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4 ottobre-dicembre 2007 LA PREVIDENZA FORENSE TRIMESTRALE DELLA CASSA DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE POSTE ITALIANE S.p.A. – SPEDIZIONE IN A. P. – D.L. 353/2003 CONV. L. 46/2004,ART. 1, C. 1; DCB ROMA – CONTIENE I.P. L’AVVOCATURA E I GIOVANI DISEGNO DI LEGGE SULLA AUTONOMIA NORMATIVA LE TORMENTATE LIBERE PROFESSIONI

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4 ottobre-dicembre

2007

LA PREVIDENZA FORENSETRIMESTRALE DELLA CASSA DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE

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L’AVVOCATURA E I GIOVANI

DISEGNO DI LEGGE SULLA AUTONOMIA NORMATIVA

LE TORMENTATE LIBERE PROFESSIONI

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Numero chiuso in redazione il 21 dicembre 2007Finito di stampare il mese di gennaio 2008

Sped. in Abb. Post.D.L. 353/2003 conv.

L. 46/2004, art. 1 c. 1, DCB Roma

In copertina:Arco dei Gavi (Verona)

SommarioA

E

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4ottobre-dicembre

2007

LA PREVIDENZA FORENSETRIMESTRALE DELLA CASSA DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE

EDITORIALELa cultura previdenziale e finanziaria degli avvocatidi Paolo Rosa 290

AVVOCATURAordinamento forense

L’Avvocatura e i giovanidi Alarico Mariani Marini 293

giustizia e processiPolitiche per la giustizia di Remo Danovi 297Il quesito di diritto nel ricorso per cassazionedi Franco Cipriani 301

la professioneLe tormentate libere professioni di Dario Donella 304L’avvocato nella giurisdizione ecclesiasticadi Giuseppe Orsini 310

europaIl compenso dell’avvocato basato sul successodi Matthias Killian 316La Corte costituzionale ascolta la Corte europeadi Massimiliano de Stefano 331

letture forensiRecensione su “Marciare per la Pace. Il mondo non violento di Aldo Capitini” di Alarico Mariani Marini-Eligio Restadi Leonardo Carbone 335

informazioneRegolamento aggiornato per la formazione professionale 336

PREVIDENZAl’opinione

Il risparmio previdenziale dei professionisti è privatodi Maurizio de Tilla 340

le normePresentato in Senato il disegno di legge sulla autonomia normativa 342I bilanci tecnici secondo i Ministeri di Valeriano Vasarri 353Aggiornamento della prova dell’esercizio continuativo della professione a cura di D.D. 358

ordinamento e previdenzaL’incompatibilità in materia previdenzialedi Paolo Rosa e Marcello Bella 365

informazioneI trattamenti assistenziali-indennitari erogati dalla Cassa Forensedi Leonardo Carbone 370

GIURISPRUDENZA PREVIDENZIALESentenza n. 18698/07. La decorrenza della prescrizione dei contributi (nota di Marcello Bella) 376

INDICE ANNUALE a cura di Leonardo Carbone 380

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Emerge quindi che, in ogni caso ipotizzato, la pen-sione erogata dalla Cassa “consuma” nel giro di 3-4 anni ciò che l’iscritto ha versato sotto forma dicontributi. Analizzando la situazione in un’ottica ditipo finanziario, tenendo presente che le somme ver-sate fanno riferimento a periodi temporali diversi,l’iscritto versa contributi per 35 anni e la Cassaversa ratei di pensione all’iscritto e al suo probabi-le coniuge per circa 22 anni, saremmo di fronte adun’operazione finanziaria equa solo e soltanto se laCassa fosse in grado di investire i contributi versa-ti dagli iscritti e di ottenere sul mercato un tasso direndimento medio annuo pari a 8,10% nel caso diun contribuente al tetto, 8,45% nel caso di un con-tribuente medio e ben 9,07% nel caso di un contri-buente al minimo.

Ne consegue che l’investimento nella pensione, aprescindere dalla finalità sua propria che è quelladi assicurare mezzi adeguati per la vecchiaia, nonha uguali nella pur variegata galassia di opportu-nità finanziarie che muove il mercato globalizzato.È indispensabile allora che l’avvocato, sin da gio-vane, prenda coscienza del suo percorso previden-ziale per studiarlo, capirlo con l’ausilio di esperti,cogliere i momenti di criticità, sfruttare le opportu-nità che si presentano e, occorrendo, implementar-lo affiancando al primo pilastro un sentiero di pre-videnza complementare per garantirsi, al momentodel pensionamento, mezzi adeguati per una vec-chiaia economicamente serena.Al momento della iscrizione a Cassa Forense, chediventa obbligatoria quando si supera il minimo Ir-

EEDITORIALE ELA PREVIDENZA FORENSE

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Reddito Importo annuo Totale contributi Tasso di rendimentoprofessionale pensione soggettivi versati annuo riconosciuto

medio dichiarato ai contributi versati

Contribuente al tetto € 83.600 € 44.695 € 157.365 8,10%

Contribuente alla metà del tetto € 41.800 € 24.982 € 79.264 8,45%

Contribuente al minimo € 12.650 € 9.760 € 24.466 9,07%

Vorrei dire che è scarsamente diffusa. Ma per i piùla matematica è stata uno spauracchio.All’atto di versare i contributi a Cassa Forensel’Avvocato sbuffa e brontola per l’onere senza ren-dersi conto che, rebus sic stantibus, si tratta del mi-glior investimento che esista sul mercato per l’ele-vata e sicura redditività che gli garantisce.Fatta eccezione per i redditi sopra il tetto pensioni-stico, oggi pari a euro 83.600, che riguardano po-chi professionisti, circa 15.000, pari al 13% delledichiarazioni reddituali pervenute alla Cassa, chia-mati a versare il 3% oltre il tetto a puro titolo di so-lidarietà, oltre a un ricco contributo integrativo sulvolume d’affari, tutti gli altri che si muovono entroil tetto pensionabile se fanno i conti tra quanto ver-sano e quanto hanno ricevuto o riceveranno in pre-stazioni, dovranno rendersi conto che il tasso di

redditività riconosciuto ai versamenti contributivifatti durante la vita lavorativa è in media pari all’8-9% annuo, largamente superiore all’offerta di qual-sivoglia prodotto finanziario esistente sul mercato abassissimo livello di volatilità e quindi di rischio.A titolo di esempio, prendiamo in considerazionetre ipotetici avvocati iscritti alla Cassa con tre dif-ferenti carriere professionali, rispettivamente uncontribuente al minimo, un contribuente al tetto eun contribuente medio. Supponiamo che i tre indivi-dui nel corso dell’anno 2007 compiano 65 anni dietà ed abbiano maturato 35 anni di effettiva iscri-zione alla Cassa; nel corso dell’anno maturano ildiritto ad avere liquidato il trattamento di pensionedi vecchiaia.Per i tre individui ipotizzati si avrà la seguente si-tuazione:

La cultura previdenziale e finanziaria degli avvocati

di Paolo Rosa

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ELA PREVIDENZA FORENSE

pef o il minimo IVA, pari, per il corrente 2007, ri-spettivamente ad euro 7.590 ed euro 11.385, l’avvo-cato dovrà informarsi del suo percorso previdenzia-le che sta per iniziare cogliendone vantaggi e criti-cità per pianificare il cammino.Il futuro previdenziale non può essere lasciato alcaso o ad altri.Interessa il singolo avvocato che deve avere sin dal-l’inizio le idee molto chiare su cosa fare.Già all’atto della iscrizione si presenta l’opportu-nità della retrodatazione e del riscatto.La retrodatazione non è proponibile se non con laprima iscrizione.Il riscatto lo è sino al pensionamento con oneri eco-nomici che aumentano, anche in maniera moltoconsiderevole all’aumentare dell’età raggiunta edel reddito professionale dichiarato, così che più siè lontani dal pensionamento meno pesanti sono glioneri economici richiesti.Nella attuale situazione normativa io consiglio a tut-ti i giovani che si iscrivono sia la retrodatazione re-cuperando tutti gli anni di pratica con patrocinio equelli di avvocato senza obbligo di iscrizione sia ilriscatto degli anni di laurea e di servizio militare eciò al fine di mettere in cascina anni di anzianità chetorneranno utili al momento del pensionamento.I benefici di carattere fiscale e la rateizzazione so-no altri vantaggi da non trascurare.Il Governo sembra intenzionato nel pacchetto sulwelfare a consentire la deduzione fiscale anche ai ge-nitori se sosterranno tali oneri nell’interesse dei figli.Ma anche sul versante finanziario c’è molto da la-vorare.Negli ultimi anni la finanza si è fortemente evolutacon nuovi strumenti, nuove tecniche, nuove metodo-logie tant’è vero che si parla ormai apertamente di“industria finanziaria”.La produzione normativa di sostegno e disciplinanon sempre è in grado di adeguarsi tempestivamen-te all’evoluzione del sistema finanziario.Il Testo Unico della Finanza ha creato le condizio-ni per adeguare rapidamente le normative alle con-tinue evoluzioni attribuendo al Ministero dell’Eco-nomia e delle Finanze, alla Banca d’Italia e allaConsob il potere di regolamentare aspetti rilevantidel sistema.Il 1° novembre 2007 sarà operativa la MIFID di cuial Decreto legislativo di attuazione della Direttiva2006/76/CE del 10 agosto 2006 i cui obiettivi sono:– Raggiungere un livello elevato di armonizzazio-

ne: in vista della realizzazione di un mercato inte-grato europeo dei servizi finanziari è stato adesempio stabilito il single passport (estensionedella lista dei servizi e degli strumenti finanziariche le imprese potranno offrire su tutti i mercatidell’Europa con la sola autorizzazione del pro-prio paese d’origine).

– Abolizione dell’obbligo di concentrazione: gliscambi sui titoli quotati, gli ordini di acquisto evendita potranno avvenire non solo sui mercatiregolamentati (come accade oggi) ma anche su si-stemi multilaterali di negoziazione (MTF). Oltreai mercati regolamentati e agli MTF gli ordini deiclienti potranno essere eseguiti dagli intermedia-ri direttamente sul proprio conto (internalizzatorisistematici).

– Rafforzare l’integrità e la trasparenza dei mercaticomunitari: stimolare la concorrenza tra le Borsetradizionali e altri sistemi di negoziazione (regoledi trasparenza per la negoziazione delle azioni,obblighi di pre and post-trade per i mercati rego-lamentati, gli MTF e gli internalizzatori sistema-tici).

– Norme di comportamento: obbligo di classifica-zione della clientela in tre categorie – retail, pro-fessional, controparte qualificata – sulla qualedovranno essere parametrati gli obblighi di valu-tazione della adeguatezza/appropriatezza delleoperazioni, l’obbligo di best execution, gli obbli-ghi informativi).

– Requisiti organizzativi per le imprese e per i mer-cati: predisposizione di funzioni di compliance, ri-sk management e internal audit, e identificazio-ne/gestione dei conflitti d’interessi e delle condi-zioni per l’outsourcing).

– Obblighi di rendicontazione alle autorità compe-tenti: gli intermediari devono comunicare allapropria Autorità competente informazioni sullenegoziazioni effettuate su strumenti quotati in unmercato UE (transaction reporting).

– Consulenza: assume la rilevanza di servizio o at-tività di investimento principale, ha, al pari deglialtri servizi di investimento, una propria configu-razione autonoma, sia dal punto di vista dei con-tenuti, che giuridica ed esige un’apposita autoriz-zazione per poterlo svolgere.

È un mercato che offre grandi possibilità all’Avvoca-tura di inserirsi se saprà prepararsi adeguatamenteper, come mi auguro, dare un contributo importantee trovare nuove ed interessanti fonti di reddito.

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ALA PREVIDENZA FORENSE

Uno dei principali problemi del-l’avvocatura italiana sono i gio-vani.Da un lato vi è il paradosso di unaavvocatura popolata in gran parteda giovani e governata con gli oc-chi al passato. Dall’altro, l’acces-so alla professione per le moltemigliaia di abilitati ogni anno èuna sorta di debutto di dilettantiallo sbaraglio.Vediamo i numeri. Gli iscritti aglialbi nel 1990 erano 50.000, oggisono prossimi al traguardo dei200.000. È vero che gli iscritti allaCassa di previdenza forense, chesono quelli che producono o alme-no dovrebbero produrre un redditonetto imponibile annuo superiore alminimo (che oggi è di euro7.470,00), registrano una flessionedel 30-40 per cento, ma il fenome-no non è stato ancora sufficiente-mente indagato, e trarne la conclu-sione che un terzo degli iscritti aglialbi di fatto non esercitino la pro-fessione è sicuramente arbitrario.Del resto con una media negli ulti-mi anni di 12.000/15.000 abilitatiogni anno, non siamo lontani dallarealtà se consideriamo che almenoi due terzi degli iscritti agli albi nonsuperano i quarantacinque anni; diquesti un terzo almeno sono donne,dato tendenzialmente in aumento, eanche questo è un elemento da ap-profondire per stabilire quanto in-fluisca un tale mutamento della

composizione dell’avvocatura sullecondizioni di esercizio della pro-fessione.L’ultima ampia indagine sullacomposizione sociale e sulle condi-zioni organizzative dell’avvocaturaitaliana è stata compiuta nel lonta-no 1990 per iniziativa della Cassadi previdenza in collaborazionecon il Censis: è forse giunto il mo-mento di promuovere una ricercaaggiornata ed esauriente perché,come insegnava Luigi Einaudi, nonsi può deliberare senza conoscere.Sono di scarso aiuto recenti indagi-ni, come quella realizzata dal Cen-sis e dall’Associazione GiovaniAvvocati, che per l’esiguità e la ri-dotta rappresentatività del campio-ne ci consegna dati che appaionopoco significativi rispetto alla tota-lità (ad es. è difficile spiegare l’altoindice di soddisfazione dei giovaniavvocati confrontato con l’elevatadifficoltà del percorso professiona-le e con la bassa redditività che glistessi dichiarano).Frattanto dovremmo chiederci seuna avvocatura con queste carat-teristiche possa fare in favore deigiovani qualcosa di più e qualco-sa di nuovo, oltre a quello che si-nora si è fatto.

L’inserimento difficileNon si tratta, ovviamente, di solle-citare ricambi o tutele di interessigenerazionali, ma di porre un pro-

blema che riguarda soprattutto l’in-teresse generale della società ad av-valersi di una avvocatura preparataad assolvere funzioni che incidonosu settori importanti della vita pub-blica, dall’economia alla giustizia,in un mondo che procede a ritmiveloci di cambiamento.Due fattori oggi rendono difficilel’inserimento dei giovani nella vi-ta professionale: il grande nume-ro, agevolato da una poco respon-sabile apertura indiscriminata allafacoltà giuridica, e la inadegua-tezza degli studi universitari ag-gravata dall’assenza di una suc-cessiva formazione obbligatoria eselettiva; fattori negativi culmi-nanti in un esame finale che anco-ra oscilla tra la decimazione e ildispensario di indulgenze.A quest’ultima sessione dell’esamedi abilitazione si sono presentaticirca 45.000 laureati il cui titolo ri-chiesto per l’ammissione è tuttorasoltanto costituito da un certificatoattestante il compiuto periodo dipratica in uno studio legale, unapratica che a volte si risolve in me-ro parcheggio o in attività di sup-plenza in segreteria.Di questi non più di 2/3.000 han-no frequentato le scuole universi-tarie di specializzazione per leprofessioni legali e circa 7/8.000scuole o corsi forensi di varia du-rata ed efficacia.Quindi, dei partecipanti all’esame i

L’Avvocatura e i giovaniL’incerto percorso dall’Università alla professione

di Alarico Mariani Marini

AAVVOCATURA

ordinamento forense

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AAVVOCATURAordinamento forense

quattro quinti si sono presentaticon il solo certificato di compiutapratica, che anche nel migliore deicasi certifica assai poco di quel cheserve per esercitare la professione.Ciononostante circa il quaranta-cinquanta per cento consegue ognianno l’abilitazione, e l’altra metàla conseguirà, non c’è dubbio, nel-le sessioni successive, perché co-me è noto non vi sono limiti allaripetizione delle prove, e anche al-la provvidenza.Del resto l’infausta norma che haconsentito ai praticanti di eserci-tare il patrocinio per sei anni haprodotto migliaia di professionistivirtuali, per i quali superare l’esa-me diviene in molti casi una com-prensibile lotta per la sopravvi-venza da combattere con il coltel-lo tra i denti.Da questi cenni sommari emergechiaramente che la gran parte degliabilitati, che può immediatamenteesercitare la professione a tuttocampo e senza limiti di rilevanzadelle controversie, escluse quelleavanti alle giurisdizioni superiori,non è in grado di farlo né sotto unprofilo strettamente tecnico, e nep-pure, e non è meno grave, sotto unprofilo culturale e deontologico.

Formazione e grandi numeri Soprattutto sono due i nodi senzasciogliere i quali l’avvenire del-l’avvocatura appare condannatoalla mediocrità: la formazione el’esame.Della formazione post laurea si èormai detto e scritto tutto il possi-bile; nessuno che usi la ragione osamettere in dubbio che sia un ponteindispensabile fra gli studi univer-sitari e la professione, che non deb-ba essere mera preparazione all’e-same (quella che viene venduta sulmercato), che non possa essere im-

provvisata e affidata esclusivamen-te al volontariato per quanto meri-torio, che rappresenti un decisivovalore aggiunto di qualità profes-sionale; ma tuttavia poco si è fatto,anche se quel poco rappresenta uninnegabile merito delle istituzioniforensi date le condizioni difficilinelle quali si trovano ad operare.La responsabilità del legislatore è aquesto riguardo gravissima: la clas-se politica reclama a gran voce lamodernizzazione della professione,ma sinora la montagna ha soltantopartorito il topolino di un decreto-legge insignificante, un parto im-provvisato senza concertazione(quella, come ha scritto di recenteMario Monti, con la quale invece siriconosce anche diritto di veto asindacati e imprenditori).La specificità della professione fo-rense, più volte ribadita in sede co-munitaria, sinora ignorata, sembrafinalmente riconosciuta nelle re-centi dichiarazioni del Ministrodella Giustizia, il quale ha annun-ciato che la disciplina della profes-sione forense sarà riservata ad unaapposita legge ed esclusa dalla leg-ge delega sulle professioni.Ce lo auguriamo perché ciò signi-ficherebbe porre fine ad una dere-golamentazione strisciante coninterventi di liberalizzazione sulletariffe, sulla pubblicità, sulla stes-sa deontologia, con la tendenza atrasformare anche nei settori pro-fessionali una economia di mer-cato in una società di mercato,che è cosa diversa da una societàdemocratica nella quale siano tu-telati con effettività ed eguaglian-za i diritti di tutti.In queste condizioni è impossibiledar vita a un sistema di formazioneselettivo, come esiste da anni, ades., in Francia e in Germania, doveuna pluriennale esperienza insegnache questa è la sola soluzione pos-

sibile per garantire qualità e corret-to esercizio in una professione chedeve dare risposte adeguate e tem-pestive ai processi di cambiamento.In Italia tuttavia non è praticabileuna seria formazione dell’avvocatoaperta a circa cinquantamila prati-canti che spesso sono costretti sen-za entusiasmo a ripiegare sulla pro-fessione forense come scelta lavo-rativa residuale; né le strutture pub-bliche, né gli ordini sono in gradodi organizzare e gestire un sistemaformativo per un numero così ele-vato di aspiranti alla professione, ameno che non si pensi di affidareall’iniziativa commerciale privatala formazione per l’accesso ad unaprofessione di rilevanza pubblica.Come avviene in altri paesi euro-pei occorre quindi introdurre unaccesso selettivo con numero pre-determinato attraverso un esamedi ammissione alla formazioneobbligatoria, quando il laureatodispone di altre opzioni professio-nali, e potenziare sul piano orga-nizzativo e didattico l’attuale si-stema formativo pubblico in modoche l’esame abilitante non sia unascommessa, ma una prova finalealla quale siano ammessi soltantocoloro che abbiano dimostrato dipossedere i requisiti minimi ne-cessari e abbiano superato unaprova di preselezione.Non provvedere a ciò significaavviare l’avvocatura per una fa-scia largamente maggioritaria aduna graduale ma inarrestabile de-qualificazione, che finirebbe perinvestire l’attuale sistema di ga-ranzie rappresentato dall’autogo-verno ordinamentale e disciplina-re, già in evidente crisi, e per dareil colpo di grazia alla qualità dellagiurisdizione che, è bene ricordar-lo anche ai magistrati, in gran par-te dipende dalla qualità degli av-vocati.

ALA PREVIDENZA FORENSE

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Un esame da cambiare L’altra faccia del problema è rap-presentata dall’esame di abilita-zione.Immaginato nella prima legge pro-fessionale e poi confermato nellaCostituzione come meccanismo se-lettivo fondato sul merito, oggi l’e-same è ridotto a un farraginoso si-mulacro di verifica della prepara-zione e dell’attitudine di decine dimigliaia di candidati, nel quale tut-to è ormai casuale, tutto può acca-dere, e nulla più risponde all’esi-genza di una seria e civile selezio-ne per l’accesso ad una professionedi grande rilievo sociale.Salvo alcune eroiche eccezioni,centottanta sottocommissioni emilleottocento commissari, avvo-cati, magistrati e docenti universi-tari, sono ogni anno in massimaparte costretti ad un impegno one-roso e sgradito, della cui scarsa uti-lità sono consapevoli, impotenticomunque ad assicurare il rispettodelle regole più elementari.L’esame è inoltre ancora concepitonon già come verifica di una com-piuta formazione per l’eserciziodella professione, ma come una ri-cognizione della conoscenza degliistituti del diritto acquisita nelle au-le universitarie. Il solo risultato chenel migliore dei casi si ottiene èquello di accertare se il laureato adistanza di oltre due anni dalla lau-rea ricordi ancora quello che ha ap-preso nel corso di studi, che è ciòche da solo non gli sarà di alcunautilità per fare l’avvocato.Del resto è illusorio immaginareche circa duemila esaminatori re-clutati per l’occasione, con notevo-li difficoltà e quindi con scelte co-strette spesso a prescindere dallaidoneità, anche quando siano pre-parati nelle rispettive professioni

sappiano valutare se un giovane èin grado di accedere alla professio-ne forense con i requisiti minimiindispensabili.E così si fa, come suol dirsi, di ne-cessità virtù: salva una esigua fa-scia di giovani effettivamente pre-parati e motivati, per il resto, utiliz-zando con l’imperitura arte di ar-rangiarsi i codici commentati e al-tri ausili più o meno consentiti, eaffidandosi alla benevola compren-sione dei commissari per qualcheerrore di sintassi e di grammatica,si diventa egualmente avvocati, inpercentuali anche drasticamentevariabili da sede a sede, senza checiò abbia spiegazioni razionalmen-te accessibili.

Liberalizzare l’incompetenzaQuesta realtà, anche se oggetto diuniversale e ipocrita deplorazione,è tuttavia considerata inevitabilecon la consueta italica rassegnazio-ne al peggio, cosicché anche le pro-poste di legge sinora all’esame delParlamento non contengono alcunsegno incisivo di cambiamento e diinversione di rotta.Lo stesso disegno di legge Calvi ealtri di riforma della professione al-l’esame al Senato, per altri aspettiinnovativo e interessante, su questoproblema si limita ad un mero re-stauro di facciata che lascia le cosecome stanno.Quando si affronta il tema delleprofessioni sembra infatti che nes-suno si voglia rendere ancora con-to che nel tentare di modernizzarela professione di avvocato oggi sicorre il rischio di liberalizzare sol-tanto l’incompetenza se non si in-troducono nuovi ed efficaci stru-menti di preparazione, di selezionee di accesso. E poiché modernità

significa capacità di dare risposte alcambiamento, senza qualità non vipuò essere modernizzazione.E se pure si vuol essere comprensi-vi per la mancanza di immagina-zione dimostrata dalla politica, an-che quando le riforme sono senzaspese e soltanto a vantaggio dellasocietà, in attesa che formazione eaccesso siano riformati come siconviene ad una società civile c’èda chiedersi come l’avvocaturapossa avere tollerato per tanti anniquesta deriva.Certo non sono mancate le protestedegli avvocati, anche vivaci, spessomalposte, sempre inconcludenti, esino ad ora mai motivate per riven-dicare strumenti per garantire qua-lità e rigore professionale.È difficile dire quali risultati si po-trebbero ottenere se un’avvocaturadecisa e compatta si impegnasse acostringere la classe politica a con-siderare prioritaria questa riformadi sistema, e se richiamasse confermezza i cittadini a riflettere sul-la fondamentale esigenza di esseregarantiti senza distinzioni nella di-fesa dei loro diritti fondamentalida un sistema di giustizia che, giàdi per sé malconcio, non può chepeggiorare a causa di una dequali-ficazione dell’avvocatura.In altri paesi europei ciò è avvenu-to e i sociologi delle professioni datempo si chiedono perché non pos-sa avvenire anche in Italia.Si dirà: che saranno mai questiproblemi dell’avvocatura in unaItalia che ogni giorno le cronacheci ricordano che è in gran parte darifare.Sarà, ma da qualche parte bisognapur cominciare. Se ognuno fa lasua parte, anche nel suo piccolomondo, sarà sempre un segno e,forse, un buon segno.

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AAVVOCATURA

giustizia e processi

1. I mali della giustiziaI mali della giustizia sono noti:espressi in numeri sono migliaiae migliaia di leggi (leggi mon-stre con pochi articoli e migliaiadi commi; leggi-deleghe indefi-nite; leggi-fotografie e quant’al-tro), milioni di processi (ancoraoggi pendenti malgrado l’azze-ramento del contenzioso con lesezioni-stralcio e la creazionedei GOA avvenuta nel 1997),migliaia di giorni per risolverli(tempi biblici riconducibili adanni e a multipli di anni: 1210giorni per una causa di inadem-pimento contrattuale in primogrado), minime risorse (grande-mente insufficienti ai bisogni).In sintesi, una irragionevole du-rata dei processi, una inaccoltadomanda di giustizia, una diffi-cile gestione della giurisdizione.È lecito quindi parlare di giusti-zia in parcheggio, che è la me-tafora di una condizione, ma èanche la formula utilizzata nelricordo di un episodio realmenteaccaduto, per indicare che lagiustizia è accantonata, tra tempimorti e superflui, in una attesasenza fine.Se questi sono i mali (con il ten-tativo di giustificazione che difronte alla essenzialità della giu-stizia il tempo per realizzarla èun dettaglio, e che l’ampliamen-

to dell’area degli interessi tutela-ti comporta necessariamente unadilatazione degli interventi nor-mativi), occorre pur sempre por-re rimedio alle disfunzioni, nonsolo a parole (manifestando dis-senso per le anomalie riscontratee dichiarando l’inaccettabilità diun sistema veramente perverso),ma anche in concreto (suggeren-do proposte e possibilmente cer-cando di realizzare le riformenecessarie).Forse nessuno si sente partico-larmente responsabile per la si-tuazione disastrosa in cui ci tro-viamo (risalendo le colpe neltempo e ognuno cercando di tra-sferirle ad altri); ma tutti siamosicuramente responsabili – se-condo la graduazione del potereche abbiamo – se non facciamonulla per invertire le tendenze edeliminare le diffuse carenze. Èquesto il compito, l’unico com-pito che dovrebbe essere racco-mandato a chi ha a cuore le sortidella giustizia.È dunque pertinente e necessarioil richiamo al dialogo, alla mo-derazione e all’equilibrio in cuitutti debbono essere coinvolti: ipolitici, perché abbandoninol’insulsa abitudine di denigrarele funzioni, ma al contrario per-ché si convincano del dovere disalvaguardare sempre la funzio-ne giurisdizionale e la funzione

difensiva che non possono esseremesse in discussione quando purvi siano provvedimenti o sogget-ti criticabili; i tecnici perché fac-ciano opera di umiltà, cercandodi mediare sempre le contrappo-ste convinzioni giuridiche perarrivare a un risultato utile.È nel dialogo che si debbono tro-vare tutte le condizioni possibiliper migliorare l’assetto dellagiustizia, la sua garanzia e la suaefficienza, cominciando dai pro-blemi più dibattuti, primo tra tut-ti la durata dei processi.

2. La durataSulla durata dei processi, lo Statoitaliano ha battuto tutti i primatiavanti la Corte di giustizia euro-pea, con migliaia di casi affronta-ti e miliardi di spese sostenute.La cosa curiosa è che il tentativofatto per limitare il danno anchedi immagine derivato dalla realtàgiudiziaria, con l’approvazionedella c.d. legge Pinto (legge n. 89del 2001, che consente di agireavanti la Corte d’appello per otte-nere il risarcimento del danno),non ha dato frutti, poiché la leggenon si è minimamente preoccupa-ta di ricercare le cause, ma haoperato soltanto sugli effetti delledistorsioni giudiziarie, con il rico-noscimento di una indennità (ècome se, per sopperire alla man-canza di scuole o alla mancanza

Politiche per la giustiziaRiforme e prospettive di cambiamento

di Remo Danovi

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di ospedali, venisse offerta unasomma di denaro a ogni analfabe-ta o a ogni ammalato!) Con laconseguenza che sono aumentati iprocessi, che anche questi “pro-cessi sul processo” sono stati tra-scinati per tempi irragionevoli,che le somme liquidate non sonostate neppure tempestivamentepagate e che la Corte di giustizia èintervenuta nuovamente sanzio-nando perfino la durata eccessivadel tempo per la liquidazione del-l’indennizzo!Ma non solo. Anche il fatto lode-vole di aver introdotto la “durataragionevole del processo” tra iprincipi sanciti dal nuovo assettocostituzionale, non ha dato i risul-tati sperati, se si pensa che sonotuttora pendenti milioni di proce-dimenti civili e penali.È la fotografia di un dissesto: undissesto in attesa di giudizio, vistoche il Comitato dei Ministri delConsiglio d’Europa ha rilevatoche le misure adottate fino ad og-gi non sono sufficienti (sono ina-deguate con riferimento alle nor-mative, agli organici, alle struttu-re e ai mezzi) e ha rinviato l’esa-me al 1° novembre 2008 per darmodo di formulare nuove propo-ste ed elaborare strategie più effi-caci.È questo a cui dobbiamo pensare.

3. Le riformeOccorre dunque abbandonare levisuali parziali e settoriali e ricer-care le possibili soluzioni all’in-terno e all’esterno del processo,accettando l’idea di una ulterioredefinitiva riforma, malgrado ilsenso di sfiducia che accompagnaormai queste continue sovrappo-sizioni di interventi processuali.Occorre farlo per cercare di daredefinitiva stabilità al sistema.Così, in particolare, all’interno

del processo, occorre stringere itempi sull’esame dei disegni dilegge già presentati in Parlamen-to, riguardanti le “disposizioni perl’accelerazione e la razionalizza-zione del processo penale (C.2624) e del processo civile (S.1524)”, poiché l’approvazione diquesti testi non ha costi e – nono-stante il senso di sfiducia di cuiabbiamo detto – molte disposizio-ni possono essere utili per ridurrei tempi di attesa. È quindi urgente(nell’ambito del processo civile):– semplificare le procedure, le

competenze, le attività informa-tive (per evitare che nel proces-so si instaurino altri procedi-menti esiziali per la conclusionedel primo o attività non stretta-mente funzionali alla decisioneda assumere);

– introdurre e rispettare l’udienzadi programma (che fissa il ca-lendario del processo per assi-curare la durata ragionevole, an-che in funzione della comples-sità della lite, nel rispetto deitempi che sono previsti: cinqueanni per i tre gradi del giudizio),

– consentire motivazioni succinte(quando si accompagni un’altaprofessionalità nella formazio-ne e nell’aggiornamento deimagistrati);

– colpire le liti temerarie (appli-cando le disposizioni già esi-stenti: gli artt. 88 e 96 del codi-ce di procedura civile, ad esem-pio);

– favorire fin d’ora le prassi con-divise e le innovazioni (fruttodell’“Osservatorio” delle variesedi giudiziarie).

Vi sono poi i provvedimenti strut-turali all’esterno del processo,che è necessario attuare al piùpresto, per invertire la tendenza inatto e ridurre le carenze (con laconsapevolezza che, mentre le

riforme all’interno del processosono per lo più senza costi, perogni altra riforma si pone neces-sariamente il problema delle ri-sorse). Occorrerebbe dunque:– aumentare il numero dei magi-

strati (oltre – ovviamente – acolmare gli organici);

– creare l’ufficio del giudice;– accelerare l’adozione degli

strumenti informatici e telema-tici (con tutti gli stanziamentinecessari);

– migliorare l’attività del persona-le amministrativo e ausiliario;

– assicurare l’espletamento solle-cito dei giudizi in tema di fami-glia e di lavoro (con strutture epersonale adeguati);

– prevedere riti alternativi (quan-do sia assicurata una analogadurata con i giudizi ordinari);

– privilegiare la conciliazionedelle liti (anche sotto il profilofiscale, rispetto all’attività con-tenziosa);

– assicurare la formazione e l’ag-giornamento (anche con le si-nergie derivanti dalla possibilitàdi scambi tra i corsi organizzatidal C.S.M. e quelli che l’Avvo-catura ha in programma nel-l’ambito della formazione per-manente tra gli avvocati);

– unificare i riti e risolvere il pro-blema della magistratura ono-raria (due temi sui quali è ne-cessaria una riflessione più ap-profondita).

4. I ritiIn effetti il problema dei riti pro-cessuali è divenuto oggi di estre-ma attualità, poiché un censimen-to ha segnalato che vi sono più di25 riti diversi (ultimo in ordine ditempo, perché è entrato in vigoreil 1° giugno 2007, è il procedi-mento disciplinare notarile, con lacreazione della COREDI, Com-

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missione amministrativa regiona-le di disciplina dei Notai, compo-sta da un magistrato e da 6/12 no-tai, con termini rigorosi e poterid’ufficio, e le cui decisioni sonoimpugnate in Corte d’appello). Èuna proliferazione ingiustificata,che ha aggravato e aggrava sensi-bilmente la funzionalità del pro-cesso.In passato si era pensato di risol-vere questo tipo di problema conun procedimento che dovesse ri-spondere alle esigenze di celeritàe di giustizia, cioè con il processodel lavoro.Questo processo, che a me ancoraappare raccomandabile, è naufra-gato nel momento in cui l’udienzaè stata fissata dal giudice anche acinque anni di distanza dal ricorsointroduttivo (rispetto ai 60 giorniprevisti dalla legge)! Una dilata-zione dei tempi ingiustificata einaccettabile che ha dato luogoanche a interventi del C.S.M., eche dipende essenzialmente dallaorganizzazione e dagli apparati (enon dagli avvocati, poiché gli av-vocati presentano il ricorso e…attendono l’udienza). Una dilata-zione lunga che ancora oggi si de-ve constatare, ad esempio, quandosi richiede la fissazione dell’u-dienza nel processo societario, oquando viene fissata l’udienza inCorte d’appello.È possibile dunque che la sempli-ficazione dei riti non elimini diper sé i ritardi, ma certamenteagevola la tutela del diritto so-stanziale e può contribuire in pro-spettiva al superamento dei tempisuperflui. E la semplificazione deiriti incoraggia anche il tentativodi migliorare fin d’ora gli assettiorganizzativi esistenti, per avereuna gestione più ordinata e più ef-ficiente tra tutti gli operatori dellagiustizia.

5. La magistratura onoraria

La magistratura onoraria è un al-tro dei problemi da risolvere, nongià perché lo imponga la norma(l’art. 245 del D.lgs. 19 febbraio1998, n. 51, che prevede il riordi-no del ruolo e delle funzioni dellamagistratura onoraria, e comun-que l’abolizione della magistratu-ra onoraria entro cinque anni dal-la data di efficacia del decreto:termine variamente prorogato),quanto perché obiettivamente nonsono rispettati i principi costitu-zionali quando vi sono soggettiestranei deputati stabilmente aesercitare le medesime funzionidei giudici togati.Vi sono invero due tipi di magi-stratura onoraria:– quella che è alternativa alle fun-

zioni togate e dovrebbe essereeliminata, perché appunto è in-giustificata l’assegnazione sta-bile di funzioni che devono es-sere esercitate dai giudici togati(né è possibile pensare di ricrea-re una serie di giudici aggregati,magari con il pagamento di uncompenso fisso per ogni senten-za, poiché questo tende a rap-presentare la giustizia come unprodotto materiale e non realiz-za il precetto costituzionale chetutela la giurisdizione);

– e poi vi sono i giudici di pace,che svolgono una funzione pro-pria, nell’autonomia delle com-petenze riconosciute dalla leg-ge. I giudici di pace sono oggiin agitazione per protestare con-tro il loro precariato e la man-canza di un progetto organico diriforma, pur facendo presenteche essi, nell’ultimo decennio,hanno definito 12 milioni diprocessi, e invocano “indipen-denza, efficienza e professiona-lità”. Sono problemi che occor-

re risolvere, ricordando, adesempio, che agli inizi del seco-lo scorso al conciliatore (l’omo-logo del giudice di pace) era af-fidato l’84% del contenziosogiudiziario (l’11% era affidatoal Pretore e solo il 5% al Tribu-nale), e ancora nel 1940 il con-ciliatore pronunciava due terzidelle sentenze civili di primogrado! Non sarebbe dunque im-propria una seria riflessione sulconsolidamento di questi giudi-ci, sulla loro attività e sul lorostatus, anche sull’aumento dellaloro competenza, quando sia ac-compagnata da una particolareformazione, dall’aggiornamen-to permanente e dalla professio-nalità, con severità di controlli eaccertamenti.

6. ConclusioniSarebbe gravissimo cercare di re-cuperare la funzionalità della giu-stizia attraverso la soppressionedella giurisdizione (con i tentativiobbligatori di conciliazione, i si-stemi alternativi di risoluzionedelle controversie e quant’altro lenuove prospettive sembrano sug-gerire). È un metodo pericolosoperché la giurisdizione non puòessere intesa come una opzionecui si deve rinunciare per ovviarea carenze strutturali e organizzati-ve, ma come un diritto cui si pos-sa sempre accedere nel rispettodelle garanzie fondamentali.Occorre dunque cercare insieme dimigliorare la situazione, sulla basedelle indicazioni date, ricordandoche il diritto che chiede tutela nelprocesso è già un diritto indebolitoe affievolito per non avere avuto ri-spetto in via primaria: esso deveessere soddisfatto quanto primapossibile, e quanto più è anormalee ingiustificato il ritardo, tanto piùsofferta è l’aspettativa.

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Naturalmente le riforme richiedo-no costi, e su questo si spengono lesperanze di un futuro migliore, conl’affermazione che le somme stan-ziate per la giustizia sono già ade-guate e altro non è possibile fare.Anche su questo punto mi sem-bra necessario un consenso ge-neralizzato. Le risorse sono ve-ramente precarie, poiché non èimportante la somma stanziata,ma la somma di cui si ha biso-gno. È povero infatti non chi hapoco, ma chi ha bisogno di più(adattando il brocardo per cuinon quis parum habet, sed quisplus cupit, pauper est). E i biso-gni sono straordinariamente piùelevati di quanto siano gli stan-ziamenti. I bisogni infatti passa-no per l’ufficio del giudice, per il

processo telematico, per l’au-mento del numero dei giudici,per la dotazione di cancelleria,per il pagamento dei danni per iritardi irragionevoli dei processie per tante altre cose. Tutto ciòrichiede somme straordinaria-mente più elevate. E di questeoccorre disporre!Vi è invece una risorsa che non siesprime in denaro, ma è ugual-mente essenziale per la vita delloStato.Questa risorsa si chiama etica.Un bene immateriale, senza co-sti, ma con un bilancio devastan-te. Dalla politica allo sport, dallaamministrazione alla economia,dalla vita individuale alla vita so-ciale, tutto è motivo di contrastoe occasione per realizzare il pro-

prio interesse, mortificare il sen-so di legalità, violare la legge eaccrescere gli inadempimenti. Eovunque si rincorrono i richiamiall’etica, la grande assente dallanostra cultura. È l’etica, invece,in positivo, che può aiutare a eli-minare i conflitti, attenuare icontrasti, far condividere il pen-siero degli altri, evitare le specu-lazioni, migliorare le risorse, di-fendere le professionalità, pre-miare i meriti, dare risposte aiproblemi e alle carenze che simanifestano.È l’etica soltanto che può accom-pagnarci nella speranza di un fu-turo migliore, per valorizzare ildiritto e la giustizia (“notre affai-re à tous”), il fondamento dellanostra società.

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L’art. 6 del D.lgs. 2 febbraio2006, n. 40, ha introdotto un nuo-vo articolo nel nostro codice diprocedura civile, il 366-bis, ilquale stabilisce che nei casi previ-sti dall’art. 360, comma 1, nn. 1,2, 3 e 4, dello stesso codice «l’il-lustrazione di ciascun motivo [delricorso per cassazione] si deveconcludere, a pena di inammissi-bilità, con la formulazione di unquesito di diritto». Viceversa, nelcaso del n. 5 dell’art. 360, la stes-sa norma stabilisce che «l’illu-strazione del motivo deve conte-nere, sempre a pena di inammissi-bilità, la chiara indicazione delfatto controverso in relazione alquale la motivazione si assumeomessa o contraddittoria, ovverole ragioni per le quali la dedottainsufficienza della motivazione larende inidonea a giustificare ladecisione».La nuova norma risale alla c.d.bozza Brancaccio-Sgroi, che pro-pose di inserire tra i requisiti delricorso «la specificazione, perciascun motivo, del quesito che siintende sottoporre alla Corte dicassazione» (v. in Foro it., 1989,V, c. 211).La proposta non dispiacque alC.S.M., il quale, nella Risoluzio-ne del 28 marzo 1990 (di cui fuestensore il compianto GiuseppeBorré), fece tuttavia notare chequalche componente del Consi-

glio avrebbe preferito che si ri-chiedesse «la specificazione delprincipio di diritto di cui si chiedel’affermazione» (v. in Foro it.,1990, V, c. 2164 ss., spec. 269).In occasione della riforma del1990 nessuna delle due proposteebbe successo, ma il legislatore,l’anno scorso, ha pensato bene diriesumarle e fonderle nel nuovoart. 366-bis, sì da consentire allaCorte di cassazione di enunciareun corrispondente principio di di-ritto.La norma, infatti, è stata giustifi-cata sia con la necessità di co-stringere i (difensori dei) ricor-renti a tenere presente che la Cas-sazione va adita solo per ben pre-cisi motivi di diritto, sia con l’esi-genza di agevolare il più possibileil lavoro della Cassazione, che at-tualmente, stante l’alto numero diavvocati cassazionisti, sarebbe in-vasa da ricorsi molto poco benfatti.Il nuovo art. 366-bis, quindi, chesembra rappresentare il pendantin Cassazione della precisazionedelle conclusioni nei giudizi dimerito, parrebbe avere una plura-lità di funzioni, una più importan-te dell’altra: indurre gli avvocati aproporre solo ricorsi ben fatti; eli-minare conseguentemente i ricor-si che Virgilio Andrioli definiva“senza capo né coda”; provocareuna sensibile riduzione del nume-

ro dei ricorsi; consentire alla Cas-sazione di capire subito che cosachiede il ricorrente, sì da emanarein breve tempo un impeccabileprincipio di diritto e realizzare,nell’interesse pubblico, la nomo-filachia. Infatti, e per esempio, larecentissima Cass., Sez. I, Pres.De Musis, Est. Rordorf, PM Rus-so, conf., 22 giugno 2007, n.14682, pronunciandosi su un ri-corso in materia elettorale (checome è noto può essere propostoanche dalla parte personalmente),ha affermato che con l’art. 366-bis «il legislatore ha inteso porre acarico del ricorrente l’onere im-prescindibile di collaborare allafunzione nomofilattica, mediantel’individuazione del punto di con-giunzione tra la risoluzione delcaso specifico e l’enunciazionedel più generale principio giuridi-co (cui il quesito è preordinato)»,risultando altrimenti difettosa – edunque non ammissibile – l’inve-stitura stessa del giudice di legitti-mità.A me invece sembra che la nuovanorma (applicabile ai ricorsi pro-posti avverso decisioni pubblicatea decorrere dal 2 marzo 2006: v.Cass., Sez. un., 25 gennaio 2007,n. 1613, in Foro it., 2007, I, c.1624) abbia una funzione moltomeno nobile, nonché che essa, neltendere per un verso ad ostacolarela strada dei ricorrenti in Cassa-

Il quesito di diritto nel ricorso per cassazione

Le nuovissime norme sul giudizio di cassazione impongono l’indicazione nel ricorso dei principi di diritto di cui si chiede l’applicazione.

Può essere un trabocchetto per l’avvocato per il rischio di inammissibilità del ricorso

di Franco Cipriani

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zione e per l’altro ad assegnare al-la Corte un nuovo strumento persbarazzarsi molto rapidamentedei ricorsi mal fatti, si ritorca con-tro la funzionalità del giudizio dicassazione.Invero, con tutto il rispetto e contutta la stima per quei grandi ma-gistrati che furono Antonio Bran-caccio e Vittorio Sgroi, devo direche non mi è facile capire la ra-gione per la quale essi ebbero l’i-dea di aggravare i compiti del ri-corrente richiedendo quella speci-ficazione a pena, si badi, di inam-missibilità. La Corte, per liberarsidei c.d. ricorsi senza capo né coda,non aveva bisogno di una normaad hoc, ma poteva ben limitarsi adire che il ricorso andava rigettato.Del resto, la Corte, come avevapretoriamente enucleato il princi-pio dell’autosufficienza del ricor-so, così poteva ben enuclearne unaltro ed eliminare i ricorsi scon-clusionati. Viceversa, prevedendol’onere della formulazione delquesito, si è non solo previsto unnuovo motivo di inammissibilità,ma anche dato un nuovo strumen-to al resistente per sollevar dubbisulla ammissibilità del motivo,con la conseguenza che ora si as-sisterà anche a grosse dispute trale parti sulla ritualità e congruenzadel quesito: infatti, già dalle primesentenze sul tema si ha modo dicapire che la ritualità del quesito ègran bel problema (cfr. Cass., Sez.un., 5 gennaio 2007, n. 36, Cass.19 dicembre 2006, n. 27130, eCass. 24 luglio 2006, n. 16876, inForo it., 2007, I, c. 1385 ss., conannot. di CAPONI).

Si aggiunga che la norma sembrarichiedere che il quesito sia for-mulato in forma interrogativa enon come una massima, ponendocosì in crisi la tesi di chi sostieneche essa tende a preparare il prin-cipio di diritto che dovrà essereenunciato dalla Cassazione. E, di-rei, non a caso, perché, anche avoler prescindere dalle massimepoco intelligibili e da quelle (rare,ma non ignote) che sostengonoaddirittura il contrario della sen-tenza, le massime estratte dall’Uf-ficio del Massimario sono nor-malmente lunghissime e conten-gono una serie di considerazioniche non hanno alcunché a che ve-dere col principio di diritto e coldecisum, sì che sarebbe stato ve-ramente sorprendente se agli av-vocati si fosse chiesto di conclu-dere ogni motivo di ricorso conuna massima.Va poi considerato che la formu-lazione del quesito non è affattofacile, e non solo per «gli avvoca-ti non adusi a esercitare la propriaprofessione presso la Corte di cas-sazione» (così PROTO PISANI, No-vità nel giudizio civile di cassa-zione, in Foro it., 2005, V, c. 254),ma per tutti, anche perché vi sonocasi in cui mi pare obiettivamenteimpossibile formulare un quesitodi diritto. Infatti, per quella che èla mia esperienza, non vi è quesi-to di diritto che non venga subitoaccusato dalla controparte di es-sere mal fatto e, quindi, di rende-re inammissibile il relativo moti-vo. Ho perciò idea che l’art. 366-bis potrebbe rivelarsi un boome-rang per la Cassazione.

Staremo a vedere quello che ac-cadrà. Ma per il momento non sipuò non rilevare che il numerodei ricorsi inammissibili ha giàsubito una grande impennata eche nel primo anno di applicazio-ne della nuova norma la Cassa-zione ne ha dato la più ampia in-terpretazione, ritenendola appli-cabile non solo ai ricorsi ordinari(principali e incidentali), ma an-che ai ricorsi per regolamento dicompetenza (Cass. 21 febbraio2007, n. 4065, in Foro it., 2007, I,c. 1450, con annot. di BARONE), aquelli per revocazione delle sen-tenze della Cassazione (Cass. 28febbraio 2007, n. 4640), a quelliin materia elettorale (la già citataCass. 22 giugno 2007, n. 14682),e a quelli avverso le decisioni delConsiglio di Stato (v. Cass. 26marzo 2007, n. 7258, in Foro it.,2007, I, c. 1385). Le Sezioni uni-te hanno invece escluso che ilquesito sia richiesto anche per iricorsi per regolamento di giuri-sdizione (v. la recentissima Cass.22 ottobre 2007, n. 22059): e, iocredo, a giusta ragione, perchéquel regolamento, non essendoun’impugnazione, non può com-portare l’applicazione di tutte lenorme sul ricorso ordinario percassazione, ma solo di quellecompatibili con la sua funzione,sì che, dal momento che il regola-mento tende già per sua natura arisolvere “le questioni di giurisdi-zione” (art. 41, comma 1, c.p.c.),escluderei che abbia senso pre-tendere che si concluda con laformulazione di un quesito di di-ritto.

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AAVVOCATURAla professione

PremessaCome già in passato rilevato (Prev.For. 1998, 1, pag. 13 e segg.), laCassa Nazionale di Previdenza Fo-rense è interessata al progetto diriforma delle libere professioni in-tellettuali, per i riflessi che la rifor-ma può avere circa le caratteristi-che di ciascuna professione (e, inmodo particolare, di quella di av-vocato) con riferimento al numerodegli iscritti agli albi, alla remune-ratività del loro lavoro, alle esigen-ze di tutela previdenziale e allaconservazione dei requisiti da cuideriva la obbligatorietà della iscri-zione all’Ente di previdenza dellacategoria.È stata recentemente presentataalla Camera una nuova propostadi legge per la disciplina delle li-bere professioni. Rispetto ai testiprecedenti, vi sono novità, che ri-teniamo opportuno segnalare perl’interesse che anche la Cassa diPrevidenza Forense può avere sul-l’argomento.

1. L’approvazione degli ordinamenti delle singole categorie

L’innovazione più importante oraproposta è che, per l’approvazio-ne degli ordinamenti delle singolecategorie, non vi è più una delegaal Governo, come nelle proposteprecedenti, ma una particolaredelega agli ordini professionali.

Nell’art. 4, si stabilisce che i con-sigli nazionali delle categorie pro-fessionali organizzate in ordiniadottano, entro e non oltre dodicimesi dall’entrata in vigore dellalegge, il nuovo ordinamento di ca-tegoria, con proprio regolamento,nel rispetto di alcuni principi, chevengono elencati.L’ordinamento di categoria deveessere approvato (comma 2) neisuccessivi sei mesi con regolamen-to del Governo, ai sensi dell’art. 17della legge 23 agosto 1998, n. 400,che ne verifica la conformità con iprincipi di cui al precedente com-ma, previo parere delle commis-sioni parlamentari, da esprimersientro sessanta giorni.In caso di sostanziale inattuazionedei principi di cui al comma 1, ilGoverno procederà all’approva-zione apportando le necessariemodifiche, previa comunicazioneal soggetto che ha adottato l’atto.Con questo procedimento, i nuoviordinamenti sarebbero disciplina-ti da norme regolamentari, anzi-ché da norme legislative.Ciò comporta che qualunquegiudice potrebbe “disapplicare”le norme regolamentari senzalimiti di tempo, mentre le normelegislative sono soggette soltantoal controllo della Corte costitu-zionale.È, senza dubbio, preferibile chegli ordinamenti vengano approva-

ti con legge delegata, su propostadei singoli Consigli nazionali. Ladifferenza sarebbe che l’atto nor-mativo di approvazione consiste-rebbe in un atto legislativo e nonin un atto regolamentare, con unadiversa efficacia, certamente rile-vante ed utile (gli avvocati cono-scono, per esperienza, i rischi egli inconvenienti di norme regola-mentari disapplicate dai giudicisenza limiti di tempo).I proponenti intendono attribuireun potere normativo ai singoli Or-dini. Il proposito è apparentemen-te buono, ma una norma siffattapuò procurare degli inconvenientianche seri. Sarebbe comunque ne-cessario che la legge di delegafosse molto ampia nel suo conte-nuto e lasciasse all’autonomianormativa delle singole professio-ni soltanto un compito stretta-mente regolamentare e cioè di di-sciplina attuativa di prescrizionilegislative.La legge proposta per la discipli-na delle libere professioni non haquesta caratteristica e vi è il ri-schio che siano poi approvate di-sposizioni con eccesso rispetto al-la delega.Ci si deve poi chiedere se i singo-li Consigli nazionali sarebbero ingrado di predisporre la disciplinadel loro ordinamento, che devecomprendere un insieme di normedi non facile elaborazione.

ALA PREVIDENZA FORENSE

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Le tormentate libere professioniÈ stata presentata una nuova proposta di legge per la disciplina di tutte le libere professioni distintamente organizzate in ordini e associazioni.Alla proposta vanno fatti rilievi in vista della discussione parlamentare, con l’auspicio che il suo contenuto sia migliorato.Si rafforza la convinzione della necessità di una legge autonoma per l’avvocatura a causa della sua specificità.

di Dario Donella

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Ci sono, inoltre, materie che bendifficilmente possono essere rego-late da norme emanate dagli Ordi-ni. Si allude ad ogni istituto checoinvolga rilevanti interessi pub-blici, o altri soggetti, come adesempio: l’accesso alla professio-ne con l’esame di stato per il con-seguimento del titolo professionalee la disciplina dei procedimenti di-sciplinari e le loro impugnazioni.Per le società tra professionisti, èprevista giustamente una delega alGoverno, perché si tratta di un at-to normativo che interessa la ge-neralità delle professioni con laconseguente impossibilità di dele-gare i singoli Ordini professionali.Il sistema proposto per l’approva-zione dei singoli ordinamentirafforza la convinzione della ne-cessità di una legge speciale perl’ordinamento forense per l’ele-vatissimo grado di pubblico inte-resse della sua intera disciplina,che coinvolge importanti principicostituzionali e la generalità deicittadini.

2. Gli avvocati non sonostati stralciati – Le tariffe

Ci si aspettava che la professionedi avvocato venisse stralciata,perché ciò era stato preannunciatoanche dal ministro Mastella.Nel testo presentato, non vi è peròtraccia di stralcio, mentre vi sonodue norme che si riferiscono spe-cificamente agli avvocati: l’art.20, in tema di tariffe, e l’art. 32,ultimo comma, in tema di società.L’art. 20, comma 3, è di questocontenuto: «Nelle controversie le-gali gli onorari degli avvocati nonpossono comunque superare il10% del valore della causa o del-l’affare».Nei commi precedenti, è previstoche le tariffe approvate con decretodel Ministro della Giustizia, posso-

no riferirsi solo ad attività riservate,rese nell’interesse generale.Sono previste, inoltre, tariffe conl’indicazione di livelli massimi eminimi, negoziabili dal cliente.Sono tuttavia nulli i patti difformi,qualora prevedano una riduzionesuperiore ad un terzo del compen-so minimo stabilito sulla base deilivelli tariffari.Per quanto riguarda la norma spe-ciale per gli avvocati, mentre puòessere approvata l’idea di porreun limite massimo agli onorari,non può essere condivisa la pro-posta di fissare una percentualemassima uguale per tutte le pre-stazioni, indipendentemente dalloro valore.Con una percentuale fissa, puòaccadere che il 10% sia troppobasso per le questioni di minimovalore, così da non consentireneppure un rimborso delle spese,mentre può apparire molto altoper le questioni di grande valore,con una sproporzione tra l’entitàdel lavoro prestato e la sua retri-buzione.Meglio sarebbe consentire, bensì,limiti percentuali massimi, marinviare alle tariffe la determina-zione della misura della percen-tuale, equamente variabile in rela-zione al valore.

3. Norme previdenzialiPer la prima volta, in una propostadi legge per le libere professioni ècontenuta anche una prescrizione,che si riferisce alla previdenza(art. 3/r e 21).La novità va salutata con favore,soprattutto perché il suo contenu-to è apprezzabile e, in linea dimassima, condivisibile.Val la pena riportare per intero iltesto dell’art. 21, contenente lenorme previdenziali. Ne parla an-che l’art. 3, lettera r), che però è

riprodotto quasi testualmente nel-l’art. 21.

«Art. 21(Norme previdenziali)

1. Gli enti previdenziali privati di-sciplinati dal decreto legislativo30 giugno 1994, n. 509, e succes-sive modificazioni, dal decreto le-gislativo 10 febbraio 1996, n.103, e successive modificazioni, edal decreto legislativo 5 dicembre2005, n. 252, esercitano i compitistatutari e le attività previdenzialie assistenziali ai sensi dell’artico-lo 38 della Costituzione, in posi-zione di indipendenza e autono-mia, normativa e gestionale, sen-za finanziamenti diretti o indirettida parte dello Stato. Le loro ri-sorse patrimoniali sono private edevono garantire l’erogazionedelle prestazioni di competenza afavore dei beneficiari.2. Sono assoggettati a contribu-zione obbligatoria a favore del-l’ente previdenziale di categoriatutti i redditi indicati negli ordina-menti di categoria di riferimento.Sono comunque assoggettati acontribuzione obbligatoria, anchein mancanza di specifica previsio-ne negli ordinamenti di categoriadi riferimento, i redditi derivantidall’attività di amministratore,revisore e sindaco di società e dienti svolta dai soggetti che sonotenuti alla contribuzione nei con-fronti dell’ente di categoria.3. Quando è consentito l’eserciziodell’attività professionale in for-ma associativa o societaria, i red-diti prodotti nell’esercizio dell’at-tività professionale costituisconoredditi di lavoro autonomo e sonoassoggettati alla contribuzioneobbligatoria in favore dell’enteprevidenziale di categoria cui cia-scun professionista fa riferimentoin forza dell’iscrizione obbligato-ria al relativo albo. Tale contribu-

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to deve essere versato pro quotaai rispettivi enti previdenziali se-condo gli ordinamenti di catego-ria vigenti.4. Nel rispetto dell’autonomia pri-vata, gli enti previdenziali confor-mano le proprie funzioni allo scopodi soddisfare tutte le moderne esi-genze di previdenza e assistenza.5. I soggetti che esercitano la pro-fessione riconosciuta in forma as-sociativa possono iscriversi, sullabase del principio contributivo,alle Casse di previdenza delleprofessioni ordinistiche corri-spondenti per materia e contenutiprofessionali».

4. Correzioni alla “Bersani”Nella proposta di legge, vi sononorme che modificano il contenu-to della legge “Bersani”. È statotenuto anche conto della direttivaeuropea sui servizi, di cui ampistralci sono stati pubblicati nelnumero precedente della rivista(Prev. For. 2007, 3, pag. 200 esegg.).Per quanto riguarda le tariffe, ab-biamo già dato notizia delle novitàcontenute nell’art. 20 nel secondoparagrafo di questo articolo.Interessanti le prescrizioni sullapubblicità.Tra i principi fondamentali, allalettera n), questa è la norma pro-posta: «consentire la pubblicità acarattere informativo, con esclu-sione della pubblicità comparati-va e negativa, improntata a tra-sparenza ed a vericidità, relativa-mente ai titoli ed alle specializza-zioni professionali, alle caratteri-stiche del servizio professionaleofferto ed ai costi complessivi del-le prestazioni».Nell’art. 19, è poi specificato che:«La pubblicità informativa puòavere per oggetto le caratteristi-che soggettive dell’organizzazio-

ne professionale, i contenuti, laqualità, le modalità e, unitamentea tali strumenti, i costi delle pre-stazioni professionali».Le prescrizioni in tema di pubbli-cità appaiono condivisibili e co-stituiscono certamente un grossofreno alla pubblicità selvaggia,alla quale molti pensavano di po-tersi dedicare secondo la legge“Bersani”.La libertà di concorrenza è ri-chiamata più volte, con l’afferma-zione che essa va garantita e tute-lata in attuazione dell’art. 41 del-la Costituzione e dei trattati euro-pei (art. 3, lettera a) e con riferi-mento al diritto degli utenti aduna effettiva ed informata facoltàdi scelta e ad un adeguato livelloqualitativo della prestazione pro-fessionale (art. 3, lettera e).

5. La rappresentanzaNell’art. 8, è contenuta una disci-plina della rappresentanza.La rappresentanza istituzionale èattribuita all’ordine professiona-le, con la specificazione che re-stano ferme «le funzioni di rap-presentanza proprie dei sindacatirelativamente ai rispettivi iscrittiche sono distinte da quelle degliordini».La norma non è chiara.Adoperando la parola “sindacati”,si intende probabilmente alluderead associazioni, che abbiano comescopo essenziale la tutela degli in-teressi di categoria, in conformitàall’art. 39 della Costituzione; nonsembrano dunque comprese le as-sociazioni con finalità di caratteregenericamente politico o cultura-le. Mentre sono frequenti ed im-portanti tra gli avvocati le associa-zioni di categoria con le finalitàpiù diverse. La parola “sindacati”sembra pertanto limitare il potererappresentativo agli enti associati-

vi, che abbiano come finalità la tu-tela economica della categoria. Sivuol dire che alle altre associazio-ni non è riconosciuto alcun potererappresentativo; ad esempio chenon è riconosciuta una rappresen-tanza “politica”?La norma proposta è certamenteinteressante, ma lascia spazio adampi dubbi, tra cui la determina-zione dei confini tra la rappresen-tanza istituzionale e la rappresen-tanza “sindacale”.Sull’argomento v. Prev. For. 2004,4, pag. 327.

6. Prescrizioni particolariLa durata della carica di consi-gliere dell’Ordine è prevista inquattro anni, con la possibilità delrinnovo per due volte (duratacomplessiva possibile perciò do-dici anni). Per il Consiglio Nazio-nale, invece, la durata è previstadi cinque anni, con la possibilitàdi rinnovo di tre volte e perciò ladurata complessiva può raggiun-gere i venti anni.Questi termini di durata sono al-lungati rispetto alle proposte pre-cedenti; essi diventano eccessivirispetto alla necessità di rinnovofrequente degli incarichi.Per gli ordini territoriali, è previ-sta una indennità «al fine di assi-curare lo svolgimento del manda-to senza pregiudizio economico».Queste indennità hanno sempresuscitato contrarietà. Esse potreb-bero rappresentare un costo eleva-to, che verrebbe sottratto ai com-piti istituzionali, soprattutto se ve-ramente si volesse con esse com-pensare il pregiudizio economicoper lo svolgimento della funzione.Secondo gli avvocati, indennitàelevate potrebbero suscitare aspi-razioni di molti, ma dissuaderedalla competizione i professioni-sti più affermati.

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Gli ordini sono strutturati in ordininazionali ed ordini territoriali.Il Consiglio Nazionale è sovrap-posto agli ordini territoriali ed ha,tra le varie funzioni, anche quelladel loro coordinamento.Verrebbe, in questo modo, supe-rata la possibilità di affermare chegli ordini territoriali sono del tut-to autonomi.Una limitata autonomia degli or-dini territoriali va però ricono-sciuta e disciplinata.

7. Norme disciplinariL’art. 10 lettera e) attribuisce agliordini territoriali i poteri discipli-nari sugli iscritti.Nell’art. 25, è previsto che gli or-dinamenti di categoria devonoprevedere di disciplinare l’affida-mento dell’esercizio delle funzio-ni disciplinari ad uno specifico or-gano, distinto dal Consiglio del-l’Ordine territoriale e presiedutoda un magistrato.La presidenza del magistrato èfermamente rifiutata dagli av-vocati.Nell’art. 25, si rinvia, per la disci-plina del procedimento discipli-nare, alla procedura civile. Si trat-ta di un rinvio normativo non cor-retto, perché le norme del proces-so civile non possono certo disci-plinare il procedimento discipli-nare; meglio sarebbe il rinvio al-le norme del processo penale edal giusto processo.È importante il riconoscimento afavore dei Consigli Nazionali delloro potere di giudicare sui ricorsiavverso i provvedimenti degli Or-dini territoriali, quali giudici spe-ciali (art. 11, comma 2).Altrettanto importante è che siano«fatte salve le disposizioni legi-slative vigenti che regolano i pro-cedimenti disciplinari delle pro-fessioni istituite prima dell’entra-

ta in vigore della Costituzione»(art. 25/7).Per l’Ordine forense, ciò significariconoscimento della naturagiurisdizionale delle sentenzedel CNF e della esclusività del-l’impugnazione contro di esse al-le Sezioni unite della Corte di cas-sazione.Nell’art. 25/c è altresì previstoche «al procedimento disciplinarenon si applica la legge 7 agosto1990, n. 245, e successive modifi-cazioni». Non viene perciò rico-nosciuto il diritto di accesso ai do-cumenti e si rende il procedimen-to disciplinare autonomo rispettoalle regole amministrative.

8. Esclusione della naturadi impresa commercialedell’attività professionalee prescrizioni sulle incompatibilità

Nell’art. 14, al comma 2, è pre-scritto che non si applicano agliOrdini professionali le norme re-lative alle imprese commerciali(sull’argomento v. Prev. For.2004, 4, pag. 326).Non si può, tuttavia, disconoscerela natura di impresa, sia pure dicarattere civile, dell’attività pro-fessionale, soprattutto se svoltacon organizzazione.Resta aperto il problema del coor-dinamento con le norme comuni-tarie e con i principi enunciati dal-la giurisprudenza comunitaria,sempre orientate alla equiparazio-ne dell’attività del libero profes-sionista alla impresa commerciale.Nell’art. 14, al comma 3, è pre-scritto che solo la legge può affer-mare la compatibilità dell’eserci-zio professionale con il lavoro su-bordinato.Ciò significa che questa incompa-tibilità è presunta, in assenza dilegge che stabilisca diversamente.

È stabilito altresì che sia la leggea prescrivere l’assenza di conflittod’interesse anche nel caso di part-time.Questa allusione al part-time ècertamente pericolosa per la pro-fessione di avvocato; ma il peri-colo è attenuato dalla esigenza diuna legge che lo consenta.

9. Tirocinio ed esamePer la durata del tirocinio, non èpiù previsto un anno, come nellaproposta precedente, perché ades-so ne sono previsti due “salvo ca-si speciali”.Rimane la prescrizione degli esa-mi di stato, che sono imposti dal-la Costituzione e da essi non sipuò prescindere per l’accesso aduna professione.Per la composizione delle com-missioni, è previsto che non oltrela metà dei commissari siano desi-gnati dall’Ordine tra gli iscritti al-lo stesso Ordine territorialmentecompetente per l’esame. Normanon chiara per gli avvocati, per iquali l’esame è disciplinato per di-stretti, comprendenti più ordini: lo“stesso Ordine” comprende tuttigli ordini del distretto? E i com-missari andrebbero scelti per metàtra gli iscritti in altri distretti?Al successivo comma 4, si ag-giunge che «in ogni caso almenola metà dei commissari sono desi-gnati con sorteggio tra i profes-sionisti iscritti all’albo da almenodieci anni».L’ipotesi del sorteggio, prescrittocome obbligatorio, non è certoaccettabile per gli avvocati, per-ché gli esaminatori devono avereuna sufficiente preparazione pro-fessionale, mentre, tra gli avvoca-ti, anche se iscritti da oltre diecianni, molti hanno scarsa prepara-zione e scarsissimo o addiritturanessun aggiornamento. Basta

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pensare al numero di avvocatiiscritti agli albi, ma non iscritti al-la Cassa, perché non esercitano laprofessione: anche costoro do-vrebbero essere sorteggiati percomporre le commissioni d’esa-me? Una assurdità!Nel comma 1 e) dell’art. 16, èprescritto che al praticante debbaessere corrisposto un equo com-penso. E ciò è giusto; non accet-tabile è, invece, l’indicazione chela retribuzione non possa comun-que «essere inferiore del 20% deltrattamento contrattuale più fa-vorevole previsto per gli appren-disti negli studi professionali».Prescrizioni rigide, come questa,sono assolutamente inaccettabiliper l’estrema varietà dei modicon cui il tirocinio può esserecompiuto. Inoltre, vi è il rischio, se il com-penso dovesse essere elevato, che,soprattutto nei centri minori e nel-le regioni con economia depressa,non vi siano professionisti dispo-sti ad assumere un onere troppogravoso.La misura del compenso va deter-minata dai singoli Ordini e va pre-scritto che sia tenuto conto del-l’apporto che il praticante può da-re alla produzione del reddito delprofessionista, ma, contempora-neamente, che si consideri l’oneredell’insegnamento da parte del-l’avvocato, che va prescritto conrigore.

10. Un caso di eccessivorigore nella responsa-bilità disciplinare

Nell’art. 23, comma 2, è prescrit-to che «il professionista che nonottempera ai doveri di aggiorna-mento professionale e che inter-rompe l’esercizio professionaleper un periodo prolungato, secon-do i criteri stabiliti dall’ordina-

mento di categoria, è radiato dal-l’albo».La radiazione è una sanzione dicarattere disciplinare; come tale,essa non può essere applicata achi non eserciti per qualche tem-po la professione, come se l’e-sercizio fosse un obbligo e nonuna facoltà; il mancato esercizioprofessionale può comportare(anzi deve comportare) la can-cellazione dall’albo, che però èatto amministrativo e non san-zionatorio.Inoltre, è eccessivo il rigore della“radiazione”, qualora non si ot-temperi ai doveri di aggiornamen-to professionale.La non ottemperanza a questi do-veri deve bensì comportare san-zioni, ma queste devono esseregraduate rispetto alla gravità del-l’inadempimento ed è assurdo chela sanzione debba essere predeter-minata in modo rigido e che sia lapiù grave tra le sanzioni discipli-nari.

11. Società ed associazioniNell’art. 32, comma quinto, è pre-visto che il Governo sia delegatoalla disciplina delle società traprofessionisti con decreto legisla-tivo da emanare, previo pareredelle competenti commissioniparlamentari (e non sentiti gli or-dini professionali?), entro sei me-si dall’approvazione della leggesulla disciplina delle professioni(v. Prev. For. 2004, 4, pag. 327).Per questa delega, sono dettate al-cune prescrizioni, che però sem-brano insufficienti per consentireuna disciplina completa, da ap-provare con decreto delegato.Nel comma 2 dell’art. 32, è stabi-lito che siano possibili tutti i tipidi società disciplinati nei titoli V eVI del libro V del codice civile.Tra queste, vi sono anche le so-

cietà di capitali e questo è asso-lutamente inaccettabile per gliavvocati. Sull’argomento, è pre-visto uno specifico articolo in unprossimo numero della rivista, perdimostrare l’assoluta impossibi-lità e pericolosità di una società dicapitali per gli avvocati.Va rilevato che, alla lettera m) delcomma 5, è previsto il riconosci-mento dei diversi modelli societa-ri già vigenti al momento dell’en-trata in vigore della legge, conparticolare riferimento all’inge-gneria e alla sanità.Bisogna però ricordare che, pergli avvocati, c’è già il D.lgs. 2febbraio 2001, n. 96, rispetto alquale un coordinamento appareindispensabile. In questo decretolegislativo, non è consentita la so-cietà di capitali.Per gli avvocati, nell’ultimo com-ma di questo articolo, è previstoche, a garanzia dell’indipendenzadell’autonomia professionale,quali prescritte dalle norme del-l’ordinamento comunitario, siaesclusa la presenza di un socioterzo di puro capitale.Il richiamo ai modelli societaridel codice civile, non si conciliachiaramente con la prescrizionedella lettera a) del comma 5, nelquale è previsto che le società traprofessionisti siano disciplinatecome «tipo autonomo e distintodalle società previste dal codicecivile».L’adozione del modello civilisticodi società ed il carattere di tipoautonomo delle società tra profes-sionisti sono indicazioni difficil-mente conciliabili, che mettereb-bero in seria difficoltà il legislato-re delegato.In verità, è senz’altro preferibileche, per tutte le professioni, siaprevisto un tipo di società a re-sponsabilità illimitata struttu-

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rato in modo autonomo rispettoalle società disciplinate dal codicecivile.Le società di capitali devono esse-re riservate a professioni tecniche,che abbiano bisogno di notevoliapporti di capitali e per i quali nonsi creino problemi di segreto pro-fessionale e di rischi di incompa-tibilità.È inadeguata la prescrizione, diprincipio, che possano parteciparealle società tra professionisti soloprofessionisti iscritti ad Ordini,potendo però essere compresi an-che «soggetti non professionistisoltanto per prestazioni tecnichee con una partecipazione minori-taria, fermo restando il divietoper tali soci di partecipare alleattività riservate ed agli organi diamministrazione della società».Per fortuna, questa prescrizionenon può riferirsi agli avvocati perquanto prescritto nel citato ultimocomma dell’art. 32.Per le società, manca una pur ne-cessaria disciplina delle regole fi-scali (v. Prev. For. 2004, 4, pag.327).Nell’art. 33, comma 4, è abrogatala legge 23 novembre 1939, n.1815, che disciplina le associazio-ni professionali.I primi tre commi di questo arti-colo contengono una disciplinasostitutiva di quanto è prescrittonell’abrogata legge 1815/39.

Trattasi però di una disciplina in-sufficiente, mentre è certo oppor-tuno che le associazioni tra pro-fessionisti siano previste e bendisciplinate, trattandosi di unaforma di collaborazione profes-sionale molto utilizzata e moltoutile (Prev. For. 2004, 4, pag.327).

12. Associazioni specialistiche

Nell’art. 34, è previsto che asso-ciazioni specialistiche di profes-sionisti iscritti agli albi possanoessere costituite rispettando certeprescrizioni.La norma è del tutto superflua, sel’attività di queste associazionideve limitarsi a favorire il miglio-ramento culturale degli iscritti,senza poter rilasciare alcun atte-stato di competenza. Altrimenti èequivoca: il fine di queste associa-zioni “di favorire l’identificazionedi specifici profili professionali”dovrebbe forse consentire che ilsolo fatto dell’iscrizione qualifi-chi il professionista come dotatodi capacità particolari?Era preferibile la prescrizionecontenuta nel disegno di leggepresentato in precedenza dal mi-nistro, che prevedeva la possibi-lità per queste associazioni di rila-sciare attestati, rispettando certecondizioni, tra cui il superamentodi un esame.

13. Agevolazioni ed incentivi per i giovani

Nell’art. 35 sono previsti provve-dimenti per agevolazioni ed incen-tivi diretti a favorire la formazionee l’aggiornamento professionale.A tal fine, devono essere privile-giate le società tra professionistied interprofessionali costituite dagiovani e quelle che costituisconosedi operative in Cina e nei prin-cipali mercati emergenti. Perchèproprio in Cina?

Conclusioni provvisorieLa proposta di legge è meritevoledi attenzione, ma, così come è oraformulata, non può soddisfare leesigenze di una corretta disciplinadegli ordini professionali (nonvengono in questo scritto prese inconsiderazione le associazioni). Laproposta dovrà superare un lungo ecomplesso dibattito parlamentareed è auspicabile che, nel corso diesso, il testo sia migliorato.La lettura della proposta di leggeaccresce la convinzione che, perl’ordinamento forense, sia ne-cessaria una legge autonoma,per la specificità della professionedi avvocato e per le esigenze del-la sua disciplina, che solo una leg-ge può regolare in modo corretto(vedi articolo sulla specificità del-l’avvocato in Prev. For. 2007, 2,pag. 109 e segg.).

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La Chiesa Cattolica, entità indi-pendente e sovrana, nel proprio“Ordine”, cioè nel proprio Ordi-namento, ha un potere di giurisdi-zione che le deriva dalla prima-rietà dell’Ordinamento stesso. Intale primarietà ed autonomia ri-siede la fonte materiale e formaledel potere giurisdizionale.Con i “Patti Lateranensi” del1929, Stato italiano e Chiesa Cat-tolica hanno statuito un accordointernazionale che ha regolato irapporti tra i due Stati, indipen-denti e sovrani: la Costituzionedel 1948 ha, successivamente, ri-conosciuto tale accordo e, quindi,la giurisdizione ecclesiastica, in-serendo nella Carta Costituziona-le i principi del suddetto accordocon la formulazione dell’art. 7.Sostanzialmente l’art. 7 della Co-stituzione italiana fa propri sia iPatti Lateranensi del 1929 sia ilc.d. “Concordato”, che di tali Pat-ti è parte integrante.La funzione giurisdizionale è pro-pria di uno Stato sovrano: l’aver re-cepito, da parte dello Stato italiano,i Patti Lateranensi ha restituito allaChiesa la sovranità di Stato e, con-seguentemente, ha riconosciuto al-la Chiesa Cattolica la sovranità delproprio Ordinamento, attribuendoalla Chiesa Cattolica stessa una“funzione giurisdizionale”.

In tale quadro storico-giuridicol’8.12.1938 Papa Pio XI, con ilmotu proprio “Qua Cura” ha isti-tuito i Tribunali Ecclesiastici Re-gionali Italiani.I Tribunali regionali godono diautonomia amministrativa e ge-stionale, sotto la direzione del ri-spettivo Vicario giudiziale (od an-che Presidente), il quale agiscecon il Moderatore, cioè il Vesco-vo, ed a Lui risponde. Presso ogniTribunale Regionale è istituito unelenco regionale degli Avvocati eProcuratori, la cui disciplina è sta-bilita da un Regolamento di cuiogni Tribunale è fornito.Per ottenere il titolo di Avvocatoecclesiastico non è necessaria lalaurea in giurisprudenza: come èbene ricordare la Santa Sede godedi giurisdizione propria e, comeogni Stato indipendente e sovra-no, gestisce, nel proprio territorio,Università, Centri di studio, Scuo-le di specializzazione ed altrestrutture accademiche assimilate.Per iscriversi, quindi, ad una delleUniversità Pontificie, ed intra-prendere un corso di studi in Di-ritto canonico, occorre il solo di-ploma di scuola media superiore(fino a qualche anno fa era richie-sto specificamente il diploma diliceo classico) e “presentazioni”del Parroco e del Vescovo che as-

sicurino che il soggetto che chie-de di iscriversi all’Università Pon-tificia scelta, possieda tutte lequalità che un “buon cattolico”deve avere: è evidente, quindi,che l’accesso a tale università ènegato a chi non è cattolico.È quindi evidente, altresì, che nonè necessaria la laurea in giurispru-denza per iniziare l’iter di studicon il quale, poi, potrà accedersialla giurisdizione ecclesiasticaanche se, come vedremo, moltisono gli avvocati canonisti chepossiedono anche la laurea civilepotendo, con ciò, esercitare l’av-vocatura in entrambe le giurisdi-zioni, sia civile sia ecclesiastica.Ma veniamo al corso di studi ne-cessario per poter esercitare l’av-vocatura nella giurisdizione ec-clesiastica: il primo passo è l’i-scrizione ad una Università Ponti-ficia – facoltà di diritto canonicoo in “utroque iure” – : ve ne sonodiverse quali, ad esempio, la Pon-tificia Università Lateranense, cheè, senza dubbio, la più frequenta-ta dai laici, l’Università Urbania-na, l’Università Angelicum o, in-fine, l’Università Gregoriana allaquale, tradizionalmente, accedo-no i sacerdoti.Presso le suddette università siconsegue la laurea (o dottorato) inDiritto Canonico: con tale titolo è

L’avvocato nella giurisdizione ecclesiasticaIl processo canonico è del tutto autonomo rispetto al processo civile e diversisono i requisiti dell’avvocato che può patrocinare davanti ai tribunali ecclesiastici e alla Rota. Un settore di lavoro poco conosciuto che si sta ampliando, ma che è riservato a professionisti che devono avere titoli diversi dall’avvocato della giurisdizione ordinaria.

di Giuseppe Orsini

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possibile iscriversi presso l’Albodegli Avvocati di uno o più Tribu-nali Ecclesiastici Regionali, an-che se le modalità di iscrizionevariano da tribunale a tribunaleavendo ognuno, come si è detto,un regolamento autonomo.È bene precisare, però, che con ilsolo dottorato in diritto canonico,e consequenziale iscrizione al-l’Albo di un Tribunale Ecclesia-stico Regionale, è possibile patro-cinare solo presso quel tribunale enon altri, a meno di particolari au-torizzazioni rilasciate nei vari ca-si specifici.Per poter accedere e patrocinarein tutti i Tribunali Ecclesiastici,sia in Italia sia nel mondo sia, an-cor più, presso il Tribunale dellaRota Romana (precedentementedenominata “Sacra Rota”) è ne-cessario, dopo la laurea in dirittocanonico, proseguire l’iter di stu-di mediante il conseguimento deltitolo di “Avvocato Rotale”.Presso il Tribunale Apostolicodella Rota Romana, tribunale diterza istanza con sede in Roma, èstata istituita una scuola di altaspecializzazione teorico-praticadenominata “Studio Rotale” dovevengono formati sia coloro chevogliono esercitare l’avvocaturasia coloro che, viceversa, voglio-no seguire la carriera di GiudiciEcclesiastici: non può non rilevar-si, a questo punto, una nota di in-dubbio interesse e cioè che, sia gliavvocati sia i magistrati, proietta-ti ad esercitare i loro rispettivi mi-nisteri nell’Ordinamento dellaChiesa, seguono il medesimo iterdi studi e di formazione.Lo “Studio Rotale” è, indubbia-mente, una scuola di specializza-zione severa nelle modalità laddo-ve gli insegnanti (prevalentemen-te Giudici Rotali) sono particolar-mente esigenti ed intransigenti:

l’iter di studi si articola in tre an-ni durante i quali si svolgono le-zioni, frequenti ed intense, eserci-tazioni (stesura di atti ed altro),esami annuali (non superando iquali non può accedersi all’annodi corso successivo) e si concludecon un esame per l’ottenimentodel titolo rotale per il quale ven-gono concesse 12 ore, senza inter-ruzioni, e che si concreta, solita-mente, nella stesura di una sen-tenza, articolata anche nella partein diritto, con richiami giurispru-denziali, sulla base di atti di causerealmente trattate presso la RotaRomana: nota interessante – e cheevidenzia il rigore dello “StudioRotale” – è che sia le lezioni sia leesercitazioni sia gli esami annualisia, infine, l’esame per il titolo ro-tale vengono svolti esclusivamen-te in lingua latina.

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Come ho innanzi rilevato, il Tri-bunale della Rota Romana è tribu-nale di terza istanza dove, preva-lentemente, vengono trattate lecause provenienti dai TribunaliEcclesiastici di tutto il mondo.Tale rito si fonda su un dato diparticolare interesse e che eviden-zia una significativa differenza,processuale e sostanziale, tra lagiurisdizione ecclesiastica e quel-la civile: il codice canonico preve-de, infatti, la c.d. “doppia confor-me”.In sostanza, qualora vi sia l’emis-sione di una sentenza “affermati-va” (di accoglimento della richie-sta della domanda), ossia per lanullità del matrimonio, emessadal Tribunale Regionale compe-tente di prima istanza, tale senten-za non sarà definitiva se non sot-toposta al vaglio e riesame delTribunale Regionale di appello:solo la conformità delle due sen-tenze, cioè quella di primo grado

e secondo grado, potrà produrre ladichiarazione effettiva della nul-lità del matrimonio in esame.Ed è per questo che, nel caso visia difformità tra le sentenze deidue Tribunali Regionali, si dovrànecessariamente ricorrere allaRota Romana, tribunale di terzaistanza, il quale potrà emanare laseconda sentenza affermativa ne-cessaria per la dichiarazione dinullità, ottenendosi, quindi, la“doppia conforme”: anche la Ro-ta Romana, quindi, in sostanza, èTribunale ordinario di appello purse la sua competenza va oltre lecause di nullità matrimoniali e siestende ai giudizi contenziosi inprima istanza in cui la parte sia unVescovo, od anche l’Abate prima-te ovvero l’Abate superiore di unaCongregazione monastica, il Su-periore Supremo degli istituti reli-giosi di diritto pontificio, le Dio-cesi o altre persone ecclesiastiche,sia fisiche sia giuridiche le qualinon abbiano un Superiore al disotto del Papa.Ugualmente la Rota Romana èTribunale di primo grado per lecause avocate dal Sommo Ponte-fice.

■ ■ ■

I Patti Lateranensi del 1929 han-no, quindi, rivitalizzato, per cosìdire, la Santa Sede, restituendolenon solo dignità di “Stato”, comesopra rilevato ma, ancor più, unastruttura interna giurisdizionalearticolata sul territorio in manieracapillare attraverso l’istituzionedei Tribunali Ecclesiastici Regio-nali (generalmente ogni regioneha il suo Tribunale EcclesiasticoRegionale).Ma v’è di più: con il “Concorda-to” tra Stato e Chiesa viene con-cessa alla Santa Sede l’esclusivitàrelativa alla trattazione di causematrimoniali sottraendo, di fatto,

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allo Stato italiano competenza inmateria: tale norma, all’epoca,non provocò alcuna opposizionenell’ambiente politico dell’epocaatteso che l’Ordinamento Italianonon prevedeva alcuna norma a ri-guardo.Fu la legge istitutiva del divorzio,nel 1970, a creare i primi imba-razzi, per così dire, tra i due di-stinti Ordinamenti: non era, in-fatti, plausibile che il principiodella “esclusività” in materia ma-trimoniale, statuito in un patto dinatura internazionale, potesse es-sere superato e scavalcato da unanorma ordinaria dello Stato ita-liano.Tutti noi ricordiamo i fermentidottrinari e legislativi dell’epoca,così come ricordiamo che la leggesuddetta del 1970 fu sottoposta alvaglio di un referendum popolare,nel 1974, e all’esame della CorteCostituzionale che, ponendo finealle discussioni sorte tra i più illu-stri costituzionalisti, stabilì che lanormativa sul divorzio, in alcunmodo, poteva ledere i principipattizi del 1929.Ed ecco, quindi, che la Chiesa,opportunamente adeguandosi aitempi, con la promulgazione delNuovo Codice di Diritto Canoni-co del 1983, conserva il principiodella esclusività riservandolo,però, ai soli battezzati, sposati se-condo l’Ordinamento canonico.

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È opportuno precisare, a questopunto, che i Tribunali ecclesiasti-ci non giudicano esclusivamentesulle cause matrimoniali ma an-che sulle c.d. “causae iurium”aventi per oggetto rapporti patri-moniali ed economici intercorren-ti tra vari soggetti, ad esempio traparrocchie, od anche su conflittidi competenza per la celebrazionedi un matrimonio e, comunque,

nelle cause in cui una delle parti èun Ente ecclesiastico.Il codice canonico del 1983 ha ri-conosciuto, però, allo Stato l’e-sclusività giurisdizionale in mate-ria di lavoro e previdenza.Invero la struttura del processocanonico è sostanzialmente iden-tica alla struttura dei processi ci-vili e penali, almeno per quantoriguarda le prove: mi riferisco al-le deposizioni delle parti e dei te-sti che vengono escussi in giudi-zio, alle prove documentali, alleprove peritali.Nota di indubbio interesse è, inol-tre, la formulazione del can. 1679,il quale fissa il principio secondocui la deposizione delle parti noncostituisce “prova piena”: taleconcetto è, in qualche modo, assi-milabile al c.d. “interrogatorioformale” dei nostri processi civili.Sostanziale differenza, però, cheintercorre tra i due Ordinamenti èla valutazione delle risultanzeistruttorie effettuata dal Giudice ilquale dovrà, certamente, raggiun-gere la verità sulla base delle pro-ve tecnicamente intese che l’i-struttoria ha fornito, ma baserà ilgiudizio complessivo anche, e so-prattutto, sulla c.d. “certezza mo-rale”, concetto assolutamente as-sente nel nostro Ordinamento ci-vile.

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Ma seppur con differenze sostan-ziali tra le due giurisdizioni, oltreche con differenze significativerelative alla materiale trattazionedelle cause civili e canoniche, iPatti Lateranensi hanno, per cosìdire, avvicinato due mondi crean-do meccanismi giuridici e proces-suali mediante i quali tali mondiinteragiscono e collaborano.Il Concordato del 1929, che deiPatti Lateranensi è parte integran-te, ha creato il presupposto affin-

ché una sentenza di nullità di ma-trimonio emanata da un TribunaleEcclesiastico possa essere resa ef-ficace anche nello Stato italiano:gli effetti della sentenza dichiara-tiva della nullità matrimoniale,quindi, resa efficace nello Stato,rendono nullo anche il matrimo-nio civile, “ex tunc”.Tale meccanismo, dapprima auto-matico, ha subito modifiche nel1984 in occasione degli “Accordidi Revisione” al Concordato (Betti-no Craxi, Primo Ministro, da unaparte, Cardinale Agostino Casaroli,Segretario di Stato Vaticano, dal-l’altra): mediante tale revisione loStato italiano ha, per così dire, riac-quistato una sorta di potere di con-trollo sulle procedure, dapprimaautomatiche, volte all’ottenimentodel suddetto riconoscimento, pro-cedure equiparabili a quelle per de-libazione di sentenze straniere.Gli accordi di revisione del 1984costituiscono il punto di arrivo diun processo, lento ma progressi-vo, di “secolarizzazione” del di-ritto ecclesiastico, processo sfo-ciato, appunto, nell’Accordo fraStato e Chiesa del 1984: l’elimi-nazione dell’automatismo concui, prima del 1984, le sentenze dinullità venivano riconosciute nul-le nella Repubblica Italiana, necostituisce l’esempio più pre-gnante.Ed infatti, oggi, le “sentenze ec-clesiastiche” non sono più recepi-te in modo automatico dalla Cor-te d’Appello ma necessitano di unprocedimento, ad istanza di parteche, come dianzi specificato, puòessere assimilato al procedimentodella delibazione: in verità la deli-bazione delle sentenze straniere(ad esempio delle sentenze fran-cesi, tedesche e così via) si fondasul principio internazionale dellac.d. “reciprocità”.

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Tale principio, paradossalmente,non regola i rapporti tra il nostroStato e la Chiesa Cattolica inquanto, ad esempio, se è vero, co-me è vero, che una sentenza ec-clesiastica in materia matrimonia-le può essere riconosciuta efficacenella Repubblica italiana, non èaltrettanto vero che una sentenzadi divorzio può essere recepitadall’Ordinamento della Chiesa.La reciprocità, quindi, non sussi-ste ed il termine “delibazione”,relativamente alle sentenze di nul-lità matrimoniale, in realtà apparetermine improprio: ed in effetti laprocedura per l’ottenimento delriconoscimento della sentenza ec-clesiastica nello Stato italianoviene intrapresa ai sensi dell’art. 8della L. n. 121/1985, legge ordi-naria che ha recepito i principi de-gli accordi di revisione del 1984,non già ai sensi della nuova nor-mativa italiana del 1995 che ha re-legato la delibazione delle senten-ze straniere a semplice proceduraamministrativa da svolgersi pres-so i Comuni competenti e non piùpresso le Corti di Appello.Così come, pur in presenza delConcordato (che ha statuito pre-valentemente in materia matrimo-niale) appare paradossale che laChiesa non riconosca validità almatrimonio civile (per la Chiesa, iconiugi che hanno contratto ma-trimonio solo civile sono definiti“concubini”) e, allo stesso tempo,lo Stato italiano non riconosca va-lidità al matrimonio solo canoni-co (per lo Stato italiano, il matri-monio solo canonico è “tamquamnon esset”).Altra cosa sono i provvedimentiemanati “super rato e non consu-mato”: tale argomento ha genera-to, frequentemente, equivoci inquanto se, da una parte, la senten-za di nullità viene emanata da un

Tribunale della Chiesa – e perquesto soggetta ad eventuale “de-libazione” –, dall’altra il provve-dimento “super rato e non consu-mato”, e cioè la Dispensa, è di na-tura squisitamente amministrativae viene emesso dalla Congrega-zione per i Sacramenti che è, ap-punto, organo amministrativo del-la Chiesa: la dispensa, quindi,provvedimento non giurisdiziona-le, non può essere delibata: la di-spensa, in verità, ha il solo scopodi consentire nuove nozze inChiesa, pur rimanendo sostanzial-mente valido il precedente matri-monio canonico.Anche per tale argomento è inte-ressante rilevare come il legislato-re italiano, con la riforma in mate-ria di divorzio del 1987, abbia, percosì dire, mutuato il principio del-la “inconsumazione” dall’Ordina-mento Canonico: l’art. 3, letteraf), della L. n. 898/1970, così comemodificata dalla L. n. 74/1987, in-fatti, consente di accedere al di-vorzio per “matrimonio rato enon consumato” statuendo, di fat-to, il solo caso in cui è possibileottenere il divorzio senza che sianecessaria la decorrenza dei treanni di separazione.

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La trattazione degli argomenti sinqui esaminati vuole sollecitareuna riflessione sulle discrepanzeche ancora esistono nei rapportitra la giurisdizione civile e quellaecclesiastica nonostante la signifi-cativa incidenza che il Concorda-to (e successiva revisione), haavuto: notevole, comunque, restail tentativo di amalgamare, in que-sta delicatissima materia, duerealtà profondamente diverse conspirito di reciproca accettazione ecollaborazione.A ben guardare molte sono le in-novazioni che lo Stato italiano ha

inserito nel proprio Ordinamentoispirandosi all’Ordinamento ca-nonico, con ciò sottolineando unaperfetta intesa e comunione di fi-nalità tra le due entità sovrane.Ci si augura che, anche riguardoalla durata delle cause, lo Statoitaliano prenda esempio dalla giu-risdizione della Chiesa: infatti unaprocedura di nullità, comprensivadi primo e secondo grado, duramediamente due/tre anni: tutti noiconosciamo i tempi della giustiziacivile!Il costo dei processi di nullità dimatrimonio, poi, innanzi la giuri-sdizione ecclesiastica, è anch’es-so argomento che ha suscitatocrescente interesse, e non pochepolemiche.Decorso un lungo periodo di con-fusione, e parziale anarchia, si ègiunti, finalmente, nel 2004, a sta-bilire i costi delle cause di nullitàsia quanto alle spese processuali(e cioè le somme destinate al tri-bunale adito) sia quanto agli ono-rari per gli avvocati che tali causepatrocinano.La Chiesa, in questo senso, hapromosso una politica, energicaed efficace, volta ad un sensibilecontenimento dei costi delle cau-se che, tradizionalmente, ma solonell’immaginario collettivo, rag-giungono cifre da capogiro.In realtà le spese processuali (unasorta di contributo unificato) am-montano ad euro 500,00, da depo-sitarsi contestualmente all’intro-duzione della causa.Quanto agli onorari per gli avvoca-ti la Conferenza Episcopale Italia-na ha stabilito un massimo di euro2.850,00: severi provvedimenti di-sciplinari sono comminati a quegliavvocati che non rispettano tali ta-riffe, contrariamente a quanto rife-rito, anche recentemente, da alcuniorgani di stampa nazionale.

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Non sembra, quindi, che i costidella Giustizia Ecclesiastica sianoesagerati, come da più parti sem-bra ventilarsi: al contrario, essisono costi accessibili a tutti anchenella considerazione che, da sem-pre, esiste nell’Ordinamento Ec-clesiastico l’istituto del gratuitopatrocinio, istituto che, tra l’altro,solo recentemente è stato regolatonell’Ordinamento civile.Ed è bene sottolineare, a questopunto, che anche quegli avvocaticanonisti, ma che, al tempo stessosono iscritti agli Albi civili, devonoattenersi alle tariffe istituite dallaC.E.I. nell’ambito della trattazionedi cause di nullità canoniche.Ci si può legittimamente chiede-re, a questo punto, se gli avvocatipatrocinatori in “utroque iure”possano avere, per così dire, fa-coltà di scelta e cioè se attenersialle tariffe C.E.I. o articolare leloro parcelle secondo i Tariffarinazionali forensi.Facoltà di scelta (sebbene con li-mitazioni e regole da seguire) checertamente hanno gli avvocati“double face” – come ironica-mente qualcuno li ha definiti (ecioè quegli avvocati che operanoin entrambe le giurisdizioni) – re-lativamente alla scelta dell’EntePrevidenziale presso il quale ver-

sare i contributi per la “costruzio-ne” della propria pensione.Ebbene, come sopra già eviden-ziato, molti sono gli avvocati solorotali – od anche patrocinanti neisoli Tribunali regionali – che nonsono iscritti agli Albi civili e cheoperano professionalmente nellasola giurisdizione ecclesiastica.A tutti questi professionisti, invirtù delle norme italiane, è pre-clusa l’iscrizione alla Cassa Na-zionale di Previdenza ed Assisten-za Forense, in quanto presuppostoessenziale per l’iscrizione ad essa,è l’iscrizione all’Albo degli avvo-cati civili: essi possono solo iscri-versi alla c.d. “gestione separata”presso l’INPS pagando contributisoggettivi ben più onerosi di quel-li che corrisponderebbero allaCassa Forense.Alla soluzione di tale problemanon può provvedere autonoma-mente il legislatore italiano, comeistintivamente si potrebbe pensa-re: non va dimenticato, infatti, chele norme che regolano i rapportitra Stato e Chiesa, e di coloro chein tali ambiti operano e lavorano,scaturiscono sempre da un accor-do di natura internazionale che èil Concordato.L’esame del problema è, quindi,ben più complesso ma non di dif-

ficile soluzione: sarebbe sufficien-te una parziale revisione degli ac-cordi pattizi, o formulare un c.d.“protocollo aggiuntivo” agli ac-cordi già esistenti, per emanare,pattiziamente, una normativa cheequipari, quanto alla scelta previ-denziale, gli avvocati civili agliavvocati solo ecclesiastici: di qui,poi, ben potrebbe il legislatore ita-liano, con una norma ordinaria diratifica, statuire la possibilità pergli avvocati rotali, qualora sianosolo rotali, o anche patrocinatoripresso Tribunali Regionali, di po-tersi iscrivere alla Cassa Forense.Il problema, pur se sconosciuto aipiù, è particolarmente avvertito daquei professionisti che vivono talisituazioni.È auspicabile che i due Ordina-menti, quello del nostro Stato equello della Chiesa, adeguata-mente sollecitati, prendano inconsiderazione tali problemi eche, nello spirito di collaborazio-ne normativa, che da sempremuove le loro scelte, pongano fi-ne a disagi ed incertezze per ilmiglioramento non solo dei rap-porti tra Stato e Chiesa ma ancheper il miglioramento delle condi-zioni di lavoro di coloro che, intali ambiti, prestano la loro operaprofessionale.

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I. IntroduzioneMi è stato affidato il solenne com-pito di aprire, con la mia relazioneintroduttiva, il dibattito sul temagenerale del congresso, il com-penso dell’avvocato basato sulsuccesso. Sono stato invitato adaccompagnarvi per un tour d’ho-rizon nel mondo dell’onorario fo-rense basato sul successo. Neiprossimi 30 minuti cercherò quin-di di tracciare alcune linee che il-lustrino l’evoluzione di questo in-teressante argomento, suddividen-dolo in quattro grandi blocchi. Ini-zierò con alcune osservazioni teo-riche sul compenso basato sul suc-cesso, chiarendo determinati con-cetti, per passare poi ad un’analisidelle esperienze giuridiche piùimportanti. Successivamente ap-profondirò alcuni aspetti interes-santi di vari ordinamenti giuridici,concentrandomi sui paesi che nonsaranno illustrati nel dettaglio daaltri relatori nel prosieguo dellagiornata. L’accento sarà quindiposto sugli ordinamenti giuridiciextracomunitari. Alla fine del miointervento volgerò lo sguardo agliUSA in quanto la “situazioneamericana” citata di frequente maspesso incompresa riduce le per-plessità e le riserve avverso glionorari basati sul successo ad una

formula che spesso ostacola il di-battito in merito.In via preliminare vorrei spiegareil perché mi è stato affidato questotema nella speranza che io possafornire un contributo illuminante:come risulta dal programma, sonomembro dell’ordine degli avvoca-ti di Colonia. Nel 1996 è stato fon-dato presso l’Università di Colo-nia un istituto di ricerca, il Doku-mentationszentrum für Europäi-sches Anwaltsrecht, con il qualecollaboro e che studia i codicideontologici dell’avvocatura a li-vello europeo. Questo istituto èsovvenzionato, tra l’altro, dall’or-dine degli avvocati di Colonia,dall’ordine federale degli avvocatie dall’associazione tedesca degliavvocati e riceve risorse materialidagli ordini e dalle associazionidegli avvocati di tutto il mondo.

II. Il compenso dell’avvocatobasato sul successo

1. Il successo come base per ilcompenso

Il contenuto, ipotizzabile a livelloteorico, degli accordi aventi adoggetto i servizi professionali del-l’avvocato si riduce sotto il profi-lo economico a due modelli base:o il compenso è commisurato al

valore che l’avvocato investe nelmandato nell’interesse del pro-prio mandante oppure si basa sul-la plusvalenza conseguita con lasua attività per il committente, ilcosiddetto “return”. Questi duemodelli base possono essere de-scritti utilmente con i concetti diun compenso basato sull’“input”e sull’“output”: il compenso basa-to sull’input si rispecchia nella ta-riffa oraria dell’avvocato nel sen-so che all’avvocato viene pagatoil tempo impiegato. Il compensobasato sull’output è commisuratoall’esito ottenuto dall’avvocato:se l’avvocato fa percepire al man-dante una plusvalenza economica,egli riceve una controprestazioneconsistente nel compenso. A que-ste due ipotesi si affiancano ulte-riori modelli: il compenso com-misurato al compito affidato ossiail compenso forfetario, il c.d. “ta-sk-based billing”, e – in alcuni or-dinamenti giuridici – il compensobasato sul tariffario che viene cal-colato secondo un tariffario stata-le che, tuttavia, ha spesso soltantovalidità sussidiaria. Tutti questimodelli sono combinabili fra lo-ro: ad esempio, l’avvocato potreb-be concordare un importo forfeta-rio più una tariffa oraria, chiedereuna somma forfetaria oltre il com-

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Il compenso dell’avvocato basatosul successoUn tour d’horizon a livello mondiale dall’onorario basato sul successo alla quota lite. La recente “legge Bersani” ha messo scompiglio sui compensidell’avvocato prescrivendo l’invalidità di regole tariffarie di antichissima tradizione. Di recente, in un convegno degli ordini forensi europei, è statotrattato l’argomento del compenso basato sul successo, ora per noi di grandeattualità. Pubblichiamo una relazione.

di Matthias Killian

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penso previsto dal tariffario o su-bordinare – in modo non impe-gnativo – una determinata quotadella sua tariffa oraria all’esitodella propria attività.Quindi, il compenso dell’avvoca-to basato sul successo non è nulladi inusuale, anzi è il risultato ine-vitabile della valutazione econo-mica di un servizio professionale.È molto diffuso che una quotanon irrilevante del compenso diun prestatore di servizio, ma an-che di un lavoratore dipendente,venga condizionata all’esito eco-nomico conseguito dallo stessoper l’altro contraente. Si pensi adesempio ai premi riconosciuti aiconsiglieri d’amministrazione diun’impresa, ma anche alle gratifi-cazioni concesse ai lavoratori di-pendenti che sono condizionati alraggiungimento di determinatifatturati, attività produttive o si-mili. Per i consulenti aziendali èpiù che naturale concordare ono-rari basati sul successo della loroattività come prestatori di servizidi transazione. Se il significatodel compenso dell’avvocato basa-to sul successo viene percepitosotto questo profilo, si rende evi-dente che non occorre tanto giu-stificare la sua ammissibilitàquanto indicare ragioni rilevantiper il fatto che, con un divietosancito dal legislatore o dagli or-dini degli avvocati, l’avvocatoviene privato in parte della sua li-bertà di raggiungere accordi sulproprio compenso. Nella maggiorparte degli ordinamenti giuridicila giustificazione va trovata a li-vello costituzionale, ma in ognicaso rispetto al diritto europeo inquanto si tratta di una limitazionedella libera circolazione dei servi-zi e di una previsione che forse sipone in contrasto con le norme intema di concorrenza. Nel corso

della giornata sentiremo dai di-versi paesi che il divieto del com-penso dell’avvocato basato sulsuccesso è o è stato oggetto di cri-tiche mosse dalle corti costituzio-nali o dalle autorità garanti dellaconcorrenza.

2. Tipi di compenso basato sulsuccesso

a) DefinizioneGentili Signore e Signori, è op-portuno definire anzitutto il con-cetto di “compenso dell’avvocatobasato sul successo”. Forse vi sie-te meravigliati che finora ho evi-tato di utilizzare il termine“Erfolgshonorar” (“onorario ba-sato sul successo”) e ho sempreparlato volutamente di “compen-so basato sul successo”. Perché?Uno dei problemi di fondo del di-battito sul nostro tema generale èquello che, per mancanza di pre-cisione concettuale e benché siastata individuata una terminologiaapparentemente unificata, si parlacomunque di modelli di compen-so completamente diversi rag-gruppandoli sotto la denomina-zione “onorario basato sul succes-so”. Alcuni anni fa due autori in-glesi hanno parlato giustamentedi “shavian misunderstandings” eun autore tedesco di una “confu-sione linguistica babilonica”. Pro-pongo pertanto un nuovo inizio alivello linguistico per lasciarci ilcaos terminologico alle spalle edutilizzo il termine di “compensobasato sul successo”.

b) Onorari basati sul successoIl termine “onorario basato sul suc-cesso” è molto impreciso in quantoesprime soltanto che il compensodell’avvocato dipende in un certomodo dal successo dell’attività fo-rense. Tuttavia, negli USA l’onora-rio basato sul successo ha un con-tenuto completamente diverso ri-

spetto a quello francese o quello in-glese – quindi, bisogna stare moltoattenti a cosa si nasconde nella con-fezione con l’etichetta “onorariobasato sul successo”.– Anzitutto occorre distinguere

l’ipotesi in cui l’avvocato nonriceverà alcun compenso nel ca-so di insuccesso da quella in cuiegli percepirà in ogni caso uncompenso che è però differen-ziato a seconda del successodella sua attività. In quest’ulti-ma ipotesi, che in alcuni paesiviene identificata con il termine“palmarium” risalente al dirittoromano, l’avvocato riceve sol-tanto un premio per il successo,mentre il primo modello rappre-senta un vero e proprio onorariobasato sul successo, ossia uncompenso del tutto speculativo,una c.d. “speculative fee”. A li-vello linguistico, questa distin-zione può essere espressa con iconcetti inglesi di “no win, nofee” e “no win, less fee”.

– Per entrambi i modelli, “no win,no fee” e “no win, less fee”, sidistingue inoltre a seconda del-la base utilizzata per il calcolodell’onorario basato sul succes-so. I soggetti interessati sono li-beri di scegliere un onorarioforfetario, a tariffa oraria o se-condo il tariffario, differenzian-dolo in base al successo o su-bordinandolo al medesimo.Questa scelta dipenderà anzitut-to dal metodo utilizzato usual-mente nell’ordinamento giuridi-co in questione per determinareil compenso.

– Infine, l’avvocato può deciderese, in considerazione del rischiodi non percepire alcun compen-so, intende aumentare o menol’onorario applicato abitual-mente per un mandato parago-nabile: ad esempio, se in caso di

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sfera del mandante. A causa diquesta particolarità, la quota litissi avvicina molto a quello che avolte si definisce come l’acquisi-zione dell’oggetto della lite daparte dell’avvocato, ossia re-demptio lite. Secondo me la diffe-renza può essere illustrata nel mo-do seguente: nel normale onorariobasato sul successo il compenso èl’espressione del successo profes-sionale dell’avvocato – ad es. unatariffa oraria raddoppiata –, men-tre nella quota lite il compenso ri-sulta dal successo economico delmandante. Credo che questo ra-gionamento renda evidente la ra-gione per cui, rispetto al normaleonorario basato sul successo, laquota lite espone l’indipendenzadell’avvocato ad un rischio di in-tensità diversa.

III. Tendenze evolutive

1. IntroduzioneDopo aver chiarito questi aspettibase desidero analizzare diversiambiti giuridici e il loro approccioal compenso dell’avvocato basatosul successo. Forse conoscete ladottrina degli ambiti giuridiciquale impostazione analitica deldiritto comparato che non appli-cherò in modo puristico ma sol-tanto per una differenziazione ap-prossimativa, in fondo geografica.Spesso le norme deontologichesono prive di tradizioni marcate e,nella maggior parte dei casi, l’e-same secondo ambiti giuridicipuò rappresentare quindi soltantoun aiuto strutturale.In via preliminare, tre osservazio-ni importanti:– Mi limiterò all’illustrazione

della situazione giuridica. Co-me è noto, il fatto che un deter-minato modello di compensosia ammissibile secondo le nor-me civilistiche o secondo il co-

dice deontologico di un ordina-mento giuridico non rivela nullasulla frequenza con la quale vie-ne utilizzato effettivamente nelmercato dei servizi legali. L’o-norario basato sul successo po-trebbe rivestire un ruolo impor-tante in un paese mentre in unaltro, malgrado la sua ammissi-bilità, il suo utilizzo a livellopratico potrebbe essere presso-ché inesistente. Nel prosieguodel dibattito dobbiamo tenerpresente che il mancato divietodell’onorario basato sul succes-so rappresenta solamente unaproposta per il mercato e non unobbligo di utilizzare esclusiva-mente questo modello.

– Inoltre, chi svolge seriamentedelle ricerche comparatistichedistingue, come l’economista,fra il livello micro e macro.Quando più avanti presenteròsingoli modelli di compensi ba-sati sul successo, muovendomiquindi a livello micro, dovremotenere conto del fatto che qual-siasi onorario basato sul succes-so deve essere sempre giudicatoall’interno del suo contesto:quali altri mezzi di finanzia-mento sono a disposizione delmercato – quanto sono diffusele assicurazioni di tutela giudi-ziaria (Rechtsschutzversiche-rungen), in quale misura è con-cesso un legal aid? L’ordina-mento in questione prevede unrimborso delle spese processua-li e quali sono le procedure pre-viste per controllare l’ammon-tare del compenso dell’avvoca-to? Quando parliamo di quotalitis – cosa prevede il diritto ma-teriale in questione, legato in-scindibilmente con la quota li-tis, per il risarcimento dei dannimateriali e immateriali? Unica-mente una siffatta valutazione

successo egli pretende soltantola tariffa oraria usualmente ap-plicata o se chiede al mandante,in considerazione del rischio as-sunto, di aggiungere al compen-so “usuale” un premio forfetarioper l’eventuale successo o dipagare una tariffa oraria più ele-vata. In questo contesto, possia-mo parlare quindi di una “spe-culative standard fee” e di una“speculative uplift fee”.

c) Quota lite (“quota litis”)Una forma particolare del com-penso basato sul successo è infinela quota lite, denominata “pactumde quota litis” secondo cui l’av-vocato percepisce una determina-ta quota percentuale dell’importoricavato dalla controversia. Que-sto modello, molto diffuso negliUSA dove viene chiamato “con-tingency fee”, si distingue daglialtri modelli in quanto il successodell’attività forense non è deter-minante soltanto per il fatto chel’avvocato riceva o meno un com-penso ma anche per l’ammontaredel compenso stesso (“maggioresuccesso, maggiore compenso”).Quindi, la “quota litis” rappresen-ta anche una forma specifica delcompenso basato sul successo.Essendovi un doppio vincolo conil successo, la quota litis vienespesso criticata ed è vietata in tan-ti ordinamenti giuridici mentre i“semplici” onorari basati sul suc-cesso sono ammessi quasi ovun-que. Oltre a questo doppio vinco-lo, emerge un’altra differenza: perquanto riguarda il normale onora-rio basato sul successo, il com-penso è individuato secondo fat-tori determinati nella sfera del-l’avvocato – il compenso maggio-rato o il compenso usuale ridotto– mentre nell’accordo di quota li-te il valore di riferimento, ossia ilricavo ottenuto, proviene dalla

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“macro” consente di discuterein modo appropriato dell’onora-rio basato sul successo. Nel-l’ambito della mia relazionenon ho tempo per analisi cosìvaste ma non dovremmo per-derle di vista nel prosieguo del-la conferenza.

– Non sono in grado di procedere,per singoli paesi, ad ulterioridifferenziazioni a seconda dellematerie giuridiche. In linea diprincipio, possiamo constatareche molti ordinamenti, che han-no un approccio positivo verso icompensi basati sul successo,dimostrano una certa riluttanzanelle materie del diritto penale edel diritto di famiglia.

Passiamo ora agli ambienti giuri-dici.

2. L’ambiente giuridico anglo-sassone

Nell’ambiente giuridico anglosas-sone il compenso basato sul suc-cesso risultava inammissibile dasecoli già a livello del commonlaw e quindi secondo il diritto ci-vile. La c.d. dottrina del “Mainte-nance” vietava a chiunque di sup-portare i processi altrui e vi rien-trava anche la possibilità dell’av-vocato di condurre un processoprivo di rischi con il ricorso all’o-norario basato sul successo. Ladottrina della “Champerty”,estendibile anche al compensobasato sul successo, vietava dipartecipare, a titolo compensati-vo, al ricavo processuale altrui.Soltanto negli Stati Uniti questedottrine del common law non ve-nivano più applicate a partire dal1824 in un crescente numero diStati federali nei quali si sono af-fermati rapidamente gli accordi diquota litis, le c.d. “contingencyfees”. Esse sono ormai divenuteoggetto di numerose discipline di

legge che mirano a limitare, ri-guardo ai compensi, gli eccessidel “free market approach” tenutoin alta considerazione negli USA.Negli altri Stati del common lawquesti divieti sono rimasti in vigo-re fino a tempi recenti. L’impulsoper un approccio più liberale èpartito da una riforma iniziata inInghilterra e Galles negli anni 80con la quale gli onorari basati sulsuccesso sono stati legalizzati, do-po lunghe consultazioni, verso lafine degli anni 90 nella forma del-le c.d. “conditional fees”. Questeultime sono onorari basati sul suc-cesso consistenti in una “specula-tive uplift fee”: nel caso di insuc-cesso, l’avvocato non riceve alcuncompenso (elemento “speculati-ve”), mentre nel caso di successopercepisce un compenso maggiorerispetto al suo compenso usuale(elemento “uplift”). La ragioneprimaria per la loro introduzione èstata quella di diminuire il budgetstatale per il legal aid: nelle ipote-si in cui l’ordinamento inglese egallese consentono la pattuizionedi conditional fees, il cittadinonon ha più diritto a ricevere unsussidio statale per le spese pro-cessuali attraverso il legal aid.Anche negli ordinamenti giuridicimolto affini, come quello del Su-dafrica, dell’Australia, della Nuo-va Zelanda, del Canada, della Ni-geria e della Tanzania si è avviatoun processo di riforma negli ulti-mi 15 anni: nel Sudafrica il com-penso basato sul successo è statolegalizzato attraverso il Contin-gency Fees Act del 13 novembre1997. Nel caso di insuccesso,l’avvocato sudafricano può rinun-ciare al suo compenso e pretende-re nel caso di successo il suocompenso abituale, e, in alternati-va, il compenso abituale può esse-re maggiorato, sempre nel caso di

successo, di un supplemento con-cordato che può arrivare fino al100%. In quest’ultimo caso ilcompenso complessivo non devesuperare, nelle controversie di di-ritto patrimoniale, il 25% dellasomma riconosciuta o dell’impor-to percepito. Il codice deontologi-co del Canada ammette una “con-tingency fee” nella misura in cuinon sia vietata dalle norme delloStato in questione e a patto che ilcompenso stabilito nell’accordosia “fair and reasonable”. L’ulti-mo Stato importante del Canadache, dopo una lunga discussione,ha abbandonato nel 1992 il divie-to (di legge) della “contingentfee”, almeno per le class actions,è lo Stato dell’Ontario.Anche in Australia l’ammissibi-lità della pattuizione di un com-penso basato sul successo seguivatradizionalmente i principi ingle-si e, quindi, le riforme avviate inInghilterra non sono rimaste pri-ve di risonanza in Australia.Mentre sembra che tutti gli Statiaustraliani abbiano mantenuto ildivieto degli accordi di quota li-tis, negli anni 90 gli onorari basa-ti sul successo sono stati legaliz-zati in alcune giurisdizioni au-straliane. L’onorario basato sulsuccesso nella forma di una con-ditional fee (compenso usuale ba-sato sul successo) è ormai con-sentito in tutte le giurisdizionimentre rimangono in parte inam-missibili le c.d. “uplift fees”(compenso usuale basato sul suc-cesso + supplemento). Lo Statodel Victoria, ad esempio, ha lega-lizzato gli onorari basati sul suc-cesso nel 1996. Questi “conditio-nal costs agreements” possonoessere conclusi per qualsiasi atti-vità forense, ad esclusione di pro-cedimenti di diritto penale o didiritto di famiglia. È inoltre am-

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a) Gli ordinamenti romanisticiAnche se è considerato piuttostoconservativo sotto il profilo deon-tologico, l’ambiente giuridico ro-manistico – i cui rappresentantipiù noti sono ad es. Francia, Italia,Spagna, Portogallo, Belgio – nonè rimasto insensibile alla tendenzamondiale verso il compenso basa-to sul successo: in Francia, adesempio, secondo una legge risa-lente all’anno 1971, le pattuizionidi quote liti o onorari commisura-ti al successo erano espressamentevietate. Nel 1991 questa situazio-ne tradizionale ha subito un radi-cale cambiamento. Anche se lalegge stabilisce tuttora la nullità diun accordo secondo cui il com-penso dell’avvocato dipendeesclusivamente dall’esito dell’atti-vità forense, l’avvocato e il man-dante possono prevedere che, incaso di successo, l’avvocato rice-verà un supplemento in aggiuntaall’onorario base che dovrà esserepagato in ogni caso (c.d. “pacte desuccès”). Si tratta di un “honorai-re complémentaire” che si distin-gue dai concetti diffusi negli StatiUniti, in Inghilterra e nel Galles edè stato descritto come un compen-so ibrido che ricompensa in partel’impegno e in parte il successodell’attività forense.La situazione giuridica in Franciacorrisponde ora a quella che vigevagià in Spagna, Portogallo, Italia eLussemburgo. Non vorrei parlaredi questi paesi in quanto sarannotrattati da altre relazioni ma deside-ro far notare che anche negli ordi-namenti giuridici dell’ambiente ro-manistico, che tradizionalmenteerano restii nei confronti dell’ono-rario basato sul successo, è iniziatauna tendenza verso la liberalizza-zione. A quanto mi risulta, l’unicopaese in cui vige tuttora un divietocategorico di qualunque forma di

compenso commisurato al succes-so è il Belgio. È comunque tipicoper l’ambiente romanistico ammet-tere soltanto la forma “più debole”del compenso basato sul successo,ossia il supplemento basato sulsuccesso che si aggiunge ad uncompenso base. L’esperienza fran-cese o spagnola dimostra che l’in-sistere sul compenso minimo dapagarsi in ogni caso comporta deiproblemi pratici in quanto un siffat-to compenso molto basso può tra-sformarsi di fatto in una rinunciavera e propria: il confine fra uncompenso base equo e una rinunciainammissibile è fluttuante. Questimodelli creano all’avvocato co-munque determinati problemi digiustificazione: quanto più alto è ilcompenso base da pagarsi in ognicaso tanto più restio sarà il man-dante ad accettare un premio eleva-to per il successo. In cambio dellasua concessione – il pagamento diun premio per il successo – il man-dante pretenderà dall’avvocato giu-stamente una concessione equiva-lente nel caso di insuccesso. È qua-si impossibile spiegare ad un man-dante, che ragiona in termini eco-nomici, che nel caso di insuccessoegli dovrà pagare il compensousuale al quale sarà aggiunto unpremio nel caso di successo.A questo punto vorrei dedicare al-cune parole ai Paesi Bassi che tra-dizionalmente vengono attribuitiall’ambiente romanistico. I compa-ratisti fanno spesso notare che que-sta attribuzione è ormai superata inquanto il diritto olandese è statosoggetto ad un’evoluzione in granparte autonoma. Il percorso parti-colare dei Paesi Bassi emerge an-che sotto il profilo del compensobasato sul successo: quando nel2002 l’antitrust olandese ha dichia-rato che il divieto deontologico deicompensi basati sul successo si po-

missibile la pattuizione di un sup-plemento che si aggiunge al com-penso base da pagare in ogni ca-so (c.d. “uplifted fees”, s. 98 Le-gal Practice Act 1996) mentre èespressamente vietato concordareuna quota lite (“contingent fee”,s. 99 Legal Practice Act 1996).Nello Stato del New South Walesgli onorari basati sul successo so-no stati legalizzati il 1° luglio1994 e sono ammissibili in tutti iprocedimenti forensi, ad eccezio-ne delle attività prestate in proce-dimenti penali.Anche nella vicina Nuova Zelan-da si svolge attualmente un vivacedibattito sulla legalizzazione deglionorari basati sul successo e lostesso accade nell’ex colonia bri-tannica della Tanzania. La Nigeriaha vissuto negli anni 90 l’inver-sione di tendenza più radicale ditutti gli ordinamenti giuridici delcommon law, ammettendo nonsoltanto i semplici onorari basatisul successo ma anche gli accordidi quota lite.Per quanto riguarda gli ordina-menti giuridici anglosassoni oc-corre quindi tener presente che ledottrine secolari della maintenan-ce e della champerty, che ostava-no all’onorario basato sul succes-so in campo forense, sono statesuperate in molti Stati con inter-venti legislativi recenti e gli ono-rari basati sul successo sono oraammessi in Inghilterra e Galles,Australia, Sudafrica, Canada eNigeria.

3. L’ambiente giuridico dell’Eu-ropa continentale

Passo ora all’ambiente giuridicodell’Europa continentale riguardoal quale si distingue usualmentefra ambiente romanistico, nordicoe germanico e anch’io seguiròquesta differenziazione.

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ne in contrasto con le norme in ma-teria di concorrenza, è nato un vi-vace dibattito fra i rappresentantigovernativi degli avvocati, il mini-stero di grazia e giustizia, l’antitru-st e la commissione di riforma.Stando alle ultime informazioni,nell’aprile 2006 la Commissie Ad-vocatuur, incaricata di elaborareuna riforma per la disciplina dellaprofessione forense, si è espressa afavore dell’introduzione di un ono-rario basato sul successo secondo ilconcetto “no cure, no pay”. Questoatteggiamento è stato accolto posi-tivamente dall’associazione degliavvocati con una presa di posizionedel 24 aprile 2006.

b) Gli ordinamenti giuridici nor-diciGli ordinamenti nordici assumonoun ruolo particolare. La Finlandia,la Svezia, la Norvegia, l’Islanda e– con alcune limitazioni – anche laDanimarca si contraddistinguonoper il fatto che il mercato dei servi-zi legali è in gran parte deregola-rizzato e che gli avvocati entranoin concorrenza con i fornitori di al-tri servizi legali. Soltanto nell’am-bito della rappresentanza in giudi-zio sussistono alcuni diritti di mo-nopolio peraltro limitati. In un sif-fatto sistema è particolarmente dif-ficile vietare agli avvocati, a livel-lo deontologico, comportamenticonsentiti ai loro diretti concorren-ti – un problema che emergerà an-che in altri ambienti giuridici se laderegulation dei mercati dei servi-zi legali dovesse avanzare ulterior-mente, come auspicato dalla Com-missione europea. Ove non sussi-stano motivi importanti di interes-se generale per vietare l’applica-zione di compensi basati sul suc-cesso a tutti gli offerenti di servizilegali, sarà problematico trovare,in base al diritto costituzionale, eu-ropeo e della concorrenza, motivi

per privarne uno di questi prestato-ri di servizi ossia l’avvocato.I mercati di servizi legali soggettiad una vasta deregulation sono ca-ratterizzati dal fatto che agli avvo-cati vengono resi accessibili mo-delli di compenso basato sul suc-cesso. Lo stesso non può dirsi ri-guardo agli accordi di quota lite. Isemplici onorari basati sul succes-so sono ammissibili in Finlandia,Danimarca, Svezia e Norvegiamentre gli accordi di quota lite so-no consentiti soltanto in Islanda.Questa conclusione, che era trape-lata già dall’esame dell’ambientegiuridico anglosassone e di quelloromanistico, rende evidente che ildivieto degli onorari basati sulsuccesso e quello dell’accordo diquota lite hanno radici diverse.Una breve osservazione a margi-ne: a quanto mi risulta, nonostantequesta liberalità, gli onorari basatisul successo non sono particolar-mente diffusi né in Finlandia né inSvezia e Norvegia.

c) Gli ordinamenti giuridici ger-maniciVolgendo lo sguardo verso gli or-dinamenti giuridici germanici eandando oltre il diritto tedesco cheè restio a qualunque forma dicompenso basato sul successo,emerge un quadro senz’altro ete-rogeneo: in Svizzera, la legge fe-derale sulla libera circolazione de-gli avvocati (LLCA) vieta, all’art.12 lit. e, all’avvocato sia di con-cordare una quota lite (pactum dequota litis) sia di stabilire un com-penso basato sul successo. Neimotivi alla LLCA si legge chel’art. 12 lit. e LLCA sarebbe di ca-rattere prevalentemente tecnico inquanto la norma entrata in vigoresi porrebbe in linea con la maggiorparte delle discipline cantonali giàesistenti. La portata dell’art. 12LLCA ha suscitato un vivace di-

battito e penso che ne sentiremoparlare altri relatori. Ad esempio,ci si può chiedere se il divieto siestende anche alle attività che van-no oltre i compiti riservati all’av-vocato o a ricavi non conseguiticon procedimenti giudiziari. An-che in Austria la situazione giuri-dica è meno rigida rispetto a quel-la tedesca: benché il § 879 ABGB(codice civile austriaco) non con-senta il raggiungimento di un pac-tum de quota litis non vige alcundivieto civilistico di concordarealtri compensi basati sul successoo commisurati al risultato anche sea livello deontologico la situazio-ne sia alquanto dubbia.Per motivi storici, il diritto tede-sco presenta una particolare vici-nanza non soltanto con le codifi-cazioni di Stati adiacenti di linguatedesca come la Svizzera e l’Au-stria, ma anche con ordinamentigiuridici come il Giappone e laGrecia che hanno recepito vasteparti del diritto civile e processua-le civile tedesco. Ciò consideran-do, è significativo che sia la Gre-cia sia il Giappone (di cui parleròfra breve) non conoscono alcundivieto dell’onorario basato sulsuccesso e della quota litis: inGrecia, ad esempio, i compensiforensi basati sul successo hannouna lunga tradizione; in effetti,l’avvocato greco può concordareuna quota lite che però non devesuperare il 20% del ricavo conse-guito con la controversia.

4. L’ambiente giuridico asiatico

L’accenno appena fatto al Giappo-ne ci porta all’ambiente giuridicoasiatico – ammesso che vogliamoattribuirgli questo nome. Anche inquesto ambiente giuridico è piùfrequente l’ammissibilità dell’o-norario basato sul successo rispet-to al suo divieto. Con Giappone e

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pubblica Dominicana ammettononon soltanto i semplici onorari ba-sati sul successo ma anche accor-di di quota lite e il codice deonto-logico cileno consente espressa-mente la pattuizione di quote liti apatto che il mandato venga confe-rito per iscritto. Nel Brasile gli ac-cordi di quota lite sono ammessiin controversie aventi ad oggettoil pagamento di una somma di de-naro. È tipico per gli ordinamentigiuridici generosi nell’ammetteremodelli di compenso basato sulsuccesso, che la forma, il conte-nuto e la procedura per la pattui-zione di siffatti accordi siano sog-getti ad una disciplina piuttostodettagliata – di questo aspetto par-leremo comunque più avanti.

6. Gli Stati riformisti dell’Euro-pa orientale

Nell’ambito di un’indagine com-paratistica è interessante analizza-re l’evoluzione degli Stati rifor-misti dell’Europa orientale che,dopo essersi lasciati alle spalle ilsistema giuridico socialista a par-tire dal 1990, erano chiamati adelaborare delle normative in lineacon i parametri di uno Stato di di-ritto moderno. Nel corso di questoprocesso tutti gli Stati del vecchio“Ostblock” (blocco orientale)hanno emanato nuove norme di-sciplinanti la professione forenseo perlomeno hanno sottopostoquelle già esistenti ad una riformaradicale. Le normative moderneconsentono espressamente la pat-tuizione di compensi basati sulsuccesso in Ungheria, nella Re-pubblica Ceca, in Slovenia, Slo-vacchia, Estonia e Croazia. Siffat-ti accordi non sono vietati dallalegge o dal codice deontologico inPolonia e Bulgaria e nell’Ucrainaè ammessa la pattuizione di premiin caso di successo.

Negli Stati riformisti dell’Europaorientale emerge un quadro omo-geneo molto simile per quanto ri-guardo l’ammissibilità di accordidi quota lite: benché vietati inBulgaria, la loro pattuizione èconsentita espressamente dal di-ritto ungherese, estoniano, slovac-co, sloveno e – grazie ad un’inno-vazione recente – dal diritto ceco.Al riguardo, sono particolarmentesignificative la norma lituana equella russa: mentre in Lituaniagli onorari basati sul successo so-no vietati è comunque ammissibi-le la pattuizione di quote liti nel-l’ambito di azioni risarcitorie perdanni alla salute o lesioni fisichesubiti da persone fisiche. Anche ildiritto russo statuisce in linea diprincipio il divieto di modelli dicompensi basati sul successo manelle controversie patrimoniali ilcompenso “può essere commisu-rato al valore dell’azione portata atermine con successo”.Negli Stati riformisti dell’Europaorientale, che avevano la possibi-lità di elaborare per la professioneforense codici deontologici senzadover tener conto di inutili grava-mi storici, si osserva quindi unanetta tendenza verso modelli dicompensi basati sul successo –anche se l’opzione in favore dimodelli di compensi basati sul-l’output era dettata certamenteanche da ragioni fiscali e serviva aliberare il budget statale dai sussi-di per le spese giudiziali.

IV. Regolamentazioni specifiche del modello di compenso

1. Quesito

Chi studia gli aspetti dei diversimodelli del compenso forense siaccorgerà presto che il vero pro-blema di un determinato modello

Taiwan desidero indicare soltantodue esempi che sono rilevanti inquanto, riguardo al diritto proces-suale e deontologico, entrambi gliordinamenti giuridici sono ispiratifortemente al diritto tedesco –molto conservativo sotto l’aspettoche ci interessa –: è vero che all’i-nizio della propria attività l’avvo-cato giapponese liquida un com-penso base forfetario che deve es-sere pagato a prescindere dal risul-tato dell’attività stessa (“chakû-shû-kin”), ma a questo compensobase si aggiunge, a conclusionedel mandato, un eventuale onora-rio supplementare consistente inun importo percentuale del suc-cesso ottenuto (“hôushû-kin”). InTaiwan, ad esempio, la pattuizionedi compensi basati sul successo èammessa, benché non molto diffu-sa, nelle cause civili e gode di unacerta preferenza soprattutto nellecontroversie aventi ad oggetto im-mobili con una durata spesso plu-riennale. Per questi procedimentisi concorda non di rado una quotalite che, secondo l’art. 35, comma2, del codice deontologico è vieta-ta soltanto nelle questioni di dirit-to di famiglia e di diritto penale.

5. L’ambiente giuridico latinoa-mericano/sudamericano

L’ambiente giuridico sudamerica-no è di particolare interesse peruna valutazione comparatistica.In considerazione della storia co-loniale del continente, i suoi ordi-namenti giuridici sono fortementeinfluenzati dall’ambiente romani-stico la cui riluttanza avverso icompensi basati sul successo nonè però riuscita a sopravvivere ne-gli ordinamenti sudamericani elatinoamericani. Anzi, molti paesisudamericani hanno un atteggia-mento particolarmente aperto: Ar-gentina, Cile, Costa Rica e Re-

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non è il suo “se” ma il suo “co-me”. In effetti, i problemi della ta-riffa oraria applicata dall’avvoca-to, che danno luogo a controversiecon i mandanti e quindi alla in-soddisfazione di questi ultimi,non sorgono tanto dalla definizio-ne di una tariffa che sia trasparen-te anche per persone non espertequanto, ad esempio, quando l’av-vocato deve investire un certo ar-co di tempo, quando vi sono di-saccordi sugli intervalli di tempoper la fatturazione o sulla dimo-strazione dettagliata delle ore dilavoro impiegate. Per quanto con-cerne l’onorario basato sul suc-cesso, la situazione non cambiamolto. Anche sotto questo profilo,i problemi riguardano spesso idettagli e non tanto l’ammissibi-lità generale del modello. Dopoaver osservato quali ordinamentigiuridici ammettono i compensibasati sul successo, è quindi inte-ressante analizzare come vengonogestiti i suoi problemi specifici.

2. Asimmetrie informative

Uno dei problemi legati ai com-pensi basati sul successo è quelloche il compenso dell’avvocato di-pende, in tutto o in parte, dal veri-ficarsi di una condizione di diffi-cile tangibilità per il mandante os-sia dal conseguimento di un suc-cesso da parte dell’avvocato. Nes-suno può prevedere con certezzala probabilità di questo successo.In confronto al mandante inesper-to sarà comunque più agevole perl’avvocato valutare adeguatamen-te le possibilità di successo.Quanto più improbabile appare ilsuccesso tanto più facile è spessoconvincere il mandante del fattoche un elevato compenso basatosul successo rappresenta per l’av-vocato un congruo corrispettivoper il rischio assunto. Quindi,

l’avvocato potrebbe essere indot-to a calcolare un rischio più eleva-to rispetto a quello effettivo pergiustificare la pattuizione delcompenso basato sul successo os-sia il suo ammontare.Nel disciplinare le varie forme dicompensi basati sul successoquesto problema è stato risolto alivello mondiale in modo diffe-rente: un approccio abbastanzasemplice si rinviene ad es. inIslanda dove questi onorari pos-sono essere pattuiti soltanto all’i-nizio del mandato. Ciò riduce,perlomeno in parte, il vantaggiodelle maggiori conoscenze speci-fiche dell’avvocato. Nel CostaRica le norme deontologichecontenute nel Codigo Moral –nomen est omen – si pronuncianoespressamente sul problema del-l’asimmetria informativa fra av-vocato e mandante: l’art. 50,comma 1, recita che la pattuizio-ne di una quota lite è contraria albuon costume se risulta spropor-zionata rispetto alla rilevanzadell’attività svolta dall’avvocatoper il successo che intende rag-giungere o rispetto alla difficoltàdella questione. È inoltre contra-rio al buon costume se nella con-clusione dell’accordo l’avvocatoapprofitta delle minori conoscen-ze specifiche, della mancanza diesperienza o dello stato di neces-sità del mandante. Secondo l’art.50, comma 2, del Codigo l’ac-cordo deve essere depositatoinoltre, a tutela del mandante,presso il consiglio dell’ordinecompetente. Una norma simile èprevista in Grecia all’art. 92,comma 2, per il compenso basa-to sul successo nelle controversiedi diritto del lavoro. Secondo ta-le norma l’accordo deve essereredatto per iscritto ed entro 20giorni ne deve essere depositata

una copia presso il consiglio del-l’ordine competente.Anche in Australia e nel Sudafri-ca vigono norme di tutela parago-nabili: nello stato australiano delSouth Australia l’avvocato deveinformare il mandante, in mododocumentabile e prima della sot-toscrizione, circa il suo diritto afar esaminare l’accordo dalla Su-preme Court o a far controllare lacongruità del compenso liquidatoda un comitato del consiglio del-l’ordine. Nel Sudafrica l’avvocatoè soggetto a vasti obblighi diinformazione il cui adempimentodeve essere confermato nel docu-mento contrattuale. L’avvocatodeve far presente, tra l’altro, cheesistono forme di compenso alter-native e che nel caso di soccom-benza il mandante sarà comunquetenuto a sostenere le spese di con-troparte. Occorre precisare cosa siintende per successo e quindi perverificarsi della condizione nelcaso concreto e come dovrà esse-re fatturato in caso di successoparziale o di cessazione anticipatadel mandato. Dovrà essere speci-ficato inoltre come si determina ilcompenso base che funge da basedi calcolo e come saranno conteg-giate le spese dell’avvocato.Un concetto di tutela diverso sirinviene in Inghilterra e nel Gallesdove il legislatore ha previsto cheil compenso basato sul successo èrimborsabile. Se il mandante vin-ce la controversia la contropartedeve rimborsare il compenso ba-sato sul successo. Come avvieneper altri diritti al rimborso spese,il giudice esamina la congruitàdella “conditional fee”, oggettodella richiesta di rimborso, verifi-cando anzitutto se nella valutazio-ne, che emerge dalla medesima, èstato tenuto adeguatamente contodel rischio legato ad una eventua-

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tratto senza fornire alcuna moti-vazione, concedendo contestual-mente all’avvocato il diritto alcompenso per le prestazioni resefino a quel momento che si sonorese necessarie oggettivamenteper salvaguardare gli interessi delmandante.

4. Ammontare dell’onorario ba-sato sul successo

a) QuesitoMolti ordinamenti prevedono nor-me specifiche per porre rimedioall’eventualità che un compensobasato sul successo possa com-portare un compenso eccessivo infavore dell’avvocato – una dellecritiche tipiche che vengono mos-se a questo modello di compensoche affonda le proprie radici nellaconsapevolezza che, in base al lo-ro compenso usuale, soltanto po-chi avvocati sono disposti a rinun-ciare al pagamento dei loro servi-zi nel caso di insuccesso. Il man-dante deve pagare un premio – co-me se fosse un’assicurazione con-tro danni – per l’assunzione del ri-schio dei costi da parte dell’avvo-cato. Questo premio consiste nelfatto che l’avvocato è disposto adassumere il rischio soltanto se nelcaso di successo percepirà unonorario multiplo del propriocompenso “usuale”.Il problema da ciò derivante e le-gato alla definizione adeguatadell’ammontare dei compensi ba-sati sul successo non assume rile-vanza soltanto per il principio diequivalenza che tutela anzitutto ilmandante, quale contraente del-l’avvocato, da abusi. La definizio-ne dell’ammontare dei compensibasati sul successo produce inol-tre effetti sulla misura in cui que-sti onorari possano incentivare gliavvocati ad assumere mandati conscarse probabilità di successo:

quanto più elevato può essere ilcompenso basato sul successotanto più mandati con esito nega-tivo possono essere compensatidall’avvocato con un mandatovincente. Un esempio volutamen-te esagerato: chi percepisce, a ti-tolo di quota lite, il 50% di unapretesa pari a 100 milioni di EURpuò compensare facilmente l’in-successo conseguito nei prece-denti 1.000 mandati molto ri-schiosi mentre chi deve limitarsi araddoppiare la propria tariffa ora-ria usuale, ossia a fatturare 400EUR ad ora anziché 200 EUR,calcolerà seriamente quanti man-dati rischiosi può permettersi.Le possibilità di indurre gli avvo-cati, nell’interesse dell’ammini-strazione della giustizia, ad un“Gatekeeping” effettivo ossia aduna selezione critica dei mandati,limitando i possibili ricavi, sonotuttavia ridotte con l’ammissibi-lità dei patti di quota lite: è veroche il legislatore può limitarel’ammontare di una quota lite al10% ma il 10% di, ad esempio, 10milioni di EUR rappresenta co-munque un utile economico di di-mensioni tali che all’avvocatosembrerà conveniente accettaremolti mandati con valori elevatiper aspettare il “big bang” checonsente di finanziare tutti i man-dati negativi con un ricavo supe-riore alla media. L’unico control-lo possibile consiste nel non limi-tare l’ammontare della quota per-centuale bensì quello del compen-so percepito attraverso la quotapercentuale.

b) Supplementi di rischioUn esempio pratico per risolverea livello legislativo il problemadegli onorari basati sul successosemplice è la “conditional fee” in-glese secondo cui l’avvocato devedefinire anzitutto una specie di

le perdita. Grazie a questo con-trollo da parte del giudice, chepuò concretizzarsi in qualunquecaso, l’avvocato è indotto sin dal-l’inizio a procedere ad un correttocalcolo della “conditional fee”.

3. Tutela contro decisioni affret-tate

Un ulteriore problema del com-penso basato sul successo è quel-lo che la promessa dell’avvocato,secondo cui nel caso di insucces-so il mandante non dovrà pagarealcun compenso o soltanto unonorario minimo, può indurre ilmandante alla conclusione affret-tata dell’accordo, soprattuttoquando il mandante non era suffi-cientemente consapevole del fattoche a fronte del vantaggio di nondover pagare alcun compenso nelcaso di insuccesso egli è quasisempre costretto a fare un sacrifi-cio economico nel caso di succes-so nel senso che deve corrispon-dere all’avvocato un compensopiuttosto elevato. Per proteggereil mandante dalla stipula di con-tratti sfavorevoli alcuni ordina-menti prevedono norme interes-santi che tutelano da decisioni af-frettate: le norme dello Stato au-straliano del South Australia sta-tuiscono, ad esempio, che dopo lasottoscrizione dell’accordo sul-l’onorario basato sul successo èconcesso al mandante un periodo“cooling-off” di cinque giorni la-vorativi entro cui è possibile rece-dere dall’accordo, mediante unacomunicazione scritta, senza for-nire alcuna motivazione all’avvo-cato. Ancor più favorevole per ilmandante è il diritto sudafricanosecondo cui nell’accordo sulcompenso occorre riconoscere almandante il diritto di recesso me-diante comunicazione scritta en-tro 14 giorni dalla stipula del con-

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compenso base (la “basic char-ge”) – ad esempio la tariffa orariaabitualmente applicata dallo stu-dio – per stabilire poi, consideran-do il rischio di non percepire al-cun compenso nel caso di insuc-cesso, un supplemento di rischioin aggiunta a tale compenso. Ilsupplemento, il c.d. “percentageuplift” è limitato ad una percen-tuale massima del 100% – di con-seguenza, non conviene, dal pun-to di vista economico, curare imandati con scarse possibilità disuccesso in quanto l’elevato ri-schio di perdita non può esserecompensato neanche con un sup-plemento molto elevato. A livellomeramente matematico, questosistema dovrebbe indurre un av-vocato, che ragiona in terminieconomici, a non accettare man-dati con una probabilità di succes-so inferiore al 50%. Quanto pre-cede può essere illustrato attraver-so una formula:

100 - PS✕ 100 = SF

PS

“PS” si riferisce, in questo caso,alla probabilità di successo indivi-duata in percentuale e “SF” alsupplemento di successo da ciò ri-sultante. Nel caso di un mandatocon una quota di successo pari al90% ne deriva un supplemento disuccesso di (100-90) : 90 x 100 =11,1%. La massima quota di suc-cesso ammissibile pari al 100%conferma contestualmente la sup-posizione molto realistica che oc-correrebbe escludere un finanzia-mento esterno quando le probabi-lità di successo sono inferiori al50% ((100-50) : 50 x 100 = 100).Limitando il supplemento ammis-sibile ad un massimo del 100%,diventa antieconomica l’accetta-zione di mandati con possibilità disuccesso particolarmente scarse:

ad esempio, se la possibilità disuccesso è pari al 10% al com-penso normale andrebbe aggiuntoun supplemento del 90% per otte-nere un congruo compenso eco-nomico per il rischio assunto. Laformula sopra indicata può essereadattata facilmente all’ipotesi incui per l’insuccesso non sia stataprevista una perdita totale dell’o-norario bensì un compenso il cuiammontare è commisurato al suc-cesso ossia all’insuccesso. Per ilcompenso differenziato soltanto aseconda del successo, la formulaè la seguente:

In questo caso, “C” equivale allatariffa oraria usuale dell’avvocatointeressato e “D” alla tariffa ora-ria ridotta concordata per l’ipotesidell’insuccesso.Discipline paragonabili a quelledell’Inghilterra e del Galles trova-no applicazione ad es. nel NewSouth Wales dove il supplementoche può essere aggiunto al com-penso usuale del solicitor può ar-rivare al massimo fino al 25%.Nelle altre giurisdizioni australia-ne il supplemento di successo puòessere più elevato, ad es. nelQueensland per Barrister fino al50% e nel South Australia fino al100%.

c) Limiti massimiSoprattutto gli ordinamenti giuri-dici che ammettono la pattuizionedi una quota lite prevedono unanorma specifica per limitare ilcompenso percepito attraversol’onorario basato sul successo:nella provincia canadese del Que-bec la quota lite può raggiungereal massimo il 30% del ricavato.Nel Costa Rica è previsto chel’avvocato può pretendere, a tito-

lo di quota lite, al massimo 1/3del ricavato. Una quota più eleva-ta è ammissibile soltanto se l’av-vocato si è impegnato a sostenerele spese di controparte e quelleproprie nel caso di insuccesso.Nell’Argentina è stabilito un limi-te massimo pari al 40% dell’utileeconomico del mandante per pro-cedimenti dinanzi ai tribunali fe-derali. Se l’avvocato e il mandan-te pattuiscono una quota lite supe-riore al 20% dell’utile l’avvocatodovrà farsi carico delle spese in-combenti eventualmente sul man-dante. Nel Brasile l’onorario ba-sato sul successo non deve supe-rare la quota di utile conseguitadal mandante. Anche secondo ildiritto cileno occorre garantire exart. 35 § 1 del Codigo che l’utiledestinato all’avvocato non vadaoltre quello del mandante. NellaRepubblica Dominicana la quotalite non deve superare il 30% delricavato. Anche in Europa sonostabiliti dei limiti massimi, adesempio in Grecia e nella Slovac-chia pari al 20% mentre il legisla-tore ceco ne ha stabilito recente-mente uno del 15%. Secondo ildiritto lituano, il compenso basatosul successo è consentito soltantoper azioni aventi ad oggetto prete-se per lesioni alla salute o lesionifisiche subite da una persona fisi-ca; tale compenso è comunque li-mitato ad un massimo di 1/3 del-l’importo riconosciuto.

d) GraduazioniAlcuni ordinamenti prevedonouna limitazione del compensodell’avvocato, scegliendo però unapproccio diverso con la previsio-ne di limiti massimi graduali. Inquesto modo si intende tener con-to del fatto che il 50% di 1 milio-ne di EUR ricavato nel processorappresenta un onorario elevatomentre il 50% di 1.000 EUR è un

100100 1

− × × −

=PS

PSDC

SF

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bilità di conseguire il successo acausa della revoca da parte delmandante o in quanto il mandatosi conclude prima del previsto perun’improvvisa transazione fra leparti. Quest’ultima ipotesi è pro-blematica per il mandante perché,in previsione di un procedimentocomplesso, egli potrebbe averpromesso al suo avvocato un ele-vato compenso basato sul succes-so mentre la controversia si con-clude in via extragiudiziale entrobrevissimo tempo. Per questo mo-tivo, alcuni ordinamenti prevedo-no norme finalizzate ad impedirequesto tipo di “windfall profits” infavore dell’avvocato. Allo stessotempo si intende evitare che l’av-vocato si affretti ad accettare unaproposta di transazione in quantoun onorario basato sul successopiù basso ma guadagnato veloce-mente appare più lucrativo di unonorario basato sul successo frut-to di una difficile battaglia e di unammontare soltanto leggermentepiù elevato.

b) Transazione anticipataSono molto differenziate le normevigenti nel Sudafrica il quale sicontraddistingue complessiva-mente per un approccio moltoequilibrato: la proposta transattivapuò essere accettata soltanto sel’avvocato e il mandante hanno re-so una dichiarazione giurata di-nanzi al tribunale o, nel caso dicontroversie extragiudiziali, di-nanzi al consiglio dell’ordine de-gli avvocati. L’avvocato deve di-chiarare quale sentenza prevedenel caso di decisione della contro-versia da parte del tribunale e qua-li sono le probabilità di successoattese dal medesimo. Inoltre, eglideve confrontare il suo compensoper la stipula della transazione conquello calcolato per una decisioneda parte del tribunale, indicando i

motivi per cui consiglia al man-dante di concludere la transazione.Infine, l’avvocato deve conferma-re che il mandante è stato infor-mato dei fatti sopra indicati e cheegli ha compreso la rilevanza del-la conclusione di una transazione.Anche il mandante deve dichiara-re sotto giuramento di aver ricevu-to le suddette informazioni dal-l’avvocato, articolando inoltre lasua posizione personale rispettoalla transazione (“attitude to set-tlement”).Un’altra soluzione è stata adottatadal diritto israeliano: in Israele so-no stati introdotti, da parte delconsiglio dell’ordine, dei limitimassimi (soggetti ad approvazio-ne) per determinati settori secon-do cui l’ammontare massimo delcompenso basato sul successocresce con il raggiungimento dideterminate fasi processuali. Que-sti limiti massimi graduali sonomolto significativi nelle contro-versie aventi ad oggetto incidentistradali e ammontano per la deci-sione giudiziale al 13%, per unatransazione giudiziale all’11% eper una transazione extragiudizia-le all’8% della somma ricono-sciuta all’attore.Un terzo esempio: nel Costa Ricail mandante può chiedere ex art.50, comma 3, frase 3, del Codigouna riduzione della quota concor-data se la questione si risolve pri-ma che venga introdotto il giudi-zio. Ove si pervenga al procedi-mento giudiziale, l’art. 50, com-ma 4, del Codigo precisa che perla quota lite concordata l’avvoca-to deve curare il procedimento intutte le istanze fino alla conclusio-ne definitiva.

c) Revoca del mandatoMeno frequenti sono le normesulla revoca del mandato in unmomento in cui non è ancora cer-

compenso piuttosto modesto perl’avvocato. I limiti massimi gra-duali sono particolarmente diffusinegli USA che vantano un’espe-rienza di quasi 200 anni con gliaspetti problematici della pattui-zione di quote liti. Due esempi:per una controversia riguardantela responsabilità del medico, unavvocato di New York riceve il30% dei primi 250.000 US-$, il25% dei successivi 250.000 US-$,il 20% dei successivi 500.000US-$, il 15% dei successivi250.000 US-$ e il 10% di tutti gliimporti che vanno oltre 1.250.000US-$, al netto delle expenses so-stenute per l’esercizio del diritto.Al riguardo è tipica una scala checresce regressivamente con l’am-montare del ricavato nel processoin combinazione con un limitemassimo assoluto che si rinvienead esempio nella New JerseyCourt Rule 1:27-7(c): “In anymatter where a client’s claim fordamages is based upon the alle-ged tortius conduct of another, in-cluding product liability claims,and the client is not a subrogee,an attorney shall not contract for,charge, or collect a contingent feein excess of the following limits:(1) 50% on the first $ 1.000 reco-vered, (2) 40% on the next $ 2.000recovered, (3) 33%, 1/3 on thenext $ 47.000 recovered, (4) 20%on the next $ 50.000 recovered,(5) 10% on any amount recoveredover $ 100.000”.

5. Cessazione imprevista delmandato: revoca e transazione

a) QuesitoI compensi basati sul successocreano problemi ogniqualvolta ilmandato posto alla loro base nonvenga portato a termine nel modoprogrammato in quanto all’avvo-cato non viene concessa la possi-

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to il verificarsi della condizionedeterminante per il compenso. Iproblemi con ciò connessi riguar-dano piuttosto l’avvocato e non ilmandante; infatti, come può l’av-vocato ottenere un compenso se lasua attività è cessata e non si è an-cora verificato il successo?Nel diritto cileno, l’art. 35 § 2 delCodigo affronta il difficile proble-ma della revoca del rapporto con-trattuale, concedendo ad entram-be le parti il diritto di revocare ilcontratto di mandato e quindi lapattuizione della quota lite. In ca-so di revoca l’avvocato ha dirittoad un compenso per i servizi resiqualora il mandante abbia conse-guito un vantaggio economicograzie a tali servizi. Queste normecorrispondono alla soluzione ela-borata, in modo particolarmentedifferenziato, dalla giurispruden-za degli USA che forse conoscetecon la nozione di quantum meruit.Nel caso di revoca del mandato ilquantum meruit dell’avvocatoamericano – che tradotto letteral-mente significa “quanto ha guada-gnato” – si calcola in base al c.d.metodo lodestar con cui si deter-mina un compenso congruo. Al ri-guardo, il tribunale utilizza ini-zialmente il numero delle ore(“hours reasonably expended”)fatturate dall’avvocato e docu-mentate in base ai suoi appuntiper verificare poi se questo nume-ro di ore è congruo in considera-zione delle circostanze concrete,procedendo infine ad eventualicorrezioni.

V. La “situazione americana”

1. Origini ed effettiFinora la mia relazione ha toccatosoltanto marginalmente la situa-zione giuridica negli Stati Uniti.Ne sarete rimasti sorpresi in quan-to gli USA sono paradigmatici per

il concetto dell’onorario basatosul successo. Ciò nonostante, gliUSA possono essere soltanto unesempio limitato per un dibattitocomparatistico: considerando leposizioni estreme ivi presenti, do-vute a motivi storici e sistematicie riguardanti numerosi dettaglidel compenso basato sul succes-so, le circostanze presenti negliUSA contribuiscono ad una per-cezione distorta. E ancor più pro-blematico risulta il fatto che mol-ti non riconoscono che la prover-biale “situazione americana” –compensi elevati per gli avvocati,richieste risarcitorie assurde, pro-pensione eccessiva dei cittadiniverso l’instaurazione di processi,sentenze irragionevoli – non è ri-conducibile alla contingency fee:le origini di quello che nel discor-so sugli USA viene spesso critica-to non vengono interpretate cor-rettamente in mancanza di una va-lutazione macro del fenomenodella contingency fee. O per dirlacon un’espressione più plastica:vengono scambiati causa ed effet-to. Le contingency fees si traduco-no quasi sempre nella pattuizionedi una quota lite. Un siffatto com-penso, correlato direttamente conl’ammontare di una pretesa fattavalere con successo e annesso al-la medesima, è, riguardo al suoimporto, anzitutto espressione deldiritto sostanziale vigente e fruttodel diritto processuale a disposi-zione per il suo riconoscimento:– il ruolo attivo degli avvocati pri-

ma del procedimento (pre-trialdiscovery; raccolta di pretesemediante class actions);

– il ruolo passivo del giudice nelprocedimento insieme alla par-tecipazione di giudici popolari(jury trial);

– un sistema soltanto debole chegarantisce l’accesso al diritto

(mancanza di legal aid e assicu-razioni di tutela giudiziaria);

– il ricorso a privati per scopi le-gati al riconoscimento effettivodel diritto;

– il sistema di responsabilità cheaffonda le proprie radici nel tortlaw con gli elementi del risarci-mento dei danni punitivi (puni-tive damages), della risk liabi-lity e della collateral source ru-le;

– la mancanza di principi per ilrimborso delle spese (c.d. Ame-rican rule) che, da un lato, ren-de necessario un finanziamentospeculativo e, dall’altro, fa sem-brare non rischiosa dal punto divista economico la proposizio-ne di azioni,

portano le azioni risarcitorie a di-mensioni completamente diverserispetto a quelle conosciute in al-tri ordinamenti. Ove in un siffattosistema venga consentita la pat-tuizione di quote liti, gli eccessilamentati riguardo ai compensidegli avvocati americani non sonola causa degli inconvenienti pre-senti bensì l’effetto degli istitutigiuridici menzionati, spesso sco-nosciuti all’estero ma accettatinegli USA.

2. Regolamentazione e applica-zione del diritto

Inoltre, la cornice legislativa deldiritto civile e deontologico forni-sce negli Stati Uniti delle lineeguida che in teoria garantiscono lapattuizione di congrui compensibasati sul successo. Il fatto che gliavvocati stabiliscano comunquedelle quote liti incongrue non èdovuto al permissivismo dellecondizioni quadro normative ben-sì a negligenze nell’applicazionedi sanzioni disciplinari da partedelle organizzazioni professionalie alla circostanza che i mandanti

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cati nello Stato federale del Wi-sconsin la quota lite media ricava-ta dall’avvocatura ammonta a5.000 US-$. I compensi netta-mente più elevati provengono sol-tanto da mandati nel settore dellaresponsabilità del medico e perprodotti difettosi il cui numero as-soluto è tuttavia molto basso. Ri-partendo il ricavo fra le ore di la-voro risulta una tariffa oraria me-dia di 132 US-$ o 104 US-$. An-che con un calcolo empirico com-plesso la media non va oltre i 167US-$ che corrispondono a 131EUR.

VI. Prospettiva – 10 ipotesiLe risultanze riguardanti l’evolu-zione del compenso basato sulsuccesso dell’avvocato possonoessere riassunte in 10 ipotesi:– Chi svolge ricerche comparati-

stiche in materia di compensobasato sul successo deve muo-versi su un livello “macro”. Oc-corre collocare i modelli dicompensi basati sul successo inun contesto più ampio in quantonon rappresentano soltanto unpremio riconosciuto all’avvoca-to per il lavoro svolto con suc-cesso ma anzitutto uno stru-mento per finanziare le speseaffrontate dal cittadino per farvalere i propri diritti all’internodi un sistema giuridico specifi-co. Quindi, è necessario esten-dere la ricerca, tra l’altro, allequestioni del legal aid, delle as-sicurazioni di tutela giudiziaria,dei meccanismi per il rimborsospese e di aspetti specifici deldiritto sostanziale.

– Nella discussione giuspoliticasui modelli di compensi basatisul successo è necessario fare ledovute distinzioni. Finora, sottoil topos “onorario basato sulsuccesso” venivano riuniti in

modo piuttosto generalizzato imodelli più variegati di com-pensi basati sul successo. Tutta-via, i patti di quota lite, adesempio, presentano problemidiversi rispetto agli accordi cheprevedono premi di successo divalore modesto.

– In tutti gli ambienti giuridici siosserva una netta tendenza ver-so l’ammissibilità di modelli dicompenso basato sul successo.Negli ultimi 20 anni numerosiordinamenti giuridici hanno al-lentato i divieti previgenti. Que-sta evoluzione è particolarmen-te dinamica negli Stati dell’Eu-ropa orientale e nell’ambienteanglosassone.

– Non si registra una tendenzaunanime verso un determinatomodello di compenso basato sulsuccesso: mentre nell’ambientegiuridico dell’Europa orientalee in quello sudamericano è con-sentita anche la pattuizione diquote liti, altri ordinamenti giu-ridici non vanno fino a questopunto: nell’ambiente anglosas-sone e nordico permane, nellamaggior parte dei casi, il divie-to della pattuizione di una quotalite mentre sono consentite altreforme di compenso basato sulsuccesso. L’ambiente romani-stico è ancor più restio e am-mette spesso soltanto un com-penso aggiuntivo commisuratoal successo.

– Occorre rendersi conto del fattoche, anche dal punto di vista dellegislatore, i modelli di com-pensi basati sul successo rap-presentano uno strumento di fi-nanziamento e vantaggi fiscali:essi consentono di privatizzarel’accesso garantito al diritto e dialleggerire i bilanci nazionalidalle spese del legal aid.

– Considerando l’avanzamento dei

sono restii a difendersi a livellocivilistico contro compensi incon-grui. Quindi, il problema si foca-lizza sul dibattito classico se oc-corre cambiare le condizioni qua-dro giuridiche o se non è piuttostola cornice stessa a creare il pro-blema e se l’operatore chiamatoall’applicazione è in grado di ser-virsi appieno della cornice giuri-dica. Da una ricerca eseguita negliUSA è emerso che evidentementele associazioni professionali nonriescono ad applicare adeguata-mente gli strumenti giuridici di-sponibili a tutela del mandante.Con una corretta e costante appli-cazione del diritto esistente sareb-be possibile evitare la maggiorparte dei conflitti che vengonoimputati alle contingency fees.Appare quindi sbagliato renderele norme giuridiche responsabiliper la loro inosservanza da partedi coloro ai quali sono direttequando la colpa dovrebbe essereattribuita a coloro che non osser-vano le disposizioni giuridiche onon perseguono le violazioni.

3. Percezione e realtà

Infine, il significato delle contin-gency fees e le possibilità di gua-dagno ad esse collegate nellaprassi professionale degli avvoca-ti americani è stato nettamente so-pravvalutato dai critici stranieri:già nel 1979 si è scoperto che al-l’incirca il 50% degli avvocati se-lezionati, a titolo rappresentativo,in una metropoli americana per-cepisce meno del 10% del lororeddito con mandati basati sullacontingency fee. All’epoca, sol-tanto l’8,62% degli interpellati af-fermava di conseguire più del36% del reddito su base speculati-va. Un attuale studio empiricoconferma questi risultati: secondoun’indagine eseguita fra gli avvo-

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modelli di compensi basati sulsuccesso a livello normativo e ilfatto che laddove non sono am-messi vengono raggiunti accordiin tal senso malgrado il divieto,il dibattito giuspolitico dovrebbeconcentrarsi con maggiore inten-sità sul “come” e non sul “se”.

– Questo dibattito dovrebbe ispi-rarsi alla consapevolezza che uncompenso basato sul successonon è nient’altro che una norma-le pattuizione del compenso chedeve quindi soddisfare i requisi-ti che il sistema giuridico in que-stione stabilisce per la pattuizio-ne di altri modelli di compenso.Occorre analizzare se questi re-quisiti sono in grado di risolverei problemi specifici legati aicompensi basati sul successo ose è necessario introdurre regoleintegrative e specifiche.

– A livello mondiale, gli aspetti

dettagliati dei modelli di com-pensi basati sul successo sonodisciplinati con una intensitàmolto differente. Di massimaimportanza è un’adeguata rispo-sta legislativa al problema legatoalle asimmetrie informative nelrapporto avvocato-mandante.Queste asimmetrie informativepotrebbero provocare pregiudizinella pattuizione di un compen-so basato sul successo che pos-sono essere combattuti attraver-so obblighi di informazione e diesibizione del calcolo, diritti direcesso e specifici meccanismidi controllo con la partecipazio-ne di soggetti esterni.

– Il rischio di compensi esorbi-tanti sussiste soltanto riguardoalla pattuizione delle quote liti.A differenza di altre forme dicompenso basato sul successo,esse, oltre a ricompensare l’as-

sunzione del rischio da partedell’avvocato e il prefinanzia-mento di una controversia giu-diziaria sulla base del normalecompenso dell’avvocato, colle-gano il compenso direttamentecon il ricavo del mandante.Quindi, nei patti di quota litel’ammontare del compenso èanzitutto l’espressione del dirit-to sostanziale posto alla base.

– All’estero si ha una percezionedistorta della rilevanza attribui-ta al compenso dell’avvocatobasato sul successo negli USA.Può cogliere il significato della“contingency fee” americanasoltanto colui che le si avvicinasulla base delle evidenze e inconsiderazione delle caratteri-stiche specifiche del dirittoprocessuale e risarcitorio ame-ricano.

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AAVVOCATURA

europa

La Corte costituzionale ascolta la Corte europea

La Corte costituzionale dichiara l’illegittimità delle norme italiane contrastanticon la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo

di Massimiliano de Stefano

La Corte costituzionale, con duerecentissime decisioni1 ha dichia-rato l’illegittimità costituzionaledi alcune norme in materia diespropriazione per pubblica uti-lità2.I relativi giudizi erano stati rimes-si alla Corte costituzionale con di-stinte ordinanze della Corte dicassazione e della Corte d’appellodi Palermo che avevano posto laquestione di legittimità delle nor-me che riguardavano i criteri lega-li per la determinazione del quan-tum (rispettivamente a titolo di in-dennità per le espropriazioni le-gittime ed a titolo di risarcimentodel danno nelle fattispecie dellac.d. accessione invertita), con ri-ferimento ai nuovi e diversi para-metri individuati negli artt. 111 e117 Cost., prospettando – per laprima volta – il sopravvenuto con-trasto delle norme censurate, siacon i principi del giusto processo(art. 111 Cost.), sia con il rispettodegli obblighi internazionali as-sunti dallo Stato (art. 117, comma1, Cost.), attraverso il richiamodelle norme internazionali conte-nute nell’art. 6 della Convenzioneeuropea dei diritti dell’uomo del 4novembre 1950 e nell’art. 1 delprimo Protocollo addizionale allastessa Convenzione, individuandotali ultime norme in funzione diparametri interposti.Sulla questione della ragionevo-

lezza del quantum indennizzabilela nostra Corte costituzionale siera già pronunciata nel lontano1996, con la sentenza n. 369 del 2novembre 1996, che aveva dichia-rato l’illegittimità costituzionaledell’art. 5-bis del D.l. 333/92, nel-la parte in cui applicava al «risar-cimento del danno» i criteri di de-terminazione stabiliti per «il prez-zo, l’entità dell’indennizzo»3.Come molti ricorderanno, a talesentenza era seguito il tempestivointervento “riparatore” del legi-slatore il quale con l’art. 3, com-ma 65, della legge 23 dicembre1996, n. 662 (legge finanziariaper l’anno 1997) aveva modifica-to il criterio di determinazione delrisarcimento del danno da occu-pazione acquisitiva4.Ma restava ancora irrisolta la pro-blematica relativa alla compatibi-lità dell’art. 5-bis rispetto all’art.1 del primo Protocollo della Con-venzione europea anche per l’in-dennità prevista per le espropria-zioni legittime.A seguito di vari ricorsi proposticontro il Governo italiano, la Cor-te europea dei diritti dell’uomo diStrasburgo a più riprese avevacondannato lo Stato italiano cen-surando l’applicazione, operatadai giudici nazionali, dell’art. 5-bis ai giudizi in corso, stigmatiz-zando la portata retroattiva dellanorma in parola, come tale lesiva

della certezza e della trasparenzanella sistemazione normativa de-gli istituti ablatori, oltre che deldiritto della persona al rispetto deipropri beni, evidenziando che isoggetti espropriati avevano agitoin giudizio per essere indennizza-ti secondo il criterio del valore ve-nale dei beni, previsto dall’art. 39della legge 25 giugno 1865, n.2359 (Espropriazioni per pubbli-ca utilità), ripristinato a seguitodella dichiarazione di incostitu-zionalità delle norme che commi-suravano in generale l’indennizzoal valore agricolo dei terreni (C.cost., sentenze n. 5 del 1980 e n.223 del 1983).Parimenti, sul fronte dell’espro-priazione indiretta o occupazioneacquisitiva – riconosciuta dallalegislazione (art. 43 del D.P.R. 8giugno 2001, n. 327, recante«Testo unico delle disposizionilegislative e regolamentari in ma-teria di espropriazione per pub-blica utilità») e dalla giurispru-denza italiane, la Corte di Stra-sburgo aveva affermato che talenormativa era incompatibile conl’art. l del Protocollo e violava laregola della riparazione integraledel pregiudizio, realizzando unalesione aggravata dalla retroatti-vità della disposizione e dallasua applicabilità ai giudizi incorso, in violazione dell’art. 6della CEDU5.

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Fino al febbraio 2007 erano stateemesse dalla Corte di Strasburgoben 83 sentenze di accertamentodella violazione in materia di ac-cessione invertita (espropriazioneindiretta) tanto che era intervenu-to persino il Comitato dei ministridel Consiglio d’Europa in data 14febbraio 2007 per stigmatizzarel’illiceità di questa prassi italianae per raccomandare una soluzionea livello legislativo e giurispru-denziale interno anche attraversol’adozione di appropriate misurelegislative, amministrative e fi-nanziarie6.Nelle ordinanze de quibus di ri-messione alla Corte costituziona-le era stata prospettata l’ipotesiche il Giudice nazionale potessedisapplicare il diritto interno infavore dei principi della Conven-zione europea dei diritti dell’uo-mo, come già avviene per le nor-me dell’Unione europea e per lesentenze della Corte di giustiziadelle Comunità europee, ma laCorte costituzionale non ha rite-nuto possibile tale percorso, fis-sando il distinguo tra i due ordi-namenti soprannazionali (Unioneeuropea e Consiglio d’Europa).Ma al di là delle annose e rilevan-tissime questioni decise dallaCorte costituzionale, le due sen-tenze in commento appaiono distraordinaria importanza in quan-to sono state l’occasione per ridi-segnare i rapporti tra il nostroGiudice delle leggi e la Corte eu-ropea dei diritti dell’uomo diStrasburgo nella delicata questio-ne della rilevanza e/o efficacia di-retta (nell’ordinamento internoitaliano) delle norme della Con-venzione europea dei diritti del-l’uomo.La grande novità è dunque rap-presentata proprio dalla circostan-za che la questione di costituzio-

nalità è stata accolta, per la primavolta, deducendo che la norma didiritto interno denunciata violal’art. 117, comma 1, Cost., inquanto si porrebbe in contrastocon le norme internazionali con-venzionali e, anzitutto, con l’art. 1del Protocollo addizionale dellaCEDU, nell’interpretazione offer-tane dalla Corte europea dei dirit-ti dell’uomo.Infatti, è proprio movendo dal-l’art. 117, comma 1, Cost., che èpossibile ritenere la sussistenza diun preciso obbligo del legislatoreordinario al rispetto delle normeconvenzionali internazionali, conla conseguenza che la norma na-zionale incompatibile con la nor-ma della CEDU e dunque con gli“obblighi internazionali” di cuiall’art. 117, comma 1, viola perciò stesso tale parametro costitu-zionale.I Giudici costituzionali hanno ri-tenuto – in tal modo affermandoun nuovo principio generale diamplissima portata – che conl’art. 117, comma 1, Cost., si èrealizzato, in definitiva, un rinviomobile alla norma convenzionaledi volta in volta conferente, laquale dà vita e contenuto a quegliobblighi internazionali quale nor-ma cosiddetta “interposta”.Ciò sta a significare che in defini-tiva l’art. 117, comma 1, Cost., èdivenuto la fonte attraverso cui èpossibile per i giudici nazionaliverificare la compatibilità dellenorme convenzionali internazio-nali con le norme della Costituzio-ne, pur riservandosi la Corte costi-tuzionale di verificare che nonsussista un ulteriore contrasto conle altre norme della stessa Costitu-zione. Sotto tale profilo la Cortecostituzionale non ha abdicato alsuo ruolo di arbitro supremo dellatutela dei diritti fondamentali7.

Dalle considerazioni appena svol-te ben si comprende che le duesentenze nn. 348 e 349/2007 dellaCorte costituzionale contengonol’affermazione di principi chevanno ben oltre la specifica que-stione decisa (le espropriazioniper pubblica utilità), in quanto ta-li principi enunciati saranno, d’o-ra in avanti, applicabili ogni qual-volta una norma ordinaria nazio-nale si ponga in contrasto con lagiurisprudenza della Corte euro-pea dei diritti dell’uomo di Stra-sburgo che interpreta i principidella CEDU.Anche se la Corte costituzionaleha voluto precisare che l’art. 117,comma 1, Cost., non consente inogni caso di riconoscere rango co-stituzionale alle norme contenutein accordi internazionali, anche seoggetto di una legge ordinaria diadattamento, come è il caso dellenorme della Convenzione europeadei diritti dell’uomo, le sentenzein commento hanno portata epo-cale avendo riconosciuto in defi-nitiva che l’art. 117, comma 1,Cost., costituisce il nuovo para-metro rispetto al quale valutare lacompatibilità della norma interna(sospettata di incostituzionalità)con le predette norme internazio-nali, così come interpretate dallaCorte europea dei diritti dell’uo-mo di Strasburgo.Muovendo da tale ultima consi-derazione, si sottolinea l’impor-tanza riconosciuta espressamentedalla Corte costituzionale all’o-pera interpretativa della CEDUattraverso la giurisprudenza dellaCorte di Strasburgo la quale haintegrato ed ampliato il dettatoletterale delle norme della Con-venzione europea dei diritti del-l’uomo obbligando tutti i 47 Sta-ti membri del Consiglio d’Euro-pa ad adeguare il proprio ordina-

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bis per l’accessione invertita, siriapre la questione del diritto al-l’integrale risarcimento del dan-no; ma per tale fattispecie nonsussiste un vuoto normativo per-ché, a nostro avviso, torna appli-cabile l’art. 2043 c.c., che consen-te l’integralità del risarcimentodel danno10.Per entrambi i profili vi sarà cer-tamente da considerare la proble-matica della normativa applicabi-le ai giudizi in corso, ma il giudi-ce, in ogni stato e grado, anche incassazione, anche d’ufficio, devedisapplicare la norma dichiarataincostituzionale, a meno che nonsi trovi di fronte ad una sentenzapassata in giudicato o ad un dirit-to per cui siano maturati i terminidi prescrizione o di decadenza11.In questo scenario non resta cheattendere l’intervento del legisla-tore ordinario, che in passato èsempre pervenuto a soluzioni nor-mative inadeguate inserite all’in-terno delle manovre finanziarie.Non possiamo che auspicare cheil legislatore non commetta anco-ra una volta l’errore di reintrodur-re (magari con qualche minimoaggiustamento cosmetico) la nor-mativa ora abrogata dalla Cortecostituzionale, introducendo deicorrettivi inidonei a garantire il ri-spetto del principio del ristoro in-tegrale del pregiudizio sofferto.In particolare si sottolinea chequalsivoglia intervento del legi-slatore non potrebbe giammai an-dare nella direzione di applicarele (eventuali) nuove regole nor-mative ai giudizi in corso, poichécosì facendo violerebbe non solol’art. 117, comma 1, Cost., ma an-che l’art. 111 Cost., e dunque invia consequenziale creerebbe unnuovo contrasto con la giurispru-denza della Corte di Strasburgoche ha sempre affermato il divieto

della retroattività in relazione al-l’art. 6 della CEDU (diritto all’e-quo processo) evidenziando lagravità della condotta dello Statoche modifica “le regole del gioco”allorquando il processo è già ini-ziato12.

Note1 C. cost., sentenza n. 348 del 24 ottobre2007, relatore Silvestri e sentenza n. 349del 24 ottobre 2007, relatore Tesauro.2 Segnatamente nel dispositivo delle duesentenze: «dell’art. 5-bis, commi 1 e 2,del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333(Misure urgenti per il risanamento dellafinanza pubblica), convertito, con modi-ficazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n.359»; ed in via consequenziale «l’illegit-timità costituzionale dell’art. 37, commi1 e 2, del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327(Testo unico delle disposizioni legislativee regolamentari in materia di espropria-zione per pubblica utilità)»; nonché«dell’art. 5-bis, comma 7-bis, del decre-to-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misureurgenti per il risanamento della finanzapubblica), convertito, con modificazioni,dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, intro-dotto dall’art. 3, comma 65, della legge23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di ra-zionalizzazione della finanza pubblica)».3 de Stefano Massimiliano, Il risarcimen-to del danno da occupazione illegittimadi suoli privati da parte della P.A. l’ope-ra adeguatrice del legislatore ordinariodopo la sentenza della Corte costituzio-nale n. 369/1996, in “Rivista Ammini-strativa della Repubblica Italiana”, fasc.10-11, 1996, pp. 1099 e ss.4 D.l. 11 luglio 1992, n. 333 (in Gazz.Uff., 11 luglio, n. 162) – Decreto conver-tito in L. 8 agosto 1992, n. 359 (in Gazz.Uff., 13 agosto 1992, n. 190) – Misureurgenti per il risanamento della finanzapubblica.5 de Stefano Maurizio, Le pressioni dellaCorte di Strasburgo sulla Corte costitu-zionale italiana, in materia di espropria-zione illegittima, nella rivista “Impresa”(anno 2007, del 31 marzo 2007, n. 3,pag. 370 ss.) http://www.dirittiuomo.it/Bibliografia/2007/espropriSCORDI-NO3fiscodirittiuomo.pdf.6 Risoluzione interinale ResDH(2007)3Violazioni sistematiche da parte dell’Ita-lia del diritto di proprietà con l’espe-diente delle «espropriazioni indirette»

mento interno eventualmenteconfliggente.Sotto questo profilo, si ripete, laCorte costituzionale ha individua-to il parametro di riferimento nonsoltanto nella norma della Con-venzione europea, quanto soprat-tutto nella giurisprudenza inter-pretativa emanata dalla Corte diStrasburgo. Questo richiamo allagiurisprudenza della Corte diStrasburgo rappresenta un princi-pio veramente innovativo e si ri-trova quale precedente soltantonel Preambolo della Carta dei di-ritti fondamentali dell’Unione eu-ropea proclamata a Nizza il 7 di-cembre 20008.Restano, ora, da considerare qualipotranno essere – in concreto – leimmediate conseguenze delleodierne sentenze della Corte co-stituzionale nella normativa inmateria di espropriazione perpubblica utilità e risarcimento deldanno da occupazione acquisitiva.Dal momento che la sentenza del-la Corte costituzionale n. 348 (del24 ottobre 2007) ha dichiarato in-costituzionale il criterio di deter-minazione dell’indennità diesproprio per le aree edificabili(art. 5-bis, ma anche in via conse-quenziale, l’art. 37, commi 1 e 2,del D.P.R. 8 giugno 2001, n.327)9, deve osservarsi che non do-vrebbe sussistere un totale vuotonormativo giacché, anche se è sta-ta abrogata dal T.U. 327/2001 (masolo per il periodo successivo al2001), resta comunque in vigore(per il periodo anteriore) la leggen. 2359 del 1865, il cui art. 39 fa-ceva riferimento al pieno valorevenale dei beni.Con riferimento, poi, alla senten-za della Corte costituzionale n.349 (del 24 ottobre 2007) che hadichiarato l’illegittimità costitu-zionale dell’art. 5-bis, comma 7-

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(adottata dal Comitato dei Ministri il 14febbraio 2007 durante la 987ma riunionedei Delegati dei Ministri) http://www.di-rittiuomo.it/News/News2007/ResDH_Italiano.pdf.7 C. cost., 21-04-1989, n. 232. Soc.Fragd c. Min. fin. Cons. Stato, 1989, II,557, “Impresa”, 1989, 1402, “Riv.amm.”, 1989, 950, “Riv. dir. inter-naz.”, 1989, 103, “Repertorio ForoIt.”: 1989, Corte costituzionale [1850],n. 55, «La corte costituzionale può ve-rificare, attraverso il sindacato di co-stituzionalità della legge di esecuzione,se le norme del trattato CEE, come so-no interpretate ed applicate dalle istitu-

zioni e dagli organi comunitari, sianoin contrasto con i principi fondamenta-li del nostro ordinamento costituziona-le o attentino ai diritti inalienabili del-la persona umana».8 «La presente Carta riafferma, nel ri-spetto delle competenze e dei compitidell’Unione e del principio di sussidia-rietà, i diritti derivanti in particolaredalle tradizioni costituzionali e dagli ob-blighi internazionali comuni agli Statimembri, dalla Convenzione europea disalvaguardia dei diritti dell’uomo e dellelibertà fondamentali, dalle carte socialiadottate dall’Unione e dal Consigliod’Europa, nonché dalla giurisprudenza

della Corte di giustizia dell’Unione eu-ropea e da quella della Corte europeadei diritti dell’uomo».9 «Testo unico delle disposizioni legislati-ve e regolamentari in materia di espro-priazione per pubblica utilità».10 Cass., Sez. un., sentenza 26 febbraio1983, n. 1464.11 Cass. civ., Sez. I, 7 giugno 2000, n.7704; Cass. civ., Sez. I, 18 giugno 2002,n. 8761; Cass. civ., Sez. I, 7 febbraio2001, n. 1728.12 Corte europea dei diritti dell’uomo,Grande Camera, sentenza 29 marzo2006, Scordino (n. 1) c. Italia, ricorso n.36813/97.

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letture forensi

Marciare per la pace. Il mondo non violento di Aldo Capitini di Alarico Mariani Marini-Eligio Resta

recensione a cura di Leonardo Carbone

Alarico Mariani Marini-EligioResta, Marciare per la Pace. Ilmondo non violento di Aldo Capi-tini, Edizioni Plus, Università diPisa, 2007, pagg. 142, € 12,00.

Al rientro dalle ferie ho ricevutoil volume recensito (che riportain copertina il manifesto dellaprima Marcia della Pace del1961, con il titolo “Marcia dellaPace per la fratellanza dei popo-li”). È stata una piacevole sorpre-sa nell’apprendere che un caroamico, come Alarico MarianiMarini, è stato uno dei “soci fon-datori” nella organizzazione del-la Marcia della Pace Perugia–As-sisi, e della sua collaborazionecon Aldo Capitini. Ciò confermache gli interessi dell’Avvocatura(Alarico Mariani Marini è attual-mente componente del ConsiglioNazionale Forense) spaziano atutto campo e non sono mai limi-tati al “solo” diritto.Il volume recensito riporta alla“ribalta” la suggestiva personalitàdi Capitini, filosofo pratico e lai-co animato da profonda religio-sità, e “creatore” di quell’eventomediatico che è stato ed è la Mar-cia per la pace. Del resto, come si

afferma nella presentazione delvolume, “il paradigma elaboratoda Capitini, declinando insiemenon violenza, pace e fratellanzafra tutti i popoli, a quasi mezzosecolo di distanza appare di gran-de attualità; di una validità chetrae forza anche dalle esperienzedelle guerre e degli eccidi di que-sti decenni e dalle prospettive dismarrimento dell’immediato futu-ro”. Tutti i progetti del Capitiniruotavano intorno alla non violen-za come mezzo per la pace e fon-davano su una idea di fratellanzafra i popoli.La ricostruzione dell’azione diCapitini in quel luogo e in quellaprima Marcia Perugia-Assisi ècontenuta nella prima parte delvolume, scritta da Alarico Maria-ni Marini, che con altri giovaniguidati da Capitini collaborò allarealizzazione della Marcia.Nella seconda parte del volumeEligio Resta analizza, invece, ilpensiero non violento di Capitini,e ne emerge una figura complessae ricca di intellettuale.Il volume recensito è “giunto” inun momento storico in cui la Mar-cia per la Pace per la fratellanza

dei popoli Perugia-Assisi – pro-mossa da Aldo Capitini nel set-tembre 1961 – è ormai un eventoche va sempre più affievolendosinella memoria, così come anche ilpensiero e la passione civile diquel grande umbro sono ormaipresenti soltanto in ristrette cer-chie di studiosi e nelle sparuteschiere di militanti non violenti,pur essendo stato un evento di as-soluta novità nel panorama deimovimenti culturali e politici.Un grazie allora agli autori delvolume che nel riproporre la nar-razione della “microstoria” dellamarcia per la Pace Perugia-Assisi,fanno riflettere ancora su quantoquella esperienza ci ha consegna-to di durevole, perché, come Ca-pitini aveva scritto, destinata apreparare il futuro.Il volume si segnala anche per lefoto “d’epoca” (non facilmentereperibili) in cui sono “fotografa-ti” tutti i personaggi politici e cul-turali che parteciparono alla pri-ma marcia per la Pace, oltre cheriportare una “interessante” e va-ria corrispondenza del Capitini,da cui traspare l’essenza del suopensiero.

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Art. 1Formazione professionale continua

1. L’avvocato iscritto all’albo ed il praticante abilita-to al patrocinio, dopo il conseguimento del certifica-to di compiuta pratica hanno l’obbligo di manteneree aggiornare la propria preparazione professionale…2. A tal fine, essi hanno il dovere di partecipare alleattività di formazione professionale continua disci-plinate dal presente regolamento, secondo le moda-lità ivi indicate.3. L’adempimento di tale dovere, con riferimentoagli ambiti in cui si comunica di esercitare l’attivitàprofessionale prevalente, è, altresì, condizione per laspendita deontologicamente corretta, ai sensi del-l’art. 17-bis del codice deontologico forense, dell’in-dicazione dell’attività prevalente in qualsiasi comu-nicazione diretta al singolo o alla collettività.4. Con l’espressione formazione professionale conti-nua si intende ogni attività di accrescimento ed ap-profondimento delle conoscenze e delle competenzeprofessionali, nonché il loro aggiornamento median-te la partecipazione ad iniziative culturali in campogiuridico e forense.

Art. 2Durata e contenuto dell’obbligo

1. L’obbligo di formazione decorre dal 1° gennaiodell’anno solare successivo a quello di iscrizione al-l’albo o di rilascio del certificato di compiuta pratica,con facoltà dell’interessato di chiedere ed ottenere ilriconoscimento di crediti formativi maturati su basenon obbligatoria, ma in conformità alle previsioni delpresente regolamento, nel periodo intercorrente fra ladata d’iscrizione all’albo o del rilascio del certificatodi compiuta pratica e l’inizio dell’obbligo formativo.L’anno formativo coincide con quello solare. 2. Il periodo di valutazione della formazione conti-nua ha durata triennale.

L’unità di misura della formazione continua è il cre-dito formativo.3. Ogni iscritto deve conseguire nel triennio almenon. 90 crediti formativi, che sono attribuiti secondo icriteri indicati nei successivi artt. 3 e 4, di cui alme-no n. 20 crediti formativi debbono essere conseguitiin ogni singolo anno formativo.4. Ogni iscritto sceglie liberamente gli eventi e le at-tività formative da svolgere, in relazione ai settori diattività professionale esercitata, nell’ambito di quelleindicate ai successivi articoli 3 e 4, ma almeno n. 15crediti formativi nel triennio devono derivare da atti-vità ed eventi formativi aventi ad oggetto l’ordina-mento professionale e previdenziale e la deontologia.5. L’iscritto che, dando con qualunque modalità con-sentita informazione a terzi, intenda fornire le indi-cazioni di cui al precedente articolo 1, comma 3, do-vrà aver conseguito, nel periodo di valutazione cheprecede l’informazione, non meno di 30 crediti for-mativi nell’ambito di esercizio dell’attività profes-sionale che intende indicare.

Art. 3Eventi formativi

1. Integra assolvimento degli obblighi di formazioneprofessionale continua la partecipazione effettiva e ade-guatamente documentata agli eventi di seguito indicati:a) corsi di aggiornamento e masters, seminari, con-

vegni, giornate di studio e tavole rotonde, anche seeseguiti con modalità telematiche, purché sia pos-sibile il controllo della partecipazione;

b) commissioni di studio, gruppi di lavoro o com-missioni consiliari, istituiti dal Consiglio naziona-le forense e dai Consigli dell’ordine, o da organi-smi nazionali ed internazionali della categoriaprofessionale;

c) altri eventi specificamente individuati dal Consi-glio nazionale forense e dai Consigli dell’ordine.

AAVVOCATURAinformazione

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Regolamento aggiornato per la formazione professionaleIl CNF ha approvato, il 13 luglio 2007, il nuovo testo del regolamento, che modifica parzialmente quello precedentemente approvato il 18 gennaio2007 e pubblicato in questa rivista (nel n. 2/2007 alle pagine 124-126).La pubblicazione del testo aggiornato appare opportuna, data l’importanzadell’argomento.

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2. La partecipazione agli eventi formativi sopra indica-ti attribuisce n. 1 credito formativo per ogni ogni ora dipartecipazione, con il limite massimo di n. 24 creditiper la partecipazione ad ogni singolo evento formativo.3. La partecipazione agli eventi di cui alle lettere a)e b) rileva ai fini dell’adempimento del dovere diformazione continua, a condizione che essi sianopromossi od organizzati dal Consiglio nazionale fo-rense o dai singoli Consigli dell’ordine territoriali, o,se organizzati da associazioni forensi, altri enti, isti-tuzioni od organismi pubblici o privati, sempre chesiano stati preventivamente accreditati, anche sullabase di programmi a durata semestrale o annuale, dalConsiglio nazionale forense o dai singoli Consiglidell’ordine territoriali, a seconda della rispettivacompetenza.A tal fine:– appartiene alla competenza del Consiglio naziona-

le forense l’accreditamento di eventi da svolgersiall’estero, che siano organizzati da organismi stra-nieri, ovvero – a richiesta dei soggetti organizzato-ri – quelli che prevedono la ripetizione di identiciprogrammi in più circondari o distretti;

– appartiene alla competenza dei singoli Consigli del-l’ordine territoriali l’accreditamento di ogni altroevento, in ragione del suo luogo di svolgimento.

4. L’accreditamento viene concesso valutando la ti-pologia e la qualità dell’evento formativo, nonché gliargomenti trattati. A tal fine gli enti ed associazioniche intendono ottenere l’accreditamento preventivodi eventi formativi da loro organizzati devono pre-sentare al Consiglio dell’ordine locale ovvero alConsiglio nazionale forense, secondo la rispettivacompetenza, una relazione dettagliata con tutte le in-dicazioni necessarie a consentire la piena valutazio-ne dell’evento anche in relazione alla sua risponden-za alle finalità del presente regolamento.A tal fine il Consiglio dell’ordine o il Consiglio na-zionale forense richiedono, ove necessario, informa-zioni o documentazione e si pronunciano sulla do-manda di accreditamento con decisione motivata entroquindici giorni dalla data di deposito della domanda odelle informazioni e della documentazione richiesta.In caso di silenzio protratto oltre il quindicesimogiorno l’accreditamento si intende concesso.Il Consiglio dell’ordine competente o il Consiglionazionale forense potranno accreditare anche eventinon programmati, a richiesta dell’interessato e condecisione motivata da assumere entro il termine diquindici giorni dalla richiesta; in caso di mancata ri-

sposta entro il termine indicato, l’accreditamento siintenderà concesso.Il Consiglio nazionale forense può stipulare con laCassa Nazionale di previdenza e assistenza forense econ le Associazioni forensi riconosciute maggior-mente rappresentative sul piano nazionale dal Con-gresso nazionale forense specifici protocolli, appli-cabili anche in sede locale, allo scopo di semplifica-re ed accelerare le procedure di accreditamento deglieventi programmati e di quelli ulteriori.5. Ciascun Consiglio dell’ordine dà immediata noti-zia al Consiglio nazionale forense di tutti gli eventiformativi da esso medesimo organizzati o altrimentiaccreditati. Il Consiglio nazionale forense ne cura lapubblicazione nel suo sito Internet per consentire laloro più vasta diffusione e conoscenza anche al finedi permettere la partecipazione a detti eventi di iscrit-ti in albi e registri tenuti da altri Consigli.

Art. 4Attività formative

1. Integra assolvimento degli obblighi di formazioneprofessionale continua anche lo svolgimento delleattività di seguito indicate:a) relazioni o lezioni negli eventi formativi di cui al-

le lettere a) e b) dell’art. 3, ovvero nelle scuole fo-rensi o nelle scuole di specializzazione per le pro-fessioni legali;

b) pubblicazioni in materia giuridica su riviste spe-cializzate a diffusione o di rilevanza nazionale,anche on line, ovvero pubblicazioni di libri, saggi,monografie o trattati, anche come opere colletta-nee, su argomenti giuridici;

c) contratti di insegnamento in materie giuridiche sti-pulati con istituti universitari ed enti equiparati;

d) partecipazione alle commissioni per gli esami diStato di avvocato, per tutta la durata dell’esame.

e) il compimento di altre attività di studio ed aggior-namento svolte in autonomia nell’ambito dellapropria organizzazione professionale, che sianostate preventivamente autorizzate e riconosciutecome tali dal Consiglio nazionale forense o daiConsigli dell’ordine competenti.

2. Il Consiglio dell’ordine attribuisce i crediti forma-tivi per le attività sopra indicate, tenuto conto dellanatura della attività svolta e dell’impegno dalla stes-sa richiesto, con il limite massimo di n. 12 crediti perle attività di cui alla lettera a), di n. 12 crediti per leattività di cui alla lettera b), di n. 24 crediti per le at-tività di cui alla lettera c), di n. 24 crediti per le atti-

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AAVVOCATURAinformazione

ALA PREVIDENZA FORENSE

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infedele certificazione del percorso formativo se-guito. 3. La sanzione è commisurata alla gravità della vio-lazione.

Art. 7Attività del Consiglio dell’ordine

1. Ciascun Consiglio dell’ordine dà attuazione alleattività di formazione professionale e vigila sull’ef-fettivo adempimento dell’obbligo formativo da partedegli iscritti nei modi e con i mezzi ritenuti più op-portuni, regolando le modalità del rilascio degli atte-stati di partecipazione agli eventi formativi organiz-zati dallo stesso Consiglio.2. In particolare, i Consigli dell’ordine, entro il 31 ot-tobre di ogni anno, predispongono, anche di concer-to tra loro, un piano dell’offerta formativa che inten-dono proporre nel corso dell’anno successivo, indi-cando i crediti formativi attribuiti per la partecipa-zione a ciascun evento. Nel programma annuale de-vono essere previsti eventi formativi aventi ad ogget-to la materia deontologica, previdenziale e l’ordina-mento professionale. 3. I Consigli dell’ordine realizzano il programma, an-che di concerto con altri Consigli dell’ordine o nel-l’ambito delle Unioni distrettuali, ove costituite. Posso-no realizzarlo anche in collaborazione con Associazio-ni forensi, o con altri enti che non abbiano fini di lucro,avvalendosi, se lo ritengano opportuno, di apposito en-te da essi costituito, partecipato e comunque controlla-to. Essi favoriscono la formazione gratuita in misura ta-le da consentire a ciascun iscritto l’adempimento del-l’obbligo formativo, realizzando eventi formativi nononerosi, allo scopo determinando la contribuzione ri-chiesta ai partecipanti col limite massimo del solo recu-pero delle spese vive sostenute. A tal fine utilizzerannorisorse proprie o quelle ottenibili da sovvenzioni o con-tribuzioni erogate da enti finanziatori pubblici o privati.I Consigli potranno inoltre organizzare attività formati-ve, unitamente a soggetti, anche se operanti con finalitàdi lucro, sempre che nessuna utilità, diretta o indiretta,ad essi ne derivi, ulteriore rispetto a quella consistentenell’esonero dalle spese di organizzazione degli eventi.4. Entro il 31 ottobre di ogni anno, i Consigli dell’or-dine sono tenuti a comunicare al Consiglio nazionaleforense una relazione che illustri il piano dell’offertaformativa dell’anno solare successivo, ne evidenzi icosti per i partecipanti, segnali i soggetti attuatori eindichi i criteri e le finalità cui il Consiglio si è atte-nuto nella predisposizione del programma stesso. Se

vità di cui alla lettera d) e di n. 12 crediti annuali perle attività di cui alla lettera e).

Art. 5Esoneri

1. Sono esonerati dagli obblighi formativi, relativa-mente alle materie di insegnamento, ma fermo l’ob-bligo di aggiornamento in materia deontologica, pre-videnziale e di ordinamento professionale, i docentiuniversitari di prima e seconda fascia, nonché i ricer-catori con incarico di insegnamento.2. Il Consiglio dell’ordine, su domanda dell’interes-sato, può esonerare, anche parzialmente determinan-done contenuto e modalità, l’iscritto dallo svolgi-mento dell’attività formativa, nei casi di:– gravidanza, parto, adempimento da parte dell’uo-

mo o della donna di doveri collegati alla paternitào alla maternità in presenza di figli minori;

– grave malattia o infortunio od altre condizioni per-sonali;

– interruzione per un periodo non inferiore a sei me-si dell’attività professionale o trasferimento di que-sta all’estero;

– altre ipotesi indicate dal Consiglio nazionale fo-rense.

Il Consiglio dell’ordine può altresì dispensare dal-l’obbligo formativo, in tutto o in parte, l’iscritto chene faccia domanda e che abbia superato i 40 anni diiscrizione all’albo, tenendo conto, con decisione mo-tivata, del settore di attività, della quantità e qualitàdella sua attività professionale e di ogni altro ele-mento utile alla valutazione della domanda.3. L’esonero dovuto ad impedimento può essere ac-cordato limitatamente al periodo di durata dell’impe-dimento.4. All’esonero consegue la riduzione dei crediti for-mativi da acquisire nel corso del triennio, proporzio-nalmente alla durata dell’esonero, al suo contenutoed alle sue modalità, se parziale.

Art. 6Adempimenti degli iscritti e inosservanza

dell’obbligo formativo 1. Ciascun iscritto deve depositare al Consiglio del-l’ordine al quale è iscritto una sintetica relazione checertifica il percorso formativo seguito nell’anno pre-cedente, indicando gli eventi formativi seguiti, anchemediante autocertificazione.2. Costituiscono illecito disciplinare il mancatoadempimento dell’obbligo formativo e la mancata o

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ALA PREVIDENZA FORENSE

la programmazione sia avvenuta di concerto tra piùConsigli, essi potranno inviare un'unica relazione.5. I Consigli dell’ordine, anche in collaborazione conaltri Consigli, con associazioni forensi, enti od istitu-zioni ed altri soggetti, potranno organizzare nel cor-so dell'anno eventi formativi ulteriori, rispetto a quel-li già programmati, attribuendo i crediti secondo icriteri di cui al precedente art. 3 e dandone comuni-cazione al Consiglio nazionale forense.

Art. 8Controlli del Consiglio dell’ordine

1. Il Consiglio dell’ordine verifica l’effettivo adem-pimento dell’obbligo formativo da parte degli iscrit-ti, attribuendo agli eventi e alle attività formative do-cumentate i crediti formativi secondo i criteri indica-ti dagli artt. 3 e 4.2. Ai fini della verifica, il Consiglio dell’ordine devesvolgere attività di controllo, anche a campione, edallo scopo può chiedere all’iscritto ed ai soggetti chehanno organizzato gli eventi formativi chiarimenti edocumentazione integrativa. 3. Ove i chiarimenti non siano forniti e la documen-tazione integrativa richiesta non sia depositata entroil termine di giorni 30 dalla richiesta, il Consiglionon attribuisce crediti formativi per gli eventi e le at-tività che non risultino adeguatamente documentate.4. Per lo svolgimento di tali attività, il Consiglio del-l’ordine può avvalersi di apposita commissione, co-stituita anche da soggetti esterni al Consiglio. In que-sto caso, il parere espresso dalla commissione è ob-bligatorio, ma può essere disatteso dal Consiglio condeliberazione motivata.

Art. 9Attribuzioni del Consiglio nazionale forense

1. Il Consiglio nazionale forense:a) promuove ed indirizza lo svolgimento della for-mazione professionale continua, individuandone inuovi settori di sviluppo. b) valuta le relazioni trasmesse dai Consigli dell’or-dine a norma del precedente art. 7, anche costituen-do apposite Commissioni aperte alla partecipazionedi soggetti esterni al Consiglio nazionale forense,esprimendo il proprio parere sull’adeguatezza deipiani dell’offerta formativa organizzati dai Consiglidell’ordine, eventualmente indicando le modificheche vi debbano essere apportate, con l’obiettivo diassicurare l’effettività e l’uniformità della formazio-ne continua. In mancanza di espressione del parereentro il termine di trenta giorni dalla presentazione

delle relazioni, il programma formativo si intendeapprovato.In caso di parere negativo, il Consiglio dell’ordine ètenuto, nei trenta giorni successivi, a trasmettere unnuovo programma formativo, che tenga conto delleindicazioni e dei rilievi formulati dal Consiglio na-zionale forense.2. Esso inoltre, anche tramite la Fondazione ScuolaSuperiore dell’Avvocatura, la Fondazione dell’Avvo-catura Italiana e la Fondazione per l’informatica e in-novazione forense:a) favorisce l’ampliamento dell’offerta formativa,anche organizzando direttamente eventi formativi, sedel caso in collaborazione con il C.S.M.;b) assiste i Consigli dell’ordine nella predisposizionee nell’attuazione dei programmi formativi e vigilasull’adempimento da parte dei Consigli delle incom-benze ad essi affidate;

Art. 10Norme di attuazione

Il Consiglio nazionale forense si riserva di emanarele norme di attuazione e coordinamento che si ren-dessero necessarie in sede di applicazione del pre-sente regolamento.

Art. 11Entrata in vigore e disciplina transitoria

1. Il presente regolamento entra in vigore dal 1° set-tembre 2007.2. Il primo periodo di valutazione della formazionecontinua decorre dal 1° gennaio 2008.3. Nel primo triennio di valutazione a partire dall’en-trata in vigore del presente regolamento, i crediti for-mativi da conseguire sono ridotti a venti per chi abbiacompiuto entro il 1° settembre 2007 od abbia a com-piere entro il 1° settembre 2008 il quarantesimo annod’iscrizione all’albo ed a cinquanta per ogni altroiscritto, col minimo di 9 crediti per il primo anno for-mativo, di 12 per il secondo e di 18 per il terzo, deiquali in materia di ordinamento forense, previdenza edeontologia almeno 6 crediti nel triennio formativo.4. L’articolo 1, comma 3 del presente regolamento siapplica a partire dal 1° settembre 2008.5. Per il primo triennio di valutazione l’iscritto che,dando con qualunque modalità consentita informa-zione a terzi, intenda fornire le indicazioni di cui al-l’articolo 1, comma 3, dovrà aver conseguito nei 12mesi precedenti l’informazione non meno di 10 cre-diti formativi nell’ambito di esercizio dell’attivitàprofessionale che intende indicare.

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PPREVIDENZAl’opinione

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Con sistematica periodicità leCasse professionali ricevono at-tacchi alla propria autonomia nelsegno della ingordigia dello Statoteso ad acquisire, per sanare il de-ficit di bilancio, patrimoni privatiprevidenziali che sono riconduci-bili al risparmio dei professionistiitaliani. La intermittente e consueta ag-gressione trova motivazioni con-traddittorie e pretestuose.Contraddittorie perché si incenti-va, da un canto, la patrimonializ-zazione privata delle Casse nel-l’ottica dei migliori equilibri digestione e poi si deduce, dall’al-tro, la natura pubblica dei medesi-mi Enti. Pretestuose perché si dàcorso alla fissazione di parametriirraggiungibili per dimostrare chela espropriazione dei patrimonidelle Casse finirà per giovare aiprofessionisti. Si intende inculca-re, con prassi proditorie, una fur-besca “cultura del disavanzo” peraggredire un mondo, quello dellaprevidenza privata, che dagli ope-ratori obiettivi ed esperti vienedefinito come virtuosamente al-ternativo alla previdenza pubblicache dà luogo solo a vertiginosi in-crementi del deficit della spesapubblica.La natura giuridica delle Casseprofessionali è privata e deriva

dalla legge n. 509/1998 che le haprivatizzate stabilendo che gli En-ti previdenziali privatizzati assu-mono personalità giuridica di di-ritto privato ai sensi degli artt. 12e segg. del codice civile.La stessa legge ha, poi, sancitoche gli Enti possono essere priva-tizzati solo “a condizione che nonusufruiscano di finanziamentipubblici o altri ausilii pubblici dicarattere finanziario”.Il giurista Lucio Francario haacutamente osservato che il fattoche l’impegno di tutela collettivadelle esigenze di sicurezza so-ciale dei professionisti ricom-prenda la contribuzione obbliga-toria non mina la natura privati-stica delle Casse professionali.Si tratta di interessi che non ri-sultano subordinati né conviven-ti con l’interesse pubblico. Essiassurgono al rango di diritti co-stituzionali della persona (art. 38Cost.), ma restano pur semprediritti soggettivi di natura priva-tistica.Il diritto alla prestazione pensio-nistica maturato dall’iscritto allaCassa professionale costituisce undiritto sociale alla cui realizzazio-ne è del tutto estranea una respon-sabilità pubblica.Nel caso di inadempienza dellaprestazione pensionistica non sus-

siste, infatti, alcuna responsabilitàsolidale statale. Nella materia considerata vi è pie-na applicazione del principio disussidiarietà che trova ampio ri-conoscimento nel sistema dell’U-nione europea (art. 5 del Trattato)e nel nostro sistema costituziona-le (art. 118, comma 4 e art. 120Cost.). I limiti e i controlli ineren-ti la gestione degli Enti privatizza-ti nonché quelli di ordine struttu-rale sono tipizzati e non idonei aconformare l’attività degli stessialla volontà pubblica.Agganciandosi ad una riflessionedi stampo culturale (e la politica èanche qui impreparata) LucioFrancario fa rilevare che nel Wel-fare del futuro conteranno moltole scelte di responsabilità colletti-va di stampo non pubblicistico, incorrispondenza di processi socialiin cui si affermerà sempre più ilruolo di operatori privati e di sog-getti collettivi quali motori delconsenso sociale orientato ad am-pliare gli spazi della nostra demo-crazia economica.La nuova frontiera della sostenibi-lità si fonda essenzialmente sullaresponsabilità diretta di soggettisociali, quali sono i professionisti.La combinazione dell’art. 47 Co-st. (il risparmio come valore in sé)con l’art. 38 (la finalità della sicu-

PLA PREVIDENZA FORENSE

Il risparmio previdenziale dei professionisti è privatoLa natura privata della Cassa previdenziale forense le attribuisce grandi responsabilità, ma esclude interventi di pubblici poteri che devono rispettarne l’autonomia e soltanto controllare, per l’interesse pubblico dei fini previdenziali, l’adeguatezza dei mezzi affinché siano soddisfatti i diritti degli iscritti alle prestazioni.

di Maurizio de Tilla

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rezza sociale) sta a dimostrare chele tematiche della previdenza sipossono sviluppare anche in unambito privato che faccia riferi-mento ad una collettività di sog-getti professionali.Cade così ogni affermazione diri-gista che pretende di trasmutare lanatura della Cassa professionaleda privata a pubblica.

Si devono, quindi, energicamenterespingere i tentativi di applicareal mondo della previdenza privatauna normativa di taglio pubblici-stico che appare impropria e fuor-viante intaccando l’autonomianormativa e gestionale e il princi-pio di responsabilità che pervadele Casse.La prossima legge finanziaria do-

vrà definitivamente chiarire la na-tura privata degli Enti escluden-doli dall’elenco Istat e da qualsia-si previsione legislativa che possariguardare la previdenza pubbli-ca. Per quest’ultima gli interventilegislativi dovranno, invece, esse-re molto incisivi per evitareun’ulteriore deriva dei conti delloStato.

LA PREVIDENZA FORENSE

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PPREVIDENZAle norme

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1) La necessità del completamen-to con modifiche della discipli-na normativa degli Enti previ-denziali privati.

ONOREVOLI SENATORI. – Dopo laprivatizzazione degli Enti previ-denziali di categorie professionali,disposta con l’articolo 1, commi32, 33 e 34, della legge 24 dicem-bre 1993, n. 537 (la «legge dele-ga»), sono emersi numerosi dubbiinterpretativi e rilevanti carenzenella disciplina approvata, sia conil decreto legislativo di attuazione30 giugno 1994, n. 509 (il «decre-to delegato»), sia, successivamen-te, con l’articolo 3, comma 12,della legge 8 agosto 1995, n. 335(legge di riforma del sistema pen-sionistico obbligatorio e comple-mentare); quest’ultimo è stato direcente modificato dall’articolo 1,comma 763, della legge 27 dicem-bre 2006, n. 296, il quale, pur mi-gliorando un po’ le regole, non harisolto i vari problemi interpretati-vi e ne ha creati di nuovi.Si è, in particolare, constatato chela disciplina normativa degli Entiprivati è incompleta, perché il de-creto delegato non ha adempiutocompletamente a quanto prescrit-to dalla delega.A loro volta, le norme della dele-ga hanno bisogno di aggiorna-mento e di integrazione sulla basedelle esperienze maturate.

È opportuno modificare e integra-re la disciplina degli Enti previ-denziali privati per consentirne ilcorretto funzionamento e per evi-tare dubbi interpretativi delle nor-me vigenti.La necessità di norme chiare suipoteri normativi degli Enti previ-denziali privati, con un loro op-portuno ampliamento, è del tuttoevidente in relazione alla duratadei tempi previsti per la garanziadella conservazione degli equili-bri finanziari. Per poter offrirequesta garanzia, gli Enti devonopoter approvare tutte le modifichenormative necessarie ed ancheopportune.Occorre, pertanto, una legge checrei un insieme organico di normeche disciplini questi Enti in modoautonomo, completo e corretto,integrando e modificando le nor-me vigenti.A ciò provvede la legge che vieneproposta, la quale costituisce, co-me è espressamente chiarito, de-roga ed eccezione rispetto a quan-to stabilito per il sistema pensio-nistico obbligatorio pubblico dal-la legge 8 agosto 1995, n. 335.Appare opportuno riportare il te-sto dell’articolo 1, comma 2, nelquale sono esposti i princìpi e leragioni a cui si ispira il testo pro-posto.«2. Gli Enti previdenziali privati:a) svolgono la funzione di assicu-

rare la previdenza ai liberi pro-fessionisti in attuazione degliarticoli 35 e 38 della Costitu-zione, con autonomia rispettoal sistema previdenziale pub-blico;

b) operano con criteri privatistici,nel rispetto di specifiche pre-scrizioni legislative, sotto ilcontrollo dei Ministri compe-tenti;

c) sono autonomi dal punto di vi-sta finanziario e non possonobeneficiare di finanziamentipubblici diretti o indiretti, aisensi dell’articolo 1, comma 3,del decreto legislativo 30 giu-gno 1994, n. 509, e non grava-no, pertanto, sulla finanza pub-blica;

d) dispongono di autonomia ge-stionale, organizzativa e conta-bile nonché di potestà normati-va nei confronti dei loro iscrittied assistiti;

e) svolgono, in autonomia, unafunzione di pubblico interesse,la quale esige controlli sulle lo-ro attività normative e gestio-nali per garantire la correttezzadella disciplina e del funziona-mento e la conservazione degliequilibri finanziari;

f) elaborano un’autonoma e com-pleta disciplina legislativa checostituisce deroga ed eccezionerispetto a quanto stabilito per ilsistema pensionistico obbliga-

PLA PREVIDENZA FORENSE

Presentato in Senato il disegno di legge sulla autonomia normativaIl disegno di legge sull’autonomia normativa degli Enti previdenziali privati presentato dal senatore Calvi è di grandissima importanza per consentire l’approvazione di valide norme idonee a garantire gli equilibri finanziari per il lunghissimo periodo imposto dai Ministeri vigilanti.

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torio pubblico dalla legge 8agosto 1995, n. 335».

I princìpi e le esigenze indicatinon trovano adeguata disciplinanelle norme vigenti. In particola-re, l’autonomia normativa degliEnti previdenziali privatizzati, inrelazione alle funzioni svolte, esi-ge che vengano legislativamentedeterminati prescrizioni e limiti apresidio del pubblico interesse.Si rende pertanto necessario at-tuare integralmente il comma 33dell’articolo 1 della legge 24 di-cembre 1993, n. 537, e modifica-re il decreto legislativo 30 giugno1994, n. 509, al fine di fornire agliEnti previdenziali privatizzati unaautonoma e completa disciplinalegislativa.È opportuno partire dalla leggefondamentale, che ha privatizzatogli Enti di previdenza dei liberiprofessionisti (legge 24 dicembre1993, n. 537, la legge delega) edal successivo decreto legislativodi attuazione di essa (30 giugno1994, n. 509, il decreto delegato).Si è constatato che la legge deleganon ha provveduto in modo com-pleto ed esauriente, cosicché essava integrata e, in parte, modifica-ta. Invece di approvare una nuovalegge delega è opportuno amplia-re le disposizioni della vecchiadelega, dando alle nuove normeun carattere immediatamente pre-cettivo.Il decreto delegato, invece, va in-tegrato e, in parte, modificato permeglio rispondere ai princìpienunciati nella legge delega.Infine, si ritiene opportuno abro-gare il comma 12 dell’articolo 3della legge 8 agosto 1995, n. 335(come modificato dall’articolo 1,comma 763, della legge 27 di-cembre 2006, n. 296), il quale, in-serito nella disciplina degli Entipubblici e con disposizioni in par-

te di carattere temporaneo, malesi coordina con l’insieme delle al-tre norme che devono regolare laprevidenza privata dei liberi pro-fessionisti.La legge delega del 1993, il de-creto delegato del 1994 (con le lo-ro modifiche) e la legge che oraviene proposta vengono a costi-tuire l’intera disciplina organicadella previdenza dei liberi profes-sionisti, per la quale sono dettatenorme specifiche di grande rigoreal fine di garantire che gli Entiprevidenziali privati soddisfino ilprecetto costituzionale degli arti-coli 35 e 38 della Costituzione,che impongono la tutela previden-ziale per tutti i lavoratori.Vengono ora analizzate le princi-pali carenze della disciplina nor-mativa vigente, le quali impongo-no un suo completamento con lemodifiche necessarie per rendereil tutto omogeneo e coerente.In particolare, si è constatato chela carenza principale della disci-plina vigente è la mancanza diuna esplicita attribuzione di ampi(ma controllati) poteri normativi,affinché venga adeguata in modoautonomo la disciplina di ciascunente.La legge delega ha posto comeobiettivo importante degli Entiprivatizzati il loro risanamento fi-nanziario con vari provvedimentitra i quali, all’articolo 1, comma33, lettera a), punto 5.3 della cita-ta legge n. 537 del 1993: «misuredirette a realizzare economie digestione e un rapporto equilibratotra contributi e prestazioni previ-denziali».In evidente riferimento a questaindicazione, il comma 2 dell’arti-colo 2 del citato decreto delegatoha stabilito che: «La gestione eco-nomico-finanziaria deve assicura-re l’equilibrio di bilancio median-

te l’adozione di provvedimenticoerenti alle indicazioni risultantidal bilancio tecnico da redigersicon periodicità almeno triennale».Questa disposizione ha fatto rite-nere che fosse attribuito agli Entiprevidenziali privati un ampio po-tere normativo, allo scopo di «as-sicurare l’equilibrio di bilancio».Infatti, è evidente che gli Enti pri-vati possono ottenere «l’equili-brio di bilancio» solo se hanno ilpotere di modificare la disciplinadei contributi e delle prestazioni.Sennonché, nell’articolo 3, com-ma 2, dello stesso decreto delega-to, è stabilito che i Ministeri vigi-lanti approvano vari atti tra cui«b) le delibere in materia di con-tributi e prestazioni, sempre chela relativa potestà sia prevista daisingoli ordinamenti vigenti».Da ciò sembra di capire che il po-tere normativo degli Enti privatiz-zati, in materia di contributi e pre-stazioni, ci sia solo in quanto essosia previsto negli ordinamenti«vigenti» anteriormente al decre-to legislativo n. 509 del 1994.A confermare questa interpreta-zione vi è la constatazione che, trai poteri attribuiti esplicitamenteagli Enti privatizzati, manca l’in-dicazione dei poteri «normativi».Gli Enti privatizzati pertanto, nonavevano i poteri per deliberare iprovvedimenti necessari per risa-nare gli equilibri di bilancio.Questo potere è stato poi attribui-to a tutti gli Enti privati, dal com-ma 12 dell’articolo 3 della leggen. 335 del 1995, nel quale è previ-sto che possano essere adottatiprovvedimenti di riparametrazio-ne dei coefficienti di rendimentoo di ogni altro criterio di determi-nazione del trattamento pensioni-stico, però osservando il principiodel pro-rata in relazione alle an-zianità già maturate.

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LA PREVIDENZA FORENSE

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PPREVIDENZAle norme

I poteri normativi riconosciutisono condizionati, nel loro eser-cizio, dalla necessità (di non fa-cile valutazione) che i provvedi-menti adottati siano funzionali alrisanamento degli equilibri fi-nanziari, mentre vi sono molteesigenze di miglioramenti delladisciplina di contribuzioni e pre-stazioni non necessitate da esi-genze di bilancio.Piuttosto confusa appare la normarelativa al pro-rata. Mentre nelvecchio comma 12 si imponeva il«rispetto del principio del pro-ra-ta», ora si prescrive invece di«averlo presente»; ma la strutturadel pro-rata è mantenuta inaltera-ta con la specificazione tuttaviache occorre «comunque tenerconto dei criteri di gradualità e diequità tra le generazioni».Si tratta dunque di una norma didifficilissima applicazione e con-traddittoria per la pericolosa con-servazione del richiamo al pro-ra-ta, mentre esso dovrebbe essereinteramente eliminato, rimanendoimposto il rispetto dell’equilibriotra generazioni.Si constata, dunque, la necessitàdi modifiche importanti alla disci-plina previdenziale degli Enti pri-vati e si constata altresì che questemodifiche devono poter essere ap-provate dagli stessi Enti.È però necessario che i loro pote-ri normativi siano rigorosamentelimitati, per avere la garanzia chevengano approvate regole corret-te, eque e, con certezza, idonee aconservare gli equilibri finanziariper tempi lunghissimi.L’esame, dunque, del comma 33dell’articolo 1 della legge n. 537del 1993 (la legge delega), del de-creto legislativo n. 509 del 1994(il decreto delegato) e del comma12 dell’articolo 3 della legge n.335 del 1995, come modificato

dall’articolo 1, comma 763, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296,induce a proporre:a) l’aggiornamento della legge

delega della privatizzazione(legge n. 537 del 1993);

b) modifiche al decreto legislativon. 509 del 1994 per completarel’attuazione della delega e perrenderlo più coerente con essa;in particolare per soddisfarel’esigenza che gli Enti privatiabbiano tutti i poteri necessariper salvaguardare i loro equili-bri finanziari per tempi moltolunghi e con eventuale sostitu-zione temporanea, da parte deiMinisteri vigilanti, degli organidegli Enti inadempienti agliobblighi imposti;

c) l’abrogazione del comma 12dell’articolo 3 della legge n.335 del 1995, come modificatodall’articolo 1, comma 763,della legge 27 dicembre 2006,n. 296, sostituendolo con nor-me di più ampia portata e piùcoerenti con le esigenze degliEnti privati, per la finalità sopraindicata, e che possano miglio-rare l’intera disciplina pensio-nistica.

2) Integrazione del comma 33dell’articolo 1 della legge 537del 1993 e completamento conmodifiche della sua attuazione.

a) PremesseI commi 32, 33 e 34 dell’articolo1 della legge 24 dicembre 1993,n. 537, hanno natura di norme de-lega ed hanno demandato al Go-verno il compito di attuare la pri-vatizzazione, in essi disposta, de-gli Enti previdenziali dei liberiprofessionisti e di specificarne leregole.Come già rilevato è ora opportunointegrare le norme della privatiz-zazione, senza ricorrere alla dele-

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L’interpretazione giurispruden-ziale è nel senso che sia stato soloil comma 12 dell’articolo 3 dellalegge n. 335 del 1995 a conferireagli Enti previdenziali poteri nor-mativi e che questi poteri sianosoltanto quelli specificati nellanorma. Gli Enti previdenziali per-tanto non avrebbero poteri norma-tivi, pur necessari per la riorganiz-zazione della loro attività, diversida quelli indicati.Va inoltre considerato che il ri-spetto del principio del pro-ratacomporterebbe un enorme ritardonella efficacia di ogni provvedi-mento riduttivo delle prestazioni,mentre, in molti casi, questa effi-cacia dovrebbe essere molto sol-lecita.Inoltre, questo notevole rallenta-mento determinerebbe ingiusti ef-fetti vantaggiosi per gli iscritti an-ziani a danno delle generazionigiovani e di quelle future.Ogni riforma previdenziale deveessere applicata integralmente intermini relativamente brevi nonsolo per evitare inique disegua-glianze tra generazioni, ma ancheperché ciò è imposto dalle esigen-ze che i bilanci finanziari raggiun-gano quanto prima il necessarioequilibrio.Le modifiche al comma 12 del-l’articolo 3 della legge n. 335 del1995 approvate con l’articolo 1,comma 763, della legge 27 di-cembre 2006, n. 296, hanno soloin parte ampliato i poteri normati-vi degli Enti previdenziali con di-sposizioni che manifestano tutta-via difficoltà interpretative e ap-plicative.La conservazione dell’efficacia delcitato comma 12 fa sì che gli Entiprivatizzati rimangano disciplinatinell’ambito della previdenza pub-blica, con palese contraddizione ri-spetto all’affermata autonomia.

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ga, con norme precettive che am-plino quanto prescritto nei commicitati. Inoltre, è senz’altro oppor-tuno integrare e ampliare il conte-nuto del decreto legislativo n. 509del 1994, carente soprattutto perquanto riguarda il riconoscimentoagli Enti privatizzati di poteri nor-mativi.Questi poteri sono necessari datal’impossibilità che tutte le modifi-che ora indispensabili venganoapprovate per tutti gli Enti dalParlamento, considerando ancheche ciascun ente abbisogna dinorme differenziate per migliora-re il proprio sistema vigente e nonsconvolgerlo.Con il provvedimento, che rico-nosce agli Enti privati ampi pote-ri normativi anche in materia dicontributi e di prestazioni, è altre-sì necessario che questi poterivengano rigorosamente delimita-ti. Gli Enti devono approvare nor-me che rispondano a precisi re-quisiti soprattutto per la salva-guardia degli equilibri finanziari eper l’equità dei trattamenti previ-denziali.Il decreto delegato ha molte ca-renze, perché non ha attuato tuttele prescrizioni indicate nella leggedelega.Inoltre, il decreto legislativo n.509 del 1994 contiene errori econtraddizioni, che devono esserecorretti.

b) Le regoleSi ritiene opportuno che vengaapprovata una legge che disciplinicompiutamente i poteri normatividegli Enti previdenziali privati.Questa legge dovrebbe contenere:1) prescrizioni di regole a cui gli

Enti devono attenersi (articoli1 e 2 del disegno di legge);

2) la specificazione analitica deipoteri normativi, riconosciuti

con rigorose limitazioni (arti-colo 3).

È importante la norma (già conte-nuta nella delega) che, in attua-zione del precetto legislativo, pre-veda la limitazione della eroga-zione delle prestazioni previden-ziali a coloro che effettivamenteesercitano le professioni conside-rate. Questo requisito deve essereaccertato con rigore e con assolu-ta obbiettività.A questo proposito, occorre tenerpresente che sono iscritte agli albipersone che esercitano effettiva-mente la professione (i professio-nisti in senso stretto), ma puòiscriversi agli albi anche chi ne hatitolo, ma non esercita affatto laprofessione o la esercita in mododel tutto marginale.La esclusione di costoro dalla pre-videnza trova fondamento nel fat-to che la previdenza obbligatoriaè riservata ai «lavoratori»; gli En-ti, altrimenti, svolgerebbero unafunzione assicurativa propria del-le imprese commerciali.Nel decreto delegato, manca an-che ogni prescrizione relativa alla«eliminazione a parità di spesedelle sperequazioni nel trattamen-to previdenziale».Anche a questo proposito, è op-portuno attribuire agli Enti privatiampi poteri, poiché è stato consta-tato che le discipline normativedei vari Enti contengono numero-se sperequazioni.In particolare, si constata che no-tevoli sperequazioni vi sono tra levarie generazioni di iscritti, in re-lazione alle quali occorre preve-dere la possibilità di attenuare lecosiddette diseguaglianze «inter-generazionali», che, in assoluto,non sono eliminabili, ma che, neilimiti del possibile, devono essereattenuate.Le regole della equità devono es-

sere rispettate anche per tutte lemodifiche future.La norma ora considerata prescri-ve che venga disciplinato «il risa-namento degli Enti che presenta-no disavanzo finanziario».Per disavanzo finanziario, per ilquale è necessario provvedere,deve intendersi quello che può ve-rificarsi in un arco temporale fu-turo abbastanza lungo, perché,come insegnano economisti ed at-tuari, gli Enti previdenziali deb-bono adottare, con rilevantissimoanticipo rispetto ad evoluzioni ne-gative dei loro bilanci, i provvedi-menti necessari per salvaguardaregli equilibri finanziari.Gli Enti privati hanno finora trop-po spesso considerato solo il ri-sultato dei bilanci di esercizio, ap-parentemente favorevoli, mentrehanno trascurato i segnali deri-vanti dai bilanci tecnici, tutti pes-simisti.Ora, è stata raggiunta dagli ammi-nistratori degli Enti privati unanuova consapevolezza della ne-cessità di prendere, con grandissi-mo anticipo, provvedimenti chesalvaguardino gli equilibri finan-ziari per un tempo futuro anchemolto lontano.Nel momento in cui gli Enti pri-vati hanno acquistato questa con-sapevolezza, si sono trovati muni-ti di poteri assolutamente insuffi-cienti: ora gli Enti si trovano nel-la necessità di provvedere e devo-no essi stessi poterlo fare, perchéè impensabile, come già rilevato,che le necessarie modifiche nor-mative vengano approvate conlegge per tutti gli Enti previden-ziali privati, che hanno disciplinemolto diverse ed esigenze altret-tanto diverse.Vanno dunque riconosciuti (o at-tribuiti) agli Enti privati ampi po-teri normativi, con rigorose limi-

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PPREVIDENZAle norme

adempiere alla funzione solidari-stica.Nel più volte citato comma 33dell’articolo 1 della legge n. 537del 1993, è previsto che venganodisciplinate la fusione e la incor-porazione tra vari Enti; ma nulla èstato specificato in proposito conil decreto legislativo n. 509 del1994, mentre si manifestano at-tualmente esigenze di fusioni edincorporazioni, per le quali vi ècarenza di disciplina normativa.Si ritiene opportuno che venganoattribuiti agli Enti privati con po-che prescrizioni essenziali, i pote-ri di regolare fusioni ed incorpora-zioni, con la prescrizione che ladisciplina di questi provvedimentisia stabilita dagli Enti interessati.

3) Modifiche al decreto legislati-vo n. 509 del 1994 – la neces-sità di garantire la sopravvi-venza degli Enti.

Alcune disposizioni del decretolegislativo n. 509 del 1994 devonoessere modificate in relazione amodifiche proposte con questo di-segno di legge.Si rinvia al testo dell’articolo 2del disegno di legge per il conte-nuto dell’intero articolo 2 del cita-to decreto legislativo modificato.Qualche nota a chiarimento.Con il riconoscimento agli Entiprevidenziali privati di ampi pote-ri normativi, sono necessarie al-cune integrazioni delle norme deldecreto delegato relative ai con-trolli sulle approvazioni delle de-libere degli Enti.Il testo vecchio di queste normesembrava escludere i poteri nor-mativi degli Enti, proprio perchénon li indicava come soggetti alcontrollo dei Ministri vigilanti.Le integrazioni ora proposte col-mano la lacuna ed eliminano ognidubbio.

Si precisano poi le prescrizioniper la redazione del bilancio tec-nico, secondo quanto stabilito conl’articolo 1, comma 763, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296,che modifica l’articolo 3 dellalegge 8 agosto 1995, n. 335. Leprevisioni attuariali devono rife-rirsi ad un periodo sufficiente-mente lungo per poter tempestiva-mente adeguare contributi e pre-stazioni al fine di garantire la con-servazione degli equilibri finan-ziari per lungo tempo.Inoltre, l’intervento tempestivonel modificare contributi e presta-zioni è necessario sia per evitareinterventi troppo drastici nel mo-mento tardivo in cui se ne manife-stasse la necessità, sia per evitareingiusti squilibri di oneri e benefi-ci tra le diverse generazioni.Poiché non tutti gli Enti sono ingrado di avere bilanci tecniciequilibrati per lungo periodo, sipropone una gradualità nel suoaumento a partire da una durata ditrent’anni (come già prescritto nelcitato comma 763).La legge delega aveva previsto ilrisanamento degli Enti, mentrenon aveva affatto previsto che fos-se disciplinata la loro liquidazio-ne. Anzi, le prescrizioni relative alrisanamento avrebbero richiestonorme che garantissero, di frontead inerzia degli organi rappresen-tativi dei singoli Enti, l’adozionedei provvedimenti della pubblicaautorità idonei per il risanamento.Appare dunque in contraddizioneinsanabile con questa prescrizio-ne della legge delega, che, neicommi 4 e 5 dell’articolo 2 deldecreto legislativo n. 509 del1994, sia dapprima previsto che incaso di disavanzo economico-fi-nanziario, rilevato dai rendicontiannuali e confermato anche dalbilancio tecnico, sia nominato un

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tazioni, soprattutto dirette a stabi-lire che questi poteri possono es-sere esercitati tenendo semprepresente l’esigenza di salvaguar-dia degli equilibri finanziari an-che futuri, con esclusione di pote-ri per provvedimenti che potreb-bero portare ad un peggioramentodegli equilibri finanziari.La indicazione di questi poteri de-ve essere chiaramente compiuta,affinché successive interpretazio-ni giurisprudenziali (creatrici del«diritto vivente») non comportinouna limitazione dei poteri, con ef-fetti devastanti, qualora le deci-sioni giurisprudenziali dovesserointervenire quando le norme, con-testate nella loro legittimità, ve-nissero disconosciute o invalidatea distanza di tempo.È necessario confermare le normeora vigenti che caratterizzano ilprincipio solidaristico della mag-gior parte degli Enti previdenzialiprivati.Questa prescrizione appare im-portante per gli Enti che, discipli-nati dal sistema retributivo, vo-gliano passare al sistema contri-butivo, la cui disciplina potrebbeconfliggere con il principio dellasolidarietà. E ciò, se la si interpre-ta nel senso che la misura dellapensione sia strettamente correla-ta alla contribuzione pagata. Nelsistema contributivo, la solida-rietà è attuata dallo Stato; ma gliiscritti agli Enti previdenziali pri-vati sono, per legge, esclusi dallapossibilità di provvedimenti soli-daristici a carico della collettività,dovendo a ciò provvedere i singo-li Enti previdenziali privati.Questa disposizione serve dun-que a garantire, per il futuro, lalegittimità di tutte le contribuzio-ni non direttamente collegate alladeterminazione delle prestazioniprevidenziali, ma necessarie per

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commissario straordinario per l’a-dozione dei provvedimenti neces-sari per il riequilibrio della gestio-ne; ma, che, nel successivo com-ma 5, si preveda, in caso di persi-stenza dello stato di disavanzoeconomico-finanziario dopo treanni, la nomina, da parte del Mi-nistro del lavoro e della previden-za sociale, di un commissario li-quidatore.Che cosa accada con la liquida-zione, e cioè quale sorte subisca-no i diritti quesiti per le pensionigià liquidate e le aspettative di di-ritto per tutti gli iscritti che hannoversato contributi, non è detto.Così come non è detto quale tipodi previdenza possano avere le ca-tegorie professionali, i cui Entiprevidenziali siano stati liquidati.Evidentemente, questa previsionecontrasta con le prescrizioni dellalegge n. 537 del 1993, ma, soprat-tutto, contrasta con il principiocostituzionale della obbligatorietàdella previdenza per tutti i lavora-tori (il ben noto articolo 38).Questa «previsione liquidatoria»è mantenuta nel già citato comma763, articolo 1, della finanziaria2007 per la ipotesi che: «le esi-genze di riequilibrio non venganoaffrontate, dopo aver sentito l’en-te interessato e la valutazione delNucleo di valutazione della spesaprevidenziale». È fatto rinvio al-l’articolo 2, comma 4, del decretolegislativo n. 509 del 1994, senzamodificarlo.Appare, dunque, opportuno pre-vedere che, con la nomina di unapposito collegio di commissari,siano adottati i provvedimenti ne-cessari per risanare gli equilibrifinanziari anche per tempi lun-ghissimi.Questa possibilità c’è sempre,operando sui contributi (elevan-doli) e sulle prestazioni (dimi-

nuendole), sacrificando, dove oc-corra, le aspettative degli iscritti.L’impossibilità di risanamentopotrebbe esserci solo di fronte acatastrofi nazionali (ed allora benpoco si riesce a salvare!) o difronte a crisi irreversibili di unaprofessione.La crisi irreversibile c’è stata, adesempio, per le ostetriche, per glispedizionieri doganali e, da ulti-mo, per i dirigenti delle aziendeindustriali (INPDAI).Per questa ipotesi, da consideraredel tutto eccezionale, l’unica so-luzione praticabile dovrebbe esse-re la confluenza nell’INPS, qualo-ra non fosse possibile l’incorpora-zione o la fusione con altri Entiprevidenziali privati.Questa previsione dovrebbe in-durre lo Stato a prendere tempe-stivi provvedimenti per salvaguar-dare la continuità delle singoleprofessioni, che tutelino rilevantiinteressi pubblici.Il presente disegno di legge con-tiene molteplici prescrizioni im-partite agli Enti previdenziali.È necessario che vi sia un testonormativo che consenta agli organidi controllo di imporre l’adempi-mento di tutti gli obblighi previsti.Nella legge, pertanto, è inclusauna norma che prevede un inter-vento sostitutivo degli organi del-l’ente inadempiente, affinché siprovveda a rispettare le prescri-zioni.

4) Le specificazioni sui poteri nor-mativi degli Enti previdenzialiprivati. Le loro limitazioni.

La principale carenza del decretodelegato è da individuare nellamancanza di una specifica attribu-zione di sicuri poteri agli Enti pri-vati di emanare norme per la di-sciplina dei contributi e delle pre-stazioni, per salvaguardare gli

equilibri finanziari dell’ente pertempi lunghissimi e per una com-pleta disciplina organica.Si deve supplire, come già rileva-to, a questa carenza, affinché leprescrizioni della legge delega ab-biano attuazione.Si richiama l’attenzione sul fattoche i poteri normativi, da ricono-scere o da attribuire agli Enti pri-vati, devono essere prevalente-mente funzionali al miglioramen-to complessivo della disciplinaprevidenziale con particolare ri-guardo all’esigenza che essi con-sentano l’adozione di misure ido-nee alla conservazione degli equi-libri finanziari per tempi lunghis-simi; va invece esclusa, in modoassoluto, la facoltà di approvareprovvedimenti che possano peg-giorare gli equilibri finanziari del-l’ente.L’attribuzione di questi poteri,con rigorose limitazioni e da eser-citare con il controllo dei Ministrivigilanti, corrisponde alla esigen-za che gli Enti previdenziali pri-vati possano avere gestioni finan-ziarie equilibrate per tempi futurilunghissimi, per corrispondereagli interessi non solo degli iscrit-ti, ma anche della collettività, es-sendo corrispondente al pubblicointeresse che ogni categoria di la-voratori abbia una idonea tutelaprevidenziale.Vengono poi elencati numerosipoteri da riconoscere agli Entiprevidenziali privati. Si tratta dispecificazioni che si ritengonoopportune per evitare che inter-venti giurisprudenziali limitinoquesti poteri con interpretazionirestrittive delle norme che oravengono proposte (interventi mol-to difficilmente prevedibili, mapur sempre da considerare, con laesperienza delle decisioni giuri-sprudenziali del passato). Queste

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PPREVIDENZAle norme

difiche normative contemperinole aspettative degli iscritti prossi-mi alla pensione con quelli di re-cente o futura iscrizione.Una tutela assoluta delle aspetta-tive, paragonandole quasi ai dirit-ti quesiti, come accadrebbe conl’applicazione del criterio del pro-rata rigorosamente interpretato,comporterebbe un sacrificio ec-cessivo per gli iscritti giovani eper le generazioni future, tenutoconto che, secondo il parere una-nime di economisti ed attuari, lepensioni attuali sono, per tutti gliEnti privati, «troppo generose».Si protrarrebbero cioè troppo neltempo ingiusti privilegi in contra-sto con la prescrizione della leggedelega che, invece, impone di eli-minare le sperequazioni (letterae), comma 33, articolo 1, dellalegge n. 537 del 1993).È necessario che ciascun ente pre-videnziale privato possa modifi-care, per migliorarla, l’intera di-sciplina di contribuzioni e presta-zioni. È però importante normacautelativa imporre che questemodifiche non siano (più o menovolutamente) un mezzo per favo-rire gli iscritti, cagionando mag-giori oneri complessivi per l’ente.Una esigenza, che si va semprepiù evidenziando, è quella di au-mentare, anche in misura rilevan-te, l’età del pensionamento.Al tempo in cui furono istituiti isingoli Enti previdenziali di cate-goria, l’età media era molto infe-riore a quella attuale e l’età di ses-santacinque anni, fissata per ilpensionamento, veniva superataper un tempo limitato e neppureraggiunta da molti.Ora, l’età media è molto cresciutae le pensioni vengono perciò pa-gate per tempi sempre più lunghi.Di fronte alla conseguente esigen-za di aumentare l’età del pensio-

namento, vi è anche un apprezza-bile desiderio di molti di antici-parlo per le ragioni più varie.Occorre dunque stabilire che l’an-ticipazione del pensionamentopossa essere chiesta, ma senza ar-recare maggiori oneri finanziariall’ente previdenziale; è necessa-rio, cioè, che questa anticipazionesia per l’ente indifferente.Il risultato si può ottenere con lariduzione dell’ammontare dellapensione anticipata secondo crite-ri attuariali.In questo sistema, la pensione dianzianità potrebbe essere notevol-mente trasformata pur conservan-do la funzione, che le è propria, diconsentire l’anticipazione delpensionamento. Si potrebbe otte-nere l’eliminazione di una dise-guaglianza di trattamento che,con l’aumento della età pensiona-bile, accrescerebbe in misura as-solutamente iniqua.

5) La riserva di legge.

È opportuno precisare che l’interadisciplina previdenziale degli En-ti privati è di loro competenza(sotto il controllo dei Ministri vi-gilanti); mentre è riservata allalegge dello Stato ogni norma checomporti obblighi od oneri a cari-co del non iscritto all’ente.Ad esempio una elevazione delcontributo integrativo oltre il 5per cento per gli avvocati deve es-sere riservata alla legge dello Sta-to in considerazione del fatto chegli iscritti hanno facoltà di ripete-re dai clienti il contributo pagato.Mentre l’aumento, nei limiti pre-scritti dall’articolo 11 della legge20 settembre 1980, n. 576 (fino al5 per cento), rientra nei poteri giàattribuiti dalla legge all’ente e ilrelativo provvedimento è privo divalore normativo.Altro esempio è quello dell’obbli-

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decisioni giurisprudenziali, se tar-dive, come accade di regola, sa-rebbero sconvolgenti per l’enteinteressato.Si richiama l’attenzione su alcunedisposizioni particolari.Nel modificare la disciplina delleprestazioni previdenziali, è postoil limite dell’equità di trattamentoe della conservazione dei dirittiquesiti.A proposito di questi ultimi, è op-portuno precisare che analogo ri-spetto non va osservato per le ge-neriche aspettative, per le qualioccorre contemperare gli interessidegli iscritti anziani con quelledegli iscritti giovani e degli iscrit-ti futuri.È prevista la possibilità di passag-gio dal sistema a ripartizione al si-stema a capitalizzazione, anche sesi ritiene che questo sia di diffici-lissima realizzazione per la neces-sità, che comunque vi sarebbe, diaccantonare il capitale contempo-raneamente al pagamento dellepensioni in atto.Per quanto riguarda l’opzione perl’adozione del sistema contributi-vo, constatata la insufficienza del-la prescrizione contenuta nelcomma 12 dell’articolo 3 dellalegge n. 335 del 1995, è necessa-rio attribuire agli Enti previden-ziali privati la facoltà di regolareil sistema contributivo in coerenzacon la natura di Enti privati e cioècon regole che soddisfino, in mo-do equo, la previdenza di lavora-tori autonomi, con riferimento al-l’economia della singola catego-ria professionale, discostandosidalla economia generale, alla qua-le invece fanno riferimento le re-gole della previdenza contributivadella legge n. 335 del 1995, detta-ta essenzialmente per i lavoratoridipendenti.È opportuno prevedere che le mo-

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Disegno di legge

Art. 1(Princìpi e finalità)

1. La presente legge è volta ad attuare le finalità con-tenute nel presente articolo.2. Gli Enti previdenziali privati:a) svolgono la funzione di assicurare la previdenza

ai liberi professionisti in attuazione degli articoli35 e 38 della Costituzione, con autonomia rispet-to al sistema previdenziale pubblico;

b) operano con criteri privatistici, nel rispetto dispecifiche prescrizioni legislative, sotto il control-lo dei Ministri competenti;

c) sono autonomi dal punto di vista finanziario enon possono beneficiare di finanziamenti pub-blici diretti o indiretti, ai sensi dell’articolo 1,comma 3, del decreto legislativo 30 giugno

1994, n. 509, e non gravano, pertanto, sulla fi-nanza pubblica;

d) dispongono di autonomia gestionale, organizzati-va e contabile nonché di potestà normativa neiconfronti dei loro iscritti ed assistiti;

e) svolgono, in autonomia, una funzione di pubblicointeresse, la quale esige controlli sulle loro attivitànormative e gestionali per garantire la correttez-za della disciplina e del funzionamento e la con-servazione degli equilibri finanziari;

f) elaborano un’autonoma e completa disciplina le-gislativa che costituisce deroga ed eccezione ri-spetto a quanto stabilito per il sistema pensionisti-co obbligatorio pubblico dalla legge 8 agosto1995, n. 335.

3. Gli Enti previdenziali privati nell’attività gestio-nale si ispirano ai seguenti princìpi:a) limitazione delle prestazioni previdenziali a co-

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go di tutti gli iscritti all’albo, an-che se non iscritti alla Cassa na-zionale di previdenza ed assisten-za per gli avvocati ed i procurato-ri e non obbligati all’iscrizione, diinviare alla Cassa tutte le comuni-cazioni prescritte.Ulteriore esempio è dato dagli ob-blighi imposti ai consigli dell’or-dine di adempiere a varie prescri-zioni di carattere previdenziale.In questi e in analoghi casi, modi-fiche o innovazioni normative ri-chiedono una legge dello Stato.

6) Fare salvi i provvedimenti giàapprovati.

Dopo la emanazione del decretolegislativo n. 509 del 1994 e del-l’articolo 3 comma 12 della leggen. 335 del 1995 (anche dopo lepiù volte citate modifiche), quasitutti gli Enti previdenziali privatihanno adottato provvedimenti va-ri, ritenendo che essi rientrasseronei loro poteri normativi.Alcuni Enti, ad esempio, hannooptato per il sistema contributivo,ma con norme che si discostanoda quelle del sistema generale.

La giurisprudenza è già interve-nuta dichiarando l’invalidità dimolte di queste deliberazioni e viè pertanto il rischio di un rilevan-te contenzioso con effetti gravis-simi per il funzionamento degliEnti.Si impone pertanto che siano fattisalvi i provvedimenti adottati eapprovati dai ministeri, purchésiano stati deliberati con poteriora espressamente riconosciuti.Questa disposizione è giustificatadall’incertezza che vi era nell’in-terpretazione delle norme e dallanetta necessità di deliberare prov-vedimenti urgenti.Questa conferma è condizionataal fatto che i provvedimenti sianostati deliberati con poteri oraespressamente riconosciuti con ildisegno di legge che si commenta.

7) L’abrogazione del comma 12dell’articolo 3 della legge n.335 del 1995, come modificatodall’articolo 1, comma 763,della legge n. 296 del 2006.

L’ampiezza dei poteri da attribui-re agli Enti previdenziali privati

consente di ritenere superate, eperciò superflue, le prescrizionicontenute nel comma 12 dell’ar-ticolo 3 della legge n. 335 del1995, come modificato dall’arti-colo 1, comma 763, della legge27 dicembre 2006, n. 296. Il con-tenuto di questa norma apparecontraddittorio, perché parte dalgiusto presupposto che gli Entiprevidenziali debbano quantoprima adottare provvedimentiper risanare i propri bilanci inuna prospettiva futura, ma poiconferisce a questi Enti poteriinadeguati allo scopo e detta re-gole, anch’esse inadeguate, chenon rispettano i princìpi di equitàe di solidarietà.L’abrogazione di questa normacon le sue modifiche si imponeper dare chiarezza al sistema pre-videnziale privato e alla sua auto-nomia.Inoltre, questi due commi, inter-pretati dalla giurisprudenza concriteri restrittivi, hanno dato luogoa delibere di annullamento di variprovvedimenti di Enti previden-ziali privati, con danni rilevanti.

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PPREVIDENZA informazione

l’equilibrio del bilancio mediante l’adozione diprovvedimenti coerenti con le indicazioni risul-tanti dal bilancio tecnico che viene redatto conperiodicità almeno triennale. Il bilancio tecnicodeve contenere previsioni estese ad un periododi tempo non inferiore a trenta anni per i primitre bilanci tecnici e a quaranta anni a partiredal quarto bilancio tecnico. Il bilancio tecnico èredatto secondo criteri determinati con decretodel Ministro del lavoro e della previdenza socia-le, di concerto con il Ministro dell’economia edelle finanze, sentite le associazioni e le fonda-zioni interessate, sulla base delle indicazionielaborate dal Consiglio nazionale degli attuarinonché dal Nucleo di valutazione della spesaprevidenziale.3. I rendiconti annuali delle associazioni o fonda-zioni di cui all’articolo 1 sono sottoposti a revi-sioni contabili indipendenti e a certificazioni daparte dei soggetti in possesso dei requisiti per l’i-scrizione al registro di cui all’articolo 1 del de-creto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88.4. Qualora, da due bilanci tecnici consecutivi,risulti che non siano garantiti gli equilibri fi-nanziari dell’ente nella prospettiva del numerodi anni previsto dal comma 2 e gli organi colle-giali competenti non abbiano adottato gli op-portuni provvedimenti entro l’anno successivoalla redazione del secondo bilancio, il Ministrodel lavoro e della previdenza sociale, di intesacon gli altri Ministri vigilanti, nomina, con pro-prio decreto, un collegio di commissari ai qualivengono conferiti tutti i poteri normativi e am-ministrativi degli organi collegiali degli Enti,con il compito di deliberare le modifiche nor-mative idonee a riportare in equilibrio il bilan-cio tecnico per l’arco di tempo sopra indicato;l’entrata in vigore di ogni modifica normativapuò essere immediata.5. Il collegio di commissari è composto da cinquemembri, dei quali tre designati di intesa tra i Mi-nistri vigilanti e due dal Consiglio nazionale del-le professioni o, di intesa tra di loro, dai Consiglinazionali delle professioni proprie degli iscritti al-l’ente.6. Con lo stesso decreto di cui al comma 4, il Mi-nistro del lavoro e della previdenza sociale revocatutti gli organi dell’ente previdenziale, i quali ri-mangono in funzione per l’ordinaria amministra-zione, fino alla loro sostituzione.

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loro che effettivamente esercitino le professioniconsiderate per l’iscrizione a ciascun ente. L’ac-certamento della effettività dell’esercizio profes-sionale è demandato ai regolamenti dei singoliEnti, i quali devono indicare criteri obiettivi,senza discrezionalità e di facile accertamento,che dimostrino lo svolgimento dell’attività pro-fessionale;

b) eliminazione, a parità di spesa, delle sperequazio-ni nei trattamenti previdenziali erogati, e rispettodei princìpi di equità, solidarietà ed assistenzaper le loro modificazioni;

c) adozione di tutte le misure idonee a realizzareeconomie di gestione ed un rapporto tendenzial-mente equilibrato tra contributi e prestazioni pre-videnziali. In particolare, adozione di modifichealla misura delle contribuzioni e delle prestazioni,quando ciò sia opportuno per garantire gli equili-bri finanziari, nella prospettiva temporale previstadall’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo30 giugno 1994, n. 509, come modificato dall’ar-ticolo 2, comma 1, lettera a), della presente legge,e per migliorare la disciplina normativa di tutti gliEnti;

d) rispetto dell’equità di trattamento, anche tra ge-nerazioni, nelle modifiche alla disciplina dei varitipi di prestazioni previdenziali.

4. Gli Enti previdenziali privati possono procederealla fusione o alla incorporazione tra gli Enti i cuiiscritti appartengano a categorie che esercitano atti-vità coincidenti, ovvero omogenee. La fusione com-porta il rispetto dei diritti quesiti; le regole per iscri-zione, prestazioni e contributi sono rese eguali pertutti gli iscritti entro un termine massimo di dieci an-ni dalla fusione.

Art. 2(Modifiche al decreto legislativo

30 giugno 1994, n. 509)1. Al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, so-no apportate le seguenti modificazioni:a) l’articolo 2 è sostituito dal seguente:

«Art. 2. – (Gestione). – 1. Le associazioni o le fon-dazioni di cui all’articolo 1 hanno autonomia ge-stionale, organizzativa, normativa e contabile nelrispetto dei princìpi stabiliti dal presente articolo,nei limiti fissati dalle disposizioni del presente de-creto in relazione alla natura di pubblico interes-se dell’attività svolta.2. La gestione economico-finanziaria assicura

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7. Il collegio di commissari provvede immedia-tamente alla convocazione delle elezioni per ilrinnovo di tutte le cariche, rispettando, perquanto possibile, le norme regolamentari sulleelezioni.8. Il Ministro del lavoro e della previdenza socia-le provvede, ove necessario, ad emanare normesostitutive per la disciplina delle elezioni. I nuovieletti possono svolgere soltanto funzioni di ordi-naria amministrazione fino alla cessazione dellefunzioni del collegio di commissari.9. Il Ministro del lavoro e della previdenza socia-le delibera, con proprio decreto, la cessazionedalle funzioni del collegio di commissari dopol’approvazione da parte dei Ministri vigilanti deiprovvedimenti adottati, che risultino idonei a rie-quilibrare le previsioni del bilancio tecnico nel-l’arco di tempo indicato nel comma 2.10. Gli organi dell’ente riacquistano tutti i loropoteri a seguito dell’emanazione del decreto di cuial comma 9.11. Nel caso in cui gli organi di amministrazionee di rappresentanza si rendessero responsabili digravi violazioni di legge afferenti la corretta ge-stione dell’associazione o della fondazione, il Mi-nistro del lavoro e della previdenza sociale, diconcerto con i Ministri di cui all’articolo 3, com-ma 1, revoca i componenti dei vari organi e nomi-na un commissario straordinario con il compito disalvaguardare la corretta gestione dell’ente e, en-tro sei mesi dalla sua nomina, di avviare e con-cludere la procedura per eleggere gli amministra-tori dell’ente stesso, come previsto dallo Statuto edel regolamento elettorale.12. Se la crisi finanziaria di un ente previdenzialeappare assolutamente irreversibile e non è possi-bile la fusione o l’incorporazione con altro enteprevidenziale privato, esso deve essere incorpora-to nell’Istituto nazionale della previdenza sociale(INPS). In tal caso, si applicano agli iscritti al-l’ente incorporato le norme vigenti per le gestionispeciali dei lavoratori autonomi, secondo le pre-scrizioni impartite dal Ministro del lavoro e dellaprevidenza sociale»;

b) il comma 2 dell’articolo 3 è sostituito dai seguenti:«2. Nell’esercizio della vigilanza, il Ministro del la-voro e della previdenza sociale di concerto con iMinistri di cui al comma 1, approva i seguenti atti:a) lo statuto e i regolamenti, nonché le relativemodificazioni;

b) le delibere di contenuto normativo e quelle inmateria di contributi e prestazioni. Per le forme diprevidenza sostitutive dell’assicurazione generaleobbligatoria, le delibere sono adottate sulla basedelle determinazioni definite dalla contrattazionecollettiva nazionale.2-bis. Il Ministro vigilante conclude il procedi-mento di approvazione degli atti di cui al comma2 entro novanta giorni dalla data di ricezione de-gli atti suddetti. Tale termine è prorogato di ulte-riori sessanta giorni nell’ipotesi in cui il Ministrochieda chiarimenti o faccia osservazioni.2-ter. Il provvedimento adottato ai sensi del com-ma 2-bis si intende approvato, se non rigettato en-tro tali termini. I provvedimenti di rigetto devonoessere adeguatamente motivati».

Art. 3(Poteri normativi)

1. Gli Enti previdenziali privati esercitano la propriaautonomia normativa regolamentando in manieracompleta e organica la loro disciplina previdenzialein materia di:a) contribuzioni;b) prestazioni con i relativi requisiti di accesso e con

i criteri di determinazione della loro entità;c) sanzioni.2. Gli Enti previdenziali privati devono favorire gliequilibri finanziari nel rispetto dell’equità intergene-razionale e dei diritti quesiti. L’esercizio dei poteridi cui al comma 1 è soggetto al controllo dei Ministrivigilanti, ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del de-creto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, come modi-ficato dall’articolo 2, comma 1, lettera b), della pre-sente legge.3. Gli Enti previdenziali privati retti dal sistema a ri-partizione possono optare, in tutto o in parte, per unsistema a capitalizzazione. Gli Enti retti dal sistemaretributivo possono optare per l’adozione di un si-stema in tutto o in parte contributivo, con appositadisciplina coerente con la loro autonomia finanzia-ria e con riferimento all’economia delle singole ca-tegorie professionali, utilizzando parametri, criteri ecoefficienti di rendimento compatibili con lo scopo diassicurare l’equilibrio di bilancio e con il rispettodei princìpi di solidarietà.4. Le delibere degli Enti devono contemperare leaspettative degli iscritti prossimi alla maturazionedella pensione con quelle degli iscritti recenti o futuri.5. Le modifiche della disciplina normativa delle pre-

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PPREVIDENZA informazione

Art. 4(Norme finali)

1. I provvedimenti di cui all’articolo 3, adottati dagliEnti previdenziali privati al fine di apportare modifi-che normative a prestazioni e contribuzioni, in forzadel decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e del-l’articolo 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n.335, e successive modificazioni, sono fatti salvi conefficacia dalla data della loro approvazione da par-te dei Ministeri vigilanti, purché emanati nell’ambi-to dei poteri ad essi riconosciuti con la presente leg-ge. La conformità dei suddetti provvedimenti ai po-teri riconosciuti dalla presente legge è verificata da-gli Enti interessati con delibera sottoposta alla ap-provazione dei Ministeri vigilanti.2. Il comma 12 dell’articolo 3 della legge 8 agosto1995, n. 335, è abrogato.

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stazioni non devono determinare un maggior onerecomplessivo per l’ente.6. L’età per il pensionamento di vecchiaia può esse-re elevata ovvero può essere anticipata fino ai limitiprevisti dal sistema pubblico per la pensione di an-zianità. In tal caso, l’anticipazione deve essere resafinanziariamente indifferente per l’ente con la ridu-zione dell’ammontare della pensione, secondo crite-ri attuariali. La pensione di anzianità può essere tra-sformata con la previsione della facoltà di anticipa-zione del pensionamento di vecchiaia e con il rico-noscimento della facoltà di proseguire l’esercizioprofessionale.7. La legge disciplina l’individuazione di obblighi odoneri a carico di soggetti non iscritti all’ente ovveronon obbligati alla iscrizione, nonché la ricongiun-zione dei periodi assicurativi e la loro totalizzazione.

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PPREVIDENZA

le norme

LA PREVIDENZA FORENSE

I bilanci tecnici secondo i Ministeri

I Ministeri vigilanti hanno emanato norme che impongono agli Enti previdenzia-li privati di operare in modo di garantire la conservazione degli equilibri

finanziari per un lunghissimo periodo e che stabiliscono le regole per la redazione dei bilanci tecnici.

di Valeriano Vasarri

La legge finanziaria 2006 ha am-pliato il periodo entro il quale leCasse di previdenza private deb-bono assicurare la stabilità dellagestione, portandolo dai 15 anniprevisti nel 1995 dalla legge n.335, a 30 anni. Ciò, detto in ter-mini meno tecnici, significa chele Casse, a partire da oggi, devonoassicurare di essere in grado, dalpunto di vista finanziario, di ero-gare le prestazioni dovute agliiscritti per i successivi 30 anni.Secondo i principi stabiliti dalD.lgs. n. 509/1994 che attuò laprivatizzazione della Casse, que-ste non possono godere di alcunfinanziamento pubblico, ad ecce-zione della fiscalizzazione deglioneri sociali. Che cosa succede-rebbe, dunque, se gli organi di go-verno delle Casse non provvedes-sero ad adottare misure idonee alriequilibrio della gestione? Lalegge è sul punto assai drastica:dopo aver sentito l’Ente ed il Nu-cleo di Valutazione della SpesaPrevidenziale, vengono adottatele misure di cui all’art. 2, comma4 del citato decreto legislativo.Tali misure prevedono che sia no-minato un commissario straordi-nario che adotta i provvedimentinecessari ma, nel caso che il disa-vanzo persista decorsi tre annidalla sua nomina e constatata laimpossibilità di poter provvedere

al riequilibrio, si procede alla li-quidazione dell’Ente.La gravità delle misure adottabiliin caso di persistente disavanzorende dunque l’equilibrio di bi-lancio elemento cardine non solodella buona gestione dell’Ente,ma addirittura della sua sopravvi-venza. Di qui l’estrema importan-za di una corretta individuazionedei criteri per la redazione dei bi-lanci tecnici che servono proprioalla verifica dell’equilibrio.La modifica operata alla L. n.335/1995 dalla finanziaria 2006affida la determinazione dei crite-ri per la redazione dei bilanci adun decreto del Ministero del La-voro e della Previdenza Socialeda emanarsi di concerto con il Mi-nistero dell’Economia e delle Fi-nanze, sentite le Associazioni oFondazioni interessate, sulla basedelle indicazioni elaborate dalConsiglio Nazionale degli Attuarinonché dal Nucleo di Valutazionedella Spesa Previdenziale.Il Ministero del lavoro ha predi-sposto agli inizi di quest’anno undocumento denominato Contribu-to alla emanazione del Decretointerministeriale in attuazionedell’art. 1 c. 763 della legge2/12/06, n. 296 (Legge finanziaria2007) e lo ha inviato al ConsiglioNazionale degli Attuari ed al Nu-cleo di Valutazione. Dal canto suo

l’AdEPP, associazione che, comeè noto, riunisce gli Enti di Previ-denza Privatizzati (D.lgs. n.509/1994) e Privati (D.lgs. n.103/1996) proseguendo in un pro-cesso virtuoso di consultazionecon i Ministeri vigilanti iniziatogià nel 2005, ha costituito ungruppo di lavoro con lo scopo difornire il contributo delle Cassealla materia. Lo scopo precipuo ditale gruppo è stato quello di ana-lizzare il documento predispostodal Ministero al fine di proporre isuggerimenti delle Casse destina-tarie dell’emanando provvedi-mento. La volontà di dare vesteufficiale al processo di consulta-zione tra i vari attori del procedi-mento di formazione del decreto,contenuta nella legge, ha incon-trato unanime apprezzamento.I problemi, già per loro natura didifficile soluzione, che il manteni-mento di una previdenza con pre-stazioni adeguate e sostenibile nelmedio-lungo periodo determina,sono come è a tutti noto, aggrava-ti dalla più alta conquista dellamoderna sanità e cioè l’allunga-mento della vita media, portata alivelli impensabili sino a pochianni addietro. Da qui la necessitàche i problemi previdenziali ven-gano affrontati e risolti senza illo-giche imposizioni e senza prese diposizione preconcette ma con fat-

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PPREVIDENZAle norme

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salvo piccole variazioni, la secon-da. Al momento della redazionedi queste note non risulta ancorapromulgata e comunque non èstata pubblicata sulla Gazz. Uff. laversione definitiva.

■ ■ ■

Le critiche che da più parti ven-gono mosse alla bozza di decretopredisposta dal Ministero, muo-vono dalla constatazione che lanorma “delegante” (Finanziaria2007) determina una sorta di ge-rarchia fra le indicazioni che ilMinistero deve prendere a baseper la redazione dei criteri e la-mentano che esse sarebbero staterispettate solo nella forma ma nonnella sostanza. Cerchiamo di ve-dere se le critiche mosse sianocondivisibili. La legge così recita:«Il bilancio tecnico ……… è re-datto secondo criteri determinaticon decreto …… sentite le asso-ciazioni e fondazioni interessatesulla base delle indicazioni ela-borate dal Consiglio Nazionaledegli Attuari, nonché dal Nucleodi Valutazione della Spesa Previ-denziale». Interpretando la normanel modo voluto dall’art. 12 dellepreleggi, si dovrebbe pervenire al-la convinzione che il decreto deb-ba essere redatto sulla base essen-zialmente delle indicazioni forni-te dal Consiglio Nazionale degliAttuari e, ma solo in aggiunta, suquelle fornite dal Nucleo. La con-giunzione “nonché” usata dal le-gislatore, infatti, diversamentenon avrebbe gran senso. Si ricavainoltre anche la convinzione chegli Enti debbano essere consultatisia prima della redazione dellabozza del decreto, che dopo. Di-versamente opinando la consulta-zione diverrebbe un atto mera-mente formale. È evidente che adun elaborato normativo già predi-sposto è difficile apportare corre-

zioni non marginali senza stravol-gerne l’impianto.In concreto, quindi, il Ministero,inviando agli Enti la bozza di de-creto all’inizio del periodo ferialee concedendo per le osservazioniun lasso di tempo assai breve(meno di un mese) compreso inte-ramente nel mese di agosto, hadato alle Casse la sensazione divolerle mettere davanti al fattocompiuto. Di qui le loro reazioninon del tutto ingiustificate.Esaminando poi la bozza, si sco-pre che le principali indicazionidel Consiglio degli Attuari e quel-le formulate dal gruppo di lavorosono state in gran parte disattesenella redazione della bozza, men-tre sono state accolte quelle delNucleo, che, come vedremo, an-davano in senso contrario. Questonon ha contribuito a rasserenaregli animi.Se si passa poi ad un esame piùdettagliato, è possibile notare chenel lavoro preparatorio il più im-portante motivo di dissenso ri-guarda la durata temporale allaquale devono spingersi le proie-zioni attuariali. La legge disponeche l’obbligo di assicurare l’equi-librio di bilancio previsto dall’art.2 della L. n. 509/1994 possa con-siderarsi assolto quando la stabi-lità della gestione sia assicurataper un periodo non inferiore a 30anni. Il documento Ministerialeiniziale, invece, riteneva che ai fi-ni della verifica della stabilità ilbilancio tecnico dovesse comun-que sviluppare una proiezione deidati per un periodo di 40 anni. IlConsiglio degli Attuari formulavasul punto rilievi affermando chequanto richiesto dal Ministeronon appariva tecnicamente corret-to risolvendosi in un «mero signi-ficato di ampliamento del periododi valutazione… del tutto inade-

tivo spirito di collaborazione fravigilanti e vigilati. Dovrebbe alproposito essere tenuto semprepresente dai vigilanti, che le Cas-se sono enti autonomi di dirittoprivato e dai vigilati che essi svol-gono la funzione di tipo pubblici-stico voluta dall’art. 38 della no-stra Costituzione.Comunque il Ministero, ricevutele osservazioni del Consiglio de-gli Attuari nonché quelle del Nu-cleo di Valutazione e quelle delGruppo di lavoro dell’AdEPP, haproceduto alla redazione di unaprima bozza di decreto inviandolaalle Casse interessate il 30 luglioscorso con termine sino al 28 ago-sto per le osservazioni (terminepoi prorogato sino al 4 settembre)fissando una riunione per il suc-cessivo 10 settembre.In relazione al metodo adottatodal Ministero (invio della bozzaall’inizio del periodo feriale contermini giudicati del tutto inap-propriati) e al merito del provve-dimento (che non recepiva di fat-to alcuna delle indicazioni delConsiglio degli Attuari e del grup-po di lavoro, ma solo quelleespresse dal Nucleo di Valutazio-ne le quali andavano però in sen-so contrario a quelle espresse da-gli attuari e dal gruppo di lavoro)si apriva un forte dibattito chegiungeva fino al Parlamento (In-terpellanza n. 2-00731 in data 19settembre 2007 dell’on. EgidioEnrico Petrini e Audizione delMinistro del Lavoro in data 4 ot-tobre 2007 dinnanzi alla commis-sione bicamerale presieduta dal-l’on. Emma Elena Cordoni).Il Ministero, a seguito delle osser-vazioni, provvedeva alla redazio-ne di una seconda bozza con alcu-ne modifiche ed infine di una ter-za bozza pubblicata il 5 ottobre2007 su Italia Oggi che ricalcava,

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guato per una analisi completa diuna collettività di professioni-sti…». Il gruppo di lavoro AdEPP,dal canto suo, insisteva sul perio-do di trenta anni quale riferimen-to. Il Nucleo di Valutazione inve-ce proponeva addirittura di allun-gare a 50 anni il periodo di valu-tazione della stabilità non curan-dosi del disposto di legge che lalimita a 30 anni. Si legge infattinel documento del Nucleo: «Di-versamente da quanto riportatonel punto 4 si potrebbe valutare lastabilità della gestione estenden-do le proiezioni dei dati (di circa50 anni) che copra l’intera esi-stenza di una generazione diiscritti».Il Ministero, appiattendosi intera-mente sulle indicazioni del Nu-cleo, senza tener alcun conto del-le osservazioni che gli attuari ave-vano formulato al documento ini-ziale giudicando non corrette sot-to il profilo tecnico attuariale leproiezioni a 40 anni e quindi, amaggior ragione a 50 anni, redi-geva la bozza di decreto preve-dendo che «ai fini della verificadella stabilità… il bilancio tecni-co sviluppa la proiezione dei datiper un periodo di cinquanta an-ni…». Si realizzava così oltre cheuna impostazione fuorviante dalpunto di vista tecnico attuariale,anche un eccesso di potere ed unaviolazione di legge dal punto divista giuridico, operandosi, con lostrumento regolamentare, un in-debito allungamento del periododi stabilità.Altri punti di frizione erano costi-tuiti:– dai criteri di scelta delle ipotesi

demografiche ed economicheche il Ministero ed il Nucleovolevano ancorate, come nor-ma, all’andamento generale deltasso di occupazione e dell’eco-

nomia e solo in caso di evidentespecificità a elementi propridella categoria, mentre gli at-tuari ed il gruppo di lavoro levolevano ancorate agli elementidi specificità e, solo ove questifossero assenti, ai criteri gene-rali. Veniva posto in rilevo il fat-to che lo sviluppo del reddito dilavoro autonomo dipende oltreche da fattori di ordine genera-le, riconducibili alla dinamicadel quadro politico, sociale edeconomico, anche da vicendeindividuali che, distintamenteper categorie o gruppi omoge-nei di partecipanti, danno luogoa “linee evolutive” che rifletto-no l’andamento del reddito inrelazione a fattori specifici qua-li l’anzianità lavorativa e l’età.

– Dalla redditività del patrimo-nio. Sul versante di questo deli-cato aspetto, per verità, le posi-zioni non apparivano così di-vergenti come per gli aspettidemografici ed economici. Ve-niva espresso da parte delleCasse apprezzamento per l’in-serimento, nel documento, delriferimento ad uno schema co-mune di calcolo ed alla consi-derazione attribuita alle aspet-tative connesse con l’ultimopiano di investimento program-mato. Veniva però fatto rilevareal Ministero che la pretesa diancorare il tasso massimo diredditività del patrimonio ad unparametro individuato nel tassodi interesse adottato per laproiezione del debito pubblico,non poteva essere condivisa.Tale criterio appariva infatti as-solutamente estraneo alla realtàoperativa degli Enti. Esso infat-ti, ove fosse risultato inferiore aquello effettivamente realizzatoavrebbe dato una rappresenta-zione distorta ed arbitrariamen-

te penalizzante della loro situa-zione finanziaria.

– Si faceva infine notare che laprescrizione che obbligava gliEnti, nel caso in cui pretendes-sero di utilizzare, motivatamen-te, parametri propri, a redigerein aggiunta, proiezioni basate sucriteri “neutrali”, si risolveva inun inutile aggravio. Si facevapoi notare che tale secondo bi-lancio non poteva che generareconfusione ed incertezza nonapparendo chiaro quale dovesseessere considerato il bilancioufficiale da prendere in conside-razione.

A conclusione di questo breve ex-cursus viene spontaneo formularealcune riflessioni. Il mondo dellaprevidenza privata, così comeaveva apprezzato l’apertura aldialogo dimostrata dai Ministerivigilanti nel recente passato, nonpuò non guardare con preoccupa-zione al cambiamento di imposta-zione adottato nell’affrontare ildelicatissimo e per le Casse vitaleproblema dei bilanci tecnici. Inparticolare desta seria preoccupa-zione il voler ad ogni costo valu-tare la sostenibilità dei sistemiprivati alla luce dei criteri adope-rati per il sistema pubblico senzatener in alcun conto le loro speci-ficità e senza considerare che i bi-lanci attuariali sono stati dallalegge previsti proprio per misura-re la sostenibilità delle singoleCasse in relazione ai loro propriparametri.Gli iscritti temono perciò che que-sto doppio binario sia per loro fo-riero di incertezze e che in defini-tiva costituisca un attentato allaautonomia delle loro Casse.Infatti se è vero che la legge pre-vede la sostenibilità per il periododi 30 anni e se è vero che il de-creto la riafferma, esso pretende

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PPREVIDENZAle norme

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vono essere ben altri che avere ri-serve per cinque anni.Infine con l’art. 7 si è regolato, as-sai sbrigativamente per verità, ilcaso che «gli enti non garantisca-no il riequilibrio gestionale conl’adozione di idonee determina-zioni da sottoporre … all’appro-vazione dei ministeri vigilanti».Questi, sentito il Nucleo e l’Enteinteressato, procedono alla nomi-na del commissario straordinarioper gli adempimenti previsti dal-l’art. 2, comma 4 del D.lgs. n.509/1994. Alla luce delle conside-razioni che abbiamo innanzi fattoci viene subito da domandarci:sulla base di quale bilancio tecni-co deve essere giudicata l’ido-neità dei provvedimenti tesi ad ot-tenere il riequilibrio? Sulla basedel bilancio specifico o di quello“neutrale”? Ed ancora esso deveessere garantito per 30 o per 50anni?Al termine di questo excursus cisia consentita una riflessione con-clusiva: se i bilanci dovevano ser-vire a valutare la stabilità delleCasse nel medio/lungo periodo,prima di dettare i criteri per la lo-ro formazione sarebbe stato op-portuno analizzare a fondo la si-tuazione finanziaria dei singoliEnti per poi delineare un quadrocomplessivo della previdenza li-bero-professionale. Si sarebberoavuti, riteniamo, elementi prezio-si di valutazione.Il Nucleo, nell’autunno delloscorso anno, ha licenziato un ap-profondito studio sulla spesa pre-videnziale obbligatoria intitolato“Gli andamenti finanziari del si-stema pensionistico obbligato-rio”. In relazione alla previdenzadelle Casse dei liberi professioni-sti ha testualmente affermato: «IImonitoraggio del N.V.S.P. sulla si-tuazione attuale e le prospettive

future delle Casse di Previdenzadei Liberi Professionisti conside-ra sia le Casse privatizzate in ba-se al D.lgs. n. 509/1994, sia quel-le direttamente istituite comeCasse private in base al D.lgs n.103/1996. Le due tipologie natecon caratteristiche distinte, pre-sentano anche problemi diversi:per le prime la questione princi-pale è la sostenibilità nel lungoperiodo del sottostante disegnoprevidenziale; per le seconde, chegià recepiscono i principi cardinestabiliti dalla riforma del sistemapubblico del 1995, si pone invecesoprattutto un problema di ade-guatezza dei benefici dovuto allapossibile insufficienza dei livellicontributivi.Entrambi i problemi richiedonoapprofondimenti specifici che,nel presente rapporto sull’insie-me dei fondi della previdenza ob-bligatoria non possono trovareadeguato spazio. Pertanto ilN.V.S.P. rinvia questo compito adun prossimo rapporto interamentedestinato alla previdenza dei libe-ri professionisti, atto a coglierecon il supporto di metodologieappropriate, le generali tendenzedi fondo e le differenze tra le di-verse casse, in relazione a varia-bili geografiche, patrimoniali egestionali. Nel presente lavoro cisi limita pertanto ad un quadro disintesi, in cui sono tracciate le li-nee attorno alle quali si artico-lerà la successiva e più dettaglia-ta analisi…». Orbene ci saremmoaspettati che prima di affrontare ilproblema dei criteri di formazio-ne dei bilanci tecnici, elementovitale come abbiam visto per ladeterminazione della stabilità nelmedio/lungo periodo delle Casse,si attendesse la promessa indagi-ne sullo stato delle medesime.Avremmo avuto così una larga ba-

poi che il bilancio si sviluppi per50. Afferma che “è opportuno”ma non è dato sapere quali ragio-ni sottostiano a questa opportu-nità se i tecnici la negano e la giu-dicano inutile.È altresì vero che è possibile perle Casse utilizzare elementi speci-fici per sviluppare le proprieproiezioni ma in tal caso tale ado-zione deve essere motivata e deveessere redatta in aggiunta unaproiezione c.d. “neutrale”. Vienfatto a questo punto di domandar-ci: se gli elementi sono specifici,quale ragione vi è di pretendereche ne sia motivata la adozione?Essa dovrebbe essere infatti in reipsa. Ed inoltre: a che cosa serve,in presenza di elementi specifici,un bilancio “neutrale” se non aspendere inutilmente una cifrettautilmente spendibile altrove? Ameno che (ed a pensar male…con quel che segue) questa noncostituisca un’arma costantemen-te puntata per poter in qualunquemomento commissariare l’enteincamerandone il patrimonio.Si è poi preteso che la riserva le-gale fosse parametrata a cinqueanni di pensioni correnti mentre lalegge prevede che si debba fare ri-ferimento alle pensioni in esserenel 1994. Ci si è comunque affret-tati ad affermare che il dispostolegislativo veniva fatto salvo. Maanche in questo caso, allora, vienfatto di domandarci a che serva daun lato pretendere la sostenibilitàa 50 anni e dall’altro chiedere chela riserva legale sia pari a cinqueanni di pensioni in essere.Infatti o il sistema è sostenibilenel medio/lungo periodo ed allorala riserva non ha eccessiva impor-tanza servendo solo come com-pensatore di momentanee altera-zioni nel flusso di cassa o non èsostenibile ed allora i rimedi de-

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LA PREVIDENZA FORENSE

se di dati su cui lavorare, cheavrebbe consentito di conoscerelo stato di salute dei singoli Enti edella previdenza libero-professio-nale nel suo complesso. Invece siè volutamente trascurata taleeventualità e contemporaneamen-te si è tentato in ogni modo di an-corare la valutazione della stabi-lità su criteri più adatti alla previ-denza pubblica e addirittura piùrestrittivi di quelli voluti dallastessa legge.

Non possiamo non essere preoccu-pati e scontenti. È cosa nota che laprevidenza pubblica attinge ognianno, per coprire il profondo rossoin cui naviga, alla fiscalità genera-le. È prevedibile che tale stato dicose sia destinato a peggiorare. Èaltrettanto noto che la previdenzapubblica non riguarda la totalitàdei cittadini ma solo una parte, an-che se rilevante, di essi. Orbene, iprofessionisti contribuiscono inbuona misura, nonostante tutto ciò

che si dice, alla fiscalità generale.Le loro Casse però non hanno di-ritto ad alcun finanziamento pub-blico. Da un lato quindi essi, attra-verso la fiscalità generale, contri-buiscono a coprire i disavanzi del-la previdenza pubblica e dall’altronon solo non hanno alcun ritorno,ma addirittura il rendimento del lo-ro patrimonio viene tassato in ma-niera iniqua. È questa ultima unagrave ingiustizia a cui deve essereposto rimedio.

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PPREVIDENZAle norme

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Il Comitato dei Delegati ha appro-vato la delibera per l’aggiorna-mento dei criteri per la prova delrequisito della continuità dell’e-sercizio professionale.Con questa delibera, sono statifissati nuovi limiti minimi di red-dito e di volume d’affari prescritticome prova dimostrativa dell’e-sercizio continuativo.Questo è il testo della nuova deli-bera:

1) Dal 1° gennaio 2008, fermi re-stando per i precedenti periodii criteri già fissati in passato,possiede il requisito dell’eser-cizio professionale forense ef-fettivo, continuativo e preva-lente, l’avvocato che abbia di-chiarato o nei cui confronti siastato accertato un reddito nettooppure un volume di affari de-rivanti dall’esercizio dell’atti-vità professionale forense, noninferiori ad un livello annuo ri-spettivamente pari a:€ 8.000,00 di reddito professio-nale netto o € 12.000,00 di vo-lume di affari per l’anno 2008;€ 9.000,00 di reddito professio-nale netto o € 13.500,00 di vo-lume di affari per l’anno 2009;€ 10.000,00 di reddito profes-

sionale netto o € 15.000,00 divolume di affari per gli annidal 2010 e successivi.A partire dal 2011 compreso ilivelli suindicati sono rivalutatiannualmente secondo gli indicimonetari pubblicati dall’Istatper le famiglie di impiegati eoperai, arrotondando i relativiimporti ai 100 euro più vicini.È ammessa la media fra i reddi-ti oppure tra i volumi di affarirelativi a tre anni consecutivi.Gli avvocati sono esonerati,per il triennio iniziale di ap-partenenza all’Albo, dalla pro-va della continuità e prevalen-za dell’esercizio della liberaattività forense; tuttavia essidebbono sempre fornire la pro-va di aver denunciato, per cia-scun anno successivo al primo,un volume d’affari ai fini del-l’IVA di qualsiasi importo.Nei successivi cinque anni diesercizio professionale e dopoil compimento del 60° anno dietà i limiti indicati nel punto 1)sono ridotti alla metà per tuttigli avvocati iscritti alla Cassa.Per i praticanti avvocati iscrit-ti alla Cassa non è richiesta al-cuna prova dell’esercizio con-tinuativo della professione.

2) Nei casi comprovati di malat-tia o di altro grave impedimen-to, la Giunta Esecutiva può va-lutare, con giudizio discrezio-nale, la continuità e prevalenzadell’esercizio professionale, te-nuto presente ogni elementofornito dall’interessato o co-munque acquisito e sentito ilparere del Consiglio dell’Ordi-ne di appartenenza.Dovrà essere dato particolarerilievo ai redditi e volumi di af-fari degli anni anteriori e po-steriori a quelli della malattiao dell’impedimento.Per la maternità la madre èesonerata dalla prova dell’e-sercizio continuativo per dueanni, computando, se richiesto,anche l’anno antecedente allanascita del figlio.L’esonero suddetto spetta al-tresì per l’ingresso del bambi-no adottato o affidato in prea-dozione, a condizione che nonabbia superato i sei anni di età,con decorrenza dall’anno del-l’ingresso del minore nella fa-miglia.

Il Comitato dei Delegati ha inoltreapprovato una norma interpretati-va del seguente contenuto:

PLA PREVIDENZA FORENSE

Aggiornamento della prova dell’esercizio continuativo della professioneL’efficacia della iscrizione alla Cassa Forense richiede che l’avvocato eserciti la professione con carattere di continuità. La legge attribuisce al Comitato dei Delegati il potere di determinare, ogni cinque anni, come deve essere provato l’esercizio continuativo della professione. Il Comitato dei Delegati ha approvato nuove regole del tutto simili a quelle già vigenti.

a cura di D. D.

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a) di interpretare autenticamente icriteri per l’accertamento dellacontinuità dell’esercizio profes-sionale nel senso di computare,in via automatica, ai fini dellamedia triennale, gli anni per iquali risultino dichiarati im-porti pari a 0 o negativi, sia aifini IRPEF che IVA, per tutti icasi per i quali non si è già pro-ceduto al rimborso ex art. 22,legge n. 576/1980;

b) per quanto riguarda le pensio-ni già deliberate, l’eventualeriesame potrà essere effettuatosolo a domanda degli interes-sati, ove non sia stato effettua-to rimborso ex art. 22, legge n.576/1980.

Questa delibera interpretativa si èresa opportuna perché la Giuntaaveva ritenuto di escludere la effi-cacia della iscrizione alla Cassa pergli anni in cui il reddito e il volumed’affari prodotti fossero stati pari a0. Si era infatti escluso che, perquegli anni, potesse valere il crite-rio della media del triennio. Il mo-tivo di questa esclusione era fonda-to sul presupposto che, con redditoe volume d’affari 0, non esistesseun’attività professionale, che con-sentisse di dimostrarne la conti-nuità ricorrendo al criterio dellamedia triennale di reddito o di vo-lume d’affari con la utilizzazionedegli anni anteriori e posteriori.A grande maggioranza, il Comita-to ha affermato il principio, cheanche per gli anni con volumed’affari 0, vi può essere prova del-l’esercizio continuativo facendola media con gli anni prossimi.

I principi della regola dell’esercizio continuativoIn merito alla prescrizione dell’e-sercizio continuativo della profes-sione, per attribuire efficacia agli

anni di iscrizione alla Cassa, èstato pubblicato in questa rivistaun ampio articolo (Dario Donella)nei numeri 1, e 2-3/1994.Ne riportiamo ampi stralci, riprodu-cendo le parti che conservano inte-resse, al fine di una ampia informa-zione sull’argomento qui trattato.

■ ■ ■

Con la delibera del Comitato deiDelegati del 1982, furono fissati icriteri per l’accertamento dell’e-sercizio continuativo della profes-sione di avvocato e di procuratorein attuazione di quanto stabilitodalla legge n. 576/1980 (art. 22,comma 3).Come più volte è stato ricordato,l’iscrizione alla Cassa è obbliga-toria per chi esercita la professio-ne con carattere di continuità ed èefficace solo per gli anni in cui laprofessione è stata esercitata contale carattere.

1. Il requisito dell’eserciziocontinuativo

Nell’affrontare il tema dei requi-siti per l’iscrizione alla Cassa diPrevidenza, sembra opportuno ri-cordare, innanzitutto, che le nor-me previdenziali per i liberi pro-fessionisti costituiscono attuazio-ne di un principio costituzionale(vedasi, per tutti, FRANCESCO PAO-LO ROSSI, Le nuove leggi civilicommentate, 1981, pag. 1 e ss.).La previdenza sociale dei liberiprofessionisti si ricollega a varienorme di rango costituzionale:a) l’impegno costituzionale dello

Stato a rimuovere gli ostacolidi ordine economico e socialeche possono di fatto limitare lalibertà e l’eguaglianza dei cit-tadini (art. 3, comma 2, Cost.);

b) la fondamentale direttiva di tu-tela del lavoro in tutte le sueforme ed applicazioni (art. 35,comma 1, Cost.);

c) il riconoscimento a tutti i lavo-ratori (e perciò anche ai liberiprofessionisti) del diritto a chesiano preveduti e assicuratimezzi adeguati alle loro esi-genze di vita per il verificarsi dideterminati eventi, che genera-no situazioni di bisogno (art.38, comma 2, Cost.).

Da queste enunciazioni, si posso-no trarre alcune conseguenze.In primo luogo, che nessun lavo-ratore libero professionista puòsottrarsi alla tutela previdenzialepubblica e ciò anche in relazioneall’obbligo di ogni cittadino diadempiere agli inderogabili dove-ri di solidarietà politica, economi-ca e sociale (art. 2 Cost.).Inoltre, le norme previdenzialihanno, come destinatari, i liberiprofessionisti in quanto lavoratorie non in quanto semplicementeiscritti in albi, elenchi o registri.Ed è, a questo proposito, impor-tante rilevare che, secondo la legi-slazione vigente (che si auspicaperò venga in proposito quantoprima riformata), possono essere,e restare, iscritti agli albi forensiavvocati e procuratori, che eserci-tano marginalmente l’attività fo-rense o che non la esercitano af-fatto, con il solo limite delle in-compatibilità previste nell’art. 3della legge professionale.Il carattere della continuità dell’e-sercizio professionale va dunquericollegato al requisito fondamen-tale che l’avvocato ed il procura-tore iscritti alla Cassa debbanoessere, prima di tutto, dei “lavo-ratori” e cioè persone che eserci-tano l’attività professionale perprovvedere ad esigenze economi-che di vita.Fa eccezione a questa esigenza lafacoltà di iscrizione alla Cassa ri-conosciuta ai praticanti procura-tori abilitati (ora praticanti avvo-

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LA PREVIDENZA FORENSE

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PPREVIDENZAle norme

la prova di una certa quantità diattività processuale (venti nuoviprocedimenti), nel 1982 il Comi-tato si è chiesto: è giusto e corret-to conservare questa duplicità dicriteri? È possibile individuare al-tri criteri? È preferibile utilizzareil solo criterio fiscale?Il Comitato dei Delegati, dopoun’amplissima discussione, cheaveva approfondito ogni aspettodella questione, aveva fatto lascelta del solo requisito fiscale,salvo per il biennio 1983/1984.A proposito della scelta del solocriterio fiscale, si possono fare al-cune osservazioni, per confermar-ne la validità, la necessità e la in-sostituibilità.a) È certo impossibile poter attri-

buire rilievo alla sola attivitàprocessuale, in mancanza o perl’insufficienza dei requisiti fi-scali. È evidente, infatti, che un“lavoratore”, quale deve esserel’avvocato iscritto alla Cassa,deve percepire un reddito operlomeno conseguire un volu-me d’affari apprezzabile, qualerisultato dell’attività professio-nale compiuta.Una attività professionale sen-za reddito e, soprattutto, senzaentrate, non è svolta con carat-tere di “professionalità”, taleda giustificare in chi la svolgela qualifica di “lavoratore”.

b) È certo che, di fronte all’estre-ma varietà del modo di eserci-zio della professione forense, èimpossibile individuare criteridi accertamento dell’eserciziocontinuativo validi per ognisingolo caso.È pertanto necessario indivi-duare criteri che abbiano valoreper la generalità degli esercentila professione e che abbiano lacaratteristica di maggior equitàe correttezza giuridica.

c) La legge della previdenza foren-se indica, dalla istituzione dellaCassa (come sopra ricordato),quale destinatario delle normeprevidenziali l’avvocato cheesercita la professione con ca-rattere di continuità, ed è impen-sabile un esercizio continuativodella professione, a cui non cor-rispondano un reddito e, soprat-tutto, delle entrate significativi.

d) La nostra previdenza contienemolte disposizioni di caratteresolidaristico: è evidente chedestinatari della solidarietàpossono essere solo avvocatiche esercitano per guadagnaree sono stati meno fortunati dialtri; non certo avvocati chetraggono da altre fonti i mezziprincipali per vivere. È assolu-tamente inaccettabile una one-rosa solidarietà a favore di av-vocati che non esercitano effet-tivamente la professione o chela esercitano in modo del tuttomarginale.

e) Se, in passato, la contribuzioneoggettiva ed indiretta poteva, inqualche modo, giustificare l’at-tribuzione di un rilievo all’atti-vità processuale, la trasformazio-ne della contribuzione, contenutanella legge del 1980, induce adattribuire rilievo ai soli fatti, chesono alla base della contribuzio-ne: le entrate ed il reddito.

f) Escludendo rilievo all’attivitàprocessuale e riconoscendolosolo ai requisiti fiscali, si otten-gono rilevanti vantaggi:

f-1) si elimina la discriminazionetra attività giudiziale e attivitàstragiudiziale;

f-2) si eliminano problemi e dub-bi sulla certificazione dellecause;

f-3) si semplifica enormemente illavoro amministrativo dellaCassa;

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PLA PREVIDENZA FORENSE

cati), ai quali non è chiesta la pro-va dell’esercizio continuativo del-la professione e per i quali la fa-coltà di iscrizione deve intendersiun beneficio (paragonabile a quel-lo dei riscatti).Prima della riforma della legge n.576/1980, si era pensato che i cri-teri per la prova dell’eserciziocontinuativo fossero stati rimessialla discrezione della Giunta allaquale, dall’art. 11, lett. d) dellalegge n. 6/1952, era stata attribui-ta la funzione di provvedere sullerichieste degli interessati alla li-quidazione delle pensioni (o delvalore capitale corrispondente).Questo potere discrezionale è statoesercitato fino a quando, con la leg-ge 22 luglio 1975, n. 319, si è attri-buita la competenza di determinarecriteri per l’accertamento dell’eser-cizio continuativo al Comitato deiDelegati della Cassa, sentito ilConsiglio Nazionale Forense.Con la legge di riforma 20 set-tembre 1980, n. 576, è stato previ-sto, nell’art. 22, comma 3, che ilComitato dei Delegati deve prov-vedere ad adeguare ogni cinqueanni i criteri per l’esercizio dellalibera professione con carattere dicontinuità.Per la prima volta il Comitato deiDelegati ha deliberato sull’eserci-zio continuativo della professionenel 1982 e poi successivamenteogni cinque anni (la delibera, chequi si commenta, è appuntoadempimento di questo precetto).

2. Le dichiarazioni fiscalicome unico mezzo di prova possibile

Poiché, nella delibera del 1976, ilComitato dei Delegati aveva pre-visto la possibilità di provare l’e-sercizio continuativo della profes-sione o con criteri fiscali (3 milio-ni IRPEF o 5 milioni IVA) o con

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f-4) questa semplificazione ovvia-mente consente di acceleraretutte le pratiche di pensiona-mento e di revisione.

g) Con la fissazione dei soli re-quisiti fiscali, si eliminanospiacevoli sospetti, che l’atti-vità processuale, non produtti-va di redditi ed entrate (dichia-rati) entro certi limiti minimi,sia indicativa di evasione.

h) A conferma della insostituibi-lità del criterio fiscale, per ac-certare l’esercizio continuativodella professione, sta la consta-tazione dell’assoluta insuffi-cienza ed inidoneità dello svol-gimento di una certa attivitàprocessuale, in assenza di red-dito e di entrate significative,per qualificare come “lavorato-re” un avvocato.

i) Vi è la impossibilità di indivi-duare altri criteri che, d’altraparte, nessuno ha saputo o po-tuto indicare.

l) Occorre infine tener presenteche il principio della determina-zione dei criteri di prova dell’e-sercizio continuativo, con la fis-sazione di livelli minimi fiscali,è divenuto obbligatorio e inso-stituibile con l’entrata in vigoredella legge n. 141/1991.

Infatti, negli artt. 11, comma 1(all’inizio e alla fine) e 15, com-ma 1, si collega l’obbligatorietàdell’iscrizione alla Cassa al rag-giungimento dei livelli minimi direddito e di volume d’affari fissa-ti dal Comitato dei Delegati: que-sto criterio è pertanto ora divenu-to obbligatorio ed inderogabileper legge.

3. La determinazione in concreto dei livelli fiscali

Il Comitato dei Delegati, fin dallasua prima deliberazione nel 1983,

ha fatto la scelta di indicare livel-li di reddito e di volumi d’affaripari a multipli del contributo sog-gettivo minimo.Ciò ha evitato la necessità di unadeguamento dei limiti presceltiin conseguenza della svalutazionemonetaria.La determinazione in concreto deilivelli di reddito e di volumi d’af-fari, che costituiscono prova del-l’esercizio continuativo, si è di-mostrato compito non facile.Così come non facile è stato la-sciare l’alternativa tra reddito evolume d’affari in modo tale cheil superamento del livello pre-scritto per l’uno o per l’altro siasufficiente come prova dell’eser-cizio continuativo della profes-sione.Sotto certi profili, sarebbe statopreferibile scegliere come criterioil solo livello di reddito, che è ilpiù significativo; si è però tenutopresente che anche un certo livel-lo di volume d’affari può ritenersisignificativo ai fini della provadell’esercizio continuativo.A coloro che avrebbero desidera-to determinare livelli inferiori, sipuò obiettare che, come più volteaffermato, al di sotto dei livellideterminati dal Comitato dei De-legati, è impossibile riconoscereun esercizio dell’attività forensecon carattere di continuità.A coloro che, invece, avrebberodesiderato determinare livelli piùalti, si deve far rilevare che non sipuò prescindere dalla considera-zione dei dati noti alla Cassa, cir-ca i livelli di reddito e di volumed’affari dichiarati dagli iscritti; ladeterminazione di livelli notevol-mente più alti, rispetto a questarealtà, determinerebbe la espul-sione di troppi iscritti, con l’effet-to di privare di previdenza un nu-mero troppo elevato di colleghi.

4. Casi particolari: praticanti, giovani, anziani, casi di impedimento

a) Praticanti abilitati

È opportuno innanzitutto ribadireche, per i praticanti avvocati abili-tati, non vi è l’obbligo della provadell’esercizio continuativo dellaprofessione.Per essi, è sufficiente la produzio-ne della certificazione di iscrizio-ne nel registro dei praticanti conla annotazione della abilitazione,per attribuire efficacia alla iscri-zione alla Cassa.È opportuno tener presente chel’anno di iscrizione alla Cassa èefficace per l’intero anno, qualun-que sia il momento in cui l’iscri-zione è avvenuta, e ciò in forzadell’art. 4 della legge 11 febbraio1992, n. 141, per il quale: «Ai fi-ni del diritto a pensione, si calco-lano per intero l’anno solare in cuiha avuto decorrenza l’iscrizione el’anno solare in cui è stata presen-tata la domanda per la pensione…».La norma citata fa anche sì chenon occorra la prova dell’eserci-zio continuativo della professioneneppure per la frazione dell’annoche va dalla iscrizione all’albo de-gli avvocati alla fine dell’annostesso.

b) I primi tre anni di iscrizioneall’albo

Il Comitato dei Delegati si è sem-pre avvalso della facoltà, attribui-tagli dal quarto comma dell’art. 2della legge n. 319/1975, di esone-rare i nuovi iscritti dalla provadella continuità dell’eserciziodella libera professione per iltriennio iniziale di appartenenzaagli albi.Si fa rilevare che il triennio di

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LA PREVIDENZA FORENSE

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PPREVIDENZAle norme

professione. Per gli anziani, sitratta di una norma di favore, per-ché i dati noti sui loro redditi nonindicano (statisticamente) unaflessione tra i sessanta e i sessan-tacinque anni.

d) Malattia e maternità

Una situazione di favore è previ-sta anche per i casi comprovati dimalattia o di altro grave impedi-mento.Chi, dunque, si trova in questasfortunata situazione, può riceve-re un equo trattamento di favore.Sono previste delle garanzie, nel-l’interesse collettivo: rigore diprova e parere del Consiglio del-l’Ordine.La prassi seguita dalla Giunta èstata quella di limitare a due annil’esonero della prova dell’eserci-zio continuativo per i casi di ma-lattia.Per la maternità, la madre è eso-nerata dalla prova dell’eserciziocontinuativo per due anni, com-preso quello della nascita del fi-glio.

e) Altro grave impedimento

Nelle deliberazioni del Comitatodei Delegati, che si sono succedu-te dal 1976 in poi, ai casi compro-vati di malattia è stato equiparatoil caso di altro grave impedimentoper la prova dell’esercizio conti-nuativo della professione, comemotivo di esonero dalla provastessa.Non è mai stata data una defini-zione del “grave impedimento” epertanto la questione è semprestata risolta con criteri discrezio-nali da parte della Giunta.

f) Se si possa estendere l’esonerodella prova a categorie diverse daquelle indicate nel comma 5 del-l’art. 22 della legge n. 576/1980

Si è posto il quesito se le catego-rie indicate nel comma 5 dell’art.22 della legge n. 576/1980 sianole sole che possano essere esone-rate dalla prova dell’eserciziocontinuativo della professione.La risposta non può essere che af-fermativa, perché si tratta di casieccezionali e, notoriamente, l’a-nalogia non può essere applicataper tali casi.Si era fatta questione per i parla-mentari europei, ma la cosa vennesuperata con legge n. 175/1983,che ha esteso l’esonero anche aquesta categoria.È stato posto anche un quesito sei ministri possano essere esonera-ti, quando non siano parlamentari.La questione, in passato, non siera posta perché i ministri eranoquasi sempre dei parlamentari epertanto erano esonerati dallaprova dell’esercizio continuativoper questa loro qualità.Per quanto riguarda i vice pretorionorari, in passato fu posta laquestione se, nel caso di reggen-za, vi fosse incompatibilità conl’esercizio professionale e pertan-to una necessaria inefficacia dellaiscrizione alla Cassa.Si è ritenuta non sussistente la in-compatibilità, ma si è sempre ri-chiesta la prova del contempora-neo esercizio continuativo dellaprofessione forense.Per i giudici onorari di tribunali eper i giudici di pace valgono regoleparticolari per la loro previdenza.

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PLA PREVIDENZA FORENSE

esonero si calcola con riferimen-to alla iscrizione agli albi e nonalla iscrizione alla Cassa; e ciòper una chiara indicazione dellegislatore, che del resto apparelogica: i primi anni dell’eserci-zio della professione (cioè diiscrizione agli albi) sono quelliin cui il professionista più diffi-cilmente riesce a conseguire unreddito apprezzabile (talvoltanon riesce a conseguire alcunreddito).Si richiede, tuttavia, che il neo-iscritto denunci un volume d’affa-ri ai fini dell’IVA di qualsiasi im-porto.La logica della norma è questa:l’attività professionale deve com-portare una entrata, anche di en-tità minima, ed una entrata devenecessariamente essere dichiarataai fini dell’IVA.La denuncia IVA di qualsiasi im-porto è pertanto la prova dellosvolgimento di una attività pro-fessionale.

c) I livelli dimezzati per giovanied anziani

I livelli di reddito e di volumed’affari minimi per la prova del-l’esercizio continuativo sono di-mezzati per i primi cinque anni diiscrizione agli albi, posteriori aiprimi tre di esonero della provadell’esercizio continuativo e dopoil compimento del sessantesimoanno di età.Si deve infatti presumere che iprofessionisti molto giovani ab-biano minori possibilità di reddi-to e, a queste minori possibilità,deve adeguarsi il criterio di provadell’esercizio continuativo della

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LA PREVIDENZA FORENSE

PERIODI CRITERI FISCALI

1952-1965 Iscrizione nei ruoli di ricchezza mobile categ. C1 di un reddito

1966-1973 professionale tassabile di qualsiasi importo

1974-1975 Reddito IRPEF di qualsiasi importo

REDDITO IRPEF NETTO VOLUME DI AFFARI IVA

euro lire euro lire

1976-1982 1.549,37 3.000.000 2.582,28 5.000.000

1983 1.466,74 2.840.000 2.200,11 4.260.000

1984 1.714,64 3.320.000 2.571,96 4.980.000

1985 2.453,17 4.750.000 3.679,76 7.125.000

1986 2.711,40 5.250.000 4.067,10 7.875.000

1987 3.532,57 6.840.000 5.298,85 10.260.000

1988 3.749,48 7.260.000 5.624,22 10.890.000

1989 3.935,40 7.620.000 5.903,10 11.430.000

1990 4.130,62 7.998.000 6.195,93 11.997.000

1991 4.400,21 8.520.000 6.600,32 12.780.000

1992 4.679,10 9.060.000 7.018,65 13.590.000

1993 4.988,97 9.660.000 7.483,46 14.490.000

1994 5.267,86 10.200.000 7.901,79 15.300.000

1995 5.484,77 10.620.000 8.227,16 15.930.000

1996 5.701,68 11.040.000 8.552,53 16.560.000

1997 6.042,55 11.700.000 9.063,82 17.550.000

1998 6.290,45 12.180.000 9.435,67 18.270.000

1999 6.383,41 12.360.000 9.575,11 18.540.000

2000 6.507,36 12.600.000 9.761,04 18.900.000

2001 6.600,32 12.780.000 9.900,48 19.170.000

2002 6.780,00 10.170,00

2003 6.960,00 10.440,00

2004 7.140,00 10.710,00

2005 7.320,00 10.980,00

2006 7.470,00 11.205,00

2007 7.590,00 11.385,00

PROVA SOSTITUTIVA O INTEGRATIVA CON TRATTAZIONE DI AFFARI GIUDIZIARI

4 nuove cause civili o penali

10 nuovi procedimenti civili, penali, amministrativi,tributari, arbitrali, oppure patrocinio in 5 nuove cause escluse quelle davanti al Conciliatore

20 nuovi procedimenti civili, amministrativi,penali, tributari o arbitrali

20 nuovi procedimenti, come sopra, purchè sia stata rag-

giunta almeno la metà dei livelli fissati per i criteri fiscali

Dal 1985 in poi non è ammessa la prova

integrativa con trattazione di affari giudiziari

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PPREVIDENZA

ordinamento e previdenza

LA PREVIDENZA FORENSE

L’incompatibilità in materia previdenziale

L’incompatibilità con l’esercizio di attività commerciali è disciplinata in manierainadeguata dall’art. 3 del vigente ordinamento professionale. Si tratta di una

delle questioni che più richiede un intervento innovatore del legislatore.Nel frattempo, è interessante valutare lo stato della giurisprudenza

su questo argomento.

di Paolo Rosa e Marcello Bella

1. (*) Nel numero 2 di questa rivi-sta Remo Danovi, con una digres-sione articolata sull’incompatibi-lità, ha offerto interessanti spuntidi riflessione, proponendo solu-zioni normative maggiormente inlinea con l’evoluzione socio-eco-nomica rispetto a quanto prospet-tato dal legislatore del 1933.Come noto, l’art. 3 dell’ordina-mento forense (r.d.l. 27 novembre1933, n. 1578, convertito con mo-dificazioni nella legge 22 gennaio1934, n. 36) subordina l’iscrizio-ne all’albo all’insussistenza di si-tuazioni di incompatibilità conl’esercizio dell’attività difensiva.Tra queste è compreso l’eserciziodel commercio in nome proprio oaltrui, ossia, rileggendo la normaalla luce del codice civile del1942 – che sostituisce la nozionedi imprenditore a quella dell’attodi commercio – lo svolgimento diun’attività d’impresa commercia-le in nome proprio o altrui.La ratio della previsione di situa-zioni di incompatibilità con l’e-sercizio della professione forenseè quella di tutelare l’indipendenzadelle professioni legali e l’autono-mia di giudizio e di iniziativa de-gli avvocati nella difesa e nel pa-trocinio degli interessi del clientee ciò indipendentemente dal fattoche le attività indicate come in-

compatibili siano caratterizzatedal requisito della professionalità,inteso come normalità dell’eserci-zio delle stesse in relazione allasua attitudine a procurare reddito(cfr. in tal senso CNF 26 gennaio1985 e Cass., Sez. un., n. 2848/1976).In particolare, con riferimento al-l’esercizio dell’attività di impresacommerciale, l’incompatibilità èsancita per il fatto che tale attivitàè diretta alla cura di interessi per-sonali e ciò può incidere negativa-mente sulla libertà di determina-zione del professionista, che nonsi troverebbe, nel difendere gli in-teressi del cliente, ad essere liberoda condizionamenti e da pressioniesterne e ad agire quindi in pienaautonomia. In tale ottica, l’incom-patibilità con l’esercizio dellaprofessione forense sussisterebbe,secondo la giurisprudenza preva-lente, a prescindere dallo scopo dilucro perseguito e cioè dalla effet-tiva percezione di un utile (c.d. lu-cro soggettivo) da parte dell’im-prenditore (cfr. in tal senso Cass.,Sez. un., 1143/1977; nonché CNFn. 76/1993, n. 70/1989, 19 aprile1975 e 31 marzo 1973).Un’ulteriore giustificazione dellaprevisione dell’incompatibilitàcon l’esercizio dell’attività di im-presa commerciale è poi da rinve-

nire nell’eventuale discredito chederiverebbe alla professione fo-rense dalla possibilità di sogge-zione a fallimento dell’imprendi-tore commerciale con le conse-guenti sanzioni civili e penali,nonché nella mancanza del “godi-mento del pieno esercizio dei di-ritti civili”, previsto dall’art. 17,n. 2 della legge professionale, chederiverebbe dalle limitazioni dellacapacità di agire conseguenti alfallimento (v. artt. 50 – ora abro-gato dal D.lgs. n. 5/06 –, 147 e216-222 r.d. n. 267/42; cfr. Cass.,Sez. un., n. 1143/77 e CNF 11maggio 1968).E d’altra parte il fatto stesso chel’imprenditore commerciale, an-che se protestato, può continuaread esercitare l’attività e può esse-re dichiarato fallito, lascia inten-dere che l’attività commercialenon presuppone quella condottaspecchiatissima ed illibata che èinvece presupposto della profes-sione forense (cfr. CNF n.79/1989).

2. Tanto premesso e passando inparticolare ad un esame puntualedel divieto di cui all’art. 3 r.d.l., n.1578/33 relativamente all’eserci-zio dell’attività commerciale, lanorma prevede la sussistenza del-l’incompatibilità della professio-ne forense con l’“esercizio del

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commercio in nome proprio o al-trui”.L’espressione “esercizio del com-mercio in nome proprio” fa riferi-mento a tutti quei casi in cui ilprofessionista sia titolare, formal-mente o di fatto (imprenditore oc-culto) di un’impresa commerciale;in tal caso, egli persegue in primapersona, a mezzo della gestionedella propria azienda, interessistrettamente personali che, a stret-to rigore, impedirebbero di svol-gere il dovere professionale di tu-telare in primo luogo gli interessidel cliente. Egli è inoltre soggettoal rischio del fallimento e alle con-seguenti limitazioni dei diritti ci-vili e della capacità di agire, sia ci-vili che penali, come si è prece-dentemente detto, che vanno adinfluire sul libero esercizio dellaprofessione e sull’onorabilità del-la stessa. Se tale è la ratio del prin-cipio di incompatibilità viene con-sequenziale l’affermazione che èinopportuno distinguere tra effetti-vità e titolarità dell’attività incom-patibile, poiché anche la semplicetitolarità è potenzialmente idoneaa compromettere l’indipendenzadel legale, in quanto implica ne-cessariamente una cointeressenzaall’attività commerciale (in talsenso, v. Corte d’Appello di Ro-ma, n. 3802/2006).Di più difficile interpretazione èinvece l’espressione “eserciziodel commercio in nome altrui”.Si ritiene in proposito pacifica-mente che nell’ambito di tale pre-visione rientrino tutti quei casi incui il professionista sia investitodi una procura generale per la ge-stione di un’impresa commercialeappartenente ad un terzo (art.2209 c.c.), oppure di un mandatoinstitorio (art. 2203 c.c.), configu-randosi in tali ipotesi una sostitu-zione nella gestione dell’impresa

ed un esercizio dell’attività com-merciale da parte del professioni-sta in nome di un soggetto terzo,al perseguimento dell’interessedel quale il professionista è legatoda un preciso rapporto negoziale(lavoro subordinato, mandato,agenzia) che può condizionare lalibera determinazione nella tuteladegli interessi del cliente.È del pari evidente che si è difronte ad un’ipotesi di eserciziodel commercio in nome altrui an-che nel caso del professionistache sia socio (anche occulto) disocietà semplice o in nome collet-tivo oppure accomandatario di so-cietà in accomandita semplice,poiché in tal caso egli può ammi-nistrare l’ente – in virtù del com-binato disposto degli artt. 2257,2291, 2293, 2313 e 2318 c.c. – equindi svolgere attività di impresain nome di un soggetto terzo (lasocietà) (cfr. in tal senso CNF 30maggio 1974, CNF 22 ottobre1966).Per quanto riguarda, infine, l’ipo-tesi in cui l’attività commercialesia svolta da una società di capita-li di cui il professionista ricoprauna carica sociale, l’orientamentoprevalente è nel senso di ritenereche l’incompatibilità con la pro-fessione di avvocato sia da ricol-legare alla effettiva titolarità deipoteri di gestione dell’azienda so-ciale, non bastando all’uopo lamera titolarità di poteri di rappre-sentanza, né l’appartenenza ad unorgano amministrativo collegiale,nel quale la volontà del singolonon assume autonoma rilevanza(cfr., in proposito, T.A.R. Liguria,n. 389 del 12 giugno 1990 e, indottrina E. RICCIARDI, Lineamentidell’ordinamento professionaleforense, Giuffrè, 1990, Milano,179 ss.).Ed in tale senso, gli organi delibe-

ranti della Cassa hanno ritenutoche sussista l’esercizio della pro-fessione in situazione di incompa-tibilità nei casi in cui l’avvocatorivesta la qualifica di amministra-tore di società (di capitali o di per-sone) con poteri gestori, inconformità a quanto da ultimoconfermato dalla Suprema Cortea Sezioni unite nella nota senten-za n. 37/2007. Parimenti – ed inossequio alla giurisprudenza dilegittimità – laddove il collega ab-bia documentato la mancanza dipoteri gestori (ad esempio, qualepresidente o consigliere di societàdi capitali), non si è rinvenuta al-cuna situazione di incompatibi-lità.

3. La Cassa ha poi ritenuto chenon costituisce causa di incompa-tibilità con l’esercizio della pro-fessione forense l’assunzione del-la carica di amministratore o con-sigliere unico o delegato di so-cietà commerciali immobiliari(senza distinguere tra società dipersone e di capitali), qualora gliimmobili di proprietà della stessaprovengano da patrimonio perso-nale o familiare e l’attività con-cretamente svolta sia consistitanella mera gestione di beni fina-lizzata al loro godimento, senzaeffettivo esercizio di impresa.In tal senso, sebbene con la limi-tazione ben precisa della destina-zione dell’unità immobiliare astudio del professionista, si era,peraltro, già espresso il Consigliodell’Ordine di Milano (parere inRivista n. 5 del 1980), statuendoche “non sussiste incompatibilitàrispetto all’iscrizione nell’alboprofessionale dell’avvocato che èsocio accomandatario di una so-cietà immobiliare di natura fami-liare proprietaria esclusivamentedell’unità immobiliare dove lostesso professionista svolge l’atti-

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teria previdenziale, esiste un’ap-posita e specifica disciplina relati-va all’incompatibilità. Infatti,l’art. 2, comma 3, della legge n.319 del 1975 dispone che l’atti-vità professionale svolta in unadelle situazioni di incompatibilitàdi cui all’art. 3 del r.d.l. n. 1578del 1933, “ancorché l’incompati-bilità non sia stata accertata eperseguita dal consiglio dell’ordi-ne competente, preclude sia l’i-scrizione alla Cassa, sia la consi-derazione, ai fini del consegui-mento di qualsiasi trattamentoprevidenziale forense, del periododi tempo in cui l’attività medesi-ma è stata svolta”.La giurisprudenza ha corretta-mente individuato la ratio dellanorma, poiché nell’ottica del legi-slatore una cosa è l’incompatibi-lità che viene rilevata dagli ordiniai fini dell’effettivo esercizio del-la professione ed altra cosa è l’in-compatibilità rilevabile dalla Cas-sa ai fini esclusivamente previ-denziali. Puntualizza infatti il Tri-bunale di Roma che “non è condi-visibile l’assunto del ricorrentesecondo il quale la mancata so-spensione o cancellazione dal-l’albo dell’ordine negli anni dal… al … impedirebbe alla CassaForense di invalidare ex post iversamenti dei contributi e l’iscri-zione alla Cassa. Invero l’autono-mia delle due iscrizioni (all’alboforense ed alla citata Cassa) èespressamente prevista dall’art. 2comma terzo l. n. 319/75 che con-sente alla Cassa Forense di inter-venire a sanzionare l’incompati-bilità ancorché l’incompatibilitànon sia stata accertata e perse-guita dal consiglio dell’ordinecompetente …. La situazione diincompatibilità con la professioneforense come sopra accertata pergli anni dal … al … impedisce

quindi di computare tale periodocome utile alla maturazione deldiritto alla pensione di vecchiaia”(Trib. Roma, n. 8201/2007).Precisa in proposito la SupremaCorte che l’accertamento da partedel giudice del merito di una si-tuazione di incompatibilità conl’esercizio della professione legalee quindi della stessa iscrizione al-l’albo degli avvocati giustifica ladichiarata inesistenza di un rap-porto previdenziale legittimo conla Cassa, con il conseguente venirmeno di diritti ed obblighi del sog-getto illegittimamente iscritto(Cass., n. 15109/2005). La giuri-sprudenza di merito ha altresì avu-to modo di chiarire che “la norma(art. 2, comma 3, legge n.319/1975, n.d.r.) ha un tenore let-terale chiarissimo ed implica chela Cassa, qualora accerti l’esi-stenza di attività incompatibili,non può ma deve escludere il pe-riodo di svolgimento dell’attivitàincompatibile dal calcolo dei pe-riodi utili ai fini del conseguimen-to di qualsiasi trattamento previ-denziale … Perché una volta ap-purata tale incompatibilità, anchese non accertata e perseguita dalConsiglio forense, è esclusa laconsiderazione ai fini del conse-guimento di qualunque trattamen-to previdenziale forense, del pe-riodo di tempo in cui l’attività me-desima incompatibile è stata svol-ta” (Corte d’Appello di Napoli, n.3837/03). La stessa Corte d’Ap-pello prosegue affermando che,per tale dovere direttamente deri-vante dalla legge, non può neppu-re ipotizzarsi una decorrenza dellaprescrizione, istituto riguardante idiritti. Neppure può parlarsi cor-rettamente di potere di revisione edi limiti temporali, in quanto il do-vere di esclusione dei periodi ditempo in cui fu svolta l’attività in-

vità professionale” (in dottrina, intal senso, lo stesso Danovi, inCommentario al codice deontolo-gico forense, 2003, 246 ss., seb-bene con riferimento all’ammini-stratore delegato o unico di so-cietà di capitali).Per quanto concerne l’esercizio diattività agricola, la Cassa si èorientata nel senso che non costi-tuisce causa di incompatibilitàcon l’esercizio della professioneforense l’assunzione della caricadi amministratore di società com-merciali aventi ad oggetto la colti-vazione di fondi agricoli, salvoverifica per i casi nei quali la la-vorazione e la trasformazione deifondi abbia raggiunto dimensioniimprenditoriali.In ossequio a tale indirizzo, gli or-gani deliberanti della Cassa han-no ritenuto che non sussista situa-zione di incompatibilità laddove ilsocio di società in nome collettivooperante come azienda agricolaabbia prodotto, in ragione di taleattività, redditi esigui. Di contro,hanno rilevato l’incompatibilitàcon l’esercizio della professionenei confronti di soci di societàsemplice di natura agricola e deltitolare di ditta individuale, an-ch’essa di natura agricola, in pre-senza di ricavi che lasciavano pre-sumere la significativa dedizione,da parte dei professionisti, all’at-tività agricola. Nello stesso senso,la giurisprudenza ha affermato, inproposito, che deve ritenersi rien-trante nell’attività commercialeincompatibile l’esercizio del mu-lino a palmenti qualora tale atti-vità sia finalizzata alla vendita delprodotto in esito alla trasforma-zione del prodotto da grano in fa-rina (Corte d’Appello di Napoli,n. 3837/2003).

4. Ciò posto, non deve comunquesfuggire la circostanza che, in ma-

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compatibile nasce una volta che laCassa venga a conoscenza di taleattività, come solitamente avvienesolo a seguito dell’invio della do-cumentazione necessaria ad otte-nere la pensione.Altra giurisprudenza di merito hameglio chiarito la portata dellanorma di cui all’art. 2, comma 3,della legge n. 319/75, affermandoche “la lettura della disposizionerende palese che – una volta ac-certata una situazione di incom-patibilità – sussiste in capo all’I-stituto Previdenziale non un dirit-to bensì un dovere di procederealle necessarie rettifiche, poichél’incompatibilità è ostativa allaiscrizione e dunque nella fattispe-cie il provvedimento di rettificacostituiva un atto dovuto, in ra-gione del fatto che era stata viola-ta una norma inderogabile ed in-disponibile per la parte assicura-ta ed il soggetto assicuratore”(Corte d’Appello di Roma, n.3802/06). In virtù di tale potere –dovere (cfr. al riguardo ancheCass., n. 4682 del 1990, Cass., n.5010 del 1994), la Cassa è legitti-mata a neutralizzare i periodi diiscrizione corrispondenti a quelliin cui si è verificata la incompati-bilità (Trib. Rossano, n. 2331/03).Peraltro, già in passato questa ri-vista si era occupata del problemadell’incompatibilità e del rappor-to tra Ordini e Cassa nel rilevarlaed era stato correttamente segna-lato che, “a differenza di quantoavviene quando la incompatibi-lità è rilevata dal Consiglio del-l’Ordine (validità dell’attivitàprofessionale compiuta e possibi-lità di cessare l’attività incompa-tibile fino alla decisione definitivadi cancellazione), quando l’in-compatibilità, non rilevata dalConsiglio dell’Ordine, venga ac-certata dalla Giunta della Cassa

di Previdenza l’effetto della per-dita di efficacia della anzianità diiscrizione alla Cassa appare, se-condo la lettera dell’art. 2 dellaL. 319/75, irrimediabile e retroat-tivo. Vi è una evidente contraddi-zione tra effetti della incompatibi-lità per l’ordinamento professio-nale e quelli per la Cassa di Pre-videnza… Quando il Consigliodell’Ordine accerta la incompati-bilità e provvede alla cancellazio-ne, questa non esercita alcuna ef-ficacia retroattiva… Apparesenz’altro difficile conciliare que-sti effetti della incompatibilità perl’esercizio professionale conquelli previsti dall’art. 2 dellalegge 319/75: inefficacia dellaiscrizione alla Cassa con effettoretroattivo (anche remoto) rispet-to al momento dell’accertamen-to” (Donella, in La PrevidenzaForense, n. 3/04, 254 e ss.).Lo stesso autore prosegue pro-spettando nuove soluzioni al pro-blema, rilevando come “gli effettidella incompatibilità dell’eserci-zio professionale, rispetto alla ef-ficacia della iscrizione alla Cas-sa, sono accettabili solo se sicompie una interpretazione re-strittiva della norma previdenzia-le sulla incompatibilità, ritenen-dola applicabile esclusivamentequando la incompatibilità rileva-ta abbia inciso sulla continuitàdell’esercizio professionale… Daqui, si può trarre la conseguenzache l’attività incompatibile è rile-vante in quanto escluda la preva-lenza dell’esercizio professiona-le… Se così è, si può ritenere chela sussistenza di un caso di in-compatibilità, anche quando que-sto sia certo secondo la regoladell’ordinamento professionale,renda inefficace la iscrizione allaCassa solo quando escluda laprevalenza dell’attività di avvo-

cato. Si potrebbe poi specificareche l’iscritto può tuttavia provareche, per l’entità del reddito perce-pito e per il tempo ad essa dedi-cato, l’attività incompatibile èstata del tutto secondaria e privadi effettivo rilievo nell’eserciziodella attività di avvocato; cioènon è stata prevalente. La presun-zione dovrebbe essere insuperabi-le in alcuni casi di attività incom-patibile, quale ad esempio il lavo-ro dipendente pubblico o privato”(Donella, in La Previdenza Foren-se, n. 3/04, 254 e ss.)In conclusione, non può che riba-dirsi che, allo stato, le due iscri-zioni, Albo e Cassa Forense, sepure entrambe obbligatorie, sonoperaltro autonome con la conse-guenza che un Avvocato può re-stare iscritto all’Albo ma vedersipoi annullare al momento del pen-sionamento ad opera di Cassa Fo-rense gli anni di iscrizione per ac-certata incompatibilità sia purevalutata in una ottica squisitamen-te previdenziale.Di qui la necessità di sottolineareda parte degli Ordini all’inizio delpercorso lavorativo l’importanzadella dichiarazione di non versarein cause di incompatibilità, causeche sono facilmente eliminabiliallorché si presentano lungo ilpercorso ma che diventano, ovenon tempestivamente rimosse, au-tentici macigni al momento delpensionamento.L’interazione tra gli Ordini e Cas-sa Forense deve poter risolverequesto problema per evitare chediventi drammatico al momentodel pensionamento.

Nota (*) La nostra rivista si è interessata piùvolte della questione dell’incompatibilitàper i riflessi che essa ha nella disciplinadella nostra previdenza.La questione è stata approfondita da DA-RIO DONELLA nel n. 3/2004, a pag. 252 e

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un avvocato coadiutore della moglie per lagestione di una tabaccheria. In sede di rin-vio, il Tribunale di Brindisi, con sentenza21 gennaio 1992 (Prev. For. 1993, 1, 48) hanuovamente escluso la incompatibilità. Al-la fine la Cassazione (sent. 21/5/1994 n.5010, Prev. For. 1994, 2-3, 48) ha confer-mato la propria precedente decisione.Quest’ultima è stata commentata da DARIO

DONELLA “Avvocato o tabaccaio?”Pretore Firenze (Prev. For. n. 4/91 pag.50) sulla obbligatorietà di iscrizione al-la cassa e per coltivatore diretto perchénon incompatibile, sentenza confermatada Trib. Firenze, 17 ottobre 1992 (Prev.For. 1993, 2, pag. 95).

Cass. Civ. 18 settembre 1995 n. 9835(Prev. For. 1996, 1, 28) sulle incompati-bilità con l’esercizio della professione diavvocato dell’attività di gestione di unmagazzino di tabacchi.Trib. Roma 2 aprile 2004 n. 6732 (Prev.For. 2004, 4, 376) sulle incompatibilitàdell’agente di assicurazione.Corte d’Appello Napoli, 23 febbraio2004 n. 3873/03 (Prev. For. 2004, 4, 377)sulle incompatibilità dell’attività di ge-stione di un mulino.N.B. Le sentenze pubblicate sulla rivistasi riferiscono tutte a questioni relativealla compatibilità con l’iscrizione allaCassa.

seguenti, in un articolo con il titolo “In-compatibilità e previdenza”.Questo studio esamina in particolare irapporti tra l’incompatibilità disciplina-ta dall’ordinamento professionale e l’i-scrizione alla cassa di previdenza. Nelleampie note sono richiamati precedentigiurisprudenziali e testi dottrinari sullesingole questioni di incompatibilità.Sono state inoltre pubblicate le seguentisentenze, ciascuna con note di commentoe richiami giurisprudenziali.Cass. Civ. 24 maggio 1990 n. 4682 (Prev.For. 1990, 4, 40) La sentenza ha annullatouna sentenza del Tribunale di Brindisi ilquale aveva escluso la incompatibilità per

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PPREVIDENZAinformazione

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PLA PREVIDENZA FORENSE

I trattamenti assistenziali-indennitarierogati dalla Cassa ForenseSi completa la illustrazione delle norme che disciplinano le prestazioni della Cassa Forense. In precedenza l’argomento è stato trattato nei numeri 1, 2 e 3 del 2007.

di Leonardo Carbone

1. Premessa

La Cassa Forense viene “percepi-ta” dagli avvocati come ente cheeroga pensioni (e riscuote contri-buti). Non tutti sono a conoscen-za, però, che la Cassa Forenseeroga anche prestazioni di naturaassistenziale ed indennitaria, pre-visti dagli artt. 16-20 della leggen. 141 del 1992, in favore dei pro-pri iscritti e superstiti degli iscrit-ti (con la previsione di una dota-zione di spesa pari all’uno percento delle entrate correnti iscrit-te nel bilancio di previsione).La normativa di cui alla legge n.141 del 1992 (art. 16 e segg.), ol-tre che stabilire le modalità di ero-gazione, prevedendo la competen-za del Consiglio dell’Ordine perdeliberare sui trattamenti di assi-stenza, ha individuato i soggettibeneficiari in coloro che sono (osono stati) iscritti alla Cassa. So-no state previste (art. 18) partico-lari assistenze indennitarie nei ca-si di catastrofe o di calamità natu-rali nonché in favore di coloro cheper infortunio o malattia non han-no potuto esercitare in manieraassoluta l’attività professionaleper almeno tre mesi. Sono previ-ste anche altre provvidenze (art.19) quali borse di studio, contri-buti funerari ed altro.Quanto ai rapporti della Cassa Fo-rense con i Consigli dell’Ordine

in materia di assistenza, va evi-denziato che titolare della funzio-ne di assistenza è la Cassa e non ilsingolo Consiglio dell’Ordine, at-teso che la legge attribuisce allaCassa e non ai Consigli dell’Ordi-ne lo scopo di provvedere ai trat-tamenti di previdenza e di assi-stenza (in termine, Cass., Sez. un.,29 novembre 1988, n. 6471-6472-6473, in Prev. Forense, 1989, 1,28, in cui si afferma che l’eserci-zio delle funzioni assistenziali daparte dei Consigli degli Ordini siinquadra in un rapporto organicocon la Cassa Forense, e pertantosussiste in materia l’assoluto di-fetto di giurisdizione del giudiceordinario sulla domanda presenta-ta dal Consiglio dell’Ordine neiconfronti della Cassa).Tali interventi assistenziali ven-gono di norma erogati dalla Cassaal verificarsi di eventi che “colpi-scono” l’avvocato nell’eserciziodella professione, determinandouna situazione di bisogno anchese transitoria. I provvedimenti as-sistenziali sono esecutivi e le ero-gazioni sono soggette a ritenutafiscale, nei casi previsti dalla leg-ge. Se il provvedimento per laerogazione di contributi assisten-ziali è emanato successivamentealla morte del richiedente, la li-quidazione è disposta a favore de-gli eredi.La Cassa Forense oggi garantisce

ai propri iscritti una assistenzasempre più adeguata alle crescen-ti esigenze, anche al fine di favo-rire la evoluzione di una avvoca-tura “sempre più compressa tralogiche professionali e leggi dimercato”.Con il presente scritto vengonoriepilogati, sia pure per grandi li-nee, i trattamenti assistenziali-in-dennitari erogati dalla Cassa Fo-rense, in base alla disciplina ema-nata con il nuovo Regolamentoper l’erogazione dell’Assistenza(in Prev. Forense, 2004, 1, 83),approvato con Ministeriale del 25ottobre 2004 e successive modifi-che approvate con Ministerialedel 24 luglio 2006 (a seguito didelibera del Comitato dei Delega-ti del 17 marzo 2006).Di recente, si sono “occupati” del-la “assistenza” erogata dalla CassaForense: M. Colloca, Le novitàdelle norme assistenziali, in Prev.Forense, 2004, 1, 88; Id., Una rin-novata assistenza, in Prev. Foren-se, 1999, 2, 57; Id., Una nuova as-sistenza, in Prev. Forense, 1998, I,45; L. Cavagnaro, La nuova assi-stenza, in Prev. Forense, 1995, 3-4, 52 e 1996, 1, 39; G. Miraglia,L’avvocato e l’assistenza sanita-ria, in Prev. Forense, 1989, 3-4,51; Id., Assistenza sanitaria, inPrev. Forense, 1990, 4, 68; R.Ruggiero, Prestazioni assistenzia-li, in Prev. Forense, 1989, 2, 63.

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LA PREVIDENZA FORENSE

cati nell’art. 433 c.c. se ed inquanto a carico del defunto).

L’assistenza in favore di chi ver-sa in stato di bisogno (deliberatadalla Giunta Esecutiva dellaCassa) è erogata dalla Cassa Fo-rense in via ordinaria in base adelibera (motivata) del compe-tente Consiglio dell’Ordine, pre-via valutazione da parte del Con-siglio stesso, dei redditi dei com-ponenti il nucleo familiare del-l’istante dichiarati nel biennioprecedente quello della propostaerogazione (e che non dovrannoessere superiori all’importo paria tre volte l’ammontare dellapensione minima erogata dallaCassa nell’anno precedente aquello della proposta erogazio-ne, maggiorato di un importo pa-ri alla predetta pensione minimaper ogni componente del nucleofamiliare dell’istante oltre il nu-mero di quattro).L’assistenza per tali casi può esse-re erogata anche in via straordi-naria dalla Giunta Esecutiva dellaCassa o dal Comitato dei Delega-ti della Cassa, quando il compe-tente Consiglio dell’Ordine nonpossa provvedere per esaurimentoo insufficienza della quota asse-gnatagli.Per la concessione dell’assistenzain via ordinaria è necessario inol-trare al Consiglio dell’Ordine ap-posita domanda da parte del sog-getto interessato. Il Consiglio tut-tavia può motivatamente delibe-rare l’erogazione dell’assistenzaanche in assenza di domanda neicasi in cui lo stato di bisogno sianotorio.L’ammontare complessivo delcontributo assistenziale ordinario(e straordinario) non può superareil doppio della pensione minimaerogata dalla Cassa nell’anno incui si è verificato l’evento.

3.1. Procedura per l’erogazionedell’assistenza in via ordinaria

Il Consiglio dell’Ordine trasmettealla Cassa Forense copie delle de-libere di assegnazione (dei contri-buti) motivate, con l’indicazionedei nominativi e dell’importo daerogare.Entro il termine di sessanta giornila Giunta Esecutiva della Cassa de-libera, sussistendone le condizioni,la concessione dell’intervento di-sponendo la trasmissione al Consi-glio dell’Ordine degli importi deli-berati in favore degli assistiti.

3.2. La procedura per l’erogazio-ne in via ordinaria dei trattamen-ti assistenziali tramite i Consiglidell’Ordine

La Cassa Forense comunica an-nualmente, entro il 31 marzo, adogni Consiglio dell’Ordine laquota di spettanza dell’importodestinato all’assistenza ordinaria.Tale quota è determinata per cia-scun Ordine in relazione al nume-ro degli iscritti alla Cassa alla da-ta del 31 ottobre dell’anno prece-dente a quello cui si riferisce lostanziamento.Ciascun Ordine entro 60 gg. dal-l’avvenuta comunicazione, deveportare a conoscenza dei propriiscritti l’entità di tale importo e lemodalità per accedere all’eroga-zione.Ciascun Consiglio dell’Ordinedeve adottare la delibera di asse-gnazione della somma entro e nonoltre il 31 dicembre di ciascun an-no (anche se la materiale eroga-zione avviene successivamente atale data), e trasmettere alla Cassala delibera stessa entro e non oltreil 31 marzo.Le somme non utilizzate perchénon deliberate entro il 31 dicem-bre, vanno a formare il fondo perinterventi straordinari.

Per la prassi amministrativa dellaCassa Forense: Mutui ipotecariagli iscritti, in Prev. Forense,1997, 1, 73; Il nuovo regolamentoper i mutui, in Prev. Forense,1995, 1-2, 64; Regolamento per ladevoluzione dei fondi assistenzia-li ai Consigli dell’Ordine, in Prev.Forense, 1985, 2, 28.

2. I trattamenti assistenziali della Cassa Forense

I trattamenti assistenziali erogatidalla Cassa Forense si distinguo-no in:a) trattamenti a favore di chi ver-

sa in stato di bisogno, ossianon è in grado di far fronte alleesigenze fondamentali della vi-ta, per fatti e circostanze di ri-levanti entità;

b) trattamenti indennitari a favoredi chi abbia sofferto un dannoincidente sulla attività profes-sionale, e assistenza sanitariaintegrativa;

c) altre provvidenze.

3. I trattamenti a favore di chiversa in stato di bisogno

Soggetti beneficiari della assi-stenza in favore di chi versa instato di bisogno, sono:– gli iscritti alla Cassa a tutti gli ef-

fetti previdenziali ed assistenzia-li (sono equiparati agli iscritti al-la Cassa coloro che hanno pre-sentato domanda di iscrizione);

– gli avvocati che pur non iscrittialla Cassa, versano alla Cassacontributi integrativi o soggetti-vi o hanno versato contributipersonali in base alle leggi pre-cedenti;

– i pensionati della Cassa Forense;– i familiari di persone defunte dei

soggetti elencati in precedenza(e per familiari si intendono ilconiuge, i parenti di primo e se-condo grado, ed i soggetti indi-

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PLA PREVIDENZA FORENSE

3.3. La procedura per l’erogazio-ne dei trattamenti di assistenza invia straordinaria

Quando il competente Consigliodell’Ordine non possa provvede-re alla erogazione dell’assistenzaper esaurimento o insufficienzadella quota assegnatagli, la do-manda per la concessione deltrattamento di assistenza in viastraordinaria è inoltrata allaGiunta della Cassa per il tramitedel Consiglio dell’Ordine com-petente.Alla domanda debbono essere al-legati:– stato di famiglia dell’istante;– certificato del Consiglio del-

l’Ordine da cui risulti la data diiscrizione all’albo, la data ed imotivi dell’eventuale provvedi-mento di cancellazione, gli im-porti e la causale di eventualitrattamenti assistenziali erogatinel quinquennio precedente;

– dichiarazione dell’istante con-cernente i redditi di tutti i com-ponenti il nucleo familiare nelbiennio precedente;

– certificazione medica – e copiadella documentazione dellespese sostenute – nei casi in cuilo stato di bisogno sia stato de-terminato da malattia od infor-tunio.

L’ammontare complessivo delcontributo assistenziale straordi-nario non può, comunque, supera-re il doppio della pensione mini-ma erogata dalla Cassa nell’annoin cui si è verificato l’evento.

4. Assistenza indennitaria percatastrofe o calamità naturali

La Cassa Forense eroga indenniz-zi nei casi di catastrofe o calamitànaturali, in favore di coloro chenon abbiano potuto esercitarel’attività professionale a causa de-gli eventi particolari.

4.1. Indennizzi totali o parzialinei casi di catastrofe o calamitànaturali

La Cassa Forense può erogare in-dennizzi totali o parziali nei casidi catastrofe o calamità naturali(dichiarati ai sensi dell’art. 5 leg-ge n. 225/1992) a favore degliiscritti che risiedono o esercitanola professione in un comune col-pito dall’evento, e che a causa ditale evento abbiano subito undanno incidente sulla loro attivitàprofessionale. Per il beneficio inquestione è necessario che l’iscri-zione sussista al momento in cuisi è verificato l’evento e l’assi-stenza può essere erogata anchese l’iscritto, successivamente al-l’evento medesimo, ha cessatol’attività, purché non abbia ri-chiesto il rimborso dei contributiversati.L’indennizzo nei casi di catastrofeo calamità naturali può essereconcesso anche ai superstiti diiscritti alla Cassa che, al verificar-si dell’evento calamitoso, siano ti-tolari di pensione a carico dellaCassa o abbiano diritto a conse-guirla.

4.2. La domanda amministrativaper beneficiare degli indennizzi

Per la concessione dell’indenniz-zo nei casi di catastrofe o calamitànaturali, occorre la presentazionedi apposita domanda amministra-tiva alla Cassa da parte del sog-getto interessato.La domanda deve indicare il de-creto che ha dichiarato lo stato dicatastrofe o di calamità naturali edeve essere corredata da una di-chiarazione attestante una serie didati (tra l’altro, il luogo prevalen-te di esercizio dell’attività profes-sionale; la natura, l’entità e l’inci-denza del danno sull’attività pro-fessionale; il reddito professiona-

le dichiarato nell’anno precedentea quello dell’evento; lo stato di fa-miglia; la residenza).La domanda presentata dai super-stiti deve essere corredata oltreche dalla dichiarazione innanzievidenziata, anche dal certificatodi morte dell’iscritto, dichiarazio-ne sulla titolarità della pensione acarico della Cassa o il diritto aconseguirla, nonché dichiarazioneattestante la natura e l’entità deldanno subito a causa dell’eventocalamitoso.

4.3. La misura del contributo as-sistenziale

La misura del contributo assisten-ziale nei casi di catastrofe o cala-mità naturali non può superare ildoppio della pensione minimaerogata dalla Cassa Forense nel-l’anno in cui si è verificato l’e-vento (la Giunta Esecutiva dellaCassa, valutate particolari circo-stanze può superare, fino al dop-pio, il limite indicato).In via straordinaria la Giunta Ese-cutiva della Cassa può deliberarela concessione di indennizzi perdanni agli immobili destinati da-gli iscritti ad abitazione od a stu-dio, ed ai beni strumentali dellostudio.

5. L’assistenza per infortunio omalattiaSono previste particolari assisten-ze indennitarie in favore di coloroche per infortunio o malattia nonhanno potuto esercitare in manie-ra assoluta l’attività professionaleper almeno tre mesi.

5.1. L’assistenza indennitaria perinfortunio o malattia

La Cassa può erogare indennizziagli iscritti alla Cassa da almenotre anni, e non pensionati, che perinfortunio o malattia non abbianopotuto esercitare in maniera asso-

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LA PREVIDENZA FORENSE

– dichiarazione attestante una se-rie di dati e circostanze (stato difamiglia; residenza; reddito pro-fessionale imponibile dichiaratonell’anno antecedente a quellodell’evento; data di iscrizioneall’albo o la data ed il motivo dieventuale cancellazione).

5.3. Indennità conseguente adinfortunio ed “onere” dell’avvo-cato per azione surrogatoria del-la Cassa

Se la richiesta dell’indennità èconseguente ad infortunio, l’i-stante deve dichiarare se lo stessoha beneficiato o beneficerà di ri-sarcimento per responsabilità diterzi, indicandone, in caso affer-mativo, il relativo ammontare an-che in via presuntiva, se la liqui-dazione è ancora in corso. In talicasi il richiedente deve impegnar-si a surrogare la Cassa Forensenei propri diritti, ai sensi dell’art.1201 c.c., sino alla concorrenzadell’importo stesso, con dichiara-zione da rilasciare all’atto della ri-cezione dell’importo medesimo;nel contempo l’istante deve forni-re alla Cassa tutti i dati necessariall’esercizio dell’azione di surro-ga da parte della Cassa.

5.4. La procedura per l’accerta-mento del periodo di inabilità in-cidente sulla attività professionale

L’accertamento della natura dellamalattia, dell’infortunio e del pe-riodo di inabilità incidente sullaattività professionale, è demanda-to ad un medico legale o ad unprimario ospedaliero designato dauno dei delegati eletti nella circo-scrizione in cui risiede l’istante,su incarico del Presidente dellaCassa.

5.5. La durata e la misura dell’in-dennizzo

Quanto alla durata, l’indennizzo

per infortunio o malattia, nonrinnovabile in relazione allo stes-so infortunio o malattia, è rag-guagliato ai mesi di interruzionetotale dell’attività, per periodicontinuativi di almeno tre mesi,per non più di dodici mesi, anchese i vari periodi non sono conti-nuativi.Quanto alla misura, l’indennizzoin questione è determinato in mi-sura mensile pari ad un venti-quattresimo della media dei red-diti professionali annui denun-ciati dall’iscritto nei dieci anniprecedenti, o in tutti gli anni diiscrizione alla Cassa, se inferioria dieci (redditi con rivalutazioneal 100%), salvo restando per lamedia dei redditi il limite massi-mo del contributo versato ex art.10, lett. d) della legge n.576/1980.L’indennizzo in questione, co-munque, non può essere inferiore,per ogni mese, ad un dodicesimodella pensione minima di vec-chiaia dell’anno in cui si è verifi-cato l’evento.L’indennizzo per infortunio o ma-lattia non è cumulabile per lo stes-so periodo con la indennità di ma-ternità.

6. Altre provvidenze

La Cassa Forense, oltre ai riporta-ti trattamenti assistenziali-inden-nitari, eroga anche altre provvi-denze in favore dei propri iscritti.E, infatti, sono previste le seguen-ti ulteriori provvidenze:– assistenza sanitaria integrativa;– borse di studio;– contributo per le spese funera-

rie;– contributo per le spese di ospi-

talità in istituti per anziani, permalati cronici o lungodegenti;

– contributo per gli avvocati ul-traottantenni.

luta l’attività professionale per al-meno tre mesi. Tale indennizzopuò essere concesso per eventiche si verifichino già nel terzo an-no di iscrizione.Il requisito dell’iscrizione allaCassa – per beneficiare della assi-stenza indennitaria – deve sussiste-re al momento in cui si è verificatol’evento e l’assistenza può essereerogata anche se l’iscritto, succes-sivamente all’evento medesimo,ha cessato l’attività professionale,purché non abbia richiesto il rim-borso dei contributi versati.

5.2. La domanda amministrativa

La concessione dell’assistenza in-dennitaria per infortunio o malat-tia è subordinata alla presentazio-ne di apposita domanda ammini-strativa alla Cassa.La domanda per la concessionedell’indennità in questione deveessere presentata alla Cassa, a pe-na di decadenza, entro due annidal verificarsi dell’infortunio odall’insorgere della malattia.In caso di decesso dell’iscritto ladomanda di concessione dell’in-dennità può essere presentata an-che dal coniuge superstite, dai fi-gli conviventi o a carico e dai fa-miliari indicati nell’art. 433 delc.c. se conviventi e a carico.La domanda amministrativa, di-retta alla Giunta, deve essere inol-trata tramite il Consiglio dell’Or-dine competente e corredata dadocumentazione varia, nonchédall’attestazione motivata dellostesso Consiglio sulla sussistenzadell’evento legittimante.Alla domanda, infatti, devono es-sere allegati:– documentazione medica com-

provante la natura della malattiao dell’infortunio, il periodo diinabilità e la incidenza sulla at-tività professionale;

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PLA PREVIDENZA FORENSE

6.1. Assistenza sanitaria integra-tiva

La Cassa Forense può erogare afavore degli iscritti a pieno titolo edei pensionati che conservano laiscrizione ad un albo, assistenzasanitaria integrativa, diretta o indi-retta, quest’ultima anche attraver-so la stipulazione di polizza conprimaria compagnia assicuratrice.

6.2. Borse di studio

La Cassa può erogare a favore de-gli avvocati iscritti a tutti gli effet-ti previdenziali ed assistenziali al-la Cassa, nonché in favore deisoggetti beneficiari di pensione acarico della Cassa, e dei loro fa-miliari, borse di studio.A tal fine la Cassa può bandireconcorsi per il conferimento diborse di studio, dell’importo fis-sato dal Comitato dei Delegati (econ modalità fissate dallo stessoComitato), a favore degli orfani diavvocati già iscritti alla Cassa o dibeneficiari di pensione a caricodella Cassa per:– la durata legale dei corsi di

scuola media superiore;– la durata legale dei corsi di laurea

presso una università italiana;– la frequenza di scuole di specia-

lizzazione post-laurea nell’areadella previdenza e dell’assisten-za presso una università italianao comunitaria.

6.3. Contributo per le spese fune-rarie

La Cassa può erogare a favore deiprossimi congiunti degli iscritti (ecioè coniuge superstite e figliconviventi) e dei titolari di pen-sione a proprio carico un contri-buto per le spese funerarie nella

misura fissata dal Comitato deiDelegati.Il contributo è liquidato d’ufficiosenza alcun supporto documentale.Alternativamente al coniuge su-perstite e figli conviventi (e cioèprossimi congiunti), i parenti entroil terzo grado, gli affini entro il se-condo grado, il coniuge separato eil convivente more uxorio, possonoottenere a domanda il rimborsodelle spese funerarie affrontate perl’importo effettivamente sostenu-to, e comunque nella misura deter-minata dal Comitato dei Delegati(alla domanda devono essere alle-gati: certificato di morte; dichiara-zione dalla quale risulti l’apparte-nenza ad una delle categorie indi-cate; fattura delle spese sostenuteintestata al richiedente).

6.4. Contributo per le spese diospitalità in istituti per anziani,malati cronici o lungodegenti

La Cassa può erogare – con le mo-dalità fissate dal Comitato dei De-legati – a favore degli iscritti o deititolari di pensione a proprio cari-co, assegni a titolo di contributoper le spese di ospitalità in istitutipubblici o privati per anziani, ma-lati cronici o lungodegenti.

6.5. Contributo per le spese di as-sistenza infermieristica domici-liare temporanea

La Cassa può erogare – con lemodalità fissate dal Comitato deiDelegati – a favore degli iscritti odei titolari di pensione a propriocarico, contributi di partecipazio-ne alle spese sostenute per assi-stenza infermieristica domiciliare,per malattia o infortunio a caratte-re temporaneo e su prescrizionesanitaria motivata.

6.6. Erogazioni assistenziali in fa-vore di pensionati ultraottantenni

La Cassa può disporre – a doman-da degli interessati – erogazioniassistenziali a favore degli avvo-cati pensionati che abbiano com-piuto ottanta anni di età.La domanda per la concessionedel trattamento assistenziale de-ve essere inviata dagli interessa-ti alla Cassa tra il 1° gennaio edil 30 giugno di ogni anno. Alladomanda occorre allegare unadichiarazione nella quale l’istan-te comunica l’ammontare deiredditi imponibili propri e delconiuge convivente, immobiliarie mobiliari, anche se soggetti atassazione separata (i redditi delconiuge vanno considerati permetà).L’erogazione del trattamento assi-stenziale avviene se il redditocomplessivo dichiarato non è su-periore al doppio della pensioneminima annua erogata dalla Cassanell’anno di presentazione delladomanda.La misura del trattamento assi-stenziale è determinata dal Con-siglio di Amministrazione dellaCassa di anno in anno, e comun-que in misura non superiore allametà della pensione minima an-nua prevista per l’anno di presen-tazione della domanda dell’in-dennità assistenziale. Il tratta-mento assistenziale per gli avvo-cati ultraottantenni è deliberatodalla Giunta e liquidato in unicasoluzione entro l’anno.Il trattamento assistenziale inquestione è cumulabile con le al-tre erogazioni assistenziali, manon è reversibile né trasmissibileagli eredi.

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La decorrenza della prescrizione dei contributi

nota di Marcello Bella

LA PREVIDENZA FORENSE

GIURISPRUDENZA PREVIDENZIALE

CORTE DI CASSAZIONE6 SETTEMBRE 2007, N. 18698Est. Di Nubila – omissis c. Cassa Nazionale di Previdenza eAssistenza Forense (Avv. Donella e Martuccelli).

Avvocato – Previdenza – Prescrizione contributi– Decorrenza.

In base all’art. 19, comma 2, della legge n.576/1980, la prescrizione dei contributi inizia a de-correre solamente dalla data di effettivo invio del-la comunicazione annuale obbligatoria.

«… La Cassa Nazionale di Previdenza e AssistenzaForense con il 2° motivo ha dedotto la violazione ela falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 n. 3CPC., dell’art.19 comma 2 della legge n. 576/1980,per avere la Corte di Appello affermato che la pre-scrizione contributiva inizia a decorrere dal giornodel dovuto e non dall’invio alla Cassa della comu-nicazione attestante il volume di affari dell’avvoca-to contribuente.Il motivo è fondato. La norma dispone che «per icontributi, gli accessori e le sanzioni dovuti o dapagare ai sensi della presente legge, la prescrizio-ne decorre dalla data di trasmissione alla Cassa,da parte dell’obbligato, della dichiarazione di cuiagli artt. 17 e 23». La questione che si pone in di-ritto alla Corte è di stabilire se tale norma so-pravviva alla nuova disciplina del termine di pre-scrizione, di cui alla legge n. 335/1995, qualenorma speciale previgente non espressamentemodificata.La giurisprudenza in tema di prescrizione dei con-tributi previdenziali si è finora occupata del termi-ne necessario a prescrivere e non anche della de-correnza… Le sentenze in questione affermano invia generale che la normativa sopravvenuta «ha

regolato l’intera materia», ma a ben vedere nontutta la materia del termine di prescrizione ineren-te alle contribuzioni obbligatorie è attratta nellanuova disciplina: la legge n. 335/1995 per veronulla ha disposto circa la decorrenza della prescri-zione.Le sentenze citate non si occupano del problemadella decorrenza del termine, che per gli avvocati èfissata nell’inoltro della dichiarazione mod. 5:l’art. 19, comma 2 della legge n. 576/1980 sopraricordato non è stato inciso dalla normativa so-pravvenuta… Ne deriva che in tema di previdenzaobbligatoria per gli avvocati, gestita dalla CassaNazionale di Previdenza e Assistenza Forense, ladecorrenza del termine di prescrizione coincidecon l’inoltro della dichiarazione del volume di af-fari, sul quale si applica l’aliquota. La norma è fi-nalizzata a porre in condizione la Cassa di riscuo-tere il contributo, vale a dire di esercitare il propriodiritto di credito.La sentenza di appello dà atto che la comunicazio-ne suddetta è avvenuta «medio tempore». Dallasentenza di primo grado si apprende la data di taleinoltro: 9 maggio 1995. Ne deriva che i contributirelativi alle annualità tuttora in contestazione –1991 e 1992 – non sono prescritti alla data dellacartella esattoriale».

NotaLa prescrizione contributiva opera solamente sel’avvocato provvede regolarmente all’invio delmod. 5.La Corte d’Appello di Catania, nella sentenza og-getto di riforma, aveva affermato che il debito con-tributivo del ricorrente si era prescritto per il de-corso del termine calcolato dall’anno di produzionedel reddito. La Cassa Forense, nel suo ricorso perCassazione, ha sostenuto che la prescrizione puòdecorrere solo dal momento in cui essa è venuta a

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LA PREVIDENZA FORENSE

GIURISPRUDENZA PREVIDENZIALE

conoscenza dell’imponibile contributivo. La Cortedi Cassazione ha accolto la tesi della Cassa con lasopra riportata motivazione.In particolare, la Corte d’Appello di Catania, nel-la sentenza riformata in parte qua, aveva afferma-to che il decorso della prescrizione degli obblighicontributivi degli avvocati inizia «dall’insorgenzadel credito contributivo» e non dall’invio dellacomunicazione dell’ammontare dei redditi e deivolumi d’affari obbligatoria per tutti gli avvocatiiscritti agli albi in base all’art. 17 della legge n.576/1980.Le argomentazioni della Corte di Catania, invero,erano del tutto generiche ed omettevano di consi-derare il contenuto del secondo comma dell’art.19 della legge n. 576/1980.Va ricordato che il secondo comma dell’art. 19della legge n. 576/1980 stabilisce che «per i con-tributi, gli accessori e le sanzioni dovuti o da pa-gare ai sensi della presente legge, la prescrizionedecorre dalla data di trasmissione alla Cassa, daparte dell’obbligato, della dichiarazione di cuiagli artt. 17 e 23».Si rammenta, infatti, che il sistema della legge n.576/1980 pone a carico dell’interessato, con ladisposizione dell’art. 17, l’obbligo di comunicareannualmente alla Cassa l’ammontare del redditoprofessionale dichiarato ai fini dell’IRPEF perl’anno precedente, nonché il volume complessivodi affari dichiarato ai fini dell’IVA; nel caso dimaturazione del diritto a pensione prima dellascadenza della dichiarazione dei redditi è neces-saria una dichiarazione integrativa.Lo stesso testo normativo prevede anche all’art.23, per la fase di prima applicazione della legge,l’obbligo di una specifica comunicazione dell’am-montare dei redditi e del volume d’affari per glianni a partire dal 1975.Non vi è certamente ragione per non ritenere appli-cabile il sopra menzionato secondo comma dell’art.19 della legge n. 576/1980, che è già stato ritenutolegittimo da parte della Corte costituzionale e dellagiurisprudenza di Cassazione.Con sentenza del 25 ottobre 1989, n. 489, infatti,la Corte costituzionale ha affermato la legittimitàdi una norma, che protragga i termini di prescri-zione disponendone la sospensione, o anche l’in-terruzione, come nel caso dell’art. 2, comma 22,del decreto legge n. 463 del 1983, convertito nel-la legge n. 638 del 1983, contenente norme sullaprevidenza forense, secondo il quale in una fase di“prima applicazione” relativa ai contributi dovu-ti per gli anni precedenti e non ancora prescritti,si giustifica la retroattività degli effetti dell’art.19 in ordine ai termini di prescrizione. La Corteha inoltre ritenuto che «le differenze di duratadella prescrizione dei contributi dovuti per gli an-ni 1975-1979… si giustificano in ragione del rife-rimento del nuovo dies a quo a crediti della Cas-

sa insorti in momenti diversi nel tempo». Piena le-gittimità pertanto della indicazione della decor-renza della prescrizione diversa dalle regole ge-nerali.La Corte costituzionale ha dunque riconosciutoun valido carattere di specialità al secondo com-ma dell’art. 19 della legge n. 576/1980 per quan-to riguarda la decorrenza della prescrizione, conun effetto paragonabile alla sospensione di que-st’ultima.Se non vi è una dichiarazione di reddito e di volu-me d’affari da parte degli iscritti, la Cassa non èassolutamente in grado di riscuotere i contributi,con l’effetto che, diversamente interpretando ilcontenuto del predetto secondo comma dell’art.19 della legge n. 576/1980, se le comunicazioninon sono inviate, i contributi si prescriverebberofacilmente: era invero quanto avveniva prima del-la legge del 1980, con la quale si è appunto volu-to porre rimedio.Ed infatti, le Sezioni unite della Cassazione, in te-ma di continuità nell’esercizio professionale, han-no affermato che l’accertamento della continuità(che rappresenta un requisito legale per il dirittoalla prestazione pensionistica) risulta affidato aduna verifica da compiere sulla base di parametristabiliti da determinazioni del Comitato dei Dele-gati della Cassa – alle quali la legge riconosce, atal fine, come osservato da Cassazione n.3211/02, una potestà autoregolamentare – e in re-lazione alle comunicazioni obbligatorie periodi-che effettuate dagli interessati, che consentonoper ogni anno il controllo da parte della Cassa(Corte di Cassazione, Sezioni unite, n.13289/2005). Le ragioni che hanno indotto il legislatore a sta-bilire uno speciale decorso della prescrizione, do-vuto alla specialità della situazione da disciplina-re, sono certamente le stesse che hanno indotto illegislatore del 1980 a stabilire un termine lungodi prescrizione (dieci anni). Di contro, la legge n.335/1995 nulla afferma in tema di decorrenza del-la prescrizione, cosicché, in merito ad essa, sonocertamente rimaste in vigore tutte le norme prece-denti che la disciplinano. Tra queste norme, vi è ilcitato secondo comma dell’art. 19 della legge n.576/1980. L’efficacia del termine prescrizionale a decorreredall’invio della dichiarazione dei redditi alla Cas-sa, anche per i contributi dovuti in base alle nor-me precedenti alla legge n. 576/1980 è stata al-tresì affermata dalla Corte di Cassazione con sen-tenza n. 2576/92.Inoltre, la Corte di Cassazione, con sentenza n.6344/92, ha affermato che «per i contributi dovuti almomento dell’entrata in vigore della legge 576/1980decorre il termine prescrizionale dalla data di tra-smissione alla Cassa, da parte dell’obbligato, delladichiarazione di cui all’art. 23 della citata legge».

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LA PREVIDENZA FORENSE

GIURISPRUDENZA PREVIDENZIALE

Nello stesso senso si è pronunciata la stessa Supre-ma Corte, con sentenza n. 1096/93 e, in seguito e piùrecentemente, con sentenze n. 9113/07 e n. 20343/06(conformi, ex multis, Corte di Appello di Bologna n.389/07 «in vertenza relativa ai geometri»; Corte di

Appello di Roma n. 6703/03; Tribunale di Roma n.3252/05, n. 27200/04 e n. 14538/04; Tribunale diBari n. 1836/04; Tribunale di Termini Imerese, n.253/04; Tribunale di Pavia n. 224/03).

Marcello Bella

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Indice annuale anno 2007a cura di Leonardo Carbone

LA PREVIDENZA FORENSE

IINDICE ANNUALE

I. Indice degli autoriII. Indice della previdenza forenseIII. Indice dell’ordinamento forenseIV. Tabelle: cassa ed avvocati in cifreV. Indice della giurisprudenza

Indice degli autoriContiene l’elenco degli autori in ordine alfabeti-co, con la contestuale indicazione del titolo del-lo scritto, dell’anno, numero e pagina del fasci-colo.

Bassu Giuseppe1. Avvocato continentale e avvocato anglosassone,

2007, 1, 31.

Bella Marcello1. L’incompatibilità in materia previdenziale, 2007,

4, 365.2. La decorrenza della prescrizione dei contributi,

2007, 4, 376.

Berti Arnoaldi Veli Francesco1. Piero Di Marco: congedo, 2007, 3, 280.

Berti Arnoaldi Veli Giuliano1. Archivi degli Ordini custodi della memoria,

2007, 3, 224.

Biancofiore Giovanna1. Aumenta il numero delle donne avvocato. Rifles-

si sulla previdenza, 2007, 1, 71.2. Rallenta la crescita degli iscritti agli albi, 2007,

2, 152.

Carbone Leonardo1. Pensioni di vecchiaia e pensioni di anzianità,

2007, 1, 78.

2. La pensione di invalidità nella previdenza foren-se, 2007, 2, 176.

3. Pensioni di inabilità e pensioni ai superstiti,2007, 3, 252.

4. Recensione volume “Marciare per la pace. Ilmondo non violento di Aldo Capitini”, 2007, 4,335.

5. I trattamenti assistenziali-indennitari erogatidalla Cassa Forense, 2007, 4, 370.

6. Indice annuale 2007, 2007, 4, 380.

Casalini Luigi1. Aspettando la riforma, 2007, 3, 208.

Cipriani Franco1. Günter Grass e Pietro Calamandrei, 2007, 1,

43.2. Quando l’avvocato paga le spese di causa, 2007,

2, 132.3. Il quesito di diritto nel ricorso per Cassazione,

2007, 4, 301.

Colloca Marcello1. Libere professioni tra normative europee e anti-

trust, 2007, 1, 28.

Danovi Remo1. Il principio di incompatibilità e la riforma del-

l’ordinamento, 2007, 1, 94.2. Novità deontologiche, 2007, 2, 116.3. Il codice del potere, 2007, 3, 227. 4. Patto di quota lite e onorario di risultato, 2007,

3, 235.5. Politiche per la giustizia, 2007, 4, 297.

De Stefano Massimiliano1. La Corte costituzionale ascolta la Corte europea,

2007, 4, 331.

Page 86: LA PREVIDENZA FORENSE · 2015. 5. 4. · L. 46/2004, art. 1 c. 1, DCB Roma In copertina: Arco dei Gavi (Verona) Sommario A E P G I 4 ottobre-dicembre2007 LA PREVIDENZA FORENSE TRIMESTRALE

381

LA PREVIDENZA FORENSE

Orsini Giuseppe1. Incompatibilità e “cura di anime”, 2007, 3,

213.2. L’avvocato nella giurisdizione ecclesiastica,

2007, 4, 310.

Orrù Giuseppe1. Bilancio tecnico. Un segnale di allarme, 2007, 2,

135.

Patti Salvatore1. Testamento di vita e figure analoghe nell’ordina-

mento tedesco, 2007, 1, 45.

Pozzobon Roberto1. La scuola forense di Pordenone. La scuola foren-

se di Bassano del Grappa, 2007, 3, 221.

Proietti Michele1. La totalizzazione può partire, 2007, 2, 171.2. Autonomia degli enti previdenziali privatizzati e

controlli ministeriali, 2007, 3, 283.

Killian Matthias1. Il compenso dell’avvocato basato sul successo,

2007, 4, 316.

Rosa Paolo1. Commento al regolamento sulla rendita vitalizia,

2007, 1, 76.2. Il pensionamento flessibile, 2007, 2, 189.3. Riccardo Scocozza: una meteora che ha lasciato

il segno, 2007, 3, 194.4. La cultura previdenziale e finanziaria degli avvo-

cati, 2007, 4, 290.5. L’incompatibilità in materia previdenziale, 2007,

4, 365.

Savio Francesco1. La scuola forense di Pordenone. La scuola foren-

se di Bassano del Grappa, 2007, 3, 222.

Scocozza Riccardo1. Un ringraziamento, un impegno, 2007, 2, 98.

Vasarri Valeriano1. È possibile organizzare razionalmente un ufficio

giudiziario?, 2007, 1, 38.2. I bilanci tecnici secondo i Ministeri, 2007, 4,

353.

De Stefano Maurizio1. Il futuro europeo delle tariffe degli avvocati,

2007, 1, 67.

de Tilla Maurizio1. Tra speranze deluse e speranze che rinascono. La

Corte di Giustizia europea apre ai minimi tariffa-ri, 2007, 1, 2.

2. La professione stretta fra lo Stato e il Capitale,2007, 2, 128.

3. La flessibilità della previdenza privata, 2007, 3, 275. 4. Il risparmio previdenziale dei liberi professioni-

sti è privato, 2007, 4, 340.

Dindo Stefano1. 51esino Congresso UIA, 2007, 3, 234.

Donella Dario1. Una riforma zoppa, 2007, 1, 24.2. La specificità dell’avvocato, 2007, 2, 109.3. È tempo di sacrifici, 2007, 3, 262.4. Le tormentate libere professioni, 2007, 4, 304.5. Aggiornamento della prova dell’esercizio conti-

nuativo della professione, 2007,4, 358.

Esposito Mario1. La sostenibile discrezionalità del legislatore or-

dinario, 2007, 1, 57.

Florio Gennaro1. I dati numerici rivalutati, 2007, 1, 90.

Grillo Michelina1. Verso la Conferenza Nazionale della Giustizia di

Roma (11-13 ottobre 2007), 2007, 3, 230.

Mariani Marini Alarico1. Qualità o listino prezzi, 2007, 3, 218.2. L’Avvocatura e i giovani, 2007, 4, 293.

Martuccelli Carlo1. Un esame da riesaminare, 2007, 2, 130.

Menichetti Antonella1. Redditi 2005, 2007, 2, 163.

Moro Paolo1. La scuola forense di Pordenone. La scuola foren-

se di Bassano del Grappa, 2007, 3, 221.

Neri Serneri Maria Caterina1. I dati numerici rivalutati, 2007, 1, 90.

Page 87: LA PREVIDENZA FORENSE · 2015. 5. 4. · L. 46/2004, art. 1 c. 1, DCB Roma In copertina: Arco dei Gavi (Verona) Sommario A E P G I 4 ottobre-dicembre2007 LA PREVIDENZA FORENSE TRIMESTRALE

382

LA PREVIDENZA FORENSE

IINDICE ANNUALE

Indice della previdenza forenseContiene i documenti – suddivisi secondo la sottori-portata scansione – riguardanti la previdenza foren-se. Per ogni documento viene riportato l’anno dellarivista, il numero del fascicolo, la pagina, nonché lasigla “c” se trattasi di prassi amministrativa, “d” setrattasi di articolo, “g” se trattasi di giurisprudenza.

I. Obbligazione contributiva.II. Prestazioni.III. Previdenza forense in generale.

I. Obbligazione contributiva1. Commento al regolamento sulla rendita vitalizia

(P. Rosa), 2007, 1, 76, d.2. La totalizzazione può partire (M. Proietti), 2007,

2, 171, d., c.3. La decorrenza della prescrizione dei contributi

(M. Bella), 2007,4, 376, d.

II. Prestazioni1. Commento al regolamento sulla rendita vitalizia

(P. Rosa), 2007, 1, 76, d.2. Pensioni di vecchiaia e pensioni di anzianità (L.

Carbone), 2007, 1, 78, d.3. La pensione di invalidità nella previdenza foren-

se (L. Carbone), 2007, 2, 176, d.4. Il pensionamento flessibile (P.Rosa), 2007, 2, 189, d.5. Pensioni di inabilità e pensioni ai superstiti (L.

Carbone), 2007, 3, 252, d.6. Aggiornamento della prova dell’esercizio continua-

tivo della professione (D. Donella), 2007, 4, 358, d.7. I trattamenti assistenziali-indennitari erogati dal-

la cassa Forense (L. Carbone), 2007, 4, 370, d.8. L’incompatibilità in materia previdenziale (P.

Rosa – M. Bella), 2007, 4, 365, d.

III. Previdenza forense in generale1. Una Riforma zoppa (D. Donella), 2007, 1, 24, d.2. Aumenta il numero delle donne avvocato. Riflessi

sulla previdenza (G. Biancofiore), 2007, 1, 71, d.3. Un ringraziamento, un impegno (R. Scocozza),

2007, 2, 98, d.4. Bilancio tecnico. Un segnale di allarme (G.

Orrù), 2007, 2, 135, d.5. La totalizzazione può partire (M. Proietti), 2007,

2, 171, d, c.6. I Ministeri vigilanti hanno approvato la piccola

riforma, ma non vogliono l’aumento del contri-buto integrativo, 2007, 2, 181, c.

7. Il pensionamento flessibile (P. Rosa), 2007, 2, 189, d.

8. Riccardo Scocozza: una meteora che ha lasciatoil segno (P. Rosa), 2007, 3, 194, d.

9. È tempo di sacrifici (D. Donella), 2007, 3, 262, d.10. La flessibilità della previdenza privata (M. de

Tilla), 2007, 3, 275, d.11. Trent’anni dopo, 2007, 3, 277, c.12. Piero di Marco: congedo (F. Berti Arnoaldi Ve-

li), 2007, 3, 280, d.13. Autonomia degli enti previdenziali privatizzati e

controlli ministeriali (M. Proietti), 2007, 3, 286, d.14. La cultura previdenziale e finanziaria degli av-

vocati (P. Rosa), 2007, 4, 290, d.15. Il risparmio previdenziale dei professionisti è

privato (M. de Tilla), 2007, 4, 340, d.16. Presentato in Senato il disegno di legge sull’au-

tonomia normativa, 2007, 4, 342, c.17. I bilanci tecnici secondo i Ministeri (V. Vasarri),

2007, 4, 353, d.

Indice dell’ordinamento forenseContiene l’indicazione di tutti i documenti – secondola riportata scansione – riguardanti l’Avvocatura e laGiustizia in generale. Per ogni documento viene ripor-tato l’anno della rivista, il fascicolo, la pagina, nonchéla sigla “c” se trattasi di prassi amministrativa, “d” setrattasi di articolo, “g” se trattasi di giurisprudenza.

I. Ordinamento professionale.II. Amministrazione della giustizia.III. Deontologia-procedimento disciplinare.IV. Congressi-Convegni-Associazioni.

I. Ordinamento professionale1. Tra speranze deluse e speranze che rinascono. La

Corte di Giustizia europea apre ai minimi tariffa-ri (M. de Tilla), 2007, 1, 2, d.

2. Un disegno di legge sull’ordinamento forense (IIparte), 2007, 1, 6, c.

3. Riforma dell’ordinamento della professione diavvocato (I parte), 2007, 1, 18, c.

4. Libere professioni tra normative europee e anti-trust (M. Colloca), 2007, 1, 28, d.

5. Avvocato continentale e avvocato anglosassone(G. Bassu), 2007, 1, 31, d.

6. La Corte costituzionale conferma la legittimitàdel divieto del part-time, 2007, 1, 49, g.

7. La sostenibile discrezionalità del legislatore or-dinario (M.Esposito), 2007, 1, 59, d.

8. Il futuro europeo delle tariffe degli avvocati,2007, 1, 59, g.

Page 88: LA PREVIDENZA FORENSE · 2015. 5. 4. · L. 46/2004, art. 1 c. 1, DCB Roma In copertina: Arco dei Gavi (Verona) Sommario A E P G I 4 ottobre-dicembre2007 LA PREVIDENZA FORENSE TRIMESTRALE

383

LA PREVIDENZA FORENSE

4. Quando l’avvocato paga le spese di causa (F. Ci-priani), 2007, 2, 132, d.

5. Politiche per la giustizia (R. Danovi), 2007, 4,297, d.

6. Il quesito di diritto nel ricorso per Cassazione (F.Cipriani), 2007,4, 301, d.

7. La Corte costituzionale ascolta la Corte europea(M. De Srefano), 2007, 4, 331, d.

III. Deontologia – procedimento disciplinare1. Novità deontologiche (R. Danovi), 2007, 2, 116, d.

IV. Congressi-Convegni-Associazioni1. Verso la Conferenza nazionale della Giustizia di

Roma (11-13 ottobre 2007), 2007, 3, 230, c.2. V Conferenza Nazionale dell’Avvocatura, 2007,

3, 231, c.3. 51esimo Congresso UIA, 2007, 3, 235, c.

TABELLE: Cassa ed Avvocati in cifre1. Aumenta il numero delle donne avvocato. Riflessi

sulla previdenza (G. Biancofiore), 2007, 1, 71, d.2. I dati numerici rivalutati (M.C. Neri Serneri-G.

Florio), 2007, 1, 90, c. 3. Il rinnovo delle cariche della Cassa, 2007, 2, 100, c.4. Bilancio tecnico. Un segnale di allarme (G.

Orrù), 2007, 2, 135, d, c.5. Rallenta la crescita degli iscritti agli albi (G.

Biancofiore), 2007, 2, 152, d, c.6. Redditi 2005 (A. Menichetti), 2007, 2, 163, d, c.7. Paolo Rosa nuovo Presidente, 2007, 3, 194, c.8. Il nuovo CNF, 2007, 3, 195, c.9. Il bilancio di esercizio del 2006, 2007, 3, 240, c.10. Piero Di Marco: congedo (F. Berti Arnoaldi Ve-

li), 2007, 3, 280, d.11. I bilanci tecnici secondo i Ministeri (V. Vasarri),

2007,4, 353, d.

Indice della giurisprudenzaIV. Corte costituzionale 21.11.2006 n. 390 (legitti-

mità divieto part-time), 2007, 1, 49, g.V. Corte Giustizia europea 5.12.2006 (tariffe foren-

se), 2007, 1, 59, g.VI. Corte di Cassazione (francese) 13.7.2006 (patto di

quota lite e onorario di risultato), 2007, 3, 235, g.VII. Corte Costituzionale n. 190 del 2007 (autono-

mia degli enti previdenziali privatizzati e con-trolli ministeriali), 2007, 3, 283, g.

VIII. Corte di cassazione 6.9.2007 n. 18698 (decor-renza prescrizione contributi), 2007, 4, 376, g.

9. Il futuro europeo delle tariffe degli avvocati (M.De Stefano), 2007, 1, 67, d.

10. Il principio di incompatibilità e la riforma del-l’ordinamento (R. Danovi), 2007, 1, 94, d.

11. Relazione al disegno di legge sulla riforma del-l’Ordinamento forense (II parte), 2007, 2, 102, c.

12. La specificità dell’avvocato (D. Donella), 2007,2, 109, d.

13. Il regolamento del CNF per la formazione con-tinua della professione di avvocato, 2007, 2,120, c.

14. La professione stretta fra lo Stato e il Capitale(M. de Tilla), 2007, 2, 128, d.

15. Un esame da riesaminare (C. Martuccelli),2007, 2, 130, d.

16. Il nuovo CNF, 2007, 3, 195, c.17. Attività giurisdizionale del CNF. Procedimenti

disciplinari al CNF, 2007, 3, 196, c.18. Direttiva europea sui servizi, 2007, 3, 200, c.19. Aspettando la riforma (L. Casalini), 2007, 3, 208, d. 20. Incompatibilità e “cura di anime” (G. Orsini),

2007, 3, 213, d.21. Qualità o listino prezzi (A. Mariani Marini),

2007, 3, 218, d.22. La scuola forense di Pordenone. La scuola fo-

rense di Bassano del Grappa (Moro, Pozzobon,Savio), 2007, 3, 221, d.

23. Archivi degli Ordini custodi della memoria (G.Berti Arnoaldi Veli), 2007, 3, 224, d.

24. Il codice del potere (R. Danovi), 2007, 3, 227, d.25. Patto di quota lite e onorario di risultato (R.

Danovi), 2007, 3, 235, d.26. L’Avvocatura e i giovani (A. Mariani Marini),

2007, 4, 293, d.27. L’Avvocato nella giurisdizione ecclesiastica (G.

Orsini), 2007, 4, 310, d.28. Il compenso dell’avvocato basato sul successo

(M. Killian), 2007, 4, 316, d.29. Regolamento aggiornato per la formazione pro-

fessionale, 2007, 4, 336, c.30. Le tormentate libere professioni (D. Donella),

2007, 4, 304, d.

II. Amministrazione della giustizia1. È possibile organizzare razionalmente un ufficio

giudiziario? (V. Vasari), 2007, 1, 38, d.2. Günter Grass e Pietro Calamandrei (F. Cipriani),

2007, 1, 43, d.3. Testamento di vita e figure analoghe nell’ordina-

mento tedesco (S. Patti), 2007, 1, 45, d.