La Pontremoli che abbiamo, la Pontremoli che...

28

Transcript of La Pontremoli che abbiamo, la Pontremoli che...

Almanacco Pontremolese 2014 - Anno XXXVI - Edito e curato da: Centro Lunigianese di Studi Giuridici - Stampa: Tipografia Artigianelli Pontremoli Si ringraziano: oltre a tutti gli autori e gli amici sopra citati, Enrico Ferri, Laura Bertolini, Giuseppe Michelotti, Manuel Buttini, Lucia Boggi,

Marino Trivelloni, Cosimo e Jacopo Ferri.

Hanno collaborato a questo numero dell’Almanacco Pontremolese:

Giulio Cesare Cipolletta, Giorgio Cristallini, Paolo Lapi, Giovanna Zanella, Claudio Giumelli, Angelina Mgnotta,Luciano Bertocchi, Luciano Preti e per le foto della “Pontremoli da scoprire” Walter Massari.

2

Passeggiando per le vie del borgo di Pontremoli non si puònon ritornare ai tempi che furono, al senso della fatica e dell’im-pegno che tanti hanno profuso perché noi oggi potessimo goder-ne i benefici.

Mai come in questo momento di incertezze e di crisi Pontre-moli si presenta nella sua veste più affascinante di testimone sto-rica di comunità forte e volenterosa, desiderosa di raggiungereobiettivi spendibili e di mostrarne i risultati.

La particolare posizione geografica, strategica fino alla metàdel secolo scorso, vive in questo momento una fase di riletturatendente al suo riposizionamento non più come luogo di passag-gio “obbligato” ma come luogo da cercare e da scoprire, comemeta di un cammino, come atmosfera da godere.

Sorge allora spontanea la domanda di quali siano le possibilistrade da seguire, di quali scelte si possano operare per offrire unavvenire più attraente alle future generazioni o alle tante perso-ne desiderose di individuare dimensioni “a misura d’uomo”nelle quali riscoprire il senso della relazione umana.

Pontremoli si contraddistingue per un fortissimo senso disolidarietà e di cooperazione, di disponibilità e di appartenenza,elementi testimoniati dalla corposa tradizione, sempre più affer-mata, del volontariato e dell’associazionismo. Troppo spessoinvece la storia della nostra città è vista come testimonianza dilitigiosità e di faziosità, naturale prosecuzione della contrapposi-zione storica fra Guelfi e Ghibellini.

Non è quella, a mio avviso, la lettura giusta da dare al nostropassato, così come non deve essere l’approccio da usare peraffrontare il presente e costruire il domani. Ogni pontremoleseha un forte senso di attaccamento alle radici, ha un forte amoreper la propria pontremolesità: da questo forse bisogna partire percreare un sistema o ancor meglio una rete - come si ama dire inquesti tempi - per far conoscere le tante verità di questa Città,spesso martoriata e colpita dal dolore, ma sempre risorta. Laverità che si nasconde nelle tante pietre che costituiscono ilborgo di origine medioevale, che evapora dalle acque dellaMagra e del Verde, percettibile però solo a chi la sa leggere. Laverità fatta di fatica e di sforzi, testimonianza di attività commer-ciali e artigianali, di espressione artistica e culturale, di tipicitàculinarie e di buoni vini.

La Pontremoli che vorrei dovrebbe ricercare questo orizzon-te: quella nascosta, affacciandosi fra le tante corse e gli affannidel terzo millennio; quella che si conserva in attesa che il culto-re del bello la scopra e la riscopra, ponendosi nel ruolo di ampli-ficatore di una verità. La fatica di leggere ciò che ci circonda cideve spingere sempre di più a creare sinergia per far conoscere,per far sì che il nostro essere terra povera possa valorizzare laricchezza di valori e di passato, di testimonianze e di colori.

La Pontremoli del domani, che molti di noi vorrebbero, credodebba essere una Città capace di mettere da parte conflitti e mar-ginalità, per mettere a frutto la propria ricchezza storico-cultura-

le, superando anche la frattura decennale fra imprenditorialità ecultura.

La cultura che crea impresa del resto è uno degli obiettiviverso il quale tende anche la Commissione Europea con l’istitu-zione di un nuovo programma, EUROPA CREATIVA (2014-2020), contenente tra l’altro agevolazioni per gli investimenti eper lo sviluppo delle competenze.

Rispettare il mondo valoriale del passato, fra natura, arte etradizioni, coniugandolo con l’innovazione; aprirsi al nuovosenza perdere la propria identità psichica e culturale; vivere l’al-tro da sé in termini propositivi e positivi; questa è la grande sfidache la nostra realtà territoriale si trova a dover vivere in unmomento di grande transitorietà e di incertezze.

La ripresa del nostro territorio e la vittoria sulla logica dellamarginalità – spesso limite nostro, oltre che condizione a cui civorrebbero costringere - è soprattutto nelle mani delle nuovegenerazioni, ma dipende in maniera molto forte dalla loro for-mazione, che invece è compito di tutti noi. Tanto più riusciremoa importare modelli da zone che hanno brillantemente saputotrasformare criticità in opportunità, che hanno saputo lavoraresulla motivazione e sulla crescita della resilienza, sulla competi-tività come paradigma comportamentale e sulla forza del know-how tanto più sarà possibile invertire la inesorabile diminuzionenumerica, foriera di chiusure e di tagli.

Occorre quindi dare più spazio a istruzione, formazione, cul-tura e progettualità imprenditoriale. Molto è già stato fatto.Molto altro è da fare, per esempio interconnettendo sempre piùe sempre meglio il mondo della natura con quello del turismo,della storia, dell’arte, all’insegna dei profumi e dei sapori dellenostre eccellenze enogastronomiche: è il must del domani.

L’essere sistema in realtà come quella di Pontremoli dipendeanche dal guardare con occhio collaborativo e sussidiario alloStato, chiedendo che non venga tutto ridotto alla logica del tagliodi istituzioni e servizi, ma anche dando l’unica cosa che ognunodi noi può dare: il proprio pensiero e la propria idea, la propriaforza e il proprio impegno, certi che, il bene comune, oggi piùche mai, sia frutto della condivisione dei percorsi e delle azioni,della mediazione e di intermediazioni fra i singoli diritti e quel-l’insieme, certamente superiore alla somme delle singole parti,che è il bene comune.

Per tutto questo, l’Almanacco Pontremolese, nella sua edizio-ne del 2014, vuole essere una carrellata - che comincia da qui -di “scritti” che raccontano la Città di Pontremoli con foto, constorie, con toni, con tagli diversi, vecchi e nuovi, melanconici esperanzosi, quasi a voler fondere tutta la tradizione, tutta lapotenzialità, tutta la verità della nostra amata Città, per spinger-la, insieme e nel modo migliore, verso il futuro.

Buon Natale e buon anno a ciascuno di voi.

Lucia Baracchini

La Pontremoli che abbiamo, la Pontremoli che vorrei

3

La scelta di questa edizione 2014è stata quella di affidare il compito diredigere l’Almanacco ad una serie dipersone che, per motivi vari - dinascita, abitativi, di lavoro o di sem-plice passaggio nella città - vivono,frequentano o hanno frequentatoPontremoli.

Sicuramente una scelta di unangolo visuale arbitrario, personale,per descrivere, ancora e per l’ennesi-ma volta, Pontremoli e la Lunigiana,ma la vita è fatta anche di questecose, non solo di uniformità o rispet-to di canoni interpretativi unitari.

Insomma, un Almanacco che parlidi Pontremoli, vista con gli occhi dicoloro che hanno eletto questa città a

luogo di propria residenza o lavoro,ovvero che qui hanno legami di varianatura. A ciascuno, quindi, il compi-to di descrivere la "sua" Pontremolipersonale.

Ciò che, a mio parere è emerso daquesto collage di descrizioni, daquesto caleidoscopio di impressioniindividuali, è una Pontremoli plu-rale, diversa, più complessa rispettoa quanto la singola visione possaindicare, ricca di sfaccettature e dispunti di riflessione; una serie didescrizioni dalle quali si può dis-sentire o concordare, anche operarecritiche ma sempre con uno sguardocostruttivo, per una discussionecomune su cosa sia o possa diventare

questa città.Anche le città, difatti, sono in con-

tinuo divenire, mutano i loro carat-teri, la loro fisionomia, le sensazioniche possono offrire ai visitatori. Ecrediamo che ciascuno di noi possacontribuire, nel suo piccolo, vivendola propria vita, impegnandosi nellavoro e nelle attivita’ comuni, adeterminare un percorso che trascen-da gli aspetti meramente soggettiviper approdare in un ambito collettivoe, chissà, migliore.

Come da tradizione, sinceri auguridi buona lettura e un felice anno.

Giulio Cesare Cipolletta

Almanacco 2014

4

Il viaggiatoredella Cisa

di Giulio Cesare Cipolletta

Fin da bambino la Cisa ha rap-presentato per me la porta diaccesso al mare, alla Liguria, conun sostanziale oblio di quel lembodi terra che è indubitabilmenteToscana.

Ricordo ancora, con nostalgia,le partenze all’alba, da una lividaMilano, ancora triste e ingrigitanonostante il calendario rivendi-

casse l’esistenza di una stagioneestiva, l’attraversamento della pia-nura, una piatta distesa di terracontrassegnata da effluvi miste-riosi di sostanze organiche, il ten-tativo di continuare a dormire e diriacciuffare quei sogni notturninon ancora dissoltisi del tutto,bruscamente interrotti dall’esigen-za di fare presto, di fare prima.

Mi rivedo ancora, disteso sulsedile posteriore, stretto tra lemille cianfrusaglie e i viveri cheogni anno ci portavamo dietro,

non si sa mai, e che puntualmenteci riportavamo indietro alla finedell’estate, avvolto nella copertinadi lana, sbirciare il volto teso dimia madre, la cui funzione erasostanzialmente quella di control-lare la guida di mio padre, attentoa quello, vai piano, hai acceso leluci?

Mio padre che, tra un rimbrottoe l’altro, cercava di superare i suoipersonali record di anno in anno,intento a superare, ad almenonovanta chilometri all’ora, una

5

12345678910111213141516171819202122232425262728293031

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedi

Martedi

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Maria madre di Dio

S. Basilio

S. Genoveffa

S. Ermete

S. Amelia

Epifania del Signore

S. Luciano

s. Severino

S. Giuliano

S. Aldo

S. Igino

S. Modesto

Battesimo di Gesù

S. Felice

S. Mauro

S. Marcello

S. Antonio A.

S. Liberata

S. Mario

S. Sebastiano

S. Agnese

S. Vincenzo

S. Emerenziana

S. Francesco di Sales

Conv. di S. Paolo

SS. Tito e Timoteo

S. Angela

S. Tommaso

S. Costanzo

S. Martina

S. Geminiano Patrono di Pontremoli

Gennaio

velocità pazzesca, da brividi, gli altriautomobilisti che avevano avuto lastessa originale idea della partenzaantelucana, all’insegna delle vacanzeintelligenti.

Il grigiore dei cieli plumbei, la sem-pre presente processione piovosa,immancabile compagna di viaggiolungo le strade della Lombardia e del-l’Emilia, facevano da sfondo costante eimmutabile alle lente ore di avvicina-mento al sole, alle spiagge liguri, allevacanze finalmente!

Una gioia in qualche misura bilan-ciata dal costante timore che, una volta

o l’altra, si avverasse la nefasta profe-zia che immancabilmente mio padre,circa a metà strada, cominciava adesprimere con crescente preoccupazio-ne “Giovanna, questa volta non ce lafaremo!”, intendendosi riferire allapossibilità che terminasse la benzinaprima di arrivare ad un distributore.

Chissà perché, poi, non la facesseprima, era un mistero, uno di queisegreti familiari dei quali non si parlamai, neppure a distanza di anni e cherestano avvolti in un insondabile alonedi silenzi.

“Se arriviamo alla Cisa è fatta”, per

6

via della discesa, che ci avrebbeforse accompagnati fino al nostroarrivo!?!

In quegli anni, quindi, per me laCisa e Pontremoli erano la terra dimezzo, la fase di transizione tra ilunghi mesi invernali e i troppobrevi periodi di vacanza, quasiuno dei passaggi fondamentali inun rito iniziatico che, ogni anno,scandiva il tempo della mia infan-zia.

La Cisa, con il suo tunnel lungo2054 metri, era il trampolino dilancio, lo scivolo verso il mare, laporta di accesso alla fase più feli-ce dell’anno.

Ci si arrivava lasciando dietrodi noi il grigiore padano e si entra-va in un mondo variopinto di colo-ri, di profumi di boschi veri, siavvertiva - perlomeno nella mia

fantasia infantile - già il salmastro,quasi si poteva ascoltare il fran-gersi delle onde sugli scogli bian-chi, gli spruzzi di acqua marinasul volto, le promesse e lusinghedi interminabili giochi sulla spiag-gia, sino a sera, sino a notte.

Fantasie, certo, ma quanto vivi-de, quanto potentemente presentie legate in modo indissolubileall’infanzia e, per ciò stesso, forte-mente formative.

Ancora adesso, nel percorrere ilpasso della Cisa, con ben altrimodelli di autovetture rispetto aquelle di un tempo e per motivinon più legati solo alle vacanze,provo un brivido di infantile pia-cere nell’attraversare quella porta,nel verificare ancora una volta chesto per lasciarmi alle spalle il mal-tempo, il grigiore, per avviarmi

rapidamente verso il sole, la luce,la bellezza.

Certo, non sempre funzionacosì, non ogni volta c’è un vero diqua e un di là, non è vero che laCisa sia davvero uno spartiacquemeteorico che separa nettamentel’Emilia e quel lembo della Tosca-na e, con essa, la Liguria.

Ma tant’è, a volte le convinzio-ni infantili sono difficili da confu-tare anche se si scontrano conincontrovertibili dati di fatto.

Con il tempo, poi, la stessa cittàdi Pontremoli, da luogo di passag-gio, di semplice attraversamento,è diventata un luogo di frequenta-zione, di prolungata sosta e accu-rate passeggiate alla ricerca diangoli visuali nuovi, di emozionida riportare a casa, come la salitaverso il Piagnaro che, ampliata e

7

Febbraio12345678910111213141516171819202122232425262728

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedi

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

S. Verdiana

S. Sabatino

S. Biagio

S. Gilberto

S. Agata

S. Paolo

S. Teodoro

S. Girolamo

S. Apollonia

SS. Arnaldo e Scolastica

S. Dante

S. Eulalia

S. Simeone

S. Valentino

S. Faustino

S. Giuliana

S. Mesrop

S. Simone

S. Mansueto

S. Silvano

S. Pier Damiani

Catt. di S. Pietro

S. Renzo

S. Etelberto

S. Cesario

s. Faustiano

S. Leandro

S. Fortunato

romanzata, può essere descritta comeun racconto di draghi e castelli incanta-ti.

Una città di sensazioni, di piccoliindescrivibili piaceri, di affacci dalponte della Crësa ai rintocchi dellecampane che scandiscono lente il fluiredella vita; dalle passeggiate alla ricercadegli esordi della primavera nella fiori-tura rosa del viale dei Chiosi alle pauseall’ombra del Campanone, nella piùriservata piazza del Duomo, dove sor-seggiando un “bianco oro” si puòlasciare che il tempo ci scivoli accanto;al piacere di ritornare verso casa por-tando in un pacchetto pieno di “amor”un pò di quella vivace atmosfera pon-tremolese delle mattine di mercato.

Nella mia immaginazione, quellainiziale identificazione di Pontremolicome avanguardia territoriale della

Liguria, intesa come luogo di vacanzamare e sole, talvolta persiste e si raffor-za: a pranzo, ad esempio, laddove i tipi-ci testaroli, un piatto decisamente luni-gianese, si accompagnano al pesto,identificativo nel mondo della Liguria.

Oppure, le torte d’erbi che, per quan-to costituiscano l’espressione di ungenerico antico mondo rurale, nel qualevi era un sapiente utilizzo delle scarserisorse del territorio, richiamano moltoda vicino le torte liguri, con il prevalen-te utilizzo delle verdure, uova, avvolteda una sottile pasta sfoglia.

L’attraversamento della Cisa, lasosta a Pontremoli, quindi, come unaimmersione in un mondo antico, al cen-tro della antica via Francigena e acavallo della storia, generale e persona-le, collettiva e individuale, nel tempo enello spazio.

8

di Giorgio Cristallini

Da Ponte a Ema, dov’era natonel luglio del 1914, riuscii a por-tarlo nella Città del Libro in occa-sione di alcune edizioni del Pre-mio Bancarella Sport.

La sua prima volta a Pontremo-li avvenne per la partecipazionedel grande campione al concorsocon il volume dal titolo Tutto sba-gliato, tutto da rifare, edito daArnoldo Mondadori e curato dalgiornalista Pino Ricci per quantoriguardava la forma, la grammati-ca e la sintassi per le quali ilnostro Gino non aveva dimesti-chezza. Era il mese di giugno1980. Con lui era in gara ancheJacques Yves Cousteau, autore diSalmoni, castori e lontre, pubbli-cato da Longanesi, Gianni Cancel-lieri e Cesare de Agostini, autoridi Le leggendarie Auto Union(Zanini).

Alcune settimane prima avevapresentato il suo libro alla Terraz-za Martini di Genova, assiemeagli altri finalisti, in occasione diuna conviviale del Panathlon. Inu-tile dire che figurava come il per-sonaggio di maggior rilievo dellacinquina selezionata.

Di lì a pochi giorni il notaio delBancarella Sport avrebbe dato ilvia allo spoglio delle schede edalla proclamazione del vincitore

in Piazza della Repubblica. Ginonon poteva mancare a quell’ap-puntamento, anche perché glisportivi lunigianesi avevano pro-grammato una serie di festeggia-menti in suo onore. Così, proprio aGenova programmò la giornata diPontremoli. “Non posso mancare

– aveva detto – ma con me deside-ro che ci sia Pino Ricci, senza ilquale il libro non avrebbe maivisto la luce”. Non posso dire sequella fosse stata la prima voltadella sua presenza. Non ha impor-tanza.

Bastò che il nome di Bartali

Gino Bartalia PontremoliPer onorare tre Bancarella Sport: come faceva nelle gare, ogni volta in concorso ha sempre vinto

9

Marzo12345678910111213141516171819202122232425262728293031

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdi

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

S. Albino

S. Basileo

III di Quar.S. Cunegonda

s. Adriano

LE CENERI

S. Giordano

S. Felicita

S. Giovanni

I di Quar. S. Francesca

S. Macario

s. Costantino

S. Massimiliano

S. Arrigo

S. Matilde

S. Longino

II di Quar. S. Eriberto

S. Patrizio

s. Cirillo

S. Giuseppe

S. Alessandra

S. Benedetto

S. Lea

III di Quar. S. Turibio

Ss. Dionigi e C. mm.

s. Riccardo

S. Teodoro

S. Augusto

S. Sisto III

S. Secondo

IV di Quar. S. Amedeo

S. Guido

apparisse sui manifesti affissi dallaFondazione Città del libro per celebra-re con orgoglio la diciassettesima edi-zione del Bancarella Sport e per assicu-rare il tutto esaurito nella piazza dove sisvolgeva la manifestazione.

Il nostro Ginettaccio vinse alla gran-de e Bruno Raschi, che allora presiede-va la Commissione per la selezione,ricordò le più belle imprese compiute alGiro d’Italia e al Tour de France.

Ancora oggi ricordano l’avvenimen-to Francesco Magnavacca e CarloLucii che figurano tra i fondatori delBancarella Sport; tutti insieme, in chiu-sura, con Mario Mengoli e con RenzoTolozzi, portarono il campione fiorenti-no alla “Manganella”, a gustare unpiatto di testaroli per i quali andavamatto.

Di lì a due anni Bartali tornò a Pon-tremoli quale padrino di Buzzati alGiro d’Italia (Mondadori), a fiancodella vedova del grande scrittore bellu-nese, per contrastare il successo diGianni Brera, in concorso con Coppi eil diavolo (Rizzoli). Vinsero entrambi,un pari merito con trentotto voti ciascu-no che è rimasto come la più bella testi-monianza del più ambito premio lette-rario di narrativa sportiva.

Bisogna attendere il 1993 per rivede-re il “nostro” sul palco del Bancarella,in occasione del venticinquesimo delPremio.

Bartali, anche in quella circostanza,concorreva per vincere, perché la Leg-genda di Bartali ( Ponte alle Grazie) diMarcello Lazzerini e Romano Beghelli,era quanto di meglio si potesse leggereper avere una conoscenza diretta deicento e più successi ottenuti in una car-riera che ha soltanto in Fausto Coppi ilconcorrente che gli poteva tenere testa.Era venuto perfino a Cervia alla pre-sentazione, assieme a Josefa Idem e adArrigo Sacchi e proprio nella cittadinatermale aveva confermato la sua pre-senza a Pontremoli. Fu un terzo appun-tamento coronato dal successo di Laz-

zerini e Beghelli che dovevano tenere abada diretti concorrenti come StefanoPivato, Giorgio Evangelisti e RobertoQuercetani.

Il nome di Bartali aveva fatto presaancora una volta sui centoventi compo-nenti della grande giuria: tutte le atten-zioni dei Pontremolesi furono infattiper lui, chiamato a firmare non soquanti libri ai presenti.

Per tutti una frase, perché si ricor-dassero del Bartali che non era piùquello del Tutto sbagliato, tutto da rifa-re, ma l’amico di un’intera città cheancora una volta era accorsa in massa asalutarlo, ringraziarlo e applaudirlo,proprio come facciamo noi oggi, aven-do di lui l’immagine più bella per averottenuto l’ennesima vittoria su un terre-no assai difficile, sul quale ha rischiatola sua stessa vita, alla fine meritando disalire di nuovo, in solitario, in cima allavetta a tagliare il traguardo di Giustotra le Nazioni del mondo, il 23 settem-bre 2013, per aver collaborato alla sal-vezza di tante centinaia di innocentiperseguitati.

E il riconoscimento tributatogli aYad Vashem, Gerusalemme è partito daPontremoli..

10

di Paolo Lapi

Puntremel, Pons Tremulus,Punt de Tremble, Pontresme,Pon-tremulus... Così nel corso deisecoli è menzionata Pontremoli,questo “ponte” posto in mezzoalle montagne alla confluenza dicorsi d’acqua e lungo la piùimportante direttrice viaria tra ilnord e il centro Italia, un “ponte”collocato in un luogo di confine e,nello stesso tempo, di interseca-zione tra territori diversi: il territo-rio lombardo, quello ligure e quel-lo toscano.

Una “terra-ponte”, Pontremoli,di passaggio e di sosta breve, dovela cultura e le opere dell’uomo delpassato hanno saputo amalgamar-si alla natura dei luoghi, corri-spondere alla realtà diversamenteda oggi dove si progetta senza

considerarla e avendo di mira solola realizzazione di proprie fanta-sie. Dal Comune medievale con le“altissime” torri alla Città baroc-ca, Pontremoli è un intreccio e unasintesi di storia, di arte, di religio-ne e di tradizione che la rendonounica per chi la ama.

Le “fazioni” qui sono di casaancora oggi e si svelano soprattut-to nelle fredde sere di gennaioquando sui greti del fiume Magrae del torrente Verde vengono acce-si i falò, lingue di fuoco che s’in-nalzano e guizzano verso il cielodalle acque cristalline dei fiumi ariscaldare e ad illuminare le gelidenotti invernali.

Nel Cinquecento Michel deMontaigne, qui di passaggio, defi-niva Pontremoli “molto lunga epopolata d’antichi edifizi nonmolto belli”, poi nel SettecentoPietro Leopoldo, qui in visita,insisteva sul suo essere “formatadi una sola strada lunga 2 terzi di

miglio”. E proprio la “strada” è“l’essenza” di Pontremoli: unastrada di piagnoni che alzando gliocchi diventa una strada di cielo.

Lungo quest’unica “intermina-bile” strada, ricordata anche dal-l’esule Campolonghi, continuanoad affacciarsi chiese, case e palaz-zi, testimoni di una capitale delpassato, ricchi di storia ma semprepiù vuoti della voce degli abitanti,i “burgenses”, e dei rumori degliartigiani di un tempo.

Nelle silenziose notti invernali,quando il freddo è pungente e lestelle nel cielo brillano di un’in-tensità viva, questa lunga strada,secolare “colonna vertebrale” del-l’antico borgo di pietra, si ripopo-la di ombre e di voci del passatodei tanti che qui hanno vissuto elavorato e dei tanti che nel corsodei secoli l’hanno percorsa per imotivi più diversi, ricordandoanche a noi, uomini del XXI seco-lo, come l’uomo sia essenzialmen-

Pontremoli...

11

123456789101112131415161718192021222324252627282930

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

s. Ugo

S. Francesco

S. Riccardo

S. Isidoro

S. Vincenzo

V di Quar. S. Guglielmo

S. G. Battista

s. Dionigi

s. Maria di Cleofe

S. Terenzio

S. Stanislao

S. Giulio

LE PALME

S. Abbondio

S. Annibale

S. Lamberto

S. Aniceto

S. Galdino

S. Ermogene

PASQUA di RESUR.

dell’Angelo

S. Caio

S. Giorgio

S. Fedele

S. Marco

S. Cleto

S. Zita

S. Valeria

S. Caterina

S. Pio V

Aprilete un pellegrino, un “viator” come dice-vano i medievali, uno che camminaspinto dalla ricerca di quel Senso chesolo può colmare il desiderio d’infinitodel cuore. Così trova un significatoancora più profondo la presenza qui del“labirinto”, pietra parlante, nel silen-zio, al desiderio del cuore dell’uomo.

Pontremoli però non è nulla, comenon era nulla nel passato, senza il suocontado: le vallate, un tempo divise inquattro “Quartieri”, dove spuntano, inuna sempre più “ricca” vegetazione, isuggestivi, ormai disabitati, paesi, leantiche “ville”, sedi dei tenaci “rura-les”.

Altra caratteristica di Pontremoli chesi ricava dalla storia, una caratteristicasempre legata alla sua strategica posi-zione, è l’essere oppidum, borgo forti-ficato, luogo di difesa prima, luogo dimercato poi. A questo suo ruolo di “for-tezza” si lega quel vigore dei Pontre-molesi del passato, un vigore che èandato scemando dalla fine del Cinque-cento. Sebbene, infatti, da allora leforme edilizie si siano abbellite, l’ani-mo dei Pontremolesi è divenuto semprepiù debole, borioso e superficiale, piùattento all’apparenza che alla sostanza:non più pronto a difendere i diritti realidella propria Communitas, ma solocapace di attivarsi per interessi perso-nali e per falsi e vuoti titoli.

Da una descrizione del 1821, fattaper evitare che venisse attivata l’illumi-nazione pubblica notturna in Pontre-moli perché “giudicata inutile”, si pos-sono intravedere alcune caratteristichedella Pontremoli di ieri, che ritroviamoancora nella Pontremoli di oggi:

1. La strada che percorre Pontremolida cima a fondo non è mai che legger-mente tortuosa e presenta per lo piùanche una sufficiente larghezza, se sieccettuano pochissimi punti dei menofrequentati. 2. Il commercio esterno di Pontremolitrovasi per somma disgrazia ridotto aduna assoluta nullità, necessario, elacrimevole effetto della separazione diquesta sciagurata Provincia dallaMadre patria, e de rigorosi sistemidaziari adottati per parte de’ treGoverni esteri, dai cui territori il Pon-tremolese è circondato.[...] 6. In Pontremoli come piccolaCittà di Provincia anzi di Montagna iltenore di vita degli abitanti è in generesommamente patriarcale. La massimaparte si ritira nelle loro case costante-mente verso le ore nove della sera. Dapoche famiglie del primo e secondoordine si protrae la conversazione finoalle 10 precise, nel qual punto si chiu-dono ancora le Bettole, le Locande, edi due Caffè. Ognuno in allora va a cori-

12

carsi nella propria casa, e a menodi accidenti straordinari non nesorte che alla mattina.

Leggendo le carte anticheemerge sì una Pontremoli povera– un “paese sterile, montuoso edove per la maggior parte se livive di pan de castagni” comeasserivano realisticamente i veraciPontremolesi del Cinquecento – ,ma viva e produttiva, contrastantecon la Pontremoli di oggi che, dasede di giustizia, di ospedali, discuole, di ordini religiosi, oltreche di piccoli artigiani e commer-cianti, sta diventando un luogodove “per legge” si può solo mori-re, destino, tra l’altro, comune atutta la Lunigiana.

Amo Pontremoli e proprio per-ché la amo non la chiamo più“città” perché mi piace essere rea-lista e non idealista, ma propriocosì la realtà mi spinge a vederlaper quella che davvero è da sem-pre e sarà per sempre: un “ponte”

sospeso nella storiasotto cui scorre ilfiume del tempo. E,proprio dal “ponte”,chi vive Pontremoliama gettare lo sguar-do e perdersi nelloscorrere argentinodelle acque dellaMagra e del Verdeperché nelle lorosecche, nelle loropiene, nel loro abbraccio e nel lorocorrere verso il mare vi vederispecchiata la propria vita.

Per meglio comprendere la miavisione di questo “ponte”, mipiace concludere con le parole chescrissi dieci anni orsono per lamorte di un amico, Edoardo MariaFilipponi (1947–2003), con cui hocondiviso l’amore per Pontremolie la sua storia:

[...] Ci trovavamo qua e là, neitanti luoghi a te cari: in bibliote-ca, a casa degli amici, in archivio,

sui ponti, nelle piazze, nelle chie-se, all’ombra del Campanone…era come trovarsi d’incanto neivecchi gradili, le regge dei nostrinonni, e la tua voce diventava loscoppiettare del fuoco, un fuocoche riscalda e illumina: faville distoria, di religione, di tradizioni,di arte, di vita quotidiana, di cuci-na, di humour, di preziosi consigli,di sogni infiniti illuminati da stel-le e da una luna sempre più gran-de e avvolgente… Serate passatea parlare… parlare di Pontremoli,la Pontremoli che ci scorre nelle

13

12345678910111213141516171819202122232425262728293031

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledi

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

San Giuseppe

S. Cesare

S. Filippo

SS. Silvano e Nereo

S. Pellegrino

S. Giuditta

S. Flavia

S. Desiderato

S. Gregorio

S. Alfio,

S. Fabio

S. Rossana

B.V.M. Fatima

S. Mattia

S. Torquato

S. Ubaldo

S. Pasquale

S. Giovanni I

s. Celestino

s. bernardino

S. Vittorio

S. Rita da Cascia

S. Desiderio

B. Vergine Maria aus.

S. Beda

S. Filippo

s. Agostino

S. Emilio

S. Massimino

S. Felice

S.Angela

Maggio

vene… Tu l’amavi profondamente,come noi l’amiamo, con l’amarezzapropria dell’amante vero, quell’ama-rezza che accompagna sempre l’amorepiù intenso; amavi questa nostra cittàabbracciata dai fiumi e incastonata trai monti, ricca ma povera per le suedivisioni, le sue fazioni, le sue false einutili nobili radici di cui qualcuno sigloria ma che in realtà non sono la suavera nobiltà: questa si trova invecenelle silenziose e infinite gocce di sudo-re e di lacrime trasformatesi, con ilsorriso della nostra gente – gente forte,pronta al sacrificio, capace di condivi-dere gioia e dolore –, in quella nostra

cultura variopinta che è l’ereditàlasciataci e che costituisce il nostrovero tesoro.

Se oggi la realtà di Pontremoli ènegativa e difficile, ciò non deve indur-re alla rassegnazione, perché la realtà èsempre provocazione a prendere posi-zione ridestando desiderio e domanda.Non bisogna, pertanto, chiudersi difronte ad essa o far finta di non vederla(questa sarebbe la vera crisi), ma viver-la come sfida per porre le premesse percontinuare il cammino, un camminoradicato nel passato e proteso al futuro,proprio come un “ponte”.

14

Pontremolie il VescovoGiovanni Sismondo

di Giovanna Zanella

Dato l’argomento scelto perl’anno 2014, il punto di vista suPontremoli da parte di chi non vi ènato, appare cosa opportuna e dicerto gradita ai pontremolesi, unricordo del vescovo Sismondo e laricostruzione del suo punto divista sulla città e sui suoi cittadiniche in poche parole si può riassu-mere nell’atteggiamento del BuonPastore, dell’Agnello crociferoche si volge ad indicare la via disalvezza a chi rimane indietro,come sui segnacoli medioevalirivolti ai pellegrini. Un emblemache, non a caso, volle per il suostemma e che sembra fatto appo-sta per Pontremoli, tappa di pelle-grinaggio medioevale e oggettodella sua dedizione pastorale. Cosìricorda la sua opera la pontremo-lese Maestra Giovanna Zanellache lo vide spesso, condotta invisita dal Vescovo, insieme allesorelle, dal padre Eugenio che conil sant’uomo fu in familiarità e chericevette, come ricordo, lo zuc-chetto e le fasce vescovili ripro-dotte nella foto, conservate congrande venerazione dalla famiglia.

“Ho la fortuna di abitare inPiazza Italia, a Pontremoli, e dallamia casa ogni mattina, aprendo lefinestre, saluto l’immagine del pio

Vescovo immortalata nel gruppobronzeo, nell’atto di proteggere unfanciullo, il debole, come deboleera stata Pontremoli durante l’oc-

cupazione tedesca e, come quelfanciullo inerme, da lui era stataprotetta. La sua protezione toccò eancora tocca l’animo di ognuno e

15

123456789101112131415161718192021222324252627282930

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdi

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Ascensione di N.S.G.C.

Corpus Domini

S. Carlo

S. Quirino

S. Bonifacio

S. Norberto

S. Roberto

PENTECOSTE

S. Primo

s. Asterio

S. Barnaba

S. Guido

S. Antonio da Padova

S. Eliseo

S. Germana

S. Aureliano

S. Gregorio

S. Marina

S. Gervasio

S. Silverio

S. Luigi

Corpus Domini

S. Lanfranco

Natività S. Giovanni Bat.

S. Guglielmo

Ss. Giov. e Paolo

S. Cirillo

S. Attilio

SS. Pietro e Paolo

SS. Primi Martiri

Giugno

non solo dei pontremolesi, perché fu undono grande e veramente cristiano,rivolto a chiunque avesse bisogno,pontremolesi, massesi, perseguitatipolitici, partigiani e poi fascisti, ebrei ecattolici, senza riguardo al censo o alblasone familiare. La sua casa era aper-ta a tutti, nonostante qualcuno appro-fittasse non solo della sua generosità,ma persino della sua buona fede. Eglipraticava il Vangelo vivo: bussate e visarà aperto, chiedete e vi sarà dato. Elui dava.. persino quello che avevaappena ricevuto per la sua sussistenza,nonostante le pratiche osservazioni delfedelissimo cameriere tuttofare, Felici-no. La fame in tempo di guerra bussa-va alla porta di tutti; Pontremoli avevasubito bombardamenti e devastazioni,la chiesa di S.Pietro era stata bombar-data, come il Cimitero e i Chiosi, Ver-deno era sovraffollato per la presenzadi duemila tedeschi che vi avevanostanziato la loro sede di comando. Lamia famiglia, per tal motivo, avevalasciato la casa in Verdeno, trasferen-dosi in Piazza Vittorio Emanuele III,come allora si chiamava l’attuale Piaz-za della Repubblica, dove ha sede il

Comune. Il cibo era la merce più pre-giata, ma qualche dono che ne ricevevadi tanto in tanto, il Vescovo Sismondosubito lo dirottava verso i molti biso-gnosi che si presentavano e Felicino,alla rispettosa osservazione che cosìsarebbero rimasti senza mangiare, sisentiva rispondere che la Provvidenzanon abbandona nessuno e avrebbe pen-sato anche a loro. Grazie al prestigiodel quale godeva, era in amicizia colmaggiore Gordon Lett, ma era rispetta-to anche dai tedeschi, cosa che salvòPontremoli dalla distruzione. Infatti,all’appressarsi della ritirata dell’eserci-to, due giovani soldati tedeschi, preve-dendo la disfatta, cercarono di fuggire edivennero disertori. MonsignorSismondo fu accusato da un ufficialetedesco di averli nascosti e fu arrestatoin Vescovado assieme al segretario,don Oreste Boltri e al Prof. Don MarcoMori. Dopo concitate discussioni sidecise che il Vescovo e don Marcoandassero a rintracciare i disertori e liriportassero al comando tedesco, men-tre don Boltri rimaneva ostaggio: seentro le 16 i due ecclesiastici non aves-sero riportato i disertori, don Boltri

16

sarebbe stato fucilato e Pontremo-li messa a ferro e fuoco. Il poveroVescovo e don Marco quantoavranno patito in quei momenti! Ildestino di Pontremoli era nelleloro mani! Dopo aver celebrato laS. Messa, si misero in viaggio colcuore in tumulto, con la preghierasulle labbra e l’affidamento nellemani del Signore. Grazie a Diotutto si risolse nel migliore deimodi: i due disertori, rintracciati aCervara con l’aiuto degli abitanti,appresa la difficile situazionevenutasi a creare, miracolosamen-te convinti a presentarsi, scrisserosu un foglio di carta, di pugno, leloro generalità, il numero di matri-cola, il comando di appartenenza,sì che i nostri due eroi poteronoripartire da Cervara, sempre apiedi come all’andata, coltivandola speranza nel cuore. Ma l’ap-prensione era ancora tanta..Eranotrascorse delle ore e non si facevain tempo ad essere per le 16 inVescovado..Cosa sarebbe succes-

so nel frattempo? Sperano e pre-gano, ma mentre sono in camminodevono fermarsi e nascondersi alsuono terribile della mitraglia.Così l’arrivo a Pontremoli avven-ne solo alle 19. Il tenente tedescoera lì ad aspettarli.. Letta la dichia-razione dei due tedeschi che libe-rava il Vescovo dall’accusa dicomplicità, don Boltri vennerimesso in libertà e Pontremoli fusalva! La notte precedente la libe-razione della città, avvenuta il 27aprile 1945, passò col batticuoreper i continui cannoneggiamenti emitragliamenti. La mattinaseguente il Vescovo uscì e s’avviòverso la SS. Annunziata per incon-trare le truppe liberatrici ed assi-curare loro che non v’era più trac-cia dei tedeschi, fuggiti in nottata,molti dei quali rimasti sulla viadella Cisa, nella piana di Migne-gno coperta di cadaveri, uomini ecavalli. Jeep di inglesi e neri ame-ricani entravano nel frattempo incittà, festosamente accolti da tutti,

specie dai bambini che ricevevanocioccolatini e cingomme. I pontre-molesi, al suono festoso del Cam-panone, corsero in Duomo dove,al Te Deum intonato dal VescovoSismondo, tutti i fedeli inneggia-rono alla Madonna del Popolo contanta commozione e gratitudine. Ilpensiero correva anche a chi nonce l’aveva fatta.. e accresceva lacommozione.

La sera del 31 gennaio 1955 ful’ultimo S. Geminiano che ilVescovo festeggiava a Pontremoli,ma non fu una festa, fu un addio:il Vescovo ci lasciava, tornava nelsuo Piemonte, stanco e amareg-giato. Ovunque si vedevano visitristi, molti nascondevano le lacri-me, altri le lasciavano scorrere. Ilnostro amato Pastore, il salvatoredella nostra città, al mattino prestousciva dalla porticina del Vesco-vado col fedele Felicino, un ulti-mo saluto alla cattedrale e allacara Madonna del Popolo e parti-va. Alla “Casa della Divina Prov-

17

12345678910111213141516171819202122232425262728293031

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedi

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

S. Teobaldo

Madonna del Popolo

S. Tommaso

S. Elisabetta

S. Antonio

S. Maria

S. Edda

S. Adriano

S. Armando

S. Felicita

S. Benedetto

S. Fortunato

S. Enrico

S. Camillo

S. Bonaventura

N. S. del Monte Carmelo

S. Alessio

S. Calogero

S. Giusta

S. Elia

S. Lorenzo

S. Maria Maddalena

S. Brigida

S. Cristina

S. Giacomo

SS. Anna e Gioacchino

S. Liliana

S. Nazario

S. Marta

S. Pietro

S. Ignazio

Luglio

videnza Cottolengo”, dove aveva for-mato la sua spiritualità da studente edove era maturata la sua vocazione alBene, al Bello e al Buono, lo accolserocon grande affetto. Trascorse gli ultimidue anni della sua vita tra preghiera esofferenza, col pensiero fisso alla suaPontremoli che aveva tanto amato.Molti pontremolesi, tra i quali anche imiei genitori, andarono a trovarlo peresprimere la loro riconoscenza e i lorosentimenti, rassicurandolo che loavrebbero riportato a riposare per sem-pre nella nostra città, come chiedeva.Una delle ultime visite fu quella delsindaco Luigi Serni al quale il Vesco-

vo, in segno di affetto, consegnò trerose da portare ai pontremolesi. Eranole rose sorprendentemente sbocciatedalla zolla di terra di Pontremoli che ilsindaco Serni gli aveva consegnatoinsieme con altri doni, al momento del-l’addio. E’questo il motivo per il qualesul suo monumento in Piazza Italia sitrovano rappresentate anche le rose..Avevano fatto in tempo a fiorire primadella sua morte, avvenuta il 7 dicembre1957. Giunta la notizia nello sgomentogenerale, memori della promessa fatta,alcuni pontremolesi, con la Ven.leMisericordia, si recarono a Torino e loriportarono nell’amata terra di Pontre-moli, dove non era nato, ma alla qualeaveva dedicato la sua stessa vita.

Ai funerali accorse gente da tutta laLunigiana, da Massa e da La Spezia, inun tripudio di omaggi, di fiori, di lacri-me, ma anche di consolazione per ilfatto che il Vescovo era tornato.

Da lassù, dove sei beato, proteggiciancora, amatissimo Pastore, guardaalla tua gente con lo stesso amore e lastessa bontà che le hai sempre dimo-strato quando eri tra noi. Benediciancora il tuo popolo che ne ha tantobisogno. Grazie!

18

Pontremoli,il castello, i borghi, la città

di Claudio Giumelli

Questo mio scritto risale agli ini-ziali anni ottanta del secolo scorsoquando è apparso su un periodicolocale, lo ripubblico con inevitabiliaggiornamenti e necessarieriduzioni del testo,cedendo all’invitodi Jacopo Ferri,convinto chepossa essere uncontributo altema che affron-ta l’edizione 2014dell’Almanacco, masoprattutto un aiuto a guardarePontremoli da un altro punto vista,magari alzando gli occhi lungo lalinea dei cornicioni dei palazzi, oppu-re portandoli sopra le vetrine deinegozi, nelle quali annega sistemati-camente il nostro potere visivo. Acca-de infatti a molti di vivere in un luogoe di restarne estranei, di non intende-re cioè gli straordinari valori figurati-vi incisi sulle pietre della nostra quo-tidianità. Quelli della visibilità del-l’ambiente urbano sono studi ai qualidedicavo le mie giovanili energie diarchitetto che ho del tutto abbandona-ti, ad essi ritorno occasionalmente orain ragione dell’eccezionale qualitàarchitettonica e monumentale delcentro storico di Pontremoli con lapresunzione, come ho detto sopra, chepossano tuttora servire, ma ancor piùcon la volontà di concorrere a farconoscere meglio agli altri la cittànella quale siamo nati e ad amarlacome noi la amiamo.

Il castello i borghi e la città, i

momenti che esemplificano la vicendaurbanistica di Pontremoli, costituisco-no anche i capisaldi della sua immagi-ne visiva, quella che Kevin Lynch hachiamato l’“immagine pubblica” diuna città, sedimentata nella memoriadei suoi abitanti o dei visitatori, capa-ce di destare ricordi vividi e intensa-

mente presenti ai sensi. In altreparole la “figuratività”

del suo ambientemateriale.

A t t e s t a t osopra il colledel Piagnaro,

splendidamentesolo, il castello

sovrasta l’abitato diPontremoli; elemento d’immediata

connotazione funzionale, si ponecome riferimento ottico a largo raggiodimensionale. Fabbrica militarmenteapparata, presenta possanza di volumi.Il colore grigio della pietra conferisceun’ulteriore notazione cromatica alluogo.

Il ruolo urbanistico del castello ètuttavia venuto meno con il passaredel tempo, fino a restare del tuttoemarginato dal contesto insediativo.L’abitato ingrandisce al piede delcolle, serra le proprie unità edilizie,configura una struttura che nel lungopercorso piano contiene la ricchezza ela varietà del compiuto ambiente urba-no. Chiuso entro il circuito delle mura,il castello si isola e una fascia circo-stante di verde esalta la funzione diantica macchina bellica ora desueta.Per raggiungerlo occorre salire un’er-ta selciata tra case rinserrate e archisospesi. Dall’alto dei bastioni sidispiega l’insediamento antico, lambi-to dalle acque dei fiumi convergenti.

I borghi sono l’ulteriore elemento

della figurabilità di Pontremoli; unacompleta distinzione dalla città non èpossibile, questa infatti si è sovrappo-sta all’impianto burgense in modopiano, l’ha qualificato con le suenuove strutture edilizie e tuttavia ne èrimasta soggiogata; il forte telaio delborgo ha condizionato e guidato lesuccessive risoluzioni urbanistiche earchitettoniche. Pontremoli è infattituttora una lunga, ombrata, carrariaburgi, compresa tra quinte ediliziecontinue. Occorre ripercorrere passo apasso questa via a partire da meridio-ne, valicare il ponte sul Magra, proce-dere tra il profilarsi di ombre nette eluci improvvise fino alle due piazzecontigue, guadagnare la porta di set-tentrione per intendere storia e valoridella città. La moderna viabilità haalterato il significato di questa se-quenza urbanistica unica; oggi la viacarrozzabile conduce ai due ponti con-secutivi, Nuovo e Zambeccari, cherendono accessibile l’abitato nellasezione mediana annullando il sensofisico ed emozionale dello spazio. APontremoli è infatti l’organismo urba-no che si esprime in termini di prota-gonismo visivo, cosicché continuità distrutture e complementarietà delleparti definiscono peculiari valori figu-rativi in ragione della loro unitarietà.Non difettano gli episodi caratterizza-ti da accento formale o le emergenzemonumentali: piazze, palazzi, chiese,torri; ma le piazze sono defilate, ipalazzi si fiancheggiano e rimandanoai più lontani, le chiese si collocanosenza sconvolgere i secolari rapportidello spazio insediativo.

Muovendo da sud, trascorso ilprimo tratto viario, nei pressi del pontesul Magra s’impongono i complessimonumentali adiacenti della chiesa di

19

12345678910111213141516171819202122232425262728293031

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedi

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

S. Alfonso

S. Eusebio

S. Lidia

S. Nicodemo

S. Giovanni

S. Osvaldo

Trasfiguraz. N. S.

S. Gaetano

S. Domenico

S. Romano

S. Lorenzo

S. Chiara

S. Giuliano

S. Ippolito

Ass.e Maria Vergine

S. Rocco

S. Giacinto

S. Elena

S. Ludovico

S. Bernardo

S. Pio X

S. Maria regina

S. Rosa

S. Bartolomeo

S. Ludovico

S. Alessandro

S. Monica

S. Agostino

S. Faustina

s. Maria ss. di Siponto

S. Aristide

Agosto

Nostra Donna e della torre di Castelnuovo:intonaco e pietra, barocco e romanico, indu-cono a rallentare il passo. Superato il pontesul fiume, ricostruito a schiena pronunciata,emerge la torre dell’orologio. La piazza,defilata rispetto alla via, si scopre solo giun-ti in prossimità, contrassegnata peraltro davividi accenti figurali. Oltre il varco angu-sto al piede della torre si apre una nuovaarea piana, nella quale il bianco prospettodel Duomo, allineato con il lato destro delfronte stradale, richiama l’interesse visivo einvita a sostare. Procedendo ancora innanzilo sguardo guadagna uno slargo dove con-vergono tre solchi viari: due girano a gomi-to, il terzo sale fino al poggio dove siede ilcastello. La via centrale prosegue in piano,piega e raggiunge la porta di settentrione.Due piazzole la precedono: piccole pauseche preludono, con il primo delinearsi delverde degli alberi, al termine fisico dell’abi-tato.

Si è detto borghi e non borgo perché Pon-tremoli origina come due distinte entitàinsediative: il Sommoborgo e l’Imoborgo. Ilprimo, promosso dal castrum sorto a domi-nare le vie del Borgallo, del Bratello e diMontebardone, disteso lungo i versanti delcolle del Piagnaro lambiti al piede dalMagra e dal Verde, delimitato a settentrionee a mezzogiorno da due porte; l’Imoborgoadagiato invece nella lingua di terra pianeg-giante compresa tra i corsi d’acqua, chiusoanch’esso da archi terminali. Nel Sommo-

borgo scale e brevi solchi aprono la densacortina muraria, superano le quote topo-grafiche, delimitano i settori insediativi. Ilprimitivo abitato disegnò un triangolo con ilvertice sul vicolo del Voltone e i lati postilungo il tratto superiore della via del Pia-gnaro e sul solco che confluisce nel borgoinferiore. Le modeste dimensioni delleunità immobiliari, le compatte cortine mu-rarie, le rade aperture documentano l’an-tichità del luogo. Alle quote inferiori le caseincludono cortili e prospetti decorati, neiquali si aprono finestre ariose. L’Imoborgoidentifica il tipico abitato viario di pianura.All’origine, nell’area dove sorse, esistevanoun cenobio benedettino e una chiesa dedica-ta, come il cenobio, a S.Giovanni Battista,decaduto il monastero la chiesa divenne ilcentro religioso dell’insediamento postonelle sue adiacenze; anche nel Sommobor-go sorgevano due chiese, quelle dei SantiAlessandro e Niccolò e di S. Geminiano. Laprima ha volto l’orientamento liturgico alevante, verso la popolosa contrada che laaffianca; la seconda, cappella privata in ori-gine, era ubicata all’estremità meridionaledel borgo. L’edificio comprende due vanisovrapposti, conformemente al processocostruttivo delle case sorte, per successiveelevazioni, sulle rive dei fiumi.

II Sommoborgo e l’Imoborgo, guelfol’uno, ghibellino l’altro, a lungo si sonocontesi il primato politico e amministrativodella comunità; la rivalità tra le fazioni con-

20

trapposte ha presto assunto i toni di unvero e proprio conflitto etnico. Lo spa-zio urbano ha compreso in sé una taleinconciliabile situazione sociale,cosicché la divisione è stata anchemateriale e un’area franca si è interpo-sta tra le comunità nemiche, in essaCastruccio degli Antelminelli, signoredi Pontremoli, ha elevato la fortezzaaugurale di Cacciaguerra: un baluardocinto da fossato, munito di tre torri,con camminamento merlato sommita-le. Il processo di unificazione burgen-se ha incluso questa zona con l’ufficiodi piazze cittadine, espressione delpotere civile e religioso. A ricordare ilprimitivo bastione restano oggi lamole venusta della torre campanaria eil setto trasversale di case nate sullacortina muraria.

Le torri, come testimoniano le anti-che incisioni, hanno da sempre costi-tuito l’elemento peculiare dell’imma-gine della città: circolari e quadrate,dotate di merlatura, situate ai lati dellaporta di S.Giorgio, nell’area delCasotto e lungo il borgo inferiore: aest e in forma di torrioni a occidente.

Il borgo ghibellino, in successionedi tempo, ha inglobato la parrocchia diS. Cristina e il piccolo abitato circo-stante, una torre e la cinta muraria negarantivano la difesa. Con l’addizionedella prioria di S. Pietro, Pontremoliha raggiunto il limite inferiore abitato,protetto a sua volta da torri, mura efossato con ponte levatoio.

L’intera terra murata era così for-

mata; lungo il suo perimetro si apriva-no sette porte: a settentrione la portadel Sommoborgo o di S. Giorgio e lascomparsa porta del Castello o Plana-rii; ad occidente, prospiciente il Verde,la porta della Crèsa o de Bètula, tutto-ra esistente, dalla quale, superato ilponte, muovevano le vie del Borgalloe di Genova per Zeri; alla confluenzadei corsi d’acqua la porta di Imoborgoo del Casotto; sulla sponda sinistra delMagra la porta Castri Novi o di NostraSignora; infine all’estremità meridio-nale la porta del Monastero o di S. Pie-tro. Il Castello garantiva la difesa del-l’abitato superiore, mentre lungo ilborgo inferiore vari fossati e torrioniaffiancavano il fronte murato adiacen-te alla nuova via di Montebardone,aperta per ovviare alle distruzioni cau-sate dai frequenti transiti degli eserci-

ti. I capisaldi del sistema difensivoerano però le fortezze di Castelnuovoe Cacciaguerra. La prima, un vero eproprio baluardo quadrato, torreggia-va alla sinistra del Magra, la seconda,dotata di un’angusta porta, fossato eponte levatoio con saracinesca diferro, tagliava a metà l’abitato.

Nel XIV secolo l’oppidum, creatodal comune, aveva chiuso e difendevaun tratto di strada ai piedi di Mon-tebardone, includeva il poggio del Pia-gnaro, il terreno piano tra Magra eVerde, il ponte fortificato di Castel-nuovo e l’adiacente sponda sinistra delfiume fino alla porta del Monastero diS. Pietro. Il borgo medievale riunivain un disegno unitario, contrassegnatodal grigio del macigno locale, palazzisignorili e case del popolo. Ma la com-piutezza dell’aggregato urbano è rag-giunta con l’acquisizione dell’area cir-costante la chiesa di S. Francesco nelVerdeno e di quella dell’Annunziata asud. Il borgo manterrà a lungo i trattiespressivi dell’edilizia romanico goti-ca. Una casa posta nelle vicinanzedella chiesa dei Santi Alessandro eNiccolò testimonia tuttora le fabbrichedi macigno squadrato, lavorato a fac-cia vista, della prima oligarchia comu-nale. Esemplari di gotico si trovanoinvece nel borgo ghibellino, dove purs’imponeva il petrigno immobile deiTrincadini, come attestano le facciatedotate di trifore colonnate. Tipicacostruzione oppidana è il Palazzo Pre-

21

123456789101112131415161718192021222324252627282930

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

S. Egidio

S. Elpidio

S. Gregorio

S. Rosalia

S. Vittorino

S. Petronio

S. Regina

Madonna della Villa

S. Sergio

S. Nicola

S. Diomede

SS Nome di Maria

S. Maurilio

Esaltazione S. Croce

B. V.. Maria Addolorata

S. Cornelio

S. Roberto

S. Sofia

S. Gennaro

S. Eustachio

S. Matteo

S. Maurizio

S. Pio da Pietrelcina

S. Pacifico

S. Aurelia

SS. Cosimo e Damiano

S. Vincenzo de' Paoli

S. Venceslao

S. Michele

S. Girolamo

Settembretorio, ora Comunale, romanico e goticonelle sue parti primitive, costruito intornoad un cortile quadrangolare. Un muro mer-lato prospettava la piazza, concluso dal por-tico della Gabella.

La città si sovrappone a questo ambientefigurativamente unitario, ma ne lascia inte-gro il peculiare impianto urbanistico: loingentilisce e colora, qualifica le unitàimmobiliari con cornicioni e lesene angola-ri, rinnova i paramenti esterni, ostenta impo-nenti portali, stipiti alle finestre e aerei bal-coni. Esprime nuove tipologie abitative,dotate di vasti ambienti interni, scaloni e ric-chi arredi. A Pontremoli la trasformazionein città, fenomeno sei-settecentesco, nonproduce i colonnati ariosi e le fughe viarieproprie di altri insediamenti contemporanei;tuttavia il rinnovamento si palesa: il palazzogentilizio s’impone con varietà di apparatidecorativi, nobilita la compagine insediati-va, ne attesta l’acquisita dignità urbana. Lecase medievali mutano in relazione allenuove esigenze rappresentative. L’adegua-mento in pianta si realizza con l’unione dipiù immobili adiacenti; al pianterreno siconservano le botteghe e androni voltatiaprono giardini sul fiume, a partire dalprimo piano si organizza la zona abitativa. Ilpiano nobile ospita un vasto salone disimpe-gnato da una galleria collegata ad una gran-de scala. Lesene in pietra, finestre a timpa-ni, marcapiani di macigno, portali sovrasta-ti da porte-finestra dotate di balcone sago-mato, arricchito da ringhiere di ferro, costi-

tuiscono il repertorio decorativo delle nuovefacciate. Si afferma così il volto cittadino diPontremoli, attestazione della favorevolecongiuntura economica promossa dall’in-cremento delle attività del porto di Livorno,meta di un flusso commerciale provenientedall’Emilia occidentale. Pontremoli seppetrarre profitto dalla nuova corrente di scam-bi e fu quello un momento di vera prosperi-tà.

L’Ottocento porta con sé condizioni eco-nomiche assai meno floride e interventi nelvivo della compagine urbanistica qualil’abbattimento della porta di Cacciaguerra edi altre porte borghigiane; nel 1844 vienecostruito il ponte sul Magra e mezzo secolodopo quello consecutivo di attraversamentodel torrente Verde, eventi che sono originedella lamentata fruizione mediana dell’abi-tato storico. La via di Montebardone trovafrattanto sede ampliata, in ragione del ruoloassunto di asse stradale di grande comunica-zione, ad oriente, fuori del perimetro mura-to.

L’antico aggregato urbano e il suo voltosecolare resteranno tuttavia solo in partecompromessi dalle imposte mutazioni deitempi moderni: una condizione topograficaunica sarà la provvidenziale difesa controgli sviluppi indiscriminati e casuali comuni,a partire dal secolo XX, a tanti insediamen-ti storici italiani. Semmai è il lento e stri-sciante degrado, tuttora in atto, delle struttu-re materiali pubbliche e non solo che deveavvertire e impensierire.

22

Pontremoli o dellequattro stagioni

di Angelina Magnotta

Pontremoli, annunciata dalla suastoria soprattutto medioevale, coinvol-ge il visitatore attratto dal fascino delletracce sopravvissute delle antichemura che guidano l’attenzione e vol-gono lo sguardo al Castello del Pia-gnaro, congiunto alla Via Francigenache attraversa la città, dalla parte delfiume Magra attraverso lo sdruccioloantico e, dalla parte opposta, dalla viabasolata che, fiancheggiando dall’altoil fiume Verde, congiungeva (e ancoracongiunge per chi sa vedere) sotto alCastello le vie francigene del Passodel Cirone, del Passo della Cisa e delPasso del Bratello, con quella prefran-cigena e longobarda del Passo delBorgallo, tra la Bobbio di S. Colomba-no e la Via Maritima, dove ho scoper-to, anni fa, la croce longobarda incisasulla roccia, proprio sulla Bocchettadel Borgallo, come la chiamava Tar-gioni Tozzetti.

Pontremoli, penisola tra due fiumi,propaggine ultima del Monte Molina-tico, snocciola le sue case medievalicome i suoi palazzi cinquecenteschi ebarocchi, tra Porta Parma e Porta Fio-rentina, tra l’attuale chiesa di S. Nico-lò e lo spedaletto dei Frati-Cavalieri diS. Giacomo d’Altopascio, vicino allachiesa di S.Pietro de Conflentu, allaconfluenza del Verde nella Magra,chiesa ricostruita non egregiamente,ma sede del simbolo in assoluto, riten-go, della Francigena: l’antico Labirin-to con la scritta parenetica Sic curriteut comprehendatis.

In mezzo, tra le due porte antichedella città, delle quali sopravvive soloPorta Parma a nord, si sviluppa il cen-

tro urbano chetrova il suo ful-cro in due piaz-ze, Piazza diSopra o delDuomo che nelnome qualifica

la sua vocazione di centralità ecclesia-le e la Piazza di Sotto o della Repub-blica o del Comune, come corrente-mente vien chiamata, sede appunto delpotere civico. In mezzo, il simbolo diPontremoli: il Campanone, risalentealla cinta muraria che nel Trecento illucchese Castruccio Castracani degliAntelminelli fece costruire per separa-re guelfi e ghibellini e dar tregua allefaide politiche e familiari.

Al di là della sua lunga e celebrestoria, l’impatto del visitatore conPontremoli ha a che fare con la suabellezza, immutabile col variare dellestagioni. A me che non ci sono nata,ma che ne rimasi affascinata nel 1996,quando fui preside per la prima volta,con regolare concorso vinto, feceimpressione il fascino di Pontremoli,tanto che non mi pesò sobbarcarmi ilduro lavoro istruttorio e di sensibiliz-zazione della popolazione, non solopontremolese, per l’accoglienza delnuovo corso di studi, il Liceo Lingui-stico, senza il quale la scuola superio-re statale d’area umanistica sarebbedefinitivamente morta. Oggi ho lasoddisfazione di aprire le finestre dicasa mia e constatare ogni mattina cheanche le finestre di quella scuola con-tinuano, negli anni, ad aprirsi per

accogliere cen-tinaia di stu-denti che altri-menti avrebbe-ro dovuto viag-giare per rag-

giungere sedi scolastiche altrove, condisagio proprio e delle famiglie.

Per me Pontremoli è bella in ognistagione e con qualsiasi tempo. Comeuna bella donna fa figura in ogni occa-sione e la natura, il suo salone da rice-vimento, le fa da contorno, con l’e-splosione dei freschi colori primaveri-li o con la canicola estiva, temperatadalla brezza fluviale e dai tuffi Al Paloo al Mulino La Serra, o temperata conmaggiore decisione da una discesanella gelida marmitta del gigante nel-l’alta valle del Verde. E’ bella anchecon la bruma autunnale, attraverso laquale sbuca, imponente e minacciosoil dongione del Castello del Piagnaro,sede delle famose statue stele. Un pae-saggio da favola poi, quando le neviricoprono con delicatezza, come unoscialle protettivo, le sue case e i suoivicoli antichi, ovattando ogni rumore,fino al crepitare delle grida nelle batta-glie a palle di neve dei ragazzini all’u-scita da scuola. Pontremoli, anticatappa del pellegrinaggio medioevale edel viaggio a piedi, che è la forma piùantica del viaggiare, si presta ancoraoggi ad offrire l’opportunità del cam-minare filosofando, nel quale l’aspettocontemplativo si coniuga con quelloattivo, fuori da ogni pretesa di voler

1

2

3

23

12345678910111213141516171819202122232425262728293031

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedi

Mercoledi

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

S. Teresa

SS. Angeli Custodi

S. Gerardo abate

S. Francesco d'Assisi

S. Placido martire

S. Bruno abate

B. V. del Rosario

S. Pelagia

S. Dionigi

S. Daniele

S. Firmino

S. Serafino

S. Edoardo

S. Callisto I

S. Teresa

S. Edvige

S. Ignazio

S. Luca

S. Isacco

S. Irene

S. Orsola

S. Donato

S. Giovanni

S. Antonio M. Claret

S. Crispino

S. Evaristo

S. Fiorenzo

S. Simone

S. Ermelinda

S. Germano

S. Lucilla

Ottobrecambiare il mondo, macontemplarlo senza faresalti, ubbidendo alla mas-sima baconiana naturaenim non nisi parendovincitur, la natura infattinon si vince se non ubbi-dendole.

In tale contesto, una caratteristica impor-tante, legata agli aspetti naturali e paesaggi-stici, è la varietà delle passeggiate pontre-molesi, a partire da quella urbana, per dircosì, che attraversa la città in direzione diS.Giorgio e, oltre Porta Parma, dopo averammirato i faccioni apotropaici e gli storiciportali artistici, permette di apprezzareanche qualcosa di più umile, ma utile: lagradualità della piccola salita, in cima allaquale si accede agevolmente, grazie all’er-gonomica pedata segnata dalle barrette diarenaria perpendicolari all’asse stradale,create con maestria da artigiani eccellenti.La passeggiata “classica” invece è quellache, straordinariamente fiorita in primaverae sul declinare dell’estate, dalla Crësa portaa Villa Dosi, alla chiesetta di S.Ilario e alCastello, permettendo di ammirare dall’altoil medioevale campanile di S.Francesco e lapiana del Verdeno. Volendo “allungarsi” unpo’ di più, la villa Et tu Serra, mea a qua esthonorata domus, ove ebbe i natali il poetain latino, amico dell’Ariosto, l’umanistaPaolo Belmesseri, offre un rifugio di tran-quillità e di pace, fra il verde e “la limpidaonda”, in questo caso del Verde, uno dei flu-mina tanta duo, Et Macrae et Viridis, quiiuncti moenia lambunt . Oppure si può pro-seguire per la Pieve di Vignola, con la suaara forse romana e i noti pipìn, con i ruderidella vicina Casa dei Frati sulla Via Vecchiadi Morana che porta al Passo del Borgallo,come un tempo.

E poi.. la passeggiata dal sentiero delConvento dei Cappuccini verso le sopra-stanti, profumate colline abbellite dalle spa-tolate blu di Prussia del merlot maturo e ilrosso tiziano che i pampini della vite spri-gionano, ultimo guizzo di vitalità prima di

a c c a r t o c c i a r s i .Intensi colori autun-nali che preludonoall’aspro odore delmosto e si sposano

con l’aroma del finocchietto selvatico e diquello delle rigogliose erbe commestibiliche, col loro miscuglio, rendono gustosa esalutare la torta d’erbi delle massaie di Pon-tremoli.

E se invece si vuol fare un tuffo nella sto-ria meno nota, non resta che raggiungereGuinadi, col suo ritrovato spedaletto del-l’Ordine dei Frati di S.Jacopo o del Taud’Altopascio, dentro a quel che resta delCastello, oppure Cervara ed ammirarvi lastraordinaria campanella bronzea prove-niente dalla scomparsa chiesa di S.Bartolo-meo del citato Passo del Borgallo, con lefigure di S.Bartolomeo, appunto, da un latoe di S.Rocco pellegrino dall’altro, cimeliodi quell’edificio di culto oggi esistente solonelle carte d’archivio, ma che ha lasciato aiposteri, oltre alla campanella ora in Cerva-ra, anche la campana del 1375 (l’unica mutae legata), nel campanile della chiesa diS.Lorenzo di Guinadi, sulla quale la scrittaPetrus de Pontremulo me fecit, che ho deci-frato da vicino, ricorda che un tempo l’altoartigianato artistico dimorava anche qui.

Oltre il Passo del Borgallo, segnato dallaCroce Longobarda che ho rivelata da anni,nel mio cammino lento ho avuto la fortunadi recuperare un altro frammento di storiapontremolese: lo stemma guelfo ora nelborgo di Valdena, ricordo delle aspre e seco-lari scaramucce di contesa del confine trapontremolesi e valdenesi che ebbero fine inparte con l’Unità d’Italia, ma soprattuttocon l’abbandono della montagna. Purtrop-po, almeno per l’ultima motivazione..

(I suddetti cimeli, scoperti da me, e illoro rendiconto sono nelle mie pubblicazio-ni, in particolare: La chiesa di S.Bartolomeoal Borgallo per la Deputazione di StoriaPatria per le Province Parmensi, vol. LX, ePresenze monastiche altomedioevali emedievali tra il Taro e il Verde, vol LXII,sempre della Deputazione)

Allegati:Foto 1- Stemma guelfo di Pontremoli, trovato a Valdena (a nord

del Passo del Borgallo)Foto 2- Croce Longobarda del Passo del BorgalloFoto 3- Particolare della campanella del Borgallo con l’effigie

di S.Bartolomeo (ora nella chiesa di S.Giorgio diCervara)

Foto 4- Particolare della campanella del Borgallo con l’effigiedi S.Rocco pellegrino (ora nella chiesa di S.Giorgiodi Cervara)

Foto 5- Campana della Chiesa di S.Bartolomeo al Borgallo,ora nel campanile di S.Lorenzo di Guinadi

4

5

24

Una città ancoratutta da scoprire

di Luciano Bertocchi

La recente inaugurazione della“Vetrina della città” di Pontremoli,realizzata nei locali sottostanti ilPalazzo Comunale, per i pontremole-si e per i turisti che vorranno appro-fondire la conoscenza del luogo chehanno scelto di visitare, non sarà solooccasione per conoscere in manieraimmediata le diverse realtà checaratterizzano il nostro territorio, mapermetterà di entrare in contatto conuno dei tanti misteri che sono nasco-sti nel nostro sottosuolo urbano.

I locali in cui è stata allestita lagrande mostra fotografica e virtualedanno, infatti, la possibilità di pren-dere visione di alcune strutture del-l’antico “Palatium Comunis”, oggivisibili al piano di calpestio grazieall’affioramento arconi a sesto acutoe di enormi capitelli di pietra serenacui erano collegate le colonne delgrande porticato altomedioevale delpalazzo civico di Pontremoli che, alcontrario di quanto avviene oggi,guardava verso il Fiume Magra.

Reperti archeologici di grandeinteresse, sui quali si è soffermatocon grande attenzione il Gen. PietroFerrari, per fare conoscere il valore

della struttura nel contesto della sto-ria più antica di Pontremoli in unmomento del quale, soprattutto inchiave urbanistica, conosciamopochissime cose, ma da cui possiamoelaborare alcune ipotesi sulla anticaorganizzazione del borgo che stavacrescendo alle falde del Piagnaro findall’alto Medioevo.

Se infatti la Pontremoli che vedia-mo oggi è solo in parte il frutto del-l’impianto urbanistico impostato apartire dal XIV secolo, ben altradoveva essere la situazione nei secoliprecedenti, quando il borgo originan-te, abbarbicato intorno al colle delPiagnaro, alle falde della struttura piùantica del castello, scendeva sino asfiorare i due fiumi che lo avvolgono,protetto da solide mura in cui si apri-vano almeno quattro porte, ognunarivolta verso le direzioni più naturali.

A nord ovest, sottostante il castel-lo, la porta che saliva al passo delBrattello; a nord est, proprio a ridos-so della collina, la porta che sbocca-va sulla strada che andava al mona-stero benedettino di San Giorgio,verso la via di Monte Bardone o piùverso est ai passi orientali dell’Ap-pennino; a sud il varco che apriva algrande spiazzo esterno alle mura incui si svolgevano probabilmente le

attività commerciali equindi al primo agglo-merato extra meoniache si spingeva finoalla confluenza dei duefiumi, dove, varcato ilMagra, si poteva scen-dere verso l’Italia cen-trale; a ovest, a ridossodella Bietola, la portasul ponte che varcavail Torrente Verde e

apriva alla piana che portava con isuoi sentieri alle più diverse direzionioccidentali, sulla sponda più solidadel piano alluvionale, quindi menosoggetta agli umori dei fiumi.

Il borgo restava racchiuso tra pos-senti bastioni, che inglobavano anchel’antica chiesa di Sant’Alessandro,primo riferimento sacro per la popo-lazione, lungo i quali probabilmentescorreva la strada che portava allapiazza, fino appunto al porticato piùantico del Palatium Comunis. Da lì,l’accesso al pristino portus, la grandespianata aperta tra Magra e Verde, sulquale, fin dal secolo VIII, insisteva laChiesa di San Giovanni Battista conil suo Monastero, riferimento ineli-minabile per i primi pellegrini cui leombre della notte inibivano l’accessoalla zona abitata.

Sarebbero occorsi altri secoli per-ché il borgo assumesse un’altradimensione,di cui proprio il grandespazio antistante il palatium restava ilpunto di riferimento. Intanto, il primospontaneo insediamento a sud siorganizzava a luogo residenziale, conle sue mura e le sue torri, a dare l’ideadi una forza e di un potere che dove-vano fare il paio con il borgo appog-giato al castello. La differenziazionepolitica, tra guelfi nella zona piùantica, e ghibellini nell’area nuova,darà una prima identificazione allaesigenza di gestire interessi diversiche troveranno una soluzione soloquando, finita la fase comunale, altricercherà di sistemare le cose stravol-gendo l’immagine nota e marcandoprofondamente la contrapposizione.

Il borgo comunale, raramente ingrado di gestire di comune accordointeressi certamente condivisi, vedràcancellare l’antico fossato, “lo sbara-Foto Massari

25

123456789101112131415161718192021222324252627282930

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedi

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Tutti i santi

Comm. dei Defunti

S. Martino

S. Carlo Borromeo

S. Zaccaria

S. Leonardo

S. Ernesto

S. Goffredo

S. Oreste

S. Leone Magno

S. Martino di Tours

S. Renato

S. Diego

S. Giocondo

S. Alberto

S. Margherita

S. Elisabetta

S. Oddone

S. Fausto

S. Benigno

Pres. B. V. Maria

S. Cecilia

Cristo re

S. Alberto

S. Caterina

S. Corrado

S. Massimo

S. Giacomo della Marca

S. Saturnino

I di Avv.S. Andrea

Novembre

go” che scandiva lo spiazzo tra nord e sudper lasciare spazio alla fortezza di Caccia-guerra, emblema della fine di un’autono-mia comunque pretesa, ma tramontatadefinitivamente quando le parti sentironoil bisogno di affidare ad altri la soluzionedei loro contrasti .

L’agglomerato altomedioevale vienefagocitato dalle nuove esigenze e le strut-ture più antiche vengono affossate e nasco-ste prima dalla volontà degli uomini e poidagli umori mai controllabili dei due fiumiche, in più di un’occasione, imposero laloro legge agli abitanti che cercavano distrappare pezzi di alveo per i loro insedia-menti.

Quanto cresciuto soprattutto agli alboridel Mille e nei decenni a venire torna ora aproporsi nel momento in cui le mani del-l’uomo cercano di scoprire il significatodelle rare emergenze che la terra torna adoffrire. Così, a fianco delle fondamenta delPalatium, è possibile ritrovare le primitivestrutture della duecentesca Chiesa di SantaMaria di Piazza, sopra le quali furonoimpostate le fondamenta della futura catte-drale, o l’impianto originario della Chiesadi San Geminiano, già nota nel XI secolo,che, troppo a ridosso dell’alveo del Magra,nel secondo Seicento dovette essere rico-struita e soprelevata, anche per appaiarla alpiano stradale nel frattempo cresciutoassieme al borgo su livelli di sicurezza.

Ma sono centinaia le testimonianzeancora esistenti nei fondi di tanti palazzi diun borgo oggi nascosto sottoterra, di cuiun’altra testimonianza eclatante resta ilbiedale, il canale di spurgo che costeggia lasponda sinistra del Torrente Verde, oggi adalmeno quattro metri sotto strada, untempo a livello di battuto e riferimentospecifico per la salvaguardia dell’igienedell’abitato, comunque intramoenia.

Potessimo scavare, poi, saremmo ingrado di ritrovare l’acciottolato della pri-stina via Francigena che, scendendo lungoil Magra all’altezza dei cortili attuali deitanti palazzi costruiti sul fiume nei secoli,passava a fianco della Chiesa di SantaMaria di Piazza, disposta da nord a sud,per infrangersi contro la Cortina di Caccia-guerra, il cui passaggio era stato apertoqualche metro più a destra a ridosso dellatorre centrale, mentre il percorso originalescivolava sotto il porticato della Gabelladell’ampliato Palazzo Comunale fino difronte alla Chiesa di San Giovanni e. quin-di, comunque lungo i cortili di oggi, finoalla porta di Imoborgo.

Una Pontremoli nascosta, oggi permolta parte solo immaginabile o deducibi-le dalla lettura delle poche persistenze, inalcuni casi però ancora godibile, tanto piùquando le testimonianze aprono spaziimprevisti su ipotesi tutte da definire, sullequale però ognuno può giocare per sbiz-zarrirsi senza freno per sognare la città ditanti secoli fa, forse meno imponente diquella di oggi, ma certo più consapevole diquanto il futuro avrebbe potute offrirle.

Foto Massari

Foto Massari

26

di Luciano Preti

“Senti come cresce il fiume...!”.Risuonò la mia voce come un'eco inquei cunicoli.

Il sentiero misterioso scelto da mebambino, sembrava aprirsi nella sto-ria di un passato di pietre e di rocciae man mano che avanzavo, il rumoredel fiume si faceva sempre più frago-roso e gli spruzzi fangosi mi minac-ciavano trasformandosi in pareti diargilla umida e brillante.

La Magra e il Verde il cui fondoterroso e ghiaioso imbavaglia l'impe-to delle acque imponeva paura etimore affilandosi su un letto di fos-sili, pietre e menhir.

I salti verso la pianura diventava-no faraglioni e la corrente si trasfor-mava in vortici rivestiti di tronchi.

“Senti come cresce il fiume....!”. E più attento alla melma rallenta-

vo la marcia e inciampavo con affan-no nel buio degli anfratti misteriosi.

L'acqua saliva melmosa in unrumore sempre più cupo e fragoroso,ero costretto a procedere a tentonicome un cieco al lume di una torciadi latta regalatami da mio padre.

Davanti a me si apriva uno squal-lido corridoio che camminava in unastrada grigia di pietre e penetrava inuna stanza senza pareti murate, matagliate nella roccia; due scalini asalire ed un pavimento acciottolatocon piagnoni.

Il grande guerriero, che al buio,mi si presentò di fronte, forse comein un sogno, mi accompagnò a cono-scere la storia e le tradizioni di queiluoghi.

Il fanciullino che ho dentro miaiutava a capire un territorio che hosempre amato.

Che cosa c'è di tanto importante in

questi luoghi più che un “pit-stop”obbligato in una città e in una terrache univa l'Italia centrale al Nord?

Su una delle colline che chiudonola valle, si staglia la roccia di arena-ria estratta dalla montagna: grigiacontinuità cromatica che mostrarisultati costruttivi a distanza disecoli nel segno dell'ingegno anticodelle comunità agro-pastorali.

Alla sommità di un pianoro roc-cioso detto Piagnaro, ricoperto diodori di rosmarino selvatico, mi sipresentava un gruppo di soldatiarmati con arnesi rudimentali.

Avevano costruito la rocca, che furifugio di quegli abitanti eredi deiLiguri Apuani, nella città più remotadella Liguria antica, battuta dai ventidi tramontana, ad un giorno di mar-cia dalle coste a picco sul mare diLuni romana. La storia di oggi parteda mura pericolanti e scrostate, daisassi di arenaria macigno ancoraintatti. E' un' antologia di documentistorici che partono dalla terra e dallapreistoria ed attendono solo di esserereinterpretati alla radice, raccontan-do tra grigie mura di un lontano pas-

sato che affronta i temi di un rappor-to stretto tra intervento costruttivo,natura e ambiente, innovazione tec-nologica del momento e cultura abi-tativa. Pontremoli, “architettura dipietra sotto i nostri piedi” non è solouna realtà del sottosuolo, ma ancheuna forza dell'anima che vive dentrodi me dalla nascita. Una realtà ogginon visibile, ma nel prossimo futurospero aperta al pubblico, visitabile eche suggerisca oggi il modo di abita-re “in superficie”.

Le scoperte fatte in questi anninon solo hanno il merito di aver sco-vato tesori di interesse storico mahanno riportato alla luce testimo-nianze sotterranee che dovrebberocoinvolgere il contesto culturale. Inquesto scenario si snodano opereidrauliche come l'acquedotto storico,cisterne, pozzi, opere militari, fossi,mura, camminamenti di difesa e difuga. Un' intera storia parallela estre-mamente affascinante che si sviluppasilenziosa e misteriosa sotto le piaz-ze, i monasteri, le strade lastricate,le torri ed i palazzi.

A Pontremoli la teoria del recupe-

Cuore di pietra

Dicembre12345678910111213141516171819202122232425262728293031

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

S. Eligio

S. Bibiana

S. Francesco

S. Barbara

S. Giulio

S. Nicola

II di Avv.S. Ambrogio

Immacolata Conc.

s. Siro

B. V. Maria di Loreto

S. Damaso

S. Giovanna

S. Lucia

III di Avv. S. Gio. della Croce

S. Valeriano

S. Albina

S. Lazzaro

S. Graziano

S. Fausta

S. Liberato

IV di Avv. S. Pietro

S. Francesca Cabrini

S. Giovanni da Kety

S. Delfino

Natale del Signore

S. Stefano

S. Giovanni

SS. Innocenti Martiri

S. Tommaso Becket

S. Eugenio

S. Silvestro

27

ro e del vero restauro è ancora molto lon-tana e il termine “ristrutturare” rimanda,invece, a tecniche in cui i materiali dicostruzione (legno, pietra e piagne) rap-presentavano accorgimenti ed elaborazio-ni in uso nelle metodologie delle costru-zioni antiche.

Conoscere le pietre vuol dire sapermettere il sasso giusto al posto giusto ecurarne la conservazione nel tempo. Laposa in opera di un materiale come l'are-naria macigno assume una valenza cultu-rale proponendosi attraverso tecnologielineari e tradizionali.

Penso che una delle principali preoccu-pazioni di oggi nel campo dei vari inter-venti sia la cancellazione dei caratteri,

infatti molte voltesi interviene nellafase di restaurocon materialiestranei e conlavorazioni irrico-noscibili.

Qualsiasi inter-vento realizzatoper migliorare l'habitat di unluogo dovrebbeessere pensato eprogettato inarmonia con lastoria, l'ambientee i suoi materiali

per non perdere la propria identità ed ilsenso di appartenenza.

La pietra arenaria è materia prima dellacittà e prende in esame l'intero ciclo dallasua lavorazione sino alla posa in opera.

Per incanto la materia è diventata viva,si è trasformata, respira, si è fatta formanella sua gestazione. Nella mia ricerca misono sentito “archeologo”, pensando ditradurre in immagini il frutto di un lavoroche respira a pieni polmoni le trame dell'“antico” e che risponde ad emozioni dienergia creativa.

Uno slancio colmo di forza che portacon sé il segno di un tentativo di viveresvelando gli aspetti più segreti e le energiedell' arenaria.