La parola ai giovani n.3 - Anno 2011

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27 MARZO 2011 - A CURA DELLA REDAZIONE DELLA VOCE DEI BERICI Non c’è forse magnificenza nella morte? A cosa dovrei tendere se non allo splendore della fine, alla ricerca dell’oltre? Tutto è così vano che a volte anche il volo di un gabbiano può sembrare un’apparenza; invisibile è la traccia del suo percorso, ma è il senso di respiro che mi dona lo sguardo di quel volo a farmi capire che l’oltre è già in tutte le cose, nell’invisibilità delle cose, nell’impercettibile, nell’indescrivibile, nell’assoluto vuoto che si colma d’ogni nostro sentire. Ascoltare l’essenza della vita è veder morire la vita stessa in ogni istante, in ogni luogo, è raccogliere con il cuore e con la mente il continuo ed incessante andare che necessita della morte per esistere (dal libro di Luca Bassanese Soltanto per amore, poesie lettere e momenti di vita Buenaonda Edizioni www.lucabassanese.com) NUMERO 3 Ufficio Diocesano per i Giovani Piazza Duomo n. 2 - 36100 Vicenza - telefono 0444-226556 - e-mail: [email protected] sito internet: www.vigiova.it - Aperto dal lunedì al venerdì, dalle ore 9 alle 12.30 e dalle 14 alle 17.30; il sabato dalle 9 alle 12.30 Jan Vermeer, Cristo in casa di Marta e Maria In alto: Diego Rodríguez de Silva y Velazquez, Cri- sto in casa di Marta e Maria. A destra: Tintoretto, Cristo in casa di Marta e Maria La prima immagine è quella dell’albero, fermamente pian- tato al suolo tramite le radici, che lo rendono stabile e lo ali- mentano. Senza radici, sa- rebbe trascinato via dal vento, e morirebbe. Quali sono le no- stre radici? Naturalmente i ge- nitori, la famiglia e la cultura del nostro Paese, che sono una componente molto importante della nostra identità. La Bibbia ne svela un’altra. Il profeta Geremia scrive: “Bene- detto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nel- l’anno della siccità non si dà pena, non smette di pro- durre frutti” (Ger 17,7-8). Stendere le radici, per il pro- feta, significa riporre la propria fiducia in Dio. Da Lui attin- giamo la nostra vita; senza di Lui non potremmo vivere vera- mente. “Dio ci ha donato la vita eterna e questa vita è nel suo Figlio” (1 Gv 5,11). Gesù stesso si presenta come nostra vita (cfr Gv 14,6). Per- ciò la fede cristiana non è solo credere a delle verità, ma è an- zitutto una relazione personale con Gesù Cristo, è l’incontro con il Figlio di Dio, che dà a tutta l’esistenza un dinamismo nuovo. Quando entriamo in rapporto personale con Lui, Cristo ci rivela la nostra iden- tità, e, nella sua amicizia, la vita cresce e si realizza in pienezza. (dal Messaggio di papa Benedetto XVI per la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù) In questo tempo di quaresima, potremmo lavorare su un brano di Luca molto conosciuto: Gesù entra nella casa di Marta e Maria (Lc 10,38-42). Entriamo anche noi in quella casa attraverso tre quadri di pit- tori affermati, che ritraggono la scena evangelica a partire da di- verse intuizioni e angolature. Le suggestioni che vi propo- niamo sono tratte da una confe- renza di don Dario Vivian. Tintoretto Il primo piano è di Maria, sedu- tasi nella posizione del discepolo e guardata quindi dalla sorella con aria di rimprovero. Il pro- blema non riguarda primaria- mente le faccende da sbrigare - affidate alla serva sullo sfondo -, ma l’arditezza di fare quanto affi- dato esclusivamente ai maschi. Tutti ne sembrano meravigliati e forse scandalizzati: l’uomo che la osserva a braccia conserte, la donna che ne parla stupita con quello in piedi, il gruppo che se ne sta fuori: che siano i suoi di- scepoli? Può essere; visto che nel racconto dell’incontro con la Sa- maritana si osserva: “In quel mo- mento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna” (Gv 4,27). Gesù è come assorto nel suo discorso, sta enu- merando con le dita a significare (secondo una tradizione icono- grafica medievale) che sta inse- gnando con autorità. Gli occhi di Maria sono fissi su di lui, quasi non presta ascolto a quanto le va dicendo la sorella. Come dice la Lettera agli Ebrei, “anche noi corriamo perseve- ranti nella corsa, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede” (Eb 12,2). Velazquez La vecchiaia non sempre è sag- gezza, soprattutto quando tra- suda risentimento trasformato in maldicenza. Chi sarà mai la vecchia che comprende così bene Marta, ri- dotta a “cenerentola” della situa- zione, mentre la sorella Maria se ne sta beatamente in ascolto del- l’amico Gesù? Sussurra qualcosa alla giovane serva, suscitandone la stizza; e le due sorelle sullo sfondo sono come duplicate dalle due donne in primo piano. La mano sul mortaio pesta in modo deciso, forse frantumando sogni e alimentando invidie. La scena di fondo è assai di- versa, ma è vista come un quadro in cornice, proiezione di un desi- derio che non si ha il coraggio di inseguire; qualcuno dovrà pur pensare al cibo, fare la brava donna di casa come si conviene. Se tutti facciamo come Maria… Eppure ci vuole poco a deci- dersi di passare dall’altra parte, sentire risuonare anche per sé le parole dette da Gesù ai primi di- scepoli: “Seguitemi, vi farò pe- scatori di uomini! E subito, lasciate le reti, lo seguirono” (Mc 1,17-18). Quei bei pesci, una volta cuci- nati, vanto di ogni brava massaia, vuoi o no lasciarli o donna, che ti senti condannata a fare da Marta? Siediti anche tu, come Maria. La rabbia svanirà e gli occhi torneranno a sorridere. Vermeer La casa quasi sparisce, siamo, in- fatti, immersi in un mondo di in- teriorità; è la cella del cuore, che viene rappresentata tutta rac- chiusa nel gioco degli sguardi dei tre personaggi. Similmente all’iconografia an- tica, Maria poggia una mano sulla guancia. Così si rappresenta in particolare il discepolo che Gesù amava. La mano dell’amico si tende verso la parte buona, indica la fame non di pane, ma di Parola, che ha colto in Maria; la indica soprattutto a Marta, alle prese con il pane nella cesta e con lo sguardo interrogante rivolto verso Gesù. Ma sulla bianca tovaglia euca- ristica, la donna sta portando un pane che dall’insieme del conte- sto non appare più solamente materiale. C’è una luce, una pace, un’intimità che sembrano già aver superato il momento di crisi. “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo” (Gv 6,51). La casa che accoglie ce la prepara lui. “Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). Gesù nella casa di Marta e Maria Sulla morte Laboratorio della Fede 1 La Parola ai giovani Il graffio di Luca Bassanese Input

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27 MARZO 2011 - A CURA DELLA REDAZIONE DELLA VOCE DEI BERICI

Non c’è forse magnificenza nella morte?A cosa dovrei tendere se non allo splendore della fine, alla ricerca dell’oltre?

Tutto è così vano che a volte anche il volo di un gabbiano può sembrare un’apparenza; invisibile è la traccia del suo percorso, ma è il senso di respiro che mi dona lo sguardo di quel volo a farmi capire che l’oltre è già in tutte le cose, nell’invisibilità delle cose, nell’impercettibile, nell’indescrivibile, nell’assoluto vuoto che si colma d’ogni nostro sentire.

Ascoltare l’essenza della vita è veder morire la vita stessa in ogni istante, in ogni luogo, è raccogliere con il cuore e con la mente il continuo ed incessante andare che necessita della morteper esistere

(dal libro di Luca Bassanese

Soltanto per amore, poesie lettere e momenti di vita

Buenaonda Edizioniwww.lucabassanese.com)

NUMERO 3

U!cio Diocesano per i Giovani Piazza Duomo n. 2 - 36100 Vicenza - telefono 0444-226556 - e-mail: [email protected] sito internet: www.vigiova.it - Aperto dal lunedì al venerdì, dalle ore 9 alle 12.30 e dalle 14 alle 17.30; il sabato dalle 9 alle 12.30

Jan Vermeer, Cristo in casa di Marta e MariaIn alto: Diego Rodríguez de Silva y Velazquez, Cri-sto in casa di Marta e Maria.A destra: Tintoretto, Cristo in casa di Marta e Maria

La prima immagine è quelladell’albero, fermamente pian-tato al suolo tramite le radici,che lo rendono stabile e lo ali-mentano. Senza radici, sa-rebbe trascinato via dal vento,e morirebbe. Quali sono le no-stre radici? Naturalmente i ge-nitori, la famiglia e la culturadel nostro Paese, che sono unacomponente molto importantedella nostra identità.

La Bibbia ne svela un’altra. Ilprofeta Geremia scrive: “Bene-detto l’uomo che confida nelSignore e il Signore è la suafiducia. È come un alberopiantato lungo un corsod’acqua, verso la correntestende le radici; non temequando viene il caldo, le suefoglie rimangono verdi, nel-l’anno della siccità non si dàpena, non smette di pro-durre frutti” (Ger 17,7-8).

Stendere le radici, per il pro-feta, significa riporre la propriafiducia in Dio. Da Lui attin-giamo la nostra vita; senza diLui non potremmo vivere vera-mente. “Dio ci ha donato lavita eterna e questa vita ènel suo Figlio” (1 Gv 5,11).Gesù stesso si presenta comenostra vita (cfr Gv 14,6). Per-ciò la fede cristiana non è solocredere a delle verità, ma è an-zitutto una relazione personalecon Gesù Cristo, è l’incontrocon il Figlio di Dio, che dà atutta l’esistenza un dinamismonuovo. Quando entriamo inrapporto personale con Lui,Cristo ci rivela la nostra iden-tità, e, nella sua amicizia, la vitacresce e si realizza in pienezza.

(dal Messaggio di papa Benedetto XVI per la XXVI Giornata

Mondiale della Gioventù)

In questo tempo di quaresima,potremmo lavorare su un branodi Luca molto conosciuto: Gesùentra nella casa di Marta eMaria (Lc 10,38-42).

Entriamo anche noi in quellacasa attraverso tre quadri di pit-tori affermati, che ritraggono lascena evangelica a partire da di-verse intuizioni e angolature.

Le suggestioni che vi propo-niamo sono tratte da una confe-renza di don Dario Vivian.

Tintoretto

Il primo piano è di Maria, sedu-tasi nella posizione del discepoloe guardata quindi dalla sorellacon aria di rimprovero. Il pro-blema non riguarda primaria-mente le faccende da sbrigare -affidate alla serva sullo sfondo -,ma l’arditezza di fare quanto affi-dato esclusivamente ai maschi.

Tutti ne sembrano meravigliati

e forse scandalizzati: l’uomo chela osserva a braccia conserte, ladonna che ne parla stupita conquello in piedi, il gruppo che sene sta fuori: che siano i suoi di-scepoli? Può essere; visto che nelracconto dell’incontro con la Sa-maritana si osserva: “In quel mo-mento giunsero i suoidiscepoli e si meravigliaronoche stesse a discorrere con unadonna” (Gv 4,27). Gesù è comeassorto nel suo discorso, sta enu-merando con le dita a significare(secondo una tradizione icono-grafica medievale) che sta inse-gnando con autorità.

Gli occhi di Maria sono fissi sudi lui, quasi non presta ascolto aquanto le va dicendo la sorella.Come dice la Lettera agli Ebrei,“anche noi corriamo perseve-ranti nella corsa, tenendo fissolo sguardo su Gesù, autore eperfezionatore della fede” (Eb12,2).

VelazquezLa vecchiaia non sempre è sag-gezza, soprattutto quando tra-suda risentimento trasformato inmaldicenza.

Chi sarà mai la vecchia checomprende così bene Marta, ri-dotta a “cenerentola” della situa-zione, mentre la sorella Maria sene sta beatamente in ascolto del-l’amico Gesù? Sussurra qualcosaalla giovane serva, suscitandonela stizza; e le due sorelle sullosfondo sono come duplicate dalledue donne in primo piano.

La mano sul mortaio pesta inmodo deciso, forse frantumandosogni e alimentando invidie.

La scena di fondo è assai di-versa, ma è vista come un quadroin cornice, proiezione di un desi-derio che non si ha il coraggio diinseguire; qualcuno dovrà purpensare al cibo, fare la bravadonna di casa come si conviene.

Se tutti facciamo come Maria…Eppure ci vuole poco a deci-

dersi di passare dall’altra parte,sentire risuonare anche per sé leparole dette da Gesù ai primi di-scepoli: “Seguitemi, vi farò pe-scatori di uomini! E subito,lasciate le reti, lo seguirono”(Mc 1,17-18).

Quei bei pesci, una volta cuci-nati, vanto di ogni brava massaia,vuoi o no lasciarli o donna, che tisenti condannata a fare daMarta? Siediti anche tu, comeMaria. La rabbia svanirà e gliocchi torneranno a sorridere.

Vermeer

La casa quasi sparisce, siamo, in-fatti, immersi in un mondo di in-teriorità; è la cella del cuore, cheviene rappresentata tutta rac-chiusa nel gioco degli sguardi deitre personaggi.

Similmente all’iconografia an-

tica, Maria poggia una mano sullaguancia. Così si rappresenta inparticolare il discepolo che Gesùamava.

La mano dell’amico si tendeverso la parte buona, indica lafame non di pane, ma di Parola,che ha colto in Maria; la indicasoprattutto a Marta, alle presecon il pane nella cesta e con losguardo interrogante rivoltoverso Gesù.

Ma sulla bianca tovaglia euca-ristica, la donna sta portando unpane che dall’insieme del conte-sto non appare più solamentemateriale. C’è una luce, una pace,un’intimità che sembrano giàaver superato il momento di crisi.“Io sono il pane vivo, discesodal cielo” (Gv 6,51). La casa cheaccoglie ce la prepara lui. “Sequalcuno ascolta la mia voce emi apre la porta, io verrò dalui, cenerò con lui ed egli conme” (Ap 3,20).

Gesù nella casa di Marta e Maria

Sulla morte

Laboratorio della Fede

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La Parola ai giovani

Il graffiodi Luca BassaneseInput

La Parola ai giovani

“F uge, tace, quiesce:fuggi, taci, rappacifi-cati”. Così Enzo Bian-

chi, priore di Bose, riassume lecondizioni necessarie per una vitainteriore. Questi tre consigli, noigiovani del vicariato di Dueville,abbiamo provato a seguirli du-rante un’esperienza straordinariadi vita spirituale a Pra ’d Mill, inprovincia di Cuneo, dove si trovaun monastero cistercense abitatodai monaci di Lérins. La fine setti-mana nel monastero è stata laconclusione di un percorso forma-tivo sulla ricerca di una regola divita spirituale. Questi giorni cihanno dato la possibilità non solodi conoscere monaci che hannofatto della preghiera, del silenzioe della condivisione fraterna laloro vocazione, ma anche di farne,in prima persona, esperienza au-tentica, seguendo i ritmi mona-stici nella preghiera. Abbiamovissuto momenti significativi checi hanno permesso di approfon-dire il nostro rapporto con Dio, ri-cavandoci spazi di silenzio e diriflessione personale.

Particolarmente interessante èstato l’incontro con Paola, un’ere-mita che ha scelto con coraggio diseguire la sua vocazione, lasciando

la famiglia per dedicarsi alla pre-ghiera nella solitudine di un eremotra i monti. Nella sua testimo-nianza, Paola non ha esitato a rac-contarci le difficoltà incontrate,ma il suo totale abbandono nellemani di Dio l’ha resa una personafelice. Infatti, ciò che più trasparedalle sue parole nel raccontarci lastoria della sua vita è un senso dipiena felicità e realizzazione. Tor-niamo da Pra ’d Mill con il deside-rio di ricavarci più spesso momentidi quiete per abitare con noi stessi,leggere la Parola, instaurandosempre più un rapporto sincero eprofondo con Dio.

I giovani del vicariato di Dueville

* * *

S ilenzio, preghiera, rifles-sione, ospitalità e acco-glienza: questi sono gli

ingredienti del nostro soggiornonel Monastero camaldolese diFonte Avellana.

Caratteristica di tutti i mona-steri è il silenzio, cosa che po-trebbe preoccupare i visitatori:per alcuni è facile starsene da soliin silenzio, per altri meno. Comeci ha detto padre Alessandro, ilpriore, questo momento di tran-quillità, di pace, non deve esserevissuto in modo forzato, ma cometempo di riflessione personaledove ognuno ha la possibilità ditrovare la propria preghiera, ilproprio salmo, come fecero a lorovolta la Vergine Maria con il Ma-

gnificat, Giuditta, Simeone e altri.I vari monasteri non vivono il si-

lenzio e la preghiera nello stessomodo e questo l’abbiamo capitograzie alla visione di alcuni filmati,come per esempio Il grande si-lenzio, e dalle risposte che ilpriore ha dato a tutte le nostre do-mande e curiosità.

Riguardo alla preghiera, questaveniva principalmente cantata edera praticata in diversi momenti:lodi, media ora, vespri, che ab-biamo condiviso con i monaci, epoi, la compieta, che invece reci-tavano in solitudine. Come si pre-gava nella cripta, la vecchia chiesadel monastero, assieme ai monaci,così si può pregare in solitudine inqualsiasi luogo, in automobile, ascuola, al lavoro, come suggeritoda padre Alessandro.

Viviamo in un tempo segnato daritmi frenetici e tante distrazioni.Grazie ai monasteri costruiti inmezzo alla natura e lontani daicentri urbani, ogni persona, al dilà del proprio orientamento reli-gioso e della propria nazionalità,può trovare un luogo di acco-glienza e ospitalità dove poter, at-traverso il silenzio e la preghiera,riflettere sulla propria vita.

Nonostante i pochi giorni tra-scorsi a Fonte Avellana, i momentivissuti assieme hanno lasciato innoi l’entusiasmo di continuare ilnostro cammino di animatori, col-tivando in profondità la fede e lavita interiore.

Il gruppo animatori di Nove

Tempo forte, tempo impegnativo,“favorevole”, opportunità da nonperdere: questa può essere laQuaresima! Per rimettere il cuorenel suo centro.

Per permettere a sé stessi difare il punto, cioè di interrogarsiascoltando la vita che batte den-tro di noi, prestando ascolto a un“messaggio”, a una Parola diversadalle solite chiacchiere, che sonobrandelli di pensieri troppoumani. Ma per entrare nel miocentro devo darmi del tempo, cer-cando uno spazio di tranquillità, disolitudine, e mettere a taceretutte le fantasie, calmando le emo-zioni per fare posto allo stupore elì, nel silenzio, interrogarsi: “Chisono io per te, Signore? Chi sei tuper me?”.

Posso con te passare dalla

morte alla vita autentica? Il Salmo84, a un certo punto, dice: “Ascol-terò che cosa dice Dio”.

Sì, Dio parla e parla a me che misono messo in ascolto e mi mani-festa che la sua è volontà di paceper il mio cuore, che viene purifi-cato dalle sue parole di vita.

È proprio questa l’esperienzache facciamo noi monaci e mona-che; uomini e donne, attratti daGesù, che vogliono realizzare almassimo la loro personalità of-frendola a Dio per il mondo, silen-ziosi, ma attivi cercatori delTesoro che il Signore dona a tuttigli uomini di buona volontà: l’ami-cizia con Lui, il vivere alla Sua Pre-senza gioiosamente, cantando lesue lodi e lavorando con le propriemani per rimuovere ogni giorno gliostacoli dal proprio cuore, perché

la fonte, che portiamo dentro,zampilli sempre più abbondante-mente per il bene dei fratelli.

Anche l’artista si dà del tempoin solitudine, per dare corpo aisuoi pensieri, creare armonie, te-sori di immagini e offrire così unmessaggio di valore.

Ai tanti “perché” che spesso as-sillano il cuore umano, può dare ri-sposta l’abbandonarsi a Colui chetiene la nostra vita nelle sue mani.“Ti ho disegnato sulle palmedelle mie mani” (Is 49, 16).

La Quaresima, dono semprenuovo di Dio al suo popolo, ci puòdavvero ricondurre alla casa delPadre. Tutto sta nel cogliere l’oc-casione offerta, l’opportunitànuova che l’oggi, svuotato da ciòche è inutile, propone nell’incon-tro con “Colui da cui sappiamo di

essere amati” (S. Teresa di Gesù).La gioia è solo nel sentirsi chia-mare “figlio mio” dal Padre delcielo, ed essere parte della suavita con tutto ciò che si è, nienteescluso.

Il cammino pasquale di Gesù è,in fondo, il segno visibile della te-nerezza di Dio, che ti ha cercatoper quello che sei, anche là dovenon vorresti farti trovare.

II monaco e la monaca rivivonoquotidianamente questo desideriodi familiarità con Dio, in perennericerca di quella identità di figlio,appannata e da molti dimenticata.E lo sperimentiamo non solo pernoi, ma per ogni fratello. La cellaspoglia, il tempo non più mio, maritmato dal suono della campana,senza le preoccupazioni e il tra-guardo dell’efficienza a tutti i

costi, fanno spazio nel dialogo si-lenzioso al Signore e diventanostrada su cui l’umanità si incam-mina per tornare alla vera patria, ilvolto di Gesù.

Le monache del Carmelo

Silenzio e meditazione:esperienze in monastero

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In questo tempo di Quaresima, ci lasciamo provocaredalla testimonianza didue gruppi di giovani educatori, che hannovissuto esperienze particolarmente signi-ficative di interioritàe preghiera: il vica-riato di Dueville, inuscita nel monasterodi Pra ’d Mill, e la par-rocchia di Nove e l’in-contro con i monaci di Fonte Avellana

È proprio di questo tempo di Qua-resima il brano evangelico dellaTrasfigurazione, che racconta ildesiderio dei discepoli di fermarsicon le capanne sulla cima delmonte, per prolungare l’espe-rienza di intensa relazione speri-mentata con il proprio Maestro. Èun passo della Parola nel quale èfacile riconoscersi, se ripensiamoa tutti i momenti speciali di incon-tro con la nostra interiorità.

Oggi, le esperienze spirituali“forti” rappresentano nella pro-grammazione delle attività digruppo una grande opportunità.Ritiri nei monasteri, esperienze inluoghi animati da figure carisma-tiche, contatti con l’esperienzadella clausura, diventano semprepiù spesso occasioni di incontroforte con la propria interiorità. Sitratta senza dubbio di sani equanto mai opportuni momentidi distacco dai ritmi di tutti i giornie di “eccezionale” contatto con al-cune dimensioni di noi stessi altri-menti dimenticate.

Il problema nasce quando sitorna alla vita di sempre, alla quo-tidianità, che porta con sé le abi-tudini e la fatica di ricrearecondizioni utili a una relazione in-tensa con il proprio bisogno di in-teriorità e di spiritualità.

Come creare le condizioni pervivere al meglio l’interiorità delquotidiano? Proviamo a racco-gliere tre piccole riflessioni chepossono ispirare altrettanti accor-gimenti metodologici per igruppi.

L’INTERIORITÀÈ UN’ESPERIENZA FISICALa prima attenzione da tener pre-sente è forse la meno scontata.Pensando all’interiorità e alla spi-ritualità, spesso ci dimentichiamoche queste dimensioni sono stret-tamente legate alla nostra fisicità:in questo, le grandi religioni orien-tali sono scuole eccezionali.Anche noi possiamo favorire que-sta consapevolezza nei nostri “ani-mati”, curando nei dettagli imomenti di preghiera e di appro-fondimento personale della Pa-

rola che proponiamo in gruppo. Sitratta di piccoli accorgimenti,come la cura delle luci, l’ascoltodei suoni, la disposizione dellastanza, la prossimità e la distanzadagli altri, la postura del corpo,l’espressività, il respiro, l’utilizzo diicone, immagini, oppure di segniche hanno un richiamo alla litur-gia e ai sacramenti (acqua, olio,luce, pane, vino…).

IL DIALOGO INTERIOREHA BISOGNO DI ALLENAMENTOSpesso ci troviamo a “predicare”l’importanza dell’interiorità. Masappiamo benissimo quanto siadifficile fermarsi per far risuonaredentro di noi esperienze, situa-zioni, parole, relazioni. Lo stile divita tipico del nostro tempo è ca-ratterizzato dal “tutto e subito”. Ildialogo interiore vive di tempilunghi, di profondi silenzi e vuoti,della capacità di stare nell’assenzadi risposte per molto tempo. L’in-teriorità non è sempre pienezza, èspesso attesa, e questa è soppor-tabile se ci alleniamo a viverla e ariconoscerla come una dimen-sione fondamentale dell’ascoltodel nostro io più intimo.

L’INTERIORITÀ PERSONALEÈ INTENSA RELAZIONEI ragazzi che incontriamo neigruppi sono spaventati dalla soli-tudine: la ricerca spasmodica di“connessioni!” con gli altri ce lo di-mostra. Quando li accompa-gniamo all’incontro con la lorodimensione interiore è fonda-mentale far cogliere loro che sitratta di uno spazio di relazione.Anzi, è lo spazio dove le relazionipiù importanti della nostra vitapossono emergere in tutto il lorovalore, dove la presenza delle per-sone da noi amate si manifesta inmodo intimo, dove possiamo gu-stare e prendere consapevolezzache noi stessi siamo relazione esiamo le persone che incontriamo.

Mirco Paoletto

Vuoi continuare il confronto sul-l'argomento? Intervieni sul forumwww.animattivi.it.

L’interioritàdel quotidiano

Il fatto

Pro-Vocazione

Svuotiamoci di ciò che è inutile

Metodologia di conduzione dei gruppi

La chiesa del monastero Dominus Tecum a Pra ’d Mill

Il tempo ritmato dalla campana

La Parola ai giovani

RadioViGiova ha sempre pro-grammato le canzoni di NiccolòFabi. Perché? Musica e parole neisuoi brani si fondono in una pro-fonda esplorazione del mondo me-raviglioso racchiuso dentro ognunodi noi; talvolta rifulgono di scintilledi spiritualità o si tingono delletinte sfumate della ricerca disenso.

La trasmissione radiofonicadella Pastorale Giovanile ha incon-trato Niccolò a una presentazioneall’Università di Padova della suaesperienza con Cuamm Medici conl’Africa; e in quell’occasione hascoperto che dietro le sue note eparole ci sono sudore e rughe: isegni del viaggio, della volontà dicapire, di vedere, di assaporare.

“Come cercare l’ombra in undeserto o stupirsi che è difficile in-contrarsi in mare aperto, prima dipartire si dovrebbe essere sicuri dicosa si vorrà cercare, dei bisogniveri”: ogni incontro lascia un inse-gnamento e questo è stato il mes-saggio di Niccolò; il viaggio piùimportante e difficile è quello den-tro di sé, l’esperienza che rendeuomini vivi e veri.

La sabbia e il fango dell’Africanon sporcano solo la pelle, ma la-

sciano un segno che traccia unarotta tra le vene e il cuore; la pro-pria Africa, poi, può essere il la-voro, una relazione, una scelta.

Ogni passo importante costa me-ditazione e il coraggio di non la-sciarsi trascinare dalla corrente:“Il tesoro è alla fine dell’arcoba-

leno che, trovarlo vicino nel pro-prio letto, piace molto di meno”.

Mauro Maruzzo (per lo staff di RadioViGiova)

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«Basta! State zitti! Ragazzi fermi!Ehi, vi ho detto di tacere! Smette-tela o vi caccio fuori, non se ne puòpiù di sentirvi!». Chi ha detto que-sta frase? La risposta è aperta: l’in-segnate, la catechista, il professore,la maestra, il parroco, la suora, ilcappellano. Tutti lo dicono! Ap-pena sentiamo la parola «silenzio»,ci indispettiamo e ci viene inmente una situazione nella qualedobbiamo rimanere bloccati nellanostra energia, nella nostra vitalità.Il silenzio fa anche paura e crea im-barazzo: allora via con gli auricolaridel nostro lettore mp3 o con lo ste-reo a palla in camera. Eppure, “nel-l’amore, il silenzio vale più di undiscorso” (B. Pascal). Cosa c’entracon la liturgia questa frase? Perquanto possa sembrare esagerato,se vogliamo celebre la Messa e i sa-cramenti con buon frutto, dob-biamo entrare nel linguaggiomisterioso degli amanti. Sapetequal è il primo gesto che compie ilsacerdote quando arriva all’altare?Dare un bacio! Il silenzio sgorga daqui: prima di ogni parola, dopoogni parola, prima di ogni regola emessaggio, dopo ogni regola emessaggio, quello che Dio desi-dera è far percepire alla sua Chiesal’intensità dell’amore che prova. Echiede poi di essere ripagato conla stessa moneta. Perché il Signorenon parla per dare delle “comuni-cazioni”, ma si comunica per daresé stesso, offrire una presenza, ac-cendere un incontro, aprire al-l’amicizia. La liturgia conosce alloramolti silenzi, tra loro diversi, ricchidelle molte sfaccettature chefanno nascere e custodiscono unrapporto vivo tra persone che sicercano e si accolgono, tra Dio e lasua famiglia, tra Cristo e ciascunodi noi. Il Messale ci dice: “Si deveanche osservare, a suo tempo, ilsacro silenzio, come parte della ce-lebrazione. La sua natura dipendedal momento in cui ha luogo nellesingole celebrazioni. Così, durantel’atto penitenziale e dopo l’invitoalla preghiera, il silenzio aiuta il rac-coglimento; dopo la lettura ol’omelia, è un richiamo a meditarebrevemente ciò che si è ascoltato;dopo la Comunione, favorisce lapreghiera interiore di lode e disupplica. Anche prima della stessacelebrazione è bene osservare il si-lenzio in chiesa, in sagrestia e nelluogo dove si assumono i para-menti e nei locali annessi, perchétutti possano prepararsi devota-mente e nei giusti modi alla sacracelebrazione”. Il silenzio, allora, èraccoglimento: Dio ci fa entrare innoi stessi, ci compone, permette dinon disperdersi. È anche medita-zione: Dio chiede il coraggio diascoltare e ascoltarsi, di sentire nelprofondo, desiderio di trovare laverità, di stabilire l’equilibrio, diuscire dal coro del “così la pensanotutti e fanno tutti” per trovare unasintesi personale. Il silenzio è lospazio di incontro: per la pre-ghiera, il “tu per tu” con il Signore,che ci spinge alla lode e fa propriele nostre lacrime. Infine: chi amaattende, chi attende ha la boccachiusa e gli occhi spalancati, leorecchie pronte e il cuore in fibril-lazione. Prima della Messa osser-vare il silenzio è disporsiall’incontro tra il Risorto e la suaChiesa, tra lo Sposo e la Sposa. Pernoi, per la nostra liturgia: custodisciil silenzio e il silenzio ti custodirà.

don Gaetano Comiati

«Custodisci il silenzio»

Special Guest

Dentro la musica di Niccolò Fabi

Focus Liturgia

L’ adorazione eucari-stica con i giovanidel gruppo o della

parrocchia è una sfida chesi ripresenta “affascinante etremenda” a ogni approssi-marsi della SettimanaSanta.

Proviamo a fare alcuneconsiderazioni operativeche orientino nella prepara-zione di una esperienzaproponibile; ci guiderà una“quaterna” formulata inmodo pro-vocatorio, adattaa funzionare come schemaper ogni tipo di celebra-zione: teste - testi - contesto- gesti.

“Teste”: sono quelle dei sog-getti coinvolti, siano essi i giovaniattesi, ma anche gli animatori or-ganizzatori e l’eventuale prete osuora presenti. Si dovrà avereun’idea precisa dei partecipanti,per calibrare linguaggio, tempi eritmo della preghiera; ma sarà im-portante anche chiarire bene leforze disponibili all’animazione,per sapere fin dove si potrà“osare”…

Con “testi” si intende anzituttola tipologia (modalità e conte-nuto) dei canti e dei brani daascoltare, da leggere e da pregare(insieme o coralmente).

Dato il primato da assicurare alSantissimo Sacramento, è benenon prevedere interventi di tipoomiletico (proprio, cioè, delleomelie) e i commenti siano pochied essenziali!

Si lasci il posto d’onore a unbrano del Vangelo scelto con curain base al tema della preghiera edeventualmente accompagnato daun altro “suggestivo” testo del

nuovo o dell’antico Testamento (laproclamazione sia molto curata!).

All’inizio e alla fine ci sia unapreghiera in forma dialogica trasolista-solisti e assemblea, suitemi proposti.

I canti saranno di tipo medita-tivo, conosciuti da tutti, ma attential gusto e alla sensibilità dei pre-senti (senza perdere di vista la se-rietà dei contenuti).

Con i giovani non si possono ri-schiare tempi troppo lunghi di si-lenzio: risulta più efficaceprevedere più momenti piuttostobrevi e accompagnati da spunti diriflessione o domande provocato-rie riportate sul sussidio.

A questo proposito “testo” puòrichiamare anche l’importanza difornire a ciascuno uno strumentoben preparato per partecipare tran-quillamente alla preghiera: un fa-scicoletto (da preferirsi ai fogliinteri, ingombranti e dispersivi)con caratteri ben visibili (soprat-tutto se la luce sarà soffusa) e di-sponibile in quantità abbondante (oalmeno largamente sufficiente…gli ultimi sono già… “ultimi” elasciarli senza sussidio significaescluderli e farli sentire non at-tesi! Anzi: ci sia chi si ferma ac-canto all’ingresso per accogliere eintrodurre nell’ambiente).

Il “contesto” è appunto l’am-biente preparato in tutti i suoiparticolari: luci, fiori (profumi),

posto per i partecipanti… Per lospecifico dell’adorazione è impor-tante far emergere la continuitàcon la liturgia eucaristica (esposi-zione sull’altare della celebra-zione, lasciato il più possibilesimile a quando c’è la Messa,senza mortificare la mensa conuna concentrazione di fiori o dicandele che falsano il messaggiocomplessivo). L’ostensorio, possi-bilmente, sia bello e decoroso, masemplice e rispettoso del segnodel pane, che non va mai “spiri-tualizzato”.

I “gesti”, come sempre, sonoparticolarmente importanti ecoinvolgenti! Per trasmettere lamodalità dell’adorazione è impor-tante recuperare la postura dellostare in ginocchio (può giustifi-care una opportuna spiegazione)e l’uso dell’incenso (il braciere nelquale ciascuno può deporre ungrano di resina è una felice alter-nativa al turibolo).

don Fabio Sottoriva

Niccolò Fabi (a destra) con lo sta! di Radio Vigiova

È importante far emergere la continuità con la liturgia eucaristica.L’ostensorio sia rispettoso del segno del pane, che non vamai “spiritualizzato”

Un’ora con Lui (Mt 26,40)

Potere dei segni

La Parola ai giovani

Al bar con Margherita, animatricee responsabile del coro parroc-chiale. Le ho chiesto di raccon-tarmi come vive il tempo diQuaresima, prendendo spunto dauna frase di Benedetto XVI, cheha ricordato quanto questo “siaun tempo fecondo per la con-versione; un tempo di ‘agoni-smo’ spirituale da vivereinsieme con Gesù, attraverso lapreghiera, l’ascolto della Pa-rola, il discernimento”.

Ho iniziato a fare l’animatriceproprio durante la Quaresima. Iragazzi, che seguivo, sapevanogiusto che era il tempo antece-dente la Pasqua, che durava 40giorni e che il venerdì era meglio

non mangiare carne, ma nullapiù. Anch’io, nonostante avessiqualche anno di più, mi sentivopoco preparata, forse perché noncoglievo quell’aura di mistero eattesa che percepivo maggior-mente durante l’Avvento. LaQuaresima è un tempo di ri-nuncia, di prova. Se non lo viviintensamente arriva la Pasqua,ti emoziona un po’ e passa la-sciandoti come ti aveva trovato.A me, per più di vent’anni, è ca-pitato questo. Mi sono chiesta, al-lora, come fare in modo chel’alba della Pasqua mi potessetrovare un po’ cambiata: di-cendo a Dio “sia fatta la tua vo-lontà”, lasciando morire quellaparte di me, affinché a Pasquapotesse risorgere nuova, rigene-rata, trasformando i buoni pro-positi in vissuto concreto.

Per concretizzare questi pro-positi c’è bisogno di esperienze!Non parlo di fare, ma di “vi-vere” qualcosa. La routine nelleparrocchie ti porta più a “dartida fare”, tutto è imperniato sul“fare”. Ciò non basta, bisognavivere! In Quaresima cadiamoin questo tranello: “Facciamo laveglia, l’adorazione, il deserto”,ma viviamo cosa? Come possoriconoscere gli aspetti che sono

in me da rigenerare se non mifermo per riconoscerli? Allorala Quaresima può essere queltempo fecondo per pregare, perascoltare quello che Gesù provaa dirmi, per riflettere se si siaaccumulato dentro di me unfardello di piccole o grandimancanze d’amore da gettarevia così che a Pasqua possa inun certo senso risorgere an-ch’io. Queste mancanze sonocome i chiodi della Croce e laQuaresima mi può servire perprepararmi a scendere dallaCroce, a liberarmi dai chiodidella mia disattenzione verso ilprossimo, del mio egoismo,della mia scarsa sensibilitàverso chi mi sta vicino, del miopreferire me stessa agli altri.

La Quaresima è un momento pro-pizio per chi volesse riaccostarsialla Fede. I vescovi lombardi hannopromulgato un documento nelquale evidenziano come il matri-monio, la nascita di un figlio, unlutto, definite “soglie”, possano es-sere occasioni importanti per unriavvicinamento alla Fede. Tu cosane pensi?

Per avvicinarsi alla Fede è ne-cessario essere in ricerca. Le

“soglie” ti possono aiutare a ca-pire che quello che stai cercandosi trova lì, dove c’è qualcuno cheti annuncia la Parola. Per chinon è in ricerca sono, invece,momenti passeggeri, “slanci diFede” effimeri. Credo che questeoccasioni siano da cogliere percercare di avvicinare chi sisente in cammino - o chi lo è in-consapevolmente - per fargli ca-pire che è possibile trovare unarisposta. È una sfida, che deveessere affrontata con discre-zione e sensibilità. Un canalefondamentale - lo dico per espe-rienza personale - può essere lacomunità: le persone hanno bi-sogno di socialità soprattutto inqueste situazioni particolaridella vita; bisognerebbe farcapir loro che la comunità è

pronta ad accoglierle, ad accet-tarle, a coinvolgerle. Un verocammino di Fede, oggi più chemai, ha bisogno di un fortecoinvolgimento, di una forte so-cializzazione. Solo dopo, è pos-sibile iniziare un’opera dieducazione alla Fede. Un’edu-cazione che secondo me dev’es-sere affrontata “da zero”, dapersone formate, esperte, ca-paci, perché molto spesso chi èstato lontano per molti annidalla pratica religiosa si ritrovaad essere una “tabula rasa”.

Saluto e ringrazio Margherita peril tempo trascorso insieme, augu-randole di vivere il tempo quare-simale come occasione autenticadi conversione.

Sandro Pupillo

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Oggi più che mai, un vero cammino di avvicinamento alla proposta cristiana ha bisogno di coinvolgimento e di una forte socializzazione

La Pastorale Giovanile organizza per tuttii giovani della diocesi alcuni pullman perpartecipare a:

BEATIFICAZIONE DI GIOVANNI PAOLO II DOMENICA 1 MAGGIO A ROMA

CELEBRAZIONE EUCARISTICA PRESIEDUTA DA BENEDETTO XVI 8 MAGGIO A MESTRE

I moduli di iscrizione possono essere scaricati dal sito www.vigiova.it

SABATO 2 APRILE A VALDAGNO: Esperienza di evangelizzazione di strada!tutte le info su www.vigiova.it"

SABATO 16 APRILE, ALLE ORE 20.30, IN CATTEDRALE:GIOVANI CHIAMATI A VEGLIAREVeglia diocesana per i giovaniVeglia diocesana per le vocazioni

Numero dei partecipanti alle proposte diocesane: 550Iscrizioni: ancora aperte fino a esaurimento posti pullman

Coffee break

Una Fede in cammino

“Ho tentato di raccontare in formelaiche il forte bisogno di spiritua-lità che si sente in questo mo-mento in tutto il mondo”: conqueste parole, nel 2005, il grandemaestro del cinema Ferzan Ozpe-tek ha presentato il suo CuoreSacro.

La protagonista del film è Irene(interpretata dalla brava BarbaraBobulova), una giovane donnacostretta dagli eventi della vita aintraprendere il viaggio più fati-coso, quello verso la propria inte-riorità, quel luogo “sacro” che c’è

in ciascuno di noi e in cui, solo, sicela il significato dell’esistenza.

Questo viaggio verso la veritàdi sé, per Irene passa, da un lato,attraverso la riconciliazione con ilpassato - in particolare con la fi-gura materna - e, dall’altro, attra-verso l’incontro scioccante con ipoveri, in un cammino che ri-chiama in misura rilevante quellodei grandi mistici e convertiti delpassato.

All’inizio della storia, Irene èuna giovane manager rampante.La morte della mamma trasforma

ai suoi occhi, abituati al calcolo eal profitto, il fatiscente palazzo difamiglia, in una grande opportu-nità di speculazione immobiliare.

Ma proprio nelle stanze oramaibuie e deserte della sua infanzia,Irene incontra Benny, un’adole-scente vivace e irrefrenabile che lespalancherà davanti un mondoprima di allora ignorato: quellodella povertà e dell’indigenza.

La scoperta sconvolge la gio-vane donna, che progressiva-mente decide di dedicarsicompletamente ai poveri, pronta a

cambiare vita, rinunciando a tutti isuoi averi in favore dei bisognosi.

La nuova scelta di vita trova lasua manifestazione plastica lasera in cui Irene, nella metropoli-tana, si spoglia completamente diogni oggetto che indossa. Qual-cuno la ritiene pazza, esattamentecome accadde a Francesco d’As-sisi. In realtà, quel gesto assume ilvalore di una rinascita, avvenutaall’interno, in quel “cuore sacro” incui Irene ha alla fine ritrovato séstessa.

Alessio Graziani

C’è un “Cuore Sacro” in ciascuno di noiBuio in sala: il film del mese