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LA PREVENZIONE, LA DIAGNOSI E IL TRATTAMENTO DELL’ENDOCARDITE INFETTIVA (Linea Guida Interaziendale) Marzo 2005

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LA PREVENZIONE, LA DIAGNOSI E IL

TRATTAMENTO DELL’ENDOCARDITE INFETTIVA (Linea Guida Interaziendale)

Marzo 2005

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ERRATA CORRIGE Errata Corrige Tabella 9 a pag. 25 (ex tabella 8)

Penicillina G 20-24 MU/die Penicillina G 16-20 MU/die

Tabella 10 a pag. 25 (ex tabella 9)

Penicillina G 16-20 MU/die Penicillina G 20-24 MU/die

Correzioni effettuate il 30 agosto 2005

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Elenco emissioni / approvazioni

Emissione Preparato da: Autorizzato da:

Firma

Data: marzo 2005

Dott.Giustino Bernini Dott. Flavio Cocconcelli Dott.ssa Debora Formisano Dott.ssa Paola Franceschetti Dott. Oscar Gaddi Dott. Giampaolo Gambarati Coord. Inf. Annamaria Giampietri Dott. Emilio Iori Dott. Giacomo Magnani Dott. Giuseppe Regolisti Dott.ssa Lidia Ricci Dott. Paolo Vasini Dott.ssa Fabrizia Vezzani Dott. Enrico Violi

Dott.ssa Manghi Iva (Direttore Sanitario ASMN) Dott.ssa Riccò Daniela (Direttore Sanitario AUSL)

Revisioni Data Preparato da: Autorizzato da: Firma

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INDICE Componenti del gruppo di lavoro pag. 4 Introduzione pag. 5 Metodologia di lavoro pag. 5 Definizione pag. 7 Criteri diagnostici clinici pag. 8 Criteri diagnostici strumentali pag. 13 Criteri microbiologici pag. 19 Trattamento antibiotico e monitoraggio postacuto pag. 21 Complicanze pag. 31 Indicazione al trattamento cardiochirurgico pag. 37 Profilassi primaria e secondaria pag. 43 Allegati pag. 47

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COMPONENTI DEL GRUPPO MULTIDISCIPLINARE E MULTIPROFESSIONALE CHE HANNO CONTRIBUITO ALLA DEFINIZIONE DELLA LINEA GUIDA

Arcispedale S. Maria Nuova

(ASMN) Az. USL di Reggio Emilia

Cardiologia Dott. Oscar Gaddi,

Dott. Danilo Manari,

Dott. Enrico Violi,

Dott. Giorgio Massarelli,

Dott.ssa Paola Franceschetti,

Dott. Alessandro Navazio

Dott. Gianpaolo Gambarati,

Dott. Paolo Vasini,

Dott. Emilio Iori

Malattie Infettive Dott. Giacomo Magnani,

Dott.ssa Fabrizia Vezzani,

Coord. Inf. Annamaria Giampietri

Microbiologia Dott.ssa Lidia Ricci

Medicina Interna Dott. Giuseppe Regolisti Dott. Giustino Bernini

Cardiochirurgia Dott. Flavio Cocconcelli

Neurologia Dott.ssa Donata Guidetti

Servizio Ass.

Infermieristica

Coord. Inf. Monica Guberti Coord. Inf. Stefano Mastrangelo

Farmacia Dott.ssa Nilla Viani – Dott.ssa Lidia Fares

Direzione Sanitaria Dott. Mirco Pinotti Dott. Andrea Gigliobianco

Programma di Cure

Primarie

Dott.ssa Rosanna Carbognani – Dott.ssa Enrica Terzi

Servizio Sviluppo

Organizzativo (ASMN)

Dr.ssa Debora Formisano

(statistico)

La Linea Guida è stata approvata dalla Commissione Terapeutica Provinciale in data 21 marzo 2005.

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INTRODUZIONE Perché la scelta dell’Endocardite Infettiva In base ai criteri di definizione delle priorità ,l’Endocardite Infettiva (EI) rappresenta una condizione clinica ad alto rischio per gli esiti clinici, con alta variabilità nella gestione clinica legata anche alle differenti discipline coinvolte da una patologia multidisciplinare, con alto costo di trattamento sia medico che chirurgico, con livelli di “ansiogenicità” per alcuni aspetti ancora problematici nella definizione diagnostica, con disponibilità di evidenze cliniche recenti e di buona qualità. Costituzione del Gruppo di Lavoro Interaziendale tra ASMN e AUSL Il coinvolgimento dei professionisti interessati all’argomento ha portato alla definizione di un gruppo formato da Infettivologi, Cardiologi, Internisti, Microbiologi, Cardiochirurghi, Medici di Direzione Sanitaria ed Infermieri, in cui fossero rappresentate le diverse professionalità e le varie sedi Ospedaliere della Provincia. METODOLOGIA DI LAVORO

1. Progettazione di un AUDIT retrospettivo provinciale per gli anni 2002-2003 per definire l’epidemiologia clinica (casistica, percorso diagnostico e conduzione clinica, esiti) al fine di confrontarla in seguito, dopo l’applicazione di una Linea Guida interaziendale

2. Ricerca delle Linee Guida disponibili attraverso le Banche Dati disponibili (National Guideline Clearinghouse, SIGN,NeLH Guideline Finder, CMA Infobase, Medline )

3. Valutazione critica delle principali LG identificate( utilizzando i criteri di valutazione AGREE) 4. Scelta della LG con migliori caratteri di affidabilità ed integrazione con evidenze emerse

dalla letteratura dopo la loro pubblicazione (review, trial clinici randomizzati, Statement di Società Scientifiche). La scelta è caduta sulla Linea Guida per la Prevenzione,Diagnosi e Terapia dell’Endocardite Infettiva, a cura della Task Force della Società Europea di Cardiologia, completata a fine 2003 e pubblicata nel gennaio 2004.

5. Adattamento alla situazione locale, dopo una consultazione dei professionisti coinvolti, cui è stata distribuita la bozza della LG per commenti ed integrazioni. I vari capitoli sono stati esaminati da sottogruppi che hanno predisposto testi preliminari da sottoporre alla valutazione collegiale del Gruppo di lavoro. Le integrazioni e gli adattamenti locali rispetto alla Linea Guida presa come riferimento sono riconoscibili in quanto riportate in corsivo.

Dopo la stesura del testo definitivo, le tappe successive saranno costituite dalla: 1. Scelta delle modalità più efficaci di diffusione ed applicazione nel contesto clinico 2. Valutazione dell’efficacia attraverso la predisposizione di un secondo Audit prospettico, da

confrontare con quello eseguito all’inizio del percorso, individuando i miglioramenti e le criticità persistenti

3. Periodicità dell’aggiornamento della LG e degli Audit.

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Livelli di evidenza e grado delle raccomandazioni Per la formulazione delle raccomandazioni ed il livello delle evidenze si è fatto riferimento alla metodologia della European Society of Cardiology (Reccomandations for ESC Task Force Creation and Report Production, 2004; www.escardio.org) riportata nella Tabella 1. Tabella 1: Forza delle Raccomandazioni e livello di evidenza che le supportano

GRADO DELLE RACCOMANDAZIONI Classe I Buone evidenze scientifiche che supportano

l’indicazione, l’utilità e l’efficacia di un trattamento o di procedura diagnostica.

Classe II - II a - II b

Evidenze contrastanti e/o divergenti sull’utilità ed efficacia di un trattamento o di una procedura diagnostica. - Il livello di evidenza/opinione sono a favore

dell’utilità e dell’ efficacia. - L’utilità e l’efficacia sono meno definite dal livello

delle evidenze/opinioni disponibili.

Classe III Evidenze e opinione generale concordi sul fatto che un trattamento o una procedura diagnostica non siano utili/efficaci o che in alcuni casi siano dannosi.

LIVELLI DI EVIDENZA A

Evidenza provata da almeno due studi randomizzati

B

Evidenza provata da un singolo studio randomizzato o da una metanalisi di più studi non randomizzati.

C

Opinioni di esperti, basate su trial clinici o su esperienze cliniche.

Monitoraggio dell’applicazione della linea guida (audit clinico) Attraverso l’Audit Clinico si vuole verificare l’efficacia della linea guida, il raggiungimento di uno standard comune nel contesto territoriale per la diagnosi, il trattamento ed i percorsi dei pazienti con Endocardite Batterica. Il percorso di audit prevede una valutazione retrospettiva dei comportamenti diagnostici terapeutici in un periodo precedente all’applicazione della Linea Guida. Successivamente verrà effettuata una valutazione prospettica al fine di misurare e valutare i cambiamenti apportati nel trattamento dei pazienti con Endocardite Batterica rispetto agli standard prefissati. Sia la fase retrospettiva che prospettica sono effettuate attraverso una revisione delle cartelle cliniche di casi di endocardite batterica presenti nella provincia di Reggio Emilia. Nell’identificazione degli indicatori di processo e di esito si fa riferimento alle fasi di pre-ricovero, ricovero e di dimissione. Nello specifico, la raccolta ed elaborazione dei dati è riferita a:

• presenza di fattori di rischio e di segni clinici (febbre, soffio), esami diagnostici pre-ricovero e la pregressa endocardite batterica ed eventuale profilassi antibiotica.

• tempo di attesa ed esito dell’emocoltura, agente patogeno, esecuzione di ECO TT e ECO TE, complicanze durante il ricovero, terapia antibiotica pre-intervento, intervento chirurgico e terapia medica dopo intervento. Inoltre, le modalità di dimissione e l’eradicazione completa delle cause di ingresso.

Importante è la pianificazione e realizzazione delle diffusione dei risultati e la valutazione dell’impatto dei cambiamenti apportati dall’implementazione della Linea Guida.

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DEFINIZIONE L’Endocardite Infettiva (EI) è un infezione microbica endovascolare delle strutture miocardiche native (per es. valvole, endocardio atriale o ventricolare) o impiantate chirurgicamente (ad esempio valvole protesiche, pacemaker o elettrodi di un ICD), e coinvolgente anche i grossi vasi intratoracici (includendo anche il dotto arterioso pervio, uno shunt artero-venoso, la coartazione dell’aorta). Sebbene le considerazioni di rilevanza clinica e terapeutica possano essere molto simili, le infezioni di cateteri localizzati all’interno del cuore ma non connesse con la struttura endocardica dovrebbero essere classificate come infezioni polimero-associati piuttosto che EI. La caratteristica precoce di una EI è una vegetazione di dimensioni variabili contenente piastrine, eritrociti, fibrina, cellule infiammatorie e microrganismi . Tuttavia distruzioni, ulcerazioni o formazioni ascessuali possono caratterizzare la prima immagine ecocardiografica.

Classificazione e terminologia In contrasto con le vecchie classificazioni che distinguono fra EI acute, subacute e croniche la presente classificazione prende come riferimento (a) l’attività del processo e la sua ricorrenza, (b) lo stato diagnostico, (c) la patogenesi, (d) la sede anatomica e (e) la microbiologia. a) Per quanto concerne l’attività, la differenziazione tra un EI attiva ed un EI guarita è particolarmente importante per i pazienti che devono subire un intervento chirurgico. Un EI viene considerata in fase attiva se: - un emocultura positiva associata a febbre è presente al momento dell’intervento, - in fase perioperatoria si dimostra un reperto morfologico in attività, - l’intervento chirurgico viene effettuato prima del completamento di un ciclo di terapia antibiotica. Più recentemente è stato raccomandato di parlare di EI attiva se la diagnosi è stata effettuata entro i due mesi che hanno preceduto l’intervento chirurgico. Si parla di EI ricorrente se si sviluppa dopo l’eradicazione di una precedente EI, mentre si parla di EI persistente quando l’infezione non è mai stata veramente eradicata. La differenziazione fra queste due forme può essere difficoltosa a meno che la nuova EI sia stata determinata da un organismo differente. L’endocardite che si sviluppa a distanza di oltre un anno dall’intervento viene usualmente considerata ricorrente. L’EI ricorrente è una complicazione temuta ed associata ad elevata mortalità. b) La diagnosi di EI è certa se durante una setticemia o un infezione sistemica si può dimostrare il coinvolgimento dell’endocardio, preferibilmente tramite un ecocardio transesofageo (ETE) multiplano. Se l’EI è clinicamente e fortemente sospettata ma il coinvolgimento dell’endocardio non è così facilmente dimostrabile, l’endocardite dovrebbe essere classificata come “dubbia” per esprimere un sospetto più o meno elevato di EI. Se l’EI è solo una potenziale diagnosi differenziale in un paziente con febbre, situazione di particolare importanza quando si applicano i criteri di Duke (tab. n. 2), l’EI dovrebbe essere classificata come “possibile”. c) L’endocarditi delle valvole native (NVE), protesiche (PVE) e l’EI in persone che assumono droghe per via endovenosa differiscono per quanto concerne la patogenesi. Le PVE dovrebbero essere classificate o come infezioni acquisite in fase perioperatoria e di conseguenza nosocomiali (NVE precoce) oppure community-acquired (NVE tardiva). Poiché sono state osservate differenze microbiologiche significative fra le PVE insorte entro un anno dall’intervento e quelle insorte in epoca successiva, il cut-off temporale fra PVE precoci e tardive dovrebbe essere di 12 mesi.

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d) Poiché presentano differenze nelle manifestazioni cliniche e nella prognosi, le EI coinvolgenti le strutture della parte destra o sinistra del cuore dovrebbero essere mantenute distinte e riferite, rispettivamente, come EI del cuore destro ed EI del cuore sinistro. Se la sede anatomica dell’infezione è stata accuratamente identificata, per es. tramite una ecocardiografia transesofagea, questa dovrebbe essere menzionata nella definizione (per es. mitrale, aorta, parete). e) Quando l’organismo responsabile dell’infezione è stato identificato, questi dovrebbe essere incluso nella terminologia, poiché fornisce informazioni importanti sulla presentazione clinica, sul trattamento e sulla prognosi. Parimenti quando gli esami colturali, i tests sierologici, le metodiche istologiche e/o di biologia molecolare (per es. PCR) risultano negativi, tali informazioni dovrebbero comunque essere incluse nella terminologia (per es. EI con esame colturale, sierologico, istologico, PCR- negativo o positivo). Se tutte le metodiche sono state applicate e hanno tutte dato risultato negativo il termine “microbiologicamente negativo” è considerato appropriato. La classificazione basata sulla popolazione coinvolta (per es. EI in tossicodipendenti, in pazienti con patologie cardiache congenite, neonati, bambini ed anziani, nosocomiali PVE) è utile per le proposte epidemiologiche e per il management clinico. Recentemente nei neonati si è osservato un incremento della frequenza delle EI. Le EI negli anziani possono manifestarsi con pochi sintomi ma presentano una prognosi peggiore rispetto alle EI insorte in più giovane età. Le NVE dovrebbero essere definite nosocomiali quando insorgano dopo le 72 ore dal ricovero ospedaliero o quando siano direttamente correlate ad una procedura effettuata in ospedale entro i sei mesi precedenti l’ospedalizzazione. Le EI nosocomiali comprendono il 5-29% di tutti i casi e possono raggiungere una mortalità del 40-56%. L’agente patogeno maggiormente coinvolto è lo stafilococco aureo. Nelle persone che assumono droghe per via endovenosa la prevalenza delle EI è circa 60 volte maggiore rispetto alla popolazione di controllo. Incidenza Poiché l’EI non è soggetta a registrazione e gli studi prospettici sulla sua incidenza sono rari e forniscono dati contradditori ci sono considerevoli incertezze sull’incidenza di questa patologia. Nelle popolazioni con bassa incidenza di febbre reumatica l’EI in ambito pediatrico è rara (0.3 per 100.000 all’anno). CRITERI DIAGNOSTICI CLINICI La diagnosi di endocardite infettiva (EI) è definitivamente stabilita (EI certa) se, in corso di sepsi o di infezione sistemica, viene dimostrato il coinvolgimento dell’endocardio. Se, inoltre, vi sono batteriemia (positività delle emocolture) o DNA batterico dimostrabile, l’EI è certa e con positività colturale/microbiologica; in caso contrario, l’EI è certa ma con negatività colturale/microbiologica. Poiché la storia clinica dei pazienti con EI è altamente variabile a seconda del microorganismo agente eziologico e della presenza o assenza di condizioni cardiache predisponenti ed altre patologie, il sospetto clinico tempestivo di EI è decisivo per una diagnosi precoce (Tabella 1). L’EI può presentarsi come infezione acuta, rapidamente progressiva, ma anche in forma subacuta o cronica con febbricola e sintomatologia aspecifica. Tra i sintomi di presentazione, la febbre non è specifica, ma è il dato più frequente. Il quadro clinico può variare da iperpiressia con brivido e prostrazione nella endocardite acuta da Stafilococco a stati febbrili prolungati associati a malessere generalizzato, astenia, artralgie e calo ponderale nelle infezioni subacute da

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Streptococco. Inizialmente il sospetto clinico è di infezioni respiratorie o addominali. Ulteriori sintomi si devono alla presenza di complicanze. La distruzione valvolare si associa a dispnea ingravescente, ortopnea, od anche ad edema polmonare acuto. Nei pazienti con endocardite delle sezioni destre predominano segni clinici suggestivi di polmonite e/o insufficienza del cuore destro. L’embolia settica a partenza dalle vegetazioni cardiache produce sintomi e segni a carico del sistema nervoso centrale, occlusioni vascolari nelle estremità, dolore a carattere pleuritico od addominalgie. La diagnosi differenziale può essere difficoltosa a seconda della localizzazione delle lesioni vascolari emboliche. Tra i rilievi clinici cruciali in un paziente con febbre, il rinvenimento di soffi cardiaci è determinante per il sospetto di EI. Particolare importanza rivestono i soffi da rigurgito di nuova comparsa o l’incremento di intensità di soffi da rigurgito preesistenti. La presenza di un soffio non è peraltro costante, e può mancare prima di una perforazione o di una rottura valvolare. In un paziente con febbre e soffi cardiaci, il sospetto clinico iniziale può essere rafforzato da segni laboratoristici di infezione, come elevazione della VES o della proteina C reattiva, leucocitosi, anemia e microematuria. Tuttavia, l’identificazione del processo endocarditico dipende da test diagnostici decisivi come le emocolture ripetute e l’ indagine ecocardiografica transtoracica o transesofagea (vedi oltre). La presentazione clinica speciale della EI delle sezioni destre include brividi, febbre, sudorazione notturna, malessere generalizzato e sintomi attribuiti ad embolizzazione polmonare. I pazienti con EI delle sezioni destre acquisite in comunità spesso si rivolgono al medico per un sospetto di polmonite. Diversamente dalla EI delle sezioni sinistre, le stigmate periferiche ed i sintomi e segni cardiaci di solito mancano. Tosse e dolore a carattere pleuritico si rinvengono nel 40-60% dei casi . Occasionalmente vi sono emottisi e dispnea. L’esame radiografico del torace evidenzia infiltrati nodulari con o senza cavitazione, polmonite multifocale, versamenti pleurici o pio-pneumotorace complessivamente nel 70-85% dei pazienti . Occasionalmente, il danno polmonare è così esteso da associarsi ad insufficienza respiratoria. Un soffio da insufficienza tricuspidale o polmonare è spesso assente o compare tardivamente nel corso della malattia. Tabella 2: Criteri di sospetto per EI

Sospetto clinico elevato (indicazione urgente per screening ecocardiografico ed eventualericovero ospedaliero): • Nuova lesione valvolare/soffio (da rigurgito) • Fenomeno/i embolico/i di causa non nota • Sepsi di origine indeterminata • Ematuria, glomerulonefrite, e sospetto infarto renale • Febbre più:

• materiale protesico all’interno delle camere cardiache • altre cause predisponenti per EI • aritmie ventricolari o disturbi di conduzione di nuova comparsa • prima manifestazione di scompenso cardiaco congesizio • emocolture positive (se il microorganismo identificato è tipico) • manifestazioni cutanee (Osler, Janeway) od oftalmiche (Roth) • infiltrati polmonari multifocali/a rapida modificazione (EI delle sezioni destre) • ascessi periferici (renali, splenici, rachidei) di origine sconosciuta • predisposizione e recenti procedure diagnostiche/terapeutiche notoriamente

associate a batteriemia significativa Sospetto clinico basso: • Febbre più nessuno dei precedenti

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Approccio diagnostico in caso di EI sospetta ma non provata Vi può essere una costellazione di sintomi e segni ove il sospetto clinico di EI è rilevante (EI sospetta o possibile), ma il coinvolgimento dell’endocardio non è ancora stato dimostrato. Con riferimento a questa situazione, in epoca precedente l’affermazione di tecniche ecocardiografiche efficienti erano stati introdotti criteri di probabilità diagnostica, successivamente aggiornati per migliorarne sensibilità e specificità includendo rilievi ecocardiografici ben definiti e l’uso di droghe per via endovenosa come fattore di rischio . Successivamente alla originaria pubblicazione nel 1981 dei criteri diagnostici di von Reyn, basati su dati clinici e microbiologici, si sono affermati i criteri proposti dalla Duke University, che enfatizzano il ruolo dell’ecocardiografia in aggiunta agli elementi derivanti dalle analisi microbiologiche e/o anatomo-patologiche; tali criteri sono stati sottoposti – nel corso dell’ultima decade – ad una estesa valutazione relativa alle loro caratteristiche di accuratezza diagnostica , che hanno complessivamente rilevato una sensibilità superiore all’80% unitamente ad ancora maggiori specificità e valore predittivo negativo (oltre 98%) nei confronti dei casi di EI “definita” ed “esclusa”, rispettivamente. Tali criteri, tuttavia, dimostrano una minore accuratezza nei casi di EI cosiddetta “possibile”, soprattutto con emocolture negative . A questo proposito, in particolare, in uno studio condotto su 63 pazienti con EI ed emocolture negative (1), l’applicazione dei criteri di Duke ha condotto alla corretta identificazione soltanto di 7/34 casi (21%) di EI su valvola nativa accertati con criteri anatomo-patologici. Successive modifiche ai criteri di Duke sono state proposte dal gruppo del St. Thomas Hospital di Londra e dal gruppo della stessa Duke University con lo scopo di migliorare l’accuratezza nell’identificazione dei casi di EI “possibile”. In particolare, nei criteri di Duke modificati (tabella 2) sono stati eliminati i criteri ecocardiografici “minori”, è stata confermata la positività emocolturale per Staph. aureus come criterio maggiore indipendentemente dalla presenza o meno di una sorgente di infezione e/o dalla caratterizzazione di infezione nosocomiale, ed è stata infine assunta la positività sierologica (titolo >1/800) per febbre Q od una singola emocoltura positiva per Coxiella burnetii come criterio maggiore. Li et al hanno inoltre sostenuto un ruolo determinante dell’ecocardiografia transesofagea nei casi di EI “possibile” con ecocardiogramma transtoracico negativo e probabilità pre-test intermedia, nei casi di EI sospetta con complicanze (ad esempio, ascesso paravalvolare) e nei casi di EI sospetta su valvola protesica. Il gruppo del St. Thomas Hospital ha proposto l’introduzione di ulteriori criteri minori (tabella 3). L’applicazione dei criteri di Duke modificati o dei criteri di St. Thomas ha determinato un decisivo miglioramento della performance diagnostica in casi di EI su valvola nativa con emocolture negative, successivamente accertati anatomo-patologicamente (1). Inoltre, in un recente studio condotto su 100 pazienti consecutivi tossicodipendenti dediti all’uso di droghe iniettate per via endovenosa, l’applicazione dei criteri di Duke modificati sono risultati utili nella corretta classificazione dei casi di EI “definita” ed “esclusa” (2 ); inoltre, l’analisi multivariata ha consentito di identificare nell’ambito di questa particolare casistica l’assenza di una evidente sorgente extracardiaca di infezione (OR 3.9; IC 95% 1.1-8.7) e la presenza di ematuria, proteinuria o piuria (OR 2.9; IC 95% 1.1-8.6) come criteri indipendenti aggiuntivi associati alla presenza di EI “definita”. Occorre sottolineare come tutti gli studi sopra riportati siano a carattere retrospettivo, abbiano numerosità campionaria limitata ed incostantemente includano criteri anatomo-patologici come gold standard per la conferma od esclusione della diagnosi di EI. Manca in effetti uno studio prospettico multicentrico per una validazione formale dei criteri di Duke nelle loro successive modificazioni. Raccomandazione n° 1 Impiego dei criteri di Duke modificati per la diagnosi di EI (classe II a livello C)

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In conclusione, tali criteri appaiono utili a fini epidemiologici e di standardizzazione diagnostica, ma possono non essere sufficienti per decisioni di trattamento o per confermare od escludere la diagnosi nei casi controversi, ed il loro impiego deve essere costantemente integrato nell’ambito di un giudizio clinico generale. Tabella 3: Criteri di Duke modificati per la diagnosi di EI

Tabella 4: Continua Criteri di Duke modificati per la diagnosi di EI

Endocardite certa • Evidenza istologica e/o microbiologica di infezione all’intervento chirurgico o al riscontro

autoptico • 2 criteri maggiori • 1 criterio maggiore e 3 criteri minori • 5 criteri minori

Endocardite possibile • 1 criterio maggiore e 1 criterio minore • 3 criteri minori

Endocardite esclusa • Reperti negativi all’intervento chirurgico o al riscontro autoptico in un paziente trattato con

terapia antibiotica per un periodo uguale od inferiore a 4 giorni • Solida diagnosi alternativa • Risoluzione della malattia con terapia antibiotica per un periodo uguale od inferiore a 4

giorni • Assenza di criteri per EI possibile

Criteri maggiori Emocolture positive per EI Microorganismi tipici compatibili con EI isolati da 2 emocolture separate: Streptococcus viridans, Streptococcus bovis, Staphylococcus aureus, o gruppo HACEK Enterococchi acquisiti in comunità in assenza di un focus primario Microorganismi compatibili con EI isolati da emocolture persistentemente positive, definite

come: -almeno 2 emocolture positive ottenute distanziate da più di 12 ore - tutte e 3 o la maggior parte di 4 emocolture separate, la prima e l’ultima distanziate da più di

1 ora Singola emocoltura positiva per Coxiella burnetii o titolo anticorpale IgG antifase I

superiore a 1/800 Evidenza di interessamento endocardico Risultati ecocardiografici positivi per EI (TEE raccomandato per valvole protesiche, EI

possibile secondo criteri clinici, o EI complicata [ad es., ascesso paravalvolare]), vedi oltre Nuova insufficienza valvolare (peggioramento o variazione di un soffio preesistente non

costituiscono criterio sufficiente) Criteri minori Condizione cardiaca predisponente o uso di droghe per via endovenosa Temperatura > 38°C Fenomeni vascolari: embolia arteriosa maggiore, infarti polmonari settici, aneurismi micotici,

emorragia intracranica o congiuntivele, lesioni di Janeway Fenomeni immunologici: glomerulonefrite, noduli di Osler, macchie di Roth, positività del fattore reumatoide Evidenza microbiologica: una emocoltura positiva non costituente criterio maggiore (come definito

sopra) o evidenza serologica di infezione attiva da parte di microrganismo compatibile con EI

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Tabella 5: Criteri minori integrativi (St. Thomas Hospital) per la classificazione di Duke

Bibliografia 1) Lamas CC, Eykyn SJ. Blood culture negative endocarditis: analysis of 63 cases presenting over 25 years. Heart 2003; 89: 258-62. 3) Palepu A, Cheung SS, Montessori V, et al. Factors other than the Duke criteria associated with infective endocarditis among injection drug users. Clin Invest Med 2002; 25(4): 118-25.

• Splenomegalia di nuovo riscontro • Ippocratismo digitale di nuovo riscontro • Emorragie subungueali • Petecchie • VES elevata (più di 1.5 volte il limite superiore del range di normalità [>30 mm/h

in pazienti di età <60 anni; >50 mm/h in pazienti di età >60 anni]) • Elevata proteina C reattiva (>10 mg/dl) • Microematuria (esclusi pazienti con urinocoltura positiva, donne con flusso

mestruale in atto, pazienti con insufficienza renale cronica terminale, pazienti concatetere vescicale)

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CRITERI DIAGNOSTICI STRUMENTALI Ecocardiografici Qualsiasi paziente in cui si sospetta esserci un EVN sulla base di criteri clinici (per es. febbre di origine sconosciuta) dovrebbe essere sottoposto ad un screening attraverso una ecocardiografia transtoracica (ETT). Se le immagini sono di buona qualità, l’ETT risulta negativa e c’è solamente un basso dubbio clinico di EI, bisognerebbe prendere in considerazione una diagnosi differenziale. Se le immagini sono di scarsa qualità, la tecnica di prima scelta è l’ecocardiografia tranesofagea multiplana. La natura seminvasiva dell’ecocardiografia transesofagea (ETE) e la necessità di un operatore esperto in questa metodica ne impediscono l’utilizzo come prima scelta in tutti i pazienti sospettati di avere un EI. Se il sospetto di EI è elevato (per es. in una batteriemia da stafilococco), l’ETE deve essere effettuato in tutti i casi in cui l’ETT risulta negativa, nel sospetto di un EVP, nei casi di localizzazione aortica così come prima di un intervento cardiaco in corso di EI in fase attiva. Se l’ETE risulta negativo ma rimane il sospetto, l’ETE dovrebbe essere ripetuto dopo 48 ore e dopo una settimana per consentire ad eventuali vegetazioni di diventare più evidenti. Se lo studio risulta nuovamente negativo, si può pensare di escludere la diagnosi a meno che le immagini siano di scarsa qualità. Queste raccomandazioni di classe I sono basate su evidenze di livello B. Molti autori sono concordi nell’affermare che l’ETT resti metodica di imaging di elezione, da eseguire in prima battuta, nel sospetto di EI: l’ETE va poi eseguita o quando l’ETT sia stata tecnicamente inadeguata, o quando resti un forte sospetto clinico di EI dopo ETT tecnicamente adeguata ma negativa, o quando si vogliano meglio definire lesioni e complicanze del processo infettivo(1-2). I tre reperti ecocardiografici considerati criteri maggiori per la diagnosi di EI sono: - una massa mobile eco-densa attaccata all’endocardio valvolare o murale, specialmente se localizzata nelle sedi preferenziali, o attaccata a materiale protesico impiantato - dimostrazione di un ascesso o di una fistola; - nuova deiscenza di una valvola protesica, specialmente se compare a distanza dall’intervento. Raccomandazione n° 2 (Classe I su evidenze di tipo B)

L’ETT resta la metodica di imaging di elezione, da eseguire in prima battuta, nel sospetto di EI: l’ETE va poi eseguita o quando l’ETT sia stata tecnicamente inadeguata, o quando resti un forte sospetto clinico di EI dopo ETT tecnicamente adeguata ma negativa, o quando si vogliano meglio definire lesioni e complicanze del processo infettivo). Individuazione delle vegetazioni Le vegetazioni vengono individuate tramite ETT nel 50% dei pazienti in cui clinicamente si sospetta un EI. Fattori che concorrono a determinare questa percentuale sono: la qualità delle immagini, la dimensione e l’ecogenicità della vegetazione, la localizzazione della vegetazione, la pre-esistenza di lesioni valvolari reumatiche/degenerative, l’impianto di materiale protesico e soprattutto l’abilità e l’esperienza dell’esaminatore. Per quanto concerne le valvole native circa il 20% degli ETT risultano di qualità sub-ottimale. Mentre solo il 25% delle vegetazioni inferiori ai 5 mm viene identificato, la percentuale sale al 70% per quelle con dimensioni superiori ai 6mm. Sulle valvole protesiche l’ETT non ha un ruolo diagnostico.

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Questa limitazione viene superata dal maggior potere di risoluzione del ETE, specialmente multiplano. La sensibilità dell’ETE varia tra l’88 ed il 100% mentre la specificità oscilla tra il 91% ed il 100%. Un ETE negativo ha un importante impatto clinico con un valore predittivo tra il 68% ed il 97%. L’ecocardiografia non consente di cogliere differenze attendibili fra le vegetazioni di un EI in fase attiva e quelle di un EI guarita. Quando l’ecocardiografia viene ripetuta a tre settimane e poi a tre mesi dall’inizio della terapia antibiotica il 30% delle vegetazioni scompare, il 18% si riduce, il 41% non si modifica ed l’11% aumenta di dimensioni. Le cause più frequenti di falsi positivi all’esame ecocardiografico sono: trombi intracardiaci non infetti, tumori filiformi (fibroelastoma papillare o tumori endocardici fibro-elastici papillari come le escrescenze di Lambl), vegetazioni non infettive attaccate alle valvole come nell’endocardite di Libman-Sacks, nella patologia di Behçets, nella sindrome da carcinoide con coinvolgimento miocardico, nella febbre reumatica acuta. I trombi intracardiaci raramente sono attaccati ai lembi valvolari o alle cuspidi. I falsi negativi all’esame ecocardiografico sono più frequentemente dovuti alla scarsa esperienza dell’esaminatore, a piccole e/o mobili vegetazioni o all’inappropriatezza dell’immagine tecnica (per es. mancato utilizzo del ETE). Raccomandazione n° 3 (Classe I su evidenze di tipo B)

La semplice identificazione di VE all’esame ecocardiografico non può da sola condurre a diagnosi di EI, perché necessita sempre di conferma clinica o anatomo-patologica.

Distruzione valvolare L’insufficienza di una valvola infetta può essere dovuta a differenti meccanismi: alle vegetazioni che impediscono l’adeguata coaptazione dei lembi valvolari o delle cuspidi; alla distruzione valvolare (dalla piccola perforazione al flail di un lembo); alla rottura di una corda tendinea. L’ETE ha accuratezza significativamente maggiore rispetto all’ETT riguardo la diagnosi di distruzione valvolare da EI sia mitralica che aortica. L’immagine Doppler ha notevolmente migliorato la valutazione delle perforazioni valvolare e la differenziazione fra la perforazione della cuspide della mitrale e il rigurgito mitralico centrale. L’ETE è raccomandato quando su basi cliniche si sospetta fortemente una perforazione valvolare, specialmente in presenza di un coinvolgimento della valvola aortica. Un aneurisma della valvola mitrale è definito come cavità sacciforme che protrude attraverso l’atrio sinistro durante la sistole mentre collassa in diastole. Il color-flow mapping si è rivelato utile nella ricognizione e nel monitoraggio seriato delle complicanze emodinamiche dell’EI. Il color-flow mapping con l’ETE è particolarmente valido in pazienti con protesi mitralica e rigurgito periprotesico. Raccomandazione n°4 (Classe I su evidenze di tipo B) L’ETE ha accuratezza significativamente maggiore rispetto all’ETT riguardo la diagnosi di distruzione valvolare da EI sia mitralica che aortica L’ETE è raccomandato quando su basi cliniche si sospetta fortemente una perforazione valvolare, specialmente in presenza di un coinvolgimento della valvola aortica.

Complicanze perivalvolari L’estensione dell’infezione ai tessuti perivalvolari ha un valore prognostico sfavorevole e può determinare un ascesso perivalvolare, un aneurisma o una fistola.

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Le cavità periventricolari si costituiscono quando l’infezione dall’anulus si estende ai tessuti circostanti. L’estensione perianulare e la formazione di un ascesso sono complicanze comuni (10-40%) nelle valvole native, specialmente per l’EI della valvola aortica, e frequenti nelle valvole protesiche. Nella valvola aortica nativa colpita da EI l’estensione dell’infezione avviene prevalentemente attraverso la parte più debole dell’anulus, che è rappresentata dal tessuto fibroso intravalvolare mitro-aortico. Gli ascessi perivalvolari vengono diagnosticati riscontrando delle regioni eco rifrangenti o ecodense, oppure delle cavità eco rifrangenti all’interno dell’anulus valvolare o adiacenti alle strutture miocardiche. L’ascesso perianulare della valvola aortica può essere associato ad un ispessimento della parete della valvola. L’ETE è significativamente più sensibile dell’ETT nella determinazione dell’estensione perianulare. Gli pseudoaneurismi mostrano un comportamento dinamico diverso, si espandono durante la contrazione isovolumetrica e all’inizio della sistole mentre collassano durante la diastole. Sia gli ascessi della radice aortica che gli pseudoaneurismi possono rompersi nelle camere adiacenti e possono perciò creare delle fistole intracardiache singole o multiple. Il coinvolgimento del lembo anteriore della mitrale con o senza fenestrazioni è il risultato diretto dell’estensione dell’infezione dalla valvola aortica oppure, meno frequentemente, è dovuto a un rigurgito infetto dell’aorta. L’estensione può provenire da un aneurisma della mitrale con conseguente perforazione e successiva comunicazione fra il ventricolo sinistro e l’atrio sinistro. Generalmente la sede di comunicazione è meglio definita dall’eco-color Doppler. Nell’EI della valvola mitrale nativa la formazione di un ascesso perivalvolare è meno frequente che nell’EI della valvola aortica e spesso è difficile da diagnosticare, anche con l’ETE. Reperti ecocardiografici nelle Endocarditi Valvolari Protesiche( EVP) Le vegetazioni sulle valvole protesiche non possono essere individuate in maniera attendibile tramite l’ETT: infatti l’anello di sutura dell’anello e le strutture di supporto della valvola protesica sono fortemente ecogeniche e possono ostacolare l’individuazione delle vegetazioni. L’infezione che coinvolge le protesi valvolari meccaniche usualmente inizia nell’area perivalvolare/anulare. La crescita delle vegetazioni appare come un ispessimento ed una irregolarità del contorno normalmente liscio dell’anello di sutura. I trombi ed il “pannus” hanno caratteristiche simili e non possono essere distinti in modo attendibile dalle vegetazioni. Le protesi biologiche si possono infettare e di conseguenza possono essere distrutte. La distinzione ecocardiografica fra degenerazione tissutale e piccole vegetazioni può non essere possibile, anche con l’ETE che è la metodica da preferirsi. Il versante atriale della protesi mitrale può essere ottimamente valutato con il solo ETT. In caso di sospetta EVP aortica l’ETT abitualmente consente una corretta valutazione del rigurgito periprotesico e l’individuazione di vegetazioni di dimensioni medio-larghe. La corretta diagnosi di piccole vegetazioni sulle protesi valvolare cardiache con l’ETE richiede il supporto di un esaminatore esperto per la differenziazione rispetto a reperti morfologici normali. Riguardo alla difficoltà dell’analisi delle protesi valvolari in sospetto di EVP, il materiale protesico è molto ecoriflettente, e può mascherare la presenza di piccole VE eventualmente presenti entro i confini dell’anello protesico o ad esso immediatamente adiacenti. Il materiale protesico non consente altresì la trasmissione degli ultrasuoni, producendo coni d’ombra nel contesto dei quali ogni eventuale presenza di VE resta oscurata. A tal proposito, l’integrazione ETT-ETE è di fondamentale importanza per analizzare una protesi dai vari versanti. Raccomandazione n°5 (Classe I su evidenze di tipo B)

Le vegetazioni sulle valvole protesiche non possono essere individuate in maniera attendibile tramite l’ETT, a tal proposito, l’integrazione ETT-ETE è di fondamentale importanza

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Reperti ecocardiografici nelle endocarditi della parte destra, infezioni del pacemaker e degli elettrodi ,sistemi di assistenza meccanica (VAD), Occluder L’ETT in genere consente la diagnosi corretta delle vegetazioni della tricuspide, probabilmente perché sono più larghe di quelle delle parte sinistra del cuore, mentre l’ETE risulta più sensibile nella diagnosi dell’EI della valvola polmonare. Le infezioni dei cateteri stimolatori di un pacemaker non sono frequenti, ma richiedono una diagnosi rapida. A causa del riverbero e degli artefatti, l’ETT è limitato nell’individuazione di vegetazioni vicine a queste strutture nella diagnosi differenziale tra EI della valvola tricuspide, infezione dei cateteri elettro stimolatori o entrambe. L’ETE, pertanto, è la metodica per immagini di prima scelta, poiché consente l’esplorazione dell’intero percorso dei cateteri elettro stimolatori. Nella casistica della Cleveland Clinic, il 25% delle EI furono precoci, il 33% ritardate, il 42% tardive. Le forme precoci sono secondarie ad inquinamento del campo operatorio durante l’impianto o ad infezione della ferita chirurgica, e sono sorrette per lo più da Staphylococcus aureus. Le forme ritardate e tardive sono dovute ad infezione che invariabilmente origina dalla tasca, generalmente per lesioni da decubito, e che si propaga poi al catetere stimolatore, e vede come patogeni soprattutto lo Staphylococcus epidermidis (4,5,6) Una variante di EI su catetere è rappresentata da un’infezione che interessa poco o nulla l’endotelio valvolare o parietale, e che si estrinseca invece attraverso l’infezione di trombi precedentemente formatisi attorno al catetere. Questa variante, che alcuni autori (7) ritengono vada definita “trombosi infettiva su catetere”, può porre problemi di diagnosi differenziale tra trombi infetti e trombi sterili; la sensibilità dell’ETT per VE su tricuspide e su catetere è risultata oscillare tra il 23% e il 30%, contro una sensibilità dell’ETE del 91-96%(4-8). Per quanto riguarda l’EI su VAD, i pochi dati della letteratura rappresentano il problema come di drammatica rilevanza. Uno studio controllato, su 68 pazienti portatori di VAD, ha evidenziato che a 3 mesi dall’impianto un terzo dei device era infetto(9). In questo studio l’EI su VAD si dimostrò essere gravata da elevata mortalità: su 41 decessi totali verificatisi durante il follow-up, 17 furono secondari ad EI su VAD. In questi pazienti la rimozione e sostituzione del VAD non fu mai ritenuta ragionevolmente attuabile, e la terapia antibiotica si dimostrò del tutto inefficace nel sopprimere l’infezione. Le segnalazioni di EI su Occluder di difetti interatriali sono al momento davvero esigue(10,11). Al momento, l’indicazione più stringente che proviene da tali segnalazioni è quella di seguire un’attenta profilassi dell’EI nei primi 6 mesi dall’impianto dell’Occluder, tempo che corrisponde al completo processo di epitelizzazione del device. Raccomandazione n° 6 (Classe I su evidenze di tipo B)

Endocardite infettiva su occluder: l’indicazione più stringente è quella di seguire un’attenta profilassi dell’EI nei primi 6 mesi dall’impianto dell’Occluder, tempo che corrisponde al completo processo di epitelizzazione del device. Limiti L’ecocardiografia presenta alcuni limiti e diversi possibili “pitfalls”(12). Innanzitutto, la semplice identificazione di VE all’esame ecocardiografico non può da sola condurre a diagnosi di EI, perché necessita sempre di conferma clinica o anatomo-patologica. L’ecocardiografia non è infatti in grado di distinguere le vegetazioni non batteriche dalle VE, non è in grado di distinguere le VE attive dalle VE guarite, né le VE dai trombi(13,14,15). Le VE possono essere assenti all’ecocardiogramma nelle prime 2 settimane di malattia, ed è noto che con le attuali apparecchiature VE di diametro < 2 mm sono difficilmente identificabili(13,16). Riguardo alla difficoltà dell’analisi delle protesi valvolari in sospetto di PVE: il materiale protesico è molto ecoriflettente,e può mascherare la presenza di piccole VE eventualmente presenti entro i

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confini dell’anello protesico o ad esso immediatamente adiacenti. Il materiale protesico non consente altresì la trasmissione degli ultrasuoni, producendo coni d’ombra nel contesto dei quali ogni eventuale presenza di VE resta oscurata. A tal proposito, l’integrazione ETT-ETE è di fondamentale importanza per analizzare una protesi dai vari versanti. Inoltre, va ricordato che non raramente l’unico rilievo ecocardiografico di PVE può essere il distacco protesico o la presenza di un ascesso periprotesico.

“Pitfalls” I motivi tecnici che possono portare ad errore nella corretta identificazione delle VE sono numerosi(12). Spesso nei pazienti adulti, all’esame ETT, viene utilizzata una frequenza di ultrasuoni di 2.5 MHz, perché è quella che generalmente permette di accoppiare un’ottima penetrazione del fascio ultrasonoro per le immagini bidimensionali a un buona risposta all’esame Doppler con basse frequenze di ultrasuoni, piccole VE della valvola mitrale potrebbero sfuggire all’indagine,mentre normali irregolarità potrebbero essere magnificate, simulando false irregolarità di superficie anche di tipo nodulare. Altrettanto importante è la regolazione dell’ampiezza del settore di scansione e del livello di persistenza: con settori ampi e valori di persistenza poco più che bassi si possono avere falsi “ispessimenti”, anche di tipo nodulare, dei lembi valvolari, che possono essere erroneamente interpretati come VE. Una possibile fonte di “pitfalls” consiste nelle aspettative pre-test da parte dell’esaminatore: quando all’ecocardiografista viene richiesto un esame per sospetto di EI, l’operatore si pone, anche del tutto inconsciamente, in una condizione di particolare attenzione che può indurlo a prendere in considerazione tutte quelle piccole irregolarità delle superfici valvolari o piccoli ispessimenti o piccoli noduli displasici/ fibrotici ai quali non avrebbe dato alcuna importanza se non avesse preventivamente saputo del sospetto diagnostico L’aspettativa pre-test, per sua stessa natura variabile da operatore ad operatore, potrebbe essere almeno in parte responsabile anche dell’ampia variabilità interosservatore che si riscontra in letteratura nell’analisi ecocardiografica delle VE(17). Per quanto concerne le strutture che possono rappresentare possibili falsi positivi di VE all’ecocardiografia, annoveriamo: trombi, strand, ispessimenti dei lembi di valvola mitrale mixomatosa, noduli displasici/ fibrotici/calcifici su valvole, punti di sutura di protesi, rete di Chiari, corde rotte, false corde, panno fibroso su protesi, tumori cardiaci(13,18,). L’esame ecografico di un lembo mitralico mixomatoso può presentare, anche in ETE, notevoli problemi in caso di sospetto di EI: gli ispessimenti circoscritti e le “masserelle”, che non di rado si evidenziano in questo tipo di degenerazione valvolare, possono comportare seri problemi di diagnosi differenziale, poiché i movimenti ad alta velocità dei lembi mitralici possono farli apparire come VE più o meno mobili(16,3) I noduli displasici/fibrotici/calcifici pongono invece problemi di diagnosi differenziale con eventuale presenza di piccole VE fisse. Soprattutto le valvole molto calcifiche, come può essere il caso della degenerazione senile della valvola aortica, rendono realmente difficile l’identificazione, anche in ETE, di eventuali piccole VE nel contesto di lembi già pesantemente alterati. La presenza di altre masse intracardiache, ivi inclusi i tumori, può in qualche caso essere fonte di “pitfalls”. L’esempio tipico è rappresentato da un mixoma atriale di piccole dimensioni adeso ad un lembo mitralico, che potrebbe essere interpretato come una VE di grosse dimensioni se vi è sospetto di EI: questo tipo di tumore, infatti, prolassa in diastole in ventricolo sinistro proprio come fa una VE, ed anche morfologicamente, consistenza ed ecoriflettenza del tumore possono talvolta trarre in inganno(16). L’ecocardiografista può servirsi, comunque, di alcuni parametri guida cui far riferimento per evitare i possibili “pitfalls”: l’ecocardiogramma farà propendere per VE quando la masserella si presenti peduncolata, in gradazione di grigi e di ecoriflettenza simile a quella del miocardio, sia localizzata sul versante valvolare che guarda il flusso, o presenti movimenti caotici e sia associata a complicanze intracardiache; farà altresì propendere per masse di altra natura quando l’aspetto sia filamentoso o nastriforme, l’ecoriflettenza simile a quella del calcio o del pericardio, la

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localizzazione sul versante valvolare che non guarda il flusso, e non sia presente alcuna complicanza intracardiaca(13,18,16). Bibliografia 1. Sachdev M, Peterson GE, Jollis JG. Imaging techniques for diagnosis of infective endocarditis. Infect Dis Clin NorthAm 2002; 16: 319-37. 2. Morguet AJ, Werner GS, Andreas S, Kreuzer H. Diagnostic value of transesophageal compared with transthoracic echocardiography in suspected prosthetic valve endocarditis. Herz 1995;20:390-8. 4. Chua JD, Wilkoff BL, Lee I, Juratli N, Longworth DL, Gordon SM. Diagnosis and management of infections involving implantable electrophysiologic cardiac devices. Ann Intern Med 2000; 133: 604-8. 5. Smith PN, Vidaillet HJ, Hayes JJ. Infections with non-thoracotomy implantable cardioverter-defibrillators: can these be prevented? Pacing Clin Electrophysiol 1998; 21: 42-55. 6.Trappe HJ, Pfitzner P, Klein H. Infections after cardioverter-defibrillator implantation: observations in 335 patients over 10 years. Br Heart J 1995; 73: 20-4. 7. Bryan CS, Sutton JP, Saunders DE Jr, Longaker DW, Smith CW. Endocarditis related to transvenous pacemakers. Syndromes and surgical implications. J Thorac Cardiovasc Surg1978; 75: 758-62. 8.Victor F, DePlace C, Camus C, et al. Pacemaker lead infection: echocardiographic features, management and outcome. Heart 1999; 81: 82-7. 9. Rose EA, Geligns AC, Moskowitz AJ, et al. Long-term use of a left-ventricular assist device for end-stage heart failure. N Engl J Med 2001; 345: 1435-43. 10. Bullock AM, Menahem S, Wilkinson JL. Infective endocarditis on an occluder closing an atrial septal defect. Cardiol Young 1999; 9: 65-7. 11. Goldstein JA, Beardslee MA, Xu H, Sundt TM, Lasala JM.Infective endocarditis resulting from CardioSeal closure of a patent foramen ovale. Catheter Cardiovasc Interv 2002;55: 217-20. 12 Barretta G, Sisani S, Maragoni G. Endocardite infettiva: ecocardiografia clinica .Ital Heart J Suppl 2003; 4 (12): 935-957 13. Schiller NB. Clinical decision making in endocarditis. In: Otto CM, ed. The practice of clinical echocardiography. Philadelphia, PA: WB Saunders, 2002: 451-68. 14. Mugge A. Echocardiographic detection of cardiac valve vegetations and prognostic implications. Infect Dis Clin North Am 1993; 7: 877-98. 15. Vuille C, Nidorf M, Weyman AE, Picard MH. Natural history of vegetations during successful medical treatment of endocarditis. Am Heart J 1994; 128 (Part 1): 1200-9. 16. Scarpini S. Endocardite infettiva. In: Nicolosi GL, ed. Trattato di ecocardiografia clinica. Padova: Piccin, 1999: 1187-206. 17. Heinle S, Wilderman N, Harrison K, et al. Value of transthoracic echocardiography in predicting embolic events in active infective endocarditis. Am J Cardiol 1994; 74: 799-801. 18. Sachdev M, Peterson GE, Jollis JG. Imaging techniques for diagnosis of infective endocarditis. Infect Dis Clin NorthAm 2002; 16: 319-37.

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CRITERI MICROBIOLOGICI L’endocardite infettiva (EI) è sempre associata a batteriemia pertanto la diagnostica microbiologica si basa soprattutto sull’esecuzione dell’emocoltura (Allegato1). Le principali fonti o i fattori favorenti di batteriemia sono:

1. Apparato cardiovascolare: cateteri venosi e arteriosi, pacemaker temporanei e definitivi, angiografie, dispositivi meccanici d’assistenza circolatoria.

2. Apparato osteo-articolare: infezioni ossee, infezioni articolari. 3. Interventi chirurgici: cardiochirurgici e del tratto vascolare-urogenitale, oro-

gastroenterologici, chirurgia plastica. 4. Terapie immunosoppressive: virulentazione per saprofiti e funghi.

La batteriemia transitoria può spiegare come gli streptococchi orali siano una causa predominante d’infezioni, la cui incidenza può essere controllata da profilassi antibiotica durante le procedure dentali e da una buona igiene dei denti(1). In merito ai fattori di rischio, attualmente accanto a quelli classici come le infezioni cardiache congenite e l’infezione reumatica cronica sono emergenti: l’uso di droga per via venosa, la sclerosi valvolare dei soggetti anziani, le infezioni nosocomiali, la dialisi e la presenza di protesi intravascolare. Il modulo di richiesta (3,5) deve essere sempre associato al materiale di prelievo, deve contenere, ben specificati, i dati clinici del paziente e se gli sono stati somministrati farmaci antimicrobici . In caso di primo accertamento, va segnalato il sospetto diagnostico di endocardite per consentire il prolungamento dell’incubazione dei terreni di coltura oltre il tempo standard di 6 giorni.( Allegato 4) Il prelievo per l’emocoltura deve essere eseguito da sangue venoso e da uno studio prospettico è emerso che tale tipologia consente di ottenere un maggior numero d’isolamenti batterici rispetto alla coltura eseguita su sangue arterioso. L’esecuzione ottimale va fatta prima del rialzo febbrile (60-90 minuti) e della somministrazione degli antibiotici. Effettuare simultaneamente non meno di 2 emocolture (2 set) . Un set è costituito da prelievo di 10 ml di sangue da inoculare in flacone per batteri aerobi, 10 ml di sangue da inoculare in flacone per anaerobi (ed eventualmente, 10 ml in da inoculare in flacone per funghi). Ogni apposito flacone contiene in genere 25 ml di terreno nutritivo. Nei bambini la quantità di sangue da prelevare può essere ridotta a 5ml. I protocolli di prelievo consigliati sono:

1. Sospetta endocardite acuta: tre prelievi nell’arco di 30-60 minuti da siti differenti e precedentemente all'inizio della terapia antibiotica.

2. Sospetta endocardite sub-acuta: come descritto per l’acuta ma ripetendo i tre prelievi il giorno dopo (i prelievi possono essere effettuati anche in assenza di febbre).

3. Sospetta endocardite in paziente in terapia antibiotica: a. nel paziente critico sospendere la terapia per 1 ora e procedere come indicato al

punto1. b. nel paziente non critico sospendere la terapia per un tempo adeguato all’emivita

dell’antibiotico (24-48 ore) e comportarsi come al punto 1. 4. In corso di trattamento: solo in caso di persistenza o di ripresa della febbre dopo 5-7 giorni

di terapia antibiotica, ripetere i prelievi seguendo le modalità indicate al punto 1 5. Al termine del trattamento: solo nel caso di puntata febbrile nell’arco di 8 settimane

successive al termine della terapia;,ripetere il set di prelievi come indicato al punto 1. Raccomandazione n° 7 Nel sospetto di Endocardite, effettuare in tutti i casi emocolture seriate,secondo la procedura corretta e prima della terapia. (Livello di evidenza I/B)

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Raccomandazione n° 8 La ripetizione di emocolture durante o dopo il termine della terapia deve essere eseguita solo in caso di mancata risposta clinica o segni di recidività (Livello di evidenza I/B)

L’incubazione dei flaconi deve essere effettuata per 5-6 giorni a 35°-37°C. Il tempo va prolungato fino a 4 settimane quando la coltura rimane negativa in assenza di terapia antimicrobica e permane il sospetto clinico di EI. Nel caso di rilevazione di crescita batterica è opportuno:

a. eseguire sub-coltura b. preparare uno striscio colorato al Gram per l’osservazione microscopica c. avvertire rapidamente il medico che ha in cura il paziente per via telefonica o tramite E-

mail. Per modalità riguardanti la sub coltura, l’ antibiogramma e sierologia consultare l’Allegato (2) La PCR o altre tecniche di biologia molecolare non sono eseguite attualmente nel nostro laboratorio. La documentazione della letteratura (2,4) indica che queste tecnologie sono indicate per individuare batteri difficili da coltivare o non vitali e possono essere eseguite su sangue o altro materiale quali urina, tessuti chirurgici etc. In caso si debba ricorrere a tali procedure si possono contattare, previo accordo con il microbiologo, i laboratori che eseguono le determinazioni. Oltre la diagnosi corretta di genere e di specie queste tecniche consentono anche di caratterizzare i ceppi con utilità per i casi ricorrenti o recidivanti. La conservazione degli isolati batterici, applicata per oltre un anno, consente il confronto dei ceppi, del loro pattern genetico. Inoltre per ulteriori approfondimenti e per tutte le indagini epidemiologiche. Nel laboratorio di microbiologia dell’azienda S.M.Nuova è possibile conservare i batteri isolati da casi di endocardite per un anno. Bibliografia 1.Moreillon P, Que YA. Infective endocarditis The Lancet 2004(363);139-149 2.Prendergast BD. Diagnosis of infective endocarditis Editorials BMJ 2002;325.845-846 3.Nicoletti P, Goglio A. Traccia per la formulazione di linee guida per l’emocoltura Amcli (CosBat) e Apsi 2003 4.Alonso P.A., Patel R. Molecular methods in the diagnosis of endocarditis Current Infectious Disease Reports 2004,6:270-275 5.Durack D.T. and the Endocarditis working group of the international society of chemotherapy Approach to diagnosis of infective endocarditis Clin Microbiol Infect 1998; 4:353-359 6.T.S:J.Elliot, J.Foweraker,F.K.Gould,J.D.Perry,and J.A.T.Sandoe Guidelines for the antibiotic treatment of endocarditis in adults: report of the Working Party of the British Society for Antimicrobial Chemotherap Journal of Antimicrobial Chemotheray.

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TRATTAMENTO ANTIBIOTICO E MONITORAGGIO POSTACUTO Non esistono linee guida sul trattamento dell’endocardite infettiva (EI) con evidenze basate su studi clinici ben disegnati, controllati, randomizzati, incluse metanalisi di tali dati. Gli schemi di terapia antibiotica empirica, riportati nella tabella 5, e quelli di terapia mirata, riportati nelle tabelle 7-15, fanno riferimento prevalentemente a studi caso-controllo o a opinioni di esperti. Solo per l’endocardite streptococcica le raccomandazioni terapeutiche sono basate su risultati consistenti ottenuti da un ampio numero di studi (Raccomandazione di classe I, livello di evidenza B) (1-3). 1- Regimi terapeutici Aminoglicosidi La gentamicina è l’aminoglicoside di riferimento. Il farmaco deve essere somministrata in dosi frazionate nelle 24 ore (1 mg/Kg ogni 8 ore) e.v. non essendo ancora disponibili evidenze chiare sulla efficacia della dose unica giornaliera nel trattamento della endocardite (4). I livelli sierici di gentamicina vanno monitorati con regolarità durante il trattamento, per evitare la tossicità’ renale e quella sull’apparato uditivo. Il dosaggio va effettuato pre-dose ed i livelli devono essere mantenuti < 1 mg /L. Nei pazienti con funzionalità renale normale sono sufficienti due controlli la settimana; in quelli con insufficienza renale il dosaggio dovrebbe essere effettuato quotidianamente. Glicopeptidi Vancomicina. Per i pazienti con normale funzionalità renale viene raccomandata la posologia di 30 mg/Kg/die frazionata in 2-4 dosi nelle 24 ore . Il monitoraggio dei livelli è importante per evitare la nefrotossicità e deve essere fatto pre-dose , iniziando dopo 4-5 giorni dall’inizio del trattamento. Sono a rischio di tossicità concentrazioni di farmaco superiori a 15 mg/L. (4). I controlli vanno effettuati una volta la settimana nei pazienti con funzionalità renale normale e 2-3 volte nella settimana se alla vancomicina viene associato un altro farmaco potenzialmente nefrotossico (ad es. un aminoglicoside). Teicoplanina. E’ di seconda scelta rispetto a vancomicina per le difficoltà nella effettuazione del dosaggi dei livelli terapeutici (TDM) e per l’alto costo. Va somministrato con dose carico e ad alta posologia (10mg/Kg ogni 12 ore e.v. per 9 dosi, quindi 10 mg/Kg al di ), così da raggiungere in tempi rapidi e mantenere livelli di TDM => 20 mg/L (4). Il TDM del farmaco va effettuato, almeno una volta la settimana, durante tutto il trattamento. β–lattamici In sostituzione di penicillina G, può essere utilizzata ampicillina alla posologia di 2 g ev ogni 4-6 ore. Penillina G deve essere somministrata in 6 dosi frazionate nelle 24 ore, in quanto presenta breve emivita e attività battericida tempo-dipendente. Antibiotici alternativi nei pazienti con allergia a penicillina E’ importante stabilire il tipo di allergia a penicillina, in quanto vi sono poche esperienze di trattamento con farmaci alternativi. Se presente allergia di tipo immediato (anafilassi, angio-edema, broncospasmo, orticaria) vanno utilizzati i glicopeptidi; altrimenti è possibile l’uso di ceftriaxone. 2- Terapia empirica Nelle endocarditi con rischio di rapida progressione (specialmente su valvola protesica o PVE ed in quelle da Staphylococcus aureus) ed in quelle con severa disfunzione valvolare, disturbi di conduzione o eventi embolici la terapia antibiotica empirica va iniziata subito, dopo avere effettuato seriate emocolture nell’arco di un ora. Se la diagnosi di endocardite è dubbia o se il paziente è clinicamente stabile ed è già in trattamento antibiotico, prima di iniziare o riprendere l’eventuale terapia antibiotica , va sospeso ogni antibiotico per 24-48 ore e vanno ripetute successivamente le emocolture. La terapia antibiotica empirica va rivista non appena disponibili i dati colturali con i test di sensibilità in vitro. Gli schemi di terapia antibiotica empirica sono riportati nella tabella 5.

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Tabella 6: Terapia antibiotica empirica

Antibiotico Posologia Durata Commento

Oxacillina oppure Penicillina G + Gentamicina

8-12 gr/die ev in 4-6 dosi 18-24 milioni U/24 h ev in 6 dosi 1 mg/kg/die e.v. ogni 8 ore (max 240 mg/die)

4-6 sett 4-6 sett 2 sett

Schema terapeutico consigliato nelle NVE* ed in assenza di fattori di rischio per stafilococchi meticillino-resistenti La penicillina va utilizzata al posto di oxacillina nelle forme subacute In caso di allergia ai β–lattamici, utilizzare vancomicina

Vancomicina + Rifampicina + Gentamicina

30 mg/kg/die. e.v. in 2-4 dosi 300-600 mg p.o. ogni 12 ore 1 mg/kg/die e.v. ogni 8 ore (max 240 mg/die)

4-6 sett 4-6 sett 2 sett

Schema terapeutico consigliato in presenza di materiale protesico e nel sospetto di stafilococchi meticillino-resistenti Utilizzare ceftriaxone 2 gr/die e v al posto di rifampicina per possibile presenza di HACEK, nelle PVE** con data intervento e > 12 mesi

* NVE= endocardite su valvola nativa; **PVE= endocardite su valvola protesica 3- Durata della terapia Fatta eccezione per alcuni ceppi di streptococchi con sensibilità elevata a penicillina, è raccomandata una durata minima di trattamento di 4 settimane. Nei pazienti con endocardite da enterococco e secondo alcuni anche da streptococchi, con sintomi datanti da più di tre mesi viene consigliato di prolungare il trattamento sino a 6 settimane. La durata del trattamento deve tenere conto anche di fattori predittivi di scarsa risposta, come la presenza di grosse vegetazioni o di valvulopatia mitralica. Non vi sono evidenze per una terapia di mantenimento per os, una volta completato il ciclo di terapia e.v. 4- Terapia iniettiva domiciliare Esistono evidenze in letteratura, con raccomandazioni di classe I, basate su evidenze di livello B, per l’uso della terapia iniettiva domiciliare (TAID) nella endocardite streptococcica con sensibilità elevata a penicillina. Possono essere candidati alla TAID anche pazienti con endocardite stafilococcica, o tossicodipendenti ev con endocardite del cuore destro o soggetti con endocardite da HACEK, dopo stabilizzazione clinica in ospedale. I soggetti con endocardite da bacilli Gram negativi o da miceti non possono essere trattati con TAID per l’ alto rischio di complicanze (5-7). Nell’impostazione della TAID devono essere considerati i seguenti elementi: 1. Caratteristiche del paziente, che deve avere:

a) buona risposta al trattamento impostato e proseguito per 2 settimane in degenza, b) stabilità emodinamica, c) assenza di complicanze o di co-patologie rilevanti, d) vegetazioni di diametro < 1 cm, e) buona compliance, f) situazione domiciliare buona, g) possibilità di rapido accesso in ospedale in caso di complicanze

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2. Tipo di farmaco o di combinazione che deve possedere (Tabella 6) :

a) efficacia certa sulla base dei dati colturali, b) provata sicurezza, c) buona tollerabilità e scarsi effetti collaterali, d) stabilità e farmacocinetica che ne permettano la facile somministrazione (a tale riguardo

deve essere data la preferenza a farmaci come il ceftriaxone a somministrazione unica giornaliera mediante infusione rapida)

Tabella 7: Antibiotici utilizzabili nella TAID della endocardite infettiva

Farmaco t ½ (h) Soluzione ricostituzione

Stabilita’ dopo ricostituzione

5°C 25°C

Modalità Somministrazione

Penicillina G 0.4-0.9 Destrosio 5% Sol.fis.0.9

14 gg 2 gg Infusione continua nelle 24 h

Oxacillina 0.3-0.8 Destrosio 5% Sol.fis 0.9

7 gg 1g Infusione continua nelle 24 h

Ampicillina

1.2 Destrosio 5% Sol.fis..0.9%

2 gg 8gg Infusione continua nelle 24 h

Ceftriaxone 5.4-10.9 Destrosio 5% Sol. fis. 0.9

10gg 3 gg Dose unica giornaliera Push ev in 30’ o im

Cefazolina Ceftazidime

1-2

1.4-2

Destrosio 5% Sol. fis. 0.9

Destrosio 5% Sol. fis. 0.9

10gg 1g

21gg 2 gg

Infusione continua nelle 24 h

Infusione continua nelle 24 h

Gentamicina Amikacina

2 –3

2-3

Destrosio 5% Sol. fis 0.9

Destrosio 5%

Sol.fis.0.9

30gg 30gg 1g 1g

Dose unica giornaliera Infusione in 30 minuti

Dose unica giornaliera Infusione in 30 minuti

Vancomicina 4-6 Destrosio 5% Sol. fis. 0.9

63gg 7gg Infusione continua nelle 24 hInfusione in 60 minuti

Teicoplanina 90-157 Destrosio 5% Sol.fis.0.9%

7gg 1g Infusione in 60 minuti o im

3- Organizzazione A Reggio Emilia non è strutturato un servizio di TAID. Il trattamento può comunque essere effettuato previo accordo tra il clinico che ha seguito il paziente in ospedale e che lo rivaluterà in caso di complicanze ed al termine della terapia, il MMG ed il servizio infermieristico domiciliare (SID) deputato alla somministrazione degli antibiotici. Per l’infusione dei farmaci si può fare riferimento anche all’Ambulatorio della UO di Malattie Infettive. L’infusione degli antibiotici avverrà attraverso cateteri venosi periferici, mediante i vari dispositivi ( in particolare ,sistema a caduta o pompa elastomerica) disponibili. Al momento del passaggio in TAID devono essere fornite al paziente indicazioni riguardanti la modalità di conduzione della terapia domiciliare e gli eventuali problemi connessi. In particolare dovranno essere comunicati : 1. Nominativi e recapiti tele fonici dei referenti del programma e loro competenze; 2. Istruzioni per eventuali emergenze o riammissione in ospedale; 3. Calendario dei controlli di laboratorio e delle visite cliniche; 4. Modalità di conservazione dei farmaci; 5. Programma terapeutico con prevista durata e modalità di somministrazione dei farmaci.

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Il paziente andrà inoltre informato su: 1. Eventuali complicanze legate alla malattia: il paziente dovrà riferire l’insorgenza di dispnea,

episodi lipotimici, cefalea importante, febbre; 2. Eventuali complicanze legate alla terapia: il paziente dovrà riferire la comparsa di prurito,

manifestazioni cutanee, nausea, vomito , diarrea, vertigini, disturbi dell’udito, segni di infezione locale a livello dell’accesso venoso.

Raccomandazione n° 9 Per la TAID occorre una organizzazione domiciliare che preveda la stretta collaborazione tra clinico ospedaliero, MMG , servizio di assistenza domiciliare, familiari (Raccomandazione di classe III , livello di evidenza A) 5- Pazienti particolari La terapia antibiotica per l’endocardite correlata a devices permanenti o a pacemakers è simile a quella per endocardite su valvola protesica (PVE). Nella maggioranza dei casi, la durata della terapia antibiotica deve essere di almeno 4-6 settimane. Se possibile, è raccomandata la rimozione dell’impianto. Nei pazienti tossicodipendenti (TD) nel 60-70% dei casi il microrganismo in causa è costituito da Staphylococcus aureus meticillino sensibile (MSSA) e la valvola interessata è nel 70% dei casi la tricuspide. La terapia prevede l’utilizzo di oxacillina o di vancomicina, a seconda della prevalenza locale di Staphylococcus aureus meticillino resistente (MRSA). Dovrà essere presa in considerazione anche la possibilità di un coinvolgimento di Pseudomonas spp. e di Candida spp. In un TD con lesione valvolare non conosciuta precedentemente e/o con interessamento del cuore sinistro bisogna associare anche terapia contro gli streptococchi e gli enterococchi.. 6-Endocardite streptococcica Gli streptococchi sono responsabili sia di endocarditi su valvola nativa (NVE) che dei PVE (Tab 7-9). Hanno sensibilità variabile a penicillina e grado di resistenza diversa agli aminoglicosidi L’associazione di penicillina o ceftriaxone con un aminoglicoside determina risultati migliori del solo β–lattamico, specie per gli streptococchi con sensibilità intermedia o tolleranti a penicillina (8-9). Tabella 8: Terapia della endocardite da Streptococcus viridans o Streptococcus bovis con sensibilità elevata apenicillina (MIC<= 0.1 mg/l ) su valvola nativa

Antibiotico Posologia Durata Commento Penicillina G oppure Ceftriaxone

12-20 MU/ die e.v. in 6 dosi 2 gr e.v. in singola dose

4 sett 4 sett

Schemi consigliati nei sogg. con età > 65 anni o con valori elevati di creatinina. Efficacia simile dei due schemi di trattamento.

Penicillina G oppure Ceftriaxone + Gentamicina

Come sopra Come sopra 1 mg/kg/die e.v. ogni 8 ore (max 240 mg/die)

2 sett 2 sett 2 sett

Schemi consigliati nei sogg. con età < 65 anni o con valori normali di creatinina Efficacia simile alla monoterapia con β–lattamici nelle forme non complicate o con sintomi da < di 3 mesi

Vancomicina oppure Teicoplanina

30 mg/kg/di ev. in 2-4 dosi 10mg/Kg ogni 12 ore e.v. per 9 dosi, quindi ogni 24 ore

4 sett. 4 sett.

In caso di allergia ai β–lattamici La teicoplanina va utilizzata in alternativa a vancomicina in caso di nefrotossicità. Indispensabile TDM.

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Tabella 9: Terapia della endocardite da Streptococcus viridans o Streptococcus bovis con sensibilità intermedia a penicillina (MIC= 0.1-0.5 mg/l) su valvola nativa o con sensibilità elevata (MIC <0.1) su valvola protesica

Antibiotico Posologia Durata Commento Penicillina G oppure Ceftriaxone + Gentamicina

16-20 MU/die e.v.in 6 dosi 2 gr/die e.v. in singola dose 1 mg/kg/die e.v. ogni 8 ore (max 240 mg/die)

4-6 sett 4-6sett 2 sett

Durata della terapia di 6 settimane in caso di endocardite su valvola protesica

Vancomicina oppure Teicoplanina

30 mg/kg/di ev. in 2-4 dosi 10mg/Kg ogni 12 ore per 9 dosi , quindi ogni 24 ore

4-6 sett. 4-6 sett

Nel caso di allergia a β–lattamici Durata della terapia di 6 sett. in caso di endocardite su valvola protesica La teicoplanina va utilizzata in alternativa a vancomicina in caso di nefrotossicità. Indispensabile TDM

Tabella 10: Terapia della endocardite da Streptococcus viridans o Streptococcus bovis con resistenza alla penicillina (MIC >0.5 mg/l) su valvola nativa o con sensibilità intermedia (MIC > 0.1 ) su valvola protesica

Antibiotico Posologia Durata Commento Penicillina G oppure Ceftriaxone + Gentamicina

20-24 MU /die e.v. in 6 dosi 2 gr/die e.v in dose unica 1 mg/kg/die e.v. ogni 8 orer (max 240 mg/die)

4-6sett 4-6 sett 4-6 sett

Durata della terapia di 6 settimane in caso di endocardite su valvola protesica

Vancomicina oppure Teicoplanina

30 mg/Kg/24 h e.v. 2-4 dosi 10 mg/Kg/die e.v. ogni 12 per 9 dosi, quindi 10 mg/Kg/die

6 sett 6 sett

In pazienti con allergia ai β–lattamici La teicoplanina va utilizzata in alternativa a vancomicina in caso di nefrotossicità. Indispensabile TDM

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7- Endocardite da enterococchi Gli enterococchi sono responsabili di circa il 10 % delle endocarditi; colpiscono soprattutto persone anziane ( > 60 anni), ma anche giovani donne durante la gravidanza. Circa il 40% dei pazienti non ha patologie valvolari sottostanti. Il trattamento antibiotico della NVE deve avere una durata minima di 4 settimane, quello della PVE di almeno 6 settimane. La decisione di proseguire oltre il trattamento dipende dall’andamento dei valori degli indici di flogosi, dai risultati delle emocolture di controllo e dai rilievi ecocardiografici. Nella tabella 6 vengono riportati gli schemi di terapia per i ceppi sensibili a penicillina e ad aminoglicosidi o con pattern di resistenza di più frequente riscontro (4, 8-9). E’ raro il riscontro di endocarditi determinate da ceppi con resistenza a penicillina, a glicopetidi e con alti livelli di resistenza ad aminoglicosidi. In questi casi , le opzioni terapeutiche sono rappresentate da linezolid o da quinopristin/dalfopristin o da associazioni di antibiotici scelte sulla base dei test di sensibilità in vitro (4) . E’ opportuno richiedere in questi casi il consulto dell’infettivologo e valutare per intervento cardio-chirurgico precoce. Tabella 11: Terapia della endocardite da Enterococchi

Antibiotico Posologia Durata Commento Penicillina G oppure Ampicillina + Gentamicina

18-24 MU/die ev in in 6 dosi 12 g /24 h ev in 6 dosi 1 mg/kg/die e.v. ogni 8 ore (max 240 mg/die)

4-6 sett 4-6 sett 4-6 sett

Durata della terapia > 6 settimane, se i sintomi durano da più di tre mesi o se PVE In caso di resistenza a gentamicina (MIC > 128 mg/L): Streptomicina 7.5 mg/Kg/ im ogni 12 ore-

Vancomicina Oppure Teicoplanina + Gentamicina

30 mg/Kg/dieh ev in 2-4 dosi 10 mg/Kg ev ogni 12 k per 9 dosi, quindi 10 mg/Kg/ die 1 mg/kg/die e.v. ogni 8 ore (max 240 mg/die)

4-6 sett 4-6 sett 4-6 sett

Nei pazienti allergici ai β–lattamici o con resistenza a ampicillina (MIC > 8 mg/L) In caso di resistenza a gentamicina (MIC > 128 mg/l): Streptomicina 7.5 mg/Kg/ im ogni 12 ore-

Raccomandazione n° 10 Indispensabile la determinazione delle MIC per penicillina , gentamicina , streptomicina e vancomicina Indispensabile il dosaggio sierico di vancomicina , teicoplanina e gentamicina La gentamicina costituisce l’aminoglicoside di prima scelta . Il glicopeptide elettivo è la vancomicna (Raccomandazione di classe II , livello di evidenza B)

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8- Endocardite stafilococcica (4,10) La scelta dell’antibiotica dipende dalla sensibilità degli isolati. Nella NVE da stafilococchi meticillino sensibili è raccomandata l’oxacillina alla posologia 2 gr ev ogni 6 ore o ogni 4 ore nei pazienti di peso > 85 Kg. Non vi sono chiare evidenze che l’aggiunta di gentamicina o di rifampicina possa apportare significativi vantaggi terapeutici Nelle NVE da ceppi meticillino resistenti o se il paziente presenta allergia a penicillina si consigliata l’uso di vancomicina, con l’aggiunta di un secondo farmaco (rifampicina, gentamicina o ac. fusidico) a seconda della sensibilità in vitro., dal momento che i glicopetidi sono meno efficaci dei β–lattamici. Nelle PVE è richiesta l’associazione di oxacillina o di vancomicina con 1-2 farmaci ancillari (rifampina,gentamicina o ac. fusidico) scelti in base ai test di sensibilità. La durata della terapia è di almeno 4 settimane e deve essere prolungata a 6 settimane ,in presenza di materiale protesico o dopo rimozione di devices permanenti. Nelle forme da stafilococchi meticillino resistenti, in caso di fallimento terapeutico, è necessario valutare per intervento chirurgico precoce e richiedere consulto infettivologico per decidere sulle alternative terapeutiche: proseguire con vancomicina + gentamicina per 4-6 settimane, oppure associare a vancomicina gentamicina e rifampicina o cotrimoxazolo o rifampicina e ciprofloxacina (sulla base dei test di sensibilità in vitro) o impostare terapia con linezolid (600mg e.v. ogni 12 ore) o quinupristin/dalfopristin (7.5mg/Kg e.v. ogni 8 ore). L’esperienza sull’utilizzo di linezolid e quinupristin/dalfopristin è limitata; tali farmaci vanno utilizzati solo come terapia di salvataggio o in pazienti intolleranti alla terapia tradizionale o nel caso di riscontro di ceppi con particolare pattern di resistenza. Non vi sono evidenze sufficienti per consigliare l’uso routinario di chinoloni, clindamicina e co-trimossaxolo. Tabella 12: Terapia della endocardite da Stafilococchi in assenza di materiale protesico

Antibiotico Posologia Durata Commento Oxacillina ± Gentamicina

8-12 gr/die ev in 4-6 dosi 1 mg/kg/die e.v. ogni 8 ore (max 240 mg/die)

4-6 sett 5-7 gg

Schema di prima scelta nelle EI da stafilococchi sensibili a meticillina Aggiunta di rifampicina 300-600 mg p.o. ogni 12 ore per 4-6 sett , nei casi complicati

Cefazolina ± Gentamicina

6 gr/die ev in 3 dosi Come sopra

4-6 sett 5-7 gg

Schema di seconda scelta nelle EI da stafilococchi sensibili a meticillina Anche nei pazienti con ipersensibilità alla penicillina di tipo non immediato Aggiunta di rifampicina nei casi complicati

Vancomicina ± Gentamicina

30 mg/Kg/die ev in 2-4 dosi Come sopra

4-6 sett 5-7 gg

Schema da utilizzare nelle EI da stafilococchi meticillino resistenti e nei pazienti allergici ai β–lattamici. Aggiunta di rifampicina nei casi complicati

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Tabella 13: Terapia della endocardite da Stafilococchi su valvola protesica o in presenza di altro materiale protesico

Antibiotico Posologia Durata Commento Vancomicina oppure Teicoplanina + Rifampicina + Gentamicina

30 mg/Kg/die e.v. in 2-4 dosi 10 mg/Kg IV o IM ogni 12 k per 9 dosi, quindi 10 mg/Kg/die 300-600 mg p.o. ogni 12 ore 1 mg/kg/die e.v. ogni 8 orer (max 240 mg/die)

≥ 6 sett ≥ 6 sett ≥ 6 sett 2 sett

Schema da utilizzare nelle forme da stafilococchi meticillino-resistenti o in caso di allergia ai β–lattamici La rifampicina aumenta la dose richiesta di warfarin Se resistenza a gentamicina associare fluorochinolonico Indicato consulto infettivologivo

Oxacillina + Rifampicina + Gentamicina

8-12 gr/die ev in 4-6 dosi Come sopra Come sopra

≥ 6 sett ≥ 6 sett 2 sett

Schema da utilizzare nelle forme da stafilococchi meticillino-sensibili Se allergia alla penicillina non di tipo immediato, possono essere utilizzate cefalosporine di 1a generazione.

9- Endocardite da HACEK ( 9) Il gruppo HACEK comprende i microrganismi Haemophilus aphrophilus, Actinobacillus actinomycetemcomitans, Cardiobacterium hominis, Eikenella corrodens, Kingella kingae ed è responsabile del 3% circa dei casi di endocardite. Per il riscontro di ceppi produttori di β–lattamasi il trattamento empirico deve basarsi sull’uso di una cefalosporina stabile nei confronti delle β–lattamasi. La durata del trattamento è di 4 settimane per le NVE e di 6 per le PVE (Tab. 13). Tabella 14: Terapia della endocardite da microrganismi del gruppo HACEK

Antibiotico Posologia Durata Commento Ceftriaxone 2 g/die e.v. in

unica dose 4 sett

Nelle NVE Cefotaxime 6 gr /die e.v. mostra efficacia equivalente a ceftriaxone

Ampicillina + Gentamicina

12 g/die e.v. in 6 dosi 3 mg/Kg /die in 3 dosi

4 sett 4 sett

Nelle PVE

Raccomandazione n° 11 Se riscontro di MRSA, necessario consulto infettivologico e valutazione cardiochirurgia Nelle forme da MSSA i β–lattamici sono più efficaci dei glicopeptidi (Raccomandazione di classe I , livello di evidenza A)

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10- Endocardite da microrganismi non usuali o difficili Per le EI da batteri non usuali o difficili non esistono protocolli terapeutici codificati. Vanno considerare le MIC se disponibili e utilizzate associazioni di antibiotici battericidi. E’ indicato consulto infettivologico e va presa in considerazione l’opportunità di intervento chirurgico precoce. Tabella 15: Terapia da batteri non usuali o difficili

11. Endocardite da miceti (12) I Funghi maggiormente implicati sono costituiti da Candida albicans, Candida non albicans ed Aspergillus spp. Non esistono schemi terapeutici consolidati ed i farmaci disponibili sono relativamente efficaci, per cui è necessario richiedere consulto infettivologico e valutare per intervento cardiochirurgico precoce, che è tassativo in caso di infezione da Aspergillus spp. Dopo intervento chirurgico è richiesta terapia sopressiva della durata di 2-4 anni con fluconazolo nelle forme da Candida sensibile; con itraconazolo o voriconazolo nelle forme da Candida resistente a fluconazolo o da Aspergillus spp. Nella Tabella sottostante è riportato il trattamento in fase acuta o di induzione. Tabella 16: Terapia delle EI da miceti

11- Terapia antibiotica dopo intervento cardicochirurgico In caso di intervento chirurgico, va documentata l’attività o meno della EI mediante emocolture e colture del tessuto valvolare asportato. La valvola asportata deve essere studiata sia dal punto di vista microbiologico che istopatologico . Se la coltura di sangue o del tessuto risultano negative è prassi proseguire la terapia antibiotica già impostata per almeno 2 settimane; viceversa, se gli esami colturali risultassero positivi, va effettuato un ciclo completo di terapia antibiotica.

Amfotericina B dosossicolato (AMF-D) + Flucitosina

0.8-1.0 mg/Kg/die e.v. 150-200mgKg/die e.v.

Durata: sino a dose totale di AMF-D di 2-3 g

In alternativa utilizzare amfotericine lipidiche in caso di tossicità da AMF-D o fluconazolo in caso di isolamento di Candida spp sensibile.

Caspofungina 70mg /Kg/ die e.v. 1° giorno, quindi 50mg /Kg /die e.v.

Durata non determinata

Di seconda scelta in caso di intolleranza o fallimento di AMF-D.

1. P. aeruginosa : ceftazidime, cefepime o imipenem + amikacina per 6 settimane. 2. Bacilli enterici gram-neg (E coli, Proteus mirabilis): ampicillina, piperacillina,

piperacillina-tazobactam, ceftriaxone o cefepime + gentamicina o amikacina per 4-6 settimane.

3. Streptococcus pneumoniae : ceftriaxone 2 gr/d e.v o vancomicina (se allergia o elevati livelli di resistenza a penicillina [MIC ≥ 2 mcg/mL ]) per 4 settimane

4. Difteroidi: penicillina G 18-24 MU/d in 6 dosi o vancomicina + gentamicina per 4 settimane.5. Coxiella burnetii:: doxiciclina +ciprofloxacina oppure doxiciclina + rifampicina per 2-3anni.

Considerare per intervento chirurgico. 6. Bartonella spp: ampicillina + gentamicina oppure tetracicilina o macrolide + gentamicina.

Indicato intervento chirurgico e quindi chinolonico per mesi 7. Legionella spp: rifampicina + fluorchinolonico oppure rifampicina + macrolide + intervento

chirurgico

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12- Controllo dopo terapia Alla fine di un ciclo completo di terapia antibiotica, occorre avvisare il pazienti di presentarsi a controllo nel caso di comparsa di febbre. In tale caso verranno ripetute emocolture seriate per documentare una eventuale recidiva. Per l’EI da Streptococcus viridans o da Streptococcus vbovis la recidiva è rara e si presenta in genere nelle prime 4 settimane dal termine del trattamento. 13-Trattamento delle complicanze non infettive Un tempestivo ed efficace trattamento antibiotico incide positivamente sulla comparsa di complicanze emboliche. Se il pazienti è in terapia con anticoagulanti orali, questi possono essere sostituiti con eparina, una volta accertata la diagnosi di EI. Dopo una complicanza embolica, il rischio di ricorrenze emboliche è alto. In caso di embolia cerebrale l’intervento cardiochiurgico, per prevenire un ulteriori episodi, non è controindicato se programmato precocemente (massimo entro 72 ore); prima dell’intervento deve essere esclusa mediante TAC una emorragia cerebrale. Se l’intervento non può essere effettuato in tempi rapidi, va posticipato di 3-4 settimane . Bibliografia

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COMPLICANZE

1- Eventi embolici

L’ embolismo può far seguito a dislocazione di frammenti di vegetazioni, tessuto infetto o trombi, settici o sterili, intracardiaci. Benché la reale incidenza sia sconosciuta, l’embolismo è la complicanza più comune e prognosticamente rilevante, osservandosi nel 22-43% dei casi, con una più alta prevalenza di manifestazioni cerebrali piuttosto che periferiche/viscerali. Studi autoptici hanno dimostrato anche una elevata incidenza di coinvolgimento di organi maggiori (rene 60%, milza 44%, cervello 40% e coronarie 30%). Ascessi splenici sono particolarmente a rischio di rottura: la TAC addominale è particolarmente indicata per il monitoraggio del coinvolgimento splenico Pazienti a rischio per eventi embolici Sono proposte le seguenti variabili, con evidenze di livello B, per caratterizzare pazienti che possono avere un rischio aumentato di embolia:

- Organismi causali. Benché non vi sia completo consenso, parecchie evidenze mostrato una frequenza 2-3 volte superiore di complicanze emboliche per enterococchi, stafilococchi, Abiotrophia spp., batteri gram negativi e funghi rispetto agli streptococchi.

- Riscontri morfologici. Il rischio è strettamente correlato alla dimostrazione di vegetazioni

larghe abbastanza da essere visualizzate all’ eco. Il ruolo esatto delle dimensioni delle vegetazioni come “predittori” di embolismo è controverso. Accanto alla misura delle vegetazioni, vanno considerate la mobilità, la consistenza e la rapida crescita. Diametro >10 mm, soprattutto su mitrale nativa, mobilità e bassa densità ecografica iniziale sono state proposte come prognosticamente favorenti l’ embolismo. Più recenti lavori non hanno confermato, sia per TTE che per TEE, un ruolo definito di predittività della complicanza embolica. Tuttavia: “ vegetazioni >15 mm in ogni sede, identificate al TEE hanno un valore predittivo ben definito per embolismo “.

La maggior frequenza di embolia polmonare nelle endocarditi del cuore destro può essere correlata alla maggiore dimensione delle vegetazioni nel cuore dx rispetto al cuore sx. Modificazioni morfologiche durante trattamento efficace non sono predittive di complicanze come l’ embolismo.

Uno degli ultimi studi prospettici in ordine di tempo (2003), sul rischio embolico, su 94 pazienti con endocardite, ha mostrato un’ incidenza di complicanze emboliche del 46%; i pz. più giovani, con vegetazioni più voluminose, e con livelli più alti di PCR erano a maggior rischio di embolia.(1)

- Durata dall’ inizio dell’ infezione. Il rischio di embolismi è maggiore all’ inizio dell’ infezione, spesso prima del ricovero e prima o durante le prime due settimane di terapia antibiotica. 50% di tutte le complicanze emboliche si verifica entro 20 giorni e l’ 82% entro i primi 32 giorni dalla manifestazione dei sintomi.

- Sede dell’ infezione. E’ stata osservata una maggior incidenza di complicanze

emboliche per coinvolgimento della mitrale rispetto all’ aorta.

Prevenzione di complicanze emboliche Un trattamento antibiotico rapido ed efficace può aiutare a prevenire tali complicanze. Vi è una crescente evidenza che le piastrine giocano un ruolo importante nello sviluppo delle vegetazioni.

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In endocarditi sperimentali da stafilococco aureo, l’ ASA è stato in grado di ridurre la misura delle vegetazioni, migliorare la sterilizzazione antimicrobica e di ridurre la frequenza di embolismi.

Un recente studio randomizzato in doppio cieco (2003), ha mostrato come l’aggiunta di ASA 325 mg/die, alla terapia antibiotica in pazienti con endocardite in assenza di ascessi perivalvolari NON RIDUCE il rischio embolico, aumenta il rischio emorragico, non riduce lo sviluppo di lesioni cerebrali né migliora la risoluzione delle vegetazioni. (2)

Comunque l’endocardite non è ancora una indicazione per la terapia antitrombotica con eparina se non c’è altra indicazione (prolungato allettamento, terapia intensiva, coagulazione intravasale disseminata o sepsi).

Se un pz. è già in terapia anticoagulante orale, questa andrebbe sospesa e sostituita con eparina non appena la diagnosi di endocardite è certa

Chirurgia dopo eventi embolici cerebrali Dopo la prima manifestazione di eventi embolici il rischio di recidive è alto, soprattutto se le vegetazioni sono ancora presenti all’ eco e se l’ infezione è ancora attiva. In più del 50% dei casi recidive si manifestano entro 30 giorni dal primo episodio.

Raccomandazione n° 12 (Classe IIA, basate su evidenze di classe C) Dopo manifestazioni di embolia cerebrale, la terapia chirurgica cardiaca per prevenire recidive non è controindicata se effettuata entro le prime 72 ore e se è esclusa una emorragia cerebrale con TAC subito prima dell’ intervento. Benché i risultati siano migliori entro le prime 72 ore dallo stroke, quando la barriera ematoencefalica non è ancora alterata, la chirurgia non andrebbe dilazionata in pz. con deficit focali se indicata per severa insufficienza cardiaca, sepsi in corso o infezione resistente a terapia antibiotica, sempre se la TAC esclude emorragia cerebrale.

Mitral kissing vegetation (MKV) Vegetazioni secondarie dell’ apparato valvolare mitralico in endocardite aortica primitiva sono molto frequentemente causate da un ampio prolasso della vegetazione aortica nel tratto di efflusso ventricolare sx. durante la diastole, fino al contatto con la superficie ventricolare del lembo anteriore della mitrale. Un riscontro precoce di MKV attraverso TEE seriati è un importante aspetto aggiuntivo da tener presente nell’ indicazione chirurgica, poiché un intervento appropriato può influenzare favorevolmente l’integrità morfologica e funzionale della valvola mitralica e, perciò, influenzare la prognosi a lungo termine.

2-Complicanze polmonari di endocarditi del cuore destro Il sospetto clinico di endocardite del cuore dx andrebbe posto in pz. tossicodipendenti e non tossicodipendenti per la presenza di embolie polmonari ricorrenti, infiltrati polmonari multipli, anemia e microematuria di origine non nota. Il sospetto è tanto più elevato in caso di pz. in terapia intravenosa, con devices intracardiaci o con batteriemia in corso di infiltrati polmonari. In questi casi una serie ripetuta di emocolture ed ecocardiogrammi è ritenuta necessaria.

La prognosi delle endocarditi dx con embolia polmonare è buona. Vegetazioni con dimensioni <10 mm in genere rispondono bene alla terapia. Una differenza maggiore tra embolismi per endocarditi

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sx e dx è che in queste ultime non è indicata terapia anticoagulante. Infiltrati polmonari recidivanti non costituiscono indicazione per intervento chirurgico. Se la febbre periste per più di tre settimane nonostante una adeguata terapia antibiotica è indicata una rivalutazione delle possibili cause (per esempio un ascesso polmonare).

Non vi è nessuna evidenza di utilità del trattamento anticoagulante in endocarditi complicate da embolia. In studi sperimentali e in studi clinici non randomizzati è stato dimostrato che da una parte warfarin non riduce il calibro delle vegetazioni e dall’ altra aumenta la frequenza di emorragie cerebrali, specie nelle endocarditi da Stafilococco.

Riguardo al problema della indicazione chirurgica in pazienti con complicanze emboliche, va segnalato un recente studio (2003), retrospettivo ma “molto ben condotto”, oggetto anche di un editoriale su JAMA e fissato come punto di riferimento metodologico per studi futuri sull’ argomento, in cui si conclude che la terapia chirurgica riduce la mortalità nelle endocarditi complicate: ciò è pero valido solo per pz. con scompenso cardiocircolatorio medio-severo, non per scompensi di grado minore né per eventi embolici od infezioni refrattarie alla terapia antibiotica.(3)

3- Insufficienza cardiaca Insufficienza valvolare acuta Se si è avuto un periodo prolungato di insuff. mitralica acuta e l’indice cardiaco è sceso a meno di 1,5 l/min./mq e la FE è meno del 35%, un intervento urgente di solito non migliora la prognosi. Se non vi è la possibilità per un intervento urgente la terapia medica può migliorare i sintomi dell’ insufficienza cardiaca congestizia. Dopo una attenta introduzione di nitroprussiato di sodio a 0,5 microg/kg/min. o di nitrati iv., la dose andrebbe aumentata per gradi fino a raggiungere una PAS di 90-95 mmHg. Nel caso di caduta della PA o di indice cardiaco inferiore a 1,8 l/min/mq, andrebbe associata dobutamina, da sola o con dopamina. In caso di insuccesso della terapia medica e qualora l’ intervento chirurgico non possa venire subito eseguito, il contropulsatore aortico può significativamente migliorare l’ impedenza ventricolare sx e la perfusione coronarica.

Raccomandazione n° 13 ( Classe I) Nell’ insufficienza mitralica acuta l’ intervento chirurgico andrebbe eseguito!

Se si è avuto un periodo prolungato di insuff. mitralica acuta e l’ indice cardiaco è sceso a meno di 1,5 l/min./mq e la FE è meno del 35%, un intervento urgente di solito non migliora la prognosi. Se non vi è la possibilità per un interv., urgente, la terapia medica può migliorare i sintomi dell’ insufficienza cardiaca congestizia. Dopo una attenta introduzione di nitroprussiato di sodio a 0,5 microg/kg/min. o di nitrati iv., la dose andrebbe aumentata per gradi fino a raggiungere una PAS di 90-95 mmHg. Nel caso di caduta della PA o di indice cardiaco inferiore a 1,8 l/min/mq, andrebbe associata dobutamina, da sola o con dopamina. In caso di insuccesso della terapia medica e qualora l’ intervento chirurgico non possa venire subito eseguito, il contropulsatore aortico può significativamente migliorare l’ impedenza ventricolare sx e la perfusione coronarica.

Raccomandazione n° 14 (Classe I) Per pz. con insuff. aortica acuta severa è indicata la terapia chirurgica urgente appena compaia edema polmonare acuto che non risponda rapidamente a terapia conservativa

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In casi inizialmente meno severi può essere iniziata la terapia medica, purchè la situazione cardiaca del paziente sia costantemente rivalutata. Una frequenza cardiaca maggiore di 120 bpm è un prerequisito per ridurre la frazione di rigurgito transaortico. Pz. nei quali la fc non subisca un tale incremento possono essere candidati a stimolazione cardiaca temporanea, specialmente se è presente blocco a-v. A differenza della insuff. aortica e mitralica acute, la terapia chirurgica non è indicata nella insuff. tricuspidale acuta.

Miocardite Oltre al sovraccarico emodinamico dovuto alla disfunzione valvolare, l’ insufficienza cardiaca può essere aggravata da miocardite, che è un riscontro frequente all’ autopsia, qualche volta con ascessi miocardici. Inoltre piccole aree di necrosi miocardia e franchi infarti regionali possono essere prodotti da emboli coronarici. Questo può essere un meccanismo col quale può verificarsi nell’ endocardite una rottura di muscolo papillare. Un coinvolgimento miocardico estensivo durante endocardite richiederebbe una terapia chirurgica.

4- Insufficienza renale acuta (IRA) Il coinvolgimento renale e la comparsa di IRA indicano una cattiva prognosi, soprattutto in pz. con endocardite non stafilococcica, sia di valvole native che di protesi. Questa osservazione è importante poiché l’ endocardite non stafilococcica (es. streptococco viridans), ha di solito una prognosi migliore.

La frequenza della compromissione renale de novo (creatininemia > 2 mg/dl) è alta. Una glomerulonefrite rapidamente progressiva può essere la prima manifestazione di una endocardite non riconosciuta. Alcuni microrganismi responsabili dell’endocardite sono più frequentemente in causa per dare IRA.

I differenti tipi e cause di IRA sono:

- glomerulonefrite da immunocomplessi: probabilmente la più frequente forma di coinvolgimento renale. In aggiunta all’ incremento della creatinina sierica sono di solito presenti albuminuria e ematuria;

- ira dovuta ad instabilità emodinamica, in sindromi settiche, che si possono verificare isolate o come parte di un’ insufficienza multiorgano;

- tossicità da antibiotici: prevalentemente dovuta ad elevate dosi e prolungata somministrazione di aminoglicosidi. Vancomicina ed anche penicillina (ipersensibilità), sono spesso in causa per IRA;

- ira postoperatoria: di solito multifattoriale. Particolare attenzione in pz. operati per endocardite acuta;

- infarti renali ed emboli sistemici: spesso solo all’ autopsia; - somministrazione di mezzi di contrasto per esami radiologici.

Il trattamento dei pz. con IRA dipende dalla situazione clinica generale e dallo stadio della malattia. In corso di sepsi severa e/o in pazienti postoperati è di solito necessaria l’ emofiltrazione, per superare il periodo critico. Fortunatamente l’ IRA è reversibile in molti pazienti che sopravvivono all’infezione acuta.

La prevenzione dell’interessamento renale dovrebbe essere ottenuta con diagnosi tempestiva e accurata scelta degli antibiotici. Aminoglicosidi dovrebbero essere usati solo se richiesto per il controllo dell’ infezione o prima che siano noti i risultati delle emocolture. Il dosaggio del farmaco andrebbe accuratamente monitorato, soprattutto in caso di somministrazione prolungata. Se possibile non andrebbero somministrati mezzi di contrasto radiologico.

5- Aritmie e disturbi di conduzione Le aritmie sono di solito la conseguenza di disseminazione settica (originando da concomitanti miocarditi) o di un danno ischemico miocardico per embolismo coronarico. I disturbi di conduzione

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(CD) sono il risultato di danno al sistema di conduzione stesso, per infiltrazione diretta (branche e fascio di His, o per embolia dell’ art. nodale). Il coinvolgimento del sistema specifico di conduzione è più frequente in endocarditi su protesi e su valvola aortica nativa, che non su protesi e su valvola mitralica nativa.

La comparsa di CD può significare una estensione perivalvolare della malattia ed indica un peggioramento della prognosi.

Sono indicati il monitoraggio ECG e ripetuti TEE per la diagnosi ed il follow up dell’ estensione perivalvolare.

Benché i CD siano reversibili con la sola terapia medica in alcuni casi, l’intervento chirurgico andrebbe preso in considerazione in tutti quei casi in cui i CD sono progressivi e nelle endocarditi su protesi in cui sia dimostrabile interessamento perivalvolare.

Le aritmie ventricolari possono indicare interessamento miocardico ed hanno prognosi sfavorevole. Il trattamento farmacologico delle aritmie non differisce dai principi generali di terapia, eccetto che per il fatto che la terapia chirurgica dovrebbe essere presa in considerazione ogni qualvolta siano dimostrati un coinvolgimento miocardio o la formazione di ascessi.

Ricaduta di endocarditi Il termine “ricaduta” implica che, dopo un iniziale miglioramento, si verifichi un deterioramento clinico e che il medesimo microrganismo (eventuale necessità di biologia molecolare), sia trovato in emocolture, normalmente dopo alcune settimane, ma a volte anche dopo un anno (per la Brucella e nell’ endocardite da febbre Q anche più tardi). La prova di isolamenti identici dovrebbe essere basata su metodi genotipici. Nelle endocarditi dovute a microrganismi rari, nuove emocolture positive, PCR, sierologia o altri metodi per dimostrare la persistenza di una infezione dovrebbero essere sufficienti per provare la ricaduta.

Fattori associati con una maggior frequenza di ricadute sono:

- “difficoltà a trattare il microrganismo” (es. Brucella, Chlamydia, Legionella, Mycoplasma), - “difficoltà a trattare il microrganismo” più presenza di corpi estranei intracardiaci, - endocarditi polimicrobiche in tossicodipendenti (farmaci iv.), - terapia antimicrobica “empirica” per endocarditi microbiologicamente negative.

Le ricadute sono più spesso dovute ad una insufficiente durata del trattamento o ad una scelta “subottimale” dell’ antibiotico usato inizialmente. Le ricadute dovute ad insufficiente durata del trattamento dovrebbero essere trattate nuovamente per 4-6 settimane con lo stesso/i antibiotico/i, a meno che nel frattempo non sia comparsa resistenza. Se la scelta iniziale dell’ antibiotico era “subottimale”, dovrebbe essere corretta sulla scorta del tipo di agente causale e della sua sensibilità.

Il trattamento chirurgico dovrebbe essere considerato nei casi in cui sia stata individuata una reale “difficoltà a trattare il microrganismo” (vedi sopra) e in pz. con device o corpi intracardiaci. Per i pz. non candidati a terapia chirurgica potrebbe essere necessaria una terapia antimicrobica per tutta la vita.

NB. Non si ritiene esistano limitazioni organizzative o strutturali all’applicazione locale delle LLGG.

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INDICAZIONI AL TRATTAMENTO CARDIOCHIRURGICO

La chirurgia è indicata in almeno il 30% delle endocarditi in fase attiva e in un 20-40% dopo trattamento efficace. La prognosi è maggiormente favorevole quando l’intervento sia antecedente lo sviluppo di lesioni esetese ai tessuti perivalvolari e quando le condizioni generali non siano severamente compromesse ; la durata del trattamento antibiotico non influenza la prognosi, e l’età del paziente non rappresenta una controindicazione. L’indicazione alla chirurgia scaturisce dopo un attenta e corretta valutazione della clinica , dei test microbiologici e dalle informazioni morfologiche derivanti da indagini ecocardiografiche seriate. Endocardite attiva su valvola nativa ( NVE) Uno scompenso cardiaco congestizio secondario a insufficienza acuta della valvole aortica e mitralica rappresenta l’indicazione più comune al trattamento chirurgico. In questo caso infatti la mortalità è del 55-85% in caso di terapia medica vs un 10-35% in caso di intervento cardiochirurgico ; inoltre la presenza o meno di scompenso aumenta o riduce il rischio perioperatorio ( 15-35% vs 5-10%) (1) La mortalità in corso di insufficienza aortica acuta di grado severo può essere drammaticamente ridotta dall’intervento e non esistono opzioni alternative . In presenza di un quadro emodinamico meno compromesso , una terapia medica può essere considerata inizialmente come alternativa ma costantemente rivalutata , tenendo presente che è richiesta una frequenza di almeno 120 bpm al fine di minimizzare il rigurgito transvalvolare e la eventuale necessità di un pacemaker temporaneo in caso di incompetenza cronotropa o blocco A-V. In caso di insufficienza mitralica il deterioramento emodinamico può essere meglio tollerato in quanto l’trio sx e il letto vascolare polmonare si adattano meglio rispetto al ventricolo sx . Peraltro la presenza di prolungata durata del rigurgito mitralico e di parametri emodinamici severamente compromessi ( indice cardiaco < 1.5 l/min/mq e FE < 35% ) depongono per una prognosi non necessariamente favorevole in caso di intervento . Se non vi è possibilità di intervento urgente va istituita una terapia a base di 1) nitroprussiato di sodio a dosi iniziali di 0.5 mcg / Kg / min sino al raggiungimento di una PAS di 90 – 95 mmHg e 2) di dobutamina e/o dopamina qualora vi sia un brusco calo pressorio sistemico o un indice cardiaco < 1.8 l/min/mq. Qualora questa terapia medica non sia sufficiente per ripristinare una situazione emodinamica efficace e non vi sia possibilità di chirurgia urgente si deve ricorrere all’uso di contropulsatore aortico. Una febbre persistente con dimostrazione di batteriemia per più di 7-10 gg , nonostante adeguata antibiotico-terapia , indica fallimento della terapia medica e si associa a elevata mortalità. In questo caso la prima cosa di cui assicurarsi prima di procedere all’intervento è l’assenza di sorgenti infettive extracardiache.(1) Nelle ricadute dovute a microrganismi multiresistenti o di difficile trattamento vi è alta probabilità di fallimento con terapia conservativa. La durata della terapia antibiotica non influenza la mortalità operatoria; una copertura antimicrobica peri e post-operatoria va comunque mantenuta . La chirurgia durante endocardite attiva su valvola nativa è associata con un successivo aumentato rischio di endocardite precoce protesica . Se il processo infettivo è limitato alle valvole con o senza distruzione delle stesse , l’endocardite viene definita come “ locale e controllata “. Viceversa l’estensione del processo alle strutture peri o paravalvolari rappresentata da ascessi , pseudoaneurismi , fistole , rottura di valvole , disturbi di conduzione definisce un quadro di “endocardite locale e non controllata “che richiede una chirurgia urgente. Il rilievo e la persistenza di disturbi della conduzione costituisce un marcatore poco sensibile ma altamente specifico ( 85-90%) dell’estensione tissutale del processo (2)

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Il riscontro di ascessi addominali prevalentemente splenici e identificati con ecografia o TC dovrebbero essere operati se possibile prima del trattamento cardiochirurgico . La ricorrenza di embolizzazioni periferiche , in particolare di quelle cerebrali , nonostante congruo trattamento medico, rappresenta pure un criterio per l’intervento urgente , così come la presenza di vegetazioni > 10-15 mm e mobili . Trattasi comunque di argomento controverso in letteratura . La frequenza di embolizzazioni varia a seconda delle casisitiche da un 10 a un 50%; ¾ degli embolismi si verificano prima del trattamento antibiotico. La presenza di embolizzazioni andrebbe sempre rimarcata avvalendosi oltre che della clinica di sistematica scansione strumentale (cerebro-toraco-addominali ) alla ricerca di forme silenti spt sleno-renali. L’embolia cerebrale clinicamente manifesta, non controindica la cardio-chirurgia se effettuata entro le 72 ore e una TC abbia escluso emorragia cerebrale. In caso di rilievo TC di emorragia una arteriografia o un angio –RM andrebbe effettuata per identificare aneurismi micotici e la chirurgia cardiaca ritardata di 2-3 settimane previo trattamento aneurismi in rottura con clip o embolizzazione. L’evenienza di una ostruzione valvolare è rara, ma qualora riscontrata, rappresenta criterio per l’intervento urgente. Endocardite attiva su protesi valvolare (PVE) Nelle endocarditi che occorrono < 12 mesi dalla sostituzione valvolare nella maggioranza dei casi l’agente causale è uno stafilococco e le lesioni sono severe ( ascessi , deiscenza della protesi ). La mortalità di un endocardite protesica da Stafilococco aureo è del 75% in caso di terapia medica vs uin 25% nel caso di trattamento medico + chirurgico. In generale la mortalità perioperatoria e più alta rispetto alle endocarditi su valvola nativa, ma è comunque dimostrata una superiorità del trattamento chirurgico , quando indicato , rispetto a quello medico. Il trattamento medico può essere sufficiente nei casi di endocardite protesica > 12 mesi dalla sostituzione valvolare causta da alcuni microrganismi ( streptococchi orali , gruppo HACEK , Haemophilus, Actinobacillus actinomycetemcomitans, Cardiobacterium hominis, Eikenella corrodens, Kingella kingae) nel caso non vi siano segni clinici e strumentali di infezione tissutale perivalvolare.

Raccomandazione n° 15

Indicazione all’intervento in emergenza ( stesso giorno ) Classe Insufficienza aortica acuta con precoce chiusura mitralica I Rottura di un aneurisma del seno di Valsalva nel cuore dx I Rottura in pericardio I

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Raccomandazione n°16 Indicazione all’intervento cardiaco urgente ( entro 1-2 gg) Classe Insufficienza aortica o mitralica acuta con insufficienza I cardiaca associata NYHA III – IV Evidenza di ascesso aortico o anulare , aneurisma dei seni I di Valsala veri o falsi , formazioni di fistole o di nuovi dis turbi di conduzione

Presenza di eventi embolici maggiori + vegetazioni mobili II a 10 mm + appropriata terapia antibiotica < 7-10 gg Vegetazioni mobili > 15 mm + appropriata terapia antibioti II b tica < 7-10 gg Instabilità della protesi I Ostruzione valvolare I Perforazione settale I Assenza di efficace terapia antibiotica disponibile I

Raccomandazione n° 17

Indicazione elettiva alla chirurgia cardiaca Classe

( il prima possibile )

Endocardite stafilococcica su valvola protesica II a Endocardite protesica nei primi due mesi da II a una sostituzione valvolare Evidenza di leak paraprotesico progressivamente I peggiorativo Presenza di disfunzione valvolare e persistenza I di segni di infezione( febbre e/o batteriemia ) dopo7-10 gg di appropriatotrattamento antibiotico ed esclusione di cause extracardiache di infezione Endocarditi infettive causate da muffe I Endocarditi infettive causate da lieviti II a Endocarditi causate da organismi di II a difficile trattamento

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Scelta della protesi nell’endocardite batterica Molti cardiochirurghi ,per motivi di semplicità, preferiscono utilizzare protesi stented ed in questo caso non esiste evidenza a favore delle biologiche rispetto alle meccaniche per cui l’indicazione ricalca quella di una patologia valvolare non infettiva. Esiste un consenso generale ed anche letteratura di grande spessore in favore dell’utilizzo di homograft (sia per la minore frequenza di recidive sia per la sua versatilità) in particolare nell’endocardite aortica con ascessi perianulari e su protesi ( 3-4 ). L’utilizzo di homograft comporta problemi preoperatori ( approvvigionamento/organizzazione ) , intraoperatori ( tecnica/learning curve ) , postoperatori ( eventuale undersizing/mismatch ) ed è per questo necessario valutarne l’applicabilità nelle singole situazioni ospedaliere. Esiste il razionale (per analogia strutturale ) ed anche qualche lavoro interessante ( 5 ) a favore dell’utilizzo di protesi stentless che comportano una notevole riduzione dei problemi sovraesposti (approvvigionamento/mismatch ) e quindi dovrebbero costituire un compromesso ideale tra difficoltà tecnica ed outcome.

Gestione perioperatoria L’angiografia coronarica, va considerata nel sospetto clinico di embolizzazione coronarica o qualora il paziente presenti un elevato profilo di rischio aterosclerotico. In caso di insufficienza aortica associato ad endocardite attiva, questa procedura non è scevra dal rischio di dislocazione di vegetazioni estese e localizzate vicino agli osti coronarici. Se l’endocardite è secondaria a una sorgente infettiva primaria extracardiaca, questa va eliminata prima di procedere a chirurgia cardiaca elettiva. Va istituita una terapia antitrombotica con eparina evitando l’uso di anticoagulanti orali che possono aumentare il richio di emorragia, in particolare in caso di emboli cerebrali. Il ruolo dell’ecocardiografia transesofagea intraoperatoria è fondamentale per:

-determinare la sede e l’estensione a strutture adiacenti dell’infezione -guidare le scelte chirurgiche in corso di intervento , sia esso rappresentata da sostituzione valvolare , ricostruzione o rimozione di vegetazioni - controllare i risultati di interventi spesso complessi quanto non standardizzati.

Durante l’intervento il materiale operatorio nativo o protesico va prelevato e riposto in soluzione salina fisiologica ( non formalina ! ) per essere inviato al laboratorio di microbiologia (Allegato3).

Gestione postoperatoria Sulla scorta del risultato colturale del materiale operatorio , deve essere effettuato un altro ciclo completo di terapia antibiotica , indipendentemente dalla durata del trattamento pre-chirurgico . In tutti i casi, anche se il trattamento è stato completo, esso dovrebbe essere proseguito per almeno 7-15 gg dopo l’intervento. Non è necessaria la profilassi antibiotica perioperatoria richiesta di routine per gli interventi a cuore aperto.

Approccio intra-operatorio in corso di endocarditi a carico delle sezioni sinistre I due obiettivi primari della chirurgia sono rappresentati :

- dal controllo dell’infezione attraverso la rimozione del tessuto necrotico e infetto - la ricostruzione della morfologia cardiaca tramite riparazione o sostituzione delle valvole

coinvolte.

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La rimozione dovrebbe essere radicale; il coinvolgimento dell’anello valvolare o dei tessuti adiacenti potrebbe rendere, in caso di mancato trattamento, meno sicuro il posizionamento di una protesi valvolare. Quando possibile va sempre tentata la chirurgia riparativa. Nel caso di perforazione di un lembo o di una cuspide può essere utilizzato un patch pericardico: in particolare il riconoscimento precoce di una lesione secondaria a carico del lembo anteriore mitralico di origine aortica ( “kissing “ ) è spesso trattabile con escissione e riparazione tramite patch di pericardio autologo, valutando caso per caso con E.T.E intraoperatorio se il grado di insufficienza mitralica post-riparazione sia accettabile. Difetti tissutali conseguenti a rimozione di materiale necrotico a livello sub-anulare, anulare o sopra-anulare devono essere rimpiazzati preferibilmente da pericardio autologo, riservando al minimo indispensabile l’utilizzo di materiale estraneo. Da parte di alcuni, per la ricostruzione del tratto di efflusso ventricolare sx è stato proposto l’uso di homografts (criopreservati o sterilizzati) a prescindere dall’entità del danno, se necessario assieme a tessuto pericardico, per ridurre il rischio di ricorrenza di endocardite Non vi è peraltro nessuna evidenza di un diverso rischio di endocardite ricorrente precoce o tardiva o di una diversa aspettativa di vita, legato all’utilizzo di materiale protesico o di homografts e viene quindi raccomandato un approccio individualizzato. Piccoli ascessi si possono chiudere con patch di pericardio autologo, ma va tenuto presente che in mancanza di drenaggio il successo di tale tecnica sarà possibile solo in presenza di cavità sterile. Se però l’ascesso è esteso o a ferro di cavallo , occorre una ricostruzione dell’anello valvolare prima dell’inserzione della protesi , e la tecnica risentirà dell’estensione verticale del difetto tissutale. In casi di esteso coinvolgimento della valvola mitralica è necessario rimuovere interamente la valvola, riparare l’anulus con patch di pericardio autologo o bovino e quindi impiantarvi la protesi . Approccio intraoperatorio in corso di endocarditi coinvolgenti le sezioni destre In questo caso l’approccio è conservativo. La chirurgia va presa in considerazione solo in caso di febbre persistente dopo tre settimane di corretta terapia antibiotica. La presenza di ricorrenti infiltrati polmonari non costituisce criterio per l’intervento. Le tecniche chirurgiche includono anche in questo caso la rimozione ( “debridement “) delle aree infette o vegetectomia con o senza riparazione della valvola , l’escissione della tricuspide con o senza rimpiazzo mediante protesi della valvola . La valvola polmonare è in genere non sostituita o nel caso ciò sia giudicato indispensabile , viene utilizzato un homograft polmonare. La mortalità in caso di sostituzione protesica è alta , specie nei tossico-dipendenti con alta incidenza di reinfezione o rigurgiti perivavolari . L’escissione valvolare può complicarsi con insufficienza dx acuta nei soggetti con elevate pressioni polmonari pre-intervento o con tromboembolia polmonare multipla.

Approccio intraoperatorio in corso di endocardite su protesi valvolare La maggior parte sono da considerarsi per definizione patologica come non controllate e come tali vanno quindi trattate. La localizzazione aortica costituisce un argomento per scegliere homograft o autografts. La ricorrenza di infezione rimane comunque alta ( 9-20%). Un ascesso dell’anello rappresenta un fattore di rischio importante.

Approccio intraoperatorio in bambini con cardiopatie congenite Si possono sviluppare prima o dopo la correzione della malformazione cardiaca. La fattibilità tecnica dell’intervento è la medesima che per i pazienti adulti.

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Endocarditi correlate all’impianto di pacemakers e defibrillatori I criteri di intervento sono gli stessi delle endocarditi destre . Intraoperatoriamente è fondamentale, in corso di circolazione extracorporea una buona esposizione per permettere di rimuovere tutto il materiale dei device. L’infezione deve essere completamente eradicata prima di inserire un nuovo sistema.

Endocarditi in soggetti che ricorrano a uso di sostanze stupefacenti in vena Le indicazioni alla chirurgia sono le stesse dei soggetti che non ricorrono all’uso di sostanze in vena ma l’approccio dovrebbe essere più conservativo per la maggiore ricorrenza di recidive, spesso causata dalla non cessazione dell’abuso di droghe in vena. Nei pazienti con infezione HIV, non vi sono ancora dati definitivi riguardo i risultati della terapia chirurgica, ma quest’ultima non peggiora la prognosi né dell’infezione HIV né dell’endocardite.

Bibliografia 1 Delahaye F , Célard M , Roth O, de Gevigney G Indication and optimal timing for surgery in infective endocarditis. Heart 2004 ; 90 : 618- 620 2 Olaison L , Pettersson G Current best practices and guidelines indications for surgical intervention in infective endocarditis . Infect Dis Clin North Am 2002 ; 16 : 453-75 3 Surgical management of acute aortic root endocarditis with viable homograft: 13-year experienceYanka AC, Klose H, Petzina R, Musci M, Siniawski H, Hetzer R. Eur J Cardiothorac Surg. 2002 Feb ;260-7 4 Aortic root replacement with cryopreserved allograft for prosthetic valve endocarditis Sabik JF, Lytle BW, Blackstone EH, Marullo AG, Pettersson GB, Cosgrowe DM. Ann Thorac Surg. 2002 Sept;74(3):650-9) 5 Stentless aortic valves as an alternative to homografts for valve replacement in active infective endocarditis complicated by ring abscess Sinawski H, Lehmkuhl H, Weng Y, Yankah C, Hoffmann M,Behnke I, Hetzer R. Ann Thorac Surg. 2003 Mar; 75(3):803-8

Raccomandazione n ° 18 ( classe II a ) Indicazione chirurgica nelle endocarditi coinvolgenti le sezioni destre Endocardite dx dovuta a microrganismi difficili da eradicare nonostante adeguata terapia antimicrobica ( es : S. aureus , P.aeruginosa ) Vegetazioni tricuspidaliche > 20 mm persistenti , dopo embolia polmonare recidivante con o senza insufficienza ventricolare dx.

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PROFILASSI PRIMARIA E SECONDARIA

Prevenzione dell’Endocardite A scopo profilattico, gli antibiotici dovrebbero essere utilizzati ogni qual volta si preveda una batteriemia . E’ ipotizzabile che parte dell’azione degli antibiotici nel prevenire l’EB consista nel modulare l’adesione dei microrganismi. La loro eradicazione diventa più difficile dopo l’adesione all’endocardio ed ancor più se è coinvolto materiale protesico e quindi a scopo profilattico dovrebbe essere somministrato prima della batteriemia prevista; comunque, una sua somministrazione successiva può aiutare la clearance tardiva se somministrato ev entro 2-3 ore.va sottolineato che :

a) un uso indiscriminato di antibiotici in caso di infezioni virali minori “respiratorie” non possiede un razionale e può alterare la flora batterica del paziente.

b) la prevenzione delle recidive di febbre reumatica (in netta riduzione nell’Europa occidentale,è ancora fortemente rappresentata nell’Europa dell’Est, range 6-23 %)va tenuta distinta dal problema della prevenzione della EB

Condizioni cardiache: pazienti a rischio Sebbene sia noto che alcune condizioni cardiache si associno ad un certo rischio di EB, è impossibile misurarne il rischio relativo. Tradizionalmente queste condizioni sono raggruppate in tre categorie, alto, moderato, baso rischio. Queste categorie non sono basate su solide evidenze. D’altra parte, occorre considerare i cambiamenti nell’epidemiologia delle valvulopatie cardiache e nei profili dei pazienti in Europa durante l’ultima decade. Queste variazioni sono dovute al declino della malattia reumatica,all’aumentato numero di pazienti che si sottopongono a cardiochirurgia,all’aumento della popolazione anziana con lesioni valvolari di tipo degenerativo ed infine alla più frequente diagnosi prolasso mitralico per la diffusione della metodica ecocardiografica. Condizioni del paziente in cui la profilassi NON è indicata: basso rischio

• Cardiopatia ischemica senza lesioni valvolari (compresi quelli con pregresso BPAC o procedure interventistiche)

• In alcuni difetti congeniti :difetto interatriale tipo secundum , prima e dopo la chiusura; difetti interventricolari dopo la chiusura; nella stenosi polmonare isolata, nelle anomalie di Ebstein non corrette, o dopo interventi tipo Fontan o Mustard. E’ tuttavia raccomandata una profilassi antibiotica per 12 mesi dopo procedure di chiusura con catetere di ASD e PFO.

• Pazienti con soffio sistolico in assenza di alterazioni strutturali all’Ecocardio. • Vi è generale consenso che i pazienti con PVM e lembi non ispessiti senza rigurgito o

calcificazioni non abbiano un rischio aumentato di EB. • Pacemaker e defibrillatori impiantabili non richiedono profilassi (a parte il periodo

periprocedurale)

Condizioni cardiache in cui la profilassi è indicata Alto rischio :

• Protesi valvolari • Cardiopatie congenite complesse cianogene • Pressa endocardite batterica • Condotti chirurgici sistemici o polmonari

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Moderato rischio : • Malattie valvolari acquisite • Prolasso valvolare mitralico con ispessimento e calcificazione, soffio olosistolico • Altre cardiopatie congenite (eccetto ASD)non cianogene (aorta bicuspide,DIV,dotto

arterioso pervio,coartazione aortica) • Cardiomiopatia ipertrofica , soprattutto se associata a malattia valvolare es insufficienza

mitralica.

Condizioni non cardiache relative al paziente Oltre alla età avanzata ,varie condizioni predisponesti alla EB sono schematizzabili in :

a. condizioni che promuovano vegetazioni trombotiche non batteriche(trombi freschi ricchi di piastrine associati a leucemie, cirrosi, carcinoma che causi ipercoagulabilità, malattie infiammatorie intestinali, LES, terapia steroidea)

b. deficit immunitari sistemici (terapia steroidea, alcoolismo cronico,tossicodipendenti per droghe ev. Un approfondimento rispetto ala Linea Guida ESC sui temi delle strategie di prevenzione e dei fattori di rischio nei cosiddetti Injection Drug Users è contenuto in una review di S.Bassetti su Infection (1)

c. compromissioni dei sistemi di difesa non-immunologici (es Malattie infiammatorie intestinali con aumentata permeabilità transmembrana; fistole artero-venose come nei dializzati)

d. aumentato rischio di batteriemia (lesioni cutanee nei diabetici o ustionati,Terapie intensive con linee di accesso per infusione,respiratori ecc, politraumi, scadenti condizioni dentali)

e. colonizzazone del colon da Strepto.bovis biotipo I (tumori colo-rettali e malattie infiammatorie intestinali)

Interventi diagnostici e terapeutici predisponesti Vari interventi possono provocare batteriemia e quindi, in pazienti predisposi, provocare EB. Non sempre vi una chiara evidenza della relazione tra EB e singola procedura. Per questo si trovano nelle linee guida delle singole specialità alcune differenze,spesso motivate dal maggiore dettaglio nel considerare procedure singole, in particolari situazioni cliniche, secondo anche l’evolvere della tecnologia impiegata

• Broncoscopia (strumento rigido) • Cistoscopia in corso di infezione urinaria • Biopsia prostatica o del tratto urinario • Procedure dentarie con rischio di trauma gengivo/mucoso. Su questo argomento il grado di

evidenza è molto variabile, tanto che nelle review più recenti sull’argomento (2)commentate nella Cochrane Database Syst Rev 2004(3),non vengono inclusi studi RCT o caso-controllo o coorte, rimandaano ad una singola discussione del medico col singolo paziente sui rischi-benefici (in considerazione delle specifiche condizioni dentali, qualità dell’igiene , procedure da effettuare).

• Tonsillectomia e adenoidectomia • Dilatazione esofagea/scleroterapia. Tutto il capitolo dell’endoscopia digestiva è affrontato

in dettaglio nelle LG prodotte dallo Standards of Practice Committee of the American Society for Gastrointestinal Endoscopy,(4), si segnala in particolare la tabella in cui si pongono in relazione le singole procedure con le condizioni di rischio del singolo paziente.

• Interventi strumentali sulle vie biliari • Resezione prostatica transuretrale • Interventi strumentali/dilatazione uretrale • Litotripsia • Procedure ginecologiche in presenza di infezione

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Procedure non sanitarie a rischio

Esempio, Body Piercing..Dal punto di vista epidemiologico è un problema emergente : una survey sugli studenti dei college negli Stati Uniti, indicava un 42% dei maschi e un 60 % nelle femmine(5). Da segnalare la necessità di informazione rivolta ai soggetti a rischio,trattandosi di procedute che si svolgono al di fuori di un controllo sanitario. Tabella 17: REGIMI ANTIBIOTICI DI PROFILASSI

RACCOMANDAZIONE CLASSE I SU LIVELLO DI EVIDENZA C La compliance per la profilassi dell’ EI è più o meno bassa in ambito medico. Un’adeguata informazione del paziente è il punto più critico per ottenere un’adeguata profilassi, specie in caso di procedure dentarie, meglio se per iscritto. Un punto spesso male interpretato è la comparsa di febbre, molto spesso dovuta ad infezione virale respiratoria. Prima di iniziare un trattamento antibiotico in bambini predisposti si dovrebbe informare che ogni febbre dovrebbe essere investigata. Un altro punto da sottolineare è di non proseguire la profilassi oltre il periodo raccomandato, anche se la febbre persiste o se interviene. In tal caso vanno effettuati test appropriati per evidenziare EI.

PROCEDURE DENTARIE, RESPIRATORIE ED ESOFAGEE AMOXICILLINA 2 g. per os 1 h. prima (bambini 50 mg/Kg) oppure AMOXICILLINA,o AMPICILLINA 2 g i.v. 30’-1h. prima (bambini c.sopra)

in caso di allergia a penicillina: CLINDAMICINA 600 mg (bambini 20 mg/Kg) o azitromicina/ claritromicina 500 mg (bambini 15 mg/kg) 1 h. prima della procedura

PROCEDURE GENITORURINARIE E GASTROINTESTINALI Pazienti ad alto rischio: AMPICILLINA o AMOXICILLINA 2 g. i.v. + GENTAMICINA 1,5 mg/Kg. 30’-1h. prima; seguite da AMPICILLINA/AMOXICILLINA 1 g. per os 6 h. dopo la procedura. Pazienti a rischio moderato: AMPICILLINA o AMOXICILLINA 2 g. i.v. 30’-1h. prima, oppure AMOXICILLINA 2 g. per os 1 h. prima della procedura (bambini 50 mg/Kg)

in caso di allergia a penicillina Pazienti ad alto rischio: VANCOMICINA 1 g (bambini 20 mg/Kg) 1-2 h. + GENTAMICINA 1,5 mg/Kg i.v. o i.m.,prima della procedura Pazienti a rischio moderato: VANCOMICINA (come sopra) soltanto

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Bibliografia

1) S.Bassetti . Infection 32,2004 ; 3 :163-169 2) Evid Based Dent ,2004 ;5(2) : 46) 3) Cochrane Database Syst Rev 2004 ;2 : CD003813 4) Gastrointestinal Endoscopy,2003 ;58 :475-482 5) B.C. Millar,J.E.Moore Antimicrobial Chemotherapy 2004 ; 53 : 123-126

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ALLEGATI ALLEGATO 1: PROCEDURA PER L’ESECUZIONE DI EMOCOLTURE NEI PAZIENTI CON SOSPETTA ENDOCARDITE BATTERICA ALLEGATO 2: LA SUB- COLTURA ALLEGATO 3: PROCEDURA PER L’ESECUZIONE DEL PRELIEVO E CONSERVAZIONE DI VALVOLA CARDIACA O FRAMMENTI VALVOLARI DA SOTTOPORRE A COLTURA MICROBIOLOGICA ALLEGATO 4: MODULO RICHIESTA ESAMI DI BATTERIOLOGIA