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La perfezione si fa musica Arturo Benedetti Michelangeli a cura di Pier Carlo Della Ferrera testi di Marco Vitale (con un'intervista a Isacco Rinaldi) e Lidia Kozubek PianoForte Concerto per .....................................................................................................................................................................................................................

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La perfezione si fa musica

Arturo Benedett i Michelangel ia cura di Pier Carlo Della Ferrera

testi di Marco Vitale (con un'intervista a Isacco Rinaldi) e Lidia Kozubek

PianoForte

Concerto per

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Pagina precedente:

Arturo Benedetti

Michelangeli alla fine

degli anni Quaranta in

un'immagine di Ghitta

Carell, celebre fotografa

ungherese che

immortalò nei suoi

ritratti i più importanti

personaggi del

Novecento.

Locandina di un

concerto tenuto da

Arturo Benedetti

Michelangeli con

l'Orchestra Sinfonica

della RAI alla Fenice di

Venezia il 16 settembre

1953, una delle raris-

sime collaborazioni tra

Herbert von Karajan

e il Maestro.

Arturo Benedetti Michelangeli

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[III]

La perfezione si fa musica

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Arturo Benedetti Michelangeli nasce aBrescia il 5 gennaio 1920 da genitori umbriche pochi mesi prima si erano trasferiti nellacittà lombarda. Il padre Giuseppe discendeda un notabile casato di Foligno; laureato inLegge e in Filosofia, esercita la professionedi avvocato e contemporaneamente imparti-sce lezioni di storia della musica, di teoria edi armonia, avendo conseguito anche ildiploma in composizione e pianoforte. Lamadre, Angela Paparoni, trascorre l’infanziae la giovinezza con i genitori e gli zii, primaa Terni e poi a Bologna; diplomatasi all’isti-tuto magistrale, intraprende senza conclu-derli gli studi universitari di lettere e dimatematica e si occupa dell’educazione deifigli e della conduzione della famiglia.Tra le mura di casa, in un ambiente domi-nato da connaturata predisposizione e vivointeresse per la musica, il piccolo Ciro - cosìera chiamato Arturo per alcuni suoi riccioliche lo facevano assomigliare a Cirillino, alloranoto personaggio del “Corriere dei Piccoli” -inizia a studiare il pianoforte all’età di treanni, sotto la guida del padre. Ma è soprat-tutto la madre a esercitare notevole influenzasullo sviluppo artistico del figlio e a spingerloallo studio del pianoforte, al punto che, pare,decide di non mandarlo a scuola e di istruirlolei stessa.A quattro anni Arturo Benedetti Miche-langeli entra al Civico Istituto Musicale

“Venturi” di Brescia, allievo del maestroPaolo Chimeri, e a sette anni, il 10 marzo1927, suscita stupore e ammirazione gene-rali quando si esibisce per la prima voltadavanti a una platea, in occasione del saggioche conclude il biennio scolastico 1925-26.Dalla primavera del ’29 frequenta le lezioniprivate del maestro Giovanni Anfossi aMilano, dove la mamma lo accompagnatutte le settimane. Il 22 ottobre 1931 ottienela licenza normale di pianoforte presso ilConservatorio “Giuseppe Verdi” del capo-luogo lombardo e l’11 giugno 1934, a soli 14anni, conclude il ciclo istituzionale di studiconseguendo il diploma di magistero inpianoforte. Nello stesso periodo e negli anniimmediatamente successivi segue anche icorsi di violino col maestro FerruccioFrancesconi e quelli di organo e composizionecol maestro Isidoro Capitanio.È durante le sue frequentazioni milanesi cheArturo Benedetti Michelangeli ha modo difarsi ascoltare da Maria Lentati de’ Medici,colta e sensibile intenditrice dell’arte musi-cale. Riconosciuto nel giovane pianista ilprimo manifestarsi del futuro genio, lanobildonna ne coltiva le doti e ne stimola iltalento; sarà lei a donargli il primo Steinwaymezza coda e ad avere un ruolo determinantein questa fase dell’evoluzione artistica delMaestro.Dopo essersi segnalato tra il 1936 e il 1938in alcuni concorsi nazionali, BenedettiMichelangeli si affaccia sul palcoscenicointernazionale: nel maggio 1938 è settimo,ma vincitore morale, al concorso “Eugène

A destra:

L'Istituto Musicale

"Venturi" di Brescia,

dove Arturo Benedetti

Michelangeli iniziò,

a 4 anni, gli studi di

pianoforte. Col suo

primo insegnante, il

maestro Paolo Chimeri,

stabilì un rapporto

profondo anche dal

punto di vista umano.

In basso:

Il piccolo Ciro all'età di

9 anni con la madre

e il maestro Chimeri

in una delle rarissime

fotografie familiari

dell'infanzia. Arturo

Benedetti Michelangeli

ebbe un fratello,

Umberto, primo violino

in importanti orchestre,

e una sorella, Liliana,

che morì a soli 8 anni

per una polmonite.

Ysaÿe” della Fondazione musicale ReginaElisabetta di Bruxelles e nel luglio 1939trionfa al Concours International d’ExécutionMusicale di Ginevra, accolto dalla criticacome il nuovo Liszt. L’affermazione ginevrinagli vale la cattedra “per chiara fama” pressoil Conservatorio di Bologna.Alla fine di gennaio del 1942, in pieno con-flitto mondiale, è arruolato nella TerzaCompagnia di Sanità a Baggio, pressoMilano. Poco si conosce delle avventurosevicende del periodo bellico, la cui incertaricostruzione è affidata alle testimonianzescritte di alcune persone a lui molto vicine.Dopo l’8 settembre 1943, per sfuggire airastrellamenti operati dai Tedeschi e al suc-cessivo obbligo di presentazione richiestodal governo della Repubblica di Salò, si rifugiaa Borgonato di Cortefranca, in Franciacorta,ospite nel castello della famiglia Berlucchi.

Qui, il 20 settembre, nella chiesa di SanVitale, si unisce in matrimonio con GiulianaGuidetti, dalla quale si separerà legalmente,con atto del Tribunale di Brescia, il 10 marzodel 1970. Nei mesi successivi è con la mogliea Sale Marasino, nella villa sul lago d’Iseo diproprietà della famiglia Martinengo. Virimane fino al novembre del 1944, quando ècostretto a sfollare in seguito a un bombar-damento che colpisce il palazzo e danneggia,tra l’altro, il primo “gran coda” che ilMaestro aveva acquistato con i guadagni deisuoi primi concerti. Si sposta quindi aGussago, in casa Togni, dove viene trovato earrestato dai fascisti e condotto prigioniero aMarone, sempre sul lago d’Iseo, nel quartiergenerale delle SS. Pochi giorni dopo, grazieall’intervento del capo provincia di Brescia,Innocente Dugnani, è trasferito nel capoluo-go; vi rimarrà per qualche tempo, nascostonel sottotetto dell’albergo Vittoria.

Nonostante la chiamata alle armi e la guerra,con le sue tragiche peripezie e vicissitudini,Benedetti Michelangeli può continuare asvolgere una limitata attività concertistica,grazie all’appoggio della futura regina, laPrincipessa Maria José, figlia della ReginaMadre Elisabetta del Belgio che ne avevaapprezzato il talento all’epoca del concorsodi Bruxelles. Suona all’Accademia di S. Ceciliaa Roma, alla Scala di Milano, al MaggioMusicale Fiorentino e tiene concerti in variecittà d’Italia e in Svizzera; esordisce aBarcellona (1940) e a Berlino (1943).In questo periodo inizia anche a incideredischi; nel ’41 esce, per la Voce del Padrone,il suo primo 78 giri. Continuerà l’attivitàdiscografica con His Master’s Voice eTelefunken fino agli ultimi anni Cinquanta.Terminato il conflitto, riprende a insegnare -gli viene assegnata la cattedra di pianoforteal Conservatorio di Venezia - e contribuiscein maniera determinante alla rinascita musi-cale della sua città in qualità di Presidentedella Società Bresciana dei Concerti Sinfo-nici “S. Cecilia”. Tiene la carica fino al set-tembre 1947, quando deve dimettersi acausa dei crescenti impegni concertistici chelo chiamano in ogni parte del mondo: nel1946 si esibisce alla Royal Albert Hall diLondra, nel 1948-49 effettua la prima dellesue numerose tournée negli Stati Uniti (lesuccessive saranno del ’50, ’67, ’68, ’70 e’71), nel 1949 suona in Sudamerica e nel1951 in Sud Africa.Intanto, nel 1950, aveva ottenuto il trasferi-mento a Bolzano, chiamato dal Direttore delConservatorio “Monteverdi”, il maestro Ce-sare Nordio, con il quale fonda il concorsopianistico “Busoni”. Insegna nella città ate-sina fino al 1959, affiancando ai corsi stataliquelli della scuola di perfezionamento priva-ta che apre al castello di Paschbach, pressoAppiano, per venire incontro alle numeroserichieste di pianisti di ogni parte del mondo,già diplomati, alcuni già vincitori di impor-tanti concorsi, e quindi non ammessi neiconservatori. Seguono, nel 1952 e nel 1953,e poi dal ’55 al ’65, i corsi di Arezzo (orga-nizzati dalla locale Associazione Amici dellaMusica e con il decisivo appoggio di unappassionato magistrato, Mario Bucciolotti),dal 1960 al 1962 quelli di Moncalieri (finan-ziati dalla FIAT grazie all’interessamento diLidia Palomba) e infine, nel 1965 e 1966

[IV]

Arturo Benedetti Michelangeli

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Una rara, tenera

immagine di Arturo

Benedetti Michelangeli

con la piccola

Donatella a Villa

Berlucchi di Borgonato

di Franciacorta

nell'ottobre del 1945.

[V]

La perfezione si fa musica

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quelli all’Accademia Chigiana di Siena. I corsi di Michelangeli sono esclusivi, desti-nati a non più di venticinque, trenta allievi;le lezioni sono personali. Il Maestro vive l’in-segnamento come una vera e propria mis-sione, come un preciso dovere morale; vi sidedica con infaticabile passione e singolareed esemplare generosità, lavorando sempre atitolo gratuito.Questa intensa attività didattica non impedi-sce a Benedetti Michelangeli una altrettantofrequente presenza nelle sale da concerto ditutto il mondo. Nel 1955 suona a Varsavia(nell’occasione è anche membro della giuriadel Concorso Chopin); nel 1957 esordisce aPraga e nel 1964 a Mosca. Tra la fine deglianni Cinquanta e i primi anni Sessanta tieneconcerti in Spagna, Germania, Portogallo,Francia, Austria e Svizzera. Nel ’62 e nel ’66si esibisce in Vaticano, alla presenza di papaGiovanni XXIII e di papa Paolo VI. Nel 1965debutta in Giappone, dove ritornerà nel1973, ’74, ’80 e ’92. Nello stesso 1965, periniziativa del maestro Agostino Orizio, vienefondato il Festival Pianistico Internazionale“Arturo Benedetti Michelangeli” di Brescia eBergamo, che aveva avuto un’anteprima nonufficiale l’anno precedente, con una serie diconcerti per celebrare i venticinque anni diinsegnamento del Maestro.Si dirada invece notevolmente la sua attivitàdiscografica. Se si eccettuano alcune impor-tanti incisioni del 1965 (pubblicate da

Decca-BDM), per tutti gli anni Sessanta nonentra quasi mai in sala di registrazione, cir-costanza che contribuisce al diffondersi dinumerose edizioni pirata dei suoi dischi,contro le quali si batte fermamente, intra-prendendo azioni legali che non avrannoperò esito. Tornerà a incidere negli anniSettanta, per la EMI e per la DeutscheGrammophon, casa discografica con la qualecollaborerà regolarmente dal 1971 fino altermine della sua carriera.Lasciato il Conservatorio di Bolzano nel1959, Michelangeli spera nell’istituzione diun corso di alto livello pianistico internazio-nale, nel quale adempiere pienamente allasua missione didattica. Ma il Ministero tardaa riconoscere i suoi meriti e a rispondere allesue richieste. Decide quindi di dare vita auna piccola scuola privata in quello che glisembra essere il luogo più adatto, nel silen-zio della montagna; acquista due baite in Valdi Rabbi, nel versante trentino del ParcoNazionale dello Stelvio; ne adibisce una adabitazione e l’altra a sede dei corsi. Conoscequi un breve periodo di pace e serenità,immerso nella natura e nella tranquillitàdei paesaggi alpini, sfondo ideale alla suaattività di musicista, arricchitasi nel frat-tempo di una nuova esperienza: l’armoniz-zazione di diciannove canti del coro dellaS.A.T, la cui felice collaborazione era iniziataanni prima, nel 1954.Pace e serenità sono bruscamente interrotte

Benedetti Michelangeli

si esibisce davanti a

papa Giovanni XXIII

nella Sala delle

Benedizioni del Vaticano,

il 28 aprile 1962.

Il concerto fu voluto

e diretto da

Gianandrea Gavazzeni

come omaggio al

pontefice bergamasco,

suo concittadino.

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Arturo Benedetti Michelangeli

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la sera del 13 giugno 1968. In qualità disocio della casa discografica B.D.M. diBologna, Benedetti Michelangeli è coinvoltonel fallimento di quest’ultima. Senza andaretroppo per il sottile e senza considerare leclausole del contratto che avrebbero solle-vato il Maestro da qualsiasi responsabilità,gli ufficiali giudiziari gli notificano il seque-stro cautelativo dei beni e di tutti i proventidei concerti che avrebbe tenuto in Italia, perla somma di ottantanove milioni di lire.All’umiliazione e al danno morale si aggiungeil problema economico, a causa del quale sitrova costretto a svolgere all’estero la suaattività professionale. Manterrà la residenzaa Bolzano, ma da allora vivrà tra Rabbi e laSvizzera e non suonerà più in patria, se nonin occasione del concerto benefico al TeatroGrande di Brescia, nel giugno 1980, inmemoria di papa Paolo VI.Benedetti Michelangeli entra in Svizzera il24 luglio 1969 (è questa la data ufficialeriportata in tutti i documenti conservatipresso gli uffici anagrafici dei vari comuni incui è via via domiciliato) e abita dapprimanel Cantone di Zurigo. Verso la fine di set-tembre dell’anno successivo ottiene un per-messo di dimora nel Canton Ticino, grazieall’interessamento di Gianna Guggenbühl edel maestro Carlo Florindo Semini, che siadoperano presso il Dottor Solari dellaPolizia Federale degli stranieri a Berna. Nel1969 e nel 1971, proprio con Semini, è arte-fice di due corsi di perfezionamento a VillaHélénaeum a Castagnola, gli ultimi della sua

carriera di insegnante. Fino al settembre1974 vive a Massagno, poi a Riva San Vitale ea Sagno, dove giunge nel dicembre del 1977.Il 1° agosto 1979 si trasferisce a Pura, inaffitto nella villa che qualche tempo dopolascerà a un altro grande pianista, VladimirAshkenazy. Trasloca quindi in una casaimmersa nell’ombra dei castagneti, a pochecentinaia di metri dalla precedente, sullastessa strada; qui trascorre gli ultimi annidella sua vita, lontano dai clamori e dallafolla, in semplicità quasi francescana. Adalleviare le sofferenze della sua salute preca-ria sono le cure e le attenzioni di Anne-Marie-José Gros Dubois, che gli è anchefedele segretaria.La sua attività concertistica si fa sempremeno frequente, ma la sua fama ha ormai ledimensioni del mito e ogni sua apparizionein pubblico è un evento da prima pagina. Nel1977 tiene un recital nella sala Nervi delVaticano (vi tornerà dieci anni dopo) enell’81 suona all’Auditorium della Radiodella Svizzera Italiana. Nell’85 è colpito dauna semiparesi in seguito a problemi cardio-circolatori; assente dalle sale per quasi unanno, programma il suo rientro nella prima-vera del 1986, a Parigi e Zurigo, dove però ècostretto a sospendere il concerto dopo l’in-tervallo. Nel gennaio 1988 suona a Bregenze il 17 ottobre dello stesso anno è in scena aBordeaux, in una drammatica serata durantela quale si accascia sul pianoforte vittima diun malore per un aneurisma dell’aorta.Viene sottoposto a un delicato intervento

Benedetti Michelangeli

a colloquio con Arthur

Rubinstein nel 1974.

La foto fu scattata

dal dottor Marco Miele,

allora Direttore

dell'Istituto italiano di

Cultura a Tel Aviv,

durante il ricevimento

tenutosi all'Ambasciata

italiana al termine del

Festival organizzato

dallo Stato di Israele

in onore del pianista

polacco-statunitense.

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La perfezione si fa musica

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chirurgico e meno di un anno dopo, nelmese di giugno, torna a esibirsi ad Amburgoe Brema. Nel giugno del 1992 tiene una seriedi memorabili concerti a Monaco, accompa-gnato dalla Münchner Philharmoniker di-retta da Sergiu Celibidache, in occasionedell’80° compleanno del direttore rumeno. Èprobabilmente l’apoteosi di una carrieraunica e irripetibile che si conclude adAmburgo il 7 maggio 1993. Chopin, Debussy,Mozart, Beethoven, Schumann e Ravel sonogli autori da lui prediletti; le sue esecuzionidelle loro opere lo hanno portato ai verticiindiscussi del pianismo internazionale ditutti i tempi.Nel giugno del 1995 viene ricoveratoall’Ospedale Cantonale di Lugano per unnuovo attacco cardiaco. Muore nella nottetra l’11 e il 12 giugno. È sepolto nel piccolocimitero di Pura, in una semplicissimatomba che per sua volontà è priva di lapide.“Per chi ricorda del Maestro il sommo artistae l’uomo integerrimo, la Memoria non è unvano pensiero ma una gradita e concretapartecipazione al mondo dello Spirito di cuila Musica e il Maestro stesso sono ormaiparte immortale”. 1

Si conclude così la vicenda terrena di Arturo

Benedetti Michelangeli, un uomo e un arti-sta che ha cercato la Verità attraverso la per-fezione delle sue esecuzioni e sul quale laverità non è ancora stata scritta.

1 Con queste parole Anne-Marie-José Gros Dubois si rivolge, nel

biglietto di ringraziamento, a quanti hanno partecipato al dolore

per la morte di Arturo Benedetti Michelangeli.

Arturo Benedetti

Michelangeli e il

maestro Carlo Florindo

Semini a Lugano nei

primi anni Settanta.

La perfezione si fa musica

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Non solo un grande pianista ma vero grande Maestro

di Marco Vitale*

Arturo Benedetti Michelangeli al

pianoforte nel 1943.

A sinistra:

Arturo Benedetti Michelangeli in

un'immagine di stampo hollywoodiano.

Arturo Benedetti Michelangeli

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Non ho titolo per parlare degli aspetti piani-stici del Maestro. Sono solo uno di quegliappassionati di cui parla Lidia Kozubek pro-prio nell’ultima pagina del suo libro:“Malgrado la sua condotta estremamenteschiva non favorisse la popolarità, conosci-tori ed appassionati della sua arte si recava-no in pellegrinaggio in diverse nazioni soloper avere la possibilità di ascoltarlo”. In uncerto senso rappresento i reduci di Bregenz,di Monaco di Baviera nell’indimenticabileconcerto con Sergiu Celibidache, di Lugano,di Brema, di Amburgo. “Pellegrinaggi” hascritto Lidia Kozubek (allieva polacca delMaestro, Lidia Kozubek ha scritto un buon li-bro intitolato Arturo Benedetti Michelangeli.

Come l’ho conosciuto, pubblicato, vivente ilMaestro, in giapponese nel 1992, in polacconel 1999 e in italiano nel 2003, edizioniL’Epos), e ha scritto molto bene, perché queiviaggi non erano alla ricerca del divismo ma,al contrario, della spiritualità, del contattocon il mistero e con il divino attraverso lamusica, sentimenti che nessuno sapeva su-scitare come Arturo Benedetti Michelangeli.Come studioso della leadership e dell’eticaprofessionale, il Maestro mi ha sempre affa-scinato, non solo come impareggiabilemusicista, ma come uomo, come educatore,come esempio di coerenza e di profondità. Ilsuo essere uomo del nostro tempo ma rifug-gendo alle perverse caratteristiche delnostro tempo: la superficialità, la fretta, ilmarketing, l’avidità. Come presidente di unaimportante società musicale milanese sonosconvolto dall’avidità di tante star musicaliodierne che, finanziate indirettamente perlo più con soldi pubblici, pretendono cachetpiù alti di quelli che, da qualche tempo, cri-tichiamo per le star del calcio. In queimomenti penso allo straordinario disinte-resse e generosità del grande Maestro bre-sciano, documentata da tante fonti; al suoimpegno didattico, così generoso (le suescuole di alta specializzazione erano sempregratuite), ma anche qui senza compromessi,senza ambiguità, senza comodità né per séné per gli allievi.Anni fa tentai di dar vita a Brescia, cittànatale del Maestro e mia, a una fondazioneintitolata ad Arturo Benedetti Michelangeliche si prefiggesse di raccogliere tutta ladocumentazione su di lui ma soprattuttotenesse vive, con realizzazioni concrete, le

sue idee e i suoi insegnamenti. Nel docu-mento-proposta che feci circolare scrivevo:“Arturo Benedetti Michelangeli non è statosolo un grande pianista, ma un grandemusicista e un uomo di profonda umanità,spiritualità e religiosità, spesso miscono-sciuta e distorta dalla stampa. È stata una diquelle rare persone che, con la sua arte,aprono spiragli reali verso il soprannaturale.La sua memoria, resa vivente ed operante,può essere una leva eccezionale per pro-muovere studi e cultura musicale autentica.[...] Se non si farà nulla di serio, la suamemoria svanirà in pochi anni, restandoviva solo per pochi appassionati. Come col-lettività, e come città che gli ha dato i natali,avremo buttato via un’occasione unica dicontribuire alla rivitalizzazione della cultu-ra musicale autentica. Come persone avre-mo la responsabilità morale di non avercineanche provato”.Io ci ho provato, senza successo. Mi sonofermato quando ho capito che le persone sucui contavo a Brescia erano persone piùinteressate a speculare sulla memoria diArturo Benedetti Michelangeli che a tenerlaviva e inverarla in qualcosa di vivo e attuale.Vorrei cogliere l’occasione, che viene offertadalla Banca Popolare di Sondrio (SUISSE),per documentare un aspetto di ArturoBenedetti Michelangeli e una fase della suavita e della sua attività che mi sembranoignorati e che illuminano la persona diArturo Benedetti Michelangeli come ungrande vero Maestro e un esempio morale edi altissima professionalità.Quando morì Arturo Benedetti Michelangeli,uno dei miei idoli, non solo musicali, micolpì il fatto che nessuno ricordasse il suoimportantissimo contributo alla rinascitadella vita musicale nell’immediato dopo-guerra. Questa lacuna è apparsa evidenteanche nella pur affascinante mostra e nelricco catalogo che Brescia allora gli dedicò.Eppure io ricordavo benissimo la presenzamolto viva di Arturo Benedetti Michelangeliper la rinascita della vita musicale cittadina.Io ero, allora, un ragazzo, ma mi ricordoperfettamente i magici e fugaci incontri, alseguito di mio padre, tra il Maestro e le altrepersone generose che, in quegli anni, tantosi impegnarono per far rinascere a Brescia lavita musicale. Mio padre era tra questi e trale carte che ha lasciato ho trovato un fasci-

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La perfezione si fa musica

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colo relativo agli anni in cui, come consi-gliere attivo e, poi, come presidente, si pro-digò per lo sviluppo della Società Brescianadei Concerti Sinfonici “S. Cecilia”, dellaquale dal 1940 al 18 settembre 1947 (questaè la data della lettera di dimissioni) fu presi-dente “onorario”, ma assai attivo, proprioArturo Benedetti Michelangeli. Così mi sonomesso a scartabellare in quel fascio di anti-che carte, disordinatamente conservate, eho trovato spunti, ricordi e documentazioneche mi sono sembrate interessanti e, qualchevolta, commoventi testimonianze. Questa èla spiegazione della genesi di questo scritto,ma è, insieme, una spiegazione della suaincompletezza e parzialità. Io non posso chelimitarmi a mettere a disposizione quelloche ho trovato, con l’auspicio che questomateriale sia di qualche utilità a chi porràmano, professionalmente, alla storia detta-gliata della vita del Maestro, della qualesiamo ancora in attesa.Brescia contava da tempo sulla Società deiConcerti, il cui statuto iniziale era statoapprovato dall’Assemblea dei soci il 20 mag-gio 1914, specializzata in musica da camera.Essa nacque, dunque, all’inizio del primoconflitto mondiale. E, per sconcertante ana-logia, è all’inizio del secondo conflitto mon-diale, a cavallo tra il 1939 e il 1940, cheprende corpo una nuova iniziativa musicale,il cui obiettivo primario era di sviluppare incittà la pratica e la conoscenza della musicasinfonica, attraverso la creazione di un’or-

chestra stabile di archi. La sua denomina-zione iniziale era infatti: Orchestra Stabiled’Archi “S. Cecilia”. Essa nacque a soloscopo culturale, per fare musica, non perorganizzare concerti. Tra i principali propu-gnatori l’avvocato Pedrali Noy, nella cui abi-tazione si svolgono le prime esibizioni; ilmaestro Ferruccio Francesconi che dirigevail primo complesso; e il giovanissimo (avevaallora venti anni) maestro Arturo BenedettiMichelangeli. Del primo direttivo facevanoparte anche l’avvocato Pier Paolo Cicognini,l’ingegner Emilio Franchi, l’ingegner EmilioPisa, il dottor Angelo Vitale, il geometraArturo Gatti, e il maestro Gino Francesconi.L’avvocato Cicognini fu il primo presidente,mentre presidente “onorario” fu, sin dall’i-nizio, Arturo Benedetti Michelangeli che,come si vedrà fu, in realtà, un presidenteassai attivo, punto di riferimento e guidasoprattutto per la scelta degli interpreti e deiprogrammi musicali, sia nella prima fase(1940-1943) che nella fase della ripresa,segnata dal primo concerto della stagione, il 16dicembre 1945, e sino alla stagione 1947-48.Già nelle stagioni concertistiche 1941-42 e1942-43 era avvenuta una mutazioneimportante. Da sodalizio dedicato allacreazione di un’orchestra stabile d’archi,la “S. Cecilia” diventa anche organizzatricedi concerti, con la presenza di solisti e dicomplessi di fama. Decisiva, nell’identificareinterpreti e programmi, nello stabilire con-tatti e suscitare interesse per il nuovo soda-

[XI]

Ritratto fotografico

di Arturo Benedetti

Michelangeli del 1947,

con dedica autografa

del Maestro

ad Angelo Vitale.

[XII]

Arturo Benedetti Michelangeli

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lizio musicale, l’opera di Arturo BenedettiMichelangeli. Di lui si ricorda, nel 1942,anche “uno strepitoso concerto al Grande acui diede la sua opera impareggiabile, pre-ziosa, disinteressata il nostro grandePianista Arturo Benedetti Michelangeli”. Diquesto concerto le carte a mia disposizionenon danno altre notizie, ma esso è ricordatonella cronologia dei concerti di Harry Chin eCarlo Palese che correda il volume Arturo

Benedetti Michelangeli. Il Grembo del

Suono (Milano, Skira, 1996). Ebbe luogo il12 aprile al Teatro Grande, con l’orchestradella “S. Cecilia” diretta dal maestro Fer-ruccio Francesconi. Il programma prevedeva:Beethoven, Concerto op. 73; Grieg, Concertoop. 16, mentre, fuori programma, il Maestroaggiunse: Scarlatti, Sonata; Chopin, Studio eValzer; De Falla, Danza rituale del fuoco;Mompou, Cançion y Danza; Albéniz,Malagueña; Chopin, Mazurca.In piena guerra, ai primi del 1942, ancorauna volta su stimolo e suggerimento diArturo Benedetti Michelangeli, la societàacquista un magnifico pianoforte Steinway& Sons da gran concerto. L’acquisto è resopossibile, oltre che da modesti fondi sociali,da una sovvenzione cambiaria della BancaSan Paolo, garantita da Pedrali, Franchi,

Folonari, Vitale, Cicognini, Francesconi.L’effetto cambiario verrà poi riscattato conmunifico apporto da Pedrali, Franchi,Folonari. La ripresa musicale è del 29 mag-gio 1945 (qualche fonte parla invece del 27maggio), con uno straordinario concerto alGrande. L’incasso viene interamente devolutoalla Commissione di assistenza della Curiaper aiutare i deportati in Germania cheritornavano in patria.La ripresa organizzativa è segnata dallaprima assemblea postbellica tenuta il 29ottobre 1945. L’indirizzo di saluto, la primarelazione svolta sull’attività della società, lalettera inviata al pubblico, il comunicatopreparato per la stampa danno un quadropreciso della storia del sodalizio sin dallafondazione e degli obiettivi e dei sentimentiche animavano il gruppetto degli instancabi-li promotori. Dalle mie carte non risulta chipronunciò l’indirizzo di saluto. Ma esso fusteso, sicuramente, come risulta dalla minu-ta con le correzioni a mano, da AngeloVitale. E se non ci fosse il manoscritto atestimoniarlo, basterebbe il calore con ilquale il documento parla di Arturo BenedettiMichelangeli e il ruolo determinante che gliattribuisce, sentimenti e convinzioni cheerano profondamente radicati in AngeloVitale, sin da quando sentì suonare ilMaestro, la prima volta, nel 1940.La relazione, che illustra i cinque anni dilavoro, proficui nonostante le durezze dellaguerra, inizia con queste parole:“La Società Bresciana dei Concerti Sinfonici

‘S. Cecilia’ si costituì in Brescia nel 1940 col

modesto nome di ‘Orchestra Stabile d’Archi

S. Cecilia’. Diede vita alla istituzione un

gruppo d’appassionati cultori dell’arte

musicale e specialmente l’Avv. Carlo Pedrali

Noy, nella cui abitazione si svolsero le prime

prove sotto la guida del Maestro Ferruccio

Francesconi. Il nostro grande pianista Arturo

Benedetti Michelangeli ne fu il propugnatore

e presidente onorario” (sottolineatura aggiunta).Poco dopo si legge:“Consentitemi innanzi tutto di rivolgere a

Vostro nome e a nome del Consiglio

Direttivo, un saluto di affetto e di ricono-

scenza verso Arturo Benedetti Michelangeli.

Voi sapete che Egli è stato con gli altri,

l’anima della istituzione, anche se l’arte

sua ineguagliabile lo portava lontano

dalla Società. Quanto Egli ha fatto per la

[XIII]

La perfezione si fa musica

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S. Cecilia è noto ai Consiglieri del sodalizio

come la gratitudine che gli si deve” (sottoli-neature aggiunte).Più oltre si legge:“Si rammenti il bellissimo Concerto del duo

Pianistico Sergio Lorenzi e Gino Gorini, che

ideato e organizzato dal Maestro Benedetti,

fu attuato dalla S. Cecilia in collaborazione

con la Società dei Concerti, come lo fu il

grande Concerto finale di Stagione col

Maestro Arturo Benedetti Michelangeli

sempre per ambedue le società” (sottolinea-tura aggiunta).Ma, ormai, l’indirizzo è verso la grandemusica, come testimonierà la strepitosa sta-gione 1946-47. Dopo il citato concertostraordinario del maggio 1945, il primo con-certo della stagione della ripresa, 1945-46,ebbe luogo il 16 dicembre 1945, con la par-tecipazione del violinista Alfredo Pol-tronieri, con un programma basato suBach e Mendelssohn (il costo globale fu di51.275,20 lire). Il secondo concerto ebbeluogo il 6 gennaio 1946 con l’orchestradella “S. Cecilia” e il coro femminile delTeatro Grande di Brescia, con la partecipa-zione delle soliste Ciani e Iachia, nelloStabat Mater di Pergolesi (questa volta conun costo di 53.410 lire). Gli altri concertiche trovo documentati sono: il terzo concer-to, il 20 gennaio 1946, con il duo pianisticoGino Gorini e Sergio Lorenzi, tenuto in col-laborazione con la Società dei Concerti, sulquale sarà necessario ritornare; il quintoconcerto con il giovane pianista AgostinoOrizio, il 19 marzo 1946; il sesto concerto, il

7 maggio 1946, diretto dal maestro SergioFailoni, con la partecipazione del pianistaPaul Baumgartner. Quella del 1945-46 è giàuna buona stagione, ma quella 1946-47 saràstrepitosa.All’inizio del 1946 nasce una seria crisi neirapporti fra Arturo Benedetti Michelangeli ela “S. Cecilia”. La crisi si manifesta con unalettera del Maestro del 12 gennaio 1946nella quale egli comunica di dimettersi dallacarica di presidente onorario e di interrom-pere la sua collaborazione. Egli denunciauno stato di disagio generale, l’impressionedi “essere poco gradito”. Ma il fatto specificoè che qualche consigliere (forse, mi sembradi capire dalla risposta, lo stesso AngeloVitale) deve averlo criticato per avere pro-mosso un concerto del duo Gorini-Lorenzi eassunto degli impegni anche economici piùgravosi del normale cachet per un singolosolista, senza concordare prima questoimpegno con il Consiglio direttivo. Il Maestro, ferito, allega alla lettera un asse-gno di diecimila lire, per rimediare al pre-sunto danno (il cachet di un singolo solistaera di norma diecimila lire, mentre il duoGorini-Lorenzi era costato ventimila lire).La risposta del consigliere Vitale, che di fattoin quel periodo era la persona che agivacome factotum della “S. Cecilia” e che svol-geva l’attività organizzativa nel suo studioprofessionale, è immediata, portando la stes-sa data del 12 gennaio. La lettera esprime unsincero rincrescimento e anche una onestaautocritica. L’assegno viene restituito alMaestro.

Due immagini di Arturo

Benedetti Michelangeli

al pianoforte negli anni

Cinquanta.

[XIV]

Contestualmente viene inviata una lettera alduo Gorini-Lorenzi, confermando gli impe-gni assunti dal Maestro, ivi compreso ilcachet convenuto di ventimila lire. La letteraporta stranamente la data dell’11 gennaio,un giorno prima di quella del Maestro. Ma,conoscendo Angelo Vitale, considero deltutto probabile che la lettera, pur datata 11gennaio, venisse scritta il 12, dopo aver rice-vuto quella di Benedetti Michelangeli. Insostanza il consigliere Vitale che, oltre adavere una autentica venerazione per ilMaestro, coglieva appieno il significato delsuo grande apporto alla “S. Cecilia”, vuolerimediare rapidamente all’incidente. E con-ferma subito ogni impegno con il duoGorini-Lorenzi, per poter poi dire a BenedettiMichelangeli, come dirà con la lettera del 12,che la “cosa è definita”.Ma il Maestro rimane fermo sulla sua posi-zione e, con lettera del 15 gennaio 1946,l’assegno viene nuovamente inviato al desti-natario.Ad Angelo Vitale, persona non meno cocciutadel Maestro, non resta che una via: nonincassare l’assegno, che ancora giace, tra le

mie carte, appuntato con uno spillo alla let-tera del Maestro del 15 gennaio 1946.Quello che colpisce in questo scambio dicorrispondenza è osservare che la coerenzae la durezza del Maestro (è un ragazzo diventisette anni che dialoga con persone chehanno quasi il doppio della sua età, che sonoimportanti nelle rispettive professioni enella vita cittadina, alcune delle quali hannoricoperto ruoli importanti nella Resistenzabresciana) non sono accompagnate da unatteggiamento rancoroso sul piano personale.La linea è quella e non si discute, ma i salutie gli accenni personali restano di piena cor-dialità. Inoltre il contrasto non distrae ilMaestro dal suo impegno professionale.Stava lavorando per la preparazione del con-certo del duo Gorini-Lorenzi e continua afarlo. Infatti è del medesimo giorno, 15 gen-naio, una lettera con la quale il Maestrocomunica il programma definitivo del con-certo stesso.La crisi, comunque, rientrerà. L’assegnonon verrà più ritirato da Benedetti Miche-langeli ma non verrà mai incassato eMichelangeli rimarrà presidente (sino al 18settembre 1947) continuando il suo preziosoimpegno. Questa vicenda documenta, dun-que, almeno un caso nel quale il Maestro,

Le due lettere del

12 e 15 gennaio 1946

che Arturo Benedetti

Michelangeli inviò alla

Società "S. Cecilia" di

Brescia a proposito del

concerto del duo

Gorini-Lorenzi.

Arturo Benedetti Michelangeli

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[XV]

La perfezione si fa musica

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almeno parzialmente, mutò la sua decisioneiniziale. E questa fu una grande fortuna per lavita musicale bresciana e per la “S. Cecilia”,perché l’impegno di Benedetti Michelangelidiede frutti cospicui, almeno su tre fronti.Innanzi tutto con i suoi concerti. Nellastagione 1946-47 essi furono due: il primo,con un successo strepitoso, inaugurò la sta-gione 1946-47, il 12 gennaio 1947, al Grande,con la direzione di Mario Rossi e l’Orchestradei “Pomeriggi musicali” del Teatro Nuovodi Milano. Il secondo, il 27 aprile 1947,sempre al Teatro Grande, direttore NinoSanzogno, ancora con l’Orchestra dei“Pomeriggi musicali” del Teatro Nuovo diMilano. I due concerti della nuova stagione1946-47 erano stati preceduti da un concer-to straordinario, il 25 maggio 1946, conuno splendido programma che andava dallaToccata e fuga in re minore di Bach-Busonia Stravinskij. Il concerto fu offerto congiun-tamente dalla “S. Cecilia” e dalla Società deiConcerti. Per i non soci l’ingresso alla plateacostava centocinquanta lire e al loggionetrenta lire.Il secondo contributo del Maestro è nellascelta degli artisti e dei programmi, nellosviluppo di contatti con il mondo musicale,nello stimolo a scoprire cose nuove. Già si èvisto in questo senso l’episodio del duoGorini-Lorenzi. Ma particolarmente signifi-cativo mi sembra l’episodio del concerto delPierrot lunaire di Schönberg. L’AccademiaFilarmonica Romana che stava progettandouna tournée schönberghiana in Italia e cheera interessata a includere Brescia nellatournée, e che già si era messa in contattocon la Società dei Concerti, interessa al pro-getto anche Benedetti Michelangeli. Questisi entusiasma per la proposta e a sua voltapropone che il concerto si faccia congiunta-mente con la “S. Cecilia”. Egli preme condecisione in questo senso, come testimoniauna lettera della moglie Giuliana BenedettiMichelangeli. La lettera non è datata, masicuramente si colloca fra il 23 febbraio1947 (data della lettera dell’AccademiaFilarmonica Romana) e il 26 marzo 1947,data della risposta di Angelo Vitale. Come sievince dalla corrispondenza esistono diffi-coltà pratiche a inserire il concerto diSchönberg nei programmi già definiti. Mapoi il concerto si farà, e congiuntamente,secondo il desiderio del Maestro.

Importante è l’apporto di Benedetti Miche-langeli anche in relazione allo sviluppo delnuovo, prezioso, rapporto con l’Ente dei“Pomeriggi musicali” del Teatro Nuovo diMilano diretto da Remigio Paone. L’Ente erastato creato il 21 novembre 1946, sulla scor-ta del successo della prima stagione 1945-46,organizzata dall’Impresa “Spettacolo Errepi”di Remigio Paone. I soci fondatori eranoventi, dei quali, come curiosa testimonianzadi cosa intendiamo quando parliamo diMilano città aperta, solo sei nati a Milano. IlMaestro animatore, Nino Sanzogno, è diVenezia, gli altri vengono da Brindisi, Roma,Gargano, Cuneo, Orvieto, Monza, Padova,Brissago (Canton Ticino), Lesnia (Dalmazia),San Gallo (Svizzera), Ancona, Viareggio. Trai “Pomeriggi musicali” del Teatro Nuovo e la“S. Cecilia” si sviluppa subito una strettacollaborazione, esempio di come si dovrebbe,ancora oggi, lavorare insieme. Senza talecollaborazione la straordinaria stagione1946-47 non sarebbe stata possibile. Cosìcome, del resto, tale collaborazione giovaanche ai “Pomeriggi musicali” del TeatroNuovo, non solo per quadrare meglio i suoiconti ma anche per farsi conoscere fuoriMilano. Su questo solido reciproco interessesi sviluppa subito un intenso rapporto,caratterizzato da grande cordialità. Esso ècementato dalla simpatia reciproca e dall’a-micizia che nasce fra Remigio Paone eAngelo Vitale. Ma trova la sua forza piùprofonda proprio nella presenza attiva diArturo Benedetti Michelangeli, che è il prin-cipale interlocutore di Paone nella definizionedei programmi. E Paone, da grande e astutoimpresario, “usa” Benedetti Michelangeli, su-bordinando certe presenze a Brescia adaltrettanti impegni di Benedetti Michelan-geli a Milano, come emerge chiaramentedalla corrispondenza.Il terzo contributo è indiretto, certo subìto enon voluto dal Maestro, ma vissuto senzainsofferenza. I soci amministratori, esoprattutto Angelo Vitale, hanno avviato deicontatti con gli organismi pubblici compe-tenti per ottenere sovvenzioni. In questosforzo, la presenza del grande Maestro vienesempre valorizzata, per cercare di far capireche la “S. Cecilia” ha qualcosa di speciale, equesto speciale si chiama Arturo BenedettiMichelangeli. Cosicché il Maestro viene,talora, coinvolto anche in pratiche di pura

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Arturo Benedetti Michelangeli

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natura amministrativa come documentanovarie lettere. Dei due grandi concerti del1947 al Teatro Grande, il primo e il quintodella strepitosa stagione “S. Cecilia” 1946-47,non trovo tracce nella cronologia dei con-certi di Harry Chin e Carlo Palese, inclusanel già citato volume Arturo Benedetti

Michelangeli. Il Grembo del Suono. È unalacuna da rimediare. Perché quelli non furo-no concerti normali. Furono avvenimenticittadini che suscitarono nella città emozio-ne, orgoglio, amore. Furono veri e propricontributi alla rinascita della vita musicalebresciana e al lancio della “S. Cecilia”, che inquegli anni assunse, anche grazie a questiconcerti, un rilievo particolare. Ricordobene tutto ciò, ma basta sfogliare la stampadell’epoca per ritrovare quella atmosfera. Misembra che una significativa testimonianzadella stessa sia offerta dallo scambio di cor-rispondenza con il professor AlessandroRedaelli degli Spedali Civili di Brescia che,chiamato per un’assistenza medica alMaestro in occasione del concerto di apertu-ra della stagione 1946-47 e richiesto dalla“S. Cecilia” di specificare il suo onorario, sirifiuta di essere pagato, soddisfatto di “avercontribuito, con tutti Voi, alla realizzazionedi un avvenimento artistico di tale impor-tanza”.Mi piace anche ricordare l’accordatore bre-sciano Facchinetti, che fu l’accordatore delMaestro per quei mirabili concerti. Nontrovo tracce, nella documentazione, dellasua attività. Ma ricordo perfettamente la suaattenta e paziente presenza. Ricordo le rac-comandazioni di mio padre di stare vicino alMaestro e di assecondarlo in tutto. Certo l’o-

pera silenziosa e paziente di Facchinetti fupreziosa per il buon esito di quei concerti.Ed infine va documentato un episodio diparticolare rilievo, citato anche nella rela-zione dell’ottobre 1947. Sull’onda del gran-de entusiasmo suscitato dal concerto diapertura di Benedetti Michelangeli, la signo-ra Esterina Conti in Togni, Santelle diGussago, Brescia, esprime incoraggiamentoe promette sostegno. Questo sostegno siconcretizza in un contributo straordinariodi ventimila lire, cifra veramente significativaper quel tempo, inviate sotto il vincolo del-l’anonimato. Questo vincolo fu scrupolosa-mente rispettato ed è toccato a me aprire,dopo cinquant’anni, il bigliettino da visitadella signora Esterina Conti in Togni, con-servato appuntato alla lettera di ringrazia-mento con uno spillo ormai arrugginito.Spero che il tempo trascorso mi faccia per-donare di violare, ora, quel vincolo di segre-tezza. Ma è importante ricordare questepersone, questi esempi e questo clima cheBenedetti Michelangeli, e solo BenedettiMichelangeli, sapeva suscitare. Ma il proficuosodalizio Benedetti Michelangeli - “S. Cecilia”volge al termine. È del 18 settembre 1947 lalettera del Maestro che comunica le definiti-ve dimissioni da presidente della “S. Cecilia”.Questa volta le dimissioni sono legate agliimpegni della grande chiamata. BenedettiMichelangeli è troppo grande per Brescia. Èdel mondo. Questa consapevolezza è benpresente nella lettera di risposta, stesa daAngelo Vitale, che il Consiglio direttivo gliinvia. Il modesto dono, ricordo di una gran-de stagione, è un orologio d’oro, consegnatopersonalmente da Angelo Vitale alla moglie,

Arturo Benedetti

Michelangeli con alcuni

conoscenti e amici al

termine di un concerto.

Si riconoscono il

direttore d'orchestra

Ettore Gracis

(penultimo a destra)

e Remigio Paone (che

si rivolge al Maestro),

direttore dell'Ente dei

"Pomeriggi musicali"

del Teatro Nuovo di

Milano.

[XVII]

insieme al biglietto di ringraziamento, il 22settembre 1947, come documenta una anno-tazione a mano apposta sulla busta di ArturoBenedetti Michelangeli che conteneva la let-tera di dimissioni.La stessa richiesta della “S. Cecilia” di con-servare un legame come presidente onora-rio non è convinta. Benedetti Michelangelinon è stato e non può essere un presidenteonorario. Egli è stato un “Presidente”, comesi autodefinisce nella sua lettera di dimissioni,senza aggettivi. E quindi, cortesemente, rifiutadi essere presidente onorario di quella chesignificativamente chiama “la nostra società”.Una stagione importante della ripresa dellavita musicale cittadina e italiana è conclusa.Ma credo, ed è quello che mi premeva evi-denziare, che i documenti esaminati dimo-strino che Arturo Benedetti Michelangelinon fu, come mi è capitato di leggere, unbresciano per caso. Fu, proprio negli anni incui si affermò definitivamente, dal 1940 al1947, un bresciano profondamente legatoalla vita musicale cittadina, alla quale donòun contributo grandissimo, generoso, disin-teressato e paziente. Né fu un artista isolato,scontroso, tutto concentrato in se stesso,ma persona che aveva un’altissima stima

non di se stesso ma della musica, che vivevacome una via per avvicinarsi a Dio.E chiudo con una breve riflessione. Nel 1940Benedetti Michelangeli aveva venti anni. Nel1947 ventisette, poco più che un ragazzo.Eppure, sfogliando questa corrispondenza equesti documenti, si respira, sin dall’inizio,un senso di rispetto magico, di reverenzaverso la sua persona che fa impressione.Egli, sin da quando aveva vent’anni, si impo-ne agli occhi di tutti quelli che lo conoscononon solo come un grande pianista, ma comeun Maestro, nato grande, senza età.

* Economista d’impresa

La lettera del

18 settembre 1947

con la quale Arturo

Benedetti Michelangeli

rassegna le dimissioni

da Presidente della

Società "S. Cecilia"

di Brescia.

La perfezione si fa musica

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La perfezione si fa musica

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La musica come preghiera

Marco Vitale intervista il maestro Isacco Rinaldi*

Benedetti Michelangeli davanti alle

Houses of Parliament di Londra nel 1965.

Nell'occasione il pianista tenne due concerti

alla Royal Festival Hall, l’8 e il 17 giugno.

Tu sei stato molto vicino al maestro ArturoBenedetti Michelangeli, praticamente pertutta la vita, collaborando con lui soprattut-to nell’attività didattica che amava molto.Puoi illustrare abbastanza in dettaglio la tuaesperienza con lui?I primi ricordi coincidono con i tuoi: 1940-41e poi, soprattutto, 1946-48. Io ero bambinoe poi ragazzo; ricordo la magica figura diquesto giovanissimo genio musicale e la suaviva magnetica presenza a Brescia. Per mequesta presenza era ancora più importante,perché anch’io mi ero dedicato allo studiodella musica e del pianoforte. Ero anch’ioun musicista precoce e apprezzato. Ricordoanche che in quegli anni a Brescia fui pre-miato per un concorso locale da una giuriaalla quale partecipava anche il Maestro. Nel1945 avevo superato con la votazione di 10 elode il compimento inferiore di Pianoforte alConservatorio di Parma meritandomi illusinghiero appello di “piccolo Mozart” daparte del direttore dello stesso. Nel 1946, aquattordici anni, vengo assunto come orga-nista presso la Cattedrale di Brescia doverimarrò sino al 1961. A sedici anni, alConservatorio “Arrigo Boito” di Parma, hoconseguito il compimento medio di Piano-forte riportando 10 e lode in tutte le prove el’anno seguente il diploma di Pianoforte apieni voti. Ciò mi aprì la strada all’incontrodecisivo della mia vita, quello con ArturoBenedetti Michelangeli. Allora il Maestrocopriva già da vari anni (dal 1939) la catte-dra al Conservatorio Statale di Musica,prima di Bologna (dove era stato chiamatoper chiara fama dal direttore Cesare Nordio)e poi, dal 1950, di Bolzano, dove tenevaanche un corso di perfezionamento.Fu la moglie, la signora Giuliana, a sugge-rirmi di chiedere un’audizione al Maestroper partecipare al suo corso di perfeziona-mento. Fu quello che feci con grande emo-zione e timore reverenziale. Il Maestro mirispose sollecitamente e mi fissò l’audizionea Bolzano. Eravamo nel ’52, il Maestro avevatrentadue anni e io venti. Il giorno fissato mirecai al Conservatorio di Bolzano e aspettaidalle 15 alle 19 senza che il Maestro si facessevivo. Me ne ritornai a Brescia, puoi immagi-nare con quanta tristezza e sconforto. Mapoco dopo il Maestro mi telefonò, chieden-domi perché non ero andato all’appunta-mento. Uno dei due si era sbagliato sull’ora-

rio, ma l’unica cosa importante per me erache il Maestro mi fissò un altro appunta-mento. Mi precipitai nuovamente a Bolzano.E qui avvenne l’incontro, indimenticabile.Bussai alla porta che l’usciere aveva indicato,vidi un ragazzo e pensai di essermi sbagliato,per cui mi stavo ritirando chiedendo scusa.Era, invece, proprio il Maestro. Mi invitò asedermi al pianoforte, lui si sedette in unangolo e mi ascoltò suonare per un’ora emezza senza fare parola. Alla fine, guardan-domi fisso e penetrandomi a fondo, mi chiese:“Ma tu cosa vuoi da me?”. Questo fu il primoimpatto con questo suo modo essenziale,penetrante, radicale di andare all’essenzadelle cose con poche parole, che era unadelle caratteristiche fondamentali della suapersonalità. Non ricordo bene che rispostabalbettai allora. Ma so bene oggi cosa avreidovuto rispondere: “Maestro, sono qui perimparare la musica, non il pianoforte, ma lamusica”. Cosa è la musica, qual è il suoruolo nella vita dell’uomo; per capire perchéè la musica che più e meglio di ogni cosa cifa sentire il senso del divino; perché tuttihanno diritto alla musica; perché la musicadeve parlare al cuore e non all’intelletto(secondo l’annotazione di Beethoven incalce alla Missa Solemnis: “Nata dal cuore,possa giungere al cuore”); perché la musicaesiste non quando se ne parla o se ne scrivema quando la si fa (da un grande concerto aun coro di bambini, al coro della S.A.T.);perché la musica richiede una “comunanzaaffettiva” (Liebesgemeinschaft) tra l’inter-prete e il suo pubblico. È infatti tutto questoche ho imparato dal Maestro, molto moltodi più che il perfezionamento della tecnicapianistica, molto molto di più di quello cheallora potevo immaginare e sperare. Ma dalui ho imparato tante altre cose, sul piano

Arturo Benedetti Michelangeli

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Il maestro Isacco Rinaldi

al pianoforte durante

una sessione del corso

di perfezionamento di

Arezzo del 1955.

La perfezione si fa musica

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umano e della serietà e rigore professionale.Per quanto riguarda il rapporto con gli allievil’aspetto che colpiva di più era la sua umiltàe la sua disponibilità, che non erano in con-trasto con la sua severità, anzi la spiegavanoe la giustificavano. La prima audizione diun’ora e mezza mi comunicò anche questagrande qualità del Maestro, che avrò poimodo di sperimentare e approfondire intante altre occasioni.Alla fine il Maestro mi disse: “Bene, si pre-pari studiando la Sonata in fa maggiore n. 5Primavera per violino e pianoforte diBeethoven e la Sonata per violino e pia-noforte di César Franck”, due stupendecomposizioni musicali con le quali ho poifatto anche i miei primi concerti. Iniziò cosìun rapporto tra noi che si è interrotto solocon la sua morte, il 12 luglio 1995, ed èdurato dunque quarantatré anni.

Parlami ora più in dettaglio dell’esperienzadidattica.Io seguii il corso di perfezionamento aBolzano e poi quello estivo di Arezzo,sospendendo ogni attività concertistica,concentrandomi sullo studio e sull’impegnodi assimilare il rapporto speciale con lamusica che emanava dal Maestro (“affidarsialla musica” egli amava ripetere). Poi diven-tai suo assistente sia di Bolzano che diArezzo nel 1959 e nel 1960. Mi pagava rego-larmente (mi dava cinquantamila lire) e mistabilii ad Appiano, sede della nuova scuola.Il corso di perfezionamento infatti si trasferìal castello Paschbach ad Appiano pressoBolzano, vicino al lago di Caldano a 416metri di altitudine, in mezzo ai vigneti,

castello di proprietà della Provincia.L’atmosfera del corso era severa e impegna-tiva, ma anche molto serena. Gli allievi ado-ravano il Maestro perché lo sentivano vicinoa loro, grazie a quella umiltà e dedizione dicui ho parlato prima. E lui percepiva questogrande, sincero affetto degli allievi e credoche ciò gli facesse bene. Lui amava stare congli allievi, a mangiare (era un buongustaio eun eccellente cuoco), passeggiare, scherza-re, chiacchierare, giocare a ping-pong ostare, tutti insieme, in una bella notte d’e-state a contemplare le stelle. Decisamentenessuno che ha frequentato le sue scuolepuò accettare il cliché di un uomo scontroso,chiuso in se stesso, egoista che gli hannocucito addosso soprattutto quelli che nonl’hanno conosciuto, o l’hanno lasciato solo,o l’hanno criticato in vita, salvo poi gettarsi,per approfittarne, sulla sua memoria, quandoè scomparso, a mo’ di avvoltoi. Era sempre adisposizione degli allievi che avevano biso-gno di consigli e chiarimenti riguardanti lostudio. Rappresentava per tutti gli allievi unesempio vivente di dedizione alla musica eallo studio. Mostrava loro non tanto con leparole ma con i comportamenti la via daseguire per ottenere sicuri miglioramenti.Come detto lo seguii anche alla scuola estivadi Arezzo. Grazie all’Associazione “Amicidella Musica” di Arezzo, il Maestro avevaattivato un corso di perfezionamento einterpretazione pianistica in quella città perla quale aveva una particolare predilezione.Il corso era estivo, rivolto a diplomati italia-ni e stranieri e del tutto gratuito (alcuniallievi erano addirittura ospitati dal Maestroe a sue spese. Il Maestro non percepiva com-

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Arturo Benedetti

Michelangeli e alcuni

allievi del corso di

Arezzo del 1962

durante una passeggiata

nella campagna toscana.

Arturo Benedetti Michelangeli

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penso ma, anzi, si addossava in parte lespese per gli allievi finanziariamente piùdeboli). Il primo corso ebbe luogo dal 26luglio al 31 agosto 1953 con 25 allievi. Fusospeso nel 1954 e 1955 a causa della malat-tia (tisi) del Maestro. Riprese nell’estate1956 (20 luglio - 20 agosto) con 30 allievi.E continuò, con crescente successo, nel1957, nel 1958, nel 1959 (dal 15 luglio al 30settembre con 30 allievi provenienti da 11nazioni: Italia, Australia, Bulgaria, Dani-marca, Gran Bretagna, Germania, Francia,Spagna, Polonia, Stati Uniti, Turchia) e nel1960. Io seguii il Maestro come assistente edirettore operativo dei corsi negli anni ’59 e’60. L’atmosfera del corso di Arezzo era

come quella di Bolzano, forse con una com-posizione più internazionale. L’impegno peril Maestro era grande anche perché eglidedicava gratuitamente a queste scuole pro-prio quel periodo estivo che di solito si dedicaal riposo.Le sue lezioni erano sempre individuali e,quindi, richiedevano un grande impiego ditempo e una limitazione del numero degliallievi ammessi, che non superavano quasimai la trentina. Ma le domande d’iscrizioneerano molto più numerose. Tanti eranoquindi gli esclusi e ciò dispiaceva molto alMaestro che sosteneva sempre: “Fare musicaè un diritto di tutti; la musica è per tutti”.Furono questi fattori (grande successo,necessità di armonizzare meglio gli impegnididattici di Bolzano e di Arezzo, opportunitàdi istituzionalizzare e stabilizzare l’iniziati-va e di allargarne le dimensioni con straor-dinarie potenzialità positive nel mondo

musicale internazionale) che indussero ilMaestro e l’Associazione “Amici dellaMusica” di Arezzo a sviluppare il progetto diuna “Scuola Superiore Internazionale diPianoforte, per pianisti diplomati, alledipendenze del ministero della PubblicaIstruzione, come i conservatori statali, masotto la esclusiva direzione e responsabilitàpedagogica e artistica del Maestro ArturoBenedetti Michelangeli”. Oggi diremmo: ungrande master internazionale di pianoforte,diretto dal più grande pianista del mondo eche, pur ancora giovane (nel 1959 non avevaancora quarant’anni), aveva già alle spalleventi anni di attività didattica, nella qualeaveva dimostrato non solo una straordinaria

vocazione didattica, ma una rara generosità.Nessun paese al mondo poteva offrire unapossibilità così eccezionale. Per questo, giu-stamente, l’istanza presentata dall’Associa-zione “Amici della Musica” di Arezzo alMinistero competente parla di un “immensoprestigio nel mondo” che l’iniziativa avrebbeportato all’Italia.La risposta fu il silenzio più assoluto. IlMinistero competente non diede una rispo-sta né un minimo segno di vita. Negli anni1959 e 1960 i ministri della PubblicaIstruzione furono Aldo Moro, GiuseppeMedici, Giacinto Bosco.Fu questo silenzio e questo sgarbo incredi-bile che portarono il Maestro a chiudere l’e-sperienza didattica pubblica che si concre-tizzò nel 1960, con le dimissioni da inse-gnante di conservatorio. Ho letto che CesareNordio, direttore del Conservatorio diBolzano che si mosse nella stessa direzione,

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Un sorridente Arturo

Benedetti Michelangeli

tra Isacco Rinaldi

(a sinistra) e il

segretario del corso

di Arezzo del 1959.

La perfezione si fa musica

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avrebbe ottenuto dal Ministero l’autorizza-zione a dar vita a un corso pianistico inter-nazionale di alto livello da affidargli. Ma eratardi. E poi il Maestro, dopo venti anni digrande generosità didattica voleva una scuo-la e non più un corso. Io non conosco que-sti sviluppi di cui ho letto. Ma posso solotestimoniare che un giorno, scendendodall’Alpe di Poti verso Arezzo, mi disse congrande amarezza e delusione: “È finita. Lacompagnia si scioglie. Tanto lavoro e tantoimpegno per niente!”. Fu qui che si con-sumò la sua prima vera rottura intellettualee sentimentale con il sistema Italia, chepochi anni dopo precipitò con il suo defini-tivo abbandono del Paese a seguito dellenote vicende giudiziarie. Dopo le sue dimis-sioni vi fu dal Ministero qualche altra inizia-tiva scomposta: gli proposero di andare aRoma a insegnare all’Accademia “S. Cecilia”,ma inquadrato nell’istituzione come unnormale maestrino. Eppure la scuola delprogetto di Arezzo sarebbe costata nemmenoun decimo della più piccola sezione staccatadi un normale conservatorio e avrebbe col-locato l’Italia come centro della pianisticamondiale. Il Maestro non perse l’amore perl’insegnamento ed ebbe altre occasioni disoddisfare questo amore ma ormai semprein chiave privata. Anche ad Arezzo si prose-guì, in misura ridotta, per alcuni anni, credosino al 1965. Ma nel 1960 si chiuse unagrande pagina, si perse una enorme oppor-tunità che avrebbe fatto dell’Italia il centrodel pianismo mondiale.

Dopo la chiusura dell’esperienza didattica,come proseguì il vostro rapporto?Io, su segnalazione del Maestro, nel 1960avevo partecipato al concorso per la cattedradi Pianoforte al Conservatorio di Ferrara eavevo vinto il concorso. Mi sembrò ovvio enaturale lasciare Appiano e trasferirmi aFerrara. Questo contrariò il Maestro perchépensava che avrei continuato a stare adAppiano, andando avanti e indietro. Ma poi,in occasione di un suo concerto alla Fenice,lo incontrai e avemmo un totale chiarimen-to che portò a una ripresa piena dei nostrirapporti. Avemmo un chiarimento anchesulla mia presenza ai suoi concerti. In pas-sato mi aveva vietato di andare a sentire isuoi concerti. Gli chiesi il senso di questodivieto. E lui rispose: “Perché tu devi suona-

re come ti dico di suonare e non come misentite suonare”. Ma io ribadii: “Ma Maestroio ho bisogno di sentirla suonare, non tantoper imparare ma per la gioia di sentirla faremusica”. Dopo qualche tempo ricevetti l’in-vito a un suo concerto straordinario aLugano, per domenica 5 aprile 1981. Miaveva riservato un posto proprio davanti alui, sicché durante il concerto ci guardam-mo ripetutamente. Ho partecipato a tanticoncerti di Arturo Benedetti Michelangeli.Ma quel concerto, quella sera fu assoluta-mente memorabile. Il programma prevede-va le due Sonate di Beethoven op. 26 e 22, laSonata in la minore D. 537 di Schubert e lequattro Ballate op. 10 di Brahms. Sono certoche molti luganesi ricordano ancora quellastraordinaria serata. Sempre grandissimo,quella sera fu divino; si sentiva un contattomisterioso con qualcosa che era al di là ditutti noi, al di là dello stesso Maestro, cisembrò, quella sera, che ci avesse porto lasua anima. Mentre quasi annichilito miaccingevo a uscire, l’altoparlante chiamò: “Ilmaestro Isacco Rinaldi è pregato di recarsidal maestro Arturo Benedetti Michelangeli”.Mi precipitai da lui e ci stringemmo in unabbraccio straordinario, intensissimo. Nonlo avevo mai visto così felice, così sereno, diuna felicità così intima. Anche lui sentivache quella sera aveva raggiunto veramentequello che per lui era: fare musica. Mi trat-tenni per alcuni minuti, poi mi congedòdicendomi: “Ora ti devo lasciare. Vedi, mihanno portato la cena; mangio un boccone e

poi mi rimetto a lavorare”. Fui molto colpi-to: dopo quel miracolo e quel trionfo ilMaestro, con grande umiltà, si rimetteva alavorare per il concerto successivo. Ho lettoche il maestro Giulini avrebbe dichiaratoche per il Maestro suonare il piano era unasofferenza e un tormento. Bisogna vedere in

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Benedetti Michelangeli

durante il concerto del

7 aprile 1981 all'audito-

rium di Besso della

Radio Svizzera Italiana.

Arturo Benedetti Michelangeli

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che contesto e con che significato questafrase è stata pronunciata. Ma certo quellasera a Lugano per il Maestro suonare ilpiano non fu sofferenza: fu anzi gioiaprofonda, intima, genuina. E così sarà gioiatante altre volte. Il Maestro aveva un naturalefelicissimo rapporto con il pianoforte, stru-mento che “col duro lavoro” gli ha consen-tito di scoprire e rivelare le emozioni piùintime e vere riposte nella musica per lagioia e la felicità di tutti noi. Altre erano lecose che lo facevano soffrire, ma non certo ilpianoforte. Quando non raggiungeva il livel-lo qualitativo a cui aspirava, quando l’operarisultava incompiuta era insoddisfatto. Maquesto non per un’ansia di perfezionismofine a se stessa, come molti hanno fattointendere, ma perché lui era sempre allaricerca della verità, di quello che l’autorenon scrive in quanto implicito nel rapportoesistente fra i vari elementi in gioco, ma cheva rivelato per rispetto assoluto della musica,per il pubblico, per il dovere morale e profes-sionale dell’eccellenza. “Non lasciar mai nullaal caso” mi disse proprio quella sera a Lugano.Seppi poi che il grandissimo BenedettiMichelangeli era da una settimana a Lugano,rinchiuso nell’auditorium, con il suo accorda-tore, per preparare quel concerto che aprì lenostre anime verso il soprannaturale.

Ci avviamo verso la fase finale di questa vitastraordinaria...Nel frattempo il Maestro si era staccato defi-nitivamente dall’Italia, mentre io, nel 1969,avevo vinto il concorso di direttore del LiceoMusicale di Modena, dove ebbi la possibilitàdi cercare di far penetrare nell’attività diquell’istituto un po’ dei suoi insegnamenti,un po’ della sua professionalità, un po’ delsuo amore per la musica. Continuammo avederci, ma ciò diventava sempre più difficile.Dovevo andare a trovarlo a Pura. Nel 1984 e1985 il Maestro fu colpito da un secondograve infortunio sul piano della salute, delquale poco o nulla si parla nei testi che hoavuto modo di vedere, anche perché chi loseguiva cercò di tenerlo nascosto. Fu colpitoda una grave forma di paresi, che per uncerto periodo gli tolse l’uso della parola e glibloccò totalmente la mano destra. Quandoincominciò a riprendersi lo andai a trovaree lo trovai molto triste e amareggiato.“Ancora una volta - mi disse - sono costretto

a ricominciare da capo, come un bambino”.Fu allora che incominciai a pensare chebisognava liberarlo dall’obbligo (economi-co) di fare concerti. Ritornò, questa voltaanche con altre motivazioni, l’idea di unagrande scuola dove il Maestro, liberato dalle

necessità economiche grazie a un buoncompenso, potesse concentrarsi nell’impe-gno di trasmettere il suo straordinario, irri-petibile rapporto con la musica e limitasse almassimo, secondo la sua volontà, l’attivitàconcertistica.Il suo rientro concertistico avvenne a Zurigoil 16 maggio 1986, con un programma diChopin, op. 35, Debussy, Images Serie I e II;la seconda parte che prevedeva Ravel, Valses

Nobles e Gaspard de la Nuit non ebbe luogo.Io c’ero e sapendo che pochi mesi prima lasua destra e la sua parola erano paralizzatemi rendevo ben conto di che sforzo immanedoveva rappresentare per lui quel concerto.In aggiunta, in sala, la temperatura era alta,l’umidità altissima, le condizioni del pianocattive. Ammirai molto la sua forza d’animonel portare a compimento la prima parte diun concerto che non era, in alcun modo,proseguibile. Quella sera gli volli più benedel solito e odiai profondamente alcuni degliavvoltoi che si aggiravano nella sala, uno deiquali venne da me e mi disse: “Non è piùlui”. Non trovo questo concerto nella giàmenzionata cronologia di Harry Chin eCarlo Palese, ma bisogna rimediare perchéquesto fu un concerto di alto significato. Lasofferenza della malattia l’aveva portatoancora più in alto. Io, nel frattempo, nel

Arturo Benedetti

Michelangeli e

l'accordatore Guido

Vicari in quella che

probabilmente è l'ultima

fotografia del Maestro,

scattata a Pura nel

gennaio del 1995.

La perfezione si fa musica

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1984 avevo lasciato Modena e accettato ladirezione dell’Istituto Musicale Pareggiato“Gaetano Donizetti” di Bergamo, un istitutodi prestigio e di antica storia (è stato costi-tuito nel 1804). Lo feci anche per essere piùvicino al Maestro e per avere più possibilitàdi andarlo a trovare. Da Bergamo andaispesso a trovarlo a Pura. Anche se lui era,come sempre e più di sempre, persona dipoche parole, parlavamo di tante cose. Eramolto informato su tutto. Soprattutto facevatante domande su Brescia, sul lago di Garda(che amava, soprattutto Limone), suBergamo dove anni prima aveva tenuto uncorso di perfezionamento, suscitando peral-tro scarso interesse locale. Conservava il suoantico amore per la buona cucina e per laFormula Uno e le macchine veloci.Cercai di proporre a Bergamo un corso dialto perfezionamento diretto dal Maestro,anche per liberarlo dal bisogno di dare con-certi. Proposi di organizzarlo con laGioventù Musicale (di cui era presidenteBulla). Non so se il Maestro avrebbe accettato.Non gliene parlai, perché non era personacui fosse possibile proporre una sempliceipotesi. Se il progetto si fosse finalizzato,glielo avremmo sottoposto. Ma il progettonon si concretizzò e cadde per l’ostracismodegli ambienti musicali locali. Quando, allafine, gliene parlai mi disse: “Io ho finito conqueste attività. Fallo tu”.Poi, nel 1988, il Maestro ebbe il grande inci-dente all’apparato cardiaco con il severo erischioso intervento chirurgico. Io lo incon-

trai, per l’ultima volta, circa sei mesi dopol’operazione. Fu un incontro molto triste.Mi ricevette nella casa di Pura, nella suastanzetta piccola e disadorna come una celladi frate. Il suo accordatore di fiducia,Tallone, mi aveva detto che era un terziariofrancescano. Il suo funerale è avvenuto insemplicità francescana, con la bara appog-giata al pavimento dell’altare. Tanti anniprima era stato spesso, per periodi di rige-nerazione, nel convento francescano dellaVerna. Io non so se fosse veramente un ter-ziario francescano, ma non ho mai avutodubbi che fosse, nella sostanza, un veromonaco: il lavoro per lui era una preghiera.Non vorrei parlare degli ultimissimi anni,che furono per lui molto tristi. Io non andaipiù a trovarlo a Pura perché non volevoaggiungere tristezza a tristezza e perché eroin disaccordo con il modo con cui era quasisegregato da Maria-José Gros Dubois e dallasignora Lotti Lehmann. Ma seguii i suoiconcerti (memorabili quelli a Monaco del1992 in occasione dell’ottantesimo com-pleanno di Celibidache), gli scrivevo tenen-dolo informato delle mie attività e telefonavoalle signore per essere informato e per con-fermare la mia disponibilità per ogni neces-sità. Ma ricevevo solo risposte evasive e ras-sicuranti: “Il Maestro sta bene, il Maestro stabene”. Quando perdette la casa a Pura esoprattutto le baite di Rabbi che tantoamava soffrì molto. Così come lo faceva sof-frire sentire che del suo grande divino sforzodi insegnare la musica non sarebbe rimasto

[XXV]

Il Maestro in

un'immagine privata

della maturità.

[XXVI]

Arturo Benedetti Michelangeli

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nulla. Forse, unendo le forze e mobilitandoi tanti amici veri di Arturo BenedettiMichelangeli, si poteva fare sì che le coseandassero in modo diverso.

Io ricordo Benedetti Michelangeli giovanis-simo, dai 20 ai 27 anni a Brescia, e ho avutomodo di analizzare dei documenti originalidi quell’epoca che attestano la sua attivitànon solo concertistica ma di promozione eorganizzazione dell’attività musicale a Bre-scia. Ne emerge la figura di un artista giàgrande, pieno di slanci e di generosità e hocercato di illustrare e documentare ciò in unbreve scritto che tu hai visto. Tu l’hai fre-quentato anche nella piena maturità quandosi era concentrato nella grande attività con-certistica e didattica. E poi lo hai frequenta-to anche nella parte finale della sua vita.Quali analogie e differenze, quali continuitàe discontinuità vedi tra queste fasi della suavita? Avrai compreso che voglio cercare dicapire quali valori, quali convinzioni, qualisentimenti di Benedetti Michelangeli sonorimasti stabili nel corso della sua vita, al dilà degli inevitabili aggiustamenti che levarie fasi della vita portano con sé.Le sue concezioni di fondo della musica edella vita sono rimaste di una straordinariastabilità e coerenza. Come hai scritto tu sinda giovane era “non solo un grande pianista,ma un Maestro, nato grande, senza età”. Èimpressionante ricostruire la grande conti-nuità tra le sue idee sulla musica nelle suelettere e nei pochi scritti giovanili, con quel-lo che insegnava nei suoi corsi e con quello

che ha sempre creduto e testimoniato sinoall’ultimo. Le difficili prove della vita lohanno certamente portato a un continuoapprofondimento, talvolta a dolorosi appro-fondimenti, ma non hanno mai intaccato isuoi valori di fondo. Evoluzioni certo ne haavute anche lui e, talora, qualche involuzio-ne, ma su aspetti non centrali. Su tutti itemi di fondo e soprattutto su quello che siriferisce alla musica la sua coerenza neltempo è sbalorditiva. Parlo della concezionedi fondo della musica e del suo rapporto conla vita e non dell’evoluzione stilistica einterpretativa che fu ovviamente importanteed ebbe le sue fasi e le sue evoluzioni.

Che cosa era la musica per BenedettiMichelangeli?Tutto. La musica era la vita. Nel 1954 , quandodovette lasciare ogni attività a causa dellatisi, scrisse alla mamma di un allievo a luicaro: “Sono nove lunghi mesi che ho abban-donato tutto e per tutto intendo dire la cosapiù cara, l’unica ragione della mia vita: laMusica”. Era una persona colta, informata,curiosa, con tanti interessi e non certo il“musone” che ci hanno voluto far credere.Ma poi le cose veramente essenziali per luierano due: la musica e l’insegnamento.Tutta la musica, non solo il pianoforte. IlMaestro aveva studiato non solo composi-zione ma anche violino. Il suo senso dellegato deriva dal violino, dall’organo e dallavoce umana. Certi colori, suoi e unici, nonderivano dal pianoforte ma da altre fonti, daaltri stimoli che lui applicava, portava al pia-noforte. Era un persona complessa e colta.Sapeva tante cose. Ma della musica sapevasemplicemente tutto. Aveva una enormesapienza musicale e, contrariamente allesciocchezze che sono state scritte, unimmenso repertorio.

Che cosa era il pianoforte per BenedettiMichelangeli?Era un semplice strumento, certamente, mauno strumento senza il quale non si fa musica.E quindi elemento essenziale. Era come ilcoro della S.A.T. per i canti di montagna. Selo strumento ha un’intonazione perfetta,come il coro della S.A.T., i canti di montagnasono mirabili. Se il coro è stonato o pocoamalgamato i cori diventano brutti. Beethovenè praticamente nato insieme al pianoforte.

Il Maestro durante

una pausa distensiva, in

compagnia dell'imman-

cabile sigaretta.

[XXVII]

La perfezione si fa musica

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La sua opera pianistica è stata anche unaricerca continua delle possibilità espressivedel nuovo strumento. Sino alla 111, dovetrae dal nuovo strumento tutto quello chenessuno, forse nemmeno lui stesso, pensavapossibile sino a pochi anni prima. Lo stru-mento deve essere perfetto per poter ottene-re dallo stesso il massimo. La sua attenzioneallo strumento, che alcuni idioti hanno trat-tato come una specie di mania, era rispettoper la musica, per il pubblico, per il faremusica, era la naturale conseguenza dell’e-sigenza di esprimere compiutamente il con-tenuto della musica. E al contempo eraricerca continua di nuove possibilità espres-sive. Il pianoforte è uno strumento, anchemeccanicamente, estremamente complesso,ed è molto sensibile all’umidità, al freddo,alle condizioni esterne in generale. Per capireche la sua attenzione al pianoforte non erauna mania, come alcuni critici idioti hannovoluto far credere, basta leggere cosa diconosul tema i grandi tecnici, che con lui hannocollaborato. Angelo Fabbrini, ad esempio,con molta efficacia ha detto: “Per lui il pia-noforte era come un grande violino; lui eralì a curarne tutti i minimi turbamenti ed erain grado di viverli insieme allo strumentoche amava e odiava (perché era fonte deisuoi tormenti). Viveva come un grande vio-linista vive con il suo Stradivari e noi cheabbiamo lavorato con il Maestro siamo statiun po’ come i liutai dei suoi strumenti. Èstata una grande scuola per tutti quelli chehanno lavorato con lui, come anche per lecase costruttrici, che nutrivano una stimaincondizionata nei confronti del Maestro”.

Che cosa era l’insegnamento per BenedettiMichelangeli?Credo di non dovermi ripetere ma solo sot-tolineare una volta di più che l’insegnamentoera per lui parte integrante del fare musica.Fare musica vuol dire anche insegnaremusica. Le due cose erano per lui inscindi-bili. E questo sin dall’inizio. Il suo amicoAngelo Corelli nel 1943 (il Maestro ha 23anni) annota nel suo diario: “Oggi mi haparlato del suo grande interesse, direi amoreper l’insegnamento”. Da qui il grande spa-zio, la grande passione e la grande genero-sità riversata sull’insegnamento. Era natu-ralmente esigentissimo, con sé e con tutti.Aveva un grande rispetto del lavoro e non

tollerava cadute in questo senso. Ma avevaun grande rispetto per gli allievi. Voleva chefosse l’allievo a scoprire la soluzione e nonche questa venisse imposta dall’insegnante.Voleva che imparassimo a scoprire cosa c’èdentro il testo. Diceva che fare musica ècome salire lentamente una montagna che,piano piano, ti prende. Bisognava lasciarsiprendere, “affidarsi alla musica”. Nutriva ecomunicava una grande gioia quando unallievo suonava particolarmente bene. Erauna persona e un insegnante di una dolcezzaincredibile. Anche per questo quando videche questo suo amore e questa sua genero-sità non erano né capiti né apprezzati da chidoveva capirli e apprezzarli si dimise da pro-fessore di conservatorio.

Come spieghi il suo amore per i canti dimontagna?

Non so distinguere tra l’amore per i canti dimontagna e l’amore per il coro della S.A.T. IlMaestro aveva studiato composizione, sapevascrivere musica e, nei primi anni, ne scrisseanche. Armonizzò per la S.A.T. vari canti dimontagna (circa una ventina). Era attrattodalla misteriosa perfezione dell’intonazionedel coro della S.A.T. Quei cori rappresenta-vano una magica combinazione di delicatearmonie con uno strumento straordinario.Ad alcuni allievi faceva ascoltare esecuzionidel coro della S.A.T. sia per far conoscere ilpeculiare repertorio sia per far sentire eprendere coscienza (apprendere) la formida-bile capacità emozionale dell’intonazionenaturale espressa dalla voce umana e chesoltanto la voce umana è in grado di espri-mere compiutamente.

Puoi fare un bilancio di questi corsi? Checosa hanno prodotto? Che cosa è rimasto?Qual è l’eredità principale che ha lasciato ate personalmente Benedetti Michelangeli?

Arturo Benedetti

Michelangeli mentre

"dirige" alcuni compo-

nenti del coro della

S.A.T. a Madonna di

Campiglio, il 13 settem-

bre 1976, durante

i festeggiamenti per il

50° anniversario del

coro stesso.

Il rapporto del pianista

con il sodalizio tridenti-

no iniziò nel marzo del

1946, continuò per

anni in modo cordiale

e proficuo e portò

all'armonizzazione di

19 canti di montagna.

[XXVIII]

Arturo Benedetti Michelangeli

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Credo che nelle scuole ufficiali, nei conser-vatori, quell’insegnamento, quei corsi nonabbiano prodotto niente. Esse sono solida-mente impermeabili a questi fenomeni. Ècome chiedersi che cosa ha lasciato nellascuola ufficiale la scuola di Barbiana di DonMilani. Quei corsi hanno invece lasciatomolto a tutti gli allievi che li hanno frequen-tati. E, sperabilmente, attraverso di loro,sono penetrati, in parte, anche negli inse-gnamenti e nel modo di fare musica con iloro allievi. È talmente grande quello che il

Maestro ha lasciato a me che è difficilerispondere alla tua domanda. Mi ha, sempli-cemente, insegnato la musica nel suo insie-me. Mi ha insegnato la musica come scoper-ta che non finisce mai, la musica come lasalita di una montagna, lunga, lenta, pazien-te, alla ricerca delle cose più nascoste. E miha anche lasciato la convinzione che la musicaè semplicità, limpidezza e non astrusità.

Hai già detto tante cose di lui. Ma se ti chie-dessi di esprimere in una sola frase la carat-teristica di fondo della sua personalità e delsuo agire quale parola o espressione useresti?Direi quello che ho già detto sopra: il lavorocome preghiera e il fare musica come andarealla ricerca di Dio. Lasciami anche dire chechiunque abbia lavorato con lui porta con séuna incancellabile lezione di serietà e rigoreprofessionale assoluti. Anche il mito dei con-certi annullati va ricondotto alla verità. Queiconcerti annullati furono molto meno diquanto si favoleggia e ogni volta c’erano

ragioni fondate e importanti, o legate allasua delicata salute, o a condizioni non tran-quillizzanti sul luogo e sulla organizzazionedel concerto, o al mancato rispetto dellecondizioni pattuite da parte degli organizza-tori. Come ha detto Celibidache, ogni voltache Michelangeli poneva in dubbio la realiz-zazione di un concerto “sentivo che c’era die-tro una ragione musicale e non un capriccio”.

In varie occasioni abbiamo vissuto comunisentimenti di insofferenza per come la per-sonalità di Arturo Benedetti Michelangeli èstata illustrata da molti critici e da partedella stampa. Vorrei cercare di approfondirele ragioni di questa insofferenza, per sottoli-neare quegli aspetti della personalità e del-l’insegnamento di Benedetti Michelangeliche noi sentiamo ignorati se non distorti.Credo che tutto ciò emerga da quanto abbia-mo detto sino ad ora. La tua analisi delprimo periodo pone in chiara luce un uomodi straordinaria generosità. I miei ricordi deicorsi di perfezionamento e il ricordo di tuttigli allievi e le testimonianze degli enti orga-nizzatori dei corsi confermano la figura diun Maestro di enorme generosità. Io nonconosco nessun altro grande musicista ointerprete italiano che si sia speso tanto egratuitamente per i giovani. Ma chi ha scrittociò con la dovuta evidenza? Era un grandis-simo professionista e l’hanno descritto comeuna specie di maniaco. Era un grande musi-cista a tutto tondo e l’hanno descritto comeuna specie di virtuoso senz’anima. Il sensoreligioso era parte essenziale della sua arte,ma anche quest’aspetto centrale è statoignorato. Era alla ricerca della perfezione equesto è stato talora quasi motivo di dileg-gio, senza capire che la perfezione di cui eraalla ricerca Arturo Benedetti Michelangelinon era la perfezione dell’esibizionista e del-l’egocentrico ma la perfezione evangelica:siate perfetti come è perfetto il Signore cheè nei cieli, colui che vi ha creato a sua imma-gine. Hai scritto molto bene: era un uomodel nostro tempo ma “rifuggendo alle per-verse caratteristiche del nostro tempo: lasuperficialità, la fretta, il marketing, l’avi-dità”. È il suo rifiuto di queste malattie delnostro tempo che lo hanno reso così difficileda capire da parte di chi, invece, è intossicatoda queste malattie.La madre di Benedetti Michelangeli, Angela

Arturo Benedetti

Michelangeli con l'allie-

vo Renato Premezzi

all'Accademia

Internazionale Pianistica

presso la Vigna del

Gerbino di Moncalieri

il 30 dicembre 1961.

[XXIX]

La perfezione si fa musica

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Paparoni di Terni, maestra, era una personadi grande severità e durezza. Forse ciò deter-minò carenze affettive per il bimbo Arturo,che entreranno nella formazione della suacomplessa personalità. Ma non ebbe maidubbi sulla grande vocazione del figlio e losostenne in tutti i modi anche con sacrificinon piccoli come quello di permettergli diseguire la scuola privata del maestro Anfossia Milano, dove lo accompagnava personal-mente. Un giorno la madre mi raccontò que-sto episodio: Arturo nacque il 5 gennaio(1920) alle ore 24.00; fu una nottata specialeperché, pur essendo nel cuore dell’inverno,vi era un temporale con tuoni e fulmini; a uncerto punto un fulmine e il relativo tuonoesplosero con tanta forza da far cadere unquadro appeso sopra la spalliera del lettodove la mamma si trovava in attesa di parto-rire; pochi minuti dopo nacque Arturo.Tante volte ho ripensato a questo episodio e alsuo significato simbolico. Arturo BenedettiMichelangeli è come un fulmine estivo cheesplode in una oscura notte di pieno inverno,un fulmine che illumina il grigio invernodella nostra mediocrità. Per questo, mentreil pubblico l’ha amato e i suoi allievi l’hannoadorato, molti intellettuali hanno cercato disminuirne la figura. Come ha detto benissimoGiorgio Pestelli (in Arturo Benedetti Miche-

langeli. Il Grembo del Suono): “BenedettiMichelangeli non stava bene nel sistema;non era fuori dalla cultura, era fuori dall’or-ganizzazione della cultura, che è cosa bendiversa”. Come ha detto Edmond de Stoutz(il grande fondatore e direttore della famosaOrchestra da Camera di Zurigo): “Piace ilsuo modo di suonare ma non il suo modo diessere uomo perché il mondo non è onesto.[...] Michelangeli è come un cristallo, chiaro,definito, sfaccettato, il cristallo è al serviziodella luce”.Non si tratta di coltivare miti. BenedettiMichelangeli, come tutti, ebbe le sue debo-lezze, le sue lacune, le sue manie, i suoierrori, i suoi limiti. Ma si tratta di reagirecontro le distorsioni della sua personalitàche sono diventati cliché dominanti, nono-stante le testimonianze vere di chi l’ha real-mente conosciuto, da Celibidache a Edmondde Stoutz e ad Alceo Galliera (“Aveva un bel-lissimo carattere allora e non era certo bur-bero come lo si dipingeva”), da GiorgioPestelli (“Era un uomo aperto, leale, socie-

vole”) ai suoi allievi (si vedano le ricche testi-monianze in Arturo Benedetti Michelangeli.

Il Grembo del Suono) e ai suoi accordatori.Alimentare questi cliché rende difficile pre-servare e trasmettere l’essenza della sualezione che non fu una lezione di virtuosi-smo pianistico, ma di musica, di umanità edi generosità. Perché, come ricorda nella suatestimonianza Emilia Bonzi (nipote di queiLentati che tanto aiutarono il decollo delgiovane Arturo) rifacendosi a una fonte chenon precisa: “Benedetti era un vero musici-sta e non un affarista del pianoforte”.Quando l’attacco di cuore lo colpisce aBordeaux il 17 ottobre 1988 sta tenendo unconcerto di beneficenza per le vittime delleinondazioni di Nimes. E la sua biografia èpiena di generosità finanziaria, dai primidocumenti della “S. Cecilia” da te citati atutto quello che fece per i corsi di perfezio-namento e a tanti concerti gratuiti per rac-cogliere fondi per scopi culturali o sociali.Ma la generosità finanziaria era solo unamanifestazione di una generosità più grande,di una generosità totale. Eppure c’è chi hacercato di illustrarlo come un ragazzo viziato,capriccioso ed esibizionista.

Intensa immagine di

Arturo Benedetti

Michelangeli. La

fotografia fu utilizzata

per la locandina del

recital di Londra

dell'8 giugno 1965 e

per alcune copertine di

edizioni discografiche

EMI, tra cui quella dei

concerti di

Rachmaninov e Ravel

con la Philharmonia

Orchestra diretta da

Ettore Gracis nel 1957.

[XXX]

Qualche anno fa insieme tentammo di darvita a una fondazione a Brescia che si prefig-gesse due obiettivi: la raccolta meticolosa ditutta la documentazione esistente a livellomondiale su Arturo Benedetti Michelangeli,il mantenimento e il rinnovamento del suoinsegnamento attraverso corsi di formazio-ne musicale. Purtroppo l’insensibilità dellacittà che gli diede i natali e la meschinità dicerte persone fecero naufragare il tentativo.Tuttavia l’opera di due studiosi (StefanoBiosa e Marco Bizzarini) ha creato unCentro di Documentazione “ArturoBenedetti Michelangeli” che sta facendo unimportante lavoro di ricerca e catalogazionedi documenti e articoli, svolgendo inoltreattività editoriale, pubblicistica e di studio epromuovendo conferenze, concerti e conve-gni in memoria del Maestro. Il Centro meri-terebbe qualche sostegno finanziario pubbli-co e privato. Ma resta irrealizzato il sogno diun luogo didattico dove si insegni la musicae il pianoforte come li intendeva lui, dove sene serbi una memoria vivente. Secondo te èun sogno ancora realizzabile, magari aLugano, o dobbiamo riporlo ordinatamentenel cassetto?È una iniziativa che abbiamo il dovere mora-le di intraprendere. Ho raccontato come cer-cai di dare vita a una nuova scuola di perfe-zionamento a Bergamo, vivente il Maestro,anche per cercare di rendere meno duri gliultimi anni dell’isolamento di Pura. Ma nonriuscii. Nel 1994, con l’entusiastico sostegnodi Massimo Rocca, sindaco di Desenzano delGarda, diedi vita al Concorso Pianistico

Internazionale “Arturo Benedetti Michelangeli”che si svolse per cinque edizioni (dal 1995 al2000) e a un corso di perfezionamento pia-nistico al fine di trasmettere ai giovani inte-ressati gli insegnamenti ricevuti dal miomaestro. Della mia attività tenni costante-mente informato Maestro Arturo con telefo-nate e lettere. Nell’ultima lettera, del 3marzo 1995, dicevo: “Per tutto il tempo dellamanifestazione abbiamo avvertito il beneficoinflusso spirituale del mio incommensurabi-le Maestro Arturo, rievocato attraverso gliinsegnamenti che trasmettevo loro nel corsodelle lezioni. I ragazzi hanno compreso pie-namente il grande valore dell’umiltà dellavoro, e del rispetto della musica”. Ricevettiapprezzamenti a livello nazionale e interna-zionale. Mi piace ricordare quello di SalamitaAronovsky, fondatrice e presidente del WorldPiano Competition di Londra, uno dei piùprestigiosi concorsi pianistici del mondo.Persino il maestro Orizio mi scrisse unasimpatica lettera di approvazione. Ma il soste-gno a queste iniziative venne meno col cam-bio politico dell’Amministrazione comunaledi Desenzano e si dissolse unitamente al pro-getto di istituzione del Centro Studi “ArturoBenedetti Michelangeli” che si stava elabo-rando e che prevedeva fra i soci fondatori esostenitori lo stesso comune di Desenzanodel Garda. Tra le iniziative attuate in quelperiodo è da ricordare per la sua importanzala mostra Gaspard de la Nuit dove sono stateesposte le pagine del testo musicale omonimodi Ravel appartenuto a Benedetti Miche-langeli, che lui mi ha donato dicendomi:“Tienilo tu”. Unitamente al testo musicale,ricchissimo di preziose annotazioni delMaestro, vennero esposti alcuni suoi ritrattie nove collage sul tema di Gaspard realizza-ti dal pittore Nani Tedeschi. Di quest’ultimainiziativa venne informata la casa editriceDurand di Parigi che non mancò di manife-starci il suo plauso e interesse. Poi venne ilnostro tentativo di qualche anno fa che turicordi e che, pure, non trovò il necessarioascolto.Il Centro di Documentazione di Brescia stafacendo un ottimo lavoro. Ma come il Maestrodiceva la musica si fa facendola. Il tema diconservare e rinnovare, facendo musica, isuoi straordinari insegnamenti è rimastosenza risposta. Si può ancora fare? Non credopiù ai miracoli ma tecnicamente devo dire di

Il manifesto di una

delle edizioni del

Concorso Pianistico

Internazionale "Arturo

Benedetti Michelangeli",

organizzato dalla città

di Desenzano del Garda

dal 1995 al 2000.

Arturo Benedetti Michelangeli

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[XXXI]

La perfezione si fa musica

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sì, credo che si possa fare. Molti suoi allievisono ancora vivi e credo che alcuni risponde-rebbero a una chiamata del genere. C’è moltomateriale ancora da studiare, come gli sparti-ti con le sue annotazioni. Il Maestro mi halasciato, oltre al citato Gaspard de la Nuit,anche Carnaval op. 9 di Schumann e Valses

Nobles et Sentimentales di Ravel, di straor-dinario interesse. Dovremmo collegare allascuola anche il Centro di Documentazionedi Brescia, per ricomporre il disegno cheavevamo qualche anno fa. E poi avremmobisogno di un po’ di fondi per dare un assettostabile alla scuola. Sarebbe bello realizzarlavicino alla sua semplice tomba di Pura.L’ultimo tentativo del Maestro di creare unascuola che preservasse quanto fatto contanta fatica, fu, del resto, proprio a Luganonegli anni 1970 e 1971. Ma anche questotentativo, pur lui vivente e ancora nel pieno

della maturità, naufragò. Perché? Perché perfare qualche cosa del genere bisogna amarela musica; credere che abbiamo bisogno dimusicisti veri e non di affaristi della musica;bisogna credere all’utilità di tutti i valoripositivi che lui incarnava; bisogna amare ilcristallo chiaro, definito, sfaccettato, al ser-vizio della luce. C’è ancora spazio per questivalori nella nostra cultura?

* Pianista, già Professore al Conservatorio

“G. Frescobaldi” di Ferrara e all’Istituto Musicale

Pareggiato “O.Vecchi” di Modena e Direttore

dell’Istituto Musicale Pareggiato “G. Donizetti”

di Bergamo

Arturo Benedetti

Michelangeli mentre

si allontana dalla sua

Jaguar a Lugano,

nel febbraio del 1971.

Il Maestro aveva una

vera e propria passione

per le auto e possedette

più di una Ferrari.

La perfezione si fa musica

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I miei incontri con Arturo Benedetti Michelangeli

di Lidia Kozubek*

Benedetti Michelangeli sorpreso in un insolito

e curioso atteggiamento al termine di un concerto

degli anni Cinquanta.

Arturo Benedetti Michelangeli

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Il mio primo incontro con l’arte di questogrande musicista avvenne parecchi anni orsono, molto prima del suo viaggio inPolonia. Fu quando trasmisero alla radio ilConcerto per pianoforte in la minore diRobert Schumann. Mi colpirono non solo ilsuo bel cognome, che rievocava i grandiartisti del Rinascimento, ma anche l’ecce-zionale calore dell’interpretazione musicale,per quanto all’epoca fossi sotto l’influsso diun’estetica “oggettiva” dell’esecuzione.Un secondo incontro con l’arte di Miche-langeli ebbe luogo nel 1955, al tempo deiconcerti che egli tenne a Varsavia: in quel-l’occasione era membro della giuria delConcorso internazionale “Fryderyk Chopin”.Fin dalle prime battute della Ciaccona diBach nella rielaborazione di Busoni rima-nemmo tutti sbalorditi. In seguito ascoltam-mo l’interpretazione fulgida della Sonata indo maggiore op. 2 di Beethoven, quindi ilCarnevale di Vienna op. 26 di Schumann -eseguito con ardore e verve giovanili - peressere finalmente incantati dalle Variazionidi Brahms su un tema di Paganini. Ricordocome nella galleria della FilarmonicaNazionale - il mio posto era dietro la filaoccupata dalla giuria, i cui celebri membriavrebbero poi dato concerti uno dopo l’altro,appena concluse le audizioni degli iscritti alconcorso - si diffuse un brivido invisibile.Ciascuno si rivolse agli altri con un’espres-sione di meraviglia e addirittura d’incredu-lità per il fatto che potesse esistere sulla

terra qualcosa di simile all’arte pianistica diArturo Benedetti Michelangeli. Tale stuporesi fuse con l’ammirazione suprema!Al termine del concerto l’artista fu ripetuta-mente chiamato sulla scena e concedettealcuni bis: una Sonata di Scarlatti, Canzone

e Danza n. 1 di Mompou, per finire con ilValzer in mi bemolle opera postuma diChopin, che era stato da poco scoperto epubblicato.Il pubblico, tuttavia, non voleva lasciare ilMaestro e con applausi e ovazioni incessantilo costringeva all’ennesima uscita sul palco.Finalmente il pianoforte venne chiuso, maanche questo non servì a molto. Allora sispensero alcune luci di sala. Ma il pubblicorimaneva sempre al suo posto, profonda-mente commosso da un artista la cui arteinterpretativa era così meravigliosa e dallaricchezza delle emozioni manifestate.Un’incarnazione del mio ideale artistico!Dall’epoca di questo concorso cominciai asognare di poter studiare sotto la guida diArturo Benedetti Michelangeli. Quandovenni a sapere che teneva corsi estivi di pia-noforte, decisi di prendervi parte. Ma la rea-lizzazione di questo sogno non era cosa faci-le. Per ottenere l’ammissione meditai di pre-pararmi per il concorso di Napoli, perchésolo in questo modo, all’epoca, avrei potutoottenere il passaporto. Terminato il concor-so, dopo lunghe ricerche effettuate in tuttaItalia o quasi, finalmente rintracciai ilMaestro a Bolzano. In una conversazionebreve, ma per me indimenticabile, ho otte-nuto la promessa dell’invito al corso estivo.Era l’aprile del 1958 e il corso sarebbecominciato in luglio. Avevo dunque operatodei veri e propri prodigi perché il mio desi-derio, così profondo, potesse avverarsi.Probabilmente fu questo il motivo per cuiuna volta il Maestro mi chiamò “maga”. Cosiebbero inizio i contatti dell’allieva con ilMaestro.Nei successivi sei Corsi internazionali diperfezionamento e di interpretazione piani-stica di Arezzo, negli anni 1958-63, ebbil’opportunità non solo di approfondire l’artepianistica, ma anche di stare a contatto conquesto geniale artista, specialmente quandocon un piccolo gruppo di colleghi fui ospitedella villa che gli veniva messa a disposizio-ne per la durata dei corsi.Negli anni successivi ebbi ancora ripetute

[XXXIV]

Arturo Benedetti

Michelangeli al

pianoforte negli ultimi

anni Quaranta.

La perfezione si fa musica

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[XXXV]

occasioni di incontrare Michelangeli ai festi-val musicali di Praga e di Vienna, al concer-to di Monaco nel 1992, e anche privatamen-te durante le mie tournée concertistiche oin occasione delle visite nella sua casa vicinoa Lugano.Osservando Michelangeli in situazionidiverse e intento in svariate attività, hopotuto convincermi dell’incredibile sicurez-za che mostrava in ogni momento: tantonell’interpretazione musicale, quanto negliatti più consueti. La sua capacità di subli-mazione e una sensibilità eccezionale glipermettevano di trovarsi sempre dove loportava il suo senso protettivo nei confrontidegli allievi, spesso provenienti da nazionilontane e non sempre a conoscenza deicostumi o delle consuetudini vigenti inItalia. Dal punto di vista psichico, questasensibilità lo conduceva a cogliere la più pic-cola traccia di insincerità. Michelangelidetestava ogni lusinga e l’enfasi; lo attraeva-no invece la modestia, la sincerità e la natu-ralezza del comportamento.Pochi conoscevano le sue qualità di fine nar-ratore, dotato di eccezionali capacità mimi-che. Ci lesse una volta alcune novelle in dia-letto toscano con una tale espressione e bra-vura d’attore, che nonostante fossimo unpubblico di stranieri, con una conoscenzadell’italiano certo non perfetta, compren-demmo tutto.Nessuno di coloro che prese parte ai corsi diArezzo potrà dimenticare le lunghe seratetrascorse ad ascoltare dischi di musica stru-mentale, operistica, sinfonica o da cameranelle migliori esecuzioni. Resteranno indi-menticabili le lunghe conversazioni suargomenti musicali e d’ogni genere, condot-te a tavola, all’aria aperta in estate, o anchele calde serate con i divertimenti collettivi dicui il Maestro era l’anima.La vita di quella famiglia improvvisata siconcentrava principalmente sulla musica esul suo eccezionale rappresentante nellapersona di Michelangeli. Il quale sorprende-va, allora, per l’universalità e la profonditàdel suo sapere in tutto ciò che riguarda l’ar-te, la scienza e la vita. È per questo motivoche in un breve saggio l’ho definito un“Maestro del Rinascimento”.L’amore per la musica era per Michelangeliuna condizione assolutamente indispensabi-le al conseguimento di buoni risultati nello

studio del pianoforte: solo questo amorepermetteva di superare ostacoli, grandi diffi-coltà e perfino la paura prima del concerto.Nell’opinione di Michelangeli l’artistadovrebbe essere una sintesi di tutto ciò cheesiste al mondo, ma in nessun caso un para-vento per il male. L’interprete è soltanto unlettore della musica. Ma deve saper leggerebene, perché nella musica c’e già scrittotutto. Alla base di un’esecuzione si collocal’applicazione delle ferree leggi della musi-ca. L’incomprensione della musica dimostramancanza di una solida base teorica, oppureassenza di musicalità.L’artista attribuiva un grande valore alla sin-cerità in arte. Senza la sincerità si può esse-

re forse dei bravi artigiani, ma vuoti, perchéprivi del fondamento della verità. L’esteticaartistica di Michelangeli in questo punto sicollega strettamente all’etica.Michelangeli aveva una natura profonda-mente religiosa. Apprezzava la necessità del-l’accettazione di Dio, anche e soprattuttoper un artista. Per tutta la vita - come miconfidò una volta - aveva provato una speciedi irresistibile nostalgia dell’ideale, che nonè pienamente raggiungibile qui sulla terra -nostalgia di un altro mondo. La consapevo-lezza dell’Essere Divino, sopra l’umanità,fuori del mondo, gli imponeva di tenderecontinuamente all’ideale anche nell’arte.La concezione del suo pianismo come voca-zione, come missione, non si modificavaneppure di fronte ai grandi successi e allacelebrità. L’imperativo interiore di vigilaresul livello profondo dell’arte interpretativanon permetteva a Michelangeli di trascurarealcun particolare, perché la trascuratezzaavrebbe potuto condurre all’abbassamentodella verità artistica.Viveva di fatto soltanto per l’arte. Era nemi-

Arturo Benedetti

Michelangeli posa con

il gruppo delle ragazze

di uno dei corsi di per-

fezionamento di Arezzo.

In prima fila, con la

borsetta bianca, è Lidia

Kozubek, che frequentò

le lezioni aretine dal

1958 al 1963.

[XXXVI]

Arturo Benedetti Michelangeli

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co di ogni esibizionismo e teatralità nell’arte,come nella vita, perciò si asteneva dall’o-stentare il proprio successo. Si cingeva diriserbo e di silenzi per amore del perfezio-namento. In tutto ciò che faceva, anche neilavori domestici quotidiani, cercava la perfe-zione.La sua concezione - addirittura ascetica - diassoluta dedizione all’arte, aveva bisogno perciascun concerto di condizioni ideali, cosìcome del massimo impegno psichico e fisicoda parte dell’artista. Se queste condizioninon erano realizzate o se l’artista non si sen-tiva interiormente pronto per assolvere que-sto compito, allora annullava il concerto,spesso pagando alti risarcimenti.Per la maggior parte degli osservatori era deltutto incomprensibile l’importanza minimada lui attribuita agli onori, agli omaggi, aitrionfi. Questo comportamento derivavaanche dalla profonda convinzione che ilrumore del mondo non favorisce il lavorodell’artista, fondato com’è sulla concentra-zione, solo al cui interno possono maturarei frutti della grande arte.Detestava le lusinghe degli ammiratori, per-ché gli davano l’idea di una diffusa ipocrisia,di falsità e di incompetenza. Sapeva perfetta-mente di quale livello di preparazione e diquale sensibilità ci fosse bisogno per apprez-zare in modo corretto la sua arte. Per questopreferiva il sincero affetto e l’ammirazionedei suoi studenti.Per le sue idee pagò un prezzo non irrile-vante di sofferenze, di amarezze e dispiaceri,per la sua assenza di compromessi in campoartistico.La sua attività concertistica abbraccia davve-ro ogni angolo del pianeta. Sarebbe difficilein questa sede citare tutte le tournée artisti-che di Michelangeli. La sua carriera pianisti-ca era iniziata molto presto, soprattutto dopoi concorsi di Bruxelles e Ginevra del 1938 e’39. Da allora la sua fama crebbe nonostantegli anni della guerra (a proposito dei qualidisse: “Ho perduto sei anni eccellenti”),nonostante le malattie e il suo comporta-mento, che non favoriva certo la popolarità.Ai concerti di Michelangeli il pubblico pro-vava un’esperienza straordinaria. Non erasolo estasiato e raggiante, ma anche com-mosso, trasformato nel profondo, dalle sueinterpretazioni. Presumo che il loro statopsichico fosse all’origine dei miti e delle leg-

gende che con il passare degli anni fiorironoattorno all’artista. Ogni concerto di Miche-langeli si distingueva per un’atmosfera ecce-zionale, una vera festa del piacere spirituale,per cui era sempre attesissimo, e nellerecensioni si rendevano encomi altissimi.Michelangeli trasmetteva tutta la ricchezza ela bellezza della musica con una coesionecostruttiva sorprendente e con l’equilibrioformale della composizione, nell’assolutaarmonia di tutti gli elementi interpretativi.Si muoveva con la massima libertà nei limitidelle regole e dei principi musicali più rigo-rosi e anche essenziali.Il suo stile non si lascia incasellare in nessu-no schema classificatorio a seconda di de-terminate “scuole”, epoche, metodi, mode,perché racchiude al suo interno caratteristi-che ed elementi eterogenei. Rappresentauna sintesi di quanto di meglio lo studio delpianoforte abbia scoperto ed elaborato. Annidi intenso studio sull’arte pianistica hannocondotto Michelangeli a scoperte che non sipossono valutare completamente e, a mag-gior ragione, trasmettere con il linguaggioverbale. La sua arte esecutiva come sintesi dimaestria era il riflesso della sua personalità,che attraverso la sua arte aveva un grandeinflusso sull’ascoltatore. L’artista non sol-tanto donava al pubblico elevate, sublimiesperienze estetiche, ma anche commuove-va, ispirava, edificava e nobilitava la psicheumana.Come allieva del grande artista ho avuto lapossibilità di entrare in stretto contatto conla sua arte pedagogica ai Corsi estivi di per-

Arturo Benedetti

Michelangeli e Lidia

Kozubek in una

fotografia scattata

all'eremo della Verna

nel 1962. Il Maestro

amava la pace e la

tranquillità di questo

luogo francescano,

dove si ritirava spesso

nelle pause concessegli

dall'attività didattica e

concertistica.

[XXXVII]

La perfezione si fa musica

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fezionamento e di interpretazione pianisticadi Arezzo, a cui partecipai sei volte.Volendo definire il metodo di Michelangeliattraverso il confronto con una “scuola pia-nistica” conosciuta, dovrei affermare cheesso non apparteneva a nessuna, anche seaveva molte qualità comuni alle migliori e leconteneva tutte in sé. Nel suo metodo pos-siamo ritrovare regole delle cosiddette “vec-chie scuole”, ma questo non significa cheMichelangeli fosse un loro rappresentante,semplicemente non negava le verità scopertein precedenza se le loro basi si accordavanocon le leggi, che governano la musica.In Michelangeli la cura del bel suono, iltocco cantabile, la varietà di articolazioni el’accento che pone sullo sforzo di una“volontà creativa” durante lo studio del pia-nista ci ricorda Chopin. Il metodo d’insegna-mento di Michelangeli, se vogliamo definirloin questo modo, si differenziava pertantodagli altri al livello della profondità d’intro-spezione nei contenuti musicali, un fattoreche determinava quindi la scelta della formaadatta alla trasmissione della musica.L’artista non divideva l’arte pianistica in tec-nica ed interpretazione, poiché essa formavaun’unità indissolubile. Erano buoni queimezzi che conducevano allo scopo, che ser-vivano all’espressione musicale.Nel suo lavoro didattico Michelangeli si ren-deva conto dell’importanza dell’emanazionedella sua eccezionale personalità, dunquesceglieva quegli allievi di cui aveva la cer-tezza che per la loro specifica costituzionepsicofisica avrebbero saputo apprendereanche quelle sottigliezze musicali che sfug-gono alle definizioni verbali. Si potrebbechiamare “consonanza” quell’elemento a cuiMichelangeli attribuiva un ruolo importantenel lavoro con gli allievi. Ecco anche larisposta al perché ne accogliesse solo alcunie ne respingesse altri, tra cui figuravanopure pianisti che avevano già raggiuntoimportanti successi e perfino la notorietà.La preparazione alla professione artisticanon consisteva solo nell’acquisizione dellatecnica del pianoforte, ma innanzi tutto nel-l’educazione psichica di colui che, aspirandoall’arte, avrebbe dovuto svolgere in mododegno la propria “missione”. Michelangeliera quindi anche un educatore, tale da eser-citare un influsso sull’atteggiamento este-riore e interiore dell’allievo nei confronti

dell’arte e della vita, poiché il legame tra ladimensione umana e quella artistica era perlui evidente.Le lezioni tenute da Michelangeli erano indi-viduali. Si svolgevano solo il giorno e all’orache egli riteneva opportuni, e non ne davapreavviso all’allievo. L’incognita sul momentodella lezione era anche stimolo per una pre-parazione ed uno studio alla massima inten-sità, oltre che per una vigilanza continua.Durante le lezioni Michelangeli con la suagrande attività psicologica stimolava l’ope-rosità dello studente. Con la sua pedagogia sibatteva per avere dagli esecutori i risultatimigliori. La continua attenzione con cuicurava fino i minimi dettagli dell’opera pre-veniva la loro esecuzione arida o automatica,per lui il vero unico fattore per elevare ilgusto del pubblico e l’esperienza musicale almassimo grado. Michelangeli era ecceziona-le anche per essere concertista e pedagogoad un così alto livello.Desidero infine ricordare le mie visite nellacasa del Maestro a Pura, non molto lontanoda Lugano. Con la stessa città avevo con-tatti già da tempo, poiché in passato, per unastazione radiofonica, vi avevo inciso dellecomposizioni polacche per pianoforte. Giàallora mi aveva fatto un’impressione moltopiacevole, una cittadina incantevole e bellis-sima, situata fra le montagne. Del resto, lemontagne mi sono sempre state vicine: pro-prio per questo motivo da bambina sognavodi andare in Svizzera. Ero molto felice,tanto più che il mio prossimo viaggio in quelPaese aveva come scopo un incontro con ilmio adorato Maestro.La prima volta sono stata sua ospite dal 26

Arturo Benedetti

Michelangeli nel 1989 in

un'occasione conviviale.

Accanto al pianista è

Mira Arma, la dottoressa

di Mendrisio che col

marito Sergio gli fu

molto vicina negli ultimi

anni di vita.

[XXXVIII]

Arturo Benedetti Michelangeli

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maggio al 1° giugno del 1975. La casa doveabitava e lavorava ispirava calma e natura-lezza. Il giardino che la circondava era dav-vero un frammento di natura impeccabile.C’erano gli alberi e c’era il prato, senzaun’eccessiva intromissione dell’uomo con lesue artificiali “sistemazioni”. La casa si tro-vava su un piccolo pendio, perciò le finestredello studio del Maestro, situato al pianoterra,si affacciavano direttamente sul giardino.Nello studio c’erano tre pianoforti. IlMaestro mi diede il premesso di provarli.Uno di essi era particolarmente bello nellasua pienezza sonora. Mai prima di allora, nédopo, ho avuto l’occasione di trovare unostrumento del genere, né il piacere di suo-narlo: nemmeno nelle sale da concerto dovemi sono esibita, in numerosi Paesi.Nel salone del Maestro, disposto su due livelli,potevamo tranquillamente parlare, mentre,durante i corsi ad Arezzo, non era possibilefarlo per mancanza di tempo. Naturalmenteparlavamo di musica, di pianistica, oppuredegli studenti, ed ero felice ogni volta checonstatavo che i nostri pareri al riguardoerano identici. Il Maestro ricordava anche isuoi concerti nel mio Paese, soprattutto aVarsavia, e ho avuto l’impressione che sareb-be stato propenso a ritornare in Polonia.Purtroppo questo non è stato possibile.Abbiamo anche ricordato i corsi pianistici adArezzo e i miei colleghi. Michelangeli hacommentato: “Allora eravamo come unafamiglia”.A Pura, il Maestro era anche un simpaticissi-mo anfitrione, e cercava di rendere più pia-cevole la mia permanenza a casa sua. Ungrande merito va alla custode della casa esegretaria del Maestro, la signora Marie-JoséDubois.La volta successiva sono stata in visita dalMaestro dopo il mio ritorno dal Giappone,dove, prima nel 1983 e 1985, poi nel 1988 e1990, ero stata visiting professor in una delleaccademie, l’Academia Musicae Musashinodi Tokyo.La mia ultima permanenza a Lugano è legataalla promozione del mio libro su Michelan-geli, tradotto in italiano da Marco Bizzarini ecomprendente la discografia curata daStefano Biosa, due musicologi che dirigonoa Brescia il Centro di Documentazione“Arturo Benedetti Michelangeli”. È stato perme un momento molto commovente. Il mio

concerto, dedicato a Chopin, si è tenutonella chiesa di S. Rocco, ed è stato seguito daun incontro con il pubblico. Ne ho ricevutoemozioni grandissime, perché mi trovavomolto vicina alla casa del Maestro.Attualmente, nelle vicinanze, il Maestroriposa al cimitero di Pura. In occasione dellapresentazione del libro ho potuto visitare illuogo della sua sepoltura, la cui sobrietà esemplicità mi hanno fatto una grandeimpressione, rammentandomi, ancora unavolta, che i grandi uomini sono spesso i piùmodesti.

* Pianista, già Professoressa all’Accademia

Musicale “F. Chopin” di Varsavia e visiting

professor all’Academia Musicae Musashino

di Tokyo

Sono di seguito elencate alcune tra le più significative incisio-ni di Arturo Benedetti Michelangeli disponibili su compactdisc, DVD o videocassetta. La data posta fra parentesi si riferi-sce all'anno di esecuzione. Le sigle VHS e DVD indicano video-registrazioni pubblicate rispettivamente su supporto magneti-co o ottico. Per brevità è stato riportato un solo numero di eti-chetta per quelle esecuzioni che compaiono più volte nel cata-logo di una medesima casa discografica. Per la discografiacompleta si rimanda ai volumi citati in bibliografia.In ordine cronologico, sono poi presentate le principali pub-blicazioni a stampa su Arturo Benedetti Michelangeli uscite inItalia dopo la morte del pianista. Sono esclusi, per motivi dispazio, i saggi di opere collettanee e i numerosi articoli appar-si su giornali, riviste e periodici specializzati.

Isaac Albéniz (1860-1909)Malagueña, op. 71 n. 6- (1942) Emi CDH 7 64490 2; Warner Fonit 3984 26902-2

Johann Sebastian Bach (1685-1750) - Ferruccio Busoni (1866-1924)Concerto nach italiänisch Gusto (Concerto italiano) in fa maggiore BWV 971- (1943) Teldec (Warner Special Marketing) 4509 93671-2Ciaccona dalla Partita per violino solo n. 2 BWV 1004, rielaborazione per pianoforte di Ferruccio Busoni- (1948) Emi CDH 7 64490 2- (1973) Aura AUR 226-2

Ludwig van Beethoven (1770-1827)Concerto n. 1 in do maggiore per pianoforte e orchestra,op. 15- (1979) Wiener Symphoniker, Carlo Maria Giulini,

Deutsche Grammophon (DG) 419248-2Concerto n. 3 in do minore per pianoforte e orchestra, op. 37- (1979) Wiener Symphoniker, Carlo Maria Giulini,

DG 423230-2Concerto n. 5 in mi bemolle maggiore per pianoforte e orchestra, op. 73 "Imperatore"- (1942) Orchestre de la Suisse Romande Genève, Ernest

Ansermet, Aura AUR 183-2; Ermitage ERM 183-2; Warner Fonit 3984 26902-2

- (1957) Symfonickym orchestrem hl. m. Prahy, Václav Smetácek, Praga Production PR 250 021

- (1966) New York Philharmonic Orchestra, William Steinberg, Memoires HR 4368/9

- (1974) Orchestre Radio Television Française, Sergiu Celibidache, Music & Arts CD-4296

- (1979) Wiener Symphoniker, Carlo Maria Giulini, DG 419249-2

Sonata n. 3 in do maggiore, op. 2 n. 3

- (1941) Emi CDH 7 64490 2; Warner Fonit 3984 26901-2 - (1952) Arkadia GI 903.1 - (1962) Ermitage ERM 123-2; Fonit Cetra Videorai

VRN 2129 (VHS)- (1970, Toronto) VAI 4213 (DVD)- (1987) Aura AUR 136-2; Memoria 999.001Sonata n. 4 in mi bemolle maggiore, op. 7 - (1971) DG 419248-2- (1982) BBC Legends BBCL 4064-2 Sonata n. 11 in si bemolle maggiore, op. 22- (1981) EuroArts TDK 10 5231 9 (DVD)Sonata n. 12 in la bemolle maggiore, op. 26 “Marcia Funebre”- (1981) EuroArts TDK 10 5231 9 (DVD) - (1982) BBC Legends BBCL 4064-2 Sonata n. 32 in do minore, op. 111- (1961, Londra studio) BBC Legends BBCL 4128-2- (1961, Londra Royal Festival Hall) Memories HR 4368/69 - (1965) Decca 417772-2

Johannes Brahms (1833-1897)Quattro ballate, op. 10- (1981, Amburgo) DG 400043-2- (1981, Lugano) EuroArts TDK 10 5231 9 (DVD) Variazioni su un tema di Paganini in la minore, op. 35- (1948) Emi CDH 7 64490 2- (1952) Arkadia GI 903.1- (1973) Aura AUR 224-2

Fryderiyk Chopin (1810-1849)Andante spianato in sol maggiore e Grande polacca brillante in mi bemolle maggiore, op. 22 n. 58- (1962) Fonit Cetra Videorai VRN 2131 (VHS)Ballata n. 1 in sol minore, op. 23- (1957) Testament SBT 2088- (1962) Aura AUR 135-2; Ermitage ERM 122-2; Fonit Cetra

CDAR 2002; Fonit Cetra Videorai VRN 2131 (VHS)- (1967) Aura AUR 208-2- (1971) DG 413449-2 Berceuse in re bemolle maggiore, op. 57- (1942) Teldec 4509 93671-2 - (1962) Aura AUR 135-2; Ermitage ERM 122-2; Fonit Cetra

Videorai VRN 2131 (VHS)Fantasia in fa minore, op. 49- (1957) Testament SBT 2088 - (1962) Ermitage ERM 123-2; Fonit Cetra Videorai VRN 2130Mazurca n. 20 in re bemolle maggiore, op. 30 n. 3- (1962) Aura AUR 135-2; Ermitage ERM 122-2;

Fonit Cetra Videorai VRN 2131 (VHS)Mazurca n. 25 in si minore, op. 33 n. 4- (1942) Teldec (Warner Special Marketing) 4509 93671-2 - (1962) Aura AUR 135-2; Ermitage ERM 122-2; Fonit

Cetra CDAR 2002; Fonit Cetra Videorai VRN 2131 (VHS)Mazurca n. 47 in la minore, op. 68 n. 2- (1941) Warner Fonit 3984 26902-2- (1962) Aura AUR 135-2; Ermitage ERM 122-2; Fonit

Cetra CDAR 2002; Fonit Cetra Videorai VRN 2131 (VHS)Dieci mazurche- (1971) DG 413449-2 Preludio in do diesis minore, op. 45- (1971) DG 413449-2 Scherzo n. 2 in si bemolle minore, op. 31- (1941) Aura AUR 183-2; Ermitage ERM 183-2; Warner

Fonit 3984 26902-2- (1962) Aura AUR 135-2; Fonit Cetra CDAR 2002; Fonit

Cetra Videorai VRN 2131 (VHS)- (1971) DG 413449-2 Sonata n. 2 in si bemolle minore, op. 35 "Marcia funebre"- (1952) Arkadia GI 903.1- (1959) BBC Legends BBCL 4128-2 - (1960) Praga Productions PR 250 042- (1962) Fonit Cetra Videorai VRN 2130 (VHS)Valzer brillante n. 2 in la bemolle maggiore, op. 34 n. 1- (1962) Aura AUR 135-2; Ermitage ERM 122-2; Fonit Cetra

Videorai VRN 2130 (VHS)Valzer n. 9 in la bemolle maggiore, op. post. 69 n. 2- (1962) Aura AUR 135-2; Ermitage ERM 122-2; Fonit Cetra

Videorai VRN 2130 (VHS)

[XXXIX]

La perfezione si fa musica

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Discografia e bibliografia essenziali

Arturo Benedetti

Michelangeli

in un ritratto di

Nani Tedeschi.

Il disegno fu presentato

a Desenzano del Garda

durante la mostra

Gaspard de la Nuit,

dove furono esposte

le pagine del testo

musicale omonimo di

Ravel appartenute al

Maestro e da lui donate

a Isacco Rinaldi.

[XL]

Arturo Benedetti Michelangeli

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Valzer n. 17 in mi bemolle maggiore, op. post. n. 4- (1957) Testament 2088- (1962) Aura AUR 135-2; Ermitage ERM 122-2; Fonit Cetra

Videorai VRN 2130 (VHS)

Muzio Clementi (1752-1832)Sonata in si bemolle maggiore, op. 12 n. 3(1959) BBC Legends BBC 4128-2

Claude Debussy (1862-1918)Children's corner- (1962) Fonit Cetra CDAR 2005; Fonit Cetra Videorai

VRN 2132 (VHS)- (1968) Aura AUR 207-2; Memoires HR 4368/69 - (1971) DG 415372-2 - (1993) Memoria 999.101 Images I e II- (1941) Aura AUR 183-2; Ermitage ERM 183-2;

Warner Fonit 3984 26902-2 (solo Reflets dans l’eau)

- (1957) Testament SBT 2088- (1962) Aura AUR 109-2; Ermitage ERM 123-2;

Fonit Cetra CDAR 2005; Fonit Cetra Videorai VRN 2132 (VHS)

- (1971) DG 415372-2 - (1982) BBC Legends BBCL 4064-2

(solo Hommage à Rameau)- (1987) Aura AUR 136-2; Memoria 999.001- (1993) Memoria 999.101Préludes Libro I- (1977) Aura AUR 201-2; Memoria 999.001- (1978) DG 413450-2 - (1982) BBC Legends BBCL 4043-2- (1993) Memoria 999.101 Préludes Libro II- (1962) Fonit Cetra Videorai VRN 2132 (VHS)- (1988) DG 427391-2

Baldassarre Galuppi (1706-1781)Sonata in si bemolle maggiore. Presto- (1941) Warner Fonit 3984 26902-2Sonata n. 5 in do maggiore- (1962) Arkadia GI 904.1; Aura AUR 226-2; Fonit Cetra

Videorai VRN 2129 (VHS) - (1965) Decca 417772-2

Enrique Granados (1867-1916)Andaluza (danza spagnola in mi minore), op. 37 n. 5- (1941) Aura AUR 183-2; Emi CDH 7 64490 2; Ermitage

ERM 183-2; Warner Fonit 3984 26901-2

Edvard Grieg (1843-1907)Bådnlåt (Presso la culla), op. 68 n. 5, libro IX, dai LyriskeSmaastykker (Pezzi lirici)- (1941) Aura AUR 183-2; Emi CDH 7 64490 2; Ermitage

ERM 103-2; Warner Fonit 3984 26901-2Concerto in la minore per pianoforte e orchestra, op. 16- (1941) Orchestre de la Suisse Romande Genève, Ernest

Ansermet, Aura AUR 183-2; Ermitage ERM 183-2; WarnerFonit 3984 26901-2

- (1942) Orchestra del Teatro alla Scala di Milano, Alceo Galliera, Aura AUR 215-2; Teldec 9031-76439-2

- (1963) Orchestra Sinfonica di Roma della RAI, Mario Rossi, Memoires HR 4368/69

- (1965) New Philharmonia Orchestra, Raphael Frühbeck de Burgos, BBC Legends BBCL 4043-2

Erotik, op. 43 n. 5, libro III, dai Lyriske Smaastykker (Pezzi lirici)- (1943) Teldec (Warner Special Marketing) 4509 93671-2 Melankoli, op. 47 n. 5, libro IV, dai Lyriske Smaastykker (Pezzi lirici)- (1941) Aura AUR 183-2; Emi CDH 7 64490 2; Ermitage

ERM 183-2; Warner Fonit 3984 26901-2

Franz Joseph Haydn (1732-1809)Concerto n. 4 in sol maggiore per pianoforte e orchestra, Hob XVIII/4- (1975) Zürcher Kammerorchester,

Edmond de Stoutz, Emi CDC 7 49324 2 Concerto n. 11 in re maggiore per pianoforte e orchestra, Hob XVIII/11- (1968) Orchestra da Camera “Gasparo da Salò”, Agostino

Orizio, Arkadia HP 560.1; Hunt CD 560- (1975) Zürcher Kammerorchester, Edmond de Stoutz,

Emi CDC 7 49324 2

Franz Liszt (1811-1886)Concerto n. 1 in mi bemolle maggiore per pianoforte eorchestra- (1939) Orchestre de la Suisse Romande Genève, Ernest

Ansermet, Aura AUR 104-2; Ermitage ERM 183-2; WarnerFonit 3984 26901-2

- (1953) Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, DimitriMitropulos, Urania URN 22.256

- (1961) Orchestra Sinfonica di Torino della RAI, Rafael Kubelik, Arkadia HP 507.1

Totentanz (Danza macabra) per pianoforte e orchestra (parafrasi sul tema del "Dies Irae")- (1961) Orchestra Sinfonica di Torino della RAI, Rafael

Kubelik, Arkadia HP 507.1- (1962) Orchestra Sinfonica di Roma della RAI, Gianandrea

Gavazzeni, Aura AUR 249-2; Memoria 999.001

André-François Marescotti (1902-1995)Fantasque- (1941) Aura AUR 183-2; Ermitage 183-2; Warner Fonit

3984 26902-2

Federico Mompou (1893-1987)Cançión y danza n. 1- (1942) Emi CDH 7 64490 2; Warner Fonit 3984 26902-2

Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)Concerto n. 13 in do maggiore per pianoforte e orchestra K 415 (o K 387b)- (1953) Orchestra Sinfonica "Alessandro Scarlatti" di

Napoli della RAI, Franco Caracciolo, Emi CDH 7 63819 2- (1968) Orchestra da Camera “Gasparo da Salò”, Agostino

Orizio, Arkadia HP 560.1; Hunt CD 560 - (1990) NDR-Sinfonieorchester, Cord Garben, DG 431097-2 Concerto n. 15 in si bemolle maggiore per pianoforte eorchestra K 450- (1951) Orchestra Sinfonica da Camera dell'Ente

"I Pomeriggi Musicali di Milano", Ettore Gracis, Emi CDH7 63819 2

- (1956) Orchestra della RTSI di Lugano, Hermann Scherchen, Aura AUR 238-2

- (1974) Zürcher Kammerorchester, Edmond de Stoutz, Aura AUR 220-2

- (1990) NDR-Sinfonieorchester, Cord Garben, DG 431097-2 Concerto n. 20 in re minore per pianoforte e orchestra K 466- (1953) Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, Dimitri

Mitropulos, Urania URN 22.256- (1966) Orchestra da Camera “Gasparo da Salò”, Agostino

Orizio, Arkadia HP 560.1; Hunt CD 560- (1989) NDR-Sinfonieorchester, Cord Garben, DG 429353-2 Concerto n. 23 in la maggiore per pianoforte e orchestra K 488- (1953) Orchestra "Alessandro Scarlatti", Franco

Caracciolo, Emi CDH 7 63819 2 Concerto n. 25 in do maggiore per pianoforte orchestra K 503- (1989) NDR-Sinfonieorchester, Cord Garben, DG 429353-2

Sergej Rachmaninov (1873-1943)Concerto n. 4 in sol minore per pianoforte e orchestra, op. 40- (1957) Philharmonia Orchestra, Ettore Gracis, Emi CDC

7 49326 2

Maurice Ravel (1875-1937)Concerto in sol maggiore per pianoforte e orchestra- (1952) Orchestra Sinfonica di Torino della RAI, Nino

Sanzogno, Arkadia GI 904.1 - (1957) Philharmonia Orchestra, Ettore Gracis, Emi CDC

[XLI]

7 49326 2 - (1982) London Symphony Orchestra, Sergiu Celibidache,

Aelecchino ARL A79- (1992) Münchner Philharmoniker, Sergiu Celibidache,

Galileo GL 2; "O" "O" "O" Classics TH 009Gaspard de la nuit (Trois poèmes pour piano d'aprèsAloysius Bertrand)- (1959) BBC Legends BBCL 4064-2- (1968) Memories HR 4369/69 - (1969) Arkadia GI 904.1 - (1987) Aura AUR 204-2; Memoria 999.001 Valses nobles et sentimentales- (1952) Arkadia GI 904.1

Domenico Scarlatti (1685-1757)Sonata in re minore Kk 9 "Pastorale"- (1942) Emi CDH 7 64490 2; Warner Fonit 3984 26902-2 Sonata in do minore Kk 11- (1942) Emi CDH 7 64490 2; Warner Fonit 3984 26902-2 - (1961) BBC Legenda BBCL 4128-2- (1962) Fonit Cetra Videorai VRN 2129 (VHS)- (1965) Decca 417772-2

Sonata in si minore Kk 27- (1943) Teldec (Warner Special Marketing) 4509 93671-2- (1949 ca.) NVC Arts Warner Music Vision 3984 29199-2

(DVD), 3984 29199-4 (VHS)- (1962) Fonit Cetra Videorai VRN 2129 (VHS)Sonata in re maggiore Kk 96 "La caccia"- (1943) Aura AUR 226-2; Teldec (Warner Special

Marketing) 4509 93671-2Sonata in do maggiore Kk 159- (1962) Fonit Cetra Videorai VRN 2129 (VHS)- (1965) Decca 417772-2 Sonata in si bemolle maggiore Kk 172- (1961) BBC Legends BBCL 4128-2Sonata in la maggiore Kk 322- (1962) Fonit Cetra Videorai VRN 2129 (VHS)- (1965) Decca 417772-2 Sonata in la maggiore Kk 332- (1961) BBC Legends BBCL 4128-2

Franz Schubert (1797-1828)Sonata in la maggiore, op. postuma 164, D 537- (1981, Amburgo) DG 400043-2 - (1981, Lugano) EuroArts TDK 10 5231 9 (DVD)

Robert Schumann (1810-1856)Album für die Jugend (Album per la gioventù), op. 68 (n. 37, 38, 39)- (1975) Emi CDC 7 49325 2 Carnaval, op. 9. Scènes mignonnes sur quatre notes- (1957) DG 423231-2; Testament SBT 2088- (1975) Emi CDC 7 49325 2 Concerto in la minore per pianoforte e orchestra, op. 54- (1942) Orchestra del Teatro alla Scala di Milano, Antonino

Pedrotti, Teldec 9031 76439-2 - (1956) Orchestra della RTSI di Lugano, Hermann

Scherchen, Aura AUR 238-2- (1962) Orchestra Sinfonica di Roma della RAI, Gianandrea

Gavazzeni, Aura AUR 249-2; Memoria 999.001- (1992) Münchner Philharmoniker, Sergiu Celibidache,

Artist FED 027; "O" "O" "O" Classics TH 019Faschingsschwank aus Wien (Carnevale di Vienna), op. 26- (1957) DG 423231-2; Testament SBT 2088

Florindo Tomeoni (1755-1820)Sonata in sol maggiore- (1943) Teldec (Warner Special Marketing) 4509 93671-2

Antonio Vivaldi (1678-1741) o Giuseppe Torelli (1658-1709)Concerti in si minore per pianoforte e orchestra- (1942) Orchestre de la Suisse Romande Genève, Ernest

Ansermet, Aura AUR 183-2; Ermitage ERM 183-2; WarnerFonit 3984 26902-2

Pubblicazioni a stampa

Arturo Benedetti Michelangeli. Il Grembo del Suono,a cura di Antonio Sabatucci, Milano, Skira, 1996, 323 p.,ill., 28 cm + 1 cd

Giuliana BENEDETTI MICHELANGELI, Vita con Ciro, Bologna,Edimedia, 1997, 95 p., ill., 24 cm

Arturo Benedetti Michelangeli a Bolzano. Immagini esuoni, Bolzano, Galleria civica d'arte, 21.8.-13.9.1997 = Arturo Benedetti Michelangeli in Bozen. In Bild und Ton,Bozen, Städtische Kunstgalerie, [mostra a cura di EttoreFrangipane e Vittorio Albani], [Bolzano, Provincia autonoma,Assessorato alla Scuola e Cultura italiana, 1997], 117 p., ill., 24 cm

Clara MARTINENGO VILLAGANA e Stefania MONTI, ArturoBenedetti Michelangeli. Genio e compostezza, Bornato inFranciacorta (BS), Fausto Sardini, stampa 1998, 123 p., ill.,25 cm

Sergio DELLA MURA, Arturo Benedetti Michelangeli, Empoli,Ibiskos, [1998], 76 p., ill., 20 cm

Graziano BIANCHI, Arturo Benedetti Michelangeli. La magiadel suono, Firenze, Feeria, 1999, 60 p., 17 cm

Il suono ritrovato di Benedetti Michelangeli, Milano, BancaIntesa, [1999], 147 p., ill., 29 cm + 2 cd

Lidia KOZUBEK, Arturo Benedetti Michelangeli. Come l'ho conosciuto, ed. it. a cura di Marco Bizzarini, discografia diStefano Biosa, Palermo, L'Epos, 2003, 234 p., ill., 21 cm

Cord GARBEN, Arturo Benedetti Michelangeli. In bilico conun genio, [ed. it. con discografia aggiornata a cura delCentro di Documentazione “Arturo Benedetti Michelangeli”],Varese, Zecchini, 2004, 222 p., ill., 24 cm + 1 cd

Il Maestro con il

direttore d'orchestra

e produttore tedesco

Cord Garben a Berlino

nel 1975. Garben è

autore di Arturo

Benedetti Michelangeli.

In bilico con un genio,

la cui recentissima

edizione italiana è stata

curata dal Centro di

Documentazione

"Arturo Benedetti

Michelangeli".

La perfezione si fa musica

.....................................................................................................................................................................................................................

[XLII]

Arturo Benedetti Michelangeli

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All’indomani della scomparsa di ArturoBenedetti Michelangeli, avvenuta a Luganoil 12 giugno 1995, le iniziative in sua memo-ria si sono moltiplicate in tutto il mondo.Tuttavia, a tale fervore commemorativo,spesso legato a eventi concertistici o inizia-tive discografiche di alto valore artistico,non si è aggiunto un organico progettoscientifico di salvaguardia delle testimo-nianze storiche in grado di documentare labiografia, la carriera e l’attività professiona-le del Maestro. Nulla di paragonabile, dun-que, all’attenzione massiccia e all’impressio-nante mole di scritti che sono stati dedicati,per esempio, a un altro protagonista dellatastiera, il canadese Glenn Gould, gratificatoda una fortuna postuma davvero straordina-ria. Ne consegue che se fin d’ora, in Italia ein Europa, non si dovesse diffondere un rin-novato interesse negli studiosi, nei musicistie negli appassionati, perfino un gigantecome Benedetti Michelangeli potrebberischiare a medio termine di essere trascu-rato o sottovalutato dalla storiografia e dallacritica musicale.Per questo motivo, nella primavera del1999, si è costituito a Brescia il Centro diDocumentazione “Arturo Benedetti Miche-langeli”, un’associazione culturale senza finidi lucro che si sostiene attraverso le quoteassociative, oggi divenuto un punto di riferi-mento internazionale per la raccolta dellefonti e delle testimonianze autentiche sulMaestro, nonché per la diffusione di libri,studi e saggi sulla sua arte. Diretto dai musi-cologi Stefano Biosa e Marco Bizzarini, nei

primi anni di vita il Centro ha concentratola sua attività sull’acquisizione di materialebibliografico relativo alla vita e all’attivitàprofessionale di Arturo Benedetti Michelan-geli e alla discografia integrale del Maestro.Il Centro sta inoltre ricostruendo la crono-logia completa dei concerti effettuati daBenedetti Michelangeli nella sua carriera.In questa prima fase il Centro ha attivatocontatti con enti e persone di tutto il mondoche hanno avuto rapporti d’amicizia o pro-fessionali con il Maestro, ricevendo unagrande mole di informazioni e preziosimateriali di ogni tipo: libri, dischi, articoli digiornale, presentazioni e recensioni di con-certi, locandine, fotografie. Questa raccoltaprosegue tuttora e saremo grati a tutti coloroche forniranno ulteriori notizie o materiali.Con l’attiva partecipazione del Centro“Arturo Benedetti Michelangeli”, sono staterecentemente pubblicate in Italia dueimportanti monografie:- Lidia Kozubek, Arturo Benedetti Miche-

langeli. Come l’ho conosciuto, traduzioneitaliana e curatela di Marco Bizzarini, disco-grafia di Stefano Biosa, Palermo, L’Epos,2003;- Cord Garben, Arturo Benedetti Miche-

langeli. In bilico con un genio, traduzioneitaliana di Lore Seuss, revisione testuale diStefano Biosa e Marco Bizzarini, Varese,Zecchini Editore, 2004 (con allegato cd con-tenente l’inedita registrazione delle provedel Concerto KV 466 di Mozart su due pia-noforti e le spiegazioni verbali del Maestro).Il 15 novembre 2003 il Centro ha organizzatoe animato una giornata di studio L’arte pia-

nistica di Arturo Benedetti Michelangeli incollaborazione con Teche Rai, Provincia diBrescia e Fondazione Civiltà Bresciana: fra irelatori sono stati invitati noti studiosi qualiSergio Sablich e Luca Chierici. Nella stessaoccasione è stato proiettato un raro filmatodella Rai, risalente alla fine degli anni ’50.L’edizione italiana del volume di LidiaKozubek è stata ufficialmente presentata aBrescia, Bolzano e Lugano, tre città stretta-mente legate al ricordo del Maestro. In par-ticolare, l’evento di Lugano (25 aprile 2004),realizzato in collaborazione con Mira eSergio Arma di Mendrisio, persone moltovicine al Maestro nel suo periodo “svizzero”,ha visto, oltre alla presentazione del libro ela proiezione di rare immagini, anche la par-

Il Centro di Documentazione “Arturo Benedetti Michelangeli”

Ritratto di Arturo

Benedetti Michelangeli

negli anni Cinquanta.

La perfezione si fa musica

.....................................................................................................................................................................................................................

tecipazione di Lidia Kozubek in un récitalchopiniano nella chiesa di S. Rocco. Al Centro Trevi di Bolzano, l’Associazione hapresentato in anteprima italiana il filmatodel concerto tenuto dal Maestro all’audito-rium di Besso-Lugano nell’aprile 1981.Il Centro pubblica una rivista dedicata alricordo di Michelangeli e, in generale, almondo del pianoforte.Oggi, nel decennale della scomparsa delMaestro, sembra già possibile mettere afuoco l’importanza storica del geniale artista.Certo, non è un’operazione facile, e soprat-tutto occorre molta prudenza: come ha giu-stamente scritto Lidia Kozubek, la persona-lità artistica di Benedetti Michelangeli sfug-ge a ogni tentativo troppo rigido di classifi-cazione.Anni fa, su un quotidiano nazionale, si èscritto che il pianismo di Michelangeli haincarnato lo spirito del Novecento. In questaaffermazione c’è indubbiamente un fondo diverità: per esempio, la cura competentissimae meticolosa che il pianista riservava ai suoistrumenti musicali (laddove un Richter, tradue pianoforti, dicono che scegliesse il peg-giore) è forse paragonabile al rapporto di uncampione di Formula Uno con il suo bolide,e assume perciò i tratti di una scelta moltonovecentesca, molto moderna. Ma in ArturoBenedetti Michelangeli, come in tutti igrandi, ci sono anche elementi che trascen-dono il proprio tempo.Per questo motivo il suo altrettanto docu-mentabile “antinovecentismo”, che si mani-festava tra l’altro nel ponderato distacco dacerta avanguardia musicale e nella presa dicoscienza dei rischi di certa filologia, se ieriha creato qualche turbamento ideologico,domani, in un mutato scenario, potrebbeessere riletto con ben maggior serenità.In altri termini, è indubitabile che l’arte e ilpensiero di Benedetti Michelangeli abbianoancora molto da insegnare al mondo musi-cale nel nuovo millennio, spesso frastornatoda un eccesso di tendenze centrifughe e dun-que bisognoso di saldi punti di riferimento.

Ringraziamo anticipatamente quanti vorran-no segnalare articoli e recensioni, pubblicatiin Italia e all’estero, su Arturo BenedettiMichelangeli.Per informazioni su come iscriversi al Centro,si prega di contattare:

Stefano Biosa & Marco Bizzarinic/o Centro di Documentazione “Arturo Benedetti Michelangeli”Casella postale n. 125115 Sant’Eufemia (Brescia) - Italia e-mail: [email protected]: www.centromichelangeli.com

La nota biografica che apre l’inserto culturale è stata redatta da

Pier Carlo Della Ferrera, che ha curato anche la ricerca delle cita-

zioni per le immagini tematiche che accompagnano la Relazione

d’esercizio.

Ringraziamenti

Si ringraziano tutte le persone e le istituzioni che, a vario titolo,

hanno fornito documentazione, informazioni, notizie e suggeri-

menti utili per la realizzazione del presente lavoro. Un ringrazia-

mento particolare alla professoressa Lidia Kozubek, alla dottores-

sa Mira Arma, al professor Marco Vitale, al maestro Isacco Rinaldi,

ai dottori Stefano Biosa e Marco Bizzarini del Centro Docu-

mentazione “Arturo Benedetti Michelangeli” di Brescia, al dottor

Rolando (Rolly) Marchi, al dottor Claudio Ambrosi della Biblioteca

della Montagna della S.A.T. di Trento, a Banca Intesa, ai comuni di

Pura, Riva San Vitale e Sagno, agli archivi della Radio Televisione

della Svizzera Italiana e del Corriere della Sera, all’Archivio di

Stato del Canton Ticino.

Referenze fotografiche

In ordine alfabetico sono di seguito elencati gli autori delle foto-

grafie o le istituzioni e le persone che hanno gentilmente messo a

disposizione il materiale iconografico.

La Banca Popolare di Sondrio (SUISSE) rimane a disposizione dei

detentori dei diritti delle immagini i cui proprietari non sono stati

individuati o reperiti, al fine di assolvere gli obblighi previsti dalla

normativa vigente.

Danilo Allegri, p. IX

Derek Allen, p. XXIX

Carmelo Archetti, p. XVIII, XIX

Ghitta Carell, p. I, VIII

Fotostudio Felici, p. V

Lamberto Londi, p. XXV, XXXI

Giorgio Lotti, p. XXI

Giancarlo Scalfati, p. XXVI

Mario Vigasio, p. IV

Archivio aziendale della RTSI, p. XXIII

Archivio fotografico del Coro della S.A.T. di Trento, p. XXVII

Centro di Documentazione "Arturo Benedetti Michelangeli", p. II,

III (in basso), IV, IX, XVIII, XIX, XXVIII, XXXIV, XLI, XLII

Deutsche Grammophon, p. XLI

EMI Music - CRL Archives, p. XXIX

Fondo Holländer presso l’Archivio di Stato del Canton Ticino di

Bellinzona, p. VII

Publifoto, p. XII, XIII, XVI, XXVIII

cortesia di Mira e Sergio Arma, p. XXIV, XXXVII

cortesia di Lidia Kozubek, p. XXXV (in basso), XXXVI

cortesia di Isacco Rinaldi, p. XX, XXX, XXXIX

cortesia di Marco Vitale, p. VI, XI, XIV, XVII, XXII

[XLIII]

Retro di copertina:

Sergio DELLA MURA,

A. Benedetti Michelangeli,

Empoli, Ibiskos, 1998.

PROGETTO E COORDINAMENTO

SDB, Chiasso