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DIOCESI DI CIVITA CASTELLANA «LA PAROLA CRESCEVA E SI FORTIFICAVA» (At 19,20) Perché gli adulti riscoprano la gioia di credere e di vivere MOSAICO DI PIETRE VIVE- 3 Approfondimenti - Schede - Attività

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DIOCESI DI CIVITA CASTELLANA

«LA PAROLA CRESCEVA E SI FORTIFICAVA» (At 19,20)Perché gli adulti riscoprano la gioia di credere e di vivere

MOSAICO DI PIETRE VIVE- 3Approfondimenti - Schede - Attività

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I contributi contenuti in questo volume sono stati redatti da:Romano RossiRobert CheaibGabriel GabatiAntonella CesariAugusto MascagnaPiergiuseppe PoleggiMauro Pace

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Carissime Pietre Vive,anche quest’anno la Diocesi vi offre un sussidio perché la Vostra collaborazione e corresponsabilità nella Parrocchia possa crescere e fortificarsi in consapevolezza e competenza.Con il passare degli anni, se da un lato si è placato il fuoco di paglia iniziale, dall’altro è maturato in tante comunità parrocchiali il desiderio di crescere insieme in passione apostolica, unita a lucidità di analisi e chiarezza di obiettivi pastorali.

PIETRE VIVE: CHI SIAMO?

Con questa espressione designiamo le cristiane e i cristiani che accettano la chiamata del Signore a costituire in Parrocchia un nucleo permanente, e insieme aperto a tutti, che curi la propria formazione per edificare la Chiesa, in comunione con il Parroco e con il Vescovo.Ci siamo lasciati ormai definitivamente alle spalle il modello tradizionale di Parrocchia, quello in cui tutti noi siamo cresciuti, come gruppo di fedeli riuniti intorno al Parroco che pensava per tutti, decideva per tutti, provvedeva a tutto.Il dono della fede ci sollecita e ci sospinge come credenti a diventare protagonisti della vita della comunità cristiana, in quanto membra vive del popolo di Dio che è tutto sacerdotale, cioè tutto testimone e mediatore di salvezza.La Chiesa oggi ha bisogno di essere vivificata e rinnovata ma può esserlo solo se, accanto al Parroco, si moltiplicano laiche e laici capaci di “sentire con la Chiesa”, amare col cuore di Dio, servire nello stile di Gesù.Per questo non basta la buona volontà. Oltre alla grazia del Signore occorre la determinazione umile e tenace a crescere e fortificarci insieme.Si tratta di riscoprire in prima persona, sulla nostra pelle e per la nostra vita, valorizzare e immettere nel circuito del popolo di Dio tutta la ricchezza della fede e della Tradizione cristiana.La Chiesa non ha bisogno di essere rifondata. Va benissimo come l’ha fondata Gesù Cristo e come si è venuta sviluppando, guidata dallo Spirito Santo, nel corso dei secoli.Ma quanti tesori si sono appannati!Quante risorse del suo patrimonio sono oggi misconosciute o fraintese dai più!Senza colpa di nessuno, più di un aspetto della grande Tradizione cristiana ha rischiato di essere praticamente rimosso dalla vita quotidiana dei fedeli, ammesso che qualche volta ci sia entrato.Sono rimasti in piedi soprattutto solo gli involucri e gli apparati esteriori, quelli più visibili.Il fascino del vitello d’oro, vale a dire di ciò che si vede, si tocca, si conta riesce di tanto in tanto a prevalere sul primato misterioso e difficile del Signore inafferrabile e invisibile che parla e si rivela a Mosè sul monte, dentro la nube (cf. Es 32).Si può ripetere il dramma di Israele nel deserto. Come sappiamo bene, quella non fu propriamente idolatria ma piuttosto ricerca e assuefazione alle scorciatoie, alle esemplificazioni, alle esteriorità, alle banalizzazioni!Ecco perché la Chiesa deve vivere in un incessante tensione verso il rinnovamento, in un atteggiamento di costante purificazione.

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A questo le Pietre Vive sono chiamate a contribuire, con la riscoperta dei grandi tesori della Rivelazione e della fede cristiana, per riconsegnarli, incarnati fedelmente nel nostro tempo, al quotidiano delle Parrocchie e al vissuto dei cristiani nell’ambito della conoscenza del Signore, della preghiera, della morale cristiana ecc..

PIETRE VIVE: DOVE SIAMO?

La priorità impellente da cui ci siamo mossi era recuperare dovunque il senso e il gusto di essere comunità parrocchiale.Non siamo certamente partiti da zero ma la basilare esperienza di sentirci fratelli e sorelle nel Signore, di vivere la Chiesa come esperienza di comunione fraterna, di creare spazi e atmosfere che facilitino la conoscenza reciproca, la fiducia e la collaborazione sono compiti da ricominciare sempre da capo.Per troppe persone il termine Chiesa fa pensare immediatamente o al Vaticano o agli edifici di culto.Sono molto pochi coloro per i quali il primo significato di questa parola è una comunità di persone che, vivificate dallo Spirito, vivono in comunione col Signore risorto e fra loro, lodano il Padre della vita, testimoniano la speranza per tutti, profeti di un futuro nel segno della salvezza che cercano di affrettare con l’amore e il servizio al prossimo.È questa l’immagine di Chiesa che desideriamo ardentemente colpisca e stupisca i nostri contemporanei.Qualunque sia, infatti, il cammino di rinnovamento che il Signore ci aprirà davanti, è chiaro che lo dovremo percorrere insieme, nella Diocesi, nelle Parrocchie, come Pietre Vive di ogni Parrocchia.Nelle comunità a misura di uomo che costituiscono la nostra Diocesi, il problema non è quello che le persone non si conoscono le une con le altre, come può avvenire in certe Parrocchie popolose di città.La difficoltà vera non sta nell’imparare il nome degli altri, con i quali peraltro siamo spesso cresciuti insieme, quanto piuttosto nel creare una sensibilità comune, ispirata al Vangelo, nel vivere e nel rapportarci alle cose della Chiesa e del mondo.Si tratta di sperimentare insieme l’amore del Signore attraverso la riscoperta della fede, della preghiera, delle vie verso la santità.Soprattutto, si tratta di maturare una attitudine condivisa sul modo di riproporre alla gente di oggi la Parola di Gesù, in tutta la sua ricchezza e con tutte le sue esigenze.Poiché questo processo non è solo di carattere conoscitivo o culturale ma si attua solo quando si pone tutta la vita nelle mani del Signore, non può avvenire che in un clima di preghiera e di conversione.È consolante vedere in quante Parrocchie una serie di appuntamenti di preghiera, soprattutto di adorazione eucaristica, accompagnano lo svolgimento del programma che ci stiamo dando!Niente, infatti, come la preghiera ci avvicina gli uni agli altri, nel momento che ci apre alla visita dell’unico Signore, il cui Spirito ci pervade e ci rende suo Corpo.Insieme alla preghiera, la conversione dei singoli e delle comunità.In questa direzione abbiamo operato negli ultimi due anni, prima riscoprendo l’identità della Parrocchia, poi mettendoci sotto il giudizio severo e appassionato delle sette lettere dell’Apocalisse.

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PIETRE VIVE: DOVE ANDIAMO?

La ripresa del nostro cammino annuale coincide praticamente con l’inizio dell’Anno della fede.Nelle intenzioni del Santo Padre, questa iniziativa deve svilupparsi soprattutto a livello di Chiese particolari e, al loro centro, a livello delle Parrocchie.Dobbiamo evitare che il moltiplicarsi di eventi celebrativi provochi dispersione o senso di saturazione.Per questo la nostra Diocesi proporrà solo poche convocazioni generali e concentrerà nelle Parrocchie la maggior parte delle attività, che in definitiva sono proprio quelle di cui stiamo parlando.Infatti, l’invito del Papa a ripartire dall’annuncio della fede e dalla nuova evangelizzazione trova la nostra Diocesi in un momento particolarmente favorevole oltre che, ovviamente, in un atteggiamento totalmente disponibile.Il nostro cammino di Chiesa, in realtà, praticamente a tutti i livelli e per tutte le fasce di età, si sta concentrando sul versante dell’evangelizzazione e della formazione nella fede.Da sempre la catechesi dell’iniziazione cristiana evangelizza ed educa i bambini e i ragazzi alla scoperta e alla sequela di Gesù.A partire da quest’anno, l’educazione alla fede degli adolescenti che hanno già ricevuto il sacramento della Cresima si avvale dei contributi dell’Ufficio Catechistico Diocesano che, oltre ad aver organizzato due campi scuola estivi per educatori, propone un itinerario comune, periodicamente e comunitariamente monitorato.La Pastorale Giovanile Diocesana, da parte sua, ha predisposto per i più grandi un itinerario di avvicinamento alla Parola di Dio a partire dal contatto con alcune fra le più interessanti figure giovanili della Bibbia.E gli adulti? Ecco, proprio alla evangelizzazione e alla formazione degli adulti nella fede la Diocesi, anche attraverso le Pietre Vive, deve rivolgere un’attenzione prioritaria.Non solo per il primo annuncio, l’argomento di questo anno pastorale, ma anche, sulla sua scia, per il recupero e il rilancio di tutti gli altri aspetti della esperienza cristiana, negli anni successivi.Quando va bene, alcuni adulti, in percentuale peraltro assai variabile, partecipano all’Eucaristia domenicale.Alcuni collaborano nel settore della Catechesi o della Carità.Altri si rendono disponibili per servizi logistici e gestionali nella vita della Parrocchia.Quanti adulti della Diocesi, però, hanno una frequentazione regolare e assidua ad appuntamenti comunitari in cui risuona la Parola del Vangelo, si plasmano le coscienze cristiane, si introduce alla bellezza delle fede e dell’amicizia col Signore, si prepara una qualificata testimonianza in famiglia, nel lavoro, nella società?È un prezioso servizio che svolgono qua e là alcune associazioni e movimenti, secondo i metodi loro propri.La Diocesi e il Vescovo sono loro immensamente grati ma, oltre a ringraziarli, auspicando un inserimento sempre più visibile e reale nella vita ordinaria nel resto del popolo di Dio, sono chiamati a proporre analoghi percorsi per tutti gli adulti.Vorrei invitarvi, carissime Pietre Vive, a osservare e riflettere con particolare

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interesse sulla condizione spirituale dei nostri adulti. È la fascia di età che interessa anche la stragrande maggioranza di voi e non si può pensare che nella Chiesa esistano per loro degli evangelizzatori se questi per primi non si lasceranno evangelizzare.Si tratta di voi. Occorre ripartire da voi per arrivare a loro.Su di voi, per primi, deve risuonare di nuovo la Parola del primo annuncio e, insieme ad essa, una qualificazione comunitaria circa le modalità, i linguaggi, l’approccio, la progressione, le attenzioni da avere nell’evangelizzazione e formazione alla fede di questa fascia di età, vastissima e semiabbandonata.

PIETRE VIVE: CON QUALI STRUMENTI OPERIAMO?

Il sussidio di quest’anno, «La Parola cresceva e si fortificava», si propone di accompagnare il primo annuncio di fede agli adulti, insieme a un percorso che lo prepari e a strumenti di metodo che lo rendano efficace proposta educativa per persone che vivono nel mondo di oggi.Per questo, il punto culminante verso cui esso tende è la proclamazione del messaggio fondamentale del cristianesimo primitivo, concernente la morte e la risurrezione di Gesù Cristo come fondamento della nostra salvezza.Ricostruire e rinsaldare il tessuto della vita di fede non consiste nel proporre un indiscriminato fardello di nozioni, di credenze, di regole, ma prende vita dal mostrare la struttura semplice e articolata del nucleo originario da cui tutto ebbe inizio, il kerygma di Gesù Cristo morto e risorto.Da lì, poi, il resto si dipana e si sviluppa.A questo annuncio, però, gli ascoltatori possono e debbono essere preparati in modo che, quando esso risuona, ne sia percepita l’importanza e la possibile collocazione nel contesto vitale di ciascuno.Questa attenzione è indispensabile soprattutto oggi che sono così rare per le persone le opportunità di riflettere, ascoltare se stesse, aprirsi al Mistero, predisporsi all’Incontro.Mille rumori, mille interessi, mille possibilità di evasione rischiano di rendere l’uomo estraneo a se stesso e incapace di decifrare i propri bisogni più urgenti.Occorre un cammino preparatorio che l’aiuti a disintossicarsi dalle tossine della frenesia e della dissipazione e a ritagliarsi spazi e tempi nei quali la Verità e la Bellezza possano penetrare e trafiggergli il cuore.In tutto questo processo l’essenziale è risvegliare dinamiche e percorsi interiori che diano luogo a nuovi orientamenti e a nuovi stili di vita, la conversione appunto.A quali condizioni l’adulto può essere aiutato a ricentrarsi, a rieducarsi, a riformarsi cosicché l’annuncio della fede non sia solo un’emozione momentanea e occasionale ma possa sedimentare e portare frutto?La questione è essenziale se vogliamo che il seme della Parola sia accolto, custodito e aiutato a crescere nel terreno più idoneo.L’annuncio del Vangelo, infine, fedele in tutto al mandato di Gesù, senza annacquamenti né amputazioni, va rivolto alle donne e agli uomini di questa epoca, che vivono in questo mondo, imbevuti di una certa mentalità e di una certa cultura che non sono certamente quelli di ieri né, tantomeno, quelli dei secoli passati.Come non ha mai mancato di fare nel corso della sua lunga storia, la Chiesa deve

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preoccuparsi di interloquire con le culture e le sensibilità che caratterizzano la nostra generazione.In essa stiamo vivendo e in essa siamo chiamati a testimoniare Gesù Cristo nel modo più incisivo possibile. Solo chi ama può conoscere. E se non si conosce non si può dialogare né servire.Mettersi seriamente in ascolto del nostro tempo non è un optional ma un dovere.Questo sussidio contiene quindi anche delle tracce per interpretare l’ingarbugliata matassa della mentalità e degli stili di vita dei nostri giorni.Per facilitare questo percorso e renderlo meglio assimilabile, ogni capitolo si chiuderà con la presentazione di un’opera d’arte, collegata in qualche modo al messaggio contenuto nelle pagine precedenti.Si tratterà di suggestioni pittoriche e musicale.Ascoltare, contemplare, condividere il bello renderà i processi di assimilazione dei contenuti, oserei dire del vero, più interessante e meno indigesto.Al termine di ogni capitolo, infine, è stata inserita una traccia per la lectio divina e la preghiera personale o di gruppo.Sono proposti testi biblici di commento e di accompagnamento ai contenuti presentati nelle pagine precedenti.Molti altri, e probabilmente di più pertinenti, se ne potrebbero trovare e le singole Parrocchie saranno certamente in grado di farlo.La Parola di Dio, in ogni caso, è il fondamento, talvolta visibile e talvolta invisibile ma sempre diretto e immediato del nostro percorso di Chiesa.E rappresenta anche l’approdo per momenti di riflessione nei quali ritrovarci intorno al Signore per cogliere meglio l’intimo nesso spirituale che collega fra loro tutti i passi e l’itinerario nel suo insieme.In ogni fase di tutta l’impresa sarà essenziale il servizio di animazione e di mediazione dei Sacerdoti, i primi evangelizzatori del Popolo di Dio, i primi educatori delle Pietre Vive.È a loro, oltre che a tutte le cristiane e i cristiani della Diocesi, che questo sussidio, con amore e con fiducia, è dedicato e affidato.Con la benedizione del Signore.

† Romano Rossi Vescovo di Civita Castellana

Civita Castellana, 21 ottobre 2012Celebrazione della Dedicazione della Cattedrale – Inizio dell’Anno della fede

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INDICE GENERALE

1. Osare una fede che … stimola libera e delinea la vitaIl senso della formazione permanente degli adulti per vivere e testimoniare una fede matura e dinamica

pag 11

2. Opportunità e ostacoli per l’annuncio della fede nel nostro tempo

pag 39

3. Dio nelle pieghe dell’umano Dall’anoressia dello spirito al desiderio di Dio

pag 73

4. È bello per noi essere qui… sorpresi e raggiunti da DioLa via pulchritudinis: l’esperienza del bello come epifania di Dio

pag 93

5. Il kerygma, l’annuncio che “trafigge il cuore”Da dove (ri)parte la nuova evangelizzazione

pag 119

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OSARE UNA FEDE CHE… STIMOLA LIBERA E DELINEA LA VITA

Il senso della formazione permanente degli adulti per vivere e testimoniare una fede matura e dinamica

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Il commento all’immagine di apertura si trova a pag 36

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APPROFONDIRE Costruire modificare e ricostruire la struttura della vita

1. Guardarsi intorno pag. 152. Guardarsi dentro pag. 163. Guardare oltre pag. 16

RIFLETTERE In atteggiamento di ricerca

4. Una domanda impegnativa: chi è l’adulto oggi? pag. 185. Vivere l’etȧ adulta … un processo di maturazione instancabile e

permanente pag. 18

ANDARE OLTRE… In atteggiamento di ascolto e accoglienza

6. Il senso e la direzione di una formazione che integra la fede nella vita pag. 217. Riconoscere una fede sterile … pag. 22

RI-PRENDERE IL CAMMINO Verso una fede autenticanente vissuta e testimoniata

8. Osare una fede che … stimola, libera sostiene e delinea la vita pag. 25In sintesi pag. 30

A LODE DELLA SUA GLORIA Ascoltando la Parola, ritroviamoci nel Signore

Il paradosso della crescita cristiana: diventare adulti, facendosi bambini pag 31

ARTE E FEDE

Michelangelo Merisi da Caravaggio: la conversione di S.Paolo pag 36

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... E adesso siamo veramente adulti, pensiamo, e ci sentiamo stupiti che essere adulti sia questo,

non davvero quello che da ragazzi avevamo creduto, non davvero la sicurezza di sé, non davvero un sereno possesso su tutte le cose della terra ….

Siamo adulti per quel breve momento che un giorno ci è toccato di vivere, quando abbiamo guardato come per l’ultima volta tutte le cose della terra,

e abbiamo rinunciato a possederle, le abbiamo restituite alla volontà di Dio…Natalia Ginzburg (tratto da Piccole virtù)

Pretendere di entrare nel cielo senza prima entrare in noi stessi per meglio conoscerci e considerare la nostra miseria,

per vedere il molto che dobbiamo a Dio e il bisogno che abbiamo della sua misericordia,

è una vera follia.

Santa Teresa d'Avila

Attraverso gli approfondimenti e le riflessioni proposte, potrai comprendere meglio le dinamiche coinvolte nell’apprendimento degli adulti e in che modo la formazione permanente degli adulti alla fede si delinea attraverso un processo continuo, che si traduce in un cammino verso la maturità della fede e in un programma di vita che accompagna il cristiano verso una fede autentica.

Avrai la possibilità di riflettere e meditare con la mente ed il cuore e scoprire... - Il senso della formazione permanente che integra la fede nella vita - Il senso della formazione permanente per vivere una fede matura e dinamica- Il senso della formazione permanente per osare una fede libera e consapevole- Il senso della formazione permanente per testimoniare una fede che stimola e

delinea la vita

LE DOMANDE: - Che cosa significa e quali obiettivi si pone la formazione permanente oggi? - Chi è l’adulto oggi? - Quali sono oggi i valori e le “certezze” nella mia vita?- Qual’è il senso e la direzione di una formazione che integra la fede nella vita?- In che modo posso riconoscere una fede sterile?- Qual è l‘identikit della “pietra viva”?

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APPROFONDIRE Costruire modificare e ricostruire la struttura della vita

Girando sempre su se stessi, vedendo e facendo sempre le stesse cose, si perde l'abitudine e la possibilità di esercitare la propria intelligenza.

Lentamente tutto si chiude, si indurisce e si atrofizza come un muscolo"Albert Camus

1. GUARDARSI INTORNO Una formazione permanente per... adulti dis-orientati e de-motivati

Come sarà l’uomo tra dieci anni?Quali saranno i suoi valori di riferimento? Quale sarà il suo stile di vita? In che modo vivrà le relazioni interpersonali e familiari? Come sarà il suo lavoro? “... Tutti i punti di riferimento che davano solidità al mondo e favorivano la logica nella selezione delle strategie di vita, i posti di lavoro, le capacità, i legami personali, i modelli di convenienza e decoro, i concetti di salute e malattia, i valori che si pensava andassero coltivati e i modi collaudati per farlo, tutti questi e molti altri punti di riferimento un tempo stabili

sembrano in piena trasformazione. Si ha la sensazione che vengano giocati molti giochi contemporaneamente, e che durante il gioco cambino le regole di ciascuno. Questa nostra epoca eccelle nello smantellare le strutture e nel liquefare i modelli, ogni tipo di struttura e ogni tipo di modello, con casualità e senza preavviso...”.Zygmunt Bauman, autorevole sociologo e filosofo contemporaneo, descrive così, nel suo libro “L'istruzione nell'età postmoderna”, il contesto socio-culturale nel quale l’uomo di oggi si trova a vivere. Bauman evidenzia la fragilità dei legami interpersonali, familiari, comunitari a cui assistiamo e l’aumento della solitudine individuale, consegnandoci così una impietosa descrizione della condizione dell’uomo, un uomo sempre più abbandonato al suo destino. Il futuro ci lascia intravedere “un uomo solo”, nonostante l’avvento del web e della comunicazione globale. È questo il prezzo che rischiamo di pagare come corrispettivo per quel “diritto alla libertà di essere se stessi”, senza però una dimensione morale ed etica che rimanda contemporaneamente al dovere e alle responsabilità verso se stessi e gli altri. È il punto in cui il diritto-dovere di essere se stessi diventa “il gusto di essere come mi pare”. “Come mi pare” è la vittoria dell’istinto, dell’impulso sulla riflessione e sulla consapevolezza. “Come mi pare” vuol dire egoismo insensato, indifferenza, rinuncia a qualunque ricerca di senso, di significato e di progettualità personale. Il giusto diventa “ciò che soddisfa i miei desideri“ e i rapporti interpersonali vengono percepiti attraverso le categorie del possesso o si trasformano in mezzi per “raggiungere i miei scopi”. Se questo è lo scenario di riferimento, largamente condiviso da studiosi di varie

Conversione di S.Paolo - particolare

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discipline e di differenti orientamenti culturali come trovare una via d’uscita? É in questa prospettiva che il tema della formazione permanente suscita attualmente particolare interesse e risponde all’esigenza di ri-trovare, ri-formulare, ri-orientare punti di riferimento valoriali e comportamentali per ri-prendere consapevolezza di se stessi e ricollocare il proprio agire nel contesto sociale e familiare di riferimento. La formazione diventa così, giorno per giorno, ciò che rende fertile il terreno dello sviluppo personale: viverla, subirla, organizzarla, desiderarla diventa un indicatore di modalità e qualità di vita.

2. GUARDARSI DENTRO Una formazione permanente per... adulti impegnati a comprendere, mettere in relazione e ordinare le proprie esperienze

La prospettiva delineata configura un ampliamento della definizione che si dà usualmente alla nozione di apprendimento, inteso come sviluppo di abilità e conoscenze formalmente previste. L’apprendimento è definito piuttosto come un processo di cambiamento che riguarda qualsiasi attività umana e non più specifico di una determinata situazione di insegnamento sistematico (una disciplina, un argomento …). Ciò implica l’idea di un rapporto circolare, processuale, tra sviluppo di conoscenze e acquisizione di abilità in un sistema dinamico, in cui le persone interagiscono dentro di sé, con le altre persone e con i vari elementi del contesto in cui si trovano a vivere e a lavorare. La formazione si configura come un processo di costruzione e di autorealizzazione dell'identità, che si sviluppa interagendo con le persone e con l’ambiente, in una pratica di relazione, dove l’apprendimento avviene nella situazione di un fare e di un essere connessi. Vengono così messi in gioco almeno quattro mondi vitali: il sapere, il saper essere, il saper fare e il sapersi situare (il mondo della formazione, soggettività, della cognizione e della relazione). La formazione diventa la continua ricerca e proposta di una “struttura che connette in modo efficace ” questi quattro mondi, che nella vita di ogni persona non sono mai separati, per produrre sapere vitale e vivificante su se stessi.

3. GUARDARE OLTRE Una formazione permanente per... adulti impegnati a dare significato alla propria esistenza

L’adulto è definito comunemente come una persona capace di comprendere, di fare scelte razionali ed autonome, responsabile sia delle proprie azioni sia socialmente. Gli adulti come “soggetti-agenti” devono essere persone coscienziosamente consapevoli, riflessive, discernenti, responsabili: “soggetti-agenti” e perciò non “soggetti a... “È per questo che una formazione che si configura come processo di costruzione e di autorealizzazione dell'identità inizia nel momento in cui ci si scopre "esseri cognitivi", capaci cioè di pensare, oltre che di apprendere e fare. L’esperienza di formazione infatti è possibile se viene facilitata la capacità di saper essere (oltre che saper fare), di sapersi pensare e sapersi situare.La condizione che definisce l’essere adulto è il bisogno di comprendere, mettere in relazione e ordinare le proprie esperienze per dare significato alla propria esistenza. È il desiderio costante e continuo di esprimere le esperienze umane

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nella profondità dei loro significati, dei loro misteri, dei loro intenti morali, della loro trascendenza, della loro pienezza di vita, delle loro intuizioni, delle loro vulnerabilità, della loro tenerezza, del loro coraggio di amare. Questo è un processo continuo e fondamentale per non rimanere imprigionati in abitudini o in balia di significati astratti, sganciati dalla realtà e dall’esperienza. Si tratta perciò di un approccio alla formazione che vuole la persona protagonista della propria elaborazione formativa. È una persona che ha l’esigenza di

- FORMARSI PER RI-PROGETTARSI: È il momento in cui si sente l’esigenza di prendere in considerazione i bisogni di formazione attuali e dunque domandarsi come si stanno usando qui e ora le opportunità di cambiare se stessi e in quale direzione

- FORMARSI PER RI-VITALIZZARSI: È il momento in cui si sente l’esigenza di essere protagonisti della propria crescita, interrogarsi sul perché delle cose, degli eventi, della loro ricorsività. Collegare i fatti della propria esperienza crea disponibilità a rimettersi in gioco come individui capaci di progettare, apprendere e crescere (autostima)

- FORMARSI PER ACQUISIRE NUOVI SCHEMI MENTALI: È il momento in cui si sente il bisogno di spiegare e dare senso all’esperienza. È importante dunque attivare un processo nel quale si produca una presa di coscienza di connessioni prima invisibili, le cosiddette latenze, e che ne derivino, se non grandi cambiamenti, certamente la costruzione di nuovi o rinnovati modelli soggettivamente significativi

- FORMARSI PER TRASFORMARSI: È il momento in cui si sente l’esigenza profonda di cambiamento. Non si tratta però di cambiamenti repentini che si possano "pianificare": è piuttosto la percezione di trovarsi a percorrere sentieri che aprono la strada a possibilità trasformative.

Un processo formativo che scaturisce da tali motivazioni offre a chi lo sperimenta la possibilità di - riflettere sulle cose che si stanno facendo e di apprendere da esse- accrescere le capacità autoriflessive- ascoltare le proprie emozioniTutto ciò produce nella persona una “memoria” della storia personale in grado di trasformare il passato e il presente in una possibilità di futuro.

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RIFLETTERE In atteggiamento di ricerca

4. UNA DOMANDA IMPEGNATIVA: CHI È L’ADULTO OGGI?

Il dizionario della lingua italiana descrive l’adulto come “la persona che ha raggiunto il pieno sviluppo fisico e psichico”. Definizione semplice e chiara se non fosse per il fatto che vivere l’età adulta è certamente oggi un compito impegnativo e sfidante. C’è stato un tempo, non molto lontano, in cui l’adulto appariva come colui che “è cresciuto, ha portato a compimento i progetti della propria giovinezza, ha fatto delle scelte chiare e irrevocabili”. In questa visione l’adulto si sentiva «completo», era l’uomo che pensava di non aver più nulla da imparare, che si considerava ormai arrivato e realizzato. Il nostro tempo invece ha scoperto l’incompiutezza dell’adulto e da un adulto che si sentiva “completo” si è arrivati ad un adulto che si domanda “Cosa cambiare? In che modo? In quale direzione? Con quale scopo?”La realtà socioculturale contemporanea è attraversata, come ben noto, da profondi

mutamenti epocali, alcuni dei quali coinvolgono più direttamente l'identità delle persone, le loro motivazioni affettive e relazionali anche nell’età adulta. Il processo di formazione dell’identità può essere definito oggi come una ricerca che accompagna l'intera esistenza: è come un viaggio verso una meta ignota, realizzato attraverso una serie di cambiamenti discontinui, trasformazioni che avvengono sulla base di ridefinizioni esperienziali che comportano un procedere non lineare, con i rischi di ripetizione, ambiguità e confusione. Di fatto, l’identità è qualcosa che il grado di maturità personale costruisce un cerchio dopo l’altro. Questo processo ha varie tappe e presenta diverse alternative o possibili sbocchi finali che sono determinati da rapporti, incontri, esperienze e circostanze fortuite.Tutta la nostra esistenza perciò può essere considerata un cammino, un viaggio verso la nostra identità personale …

5. VIVERE L’ETȦ ADULTA… Un processo di maturazione instancabile e permanente

….Intraprendere il viaggio verso la propria identità personale significa imboccare la strada che permette di - Avanzare verso una maggiore maturità considerata non solo uno stato, ma

anche un ideale a cui aspirare e non mai raggiunto pienamente (autocontrollo, stabilità, capacità di gestire la vita in modo serio, responsabilità)

- Guardare in prospettiva attraverso un atteggiamento che aiuta a maturare giudizi autentici verso se stessi e gli altri. Tale atteggiamento promuove un

Conversione di S.Paolo - particolare

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approccio più equilibrato verso la vita e la società, maturando un proprio modo di pensare rispetto agli altri (ampiezza di vedute, stabilità, esperienza, oggettività)

- Maturare alcune misure di autonomia, di capacità decisionale responsabile e consapevole

... Intraprendere il viaggio verso l’ identità personale, significa imboccare una strada che forma e trasforma attraverso un processo continuo e dinamico in cui la persona - é più aperta verso tutti gli elementi della propria esperienza vivente- sviluppa una maggiore consapevolezza di sé, della propria capacità di giudizio

e di scelta- analizza la propria vita per partecipare ad un processo fluido e permanente

dell’ esperienza in cui scoprire continuamente aspetti nuovi

... Intraprendere il viaggio verso l’identità personale, significa imboccare una strada che comporta la tensione e lo sforzo di realizzare al massimo le proprie potenzialità e il coraggio di essere se stessi. Significa buttarsi completamente nella corrente della vita. È interessante sottolineare che la caratteristica più particolare degli esseri umani è proprio quella che, una volta liberi e consapevoli , scelgono questo processo di divenire, considerato appagante e positivo.

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1 - CON LA MENTE E CON IL CUORE Cercare il significato e la direzione

LA DOMANDA: DOVE SEI? In ogni tempo Dio interpella ogni uomo: “Dove sei nel tuo mondo? Dei tuoi giorni e degli anni a te assegnati ne sono già trascorsi molti: nel frattempo tu fin dove sei arrivato nel tuo mondo? Dove ti trovi ?... A questo punto tutto dipende dal fatto che l’uomo si ponga o no la domanda. Indubbiamente, quando questa domanda giungerà all’orecchio, a chiunque “il cuore tremerà”. Il ritorno decisivo a se stessi è nella vita dell’uomo l’inizio del cammino, il sempre nuovo inizio del cammino umano. Ma è decisivo solo se conduce al cammino: esiste infatti anche un ritorno a se stessi sterile, che porta solo al tormento, alla disperazione e a ulteriori trappole” (Martin Buber tratto da Il cammino dell’uomo)

UN RITORNO A SE STESSI CHE CONDUCE AL CAMMINO ….Ogni persona imprime in questo mondo una traccia che lei soltanto può produrre. È matura la persona che imprime in questo mondo la sua personale traccia di vita. La persona matura non ruota attorno a se stessa, ma risponde alle sfide della vita e delle situazioni in cui si trova, partendo dal centro del suo essere. La maturità è un processo che ci permette di vivere in modo costruttivo anche le relazioni con gli altri. Fa piacere intrattenersi, collaborare, lavorare con una persona matura, la sua completezza ha un effetto unificante anche per gli altri. Al contrario è abbastanza faticoso doversi confrontare con persone immature.

RIFLETTI ….- Che cosa suscita in te l’idea di maturità? - Conosci persone mature che frequenti volentieri?- Che caratteristiche hanno queste persone mature?- Da cosa capisci che una persona è matura?- Come ti valuti? Ti riconosci maturo? Perché?- Quali sono “i talenti” con i quali potresti lasciare la “tua autentica traccia di

vita”?- In quali circostanze agisci autenticamente, sentendoti fino in fondo te stesso?

Riprendendo le domande del testo di Martin Buber sopra citato…- ... Dove sei nel tuo mondo? - ... Dei tuoi giorni e degli anni a te assegnati ne sono già trascorsi molti: nel

frattempo tu fin dove sei arrivato?

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ANDARE OLTRE… In atteggiamento di ascolto e accoglienza

6. IL SENSO E LA DIREZIONE DI UNA FORMAZIONE CHE INTEGRA LA FEDE NELLA VITA

... Giunto ormai al termine della sua vita, l’apostolo Paolo chiede al discepolo Timoteo di “cercare la fede” (cfr 2Tm 2,22) con la stessa costanza di quando era ragazzo (cfr 2Tm 3,15). Sentiamo questo invito rivolto a ciascuno di noi, perché nessuno diventi pigro nella fede. Essa è compagna di vita che permette di percepire con sguardo sempre nuovo le meraviglie che Dio compie per noi. Intenta a cogliere i segni dei tempi nell’oggi della storia, la fede impegna ognuno di noi a diventare segno vivo della presenza del Risorto nel mondo.(15)

Benedetto XVI -Lettera Apostolica «Porta Fidei»

A partire dalle dinamiche coinvolte nell’apprendimento degli adulti, così come presentate nei paragrafi precedenti, la formazione permanente degli adulti alla fede si delinea come un processo continuo attraverso il quale è possibile esaminare le convinzioni che stanno alla base del modo di vivere e testimoniare la fede (credenze, valori, schemi, prospettive di significato assimilate acriticamente o acquisiti attraverso esperienze precedenti). È il primo passo per valutare e riordinare la propria vita cristiana in modo consapevole, più efficace, più aperto, più riflessivo. Questo primo passo è necessario per “prendere il largo” : cambiare e/o rimodulare effettivamente i propri atteggiamenti e le proprie esperienze (i propri pensieri, emozioni, azioni e pratiche) a partire dalla Parola.

Si tratta di un cammino verso la maturità della fede, un programma di vita che accompagna il cristiano verso una fede autentica. Esso necessita di un atteggiamento globale ed impegnativo che sviluppa ed integra le dimensioni cognitive, affettive e comportamentali della personalità ed è anche il punto centrale di riferimento per tutte le scelte della vita. - La dimensione cognitiva: in opposizione alla religiosità fideistica e irrazionale,

chiama ad una fede informata e profonda, capace di differenziarsi, che sia critica e autocritica.

- La dimensione affettiva: rispetto alla religiosità adolescenziale infantile o integralista, si manifesta nella sua autonomia motivazionale, nella sua creatività,

Conversione di S.Paolo - particolare

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nella sua costanza, nel suo impegno durevole, nella capacità comunicativa e nella sua apertura al dialogo.

- La dimensione comportamentale: in opposizione alla religiosità inefficace o incoerente, si distingue per il suo dinamismo, la prassi, la perseveranza, per i risultati e per la coerenza.

Questo processo coinvolge quattro momenti fra loro strettamente correlati:

1. Un momento che interroga la prospettiva attuale del significato (RIFLETTERE PER PURIFICARE LA FEDE)- Quanto è viva e significativa la mia fede oggi? - Quali sono gli atteggiamenti, i pensieri e i comportamenti che attualmente

qualificano e/o rendono sterile la mia fede? - In che modo mi rendo testimone credibile della fede che professo? - In quali circostanze tendo a nascondere la mia fede? Perché?

2. Un altro che esplora percorsi alternativi (CERCARE NUOVE STRADE PER RAFFORZARE LA FEDE)- Quali convinzioni, atteggiamenti e comportamenti dovrei cambiare per

rendere la mia fede più viva e feconda? - In che modo vivo i miei momenti personali nell’incontro con Dio? - Cosa potrei cambiare negli atteggiamenti e nei comportamenti per rendere

tali momenti più significativi?- Che significato attribuisco alle parole “SILENZIO” e “ASCOLTO”?- Che senso hanno e come vivo le esperienze di fede nei momenti comunitari?

(Liturgia, catechesi, attività parrocchiali...)

3. Un momento che cerca di adottare le prospettive modificate (SOSTENERE LA TRASFORMAZIONE VERSO UNA FEDE PIÚ MATURA)- Quali sarebbero gli effetti, le conseguenze e le novità di vita cambiando le

“prospettive sterili” che ho individuato ?- In base a quali criteri e a quali esigenze scelgo nuove strade e nuove

prospettive per vivere una fede più matura?

4. Un ultimo momento che reintegra e fonda le nuove prospettive di significato (PROGETTARE LA VITA)- Ripercorro il mio cammino di fede, il punto di partenza , i passaggi, le

strettoie, le difficoltà alla luce delle nuove prospettive di significato che ho individuato nei 3 passaggi precedenti e rifletto su come poter proseguire...

7. RICONOSCERE UNA FEDE STERILE…

A. Una fede che... compensa la paura del mondo Molti adulti rimangono vittime dei loro pregiudizi, dei loro bisogni o delle loro paure di fronte alla vita. Capita così di proiettare in Dio le attese insoddisfatte e le molteplici dipendenze umane. La conseguenza di tale atteggiamento è il rischio

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di una fede infantile, una religiosità nella quale ci si rifugia perché si ha paura di essere feriti dal confronto con il mondo. Si preferisce così restare nel nido sicuro dei propri sentimenti religiosi. Si rifiuta la responsabilità per se stessi e per la vita e siccome non si è in grado di assumersi alcuna responsabilità per se stessi, non si è in grado di essere inviati da Dio nel mondo per costruirlo e plasmarlo. Si rischia a questo punto anche la deriva miracolistica e/o magica della fede. “Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli” (Mt. 18,3): essere come bambini non significa restare infantili ma assumere la loro apertura e la loro libertà dai pregiudizi; significa avere la fiducia del bambino per capire che, in mezzo a un mondo in cui vogliamo avere tutto, c’è anche qualcosa di diverso in cui possiamo riporre la nostra speranza. È una fiducia in cui aprire il cuore e presentare a Dio anche l’impotenza e l’abbandono.

2 - CON LA MENTE E CON IL CUORE Cercare il significato e la direzione

La mia traccia di vita: spunti per la riflessione - Ci sono elementi infantili nel tuo modo di vivere la fede? Riesci a

distinguere tra la fiducia di “essere come bambini” nei confronti di Dio e una religiosità infantile?

- Che cosa ne pensi di una fede che nasce e si alimenta di “sensazionale e/o miracolistico”?

- Sei disposto a sostenere pubblicamente la tua fede e ad accettare l’invito di Dio a costruire e plasmare questo mondo?

B. Una fede che... equivale a perfezionismo formalistico-moralistico

“Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”

(Mt 5,48)

Il perfezionismo che si afferma essere ubbidienza alla volontà di Dio, spesso non è che un servizio al proprio bisogno di valere. Il perfezionista si pone con il suo atteggiamento al di sopra degli altri, ma al tempo stesso è tormentato continuamente da sensi di colpa, perché non è perfetto come vorrebbe essere. In questo modo il perfezionista non produce nessuna trasformazione della realtà. Egli vive in un sistema di costrizioni. Impiega tutte le energie per adempiere ciò che lui stesso si è imposto e così non gli resta più forza per dedicarsi a questo mondo, per costruirlo e plasmarlo. Il perfezionismo religioso si richiama ad affermazioni di Gesù come: “Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,48). Ma tali parole indirizzano non nel senso di essere “senza difetti”, piuttosto ad integrare tutto ciò che è in noi e perciò il positivo ed il negativo.

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3 - CON LA MENTE E CON IL CUORE Cercare il significato e la direzione

La mia traccia di vita: spunti per la riflessione - Sei perfezionista nel tuo modo di vivere la fede? - Qual è secondo te la differenza tra “tendere alla perfezione” e “essere

perfezionista”?- Riesci ad affidare all’amore misericordioso di Dio la tua fede così com’è? - Che cosa significa per te essere umili di fronte a Dio?

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RI-PRENDERE IL CAMMINO Verso una fede autenticanente vissuta e testimoniata

3.3 OSARE UNA FEDE CHE... STIMOLA, LIBERA SOSTIENE E DELINEA LA VITA

Non dovete nascondere il vostro talento o tenere celate le vostre virtù.

Desidero laici non irruenti nel parlare né litigiosi, ma persone che conoscano la propria religione,

che la pratichino, che sappiano qual è il loro ruolo, che sappiano che cosa hanno e che cosa non hanno,

che conoscano il loro credo tanto bene da poterlo diffondere. Desidero laici intelligenti e istruiti (…)

Desidero che ampliate le vostre conoscenze, coltiviate la ragione, riflettiate sulla relazione di verità,

impariate a vedere le cose così come sono, a capire in che modo la fede e la ragione sono in rapporto fra loro,

quali sono le basi e i princìpi del cattolicesimo.

(Beato Card. John Henry Newman)

Non rimane allora che individuare un modello di riferimento, l’identikit della “pietra viva”, proiettata verso una fede dinamica e matura. Le sue caratteristiche possono diventare, oltre al modello, anche gli obiettivi da raggiungere e gli indicatori per valutare il proprio processo di crescita e di maturazione nella fede.

A. La “pietra viva” è in continua ricerca

... Bisognerebbe che tu non sapessi fare a meno di me in modo che io riesca a passare attraverso di te tanto quanto il mio cuore desidera. Ma la natura umana è fatta così che, se non è stimolata di continuo, rallenta il suo sforzo e disperde la sua attenzione. Questo spiega la necessità di una continua ripresa di contatto con me. Finché sei su questa terra, non c’è mai nulla di acquisito, bisogna continuamente ricominciare. Ma ogni nuovo slancio è come una rinascita e un crescere nell’amore. .. Pensa, prega agisci in me. Io in te, tu in me. Lo sai, è questo il mio desiderio di intimità con te. Io sto di continuo alla porta della tua anima e busso. Vivi con me come l’amico che mai si abbandona. Non mi lasciare con la volontà, non mi lasciare con il cuore, cerca di lasciarmi il meno possibile anche con la tua mente

Gaston Courtois (tratto da Quando il Maestro parla al cuore)

Essere pietra viva è...- il frutto di un Incontro personale con Dio e non una consuetudine o

un’appartenenza accolta passivamente - accogliere il dono della fede, attraverso il quale si scopre sempre di più la

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propria identità cristiana nel contesto della comunità dei fratelli e del mondo, per rispondere alla sfida di integrare la fede nella vita e di vivere la gioia di essere testimone di Gesù Cristo

- vivere una fede liberamente scelta, che implica una continua conversione e l’interiorizzazione degli atteggiamenti di fede, per approdare alla maturità della fede

- vivere una fede che impegna tutto l’essere (cognitivo, affettivo e comportamentale)

B. La “pietra viva” sa discernere

Il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte e gli disse: «Chiedimi ciò che io devo concederti». Salomone disse: « Ebbene io sono un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che ti sei scelto, popolo così numeroso che non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore che ascolta perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male, perché chi potrebbe governare questo tuo popolo così numeroso?». Al Signore piacque che Salomone avesse domandato la saggezza nel governare. Dio gli disse: «Perché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te né una lunga vita, né la ricchezza, né la morte dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento per ascoltare le cause, ecco faccio come tu hai detto. Ecco, ti concedo un cuore saggio e intelligente: come te non ci fu alcuno prima di te né sorgerà dopo di te. Ti concedo anche quanto non hai domandato, cioè ricchezza e gloria come nessun re ebbe mai. Se poi camminerai nelle mie vie osservando i miei decreti e i miei comandi, come ha fatto Davide tuo padre, prolungherò anche la tua vita». (1Re 3, 9)

La pietra viva ….- é consapevole di ciò che gli accade (valore esperienziale) - é consapevole del dono della libertà ricevuta da Dio- é capace di passare da una visione vittimistica ad una visione creativa attraverso

la consapevolezza di poter dare una risposta libera in qualsiasi condizione o condizionamento

- si rende conto che la risposta a tutte le situazioni (valore attitudinale) dipende da quello che ha dentro di sé (valore creativo)

- sa discernere la scala dei valori e li vive coerentemente con saggezza. È in grado in questo modo, di orientare la sua vita con realismo e responsabilità riconoscendo costantemente la presenza efficace dello Spirito Santo

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C. La “pietra viva” vive e suscita una visione positiva dell’essere persona

L’uomo è una persona che si possiede per mezzo della intelligenza e della volontà. Egli non esiste soltanto come un essere fisico: c’è in lui un’esistenza più nobile e più ricca: la sovraesistenza spirituale propria della conoscenza e dell’amore … Dire che un uomo è una persona significa dire che nella profondità del suo essere egli è piuttosto un tutto che una parte, e più indipendente che servo. È questo mistero della nostra natura che il pensiero religioso esprime quando dice che la persona umana è fatta ad immagine di Dio...

Jaques Maritain

Questo è sicuro: l’uomo oggi deve essere ostinatamente appassionato; se lo è c’è ancora speranza. Se è appassionato, cioè compassionevole, c’è ancora speranza

Elie Wiesel

La pietra viva ….- sa guardare alla vita in modo positivo senza però mostrarsi ingenua- è convinta che Gesù ha vinto il peccato e la morte ed ha aperto una nuova vita

per gli esseri umani e perciò vive la propria vita con ottimismo realistico - sostiene un atteggiamento di humanitas, riconoscendo che l’intera persona e tutte

le persone, benché ciascuno sia capace di peccare, rimane fondamentalmente buono

- professa che gli esseri umani sono chiamati per dono divino ad essere partecipi con Dio e con gli altri a diventare pienamente vitali per la gloria di Dio, diffondendo, conoscendo e generando significato, scegliendo di diventare liberi, per accogliere la chiamata all’Amore e vivere come esseri amati.

D. La “pietra viva” è impegnata a costruire e vivere la “comunione”

Coloro che accolgono con sincerità il Vangelo, proprio in virtù del dono ricevuto e dei frutti che produce in loro, si riuniscono nel nome di Gesù per custodire e alimentare la fede accolta e partecipata, e per continuare, moltiplicandola, l’esperienza vissuta.

(Instrumentum Laboris (25)

Desideriamo che questo Anno susciti in ogni credente l’aspirazione a confessare la fede in pienezza e con rinnovata convinzione, con fiducia e speranza. Nel contempo, auspichiamo che la testimonianza di vita dei credenti cresca nella sua credibilità. Riscoprire i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata [15], e riflettere sullo stesso atto con cui si crede, è un impegno che ogni credente deve fare proprio, soprattutto in questo Anno.

Benedetto XVI -Lettera Apostolica «Porta Fidei»

La pietra viva …. - è consapevole che la sua chiamata fondamentale è quella di “essere in

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comunione”, poiché si diventa “pietre vive” solo in una comunità di credenti, dove si realizzano e si vivono esperienze di fede

- mette al centro l’ascolto del Vangelo. Esso diventa il punto di riferimento per una fede professata e vissuta e rende autentica la comunione con i fratelli

- riconosce che “essere in comunione” è un dono e frutto dello “Spirito” che suscita fiducia, familiarità e accoglienza e incoraggia a pensare, giudicare e vivere come Gesù, attraverso una condivisione reciproca che stimola una crescita continua nella fede

- si impegna a costruire e vivere la comunione con i fratelli, in un atteggiamento di ricerca, in ascolto dei continui cambiamenti sociali che si susseguono, nell’impegno di riconoscere i segni dei tempi

- si impegna a costruire una comunità vera, come luogo per attuare e testimoniare la fede cristiana, attraverso uno stile condiviso che diventa modo di essere e vivere insieme

E. La “pietra viva” è consapevole del compito a cui è chiamata: essere testimone e annunciare la fede

Come raccontano i Vangeli (cf. Mc 3,13-15), i discepoli, dopo essere stati con Gesù, aver vissuto con Lui, essere stati da Lui introdotti in una nuova esperienza di vita, essere stati partecipi della sua vita divina, vengono a loro volta inviati a continuare questa azione evangelizzatrice

(Instrumentum Laboris (25)

…Desideriamo che questo Anno susciti in ogni credente l’aspirazione a confessare la fede in pienezza e con rinnovata convinzione, con fiducia e speranza. Nel contempo, auspichiamo che la testimonianza di vita dei credenti cresca nella sua credibilità. Riscoprire i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata [15], e riflettere sullo stesso atto con cui si crede, è un impegno che ogni credente deve fare proprio, soprattutto in questo Anno .

Benedetto XVI -Lettera Apostolica «Porta Fidei»

La pietra viva - è consapevole della propria “identità battesimale” e della missione a cui è

chiamata: saper essere autentica testimone del Vangelo e saper rendere ragione della propria fede

- é consapevole che in forza del Sacerdozio comune e della partecipazione all’ufficio profetico di Cristo è pienamente coinvolto nel compito dell’ annuncio a cui è chiamata la Chiesa

- riconosce l’importanza di testimoniare come la fede cristiana costituisca una risposta ai problemi esistenziali che la vita pone in ogni tempo e in ogni cultura e che dunque interessa ogni uomo, anche agnostico e non credente …

- si senta interpellata da questo compito che l’identità battesimale gli affida e si lascia guidare dallo Spirito nel rispondere ad esso, secondo la propria vocazione

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4 - CON LA MENTE E CON IL CUORE Cercare il significato e la direzione

Momenti esistenziali ed esperienze di fede che hanno segnato il mio cammino…- Che cosa mi spinge a partecipare al progetto pastorale “Mosaico di Pietre

vive?- Provo a ripercorrere mentalmente il mio cammino di fede e ad individuare

i momenti forti che lo hanno caratterizzato negli anni dell’infanzia, della giovinezza e dell’età adulta

Per andare ancora più in profondità... Ecco alcune domande per approfondire le caratteristiche dei principali momenti forti che hai individuato in precedenza (possono riguardare momenti intimi e personali e/o esperienze vissute nella comunità parrocchiale)

Ritorno a quei momenti... - Provo a descrivere il contesto nel quale mi trovavo- Che cosa ho provato o pensato vivendo l’ esperienza? (sentimenti

o emozioni, immagini, riflessioni, prese di coscienza, domande, interpretazioni…)

- Quali atteggiamenti ed azioni concrete ho iniziato a vivere successivamente a questi momenti forti?

- Che cosa è cambiato dentro di me? È stato un cambiamento temporaneo o si è consolidato nel tempo?

- Provo a descrivere il mio cammino di fede attraverso una metafora. Il mio cammino di fede è come.... Il mio cammino di fede assomiglia a...

- Ripercorrendo il mio cammino di fede qual è la parola unica che Dio mi ha rivolto? Qual è la prima parola che mi viene in mente?

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IN SINTESI …

Non uniformatevi al mondo presente, ma trasformatevi continuamente nel rinnovamento della vostra coscienza,

in modo che possiate discernere che cosa Dio vuole da voi, cos’è buono, a lui gradito e perfetto.

(Rm 12,2)

Ciò di cui il mondo oggi ha particolarmente bisogno è la testimonianza credibile di quanti,

illuminati nella mente e nel cuore dalla Parola del Signore, sono capaci di aprire il cuore e la mente di tanti

al desiderio di Dio e della vita vera, quella che non ha fine.Benedetto XVI -Lettera Apostolica «Porta Fidei»

UNA FEDE MATURA E DINAMICA COME RISPOSTA UMANA ALLA PAROLA DI DIO CHE INTERPELLA...

- è dono e Grazia- diventa per ogni cristiano adulto una chiave unificante di senso, di unità

e di speranza alle molteplici esperienze della sua vita personale, sociale e spirituale offrendo una pienezza fondata nella persona di Gesù Cristo che sperimenta in se stesso, nella relazione con gli altri, nella comunità e nel mondo

- fa si che il credente viva quella “nuova maniera di essere, di vivere insieme”, che il Vangelo inaugura

- abilita il cristiano ad affermare la persona di Gesù Cristo come Verità e Speranza che comporta un cambiamento di vita, una trasformazione profonda della mente e del cuore

- dovrà essere continuamente illuminata, sviluppata e protetta, per acquistare quella saggezza cristiana che diventa ogni giorno un nuovo “si”, in una pratica non privatistica ma all’interno della comunità cristiana

- avvia così un processo di conversione permanente che dura tutta la vita- rende consapevoli della propria “identità battesimale” e della missione a

cui si è chiamati: saper essere autentici testimoni del Vangelo e rendere ragione della propria fede.

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A LODE DELLA SUA GLORIA Ascoltando la Parola, ritroviamoci nel Signore

IL PARADOSSO DELLA CRESCITA CRISTIANA:DIVENTARE ADULTI, FACENDOSI BAMBINI

La maggior parte dei cristiani hanno una concezione piuttosto statica della vita spirituale. Professare la fede, praticare la Chiesa, evitare i peccati più gravi.Fra alti e bassi, questa per loro è la vita cristiana.In realtà, il Vangelo propone ben altro.Se il cristianesimo è vita, la vita cresce, si sviluppa, matura, incessantemente diviene.Il cristiano è chiamato a vivere in uno stato di crescita permanente.Non andare avanti significa andare indietro, dicevano i latini.Ogni tanto si sente parlare di conversione, interpretata per lo più come la svolta decisiva nella vita di coloro che

da pagani o da non credenti si fanno battezzare e diventano cristiani.Nelle nostre Parrocchie siamo ancora molto indietro nella convinzione che la crescita, il diventare adulti nella fede, è la ovvia normalità nella vita del credente.La Parola di Dio ce ne enuncia la possibilità, tratteggiandone contemporaneamente la direzione e le principali tappe.

Lc 2,40.5240Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.52E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

La crescita nel segno della sapienza e della grazia, oltre che dell’età, ha caratterizzato fin dall’inizio il percorso umano di Gesù di Nazaret.Le due principali relazioni della sua vita, quella con Dio e quella con gli uomini, erano soggette a questa progressione, per un verso così normale, per un altro tanto straordinaria.

Eb 5,8-10“… 8pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, 9reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, 10essendo stato proclamato da Dio Sommo Sacerdote alla maniera di Melchisedek”.

Attraverso la sofferenza, Gesù Cristo si è manifestato obbediente fino in fondo alla volontà del Padre e in questo modo ha manifestato e portato al perfetto compimento la sua figliolanza.Dietro l’aggettivo “perfetto”, che qui si riferisce direttamente alla perfettamente realizzata mediazione sacerdotale, si trova anche la sfumatura di diventare adulto.

Conversione di S.Paolo - particolare

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Gesù Cristo, in altre parole, diventa adulto nella sua missione sacerdotale e salvifica, perfetto e mediatore tra Dio e gli uomini, nel momento in cui accetta fino alle estreme conseguenze di essere Figlio, rinnovando il suo perenne “sì” al Padre anche nel contesto drammatico della Passione.È aperta la strada per diventare adulti attraverso la via dell’obbedienza filiale.

Gv 3,44Gli disse Nicodèmo: “Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?”.

Le parole di Gesù a Nicodemo fanno esplicito riferimento a un nuovo inizio nella vita di questo personaggio, che verrà a configurarsi come vera e propria rinascita dall’alto.Nicodemo pare rassegnato a sentirsene escluso definendosi vecchio, oppure cerca nell’età una scappatoia per un dignitoso disimpegno.Il grave rischio, e non solo per Nicodemo, è ritrovarsi vecchi senza essere mai diventati adulti.La rinascita dall’acqua e dallo Spirito Santo alludono direttamente alla novità battesimale.Ma anche a chi ha già ricevuto il Battesimo si spalanca continuamente la possibilità di nuovi possibili inizi nella qualità e nell’intensità della propria storia con il Signore e della conseguente ristrutturazione della mentalità e dei comportamenti.

Os 11,1-41Quando Israele era fanciullo,io l’ho amatoe dall’Egitto ho chiamato mio figlio.2Ma più li chiamavo,più si allontanavano da me;immolavano vittime ai Baal,agli idoli bruciavano incensi.3A Èfraim io insegnavo a camminaretenendolo per mano,ma essi non compreseroche avevo cura di loro.4Io li traevo con legami di bontà,con vincoli d’amore,ero per lorocome chi solleva un bimbo alla sua guancia,mi chinavo su di luiper dargli da mangiare.

Il profeta presenta a Israele il Signore come un genitore che, dopo aver dato la vita a un figlio, se ne prende cura, gli trasmette la sicurezza con le sue premure e, nutrendolo, lo aiuta a crescere.

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Il Signore, inoltre, non è solo il protagonista della crescita ma anche la guida che insegna a camminare, cioè a vivere e a orientarsi.Ogni fase del cammino della crescita avviene sotto il suo sguardo, lasciandosi modellare dalle sue indicazioni.Il percorso per diventare adulti è lasciare che il Signore si rapporti a noi come un Padre.Attraverso l’accettazione della figliolanza, ci si incammina nella via verso la maturità.

1 Cor 3,1-41Io, fratelli, sinora non ho potuto parlare a voi come a esseri spirituali, ma carnali, come a neonati in Cristo. 2 Vi ho dato da bere latte, non cibo solido, perché non ne eravate ancora capaci. E neanche ora lo siete, 3perché siete ancora carnali. Dal momento che vi sono tra voi invidia e discordia, non siete forse carnali e non vi comportate in maniera umana?4Quando uno dice: “Io sono di Paolo”, e un altro: “Io sono di Apollo”, non vi dimostrate semplicemente uomini?

Tutto ciò che nella comunità cristiana lacera i legami di fraternità, nega di fatto la filiazione rispetto al Signore e, quindi, riporta all’immaturità infantile nella vita di fede.Questa regressione rispetto all’età adulta coincide con l’incapacità di condividere i sentimenti del cuore del Padre, sia Quello che sta nei cieli, sia quello che con la totale dedizione della vita, ha lavorato per edificare una comunità di fratelli, l’Apostolo Paolo.

Eb 5,11-1411Su questo argomento abbiamo molte cose da dire, difficili da spiegare perché siete diventati lenti a capire. 12Infatti voi, che a motivo del tempo trascorso dovreste essere maestri, avete ancora bisogno che qualcuno v’insegni i primi elementi delle parole di Dio e siete diventati bisognosi di latte e non di cibo solido. 13Ora, chi si nutre ancora di latte non ha l’esperienza della dottrina della giustizia, perché è ancora un bambino. 14Il nutrimento solido è invece per gli adulti, per quelli che, mediante l’esperienza, hanno le facoltà esercitate a distinguere il bene dal male.

Anche qui la comunità si trova invischiata nel rischio della regressione infantile con la connessa incapacità di crescere fino all’età adulta.La causa di tutto questo è da identificare nell”essere “diventati pigri nell”ascolto”.La crescita dei cristiani si configura come una risposta a una parola che incessantemente attrae, incoraggia e dischiude nuovi orizzonti.I destinatari dello scritto, sia per l’età anagrafica che per l’esperienza trascorsa nella Chiesa, dovrebbero ormai essere dei maestri e, invece, hanno bisogno di essere ancora trattati come dei bambini.L’approfondita e consumata esperienza della “parola della giustizia” dovrebbero averli resi adulti.

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Per lunga consuetudine sarebbe lecito attendersi che i “sensi” delle loro coscienze fossero ben allenati al sicuro discernimento del bene e del male.Purtroppo non è così.È vero, la pazienza del Signore permette sempre di ricominciare da capo purché, una buona volta, ci sia la sincera disponibilità a decidersi.

Gv 3,29-3029Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. 30Lui deve crescere; io, invece, diminuire”.

Il tema della crescita si inoltra qui lungo gli aspri sentieri del paradosso.Il conseguimento della fase adulta nella propria maturità personale viene qui indicato da Giovanni Battista con l’espressione “la gioia perfetta”.Questa gioia consiste nel fare spazio allo Sposo che viene.È Lui che deve crescere perché Giovanni Battista possa diventare perfetto nella sua gioia, cioè adulto nella sua verità ultima Giovanni Battista, da parte sua, dovrà diminuire, ossia rinunciare a se stesso, direbbe il Vangelo.E, vista la piega che prenderanno le cose, ciò avverrà non solo in senso metaforico.Ma la strada verso il diventare veramente adulti nella vita dei seguaci di Gesù Cristo si va sempre più chiaramente configurando nel segno dell’abbassamento di sé e dello spazio da dare a Lui.

Mc 10,14-1514Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. 15In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso”. 16E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

In questo testo, l’età adulta della vita cristiana è descritta con l’immagine del possedere il Regno di Dio e di entrare in esso.Perché ciò avvenga c’è una sola condizione da realizzare, espressa nel Vangelo con due espressioni simili: essere simili ai bambini e accogliere il Regno di Dio come dei bambini.Non è esattamente definito al v. 14 in che cosa deve realizzarsi precisamente la somiglianza con i bambini.Ma, poiché al v. 15 si parla di “accogliere” il Regno di Dio come dei bambini, è assai verosimile che l’aspetto dell’infanzia qui sottolineato per diventare veramente adulti sia quello della semplicità, fiducia, filialità nel riconoscere e nell’accogliere il Regno di Dio, cioè il passaggio e la presenza del Signore come il dono necessario per vivere e la grazia indispensabile da cui si accetta di dipendere.

Ef 4,11-16Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri,

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12per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, 13 finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo. 14Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all’errore. 15Al contrario, agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo. 16 Da lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, con la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in modo da edificare se stesso nella carità.

L’edificazione della Chiesa come Corpo del Signore viene qui descritto in un intreccio continuo di riferimenti allo sviluppo della maturità dei singoli cristiani fino al raggiungimento dell’età adulta, dello stato di uomo perfetto, come si dice al v. 13.Tutta la vita della Chiesa, nella molteplicità dei vari carismi e ministeri, è destinato alla educazione e alla formazione dei cristiani perché diventino Pietre Vive, collaboratori consapevoli e corresponsabili alla grande impresa di edificare il Corpo di Cristo.

Questa opera di architettura ecclesiale non potrà mai prescindere, anzi dipende strettamente, dallo sviluppo ordinato e fedele delle singole persone.La maturità ricercata e, a poco a poco conseguita da ciascuno, come discernimento, solidità, capacità di reciproca integrazione è la previa condizione perché si cresca tutti insieme verso la pienezza del Corpo di Cristo, dove ciascuno è totalmente se stesso, totalmente per gli altri, totalmente Cristo.Liberati dall’assolutizzazione di se stessi e, quindi disponibili a diventare se stessi come membra adulte dell’unico Corpo del Risorto.

Sal 1311 Canto delle salite. Di Davide. Signore, non si esalta il mio cuorené i miei occhi guardano in alto;non vado cercando cose grandiné meraviglie più alte di me.2 Io invece resto quieto e sereno:come un bimbo svezzato in braccio a sua madre,come un bimbo svezzato è in me l’anima mia.3Israele attenda il Signore,da ora e per sempre.

Conversione di S.Paolo - particolare

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ARTE E FEDE

LA CONVERSIONE DI S.PAOLOMichelangelo Merisi da Caravaggio

“La conversione di San Paolo” eseguito da Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, è stato realizzato dal pittore all’età di trent’anni ed è custodito presso la Chiesa di Santa Maria del Popolo in Roma, all’interno della Cappella Cerasi.La grande tela (2.30x1.75 mt) propone la conversione sulla via per Damasco[1]. Inconsueta l’ambientazione: la scena è una semplice stalla, una postazione poco prima la città cui Saulo era diretto. Testimoni della vicenda soprannaturale: il cavallo, che occupa più della metà del dipinto, un anziano palafreniere che appena s’intravede sulla destra del dipinto, dietro il muscoloso collo possente del destriero. Paolo, invece, è riverso a terra, rappresentato nell’istante successivo a quella «luce del cielo –che [n.d.r.]- gli folgoreggiò intorno» abbantendolo al suolo.

L’ambientazione poverissima, come la “Vocazione di Matteo”, è scabra, spoglia tanto da parere ai suoi contemporanei perfino blasfema; invece è la luce la vera ed autentica costruzione del dipinto che fa la protagonista principale del teatro della vicenda. Manifestazione della divinità, una sorta di teofania nel compiersi meccanico, coatto, di semplici azioni quotidiane; è un farsi prossimo del Dio nella storia nella semplicità. In questa tela proviene dall’alto, una sorta di folgore divina, che squarcia la tenebra del paganesimo, dell’indifferente, del persecutore, del calunniatore. Quest’elemento cardine colpisce Saulo che cade; tutto è specchio di quella Fonte, ogni superficie, il bel mantello porpora di Saulo, il mantello pezzato del cavallo, i piedi nudi dell’anziano scudiero. Tutto si impressiona di quella luce, riverbera di quella potenza. Ma non è il mero significato simbolico che

_____________________________________________________[1] La conversione di Saulo è descritta dall’evangelista Luca in At 9, 1-9 ove si narra che questo persecutore diretto in Siria, verso la città di Damasco, viene folgorato da una luce divina che lo scaraventa a terra e lo rende cieco per tre giorni. Saulo ebbe così modo di conoscere la potenza del Cristo, personalmente, che lo rimprovera per la sua condotta verso i cristiani. Di qui la conversione, l’adesione e la ferma attività di proselito presso le “genti”. Paolo, così si farà chiamare, sarà testimone-annunciatore fra i più convinti del Signore. L’iconografia cristiana ce lo propone solitamente imbracciante spada e scudo in atto di difesa verso la fede cristiana. [2] È impressionante come Caravaggio conosca i fenomeni dell’ottica percettiva negli esseri viventi: l’uomo ha un campo visivo di 120-180° mentre il cavallo ha un campo più complesso bioculare e non vede ciò che può vedere un uomo, quindi anche dinanzi a fonti luminose accecanti per l’uomo può reagire in altro modo.

Conversione di S.Paolo - particolare

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[3] Vera ed esasperata ridondante presenza, urlata nell’urlo afono della “non presenza”. [4] Questa “fragilità” è l’emblema dell’umanità che ancora non conosce Dio.

impressiona, bensì l’inquietante realismo di un corpo non ancora completamente caduto. Si scorge il moto ancora attivo delle gambe, inclinate, le braccia alzate, gli occhi accecati dalle palpebre chiuse in segno di difesa da quel bagliore. È un crescendo: la spada alla sinistra affrancata alla cinta è lontana, non può difenderlo, è lì al suo fianco predata come il padrone. Sbigottiti per lo stupore gli attori di questa scena e anche noi osservatori, dal pathos evocativo caravaggesco. Il cavallo è in una posa singolare: l’anteriore destro è rialzato, d’istinto per non calpestare il cavaliere caduto. Mentre il palafreniere è anch’egli accecato dalla folgore divina che ha colpito Saulo, l’unico testimone, cosciente ma impossibilitato a comunicare la dinamica dei fatti, è il cavallo con l’occhio aperto e rivolto al suo cavaliere[2]. Nella prima versione del dipinto, rifiutata dai committenti, la scena presentava il Salvatore nel momento in cui chiedeva «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?». Mentre nella versione ultima, quella a noi giunta la presenza della divinità è ancora più accorata, resa nell’assenza[3], che ci fa percepire la fragilità di Paolo [4] di fronte alla soprannaturale maestosità della Manifestazione celeste.

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Suggerimenti musicali per il capitolo appena lettoKarl Jenkins – Cantata Mundi – “Song of the Odyssey” – 1997

( http://www.youtube.com/watch?v=VhzwwpYPZMM&sns=em )

Carl Orff – Carmina Burana – “O Fortuna” – 1936( http://www.youtube.com/watch?v=BNWpZ-Y_KvU&sns=em )

Le suggestioni musicali proposte per la meditazione di questo capitolo ricalcano le tematiche della introspezione e della ricerca di sé, della illuminazione e della conversione, della scoperta e del nuovo cammino di un uomo “nuovo” alla luce della Parola e della sua incarnazione nella vita di tutti i giorni. Il brano di Karl Jenkins, ha le movenze del viaggio di Paolo verso Damasco, di una vita che al ritmo degli anni si è andata consolidando in una routine ormai sorda ad altre voci e totalmente piena di sé o, se si vuole, vuota di altri contenuti.Nel corso del brano si avverte che è in agguato una nuova prospettiva, la possibilità di un nuovo corso, qualcosa di totalmente diverso, ma si tratta di visioni indistinte che ancora si alternano alla vita consueta, incapace di guardarsi dentro e darsi uno scossone in favore di nuove prospettive di pienezza.Nel secondo brano di Carl Orff, ecco che una deflagrazione interiore viene a squarciare la vita dell’adulto così come egli l’ha finora conosciuta. Dio viene prepotentemente ad annunciarsi e cambiare il corso monocorde delle cose. E come Paolo viene disarcionato e rimane abbagliato da questa Presenza, anche l’uomo è chiamato a fermarsi, a chiudere gli occhi e a guardarsi dentro in cerca di un altro tipo di uomo e di vita alla luce dell’Annuncio. La potenza evocativa del brano di Orff ben rappresenta lo sconvolgimento cui l’adulto va incontro, l’abbattimento delle consuetudini di comodo e la chiamata a un’esistenza più piena, più consapevole ed illuminata da un nuovo significato: essere amato in maniera nuova e totale e riamare dello stesso amore.

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2.

OPPORTUNITÀ E OSTACOLI PER L’ANNUNCIO DELLA FEDE

NEL NOSTRO TEMPO

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Il commento all’immagine di apertura si trova a pag 70

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APPROFONDIRE La fede in ascolto del mondo

1- Luci e ombre sulla terra falisca pag. 422- La fede in ascolto del mondo pag. 423- È sempre tempo di “aggiornamento” pag. 44

RIFLETTERE In atteggiamento di ricerca4- «Sentinella, a che punto è la notte?» (is 21,11) pag. 465. Piccolo mondo moderno: tra guardiacaccia e giardinieri pag. 486. Il mito di Promèteo pag. 497. La post-modernità e la fine delle ideologie pag. 518. Gli ammiccamenti del nichilismo morbido pag. 519. Il tempo di Narciso pag. 54

ANDARE OLTRE… In atteggiamento di ascolto e accoglienza

10. Cerco un centro di gravità permanente pag. 5611. Guarda chi si rivede! Bentornato, «Sacro»! pag. 57

RI-PRENDERE IL CAMMINO Verso una fede autenticanente vissuta e testimoniata

12. Stili di Chiesa per i post-moderni pag. 61

A LODE DELLA SUA GLORIA Ascoltando la Parola, ritroviamoci nel Signore...

SERVI INUTILI E… FELICI DELLA PAROLA CHE NON PASSA pag. 64

ARTE E FEDE

Hyeronymus Bosch - Trittico del Carro di Fieno (pannello centrale) 1516 pag. 70

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APPROFONDIRE La fede in ascolto del mondo

1- LUCI E OMBRE SULLA TERRA FALISCA

A chi lo osserva dall’esterno, il nostro territorio diocesano, cristianizzato da circa venti secoli, appare ricco di comunità cristiane che manifestano la loro vitalità nei ritmi ordinari della vita e sembrano capaci di coinvolgere la maggioranza del popolo in particolari momenti dell’anno e in varie circostanze della vita personale, familiare e sociale.Non si può negare che, a prima vista, tutto parli a favore di una fede incarnata in istituzioni e aggregazioni capaci di smuovere gli animi e talvolta perfino le masse. Le ricorrenze liturgiche, le feste patronali, le varie scadenze nel ciclo vitale delle persone paiono tuttora orientare la gente verso la fede e verso il Signore. Può apparire esagerato preoccuparsi dello stato della religione quando pare che molti indizi ci rassicurino circa la sua consueta vitalità.

Se si guarda, però, ai numeri nell’ordito quotidiano e settimanale delle parrocchie o alla presenza attiva e partecipe dei giovani o delle giovani famiglie alla vita della Chiesa, quando si volge l’attenzione alla qualità dell’appartenenza religiosa, all’incisività della Parola del Vangelo nella vita della gente, alla profondità di un rapporto personale col Signore, il quadro appare senz’altro diverso.

La fatica di proclamare la Parola di Gesù, fino a che essa si incarni nella vita delle persone, fa i conti con un periodo storico nuovo rispetto a quello a cui eravamo abituati finora. Perché l’opera della Chiesa possa essere davvero significativa per l’uomo di oggi è necessario che chi l’annuncia sia consapevole e attento alle caratteristiche di questa nostra epoca che, come sempre, offrono punti di aggancio e pongono muri di resistenza all’evangelizzazione.

2- LA FEDE IN ASCOLTO DEL MONDO

Non dire: "Come mai i tempi antichi erano migliori del presente?", perché una domanda simile non è ispirata a saggezza.

Qoelet 7,10

Occorre abituarsi a uno stile di ascolto che ci porti a un discernimento della situazione sociale e culturale che ci circonda e nella quale si sviluppa la nostra testimonianza. Per cultura di una società non si intende certamente soltanto il sapere professionale astratto di tipo tecnologico o umanistico, racchiuso nelle biblioteche o reso

Hyeronymus Bosch - Trittico del Carro di Fieno - Concerto sulla sommità del fieno

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disponibile via Internet. Cultura significa mentalità, stili di vita, modalità di approccio all’esistenza, progressivo strutturarsi della sensibilità dei singoli a partire da influssi esteriori che paiono dettare regole e fare opinione. Fra l’altro, tutto questo oggi non risparmia affatto il nostro quieto mondo provinciale ma arriva in tempo reale dovunque e a tutte le ore, veicolato direttamente nelle nostre case o addirittura scaricato addosso alle persone con gli auricolari in ogni momento della giornata. Quando si parla di rapporto fra il cristianesimo e la società che lo circonda, rischiano di scattare immediatamente meccanismi difensivi a tutela della tranquillità della nostra gestione o reazioni polemiche per contrastare gli errori e le deviazioni del mondo che, peraltro, non mancano e sarebbe infantile sottovalutare. In questo necessario confronto, tuttavia, occorre imparare ad essere realisti senza pregiudizi, lucidi senza chiusure e senza ingenuità, critici senza isterismi. Ci muoviamo con ottimismo e fiducia, consapevoli che i tempi antichi non erano certamente migliori dei nostri (cf. Qo 7,10).Ogni stagione della storia ha le sue ombre e le sue luci. Se poi, nel corso della nostra analisi, toccheremo con mano elementi di disagio nei confronti della fede, saremo ben lieti di prenderne atto e anche questa scoperta sarà motivo di rendimento di grazie. Quando ti sembra che tutto vada bene, ci insegnavano i nostri vecchi, stai pur certo che il guaio è già accaduto e tu non te ne sei accorto.

… CON UMILTȦ E SAGGEZZA IN ASCOLTO DEL MONDO…

Se, come comunità cristiana, ci poniamo con umiltà e saggezza in ascolto serio del mondo che ci circonda e in cui siamo inseriti, al cui servizio siamo chiamati ad essere testimoni ed evangelizzatori, sarà molto più facile individuare nuovi terreni di confronto con gli uomini e le donne di questa generazione.

- Saremo più pronti a recepire senza panico e senza pregiudiziali contrapposizioni le osservazioni negative nei nostri confronti.

- Senza indulgere all’autolesionismo, potremo forse scoprire che il Signore si serve anche delle critiche contro la Chiesa per aprirci gli occhi sui nostri limiti e ritardi. Non sarà certo consigliabile e saggio dare ragione acriticamente a chiunque ci spara addosso.

- Molte volte balzeranno all’attenzione le fragilità e l’inconsistenza di molte polemiche e non potremo fare a meno di sottolineare certi pericoli insiti dentro anche quelle che appaiono le tendenze più alla moda e più “politicamente corrette”. Una tale consapevole maturazione potrà creare anticorpi che immunizzeranno la comunità cristiana dal contagio di varie e insidiose contaminazioni.

- Ci troveremo stimolati ad approfondire i contenuti del nostro messaggio e le modalità del suo annuncio, verificandone credibilità ed efficacia.

- Sapremo bene dove porre le attenzioni prioritarie. Impareremo a liberarci di infantili sorprese riconducendo gli effetti più visibili alle cause più profonde e approntando i necessari strumenti di dialogo o di contrasto.

La nostra fede ne uscirà certamente purificata e, soprattutto, maggiormente capace del confronto con le persone e la pubblica opinione.

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3- É SEMPRE TEMPO DI “AGGIORNAMENTO”

Stiamo commemorando in questi mesi l’inizio del Concilio Vaticano II, evento della massima importanza nella vita della Chiesa di ieri e di oggi. Oltre alle molteplici, salutari indicazioni contenute nei documenti conciliari, i Vescovi di tutto il mondo, lasciando l’aula conciliare della Basilica di San Pietro, hanno tutti portato a casa una parola italiana che qualificava in modo singolare quanto avevano vissuto e prodotto.La parola era “aggiornamento”. L’aveva usata per primo Papa Giovanni XXIII che con essa voleva indicare un’attenta verifica della Chiesa sulla propria natura e la propria azione per essere sempre in grado di riproporre il tesoro del Vangelo agli uomini di ogni tempo, in modo assolutamente fedele alla volontà di Gesù e pienamente comprensibile come attuale da parte loro.

Papa Giovanni voleva che l’atteggiamento della Chiesa si caratterizzasse per una rinnovata fedeltà alla tradizione di sempre e una rinnovata sensibilità alle attese e ai bisogni dei tempi e del mondo contemporaneo. L’aggiornamento, come capacità di lettura dei “segni dei tempi” e come capacità della Chiesa di tradurre e incarnare il Vangelo in riferimento ad essi, è un mandato che si ripropone ad ogni generazione cristiana.Anche alla nostra, oggi. Peraltro credo sia difficile negare che oggi stiamo vivendo un periodo in cui stanno vorticosamente cambiando abitudini, sensibilità, costumi della nostra gente. O riscopriamo le modalità, oltre che lo slancio, per riproporre l’originalità e l’attualità del Vangelo agli uomini di questo tempo, caratterizzato in modo specifico e così diverso rispetto al passato, o andiamo, come Chiesa, verso un inevitabile declino e una progressiva emarginazione.

LA PREOCCUPAZIONE E LA DOMANDAMolti nostri fratelli si chiedono preoccupati se noi non saremo, per caso, l’ultima generazione cristiana.

COME DARE UNA RISPOSTALa risposta a questa domanda, oltre che dalla Grazia di Dio, dipende dalla capacità di presentare un annuncio cristiano che tenga conto dei bisogni, delle debolezze, delle aperture degli uomini del XXI secolo.

Hyeronymus Bosch - Trittico del Carro di Fieno - La rissa

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LA CAPACITȦ DI PRESENTARE UN ANNUNCIO CRISTIANO CHE:- tenga conto dei bisogni, delle debolezze, delle aperture degli uomini del XXI secolo- in attitudine di permanente attenzione e discernimento - nelle attese e perfino negli eccessi dei nostri contemporanei, soprattutto delle giovani

generazioni, sappia individuare e intercettare l’antica domanda di senso e la perenne aspirazione alla salvezza, senza rimpiangere il passato o accontentarsi di sfiorare il mondo di oggi soltanto per la tangente

- sappia osservare, verificare, valutare alla luce del Vangelo, sempre attenti a cogliere con attenzione possibili spiragli e aperture

- saldamente ancorato al Vangelo di Gesù e alla Tradizione della Chiesa, non sia la semplice riproposizione di schemi, linguaggi e metodi di altri tempi, da continuare ad applicare in contesti tanto differenti e modificati

La cultura, la vita, la storia, le generazioni che si succedono pongono sempre nuove domande ….

- Proviamo ad ascoltarle. - Impariamo ad ascoltarle, senza giudicarle e respingerle aprioristicamente: in

questo modo condanneremmo il Vangelo ad apparire datato e anacronistico.- È falsa, parziale e assai poco cattolica l’idea di Tradizione che dimentica la

creatività fedele nei processi di trasmissione della fede, con tutte le difficoltà e i rischi connessi a questa delicata operazione.

Come Chiesa siamo chiamati a parlare in modo significativo agli uomini e alle donne di tutte le epoche storiche, usando le loro “lingue” e interloquendo, in modo insieme critico e rispettoso, con le loro tendenze.Guai a leggere la realtà di oggi a partire dalle strutture mentali di ieri.

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RIFLETTERE In atteggiamento di ricerca

4- «SENTINELLA, A CHE PUNTO È LA NOTTE?» (IS 21,11)

Saremo riconosciuti come significativi se ci lasceremo interpellare e provocare dai mille sentieri ingarbugliati e interrotti dell’umano vivere e dell’umano patire che attraversano questa stagione della storia.

La nostra fede nella perenne validità del Vangelo può coniugarsi benissimo con lo stile delicato e intelligente di chi si muove senza diagnosi già fatte o terapie già pronte ma sa porsi pazientemente in ascolto e al servizio dell’uomo di oggi.

Non è evangelico né apostolico ignorare le caratteristiche dei destinatari dell’annuncio o ritenerle talmente negative da poter prescindere dal dialogare con esse con simpatia e attenzione. A differenza del sacerdote e del levita che “passano oltre” occorre lo stile del buon samaritano che si china precisamente sulle ferite del malcapitato viaggiatore, prendendosi concretamente cura di lui (cf. Lc 10,31ss).

Quanta pazienza è necessaria per individuare e districare le ambiguità complesse e talvolta confuse di questa epoca in modo da poter offrire una sponda ed aprire piste percorribili!

Calarsi seriamente nella cultura e nella sensibilità delle varie epoche storiche ha caratterizzato sempre nel tempo lo sviluppo della missione cristiana nelle sue manifestazioni storiche.- GESÚ pensava e parlava da ebreo- PAOLO sapeva farsi ebreo con gli ebrei e greco con i greci (cf. 1 Cor 9,20s)- I PADRI DELLA CHIESA hanno saputo dialogare e addirittura reinterpretare

la fede nell’ambiente culturale dell’ellenismo- GLI SCOLASTICI l’hanno fatto con il pubblico delle università medievali,

attraverso la filosofia di Aristotele- LA GRANDE ARTE CRISTIANA ha accompagnato questo processo con

i capolavori che ben conosciamo, dal gotico al barocco, dal romanico al rinascimentale.

Siamo animati dalla serena fiducia che le varie congiunture storiche e culturali possono comunque aprire gli uomini, per diritto o per rovescio, all’incontro con l’Assoluto e possono aiutare la Chiesa nel riempire le valli e nell’abbassare i colli perché il Signore possa arrivare e regnare.

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- Nessuna paura quindi a muovere i primi passi, riconoscendo onestamente che all’inizio del terzo millennio la fede cristiana non incide più, in larghi strati del nostro popolo nel cuore vivo dell’esistenza.

- Nessuna paura se, a una prima impressione, il cristianesimo appare un mondo lontano ed estraneo, nel suo nucleo profondo, a tante persone.

Non si tratta di idolatrare il “secolo”, cioè questo mondo di qua e di oggi, come se fosse un assoluto davanti al quale prostrarsi con la nostra fede per ottenere un minimo di audience. Ma guai se rinunciassimo a imparare la lingua “di questa epoca”: non avremmo nessuna possibilità di influire sul presente e sul futuro di tanta gente. Non è difficile riconoscere che il mondo è davvero cambiato. È il momento di accorgersene, di prenderne atto, anche se la mano protesa verso i nostri contemporanei ci dovesse condurre in regioni inesplorate e scomode, almeno secondo il nostro classico punto di vista.

Ce lo siamo già detti: la fede cristiana s’incarna, prende corpo, si dice e si ascolta sempre all’interno di determinati contesti storici e culturali.- Senza tradire i valori non negoziabili del Vangelo, la Chiesa è stata capace di

assumere nel suo strutturarsi, nel suo parlare, nel suo proporre, nel suo educare le più diverse configurazioni, tutte autentiche e tutte parziali, nel cammino verso la pienezza definitiva che si manifesterà come tale soltanto al di là del tempo.

- Questa attitudine dello Spirito non può solo caratterizzare i vertici della Chiesa o gli intellettuali cattolici o i professori delle Università Pontificie.

- Tutto il popolo cristiano ha il diritto-dovere di imparare a dare un nome alle contorsioni e alle convulsioni dell’epoca in cui viviamo.

Non dobbiamo temere la fatica di un cambio di passo, di un salto di qualità se serviranno a leggere e interpretare meglio le sfide che ci riguardano tutti come credenti e come testimoni.Anche perché i fenomeni di cui stiamo parlando non toccano solo i protagonisti dei film “impegnati” o i personaggi delle cronache mondane. Le idee girano. Sanno rendersi accattivanti, passano come normali. Si presentano candidamente come l’ovvia evoluzione dei tempi o addirittura la provvidenziale demolizione degli ultimi tabù.

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CANTIERE APERTO: LE PIETRE VIVE SI INTERROGANO

LA DOMANDA DI FONDO:A QUALI CONDIZIONI OGGI È ANCORA POSSIBILE CREDERE AL VANGELO, SENZA RINUNCIARE AD ESSERE UOMINI E DONNE DI QUESTO TEMPO?

L’importante è conservare il gusto e la passione di porsi la domanda di fondo e chiedersi inoltre - È possibile stare nella complessitȧ di questo mondo senza perdere la testa? - È possibile confrontarsi con le contraddizioni e gli “smarrimenti” senza esorcizzarli

con risposte di comodo? - Lo scenario è solo negativo e irrimediabilmente impermeabile o si possono cogliere

spunti e opportunitȧ, agganci e aperture su cui far leva per la ripresa di un dialogo? - Cosa è successo al cristianesimo? - Cosa sta succedendo al nostro mondo? - Da dove provengono questi scricchiolii che paiono farsi sempre piú acuti man mano

che si avanza nel terzo millennio?

5. PICCOLO MONDO MODERNO: TRA GUARDIACACCIA E GIARDINIERI

«Una carta geografica del mondo che non comprenda Utopia non merita neanche uno sguardo,

giacché lascia fuori l’unico paese al quale l’umanità cerca continuamente di approdare. E quando l’umanità vi arriva guarda altrove e,

scorgendo un paese migliore, alza le vele e riparte. Il progresso è la realizzazione delle utopie».

Oscar WildeÈ capitato tante volte a ciascuno di noi di indicare la nostra collocazione nel tempo con l’espressione di “persone appartenenti all’epoca moderna”. Anche se l’aggettivo talvolta assume la coloritura un pò partigiana di contrasto con il passato medievale, inteso come soggezione all’autorità o culto della tradizione, esso innegabilmente descrive in modo oggettivo la nostra appartenenza a un certo periodo storico che va dall’epoca delle grandi scoperte geografiche e scientifiche alla fine della prima guerra mondiale o giù di lì da cui prenderebbe poi l’avvio la sua variante “contemporanea”. Le grandi scoperte scientifiche, le rivoluzioni politiche e industriali, le svolte innumerevoli che hanno caratterizzato gli ultimi secoli, l’epoca moderna appunto, andavano tutte nella direzione di un mondo vagheggiato come migliore, più progredito, più vivibile per tutti.

DIZIONARIO MINIMO

MODERNITȦ: A livello culturale, sociale, politico la modernità designa l’epoca del trionfo della razionalità e dell’ottimismo dell’uomo verso il progresso e uno sviluppo possibile per tutti. Le grandi scoperte scientifiche, le rivoluzioni politiche e industriali, le svolte innumerevoli che hanno caratterizzato gli ultimi secoli, l’epoca moderna appunto, andavano tutte nella direzione di un mondo vagheggiato come migliore, più progredito, più vivibile per tutti.

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Per la prima volta nella storia gli uomini hanno gustato l’ebbrezza, talvolta spinta fino all’illusione e all’arroganza, di essere artefici del proprio destino, di possedere le chiavi del proprio futuro, di poter organizzare la storia e gestire perfino la natura al servizio dei propri progetti.

DIZIONARIO MINIMO

UTOPIA: Il termine deriva dall’incrocio di due parole greche, una delle quali significa “luogo buono” e l’altra “nessun luogo”.

TRA GUARDIACACCIA E GIARDINIERI … DUE METAFORE PER COMPRENDERE MEGLIO- È stato scritto da un celebre sociologo che l’atteggiamento pre-moderno nei confronti

del mondo era simile a quello di un guardiacaccia il cui compito principale è quello di difendere il territorio assegnato alla sua vigilanza, preservando il suo equilibrio “naturale”, incarnazione dell’infinita saggezza di Dio o della natura.

L’opera del guardiacaccia si basa sulla convinzione che le cose stanno meglio se non ci si mettono le mani. In epoca pre-moderna la convinzione di fondo era che il mondo fosse una catena divina dell’essere, in cui ogni creatura aveva il giusto posto e la sua funzione.

La metafora più adatta, invece, per esprimere la concezione e la pratica del mondo moderno è quella del giardiniere. Costui presuppone che nel mondo (o almeno in quella piccola parte del mondo affidata alle sue cure) non ci sarebbe alcun ordine se non fosse per la sua attenzione e i suoi sforzi costanti. Il giardiniere sa quali tipi di piante devono crescere e quali no, nel terreno affidato alle sue cure. Dapprima elabora nella sua testa la disposizione migliore e poi provvede a trasformare questa immagine in realtà. Impone al terreno il suo progetto precostituito, favorendo la crescita dei tipi di piante da lui stesso seminate o piantate ed estirpando e distruggendo tutte le altre la cui presenza non è richiesta né desiderata in quanto non in accordo con l’armonia generale del disegno. Sono i giardinieri i più appassionati ed esperti fabbricanti di utopie.

6. IL MITO DI PROMÈTEO

In quest’ottica “moderna” era prevedibile, anzi era data come scontata, la scomparsa della religione e l’emergenza dell’uomo auto-divinizzato in una società pienamente secolare, liberatasi definitivamente di Dio. In particolare il Cristianesimo veniva ritenuto un pericoloso ostacolo alla emancipazione dell’uomo e la modernità vedeva nell’ateismo il destino della civiltà attuale e futura.O l’uomo o Dio: perché l’uomo viva è necessario che Dio muoia.

Il mito che ben indicava questo atteggiamento era quello di Promèteo che, pur di recare il beneficio del fuoco agli uomini, non aveva esitato a scalare l’Olimpo per rubarlo agli dèi. A prescindere dall’esito infausto del mito, con la cattura e la punizione del protagonista, questa figura era emblematica della pretesa positivistica, illuminata e militante dell’uomo moderno di migliorare il proprio destino e la propria

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condizione contro tutto e contro tutti, soprattutto contro Dio. Nel corso del XX secolo questa parabola storica e culturale è giunta al suo apogeo e alla sua esplosione. Le due guerre mondiali, i regimi dei lager e dei gulag, fino a giungere alla terribile crisi economica dei nostri giorni, hanno segnato la fine dell’illusione di un mondo in cui la marcia del progresso fosse stata ormai definitivamente innestata e fosse divenuta inarrestabile.

UTOPIE E MODERNITȦ: LA CHIESA TRA CONTRAPPOSIZIONE E DIALOGO

È stato questo il clima culturale in cui siamo cresciuti e nei confronti del quale si è storicamente collocata la vita della Chiesa negli ultimi secoli. È stata l’atmosfera in cui siamo vissuti come cristiani e come Chiesa, nel segno oscillante della contrapposizione e del dialogo. La Chiesa infatti, nei confronti dello spirito della modernità, si è collocata con atteggiamenti differenti e complementari. - Contro la pretesa dell’uomo moderno di sostituirsi a Dio, la Chiesa ha testimoniato

con forza la follia di tale illusione. Si è dovuta contrapporre. Ha pagato prezzi altissimi, attraverso l’emarginazione da parte della cultura ufficiale, il martirio di tanti suoi figli, l’indifferenza sprezzante da parte di tanti ambienti.

- Non sono mancati, però, anche atteggiamenti nel segno dell’ascolto e del dialogo che hanno tentato di intercettare le migliori aspirazioni della modernità, mostrandone l’intrinseco valore umanizzante e l’ampia convergenza con certi contenuti della Rivelazione giudaico-cristiana. Si può catalizzare questo atteggiamento in modo sommario, anche se non esclusivo, intorno al Vaticano II che ha rappresentato una reale novità nella lunga storia del rapporto fra la Chiesa e il mondo moderno, sviluppando una riflessione profonda e positiva sui grandi temi tipicamente moderni della libertà, della comunità, della pace, dello sviluppo, della cultura, dell’amore coniugale ecc..

Lungo i faticosi tornanti di questi secoli, la comunità cristiana ha vissuto tutte le fasi possibili nel suo perenne rapportarsi ai movimenti della storia.- Talvolta hanno nettamente prevalso nella comunità cristiana i rilievi critici e le

contrapposizioni frontali e intransigenti.- Non sono, tuttavia, mai mancati tra i suoi figli, spiriti positivi e intraprendenti che hanno

cercato di tenere aperti i canali della comunicazione con la società e con il mondo.

Oggi il testimone è passato alla nostra generazione che accetta il compito e, senza paura, è chiamata a guardare avanti. Infatti, anche se tanta parte della situazione culturale descritta rimane ancora viva e attuale, ad essa si sta progressivamente affiancando un altro tipo di sensibilità, in parte nel segno della continuità evolutiva, in parte nel segno della contrapposizione netta.

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7. LA POST-MODERNITÀ E LA FINE DELLE IDEOLOGIE

Le grandi ideologie che hanno caratterizzato il recente passato si sono rivelate delle costruzioni più teoriche che praticabili per la crescita dell’uomo e hanno smentito un’idea di storia e di mondo nel segno di uno sviluppo univocamente organico e progressivo. Di fatto la “modernità”, nel senso messianico e taumaturgico del termine, ha mostrato i suoi limiti e ha visto il fallimento di molti suoi progetti. C’è chi parla, riguardo al nostro tempo, di modernità incompiuta, chi di tardo-modernità, chi di post-modernità. Il punto decisivo non sta nell’indire un concorso per il nome più idoneo quanto nel bisogno di cogliere il movimento profondo e le varie articolazioni del tempo che stiamo vivendo. - Da un lato, questa nostra stagione sembra denunciare

le inadempienze della modernità, con la sua pretesa di offrire unilaterali e complessive spiegazione del mondo, assicurando un futuro di benessere e di emancipazione per tutti.

- Dall’altro, non si possono non rilevare nell’epoca che stiamo vivendo tratti di continuità che fanno del post-moderno una correzione e prosecuzione della modernità.

C’è anche chi parla di epoca del disincanto, una volta constatata la fragilità e la debolezza di visioni organiche ed onnicomprensive che si offrivano come capaci di interpretare, orientare e trasformare la realtà.

DIZIONARIO MINIMO

POST-MODERNITȦÈ una parola che circola e si sente nominare da qualche tempo: post-modernità. È il termine con il quale si designa l’epoca piuttosto vaga, incerta, indeterminata, provvisoria che stiamo vivendo. Un’epoca a cui non ci sentiamo ancora in grado di dare un nome ma nella quale tuttavia ci troviamo come in una fase di passaggio, di interregno, nella quale i vecchi schemi non appaiono più adeguati e i nuovi sembrano troppo vaghi per essere strettamente definiti.

NICHILISMODeriva dalla parola latina “nihil” che significa nulla.

CANTIERE APERTO: LE PIETRE VIVE SI INTERROGANO

- Qual é il rischio per l’uomo e per il cristiano oggi? - In che modo dialogare e inserirsi come cristani nelle

dinamiche della postmodernitȧ?- In che modo e con quali strumenti la comunitȧ

cristiana puó accettare e rispondere alla sfida ?

IDEOLOGIAVisione complessiva e globale della realtà che, da un lato la interpreta in modo univoco e totalizzante, dall’altro si procura gli strumenti pratici, di catattere culturale, politico o militare per realizzare una specie di ordine nuovo nella società. (es. il nazionalismo, il comunismo, il nazismo, lo scientismo...)

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8. GLI AMMICCAMENTI DEL NICHILISMO MORBIDO

La parola nichilismo fa paura. Ma se questa è l’aria che respiriamo, siamo chiamati a misurarci con questo fenomeno, senza paraocchi che impediscano di coglierne la drammaticità e la diffusione e senza compromessi circa il mandato che abbiamo ricevuto dal Signore. Il problema è come trovare le strade che ci portino a nuovi “Areopaghi”, cioè a luoghi e contesti opportuni per il confronto con i nuovi “pagani”, ben verniciati esteriormente di tradizioni cristiane ma intrinsecamente cullati dal flusso di queste onde non certo benefiche.

Possiamo star certi, però, che nessuna nuova evangelizzazione e nessuna missione sarà efficace, nessun dialogo sarà possibile se non cerchiamo di comprendere le nuove tendenze che muovono il pensare e l’agire di tanta gente. Anche perché le prime verifiche vanno fatte in noi e fra noi che siamo comunque figli di questi tempi e non certo immunizzati rispetto a tali influssi.

Nichilismo significa cercare spazi di vita nel cambiamento continuo di tutti i valori, nel pensare “diversamente” la verità in un mondo senza assoluti, anzi compiacendoci del “salto” più frequente e più ardito possibile, senza rete e senza garanzie. Qui, si dice, l’uomo trova la sua vera libertà, l’unica possibile in questo mondo dove tutto è diventato liquido, cioè privo di consistenza stabile, di permanenza, di durata, dove nulla ha il tempo di solidificare e di trasformarsi in certezza, in piattaforma resistente alle oscillazioni del destino. Non ci deve spaventare il panorama anche se, soprattutto coloro fra noi che hanno una certa età, pensano di essere persone le cui radici affondano in ben altri terreni.

LE NOSTRE RADICI…

Siamo cresciuti in un ambiente dove era chiaro il primato dell’intelletto e della volontà sul sentimento, dello spirito sul corpo, dell’unità sulla pluralità, dell’ascesi sull’istinto, della tradizione sulla novità, dell’eterno sulla finitezza. Siamo cresciuti in un ambiente dove Dio rappresentava l’inizio e il compimento della creazione, l’anèlito profondo del desiderio umano del bene, la potenza che sostiene e governa il fluire dei giorni e degli anni.In questo spazio ordinato, la predicazione del Vangelo trovava un contesto e una conferma improntata a razionalità. Credere non era un atto irrazionale o emozionale ma conforme alla retta ragione. Le leggi morali cristiane erano sostenute da quelle naturali. La vita stessa dell’uomo era abbracciata tra il suo venire da Dio e il suo tornare a Lui. Nella mentalità corrente questa visione organica e ordinata è andata totalmente in frantumi .

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... NUOVI PAESAGGIOggi, invece, nella sensibilità comune e nella valutazione spontanea delle persone prevalgono:- la pluralità sull’unità- il sentimento sulla volontà- l’impressione sull’intelletto- una logica del potenziamento e della creatività sulla morale ascetica e proibitiva- il senso della possibilità infinita e mutevole sullo scontro della verità dell’essere- la vertigine della diversità e il capriccio della trasgressione sull’istanza trascendente.

Eccolo il nostro mondo, segnato dal primato della sensibilità, dell’emozione, della differenza, del divenire, dell’istantaneo.Eccolo l’uomo post-moderno, questo paladino della contingenza, che interpreta il nulla dei riferimenti assoluti, ormai devastati e rimossi, come la culla della sua inesauribile libertà e potenzialità.

L’esistenza appare più limitata ma anche più affascinante, più poliedrica e più policroma. C’è maggiore spazio per la fantasia, per l’immaginazione, per l’azione creatrice dell’uomo, se non nel grande scenario della storia, almeno nelle sue vicende personali e nelle pieghe del vissuto. Siamo davanti a una rivincita del genio pagano sull’Occidente cristiano, dell’ideale di una vita ricca di soddisfazioni terrene e immediate sul Paradiso annunciato dai profeti.Agli occhi dei nostri contemporanei, infatti, la religione come sistema di pensiero è il primo che rischia di saltare, o è già saltato

CANTIERE APERTO …. LE PIETRE VIVE SI INTERROGANO

- COME RICOSTRUIRE UNA PROPOSTA CHE, SENZA ANNACQUARE LA VERITȦ DEL VANGELO, DIVENTI SIGNIFICATIVA PER LE PERSONE CHE VIVONO IN QUESTO AMBIENTE E SONO SEGNATE DA QUESTA MENTALITȦ?

SPUNTI PER LA RIFLESSIONE:

- Portiamo tutti nel cuore il disagio di vivere in un tempo in cui ogni pretesa di verità viene sottoposta continuamente al sospetto e accusata di essere portatrice di una potenziale carica di violenza. Un tempo in cui ciò che era “falso” si è trasformato semplicemente in “diverso”, ciò che era “sbagliato” in ciò che “ho il diritto di sperimentare”, in cui ciò che era “vero” è diventato una semplice possibilità da cogliere, come fior da fiore, a mio insindacabile giudizio.

- Siamo chiamati ad annunciare l’unica salvezza in Gesù Cristo in questa epoca nichilistica e neo-pagana in cui non esistono più sostanze immutabili, verità eterne, ordini prestabiliti, ordini prestabiliti, sequenze irreversibili di cause ed effetti, concatenamenti oggettivi di principi e di conclusioni.

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Che bella sfida annunciare le vie verso la vita in una cultura dove non viene più riconosciuto alcun elemento di stabilità ma ogni realtà è posta in relazione e acquista mutevole valore a seconda del tipo di rapporto che instaura con gli altri elementi del sistema a cui decide di appartenere! Sì, è vero, nichilismo fa rima con relativismo. Il relativo prevale sull’assoluto. La relazione prevale sulla sostanza

OSSERVAZIONI E PROPOSTE

9. IL TEMPO DI NARCISO

« Qui si racconta come Narciso s’innamorò dell’ombra sua»...Appare adesso sempre più chiaro che, se Promèteo era il protomartire della modernità, il primo santo del nuovo calendario ateo, come diceva Karl Marx, Narciso è un tipico emblema dell’epoca post-moderna. - Non più l’audacia trasgressiva che strappa i segreti della vita, sfidando gli

dèi gelosi e rubando i loro segreti per rendere la vita degli uomini autonoma dall’arbitrio dei celesti.

- Non più l’audacia della scienza e della tecnica. - Non più una logica di ribellione alle leggi eterne, non più i gesti eroici e i sogni

titanici per ribaltare in senso magnificamente progressivo le vicende della storia.

OGGI È L’ORA DI NARCISO L’ETERNO ADOLESCENTE AMBIGUO E OSCILLANTE

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- Narciso rispecchia se stesso ed è interamente preso dalla ricerca di sé. Persino amare gli altri ed essere amato da loro lo disturba, nel momento in cui questo amore minaccia di distrarlo dal vero godimento che è la gratificazione della propria immagine di perfetto seduttore. Non c’è il confronto “moderno”, “prometeico” con la legge del padre e i limiti che impone. C’è regressione post-moderna nel grembo della madre.

- Promèteo è ribelle nei confronti degli esseri divini, ma almeno accetta di sacrificarsi in favore degli umani. Narciso è indifferente agli uni e agli altri.

- Rivolgendola ossessivamente su di sé, Narciso conduce inesorabilmente l’affezione verso l’anaffettività e il culto di una vita secondo l’estetica verso il torpore dell’anestesia.

- Narciso non crea, non rischia, non pensa.- È un essere fatto di figura, di immagine, non di parola, tanto meno di sostanza. - Non è assolutamente capace di passioni forti, eventualmente solo di passioni

tristi, velatamente melanconiche. - Non compie neppure la fatica del godimento. Non ne sopporta il dispendio

di energie. - Narciso è bello e basta. Il suo ideale è quello di essere se stesso: curare

minuziosamente la sua immagine e proteggerla ossessivamente da ogni legame.

E PROPRIO SU QUESTO NARCISO CADE, INGLORIOSAMENTE. UN ECCESSO DI DELIRIO PER IL CONGIUNGIMENTO CON LA SUA IMMAGINE, UN ATTIMO DI DISTRAZIONE: NARCISO AFFOGA SENZA UN GEMITO. GALLEGGIANO I SUOI STRACCI GRIFFATI. LA NATURA MISERICORDIOSA PIANTA UN FIORE. È TUTTO.

CANTIERE APERTO …. LE PIETRE VIVE OSSERVANO ANALIZZANO CERCANO MOTIVAZIONI E RISPOSTE

- Adulti maturi e Narcisi nelle nostre comunitȧ parrocchiali chi prevale? Perché? Quali argomentazioni a sostegno delle due tesi?

- Quanto si ha voglia di creare, di rischiare e di pensare nelle nostre parrocchie? - Le nostre parrocchie sono animate da passioni forti o passioni tristi?

..

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ANDARE OLTRE… In atteggiamento di ascolto e accoglienza

10. CERCO UN CENTRO DI GRAVITÀ PERMANENTE

... Narciso è un dio ragazzino, un pò impasticcato e tanto ingenuo.Avrebbe solo bisogno di amore. Ma purtroppo non è capace di accorgersene...

…. Per i nostri “Narcisi” arriva comunque l’ora del risveglio, magari dopo gli sballi e le sbornie del sabato sera. L’insostenibile leggerezza della libertà, l’ansia di esplorare e di sperimentare, prima o poi, deve fare i conti con la necessità di regolamentare l’esistenza altrimenti travolta nei gorghi e nelle onde che incessantemente si susseguono, attraendo e inghiottendo. Questo compito appare tanto necessario quanto difficile in un mondo dove il relativismo delle opzioni e l’assolutizzazione del soggetto hanno fatto crollare la diga della morale, hanno irriso ai sensi rimorsi della coscienza, hanno dato l’impressione che per l’uomo non esistano limiti. È difficile imbrigliare la bestia, dopo averla coccolata, viziata e aizzata con mille promesse.

LE PROVOCAZIONI DELLA LIBERTȦ: UNA SFIDA PER LA CHIESA

Che bella sfida per la Chiesa di questo nostro tempo nel suo confronto coraggioso e fedele con le provocazioni della libertà. Liberi, liberisti, libertari, libertini: una catena tanto prevedibile quanto coerente, pur nel conclamato disprezzo dei rapporti necessari fra cause ed effetti. E poi, giù con il rifiuto di un’etica assoluta con i suoi temi di legge, di peccato, di distacco, di primato di Dio, di dominio di sé. Quando l’ideale diventa l’estetizzazione del mondo e della vita, è tanto difficile quanto necessario ricostruire un sistema universale di riferimento.

GLI INTERROGATIVI

- Si potrà ripartire dal primato della bellezza, senza cadere nel pozzo come Narciso o dal primato della libertà, senza finire per strangolarsi, avvitandosi su se stessi?

- Di quale libertà si tratta? - Libertà come capriccio individuale? - Come vittoria della pulsione immediata? - Come fantasia dell’impressione momentanea? - Come abbandono al conformismo dominante? - O la libertà va costruita? E, in questo caso, modellandola su che cosa? È chiaro che la legittimazione della pluralità di visioni del mondo anzi l’esaltazione della loro volubile frammistione costituisce lo sfondo di quella instabilità teoretica che connota oggi la questione morale.

Hyeronymus Bosch - Trittico del Carro di Fieno - Demoni trainanti

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Quando si considera un pregio l’allergia a tutto ciò che è universale e assoluto, quando l’unica certezza è il paradigma della differenza, tutto diventa fluido e impalpabile. Quando l’unica preoccupazione è fare spazio al mercato di tutto e del contrario di tutto, la frammentazione del contingente travolge ogni possibilità di armonica sinfonia morale

LA FATICA DI RIPROPORRE UN’ETICA CONDIVISA

La fatica di riproporre un’etica condivisa si scontra con due difficoltà. - Da una parte il rifiuto di qualsiasi fondamento universale, accusato di impedire la

libertà di coscienza dell’individuo.- Dall’altra l’impossibilità di giustificare certe scelte rispetto ad altre, a motivo

dell’intangibilità del diritto soggettivo a decidere. Sembra che gli uomini di oggi piuttosto che cercare piattaforme comuni di dialogo e di convivenza, siano più attenti a crearsi zone di extra-territorialità, libere dall’assedio della morale, che diano l’illusione di un’esistenza più flessibile e felice.Il quadro non è certo incoraggiante ma la missione affidata dal Signore alla Chiesa non ci permette di indietreggiare davanti a un’opera di ricostruzione, al tempo stesso spirituale e umanizzante, dell’uomo, che non può fermarsi all’aspetto morale ma deve integrarsi in un panorama più ampio. Scriveva il Cardinale Martini: «Ma l’etica da sola è sufficiente? Costituisce l’orizzonte unico del senso della vita e del vero? Pare impresa senza sbocco fondare l’etica solo su se stessa, senza rinvio o collegamento a un orizzonte globale e dunque al tema della verità. Ma qual è l’essenza del vero? Pilato pose a Gesù la domanda ma non attese la risposta perché aveva fretta e forse anche perché non era realmente interessato al problema. La questione dell’etica rinvia al problema della verità. Forse si dà qui un segno delle serie difficoltà che investono il pensiero contemporaneo per il quale è indiscutibile che nulla può essere fondato e tutto può essere criticato».

11. GUARDA CHI SI RIVEDE ! BENTORNATO, «SACRO»!

Qui il tema ci riguarda molto da vicino perché se, riflettendo sul post-moderno e i suoi Narcisi, possiamo aver avuto l’impressione di aver giocato in trasferta, qui siamo davanti al nostro mondo con le sue abitudini religiose, le nostre Chiese aperte e la nostra gente festante intorno a noi.Il suono delle campane non aveva mai smesso di farsi sentire e ora dà l’impressione di aver recuperato da tante parti timbro e audience.

Se lo chiedono anche gli intellettuali: chi si sarebbe aspettato un ritorno così massiccio dell’esperienza religiosa nella cultura contemporanea? - Pareva che la città del futuro potesse essere unicamente secolare.- Si riteneva che l’impatto dei processi di razionalizzazione del mondo a tutti

i livelli avesse mostrato la definitiva irrilevanza e inaffidabilità del mondo religioso, ormai prigioniero del logorante attrito con le logiche vincenti dello sviluppo e della trasformazione della società.

- Si erano suonate tante campane a morto sull’irrazionalità della religione, sulla

Hyeronymus Bosch - Trittico del Carro di Fieno - L’omicidio

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labilità di questa esperienza che poteva avere un puro valore compensativo ma che sarebbe stata inesorabilmente e definitivamente spazzata via dall’inarrestabile trionfo del progresso.

- La forza d’urto della modernità si era abbattuta sulle credenze religiose, ritenute anacronistiche, quasi un freno a mano tirato per la trasformazione del mondo.

L’uomo, aveva detto Feuerbach, uno dei grandi profeti della modernità, potrà affermarsi in tutte le sue dimensioni, solo quando avrà soppiantato veramente Dio, riappropriandosi degli attributi di Lui che non hanno mai cessato in realtà di essere quelli dell’uomo.Al crollo dell’impianto culturale sottostante all’elaborazione di questi fallibilissimi e ”modernissimi” luoghi comuni anti-religiosi, è riemerso prepotente il bisogno del sacro.La ricerca di senso oppure semplicemente il desiderio di nuove sensazioni sta riportando l’uomo ad approdare verso antiche e nuove forme di spiritualità.

L’interrogativo si ripropone: com’è che si ripresenta puntuale la domanda e la ricerca religiosa?È evidente che la nostra comunità credente ritiene di possedere la risposta a tale questione come chi, legittimamente, saluta la svolta in una battaglia che troppo frettolosamente veniva data come definitivamente perduta. Certamente si sono decantati tanti miti e riemerge l’umanità dell’uomo in tutta la sua verità e in tutte le sue attese.

CANTIERE APERTO... LE PIETRE VIVE COMPRENDONO E ACCOLGONO

Comprendre e accogliere chi?

Il problema essenziale, però, non è tanto dire “avevamo ragione noi”, quanto piuttosto cercare di comprendere e di accogliere questi pellegrini e questi reduci che sembrano nuovamente disponibili, pur fra mille esitazioni e ambiguità, a riaprire un certo discorso. Ma sarebbe un errore non osservare attentamente le caratteristiche di questi “figli prodighi” .

Da dove arrivano e che cosa c’é nel loro bagaglio?

- Essi non disdegnano di affacciarsi di tanto in tanto nelle nostre Chiese, di frequentare i più rinomati luoghi di pellegrinaggio, di ritrovarsi in gruppi di preghiera più o meno organizzati e collegati all’istituzione ecclesiastica. Molte volte, però, facendolo più a modo loro che secondo i nostri canoni.

- Come non notare una singolare contrapposizione fra la forza orientativa, almeno a livello di emozioni, di questa recuperata esperienza religiosa e la fatica a trasformarla in capacità di sintesi e di conversione, in rapporto alle scelte e ai valori che costituiscono e strutturano la fisionomia del credente.

- Molti di loro, come naufraghi aggrappati al primo scoglio della terraferma, ritengono che questo basti per poter dire di aver svoltato nella propria vita, di essersi convertiti, anche se si trovano tuttora in un grande contesto di incertezza e di frammentazione circa la forma istituzionale della loro rinascente storia religiosa.

- Pure qui è in atto un processo di privatizzazione, di soggettivismo, di primato dell’efficacia su quello oggettivo della Rivelazione e della Verità.

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- Sono caduti i bastioni accigliati e severi di un moralismo autoritario e colpevolizzante, implacabilmente oggettivo e fiscale. Ma, insieme al recuperato primato della coscienza individuale, i nostri contemporanei hanno assaporato anche il gusto di un procedere di basso profilo, provvisorio e fallibile.

... Con questo bagaglio si stanno inoltrando di nuovo, faticosamente e fiduciosamente nella direzione del sacro e del religioso...

Che cosa cercano …. al mercatino delle opportunitȧ ?

- Per loro, in vista di lenire le cicatrici della fatica di vivere e dell’ordine imposto dalla ragione e dalla società, la religione pare mostrarsi più affidabile nel reperire spazi elastici e accoglienti, rispetto a qualsiasi altra agenzia. E, si potrebbe dire, quasi sempre a prezzi notevolmente più bassi, soprattutto rispetto alle psicoterapie o alle frequentazioni di maghi e cartomanti.

- Paiono aprirsi per loro scenari simbolici, mitici, estetici, molto più vicini all’uomo e alla sua ricerca di equilibri esistenziali, aiutando in quell’esperienza di disintossicazione dall’ideologia e, al tempo stesso, di accurata presa di distacco rispetto a quelli che sono ritenuti i nuovi e ambigui recinti di altro genere.

- La riscoperta del religioso avviene più nel segno della consulenza soggettiva e occasionale che dell’appartenenza organica e riconosciuta.

- La variante post-moderna dell’insicurezza esistenziale non genera il bisogno di grandi visioni totalizzanti nelle quali sono specializzate le religioni tradizionali ma genera piuttosto una crescente richiesta di consulenze pratiche e rimedi concreti, impartiti da esperti nel sopire o curare i problemi di identità.

- L’essenziale sta nel ridurre la complessità, trovando accoglienza e rilassamento, con spiccata allergia alle forme istituzionali della elaborazione religiosa.

Una specie di mercatino delle opportunità, delle quali ogni individuo si serve per costruire da solo i significati e gli obiettivi del proprio cammino.

Il profilo emergente è quello di un bricolage delle credenze che sembra confermare il desiderio di una religiosità emotivamente appagante, disponibile alla carta, come i menù in un ristorante, senza niente di troppo rigido e definitivo.Scrive un noto sociologo della religione: «Oggi credere è più connesso o sostituito con “presentire”, “paventare”, “supporre” o anche “sognare” o “credere di credere”. È un credere che è inversamente proporzionale alle ragioni del credere tradizionale. E questo avviene tanto più quanto la credenza è aleatoria, insostenibile con la ragione. L’ingenuità e la credulità stanno alla base e al fondamento dei nuovi volti del sacro, in un vortice di frammentarietà e di irrazionalità che coinvolge ogni aspetto della fede e non lascia più intatto alcun momento proprio della vita religiosa, che diventa scomposta e a volte confusa».

Hyeronymus Bosch - Trittico del Carro di Fieno - I potenti

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L’evidenza è sotto gli occhi di tutti: un bisogno di spiritualità che si caratterizza per la immediatezza del riferimento a scelte di tipo religioso misurate col metro dei bisogni. In quest’ottica il significato della religione non è depositato nella saggezza della memoria, ma nella praticità della sua aderenza alle improvvise svolte che la vita impone. In altre parole, in una classifica di gradimento i primi posti sono occupati da quelle esperienze religiose che consentono un consumo del sacro immediato e una sensazione di rilassamento a portata di mano.Che ci piaccia o no, è con questo mondo che occorre tenere aperta una linea diretta, o, meglio ancora, é proprio a questa categoria di persone che occorre spalancare il portone della Parrocchia

È davvero l’ora del discernimentoche non spenga il lucignolo fumigante ma lo aiuti a brillare di luce nuova

e piena, riaccendendosi al cero pasquale del Signore risorto,sorgente di vita nuova e principio di ristrutturazione di tutta la persona

che si possa finalmente riscoprire comemembro vivo dell’unico Corpo di Cristo che è la Chiesa,

anche quella istituzionale, prima di tutto nel suo volto parrocchiale.

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RI-PRENDERE IL CAMMINO Verso una fede autenticamente vissuta e testimoniata

12. STILI DI CHIESA PER I POST-MODERNI

Sogniamo Comunità disponibili ad accogliere gli operai di tutte le ore, capaci di lenire le ferite, di integrare le carenze,

di educare alla verità.

Ma che fatica, per quanto necessaria e gioiosa, muoversi in un’atmosfera strutturalmente soggettivista, dove scatta immediatamente il sospetto su tutto ciò che pare ridurre o minacciare l’autonomia del singolo!

Sogniamo una Chiesa che,a imitazione di Colui che era «mite ed umile di cuore» (Mt 11,29),

renda la stessa istituzione,di per sé naturalmente rigida e precostituita,

un segno percepibile e amabile che invita alla Casa comune estimola a un’integrazione faticosa e necessaria fra l’oggettivo e il soggettivo

a livello di rapporto con la verità,di determinazione dei comportamenti,

delle stesse modalità del camminare insieme.

È questo il nostro compito e soprattutto la vocazione ricevuta dal Signore per il presente e per il futuro.Naturalmente, siamo troppo grandi e scafati per illudersi che siano semplicemente questione di tatto e di delicatezza. Tuttora occorre essere sempre molto attenti nel cogliere i segnali, disponibili a infilarci nelle aperture, solleciti a intercettare le storie individuali delle persone.

LE PIETRE VIVE NON DIMENTICANO CHE GESÚ CRISTO. .

- Non è venuto sulla terra semplicemente a confermare gli uomini nella fondamentale bontà delle intuizioni del loro cuore, tanto meno a dare ragione a tutti su tutto.

- Ha saputo accogliere tutti, dialogare con tutti, mettere ciascuno a proprio agio... - …. ma ha anche proposto insegnamenti e scelte di vita molto diversi e

talvolta diametralmente opposti alle aspettative e agli appetiti dell’ambiente in cui viveva.

- Ha saputo dire dei sì e dei no.- Si è fatto capire da tutti, è stato capace di riaccendere tanti cuori.

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Ma c’è stato anche chi Gli ha sbattuto la porta in faccia o gli ha voltato le spalle, quando la Sua Parola appariva troppo chiara o le Sue esigenze troppo dure. La Chiesa non potrà pretendere mai di essere più brava di Gesù. Soprattutto, non potrà mai essere diversa da Lui distaccandosi dal Suo stile.

CANTIERE APERTO... LE PIETRE VIVE SANNO RENDERE RAGIONE DELLA PROPRIA FEDE

- I nostri contemporanei sono portati piú all’esperienza che alla teoria

La Chiesa possiede gli strumenti e lo Spirito perché ogni momento della Sua vita e della Sua attività coinvolga il vissuto delle persone e tocchi le corde profonde del cuore dell’uomo. Ma non potrà mancare “a tempo e fuori tempo” l’annuncio fermo e fedele della persona e del’opera di Gesù Cristo, capaci di dilatare a misura del cuore di Dio le fragili esperienze delle creature.

… Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù.

Ed essi le dissero: “Donna, perché piangi?”. Rispose loro: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto”.

Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. Le disse Gesù: “Donna, perché piangi? Chi cerchi?” .

Gesù le disse: “Maria!”. Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: “Rabbunì!”, che significa: Maestro!

Gesù le disse: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”.

Maria di Magdala andò subito ad annunziare ai discepoli: “Ho visto il Signore” e anche ciò che le aveva detto.

Gv 20, 1-18

- I nostri contemporanei sono piú attenti alle relazioni che alle veritȧ astratte

Il cristianesimo è relazione, esperienza viva di incontro con il Signore risorto! La vita trinitaria, l’alleanza fra Dio e l’uomo in Cristo, la vita stessa della Chiesa avvengono tutte nel segno della relazione. Ma la relazione, per essere vera, ha bisogno di interlocutori reali e permanenti che si pongano gli uni verso gli altri rispettosi della propria e altrui oggettività, che altro non è se non l’essere di ciascuno di loro. Non dell’estasi vaporosa di atteggiamenti estemporanei ma nel progressivo strutturarsi di una storia capace di cambiare la vita.

Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: «Dammi da bere» .

Ma la Samaritana gli disse: «Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?».

I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani. Gesù le rispose:

«Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva».

Gli disse la donna: «Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo;

da dove hai dunque quest’acqua viva?.... (Gv 4, 7-11)

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- I nostri contemporanei sono sensibili alla bellezza, alla piena immersione in ció che attrae e appaga

La Chiesa annuncia in Gesù un Dio bello e positivo, capace di far rinascere l’uomo da dentro e di dilatarlo luminosamente all’infinito. Ma la bellezza non può evaporare al primo segno di volubilità e di stanchezza. Ha bisogno di essere coniugata, per esempio, con la speranza per non diventare un dolce inganno ma trasformarsi nella stella del mattino, preludio di un giorno pieno di luce senza tramonto.

"..Due flauti suonano in modo diverso, ma uno stesso Spirito vi soffia dentro.

Dice il primo: 'Egli è il più bello tra i figli degli uomini' (Sal 45,3); e il secondo, con Isaia, dice: 'Lo abbiamo visto: non aveva più né bellezza, né decoro' (Is 53,2).

I due flauti sono suonati da un unico Spirito: essi dunque non discordano nel suono. Non devi rinunciare a sentirli, ma cercare di capirli..

Sant'Agostino, In lo. Ep., IX,

Queste sono solo piccole considerazioni di metodo circa punti di convergenza e di confronto fra la fede cristiana e la mentalità di oggi. Le nostre assemblee di Pietre vive ne scopriranno certamente tante di più e tanto più significative Fonti

Le considerazioni qui sviluppate sono state liberamente e fedelmente tratte dai seguenti volumi:

- C. DOTOLO, Un cristianesimo possibile. Tra post-modernità e ricerca religiosa, Brescia 2007;

- Z. BAUMANN, Modus vivendi. Inferno e utopia del mondo liquido, Bari 32010;- A. MATTEO, Presenza infranta. Il disagio post-moderno del cristianesimo, Assisi

2011;- E. SALMANN, Presenza di spirito. Il cristianesimo come stile di pensiero e di vita,

Assisi 2011;- P. SEQUERI, Contro gli idoli post-moderni, Torino 2011.

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A LODE DELLA SUA GLORIA Ascoltando la Parola, ritroviamoci nel Signore...

SERVI INUTILI E… FELICI DELLA PAROLA CHE NON PASSA

La capacità e il coraggio di leggere con attenzione i “segni dei tempi” non è un capriccio arbitrario o un cedimento allo spirito del mondo.È, semplicemente, proseguire nel nostro tempo quello stile di presenza e di missione nel mondo che la Chiesa di Gesù porta avanti fin dai primissimi tempi.È da Gesù stesso che questo metodo ha preso vita e ispirazione.Pur essendosi dedicato prevalentemente a Israele, nel corso della sua missione terrena, in ossequio alle promesse e alla fedeltà di Dio verso il suo popolo, non si è mai chiuso ai contatti con i pagani.Prima di salire al cielo, invitò esplicitamente i discepoli ad andare e ammaestrare tutte le genti (cf. Mt 28).Dal chiuso e sicuro recinto della Palestina fu Lui stesso a indicare i paesi più lontani e i paesi più diversi come destinatari della missione.

La diversità rispetto a Israele non si misura solo in distanze chilometriche ma soprattutto in termini di cultura e mentalità.Alla Chiesa di oggi non stanno a cuore solo i pagani che vivono nei paesi di missione ma anche i nuovi pagani della nostra terra, ex-cristiani o cristiani tiepidi, influenzati dall’ambiente in cui vivono e anche noi viviamo.Accompagniamo i passi della Chiesa primitiva nei suoi primi approcci con le provocazioni e le contraddizioni del mondo di allora.Troveremo sicuramente fiducia e linee orientative per la nostra prassi eccclesiale di oggi.

Is 40,6-86Una voce dice: “Grida”,e io rispondo: “Che cosa dovrò gridare?”.Ogni uomo è come l’erbae tutta la sua grazia è come un fiore del campo.7Secca l’erba, il fiore appassiscequando soffia su di essi il vento del Signore.Veramente il popolo è come l’erba.8Secca l’erba, appassisce il fiore,ma la parola del nostro Dio dura per sempre.

Mc 13,3131Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

In primo luogo occorre ripartire dalla fede nella perenne validità e attualità della Parola del Signore che non passa di moda, non teme confronti, non è proprietà esclusiva di nessun ambiente e di nessuna cultura.

Hyeronymus Bosch - Trittico del Carro di Fieno - Il corteo

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Non sempre sarà facile distinguere la schietta Parola del Signore dai contesti in cui si è incarnata nel passato e nel presente.La riscoperta della sua vitalità e attualità è la condizione perché nessun confronto e nessun dialogo rischi di portare a un annacquamento della verità della Rivelazione.Coraggio, non siamo i primi cristiani a dover proclamare il Vangelo di sempre in contesti apparentemente ostili o, a prima vista, impermeabili.Fedeli al Signore e insieme creativi e liberi nella nostra presenza dentro la società di oggi, non abbiamo che da attualizzare le grandi capacità della Chiesa di sempre ad essere Cattolica, ossia Madre accogliente e universale.

Gv 12,20-2320Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. 21Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: “Signore, vogliamo vedere Gesù”. 22Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. 23 Gesù rispose loro: “È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato.

Con la parola “greci” il Vangelo non designa semplicemente gli abitanti della penisola ellenica.Nel NT “greco” è un termine più culturale che etnico.Designa gli appartenenti al mondo ellenistico i quali, per religione e stili di vita, si trovavano agli antipodi rispetto all’ambiente giudaico-palestinese.Greco significa pagano, portatore di una diversa moralità, culturalmente molto più libero e

spregiudicato, totalmente estraneo al monoteismo di Israele e alla sua rigida morale.I greci cercano Gesù, lo vogliono vedere.Gesù non li respinge, non si sottrae, non fa finta di nulla. Anzi, inizia un grande discorso di Rivelazione.È venuta l’ora in cui Egli darà la vita per tutti, in pieno ossequio alla volontà del Padre.

1 Cor 9,19-2319Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero: 20mi sono fatto come Giudeo per i Giudei, per guadagnare i Giudei. Per coloro che sono sotto la Legge - pur non essendo io sotto la Legge - mi sono fatto come uno che è sotto la Legge, allo scopo di guadagnare coloro che sono sotto la Legge. 21Per coloro che non hanno Legge - pur non essendo io senza la legge di Dio, anzi essendo nella legge di Cristo - mi sono fatto come uno che è senza Legge, allo scopo di guadagnare coloro che sono senza Legge. 22Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. 23Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io.

Hyeronymus Bosch - Trittico del Carro di Fieno - Cristo

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La missione ricevuta dal Signore porta Paolo a calarsi nella vita e nella sensibilità di ciascuno dei suoi uditori e dei loro gruppi di appartenenza.Come si comprende da questo testo, non si tratta di semplice tinteggiatura esteriore ma di un reale tentativo di entrare in sintonia di cultura e di sensibilità.Questa elasticità di appartenenza paolina appare tanto più notevole quanto più si ricordano le origini rigidamente giudaiche e farisaiche dell’Apostolo.La chiamata con cui il Signore lo ha convertito e lo ha coinvolto nella missione lo ha strappato dalla meccanica identificazione della Parola di Dio con l’interpretazione che se ne dava nel giudaismo del suo tempo e lo ha reso capace di presenza viva e significativa nei contesti più diversi, con la necessità di delicatissimi equilibri fra le posizioni più contrapposte.

At 16,6-10Attraversarono quindi la Frìgia e la regione della Galazia, poiché lo Spirito Santo aveva impedito loro di proclamare la Parola nella provincia di Asia. 7Giunti verso la Mìsia, cercavano di passare in Bitìnia, ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro; 8 così, lasciata da parte la Mìsia, scesero a Tròade. 9Durante la notte apparve a Paolo una visione: era un Macèdone che lo supplicava: “Vieni in Macedonia e aiutaci!”. 10 Dopo che ebbe questa visione, subito cercammo di partire per la Macedonia, ritenendo che Dio ci avesse chiamati ad annunciare loro il Vangelo.

La missione di Paolo e Timoteo si svolge direttamente sotto la guida dello Spirito del Signore che talvolta apre nuove strade e talvolta le preclude.Anche il grande salto dall’Asia verso l’Europa, il passaggio del Mar Egeo, avviene in base a un’esplicita indicazione divina.Il Signore si serve di un sogno: “vieni in Macedonia e aiutaci!”.Davanti ai due missionari si aprono le porte dell’Europa con infinite e inedite sfide per le loro persone e il loro messaggio.Una volta verificato che era stato Dio a chiamarli per annunciare il Vangelo, senza esitazioni, salpano da Troade e si dirigono a Samotracia, all’estremo nord-est della Grecia.

Rm 1,28-3228E poiché non ritennero di dover conoscere Dio adeguatamente, Dio li ha abbandonati alla loro intelligenza depravata ed essi hanno commesso azioni indegne: 29sono colmi di ogni ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di lite, di frode, di malignità; diffamatori, 30maldicenti, nemici di Dio, arroganti, superbi, presuntuosi, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, 31insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia.

Hyeronymus Bosch - Trittico del Carro di Fieno - Il frate ingordo e accidioso

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32E, pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo le commettono, ma anche approvano chi le fa.

I cristiani non si illudevano circa le condizioni religiose e morali dell’ambiente pagano ai quali si sentivano inviati.La passione apostolica di Paolo non gli acceca certamente lo sguardo circa le difficoltà che la sua predicazione avrebbe incontrato in ambienti così lontani dal Signore e tanto sprofondati nel peccato.Egli, però, ha troppa fiducia nel Vangelo di Dio, forza di salvezza per i giudei e per i greci (cf. Rm 1,16) per spaventarsi o per temere l’incomunicabilità.Non si sottrae al suo ministero, non si vergogna del suo Vangelo: sarà di nuovo il Signore stesso ad aprirgli le strade.

At 17,22-23.28-3122Allora Paolo, in piedi in mezzo all’Areopago, disse:“Ateniesi, vedo che, in tutto, siete molto religiosi. 23Passando infatti e osservando i vostri monumenti sacri, ho trovato anche un altare con l’iscrizione: “A un dio ignoto”. Ebbene, colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio. 28In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come hanno detto anche alcuni dei vostri poeti: “Perché di Lui anche noi siamo stirpe”. 29Poiché dunque siamo stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all’oro, all’argento e alla pietra, che porti l’impronta dell’arte e dell’ingegno umano. 30 Ora Dio, passando sopra ai tempi dell’ignoranza, ordina agli uomini che tutti e dappertutto si convertano, 31perché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare il mondo con giustizia, per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti”.

Il mondo pagano non è solo una massa di peccatori destinati al fuoco eterno ma anche un universo sofisticato e colto che ha elaborato un ricchissimo patrimonio artistico, filosofico e scientifico.Nel suo celebre discorso all’Areopago di Atene, Paolo non si sottrae certamente ad annunciare il Signore risorto ma lo fa dopo aver lungamente intrattenuto gli ascoltatori a partire dalle loro convinzioni religiose e dalla loro piattaforma culturale.L’annuncio del Vangelo di Gesù entra in dialogo con le loro inclinazioni spirituali e le loro preferenze artistiche.La Parola della risurrezione viene rifiutata con superiorità e sarcasmo ma la via è stata ormai tracciata verso una predicazione cristiana che non prescinde dalle sponde e dalle aperture che anche un mondo estraneo come quello ellenistico non mancava di offrire.

Hyeronymus Bosch - Trittico del Carro di Fieno - Il ciarlatano

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Cosa può significare questo oggi per noi?

Gv 17,14-1614Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.15Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. 16Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.

Ai cristiani il Signore ha consegnato la sua Parola.La lampada non è da tenere nascosta ma da custodire viva e da offrire a tutti.Questa Parola dovrà risuonare in un ambiente ostile, addirittura fino alla persecuzione.Queste saranno le condizioni normali della loro presenza e attività nel mondo, al punto che ci sarà da stupirsi quando ciò non avverrà.La vicenda cristiana sarà caratterizzata dalla tensione di chi deve stare nel mondo senza appartenergli cioè senza condividere i suoi modi di ragionare e di comportarsi.I cristiani saranno gli uomini della presenza fedele, non della fuga isterica.Saranno chiamati al dono totale di sé in un ambiente che li odierà e che essi dovranno amare senza, tuttavia, lasciarsi da esso inquinare e corrompere.Testimoniare la verità di Gesù in dialogo con il mondo porterà i discepoli ad avvicinarsi ad esso con il cuore aperto anche se la Chiesa dovrà brillare e caratterizzarsi per la sua insuperabile diversità.Analoga strategia è indicata da San Pietro ai cristiani dell’Asia Minore.Essi saranno pur sempre stranieri e pellegrini (cf. 1 Pt 2,11-12) ma saranno contemporaneamente chiamati a rendere dolcemente conto della speranza che è in loro (1 Pt 3,15-16).

Ef 2,14-1914Egli infatti è la nostra pace,colui che di due ha fatto una cosa sola,abbattendo il muro di separazione che li divideva,cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne.15 Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti,per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo,facendo la pace,16e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo,per mezzo della croce,eliminando in se stesso l’inimicizia.17 Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. 18Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri,al Padre in un solo Spirito.19 Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, 20 edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra

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d’angolo lo stesso Cristo Gesù. 21In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; 22in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito.

Qui il discorso non è rivolto a missionari cristiani impegnati a testimoniare il Vangelo in condizioni di particolari difficoltà.La lettera si rivolge piuttosto a dei nuovi convertiti, provenienti dal paganesimo che, nell’unità del Corpo crocifisso di Cristo, la Chiesa, sono stati riconciliati con Dio e con i cristiani provenienti dalla sinagoga.

La Parola di Gesù è risuonata in mezzo a loro come una reale possibilità di vita nuovi.Sono stati raggiunti, interpellati e afferrati da un messaggio che ha saputo interagire con le loro situazioni esistenziali e sociali.La Grazia del Signore accompagna sempre la Chiesa ad annunciare la Parola di salvezza in ogni latitudine geografica e umana.

Sal 87 Dei figli di Core. Salmo. Canto. Sui monti santi egli l’ha fondata;2 il Signore ama le porte di Sionpiù di tutte le dimore di Giacobbe.3 Di te si dicono cose gloriose,città di Dio!4 Iscriverò Raab e Babiloniafra quelli che mi riconoscono;ecco Filistea, Tiro ed Etiopia:là costui è nato.5 Si dirà di Sion:“L’uno e l’altro in essa sono natie lui, l’Altissimo, la mantiene salda”.6 Il Signore registrerà nel libro dei popoli:“Là costui è nato”.7 E danzando canteranno:“Sono in te tutte le mie sorgenti”.

Hyeronymus Bosch - Trittico del Carro di Fieno - La donna superba che trascura i figli

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ARTE E FEDE

HYERONYMUS BOSCHTrittico del Carro di Fieno (pannello centrale), 1516

Il trittico faceva parte di un gruppo di sei dipinti acquistati nel 1570 da Filippo II di Spagna e inviati nel1574 al monastero dell'Escorial. In epoca imprecisata ne venne tratta una copia, che si trova ancora al monastero, mentre gli originali venivani trasportati alla Casa del Campo, dove vennero visti da A. Ponz (Viaje, 1772-1794) e da Ceán Bermúdes (1800). Entrati nella collezione del marchese di Salamanca, vennero poi smembrati: il pannello centrale venne acquistato nel 1848 da Isabella II e portato ad Aranjuez, quello di destra tornò all'Escorial e quello sinistro finì al Prado. Nel1914 il trittico venne infine ricomposto nel museo madrileno[1].Nel pannello centrale è il carro di fieno e la confusione che scatena il suo passaggio. In esso, forse memore della tradizione italiana

dei Trionfi, l'artista rappresentò il proverbio, dedicato all'avidità, che dice: «Il mondo è come un carro di fieno, ciascuno ne arraffa quel che può».Sulla cima del carro si svolge un concertino, a cui partecipano anche un angelo, che si rivolge in preghiera all'apparizione di Gesù in cielo, e un demone col naso a tromba e con la coda di pavone, simbolo di vanità. Dietro di loro si vede un cespuglio, in cui una coppia di contadini si bacia. La civetta è simbolo dell'inganno, mentre il demone azzurro, con la sua dolce musica, rappresenta l'adescameno suadente al peccato. La civetta era infatti usata nella caccia per attirare altri uccelli col suo richiamo, mentre la tromba del demone rimanda al verbo olandese trompen che significa ingannare.Evidente è il richiamo a un'allegoria della vita, tra piaceri, tentazioni e interventi angelici. La visione pessimistica di Bosch è evidenziata dal fatto che il corteo del carro sia trascinata da diavoli verso destra, cioè verso il pannello destro in cui è rappresentato l'Inferno. In basso, attorno al carro, si dimenano i personaggi di ogni estrazione sociale per accaparrarsi il fieno, anche con forconi, scale e altri strumenti, finendo per litigare tra di loro (le due donne), se non addirittura uccidersi (l'uomo col cappello che sgozza un altro uomo), con lieve conforto dei religiosi, come il frate che cerca di trattenere, con poco slancio, la donna infuriata. Nessuno si cura di Cristo, preoccupandosi solo del bene materiale, cioè il fieno.Dietro il carro si dispone un corteo, guidato dal Re di Francia, con il Papa e l'Imperatore. Dappertutto si vedono esempi di vizi, come la lussuria, l'ira, l'accidia, la gola.In primo piano si vede poi una serie di personaggi, singoli o in coppia, che

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raffigurano un'articolata casistica di peccati umani[2], l’accidia e l’ingordigia nel frate, l’inganno nel ciarlatano, la superbia nella donna che trascura i figli. È un’impietosa panoramica dell’umanità, attenta ai propri bisogni e sorda ad altre parole. Ma il Cristo non rinuncia ad affacciarsi su questo spettacolo di sordida società per annunciare il suo Verbo e tendere la braccia aperte al peccatore._____________________________________________________

1. Franca Varallo, Bosch, Skira, Milano 2004, pag. 1602. Franca Varallo cit. pag. 162

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Suggerimenti musicali per il capitolo appena lettoKeith Emerson - Piano Concerto no.1 – 3° movimento “Andante con fuoco” - 1979

http://youtu.be/ADQqvjtjrm8

Wolfgang Amadeus Mozart – Requiem in re minore KV 626 – “Dies Irae” – 1791http://youtu.be/j1C-GXQ1LdY

Giuseppe Verdi – Messa da Requiem – “Dies Irae” – 1874http://youtu.be/_jBLyIQvNf0

L’intervento di cui questi suggerimenti musicali intendono focalizzare e illustrare significati e meditazione, è pregno di significati, prospettive e proposte di impegno cui accingersi in vista di una nuova evangelizzazione dell’adulto. Sulla scorta dell’immagine proposta di Hyeronymus Bosch, la visione che appare della società cui approcciarsi con nuove metodologie catechetiche e con nuove convinzioni evangelizzatrici, appare caotica, piena di contraddizioni, di storture morali, se non addirittura di una assenza di morale. Ecco allora che si propone, a commento di questa situazione, dapprima il movimento pianistico di Keith Emerson, con il suo incalzante e a volte dodecafonico e dissonante andamento, che ben si adatta a un panorama come quello che traspare dal Trittico di Bosch. Dall’alto verso il basso, si assiste ad un personalismo, ad un indulgere in vie corrotte, in vari peccati già elencati nel commento all’immagine. Il senso di disperata impotenza che attanaglia lo spettatore e l’eventuale evangelizzatore è totale. Cosa si può fare davanti ad una simile desolante visione?Occorre dunque calarsi in quella realtà, aggiornarsi (come si suggerisce nel capitolo), prendere le misure a quelle storture, a quelle deviazioni, a quei peccati, a quell’indifferenza. E occorre farlo non con la timidezza del principiante gettato nell’arena o con il timore di “disturbare” il prossimo. Occorre un ingresso potente, seducente e impossibile da ignorare. Tale potenza è quella dell’Amore salvifico di Cristo, un annuncio fortemente kerigmatico, che mostri inequivocabilmente qual’è la via che si propone, qual’è l’ordine morale che si suggerisce e sopratutto Chi è che interviene nella storia. A questo scopo ben illustrano questa necessità i due “Dies Irae” che si propongono come ascolto a questa meditazione e alla maturazione di queste convinzioni missionarie. Il Cristo potente e salvifico che troneggia dall’alto nel quadro di Bosch è quello stesso Cristo che innerva di sé la struttura dei due brani musicali, non un Dio dominatore e vendicativo ma un Figlio dell’Uomo che apre le braccia alla misericordia e accoglie chi ascolta la Parola più potente che sia esistita nella storia della Salvezza: quella dell’Amore.

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3.

DIO NELLE PIEGHE DELL’UMANODall’anoressia dello spirito al desiderio di Dio

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Il commento all’immagine di apertura si trova a pag 91

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APPROFONDIRE Dio nelle pieghe dell’umano

1. L’anoressia dello spirito pag. 772. Il sapore del pane pag. 78

RIFLETTERE In atteggiamento di ricerca

3. L’orizzonte infinito celato nel cuore pag. 813.1 Imparare a decifrare il linguaggio del cuore pag. 81

ANDARE OLTRE… In atteggiamento di ascolto e accoglienza

4. Il desiderio nei desideri pag. 83

RI-PRENDERE IL CAMMINO Verso una fede autenticanente vissuta e testimoniata

5. Il santuario dell’uomo pag. 84In sintesi pag. 87

A LODE DELLA SUA GLORIA Ascoltando la Parola, ritroviamoci nel Signore

Di te ha detto il mio cuore: “cercate il suo volto” (sal. 26) pag. 88

ARTE E FEDE

Beato Angelico- Discorso della Montagna (1450) pag. 91

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Non andare al di fuori di te, rientra in te stesso: nell'uomo interiore abita la verità.

E se troverai che anche la tua natura è mutabile, trascendi te stesso. Ma ricordati, quando trascendi te stesso, che tu trascendi uno spirito che ragiona.

Tendi dunque là da dove si accende il lume della ragione

Sant’Agostino

Attraverso gli approfondimenti e le riflessioni proposte potrai esplorare “le pieghe dell’umano” fino a scoprire e decifrare i linguaggi del cuore ed il richiamo dell’Infinito ….

Avrai la possibilità di riflettere e meditare con la mente ed il cuore e stupirti a - Desiderare una fede libera e consapevole- Desiderare una fede autenticanente vissuta ….con passione e unicitȧ- Desiderare una fede nella comunione - Desiderare una fede testimoniata

LE DOMANDE - Che cosa si intende per “anoressia dello spirito? - Quali sono le situazioni esistenziali in cui è più facile percepire e riconoscere la

propria apertura verso l’Infinito? - Con quali atteggiamenti e con quale disponibilità interiore si vive la fede nell’età

adulta? - Provare il desiderio di Dio nel mondo di oggi: perché? - Quali sono i linguaggi del cuore?- Che cos’è la coscienza?- La fede: questione di cuore, di volontà, di conoscenza, di coscienza o di Grazia?

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APPROFONDIRE Dio nelle pieghe dell’umano

Beati voi che ora avete fame perché sarete saziati (Lc 6,21)

… tanti di quelli che vengono a chiedere aiuto psicologico a me, non lo potranno trovare da me

ma nel recupero di un’intensa esperienza spirituale …Karl Gustav Jung

1. L’ANORESSIA DELLO SPIRITO

La fame è una benedizione. La sete è una benedizione. È la mancanza di pane che è maledizione. È la privazione dall’acqua che è un’ingiustizia. È un errore escludere dalla beatitudine di Gesù “«Beati voi che ora avete fame perché sarete saziati» (Lc 6,21)“ chi ha fame di pane, il povero materialmente. Sarebbe altrettanto errato, però, ridurre la beatitudine alla fame biologica. Il confronto con le beatitudini di Matteo - «beati i poveri in spirito» e «beati coloro che hanno fame e sete di giustizia» - distoglie ogni dubbio sul senso della fame in Luca.

Gesù chiama beato- chi non ha perso l’appetito dello spirito- chi non ha rinunciato all’anelito del cuore giovane- chi non giudica l’uva acerba per il semplice fatto che non è riuscito a

procurarsela- la persona aperta che in ogni stagione della vita mantiene viva ed

efficace la capacità di gusto dello spirito

Una grande malattia che serpeggia nel regno dello spirito è il torpore, è l’accontentarsi di vivacchiare perché vivere all’altezza delle proprie aspirazioni, o meglio, della propria profonda aspirazione costa, è faticoso, è … da giovani …L’anoressia dello spirito si presenta con sintomi simili all’anoressia del corpo. La disaffezione e il rifiuto del corpo come si presenta, spinge a un atteggiamento definibile come suicida. Il rifiuto dello spirito e la sua anoressia nascono da un disagio che a sua volta è frutto del contrasto tra lo spirito -sveglio, dinamico, vivace e audace- e l’anima assonnata, statica, pigra e fifona. Anche qui siamo alle prese con un suicidio lento, silente, abortivo, crudele e tanto pericoloso quanto apparentemente impercettibile. Grandi psicologi che non hanno chiuso l’orecchio ai gemiti dello spirito riconoscono i sintomi di quest’anoressia, di questo digiuno malato di spirito. Karl Gustav Jung affermò una volta: “… tanti di quelli che vengono a chiedere aiuto psicologico a me, non lo potranno trovare da me ma nel recupero di un’intensa esperienza spirituale…” Un altro grande psicologo del XX secolo “Viktor Emil Frankl, che ha maturato e verificato le sue teorie come internato all’ombra delle camere a gas in ben quattro campi di concentramento tra cui Auschwitz“ ha riconosciuto che la più grande nevrosi della nostra epoca non si radica nella frustrazione sessuale, ma nella «frustrazione esistenziale» e nell’incapacità di trovare senso nella propria vita. Frankl ha scoperto che l’inconscio non è soltanto il serbatoio della libido,

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ma tramite l’analisi dei sogni e delle nevrosi e attraverso lo studio del genio artistico e creativo nell’uomo, ha scoperto che il nostro inconscio è fondamentalmente spirituale aperto all’infinito. Disattendere ai bisogni della nostra natura spirituale porta a una frustrazione tanto diffusa che è motivo di tanti suicidi apparentemente ingiustificati: la nevrosi noogena; la nevrosi di chi non trova più senso in una vita che apparentemente ha tutto: soldi, sicurezze, ricchezze, possedimenti … ma le manca l’essenziale: il senso di tutto il quadro e il senso «per me».

Riconoscere la propria apertura all’infinito, ascoltare la propria sete è la prima esperienza religiosa dell’uomo. Sì, tanti scoprono Dio in momenti di indigenza, di sofferenza, di bisogno... ma le scoperte più belle di Dio sono quelle che avvengono nella spontaneità di un cuore che si apre all’infinito, o meglio, di un cuore che si scopre capace di infinito...

2. IL SAPORE DEL PANE

... io sono venuto affinché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza..

Gv 10,10

Sul lato opposto dell’anoressia dello spirito si pone la meraviglia, la fame beata, la capacità di gustare, i sensi sani e pienamente percettivi. La vita diventa breve, un noioso ed eterno ritorno del simile, quando si assopisce alla meraviglia della sua continua novità. L'eccesso di prosa forse definisce i contorni del vissuto, ma di certo non arriva a rendere la vita vivibile. È la riscoperta del fuoco della poesia, del profumo, dell'armonia e della bellezza che si cela dietro le ceneri del tedio quotidiano a ridare al cuore della vita i suoi ritmi, rime e palpiti.

In questo senso David Maria Turoldo parla di riscoprire «il sapore del pane». Recuperare il sapore del pane, un sapore così comune ma così straordinario è un'impresa difficile che richiede una continua risurrezione dei sensi, una rinascita nello spirito a una rinnovata infanzia. Questa risurrezione dei sensi è la vocazione dell’uomo chiamato alla pienezza della vita - «io sono venuto affinché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). È una provocazione perché l’essere tende a volte contro la sua natura all’appiattimento, alla mediocrità, all’omeostasi invece di scoprire la meraviglia del rischio di vivere. Infine, questa riscoperta è un’invocazione:

«Restituiscimi all'infanzia, Signore, fa' che ritorni fanciullo,al sapore vero delle cose, al gusto del pane e dell'acqua».

Ritornare all'infanzia è riscoprire lo stupore che non sa stare indifferente ma che con gli occhi spalancati all'accoglienza costituisce il distintivo dell'infante in un mondo di adulti anonimi e standardizzati...

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«Signore, salvami dall'indifferenza, da questa anonimia di uomo adulto.È il male di cui soffriamo senza averne coscienza»

La riscoperta del sapore è una scoperta del colore che irriga il mondo e che salva dalla monocromia, morbo degli spiriti invecchiati…

«Signore, salvami dal colore grigio dell'uomo adultoe fa' che tutto il popolo sia liberato dalla senilità dello spirito»

Il ritorno all'infanzia visita anche i meandri del sacro e spazza via la polvere dell'abitudine per scoprire la luce delle cose, la Luce che non tramonta…

«Salvami dall'abitudine delle cose sacree fammi godere il miracolo della luce e

quello dell'acqua viva che sgorga dalle pietre;il miracolo delle primavere

come quando, fanciullo, mi sorprendevonei campi uguale a un calice colmo di gioia

per il dialogo amoroso con le piante e i monti e gli uccelli».

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1- CON LA MENTE E CON IL CUORE Cercare il significato e la direzione

- Mi riconosco beato nella definizione di Gesù? a. Sento l’appetito, la fame e la sete dello Spirito? b. Sento dentro di me l’anelito di un cuore giovane ? c. Sono consapevole del trascorrere della mia vita? d. Riesco a mantenermi vivo, aperto alla vita e alla novità che n ogni sua fase porta con sé?

- Mi senti coinvolto e motivato a “vivere all’altezza” delle mie aspirazioni o sono tentato di “accontentarmi di vivacchiare” ? Che cosa implica il “rischio di vivere”?

- Se dovessi descrivere la mia esperienza spirituale quali aggettivi potrei utilizzare …dinamicavivaceaudaceassonnatastaticapigrafifona intensa

- Provo a dare una definizione di “frustrazione esistenziale”? - Ci sono e quali sono le dimensioni della mia vita (personale, familiare, lavorativa,

rapporti interpersonali….) in cui mi capita si vivere situazioni di frustrazione esistenziale?

- Riesco a reagire a tali situazioni , a “volare alto”, a dare un senso complessivo alla mia vita?

- Ripercorro velocemente la mia vita e cerco di ricordare le esperienze e le situazioni in cui ho sentito il bisogno di Dio?

- Mi sono avvicinato a Dio in momenti di indigenza, di sofferenza, di bisogno oppure ho incontrato Dio attraverso la meraviglia di esperienze di vita “gustate e assaporate” fino in fondo?

- Quali sentimenti e quali pensieri suscitano in te i versi di David Maria Turoldo? - Quali sono le azioni che mi piacerebbe riscoprire e riempire di significati autentici

nella mia esperienza di vita e di vita di fede? ESSERE (autenticamente me stesso)ASCOLTAREACCOGLIEREREAGIREVEDEREMERAVIGLIARSIGUSTARETRASFORMARSI

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RIFLETTERE In atteggiamento di ricerca

3. L’ ORIZZONTE INFINITO CELATO NEL CUORE

I versi provocanti e invocanti del Turoldo ci fanno capire che l’apertura a un orizzonte assoluto, a un Dio possibile, non avviene per disperazione, o grazie a una carenza, a un fallimento, ma avviene soprattutto nell’ascolto attento delle aspirazioni più profonde del cuore, nell’apertura dell’uomo alla sua grandezza profonda che supera la sua limitatezza immediata. «L’uomo sorpassa infinitamente l’uomo»: così definiva Pascal il destino universale dell’uomo. Sarai quello che sei se ti apri a quello che sarai. Sarai felice ora se capisci che il tuo cuore è proteso a una grandezza infinita.

Dio non si presenta quindi come un «tappabuchi» per le miserie della vita ma come la pienezza, come il colmo di un desiderio che non si sazia con niente di finito.

… tutto sta nella riscoperta del vero Desiderio spesso offuscato dai nostri desideri effimeri …… tutto sta nell’imparare a decifrare il linguaggio del nostro cuore …

3.1 IMPARARE A DECIFRARE IL LINGUAGGIO DEL CUORE

«Segui il consiglio del tuo cuore, perché nessuno ti sarà più fedele di lui»

Siracide 37,13

«Più fallace di ogni altra cosa è il cuore e difficilmente guaribile; chi lo può conoscere?»

Ger 17,9

«Egli ha messo la nozione dell'eternità nel loro cuore» Qohelet 3:11

Il cuore nell’antropologia biblica non è soltanto la pompa che distribuisce il sangue al resto del corpo.

- Il cuore è il centro noetico, etico, volitivo, affettivo e sensibile nell’uomo. - Il cuore è la sintesi dell’uomo che riassume, coordina e orienta il vissuto, le

scelte, gli affetti e di conseguenza definisce l’uomo.

Beatitudini - particolare

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- Esso è il direttore d’orchestra che armonizza ordina e coordina tutte le facoltà dell’uomo in vista della realizzazione del senso della propria vita.

L’importanza del suo ruolo lo rende decisivo e quindi pericoloso. Se il cuore prende una sbandata o se percorre vie di menzogna, l’uomo può perdersi senza accorgersene. Per questo il profeta Geremia avverte: «Più fallace di ogni altra cosa è il cuore e difficilmente guaribile; chi lo può conoscere?» (Ger 17,9). Ma la pericolosità del cuore non spinge a un cambio di registro. Il cuore rimane comunque il centro focale dell’esperienza dell’uomo biblico. Ciò che Dio chiede all’uomo è proprio il suo cuore. L’amore del comandamento più grande è un «amare Dio con tutto il cuore» (cf. Mt 22,37-39; Mc 12,29-31; Lc 10,27). Il Qohelet ci spiega che i segreti di Dio, le verità eterne sono piantate da Dio stesso nel giardino del cuore: «egli ha messo la nozione dell'eternità nel loro cuore» (3:11).

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ANDARE OLTRE… Osare una fede libera e consapevole

4. IL DESIDERIO NEI DESIDERI

UN SINONIMO DEL CUORE È LA VOLONTȦ. Un attento osservatore della natura dell’uomo, nonché un grande filosofo profondamente cristiano del secolo scorso, Maurice Blondel ha notato che la nostra volontà ha un volto doppio. Nel suo linguaggio, noi abbiamo una volontà volente e una volontà voluta. Lungi dall’essere termini complessi o tanto filosofici nel senso peggiore del termine, Blondel indica una realtà vicina alla nostra esperienza di tutti i giorni. Ogni giorno e in ogni esperienza nella nostra vita noi vogliamo delle cose concrete e ben precise. Questo è ciò che Blondel chiama la volontà voluta: è ciò che semplicemente vogliamo. Ora, se guardiamo bene le cose che vogliamo ci rendiamo conto che nel momento in cui abbiamo ciò che vogliamo non abbiamo esaurito il nostro volere. La prova di ciò è che continuiamo a volere, vogliamo ancora e soprattutto vogliamo oltre: questa è la volontà volente.

Il percorso di analisi di Blondel è molto profondo e a volte anche molto complesso ma il risultato a cui giunge è semplice: in ogni nostra volontà, oltre alla cosa determinata che vogliamo, noi vogliamo qualcos’altro … e in fin de’ conti noi vogliamo l’infinito. Egli usa un’immagine espressiva che rende l’idea: il nostro volere è come una pietra lanciata nell’acqua che crea delle ondulazioni in cerchi concentrici che vanno allargandosi sempre di più. Come naturale per ogni onda proseguire in un’onda maggiore, così è naturale per ogni nostro volere aprirsi a un volere maggiore. Se rifiutiamo di seguire quest’espansione del nostro volere, Blondel ci avverte che in pratica stiamo facendo un aborto, un aborto di noi stessi, della grandezza che c’è nel nostro cuore, che siamo noi.

La fedeltà a se stessi e l’ascolto dei propri aneliti ci porta a riconoscere che

- in ciò che vogliamo e in ciò che non vogliamo c’è qualcosa (o forse qualcuno) che vogliamo più di ogni cosa

- che tra me e me, tra ciò che sono e ciò che voglio essere c’è un abisso infinito che niente di finito può colmare.

- Dio si mostra – anche se non stiamo parlando di una di-mostrazione – Dio si affaccia al nostro orizzonte non come esperienza estranea che si aggiunge alla nostra lista di spesa e di cose da fare, ma come l’esigenza, la possibilità e la risposta più intima e più necessaria che la vita, la nostra stessa vita, invoca.

Beatitudini - particolare

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RI-PRENDERE IL CAMMINO

Verso una fede autenticanente vissuta e testimoniata

5. IL SANTUARIO DELL’UOMO

UN ALTRO SINONIMO DI CUORE È LA COSCIENZA. Quando parliamo della coscienza spesso la riduciamo alla facoltà di discernere il bene e il male, la cosiddetta coscienza morale.

Ma la coscienza, come hanno intuito dei grandi che hanno osservato se stessi e la natura umana in genere, è il senso religioso per eccellenza, è quella realtà che fa capire all’uomo che lui può dire «io sono» in quanto è donato da altri e da un Altro a se stesso. L’«Io sono colui che sono» (Es 3,14), se lo vogliamo tradurre per l’esistenza dell’uomo dobbiamo tradurlo così: «Io sono colui che è donato», io sono perché qualcuno mi ha donato l’essere. La coscienza diventa allora un organo «ontologico» che riconosce che ogni essere è debitore del suo essere contingente a un essere assoluto. Dal niente non viene niente, se io sono allora Lui è (un adagio medievale recita così: aliquid est ergo Deus est: c’è qualcosa allora Dio c’è).

Ma oltre a questa valenza che possiamo definire più filosofica, c’è una valenza più esistenziale della coscienza, una valenza che parla più immediatamente e concretamente alla nostra esistenza. A questa valenza, un grande uomo di cuore del XIX secolo, John Henry Newman, ha dedicato un’attenzione particolare.Newman considera gli argomenti esteriori che parlano di Dio, e pur riconoscendo la loro validità, qualora venissero considerati come esclusivi, non potrebbero costituire un fondamento nell’esperienza religiosa, anzi essi presterebbero il fianco a tante critiche risultando spesso come contro-prove. Il convertito inglese sostiene che gli argomenti potrebbero al massimo portare a un’idea astratta su Dio e a un’affermazione astratta della sua esistenza. La coscienza, al contrario, ci confronta direttamente con Dio come una realtà pro-esistente e relativizzante della nostra esistenza. Per Newman, lo sguardo sul mondo senza l’ascolto della voce che parla nella coscienza ha per l’uomo due esiti estremi: l’ateismo o il panteismo. Il mondo sembra piuttosto il testimone dell’assenza di Dio dal mondo. Il mondo non dà la risposta-Dio, ma è spesso il luogo del silenzio di Dio, dell’eclissi di Dio (La Gottesfinsternis di cui parla Martin Buber).Allo stesso modo che i cieli narrano la gloria di Dio e il cielo stellato suscita lo stupore quasi religioso, i disastri naturali pongono tanti dubbi e perplessità sull’esistenza di Dio, sulla sua potenza e autorità nel mondo.

La coscienza, invece, segna il punto d’incrocio tra la religione naturale e la religione rivelata. La coscienza è una fessura nell’immanenza che si apre alla trascendenza, è una nicchia di rivelazione. Essa è «un messaggero di Colui che, sia nella natura sia per la grazia, ci parla da dietro un velo».

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Oltre al sé, un’unica altra realtà è certa: la realtà di Dio, la cui voce risuona nella testimonianza della coscienza. La coscienza che invita l’uomo a evitare il male e a fare il bene fa riferimento a un qualcosa che supera la persona stessa e implica l’esistenza di Qualcuno al cospetto del quale l’uomo è responsabile. Newman mette quest’argomento della coscienza sulle labbra

di Callista, che già prima di scoprire la fede cristiana sente l’interpellanza e l’eco di Dio nella sua coscienza:

«Sento quel Dio dentro il mio cuore. Mi sento alla Sua presenza. Egli mi dice: Fà questo, non fare quello. Potete dirmi che questa prescrizione è solo una legge della mia natura, come lo sono il gioire o il rattristarsi. Non riesco a capirlo. No, è l’eco di una persona che mi parla. Niente mi convincerà che alla fine non provenga da una persona a me esterna. Essa porta con sé la prova della sua origine divina. La mia natura prova verso di esso un sentimento come verso una persona. Quando le obbedisco, mi sento soddisfatto; quando le disobbedisco, mi sento afflitto, - proprio come ciò che sento nell’accontentare o nell’offendere un amico riverito l’eco implica una voce; la voce rimanda a una persona che parli. Quella persona che parla, io amo e temo».

Questo passo molto denso ci fa capire come la coscienza sia l’eco dello Spirito, l’eco della voce di «Qualcuno» che si rivolge a noi dal di dentro, nel linguaggio del nostro cuore, nella nostra capacità di comprenderci e di superarci. Newman ci permette di fare questo salto :

cogito ergo sum et coscientiam habeo, ergo Deus est(penso dunque sono, e ho una coscienza, allora Dio è!).

Beatitudini - particolare

Beatitudini - particolare

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2- CON LA MENTE E CON IL CUORE Cercare il significato e la direzione

- A volte capita di sentire le espressione “Tizio è una persona di cuore”, “Va dove ti porta il cuore”, “Usa la testa e non il cuore”, “Rimani con i piedi per terra” Quali espressioni sento più vicino alla mia sensibilità?

- Chi è per me una “persona di cuore”?- Che riflessioni suscita in me la visione antropologica biblica del “cuore”, ovvero “un

direttore d’orchestra che armonizza, ordina e coordina tutte le facoltà dell’uomo in vista della realizzazione del senso della propria vita”?

- Ascolto il mio cuore: quanto sono connessi e coerenti il mio cuore e le mie parole, il mio apparire e il mio essere?

- Quanto mi impegno ad armonizzare, ordinare, coordinare il mio vissuto, le mie scelte, i miei affetti per orientare e dare senso alla mia vita?

- Che cosa significa essere “fedeli a se stessi”? Sono come vorrei essere o sono condizionato dall’esterno nelle scelte e nei valori?

- Quando sperimento la “volontà autentica” di cercare il senso della mia vita sento dentro di me il desiderio di infinito, il Desiderio di Dio? Cosa provo in quei momenti?

- Che risposte suscita in me la percezione di un “Dio che si mostra, si affaccia al nostro orizzonte come l’esigenza, la possibilità e la risposta più intima e più necessaria che la vita, la nostra stessa vita, invoca”?

- Nel comune sentire, credo che con l’affermazione “Tizio è senza coscienza” si voglia descrivere una persona che ..

- “La coscienza . è il senso religioso per eccellenza, è quella realtà che fa capire all’uomo che lui può dire «io sono» in quanto è donato da altri e da un Altro a se stesso che riconosce che ogni essere è debitore del suo essere contingente a un essere assoluto”. Sento il desiderio, la fame e la sete per comprendere a fondo il valore e il senso di una vita vissuta come grazia e come dono di Dio?

- “La coscienza è una fessura nell’immanenza che si apre alla trascendenza, è una nicchia di rivelazione. Essa è «un messaggero di Colui che, sia nella natura sia per la grazia, ci parla da dietro un velo ». Che cosa significa per me mettersi in un “atteggiamento umile di ascolto” della realtà di Dio che risuona nella mia coscienza? Quanto è importante per me? In che modo posso farlo?

……..

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IN SINTESI Siamo partiti con l’ascolto dell’umano, con lo spolverare il cuore di bambino di ognuno di noi. Se la terra non sente sete è difficile innaffiarla. Non tutte le orecchie sono beate, ma solo quelle che ascoltano, perché ci sono orecchie che sentono senza ascoltare. Per questo Agostino d’Ippona prega con umiltà in uno stile simile a quello che abbiamo visto nella poesia di Turoldo:

«Ormai io te solo amo, te solo seguo, te solo cercoe sono disposto ad essere soggetto a te soltanto …

Comanda ed ordina ciò che vuoi, ti prego,ma guarisci ed apri le mie orecchie affinché possa udire la tua voce.

Guarisci ed apri i miei occhi affinché possa vedere i tuoi cenni Dimmi da che parte devo guardare affinché ti veda

Tu mostrami la via e forniscimi ciò che necessita al viaggio.Se con la fede ti ritrovano coloro che tornano a te, dammi la fede;se con la virtù, dammi la virtù; se con il sapere, dammi il sapere.Aumenta in me la fede, aumenta la speranza, aumenta la carità »

CANTIERE APERTO Le pietre vive condividono il sapore del pane

- La nostra comunità parrocchiale è un luogo dove si gusta e si condivide il “sapore del pane” o si percepisce il rischio dell’anoressia spirituale? Perché? Quali sono gli atteggiamenti, le situazioni, i fatti , i giudizi che giustificano le nostre osservazioni?

- Quali sono oggi i rischi e i vantaggi per una comunità parrocchiale che voglia impegnarsi seriamente e con entusiasmo, con competenza e con gioia, forti della consapevolezza della presenza di Dio? Quanto è concreto il rischio di lasciarsi andare e mollare l’impegno comunitario?

- La nostra realtà parrocchiale si caratterizza maggiormente per l’autenticità delle opere dettate dalla fede, dalla carità e dalla perseveranza oppure prevale un clima di esteriorità, formalismi e ripetizioni senza cuore e senza fuoco?

- Quali iniziative si potrebbero proporre per rendere la nostra parrocchia un laboratorio vivo e operoso dove maturare uno stile di crescita nella fede ispirato dalla fiducia, dalla speranza e dall’amore di Dio per noi?

Impegnarci personalmente in un serio cammino spiritualeAccogliere con fede i momenti gioiosi e quelli più faticosi del camminoVivere la crescita individuale ma anche insieme agli altri fratelliCrescere e vivere nell’amore fraternoAscoltarsi reciprocamente e sempre con grande rispettoPrendersi cura degli altri nonostante le proprie difficoltà Essere sensibili agli umori degli altriAmare sempre, amare tutti, amare per primiImpegnarci a raggiungere le persone della parrocchia con la nostra testimonianza di vita Impegnarci a testimoniare uno stile che esprima la gioia della condivisioneImpegnarci a raggiungere anche i non credenti

- Guardiamoci intorno: quali sono gli ambiti della nostra realtà Parrocchiale che hanno un urgente bisogno di essere “nutriti” e “dissetati” per farli ritornare ad essere vivi, vitali e significativi?

- In che modo si potrebbe intervenire?

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A LODE DELLA SUA GLORIA Ascoltando la parola, ritroviamoci nel Signore

DI TE HA DETTO IL MIO CUORE: “CERCATE IL SUO VOLTO” (Sal. 26)

IL TUO DESIDERIO È LA TUA PREGHIERA «Il tuo desiderio è la tua preghiera: se continuo è il tuo desiderio, continua è pure la tua preghiera. L'Apostolo infatti non a caso afferma: "Pregate incessantemente" (1 Ts 5,17). S'intende forse che dobbiamo stare continuamente in ginocchio o prostrati o con le mani levate per obbedire al comando di pregare incessantemente? Se intendiamo così il pregare, ritengo che non possiamo farlo senza interruzione. Ma v'è un'altra preghiera, quella interiore, che è senza interruzione, ed è il desiderio. Qualunque cosa tu faccia, se desideri quel sabato (che è il riposo in Dio), non smetti mai di pregare. Se non vuoi interrompere di pregare, non cessare di desiderare. Il tuo desiderio è continuo, continua è la tua voce. Tacerai, se smetterai di amare. Tacquero coloro dei quali fu detto: "Per il dilagare dell'iniquità, l'amore di molti si raffredderà" (Mt 24,12). La freddezza dell'amore è il silenzio del cuore, l'ardore dell'amore è il grido del cuore.Se resta sempre vivo l'amore, tu gridi sempre;se gridi sempre, desideri sempre;se desideri, hai il pensiero volto alla pace».(Sant’Agostino)

IL SIGNORE È MIA LUCE E MIA SALVEZZA Il Signore è mia luce e mia salvezza,

di chi avrò paura?Il Signore è difesa della mia vita,

di chi avrò timore?Una cosa ho chiesto al Signore,

questa sola io cerco:abitare nella casa del Signoretutti i giorni della mia vita,

per gustare la dolcezza del Signoreed ammirare il suo santuario.Ascolta, Signore, la mia voce.

Io grido: abbi pietà di me! Rispondimi.Di te ha detto il mio cuore: «Cercate il suo volto»;

il tuo volto, Signore, io cerco.Non nascondermi il tuo volto,

non respingere con ira il tuo servo.Mostrami, Signore, la tua via,guidami sul retto cammino,

Sono certo di contemplare la bontà del Signorenella terra dei viventi.

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Spera nel Signore, sii forte,si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore.

(dal Salmo 26)

COME LA CERVA ANELA AI CORSI D’ACQUA… Come la cerva anela ai corsi d’acqua,

così l’anima mia anela a te, o Dio.L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:

quando verrò e vedrò il volto di Dio?Le lacrime sono mio pane giorno e notte,

mentre mi dicono sempre: «Dov’è il tuo Dio?».Un abisso chiama l’abisso al fragore delle tue cascate;

tutti i tuoi flutti e le tue ondesopra di me sono passati.

Di giorno il Signore mi dona la sua grazia,di notte per lui innalzo il mio canto:

la mia preghiera al Dio vivente.Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,

lui, salvezza del mio volto e mio Dio.(dal Salmo 41)

RESTITUISCIMI ALL’INFANZIA Restituiscimi all'infanzia, Signore, fa' che ritorni fanciullo, al sapore vero delle cose, al gusto del pane e dell'acqua.Signore, salvami dall'indifferenza, da questa anonimia di uomo adulto. È il male di cui soffriamo senza averne coscienzaSignore, salvami dal colore grigio dell'uomo adulto e fa' che tutto il popolo sia liberato dalla senilità dello spirito.Ti chiedo occhi puri e mani delicate per vederti e sentirti, nascosto nei giorni e nelle notti. Che io abbia ancora la percezione del mistero vivo e tremendo della vita e della morte.Salvami dall'abitudine delle cose sacre e fammi godere il miracolo della luce e quello dell'acqua viva che sgorga dalle pietre; il miracolo delle primavere come quando, fanciullo, mi sorprendevo nei campi uguale a un calice colmo di gioia per il dialogo amoroso con le piante e i monti e gli uccelli.David Maria Turoldo

CERCARE DIO Ti ho cercato e ho desiderato vedere con l'intelletto ciò che ho creduto per fede, e ho discusso molto, e ho faticato molto. Signore, Dio mio, unica mia speranza, esaudiscimi: non avvenga che, stanco, non voglia più cercati, ma cerchi sempre la tua faccia con ardore... Che io mi ricordi di te, che ti conosca, che ti ami. Aumenta in me tutto questo, fino a tanto che non mi riformi interamente.Sant’Agostino

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GUIDAMI INNANZI

Guidami, luce, amica,in mezzo alle tenebre: guidami innanzi.

La notte è cupa e io sono lontano da casa.T’invoco, guidami! Veglia sul mio cammino.Non ti chiedo di vedere l’orizzonte lontano,

un solo passo mi basta.

Non fui sempre così,né sempre pregavo che tu mi guidassi.

Amavo scegliere io stesso la via da percorrere.

Ma ora t’invoco, guidami Tu!

Amavo il sole splendente e mi guidava l’orgoglio.Non ricordare i giorni passati!

Sono certo, Amore, che mi guideraiPer lande e paludi, rocce e torrenti,fino a quando il giorno riapparirà.

Al mattino si affacceranno i volti degli angelia lungo amati, ma che più non vedo.

Beato John Henry Newman

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ARTE E FEDE

DISCORSO DELLA MONTAGNABeato Angelico - 1450

C’è sempre molto silenzio nelle scene del Beato Angelico. Per lui l’attività suprema dell’uomo sembra essere quella di mettersi in ascolto. Qui il tema dell’affresco è esplicitamente questo. Non della natura, non delle parole umane, ma del Vangelo. È Gesù che parla e dodici persone stanno ad ascoltare. Evidentemente sono gli apostoli, ma dodici è il numero della totalità. Qui c’è tutta la Chiesa. Qualcuno vede la Chiesa come piramide e insiste nel dire che ci vogliono i vari ministeri. Qualcun altro vede la Chiesa come popolo che cammina. Qualcuno la vede come sale e come lievito.

L’Angelico ce la mostra come cerchio in ascolto. In un’epoca in cui l’uomo sente di essere al centro del creato (siamo nel ‘400), lui ci tiene a conservare alta questa dignità, mettendola esplicitamente in compagnia del Dio che s’è fatto uomo. È una grande missione quella della Chiesa: testimoniare Lui, far memoria di Lui, contemplare Lui. Non perdere nessuna parola di Lui. Qui però non c’è nessun guardiano a difesa del cerchio e quindi non c’è nessuna preclusione ad entrare nel cerchio. Dodici è il numero simbolico; sta per dodicimila, sta per dodicimila milioni… La fortuna di sentire proclamare nell’assemblea eucaristica la Sacra Scrittura (Antico e Nuovo Testamento) è un privilegio di cui dovremo rendere conto. Ci verrà chiesto se il nostro volto e il nostro cuore si saranno lasciati plasmare da questa Parola. Ma chi può negare la sensazione che la scena sappia molto di aria aperta, di spazi infiniti? È troppo immaginare il Cristo come fiume di acqua viva che lambisce gli apostoli e non si arresta stagnando tra loro, ma va giù a valle, giù giù fino a raggiungere il più lontano e il più miserabile tra gli uomini? Chi può negare che il Cristo, per mezzo del quale il mondo fu creato, non stia cantando nel cuore di ogni uomo il suo Vangelo? Ma occorrono dei “traghettatori”, rappresentati qui dai Dodici, che, scesi dal monte, prenderanno il largo e aiuteranno l’uomo, ogni uomo che incontreranno, a riconoscere nel profondo del proprio cuore quella Voce, di cui la stessa Scrittura è solo un tramite.

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Suggerimenti musicali per il capitolo appena lettoAlessandro Marcello – Oboe concerto in Re Minore – “Adagio” – 1717

http://youtu.be/tjLoOmDddgk

Angelo Branduardi – State buoni se potete – “Tema della Beatitudine o di Leonetta” – 1983http://youtu.be/0GBGlLUJ8PY

Alan Silvestri – Forrest Gump Soundtrack – “The Feather Theme” – 1994http://youtu.be/FcOt6mfjxeA

Siamo dentro al cuore dell’uomo, con questo capitolo. In esso vi sono tante pulsioni, tante contraddizioni, tanti bisogni, tanti vuoti, tante richieste. Occorre muovervisi, una volta entrati, con estrema cautela, far riscoprire ai cuori smarriti le vere necessità, far convergere verso altre direzioni i cuori che hanno imboccato una via sterile e spesso senza ritorno. A questi cuori è necessario dire parole nuove, che mai hanno udito o che si sono smarrite nelle pieghe degli anni. A questi cuori, come nelle operazioni chirurgiche, bisogna sapere operare cambiamenti con estrema cautela, con vero ma cauto convincimento, con la sicurezza però di un chirurgo esperto. Diagnosticare le mancanze, avvertire dei pericoli, operare per una conversione profonda, appunto “del cuore”. I brani che si suggeriscono sono tutti strutturati, da un lato da una delicatezza estrema, a suggellare la estrema fragilità del luogo in cui si opera, una mossa, una parola sbagliata e tutto il risultato può essere perso. D’altro canto però, a simboleggiare, l’incorruttibilità della Parola che salva, gli stessi brani hanno tutti una parte sicura, sinfonicamente piena, sicura nel suo incedere, come sicuro e senza esitazioni dev’essere l’Annuncio che gli si propone. Sono le Beatitudini, come nell’immagine scelta per il capitolo, che vanno dritte al cuore, senza esitazioni, senza compromessi, ma con una dolcezza e una consolazione che solo il cuore di ogni uomo smarrito può gustare e adottare come nuova via per la propria esistenza.

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4.

È BELLO PER NOI ESSERE QUI ….… SORPRESI E RAGGIUNTI DA DIO

La via pulchritudinis: l’esperienza del bello come epifania di Dio

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Il commento all’immagine di apertura si trova a pag 110

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APPROFONDIRE Raggiunti e sorpresi da Dio1. Dall'esperienza a Dio pag. 97

RIFLETTERE In atteggiamento di ricerca

2. Gli interrogativi pag. 100

ANDARE OLTRE… In atteggiamento di ascolto e accoglienza

3. La contemplazione come strumento per cogliere la bellezza pag. 1024. Bonum (ma anche pulchrum) est diffusivum sui pag. 103

RI-PRENDERE IL CAMMINO Verso una fede autenticanente vissuta e testimoniata

3. Rivelazione: io sono la bellezza pag. 105

A LODE DELLA SUA GLORIA Ascoltando la Parola, ritroviamoci nel Signore

Preghiamo con l’icona della Trasfigurazione pag. 110

ARTE E FEDE

Icona della Trasfigurazione (inizio 17° secolo, scuola di Novgorod) pag. 110

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…Tardi t’amai, bellezza così antica, così nuova, tardi t’amai! Ed ecco, tu eri dentro di me ed io fuori di me ti cercavo e

mi gettavo deforme sulle belle forme della tua creazione … S. Agostino

Attraverso gli approfondimenti e le riflessioni proposte potrai comprendere meglio perché e in che modo l’esperienza del bello, la via pulchritudinis, sia una via privilegiata per incontrare o ri-trovare Dio .

Avrai la possibilità di riflettere e meditare con la mente ed il cuore e scoprire - La bellezza di una fede autenticamente vissuta ….con passione e unicitȧ- La bellezza di osare una fede libera e consapevole- La bellezza di crescere insieme nella fede e comunione- La bellezza di una fede testimoniata

LE DOMANDE: - Che cos’è la bellezza?- Che cos’è e in che cosa consiste la via pulchritudinis (la via della bellezza)?- Quale bellezza permette di far crescere e trasmettere la fede mediante la sua

capacità di raggiungere il cuore delle persone e di esprimere il mistero di Dio e dell’uomo?

- In che modo la via pulchritudinis può essere una risposta della Chiesa alle sfide del nostro tempo?

- Quali iniziative si possono promuovere nelle Parrocchie e nella Diocesi per rendere la Via pulchritudinis un itinerario privilegiato per camminare con gli uomini del nostro tempo?

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APPROFONDIRE Raggiunti e sorpresi da Dio

“Non vi è niente di più bello che essere raggiunti,sorpresi dal Vangelo, da Cristo.

Non v’è niente di più bello che conoscere LuiE comunicare agli altri l’amicizia con Lui.

Il compito del pastore, del pescatore di uominipuò spesso apparire faticoso.

Ma è bello e grande,perché in definitiva è un servizio alla gioia,

alla gioia di Dio che vuol fare il suo ingresso nel mondo”.Benedetto XVI, Omelia del 24 – 04 – 2005

1. DALL'ESPERIENZA A DIO

È la vita di ogni giorno il luogo dove Dio ci dà appuntamento per rivelarsi a noi; il Dio della vita si fa conoscere nella vita, nell'esperienza di ogni uomo purché l'uomo abbia la pazienza e il coraggio di passare dalle esperienze che vive al significato che in esse si raccolgono. Anzi proprio come ai due di Emmaus è Dio stesso, che, senza farsi riconoscere, si affianca a noi e col porci le domande giuste, con l'offrirci occasioni di riflessione ci invita a cogliere il significato più idoneo alla nostra esistenza. "Ovunque l’uomo scopre la presenza di un richiamo all’assoluto e al trascendente, lì gli si apre uno spiraglio verso la dimensione metafisica del reale: nella verità, nella bellezza, nei valori morali, nella persona altrui, nell’essere stesso, in Dio. Una grande sfida che ci aspetta al termine di questo millennio è quella di saper compiere il passaggio, tanto necessario quanto urgente, dal fenomeno al fondamento. Non è possibile

fermarsi alla sola esperienza; anche quando questa esprime e rende manifesta l’interiorità dell’uomo e la sua spiritualità, è necessario che la riflessione speculativa raggiunga la sostanza spirituale e il fondamento che la sorregge » [Fides et Ratio, 83]."Questo passaggio dal fenomeno al fondamento non avviene spontaneamente per chi non sia in grado di passare dal visibile all’invisibile perché una certa abitudine alla bruttezza, al cattivo gusto, alla volgarità, si vede promossa sia dalla pubblicità sia da alcuni «artisti folli» che fanno dell’immondo e del brutto un valore, al fine di suscitare scandalo. I fiori capziosi del male affascinano.(...). Se la bellezza è l’immagine di Dio creatore, essa è anche figlia di Adamo ed Eva e, sulla loro scia,

Icona della Trasfigurazione - particolare

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segnata dal peccato. L’uomo spesso rischia di lasciarsi intrappolare dalla bellezza presa in se stessa, icona divenuta idolo, mezzo che inghiottisce il fine, verità che imprigiona, trappola in cui cade un gran numero di persone, per mancanza di un’adeguata formazione della sensibilità e di una corretta educazione alla bellezza.Dopo aver a lungo rifiutato questa «passione», Sant’Agostino ricorda la trasformazione profonda dell’anima grazie all’incontro con la bellezza di Dio: nelle Confessioni egli ripensa con tristezza e amarezza al tempo perduto e alle occasioni mancate e, in pagine indimenticabili, rivede il suo percorso tormentato alla ricerca della verità e di Dio. Ma, in una specie di illuminazione nell’evidenza, egli ritrova Dio e lo coglie come «la Verità in persona» (X, 24), fonte di gioia pura e di autentica felicità: «Tardi t’amai, bellezza così antica, così nuova, tardi t’amai! Ed ecco, tu eri dentro di me ed io fuori di me ti cercavo e mi gettavo deforme sulle belle forme della tua creazione Tu hai chiamato e gridato, hai spezzato la mia sordità, hai brillato e balenato, hai dissipato la mia cecità, hai sparso la tua fragranza ed io respirai, ed ora anelo verso di te; ti ho gustata ed ora ho fame e sete, mi hai toccato, ed io arsi nel desiderio della tua pace». Quest’esperienza dell’incontro con il Dio della Bellezza è un avvenimento vissuto nella totalità dell’essere e non solo nella sensibilità. Di qui la confessione del De musica (6, 13, 38): «Num possumus amare nisi pulchra? “Che altro si può amare se non le cose belle?»"(PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA,La via pulchritudinis. Cammino privilegiato di evangelizzazione e dialogo, 2006)

Ma l'uomo saprà fare questo passaggio? Se in realtà c’è un’umanità che non ha mai fatto l’esperienza di Dio e non ha mai preso “gusto” di Dio, non ha mai sperimentato quanto sia delizioso essere ”toccati” da Dio, il nostro compito è di aiutare affinché le persone possano assaggiare, affinché possano sentire di nuovo il gusto di Dio.

Dio può fallire ma la fantasia del suo amore apre strade nuove, stimola di nuovo le nostre coscienze per scoprire proprio nella bellezza dell'esperienza di ogni giorno il profumo del passaggio di Dio.

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1- CON LA MENTE E CON IL CUORE Cercare il significato e la direzione

- 1. Ho il “coraggio e la pazienza” di riflettere sul significato e il senso delle mie esperienze quotidiane?

- 2. Percepisco nella mia vita quotidiana la “presenza di un richiamo all’Assoluto “, l’invito a pormi le domande giuste per cogliere il significato e la direzione della mia vita?

- Partendo dalla definizione di bellezza che trovo sul dizionario della lingua italiana, esprimo la mia definizione di bellezza

- Provo a dare una definizione dell’affermazione “Tizio è una bella persona”. Quali sono gli atteggiamenti, le qualità, gli aspetti del suo carattere che mi portano a definirla tale?

- Che cosa è la bellezza esteriore ed interiore?- Quale differenza c’è tra “la bellezza come passione e coinvolgimento dei

sensi” e “bellezza come sensibilità e gusto per le cose belle”?- S. Agostino descrive la trasformazione profonda della sua anima grazie

all’incontro con il Dio della bellezza, ripercorrendo il suo percorso tormentato alla ricerca della verità e di Dio fino a ritrovarlo, fonte di gioia pura e di autentica felicità. Ripercorrendo la mia vita di fede, trovo delle affinità tra la mia esperienza e quella di S. Agostino? Mi è capitato di pensare con “amarezza e tristezza” alle esperienze mancate e al tempo perduto?

- Provo a pensare ad alcuni momenti della mia vita in cui ho fatto “esperienza di Dio” , ho “preso gusto di Dio”, ho sperimentato quanto sia “delizioso” essere “toccati” da Dio

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RIFLETTERE In atteggiamento di ricerca

2. GLI INTERROGATIVI

- QUALE BELLEZZA SALVERȦ IL MONDO? - L’UOMO INTERROGA LA BELLEZZA DELLA TERRA, DEL MARE ….- LA DOMANDA DELL’UOMO: : ESISTE DIO?- IN CHE MODO CERCARE RISPOSTE?. CON QUALE ATTEGGIAMENTO?

"Dostoevskij, nel suo romanzo L’idiota, pone sulle labbra dell’ateo Ippolit al principe Myskin. "È vero, principe, che voi diceste un giorno che il mondo lo salverà la “bellezza”? Signori - gridò forte a tutti - il principe afferma che il mondo sarà salvato dalla bellezza... Quale bellezza salverà il mondo?". Il principe non risponde alla domanda (come un giorno il Nazareno davanti a Pilato non aveva risposto che con la Sua presenza alla domanda "Che cos’è la verità?": Gv 19,38). Sembrerebbe quasi che il silenzio di Myskin - che sta accanto con infinita compassione d’amore al giovane che sta morendo di tisi a diciotto anni - voglia dire che la bellezza che salva il mondo è l’amore che condivide il dolore"(C.M.MARTINI, quale bellezza salverà i mondo.lettera pastorale, 2000)“E sant'Agostino dice: « Interroga la bellezza della terra, del mare, dell'aria rarefatta e dovunque espansa; interroga la bellezza del cielo, [...] interroga tutte queste realtà. Tutte ti

risponderanno: guardaci pure e osserva come siamo belle. La loro bellezza è come un loro inno di lode ["confessio"]. Ora, queste creature, così belle ma pur mutevoli, chi le ha fatte se non uno che è bello ["Pulcher"] in modo immutabile? ». L'uomo: con la sua apertura alla verità e alla bellezza, con il suo senso del bene morale, con la sua libertà e la voce della coscienza, con la sua aspirazione all'infinito e alla felicità, l'uomo si interroga sull'esistenza di Dio. In queste aperture egli percepisce segni della propria anima spirituale. « Germe dell'eternità che porta in sé, irriducibile alla sola materia », la sua anima non può avere la propria origine che in Dio solo”(catechismo della Chiesa cattolica, 32 - 38).

La bellezza non va cercata in superficie, ma andando alla radice delle cose, oltre il livello della pura funzionalità, visione oggi dominante. Oggi conta sempre più il risultato, ciò a cui serve una certa cosa, ciò a cui è funzionale. La logica prevalente è quella funzionale e utilitaristica, anche nella valutazione etica. La bellezza sfugge a queste logiche, per collegarsi alla logica del gratuito e dell'imprevedibile. È la bellezza del gesto gratuito, dello "spreco" da parte della donna che versa l'unguento sui piedi di Gesù. Chi guarda la realtà in termini di

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funzionalità e utilità non è in grado di percepirne la bellezza, l'al di dentro, mai dominabile. La bellezza, la profondità è percepibile solo con un atteggiamento di ascolto e di accoglienza, come sa fare il poeta e il profeta, atteggiamento che apre all'al di là delle cose. Tanto più penetro al di dentro, tanto più sono rinviato al mistero insondabile che è dentro le cose e le trascende. La percezione della bellezza delle cose, della loro dimensione più profonda apre alla bellezza di Dio, fonte sorgiva di ogni realtà. (G.PIANA, irradiare la bellezza)

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ANDARE OLTRE… In atteggiamento di ascolto e accoglienza

“Quanto il discorso dice in sillabe, la grafia dei colori lo annuncia

e lo rende presente”. Concilio di Costantinopoli IV 870

3. LA CONTEMPLAZIONE COME STRUMENTO PER COGLIERE LA BELLEZZA

“C'é una somiglianza sorprendente tra l’esperienza estetica e l’esperienza religiosa, entrambe sono in atteggiamento di contemplazione, forse anche di preghiera e di supplica. Ciò che le distingue é il modo in cui ciascuna coglie il suo oggetto o piuttosto ne é colta. La nozione del bello é convertibile con la nozione dell'essere, il che significa che la bellezza sta al termine della pienezza, s'identifica con l'integrità ideale dell'essere. Invece la bruttezza é una deficienza di essere, la sua perversione per indigenza. Mentre il vero é argomentabile, il bello é presente nell'armonia di tutti gli elementi e ci pone dinanzi un'evidenza indimostrabile, che non può essere giustificata se non contemplandola. Il bello ci viene incontro, si fa intimo, prossimo, apparentato alla sostanza stessa del nostro essere. L'esperienza del BELLO è epifania di Dio, il Bello della natura, il Bello

della vita dell'uomo, il bello dell'esperienza. Non é nella natura in sé stessa che si situa la vera Bellezza, bensì nell'epifania del Trascendente che fa della natura il legame cosmico del suo irradiamento, un "roveto ardente".Stante l'intima unione tra l'essere e la bellezza, due aspetti della stessa realtà, la parola del Signore "io sono colui che sono" significa anche io sono la bellezza, cosicché ogni bellezza é una delle figure dell'Incarnazione."Non v'é e non può esservi niente di più bello e di più perfetto che il Cristo", esclama Dostoevskij. Tuttavia la contemplazione della bellezza, contemplazione puramente estetica, anche quella del Cristo, non é sufficiente ed esige l'atto religioso della fede, partecipazione attiva e incorporazione alla bellezza trasformante del Signore.L'armonia delle verità divine é personalizzata in Cristo, creduto ma anche veduto e contemplato, perché l'umanità deificata del Verbo é quella fiaccola di vetro che irradia dalla luce trinitaria. L'Epifania, il Tabor, la Resurrezione, la Pentecoste sono le irruzioni folgoranti che si lasciano vedere.( cfr P.N.EVDOKIMOV, Teologia della bellezza, pag.44)

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4. BONUM (MA ANCHE PULCHRUM) EST DIFFUSIVUM SUI

“Quando la mamma per giorni e settimane intere ha sorriso al suo bambino, giunge il giorno in cui il bambino le risponde col sorriso. Essa ha destato l’amore nel cuore del bambino e il bambino, svegliandosi all’amore, si sveglia alla conoscenza: le vacue espressioni sensibili si raggruppano in logica disposizione intorno al nucleo del tu. La conoscenza (con tutto il suo apparato d’intuizioni e di concetti) comincia ad operare perché l’amore è stato messo preliminarmente in moto dalla madre(o, rispettivamente, dal Principio trascendente). Così Dio si manifesta all’uomo come Amore: è Dio che illumina l’amore e lo fa risplendere e accende nel cuore umano la luce dell’amore, quella luce che è appunto in grado di vedere quest’amore “l’amore assoluto:”poiché Dio, il quale disse che dalle tenebre splendesse la luce, egli stesso rifulse nei nostri cuori, perché si rendesse chiara la cognizione della gloria di Dio nel volto di Gesù Cristo(2 Cor ,6)”.Da quel volto ci sorride paternamente-maternamente la

Causa prima dell’essere. In quanto siamo sue creature il germe dell’amore “come immagine di Dio“ è assopito dentro di noi. Ma come nessun bambino si sveglia all’amore se non è amato, così nessun cuore umano può destarsi alla comprensione di Dio senza il libero dono della sua grazia “nell’immagine del suo Figlio”( H.U. VON BALTHASAR, Solo l’amore è credibile).

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CON LA MENTE E CON IL CUORE Cercare il significato e la direzione

- Provo ad individuare alcuni momenti della mia vita che mi hanno portato a fare esperienza del BELLO inteso come pienezza, integrità, armonia, pienezza della forma e vissuti come “Rivelazione-Epifania di Dio”. Provo a pensare a momenti in cui lo stupore e la meraviglia mi hanno fatto sperimentare

1. il Bello della natura 2. Il Bello della vita dell’uomo 3. Il Bello dell’esperienza

- Che cosa è per me la contemplazione? - La contemplazione e l’esperienza del bello come ”Rivelazione-Epifania di Dio” mi

aiutano a far crescere la mia fede? In che modo?- Percepisco la “bellezza trasformante” del Signore? In che modo? - Nel paragrafo 2 è riportata una frase:”la bellezza che salva il mondo è l’amore che

condivide il dolore”: che senso ha nella mia vita questa affermazione? - Le bellezza del messaggio evangelico porta in sé l’icona del Crocifisso, dal volto

sfigurato, racchiude in sé, per chi vuole contemplarlo, la misteriosa bellezza di Dio. È la Bellezza che si compie nel dolore, nel dono di sé senza alcun ritorno per sé. La Bellezza dell’amore, che è più forte del male e della morte. Come si realizza questa dimensione della bellezza nella mia vita?

- Penso alla meraviglia e allo stupore di una vita che nasce, torno indietro nel tempo e cerco di ricordare il volto, gli sguardi d’amore e il sorriso rassicurante e incoraggiante di mia madre. Scrive H.U. VON BALTHASAR “Da quel volto (di Gesù) ci sorride paternamente-maternamente la Causa prima dell’essere . Ma come nessun bambino si sveglia al’amore se non è amato, così nessun cuore umano può destarsi alla comprensione di Dio senza il libero dono della sua grazia “nell’immagine del suo Figlio”.

Quando ho sperimentato il sorriso e la Grazia di Dio nella mia vita?

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RI-PRENDERE IL CAMMINO Verso una fede autenticanente vissuta e testimoniata

Come è più grande illuminare che risplendere soltanto, così è più grande trasmettere agli altri il frutto della propria contemplazione

che contemplare soltantoSan Tommaso

«Il santo è colui che è talmente affascinato dalla bellezza di Dio e dalla sua perfetta verità

da esserne progressivamente trasformato. Per questa bellezza e verità è pronto a rinunciare a tutto, anche a se stesso»

Benedetto XVI

5. RIVELAZIONE: IO SONO LA BELLEZZA

“Così, ben lungi dal rinunciare a proporre la Verità e il Bene che sono nel cuore del Vangelo, bisogna seguire una via che permetta ad essi di raggiungere il cuore dell’uomo e delle culture. Il mondo ne ha urgente bisogno, come sottolineava Papa Paolo VI nel suo vibrante Messaggio agli Artisti dell’8 dicembre 1965, alla chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II: «Questo mondo nel quale noi viviamo ha bisogno di bellezza per non cadere nella disperazione. La bellezza, come la verità, mette la gioia nel cuore degli uomini ed è un frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione». Contemplata con animo puro, la bellezza parla direttamente al cuore, eleva interiormente dallo stupore alla meraviglia, dall’ammirazione alla

gratitudine, dalla felicità alla contemplazione. Perciò, crea un terreno fertile per l’ascolto e il dialogo con l’uomo e per afferrarlo interamente, mente e cuore, intelligenza e ragione, capacità creatrice e immaginazione. Essa, infatti, difficilmente lascia indifferenti: suscita emozioni, mette in moto un dinamismo di profonda trasformazione interiore che genera gioia, sentimento di pienezza, desiderio di partecipare gratuitamente a questa stessa bellezza, di appropriarsene interiorizzandola e inserendola nella propria concreta esistenza. La via della bellezza risponde all’intimo desiderio di felicità che alberga nel cuore di ogni uomo. Essa apre orizzonti infiniti, che spingono l’essere umano ad uscire da se stesso, dalla routine e dall’effimero istante che passa, ad aprirsi al Trascendente e al Mistero, a desiderare, come scopo ultimo del suo desiderio di felicità e della sua nostalgia di assoluto, questa Bellezza originale che è Dio stesso, Creatore di ogni

Icona della Trasfigurazione - particolare

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bellezza creata. L’uomo nel suo intimo desiderio di felicità, può trovarsi messo di fronte al male della sofferenza e della morte. Allo stesso modo, le culture sono talvolta messe di fronte a dei fenomeni analoghi di ferite, che possono condurre fino alla loro scomparsa. La voce della bellezza aiuta ad aprirsi alla luce della verità, e illumina così la condizione umana aiutandola a cogliere il significato del dolore. In questo modo, essa favorisce la guarigione di queste ferite(PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA,La via pulchritudinis. Cammino privilegiato di evangelizzazione e dialogo, 2006)

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3 - CON LA MENTE E CON IL CUORE Cercare il significato e la direzione

- In quali aspetti la “via della Bellezza”può aiutarmi a farmi crescere verso una fede autenticamente vissuta e testimoniata ? Quali delle descrizioni sotto riportate sono particolarmente significative in questo momento della mia vita?

La bellezza contemplata con animo puro, parla direttamente al cuore, eleva interiormente dallo stupore alla meraviglia, dall’ammirazione alla gratitudine, dalla felicità alla contemplazione

La bellezza crea un terreno fertile per l’ascolto e il dialogo con l’uomo e per afferrarlo interamente, mente e cuore, intelligenza e ragione, capacità creatrice e immaginazione

La bellezza suscita emozioni, mette in moto un dinamismo di profonda trasformazione interiore che genera gioia, sentimento di pienezza, desiderio di partecipare gratuitamente a questa stessa bellezza, di appropriarsene interiorizzandola e inserendola nella propria concreta esistenza.

La bellezza apre orizzonti infiniti, che spingono l’essere umano ad uscire da se stesso, dalla routine e dall’effimero istante che passa, ad aprirsi al Trascendente e al Mistero, a desiderare, come scopo ultimo del suo desiderio di felicità e della sua nostalgia di assoluto, questa Bellezza originale che è Dio stesso, Creatore di ogni bellezza creata.

- In che modo posso manifestare nella mia vita “la Bellezza del vivere una vita cristiana” per essere un testimone credibile ?

- Percepisco in me la presenza e mi rendo disponibile alla Grazia dello Spirito Santo che agisce sulla “mia bellezza e sul mio dinamismo interiore” ?

- Provo a pensare al alcune “belle persone” che suscitano in me ammirazione perché testimoni autentici di una fede che rende «bella e buona» la loro vita e quella del loro prossimo e che passa attraverso la bellezza del loro carattere, dai gesti, dagli atteggiamenti e dai loro sguardi, illuminati da una luce interiore

- In che modo possiamo essere custodi della bellezza nel mondo di oggi dove la Bellezza, più che via che ci guida verso il Trascendente è sempre più sinonimo di seduzione erotica, che alimenta il ripiegarsi su se stessi, la brama e la volontà di dominio, di possesso, di piacere?

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CANTIERE APERTO

Le pietre vive sperimentano l’esperienza della bellezza

Crescere nella comunione e vivere la comunione con vitalità ed efficacia comunicativa richiede l’impegno di ciascuno e la volontà di “vivere e testimoniare la bellezza della comunione in un mondo spesso segnato dalla disarmonia e dalla divisione. Si tratta di trasformare in «avvenimenti di bellezza» tutti i gesti di carità quotidiana e l’insieme delle attività pastorali ordinarie delle chiese locali. La bellezza salvatrice di Cristo chiede di essere presentata in modo nuovo per essere accolta e contemplata non solamente da ogni credente, ma anche da coloro che si dichiarano poco coinvolti, e addirittura indifferenti”(PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA,La via pulchritudinis. Cammino privilegiato di evangelizzazione e dialogo, 2006)

LA BELLEZZA: PORTA APERTA VERSO L’INFINITO

L’arte è capace di esprimere e rendere visibile il bisogno dell’uomo di andare oltre ciò che si vede,

manifesta la sete e la ricerca dell’infinito. Anzi, è come una porta aperta verso l’infinito, verso una bellezza e una verità

che vanno al di là del quotidiano. E un’opera d’arte può aprire gli occhi della mente e del cuore, sospingendoci verso l’alto.

Benedetto XVI

A. Arte e bellezza

Le opere d’arte - pitture e mosaici, sculture e architetture, opere di poesia e prosa, opere musicali e teatrali, cinematografiche e coreografiche e tante altre ancora “hanno un potenziale enorme, sempre attuale, che non si lascia alterare dal tempo che passa: esso consente di comunicare in maniera intuitiva e piacevole la grande esperienza della bellezza nel quale si svela il mistero di qualcosa che va oltre e che può avvicinarci all’amore di Dio e all’identità profonda dell’uomo.

- Se ogni bellezza è una delle figure dell’Incarnazione, quali avvenimenti, incontri con opere d’arte, quali esperienze del bello sono state presenti nella tua vita?

- Puoi raccontarci come queste ti hanno formato e sono state occasioni d’incontro e luce sul tuo cammino?

Icona della Trasfigurazione - particolare

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B. La bellezza e la parola

È bello per noi essere qui; il pastore bello é colui che dá la vita per le pecore;ha fatto belle tutte le cose, fa udire i sordi e fa parlare i muti; e vide che era cosa bella... Sono soltanto alcune delle frasi bibliche in cui il bello, la bellezza appare all'orizzonte e che spesso sono tradotte in altro modo dalle nostre bibbie.

- Attraverso l'aiuto di un dizionario biblico ricostruite questo percorso trasversale attraverso la Parola di Dio...

C. La bellezza e la santitàSe la bellezza della creazione è, secondo Sant’Agostino, una «confessio» e invita a contemplare la bellezza alla sua fonte, il «Creatore del cielo e della terra, dell’universo visibile e invisibile», e se la bellezza delle opere d’arte ci svela qualcosa della bellezza nella sua figura, il Figlio che si è fatto carne, «il più bello dei figli dell’uomo», c’è una terza via fondamentale “la prima per importanza “che conduce alla scoperta della bellezza nell’icona della santità, opera dello Spirito che plasma la Chiesa ad immagine di Cristo, modello di perfezione: è, per il battezzato, la bellezza della testimonianza data mediante una vita trasformata nella grazia e, per la Chiesa, la bellezza della liturgia che dà modo di sperimentare Dio, vivo in mezzo al suo popolo, e che attira a Lui chi si lascia prendere nel suo abbraccio tutto di gioia e d’amore.

- Presentiamo in un incontro la storia, la vita, le immagini e le parole di esperienze di santi che hanno reso visibile agli occhi del mondo la bellezza della fede cristiana

D. La bellezza come forza creatrice e trasformatrice del mondo

La bellezza nel senso teologico è la realizzazione della verità e del bene. E’ dunque una forza creatrice e trasformatrice del mondo. Il principio della bellezza è l’incarnazione di una solidarietà universale. La bellezza è un mondo penetrato dall’amore. Un excursus attraverso gli ultimi secoli della storia dell’arte, arrivando fino ai nostri giorni, fa vedere che l’arte è stata estromessa dalla conoscenza, in quanto la verità è stata assegnata al mondo concettuale e non ha bisogno della bellezza. Questo ha portato all’astrattismo della verità e ad una progressiva deformità nell’arte.

- Siete in grado di approntare una via della bellezza a partire dalle opere di arte sacra che sono presenti nelle bellissime chiese delle nostre parrocchie?

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A LODE DELLA SUA GLORIA Ascoltando la Parola, ritroviamoci nel Signore

PREGHIAMO CON L’ICONA DELLA TRASFIGURAZIONE

ARTE E FEDE

Icona della Trasfigurazione(inizio 17° secolo, scuola di Novgorod)

Tra le tante icone della trasfigurazione di Gesù, la nostra scelta è caduta su una del tardo quindicesimo secolo, proveniente dalla Russia del nord, dalla scuola di Novgorod. L’esperienza ha insegnato come per un occidentale può essere necessario molto tempo prima di entrare nello spazio spirituale da cui è partito quel determinato pittore orientale per dare forma alla sua rappresentazione. Soltanto chi ha familiarizzato, in qualche senso, con la tradizione in cui era inserito l’iconografo, può capire lentamente la sua maniera di scrivere e disegnare dall’interno. L’opera è nata in un clima di preghiera e digiuno ed era destinata per la liturgia e per l’adorazione: soltanto in un analogo ancoraggio del cuore nella preghiera e nella liturgia l’icona potrà rivelare il suo segreto: una cristologia in immagine, la luce in figura umana.

1. Il motivo

Si dice a volte che la prima cosa che un iconografo impara a dipingere è il Tabor: la trasfigurazione di Gesù sul monte (vedi Mc 9, 2-9; confronta Mt 17, 1-8; Lc 9, 28-36). ‘Tabor’ – come già sapevano i medievali (vedi Ruusbroec nel suo Pietra Lucente) – significa: vicinanza della luce (‘tav’ = vicino; ‘or’ = luce). La luce del Tabor è di una natura tutta particolare, è quando ci insegna la letteratura mistica orientale, specialmente Gregorio Palamas (XIII secolo). Dai vangeli risulta come qui nella vita di Gesù già subentra il tempo ultimo in maniera anticipatoria. La gloria che dovrà venire, appare già adesso, come anticipazione di quanto tutti si aspettano con fervore (vedi Mc 8, 38-9,1). Come nei vangeli solo alcuni – di fatto i tre discepoli della prima ora: Pietro, Giacomo e Giovanni – furono testimoni di questa luce, così spetta al compito particolare del pittore essere in tutto degno di

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questa luce, cosicché essa lo possa inondare, oltre la sua stessa bravura, ed essere ricevuta da chi venera l’icona. Questa icona, nella sua propria configurazione un po’ ascetica che la caratterizza, spinge il nostro sguardo verso nuovi orizzonti.

2. Un’icona verticale, con il vuoto come centro

La prima cosa che colpisce un osservatore sprovveduto è la costruzione verticale della scena. Si distinguono facilmente tre strisce orizzontali: in basso i tre discepoli, in alto il Signore Gesù con Elia e Mosè; e in mezzo uno strano vuoto: deserto e montagne. Le tre figure nella parte superiore occupano quasi la metà dello spazio disponibile. Probabilmente l’icona è stata dipinta in maniera da poter essere contemplata a distanza e in alto. Man mano che familiarizziamo con la disposizione spaziale, e orientiamo infatti il nostro sguardo dal basso verso l’alto, non vediamo solo la parete montagnosa spostarsi in profondità, ma specialmente il tutto inclinarsi verso di noi, mentre le tre figure superiori sembrano avvicinarsi a noi. È singolare l’assenza completa di ogni linea di contatto tra le figure poste in basso e l’allineamento superiore. La striscia centrale è decisamente vuota, senza via o sentiero alcuno. Soltanto le fenditure tra le montagne sembrano seguire tutte la stessa direzione, dall’angolo sinistro in basso verso il lato desto, in alto. Alla stessa maniera le piccole superfici di luce che per così dire formano le estremità della parete montagnosa: sono tutte orientate da sinistra verso destra e dal basso verso l’alto. Perché la striscia mediana vuota?

Il testo: Mc 9, 2- 10

2Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro 3e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. 4E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. 5Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». 6Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. 7Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». 8E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. 9Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. 10Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

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3. Fissiamo l’attenzione sui tre discepoli

Spiritualmente e dal punto di vista ottico tutto sembra ricevere il suo inizio nell’angolo sinistro in basso, ossia da Giacomo che, sottosopra – fedele al suo nome, (in ebraico i nomi giacomo, Giacobbe hanno la stessa radice…cfrGen 25, 26) rappresenta la posizione del feto, come nel ventre materno. Una mano davanti ala bocca, una mano davanti agli occhi: egli è ancora incapace e non in grado di guardare in faccia la Luce essenziale. La spiritualità comincia con quella regressione e quel capitombolo che ci ricorda la nostra origine lontana: dobbiamo rinascere dall’alto secondo la parola di Gesù a Nicodemo. La seconda figura, Giovanni, sembra essere esattamente il suo pendant: si sospinge in avanti, invece che capitombolare all’indietro, con piedi e mani, mentre deve ancora sostenersi il capo tenendo le spalle rivolte alla luce, e raggiungere così lo stadio del terzo discepolo nell’angolo sinistro in basso. Qui vediamo Pietro sollevarsi, con il gesto dell’oratore: perviene dunque alla parola, e conosce inoltre la giusta direzione. Egli costituisce il punto terminale della linea orizzontale che collega l’una con l’altra le tre figure in basso, ed è al contempo l’inizio del movimento verticale. Egli rimane comunque separato dalla luce e ne mantiene la stessa distanza degli altri due; il suo parlare della luce non cambia per nulla la distanza rispetto alla luce. Come nel vangelo, anche qui Pietro corre il pericolo di parlare troppo. Assomiglia a quel pellegrino che sa narrare interi racconti sulla via che egli, comunque, deve ancora percorrere … Non si adatta qui la parola del Tao: ‘Chi parla, non sa: chi sa, non parla’? La prima tappa è superata; si è realizzata una crescita orizzontale: dalla posizione del feto alla maturità, da un’esistenza inconsapevole e impersonale ad una vita risollevata, con responsabilità e prospettiva. Noi non possiamo saltare la formazione del primo uomo che impara ad avere se stesso in mano. Nessuna libertà spirituale fondata su di un’esistenza capricciosa e apatica, senza intelligenza. L’avventura vera e propria, la salita al monte, può cominciare solo dopo la formazione di un ‘ego’ libero e responsabile, consapevolmente distino da tutte le altre istanze presenti nella persona (la Legge, l’Inconscio, l’Istinto).

Dagli occhi alla preghiera

Salmo 139 (138) Signore, tu mi scruti e mi conosci, 2tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo, intendi da lontano i miei pensieri, 3osservi il mio cammino e il mio riposo, ti sono note tutte le mie vie.

4La mia parola non è ancora sulla lingua ed ecco, Signore, già la conosci tutta. 5Alle spalle e di fronte mi circondi e poni su di me la tua mano.

6Meravigliosa per me la tua conoscenza, troppo alta, per me inaccessibile.

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7Dove andare lontano dal tuo spirito? Dove fuggire dalla tua presenza?

8Se salgo in cielo, là tu sei; se scendo negli inferi, eccoti. 9Se prendo le ali dell’aurora per abitare all’estremità del mare, 10anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra.

11Se dico: «Almeno le tenebre mi avvolgano e la luce intorno a me sia notte», 12nemmeno le tenebre per te sono tenebre e la notte è luminosa come il giorno; per te le tenebre sono come luce.

13Sei tu che hai formato i miei reni e mi hai tessuto nel grembo di mia madre. 14Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda; meravigliose sono le tue opere, le riconosce pienamente l’anima mia. 15Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, ricamato nelle profondità della terra. 16Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi; erano tutti scritti nel tuo libro i giorni che furono fissati quando ancora non ne esisteva uno. 17Quanto profondi per me i tuoi pensieri, quanto grande il loro numero, o Dio! 18Se volessi contarli, sono più della sabbia. Mi risveglio e sono ancora con te. 23Scrutami, o Dio, e conosci il mio cuore, provami e conosci i miei pensieri; 24vedi se percorro una via di dolore e guidami per una via di eternità.

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4. Fissiamo l’attenzione alla fascia mediana: la salita al monte

La crescita verticale avviene in maniera diversa da tutto ciò che possiamo immaginarci. Abbiamo qui subito il paradosso: chi vuole vincere, perderà. Chi dona se stesso con le proprie mani, questi ce la farà. Chi si esalta, sarà umiliato; che si umilia, sarà glorificato. Pietro deve scalare la montagna, dipinta qui in maniera sinistra: senza un sentiero, senza vegetazione, nessun fiore, nessun albero, nessun’ombra, nessun rifugio. Solo fenditure e nient’altro che quelle strane scaglie di luce, poste all’estremità delle cose. Qui avviene la crescita, a guisa di una purificazione drastica, verso un’esistenza nuova e sconosciuta. Niente modelli, nessuna consolazione. Gesù risveglia in Nicodemo quella nuova nascita impensabile: ‘Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito’ (Gv 3, 8). Qui si fanno i conti con tutte le percezioni familiari, con ogni oggetto sensoriale. Quello che resta è solo la realtà creata, nella misura in cui essa si radica nella Luce increata, la Parola originale. Effettivamente, l’anima purificata percepisce in ogni creatura il lato illuminante, il momento razionale, detto ‘logos’ dai greci, il quale rimanda alla prima Parola e Sapienza di Dio, il Logos che era in principio: ‘E senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste’ (Gv 1, 3).

Dagli occhi alla preghiera

Salmo 13 (12) 2Fino a quando, Signore, continuerai a dimenticarmi? Fino a quando mi nasconderai il tuo volto? 3Fino a quando nell’anima mia addenserò pensieri, tristezza nel mio cuore tutto il giorno? Fino a quando su di me prevarrà il mio nemico? 4Guarda, rispondimi, Signore, mio Dio, conserva la luce ai miei occhi, perché non mi sorprenda il sonno della morte, 5perché il mio nemico non dica: «L’ho vinto!» e non esultino i miei avversari se io vacillo. 6Ma io nella tua fedeltà ho confidato; esulterà il mio cuore nella tua salvezza, canterò al Signore, che mi ha beneficato.

Fissiamo l’attenzione su Mosè e Elia

Chi è stato perseverante in quella purificazione e ha lasciato che si compisse, arriva fino a Mosè e Elia, le due figure svuotate, rivolte verso Cristo. Possiamo osservare con attenzione il loro portamento, e interiorizzare guardando: essi hanno veramente molto da dirci.

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Sono figure che risaltano: piegati, aperti interiomente, nessuna durezza più in fondo al loro cuore. Completamente vuoti di se stessi, essi sembrano toccare il monte quasi senza forza di gravità, un’esistenza rivolta completamente all’Altro. Il loro indumento riceve gia luce da Colui che essi contemplano, e la loro stessa fisicità è purificata come il corpo di chi ha digiunato a lungo. Le loro mani ci dicono chi essi vogliono essere: intercessione, l’uno seguendo il suo cuore, l’altro in fedeltà alla Parola, la Torà. Entrambi penetrano nel Segreto centrale racchiuso in un ampio cerchio nero, la nube oscura – Mosè va persino un po’ più lontano di Elia. Avviene ora una nuova purificazione, una seconda ‘notte’ che non è meno essenziale e strutturante della prima. La notte viene di nuovo rotta: come le scaglie di luce sulla parte della montagna, così il bagliore di fuoco risplende attraverso il velo e squarcia di tanto in tanto la nube oscura. I due uomini di Dio partecipano già della luce che dona splendore e lucentezza ai loro vestiti. Bagliori di luce e di calore, più forti delle tenebre e del gelo della notte e del non-vedere, sono l’unica cosa che in questa fase offre un appiglio all’orientamento di fede per continuare a crescere fino ad arrivare all’Uno.

Dagli occhi alla preghiera

Salmo 63 (62)2O Dio, tu sei il mio Dio, dall’aurora io ti cerco, ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne in terra arida, assetata, senz’acqua.

3Così nel santuario ti ho contemplato, guardando la tua potenza e la tua gloria. 4Poiché il tuo amore vale più della vita, le mie labbra canteranno la tua lode.

5Così ti benedirò per tutta la vita: nel tuo nome alzerò le mie mani. 6Come saziato dai cibi migliori, con labbra gioiose ti loderà la mia bocca.

7Quando nel mio letto di te mi ricordo e penso a te nelle veglie notturne, 8a te che sei stato il mio aiuto, esulto di gioia all’ombra delle tue ali. 9A te si stringe l’anima mia: la tua destra mi sostiene.

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5. Fissiamo l’attenzione su Gesù

Il passaggio da Mosè ed Elia verso la figura centrale, Gesù, non è di ascensione, ma di conversione. Entrando nella nube, tutto ciò che ci stava di fronte diventa la nostra parte interiore che tutto porta a compimento. Ritroviamo qui qualcosa del segreto scambio di cui parlava santa Teresa d’Avila. Ella sentì Gesù che le diceva: ‘D’ora in poi le Mie cose sono le tue, e le tue cose sono le Mie’. Gesù si presenta qui libero e proteso dritto in avanti: il vero punto mediano del cerchio buio e chiuso è una figura luminosa, libera e potente, anche se senza violenza. I suoi gesti sono vivi ma anche sereni. Egli si avvicina, vulnerabile, a piedi nudi, e nello stesso tempo non arrestabile, come il servo sofferente in Isaia 42: ‘Inarrestabile egli porta il diritto’. Non spezza la canna incrinata e lui stesso non sarà spezzato. Con la mano destra benedice, nella sinistra stringe un rotolo – la parole di rivelazione di Dio, e le tante pieghe della sua veste attestano la ricca vivacità che lo anima. Il suo sguardo non evita nessuno: egli incute timore sebbene la sua persona diffonda solo umile mansuetudine. Egli riceve tutta la sua forza alle spalle, e mentre la sua figura ci viene incontro esile e tenera, le linee geometriche dei cerchi concentrici, interrotte da almeno dieci raggi stellari, e il bagliore dei forti colori danno l’impressione di una presenza maestosa. Un grande raggio verticale lo sostiene da dietro: uno nella sua origine, tre nella sua manifestazione discendente, quel raggio dice fino in fondo tutta l’autocomunicazione del Dio trino. Quel Raggio è Gesù, e coincide con l’autorivelazione divina: ‘Chi vede Me, ha visto il Padre’ (Gv 14, 9). Ci troviamo qui davanti all’uomo comune alla fine della sua via spirituale: vuoto di pretese e pieno di disarmata simpatia verso ogni creatura, piccola e grande. ‘Familiare’ e vicino ad ognuno in maniera unica – l’uomo umano, nonostante la straordinaria energia che lo sostiene da dietro e lo sospinge in avanti. Ampiezza e altezza, profondità e lontananza, tutte le dimensioni sono riempite con la luce, con la gloria, con un amore unico che umilmente splende e tutto disarma. Non ci stanchiamo mai di guardare a quel Cristo, nella misura in cui, quello che qui è evocato visivamente, corrisponde effettivamente alla sorgente che Gesù può far zampillare nel cuore di ogni discepolo: ‘L’acqua che Io ti darò, diventerà in te sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna’ (Gv 4,4).

Dagli occhi alla preghiera

Salmo 45 (44) 2Liete parole mi sgorgano dal cuore: io proclamo al re il mio poema, la mia lingua è come stilo di scriba veloce.

3Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia, perciò Dio ti ha benedetto per sempre.

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4O prode, cingiti al fianco la spada, tua gloria e tuo vanto, 5e avanza trionfante. Cavalca per la causa della verità, della mitezza e della giustizia.

La tua destra ti mostri prodigi. 6Le tue frecce sono acute – sotto di te cadono i popoli –, colpiscono al cuore i nemici del re.

7Il tuo trono, o Dio, dura per sempre; scettro di rettitudine è il tuo scettro regale. 8Ami la giustizia e la malvagità detesti: Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di letizia, a preferenza dei tuoi compagni. 9Di mirra, aloe e cassia profumano tutte le tue vesti; da palazzi d’avorio ti rallegri il suono di strumenti a corda.

10Figlie di re fra le tue predilette; alla tua destra sta la regina, in ori di Ofir. 11Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio: dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre; 12il re è invaghito della tua bellezza. È lui il tuo signore: rendigli omaggio. 13Gli abitanti di Tiro portano doni, i più ricchi del popolo cercano il tuo favore.

14Entra la figlia del re: è tutta splendore, tessuto d’oro è il suo vestito. 15È condotta al re in broccati preziosi; dietro a lei le vergini, sue compagne, a te sono presentate;

16condotte in gioia ed esultanza, sono presentate nel palazzo del re. 17Ai tuoi padri succederanno i tuoi figli; li farai principi di tutta la terra.

18Il tuo nome voglio far ricordare per tutte le generazioni; così i popoli ti loderanno in eterno, per sempre.

(testo riveduto e ampliato tratto da B. STANDAERT, Lo Spazio Gesù. Esperienza, relazione, consegna. Ed. Ancora

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Suggerimenti musicali per il capitolo appena lettoRichard Strauss – Also Spracht Zarathustra, Op. 30 – “Einleitung” – 1896

http://youtu.be/oHbIS6va0NU

Aaron Copland – Fanfare fort he Common Man – “Fanfara” - 1942http://youtu.be/4NjssV8UuVA

Gli Apostoli chiamati da Gesù sul Monte Tabor, sono il prototipo degli uomini descritti in questo capitolo. Ad essi è offerta la contemplazione della bellezza della gloria di Dio, ad essi sono aperte ulteriori vie di conversione attraverso tale contemplazione, ad essi è regalata la Bellezza come mezzo via per giungere all’unione intima col Padre. Tratteggiando ciò che è esposto nel capitolo e nel commento all’Icona della Trasfigurazione di Novgorod, scelta per accompagnare questa parte di questo volume, ecco che vediamo le diverse reazioni degli Apostoli: sbigottimento, smarrimento, ma anche consapevolezza e speranza. L’evento cui assistono è troppo ma anche giustamente potente e sfolgorante. I due brani scelti come commento musicale, ben interpretano questo evento. Hanno ambedue inizi maestosi, un annuncio inequivocabile, l’avviso che ciò che accade è deflagrante, pauroso ma affascinante nello stesso tempo. I temi musicali prendono l’uomo per mano, lo pongono di fronte allo splendore della gloria di Dio e lo accompagnano in questa visione fino alla piena consapevolezza che Dio è sì potenza e bellezza, ma è anche e soprattutto un’Amore che mai si consuma e che riesce a splendere anche nella scarsa comprensione di chi guarda e di chi ascolta. Le note, qui, hanno il potere di trascinare, portare e far giungere l’orecchio di chi assiste quanto più vicino possibile a tale contemplazione, in attesa che l’Annuncio apra il loro comprendonio ed essi accolgano Dio nella loro vita e come loro vita.

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5.

IL KERYGMA, L’ANNUNCIO CHE “TRAFIGGE IL CUORE”da dove (ri)parte la nuova evangelizzazione

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Il commento all’immagine di apertura si trova a pag 147

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APPROFONDIRE Il kerygma: al cuore della fede

1- 1. Il kerygma, l’annuncio che “trafigge il cuore” (At 2,37) pag. 1232- 1.1 Il kerygma, la “seconda memoria” di Gesú pag. 125

RIFLETTERE In atteggiamento di ricerca

2. Riscoprire il kerygma: La genesi della fede nel rapporto personale con Gesú morto e risorto pag. 131

ANDARE OLTRE… In atteggiamento di ascolto e accoglienza

3. Kerygma, annuncio di un “avvenimento storico e trascendente”, ovvero una realtȧ che va oltre le nostre attese pag. 135

RI-PRENDERE IL CAMMINO Verso una fede autenticanente vissuta e testimoniata

4. Risvolti “pragmatici” del “primo annuncio” pag. 138A mó di conclusione. pag. 141

A LODE DELLA SUA GLORIA Ascoltando la Parola, ritroviamoci nel Signore…

Cercare l’esperienza con il Risorto. la fede alla scuola di Tommaso! Lectio su Gv 20,24-29 pag. 143

ARTE E FEDE

Piero della Francesca - la Resurrezione di Cristo (1463) pag. 147

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“All’udire tutto questo si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e gli altri apostoli:

Che cosa dobbiamo fare, fratelli?” (At 2,37).

Attraverso gli approfondimenti e le riflessioni proposte potrai “andare al cuore della tua fede” e comprendere meglio il significato e il senso del Kerygma (o primo annuncio), ovvero

- (ri)scoprire la freschezza del Vangelo e farti sorprendere e meravigliare dalla

parola stessa di Gesù, come avvenne quando all’inizio della sua vita pubblica la gente che lo ascoltava si chiedeva “che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità”, e si meravigliava dei gesti compiuti da Gesù (Mc 1, 27).

- lasciarti trafiggere il cuore dall’annuncio di una Parola viva capace di suscitare lo stupore per un Evento che va oltre le nostre attese umane

LE DOMANDE

- Che cos’è la Nuova Evangelizzazione?- Qual è l’essenza del cristianesimo? - Che cosa si intende per primo annuncio? - Come cercare l’esperienza con il Risorto? - Come comunicare la fede oggi? - Come testimoniare la Resurrezione oggi?

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APPROFONDIRE Il kerygma: al cuore della fede

1. IL KERYGMA, L’ANNUNCIO CHE “TRAFIGGE IL CUORE” (At 2,37)

Si parla molto oggi della “Nuova Evangelizzazione”, oppure del “primo annuncio” anche se in realtà pochi hanno capito veramente di che cosa si tratta. Innanzitutto dobbiamo riconoscere che la “Nuova Evangelizzazione” deve necessariamente partire da un passo fondamentale che è l’annuncio del “kerygma”. Su questo tema San Paolo afferma: “Io infatti non mi vergogno del Vangelo, poiché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede” (Rm 1,16). L’evangelizzazione è molto più che un insegnamento, perché non si tratta solamente di trasmettere le verità della nostra fede, ma è lo strumento attraverso il quale opera “la potenza di Dio” che versa la sua grazia su coloro che l’accolgono con la fede (cf. 1 Ts 2,13). La stessa predicazione rimane sempre un annuncio di salvezza; l’essenza del cristianesimo non è il sapere, bensì la vita.

Il kerygma, oppure primo annuncio, è infatti il cuore della fedeperché in esso viene presentato il cuore della rivelazione cristiana,

la morte e la risurrezione di Cristo per la nostra salvezza.

Questo annuncio, spesso rifiutato o non più sufficientemente proclamato, “è la pietra che scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo” (Sal 118,22), primo annuncio ai lontani ma anche fondamenta da riscoprire per le comunità di vecchia cristianità. Tornare oggi a parlare di primo annuncio in una nazione di antica evangelizzazione come l'Italia si spiega dal fatto che nel corso dei secoli l’accento è stato posto soprattutto sulla catechesi (approfondimento del kerygma) e non sull’annuncio stesso. Oggi, invece, ci accorgiamo che la catechesi, pur indispensabile per tutte le fasce di età, se non è appoggiata sul primo annuncio, rischia di essere purtroppo come un edificio senza fondamento.

DA DOVE VIENE IL KERYGMA… RITORNARE A GERUSALEMME SU QUELLA PIAZZA DOVE PIETRO PREDICA...

Per poter comprendere meglio l’importanza del kerygma nell’evangelizzazione dell’uomo di oggi, è forse necessario ritornare a Gerusalemme nella piazza pubblica, dove Pietro predica nel giorno di Pentecoste (At 2,14-40). Quella mattina, i discepoli, dopo aver ricevuto la “potenza dall’alto” e quindi pieni dello Spirito Santo, scesero dal “piano superiore”, e subito dopo cominciarono a predicare nella via pubblica. Dopo la predicazione di Pietro, San Luca ci racconta un fatto veramente sorprendente…

... “All’udire tutto questo si sentirono trafiggere il cuore edissero a Pietro e gli altri apostoli:

Che cosa dobbiamo fare, fratelli?” (At 2,37).

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IN PROFONDITȦ...

Con l’espressione “cuore trafitto” Luca allude a quella che troviamo nel salmo 109,16 “… un uomo povero e misero, con il cuore affranto …”. Questa espressione indica un insieme di sentimenti dello spirito umano toccato vivamente da una esperienza dolorosa e significativa (collettiva colpevolezza del popolo che aveva eliminato dalla storia di Israele il Messia). Ed è quindi una esperienza che richiede una presa di posizione.

- CHE COSA E IN CHE MODO PREDICAVA PIETRO?

La breve predicazione di Pietro colpisce i cuori di tremila persone (cf. At 2,41). Davanti a questo evento, sorge una domanda: Ma quale è il contenuto della predicazione di Pietro, in cui sono toccati i cuori di tante persone? Così, leggendo il discorso di Pietro, scopriamo che - non parla del “magistero della Chiesa”, né di una “nuova enciclica” che stava

scrivendo, neppure di un “nuovo Catechismo” per la sua comunità. - Pietro annuncia semplicemente il “kerygma”, che è essenzialmente la

proclamazione di una persona : “Cristo Gesù, che è lo stesso ieri, oggi e sempre” (Eb 13,8).

- Pietro non annuncia una teologia, ma proclama un fatto salvifico che riguarda “la morte e risurrezione di Cristo” che accade “secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio”.

- In questo modo, l’apostolo di Cristo non annuncia semplicemente una dottrina, ma proclama un fatto di salvezza che è a nostro beneficio: la morte e risurrezione di Cristo.

- Egli non fa questo annuncio come lo farebbe un giornalista che ripete a memoria quello che ha sentito dire agli altri, ma lo fa come un testimone personale degli avvenimenti, per questo può dire coraggiosamente: “Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato” (At 4,20).

DOVE CONDUCE IL KERYGMA … LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE

Il contenuto della predicazione di quella mattina è valido per tutte le epoche e tutti i luoghi.

“Guai a me se non predicassi il Vangelo!” (1 Cor 9,16)

LE URGENZE PER LA CHIESA DI OGGI…

- La Chiesa ha bisogno continuo di ritrovare questa sua identità, soprattutto quando la situazione storica diventa per essa una sfida che mette in gioco la sua capacità di realizzare i propri compiti e dunque la sua stessa legittimità di Chiesa.

- Per la Chiesa la memoria delle radici diventa una memoria vitale. La rilettura delle sue origini non può essere un lusso; non è nemmeno pura ricerca archeologica, ma un atto di memoria vitale (un memoriale) con notevoli ripercussioni dogmatiche e soprattutto pastorali.

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Alla luce dell’esperienza vissuta dagli ascoltatori di Pietro in At 2,14-42 si evince che...

a- LA “NUOVA EVANGELIZZAZIONE” NON PER …- l’annuncio di un messaggio nuovo, diverso da quello di sempre- utilizzare nuove strategie o metodi nuovi e chiassosi per attirare la gente

b. LA “NUOVA EVANGELIZZAZIONE” PER... (RI)SCOPRIRE IL KERYGMA - far sì che l’uomo e la donna di questa società secolarizzata tornino a vivere

l’allegria della presenza e della vicinanza dell'amore di Dio che nelle loro vite si è manifestato nella morte e risurrezione di Gesù suo Figlio: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna“ (Gv 3,16).

- lasciarsi trafiggere il cuore dall’annuncio di una Parola viva capace di suscitare lo stupore per un Evento che va oltre le nostre attese umane

- ritornare alla freschezza del Vangelo e farsi sorprendere e meravigliare dalla parola stessa di Gesù, come avvenne quando all’inizio della sua vita pubblica la gente che lo ascoltava si chiedeva: “che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità”, e si meravigliava dei gesti compiuti da Gesù (Mc 1, 27). Le parole di Gesù non soltanto erano nuove, ma erano anche efficaci. La novità non era solo nel suo modo di parlare (Mt 7,28-29), o di fare, ma nella persona stessa di Gesù quale Verbo di Dio fatto carne, l’irruzione di Dio nella nostra esistenza. Pertanto,

Egli è sempre nuovo per tutta l’umanità e, attraverso la grazia dello Spirito Santo, le sue parole sono sempre attuali e capaci di trafiggere il cuore dell’uomo di oggi. Si tratta quindi di tornare al “primo amore” di cui si parla nel Libro dell'Apocalisse.

5Ricorda dunque da dove sei caduto, convèrtiti e compi le opere di prima.

Se invece non ti convertirai, verrò da te e toglierò il tuo candelabro dal suo posto.(Ap 2,5)

ED È IN QUESTO CONTESTO CHE LA (RI)SCOPERTA DEL KERYGMA RISULTA DETERMINANTE

1.1 IL KERYGMA, LA “SECONDA MEMORIA” DI GESÚ

Partendo dalla abituale e classica scansione temporale“missione di Gesù terreno - predicazione apostolica - redazione degli scritti”,

è giusto operare una interazione vitale tra questi tre momentiper dar luogo ad una triplice forma di memoria …

- la “memoria prima” che è la memoria di base, riguardante la missione terrena di Gesù che annuncia il Regno (Mc 1,14-15; Mt 4,17), cui segue,

- a partire dall’evento della risurrezione la “memoria seconda”, quello che si chiama kerygma pasquale, cui farà seguito

- la “memoria terza” (le testimonianze redatte nei 27 libri del Nuovo Testamento). Ogni livello di memoria è indispensabile: non si può affermare che il racconto

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del Gesù del Vangelo sia più importante dell’annuncio del Gesù pasquale o della teologia dei singoli libri del Nuovo Testamento o che questo annuncio renda secondaria la memoria del Gesù terreno e trascurabile l’elaborazione teologica dei diversi libri, o che - viceversa - il senso da comunicare sia quello della teologia del vangelo di Marco, o di Paolo, o di Giovanni rispetto al resto. In realtà l’evangelizzazione si compie con la totalità dei livelli e il primo annuncio collegato abitualmente con l’annuncio pasquale, si integra con gli altri.

In questi tre livelli di memoria, un’attenzione specifica va data alla “memoria seconda”, alla memoria del kerygma, perché si tratta di una componente di fatto che compare nella Chiesa apostolica fin dal giorno della Pentecoste (cf. At 2,1-42). Cioè,

con l’evento della risurrezione di Gesù la Chiesa è stata investita da un evento inaudito, ma reale,

che fonda e svela la verità definitiva sulla persona di Gesù. La risurrezione non va quindi compresa come un fatto da accostare solo alla vita e alla morte di Gesù, ma come criterio interpretativo e storicamente completante tutto quanto precede e tutto quanto segue. Ancor più: la risurrezione stimola e influenza la memoria prima (si sa che di Gesù terreno si parla alla luce della Pasqua) e ne resta influenzata (il Risorto è Gesù di Nazareth e nella sua morte sta il segreto della sua risurrezione), per cui morte e risurrezione formano l’unitario kerygma di Pasqua.

…LE PIETRE VIVE IN CAMMINO... SULLE ORME DEI PRIMI CRISTIANI

È utile precisare innanzitutto che i primi cristiani non avevano all’inizio nessuna intenzione di comporre un nuovo corpus letterario accanto alle “Scritture” (cioè l’Antico Testamento). Essi disponevano in ogni caso di “scritti propri” in forma piuttosto “sommaria”. Le prime tradizioni orali scritte sono infatti le formule di fede, gli inni liturgigi e alcune parole di Gesù (i cosiddetti “logia”). Le formule di fede, brevi e stereotipate, facili da memorizzare e da trasmettere, servivano ad esprimere, oltre agli inni e i logia, il contenuto essenziale della fede delle comunità della Chiesa primitiva. È possibile, infatti, rintracciare nel NT queste formule che provengono da questa tradizione ecclesiali e che sono state poi riprese negli scritti neotestamentari per l’argomentazione teologica (per es. 1 Cor 15,3-5 sulla risurrezione) o per la parenesi (Fil 2,6-11).

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A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture

e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici

1 Cor 15,3-5

… egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio,

ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini.

Dall'aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stessofacendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce.

Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nomeche è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù

ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra,e ogni lingua proclami: "Gesù Cristo è Signore!", a gloria di Dio Padre.

Fil 2,6-11

- QUALI FORMULE “HANNO FORGIATO” I PRIMI CRISTIANI PER LA CONFESSIONE DI FEDE?

Queste prime comunità cristiane hanno cosi forgiato formule per la confessione di fede che troviamo in varie forme, dalle più elementari a quelle più complesse, e che hanno per contenuto essenziale Gesù come Signore e la sua missione salvifica, con un implicito invito alla personale partecipazione. La prima predicazione ha racchiuso tutto nelle formule sparse nei vari testi.

LA FORMULA PIÚ ANTICA È “GESÚ CRISTO È STATO RISUSCITATO DAI MORTI” (cf. Mt 28,6; Mc 16,6; Lc 24,6.34; At 2,24; 3,15; 13,34; 17,31;

1 Cor 15,4; 1 Ts 4,14).

..La formulazione più nota, tanto antica quanto densa,

è il noto kerygma di 1 Cor 15,3-8, di origine nettamente prepaolina

“VI HO TRASMESSO QUELLO CHE ANCH’IO HO RICEVUTO CRISTO MORÌ PER I NOSTRI PECCATI SECONDO LE SCRITTURE

E CHE FU SEPOLTO E CHE È RISORTO IL TERZO GIORNO SECONDO LE SCRITTURE

E CHE APPARVE A CEFA E QUINDI AI DODICI…”1 Cor 15,3-8

In questo testo sono strettamente uniti: risurrezione, morte per i peccati, il collegamento di entrambe alle Scritture, riferimento a molteplici attestazioni (apparizioni) di ordine storico. Si ha l’impressione che Paolo cita ad litteram una tradizione anteriore con l’intenzione che sia ben compresa, una parte almeno di quel vangelo che era solito predicare, nettamente distinto dalle sovrastrutture

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teologiche del suo insegnamento. Vi si riscontra una concentrazione su ciò che è l’essenziale della fede cristiana come è accennato in 1 Cor 15,1-2:

“Vi proclamo poi, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciatoe che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati,

se lo mantenete come ve l'ho annunciato.A meno che non abbiate creduto invano”.

LE PIETRE VIVE IN CAMMINO... SUI PERCORSI DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE

- I RISCHI PER LA CHIESA DI OGGI Nel contesto della “nuova evangelizzazione” è necessario ripartire da questo dato essenziale tenendo conto della “gerarchia delle verità” nella fede di cui parla il concilio Vaticano II (Unitatis Redintegratio, 11), in modo da discernere ciò che è essenziale da tutto ciò che, se perde il contatto con tale centro, rischia di diventare un formalismo vuoto. Il Concilio indirizza infatti con tale espressione il cuore e la mente di tutti verso il centro vivo della fede cristiana. È lì che bisogna guardare e non lasciarsi distrarre dalla molteplicità delle idee e delle pratiche di cui, necessariamente, si riveste nello spazio e nel tempo la nostra sequela di Gesù.

- Le Chiese con una forte tradizione dogmatica e teologica come è per eccellenza la Chiesa Cattolica rischiano di trovarsi “svantaggiate”, se al di sotto dell’immenso patrimonio di dottrina, leggi e istituzioni non ritrovano quel nucleo primordiale capace di suscitare per se stesso la fede e di “trafiggere i cuori” (At 2,37), per non mettere sull’uomo d’oggi, digiuno spesso di ogni conoscenza di Cristo, come sulle spalle di un bambino, uno di quei pesanti piviali di broccato di una volta (espressione di R. Cantalamessa).

- È questa una delle cause per cui in certe parti del mondo tanti cattolici abbandonano la Chiesa cattolica per altre realtà cristiane; sono attratti da un annuncio semplice ed efficace che li mette in diretto contatto con Cristo e fa loro sperimentare la potenza del suo Spirito.

- Siamo purtroppo più preparati dal nostro passato ad essere “pastori” che ad essere “pescatori” di uomini; cioè più preparati a nutrire la gente che viene in chiesa (se ci riusciamo ancora oggi) che portare persone nuove alla Chiesa, o ripescare quelli che si sono allontanati e vivono ai margini.

LA NECESSITȦ PER LA CHIESA DI OGGIOccorre quindi che

l’annuncio fondamentale,sia (ri)proposto tra noi, nitido e scarno,

non solo ai catecumeni, ma a tutti,dal momento che la maggioranza dei credenti di oggi

non è passata attraverso il catecumenato,dar loro l’occasione di

poter (ri)ascoltare il kerygma,rinnovare il proprio battesimo,

scegliere consapevolmente Cristo come proprio Signore e salvatore personale eimpegnarsi attivamente nella vita della Chiesa

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CANTIERE APERTO... LE PIETRE VIVE AL CUORE DELL’ANNUNCIO

- La nostra comunità parrocchiale è in grado di vivere, testimoniare e annunciare “l’inaudito evento inaugurale” della resurrezione di Gesù in modo semplice, essenziale, vitale e significativo, con la passione e l’entusiasmo?

- Le parole di Pietro dopo la pentecoste (At 2,14-36) non si limitavano ad un semplice annuncio di fatti, ne mostravano invece il significato, ricollegando la vicenda di Gesù alle promesse di Dio, alle attese di Israele e, quindi, a quelle di ogni uomo. La gente di Gerusalemme comprese che la risurrezione di Gesù era in grado ed è in grado di illuminare l’esistenza umana. La risposta della fede nasce quando l’uomo scopre, per grazia di Dio, che credere significa trovare la vita vera, la “vita piena”.

Di cosa ho bisogno oggi, da dove iniziare per sentirmi “trafiggere il cuore” e pormi domande e darmi risposte?

- Nella prima lettera ai Tessalonicesi (13-14) Paolo scrive “… Proprio per questo anche noi rendiamo continuamente grazie a Dio perché, ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l'avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio, che opera in voi credenti”. L’identità della nostra comunità parrocchiale, la nostra testimonianza e l’ annuncio in cui siamo impegnati si ispirano alle parole di Paolo? Perché?

- Abbiamo fiducia che Dio, attraverso la nostra testimonianza e il nostro annuncio, opera in coloro che incontriamo, crea cuori nuovi oppure ci presentiamo e ci rapportiamo con l’atteggiamento di chi “la sa lunga” e li guardiamo come se “..tanto non c’è niente da fare non sono come noi”, e non abbiamo fiducia nella forza creativa dello Spirito?

- Cosa facciamo concretamente per loro? Preghiamo per loro? Crediamo che è Dio ad agire e ad offrire loro il dono della conversione?

-Viviamo e testimoniamo nella nostra parrocchia la freschezza del Vangelo, la vitalità delle parole di Gesù sempre attuali e capaci di trafiggere il cuore dell’uomo di oggi? Siamo in grado di testimoniare e annunciare Gesù in modo significativo e efficace, come avvenne quando all’inizio della sua vita pubblica la gente che lo ascoltava si chiedeva “che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità”, e si meravigliava dei gesti compiuti da Gesù (Mc 1, 27?

In che modo? Perché?

- Nella prima lettera ai Tessalonicesi (2,2-13) Paolo scrive:… come sapete, abbiamo trovato nel nostro Dio il coraggio di annunciarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte. E il nostro invito alla fede non nasce da menzogna, né da disoneste intenzioni e neppure da inganno; ma, come Dio ci ha trovato degni di affidarci il Vangelo così noi lo annunciamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori. Mai infatti abbiamo usato parole di adulazione, come sapete, né abbiamo avuto intenzioni di cupidigia: Dio ne è testimone.

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E neppure abbiamo cercato la gloria umana, né da voi né da altri, pur potendo far valere la nostra autorità di apostoli di Cristo. Invece siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli. Così, affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari. Voi ricordate infatti, fratelli, il nostro duro lavoro e la nostra fatica: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi, vi abbiamo annunciato il vangelo di Dio. Voi siete testimoni, e lo è anche Dio, che il nostro comportamento verso di voi, che credete, è stato santo, giusto e irreprensibile. Sapete pure che, come fa un padre verso i propri figli, abbiamo esortato ciascuno di voi, vi abbiamo incoraggiato e scongiurato di comportarvi in maniera degna di Dio, che vi chiama al suo regno e alla sua gloria. Quanto la nostra comunità parrocchiale vive, testimonia e annuncia la fede nel Signore risorto rispecchiando

A. LE INTENZIONI (… non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio … avremmo desiderato trasmettervi non solo il Vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita)

B. I COMPORTAMENTI ( siamo stati amorevoli in mezzo a voi affezionati a voi il nostro comportamento verso di voi, che credete, è stato santo, giusto e irreprensibile . abbiamo esortato ciascuno di voi, vi abbiamo incoraggiato )

C. GLI ATTEGGIAMENTI (come una madre … come un padre …)

In che modo viviamo queste dimensioni nella nostra Parrocchia tra noi e con coloro che sono più lontano e ai quali dovrebbe arrivare la nostra testimonianza ed il nostro annuncio? Che cosa possiamo fare concretamente per migliorare in questi aspetti ?

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RIFLETTERE In atteggiamento di ricerca

2. RISCOPRIRE IL KERYGMA: LA GENESI DELLA FEDE NEL RAPPORTO PERSONALE CON GESÚ MORTO E RISORTO

“Ci hai fatti per Te, Signore, e il nostro cuore non ha pace finché non riposa in Te”

Sant’Agostino

Il kerygma è più che un dato fermo, bloccato, una constatazione di verità dottrinale.

Il Kerygma…

- Fa da porta di entrata il dato di fatto di un annuncio che comunica qualcosa a qualcuno.

- Questo annuncio avviene per testimonianza personale diretta o trasmessa all’interno di una comunità di persone vive, con molteplicità di forme narrative, dottrinali (formule brevi) e inniche, in aderenza alle differenti situazioni religiose e culturali.

- Al centro sta la persona di Gesù Cristo come risorto dai morti (Gesù il Signore) ad opera di Dio (il Padre), nell’azione decisiva dello Spirito Santo.

- Rappresenta l’atto finale di una storia di vita a partire dal Battesimo di Giovanni.

- Con l’apertura ad un futuro di compimento definitivo od escatologico della salvezza.

- Secondo una progettualità intesa da Dio che ingloba come profezia permanente la storia di Israele. Il crescente riferimento alle Scritture (“secondo le Scritture”) permette di collocare e comprendere sempre più il kerygma nel grande progetto di salvezza di Dio che abbraccia tutta la storia. Ciò porterà a richiamare l’azione della Trinità e ad esplicitare gli atteggiamenti richiesti (conversione), il rito di passaggio che è il Battesimo, lo stile di vita nuova che è il discepolato.

- L’effetto è la liberazione dalla condanna e il dono della salvezza della persona, nella sua nuova situazione di figlio di Dio, in cammino verso la vita eterna.

- Chi riceve l’annuncio è chiamato ad una decisione che assume il profilo serio di una conversione (metanoia) da ciò che non è Gesù il Signore, per essere di Gesù il Signore, tramite il sacramento del Battesimo, l’appartenenza alla comunità e l’assunzione di uno stile di vita cristiana con una continuità di approfondimento catechistico, sacramentale (Eucaristia) e di fraternità nell’influsso permanente dello Spirito Santo.

Nelle sue varie espressioni il kerygma: - è un annuncio solenne (kerygma!) del vangelo di Dio che è Gesù Cristo (cf.

Mc 1,1), annuncio, cioè, di un inaudito “evento inaugurale”. - è carico di una potenza dinamica, come un big bang da cui scaturiscono la

missione e la vita della comunità cristiana

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- ha, per così dire, un carattere esplosivo, o germinativo …- assomiglia più al seme che dà origine all’albero, che non al frutto maturo che

sta in cima all’albero e che, nel cristianesimo, è costituito piuttosto dalla carità- non è ottenuto per concentrazione, o per riassunto, quasi fosse il midollo della

tradizione; ma sta a parte, o, meglio, all’inizio di tutto. - da esso si sviluppa tutto il resto, compresi i quattro vangeli che furono scritti

proprio per illustrare il kerygma. I libri del NT ne sono commenti autorizzati.

Si nota, inoltre, in questi libri il passaggio che si è compiuto dall’affermazione della risurrezione di Cristo intesa come rivincita contro la morte ignominiosa data per mano dei giudei (cf. At 2,23-24), alla affermazione della risurrezione proprio grazie alla morte di Cristo, in quanto rivelativa del grande amore che egli manifesta in essa per noi (Gal 2,20; Gv 3,16), per cui .

La morte viene riconosciuta come fattore essenziale del kerygma:non è uno spiacevole incidente,

ma testimonianza di un amore inaudito.La morte e la risurrezione sono cosi due momenti dello stesso evento salvifico.

Come comunicare la fede oggi?

ANNUNCIARE UNA FEDE CHE È RAPPORTO VITALE E RADICALE CON UNA PERSONA

Per il cristiano delle origini senza il kerygma o il primo annuncio sarebbero mancati il fondamento dell’edificio della fede, la chiave della sua comprensione, cioè il perché essere credenti; questo ha le sue radici nella predicazione apostolica della risurrezione di Gesù dai morti, per trovare poi testimonianza diversificata in tutti i libri del NT.

Nella situazione attuale della comunicazione della fede, il “primo annuncio” riceve dalle origini un input prezioso: la genesi della fede si manifesta grazie ad un rapporto interpersonale intenso, innanzitutto tra Gesù e i discepoli, poi tra gli apostoli (Pietro, Paolo) e i primi cristiani.

Questo sottolinea nell’annuncio il primato non dell’informazione, ma di un rapporto vitale e radicale con una “persona”. Resurrezione - particolare

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Nel cuore dell’annuncio kerygmatico sta dunque la forza della fede che è:.

La gioia di un incontro conla persona viva di Gesú Cristo, morto e ora risorto,

che cambia e trasforma la vita

L’esperienza dell’incontro non è mai un dato automatico. L’incontro parte dalla consapevolezza che la nostra condizione esistenziale, colta in tutti i suoi interrogativi, chiede una risposta piena per vivere una vita buona e soddisfacente. La persona nella sua profondità è e rimane un mistero, nonostante i risultati della scienza, della tecno-scienza, di una prassi politica accettabile, di un sistema economico e sociale soddisfacente ed altro ancora. Abbiamo una struttura antropologica fatta di tensione continua che ci spinge verso l’Infinito. Sant’Agostino: “Ci hai fatti per Te, Signore, e il nostro cuore non ha pace finché non riposa in Te” (Confessioni).

Il mistero dell’uomo: il bisogno di cercare e incontrare l’Infinito

Se è vero che certi livelli di bisogno possono essere anche soddisfatti, è altrettanto vero che nel profondo abbiamo il desiderio, la necessità dell’ “Altro”. Il puramente umano non ci basta, poiché non è in grado di saziare la nostra fame. I grandi problemi esistenziali, compresi quelli della ricerca di senso, del dolore, della morte e del destino ultimo, chiedono un orizzonte diverso. Una fede adulta dunque - fa della ricerca una costante; - fa del mistero dell’uomo, colto in tutta la sua problematicità e complessità, il punto di partenza per scrutare ben altri orizzonti; - fa della domanda interiore la base di avvio per un cammino di ricerca sistematica ed appassionata.

Il mistero dell’uomo ha quindi bisogno non solo di cercare ma anche di incontrare Cristo per riconoscerlo come l’unica esperienza in grado di soddisfare tutto l’uomo ed ogni uomo.

Resurrezione - particolare

Resurrezione - particolare

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Non c’è uomo o donna che, nella sua vita, non si trovi, come la donna di Samaria della pagina del Vangelo (cf. Gv 4,5-42), accanto ad un pozzo con un’anfora vuota, nella speranza di trovare l’esaudiemento del desiderio più profondo del cuore, quello che solo può dare significato pieno all’esistenza. Molti sono oggi i pozzi che si offrono alla sete dell’uomo, ma occorre discernere per evitare acque. Urge orientare bene la ricerca, per non cadere preda di delusioni, che possono essere rovinose. Come Gesù al pozzo di Sicar, anche la Chiesa sente di doversi sedere accanto agli uomini e alle donne di questo tempo, pre rendere presente il Signore nella loro vita, così che possano incontrarlo, perché lui solo è l’acqua che da la vita eterna. Solo Gesù è capace di leggere nel fondo del nostro cuore e di svelarci la nostra verità, come ha fatto con la Samaritana dicendole tutto quello che aveva fatto e rendendola con l’esperienza personale dell’incontro da peccatrice converita messaggera di salvezza”. (“Messaggio al popolo di Dio della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi”, Venerdì 26 ottobre 2012).Non basta ricercare, occorre incontrare la Verità. Non è sufficiente dunque cogliere il Mistero, abbiamo bisogno di immergerci nel Mistero del Cristo riconoscendo nella sua persona il Signore, vale a dire colui che domina tutta la realtà, perché a questa è in grado di dare fondamento, significato e prospettiva ultima.

Uno dei grandi Padri della Chiesa, Sant’Ilario di Poitiers, ha scritto di essere diventato credente nel momento in cui ha compreso, ascoltando il Vangelo, che per una vita veramente felice erano insufficienti sia il possesso, sia il tranquillo godimento delle cose e che c’era qualcosa di più importante e prezioso: la conoscenza della verità e la pienezza dell’amore donati da Cristo (cf. De Trinitate 1,2).

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ANDARE OLTRE… In atteggiamento di ascolto e accoglienza

3. KERYGMA, ANNUNCIO DI UN “AVVENIMENTO STORICO E TRASCENDENTE”, OVVERO UNA REALTȦ CHE VA OLTRE LE NOSTRE ATTESE

Il grande teologo ortodosso Olivier Clément afferma: “ … La passione è l’evidenza della storia, ma la resurrezione è il segreto della fede”. Occorre riconoscere innanzitutto che, dopo la tragedia della passione e della condanna alla croce di Gesù, l’iniziale fede messianica dei discepoli aveva conosciuto un tracollo, una profonda crisi (cf. Lc 24,13-35: i discepoli di Emmaus), e che non sarebbe bastato un ricordo del Maestro, o la memoria dei suoi insegnamenti a tenere insieme questo piccolo gruppo di Ebrei e a rilanciarli in una missione che avrebbe dato origine ad una forma nuova di vita religiosa, all’interno d’Israele prima, e in seguito anche in mezzo alle genti.

. Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Emmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: "Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?". Si fermarono, col volto triste (cf. Lc 24,13-17)

Soltanto un avvenimento reale poteva capovolgere l’animo turbato e confuso dei discepoli, consentendo loro di oltrepassare lo scandalo della morte vergognosa e atroce di Gesù, ritenuto colpevole di bestemmia dal Sinedrio, supremo tribunale religioso, e condannato come pretendente re dei Giudei dal prefetto di Roma, Ponzio Pilato. Le categorie mentali d’impianto semitico degli apostoli, tutti Ebrei, non consentivano loro di pensare ad una risurrezione simbolica, prettamente spirituale, ma per loro era essenziale che si trattasse di una risurrezione corporea, con tracce accessibili ai sensi umani: da questo punto di vista, i racconti evangelici sono ricchi di un realismo semplice, ma non ingenuo (cf. Lc 24,36-42; Gv 20,19-29; 21,1-14) e lo stesso ritrovamento del sepolcro, ad opera delle donne, è un elemento necessario, anche se non sufficiente, a fondare la fede nella nuova vita del Signore risuscitato. Confessare Gesù risorto, con un sepolcro noto alle autorità giudaiche e romane, ancora “occupato” dal corpo esanime del Nazareno sarebbe stato impossibile, ed è interessante che la contestazione giudaica, così come traspare nel testo di Matteo (Mt 28,11-15), non mette in dubbio la scoperta della tomba vuota, in considerazione del fatto che il sepolcro era piantonato dalle guardie del sinedrio, ma ne dà un’interpretazione differente e alla lunga insostenibile.

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La testimonianza apostolica

- Quale interesse potevano avere i primi discepoli a trafugare la salma di Gesù, per inventare successivamente la storia di una sua presunta risurrezione?

- Quali vantaggi sarebbero venuti a loro, che ben presto si sono trovati ad affrontare l’opposizione del giudaismo ufficiale di Gerusalemme? (cf. le vicissitudini raccontate nel libro degli Atti degli Apostoli).

Un primo dato inoppugnabile nella testimonianza apostolica è che annunciare la risurrezione di Cristo è proclamare la realtà di un fatto, inatteso e sorprendente, che si è imposto, non senza difficoltà, alla coscienza dei primi discepoli: - non è la fede pasquale ad aver creato l’evento, ma è l’evento ad aver suscitato

la fede, e - gli apostoli secondo la concorde attestazione del Nuovo Testamento, non sono

creatori, ma testimoni affidabili, che hanno accolto, prima di tutti, una novità che superava ogni attesa d’Israele e ogni figura messianica nel giudaismo del loro tempo.

È un fatto che, tuttavia, supera le dimensioni terrene e storiche, perché

- Gesù risorto non ritorna alla vita di prima e - la risurrezione è molto di più che la rianimazione di un cadavere, è il passaggio

ad una nuova esistenza gloriosa ed intramontabile.

Queste due dimensioni della testimonianza apostolica costituiscono l’assoluta singolarità dell’evento pasquale, che anche se collocato nella storia la oltrepassa, e perciò è accessibile pienamente nell’atto della fede. Dall’altra parte, nessuno è stato testimone oculare dell’avvenimento stesso della risurrezione, e nessun evangelista lo descrive. Nessuno ha potuto dire come essa sia avvenuta realmente. Ancor meno fu percettibile ai sensi la sua essenza più intima, il passaggio di Cristo dalla morte ad un’altra vita. Anche se il fatto ha i suoi riscontri storici constatabili (il sepolcro vuoto, la realtà degli incontri degli Apostoli con il Risorto),

la risurrezione resta tuttavia un fatto che supera la storia,appartenente al cuore stesso del mistero della fede.

Quel che avvenne in quel mattino di Pasquaera senza dubbio qualcosa di straordinario,

qualcosa di nuovo, e allo stesso tempo, qualcosa di molto concreto,contrassegnato da segni ben precisi registrati da numerosi testimoni.

Sia Paolo che gli evangelisti danno molta rilevanza alle apparizioni che sono come condizione fondamentale per la fede nel Risorto che ha lasciato la tomba vuota. Per questo motivo Cristo risorto non si manifesta al mondo, ma ai suoi discepoli (cf. Gv 14,22), “a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme", i quali "ora sono i suoi testimoni davanti al popolo” (At 13,31).

L’annuncio della risurrezione è legato alla testimonianza di chi ha fatto esperienza diretta del Risorto.

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Come testimoniare la resurrezione?

Prima conseguenza: il primo modo di esprimere questa testimonianza è di predicare la risurrezione di Gesù come sintesi dell’annuncio evangelico e come punto culminante di un itinerario salvifico. Ed è quello che fa per esempio san Paolo (At 23,6; 1 Ts 1,9; 4,13-18; 5,10; Gal 1,15-16; 1 Cor 9,1)

…Paolo, sapendo che una parte era di sadducei e una parte di farisei, disse a gran voce nel sinedrio:

"Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei; sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti"...

At 23,6Ma quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia,

si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti, subito, senza chiedere consiglio a nessuno

Gal 1,15-16Non sono forse libero, io? Non sono forse un apostolo?

Non ho veduto Gesù, Signore nostro? E non siete voi la mia opera nel Signore?

1 Cor 9,1

Seconda conseguenza: Anche noi quindi, che non apparteniamo al gruppo di coloro che hanno mangiato e bevuto con Gesù risorto (cf. At 10,41: “testimoni prescelti”), non siamo condannati ad una conoscenza di seconda mano, perché realmente il Vivente trova modi e strade per rivelarsi e se da una parte è essenziale la roccia sicura della testimonianza apostolica, verificata nella sua affidabilità, d’altra parte la relazione che il Signore stabilisce e realizza con noi va oltre le semplici “prove” storiche, e coinvolge la nostra capacità di fiducia e d’amore, così come accade in ogni rapporto tra soggetti. Valgono per noi, credenti di ogni generazione post-apostolica le parole piene di gioia e di luce di Giovanni nel suo vangelo e di Pietro nella sua prima lettera …

“Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!” (Gv 20,29b);

“Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui.Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della

vostra fede:la salvezza delle anime” (1Pt 1,8-9).

Il kerygma e la missione della Chiesa sono quindi indissolubilmente uniti: La Chiesa esiste per l’annuncio e l’annuncio dona il profilo genuino della Chiesa di Gesù Cristo. Le diverse localizzazioni dell’annuncio attestate dal Nuovo Testamento, da Gerusalemme, alla Samaria ai confini del mondo (At 1,8), dicono la verità storica di questo annuncio per natura missionario. Lo Spirito di Gesù o Spirito Santo diventa il regista di questo annuncio e della sua opera.

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RI-PRENDERE IL CAMMINO Verso una fede autenticanente vissuta e testimoniata

4. RISVOLTI “PRAGMATICI” DEL “PRIMO ANNUNCIO”

Abbiamo visto che quello che nella predicazione di Gesù (prima memoria) era l'esclamazione “È venuto il regno di Dio!” (cf. Mc 1,14-15; Mt 4,17) nella predicazione degli apostoli (seconda memoria) è l'esclamazione: “Gesù è il Signore!”. In queste esclamazioni non c’è nessuna opposizione, ma continuità perfetta tra il Gesù che predica e il Cristo predicato, perché dire: “Gesù è il Signore!” è come dire che in Gesù, crocifisso e risorto, si è realizzato il regno e la sovranità di Dio sul mondo. La proclamazione: “Gesù è il Signore!” non costituisce dunque, da sola, l'intera predicazione apostolica, ne è però l'anima e, per così dire, il sole che la illumina. Essa stabilisce una specie di comunione con la storia di Cristo attraverso la “particola” della

parola e fa pensare, per analogia, alla comunione che si opera con il corpo di Cristo attraverso la particola di pane nell’Eucaristia.

Il primo titolo, più diffuso nel NT, riferito a Gesù in quanto risorto da morte è quello di “Signore” (Kyrios), titolo già presente nei racconti evangelici, soprattutto nel terzo vangelo, relativi all’attività pre-pasquale, e che, sullo sfondo dell’aramaico, può indicare un’espressione di stima e di onore, ma che nella luce della Pasqua acquista un suo singolare contenuto. Già nella traduzione greca della Settanta, come noto, il termine “Kyrios” era usato come sinonimo di “Theòs” (Dio), in quanto traduceva l’ebraico “Adonài” corrispondente all’impronunciabile tetragramma sacro YHWH; ora esprime lo stato che Gesù ha conseguito attraverso la risurrezione dai morti, tanto da diventare il termine comprensivo della fede cristiana. Indubbiamente

l’evento della risurrezione spalanca ai primi discepoliuna nuova comprensione del loro maestro,

e permette di rileggere in modo più profondo,gesti e parole di Gesù, nel suo ministero pubblico per le vie della Galilea e della

Giudea:sotto la guida dello Spirito promesso e donato a Pentecoste

la comunità apostolica riconosce e confessa Gesù Signore e Messia,e riceve la conferma da parte del Dio vivente,

dell’inaudita condizione di Gesù quale Figlio di Dio.

Così, al centro della vita della Chiesa, a partire dalle sue origini, stanno insieme - la proclamazione di un evento e - la persona stessa di Gesù, rivelato nella sua identità definitiva:

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annunciare la Pasqua del Nazareno significaannunciare al tempo stesso il suo volto e

la sua pretesa d’essere il salvatore di tutti gli uomini

In Paolo, in particolare, la condizione di Signore, propria del Risorto, è legata al fatto che ormai “la morte non ha più potere su di lui” (Rm 6,9). La morte, quasi personificata, è l’ultimo nemico che sarà annientato, ma che già ora è stata sconfitta e vinta, da colui che è il vero Signore dell’intera creazione: “è il Signore di tutti” (At 10,36). Il Risorto è “l’ultimo Adamo” che compie tutte le attese dell’Uomo (“adamo”), che rivela il volto dell’uomo nuovo: “Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita... Il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita” (1 Cor 15,22.45).

Nel cuore della confessione di fede, “Gesù è il Signore”, risuona un grido vittorioso, vibrante, entusiasta, perché, come nel canto di Maria in Es 14, si proclama il superamento di ostacoli gravissimi quali sono il peccato e la morte come alienazioni da Dio, e l’asserzione di Gesù come assoluto protagonista per la salvezza di ogni uomo.

Vi è anche una risonanza polemica per chi ha tentato di ostacolarlo fino ad ucciderlo: il Signore è un risorto dai morti. A sua volta questa morte, espressa di preferenza nel Nuovo Testamento (Paolo) con la figura della croce, va compresa non come handicap terribile ed orribile da dimenticare in fretta come un incubo, bensì come prova di amore totale, da cui proviene la risurrezione. Perché è potente nell’amore dell’uomo fino a dare la vita, Gesù è il Signore della vita. La croce è il fondamento essenziale della risurrezione. La risurrezione è la corretta interpretazione del sacrificio della croce.

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Verso una fede che... richiede una scelta di libertȧ

“Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore ecrederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti

sarai salvo” (Rm 10, 9).

Per la promessa di salvezza che porta in sé,questo annuncio è per sua natura un annuncio appellante e quindi

richiede una scelta di libertà cheva dalla conversione, alla progressiva identificazione con il mistero del Signore Gesù

grazie al Battesimo e all’Eucaristia, mediante l’adesione alla Chiesa.

Il mistero di questa parola “Gesù Signore” è tale che essa non può essere detta “se non sotto l'azione dello Spirito Santo” (1 Cor 12,3). Da sola, questa parola fa entrare nella salvezza chi crede nella sua risurrezione …

Dire “Gesù è il Signore!” significa quindi prendere una decisione di fatto.È come dire: Gesù Cristo è il “mio” Signore;

gli riconosco ogni diritto su di me, gli cedo le redini della mia vita;io non voglio vivere più “per me stesso”,

ma “per lui che è morto e risorto per me” (cf. 2 Cor 5,15).

Proclamare Gesù come proprio Signore, significa sottomettere a lui ogni zona del nostro essere,

far penetrare il Vangelo in tutto ciò che facciamo.Significa, per dirlo con una frase del beato Giovanni Paolo II,

“aprire, anzi spalancare le porte a Cristo”.

Tutto questo comporta quindi importanti conseguenze per la nostra vita di fede:

siamo chiamati a partecipare fin nell’intimo del nostro esserea tutta la vicenda della morte e risurrezione di Cristo.

Come dice Paolo, “siamo morti con Cristo”,crediamo che “vivremo con lui, sapendo che Cristo risorto dai morti non muore più;

la morte non ha più potere su di lui” (Rm 6,8-9).

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3 - CON LA MENTE E CON IL CUORE… … al cuore della mia fede

- In che cosa credo quando dico di credere in Dio? Qual è il mistero, il cuore della mia fede?

- La mia fede, quanto è capace di “comprendere” che la notizia pasquale è strettamente connessa alla incontestabile e reale morte di Cristo? Quanto sono consapevole che la morte e la risurrezione di Cristo sono le due facce del mistero della salvezza ?

- Quali sono gli atteggiamenti che prevalgono in me di fronte al mistero della resurrezione: gioia, dinamismo, vitalità, distanza, distrazione, confusione? Perché?

- Ho il desiderio di sperimentare nella mia vita la gioia vissuta dai primi discepoli per l’evento della resurrezione, evento “esplosivo e germinativo” che può dare senso e direzione alla mia vita?

- Riesco a vivere in prima persona la Verità della resurrezione che significa prima di tutto accettare che l’amore di Dio “crea in me un cuore nuovo”, dissolve le mie paure , mi rianima, mi rimette in piedi e mi aiuta a superare la diffidenza, la tristezza, lo scoraggiamento che mi capita di incontrare nella mia vita?

- Quale libertà cerco nella mia vita?

a. La libertà di essere me stesso nel senso di fare ciò che io ritengo giusto, raggiungere i miei obiettivi cercando di “evitare con cura” atteggiamenti quali l’attesa, la pazienza, l’insuccesso oppure b. una libertà che trova fondamento nella la scelta liberta e consapevole della fede in Gesù Cristo dove imparo a sperare, a chiedere ad accogliere Gesù come colui che colma il desiderio di felicità e di gioia.

- Riesco a condividere con gli altri la gioia della mia fede e dare ragione della mia speranza che scaturisce dalla verità del Signore Risorto e che può dare risposte al mondo di oggi e fare luce al buio della violenza, dell’egoismo, della sopraffazione?

- Riesco a comunicare agli altri come l’annuncio della Resurrezione sia per gli uomini di ogni tempo e di ogni storia e che il nostro credere nella resurrezione ci offre la possibilità di cambiare vita, di cambiare modo di pensare e di vedere?

A mó di conclusione

Da duemila anni in qua è sempre tempo di «primo annuncio». Ma oggi questa forma di proposta della fede cristiana sta assumendo forme ed esigenze nuove in relazione anche all'evoluzione della società. Per non cadere in una ricostruzione irreale della predicazione apostolica, dobbiamo però ricordare che dopo la Pentecoste, gli apostoli non andavano in giro per il mondo ripetendo sempre e soltanto: “Gesù è il Signore!”.

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Quello che facevano gli apostoli...

Quello che facevano, quando si trovavano ad annunciare per la prima volta la fede in un certo ambiente, era piuttosto, di andare dritti al cuore del Vangelo, proclamando due fatti: - “Gesù è morto” – “Gesù è risorto”, e - il motivo, di questi due fatti: è morto “per i nostri peccati”; è risorto “per la nostra

giustificazione” (cf. 1 Cor 15, 4; Rm 4, 25). Noi siamo stati “giustificati”, cioè resi giusti, salvati dal Cristo morto e risorto per noi.

Quello che possono fare le pietre vive…

A motivo della varietà dei destinatari, dei linguaggi e delle situazioni coinvolti ieri come oggi da questo annuncio è particolarmente difficile definire una modalità unica per il primo annuncio all’uomo di oggi. Rimane tuttavia un contenuto centrale da annunciare (la morte e la risurrezione di Gesù); c'è un linguaggio da utilizzare che sia il più comprensibile per tutti; c'è un'esperienza da proporre, l’esperienza cioè dell’incontro con Gesù che sintetizza il "venite e vedete" (Gv 1,39) che risuona già sulla bocca di Gesù e che costituisce la condizione di ogni proposta di esperienza cristiana nel tempo.

Il kerygma va dunque proposto oggi non come una formula chiusa in sé,ma come una finestra aperta sulla totalità del Vangelo,

che fornisce un principio gerarchico e articolato, alla cui luce comprendere tutto:il Signore è Risorto, perché è morto in quel modo ,

perché è vissuto in quel modo ,secondo il grande piano di Dio, secondo le Scritture.

Ciò richiede il coinvolgimento personale con un’esperienza altamente plurima:annuncio, liturgia, vita di comunità nel segno della comunione e del servizio,

adattamento culturale senza caderenella logica oggi tanto di moda del “politicamente corretto”

dimenticando la parola di Gesù che dice:“Io non sono venuto a portare pace, ma una spada.

Sono venuto a separare…” (Mt 10,34-35).

Resurrezione - particolare

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A LODE DELLA SUA GLORIA Ascoltando la Parola, ritroviamoci nel Signore…

Cercare l’esperienza con il Risorto. La fede alla scuola di Tommaso!

Lectio su Gv 20,24-29

LEGGO24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

MEDITO

Nella figura di Tommaso, Giovanni ci descrive come la nostra fede nella risurrezione possa crescere pur tra tutti i possibili dubbi. Da sempre la figura di Tommaso ha affascinato le persone. Spesso si considera Tommaso come un uomo pieno di dubbi. Poiché nella nostra fede siamo di frequente disorientati anche dal dubbio, in Tommaso possiamo ritrovare noi stessi. Ci è simpatico. È veramente un nostro gemello (“Dìdimo”), che rappresenta quanto esattamente sentiamo.

Ma guardiamo meglio come Giovanni interpreta il comportamento di Tommaso. Tommaso non c’era quando Gesù è apparso ai discepoli la sera di Pasqua e ha alitato su di loro lo Spirito Santo. Quando i discepoli glielo raccontano, non gli basta. Egli risponde loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». (v.25).

Come poteva Tommaso fidarsi, inoltre, di questi discepoli che, nonostante abbiano incontrato il Risorto, sono rimasti nuovamente racchiusi dentro quella casa, la casa della paura! Voglio pensare che un po' di responsabilità nelle difficoltà di Tommaso ce l'avessero anche i suoi compagni che non erano stati convincenti nel loro racconto e nella loro testimonianza. Forse si saranno limitati a raccontare la loro esperienza solo con la voce, ma non con il cuore, con la gioia che contagia, come capita a tanti cristiani dentro alle nostre comunità che testimoniano Gesù solo a parole, senza entusiasmo, senza quel coinvolgimento che non lascia dubbi sulla loro fede. Nelle nostre comunità molto spesso si conosce tutto di Gesù, ma non riusciamo ad essere veri testimoni con chi ha difficoltà a credere, o a contagiare chi è lontano dall'esperienza ecclesiale. La fede in Gesù Signore deve essere comunicata nel

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modo più credibile possibile!In realtà, qui Tommaso non è colui che dubita, ma colui che cerca l’esperienza! Non si accontenta di credere solamente quanto gli altri gli raccontano. Desidera vedere lui stesso, sentire lui stesso, toccare lui stesso. Solamente allora è pronto a credere. Giovanni ci invita ad entrare nella scuola di Tommaso e ad imparare come lui la fede nella risurrezione. La nostra fede ha bisogno di esperienza.

Per la propria fede Tommaso pone una condizione, che ci tocca particolarmente. Perché dà cosi grande importanza alle ferite di Gesù, ai segni dei chiodi sulle sue mani e al costato aperto di Gesù? Egli può credere nella risurrezione solamente quando tocca le ferite di Gesù? Gli occorre una prova dell’identità del Risorto con il Crocifisso, perché per lui è talmente improbabile che colui che è morto tra tali tormenti torni nuovamente a vivere? Evidentemente questa morte in croce, completamente inattesa e dolorosa, lo ha scosso talmente nella sua fede nel Messia che egli necessita di una prova tangibile per poter credere nella risurrezione.

La necessità di Tommaso di toccare il corpo di Gesù ci dice che la fede nel Signore non può essere ridotta ad una mera pratica esteriore fatta di soli riti e doveri, un credo per conformismo, o per tradizione, ma deve essere una scelta che ci coinvolge profondamente, in cui tutto di noi stessi, corpo, sentimenti, emozioni, intelligenza, testa e cuore confermino quello che la bocca ha pronunciato. S. Paolo dirà: “Perché, se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato” (Rm 10,9). Il nostro desiderio dell’esperienza di Dio, dell’esperienza della risurrezione è fondato. Ogni vera esperienza di fede non può che essere vissuta se non in prima persona; nessuno può sostituirti, nessuno può credere al posto tuo; devi essere tu ad incontrare il Signore, a voler fare esperienza della sua presenza, a decidere di mettere tutta la tua vita nelle sue mani. Ma se vogliamo sentire il miracolo dell’amore in noi, come Tommaso dobbiamo comprometterci con la risposta totalmente diversa ed inaspettata di Gesù! (vv.27.29).

All’offerta di Gesù di toccare le sue ferite Tommaso risponde con la professione di fede: «Mio Signore e mio Dio!». È la professione di fede più chiara nella divinità di Gesù all’interno del vangelo secondo Giovanni. Giovanni, nel primo capitolo, nella chiamata dei discepoli ha mostrato apposta come i discepoli acquistino una visione sempre più chiara del mistero di Gesù. I primi due discepoli gli dicono: “Rabbi ( ), dove abiti?” (Gv 1,38). Andrea dice a Simone: “Abbiamo trovato il Messia” (Gv 1,41). Natanaele, che in un primo momento “in modo simile a Tommaso”dubita che da Nazareth possa venire qualcosa di buono, alla fine, dopo che Gesù aveva letto chiaramente i suoi pensieri, riconosce: “Rabbi, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!” (Gv 1,49). Nel capitolo della risurrezione Giovanni riprende nuovamente le professioni di fede della narrazione della vocazione. Anche qui focalizza i singoli, dapprima Maria Maddalena per la cerchia delle donne e poi Tommaso per la cerchia dei discepoli. Non è la comunità come tale a poter credere. La fede è sempre un affare del singolo, che deve riconoscere chi è Dio e chi è questo Gesù di Nazareth.

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La crescita nella professione di fede in Gesù alla fine del vangelo secondo Giovanni viene espressa con l’aggettivo “mio”. Mentre i primi discepoli si rivolgono a Gesù come a un rabbi, Maria Maddalena dice: “Rabbunì, maestro mio”. Gesù non è un rabbi qualsiasi, uno che supera gli altri, ma è il suo rabbi. Egli si è mostrato nelle sue parole, nei suoi miracoli e nella sua morte come il rabbi al quale può dire: “Maestro mio”. In questo “mio” si esprime una profonda relazione, una relazione di tenero amore, una relazione che è cresciuta attraverso esperienze, attraverso incontri, attraverso parole e gesti di amore. In modo simile Tommaso riprende la professione di fede di Natanaele: “Tu sei il Figlio di Dio”. Anche lui, però, introduce il “mio”: «Mio Signore e mio Dio!». Non è affatto un’affermazione teologica, che tramanda in modo corretto solamente la verità di fede della Chiesa. È una professione di fede personale, che proviene dall’esperienza. E anche qui è un’esperienza d’amore che spinge Tommaso a fare questa affermazione. Che Gesù sia venuto incontro con amore alla richiesta troppo risoluta fatta da Tommaso di toccare le sue mani e il suo costato, per lui è un segno di un amore che può trasformare anche chi dubita e non crede, al punto di rendere beato chi non ha visto e (e non ma) ha creduto.

RIFLETTO

Oggi prova a scrivere la tua personale professione di fede. Non accontentarti di scrivere quanto si trova nel catechismo o quanto hai imparato dagli altri. Cerca di esprimere che cosa Dio significa personalmente per te, che cosa ti dice Gesù Cristo, come comprendi la risurrezione! Quali immagini e quali nomi ti vengono in mente quando pensi a Cristo? Pronuncia questi nomi a voce alta e aggiungici sempre un “mio”! Ascolta con il cuore quanto stai dicendo e quanto queste parole risvegliano in te: “Mio pastore, mio Signore, mio fratello, mio amico, mio medico, mio difensore, mio rifugio, mio Dio”. Se, con Tommaso, dici lentamente: “Mio Signore e mio Dio”, forse capisci come in queste parole si ritrovino tutti gli opposti del mondo. Allora coincidono vicinanza e lontananza, amore e rispetto, fede ed incredulità, dubbio e certezza, Dio ed essere umano, esperienza e non esperienza, rapporto e mancanza di rapporto. Il Dio lontano diventa il tuo Dio, il Dio inafferrabile diventa afferrabile per te, il Dio ineffabile si lascia toccare da te. Che cosa significa per te porre le tue dita nelle ferite di Gesù? Quando hai sperimentato il Risorto e lo hai toccato? Nell’amore, nell’esperienza, la distanza tra Dio e te crolla e tu diventi uno con Dio in Cristo.

(Per il testo della lectio, cf. A. Grün, Die Osterfreude auskosten. 50 Impulse. Münster, 2000)

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PREGOSignore, Ti ringrazio di ciò che, nella tua grazia hai realizzato per me nella tua morte e risurrezione. Ti prego, non togliermi i pericoli,ma aiutami ad affrontarli.Non calmare le mie pene,ma aiutami a superarle.Non darmi alleati nella lotta della vita...eccetto la forza che mi proviene da te.Non donarmi salvezza nella paura,ma pazienza per conquistare la mia libertà.Concedimi di non essere un vigliaccousurpando la tua grazia nel successo;ma non mi manchi la stretta della tua manonel mio fallimento. Amen. (D. Hammarskjold)

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ARTE E FEDE

La Resurrezione di CristoPiero della Francesca, 1463

La scena è ambientata oltre un'immaginaria apertura, incorniciata da due colonne scanalate, un basamento (dove era presente un'iscrizione oggi quasi del tutto cancellata) e un architrave. Mentre quattro soldati romani dormono, Cristo si leva dal sepolcro ridestandosi alla vita. La sua figura è al vertice di un triangolo immaginario, che va dalla base del sarcofago alla sua aureola, suggerito anche dalle linee di forza delle pose dei soldati. Cristo si erge solenne e ieratico, e la sua figura divide in due parti il paesaggio: quello a sinistra, invernale e morente; quello a destra, estivo e rigoglioso. Si tratta di un richiamo ai cicli vitali, presenti già nella cultura pagana e citati da vari

artisti precedenti1. Piero siede ai piedi del sarcofago e l'asta del vessillo con la croce, lo tiene in diretto contatto con la divinità, come se essa ispirasse il Piero politico. Ci sono delle probabilità, che il vessillo delle crociate sia un riferimento al primo regno di Gerusalemme e alla raccolta delle sue leggi che erano note come lettere dal Santo Sepolcro, il riferimento probabilmente è per avere continuo ed una legittimazione delle decisioni che si prendevano nella sala attigua sede del governo cittadino.Un altro tema è quello del sonno e della veglia, con il contrasto tra la parte inferiore e terrena dei soldati e quella superiore della divinità, che sempre vigila.La costruzione geometrica della composizione rende le figure astratte e immutabili, quasi appartenenti a un ordine di comprensione superiore. A questo effetto contribuisce la costruzione "atletica" della figura di Cristo, ben eretta e modellata anatomicamente come una statua antica, con un piede appoggiato sul bordo, a sottolineare l'uscita dal sarcofago, e la mano destra che regge il vessillo crociato, emblema del suo trionfo. Egli venne consapevolmente dipinto al di fuori delle regole prospettiche che imporrebbero una veduta dal basso, come avviene per le teste dei soldati. Piero dopotutto aveva piena padronanza di queste tecniche di rotazione dei corpi nello spazio2. Cristo appare così sottratto alle leggi terrene, simbolo di nuova essenza e più che mai vicino all'osservatore.La linea dell'orizzonte mette in risalto la spalle e la testa di Cristo. Il cielo sullo sfondo è tipico delle opere di Piero della Francesca, sfumato all'orizzonte come

1 Come nell'Allegoria ed effetti del buono e del cattivo governo di Ambrogio Lorenzetti.2 Come ampiamente descritte nel De prospectiva pingendi.

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durante l'alba e punteggiato da nuvolette chiaroscurate "a cuscinetto".Nel soldato senza elmo al centro è probabile che sia dipinto un autoritratto di Piero. Dietro di lui si trova la base del vessillo che regge Cristo, quasi a voler indicare un diretto contatto con la divinità, per ispirare il pittore, ma anche l'uomo politico, poiché egli stesso ricoprì più volte incarichi pubblici per la sua città. Nelle vesti dei soldati ricorrono quelle caratteristiche di alternanza cromatica tipiche delle opere di Piero: il rosso è alternatamente colore dell'elmo e dei calzari di un soldato e dello scudo di un altro; il verde ricorre nella cotta di uno, nel mantello di un altro e nei calzari del terzo, ecc.

Nel complesso si irradia dall’opera una potenza deflagrante di vittoria, sulla morte, sui peccati, sulle basse beghe, anche politiche, che costituivano il quotidiano dell’ambiente in cui Piero viveva e operava, mentre la composizione invita ad accogliere questo Kerygma di Resurrezione e a indossare una nuova veste di cristiano, libero dalla paura, libero di accogliere anche per sé la vittoria sulla morte così ben esplicitata dalla figura del Cristo.

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Suggerimenti musicali per il capitolo appena lettoJohann Sebastian Bach – Grande Messa in Si Minore BWV 232 – “Et resurrexit” – 1739

http://youtu.be/-GsYcoNfr7k

Georg Friedrich Händel – Messiah, Oratorio – “Allelujah” – 1742http://youtu.be/7YaGwI7GjlA

E’ il centro, il cuore pulsante dellAnnuncio, è il compimento della predicazione di Cristo, il suggello alla sua Missione: il Kerygma. Cristo si è immolato per i nostri peccati, si è consegnato alla morte e ne è risorto dopo tre giorni per poi salire in Cielo alla destra del Padre. Questo, fin dalle prime predicazioni gli Apostoli, ripieni di Spirito Santo hanno annunciato, questa è stata la notizia che propagandosi di bocca in bocca ha cambiato la terra. La necessità di una rievangelizzazione è resa urgente da fatto che questo fatto, che cambia oggi come ieri la vita dell’uomo, è stato bistrattato, a volte biascicato, mal presentato, fino a divenire una serie di parole consuetudinarie senza più il potere di conversione che nei secoli hanno avuto. Di qui l’urgenza di rimettere a nuovo questo gioiello centrale dell’Amore di Dio per gli uomini, di qui la necessità di annunciare “ad gentes” l’Ευαγγέλιον, renderlo nuovo e aggiornato, udibile ed appetibile, senza snaturarne il potere salvifico e la potenza di annuncio, quella stessa potenza che nei due brani, più articolato quello di J.S.Bach, più immediato quello di Händel, è ben resa e ben accompagna il senso più profondo che sta alla base del kerygma: la Resurrezione di Cristo e la sua vittoria sulla morte. Sono questi i tracciati che tale evento ci mostra, e cioè che è possibile non morire schiacciati dalla morte che ogni giorno la vita ci presenta ma c’è in serbo, per chi ascolta la parola e la accetta come balsamo per il proprio cuore, di risorgere insieme con Lui, ad una nuova vita dove la presenza di Dio riveste l’esistenza di una luce nuova. Tale luce illumina scacciandoli i propri timori, le proprie paure, le proprie infelicità e, in definitiva è capace di convincere l’uomo ad affidare tutto di sé nella braccia salvifiche di quell’uomo che esce dal sepolcro.

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Piero della Francesca - La Madonna del Parto

Tradizionalmente l'affresco viene fatto risalire al 1459, quando l'artista visitò forse Monterchi in occasione dei funerali della madre, che era originaria del borgo. In ogni caso la datazione oscilla di solito negli studi agli anni sessanta del Quattrocento. L'affresco era destinato all'antica chiesa di Santa Maria di Momentana, già di Santa Maria in Silvis, località di campagna alle pendici della collina di Monterchi. La Vergine non possiede attributi regali, non ha alcun libro in mano ed è colta nel gesto di puntare una mano sul fianco per sorreggere il peso del ventre. L'interesse di Piero per le simmetrie è particolarmente evidente in quest'opera, dove i due angeli che tengono i lembi del tendone discosti sono stati dipinti sulla base di un medesimo cartone rovesciato. Nei loro abiti e nelle ali i colori sono alternati: manto verde, ali e calzari bruni per quello di sinistra, viceversa per quello di destra. Gli angeli guardano verso lo spettatore, richiamando la sua attenzione, come se stessero spalancando un sipario proprio per lui.La Madonna è in piedi, leggermente ricurva per il ventre gonfio, che accarezza con una mano, mentre con l'altra si dà sostegno all'altezza dei fianchi. Come nella Maria Maddalena sempre di Piero, lo sguardo è abbassato, come per dare un tono nobile e austero, e il ritratto incede su una dolce bellezza giovanile, sottolineata dalla postura fiera del collo e la fronte alta e nobile (secondo la moda del tempo che voleva le attaccature dei capelli rasate o bruciate con una candela).L'ambientazione nella tenda ha come precedente la scena del Sogno di Costantino negli affreschi aretini e compare anche in numerosi esempi prima di Piero. La forma geometrica del tendaggio enfatizza volumetricamente i personaggi e la spazialità del dipinto, inoltre, da un punto di vista teologico, offre riparo e protezione come il ventre di Maria per Gesù: non è casuale che la veste della Vergine sia slacciata all'altezza del ventre rotondeggiante, come dischiusi sono i lati della tenda. Alcuni studiosi hanno letto nella tenda una precisa illustrazione del tabernacolo dell'Arca dell'Alleanza, così come è descritto nell'Esodo in questo modo Maria sarebbe la nuova Arca dell'Alleanza, il cui pegno è Gesù. Per altri il padiglione rappresenta la chiesa e la Madonna, nel suo particolare stato, simboleggia il tabernacolo eucaristico in quanto contiene il corpo di Cristo. Altre analisi stilistiche, tenendo conto di un brano della Lettera agli Ebrei, e del fatto che la manna dell'Esodo è prefigurazione del corpo eucaristico del Cristo, hanno concluso che Piero "collocando la Vergine all'interno di una tenda formata con i materiali di quella dell'Antico Testamento, alludeva chiaramente alla natura eucaristica del corpo di Cristo contenuto nella Madonna-Ecclesia, che, come la manna, può essere vista solo con gli occhi della fede". Pertanto alla luce di ciò vengono rigettate quelle ipotesi che collegano l'affresco di Monterchi ad antichi riti pagani di fertilità o lo associano a un certo tipo di devozione pietistica, riservata alle donne incinte.Il motivo della damascatura a melograni, presente anche nella veste di re Salomone nell'affresco della Leggenda della Vera Croce, rimanda simbolicamente alla fertilità, alla nobiltà della Vergine e alla Passione di Cristo.

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