La Quarta Via, nº0, 2012

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Le risposte alle domande fondamentali ESISTE UNA VITA DOPO LA MORTE? COPIA OMAGGIO LA DISPENSA DI STUDIO MENSILE SULL'INSEGNAMENTO DI GURDJIEFF www.gurdjieff.es ISSN 2014-0657 00 #00 italia filosofia, religione, storie di vita, teatro, danza, poesia e molto altro ancora... DIO DOBBIAMO CREDERCI? PERCHÉ INIZIARE A LAVORARE SU DI SÉ? LA QUARTA VIA

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Le nostre Dispense di Studio approfondiscono temi di Quarta Via mai affrontati in nessun testo in commercio.Le Dispense di Studio de La Teca - Istituto per lo Sviluppo Armonico affrontano temi importantissimi che possono aiutare il serio ricercatore ad approfondire in maniera nuova temi importanti sulla Quarta Via e sulla crescita personale.

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Le risposte alle domande fondamentali

ESISTE UNA VITADOPO LA MORTE?

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LA DISPENSA DI STUDIO MENSILE SULL'INSEGNAMENTO DI GURDJIEFFwww.gurdjieff.es

ISSN 2014-0657 00

#00 italia

filosofia, religione, storie di vita, teatro, danza, poesia e molto altro ancora...

DIO DOBBIAMO CREDERCI?

PERCHÉ INIZIAREA LAVORARE SU DI SÉ?

LA QUARTA VIA

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SOMMARIO

La Quarta Via è un mensile prodotto e distribuito da La Teca Istituto per lo Sviluppo Armonico di Barcellona (Spagna). Per comunicare con la nostra Redazione, potete chiamare (dall'Italia) a questo numero telefonico, senza usare alcun prefisso internazionale: 0698357445. Per costi e modalità di abbonamento visitare il sito www.gurdjieff.es Nel medesimo portale è possibile acquistare, salvo disponibilità, i numeri arretrati.

Manoscritti, fotografie e disegni inviati alla Redazione, anche se non pubblicati, non vengono retituitiPer favore comunicate tempestivamente ogni cambiamento del vostro indirizzo postale, includendo il vostro vecchio indirizzo insieme a quello nuovo.Associazione La Teca - Ogni riproduzione dei nostri testi anche parziale, è vietata se non autorizzata, in forma scritta, dalla Redazione.NIF. G-64341225Dep. Legale B-12791-2008ISSN 2014-0657 00

Copia omaggio

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FondatoreGiovanni M. Quinti

Diret tore responsabileEva Maria Franchi

EditoreLa Teca Associazione Culturaledi Barcellona (ES)

GraficaJosé L. García Muedra

RiproduzionePrintColor - Barcellona (Spagna)

Collaboratori di questo numeroAnna Di Giandomenico, Eva M. Franchi, Giovanni M. Quinti

Organo di Stampa Ufficialedelle Associazioni LA TECA

La Teca Edizioniwww.gurdjieff.es italia

LA DISPENSA DI STUDIO MENSILE SULL'INSEGNAMENTO DI GURDJIEFFfilosofia, religione, storie di vita, teatro, danza, poesia e molto altro ancora...

Gli articoli contrassegnati da questo logo vengono letti, studiati ed approfonditi dai Gruppi di Studio LA TECA presenti in Italia.Se desideri partecipare manda una richiesta a: [email protected] invieremo l'indirizzo e gli orari degli incontri del Gruppo di Studioa te più vicino. Lo staf f di gurdjief f.es

1 LETTERA DI BENVENUTO

2 LA TECA, CHI SIAMO?

4 Le Risposte alle Domande Fondamentali

ESISTE UNA VITA DOPO LA MORTE?

10 DIO, DOBBIAMO CREDERCI?

18 PERCHE' INIZIAREA LAVORARE SU DI SÉ ?

23 Lettere in Redazione La corrispondenza con i cercatori

La Teca Edizioni è una iniziativa de La Teca, Istituto per lo Sviluppo Armonico, che da più di dieci anni si dedica all’insegnamento della Quarta Via in Italia, Svizzera e Spagna. Sebbene la Casa Editrice sia stata fondata solo nel 2010, l’Istituto si è impegnato nella divulgazione attraverso le dispense di studio La Quarta Via, in italiano, già dal 2003. Le dispense, con l’arrivo dell’Istituto in Spagna, hanno iniziato ad essere pubblicate anche in lingua spagnola con il nome El Cuarto Camino. Dal nostro punto di vista, l’Insegnamento di G. I. Gurdjie� non è qualcosa che è nato e morto insieme al suo Maestro, ma fonda le sue conoscenze su profonde radici risalenti al Cristianesimo delle origini, allo gnosticismo cristiano. Seguendo il percorso del Mae-stro armeno del XIX secolo, il quale adattò il suo antico Insegna-mento alla mentalità, alla cultura e al linguaggio della sua epoca, noi riteniamo necessario che questo si trasformi per poter in�uen-zare ed arricchire la vita dell’essere umano contemporaneo. Poiché anche se il profumo della rosa è sempre lo stesso, i suoi petali, le sue foglie e anche le sue spine cambiano con il tempo.

La nostra attenzione, diretta allo sviluppo armonico dell’essere umano, è aperta anche ad altre tradizioni, culture, discipline e linguaggi che contribuiscano ad arricchire e orientare una profon-da e sincera ricerca, quella che vorremmo condividere con i nostri lettori, di oggi e di domani: la conoscenza di sé, l’eterno Gnoty Seauton. Vi auguriamo una buona lettura.

La Teca Edizioni

Questo Quaderno di Studio N.0è un esempio di ciò che si potràtrovare nei prossimi numeri.

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LETTERA DI BENVENUTO

Gentile Amica, Caro Amiconella nostra società industrializzata non è poi cosí di�cile incontrare movimenti, gruppi religiosi, new age o esoterici che continuamente ci propongono diverse linee di pensiero sul senso della vita, su Dio e sulla vita dopo la morte.Domande fondamentali, importantissime che probabilmente hanno visitato le nostre menti per qualche tempo e che per qualcuno di noi sono rimaste senza risposta, avendole riposte nel cassetto della dimenticanza.«In realtá nessuno ha la risposta a queste domande ed è meglio non pensarci» a�ermano molti, mettendo cosí da parte un bisogno fondamentale: quello di ri�ettere sul senso della vita e su se stessi. Noi siamo un gruppo di persone che vogliono continuare a indagare su questi argomenti in modo un po’ diverso da come lo fanno le Chiese tradizionali: se da un parte crediamo che esista una dimensione spirituale, pensiamo anche che essa non sia separata dalla realtà che ci circonda, ma che si nasconda in essa. Non esiste niente di piú spirituale della vita stessa e questa spiritualitá inizia ad essere vista, vissuta e concepita solo nel momento in cui ci fermiamo ad ascoltarci. Sin dai tempi di Gesú è nota la storia della gemma dall’immenso valore che il collezionista trova e per la quale spende tutto quello che possiede; noi crediamo che questa gemma sia nascosta nel nostro cuore e non in quei cieli cosí troppo alti da poter essere raggiunti da piccoli mortali come noi.La Teca è un gruppo di uomini e donne che si autode�niscono “cercatori” di tale gemma, che si inoltrano nelle oscure profonditá del proprio mondo interno con l’intento di trovarla e portarla con sé. Eppure, per noi, questa gemma non è solo uno stato interiore, ma è la gemma che si cela in ogni situazione... anche nella piú di�cile. Come accadde

ad uno dei fratelli-cercatori di una nostra comunità che una volta mi scrisse: «anche se sto male, anche se vedo che c’é poco amore nel mondo, so e sento che il mio compito è quello di continuare a sperare, a credere, ad amare...».Per arrivare, però, a cotanta saggezza bisogna intraprendere un viaggio verso se stessi che non è per nulla facile: la nostra pietra piú bella si nasconde dentro un giardino fatto di so�erenze, di lacrime e di dolori e a volte si sente di non possedere le forze per arrivare ad essa. Questo viaggio è il viaggio iniziatico verso il proprio castello interiore, spesso ostacolato da dragoni infuocati che lo difendono mettendoci paura.Solo la voce di un Amico che ci dice “non temere!” potrà aiutarci a rimanere saldi nella nostra rotta. Ed è questa gemma, questo viaggio e questo Amico che la Teca cerca di trasmettere al mondo, con tutte le limitazioni di una organizzazione terrena, fatta di uomini e donne fallaci.In questa rivista lei potrá incontrare articoli diversi su temi fondamentali. La prego di leggerli �no alla �ne e, se vorrá, di contattarci per farci tutte le domande che desidera. Non siamo qui per convincere nessuno delle nostre posizioni, non abbiamo bisogno di sentire di avere la veritá in mano, ma siamo qui per trasmettere con il nostro cuore quello che sentiamo di aver scoperto.Fra queste pagine potrá solo sentirne il profumo. Se ci guarderà negli occhi forse ne vedrá la luce.

Buona Lettura!

Giovanni Maria Quinti Direttore Internazionale de La Teca

Una scuola di Quarta Via deve produrre Arte. Un'Arte capace di spingere al Risveglio e al Ricordo delle cose essenziali. Se non saprà raggiungere tale obiettivo, dovrà necessariamente rivedere i suoi modelli di insegnamento e la sua didattica.

Giovanni Maria Quinti

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CHI SIAMO?DOVE SIAMO?

COME POTER STUDIARECON NOI?

L’ Istituto per lo Sviluppo Armonico dell’Uomo La Teca si ispira agli insegnamenti di George I. Gurdijeff. La nostra è un’associazione che ama definirsi di umanità e cultura, perché amplia il suo raggio di studio e di osservazione sulla visione dell’uomo of ferta dai maggiori insegnamenti esoterici occidentali. Siamo un movimento slegato da ogni confessione politica e religiosa che trae sostentamento dalle decime, dalle donazioni e dalle attività editoriali, fortemente impegnato sul fronte artistico come su quello del volontariato.

Nata in Italia, a Roma, per iniziativa di Giovanni Maria Quinti, La Teca ha via via aperto sedi in varie cit tà italiane, per sbarcare in seguito all’estero: in Svizzera, ma soprattutto in Spagna dove, prima a Barcellona e poi a Madrid, Quinti ha formato alcuni gruppi di lavoro. Tutti i gruppi della nostra Associazione lavorano all’unisono come elementi di un unico insieme.

L’obiettivo della nostra Scuola è fornire una serie di strumenti intellettuali, psicologici e spirituali per favorire l’evoluzione interiore dell’individuo entro il solco della Quarta Via. Dato che il corpo fisico costituisce il punto di partenza dell’osservazione del sé, è proprio dal corpo che l’allievo parte per conoscersi.Infatti esercizi fisici, meditazione, danze e recitazione fanno parte integrante dell’Insegnamento. Ugual importanza viene data allo studio e alle dinamiche che si creano all’interno della Scuola.

Presso le nostre sedi si tengono corsi introduttivi all'insegnamento della Quarta Via. Si tratta di precisi percorsi di studio con cui si dà un senso e una forma alla ricerca personale. Si approfondiscono le tematiche fondamentali dell’Insegnamento e si inizia a fare esperienza delle proprie capacità.

A CHI SONO INDIRIZZATIA coloro che desiderano conoscersi e sperimentare un programma di lavoro personale da realizzare seguendo un preciso percorso.

GLI OBIETTIVI FORMATIVIOltre a una serie di strumenti teorici e pratici per conoscersi meglio, i corsi forniscono nozioni sul linguaggio di Quarta Via, con l’obiettivo di stimolare la riflessione e favorire il lavoro del singolo all’interno e in armonia col gruppo. Ogni corso si articola in incontri settimanali e prevede, oltre alle lezioni teoriche e pratiche, meditazioni e conferenze. È prevista anche la visione di filmati inerenti allo studio. Ciò che viene richiesto a ciascun partecipante è serietà, impegno e desiderio di svolgere il Lavoro pratico necessario al raggiungimento del Ricordo di sé. Per ulteriori informazioni su dove si tengono i corsi, visita il nostro sito, oppure chiama il nostro centralino.

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ITALIA

ROMASEDE CENTRALE E NAZIONALEVia dei Quintili 89/91 - 00175 Roma (RM)contatto: Alessandro Albanese3334763495 - [email protected]

LEGNANOVia Carlo Cattaneo, 95 - 20025 Legnano (MI)contatto: Andrea Bertolini335 5451462 - [email protected]

SASSARIVia Taramelli, 6 - 07100 Sassari (SS)contatto: Antonella Cau3494060942 - [email protected] TRENTOVia San Pio X, n. 93 - 38100 Trento (TN)contatto: Anna Di Giandomenicoi3281996206 - [email protected]

GENOVAcontatto: Clara Boffito3471157942 - [email protected]

TORINOVia Ada Marchesini Gobetti, 4 - 10100 Torino (TO)contatto: Andrea Chidichimo3450702655 - [email protected]

AREZZO-PRATOCase Nuove di Ceciliano, 73/2 - 52100 Arezzo (AR)contatto: Fabio Imbergamo328 9763837 - [email protected]

SPAGNA

BARCELLONAGran Vía, 204 bis, local 4 - 08004 Barcelonacontatto: [email protected] 432 99 76 - 664 669 664

MADRIDcontatto: Giovanni M. [email protected]

SVIZZERA

LUGANOcontatto: Dario Panigada+41 76 502.23.50 / +39 340 [email protected]

COLOMBIA

MEDELLÍNcontatto: Walter [email protected]

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QUALI

STRUMENTI DI STUDIOMETTIAMO A DISPOSIZIONE?

DOVE SIAMO

SUL WEB?

Il nostro Istituto organizza incontri a vari livelli per far conoscere l’Insegnamento. In tali occasioni non vi è mai una trasmissione unidirezionale, perché le riflessioni e le conoscenze di tutti i parte-cipanti fanno parte integrante della preziosa attività di condivisione.

Conferenze, letture, workshop e seminari vengono organizzati in varie città italiane. Un loro calendario aggiornato è sempre disponibile sul

nostro sito www.gurdjief f.es.

Ogni sede locale de La Teca organizza ogni anno alcune conferenze a tema che spaziano dalle materie più trasversali dell’Insegnamento a spunti di carattere generale inerenti la ricerca interiore, la psicologia e la spiritualità. A volte, le danze sacre possono aprire o chiudere tali appuntamenti. Nei work-shop, invece, si pone l'accento sul lavoro personale dei partecipanti, che assumono un ruolo attivo. Dopo aver introdotto brevemente il tema centrale si passa alla fase pratica del lavoro.I due argomenti maggiormente trattati sono l’Osservazione di sé e l’Attenzione divisa. Attraverso esercizi pratici, si tende a rendere consapevoli i partecipanti di quanto poco si sia abituati a “osservarsi” e di come l’attenzione spesso svanisca nel “sonno”.Nelle letture o conversazioni, si propone un tema e se ne “conversa” insieme. Ciascuno può intervenire e portare esperienze personali. Talvolta si fanno brevi esercizi o si proiettano spezzoni di film attinenti l’argomento. Altre volte il tema può essere tratto dalle dispense di studio i cui brani vengono letti e commentati dai partecipanti.

Dedicati invece all’Enneagramma sono i seminari, l’antichissimo quanto misterioso simbolo che Gurdjief f considerava uno strumento universale di comprensione («Ogni scienza ha un posto nell'Enneagramma e può essere interpretata per mezzo dell'Enneagramma. Sotto questo rapporto si può dire che un uomo non conosce veramente, cioè non comprende, se non quello che è capace di inserire nell'Enneagramma»). Si tratta di incontri di durata triennale che seguono un preciso percorso formativo. Di solito gli appuntamenti si tengono nei fine settimana (da venerdì sera a domenica pomeriggio), durante i quali viene svolto un intenso lavoro teorico e pratico. Ogni incontro è un’esperienza unica che ha come obiettivo non solo l’assimilazione intellettuale dei concetti esposti, ma anche la possibilità di sperimentarli attraverso esercizi pratici e la pratica della condivisione.

Altro prezioso strumento di studio sono le dispense “La Quarta Via”. Pubblicate mensilmente a partire dal 2003, le nostre dispense approfondiscono temi inediti, solitamente non trattati da altre pubblicazioni in commercio riguardanti la Quarta Via. Oltre che di un supporto formativo, si tratta di un fondamentale elemento di comunione per i nostri gruppi, i cui componenti contribuiscono direttamente alla stesura dei testi. Ne “La Quarta Via” si affrontano in modo articolato temi che possono aiutare il cercatore ad approfondire in maniera originale passaggi fondamentali riguardanti la propria crescita spirituale. Le dispense possono essere acquistate sul sito www.gurdjieff.es in abbonamento o per singoli numeri, e sono inoltre disponibili presso librerie specializzate in varie città.

Un solo indirizzo che parla lingue diverse a uomini e donne che intendono incamminarsi lungo la stessa Via. È www.gurdjieff.es, il nostro sito consultabile sia nella versione italiana che in quelle spagnola e inglese. Si tratta di un’articolata e ricca finestra che La Teca ha aperto sulla rete per far conoscere le sue attività e creare una connessione costante e in tempo reale tra i suoi iscrit ti. Ma non solo. Grazie ad alcuni spazi dedicati, è anche possibileapprofondire alcuni aspetti importanti della Quarta Via e avere accesso a una serie di elementi per iniziare a comprendere le basi dell’Insegnamento. Il sito, inoltre, è una vetrina che mette a disposizione del pubblico tutta una serie di prodotti editoriali creati dai gruppi di lavoro de La Teca o da artisti e intellettuali (italiani e stranieri) che le gravitano attorno. In costante fase di implementazione e sviluppo, nei mesi a venire www.gurdjieff.es si prepara a subire un’ulteriore evoluzione. Infatti, è già in avanzata fase di sviluppo la creazione di un’ampia area interattiva dedicata ai corsi on-line, grazie alla quale chi volesse approfondire la conoscenza dell’Insegnamento potrà intraprendere un percorso progressivo sul web ed essere seguito a distanza da un tutor. Da visitare anche la nostra area online www.lateca.info, attraverso la quale si possono conoscere da vicino le opere teatrali, cinematografiche, musicali, letterarie e artistiche dei nostri allievi e insegnanti.

ADESSO SIAMOANCHE SU FACEBOOK E YOU TUBE!!

http://facebook.com/Gurdjieff.LaTeca.Italiahttp://www.youtube.com/LaTecaInternational

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Sono di ritorno da un viaggio.Il vagone è vuoto; a quest'ora di domenica il treno non è gremito dai soliti pendolari. Giunto a Milano e diretto verso Torino, vedo salire tre donne tra i cinquanta e i sessant'an-

ni accompagnate da una poliziotta. I loro volti sono visibilmente sconvolti. Si siedono nel mio scomparti-mento.«Appena arriverete a Torino vi verranno a prendere». Pronunciate queste parole, la poliziotta scende.Con uno spiccato accento campano le sento parlare fra loro:«Cosa ti ha detto?».«Non mi hanno saputo dire niente!».«Ma almeno sapere se è morto o non è morto!».Una di loro inizia a piangere disperatamente. I miei sensi si acutizzano, voglio sapere cosa è successo, perché tanto dolore.«Dobbiamo telefonare a Giuseppe! Sapere a che punto sono arrivati!».

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«Non lo so usare il telefonino io! Come si fa il numero?».Alzo la testa, la donna che parla mi guarda.«Mi puoi aiutare?».Io le sorrido. Prendo il suo telefonino e compongo il numero che mi detta. Scoprono che Giuseppe è già a Torino, ma non sa ancora nulla.Anche io non so nulla. Cosa è successo? Posso essere di aiuto in qualche modo? Queste domande le pongo senza rendermene conto. Scopro che sono tre sorelle. Una mi sussurra con un filo di voce:«Ho un figlio di 22 anni, si chiama Francesco. È partito venti giorni fa con un signore che l'ha portato in giro con un camion».Voleva imparare a fare il camionista! «Posso guadagnare molti soldi e girare il mondo», era solito ripetermi.L'ho lasciato andare. Mi telefonava regolarmente, infor-mandomi di tutto: com'era andato il viaggio, come si sentiva, in che città era.Erano arrivati in Spagna. Poi sono ritornati in Italia, indirezione Torino, da dove sarebbero dovuti ripartire domani per la Svizzera. In questi ultimi giorni lo sentivo

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La scoperta delle risposte alle domande fondamentali

ESISTE UNA VITA DOPO LA MORTE?di Giovanni M. Quinti

Questo articolo di studioè estratto dalla dispensa n. 5

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? (1) Cosa ne pensi? Come ti saresti comportato tu? ? (2) Credi in una vita dopo la morte?Cosa ci sarà dopo, secondo te?

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stanco, al telefono mi diceva che non voleva continuare. Aveva cambiato idea. Ieri sera mi ha spiegato che avreb-be ripreso il treno per tornare a casa. Noi siamo di Eboli. Mi ha detto che sarebbe arrivato alle 6.30 di stamattina. Mi sono svegliata alle 5 per andare a prenderlo. Giunta in stazione, in testa al binario, all'arrivo del treno lo attendo inutilmente. Francesco non arriva. Al suo posto,invece, giungono due carabinieri che mi invitano a parti-re urgentemente per Torino, perché è successa una cosa grave. Non mi dicono cosa, solo che devo partire imme-diatamente. Telefono alle mie sorelle per chiedere loro di fare il viaggio insieme fino a Milano, dove abbiamo cambiato per Torino. Non so cosa sia successo a mio figlio!». Dopo questo racconto si alza e va in bagno. Rimango con le altre due che mi guardano con le lacrime agli occhi. La sorella confi-denzialmente mi sussurra:«Ho appreso da mio cognato che Francesco è morto. Non sappiamo ancora come sia accaduto, ma io non so come dirlo alla madre. È da stamattina che lo so, i poliziotti me lo hanno confessato di nascosto».Un urlo proviene dal corridoio. Corriamo in direzione del bagno, forziamo la porta e troviamo la madre riversa per terra, svenuta. Anche se nessuno gliel'aveva ancora detto, una parte di lei sapeva che suo figlio non c'era più. Rianimata la madre, ci siamo abbracciati. Tutti e quattro, uno sconosciuto con tre sorelle. Eppure, in momenti di così grande dolore non esistono più le resistenze provenienti dalle nostre false personalità. Il dolore abbassa le difese e acutizza altri sensi. In pochi minuti, le tre donne hanno sentito che potevano fidarsi di me, permettendomi di entrare nella loro sfera più intima.Abbiamo pianto. Francesco per me non era nessuno, eppure in quell'istante è diventato il mio amico più caro, il fratello più vicino, il figlio più desiderato. Ho abbracciato la madre, accarezzandole i capelli. L'ho guar-data negli occhi e le ho comunicato che doveva prepararsi al peggio. Le sorelle erano terrorizzate da questa mia rivelazione, ma la madre abbassando lo sguardo le ha sorprese dicendo: «Lo so». Intanto il nostro treno era ormai entrato nella stazione di Torino Porta Nuova•. (1)

Tutti noi abbiamo amici, fratelli, figli. Francesco, domani, potrebbe avere il nome di uno dei nostri cari.

Ma in fin dei conti cos'è l'esistenza umana? Francesco, adesso, dov'è?

Per il cattolicesimo la vita dopo la morte è la resa dei conti. Se hai fatto del bene, meriterai il Paradiso, se hai fatto del male, l'Inferno; altrimenti c'è il Purgatorio, creato dai teologi per permetterci di espiare i peccati fatti in terra. La dottrina del Purgatorio, in realtà, fu conside-rata come dogma nel Concilio di Firenze del 1439.

Nel Vangelo non v'è neanche una parola che accenni al Purgatorio come è insegnato dalla Chiesa, né prima lo si considerava un'alternativa. Grazie a quest'invenzione è stato possibile avviare la raccolta di fondi per le indul-genze o messe per le anime del Purgatorio dietro compenso e la relativa costruzione della Basilica di San Pietro e della Città del Vaticano.

Ogni religione ha un modo differente di interpretare la vita dopo la morte: c'è chi crede nella reincarnazione, chi in un Paradiso fatto di donne e giovinetti bellissimi, chi invece nella resurrezione in un Regno millenario paradisiaco. (2)

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di Giovanni M. Quinti

Le domande fondamentali

Esiste una Vita dopo la morte?

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? (3) Sapevi che il termine "Regno dei Cieli" indicava qualcosa di molto preciso? Cosa, secondo te?

Nell'ermeneutica junghiana la "Rubedo" è il raggiungimento della "Totalità", l'ultima tappa dell'Alchimia, l'Opera in Rosso o Dorata, dove si raggiunge il "corpo di diamante".

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La posizione di Gurdjieff su questo argomento è descrit-ta nel libro "Incontri con Uomini Straordinari" quando, parlando con suo padre, fa dire a questi:

«L'anima che la gente attribuisce all'uomo, e della quale si pretende che, dopo la morte, prosegua un'esistenza indipendente e che trasmigri [...] ebbene, io non ci credo. Eppure qualcosa si costrui-sce nell'uomo nel corso della sua vita, su questo non ho alcun dubbio. Me lo spiego così: l'uomo nasce con una facoltà grazie alla quale alcune esperienze producono in lui, nel corso della sua vita, una sostanza definita, e a partire da questa sostanza a poco a poco si forma quel qualcosa che è suscettibile di acquistare una vita quasi indipendente dal corpo fisico. Dopo la morte, questo qualcosa non si altera insieme al corpo fisico, ma soltanto più tardi, una volta che si è separato da questo corpo».

(G.I. Gurdjieff, Incontri con Uomini Straordinari, Adelphi, Milano 1993)

Gurdjieff suppone che ciò che rimane dopo la morte sia stato costruito e fatto crescere coscientemente durante la vita, e che si separi dal corpo deperendo più lentamente di esso. Quest'idea possiamo ritrovarla anche nei Vange-li, pur senza il concetto del lento deperimento successivo, che invece è una personale aggiunta di Gurdjieff all'idea evangelica.

L'obiettivo del percorso tracciato dal maestro Gesù era quello di conoscere il Regno dei Cieli. Oggi alcuni teolo-gi interpretano questo Regno dei Cieli come il Paradiso, un luogo futuro di serenità e pace.Eppure, studiando i Vangeli, ci accorgiamo che questa visione è superficiale e affrettata.

Cos'è questo "Regno dei Cieli"?E perché si afferma che Gesù predicava il "Van-gelo del Regno"? (Cfr Matt. 9:35).

Nello stesso Padre Nostro si afferma: «Venga il Tuo Regno».

Si sta parlando del Paradiso o di una vita dopo la morte? (3)

Leggiamo insieme le parole di Gesù sul Regno dei Cieli, che potranno aiutarci a comprendere meglio.

«Il Regno dei Cieli è dentro di voi». (Luca 17:21)

Il Regno dei Cieli, quindi, è una realtà psichica interiore.

Ma di quale realtà stiamo parlando? Come possiamo descriverla?

Altri versetti potranno aiutarci a chiarire i nostri dubbi:

«Il Regno dei cieli è simile ad un granello di senape che un uomo semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi; ma quando è cresciuto è maggiore dei legumi e diviene un albero; tanto che gli uccelli del cielo vengono a ripararsi tra i suoi rami».(Mt 13:31,32)

Gesù si avvicina al concetto gurdjieffiano di sostanza "costruita e fatta crescere". Questa forza, presente origi-nariamente in forma germinale, diventa enorme e si trasforma in qualcosa di diverso. Il Regno dei Cieli è, per i cristiani dei primi secoli, un processo psichico, e il corpo umano il luogo dove esso si verifica.

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di Giovanni M. Quinti

Le domande fondamentali

Esiste una Vita dopo la morte?

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Elisabeth Kübler-Ross

(Zurigo, 8 luglio 1926 – Scottsdale, 24 agosto 2004) è stata un medico, psichiatra e docente di medicina compor-tamentale svizzera.Viene considerata la fonda-trice della psicotanatologia, ed uno dei più noti esponenti dei death studies.? (4) Prova a rispondere tu stesso a questa

domanda.

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di Giovanni M. Quinti

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Le domande fondamentali

Esiste una Vita dopo la morte?

Continuiamo ad analizzare qualche altra frase pronun-ciata da Gesù su quest'argomento:

«Il Regno dei Cieli è simile al lievito che una donna prende e nasconde in tre staie di farina, finché la pasta sia tutta lievitata». (Mt 13:33)

Cos'è quest'elemento esterno che dev'essere inserito nella farina e crescere? (4)

In quasi tutte le religioni esso è presente, pur con nomi diversi. Per i musulmani è la Baraka, per i cristiani lo Spirito Santo, per i buddisti l'Illuminazione. Anche se con sfumature teologiche diverse (tanto diverse che a qualcuno dei miei lettori potrà sembrare assurdo vederli accomunati), questi elementi procurano uno stato rinno-vato di coscienza che trasforma l'individuo e lo rigenera. Per noi della Quarta Via quest'elemento è descritto nei Frammenti:

«... queste sostanze possono essere introdotte nell'organismo dal di fuori, se si sa come fare [...] come una piccola pillola che contiene tutte le sostanze richieste».

(P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto, Astrolabio, Roma 1976, pag. 60).

Attraverso esercizi specifici e uno stile di vita adeguato, l'uomo nella Quarta Via costruisce in se stesso il Regno dei Cieli, quell'elemento di risveglio che potrà separarsi dal corpo fisico dopo la morte. Le esperienze che defini-scono in lui tali "sostanze" adeguate sono quelle che aprono la sua coscienza alla visione della realtà oggettiva. Ogni volta che riesce a fondersi con la mente oggettiva, ogni volta che viene da essa rapito, egli costruisce se stesso in un mondo aldilà di questo, riscoprendo il Regno dei Cieli in se stesso.

In che modo si può riconoscere tale elemento? Solo chi entra a far parte di una scuola di Quarta Via lo può costruire correttamente?

Per rispondere a queste domande desidero avvalermi dell'esperienza della dottoressa Elisabeth Kübler-Ross, medico svizzero che per tutta la vita ha accompagnato migliaia di persone nel loro momento più importante: lamorte. Secondo la dottoressa esistono fasi precise che un moribondo attraversa poco prima di morire. Queste fasi

possono durare giorni, ore o anche pochi minuti; tutto dipende dallo stato di coscienza e dalla consapevolezza della propria morte, dal tipo di malattia sofferta e dalla psicologia del morente.

Riassumiamo velocemente queste fasi:

1. NegazioneNella prima fase il morente nega a se stesso il fatto di essere vicino alla morte.

2. RabbiaNella seconda fase, egli si oppone, lotta contro di essa.

3. BarattoLa terza fase si chiama la fase del "baratto", cioè l'individuo inizia a fare un contratto con Dio, che può essere di qualsiasi natura o tipologia. Un esem-pio è il seguente: «Se mi permetti di vivere ancora un poco, ti prometto che smetterò di ingiuriarti!».

4. DepressioneNella quarta fase, il soggetto entra in quella depres-sione che è il preludio alla quinta e ultima fase.

5. AccettazioneLa quinta fase è quella dell'accettazione profonda e consapevole, nella quale la persona morente sente il bisogno di prepararsi, anche in solitudine, alla propria morte.

Raggiungere quest'ultima fase vuol dire aver imparato a "morire bene", avere la forza e il coraggio di abbandonare questo corpo fisico per fare l'esperienza suprema, la più importan-te per una persona. Eppure, raggiungere la quinta fase non è da tutti.

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? (5) Quando ti ricordano della tua mortalità tendi ad accettarla o a fare gli scongiuri?

? (6) Hai perduto delle persone care?Come hai vissuto quei momenti, con rabbia o accettazione?

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di Giovanni M. Quinti

Le domande fondamentali

Esiste una Vita dopo la morte?

Nella mia vita ho avuto modo di collaborare come volon-tario con diversi centri specializzati che assistono malati terminali di diverso tipo, con patologie diverse e di diffe-renti estrazioni sociali. In questi anni di esperienza mi sono reso conto che solo pochissimi riescono ad arrivare alla quinta fase. Moltissimi muoiono in una delle fasi precedenti.

«Ho ancora molto da vivere e da sperimentare!Perché Dio mi vuole portare via così presto?».

Frasi di questo genere le ho sentite ripetere molte volte: la morte è un evento a cui non siamo preparati, perché presuppone una capacità suprema di abbandono. I nostri studi, la nostra preparazione teologica, le nostre strategie personali non funzioneranno in quel momento: raggiun-gere la quinta fase sarà possibile solo lasciandosi andare, imparando a fondersi nel tutto. Credo che il lavoro su se stessi debba essere un allenamento mirato a che questa quinta fase si realizzi; un allenamento precedente, volon-tario e desiderato. (5)

Lavorare su se stessi è prepararsi a morire. Qualsiasi lavoro che conduca a questo, da qualsiasi filosofia o religione provenga, sarà utile perché nel cuore si realizzi la capacità di "lasciar andare".

La lotta contro la personalità e l'attaccamento, la non identificazione, il maestro, la scuola, sono tutti strumenti utili affinché l'allievo possa prepararsi alla grande lezione finale.

Perché è così importante morire nella quinta fase?

Quando la mente è allenata alla non lotta, quando è capace di lasciarsi andare e ha costruito in se stessa un elemento superiore che non si identifica solo con gli eventi esteriori, vivrà la morte con un livello di coscienza diverso da colui che lotta contro di essa.

Vedere qualcuno morire nella rabbia, nella paura o nel rifiuto è un'esperienza che rimane impressa nella mente di chi la vive. Ho visto moribondi imprecare Dio, pronunciare parole di odio contro il mondo, morire nella percezione di un nemico da combattere, nella lotta implacabile. La loro rabbia era elevatissima, non li sfiora-va nemmeno il pensiero che quello stato di debolezza potesse trasformarsi in una possibilità di crescita. Altri sichiudevano in un silenzio totale e non desideravano più vedere nessuno. (6)

Sono personalmente convinto che tutti coloro che muo-iono con tali emozioni dissipano il potere fecondo dell'a-nima. In un certo modo sono già morti prima di morire.Il Vangelo ci porta l'esempio dei due ladroni crocifissi accanto a Gesù. Il primo lo beffeggia dicendo:

«...se tu sei davvero il figlio di Dio, liberaci da queste croci».

Il secondo, invece, muore nel riconoscimento dei propri errori e afferma:

«Perché parli cosí? Noi siamo peccatori, ma lui è crocifisso ingiustamente».(Lc 23:37-43).

Cosa distingue questi due atteggiamenti?

Il primo è nella fase del rifiuto, il secondo in quella dell'accettazione di se stesso e del proprio stato. A costuiGesù risponde:

«Oggi tu sarai con me in Paradiso».

?

?

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(7) Stai preparandoti ad affrontare l'unico momento che non potrai evitare nella tua vita?

?

Quel Paradiso Gesù già lo vedeva negli occhi del condannato perché, quando si muore, non si può andare molto più lontano di dove già ci si trova. Ogni volta che una persona muore nel perdono, nell'apertura e nell'amo-re si vive un'esperienza meravigliosa. Si percepiscono cose che descrivere significherebbe solo ridurre. Mi ricor-do ancora quanto era bello andare a trovare P., un malato di cancro in fase terminale. Nonostante i suoi forti patimenti, aveva per tutti un sorriso e una frase amiche-vole. Lui è per me l'esempio di cosa significa "morire nella quinta fase", nella piena accettazione amorosa del limite esistenziale. Mi hanno riferito che, al momento della sua morte, si percepivano un profumo di rosa e una pace profonda in tutta la stanza.

Quando, invece, ho assistito alla morte di persone incapaci di perdonare, ho sempre visto emergere una sofferenza profonda e ho avuto l'impressione che essa potesse essere di ostacolo all'elevazione dell'anima.

Forse è proprio l'amore quel granello di senape che dobbiamo imparare a far crescere in noi?

Caro Francesco, non so quanto tu abbia conosciuto te stesso, quanto abbia amato e perdonato. Non so nemme-no se durante la tua fine hai avuto paura e quanto eri riuscito a lasciarti andare nelle mani della fredda Signora. Spero solo che ti arrivi, ovunque tu sia, la mia gratitudine per aver destato in me tanto affetto nei tuoi confronti, attraverso le parole di tua madre, le sue lacrime e i suoi ricordi. Spero che ti giunga un po' del mio affetto, perché è solo questo che può vincere la morte e superare le barriere dell'eterno.(7)

A presto, G.M.Q.

?

9

Le domande fondamentali

Esiste una Vita dopo la morte?

Il sonno e il risveglio sono due stati vitali, che si dif ferenziano per il livello di coscienza. Nel primo, risulta praticamente inesistente. Nel secondo, la sua influenza lascia un segno. Nonostante ciò, in entrambi i casi, ci si riferisce non solo alla dimensione fisica della persona, ma anche alla sua dimensione psicologica e spirituale, che è molto più determinante. Quando qualcuno vive addormentato, si trasforma in un essere meccanico. Può godere del successo, richiamare l’at tenzione della società, avere un’agenda senza spazi vuoti, ma gli sfuggono le cose essenzial i . Essere cosciente costituisce un’altra realtà che è vincolata ai sensi, e germoglia nell’ interiorità della persona…

Le gocce di ar ticoli, che ho scrit to e pubblicato a ritmo mensile per la dispensa di studio specializzata La Quarta Via, hanno riempito la tinozza di un proget to editoriale de La Teca. Tutti gli articoli, in un modo o nell’altro, sono al servizio del risveglio e stimolano alla vita cosciente. Si prefiggono di of frire i codici che ci permet tono di accedere al risveglio interiore.

Nella raccolta degli articoli che formano questo volume, la riflessione scorre spesso, però non sempre, sul filo del pensiero di Gurdjief f. Il mio approccio è interdisciplinare e qualsiasi realtà della vita quotidiana può essere un pretesto per la riflessione e il lavoro personale.

216 paginePrefazione di Giovanni Maria QuintiPaperbackDisponibile in: ESP_ITA13,50 €

Codici di risveglio interioreLa trasformazione di sé verso la verità, l’amore e la libertà.

Lluís Serra Llansana

ISBN: 978-84-937668-3-2

Saggistica

www.gurdjieff.es

Edizioni

Page 12: La Quarta Via, nº0, 2012

siste Dio?Questa domanda è la più importante di tutte.Filosofi, teologi e pensatori si sono dibattuti persecoli nel tentativo di dare una risposta. I parerisono fra i più discordanti: chi sostiene che Dioesiste, chi invece no, chi arriva ad odiarloper aver creato un mondo caotico e disofferenza e chi invece gli dona tuttala propria vita. (1)

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E

Le risposte del Sistema alle domande fondamentali

? (1) Qual è la tua posizione in proposito?

DIO dobbiamo crederci?di Giovanni M. Quinti

Questo articolo di studioè estratto dalla dispensa n. 15

Page 13: La Quarta Via, nº0, 2012

? (2) Cosa pensi di questa affermazione di Pascal?

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Un uomo che segue la Quarta Via deve credere in Dio?

Una delle scoperte più importanti che hanno fatto i nostri lettori, sin dai primi numeri di questi quaderni, è che Ouspensky, il più noto allievo di Gurdjieff, si è sepa-rato da quest'ultimo proprio a causa di tale questione. * Egli, ancora prima di incontrare G., manifestava gran-dissime resistenze per tutto ciò che era minimamente connesso al concetto "Dio" (nella dispensa n. 14 prece-dente abbiamo motivato attriti di questo genere come codici errati introiettati dal Centro delle Prime Forme).

«Che esistessero scuole non potevo dubitarne. Ma dovevo ancora convincermi che le scuole di cui avevo sentito parlare e con le quali avrei potuto entrare in contatto non erano per me. Erano di natura religiosa o di carattere semi-religioso e di tono evidentemente devozionale. Non mi attiravano...».

(P. D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto, Astrolabio, Roma 1976, pag. 9).

Gurdjieff suppone che ciò che rimane dopo la morte sia stato costruito e fatto crescere coscientemente durante la vita, e che si separi dal corpo deperendo più lentamente di esso. Quest'idea possiamo ritrovarla anche nei Vangeli, pur senza il concetto del lento deperimento successivo, che invece è una personale aggiunta di Gurdjieff all'idea evangelica.

«“Ma voi come avete studiato?”» chiese Ouspensky a Gurdjieff. “Io non ero solo. Vi erano ogni tipo di specialisti fra noi. Ognuno studiava secondo i metodi delle propria scienza particolare. Dopo di che, quando ci si riuniva, ci comuni-cavamo i risultati ottenuti”. “E ora dove sono i vostri compagni?” Gurdjieff restò silenzioso, poi, guardando lonta-no, disse lentamente: “Alcuni sono morti, altri continuano i loro lavori,

altri sono in clausura”. Queste parole del linguaggio monastico, sentite in un momento così inatteso, mi fecero provare uno strano senso di disagio».

(Op. cit. pag. 21 grassetto mio)

Gurdjieff, nonostante ciò, non ebbe problemi a lavorare con Ouspensky, perché nella Quarta Via non è richiesta alcuna forma di "fede" a priori. Il suo, e nostro, messaggio non è rivolto esclusivamente a chi ha fede; ma anche a coloro che una fede non l'hanno e desiderano fare un percorso esperienziale in tale direzione. Il nostro ambito di lavoro è squisitamente psicologico e, sotto questo profilo, la fede diventa un fatto assolutamente personale.

E allora perché Ouspensky ha sentito la necessi-tà di separarsi da G. proprio a causa di quest'ar-

gomento? Perché G. «... ESIGEVA dai suoi allievi l'osservanza DI TUTTI i riti E DI TUTTE LE CERIMONIE della Via Reli-giosa»? (pag. 413)Come può conciliarsi tutto questo con quanto abbiamo poc'anzi affermato?

La Quarta Via non offre una risposta alla domanda d'apertura a quest'articolo. Sotto questo profilo coincide perfettamente con il pensiero di Pascal (1623 - 1662): «non siamo in grado di sapere né cosa [Dio] sia, né se egli esista... La ragione non può dare una risposta. Siamo separati da un caos infinito». (2)

Non è sua intenzione voler dibat-tere sulle annose questioni di chi ha creato il mondo, se avverrà un secondo ritorno di Cristo o se "Adamo è stato creato o meno con l'ombellico".Tutti questi temi li lasciamo ai teologi e alle opinioni personali di ciascuno.

Da questo punto di vista, quindi, la Quarta Via non si accosta alla religione, né si pone i medesimi

?

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di Giovanni M. Quinti

Le risposte del Sistema alle domande fondamentali

Dio: dobbiamo crederci?

*Nel quaderno di studio nª14, spieghiamo le problematiche di questo tipo, come i codici scorretti introdotti per il Centro delle Prime Forme.

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? (3) In che modo ti applichi nell’esercizio del Ricordo di te? Quali esperienze hai fatto finora?

? (4) Prova a fare questo esercizio, mentre leggi queste parole immagina qualcuno che, dall’esterno, ti osserva. Alzati e fai una passeg-giata intorno alla stanza, impegnandoti in una qualsiasi attività e mantieni su questo Terzo Punto l’attenzione. Quali sono le tue considera-zioni? Cosa hai sperimentato?

12

interrogativi. Eppure esistono aspetti su cui la Quarta Via e la religione sembrano somigliarsi ed alcune sue scuole, addirittura, utilizzano esercizi identici a "cerimonie e riti della Via religiosa". Cerchiamo di capire il perché.

Come abbiamo già detto più volte l'uomo è completa-mente frammentato, schiavo di una moltitudine di io che lo imprigionano e non gli permettono di essere uno. La Quarta Via ha come obiettivo lo sviluppo di un Io stabi-le, centrale e definitivo. Per raggiungere tale scopo usa il "ricordo di sé".

«Solo cominciando a ricordarsi di sé, l'uomo può realmente svegliarsi. Intorno a lui, tutta la vita assumerebbe allora un aspetto ed un senso diffe-renti. Egli la vedrebbe come una vita di gente addormentata, una vita di sonno. Tutto ciò che la gente dice, tutto quello che fa, lo dice e lo fa nel sonno. Nulla di questo può avere il minimo valore. Solo il risveglio e ciò che conduce al risveglio, ha un valore reale».

(Op.cit. pag. 159) (3)

Il ricordo di sé, e l'accrescimento di tale ricordo, dovreb-be diventare mèta centrale per un allievo della Quarta Via. Quando Ouspensky tentò le prime volte di ricor-darsi di sé, comprese che era assai simile ad una "atten-zione divisa" (op. cit. pag. 134).

L'uomo ordinario presta meccanicamente attenzione solo a ciò che lo circonda o solo a se stesso. Sforzandosi consapevolmente di ricordarsi di sé, la sua attenzione è rivolta contemporaneamente all'oggetto osservato e a se stesso che osserva. Per molto tempo fu questo il lavoro di Ouspensky e, grazie ad esso, egli poté fare numerose esperienze di risveglio.

Eppure l'esperienza ci insegna che esistono diversi livelli di ricordo di sé e che quello utilizzato da Ouspensky è solo uno dei livelli iniziali. Ricordiamoci, nel caso ve ne fosse bisogno, che il ricordo di sé deve diventare una caratteristica stabile dell'essere. E per fare in modo che questo accada abbiamo bisogno di nuovi strumenti che possano incidere potentemente sul C.P.F. radicandolo (vedi dispensa n. 14). Solo in tal modo potrà divenire labase dalla quale elevarsi al piano che Gurdjieff definisce "coscienza obiettiva". (op. cit. pag. 157)

In molte occasioni vengono a trovarmi allievi di scuole ouspenskyane che, dopo vari anni di tentativi di ricordo di sé con il metodo descritto da O., si lamentano di non riuscire a consolidarlo. In questi casi è necessario farsi aiutare da strumenti più evoluti già ampiamente utilizza-ti nelle scuole.

Un allievo di Ouspensky, Rodney Collin, percepisce deduttivamente tutto questo, infatti scrive nel suo "Influenze Celesti":

«Il fatto è che sebbene sia straordinariamente difficile dividere la propria attenzione in due, è molto più possibile dividerla in tre. Sebbene sia estremamente difficile ricordarsi di sé e dell'am-biente simultaneamente, può essere possibile ricordarsi di sé e del proprio ambiente alla presen-za di qualcos'altro... Qual è questo terzo fattore che deve essere ricordato?... Ogni persona deve comprenderlo da sola...».

(Op.cit. pag. 234, 235)

L'esercizio del ricordo di sé condotto nelle scuole acqui-sisce la forma del "ricordo di Dio". Ed è proprio su questo punto che la Quarta via assomiglia esteriormente alla religione..

Ma nella sostanza il suo approccio è differente. Mentre il religioso dà per scontato che Dio esiste tale e quale egli lo percepisce o nel modo in cui le Scritture lo presentano, l'allievo della Quarta Via non è certo di nulla. Il suo scopo è consolidare il ricordo di sé e scopre che l'imma-gine di un Dio esteriore potrà aiutarlo in questo. (4)

di Giovanni M. Quinti

Le risposte del Sistema alle domande fondamentali

Dio: dobbiamo crederci?

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? (5) Scrivi su una lavagna o su un foglio una sintesi dei diversi livelli di Ricordo di sé cercando di penetrarne il senso profondo e le diverse fasi.A cosa le colleghi?Cosa ti viene in mente?

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di Giovanni M. Quinti

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Le risposte del Sistema alle domande fondamentali

Dio: dobbiamo crederci?

Il ricordo di sé non può rimanere semplicemente uno sforzo cognitivo o sensoriale. Per stabilizzarsi ha bisogno di una proiezione esteriorizzata, particolarmente viva, che gli permetta di elevarsi a qualità più sottili. Dio, per l'uomo che sceglie la Quarta Via, deve essere necessaria-mente visto ed immaginato fuori di sé, come un essere a sé stante, definito e personale. Solo in questo modo egli avrà la capacità di costruire con tale figura un rapporto definito, preciso, peculiare, comunicativo. Ed è proprio daquesto punto che iniziano nuove dimensioni di Lavoro.

Il ricordo di sé è continuamente alimentato attraverso tale rapporto, che deve evolversi e stabilizzarsi secondo metodi precisi. A questo punto del percorso all'allievo non interessa sapere se Dio esiste o meno. Sa, però, che esiste un infinito che lo circonda, un tempo eterno ed uno spazio senza limiti che non può contemplare per quello che è. Siamo esseri limitati e, come tali, possiamo comprendere appieno solo ciò che ci è simile. Per questo, egli limita in un segno immagi-nato ciò che è fuori dalla sua portata, dà una forma al "senza forma". Sa che la sua idea di Dio è fallimen-tare e, per questo, non sarebbe mai capace di alcuna forma di contesa religiosa. Ma sa anche che per ricordarsi di sé deve imparare a sentire l'infinito intorno a lui e, per farlo, fissa un punto preciso che lo rappresenti. Il ricordo di sé non è, come afferma Ouspensky, semplicemente una "doppia perce-zione" di se stessi e del mondo. Questa tecnica è adatta a chi è agli esordi del Lavoro ed io stesso la utilizzo quando conduco gruppi di neofiti.

Esistono, in realtà, sette livelli di ricordo di sé.

S'inizia a far sperimentare all'allievo il ricordo di sé più semplice per lui da comprendere, per il periodo necessa-rio a che esso evolva a livelli avanzati. Naturalmente tali "evoluzioni" sono consequenziali allo sviluppo dell'allie-vo, in una condizione di "lavoro oggettivo" (con questo termine intendiamo un lavoro condotto secondo i criteri tradizionali: all'interno di una confraternita, con un maestro e degli obiettivi precisi).

I livelli di ricordo di sé sono i seguenti:

� Ricordo di sé in relazione allo spazio esteriore, dividen-do l'attenzione fra me e l'oggetto che osservo. (Uomo 1)

� Ricordo di sé attraverso la percezione emozionale di me e del mondo che mi circonda. (Uomo 2)

� Ricordo di sé attraverso l'immagine visualizzata di un terzo punto che si distingue da me e dal mondo. (Uomo 3)

� Ricordo di sé attraverso la costruzione di un rapporto costante e ambivalente fra me, il mondo circostante e il Terzo Punto (Dio).

� Ricordo di sé attraverso la fusione con tale terzo punto fino a giungere ad osservare esternamente me stesso e il mondo. (Visione oggettiva)

� Ricordo di sé attraverso la profondissima fusione interio-re con il Terzo Punto (Dio) fino alla totale padronanza di sé, da cui deriva la partecipa-zione cosciente al “gioco del mondo”.

� Ricordo di sé attraverso la totale percezione che il mondo, se stessi e il Terzo

Punto (Dio) sono una medesima cosa.(5)

Gli "stati di ricordo di sé" si compenetrano e ciascuno è preludio a quello successivo.

Ci si rende subito conto su quale grado di ricordo di sé ha lavorato Ouspensky. Egli, dopo aver fatto esperienza del primo o forse del secondo livello, si arenò:

«... sentivo che, malgrado tutti i miei sforzi, resta-vo incapace di 'ricordarmi di me' anche per un brevissimo spazio di tempo. All'inizio avevo creduto che qualcosa fosse possibile, ma in seguito persi tutto...».

(Op.cit. pag. 276)

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? (6) Che cos’è la Terza Forza? In che modo puoicollegarla a “Dio”?

? (7) Gurdjieff, in un’occasione, diede ad un suoallievo un esercizio simile. Costui doveva contare da uno a dieci e poi da dieci a uno proprio mentre conduceva le sua mansioni ordinarie. Cosa ti fa pensare un‘esercizio simile?A cosa può servire? Che risultati può raggiungere?

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di Giovanni M. Quinti

Le risposte del Sistema alle domande fondamentali

Dio: dobbiamo crederci?

Quando G. gli propose un lavoro successivo, attraverso la visualizzazione di un Terzo Punto superiore e trascen-dente, egli decise di allontanarsi.

In quella medesima occasione Ouspensky e G. ebbero un colloquio che fa capire che G. attendeva il momento per chiarire i passi successivi e la natura del Lavoro svolto da Ouspensky. Queste "attese" sono sempre determinate dal fatto che il maestro avverte che l'allievo non è ancora pronto ad accettare alcuni aspetti dell'insegnamento per una serie di resistenze personali.

«“Cosa vi capita oggi?” mi chiese G. “Non lo so neppure io, risposi. Comincio semplicemente a sentire che non si arriva a niente, o piuttosto che io non arrivo a niente. Non posso parlare degli altri. Ma per quanto mi riguarda, io non vi com-prendo più e voi non spiegate più le cose com'era-vate solito fare al principio. Sento che di questo passo non concluderemo nulla”. “Aspettate ancora un poco, mi disse G. Avremo ben presto nuove conversazioni. Cercate di capirmi: finora, abbiamo tentato di mettere ogni cosa al suo posto; presto, chiameremo le cose con il loro nome”».

(Op.cit. pag. 277)

Ouspensky non riuscì a comprendere cosa Gurdjieff volesse dire e si chiese come “dare un nome alle cose” avrebbe risolto la sua impasse. In realtà Gurdjieff stava utilizzando un'allegoria per cercare di introdurre l'idea di un nuovo livello di ricordo di sé: attraverso, cioè, l'utilizzo di un "nome", di un'immagine esteriore precisa.

Quando l'allievo inizia a costruire l'immagine di Dio fuori di sé visualizza simbolicamente ciò che Gurdjieff chiama Terza Forza, «... perché non possiamo vedere direttamente la Terza Forza. La Terza Forza è una proprietà del mondo reale». (Op. cit. pag. 90 corsivo mio) (6)

Nella nostra soggettività siamo continuamente sottopo-sti a due forze: il lupo e l'agnello dentro di noi, il morale e l'immorale, il bene ed il male. In altre parole siamo divisi fra l'egoismo e l'altruismo, fra il mondo di dentro e quello di fuori. Il ricordo di sé è lo strumento che consente a tale conflitto di superarsi; è la Terza Forza che gli permette di trascendere. Quando l'allievo della Quarta Via inizia a ricordare se stesso attraverso i primi due livelli descritti comprende che non può stabilizzarlo

senza avere un polo esterno dal quale osservarsi.

L'uomo fa molta più fatica ad osservare se stesso che un altro. Su questo principio egli costruisce una lente attra-verso la quale si guarda come dall'esterno.

L'esperienza, assai più valida di qualsiasi teoria libresca, insegna che se l'uomo inizia a ricordare se stesso ricor-dandosi di Dio che cammina con lui, che mangia con lui, che lo ascolta e che lo accompagna in ogni momento, acquisisce ulteriori strumenti di auto-osservazione di cui prima non disponeva.

Questi strumenti sono di due tipi: alcuni di natura tecni-ca e altri di natura emotiva. L'esempio di uno strumento tecnico è quello assegnato all'interno della nostra confra-ternita: l'allievo viene aiutato a conoscere i nomi di Dio, in lingua originale, descritti nella Bibbia. Appena vi ha meditato per un certo periodo (e ha così scoperto alcune caratteristiche fondamentali della Terza Forza) impara a "recitarli segretamente" chiamando Dio con il suo nome ("chiameremo ogni cosa con il suo nome" ha detto G. a O.). Egli apprende come sviluppare un continuo stato di "preghiera", pur svolgendo le sue normali azioni quoti-diane. Una parte di lui, cioè, invoca continuamente il ricordo di sé e lo stabilisce grazie alla forte sensazione di essere osservato dall'esterno, da Dio stesso che ode la sua invocazione e lo raggiunge. Questo è perfettamente in linea con le parole di Gesù: «pregate di continuo» (Lc. 21:36), un consiglio preciso per stabilizzare il ricordo di sé. (7)

Quando l'allievo ha fatto di tale figura esteriore un

Page 17: La Quarta Via, nº0, 2012

(8) Rifletti su questi ultimi due periodi e cerca di “sentirne” il significato.

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Quando l'allievo ha fatto di tale figura esteriore un elemento definito cui ricorre frequentissimamente può servirsi di quegli strumenti emotivi, di natura potentissi-ma, inaccessibili ai livelli inferiori di ricordo di sé.

Può apparire strano, ma più un uomo fa passi verso il Reale, più viene aiutato. Le grosse difficoltà sono all'ini-zio del cammino. Questo è confermato dalle Sacre Scrit-ture (che per noi sono un "testo tecnico" di lavoro su di sé assolutamente straordinario, attendibile e verificabile):

«Io vi dico che a chiunque ha sarà dato; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha». (Lc. 19:26)

Quando l'allievo ha stabilizzato la sua percezione di Dio, per incrementarla, può iniziare a comunicare spontanea-mente con lui, a cercarne la compa-gnia. Può iniziare, cioè, un meravi-glioso processo di innamoramento di Dio.

Corredato di un tale amore penetrante, il ricordo di sé non potrà più essere un fenomeno sporadico. Questo è il punto di non ritorno e l'ascesa è certa e conse-quenziale. A questo livello l'allievo fa esperienze che smettono di essere soggettive. Accadono in lui ed intorno a lui avvenimenti straordinari, "miracolosi" e oggettivi. Egli inizia a verificare che tale Dio "immaginato", "pensato" e "costruito", ha una sua corrispondenza superiore e oggetti-va.

Comprende che esiste un'attinenza strettissima fra il cosmo psichico e quello esteriore; che la costruzione del Padrone dell'universo interiore (l'Io) lo pone in contatto con il "Padrone dell'Universo esteriore". (8)

Ma di questo è inutile parlare ora, cadremmo nell'errore di fare supposizioni su cose che non conosciamo. Lo stesso Gurdjieff evitava aspramente di parlare di ciò che può essere solo vissuto e sperimentato.

La Quarta Via è esperienza e non teoria. Numerose volte monsieur Gurdjieff parla indirettamente dei diversi livelli di ricordo di sé e dell'utilizzo dell'immagine divina come strumento massimo per stabilizzarlo.

Un esempio di questo lo troviamo nel suo libro "La Vita

?

15

è Reale solo quando Io Sono". Lo stesso titolo del libro ha più livelli di significato (ben sette). Uno di essi è "La vita è Reale solo quando Dio" perché "Io sono" in ebrai-co si traduce "He he ye" che è la radice di molti nomi divini. Non solo, quando Dio si presenta a Mosè che gli chiede quale sia il suo nome, Egli risponde:

«Dirai così ai figli d'Israele: L'IO SONO mi ha mandato da voi». (Es. 3:14)

Nel libro di Gurdjieff esiste una breve parte stranamente e ingiustificatamente in corsivo. Gurdjieff ha affermato che alcuni testi scritti da maestri del passato erano validi solo per qualche riga o pagina e che tutto il resto era

scritto solo per interessare gli scioc-chi o i perditempo.

Solo chi aveva le chiavi di lettura giuste avrebbe trovato il necessario e gettato via il resto.

E se anche Gurdjieff avesse adottato un metodo simile?

Invito il lettore a recuperare tale libro e a rinvenire la succitata parte. Troverà, probabilmente, molte attinenze con quello che abbiamo scritto finora e, forse, potrà anche

comprendere qual era la risposta di Gurdjieff alla nostra domanda iniziale. •

di Giovanni M. Quinti

Le risposte del Sistema alle domande fondamentali

Dio: dobbiamo crederci?

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Page 18: La Quarta Via, nº0, 2012

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Il lprespiequeallaa aGuNoSeganinnl’innel

Andrea De Leo

Eraclito alla luce del pensiero di G.I. Gurdjieff

FILOSOFIA DELCAMBIAMENTO

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FILOSOFIA DELCAMBIAMENTO

Eraclito alla luce del pensiero di G.I. Gurdjieff

ISBN 978-84-937668-6-3� 140 pagine � 14.8 x 21 � Paperback � 11,50 € � Settembre 2011

Saggistica

George Ivanovich Gurdjieff: nacque nel 1869 ad Alexandropol (Armenia russa) ed è uno dei pochi riconosciuti grandi maestri occidentali vissuti nel secolo scorso. Dopo una giovinezza passata viaggiando e studiando culture diverse allora sconosciute, si dedicò interamente al lavoro sulla consapevolezza, intesa come mezzo per svegliare l'uomo dagli automatismi quotidiani per fargli riemergere potenzialità latenti.

Eraclito: è stato un filosofo presocratico vissuto a Efeso fra il 520 e il 460 a.C., il quale, a causa del suo linguaggio particolarmente ermetico, fu soprannominato skateinos, l'Oscuro. I suoi aforismi, per i più incomprensi-bili, si diceva avessero l’ef fetto di oltrepassare la mente condizionata di chi fosse disposto ad ascoltarli aprendo le porte a nuovi stati di coscienza. Dell’opera di questo pensatore sono giunti fino a noi 100 Frammenti.

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Andrea De Leo

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126 pagine14.8 x 21 cm.PaperbackDisponibile in: italiano e spagnolo

Manuale di Quarta Via L’insegnamento di G.I. Gurdjief f in pillole

Eva M. Franchi - Andrea Bertolini

ISBN 978-84-937668-4-9ISBN 978-84-937668-5-6

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350 pagine14.8 x 21 cm.Paperback

IL PROFETA SENZA NOMEdi Eva M. Franchi

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Approfondimenti del Sistema della Quarta Via

PERCHÉ iniziare a LAVORARE su di sé?di Anna Di Giandomenico

Questo articolo di studioè estratto dalla dispensa n. 8

?

Da poco, una persona che mi conosce in profondità, mi ha scritto: «Devi rattristarti soprattutto perché la vita è nostalgia e ci sarà una fine ai tuoi giorni... Questo è l'unico dolore proficuo».

Questo invito a mettere a fuoco la realtà della morte fisica, per interrogarmi sulla mia vita attuale, mi ha portata a ripensare quando, fin da bambina, investigavo sul senso della vita. Mi chiedevo:

«Possibile che l'esistenza si svolga come la trama già nota di un film tra le scene ordinarie della vita professionale, affettiva, ludica? Esiste una meta da raggiungere? Come posso realizzare il mio Essere? Quale il significato del dolore?». (1)

? (1) Prova a rispondere tu stesso a questa domanda.

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(2) Quanto è importante, secondo te, il Gruppo di Lavoro?

?

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Come spendere bene l'unica vita che mi era stata data?

Mi era stata concessa un'unica possibilità di giocare la mia esistenza, preziosa possibilità che non avrei dovuto sciupare.

L'incapacità di accontentarmi di un déjà vu mi ha sospinta verso una ricerca incessante, finalizzata alla scoperta del senso vero della vita. Anelavo a lasciare con la mia esistenza un'orma, come la scia di luce tracciata da un aereo nel cielo limpido del mattino oppure una scia di essenza di rose...

Come arrivare a imprimere con il mio Essere un'orma incancellabile? Come evitare di accontentarmi di vivac-chiare, dopo essere venuta al mondo e di morire, lasciando dietro di me solo qualche fiore, poche lacrime di chi mi ha amato, con la prospettiva di essere presto dimenticata?...

Ho percepito la necessità di lavorare su di me per aspirare alla mia trasformazio-ne, per realizzare il mio Essere autentico.

Il lavoro su di sé può essere paragonato a quello del minatore che scava nella roccia per estrarne minerali preziosi. Quanto lavoro per scavare, eliminare strati e strati di materiale ordinario, fino all'estrazione dei filoni d'oro che giacciono nel ventre della terra... Per analogia possiamo comprendere le modalità e il senso del lavoro su se stessi. Ogni aspetto di noi costituisce materia prima per l'evoluzione personale. La parte negativa di me, quella meccanica, che vorrebbe ostacolarmi, se non addi-rittura impedirmi di crescere, di evolver-mi, di realizzarmi, è materia prima del lavoro su di me.

Intraprendendo questo lavoro, con la guida di chi si è già evoluto - senza una direzione è impossibile conseguire un reale cambiamento - e con l'aiuto di altri

compagni di viaggio che hanno preso la stessa decisione di lavorare, mettendo in atto sforzi sistematici per conseguire un'altra esistenza, ho imboccato un binario preciso.

Infatti è quasi impossibile lavorare da soli, perché gli altri ci fanno da 'specchio', aiutandoci a mettere a fuoco i punti da modificare e forniscono ulteriore materiale di lavoro su di noi. (2)

Mi vengono alla mente i primi tentativi messi in atto da poco per imparare a praticare sci di fondo in montagna. Ho dovuto imparare, per prima cosa, a tenermi in equi-librio sugli sci, che scorrevano all'interno di un binario tracciato nella neve; ho dovuto affrontare la paura che

mi investiva nell'imboccare le ripide discese; ho effettuato salite che richiedevano abilità per non scivolare all'indietro; ho imparato a rialzarmi dopo ogni caduta... Tutto un eserci-zio che, richiedendo concen-trazione e sforzo, mi ha dato la possibilità di scoprire paesaggi di grande bellezza e di appren-dere qualcosa di nuovo.

Il binario imboccato per il lavoro su di me attiene proprio alla capacità di porre in atto sforzi coscienti e costanti, accompagnati dalla facoltà di soffrire volontariamente, per non sottrarmi all'impegno richiesto, per non fermarmi di fronte alle difficoltà create dalla parte di me pigra e restia ad ogni cambiamento e dal mani-festarsi dei miei molteplici io.

Ho sperimentato che ogni nuova consapevolezza che si raggiunge su se stessi, è genera-ta e accompagnata dal dolore delle mille morti necessarie dei vari io che mi animavano, che altrimenti non avrebbero lasciato spazio all'esile piantina della mia parte essenziale, che si sta sviluppando. Pensiamo all'esempio della candela, dove lo stoppino arde a spese della

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di Anna Di GiandomenicoPerché iniziare a lavorare su di sé ?

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?

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? (3) Sei disposto a "spendere" qualcosa di te percrescere spiritualmente?

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cera che deve consumarsi... Senza questo spendersi, la luce della consapevolezza e della conoscenza che produce il cambiamento non risplenderebbe. (3)

Quante volte nel corso del lavoro ho ravvisato con chiarezza la mia nullità, la mia meschinità e debolezze di ogni specie; ho sperimentato, in modo evidente, le lotte interiori tra i miei vari io, che si alternavano e si combat-tevano, perdendo l'illusione di essere “una” interiormen-te, sicura e coerente! Quante volte mi sono sentita preda delle mie emozioni contrastanti legate ad opposte situa-zioni esteriori e interne che non riuscivo a gestire e mi sono dibattuta inutilmente nel tentativo di approdare a decisioni consapevoli riguardanti le situazioni quotidia-ne e le scelte necessarie da operare. Ho verificato che, se un momento mi sembrava di essere sicura rispetto alla scelta da operare, un attimo dopo ero attratta dalla scelta opposta e l'istante successivo da una scelta ancora del tutto divergente!

Più desideravo uscire dalla melma paludosa della mia interiorità avviluppata, più vi sprofondavo. Sempre però ho sperimentato l'azione benefica della mia guida, che mi ha aiutata ad avanzare nel lavoro di formazione di un Centro in me. Senza fissarmi in quell'unico Centro, sono come una ruota che corre ubriaca a sbattere a destra e a sinistra. La costruzione di questo Centro in me dà signi-ficato al mio agire e al mio rapporto con uomini e cose. Altrimenti tutto svapora e non capisco più perché vivo.

Alcuni mesi fa, dopo anni di duro lavoro svolto, in un momento in cui mi sembrava di aver smarrito il senso del lavoro stesso e, soprattutto il senso della mia vita, mi è capitato di leggere un brano che mi ha restituito il

significato profondo della mia esistenza, del mio lavoro e anche del mio dolore:

"La vita ci è data per uno scopo elevato e tutti insieme siamo tenuti a servirlo: in ciò consiste la nostra ragion d'essere ed il senso della nostra vita.Tutti gli uomini senza eccezione sono schiavi di questa 'grandezza' ".

G. I. Gurdjieff, I racconti di Belzebù a suo nipote, Neri Pozza, pag. 1015.

Ecco ho ri-compreso in maniera tutta nuova che lo scopo elevato a cui tutti come uomini siamo chiamati è appunto quello della trasformazione personale, della realizzazione della parte divina del nostro Essere. Gurdjieff scrive ancora:

«Uomo! Che nome altisonante! La parola uomo, in sé, significa “corona della creazione”.Ma questo titolo si addice realmente agli uomini contemporanei?La verità è che l'uomo, avendo in sé la possibilità di acquisire dati perfettamente simili a quelli del Realizzatore di tutto ciò che esiste nell'Universo, dovrebbe essere davvero la corona della creazione. Ma per avere il diritto di chiamarsi uomo, bisogna essere un uomo.E per esserlo, occorre anzitutto lavorare con perseveranza instancabile... per acquisire una conoscenza completa di noi stessi, lottando senza tregua contro le nostre debolezze soggettive».

G. I. Gurdjieff, I racconti di Belzebù a suo nipote, Neri Pozza, pag. 1000.

A questo punto, qualcuno si domanderà:

«Dove trovare la chiave per acquisire una cono-scenza completa di se stessi, per conseguire il

Approfondimenti del Sistema della Quarta Via

di Anna Di GiandomenicoPerché iniziare a lavorare su di sé ?

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? (4) Prima di continuare la lettura prova tu stesso a rispondere a queste domande.

? (5) Commentate insieme la storia appena letta.Cosa significa per ciascuno di voi?Quali intuizioni suggerisce?

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Approfondimenti del Sistema della Quarta Via

compimento della propria esistenza?». (4)

Leggiamo un'interessante storia chassidica, dal titolo "Là dove ci si trova", che può aiutarci a trovare la rispo-sta:

«Ai giovani che venivano da lui per la prima volta, Rabbi Bunam era solito raccontare la storia di Rabbi Eisik, figlio di Rabbi Jekel di Cracovia. Dopo anni e anni di dura miseria, che però non avevano scosso la sua fiducia in Dio, questi ricevette in sogno l'ordine di andare a Praga per cercare un tesoro sotto il ponte che conduce al palazzo reale. Quando il sogno si ripeté per la terza volta, Eisik si mise in cammino e raggiunse a piedi Praga. Ma il ponte era sorvegliato giorno e notte dalle sentinelle ed egli non ebbe il coraggio di scavare nel luogo indicato. Tuttavia tornava al ponte tutte le mattine, girandovi attorno fino a sera.

Alla fine il capitano delle guardie, che aveva notato il suo andirivieni, gli si avvici-nò e gli chiese amichevol-mente se avesse perso qual-cosa o se aspettasse qualcu-no. Eisik gli raccontò il sogno che lo aveva spinto fin lì dal suo lontano paese. Il capitano scoppiò a ridere:

“E tu poveraccio, per dar retta a un sogno sei venuto fin qui a piedi? Ah, ah, ah! Stai fresco a fidarti dei sogni! Allora anch'io avrei dovuto mettermi in cammino per obbedire ad un sogno e andare fino a Cracovia, in casa di un ebreo, un certo Eisik, figlio di Jekel, per cercare un tesoro sotto la stufa! Eisik, figlio di Jekel, ma scherzi? Mi vedo proprio ad entrare e mettere a soqquadro tutte le case in una città in cui metà degli ebrei si chiamano Eisik e l'altra metà Jekel!”. E rise nuovamente. Eisik lo salutò, tornò a casa sua e dissotterrò il tesoro con il quale costruì la sinagoga intitolata "Scuola di Reb Eisik, figlio di Reb Jekel».

«Ricordati bene di questa storia - aggiungeva allora Rabbi Bunam - e cogli il messaggio che ti rivolge: c'è qualcosa che tu non puoi trovare in alcuna parte del mondo, eppure esiste un luogo

in cui la puoi trovare». (5)M. Buber, Il cammino dell'uomo, Ed. Qiqajon, 1990, pagg. 57-58.

Riporto uno stralcio dell'interessante commento di Buber alla storia:

«C'è una cosa che si può trovare in un unico luogo al mondo, è un grande tesoro, lo si può chiamare il compimento dell'esistenza. E il luogo in cui si trova questo tesoro è il luogo in cui ci si trova. La maggior parte di noi giunge solo in rari momenti alla piena coscienza del fatto che non abbiamo assaporato il compimento dell'esistenza, che la nostra vita non è partecipe dell'esistenza autenti-

ca, compiuta, che è vissuta per così dire ai margini dell'esi-stenza ovunque tranne che là dove siamo, là dove siamo stati posti: ma è proprio là, e da nessun altra parte, che si trova il tesoro. Nell'ambiente che avverto come il mio ambiente naturale, nella situazione che mi è toccata in sorte,

in quello che mi capita giorno dopo giorno, in quello che la vita quotidiana mi richiede: proprio in questo risiede il mio compito essenziale, lì si trova il compimento dell'esistenza messo alla mia portata. ...E' qui, nel luogo preciso in cui ci troviamo, che si tratta di far risplendere la luce della vita divina nascosta».

Nella Prefazione del testo citato, l'autore annota che «l'uomo per la sua crescita e per raggiungere l'autenticità deve innanzitutto tornare a se stesso.

-“va verso te stesso”- ritrovare se stesso, raggiun-gere il proprio destino, risalire alla sua fonte… L'uomo deve cioè fare della sua vita un cammino, rispondendo alla domanda: “Dove sei?” senza tentativi di nascondimento o affermazioni di impotenza.Da questa prima tappa essenziale occorre pren-dere coscienza che sta davanti all'uomo una via particolare, sua propria...

di Anna Di GiandomenicoPerché iniziare a lavorare su di sé ?

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? (6) Commentate ciò che avete letto.

? (7) Che cosa pensi di fare per iniziare questo percorso verso l'Unità?Quali scelte potranno aiutarti?Come iniziare?

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Approfondimenti del Sistema della Quarta Via

Nel corso del cammino, grazie alla risolutezza e alla fedeltà, per l'uomo è possibile infatti un'unifi-cazione di tutto il suo essere, corpo e spirito. L'uomo è un essere diviso, contraddittorio, com-plicato, ma può conoscere il miracolo dell'unifica-zione mettendo la propria volontà in sinergia con la forza divina che giace nelle sue profondità. Solo l'uomo unificato può compiere l'opera intera e non operare rammendi…E' necessario allora, per compiere l'opera grande, iniziare da se stessi, percorrere il cammino del ritorno, e quindi raggiungere gli altri uomini con la coscienza che un uomo autentico contribuisce alla trasformazione del mondo solo attraverso la propria trasformazione». (6) E. Bianchi, "Prefazione", in M. Buber, Il cammino dell'uomo, Ed. Qiqajon, Comunità di Bose Magnano, 1990, pagg. 8-9-10.

Concludo, riportando un'intensa esperienza vissuta recentemente, dopo aver praticato sci di fondo per la prima volta. Richiama alcuni passi già riportati nell'arti-colo ed esprime il cuore del lavoro su di sé.

«Una domenica pomeriggio, ho praticato per la prima volta sci di fondo insieme a due amiche più esperte. Eravamo in una pista tracciata sul fianco di una montagna, da cui si godeva la bellezza di un panorama mozzafiato.E' stato bellissimo imparare a tenermi in equilibrio sugli sci; vincere la paura che mi investiva nell'affrontare le discese ripide; effettuare le salite che richiedevano abilità per non scivolare all'indietro; rialzarmi dopo ogni caduta, riprendendo con tenacia... Tutto un esercizio che richiedeva concentrazione e sforzo, ma che mi procurava anche un grande piacere: ero a contatto con la natura e potevo faticare per apprendere qualcosa di nuovo. Stupendo.Poi, tolti gli sci, ancora prese dall'ebbrezza del percorso fatto, ci siamo sedute sulla neve, per leggere alcune

pagine interessanti sull'importanza di vivere il presente con tutto se stessi, che, oltre a far assaporare realmente la vita in tutte le sue sfumature, prepara a morire.Improvvisamente, mi ha invaso la realtà della morte, non soltanto un pensiero, ma la consapevolezza profonda di questa realtà: ne è scaturito un sentimento di intensa nostalgia della vita, degli alberi, della neve, dei rapporti, di tutto... Nostalgia dei momenti vissuti che non tornano più, dell'amore che non si può più dare... Un dolore acuto eppur lieve mi ha invasa: ho cercato di non sfuggirlo, ma di penetrarlo, di lasciarmene invadere, di sentirlo con tutto il mio essere... Subito l'anima si è messa “in piedi”, avvertendo la caducità di ogni realtà umana, eppure la sua preziosità... Si è orientata al momento attuale, diven-tando più presente a se stessa e a Dio». (7) •

di Anna Di GiandomenicoPerché iniziare a lavorare su di sé ?

Martin Mordechai Buber 1878 – 1965:

è stato un filosofo, teologo e pedagogista

austriaco naturalizzato israeliano. Si deve a

lui l'emersione alla cultura europea del

movimento hassidim, ma soprattutto a lui si

deve l'idea che la vita è fondamentalmente

non soggettività, bensì intersoggettività, anzi

per Buber soggetto e intersoggettività sono

sincronicamente complementari e ne era

talmente convinto che non esitò ad

affermare: "In principio è la relazione".

Page 24: La Quarta Via, nº0, 2012

LA CORRISPONDENZA CON I CERCATORIC

Gentile GiovanniUna delle cose che lei mi ha chiesto nel nostro primo incontro era come stavo con il mio compagno. Le ho risposto che stiamo molto bene insieme e che rispet-tiamo l'uno la vita spirituale dell'altro. Invece ora le cose stanno cambiando. La realtà è che non riesco a vivere molto bene il mio presente con lui. Sto assisten-do al progressivo svuotarsi del nostro stare insieme. Stiamo crescendo attraverso percorsi diversi, si riducono i momenti di condivisione, si annebbiano i contatti fisici e l'amore resta nell'aria come una sensa-zione malinconica che non ci raggiunge. Sembriamo entrambi consapevoli di quanto sta accadendo, ma non riusciamo a far nulla per avvicinarci. Due colonne dello stesso tempio. In questo momento non sento il tempio, non vivo la partecipazione, ma l'esclusione. Non mi sento amata e non riesco ad amare.Quando mi "ricordo di me stessa" e mi osservo, allora mi rendo conto che il mio star male è fortemente legato al fatto di pensare solo a me, di sentire solo i miei bisogni, le mie aspettative, il mio desiderio di amore. Il ricordo di me, sentire l'infinito sopra di me, mi porta all'altro.L'insoddisfazione porta l'attenzione solo su di me. E così mi arrabbio perché non ho le attenzioni di colui che dico di amare. Come una bimba voglio sentirmi coccolata, apprezzata e incoraggiata, se non lo sento divento antipatica, mi immusonisco e faccio sapere che sto male... sottointeso per colpa sua. Mi nego, mi ritiro come una cosa preziosa che deve essere conqui-stata. Ecco di nuovo che torno a presentarle il peggio di me, le mie piccolezze. L.

Cara amica,le storie d'amore, le nostre storie, sono quelle che racconta-no meglio chi siamo. Abbiamo tanto bisogno di essere amati, di essere coccolati, curati, incoraggiati. Abbiamo bisogno di una persona che ci stimi e ci dica «sei grande, coraggioso/a, luminoso/a, Ti Amo». E poi ci aspettiamo che non ci tradisca, aspettiamo che sia sempre coerente con ciò che dice, aspettiamo che sia esempio per noi. In altri momenti, invece, diciamo di non aver bisogno di niente e ci vantiamo di poter andare avanti da soli.«Se il mio partner vuole rimanere con me, deve accettare le mie regole». Però la verità è un'altra. Tutti noi aspettiamo la stessa cosa. Aspettiamo che qualcuno ci ami. Si guardi intorno: il suo vicino, la sua vicina di casa, la sua compagna di classe o il suo collega d'ufficio. Aspettano tutti la stessa cosa: la carezza di qualcuno di cui fidarsi. In fin dei conti su questo si fonda il marketing, la pubblicità, il commercio. Per sopperire a quella mancanza devi circondarti di tutto:

di una grande macchina, di una grande casa, di una grande autorevolezza... che sia sufficientemente grande per il tuo grande vuoto. Esso è il nostro più terribile fanta-sma. Ma non possiamo non farci i conti, è lui il contabile sinistro che ci insegue sempre. Possiamo fingere di non vederlo, di non dover fare i conti con lui. Un amante dopo l'altro, una storia dopo l'altra, ci aiuterà a procrastinare quell'appuntamento. Fino a quando non daremo uno "stop!" consapevole a tutto questo. Bisogna imparare ad amare e a fare di questo lo scopo supremo. Tutti attendo-no amore e nessuno fa il primo passo nella direzione di dare amore. Tutti hanno paura di essere feriti e nessuno mostra il coraggio di lasciarsi ferire. Amare è avvicinarsi a quella ferita che sanguina ancora. Decidere di lavorare su se stessi vuol dire iniziare a cambiare rotta. Vuol dire decidere di rompere il vetro che nasconde l'allarme e amare per primi.Amare nonostante il tradimento, amare comunque. Portare un Amore che non è il nostro, ma è l'amore di unamore più grande. Il pensiero di Dio che mi ama non solo mi è utile, mi è indispensabile. Sento la sua carezza, il suo abbraccio e questo mi basta. Perché la carezza di Dio è la carezza dell'infinito intorno a noi. La carezza del sole al tramonto, la carezza dell'acqua che bagna i nostri piedi alla riva di un fiume, la carezza del profumo di un fiore che ci raggiunge e ci rallegra. Sto facendomi bastare tutto questo, cara L. E le assicuro che questo "bastare" non è poco. È molto di più delle mie miserie e delle mie contraddizioni. Un caro saluto •

Giovanni Maria Quinti

Gentile sig. Quinti, ho assistito ad alcune vostre conferenze e so che la vostra scuola insiste molto sull'importanza del maestro fisico, tuttavia non le nascondo le mie perplessità. Ho la sensazione che il pretesto del maestro sia un’arma a doppio taglio basata sulla necessità dell'uomo di sentirsi parte di un branco e di avere un capo branco cui affidare la propria vita, evitando così di assumere la responsa-bilità della propria. Certo può essere utile all'inizio avere una guida, ma un maestro che non porta al contatto con il maestro interiore che è celato in ciascuno di noi non è un vero maestro, un vero maestro, se fosse tale, dovrebbe a un certo punto spingere l'allievo a staccarsi da lui, anche qualora questi fosse reticente, anche se fosse necessario costringerlo a calci nel sedere (si dice che Gurdjieff

Invia la tue domande/a:[email protected]

Risponde Giovanni Maria

C

RAPPORTO DI COPPIA E RICORDO DI SÉ

IL MAESTRO, BISOGNA LIBERARSENE?

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Page 25: La Quarta Via, nº0, 2012

LA CORRISPONDENZA CON I CERCATORIC

l'avesse fatto con De Hartmann) e non trattenerlo. Mi piacerebbe sapere qual è la posizione del vostro Istituto in merito. Cordiali saluti. P.F.

Gentile Amica,La ringrazio per questa sua domanda, che mi permette di affrontare un tema davvero molto importante: “la relazione maestro e allievo”. In tutte le tradizioni, sia orientali sia occidentali, la relazione maestro-allievo è la base su cui avviene la trasmissione dell'insegnamento: dal sufismo allo zen, dal monachesimo cristiano a quello tibetano, vediamo che si riesce a raggiungere la maturità spirituale grazie alla presenza di qualcuno che ci sostiene in tale processo. Qui, quindi, non stiamo mettendo in discussione l'importanza dell'aiuto che un vero maestro può dare alla vita spirituale di una persona, quello che dobbiamo mette-re in discussione, però, è come questa figura sia intesa dalla maggior parte delle persone. Quando lei mi dice che un maestro è un “capo branco”, qualcuno “cui affidare la propria vita”, sta rappresentando un concetto del tutto sbagliato sulla figura e sull'utilità di un maestro. Natural-mente sto qui parlando di qualcuno che ha realmente raggiunto uno stato superiore di coscienza, non di un ciarlatano (e purtroppo, come anche il Cristo ci aveva preannunciato nel Vangelo, oggi sono molti che si vantano di essere dei profeti e dei maestri, quando in realtà non lo sono).Un ciarlatano potrebbe sicuramente essere felice di vedere come alcuni esseri umani si consegnano a lui, e con essi anche i loro averi, perché potrebbe essere totalmente schia-vo del suo bisogno di controllo, di dominio, di potere. Questi individui sono persone che vivono un grave disagio psichico, essendo ancora del tutto arenate a una fase psico-logica di tipo narcisistico, che le induce a presentarsi come degli esseri perfettissimi ed infallibili che amano circon-darsi non di esseri umani, ma di poveri schiavi che brillano della loro luce riflessa. Sono persone fortemente disagiate, che soffrono importanti problemi di relazione e che riesco-no ad entrare in contatto con l'altro solo quando lo percepi-scono di una certa "classe inferiore", perché un pari scate-nerebbe quegli irrisolti sensi d'inferiorità che cercano di nascondere anche a loro stessi (a questo scopo, d’altra parte, servono, appunto, gli “allievi” che con ossessione cercano di veder crescere più numericamente che qualitati-vamente).Se scartiamo momentaneamente questo tipo di persone dal nostro discorso, allora potremo renderci conto che un vero maestro non ha alcuna intenzione di "prendersi in carico la vita dei propri allievi". Bensì insegna all'allievo, dandogli degli strumenti di natura spirituale, come diven-

tare protagonista della propria vita, riscoprendo su quale base solida può costruire una nuova identità, fortificandosi.Un vero maestro insegna ad un giovane discepolo che esiste "un senso nascosto nel cuore delle cose" e che per ascoltarlo, per conoscerlo e poterlo seguire bisogna intra-prendere un viaggio verso se stessi, viaggio spesso difficile, lungo ed estenuante. Quando l'allievo inizia ad incammi-narsi su tale Via di autoconoscenza, opera una serie di conquiste interiori che danno un nuovo valore alla sua vita. Allora, comprenderà l'importanza del senso del viaggio che avrà compiuto (anche grazie alla presenza del maestro e degli altri suoi compagni di viaggio, ma sopratutto grazie al suo sforzo) e diventerà capace di dare un senso "altruisti-co" a quel lavoro che, dapprima, era del tutto interiore e personale. Quando ciò avverrà, se sarà stato capace di superare i numerosi ostacoli che si trovano sul percorso di autoconoscenza, non avverrà quello che lei prevede nella sua cortese missiva. Non vi sarà nessuna separazione tra maestro e allievo. Bensì l'allievo si trasformerà nel maestro, cioè vi sarà un'unione profonda fra essi. In quel momento l'allievo, arricchito dalla sua identità spirituale e dalla nuova Coscienza sulle sue Origini, sarà capace di liberarsi dal suo atavico egocentrismo che inizialmente lo induceva a lavorare solo per se stesso. Avrà la capacità di comprende-re, proprio grazie a tale nuova identità, che non vi è nessu-na differenza fra lui e gli altri e che se desidera continuare il suo Viaggio (perché mai si smette di imparare, ed anche il maestro più esperto è solo un ingenuo allievo innanzi al Maestro dei Maestri) dovrà fare come il suo tutore spirituale ha fatto con lui: insegnare con amore, pazienza, spirito di sacrificio, attenzione e Ricordo la Via che condu-ce alla Vita e alla Verità. Allora, servendo i suoi fratelli umani, secondo i suoi carismi ed il suo stile, conoscerà il senso ultimo del suo Viaggio...Saluti cordiali •

Giovanni Maria Quinti

Sono un ragazzo omosessuale e sieropositivo da sette anni, quattro dei quali, i primi, di cura. In questo momento sto abbastanza bene fisicamente, anche se ho qualche dato che ogni tanto fa i capricci... Da un po' di tempo frequento, e mi sono innamorato, di un ragazzo di vent'anni. E' da tanto che non provavo le molteplici emozioni del cuore, mi sentivo ben più che arido... spento. Pensavo di non dover amare più per non poter amare più. E ho incontrato lui... Molte volte in questi sette anni ho intrapreso rapporti e ho sempre avvertito i miei compagni della mia situazione ricavan-done risultati contrastanti, ma non mi importava

AMORE E INNAMORAMENTO

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Page 26: La Quarta Via, nº0, 2012

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LA CORRISPONDENZA CON I CERCATORIC

granché delle altrui opinioni, mi bastava essere in pace con la mia coscienza. Ora è diverso: lui lo amo. Lo amo da impazzire e infatti sto impazzendo. Non abbiamo rapporti completi, per fortuna, perché non sono mai capitati, e anche se capitassero userei le dovute precauzioni, ma sono tutte le altre centinaia di cose che mi lacerano la coscienza, che non mi fanno dormire, ma il mio piccolo paese di linfociti sta diven-tando un paese di emigranti. Non mi resta che amare... forse.

Innamorarsi è davvero un'esperienza straordinaria. A volte, però, le nostre esperienze amorose non ci aiutano ad entrare con maggiore dolcezza dentro di noi, a vederci per quello che siamo, a condividere quello che siamo, ad aprirci totalmente. A volte, per un bisogno sessuale, per un'attrazione fatale, per un bisogno affettivo straordinario o soltanto perché il nostro partner ha 20 anni, un bel viso, un bel corpo e ci stimola tanta passione ci dimentichiamo che l'amore viene subito dopo: finita la passione, finito il bel viso, finito l'infinito desiderio dell'altro. Allora, e solo allora, fanno capolino i veri sentimenti, quelli di cui io e lei abbiamo bisogno davvero. Eppure, è normale che accada, siccome tali bisogni vengono raramente soddi-sfatti ci si ferma ad accontentarsi di un fuoco che almeno fa calore. Ed anche se è fatuo che importa? L'importante è vivere, o forse, l'importante è prendere calore da qualsi-asi fonte che ne distribuisca almeno un poco in questo grande freddo. Ma non è questa la sua situazione, vero? Ora si è innamorato! Il vento dell'amore vero ha spalanca-to le sue porte e le ha permesso di conoscere la voglia di vivere, di condividere, di essere con l'altro.Viva tutto questo fino in fondo. Ma si ricordi che l'amore viene subito dopo, quando terminati gli entusiasmi lei lo guarderà in viso e gli confesserà la sua sieropositività. Sarà come la vita per un adolescente pieno di sogni e di allegria: gli mostrerà che esistono infiniti silenzi dentro di lei. Gli mostrerà che esiste non tanto un dolore o una paura, ma la consapevolezza di qualcosa di straordinario e cioè che la vita va vissuta ogni giorno, cogliendola momento per momento, senza proiettarsi troppo in un domani che non ci appartiene. L'unica cosa che rimarrà, quando deciderà che è giunta l'ora di scoprirsi, saranno le radici del vostro rapporto. Se sono salde, in salute e forti, il vostro rapporto, assai probabilmente, durerà per tanto tempo. Se non lo sono, non abbia paura di guardare in faccia ciò che è vero. E' meglio guardare la vita per quello che è, piuttosto che infilarsi in sogni immaginari che verranno frantumati al nostro primo risveglio.

Auguri. •Giovanni Maria Quinti

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LA DISPENSA DI STUDIO MENSILE SULL'INSEGNAMENTO DI GURDJIEFF

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