una transizione per secondo.

1 Bq = 1 s -1

– I fattori di conversione da utilizzarequando l’attività è espressa in curie(Ci) sono i seguenti:

– 1 Ci = 3,7 x 1010 Bq – 1 Bq = 2,7027x 10-11 Ci– contaminazione radioattiva: conta-

minazione di una matrice, di una super-ficie, di un ambiente di vita o di lavoro odi un individuo, prodotta da sostanze ra-dioattive. Nel caso particolare del corpoumano, la contaminazione radioattivainclude tanto la contaminazione esternaquanto la contaminazione interna, perqualsiasi via essa si sia prodotta;

– detrimento sanitario: stima del ri-schio di riduzione della durata e dellaqualità della vita che si verifica in unapopolazione a seguito dell’esposizionea radiazioni ionizzanti. Essa include lariduzione derivante da effetti somatici,cancro e gravi disfunzioni genetiche;

– dose: grandezza radioprotezionisti-ca ottenuta moltiplicando la dose as-sorbita (D) per fattori di modifica de-terminati a norma dell’articolo 96, alfine di qualificare il significato delladose assorbita stessa per gli scopidella radioprotezione;

– dose efficace (E): somma delle dosiequivalenti nei diversi organi o tessuti,ponderate nel modo indicato nei prov-vedimenti di applicazione; l’unità didose efficace è il sievert (Sv);

– dose efficace impegnata (E(t)):somma delle dosi equivalenti impegnatenei diversi organi o tessuti HT(t) risultan-ti dall’introduzione di uno o più radionu-clidi, ciascuna moltiplicata per il fattoredi ponderazione del tessuto wT; la doseefficace impegnata E(t) è definita da:

E(t) = ∑TwTHT(t)dove t indica il numero di anni per iquali è effettuata l’integrazione; l’unitàdi dose efficace impegnata è il sievert;

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– dose impegnata: dose ricevuta da unorgano o da un tessuto, in un determi-nato periodo di tempo, in seguito all'in-troduzione di uno o più radionuclidi;

– dose equivalente (HT): dose assor-bita media in un tessuto o organo T,ponderata in base al tipo e alla qualitàdella radiazione nel modo indicato neiprovvedimenti di applicazione; l’unitàdi dose equivalente è il sievert;

– dose equivalente impegnata: in-tegrale rispetto al tempo dell’intensitàdi dose equivalente in un tessuto o or-gano T che sarà ricevuta da un indivi-duo, in quel tessuto o organo T, a se-guito dell’introduzione di uno o più ra-dionuclidi;

– emergenza: una situazione che ri-chiede azioni urgenti per proteggerelavoratori, individui della popolazioneovvero l’intera popolazione o parte diessa;

– esperto qualificato: persona chepossiede le cognizioni e l’addestramen-to necessari sia per effettuare misura-zioni, esami, verifiche o valutazioni dicarattere fisico, tecnico o radiotossico-logico, sia per assicurare il correttofunzionamento dei dispositivi di prote-zione, sia per fornire tutte le altre indi-cazioni e formulare provvedimenti attia garantire la sorveglianza fisica dellaprotezione dei lavoratori e della popo-lazione. La sua qualificazione è ricono-sciuta secondo procedure stabilite;

– esposizione: qualsiasi esposizione dipersone a radiazioni ionizzanti. Si di-stinguono:1) l’esposizione esterna: esposizio-

ne prodotta da sorgenti situate al-l’esterno dell’organismo;

2) l’esposizione interna: esposizio-ne prodotta da sorgenti introdottenell’organismo;

3) l’esposizione totale: combinazio-ne dell’esposizione esterna e dell’e-sposizione interna;

– esposizione accidentale: esposizio-ne di singole persone a carattere for-tuito e involontario;

– esposizione d’emergenza: esposi-zione giustificata in condizioni partico-lari per soccorrere individui in pericolo,prevenire l’esposizione di un gran nu-mero di persone o salvare un’installa-zione di valore e che può provocare ilsuperamento di uno dei limiti di dosefissati per i lavoratori esposti;

– esposizione parziale: esposizioneche colpisce soprattutto una parte del-l’organismo o uno o più organi o tes-suti, oppure esposizione del corpo in-tero considerata non omogenea;

– esposizione potenziale: esposizio-ne che, pur non essendo certa, ha unaprobabilità di verificarsi prevedibile inanticipo;

– esposizione soggetta ad autoriz-zazione speciale: esposizione checomporta il superamento di uno dei li-miti di dose annuale fissati per i lavo-ratori esposti, ammessa in via eccezio-nale solo nei casi indicati nel decretodi cui all’articolo 82;

– fondo naturale di radiazioni: insie-me delle radiazioni ionizzanti prove-nienti da sorgenti naturali, sia terrestriche cosmiche, semprechè l’esposizio-ne che ne risulta non sia accresciuta inmodo significativo da attività umane;

– gray (Gy): nome speciale dell'unitàdi dose assorbita

1 Gy =1 J kg-1

I fattori di conversione da utilizzarequando la dose assorbita è espressa inrad sono i seguenti:

1 rad = 10-2 Gy1 Gy = 100 rad

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– gruppi di riferimento (gruppi cri-tici) della popolazione: gruppi checomprendono persone la cui esposi-zione è ragionevolmente omogenea erappresentativa di quella degli indivi-dui della popolazione maggiormenteesposti, in relazione ad una determi-nata fonte di esposizione;

– incidente: evento imprevisto cheprovoca danni ad un’installazione o neperturba il buon funzionamento e puòcomportare, per una o più persone,dosi superiori ai limiti;

– intervento: attività umana intesa aprevenire o diminuire l’esposizione degliindividui alle radiazioni dalle sorgentiche non fanno parte di una pratica oche sono fuori controllo per effetto diun incidente, mediante azioni sulle sor-genti, sulle vie di esposizione e sugliindividui stessi;

– introduzione: attività dei radionuclidiche penetrano nell’organismo prove-nienti dall’ambiente esterno;

– lavoratore esterno: lavoratore dicategoria A che effettua prestazioni inuna o più zone controllate di impianti,stabilimenti, laboratori, installazioni ingenere gestiti da terzi in qualità sia didipendente, anche con contratto a ter-mine, di una impresa esterna, sia dilavoratore autonomo, sia di apprendi-sta o studente;

– lavoratori esposti: persone sotto-poste, per l’attività che svolgono, aun’esposizione che può comportaredosi superiori ai pertinenti limiti fissa-ti per le persone del pubblico. Sonolavoratori esposti di categoria A i la-voratori che, per il lavoro che svolgo-no, sono suscettibili di ricevere in unanno solare una dose superiore auno dei pertinenti valori stabiliti con ildecreto di cui all’articolo 82; gli altri

lavoratori esposti sono classificati incategoria B;

– limiti di dose: limiti massimi fissatiper le dosi derivanti dall’esposizionedei lavoratori, degli apprendisti, deglistudenti e delle persone del pubblicoalle radiazioni ionizzanti causate dalleattività disciplinate. I limiti di dose siapplicano alla somma delle dosi rice-vute per esposizione esterna nel pe-riodo considerato e delle dosi impe-gnate derivanti dall’introduzione di ra-dionuclidi nello stesso periodo;

– livelli di allontanamento: valori,espressi in termini di concentrazioni diattività o di attività totale, in relazioneai quali possono essere esentati dalleprescrizioni le sostanze radioattive o imateriali contenenti sostanze radioat-tive derivanti da pratiche soggette agliobblighi previsti dal decreto;

– livello di intervento: valore di doseoppure valore derivato, fissato al finedi predisporre interventi di radioprote-zione;

– materia radioattiva: sostanza o insie-me di sostanze radioattive contempora-neamente presenti. Sono fatte salve leparticolari definizioni per le materie fis-sili speciali, le materie grezze, i mineraliquali definiti dall’articolo 197 del tratta-to che istituisce la Comunità europeadell’energia atomica e cioè le materiefissili speciali, le materie grezze e i mi-nerali nonché i combustibili nucleari;

– matrice ambientale: qualsiasi com-ponente dell’ambiente, ivi compresiaria, acqua e suolo;

– medico autorizzato: medico re-sponsabile della sorveglianza medicadei lavoratori esposti, la cui qualifica-zione e specializzazione sono ricono-sciute secondo le procedure e le mo-dalità stabilite;

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– persone del pubblico: individuidella popolazione, esclusi i lavoratori,gli apprendisti e gli studenti esposti inragione della loro attività e gli individuidurante l’esposizione di cui all’articolo3, comma 5;

– popolazione nel suo insieme: l’in-tera popolazione, ossia i lavoratoriesposti, gli apprendisti, gli studenti ele persone del pubblico;

– pratica: attività umana che è suscet-tibile di aumentare l’esposizione degliindividui alle radiazioni provenienti dauna sorgente artificiale, o da una sor-gente naturale di radiazioni, nel casoin cui radionuclidi naturali siano tratta-ti per le loro proprietà radioattive, fis-sili o fertili, o da quelle sorgenti natu-rali di radiazioni che divengono sog-gette a disposizioni ai sensi del capoIII bis. Sono escluse le esposizioni do-vute ad interventi di emergenza;

– radiazioni ionizzanti o radiazioni:trasferimento di energia in forma diparticelle o onde elettromagnetichecon lunghezza di onda non superiore a100 nm o con frequenza non mino-re di 3·1015 Hz in grado di produrreioni direttamente o indirettamente;

– rifiuti radioattivi: qualsiasi materiaradioattiva, ancorché contenuta in ap-parecchiature o dispositivi in genere,di cui non è previsto il riciclo o la riuti-lizzazione;

– servizio riconosciuto di dosime-tria individuale: struttura ricono-sciuta idonea alle rilevazioni delle let-ture dei dispositivi di sorveglianza do-simetrica individuale, o alla misurazio-ne della radioattività nel corpo umanoo nei campioni biologici. L’idoneità asvolgere tali funzioni è riconosciuta se-condo procedure stabilite;

– sievert (Sv): nome speciale dell’uni-

tà di dose equivalente o di dose effi-cace. Se il prodotto dei fattori di mo-difica è uguale a 1:

1 Sv = 1 J kg-1

Quando la dose equivalente o la doseefficace sono espresse in rem valgonole seguenti relazioni:

1 rem = 10-2 Sv1 Sv = 100 rem

– smaltimento: collocazione dei rifiuti,secondo modalità idonee, in un depo-sito, o in un determinato sito, senzaintenzione di recuperarli;

– smaltimento nell’ambiente: im-missione pianificata di rifiuti radioatti-vi nell’ambiente in condizioni control-late, entro limiti autorizzati o stabiliti;

– sorgente artificiale: sorgente di ra-diazioni diversa dalla sorgente natura-le di radiazioni;

– sorgente di radiazioni: apparec-chio generatore di radiazioni ionizzan-ti (macchina radiogena) o materia ra-dioattiva, ancorché contenuta in ap-parecchiature o dispositivi in genere,dei quali, ai fini della radioprotezione,non si può trascurare l’attività, o laconcentrazione di radionuclidi o l’e-missione di radiazioni;

– sorgente naturale di radiazioni:sorgente di radiazioni ionizzanti diorigine naturale, sia terrestre che co-smica;

– sorgente non sigillata: qualsiasisorgente che non corrisponde alle ca-ratteristiche o ai requisiti della sorgen-te sigillata;

– sorgente sigillata: sorgente forma-ta da materie radioattive solidamenteincorporate in materie solide e di fattoinattive, o sigillate in un involucroinattivo che presenti una resistenzasufficiente per evitare, in condizioninormali di impiego, dispersione di ma-

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2.1. GeneralitàVengono di seguito sinteticamente esemplicemente descritti i costituenti co-muni delle apparecchiature radiologicheutilizzate in radiodiagnostica o in radiote-rapia con particolare riferimento a quegliaspetti più direttamente connessi alla ra-dioprotezione degli operatori addetti alloro funzionamento.� Il tubo radiogeno: consta di

un’ampolla di vetro in cui è statocreato il vuoto e in cui sono colloca-ti due elettrodi affacciati denominaticatodo e anodo; un fascio di elettro-ni emessi dal catodo per effetto ter-moelettronico viene accelerato dauna differenza di potenziale e colpi-sce un bersaglio metallico, l’anodo:questa interazione è causa dell’e-missione dei raggi X e del riscalda-mento del tubo.

� La guaina o cuffia: per evidenti esi-genze pratiche ci si trova nella necessi-tà di limitare l’emissione delle radiazio-ni ad un fascio utile, collimato ed orien-tato in una precisa direzione: a talescopo i tubi radiogeni vengono sempre

terie radioattive superiore ai valoristabiliti - dalle norme di buona tecnicaapplicabili;

– sorveglianza fisica: l’insieme deidispositivi adottati, delle valutazioni,delle misure e degli esami effettuati,delle indicazioni fornite e dei provvedi-menti formulati dall’esperto qualificatoal fine di garantire la protezione sani-taria dei lavoratori e della popolazione;

– sorveglianza medica: l’insieme dellevisite mediche, delle indagini speciali-stiche e di laboratorio, dei provvedi-menti sanitari adottati dal medico, alfine di garantire la protezione sanitariadei lavoratori esposti;

– sostanza radioattiva: ogni speciechimica contenente uno o più radionu-clidi di cui, ai fini della radioprotezione,

non si può trascurare l’attività o laconcentrazione;

– zona classificata: ambiente di lavo-ro sottoposto a regolamentazione permotivi di protezione contro le radiazio-ni ionizzanti. Le zone classificate pos-sono essere zone controllate o zonesorvegliate. È zona controllata un am-biente di lavoro, sottoposto a regola-mentazione per motivi di protezionedalle radiazioni ionizzanti, in cui si ve-rifichino le condizioni stabilite con ildecreto di cui all’articolo 82 ed in cuil’accesso è segnalato e regolamentato.È zona sorvegliata un ambiente di la-voro in cui può essere superato in unanno solare uno dei pertinenti limitifissati per le persone del pubblico eche non è zona controllata.

2. LE APPARECCHIATURE RADIOLOGICHE

Tubo radiogeno

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impiegati in “contenitori” denominati“guaine” o “cuffie” che hanno lo scopo,unitamente al sistema costituito daicollimatori e dai diaframmi, di evitarela dispersione di radiazione X non utileall’effettuazione dell’esame o della te-rapia. Norme di buona tecnica defini-scono la massima entità della radiazio-ne di fuga dalla cuffia dipendentemen-te dalla tipologia di apparecchiatura.

� Generatore di alta tensione: si in-tende la combinazione di tutti gli ele-menti per il controllo e la produzionedell’energia elettrica necessaria all’ali-mentazione di un tubo radiogeno;comprende necessariamente un tra-sformatore di alta tensione e un siste-ma di controllo. Un tubo radiogenoutilizzato in una attività diagnostica,infatti, funziona con tensioni compre-se tra circa 25 kVp e circa 150 kVp,mentre un tubo radiogeno utilizzato interapia può arrivare a circa 300 kVp.La tecnologia mette a disposizionevari tipi di generatori (sistemi trifase,triesafase, dodecafase, a scarica dicondensatore, ad alta frequenza).

� Tavolo di comando: è quel compo-nente dell’impianto radiologico nelquale sono raggruppati tutti gli orga-ni elettrici di regolazione e controllodei dati di esposizione, gli eventualidispositivi di sicurezza necessari allaprotezione dei circuiti elettrici e deltubo da eventuali sovraccarichi e i dis-positivi di comando dell’emissioneraggi. I principali parametri imposta-bili dal tavolo di comando sono:– il valore dell’alta tensione (in

kVp), che determina la qualitàdella radiazione emessa dal tuboradiogeno;

– il valore della corrente del filamen-to (in mA) che determina, a parità

di kVp e di durata dell’esposizione,la quantità di fotoni X emessa daltubo radiogeno;

– la durata dell’esposizione.� L’intensificatore di brillanza (I.B.)

e la catena televisiva: alcuni mate-riali, interagendo con le radiazioni ioniz-zanti, presentano la proprietà di emet-tere luce (fluorescenza): tale fenomenoè alla base di tutte le attività diagnosti-che che utilizzano gli schermi fluore-scenti; l’intensità della luce emessa datali schermi è sempre molto bassa inrapporto alle capacità visive dell’occhioumano: gli intensificatori di brillanzasono dispositivi elettronici che hanno lafunzione di accrescere il livello luminosodell’osservazione per portarlo a condi-zioni più favorevoli per l’occhio umano.La radiazione X, dopo aver attraversatoil paziente, investe la finestra d'ingressodell’intensificatore di brillanza, dietro laquale è posto un fotocatodo; questo,investito dai fotoni, emette elettroni chevengono accelerati e focalizzati da lentielettroniche verso lo schermo fluore-scente posto sulla finestra d’uscita. Ilsegnale d’uscita, amplificato varie voltegrazie all'accelerazione degli elettroni ealla riduzione del campo di vista, puòessere visualizzato tramite una oppor-tuna catena elettronica su uno schermotelevisivo. L'immagine analogica otte-nuta può essere trasformata in immagi-ne digitale e successivamente memoriz-zata in un computer per una eventualeelaborazione. Un tipico esempio è costi-tuito dal procedimento di sottrazioned’immagine in angiografia digitale.

2.2. Generalità sui meccanismi diformazione dell’immagine ra-diografica

La proprietà più evidente che presentano

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i raggi X è la capacità di attraversare lamateria. Se sul percorso dei raggi X ven-gono interposti rispettivamente una strut-tura anatomica e una pellicola, su di essaverrà registrata “l’ombra” della strutturain esame. Alla base, quindi, delle immagi-ni fornite dalle tecniche radiologiche sta iltipo di interazione dei raggi X con la ma-teria, che dipende dalla densità della so-stanza attraversata e dal suo numero ato-mico. Tessuti di bassa densità, come ilpolmone e il grasso, lasciano passare piùfacilmente i raggi X e provocano pertan-to sulle pellicole radiografiche annerimen-ti più consistenti; i tessuti ossei, di altadensità e alto numero atomico, assorbo-no maggiormente i raggi X e lasciano lepellicole meno impressionate, più chiare.Per ridurre la dose al paziente e i tempi diesposizione rendendoli compatibili con ilmovimento degli organi indagati, la pelli-cola è racchiusa in una cassetta dotata di“schermi di rinforzo”, vale a dire schermifluorescenti che, trasformando l’energia

dei raggi X in energia luminosa, aumen-tano considerevolmente la sensibilità deisistemi radiografici. Per rendere visibili or-gani cavi (vasi sanguigni, stomaco, inte-stino) è poi possibile effettuare l’indaginedopo la somministrazione al paziente diun “mezzo di contrasto”, cioè una sostan-za opaca ai raggi X che evidenzia la cavi-tà rispetto ai tessuti circostanti.

Con l’affinamento delle metodiche diagno-stiche e l’evoluzione tecnica delle appa-recchiature, le immagini ottenute conl’uso dei raggi X hanno subìto costantimiglioramenti (alimentazione ad alta fre-quenza, riduzione delle dimensioni dellamacchia focale, anodo rotante, digitalizza-zione dell’immagine), con un sostanzialeaumento delle informazioni diagnostiche euna decisa diminuzione della dose al pa-ziente attraverso l’uso di schermi di rinfor-zo alle terre rare, di pellicole ad alta sen-sibilità, di fasci opportunamente filtrati.

Apparecchiatura radiologica dotata di intensifi-catore di brillanza (I.B.)

L’evoluzione dell’immagine radiografica

AppuntiCaratteristiche tecniche principali di una

apparecchiatura radiogena- Tipo di generatore: trifase, alta fre-

quenza, scarica di condensatore.- Tensione di alimentazione (kVp)- Corrente anodica (mA)- Tempo di esposizione (secondi)- Cuffia- Presenza o meno di I.B. e catena tele-

visiva

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3.1. Fonti di rischio in attività radio-logica

È possibile descrivere schematicamente,come indicato nella successiva figura, imeccanismi alla base del rischio legatoalle attività che comportano l’utilizzo diapparecchiature radiologiche.

È pertanto possibile riferirsi alle seguentifonti di rischio, riassunte in ordine di im-portanza:✓ fascio primario✓ radiazione diffusa✓ radiazione di fuga

3.1.1. Fascio primarioPer fascio primario si intende il fascio diraggi X emergente dal collimatore.

Risulta di gran lunga la fonte di rischiopotenzialmente più rilevante. La sua in-tensità dipende in maniera lineare dallacorrente o dal tempo di esposizione o dalcarico applicato al tubo radiogeno (mA,s, mAs).La sua intensità dipende invece in ma-niera sovralineare dalla tensione impo-stata sul tavolo di comando (kVp). Nellatabella successiva sono indicati alcuni va-lori tipici di rendimenti di tubi radiogeni infunzione della tensione impostata sul ta-volo di comando.

3.1.2. Radiazione diffusa Per radiazione diffusa si intende il campodi radiazioni generato dall’interazione delfascio primario con il paziente; è uncampo di radiazioni che si propaga intutte le direzioni anche se non manierauniforme. È di gran lunga meno intensodel fascio primario (di solito la sua inten-sità è inferiore allo 0.1% dell’intensitàdel fascio primario), ma in tutte le attivi-tà radiologiche che comportano la neces-sità di stazionare in prossimità del pa-ziente durante l’erogazione raggi risultala fonte di rischio più rilevante; la sua in-tensità dipende dall’intensità del fascioprimario, dalla distanza, dalle dimensioni

3. PRINCIPI GENERALI DI RADIOPROTEZIONE OPERA-TIVA NELLE ATTIVITÀ COMPORTANTI L’UTILIZZO DIAPPARECCHIATURE RADIOLOGICHE

tensione mGy/mA per minuto a 1 metro(kVp) (generatore a potenziale

costante)50 2.675 6.1100 9.6125 13

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del campo irradiato, dalla direzione con-siderata, dalla tensione applicata al tuboradiogeno.Nella tabella successiva sono indicati a ti-

tolo esemplificativo, tipici campi di radia-zione dovuti alla radiazione diffusa avarie distanze dal paziente in attività digrafia e scopia.

GRAFIA SCOPIAdistanza µGy per radiografia µGy per minuto di scopia

(90 kVp, 100 mAs) (90 kVp, 1.6 mA)in prossimità del fascio 200 200

a 30 cm 40 40a 65 cm 20 20a 1 m 10 10a 2 m 2 2

3.1.3. Radiazione di fugaCome già detto il fascio di raggi X pro-dotto all’interno del tubo radiogeno vieneemesso in tutte le direzioni; per evidentiesigenze pratiche ci si trova nella neces-sità di limitare l’emissione delle radiazio-ni ad un fascio utile, e pertanto di colli-marlo ed orientarlo in una precisa dire-zione: a tale scopo i tubi radiogeni ven-gono sempre impiegati in “contenitori”denominati “guaine” o “cuffie” che hannolo scopo, unitamente al sistema costitui-to dai collimatori e dai diaframmi, di evi-tare la dispersione di radiazione X nonutile all’effettuazione dell’esame o dellaterapia. Si definisce radiazione di fuga laradiazione emergente dalla cuffia. Lenorme di buona tecnica implicano che laradiazione di fuga debba essere inferiorea valori predeterminati, dipendentemen-te dal tipo di apparecchiatura; ad esem-pio, nel caso di apparecchiature per ra-diodiagnostica specialistica, la radiazionedi fuga deve essere inferiore a 1 mGy perora di funzionamento a 1 metro.

3.2. Rischio da irradiazione esternaDurante le varie fasi dell’utilizzo dei raggiX a scopo diagnostico in ambiente ospe-

daliero è presente il pericolo di irradiazio-ne esterna del corpo intero o di alcunesue parti (es. mani).La definizione e la quantificazione del ri-schio da irradiazione esterna non può pre-scindere da tre elementi fondamentali:1. tempo (durata dell’esposizione): de-

termina in maniera lineare, a parità dicondizioni di esposizione, l’intensitàdell’esposizione e conseguentementedel rischio radiologico;

2. distanza: la dose di radiazioni seguela legge dell’inverso del quadrato delladistanza rispetto al punto di emissione:

D1xr21 = D2xr2

2

dove D1 è l’intensità di dose alla distan-za r1 dalla sorgente e D2 è l’intensità didose alla distanza r2 dalla sorgente(esempio: passando dalla distanza di 1m a quella di 2 m, l’intensità di dosesi riduce di un fattore 4);

3. disponibilità di schermature: la ra-diazione viene attenuata a seguitodell’interazione con il materiale con cuiinteragisce; pertanto, la dose da ra-diazione in un punto viene ridotta in-terponendo del materiale tra la sor-gente e il punto d’interesse. La quan-tità e il tipo di materiale necessario di-

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pende dal tipo della radiazione: adesempio le radiazioni X sono pene-tranti e, nel caso di energie elevate, ri-chiedono spessori considerevoli dipiombo (Pb). Nella tabella successivasono indicati, a titolo esemplificativo, ifattori di attenuazione della radiazioneX per diversi spessori di Pb e diversetensioni di lavoro.

Si osservi in proposito che:✓ l’uso di un grembiule in gomma

piombifera di spessore equiva-lente a 0.25 mm, riduce da 10 a20 volte la dose assorbita e con-seguentemente il rischio profes-sionale;

✓ l’uso di occhiali anti-X, quandoprescritto, porta a livelli trascura-bili la dose assorbita dal cristallino.

La sicurezza nell’attività radiologica siesplica in due momenti diversi:1. La realizzazione di condizioni di “sicu-

rezza passiva” attraverso:• la predisposizione di sale radiologi-

che di dimensioni adeguate al finedi consentire l’eventuale posiziona-mento di barriere mobili e/o disfruttare l’elemento “distanza dallasorgente” come elemento di prote-zione individuale;

• l’ottimizzazione del progetto dellasala radiologica e delle schermaturefisse e mobili a protezione deglioperatori attraverso la valutazione

del carico di lavoro della/e apparec-chiatura/e in essa presente/i, la va-lutazione delle geometrie dell’irra-diazione, la valutazione dei campi diradiazione dovuti alla radiazione difuga e diffusa, la valutazione deifattori di occupazione delle aree, lapossibilità di utilizzi futuri della salastessa;

• la disponibilità e l’efficienza di dis-positivi tecnici di protezione qualimicroswitch inibitori dei raggi aporte aperte là dove opportuni onecessari, la disponibilità e l’effi-cienza di segnalazioni luminose in-dicanti l’erogazione raggi, la pre-senza della segnaletica di sicurezza;

• una corretta classificazione, ai finidella radioprotezione, delle aree edel personale;

• la regolamentazione degli accessialle zone classificate ai fini della ra-dioprotezione;

• la disponibilità e l’efficienza dei dis-positivi di sicurezza delle apparec-chiature radiologiche quali la pre-senza di pulsanti di erogazioneraggi del tipo “a uomo morto”, lapresenza di protezioni contro l’azio-namento involontario dei pedali dierogazione raggi, la disponibilità disegnalazioni acustiche che segnali-no il raggiungimento di un tempo discopia superiore alla norma, i dis-positivi di controllo automatico dellaluminosità, la disponibilità di sistemidigitali di stop dell’immagine e di si-stemi pulsati e, in generale, la con-formità delle apparecchiature allenorme di buona tecnica;

• la disponibilità e l’efficienza di indu-menti protettivi quali grembiuli ingomma piombifera, guanti e oc-chiali anti-X;

Spessore 50 kV 75 kV 100 kVin Pb

0.25 mm 250 20 100.50 mm 10000 200 50

1 mm >10000 3000 3002 mm >>10000 >>10000 5000

Fattori di attenuazione della radiazione X per di-versi spessori di Pb e diverse tensioni di lavoro

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• la disponibilità e la presenza dinorme di radioprotezione specificheper le attività di interesse;

• verifiche periodiche dell’efficienzadei dispositivi tecnici di protezionedisponibili.

2. La realizzazione di un sistema di “sicu-rezza attiva” attraverso:• la formazione e l’informazione spe-

cifica del personale addetto all’uti-lizzo delle apparecchiature radiolo-giche, soprattutto nelle attività chenon vengono svolte da personalecon una specifica preparazione ra-diologica;

• la formazione della consapevolezza,negli operatori addetti, dell’impor-tanza del rispetto delle norme di ra-dioprotezione e dell’utilizzo dei dis-positivi tecnici di protezione, edeventualmente di misura della dose,disponibili.

3.3. Il rischio radiologico nelle atti-vità comportanti l’impiego diapparecchiature radiologiche

Il rischio lavorativo nelle attività radiolo-giche comportanti l’utilizzo di apparec-chiature radiologiche dipende da nume-rosi elementi: in particolare dipende inmodo determinante dal tipo di pratica ra-diologica considerata.In generale è possibile definire tre tipi difonti di esposizione per i lavoratori: 1. le procedure radiografiche tradizionali2. le procedure radioscopiche3. le procedure speciali (angiografia e ra-

diologia interventistica)Le procedure radiografiche tradizionali ri-sultano essere la pratica radiologica piùdiffusa e contribuiscono nella manierapiù rilevante all’esposizione della popola-zione a scopo medico, ma le procedurefluoroscopiche (comprendendo in questa

dizione anche le procedure speciali) purcostituendo solo circa il 10 % delle pro-cedure radiologiche risultano essere digran lunga la fonte di rischio radiologicopiù rilevante per gli addetti.

3.3.1. Il rischio in attività radiologi-ca tradizionale

Durante l’attività radiologica tradizionale,il personale staziona normalmente in unbox comandi schermato: un progetto ot-timizzato di una sala radiologica garanti-sce che la dose efficace assorbita dall’o-peratore sia mediamente dell’ordine di0.1 µSv/radiogramma. Anche per esamisu pazienti allettati si può stimare uncampo di radiazioni dovuto alla radiazio-ne diffusa variabile da 0.4 a 1 µSv/radio-gramma a 1 m. Va sottolineato che, siaal fine di garantire una efficace radiopro-tezione del paziente che di ottimizzare laprotezione del personale, il ricorso adesami radiologici su pazienti allettati do-vrebbe essere fortemente motivato dallareale impossibilità di spostamento delpaziente. In tomografia computerizzata le dosi alpaziente possono essere elevate (dipen-dentemente dallo spessore dello strato edal numero di strati) ma le dosi efficaciassorbite dal personale in sala comandirisultano di solito estremamente basse.Per il personale alla console di una TAC latomografia computerizzata non rappre-senta una significativa fonte di rischio;solo in esami particolari, in cui è neces-sario lo stazionamento nelle vicinanze delgantry, il personale è interessato a campidi radiazioni rilevanti (da 5 a 20 µGy/stra-to). Per quanto attiene le proceduremammografiche, con apparecchiaturededicate e procedure ottimizzate le espo-sizioni lavorative risultano di assoluta irri-levanza radioprotezionistica.

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3.3.2. Fonti di rischio in fluoroscopiaPremesso che l’uso della fluoroscopia di-retta non è più consentito, l'uso dellafluoroscopia con intensificatori di brillanza(I.B.) rappresenta la maggiore fonte diesposizione professionale in ambito sani-tario; infatti da un lato i tempi di scopiapossono, dipendentemente dalle proce-dure, risultare elevati, dall’altro è quasisempre necessaria la presenza di uno opiù operatori in sala durante l’erogazioneraggi. I campi di radiazioni cui sono sot-toposti gli operatori in prossimità del pa-ziente possono risultare, dipendentemen-te dalle procedure e dalle tecniche utiliz-zate e in assenza di indumenti protettivi,dell’ordine di 20-30 µGy/min. L’uso di ap-parecchiature telecomandate può ridurrea livelli trascurabili le esposizioni per ilpersonale nel box comandi, ma va sotto-lineato che in questo caso, se risulta ne-cessaria la presenza di operatori in pros-simità del paziente durante l’erogazioneraggi, i campi di radiazione cui gli opera-tori sono sottoposti possono risultare an-cora più elevati di quelli caratteristici dellafluoroscopia convenzionale, a seguitodelle particolari condizioni geometrichedell’irradiazione. Di frequente utilizzo, so-prattutto nelle camere operatorie, risulta-no gli apparecchi radiologici ad arco do-tati di intensificatori di brillanza. Con taliapparecchiature, a titolo esemplificativo, icampi di radiazione a 50 cm dal paziente,variano da 10 a 30 µGy/min a 100 kVp,2.5 mA; i livelli di esposizione e il rischioprofessionale conseguente in tali casi di-pendono fortemente dalla posizione deltubo radiogeno: geometrie con il tubo ra-diogeno al di sopra del tavolo portano adun incremento della dose assorbita dalpersonale di un fattore 3, oltre che au-mentare la possibilità di esposizione delleestremità al fascio diretto.

3.3.3. Rischio radiologico nelle pro-cedure speciali

Per procedure speciali in radiologia sonoda intendersi gli esami angiografici e leloro applicazioni in neuroradiologia e car-diologia, nonché le procedure di radiolo-gia interventistica.Tali procedure sono caratterizzate datempi di esposizione considerevoli (del-l’ordine anche delle decine di minuti/procedura), da campi di radiazione inprossimità del paziente dell’ordine di 10- 30 µGy/min, dalla difficoltà di utilizzo dibarriere mobili da parte di tutto il perso-nale presente in sala. In relazione ai ca-richi di lavoro radiologici individualispesso molto elevati è estremamenteimportante la disponibilità e l’utilizzo digrembiuli in gomma piombifera di spes-sore equivalente a 0.25, 0.35 mm di Pbe l’uso di occhiali anti-X a protezione delcristallino.

3.4. Esempi di tecniche di radiopro-tezione per la riduzione delladose agli operatori

La riduzione del rischio radiologico per glioperatori addetti all’utilizzo di apparec-chiature radiologiche passa anche attra-verso l’ottimizzazione della dose al pa-ziente; la riduzione delle esposizioni inradiologia tradizionale può pertanto esse-re ottenuta:1. con l’uso di accoppiamenti pellicola

/schermi di rinforzo rapidi;

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2. attraverso l’ottimizzazione delle condi-zioni di utilizzo delle sviluppatrici;

3. attraverso una analisi sistematica degliscarti delle pellicole al fine di ridurli ilpiù possibile;

4. attraverso un’accurata collimazione delcampo di radiazioni.

Anche nel caso della fluoroscopia e delleprocedure speciali la riduzione dell’espo-sizione professionale passa attraverso lariduzione della dose al paziente; la ridu-zione delle esposizioni in fluoroscopiapuò pertanto essere ottenuta:1. attraverso l’uso di tempi di scopia

brevi;2. in cine-fluoroscopia usando velocità

non superiori a 25 fotogrammi/secon-do e riprese di soli 3 - 5 secondi;

3. attraverso l’uso di stop di immagine odi sistemi “a memoria”;

4. attraverso l’uso del sistema automati-co di controllo della luminosità;

5. mantenendo, ogni volta che è possi-bile, il tubo radiologico al di sotto deltavolo.

Al fine di rendere conto del rischioreale associato alle attività in questionepossono risultare utili i risultati dellacampagna di rilevazione condottadall’I.S.P.E.S.L. nel 1990 relativamentealle dosi da radiazioni ionizzanti assor-bite dai lavoratori degli istituti pubblicidi ricovero e cura: dallo studio citatoemerge infatti che, nel 99.9 % dei casi,nell’anno di rilevazione, i lavoratoriesposti hanno ricevuto dosi non supe-riori a 50 mSv, nel 95 % dei casi dosinon superiori a 5 mSv, nel 77 % deicasi dosi non superiori a 2 mSv, nel 60% dei casi dosi non superiori a 1 mSv.

4.1. Principali apparecchiature eaccessori utilizzati in radiologiatradizionale

– Ortoclinoscopio: è l’apparecchiaturaradiologica che svolge il maggior lavo-ro in un servizio di radiologia tradizio-nale; opportunamente accessoriatoconsente di eseguire anche gli esamiche la pratica radiologica consiglia dieseguire in proiezione A.P. (antero-po-steriore) come ad esempio: urografie,colecistografie. Sono spesso dotati diintensificatore di brillanza e teleco-mandabili.

– Telecomandato: è costituito da untavolo ribaltabile, dotato di intensifi-catore di brillanza e catena televisi-va, in cui tutti i movimenti del tavolo

e del tubo radiologico sono coman-dabili a distanza, in modo che l’ope-ratore stazioni pertanto in posizioneprotetta.

– Stativo a colonna: è essenzial-mente costituito da una struttura tu-bolare solidale al pavimento, altacirca 250 cm, che si può spostarelungo il tavolo d’esame sul quale èmontato un carrello dotato di un si-stema telescopico che supporta iltubo radiogeno che può quindi spo-starsi lungo tre direzioni; oltre alletre traslazioni il tubo radiologico puòinoltre essere ruotato per ottenere laproiezione necessaria all’effettuazio-ne dell’esame.

– Stativo pensile: è essenzialmente

4. LA RADIOLOGIA TRADIZIONALE

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costituito da una struttura telescopicache supporta il tubo radiogeno, ingrado di scorrere su rotaie collocatesul soffitto della sala.

– Teleradiografo: è un accessoriomesso a punto specificatamente per laradiografia del torace con elevate di-stanze fuoco-pelle (almeno 2 m), inmodo da ridurre al massimo le sfuoca-ture geometriche e migliorare la niti-dezza dei dettagli. È pertanto spesso acorredo di uno stativo pensile o a co-lonna.

– Seriografo: è un accessorio utilizzatoquasi sempre per l’esame dell’appara-to digerente, presente sui telecoman-dati e che consente di passare rapida-mente dal regime di scopia al regimedi grafia.

– Craniostato: è un accessorio radiolo-gico concepito per eseguire radiogra-fie del cranio sotto qualsiasi angolazio-ne. I recenti protocolli diagnostici nehanno ridotto in maniera consistentel’utilizzo.

– Apparecchiature radiologiche por-tatili: si tratta di apparecchiature ra-diologiche utilizzate di norma per ef-fettuazione di esami su pazienti allet-tati, alimentate da generatori mono-blocco generalmente a scarica di con-densatore.

– Tomografi: sono apparecchiatureche consentono di radiografare i det-tagli che giacciono su un determinatopiano all’interno del paziente, sfuman-do i piani soprastanti e sottostanti:questo risultato si ottiene facendomuovere in modo correlato il tubo ra-diogeno, il paziente e la pellicola se-condo determinate direzioni. L’avventodella Tomografia Computerizzata hanotevolmente ridotto il ricorso a taletecnica diagnostica.

Gli ultimi anni hanno visto la sostituzionedei tradizionali sistemi di rivelazione del-l’immagine costituiti dai sistemi schermo-pellicola con sistemi digitali costituiti daschermi ai fosfori che memorizzano l’in-formazione che viene successivamenteraccolta in forma digitale mediante letto-re laser.

4.2. Misure di prevenzione e prote-zione

La radioprotezione in attività radiologi-ca tradizionale viene assicurata soprat-tutto dalla presenza di idonee scher-mature nelle sale in cui sono collocatele apparecchiature; le schermaturevengono dimensionate principalmentein funzione dei materiali utilizzati (ce-mento, mattoni, piombo), in relazioneal numero di esami effettuati, alla de-stinazione d’uso dei locali confinanti eal loro grado di occupazione. In talunicasi possono essere presenti anche mi-

Tavolo con stativo a colonna

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croswitch inibitori dell’emissione raggia porte aperte.La sala radiologica, normalmente classifi-cata zona controllata, è indicata, oltreche dalla apposita segnaletica, anche daun dispositivo luminoso che lampeggiadurante l’emissione raggi; il suo accessoè interdetto ad apparecchiatura in fun-zione, a meno che non vengano richiestiinterventi particolari al personale addetto(assistenza a pazienti non collaboranti,neonati, ecc.). Le aree adiacenti alla zona controllata, ein particolare la sala o cabina comandi,

possono essere classificate zona sorve-gliata o non essere classificate, in funzio-ne dell’intensità dei campi di radiazionepresenti in tali zone. È obbligatorio per glioperatori addetti l’uso dei dosimetri per-sonali (se prescritti) e degli eventuali dis-positivi di protezione individuali assegna-ti (camici piombiferi, guanti attenuatori,collari e occhiali anti-X) in relazione allemansioni svolte. Ai fini della protezionedei pazienti è necessario collimare il piùpossibile il campo e schermare gli organiriproduttivi quando il fascio primario in-cide in prossimità delle gonadi.

Attività radiologica tradizionale

� Il pericolo di esposizione alle radiazioni ionizzanti sussiste solo a generatoreacceso.

� Assicurarsi sempre che le porte della sala radiologica siano chiuse prima diiniziare l’esame radiologico.

� Di norma disporsi al riparo della barriera al tavolo di comando.� In caso di necessità di stazionamento in prossimità del paziente durante

l’erogazione raggi, utilizzare tutti i dispositivi di protezione individuale dis-ponibili.

� L’assistenza ai pazienti è vietata alle donne gravide.� Se prescritti, assicurarsi di portare i dosimetri personali secondo le modali-

tà indicate nelle norme di radioprotezione.� Nel caso di utilizzo di apparecchiature radiologiche portatili, assicurarsi che

nessun lavoratore stazioni a meno di 2 metri dal paziente durante l’eroga-zione raggi.

� Utilizzare sempre il campo di radiazioni più piccolo possibile compatibil-mente con le esigenze diagnostiche (collimare).

� Se il fascio primario incide in prossimità delle gonadi, schermare gli organiriproduttivi del paziente.

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5. LA MAMMOGRAFIA

5.1. GeneralitàLa mammografia costituisce senz’altro ilmetodo più affidabile per la rivelazionedelle lesioni mammarie.La mammografia, più di ogni altra pro-cedura di radiologia convenzionale, ri-chiede:– l’utilizzo di apparecchiature dedicate

che ottimizzino la dose somministrataalla mammella;

– l’utilizzo di sviluppatrici dedicate;– elevato contrasto a causa della esi-

gua differenza di densità fra lesioni etessuto;

– elevata risoluzione spaziale al fine dirivelare microcalcificazioni.

Tali obiettivi possono essere perseguitiattraverso:– l’utilizzo di radiazioni X di energia

molto bassa, normalmente minori ouguali a 30 keV, in modo da migliora-re il contrasto dell’immagine;

– l’utilizzo di anodi di molibdeno o ditungsteno con una finestra di berillioed una filtrazione aggiuntiva di 0.03mm di molibdeno, per eliminare lacomponente di energia più bassa dellospettro, che è inutile alla formazionedell'immagine ma contribuisce a som-ministrare dose;

– l’uso di tubi radiogeni dotati di unfuoco di dimensioni molto piccole;

– l’utilizzo di pellicole monoemulsione adalto contrasto;

– l’utilizzo del compressore, che migliorail contrasto e la risoluzione e diminui-sce la dose all’organo.

5.2. Misure di prevenzione e prote-zione

Anche in questo caso la radioprotezioneviene assicurata soprattutto dalla pre-senza di idonee schermature nella salain cui sono collocate le apparecchiature.Poiché l’energia del fascio X impiegatoin questa indagine è estremamentebassa, molto spesso le sole pareti peri-metrali costituite di mattoni forati sonoin grado di garantire una protezioneadeguata; per lo stesso motivo sonosufficienti piccoli spessori di vetro piom-bifero per proteggere adeguatamentel’operatore addetto all’esecuzione dell’e-same radiologico.La sala radiologica, normalmente classi-ficata zona controllata, è indicata, oltreche dalla apposita segnaletica, anche

Mammografo

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da un dispositivo luminoso che lampeg-gia durante l’emissione raggi; il suo ac-cesso è interdetto ad apparecchiatura infunzione.Le aree adiacenti alla zona controllata,

non sono, di solito, classificate ai finidella radioprotezione.È obbligatorio per gli operatori addettil’uso dei dosimetri personali (se pre-scritti).

6.1. GeneralitàLa tomografia computerizzata a trasmis-sione di raggi X (TC) si è imposta negliultimi anni in maniera crescente tra i me-todi di diagnostica per immagini, fino adivenire praticamente indispensabile inogni tipo di indagine specialistica.Il sistema TC permette di ottenere la ri-costruzione della sezione di una zonaanatomica di interesse tramite un fasciocollimato emesso da un tubo a raggi X inrotazione attorno all’asse del paziente. Leradiazioni emergenti vengono raccolte dauna serie di rivelatori il cui segnale è in-viato ad un computer che, tramite appo-siti algoritmi matematici, ricostruisce inuna matrice numerica (numeri CT) i va-

lori di densità dei tessuti attraversati dairaggi X. Tali valori vengono quindi convertiti inuna scala di tonalità di grigi e rappresen-tati sotto forma di immagine su un moni-tor. I rivelatori utilizzati possono essere astato solido o a gas e sono disposti o suun’intera circonferenza o su un arco ro-tante solidale con il tubo radiogeno.Uno dei vantaggi offerti da questo siste-ma di indagine è l’alta risoluzione per og-getti a basso contrasto, per i quali la ra-diologia convenzionale non è sempre deltutto soddisfacente. Nuove applicazioni tecnologiche hannoconsentito la messa a punto di modelliTC di tipo elicoidale, con acquisizione

Mammografia

� Il pericolo di esposizione alle radiazioni ionizzanti sussiste solo a generatoreacceso.

� Assicurarsi sempre che le porte della sala radiologica siano chiuse prima diiniziare l’esame radiologico.

� Di norma disporsi al riparo della barriera protettiva.� L’assistenza alle pazienti è vietata alle donne gravide.� Se prescritti, assicurarsi di portare i dosimetri personali secondo le modali-

tà indicate nelle norme di radioprotezione.

6. LA TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA

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Appunti✓ La TC produce immagini digitali di set-

tori trasversali del corpo.✓ Gantry: struttura circolare che contiene il

tubo radiogeno e il sistema di rilevazione.✓ Le immagini ottenute sono ad alta riso-

luzione.✓ La dose da radiazioni al paziente è lo-

calizzata nella zona in esame.✓ Sono possibili ulteriori elaborazioni

delle immagini digitali ottenute.✓ Gli apparecchi dell’ultima generazione

(TC spirale) consentono acquisizioniparticolarmente veloci.

contemporanea allo spostamento del let-tino; ciò ha consentito l'effettuazione diesami in tempi molto ridotti, l'eliminazio-ne di artefatti dovuti al respiro, la ridu-zione della dose grazie a particolari scel-te dei parametri di acquisizione.L’uso della TC come metodica diagnosticacomporta in generale un certo incremen-to della dose da radiazioni per il paziente,anche se, proprio per la natura stessa deltipo di indagine, tale dose risulta concen-trata solo nella zona d’esame.

Immagine TC del torace

6.2. Misure di prevenzione e prote-zione

La sezione TC è costituita da una saladi controllo e da una sala di esame.Nella sala d’esame, durante l’emissioneraggi, deve essere presente solo il pa-ziente; in caso di necessità staziona-mento in sala durante l’esame (esamidinamici, assistenza a pazienti non au-tosufficienti, etc.) dovranno obbligato-riamente essere utilizzati i dispositivi diprotezione individuale disponibili e sidovrà stazionare di fianco al gantry; inogni caso non dovranno mai essere in-trodotte parti del corpo nel gantry du-rante la scansione.Anche in questo caso la radioprotezionein attività TC viene assicurata soprattut-to dalla presenza di idonee schermaturenelle sale in cui sono collocate le appa-recchiature; le schermature vengono di-mensionate principalmente in funzionedei materiali utilizzati (cemento, mattoni,piombo), in relazione al numero di esamieffettuati, alla destinazione d’uso dei lo-cali confinanti e al loro grado di occupa-zione. Possono essere presenti anche mi-croswitch inibitori dell’emissione raggi aporte aperte. La sala radiologica, normal-mente classificata zona controllata, è in-

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Modello di TC

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dicata, oltre che dalla apposita segnaleti-ca, anche da un dispositivo luminoso chelampeggia durante l’emissione raggi; ilsuo accesso è interdetto ad apparecchia-tura in funzione, a meno che non venga-no richiesti interventi particolari al perso-nale addetto. Le aree adiacenti alla zona controllata, ein particolare la sala o cabina comandi,possono essere classificate zona sorve-gliata o non essere classificate, in funzio-ne dell’intensità dei campi di radiazionepresenti in tali zone. È obbligatorio per glioperatori addetti all’attività di diagnosticaradiologica l’uso dei dosimetri personali(quando prescritti). Campi di radiazione tipici all’interno di una Sala T.C.

Attività TC

� Il pericolo di esposizione alle radiazioni ionizzanti sussiste solo a generatoreacceso.

� Assicurarsi sempre che le porte della sala radiologica siano chiuse prima diiniziare l’esame radiologico.

� Durante l’esecuzione dell’esame, stazionare all’interno del box comandi.� In caso di necessità di stazionamento in prossimità del paziente durante l’e-

rogazione raggi, utilizzare tutti i dispositivi di protezione individuale disponi-bili e stazionare ai bordi del gantry.

� L’assistenza ai pazienti è vietata alle donne gravide.� Se prescritti, assicurarsi di portare i dosimetri personali secondo le modali-

tà indicate nelle norme di radioprotezione.� Se il fascio primario incide in prossimità delle gonadi, schermare gli organi

riproduttivi del paziente.

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7.1. GeneralitàI raggi X utilizzati come ausilio alla diagno-stica medica consentono di ottenere nonsolo immagini statiche (grafia), ma anchedi valutare l’evoluzione dinamica del mezzodi contrasto introdotto nel corpo del pa-ziente (es. clisma opaco) oppure di guidareil medico durante interventi chirurgici oprocedure endoscopiche. Questa particola-re applicazione ha tra i suoi precursori letecniche di fluoroscopia, largamente utiliz-zate fino ad alcuni anni fa, che permette-vano al radiologo di visualizzare su unoschermo fluorescente le strutture anatomi-che del paziente direttamente durante l’e-same. Questa tecnica comportava, oltre anotevoli difficoltà nella percezione delle im-magini dato lo scarso livello di luminosità ditali schermi, una dose di radiazioni rilevan-te per l’operatore e ancor più significativaper il paziente (fino a centinaia di volte piùelevata di quella di una radiografia conven-zionale), a causa del basso rendimento edei tempi prolungati di esposizione (anchealcuni minuti). L’introduzione di speciali ap-parecchiature, gli intensificatori di brillanza(I.B.), ha permesso di ridurre drasticamen-te l'intensità del fascio incidente e di conse-guenza la dose al paziente e agli operatori.Le apparecchiature dotate di I.B. posso-no essere:✓ fisse (collocate normalmente presso i

servizi di radiologia, neuroradiologia,cardiologia ed utilizzate per le cosid-dette procedure speciali);

✓ mobili (collocate normalmente pressole camere operatorie, le sale gessi, lesale cistoscopiche, etc.) e costituitenormalmente da I.B. ad arco.

7.2. Misure di prevenzione e prote-zione

La rilevanza e l’entità dei dispostitivi ra-dioprotettivi in attività radioscopica è for-temente legata al tipo di procedura con-siderata.Nelle procedure speciali, che di solito uti-lizzano apparecchiature fisse, la radio-protezione viene assicurata soprattuttodalla presenza di idonee schermature

7. LA RADIOSCOPIA E LA RADIOLOGIA INTERVEN-TISTICA

AppuntiPrincipali applicazioni degli intensificatoridi brillanza• Esami radiologici dinamici• Traumatologia• Impianti di pace-maker, studi elettrofi-

siologici, emodinamica• Angiografie ed embolizzazioni

Tipici campi di radiazione nell’utilizzo di I.B. adarco

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nelle sale in cui sono collocate le appa-recchiature; le schermature vengono di-mensionate principalmente in funzionedei materiali utilizzati (cemento, mattoni,piombo), in relazione al numero di esamieffettuati, alla destinazione d’uso dei lo-cali confinanti e al loro grado di occupa-zione. In taluni casi possono essere pre-senti anche microswitch inibitori dell’e-missione raggi a porte aperte. La sala ra-diologica, normalmente classificata zonacontrollata, è indicata, oltre che dalla ap-posita segnaletica, anche da un dispositi-vo luminoso che lampeggia durante l’e-missione raggi. Le aree adiacenti allazona controllata, e in particolare la sala ocabina comandi, possono essere classifi-cate zona sorvegliata o non essere clas-sificate, in funzione dell’intensità deicampi di radiazione presenti in tali zone. Viceversa nelle procedure chirurgiche e/oortopediche, in cui si utilizzano intensifi-catori di brillanza ad arco, le pareti peri-metrali della sala sono di norma suffi-cienti a schermare adeguatamente icampi di radiazione. Le sale sono nor-malmente classificate zona sorvegliata ocontrollata, e indicate dalla apposita se-gnaletica.Nel caso in cui il personale abbia la ne-cessità di restare in prossimità della fonteradiogena, la sua protezione deve essereassicurata tramite l'utilizzo di schermimobili, se possibile, e/o di dispositivi diprotezione individuale: camici piombiferi,guanti.Lo stazionamento in sala durante l’eroga-zione raggi deve essere comunque limi-tato al personale strettamente indispen-sabile e per il tempo strettamente neces-sario. Dipendentemente dal tipo di attivi-tà svolta e dall’entità del rischio può omeno essere prescritto l’uso dei dosime-tri personali e possono inoltre essere pre-

scritti dosimetri per la valutazione delladose assorbita dalle estremità e dal cri-stallino.Alcuni semplici accorgimenti possono poiridurre in maniera sostanziale il rischioradiologico degli operatori:✓ l’utilizzo dello stop di immagine di cui

sono dotati gli intensificatori di brillan-za consente di ridurre sensibilmente ladurata dell’erogazione raggi e conse-guentemente la dose assorbita daglioperatori;

✓ l’utilizzo del sistema di controllo auto-matico della luminosità, oltre ad otti-mizzare l’immagine radiologica, riducela dose al paziente e agli operatori;

✓ l’utilizzo dell’apparecchiatura nellaconfigurazione “tubo radiologico inbasso I.B. in alto” tutte le volte che èpossibile, riduce di tre volte la dose as-sorbita dagli operatori e rende impos-sibile l’esposizione delle estremità alfascio diretto.

Per proteggere i pazienti, quando possi-bile, deve essere limitato il tempo di sco-pia allo stretto necessario, devono esse-re usati grembiulini protettivi in piomboper schermare in particolare gli organi ri-produttivi quando il fascio primario èorientato in prossimità delle gonadi e maideve essere usata la scopia per la cen-tratura degli esami di grafia.

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Radioscopia e radiologia interventistica

� Il pericolo di esposizione alle radiazioni ionizzanti sussiste solo a generatoreacceso.

� Assicurarsi sempre che le porte della sala radiologica siano chiuse prima diutilizzare l’apparecchiatura.

� Durante l’erogazione raggi disporsi al riparo delle barriere mobili o il più lon-tano possibile dal paziente ogni volta che è possibile.

� Durante l’erogazione raggi tutto il personale la cui presenza non è indi-spensabile deve uscire dalla sala.

� Durante l’erogazione raggi, il personale il cui stazionamento in sala è indispen-sabile deve utilizzare tutti i dispositivi di protezione individuale disponibili.

� Se prescritti, assicurarsi di portare i dosimetri personali secondo le modali-tà indicate nelle norme di radioprotezione.

� Se il fascio primario incide in prossimità delle gonadi schermare gli organiriproduttivi del paziente.

� Utilizzare lo stop di immagine ogni qualvolta sia possibile� Utilizzare sempre il dispositivo di controllo automatico della luminosità� Utilizzare sempre, qualora le esigenze cliniche lo consentano, l’apparecchio

nella configurazione “tubo radiologico in basso, intensificatore di brillanza inalto”

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8. LA RADIOLOGIA DENTALE

8.1. GeneralitàPer gli esami dentali si usano gli orto-pantomografi con o senza bracci per ce-falometria e gli apparecchi endorali.

8.2. L’ortopantomografiaL’ortopantomografo è una apparecchia-tura che consente di eseguire radiogram-mi panoramici delle arcate dentarie, con-sentendo di visualizzare i denti, i seniparanasali, le mascelle superiori e infe-riori e le articolazioni temporo-mascella-ri; funzionano con tensioni variabili nor-malmente comprese tra i 55 e 90 kV ecorrente compresa tra i 8 e 12 mA. Itempi di esposizione si collocano attornoai 12 – 15 secondi.È costituito da un braccio rotante chesupporta da un lato la sorgente radioge-na e dall’altro un tamburo rotante conte-nente la pellicola con il relativo schermodi rinforzo. Il movimento di rotazione av-viene lungo una traiettoria pseudo ellitti-ca al fine di seguire la morfologia dell’ar-cata dentaria del paziente.

L’immagine radiologica è costituita dauna proiezione sul piano di una superficieche giace su un arco coincidente con lasezione delle arcate dentarie.Nel settore delle apparecchiature dentalivanno ricordate le apparecchiature ancheper cefalometria, costituite da accessorinormalmente abbinati agli ortopantomo-grafi, utilizzate per le radiografie del cra-nio in proiezione postero-anteriore e la-tero-laterale normalmente usate per pro-cedure ortognatodontiche.

8.3. La radiologia dentaleI monoblocchi dentali sono apparecchiatu-re con generatore di alta tensione e tubo

Schema di funzionamento di un ortopanto-mografo Monoblocco dentale

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contenuti in un unico involucro, utilizzatiper radiografie endorali nel settore stoma-tologico, per eseguire radiografie di picco-lo formato; funzionano con tensioni fissenormalmente comprese tra i 50 e 70 kV ecorrente compresa tra i 7 e 10 mA. I tempidi esposizione variano da qualche decimodi secondo fino a qualche secondo; sonodotati di coni o cilindri limitatori utilizzatianche come centratori, che vengono ap-poggiati sulla zona da radiografare.

8.4. Misure di prevenzione e prote-zione

Anche in questo caso la radioprotezioneviene assicurata soprattutto dalla presen-za di idonee schermature nella sala in cuisono collocate le apparecchiature. Quasisempre le sole pareti perimetrali sono ingrado di garantire una protezione ade-guata nel caso di impiego di apparecchia-ture endorali, in relazione al basso caricodi lavoro che normalmente caratterizzal’impiego di tali apparecchiature; la sala in

cui è collocata l’apparecchiatura radiologi-ca è segnalata dalla apposita segnaletica,ed è normalmente classificata zona sorve-gliata. Le aree adiacenti alla zona sorve-gliata, non sono, di solito, classificate aifini della radioprotezione. L’utilizzo delcavo estensibile che consente di coman-dare l’erogazione raggi a circa 2 metri dal-l’apparecchiatura o, meglio, il controllo re-motizzato della stessa all’esterno dellasala, garantiscono che le dosi assorbitedal personale siano del tutto trascurabili.La tabella successiva contiene una tipicavalutazione dei campi di radiazioni riscon-trabili in attività radiologica endorale.

alla distanza di 1 m ≤ 0.5 µGyalla distanza di 1,5 m ≤ 0.22 µGyalla distanza di 2 m ≤ 0.13 µGyalla distanza di 3 m ≤ 0.06 µGydietro barriere < 0.003 µGy

Dosi da radiazione diffusa a 90° da un appa-recchio per radiografie endorali funzionante a:70 kV-7 mA tempo di esposizione di 1 s

Radiologia dentale

� Il pericolo di esposizione alle radiazioni ionizzanti sussiste solo a generatoreacceso

� Se il comando non è collocato all’esterno della sala, durante l’erogazioneraggi tenersi il più lontano possibile dal paziente utilizzando il cavo estensi-bile nella massima estensione

� In caso di necessità di stazionamento in prossimità del paziente durantel’erogazione raggi, utilizzare tutti i dispositivi di protezione individualedisponibili

� L’assistenza ai pazienti è vietata alle donne gravide� Il personale non deve sostenere con le mani le pellicole durante l’erogazio-

ne raggi

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9.1. GeneralitàTra le tecniche destinate alla valutazionedella densitometria ossea, particolare im-portanza riveste la mineralometria osseacomputerizzata (MOC); le apparecchiaturedestinate alla MOC consentono pertanto dimisurare il contenuto di minerale osseonelle strutture dell’apparato scheletrico,consentendo di diagnosticare la condizionepatologica dell’osteoporosi. Alcune tecni-che utilizzate a questo scopo (basate sul-l’esame di particolari distretti corporeicome il calcagno, alcuni corpi vertebrali,l’avambraccio) possono utilizzare la radio-logia convenzionale, la tomografia compu-terizzata, gli ultrasuoni, la risonanza ma-gnetica, l’attivazione neutronica. Le appa-recchiature MOC possono essere suddivisein apparecchiature a sorgente radioisotopi-ca e apparecchiature a raggi X prodotti datubo radiogeno. Le apparecchiature a sor-gente radioisotopica, attualmente poco uti-lizzate e in fase di sostituzione con quelle araggi X, utilizzano sorgenti sigillate di 125Io di 241Am con singola energia di emissionerispettivamente a 30 keV e 60 keV, e sor-genti di 153Gd con doppia energia di 44 e100 keV. Le apparecchiature che utilizzanoun tubo radiogeno emettono raggi X colli-mati in fascio stretto o a ventaglio, di ener-gia compresa tra 76 e 134 kV o a doppiaenergia di 70 e 140 kV. In entrambi i casile sorgenti sono inserite in contenitorischermati in piombo e il fascio di radiazio-ni in uscita risulta estremamente collimato.

9.2. Misure di prevenzione e prote-zione

Generalmente tali tipi di installazioni nonnecessitano di particolari accorgimenti pergarantirne il funzionamento in condizioni

9. LA MINERALOMETRIA OSSEA COMPUTERIZZATA

Apparecchiatura MOC

AppuntiPrincipali tecniche di densitometria ossea

✓ Mineralometria ossea computerizzata✓ Radiologia convenzionale✓ Tomografia computerizzata✓ Ultrasuoni✓ Risonanza magnetica✓ Attivazione neutronica

di sicurezza in quanto il fascio primariocollimato investe esclusivamente il pazien-te e la bassa intensità provoca un irrag-giamento trascurabile dovuto alla compo-nente diffusa. I campi di radiazione risul-tano inferiori a 1 µSv/ora a circa 50 cm didistanza. L’operatore posto alla console dicomando in sala è situato normalmente adalmeno 2 m di distanza dalla sorgente, conun rateo di dose di circa 0.3 µSv/ora. Nonè necessaria normalmente nessuna scher-matura aggiuntiva. La sala d’esame puònormalmente essere classificata zona sor-vegliata. Buona norma è impedire l’acces-so alla sala durante tutta la durata dell’e-same. Il personale addetto deve rimanerea distanza di sicurezza durante il funziona-mento dell’apparecchiatura e in nessuncaso deve intercettare con parti del corpo(mani, braccia, etc.) il fascio di raggi X.

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10.1. GeneralitàL’obiettivo della radioterapia è il controllolocale del tumore, che si attua sommini-strando al focolaio tumorale una dosetale da poterlo distruggere o almeno ri-durre di dimensioni.Le basi fisiche della radioterapia sono:1. individuazione e definizione dei con-

torni del focolaio tumorale con lamassima accuratezza;

2. determinazione delle caratteristiche delfascio o dei fasci da impiegare e dellemodalità di irraggiamento da adottareaffinché il volume bersaglio riceva ladose richiesta ed i tessuti circostantisiano il più possibile risparmiati.

La radioterapia comprende la teleradiote-rapia (effettuata con fasci che arrivano alfocolaio dall’esterno) e la brachiterapia(effettuata con sorgenti posizionate inprossimità del focolaio in cavità naturali oattraverso infissioni).

10.1.1. TeleradioterapiaIn teleradioterapia si utilizzano fasci di

raggi X o elettroni di alta energia pro-dotti da acceleratori lineari oppure fascidi raggi γ prodotti da sorgenti radioattivecome nel caso della cobaltoterapia.

Gli acceleratori lineari utilizzano ondeelettromagnetiche ad alta frequenza peraccelerare elettroni che, urtando controun bersaglio, danno origine a radiazioneX in maniera analoga a quanto avvienenei tubi radiogeni.Alcuni acceleratori sono inoltre realizzatiin modo da poter utilizzare oltre ai fasci

Attività MOC

� Il pericolo di esposizione alle radiazioni ionizzanti sussiste solo a generatoreacceso.

� Assicurarsi sempre che le porte della sala siano chiuse prima di iniziare l’e-same radiologico.

� Se prescritti, assicurarsi di portare i dosimetri personali secondo le modali-tà indicate nelle norme di radioprotezione.

� Non intercettare il fascio di raggi X con le mani.

10. LA RADIOTERAPIA

Acceleratore lineare

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di fotoni anche direttamente i fasci dielettroni.Oltre alle macchine generatrici di fascidi radiazione X o di elettroni, in molticentri sono ancora in uso unità di co-baltoterapia. In questo caso si sfruttala radiazione γ da 1.173 e 1.333 MeVemessa da una sorgente di cobalto dialta attività. La sorgente è situata al-l'interno di una testata con alto potereschermante e viene “scoperta” con undispositivo elettromeccanico azionatosolo al momento dell'irradiazione delpaziente.

Una menzione particolare meritano poi leapparecchiature per roentgenterapia, uti-lizzate ormai soprattutto per terapia an-talgica ma che presentano ancora unaelevata diffusione.In tal caso vengono utilizzati fotoniprodotti da un tubo a raggi X funzio-nante con tensioni da 40 –50 kVp finoa 300 kVp.• Fasci prodotti da tensioni di 40-60 kVp

sono indicati per irradiare volumi ber-saglio non più profondi di 1-2 mm esono utilizzati per terapia di contatto(plesioterapia);

• Fasci prodotti da tensioni di 60-120 kVpsono usati per irradiare volumi a una

profondità di circa 5 mm (mesoplesio-terapia);

• Fasci prodotti da tensioni di 120-300kVp accoppiate a filtrazioni particolari edistanziatori, sono usati per irradiarevolumi a 2-3 cm di profondità (roent-genterapia).

10.1.2. BrachiterapiaIn brachiterapia vengono utilizzate sor-genti sigillate per somministrare unadose locale grazie ad applicazioni di con-tatto, interstiziali ed endocavitarie. Conquesta tecnica è possibile rilasciare unadose elevata al tumore con una rapidadiminuzione della dose nel tessuto circo-stante. I radionuclidi più comunemente usatisono 137Cs, 192Ir, 125I e 198Au. Le sorgentivengono fornite incapsulate per formareaghi, o cilindretti.Il 192Ir viene prodotto anche in fili sottili eflessibili che possono essere tagliati allalunghezza desiderata. Nella terapia di contatto le sorgenti, inse-rite in forme di plastica che aderisconoalla zona da trattare, vengono utilizzateper il trattamento di piccole aree superfi-ciali, per esempio per l’orecchio e per lelabbra.Nella terapia interstiziale le sorgenti, in-serite direttamente nella lesione, posso-no essere impiegate quando il tumore èben localizzato.Nella terapia endocavitaria le sorgentivengono introdotte tramite vettori nellecavità corporee. Negli ultimi anni è stato introdotto l’im-piego, prima in via sperimentale, poinella pratica clinica, di sorgenti radioatti-ve sigillate di 90Sr/90Y, 192Ir, 32P veicolate daappositi cateteri a livello coronarico perprevenire la restenosi dopo procedure in-tervenzionistiche.

Schema della testata di una unità di cobaltote-rapia: A = ruota porta-sorgente, B = involucrodi piombo, C = sorgente, D = collimatore.

posizione di lavoro posizione di riposo

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10.2. Misure di prevenzione e pro-tezione

10.2.1. TeleradioterapiaI locali in cui sono sistemate le apparec-chiature per i trattamenti di radioterapia(bunker) hanno pareti schermate realiz-zate con materiali e spessori diversi di-pendentemente dall’energia della radia-zione e dal numero di pazienti trattati.L’accesso alla sala di trattamento è rigo-rosamente vietato durante i trattamenti eanche l’assistenza a pazienti eventual-mente non autosufficienti deve esseredelegata a parenti dello stesso, possibil-mente anziani.Il controllo del paziente nel caso di bun-ker contenenti acceleratori lineari o te-state di cobaltoterapia avviene normal-mente attraverso una telecamera.La sala di trattamento, normalmenteclassificata zona controllata, è indicata,oltre che dalla apposita segnaletica,

anche da un dispositivo luminoso chelampeggia durante l’emissione raggi e dauna segnalazione acustica. Gli accessialla sala sono dotati di microswitch cheimpediscono l’emissione raggi se la portanon è perfettamente chiusa e la inter-rompono in caso di apertura durante l’ir-radiazione.Le aree adiacenti alla zona controllata, e inparticolare la sala comandi, possono esse-re classificate zona sorvegliata o non es-sere classificate, in funzione dell’intensitàdei campi di radiazione in essa presenti.Nel caso di apparecchiature per plesiote-rapia la console di comando può esseresituata all’interno della sala di terapiadietro opportune barriere protettive.

10.2.2. BrachiterapiaI controlli periodici effettuati sulle sor-genti garantiscono la conservazione dellaloro ermeticità. Le sorgenti non devonomai essere manipolate senza far usodegli appositi mezzi di protezione e i pre-parati radioattivi non in uso devono sem-pre essere riposti in appositi contenitorischermati.

Applicatori per brachiterapia endocavitaria

Bunker per un acceleratore lineare

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Dal punto di vista radioprotezionisticonotevoli miglioramenti sono stati intro-dotti con l’utilizzo della tecnica "after loa-ding" che consente il posizionamento diun vettore all’interno del paziente al finedella verifica geometrica e la simulazio-ne del trattamento senza sorgenti.I pazienti portatori di impianti interstizia-li sono ricoverati in camere di degenzaprotette l’accesso alle quali è consentitosolo al personale autorizzato che tuttaviadovrà stazionarvi per il minor tempopossibile, mantenendosi alla massima di-stanza consentita compatibilmente conle necessità di assistenza. Di norma gliambienti in cui si manipolano le sorgenti

e in cui sono ricoverati i pazienti porta-tori di impianti sono classificati zona con-trollata.

Schema della tecnica “remote loading” in bra-chiterapia endocavitaria ginecologica

Radioterapia

� Assicurarsi sempre che le porte della sala siano chiuse prima di iniziare iltrattamento

� Se prescritti, assicurarsi di portare i dosimetri personali secondo le modali-tà indicate nelle norme di radioprotezione

� L’accesso alla sala durante il trattamento è interdetto a tutto il personale� L’eventuale assistenza a pazienti non autosufficienti deve essere affidata a

parenti che si prestino volontariamente, che siano dotati di indumenti pro-tettivi (se del caso) e possibilmente anziani

� Manipolare le sorgenti radioattive facendo uso degli appositi mezzi di prote-zione

� Dopo la rimozione delle sorgenti radioattive infisse, procedere sistematica-mente all’inventario delle sorgenti radioattive

� Stazionare presso il paziente portatore di radioattività solo per il tempostrettamente necessario alla sua assistenza

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11.1. GeneralitàL'impiego di sostanze radioattive non si-gillate in ambito sanitario può essere ri-condotto alla seguente suddivisione ge-nerale:

L’impiego di sostanze radioattive non si-gillate comporta un pericolo di irradia-zione esterna ed un pericolo di conta-minazione degli ambienti di lavoro e delpersonale (irradiazione interna). Il rischio di irradiazione esterna e dicontaminazione interna dipende dal tipoe forma del radioisotopo utilizzato; è di-rettamente legato alla quantità di ra-dioattività manipolata, al tempo di ma-nipolazione e di stazionamento nei loca-li in cui sono presenti sorgenti radioatti-ve o pazienti a cui siano state sommini-strate sostanze radioattive, alla cattivapulizia degli ambienti, delle superfici edel personale.Nelle attività comportanti la manipola-zione di sostanze radioattive il rischioprofessionale è ridotto dalla distanzaalla quale si opera, dai mezzi di prote-zione utilizzati (banchi di lavoro protet-ti, contenitori e siringhe schermati, tele-

manipolatori quando necessari, guantiin lattice), dalla funzionalità delle strut-ture, dalla perizia e professionalità del-l’operatore.

11.2. Rischio di irradiazione esternaL’impiego “in vivo” di sostanze radioatti-ve non sigillate comporta la manipola-zione di attività relativamente elevatesoprattutto nella preparazione dei radio-farmaci da somministrare (eluizione dalgeneratore e marcatura del radiofarma-co) in ambito diagnostico ed, in genera-le, in ambito terapeutico.L’impiego “in vitro” comporta viceversaun rischio molto più contenuto. In gene-rale è pertanto possibile affermare che ilrischio di irradiazione esterna è rilevan-te nella attività in vivo mentre non rive-ste particolare importanza nell’attività invitro.Nelle tabelle successive sono contenuteinformazioni utili alla quantificazione delrischio di irradiazione esterna nelle atti-vità comportanti l’utilizzo di sostanze ra-dioattive non sigillate in considerazionedel fatto che le situazioni di rischio piùrilevanti sono costituite da:✓ la manipolazione delle sostanze ra-

dioattive durante la loro preparazionee somministrazione

✓ l’irradiazione da parte dei pazienti du-rante l’effettuazione dell’esame e o laloro assistenza.

Anche in questo caso si osservi l’efficaciadei dispositivi radioprotettivi disponibili ela conseguente importanza del loro utiliz-zo ogni qualvolta sia possibile.

11. RADIOPROTEZIONE NELLE ATTIVITÀ CHE COM-PORTANO L’UTILIZZO DI SOSTANZE RADIOATTIVENON SIGILLATE

Impiego “in vivo”

Sostanze radioattive non sigillate

Diagnostico Terapeutico

Impiego “in vitro”

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Radioisotopo Attività somministrata µSv/h a 1 m per MBq(MBq) (flacone da 10 ml)

99mTc 37 - 740 0.022131I 1 - 5550 0.064

67Ga 74 - 185 0.025111In 74 - 185 0.072201Tl 74 - 370 0.018

Parametri di interesse radioprotezionistico di alcuni radioisotopi utilizzati “in vivo”

Radioisotopo Attività annue µSv/h a 1 m per MBqmanipolate (MBq) (flacone da 10 ml)

125I 37 - 3700 0.01457Co 74 - 370 0.02232P 1 - 5550 0.001335S 74 - 185 014C 74 - 185 03H 74 - 185 0

Parametri di interesse radioprotezionistico di alcuni radioisotopi utilizzati “in vitro”

Radioisotopo µSv/h a contatto Schermatura µGy/h a contattosenza schermatura con schermatura

99mTc 12950 2 mm Pb 130125I 12580 1 mm Pb 032P 888000 1 mm Pb 0

57Co 12580 2 mm Pb 126

Campi di radiazione a contatto di una siringa da 5 ml per una attività di 37 MBq (1 mCi)

Radioisotopo µSv/h a 100 cm Schermatura µGy/h a 100 cmsenza schermatura con schermatura

99mTc 0.814 2 mm Pb 0.008131I 2.37 11 mm Pb 0.024125I 0.52 1 mm Pb 032P 0.05 1 mm Pb 0

57Co 0.81 2 mm Pb 0.008

Campi di radiazione attorno ai contenitori di sostanze radioattive maggiormente impiegate (flacone10 ml) per una attività di 37 MBq (1 mCi)

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11.3. Valutazione del rischio per ir-radiazione esterna

È possibile contenere il rischio di irra-diazione esterna ottimizzando le proce-dure e il lay-out dei servizi di Medicinanucleare.1. Gli ambienti devono avere adeguate

dimensioni e opportune dislocazioni:devono avere strutture fisse di radio-protezione (es. cella calda), sale diattesa ben separate, percorsi logiciosservabili nella pratica quotidiana dilavoro.

2. L’operatore sanitario dovrà porre lesoluzioni madre negli appositi allog-giamenti schermati in cassaforte onei frigoriferi di stoccaggio non ap-pena queste vengano consegnate alreparto; dovrà utilizzare semprecontenitori e siringhe schermati ridu-cendo al minimo possibile il contattodiretto con contenitori, siringhe eprovette.

3. L’operatore non dovrà stazionare inprossimità del paziente se non per leoperazioni connesse alla corretta ese-cuzione dell'esame diagnostico; dovràosservare scrupolosamente i conte-nuti delle norme di protezione e sicu-rezza ed esigere il loro rispetto.

Il rispetto delle semplici indicazionisopra indicate rende possibile contene-re il rischio di irradiazione esterna se-condo quanto indicato nella tabellasuccessiva.

Esame radiofarmaco attività (MBq) µSv/ha contatto a 0.3 m a 1 m

scintigrafia ossea 99mTc MDP 555 15 7.2 2.2scintigrafia epatica 99mTc colloide 150 4 2 0.6angiocardio scintigrafia 99mTc RBC 740 20 10 3scintigrafia miocardica 201Tl 110 4 2 0.7

Campi di radiazione medi attorno ad un paziente cui sia stata somministrata una sostanza radioatti-va a scopo diagnostico subito dopo la somministrazione.

attività media µGy/h max a 1 m dose equivalentesomministrata a 1 m dal paziente

131I (GBq) ( T=0 →∞ ) (mSv)

terapia ablativa 2.96 100 4.9terapia delle metastasi 5.55 165 5ipertiroidismo 0.185 5.5 1

Campi di radiazione medi attorno ad un paziente cui sia stata somministrata una sostanza radioatti-va a scopo terapeutico (131I)

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11.4. Rischio di irradiazione internaNelle attività in questione è sempre pre-sente il rischio di incorporazione di so-stanze radioattive.I principali potenziali meccanismi di in-corporazione sono costituiti da:➾ l’ingestione di sostanze radioattive➾ l’inalazione di radionuclidi presenti

sulle superfici di lavoro contaminate erisospesi nell’aria o a causa di unaevaporazione di sostanze radioattivedurante la manipolazione.

11.5. Valutazione del rischio per ir-radiazione interna in attivitàdiagnostica

11.5.1. Incorporazione per inalazioneI radiofarmaci normalmente impiegatiin ambito sanitario sono prevalente-mente in forma non volatile; in genera-le i dati in letteratura riportano valoridella frazione di attività inalata, rispettoall'attività impiegata, molto piccoli; per-tanto, al fine della stima del rischio, sivaluta, normalmente, che venga ingeri-

ta una frazione dell’attività impiegatapari a 10-6.Un discorso particolare va fatto nel casodell’impiego di sostanze marcate con iodioradioattivo, in particolare ioduri, data lamaggior volatilità di questi composti.Pertanto:➾ si può considerare un rischio molto li-

mitato di inalazione nel caso dell’atti-vità diagnostica “in vivo” ed “in vitro”,a meno che non si usino grandi quan-tità di 131I;

➾ particolare attenzione va prestata perquanto riguarda l'attività terapeuticacon 131I.

11.5.2. Incorporazione per ingestioneL’incorporazione per ingestione di so-stanze radioattive da parte del personaleoperatore è dovuta alla eventuale conta-minazione radioattiva delle mani, pelle evestiti. In letteratura viene riportato chela più importante via di incorporazione èquella mani-bocca durante la preparazio-ne del radiofarmaco. Le frazioni di attivi-tà ingerite, qualora si adottino gli oppor-

impiego diagno-stico in vivoimpiegoterapeutico(terapiadell’ipertiroidi-smo)impiegoterapeutico(terapia dellemetastasi datumore tirodeo)impiego“in vitro”

< 1 µSv/terapia (preparazione esomministrazione)

< 10 µSv/terapia (preparazione esomministrazione)

rischio molto contenuto salvo casi particolari,quali l’impiego di emettitori beta di alta energia(ad es. 32P), per cui occorre l'impiego di particola-ri mezzi di protezione.

< 5 µSv/terapia (assistenza al paziente)

< 50 µSv/terapia (assistenza al paziente)

2 - 5 µSv/esame 3 - 4 mSv/anno peroperatore (< 8 mSv/anno)

5 - 20 µSv/esame allemani

<< 1 mSv/anno (per le normali attivitàsanitarie)

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Tipiche dosi connesse all’impiego di sostanze radioattive in forma non sigillata a scopo terapeutico

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tuni accorgimenti operativi, sono comun-que molto piccole. Al fine della stima delrischio si valuta normalmente che vengaingerita una frazione dell’attività impiega-ta pari a 10-5. Sulla base dei dati sopra in-dicati, nella tabella successiva è indicatala quantità di sostanze radioattive che ènecessario manipolare annualmente perdare origine alla possibilità di assorbireuna dose pari a 1 mSv.È possibile contenere il rischio di irradia-zione interna applicando delle sempliciregole comportamentali:• evitando le contaminazioni personali

(usando gli indumenti protettivi ed, inparticolare, i guanti monouso);

• evitando le contaminazioni delle super-fici e mantenendo i luoghi di lavoro ilpiù possibile “puliti”;

• mantenendo la pulizia personale edegli indumenti di lavoro;

• controllando regolarmente la presenzadi eventuale contaminazione all’uscitadella zona controllata;

• eliminando velocemente e con la dovu-ta cautela qualsiasi contaminazione su-perficiale;

• mettendo sempre in funzione le cappedi aspirazione e gli impianti di ventila-zione;

• osservando tutte le indicazioni conte-nute nelle norme di protezione e sicu-rezza.

11.6. Valutazione del rischio per ir-radiazione interna in attivitàterapeutica

Come già detto le soluzioni di radioiodiopresentano un alto potenziale di volatiliz-zazione. La volatilità dipende dalle carat-teristiche della soluzione ( può variare diun fattore fino a 100).In letteratura vengono riportati i seguen-ti valori di attività incorporata come fra-zione dell’attività manipolata:soluzione volatile: 6.3 x 10-6

soluzione volatile sotto cappa: 2.2 x 10-6

soluzione non volatile: 7 x 10-8

È importante che la soluzione abbia leseguenti caratteristiche:• pH > 7• aggiunta di antiossidanti (disodio fosfa-

to) e agenti chelanti (disodio EDTA)

Le capsule presentano di norma una vo-latilizzazione potenziale del radioiodiomolto inferiore.Da quanto sopra esposto risultano evi-denti le procedure necessarie per ridurreil rischio di irradiazione interna degli ope-ratori addetti alla somministrazione, oltreovviamente all’impiego degli usuali mezzidi protezione contro la contaminazionepersonale:✓ impiegare capsule o, comunque, solu-

zioni non volatili; ✓ operare sotto cappa (in modo partico-

lare nell’apertura dei contenitori);✓ evitare l’esposizione all’aria del mate-

riale radioattivo.L’irradiazione interna dovuta all’assi-stenza al paziente è dovuta sia allacontaminazione dell’aria, sia alla conta-minazione delle suppellettili, della bian-cheria, etc.Infatti si ha una escrezione di radioattivi-tà da parte del paziente con conseguen-te contaminazione dell’aria e di tutto il

Radionuclide Attività impiegatacomportante

E(50) = 1 mSv/anno(GBq/anno)

99mTc 4000131I 4

67Ga 450111In 300201Tl 950

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materiale con cui entra in contatto il pa-ziente stesso; ovviamente vi è presenzadi contaminazione nei servizi igienici: inquesto caso, al fine della protezione del-l’operatore, oltre ai normali mezzi di pro-tezione contro la contaminazione perso-nale (uso di guanti monouso, ecc.), sisottolinea l’importanza dei seguenti in-terventi:

• uso di materiale a perdere;• riduzione del tempo di permanenza

nella camera di degenza al minimo in-dispensabile.

Sulla base delle precedenti valutazioni èpossibile riassumere i livelli di rischio le-gati all’impiego di sostanze radioattivenon sigillate in ambito sanitario nel modoseguente:

12.1. GeneralitàNel campo della biochimica clinica la tec-nica del dosaggio radioimmunologico(Radio Immuno Assay - RIA) ha avuto inquesti anni una notevole diffusione.Questa tecnica si basa sulla reazione fraantigene marcato con radiotracciante edanticorpo offrendo il grande vantaggiodella specificità della reazione immunolo-gica con la notevole sensibilità delle mi-sure di radioattività in vitro.La scelta del radiotracciante è vincolatadalle seguenti necessità: tipo di radiazio-ne emessa facilmente rilevabile, emivitasufficientemente lunga, reattività chimicaelevata, elevato grado di purezza ed ele-vata attività specifica.Attualmente lo 125I risulta essere il radioi-sotopo più utilizzato; la sostanza marca-ta in genere è sotto forma liquida o liofi-lizzata.Tra le più comuni indagini RIA si possonoricordare: dosaggi ormonali, marker tu-morali, marker dell’epatite.

È da ricordare tuttavia che in questi la-boratori vengono normalmente effettua-te anche indagini “non RIA”, sempre invitro, utilizzando radionuclidi per la ricer-ca, tra l’altro, di cellule citotossiche in corsodi immunizzazione, misurazione della sin-tesi di DNA in corso di blastizzazione lin-focitaria da alloantigeni, diagnosi mole-colare di anemie emolitiche da difetto dimembrana ed enzimopatie eritrocitarie.

12.2. Misure di prevenzione e pro-tezione

La protezione dei lavoratori in un labo-ratorio RIA si fonda in larga misura suaccorgimenti progettuali.Un laboratorio RIA è normalmentestrutturato a blocchi consistenti in: salaprelievi, deposito materiale radioattivo,sala dosaggi, sala conteggi, deposito ri-fiuti radioattivi sia liquidi che solidi, edeventualmente, in relazione alle attivitàmanipolate, una zona di decontamina-zione.

Tipo di impiego Rischio da irradiazione esterna Rischio da irradiazione interna“in vivo” diagnostico moderato - alto basso - moderato“in vivo” terapeutico alto alto“in vitro” basso - moderato basso

12. LA RADIOIMMUNOLOGIA (R.I.A.)

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Ai fini della protezione dei lavoratori inesso operanti, un Laboratorio RIA deveessere dotato:✓ di un sistema di ventilazione adeguato

alla tipologia e alle quantità di sostan-ze radioattive in esso utilizzate;

✓ una cappa✓ pavimenti a sguscio e superfici lavabi-

li per facilitare le operazioni di decon-taminazione;

✓ adeguata strumentazione di monito-raggio della contaminazione superfi-ciale (monitor per contaminazioni su-perficiali);

✓ un deposito per lo stoccaggio e il de-cadimento di rifiuti liquidi e solidi ra-dioattivi, prima del loro smaltimento.

Di solito il rischio di irradiazione esternaè praticamente trascurabile in tali attivitàa meno che non si utilizzino beta emetti-tori di alta energia; ai fini della protezio-ne dai rischi di irradiazione interna è in-dispensabile utilizzare tutti i dispositivi diprotezione individuali disponibili e in par-ticolare guanti monouso da utilizzare du-rante la manipolazione del tracciante.

12.3. Rifiuti radioattiviLe attività radioimmunologiche compor-tano l’inevitabile produzione di rifiuti ra-dioattivi. Una corretta gestione dei rifiutiradioattivi, riveste pertanto rilievo parti-colare in relazione al loro possibile im-patto sull’ambiente. In tali attività il rifiu-to solido consiste principalmente in ma-teriale di risulta della attività del labora-torio quali flaconi, ampolle, provette etubi a perdere, puntali di pipettatrice,materiale assorbente per banchi, guantiin lattice o polietilene etc.; si tratta, ingenerale, di materiale ad alto volume e abassa concentrazione radioattiva.Il rifiuto liquido consiste viceversa es-senzialmente nel siero marcato con lasostanza radioattiva, vials contenenti li-quido scintillante e, in alcuni casi, nelleacque di primo risciacquo delle provet-te o tubi contenenti il composto alquale il marker radioattivo si associa; sitratta, in generale, di materiale di mo-desta volumetria e concentrazione ra-dioattiva dell’ordine del centinaio diBq/ml.

Modalità di manipolazione beta emittenti di altaenergia

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13.1. IntroduzioneLa Medicina nucleare si occupa dellostudio della morfologia e della funzio-nalità di alcuni organi del corpoumano, utilizzando sorgenti γ emittentinon sigillate (energia dei fotoni emes-si: da 100 a 400 keV circa).L’esame scintigrafico viene effettuatosomministrando al paziente, principal-mente per via endovenosa, una so-stanza radioattiva legata ad un compo-sto chimico (tracciante) diverso a se-conda dell'organo che si desidera stu-diare.Il composto chimico a cui il radionucli-de viene legato deve fare in modo cheesso venga condotto nei tessuti dell’or-gano di interesse.I radionuclidi più comunemente usatisono 99mTc, 67Ga, 111In, 201Tl e 123I; nella

tabella successiva sono indicati alcunidei parametri di interesse radioprote-zionistico ad essi relativi.

13. MEDICINA NUCLEARE

Isotopo T1/2 Energia (keV)67Ga 3.26 d 93.3

184.6300.2

111In 2.81 d 171.3245.4

123I 13.2 h 159.099mTc 6.0 h 140.5201Tl 3.0 d 167.4

Parametri di interesse radioprotezionistico rela-tivi ad alcuni radionuclidi utilizzati in medicinanucleare

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Radioimmunologia

� Se prescritti, assicurarsi di portare i dosimetri personali secondo le modali-tà indicate nelle norme di radioprotezione.

� Durante la manipolazione di sostanze radioattive indossare sempre i guan-ti monouso.

� In Zona Controllata è vietato bere, mangiare e fumare.� All’uscita eseguire il controllo della contaminazione personale con l’apposito

strumento di misura. Nel caso venga riscontrata contaminazione attenersialle specifiche procedure ed avvisare il Responsabile del reparto e l’EspertoQualificato.

� Evitare di portare mani e oggetti (penne) alla bocca.� È vietato trasportare all’esterno del laboratorio qualunque attrezzatura

senza prima averne controllato la possibile contaminazione.

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Alla base della formazione di una imma-gine scintigrafica è la possibilità, acco-stando al corpo del paziente un rivelato-re di radiazioni, di rivelare i fotoni emes-si dalla sostanza somministrata; i segna-li prodotti dal rivelatore, opportunamenteprocessati da un sistema elettronico, for-niscono a video l’immagine della distribu-zione del tracciante. L’insieme costituitoda rivelatore e dal sistema elettronico dielaborazione del segnale viene chiamatocomunemente gamma camera.

L’esame scintigrafico può essere effet-tuato con tecnica planare o tomografi-ca. Nel primo caso la testa del tomo-grafo viene posizionata in corrisponden-za della regione corporea da indagaredella quale vengono acquisite una o piùimmagini.L’acquisizione planare può essere stati-ca o, quando si voglia studiare un fe-nomeno a rapida variazione temporale(per esempio la funzionalità renale), di-namica: in tal caso vengono acquisitemolte immagini in rapidissima succes-sione, nell’ordine di 1 immagine al se-condo.

Nell’acquisizione tomografica la gammacamera ruota attorno al paziente incorrispondenza del distretto corporeoda indagare fornendo un elevato nu-mero di proiezioni da cui, con opportu-ni algoritmi matematici, si ottengonosezioni dell’organo in studio transassia-li o secondo assi orientati in qualsiasidirezione.Una gamma camera può essere atesta singola, doppia o tripla: solita-mente le ultime due vengono impiega-te per esami tomografici perché, po-tendo acquisire contemporaneamentepiù proiezioni, riducono la durata del-l’esame.

13.2. Misure di prevenzione e pro-tezione

La protezione dei lavoratori, in un Servi-zio di Medicina nucleare, si fonda in largamisura su accorgimenti progettuali; unServizio di medicina nucleare deve infattiessere caratterizzato da:✓ sistemi di ventilazione che convoglino

l’aria dalle zone fredde alle zone caldee garantiscano adeguati ricambi diaria;

✓ un locale apposito per la manipolazio-ne di radionuclidi (camera calda);

✓ pavimenti a sguscio e superfici lavabi-li per facilitare le operazioni di decon-taminazione;

✓ percorsi differenziati in ingresso e inuscita dal reparto e una zona di de-contaminazione;

✓ adeguata strumentazione di monito-raggio della contaminazione superfi-ciale (monitor mani - piedi, monitorper contaminazioni superficiali)

✓ un deposito per lo stoccaggio e ildecadimento di rifiuti liquidi e solidiradioattivi, prima del loro smalti-mento.

Gamma camera a doppia testa

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Come già detto, l’attività svolta nel servi-zio di Medicina nucleare espone gli ope-ratori alla irradiazione esterna e alla pos-sibilità di contaminazione interna.

Irradiazione esterna: è dovuta principal-mente alle seguenti attività:• preparazione delle attività da sommini-

strare: l’operatore normalmente lavorainserendo solo le braccia in una cellacompletamente schermata con piomboe vetro piombifero; le mani sono laparte del corpo esposta;

• somministrazione del tracciante al pa-ziente: la siringa utilizzata dal medico èschermata ma solo in parte;

• assistenza al paziente: gli operatoriprestano assistenza ai pazienti che tal-volta, per le modalità di esecuzione dialcuni esami, rimangono nel servizio pertempi prolungati (anche qualche ora).

Contaminazione interna: si può verificare:• durante la manipolazione per inalazio-

ne o per contaminazione cutanea;• in seguito a comportamenti inadegua-

ti: ad esempio, portarsi le mani allabocca e mangiare e bere negli ambien-ti esposti a contaminazione;

Ai fini della protezione dai rischi di irra-diazione esterna è necessario che venga-no utilizzate tutte le schermature struttu-rali presenti nel servizio: cella di manipo-lazione in camera calda, barriere fisse emobili. È altresì indispensabile utilizzaretutti i dispositivi di protezione disponibilie in particolare gli schermi in piombo perle siringhe, per i flaconi contenenti trac-cianti e per i contenitori di rifiuti.Ai fini della protezione dai rischi di irra-diazione interna è indispensabile utilizza-re tutti i dispositivi di protezione indivi-duali disponibili e in particolare guantimonouso da utilizzare durante la mani-polazione del tracciante, gli indumenti e

le calzature da indossare solo durante lapermanenza in reparto.

13.3. Rifiuti radioattiviLe attività di Medicina nucleare compor-tano l’inevitabile produzione di rifiuti ra-dioattivi. Una corretta gestione dei rifiuti

Cella schermata di manipolazione

Schermi per siringhe

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radioattivi riveste pertanto rilievo partico-lare in relazione al loro possibile impattosull’ambiente. Nell’esercizio delle attivitàdi diagnostica in vivo vengono prodotti,di norma, solo rifiuti radioattivi in formasolida e liquida, a condizione che:a) i vapori o gas radioattivi, peraltro pro-

dotti normalmente in piccole quantità,vengano filtrati prima della loro im-missione in ambiente da parte degliimpianti di ventilazione e/o condizio-namento di cui sono normalmente do-tate le strutture di medicina nucleare;

b) si provveda alla sostituzione program-mata dei filtri assoluti e/o a carboneattivo dei servizi di medicina nucleareal fine di mantenerne inalterata lafunzionalità e il potere filtrante.

I rifiuti solidi derivanti dall’uso di sostan-ze radioattive a scopo diagnostico in vivosono principalmente costituiti da:* siringhe, provette e contenitori vuoti di

sostanze radioattive;* materiale di medicazione;* biancheria contaminata;* materiale venuto a contatto con escre-

ti di pazienti sottoposti ad esame scin-tigrafico (pannoloni, teli, cateteri, son-dini, etc);

* materiale di consumo utilizzato in ca-mera operatoria e venuto a contatocon pazienti portatori di radioattivitàsottoposti a intervento chirurgico (ades. nel caso di 99m-Tc utilizzato nella ri-cerca del linfonodo sentinella);

* materiali utilizzati per operazioni di la-vaggio e decontaminazione;

* filtri degli impianti di estrazione dell’a-ria dei servizi di Medicina nucleare.

In generale si tratta di materiale, preva-lentemente “a perdere”, contaminato dasostanze radioattive a breve tempo di di-mezzamento e spesso con presenza ditossicità batteriologica o chimica. Materiale

contaminato non “a perdere” (ad esem-pio biancheria) può essere riutilizzatodopo adeguate procedure di decontami-nazione e/o dopo un tempo sufficiente aconsentire il decadimento della sostanzaradioattiva a livelli trascurabili.Un residuo solido molto frequente è co-stituito dalle colonne di resine a scambioionico utilizzate per l’eluizione di 99m-Tc.Va inoltre sottolineato che spesso per lamanipolazione, il trasferimento e il conte-nimento di soluzioni radioattive pronteper l’impiego clinico, si utilizzano preva-lentemente siringhe, provette e altri tipidi contenitori di materiale plastico, deltipo a perdere; è opportuno trattare talemateriale, anche se contenente residui li-quidi, come un rifiuto solido.I principali rifiuti liquidi derivanti dall’uso disostanze radioattive non sigillate a scopodiagnostico in vivo, sono costituiti da:* residui di soluzioni somministra-

te, costituiti da piccoli volumi con atti-vità inferiore, in genere, al centinaio diMBq; sono in gran parte contenuti inflaconcini con tappo a tenuta e, pro-prio in considerazione di questi ele-menti, non è consigliabile estrarre il li-quido dai contenitori ma è viceversaopportuno considerare i contenitoristessi come rifiuti solidi;

* acque utilizzate per il lavaggio divetrerie o altri oggetti contaminati,con un volume non precisabile e attivitàmassima dell’ordine di qualche kBq; talefonte di produzione è evidentementeestremamente contenuta nel caso di uti-lizzo di materiale “disposable”;

* acque di lavaggio di biancheriacontaminata, con volume non preci-sabile e attività non stimabili a priori macomunque estremamente contenute;

* escreti dei pazienti, di solito raccol-ti in sistemi di vasche.

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14.1. GeneralitàUno dei metodi più usati nella produzio-ne di radionuclidi si basa sull’utilizzo di unacceleratore di particelle cariche, il ciclo-trone. In tale apparecchiatura le particel-le cariche vengono accelerate fino ad ot-tenere elevate energie e fatte collidere suopportuni bersagli, target, producendoreazioni nucleari che portano alla forma-zione di nuovi elementi radioattivi.

14.2. Misure di prevenzione e pro-tezione

I problemi radioprotezionistici relativi alla

installazione di un ciclotrone in ambitoospedaliero sono spesso rilevanti poichédifficilmente esso può essere collocatolontano da ambienti destinati all’utilizzodelle sostanze radioattive da esso pro-dotte. Pertanto esso viene alloggiato inun bunker avente pareti di cemento dellospessore di 2 metri circa. Tale necessità èdovuta ai notevoli campi di radiazionigamma e neutronici prodotti dalle colli-sione delle particelle cariche acceleratesia con i bersagli che con le strutturestesse del ciclotrone (pozzi di spegni-mento, collimatore, etc.).

Medicina nucleare

� Se prescritti, assicurarsi di portare i dosimetri personali secondo le modali-tà indicate nelle norme di radioprotezione.

� Durante la manipolazione di sostanze radioattive indossare sempre i guan-ti monouso.

� In Zona Controllata è vietato bere, mangiare e fumare.� All’uscita eseguire il controllo della contaminazione personale con l’apposito

strumento di misura. Nel caso venga riscontrata contaminazione attenersialle specifiche procedure ed avvisare il Responsabile del reparto e l’EspertoQualificato.

� Evitare di portare mani e oggetti (penne) alla bocca.� La preparazione dei radiofarmaci da somministrare deve avvenire sotto

cappa.� Per la somministrazione utilizzare sempre siringhe schermate. � Durante l’esame non rimanere in prossimità del paziente.� L’assistenza ai pazienti è vietata alle donne gravide.� È vietato trasportare all’esterno del Servizio qualunque attrezzatura senza

prima averne controllato la possibile contaminazione.

14. IL CICLOTRONE

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L’interazione dei neutroni prodotti con igas che compongono l’aria ne producel’attivazione cioè la produzione di radioi-sotopi gassosi.Dato il significativo livello di rischio cuipotrebbero essere esposte le personeche accidentalmente dovessero trovarsinel bunker durante il funzionamentodella macchina, occorre corredare l’im-pianto con sistemi di sicurezza che peroffrire sufficiente affidabilità devonoavere i requisiti di:• molteplicità (più di un dispositivo di si-

curezza);• automaticità (funzionamento indipen-

dente da errore umano);• interdipendenza.Essi agiscono a livelli diversi in funzionedell’entità del rischio inserendosi auto-maticamente e impedendo qualsiasi ese-cuzione di operazioni che non rispettinouna determinata sequenza. Qualora undispositivo di sicurezza venisse forzato siavrebbe lo spegnimento immediato del-l’acceleratore. Nel bunker, nel camino diespulsione dell’aria ed in generale neiluoghi frequentati dagli operatori sonopresenti sistemi di monitoraggio ambien-tale, sia fissi che mobili.

Tutti questi sistemi di controllo sono talida escludere, nella normale attività dellamacchina, qualunque possibilità di inci-dente. Qualunque operazione all’internodel bunker del ciclotrone, classificatocome zona controllata, richiede la valuta-zione preventiva del rischio e pertantodeve essere autorizzata dall’esperto qua-lificato. Recentemente sono stati posti in com-mercio ciclotroni autoschermanti, tali danon richiedere la costruzione di un bun-ker dedicato.

Il materiale schermante è normalmentecostituito da boro, polietilene, piombo ecemento. La maggior parte di questi ci-clotroni risulta avere una energia delleparticelle accelerate di circa 10 – 11 MeVe una corrente di circa 50 µA. Per ciclo-troni aventi energie superiori, pari a circa16-18 MeV, rimane comunque la necessi-tà di schermare il locale di installazionecon pareti in cemento aventi spessore dicirca 20 cm per ridurre i campi di radia-zione sia gamma che neutronici.

Bunker per ciclotrone

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Esempio di schermature per ciclotrone

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La tomografia ad emissione di positroni(PET) consente di misurare la concentra-zione dei traccianti radioattivi nell’organoin esame e di ricostruire immagini di se-zioni dell’organo stesso in termini di dis-tribuzioni di concentrazione del radiotrac-ciante. La concentrazione di questi radiotrac-cianti può poi essere messa in relazionea processi fisiologici e metabolici attra-verso appropriati modelli matematici. La PET utilizza radionuclidi emittenti po-sitroni (decadimento ß+) e rileva le ra-diazioni γ da 511 keV emesse a 180º inseguito alla annichilazione del positronecon un elettrone.

Ciclotrone

� Se prescritti, assicurarsi di portare i dosimetri personali secondo le modali-tà indicate nelle norme di radioprotezione.

� In Zona Controllata è vietato bere, mangiare e fumare.� All’uscita eseguire il controllo della contaminazione personale con l’apposito

strumento di misura. Nel caso venga riscontrata contaminazione attenersialle specifiche istruzioni ed avvisare il Responsabile del reparto e l’EspertoQualificato.

� Evitare di portare mani e oggetti (penne) alla bocca.� L’accesso al bunker è consentito solo quando si verificano tutti i consensi

forniti dai sistemi di sicurezza.� Gli addetti che devono comunque accedere al bunker entro le prime ore

dopo l’irraggiamento devono essere autorizzati preventivamentedall’Esperto Qualificato.

� Ogni operazione di manutenzione ordinaria o straordinaria sul ciclotrone edin particolare in prossimità dei pozzi di spegnimento deve essere preventi-vamente autorizzata dall’Esperto Qualificato.

15. LA TOMOGRAFIA AD EMISSIONE DI POSITRONI

Processo di annichilazione

Un sistema di coppie di rivelatori oppostipermettono la rivelazione dei γ emessi incoincidenza ed il segnale viene inviato ad

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un computer per il trattamento dei datiper la creazioni di immagini tomografiche.Tra i vantaggi sostanziali dell’impiego dei

radionuclidi emittenti positroni nella to-mografia ad emissione rispetto a quelli asingolo fotone normalmente usati inMedicina nucleare si possono citare:• miglioramento della rivelazione in pro-

fondità;• incremento della statistica di conteggio

dei tomogrammi;• maggiore accuratezza delle informazio-

ni fornite dai tomogrammi; • possibilità di utilizzare come traccianti

isotopi di elementi fisiologicamente con-tenuti nei tessuti e da essi metabolizzati.

L’applicazione biomedica della PET hacontribuito alla selezione di quattro trac-cianti da destinare all’uso in vivo e chesoli coprono circa il 90% delle attuali ap-plicazioni della tomografia a positroni.La diffusione dei tomografi ad emissionedi positroni risulta limitata dal fatto che labreve emivita dei radioisotopi che, tral’altro, comporta una riduzione della doseal paziente, implica la loro utilizzazionevicino al luogo di produzione.

Ricostruzione del segnaleRadioisotopo Emivita

18F 1,7 ore11C 20,3 minuti13N 10 minuti15O 123 secondi

Campi di radiazione a 1 metro di distanza dallesorgenti radioattive impiegate

Radioisotopo µSv/h per 37 MBq (1 mCi)18F 5,6911C 5,8813N 5,8815O 5,81

PET

� Se prescritti, assicurarsi di portare i dosimetri personali secondo le modali-tà indicate nelle norme di radioprotezione.

� In Zona Controllata è vietato bere, mangiare e fumare.� All’uscita eseguire il controllo della contaminazione personale con l’apposito

strumento di misura. Nel caso venga riscontrata contaminazione attenersialle specifiche procedure ed avvisare il Responsabile del reparto e l’EspertoQualificato.

� Evitare di portare mani e oggetti (penne) alla bocca.� Per la somministrazione utilizzare sempre siringhe schermate.� Durante l’esame non rimanere in prossimità del paziente.� L’assistenza ai pazienti è vietata alle donne gravide.

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16.1. GeneralitàIn terapia radiometabolica vengono som-ministrate sostanze radioattive a scopoterapeutico.La scelta del radiofarmaco da impiegaredipende dalle caratteristiche fisiche del ra-dionuclide, dalla natura chimica del com-posto e da come questo viene metaboliz-zato dall'organismo. Da un punto di vistafisico i radionuclidi più indicati sono gliemettitori beta puri caratterizzati da un ri-lascio di energia localizzato. La mancatadisponibilità di emettitori beta puri com-porta, talvolta, la necessità di utilizzo diemettitori beta - gamma che, oltre all’ef-fetto terapeutico, creano un campo di ra-diazioni indesiderato attorno al paziente.Nella tabella successiva sono riportati al-cuni dati sui radionuclidi più comune-mente usati in terapia.

Per quanto riguarda la forma chimica delcomposto somministrato, essa deve con-sentire una captazione selettiva nel sitopatologico.

16.2. Misure di prevenzione e pro-tezione

È importante sottolineare che la sommi-nistrazione di 131I in attività superiori a600 MBq implica la necessità di ospeda-lizzazione del paziente in un apposito re-parto di degenza protetta. In tal caso la

protezione dei lavoratori si fonda in largamisura su accorgimenti progettuali; unreparto di degenza protetta deve infattiessere caratterizzato da:✓ sistemi di ventilazione che convoglino

l’aria dalle zone fredde (corridoi) allezone calde (camere di degenza) e ga-rantiscano adeguati ricambi di aria;

✓ pavimenti a sguscio e superfici lavabi-li per facilitare le operazioni di decon-taminazione;

✓ schermature adeguate delle sale didegenza;

✓ disponibilità di schermature mobili al-l’interno delle stanze di degenza;

✓ sistemi di raccolta e contenimentodegli escreti dei pazienti;

✓ percorsi differenziati in ingresso e inuscita dal reparto per il personale eper i pazienti e una zona di deconta-minazione;

✓ adeguata strumentazione di monito-raggio della contaminazione superfi-ciale (monitor mani - piedi, monitorper contaminazioni superficiali);

✓ un deposito per lo stoccaggio e il de-cadimento di rifiuti liquidi e solidi ra-dioattivi, prima del loro smaltimento.

Anche questa attività espone gli operato-ri alla irradiazione esterna e alla possibi-lità di contaminazione interna.Irradiazione esterna: è dovuta principal-mente alle seguenti attività:• preparazione delle attività da sommini-

strare nel caso in cui non venganosomministrate capsule;

• assistenza al paziente ricoverato:Contaminazione interna: si può verificare:• a seguito di inalazione;• a seguito di comportamenti inadeguati:

ad esempio, portarsi le mani alla bocca;

16. LA TERAPIA RADIOMETABOLICA

Caratteristiche dei radionuclidi più usati in tera-pia radiometabolica.

Nuclide T1/2 (g) Eββmax (MeV) Eγγ (MeV)131I 8.02 0.600 0.36489Sr 52 1.46390Y 2.7 2.2732P 14.3 1.71

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Ai fini della protezione dai rischi di irra-diazione esterna è necessario che:1. il personale stazioni nelle stanze di

degenza per il tempo strettamentenecessario all’assistenza ai pazienti;

2. vengano utilizzate tutte le schermaturemobili presenti nelle sale di degenza;

3. il paziente provveda da solo a portarela capsula alla bocca.

Ai fini della protezione dai rischi di irra-diazione interna è indispensabile utilizza-re tutti i dispositivi di protezione indivi-duali disponibili, e in particolare guantimonouso da utilizzare durante la mani-polazione del tracciante, indumenti e cal-zature o sovrascarpe da indossare solodurante la permanenza in reparto.

16.3. Rifiuti radioattiviAnche le attività di terapia radiometabolicacomportano l’inevitabile produzione di ri-fiuti radioattivi. Una corretta gestione deirifiuti radioattivi riveste pertanto rilievoparticolare in relazione al loro possibileimpatto sull’ambiente.La quasi totalità delle sorgenti non sigillateutilizzate a scopo terapeutico sono disponi-bili allo stato liquido o solido (capsule).Nelle attività terapeutiche è possibile rife-rirsi principalmente ai rifiuti radioattiviprodotti in forma solida o liquida sotto-forma di escreti dei pazienti; per quantoriguarda i vapori e/o gas radioattivi pro-dotti, particolare attenzione dovrà essereposta alla progettazione e alla gestionedei reparti di degenza protetta in cuiviene utilizzato 131I a scopo terapeutico.In tali situazioni, al fine di limitare l’im-missione di aeriformi radiocontaminati inatmosfera, è necessario che:a) il reparto di degenza sia dotato di im-

pianto di condizionamento radiopro-tezionisticamente ottimizzato;

b) l’aria espulsa dal reparto sia filtrata at-traverso filtri a carbone attivo;

c) si provveda alla sostituzione program-mata dei filtri a carbone attivo al finedi mantenere inalterata l’efficienza difiltrazione dell’impianto;

d) non si addizionino composti chimiciche possano favorire la produzione diiodio in forma gassosa (ad esempioipoclorito di sodio) ai liquami conte-nuti nelle vasche che raccolgono gliescreti dei pazienti.

16.3.1. Rifiuti solidiI rifiuti solidi derivanti dall'uso di sostan-ze radioattive non sigillate a scopo tera-peutico sono costituiti da:* contenitori vuoti di sostanze radioatti-

ve, siringhe eventualmente utilizzateper la somministrazione;

* contenitori da trasporto delle sostanzeradioattive;

* materiale di medicazione;* guanti e materiale utilizzato per la pu-

lizia e la decontaminazione;* siringhe e bicchieri contaminati;* residui di sostanze alimentari consu-

mate dai pazienti;* piatti e stoviglie utilizzati dai pazienti;* biancheria e lenzuola contaminate;* filtri degli impianti di estrazione dell’a-

ria in particolare dai reparti di degen-za protetta che ospitano pazienti por-tatori di 131I.

In generale si tratta di materiale conta-minato da sostanze radioattive a breve omedio tempo di dimezzamento e spessocon presenza di una certa tossicità batte-riologica o chimica.Nel caso di somministrazione di 131I ascopo terapeutico in reparti di degenzaprotetta, tutto il materiale a contatto conil paziente (residui di cibo, stoviglie, bian-cheria, lenzuola etc.) presenta valori di

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radiocontaminazione anche rilevanti epertanto dovrà essere considerato un po-tenziale rifiuto radioattivo.

16.3.2. Rifiuti liquidiI principali rifiuti liquidi derivanti dall'usodi sostanze radioattive non sigillate ascopo terapeutico sono costituiti da:* residui di radiofarmaci per i quali val-

gono le considerazioni già esposte aproposito delle attività diagnostiche;

* acque eventualmente utilizzate per illavaggio di vetrerie o altri oggetti con-

taminati per le quali valgono le consi-derazioni già esposte a proposito delleattività diagnostiche;

* acque di lavaggio di biancheria conta-minata con volume non precisabile eattività non stimabili a priori per lequali valgono le considerazioni giàesposte a proposito delle attività dia-gnostiche a condizione di una correttagestione della biancheria eventual-mente radiocontaminata;

* escreti dei pazienti raccolti in un siste-ma di vasche.

Terapia radiometabolica

� Assicurarsi di portare i dosimetri personali secondo le modalità indicate nellenorme di radioprotezione.

� Durante la manipolazione di sostanze radioattive indossare sempre i guantimonouso.

� In Reparto è vietato bere, mangiare e fumare.� All’uscita eseguire il controllo della contaminazione personale con l’apposito

strumento di misura. Nel caso venga riscontrata contaminazione attenersialle specifiche istruzioni ed avvisare il Responsabile del reparto e l’EspertoQualificato.

� Evitare di portare mani e oggetti (penne) alla bocca.� Trattare tutto il materiale proveniente dalle stanze di degenza (stoviglie,

piatti, residui di cibo, etc.) come radiocontaminato.� Trattenersi nelle sale di degenza per il tempo strettamente necessario al-

l’assistenza.

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17.1. GeneralitàPer irradiare preparati biologici, in parti-colare sangue, concentrati piastrinici edemoderivati, cellule, tessuti ed organi datrapianto, si usano macchine dedicate.Esse sono costituite normalmente da unacella schermata contenente la sorgenteradiogena e nella quale vengono inseriti icampioni da irradiare. Esistono apparec-chiature a sorgente radioisotopica e ap-parecchiature a raggi X prodotti da tuboradiogeno. Le apparecchiature a sorgente radioiso-topica, attualmente poco utilizzate e infase di sostituzione con quelle a raggi X,utilizzano normalmente sorgenti sigilla-te di 137-Cs. L’apparecchiatura utilizzan-te il tubo radiogeno funziona a tensionifino a 200 kV.

17.2. Misure di prevenzione e pro-tezione

Generalmente queste installazioni nonnecessitano di particolari accorgimentiper garantirne il funzionamento in condi-zioni di sicurezza in quanto il fascio ra-diante rimane completamente confinatoall'interno della cella. La schermatura di

questa è studiata per garantire all’ester-no di essa una riduzione della dose a va-lori praticamente confrontabili con ilfondo naturale.Il personale addetto deve essere istruitosul corretto funzionamento delle apparec-chiature e deve seguire scrupolosamentetutte le indicazioni tecniche e di sicurezza.

17. IRRADIAZIONE DEI PREPARATI BIOLOGICI

Apparecchiatura per irraggiamento di emoderivati

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1. Attività (A): numero di disintegra-zioni di un nucleo radioattivo che av-viene nell’unità di tempo. L’unità dimisura è il bequerel (Bq):

1Bq = 1 disintegrazione/sI fattori di conversione da utilizzarequando l’attività è espressa nella vec-chia unità di misura, il Curie (Ci), sonoi seguenti:

1 Ci = 3,7 x 1010 Bq 1 Bq = 2,7027 x 10-11 Ci

2. Energia (E): è la capacità della ra-diazione di provocare ionizzazioni,eccitazioni o trasformazioni nuclea-ri. L’unità di misura dell’energia diun fascio di radiazioni ionizzanti èl’elettronvolt (eV). Comunementeimpiegati sono i suoi multipli keV eMeV.

3. Tensione (V): indica la differenza dipotenziale tra due elettrodi. La suaunità di misura è il volt; comunemen-te viene usato il kV.

4. Intensità di corrente (I): quantitàdi carica elettrica che attraversa nel-l’unità di tempo una sezione di unmateriale. La sua unità di misura èl’ampere (A):

1A = 1 coulomb/sComunemente viene utilizzato il mA.

5. Dose assorbita (D): quoziente didE diviso per dm, in cui dE è l’ener-gia media ceduta dalle radiazioni io-nizzanti alla materia in un elementovolumetrico e dm la massa di mate-ria contenuta in tale elemento volu-metrico.L’unità di misura è il gray (Gy):

1Gy = 1 J/ Kg I fattori di conversione da utilizzarequando la dose assorbita è espressa

18. NORME DI RADIOPROTEZIONE

Da quanto indicato nei capitoli precedenti,emerge con chiarezza che condizioni di si-curezza nelle attività che comportano il ri-schio di esposizioni alle radiazioni ioniz-zanti possono essere ottenute da un latocon azioni e/o provvedimenti definiti pre-ventivamente all’esercizio dell’attività, dal-l’altro utilizzando procedure di lavoro con-dotte correttamente da un punto di vistaradioprotezionistico. In tale contesto assu-me particolare importanza quanto dispo-sto in materia di norme di radioprotezionealla lettera f) del comma 3 dell’art. 61 delD. Lgs. 230/95 e successive modifiche in-tegrazioni. La redazione di norme appro-priate in relazione alla tipologia e all’entitàdel rischio da radiazioni ionizzanti nondeve rappresentare pertanto una mera ot-temperanza formale a un disposto dilegge, ma viceversa deve costituire il risul-tato di un’analisi condotta, situazione persituazione, delle modalità con cui il lavoroa rischio si deve esplicare. In tale contestole norme contenute nell’appendice 2 diquesto manuale informativo vanno intesesolo ed esclusivamente come esempiodelle situazioni che dovrebbero essereprese in considerazione e non come untentativo di standardizzare delle racco-mandazioni che viceversa non devono pre-scindere dalla specifica realtà lavorativa.Per tale motivo si è preferito limitarsi aprendere in considerazione solo alcune at-tività di radiodiagnostica che, oltre ad es-sere le fonti di rischio più frequenti, pre-sentano caratteristiche tali da consentiresufficienti margini di generalizzazione.

18.1. Appendice 1 - Unità di misuraSi riportano le principali definizioni digrandezze e unità di misura.

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Tabella 4. Fattori di peso, wT, per tessu-ti ed organi.

6. Dose equivalente (H): grandezza ra-dioprotezionistica ottenuta moltiplican-do la dose assorbita (D) per fattori(Tab. 3) che dipendono dal tipo e dal-l’energia della radiazione, al fine di qua-lificare il significato della dose assorbitastessa per gli scopi della radioprotezio-ne. L’unità di misura è il sievert (Sv):

1 Sv = 1 J/ kgI fattori di conversione da utilizzarequando la dose equivalente è espres-sa nella vecchia unità di misura, ilrem, sono i seguenti:

1 rem = 10-2 Sv1 Sv = 100 rem

7. Dose efficace (E): somma delle dosiequivalenti nei diversi organi o tessu-ti, ponderate secondo i fattori indicatiin Tabella 4:

E=∑T wT.HT

L’unità di misura è il sievert (Sv).8. Dose impegnata: dose ricevuta da

un organo o da un tessuto, in un de-terminato periodo di tempo, in seguitoall’introduzione di uno o più radionucli-di. L’unità di misura è il sievert (Sv).

Tessuto o organo wT

Gonadi 0,20Colon 0,12Midollo osseo (rosso) 0,12Polmone 0,12Stomaco 0,12Mammelle 0,05Esofago 0,05Fegato 0,05Tiroide 0,05Vescica 0,05Ossa (superfici ossee) 0,01Pelle 0,01Rimanenti organi e tessuti 0,05

nella vecchia unità di misura, il rad,sono i seguenti:

1 rad = 10-2 Gy1 Gy = 100 rad

Tabella 1. Prefissi equivalenti alle po-tenze di 10.

Tabella 2. Grandezze fondamentali e re-lative unità di misura.

Tabella 3. Alcuni fattori di peso wR perla radiazione.

Prefisso Simbolo Potenza di diecigiga- G 109

mega- M 106

kilo- k 103

centi- c 10-2

milli- m 10-3

micro µ 10-6

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Grandezza Unità di misuraAttività bequerel (Bq)Energia elettronvolt (eV)Tensione volt (V)Intensità di corrente ampere (A)Dose assorbita gray (Gy)Equivalente di dose sievert (Sv)Equivalente di doseefficace sievert (Sv)Dose impegnata sievert (Sv)

Radiazioni wR

Radiazioni X, γ, β, elettroni, posi-troni e muoni di qualsiasi energia 1Protoni con energia (E) >di 2 MeV 5Neutroni con E<10 KeV 5Neutroni con 10<E<100 keV 10Neutroni con 100 KeV<E<2 MeV 20Neutroni con 2<E<20 MeV 10Neutroni con E>20 MeV 5Particelle α di frammenti difissione, nuclei pesanti 20

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18.2. Appendice 2 - Norme di radio-protezione in radiodiagnostica

I LAVORATORIche svolgono attività che li espongono alrischio da radiazioni ionizzanti

DEVONO(rif. articoli 68 e 69 D. Lgs. 230/95 e suc-cessive modifiche e integrazioni)1. osservare le disposizioni impartite dal

datore di lavoro o dai suoi incaricati,ai fini della protezione individuale ecollettiva e della sicurezza, a secondadelle mansioni alle quali sono addetti;

2. usare secondo le specifiche istruzionii dispositivi di sicurezza, i mezzi diprotezione e di sorveglianza dosime-trica predisposti o forniti dal datore dilavoro;

3. segnalare immediatamente al datoredi lavoro, al dirigente o al preposto ledeficienze dei dispositivi e dei mezzidi sicurezza, di protezione e di sorve-glianza dosimetrica, nonché le even-tuali condizioni di pericolo di cui ven-gono a conoscenza;

4. non rimuovere né modificare, senzaaverne ottenuto l'autorizzazione, idispositivi, e gli altri mezzi di sicurez-za, di segnalazione, di protezione e dimisurazione;

5. non compiere, di propria iniziativa,operazioni o manovre che non sonodi loro competenza o che possonocompromettere la protezione e la si-curezza;

6. sottoporsi alla sorveglianza medica aisensi del presente decreto.

7. I lavoratori che svolgono, per piùdatori di lavoro, attività che liespongano al rischio da radiazioniionizzanti, devono rendere edotto

ciascun datore di lavoro delle attivi-tà svolte presso gli altri, ai fini diquanto previsto all’articolo 66.Analoga dichiarazione deve essereresa per eventuali attività pregres-se. I lavoratori esterni sono tenutiad esibire il libretto personale di ra-dioprotezione all’esercente le zonecontrollate prima di effettuare leprestazioni per le quali sono statichiamati.

8. Ferma restando l’applicazione dellenorme speciali concernenti la tuteladelle lavoratrici madri, le donne ge-stanti non possono svolgere attivitàin zone classificate o, comun-que, ad attività che potrebberoesporre il nascituro ad una doseche ecceda un mSv durante ilperiodo della gravidanza.

9. È fatto obbligo alle lavoratrici di noti-ficare al datore di lavoro il propriostato di gestazione, non appena ac-certato.

10. È altresì vietato adibire le donne cheallattano ad attività comportanti unrischio di contaminazione.

1. Il controllo dosimetrico personale,laddove previsto, è di norma ese-guito mediante un dosimetro indivi-duale da portare al petto (usualmen-te in corrispondenza dell’emitorace si-nistro). Per attività particolari possonoessere assegnati ulteriori dosimetri daportare alle mani o al polso (dosime-tri ad anello o a bracciale) e/o in cor-rispondenza di organi particolari (p.e.il cristallino).

2. I dosimetri devono essere utilizzatisolo dal lavoratore a cui sono stati as-

ADEMPIMENTIDI RADIOPROTEZIONE

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ISTRUZIONI PER L’USODEI DOSIMETRI PERSONALI

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segnati: essi non possono essere ce-duti o prestati ad altri. Inoltre gli stes-si dosimetri non devono essere utiliz-zati per eventuali attività svolte perconto di altri datori di lavoro.

3. I dosimetri devono essere portati inmodo da non essere mai schermati,in tutto o in parte, da oggetti perso-nali quali penne, tesserini, bracciali,orologi, ecc.

4. In presenza di indumenti protettivi, idosimetri devono essere portati se-condo le modalità indicate dall’esper-to qualificato

5. I dosimetri assegnati devono essereimpiegati e conservati con cura; inparticolare, quando non sono utilizza-ti, devono essere riposti in luoghi lon-tani da fonti di radiazione, di calore edi umidità. È vietata qualunque ma-nomissione che possa deteriorarli.

6. Segnalare al Responsabile del Servizio/Reparto l’eventuale esposizione di undosimetro individuale verificatasi al difuori del normale uso nell’attività la-vorativa (p.e. nel caso che un dosi-metro sia stato perso o lasciato,anche temporaneamente, all’internodi una sala radiologica in uso o inprossimità di una fonte di radiazione).

7. Comunicare al Responsabile delServizio/ Reparto l’eventuale deterio-ramento o smarrimento di un dosime-tro personale richiedendone la sosti-tuzione.

8. Osservare le procedure stabilite per ilcambio periodico dei dosimetri.

Il personale addetto è tenuto al rispettodelle norme nonché all’osservanza degliadempimenti di radioprotezione per i la-

voratori e delle istruzioni per l'uso dei do-simetri personali.1. Se l’operatore è sottoposto al con-

trollo dosimetrico individuale, primadi iniziare l’attività deve verificare diessere munito dei dosimetri indivi-duali assegnati che devono essereportati secondo le specifiche istruzio-ni e per tutta la durata dell’attività.

2. Nel caso di pazienti che necessitanodi assistenza durante l’esame radio-logico richiedere, ove possibile, lacollaborazione di un parente o di unaccompagnatore, diversamente talecompito deve essere svolto da per-sonale sanitario classificato ai finidella radioprotezione; è in ogni casovietato affidare l’incarico di assisten-za a minori di 18 anni e donne in gra-vidanza. La persona che presta assi-stenza deve essere dotata di indu-menti anti-X e disposta in modo daevitare l’esposizione al fascio diretto.

Impiego di apparecchi radiologicifissi1. Durante l’esecuzione degli esami le

porte della sala radiologica devonoessere chiuse.

2. Negli esami radiodiagnostici di tipoconvenzionale gli addetti devonooperare di norma dalla zona coman-di, schermata dall’apposita cabinaanti-X.

3. Negli esami radiodiagnostici che de-vono essere eseguiti a contatto rav-vicinato con il paziente ogni opera-tore deve indossare i mezzi di prote-zione individuale stabiliti dall’EspertoQualificato secondo il rischio diesposizione connesso alla propriamansioni.

4. Utilizzare di preferenza, se presente,il dispositivo di collimazione automa-

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RADIODIAGNOSTICASPECIALISTICA

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tica del fascio di raggi X, altrimentiregolare manualmente la collimazio-ne del campo di radiazione alle di-mensioni del ricevitore dell’immagineo, in fluoroscopia, alle dimensionidello schermo di ingresso dell’inten-sificatore di immagine.

5. Utilizzare di preferenza, se presente,il dispositivo di controllo automaticodell’esposizione, altrimenti – per gliesami radiodiagnostici di cui è nota latecnica impiegata - impostare ma-nualmente i parametri di esposizione(kV, mAs o mA) attenendosi ai valoriprestabiliti.

Impiego di apparecchi radiologicimobili1. Il paziente e il ricevitore dell’immagi-

ne devono essere posizionati concura in modo da evitare possibilicause di ripetizione del radiogramma.Quando è possibile il fascio di raggi Xva orientato nella direzione in cui nonvi sono altri pazienti o ambienti conpresenza di personale.

2. La collimazione del campo di radia-zione deve essere regolata in mododa corrispondere alle dimensioni delricevitore dell’immagine.

3. Nei casi in cui il paziente debba es-sere assistito da personale sanitariodurante l’esame radiografico, questideve indossare i mezzi di protezioneindividuali. L’eventuale altro persona-le presente in sala deve allontanarsi.

4. Quando l’esame radiografico è ese-guito in una camera di degenza a unpaziente allettato è opportuno cheeventuali pazienti presenti, se deam-bulanti, siano allontanati oppuresiano protetti con barriere mobili ogrembiuli anti-X.

5. L’operatore deve eseguire l’esame

avendo indossato il grembiule anti-X,allontanandosi dal fascio X alla di-stanza massima consentita dal filodel pulsante di scatto.

6. È vietato lasciare incustodito un ap-parecchio radiologico mobile acceso.

7. Al termine dell’impiego l’apparecchiodeve essere spento e scollegato dallarete o bloccato il comando di accen-sione.

Il personale addetto è tenuto al rispettodelle norme nonché all'osservanza degliadempimenti di radioprotezione per i la-voratori e delle istruzioni per l'uso dei do-simetri personali.1. L’impiego dell'apparecchio radiogeno

è consentito unicamente in fluorosco-pia; l’esecuzione di esami radiograficiè di esclusiva competenza del perso-nale abilitato di Radiologia.

2. Se l’operatore è sottoposto al control-lo dosimetrico individuale, prima diiniziare l’attività deve verificare di es-sere munito dei dosimetri individualiassegnati che devono essere portatisecondo le specifiche istruzioni e pertutta la durata dell’attività.

3. Tutto il personale presente in saladeve indossare il grembiule anti-X egli eventuali altri indumenti anti-X(guanti, occhiali, collare, ecc.) stabilitidall’Esperto Qualificato secondo il ri-schio di esposizione connesso allemansioni di ogni operatore.

4. In sala deve essere presente solo ilpersonale strettamente necessario al-l’esecuzione dell’esame.

5. Gli apparecchi radiogeni mobili, dota-ti di norma di uno stativo ad arco a C,

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FLUOROSCOPIA NELLEATTIVITÀ RADIODIAGNOSTICHE

COMPLEMENTARI

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devono essere utilizzati preferibilmen-te con il tubo radiogeno sotto il pa-ziente e l’intensificatore di brillanzasopra, regolandone l’altezza in modoche lo schermo dell’I.B. sia il più vici-no possibile al paziente.

6. Utilizzare il dispositivo di controllo au-tomatico dell’esposizione.

7. Durante l’emissione del fascio di raggiX ogni operatore deve allontanarsi ilpiù possibile dal campo di radiazionecompatibilmente con le esigenze del-l'esame. Deve essere evitata l’esposi-zione al fascio diretto delle mani o dialtre parti del corpo.

8. Il sanitario addetto al funzionamentodell’apparecchiatura deve avvisareprima di ogni esposizione per consen-tire agli operatori non indispensabilialla esecuzione della procedura di al-lontanarsi.

9. Al termine dell’impiego l’apparecchiodeve essere spento e, secondo lepossibilità, scollegato dalla rete obloccato il comando di accensione.

Il personale addetto è tenuto al rispettodelle norme nonché all’osservanza degliadempimenti di radioprotezione per i la-voratori e delle istruzioni per l'uso dei do-simetri personali.1. Se l’operatore è sottoposto al con-

trollo dosimetrico individuale,prima di iniziare l’attività deve veri-ficare di essere munito dei dosime-tri individuali assegnati che devonoessere portati secondo le specificheistruzioni e per tutta la durata del-l’attività.

2. Prima di iniziare l’esame è necessarioaccertarsi che nella sala radiologica

sia presente solo il paziente e che laporta d’accesso sia chiusa.

3. L’operatore deve eseguire l’esamedalla sala comandi tenendo il pazientesotto controllo dall’apposita visiva anti-X e comunicando tramite l’interfono.

4. Gli operatori sanitari che eseguono in-terventi specialistici TC guidati (p.e.blocchi peridurali, biopsie, …) dovran-no di norma accedere alla sala radio-logica solo al termine della scansione,in assenza di emissione di raggi X.

5. Il personale che dovesse restare insala durante la scansione per indero-gabili esigenze cliniche deve esseremunito di grembiule in gomma piom-bifera e deve stazionare di fianco algantry.

6. In caso di emergenza attivare l’appo-sito pulsante (di norma di colorerosso) presente sulla console di co-mando.

Il personale addetto è tenuto al rispettodelle norme nonché all'osservanza degliadempimenti di radioprotezione per i la-voratori e delle istruzioni per l’uso dei do-simetri personali.1. Se l’operatore è sottoposto al control-

lo dosimetrico individuale, prima diiniziare l’attività deve verificare di es-sere munito dei dosimetri individualiassegnati che devono essere portatisecondo le specifiche istruzioni e pertutta la durata dell’attività.

2. Durante l’impiego del mineralometroin sala deve essere presente solo ilpaziente e l’operatore addetto: even-tuali altre attività cliniche svolte nellastessa sala devono essere sospese.

3. Il posizionamento del paziente deve

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TOMOGRAFIACOMPUTERIZZATA (TC)

MINERALOMETRIA OSSEACOMPUTERIZZATA (MOC)

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essere effettuato sempre in assenzadi scansione del fascio di radiazione.

4. Durante l’esecuzione dell’esame l’o-peratore deve stazionare nella posta-zione di comando, avvicinandosi alpaziente solo in caso di necessità.

5. L’operatore deve seguire l’esame dallapostazione di comando per tutta lasua durata non allontanandosi dallasala quando un esame in corso.

6. In caso di mancata cessazione del-l’erogazione raggi al termine dellascansione (riscontrabile dai disposi-tivi di segnalazione sulla console esul mineralometro stesso) spegnerel'apparecchio e allontanare il pa-ziente. Avvisare il Responsabile delReparto.

7. Qualunque intervento di riparazione odi manutenzione del mineralometrodeve essere eseguito dal personalespecializzato della Ditta fornitrice. Neimineralometri che impiegano sorgen-ti sigillate tutte le operazioni di sosti-tuzione della sorgente e la relativa ca-librazione devono essere effettuateesclusivamente dal personale specia-lizzato della ditta incaricata.

8. Al termine dell’impiego il mineralome-tro deve essere spento.

1. Se il medico odontoiatra è sottopostoal controllo dosimetrico individualeprima di eseguire l’esame radiograficodeve verificare di essere munito deldosimetro individuale assegnato cheva portato secondo le specifiche istru-zioni.

2. Il paziente e il ricevitore dell’immagi-ne devono essere posizionati con curain modo da evitare possibili cause di

ripetizione del radiogramma. Nelle ra-diografie endorali la pellicola o il sen-sore deve essere sostenuto diretta-mente dal paziente stesso.

3. Deve essere disponibile un grembiuleo una mantellina anti-X per la prote-zione del paziente.

4. In caso di pazienti non collaboranti ri-chiedere l’assistenza di un accompa-gnatore (escludendo donne in gravi-danza o minori di 18 anni); la personaincaricata dovrà essere dotata di indu-mento anti-X e disposta in modo daevitare l’esposizione al fascio diretto.

5. Il medico odontoiatra deve eseguirel’esame radiografico avendo preventi-vamente allontanato dalla sala l’even-tuale assistente di studio e, se il co-mando di esposizione dell’apparec-chio non è installato all’esterno dellasala, collocarsi il più lontano possibiledal paziente nella direzione opposta alfascio di radiazione.

6. In caso di malfunzionamento dell’ap-parecchio radiogeno o di suoi compo-nenti quali la centralina per la selezio-ne dei tempi di esposizione o il pul-sante di comando raggi, sospenderel’impiego dell’apparecchio stesso e ri-chiedere l’intervento dell’assistenzatecnica della Ditta fornitrice.

7. Comunicare all’Esperto Qualificato lasostituzione di parti o componentidell’apparecchio radiogeno o l’esecu-zione di interventi di manutenzione alfine di stabilire, se del caso, le relati-ve verifiche.

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RADIODIAGNOSTICAODONTOIATRICA

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Bianca