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La poesia ellenistica
In età ellenistica la poesia risente dei profondi
mutamenti culturali della società, adattandosi ale
richieste dei nuovi committenti, al gusto del
nuovo pubblico e alle nuove modalità di fruizione
dei testi stessi.
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Dalla performance alla lettura
In primo luogo la la poesia dalla performance in pubblico nelle
occasioni designate (festa, rito, spettacolo, simposio) passa
ad una fruizione in gruppi per lo più ristretti di intellettuali o
direttamente alla lettura individuale (sia pure ad alta voce).
Questo riduce fondamentalmente la potenzialità psicagogica
della poesia stessa, che non è indirizzata a suscitare
l'adesione di un gruppo e a rafforzarne il sentire comune e i
valori, ma mira piuttosto ad ottenere il consenso intellettuale
di un uditorio selezionato o del singolo lettore attraverso la
colta eleganza della sua fattura.
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Poesia di corte
Le grandi monarchie ellenistiche diventano i principali
protettori e committenti dei poeti, che si presentano come
celebratori di professione dei regnanti, anche attraverso
arditi collegamenti mitologici.
Da un lato il poeta appare più libero nei tempi creativi,
essendo raramente condizionato da una specifica
occasione pubblica, dall'altro deve adeguare la sua poesia
alla realtà politica ed ideologica delle monarchia ellenistica e
ad un pubblico gravitante attorno ad essa.
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La poesia come arte e dottrina
La creazione delle grandi biblioteche mette a
disposizione dei poeti di corte un repertorio
immenso da studiare, citare, imitare
ecletticamente, sorvolando disinvoltamente sulla
realtà diacronica dei modelli stessi. La citazione
dotta, il ricalco, la parodia appaiono come segni
distintivi di un gusto colto e raffinato, che non
esita a riprendere forme poetiche tradizionali
innovandole significativamente, a livello di
struttura, estensione, immaginario, lingua ma ne
crea anche di completamente nuove.
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La mitologia
La presenza del mito è costante nei poeti ellenistici,
sostanzialmente spogliato della sua aura sacrale e
ridotto a dotto repertorio mitologico, di cui vengono
prescelte le tradizioni secondarie e rare (quando non
create ad hoc), specie quelle suscettibili di trattazioni in
senso erotico o anche di riletture umoristiche.
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Il realismo
A fronte dell’evasione nel meraviglioso e nel
fantastico, si afferma una poesia riferita a contesti
quotidiani e realistici, talora spinta a marcate
sottolineature grottesche, dove la prosaicità
dell’oggetto non cela la raffinata elaborazione
linguistica e formale. L’attenzione verso la realtà
quotidiana corrisponde del resto alla focalizzazione
della filosofia ellenistica sulla ricerca personale
dell’εὐδαιμονία e dell’equilibrio individuale.
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Poesia didascalica
Una parte considerevole delle opere poetiche
ellenistiche è costituito da veri e propri trattati
scientifici (o pseudoscientifici), che descrivono
la natura prescrivendo comportamenti adeguati
secondo la tradizione delle Opere e i giorni di
Esiodo, ma in forma più precisa ed articolata.
Basti ricordare i Fenomeni di Arato (III a C.),
tradotto anche da Cicerone, e i Rimedi contro i
veleni animali (Θηριακά) uniti agli Antidoti
(Αλεξιφάρμακα) di Nicandro di Colofone (II a.
C.)
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Αἴτιον ed ἔκφρασις
Tipiche del gusto ellenistico sono le poesie di carattere
eziologico ed ecfrastico.
αἴτιον = racconto fondativo di una tradizione
(denominazione, rito, usanza), in cui si esprime
l'interesse dotto per la raccolta delle leggende locali, in
particolare per quelle meno frequentate.
ἔκφρασις = descrizione di opere d'arte, luoghi, persone,
in cui emerge il gusto ellenistico per la commistione delle
arti e la loro imitazione reciproca, cfr. l'oraziano ut pictura
poësis.
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Callimaco di Cirene
Figlio di Batto, discendente del mitico fondatore
di Cirene (Libia), attivo presso la biblioteca di
Alessandria, pur non diventandone mai
direttore, è il più prestigioso poeta
dell'Ellenismo e colui che più di ogni altro
formalizzò a livello teorico i principi della nuova
estetica.
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Le opere integralmente conservate
63 Epigrammi (raccolti nell'Antologia Palatina)
6 Inni (rielaborano il modello omerico)I. A Zeus (in esametri e lingua omerica)II. Ad Apollo (in esametri e lingua omerica)III. Ad Artemide (in esametri e lingua omerica)IV. A Delo (in esametri e lingua omerica)V. Per i lavacri di Pallade (in distici elegiaci e dialetto dorico)VI. A Demetra (in esametri e dialetto dorico)
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Principali opere frammentarie
Aἴτια in 4 libri (dopo una I edizione in 2): raccolta di miti fondativi.
Restano frammenti fra cui il prologo (invettiva contro i Telchini) e
parte della Chioma di Berenice conclusiva dell'opera, che
celebra l'identificazione in una costellazione ad opera
dell'astronomo Conone di Samo del ricciolo della regina
Berenice II, moglie di Tolomeo III Evergete, scomparso dal
tempio di Afrodite a Zefirio dove era stato collocato come ex voto
(tradotta anche da Catullo fra i carmina docta, n. 66)
17 giambi, di vario metro e argomento (eziologico, ecfrastico,
favolistico, gnomico-moralistico, letterario), ma di tono meno alto
rispetto al poema precedente
Ècale (Ἑκάλη): epillio incentrato su una vecchia che ospita
Tèseo presso Maratona
Ibis, violento attacco contro un nemico, forse Apollonio Rodio, a
cui si ispirò Ovidio per il suo omonimo poemetto.
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Principi caratterizzanti della sua poesia
ποικιλία: varietà formale (ποικίλος = variopinto; cfr la stoà
pècile, ποικίλη στοά, il portico dipinto nell'agorà di Atene)
πολυείδεια: commistione di generi (da εἶδος, -ους τό “aspetto,
forma”; la radice è Fιδ-, da cui l'aoristo εἶδον o il latino video)
λεπτότης: sottigliezza (λεπτός = sottile, cfr. il fuoco dell'ode
del sublime di Saffo) intesa come leggerezza e raffinatezza
(labor limae)
ὀλιγοστιχία: numero ridotto di versi (στίχος = verso, da cui
“distico”), cfr. il detto a lui attribuito μέγα βιβλίον μέγα κακόν
(Ateneo, Deipnosofisti, 2: Καλλίμαχος ὁ γραμματικὸς τὸ μέγα
βιβλίον ἴσον ἔλεγεν εἶναι τῷ μεγάλῳ κακῷ)
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ὁ Φθόνος Ἀπόλλωνος ἐπ᾽ οὔατα λάθριος εἶπεν
'οὐκ ἄγαμαι τὸν ἀοιδὸν ὃς οὐδ᾽ ὅσα πόντος ἀείδει.’
τὸν Φθόνον ὡπόλλων ποδί τ᾽ ἤλασεν ὧδέ τ᾽ ἔειπεν:
' Ἀσσυρίου ποταμοῖο μέγας ῥόος, ἀλλὰ τὰ πολλὰ
λύματα γῆς καὶ πολλὸν ἐφ᾽ ὕδατι συρφετὸν ἕλκει.
Δηοῖ δ᾽ οὐκ ἀπὸ παντὸς ὕδωρ φορέουσι Μέλισσαι,
Ἀλλ᾽ ἥτις καθαρή τε καὶ ἀχράαντος ἀνέρπει
πίδακος ἐξ ἱερῆς ὀλίγη λιβὰς ἄκρον ἄωτον.’
χαῖρε ἄναξ: ὁ δὲ Μῶμος, ἵν᾽ ὁ Φθόνος, ἔνθα νέοιτο.
L'Invidia sussurrò di nascosto alle orecchie di Apollo:
- Non ammiro il poeta che non canta come il mare -.
Apollo respinse col piede l'Invidia e così disse:
Del fiume assiro grande è la corrente, ma molte
impurità della terra e molto fango trascina nell'acqua.
Non da ogni parte a Demetra portano acqua le api,
ma quella che pura e incontaminata sgorga
da una sacra fonte, piccola stilla, limpidezza estrema.
Salve, o Signore, e la Maldicenza vada dove è l'Invidia.
1. Inno ad Apollo, vv. 105-109 (conclusione)
Alcuni testi programmatici di Callimaco
NB: Μέλισσαι era il nome delle sacerdotesse di Demetra a Chio, oltre che immagine dell’attività poetica già da
Pindaro (Pitica 10, 54)
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Accuse dei Telchìni (mitici demoni nemici di Apollo) per non aver svolto un unicopoema continuo (ἓν ἄεισμα διηνεκὲς) ma un poema piccino (ἔπος τυτθὸν). A loroCallimaco risponde che il suo essere ὀλιγόστιχος non lo svaluta qualitativamente,visto che anche fra i predecessori le opere migliori sono quelle più brevi. Non bisognaquindi chiedere a lui un poema grandemente reboante (μέγα ψοφέουσα ἀοιδή).Infatti il tuonare non è caratteristica sua, ma di Zeus: “βροντᾶν οὐκ ἐμόν, ἀλλὰΔιός.” Lo stesso Apollo lo invita a nutrire la sua Musa leggera (λεπταλέη) e a nonpercorrere le vie troppo frequentate, ma i κέλευθοι ἄτριπτοι:
πρὸς δέ σε καὶ τόδ᾿ ἄνωγα, τὰ μὴ πατέουσιν ἅμαξαι τὰ στείβειν, ἑτέρων δ᾿ ἴχνια μὴ καθ᾿ ὁμά δίφρον ἐλᾶν μηδ᾿ οἷμον ἀνὰ πλατύν, ἀλλὰ κελεύθους ἀτρίπτους, εἰ καὶ στεινοτέρην ἐλάσεις.
Inoltre anche questo ti raccomando, di percorrere vie non battute dai carri, e di non condurre il cocchio sulle orme da altri già segnate né lungo una strada ampia, ma per sentieri inusitati, anche se lo spingerai per una via più angusta".
2. Prologo degli Aἴτια (frammentario):
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3. Epigramma XXVIII, vv. 1-4
Ἐχθαίρω τὸ ποίημα τὸ κυκλικόν, οὐδὲ κελεύθῳ
χαίρω τίς πολλοὺς ὧδε καὶ ὧδε φέρει,
μισῶ καὶ περίφοιτον ἐρώμενον, οὐδ᾿ ἀπὸ κρήνης
πίνω· σικχαίνω πάντα τὰ δημόσια.
Odio il poema ciclico, né mi piace la via
che porta molti qua e là;
odio anche l'amasio di tutti, né alla fontana pubblica
bevo: disprezzo tutte le cose popolari.
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Forme poetiche dell'Ellenismo e dell'età imperiale
Epigramma: poesia breve in distici elegiaci Elegia: componimento in distici elegiaci a carattere narrativo, mitologico, erotico,
eziologico (αἴτιον, cioè spiegazione delle origini di una tradizione) Poema epico in esametri, talora di lunghezza inferiore ai modelli arcaici
(Apollonio Rodio, III sec.: Argonautiche in 4 libri) o anche superiore (Nonno diPanopoli, V sec. d. C. Dionisiache in 48 libri)
Epillio (ἐπύλλιον): breve poemetto di tema epico-mitologico in esametri (es. laperduta Ecale di Callimaco)
Idillio (εἰδύλλιον): testo di argomento bucolico prevalentemente in esametri e indialetto dorico (Teocrito, III sec. a.C. Mosco, Bione, II sec. a. C.)
Tragedia (Licofrone, Alessandra, monologo di datazione discussa) Mimo (Mimiambi di Ero[n]da, III sec. a.C.: trasposizione poetica di un genere in
origine in prosa)
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L'epigramma
L'espressione più singolare della poesia ellenistica, la cui
produzione prosegue ininterrotta anche nell'età bizantina
per quasi duemila anni, è costituita dagli epigrammi (brevi
poesie) in distici elegiaci, metro di tradizione gnomica
(elegia), che permetteva proprio per la struttura in sequenza
(moltiplicabile secondo necessità) di esametro +
pentametro (il secondo dei quali adatto a sigillare un
periodo) l'espressione concisa e penetrante di tematiche
quanto mai varie, spesso con arguta pointe (battuta, pron.
puàn’t) umoristica finale (ἀπροσδόκητον “inaspettato”).
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I temi
Erotici
Simposiali
Letterari
Scoptici o scommatici (attacco ingiurioso verso qualche rivale, da
σκῶμμα ingiuria )
Gnomico-moralistico
Funerari (compianto rivolto a un defunto, talora come ἐπιτάφιος,
iscrizione funebre posta sul sepolcro, dove spesso parla lo stesso
defunto rivolgendosi al passante)
ecfrastici (ἔκφρασις = descrizione di opere d'arte, luoghi, persone)
Indovinelli, talora anche matematici
Religiosi (preghiere agli dei, poi anche al Dio cristiano)
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Le “scuole”
E' possibile distinguere tre correnti principali
dell'epigramma:
una laconico-peloponnesiaca, realistica, incline all'enfasi
retorica (Anite, Nosside, Leonida);
una ionico-alessandrina, caratterizzata da tematiche
erotico-simposiali, massima eleganza e sobrietà formale
(Callimaco, Asclepiade, Edilo di Samo, Posidippo,
Dioscoride);
una siriaca, sviluppatasi dopo la perdita dell'indipendenza
della Grecia nel 146 a. C., dal carattere retorico e dal
pathos sovreccitato (Meleagro, Antipatro di Sidone,
Filodemo di Gadara)
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Gli epigrammisti principali
Callimaco di Cirene (IV sec. a. C.)
Leonida di Taranto (320-260 a. C.)
Asclepiade di Samo (IV-III sec. a. C.)
Teocrito di Siracusa (315-260 a. C.)
Posidippo di Pella (310-240 a. C.)
Meleagro di Gadara (130-60 a. C.)
Antipatro di Sidone (II sec. a. C.)
Filodemo di Gadara (I sec. a. C.)
Gregorio Nazianzeno (329-390 d. C.)
Pallada di Alessandria (IV-V sec. d.C)
Agazia Scolastico (536 - 582 c.a)
Paolo Silenziario (VI sec. d. C.)
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Alcune poetesse epigrammiste
Erinna (IV sec. a.C.)
Anite di Tegea (IV -III sec. a. C.)
Nosside di Locri (IV -III sec. a. C.)
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Le “corone”
Già in età ellenistica abbiamo notizie di tentativi
di riordinare gli opera omnia degli elegiaci
Corona di Meleagro (I sec. a. C.): 47 poeti,
ognuno associato ad un fiore, pianta o albero
Corona di Filippo (I sec. d. C.): 39 poeti, in
ordine alfabetico
Ciclo di Agazia (VI sec. d. C.): 7 libri distinti per
argomento
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Anthologia Palatina
codice del X secolo scoperto nel 1606
nella biblioteca dell'Elettore del
Palatinato di Heildelberg e oggi
smembrato in 2 parti:
Palatinus Heidelbergensis gr. 23
(Heildelberg, Bibliotheca Palatina)
Parisinus gr. suppl. 384
(Parigi, Bibliothèque nationale de
France)
3700 epigrammi per circa 23000 versi
(8.000 in più dell'Iliade), suddivisi nella
prima edizione a stampa (1813-17) in
15 libri
Si ritiene che alla base ci sia una
racconta di epigrammi di Costantino
Cefala (IX sec.), che avrebbe
smembrato le raccolte precedenti.
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Struttura dell'Antologia Palatina
Libro I, epigrammi cristiani (IV-X sec.)
Libro II, ἔκφρασις (descrizione) di statue del ginnasio di Costantinopoli di Cristodoro di Coptos (V sec.
d.C.);
Libro III, epigrammi relativi al tempio della regina Apollonide di Cìzico
Libro IV, proemi della Corona (Στέφανος) di Meleagro di Gadara (70 a.C. ca.), della Corona di Filippo di
Tessalonica; del Ciclo (Κύκλος), di Agazia scolastico, avvocato del VI sec. d.C.;
Libro V, epigrammi erotici
Libro VI, epigrammi votivi o anatematici (ἀνάθεμα), che prendono spunto da offerte votive
Libro VII, epigrammi funebri
Libro VIII, epigrammi di S. Gregorio di Nazianzio (IV sec.)
Libro IX, epigrammi epidittici (descrittivi)
Libro X, epigrammi protreptici
Libro XI, epigrammi conviviali e scoptici
Libro XII, epigrammi pederotici (Μοῦσα παιδική di Stratone di Sardi, età adrianea)
Libro XIII, epigrammi in vari metri
Libro XIV, epigrammi aritmetici, indovinelli e oracoli
Libro XV, epigrammi vari
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Stampata (1494) e diffusa prima della Palatina è l'AnthologiaPlanudea, una raccolta di ca. 2400 epigrammi (388 assenti nella Palatina) curata dal monaco Massimo Planude (fine XIII secolo), divisa in 7 libri:1. epigrammi epidittici2. simposiaci e scoptici3. funerari4. ἔκφρασις5. ἔκφρασις delle statue del ginnasio di Zeusippo a Costantinopoli di Cristodoro di Coptos6. epigrammi anatematici7. epigrammi erotici
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Il poema epico
La perdita pressoché totale dei numerosi poemi epici greci composti
fra l'Odissea (VIII -VI sec. a. C.) e le Argonautiche di Apollonio Rodio
(metà III sec. a.C.) impediscono di valutare l'evoluzione del genere e
di misurare l'entità delle novità che quest'ultimo presentava rispetto ai
suoi immediati predecessori.
E' tuttavia vero che nessun poema epico successivo a quelli omerici
ne incrinò comunque il ruolo di perenni pietre di paragone per tutti
coloro che si dedicavano a questo genere, tanto più che gran parte
degli sforzi dei filologi alessandrini furono proprio rivolti a fissarne il
testo e a commentarlo.
Ciò vuol dire che il confronto con l'Iliade e l'Odissea, se non esclude
quello con opere recentziori, è di fondamentale importanza per
misurare il rapporto fra tradizione e novità nell'opera di Apollonio
Rodio.
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Le Argonautiche di Apollonio Rodio
Sono l'unico poema epico greco superstite fra Omero e
le Dionisiache di Nonno di Panopoli (V sec. d. C.).
Hanno al centro il mito già citato in Omero della
spedizione degli Argonauti, guidati da Giasone alla
conquista del vello d'oro e l'amore fra l'eroe e Medea,
figlia di Eeta re della Colchide, il custode del vello.
Apollonio Rodio ne presentò una prima versione in una
lettura pubblica ad Alessandria, di cui restano
frammenti, che incontrò critiche e lo spinse ad una
rielaborazione successiva.
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La struttura
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Premessa
Per vendicare il tentativo di Nefele, moglie di Atamante re di Orcomeno, di fareuccidere dalla popolazione il marito, che la tradiva con Ino, figlia di Cadmo,questa spinge il popolo con un falso oracolo a uccidere Frisso, figlio di Atamante eNefele, ma questo viene salvato da un ariete volante dal vello d’oro che lo porta inColchide, sul Ponto Eusino (mar Nero); nel viaggio cade nel mare la sorella Elle,dando il nome all’Ellesponto. Qui l’ariete viene sacrificato e il vello appeso ad unalbero custodito da un serpente immane. Frisso si sposa con Calciope, figlia delre della Colchide Eeta, ed invia i quattro figli ad Orcomeno per rivendicare il tronodopo la morte del padre, ma naufragano. Dopo la sua morte l’ombra perseguitaPelia, nipote del fratello di Atamante Salmoneo, che aveva usurpato il trono diIolco, città fondata dal cugino Esone, richiedendo che il vello dell’ariete siariportato in Grecia. Un oracolo rivela a Pelia che sarà ucciso da un eroemonosandalo, e quando si presenta con un sandalo solo Giasone, figlio di Esone,che era stato salvato dal padre affidandolo al centauro Chirone, Pelia gli ordina diandare a prendere il vello d’oro, promettendogli il trono di Iolco.
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+NEFELE
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I libro
Preparazione della spedizione e partenza degli Argonauti
Lemno: le donne dell’isola che hanno ucciso tutti i mariti chiedono agli
Argonauti di fermarsi, ma Eracle li persuade a ripartire
Nella terra dei Dolioni il re Cizico accoglie gli Argonauti, che lo
appoggiano nella lotta contro i giganti, ma ricondotti dai venti nello
stesso luogo attaccano i Dolioni e uccidono Cizico per errore
Nella Misia il giovane Ila viene rapito dalle ninfe e il suo erastès
Eracle si allontana per cercarlo.
Giasone, ripartito senza Eracle è accusato da Telamone di averlo
voluto escludere per invidia, ma il dio marino Glauco conferma la
volontà di Zeus
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II libro
Presso i Bebrici (Bitinia) Polluce uccide il re Amico in una gara
di pugilato, suscitando un attacco dei Bebrici, poi respinti
In Tracia l’indovino cieco Fineo, che grazie ai due figli di Borea
è stato liberato dalle Arpie che gli insozzavano i cibi, predice
agli Argonauti i pericoli del viaggio
Grazie all’aiuto di Atene gli Argonauti superano le Simplegadi,
le rocce che si chiudono al passaggio delle navi
Sosta presso Lico, re dei Mariandini: morte di Idmone e di Tifi
Nell’isola di Ares scacciano gli uccelli e incontrano i figli di
Frisso e Calciope (figlia del re della Colchide Eeta), che
avevano fatto naufragio e li caricano
Arrivo nella Colchide
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III libro
Afrodite, spinta da Era e Atena, ordina ad Eros di fare innamorare di
Giasone Medea, la figlia di Eeeta, re della Colchide
Gli Argonauti entrano nella reggia di Eeta, dove Calciope ritrova i figli
e Medea viene colpita dal dardo di Eros. Eeta, appresa la missione di
Giasone, pone come condizione di superare la prova di arare un
campo con tori dai piedi di bronzo, seminare denti di drago e
sterminare i guerrieri che nascono
Medea dà a Giasone, oltre a consigli per superare la prova, un filtro
magico. Giasone le promette di condurla come sposa in Grecia
Giasone supera la prova, suscitando le ire di Eeeta.
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IV libro
Giasone conquista il vello custodito da un serpente, grazie agli
incantesimi di Medea, poi fugge con gli argonauti e Medea
Viaggio attraverso l’Istro (Danubio) fino all’Adriatico, dove
Assirto fratello di Medea viene ucciso a tradimento.
Passaggio attraverso il Po fino al Rodano.
Purificazione di Giasone e Medea presso Circe dall’uccisione di
Assirto
Sirene; Scilla e Cariddi; le Plancte (rupi erranti): l’isola del sole
L’Isola dei Feaci (Drepane); matrimonio di Giasone e Medea.
La Sirte; trasporto della nave attraverso il deserto
Creta: il gigante di bronzo: Talos
Ritorno a Pagase
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Il precetto aristotelico (Poetica, 1459β):
un poema lungo quanto 3 tragedie + 1 dramma satiresco
Τοῦ μὲν οὖν μήκους ὅρος ἱκανὸς ὁ εἰρημένος: δύνασθαι
γὰρ δεῖ συνορᾶσθαι τὴν ἀρχὴν καὶ τὸ τέλος. Εἴη δ᾽ ἂν
τοῦτο, εἰ τῶν μὲν ἀρχαίων ἐλάττους αἱ συστάσεις εἶεν,
πρὸς δὲ τὸ πλῆθος τραγῳδιῶν τῶν εἰς μίαν ἀκρόασιν
τιθεμένων παρήκοιεν.
Il limite conveniente della lunghezza è quello già detto,
giacché si deve poter cogliere con un unico sguardo il
principio e la fine. Si avrebbe questo risultato, se le
composizioni fossero più brevi di quelle antiche, ma
assieme si estendessero quanto l’ampiezza
complessiva (τὸ πλῆθος) delle tragedie presentate
(τραγῳδιῶν τῶν εἰς μίαν ἀκρόασιν τιθεμένων) per
un’unica audizione (εἰς μίαν ἀκρόασιν).
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Unità di tempo
Il poema sviluppa un solo argomento, senza
analessi o alterazioni della sequenza
cronologica degli eventi.
Tuttavia sono vari gli elementi perturbanti:
1)le frequenti variazioni del ritmo narrativo, cioè
del rapporto fra tempo della storia e tempo del
racconto (dilatazioni o accelerazioni)
2)Le digressioni eziologiche (αἴτια), con paralleli
fra presente e passato
3)Gli interventi in prima persona del narratore.
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Circolarità
Il poema si snoda in un percorso circolare, che
parte e giunge da Iolco in Tessaglia e che nel
viaggio di ritorno, attaverso improbabili
collegamenti fluviali fra Istro (Danubio) ed
Adriatico, fra Po e Rodano, tocca alcuni luoghi
e personaggi omerici, come una sorta di tour
letterario (l'isola di Circe, Scilla e Cariddi, l'isola
dei Feaci).
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La crisi dell’eroismo epico
Le Argonautiche manifestano da parte di Apollonio l’intenzione di mettere in discussione il paradigma eroico della tradizione epica. Giasone intraprende la spedizione in obbedienza ad un ordine più che per desiderio di gloria e manifesta in ogni occasione un carattere irresoluto un’ἀμηχανία all’opposto del paradigma dell’eroe odissiaco πολυμήχανος. La stessa figura di Eracle, che appare inizialmente come il vero capo carismatico della spedizione, viene meno allorché si allontana per ricercare disperatamente l’amato giovane Ila, in realtà rapito dalle ninfe. L’unica ἀριστεία che coinvolge Giasone è lo scontro involontario contro gli alleati Dolioni di Cizico, nel cui territorio sono riapprodati per errore. A dare forza agli Argonauti sono dapprima gli interventi divini, poi le magie stesse di Medea, la cui determinazione contrasta con i dubbi e le paure degli Argonauti.
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L'elemento erotico
Elemento di profonda diversità rispetto al modello omerico è larappresentazione della passione amorosa, in particolare nell’animofemminile, di cui Medea è l'esempio. L'amore è visto come forzacorrosiva e distruttiva, grave minaccia a quell'ἡσυχία (tranquillità) acui l'uomo dell'età ellenistica aspira.
In questo caso la poesia epica sfrutta quell'analisi delle passionidell'uomo che la poesia lirica (Saffo) e il teatro tragico, Euripide inparticolare, avevano portato avanti.
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La lingua
Apollonio Rodio adotta la lingua omerica nei
suoi caratteri generali, rinunciando tuttavia alla
formularità, attraverso variazioni continue, ed
inserendo espressioni tratte dalla lirica arcaica
ed ellenistica, dai tragici e dalla stessa prosa.
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Il genere bucolico
Espressione del desiderio di ἄσυχία è la frequenza di immaginipoetiche dedicate al mondo pastorale, che dall'età ellenistica finoall'età bizantina impronta la letteratura in lingua greca, senzadimenticare le propaggini latine.
Tramite indiscusso per la diffusione del topos bucolico sono stati gliidilli pastorali del siracusano, ma alessandrino di adozione, Teocrito(III a. C.), che assieme a quelli di ambiente cittadino (mimi urbani),rappresentano la quasi totalità delle opere che ci sono pervenute.
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Teocrito
Nato attorno al 305 a.C a Siracusa,si trasferì successivamente a Cosdove entrò a far parte del circolo delpoeta e filologo Fileta, divenendoneallievo. Fra il 275 e il 270 fu adAlessandria sotto l’egida di TolomeoFiladelfo, prima di ritornare a Cos,dove morì verso il 250 a. C.
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Il corpus teocriteo
Sotto il nome di Teocrito è pervenuta per tradizione manoscritta una raccolta,
probabilmente postuma, di 30 Idilli poetici di diverso argomento, solo in parte
autografi, a cui se ne aggiunge un altro frammentario attestato da un papiro e
25 epigrammi in massima parte inseriti nell’Antologia Palatina.
Il nome Εἰδύλλια, diminutivo di εἶδος, è quasi sicuramente non originale, ma
viene poi impiegato nella storia letteraria successiva come sinonimo di
componimento pastorale.
In effetti la raccolta di Teocrito, caratterizzata dall’uso abituale dell’esametro e
del dialetto dorico (Siracusa era colonia dorica), comprende
A) Componimenti bucolici (I e III-XI) ambientati in un idealizzata Sicilia, dove i
pastori, caratterizzati da nomi che diventeranno stereotipi nella letteratura dei
secoli seguenti (Dafni, Menalca, Titiro, Coridone), alternano struggimenti
amorosi, motteggi salaci e gare di canto.
B) Mimi realistici («urbani»: II, XIV-XV), caratterizzati da rappresentazioni
dialogiche ispirate alla vita di tutti i giorni.
C) Epilli di carattere mitologico (XIII, XXII, XXIV).
D) Carmi d’occasione
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Lo stile amebeo
Copn il termine ἀμοιβαῖον (legato al verbo ἀμείβομαι “rispondo”) si indica un dialogo poetico
fra due personaggi, in genere due pastori-poeti che si sfidano rispondendosi in versi singoli
o in gruppi di versi in stile improvvisativo.
ΒΑΤΤΟΣ
Εἰπέ μοι, ὦ Κορύδων, τίνος αἱ βόες; Ἦ ῥα Φιλώνδα;
ΚΟΡΥΔΩΝ
Οὔκ, ἀλλ᾽ Αἴγωνος· βόσκειν δέ μοι αὐτὰς ἔδωκεν.
ΒΑ.
Ἦ πᾴ ψε κρύβδαν τὰ ποθέσπερα πάσας ἀμέλγεις;
ΚΟ.
Ἀλλ᾽ ὁ γέρων ὑφίητι τὰ μοσχία κἠμὲ φυλάσσει.
ΒΑ.
Αὐτὸς δ᾽ ἐς τίν᾽ ἄφαντος ὁ βουκόλος ᾤχετο χώραν;
ΚΟ.
Οὐκ ἄκουσας; Ἄγων νιν ἐπ᾽ Ἀλφεὸν ᾤχετο Μίλων.
ΒΑ.
Καὶ πόκα τῆνος ἔλαιον ἐν ὀφθαλμοῖσιν ὀπώπει;
ΚΟ.
Φαντί νιν Ἡρακλῆϊ βίην καὶ κάρτος ἐρίσδειν.
ΒΑ.
Κἤμ᾽ ἔφαθ᾽ ἁ μάτηρ Πολυδεύκεος ἦμεν ἀμείνω.
ΚΟ.
Κᾤχετ᾽ ἔχων σκαπάναν τε καὶ εἴκατι τουτόθε μῆλα.
ΒΑ.
Πείσαι τοι Μίλων καὶ τὼς λύκος αὐτίκα λυσσῆν.
ΚΟ.
Ταὶ δαμάλαι δ᾽ αὐτὸν μυκώμεναι ὧδε ποθεῦντι.
ΒΑ.
Δειλαῖαί γ᾽ αὗται, τὸν βουκόλον ὡς κακὸν εὗρον.
ΚΟ.
Ἦ μὰν δειλαῖαί γε, καὶ οὐκέτι λῶντι νέμεσθαι.
BATTO
Corìdone, di chi sono le mucche? Dìmmelo, di Filonda?
CORIDONE
No, di Egone: me le dette per farle pascolare.
BATTO
Ma certo, verso sera, di nascosto, tu te le mungi tutte.
CORIDONE
No, che il vecchio mette sotto i vitelli e mi sorveglia.
BATTO
E in che paese, fuori della vista, si diresse il bovaro?
CORIDONE
Non udisti? Con Milone all'Alfeo si dirigeva.
BATTO
E quando mai quel tale ha visto l'olio con gli occhi suoi?
CORIDONE
Si dice che gareggi con Eracle per forza e per vigore.
BATTO
Diceva che ero meglio di Polluce anche di me mia madre.
CORIDONE
Con la vanga se ne partì di qui e con venti bestie.
BATTO
Provocherebbe anche la rabbia ai lupi sul momento Milone.
CORIDONE
Ma muggiscono di rimpianto per lui qui le giovenche.
BATTO
Che cattivo bovaro che trovarono, povere bestie!
CORIDONE
Povere davvero, non vogliono nemmeno pascolare!
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Il realismo teocriteo
La poesia di Teocrito attinge alla poesia popolarepreesistente, in cui già probabilmente comparivano i nomi dipastori come Dafni e Menalca, ma la rielabora con sorvegliatogusto formale. L’attenzione ai dettagli realistici caratterizzal’evocazione poetica di ambienti rurali o plebei, rappresentaticon sottile ironia agli occhi di un pubblico estraneo ad essi eche tuttavia poteva vedere nella realtà rappresentata,pastorale in ispecie, una via di evasione dal presente.
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Il locus amoenus
La poesia di Teocrito lascia in eredità alla
letteratura posteriore il vagheggiamento
idealizzato di un mondo pastorale, in cui una
natura assolata e verdeggiante costituisce lo
sfondo per tenzoni poetiche o lamenti
individuali.
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L'iniziazione poetica (Talisie, 42-48)
ὣς ἐφάμαν ἐπίταδες: ὁ δ᾽ αἰπόλος ἁδὺ γελάσσας,
‘τάν τοι" ἔφα "κορύναν δωρύττομαι, οὕνεκεν ἐσσὶ
πᾶν ἐπ᾽ ἀλαθείᾳ πεπλασμένον ἐκ Διὸς ἔρνος.
ὥς μοι καὶ τέκτων μέγ᾽ ἀπέχθεται, ὅστις ἐρευνῇ 45
ἶσον ὄρευς κορυφᾷ τελέσαι δόμον εὐρυμέδοντος,
καὶ Μοισᾶν ὄρνιχες, ὅσοι ποτὶ Χῖον ἀοιδὸν
ἀντία κοκκύζοντες ἐτώσια μοχθίζοντι.
Così io dissi a bella posta; e il capraio, dolcemente ridendo:
«Il mio bastone» disse «ti dono, poiché sei
tutto formato sulla verità, un rampollo di Zeus.
Poiché a me un architetto è fortemente antipatico il quale dica
di voler costruire un edifizio raggiungente la cima dell'Oromedonte,
e gli uccelli delle Muse che di faccia al cantore di Chio
urlando a mo' di cuculi si affaticano invano.
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Pervenuto sotto il nome
di Teocrito, ma di dubbia
paternità e datazione è il
τεχνοπαίγνιον (cioè
“gioco d'arte”) Σύριγξ,
un calligramma che
imita attraverso la
lunghezza decrescente
dei versi la struttura di
un flauto di Pan (siringa)