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LA PALLAVOLO PREMESSA. Il testo che segue (predisposto per gli alunni della S.M.S. “Pascoli” di Noale) è frutto di un lavoro di ricerca, di analisi e di confronto delle informazioni disponibili sulla pallavolo, soprattutto per quanto riguarda la fase pioneristica (dalla nascita alla costituzione della F.I.V.B.- Fédération Internationale de Volley Ball ). Infatti nel web si trovano molte informazioni contraddittorie, o ripetizioni “copia e incolla” con storpiature e svarioni tipici della trasmissione per “passa-parola” e “per sentito dire”. Pertanto ho attinto le informazioni da fonti cartacee autorevoli e da siti web istituzionali (la F.I.V.B. in primis). L’elenco delle fonti consultate si trova a fine lavoro. Sarò comunque grato a chi mi segnalasse di aver rilevato degli errori evidenti o ritenesse opportune delle integrazioni. Prof. Andrea Levorato (maggio 2012) PRESENTAZIONE La pallavolo è uno sport (gioco sportivo codificato) giocato con una palla da due squadre che si fronteggiano su un campo rettangolare (di m 18 x 9) diviso a metà da una rete. Lo scopo del gioco – nel rispetto le regole, applicando varie strategie e in ogni caso facendo passare la palla so- pra la rete – è quello di far ca dere la palla stessa nel cam- po avversario o di mettere in difficoltà gli avversari al pun- to che questi commettano de gli errori. La pallavolo è uno degli sport più praticati sia a livello scolastico che a livello agoni- stico: nel settore femminile è lo sport agonistico più prati- cato in Italia. L’organismo istituzionale della pallavolo italiana è la FIPAV (Federazione Italiana Palla A Volo), fondata nel 1946 vie- ne riconosciuta dal Coni nell’ anno successivo, ma ne diventa membro effettivo nel 1955). Il nome internazionale della pallavolo è volleyball (esattamente come fu battezzata dopo le sue prime ap- parizioni), ma frequentemente viene abbreviato in “volley”. L’organismo istituzionale internazionale del volley è la FIVB (Federation Internationale de Volley- Ball) fondata a Parigi nel 1947. Il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) inserì la pallavolo nel pro gramma olimpico nel 1957, ma le prime Olimpiadi nelle quali la pallavolo fu presente sono state quelle del 1964 in Giappone. Oltre alla pallavolo propriamente detta, si sono sperimentate delle varianti che – pur condividendo gran parte delle forme e delle regole con il gioco originario – nel corso del tempo si so- no differenziate evolvendo - almeno in un caso - verso lo sta- tus di disciplina vera e propria e caratterizzandosi soprattutto per la particolarità degli ambienti in cui si attua: il caso è quello del “beach volley”, praticato sulla sabbia, in spiaggia o anche in altri spazi (aperti o chiusi), ma sempre su fondo sabbioso.

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LA PALLAVOLO

PREMESSA. Il testo che segue (predisposto per gli alunni della S.M.S. “Pascoli” di Noale) è frutto di un lavoro di ricerca, di analisi e diconfronto delle informazioni disponibili sulla pallavolo, soprattutto per quanto riguarda la fase pioneristica (dalla nascita alla costituzionedella F.I.V.B.- Fédération Internationale de Volley Ball ). Infatti nel web si trovano molte informazioni contraddittorie, o ripetizioni “copia eincolla” con storpiature e svarioni tipici della trasmissione per “passa-parola” e “per sentito dire”. Pertanto ho attinto le informazioni dafonti cartacee autorevoli e da siti web istituzionali (la F.I.V.B. in primis). L’elenco delle fonti consultate si trova a fine lavoro. Sarò comunque grato a chi mi segnalasse di aver rilevato degli errori evidenti o ritenesse opportune delle integrazioni. Prof. Andrea Levorato (maggio 2012)

PRESENTAZIONE

La pallavolo è uno sport (gioco sportivo codificato) giocato con una palla da due squadre che si fronteggiano su un campo rettangolare (di m 18 x 9) diviso a metà da una rete.

Lo scopo del gioco – nel

rispetto le regole, applicando varie strategie e in ogni caso facendo passare la palla so- pra la rete – è quello di far ca dere la palla stessa nel cam-po avversario o di mettere in difficoltà gli avversari al pun- to che questi commettano de gli errori.

La pallavolo è uno degli sport più praticati sia a livello scolastico che a livello agoni-stico: nel settore femminile è lo sport agonistico più prati-cato in Italia.

L’organismo istituzionale della pallavolo italiana è la FIPAV (Federazione Italiana Palla A Volo), fondata nel 1946 vie- ne riconosciuta dal Coni nell’ anno successivo, ma ne divent

Il nome internazionale della parizioni), ma frequentemente vi

L’organismo istituzionale inteBall) fondata a Parigi nel 1947.

a membro effettivo nel 1955). pallavolo è volleyball (esattamente come fu battezzata dopo le sue prime ap-ene abbreviato in “volley”. rnazionale del volley è la FIVB (Federation Internationale de Volley-

Il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) inserì la pallavolo nel programma olimpico nel 1957, ma le prime Olimpiadi nelle

quali la pallavolo fu presente sono state quelle del 1964 in Giappone.

Oltre alla pallavolo propriamente detta, si sono sperimentate delle varianti che – pur condividendo gran parte delle forme e delle regole con il gioco originario – nel corso del tempo si so-no differenziate evolvendo - almeno in un caso - verso lo sta-tus di disciplina vera e propria e caratterizzandosi soprattutto per la particolarità degli ambienti in cui si attua: il caso è quello del “beach volley”, praticato sulla sabbia, in spiaggia o anche in altri spazi (aperti o chiusi), ma sempre su fondo sabbioso.

QUALE PALLAVOLO? La pallavolo che si pratica oggi ha regole e strategie di gioco un po’ diverse da quelle di 20 anni fa e

molto diverse da quelle delle origini; l’identità di fondo però si è mantenuta perché non sono cambiati lo scopo del gioco, le forme generali e la caratteristica di gioco di squadra.

Qualche esempio – di seguito - sui cambiamenti riguardanti il servizio (battuta).

a- Secondo le regole originarie di Morgan (ideatore della pallavolo) il giocatore al servizio aveva due tentativi a disposizione per inviare la palla nell’altro campo (come accade ancora oggi nel tennis); inoltre nel servizio - e così pure durante il gioco – la palla non poteva toccare la rete, mentre oggi i tentativi di servizio sono unici e la battuta è valida anche se la palla tocca la rete, purché riesca a passare nel campo avverso.

b- E’ dal 1994 che la zona di servizio è estesa per tutti i 9 m oltre la linea di fondo; prima era limitata ad una zona di 3 metri sul lato destro di ciascuna metà campo. Ma prima ancora la battuta veniva effettuata dall'interno di un apposito riquadro.

c- Verso la fine degli anni ’70 i Russi applicarono il muro (ideato nel 1938 dai Ceco-slovacchi) al servizio avversario, incaricando il giocatore centrale di intercettarlo. Ma nel 1984 la Federazione Internazionale lo vietò ritenendolo un gesto antispor-tivo, poiché impediva l’inizio del gioco.

Nell’immagine la palla è stata ri-disegnata perché altrimenti invi-

sibile sullo sfondo scuro

Si deve sapere poi che agli albori della sua storia - tra il 1896 e la prima parte del xx secolo, al- lorché si diffondeva a macchia di leopardo – la pallavolo veniva giocata in modo diverso nelle di-verse zone del mondo, esattamente come da sempre accade con i giochi popolari (“palla-guerra”, “palla-prigioniera”, “bandiera”, ecc). Infatti, in questi giochi, pur conservando l’idea di fondo, le rego le del gioco vengono adattate, modulate, di comune accordo dai giocatori stessi a seconda degli spazi disponibili, del tipo e del numero di persone che vogliono giocare, degli attrezzi/strumenti di cui si dispone; perché lo scopo è quello di riuscire a giocare e di divertirsi insieme agli altri.

Un gioco, solo quando raggiunge una grande diffusione, quando comincia ad assumere delle forme agonistiche e quando porta all’organizzazione di gare tra praticanti di zone lontane tra loro, evidenzia la necessità di concordare regole rigide che valgano per i giocatori di tutte le provenien-ze e per tutte le organizzazioni nel mondo, altrimenti non sarebbero possibili gli incontri di carattere nazionale, continentale o mondiale.

E infatti la pallavolo è arrivata ad avere una definizione precisa e riconosciuta in tutti i continenti solo nel 1947 con la costituzione a Parigi della FIBV (Federation internationale de Volley Ball) e con il primo Congresso Mondiale in cui vennero unificate le regole europee e quelle americane. Ciò permise di organizzare nel 1948 i primi Campionati Europei e nel 1949 il primo Campionato Mondiale.

Tuttavia le nazioni asiatiche pallavolisticamente più importanti (Giappone e Filippine) aderirono alla FIBV solo nel 1951 e comunque continuando a manifestare perplessità sul sistema di gioco a 6 giocatori adottato dalla FIBV, visto che in Asia si era affermata la formula a 9. In quel periodo di “transizione” il Giappone giocava nel resto del mondo con sei giocatori, mentre a casa propria mantenne il sistema a nove fino al 1955, quando anche ai primi Giochi Asiati-ci affiancò al torneo ufficiale a 6 giocatori (vinto dall’India) un torneo parallelo a 9 (vinto appunto dal Giappone).

Da allora – e però contemporaneamente per tutte le federazioni nazionali - le regole hanno con-

tinuato a cambiare, come è naturale che sia nell’evoluzione tecnica del gioco, in conseguenza cioè del fatto che giocatori e allenatori cercano sempre nuove soluzioni e nuove strategie per superare gli avversari. Gli ultimi importanti cambiamenti sono stati quelli intervenuti dal 1998, finalizzati a ren dere il gioco più definito nella durata delle partite e più spettacolare, in modo da adattarsi ai tempi e alle caratteristiche della televisione, utilizzata come mezzo irrinunciabile per la promozione di que-sto sport e per ottenere le sempre più indispensabili sponsorizzazioni.

Quindi c’è da chiedersi: nel prossimo futuro quale pallavolo vedremo e giocheremo?

PRIMA DELLA PALLAVOLO

La pallavolo, come è accaduto per molti altri sport, non è stata inventata “da zero”, ma rappre- senta l’evoluzione di giochi simili praticati fin dall’antichità e con mille varianti.

- Nell'antico Egitto i giochi con la palla rinviata da una squadra all’altra – seppur praticati anche dai bambini – avevano per gli adulti e nelle grandi occasioni uno sfondo e un rituale religioso; così pu-re nel Centro-America pre-colombiano dove tali riti erano spesso accompagnati da sacrifici umani.

- I Romani e i Greci invece praticavano i giochi con la palla come passatempo o come competizio-ne, anche in forme professionistiche. I Romani praticavano vari giochi con la palla sia in un am-biente chiuso situato all’interno delle terme (sferisterio), sia nelle ville private: quelli che sembrano avvicinarsi di più all’idea della pallavolo era il “follis” (e “folliculus”, piccola palla), nel quale si usava una palla fatta di pelle conciata che conteneva una vescica d’animale riempita d’aria, e la “pila paganica” (palla campestre, giocata appunto in campagna) in cui la palla era riempita di piume. Non sono giunte a noi le descrizioni delle regole, ma da varie raffigurazioni si deduce che la palla veniva colpita con le braccia e con le mani aperte a palmo rivolto verso l'alto. Ci sono poi notizie di un altro gioco chiamato “trigon” che nelle forme rappresentate ricorda quello che oggi – nell’ambito della pallavolo – viene chiamato “schiacciasette”.

Affresco tombale a Roma: 1° secolo d.C.

Claudio Galeno da Pergamo (importante figura della medicina greca e romana, nonché medico degli imperatori Marco Aurelio e Commodo) consigliava ai ragazzi il gioco della “piccola palla”, perché semplice e allenante il corpo intero senza affaticarlo, diversamente da altri giochi più duri e forieri di infortuni (come l’”harpastum”=palla strappata, una sorta di rugby).

- Nel 1555 il monaco Antonio Scaino scrisse e pubblicò a Vene- zia il "Trattato del giuoco della palla", nel quale descrisse i gio-chi con la palla esistenti in Italia a quell'epoca e implicitamente ne fece una prima regolamentazione. Nelle pagine di questo

importante documento (conservato nel museo di Wimbledon-Londra e - con un altro originale – nel Museo Calcio Antico di Firenze), diversi giochi e sport attuali ritrova-no i propri antenati. La nostra pallavolo trova una parentela nella “pallacorda”: il nome deriva dal fatto che origina-riamente la palla doveva essere lanciata con una mano nel campo avversario superando una corda tesa a metà campo. Praticato in Italia fin dal XIII secolo (forse come evoluzione del “follis” latino) e in Francia (con il nome di “jeu de paume”=gioco del palmo della mano) la pallacorda si diffuse in tutta Europa, diventando oggetto di tornei seguiti da gran pubblico e consentendo a molti giocatori di diventare professionisti. Nel corso del tempo il gioco assunse localmente re-gole e forme diverse: in Italia si trasformò nel "giuoco del ballon" che spopolò dal ‘500 fino alla fine dell’Ottocento. Questi giochi poi persero gradualmente interesse e praticanti (o lo manten- nero localmente, ma comunque trasformandosi), fino ad essere riampaizzati dalle prime forme degli sport moderni provenienti dall’area anglosassone (calcio e rugby soprattutto, ma poi anche pallacanestro e, appunto, la pallavolo). Nel “giuoco del ballon" 3 o 4 giocatori si affrontavano in un campo lungo fino a 90 x 20 m, diviso a metà; il pallone, pesante an-che un chilo, veniva battuto e ribattuto dai giocatori per farlo rimbalzare due volte sul terreno degli avversari o per indurre questi a sbagliare la ribattuta. Nel corso del tempo – nelle corti e nelle zone cittadine, allo scopo di proteggersi dall’impatto con la palla – si diffuse l’uso di un bracciale fatto di legno (munito anche di tante piccole punte per dare effetti alla palla); il gioco così modificò forme e nome nel senso del “pallone col braccia-le”. Nelle zone rurali invece continuò la tradizione del gioco a mani nude. Questo gioco come già detto fu diffusissimo e prese forme e nomi leggermente diversi nelle diverse zone d’Europa (Pelota in Spagna, Faustball in Germania, ecc.) e in alcuni casi la palla veniva rilanciata con attrezzi anziché a mani nude o col bracciale, portando allo sviluppo di giochi e sport che oggi conosciamo come tennis, baseball, ecc.

“Giuoco del ballon” Affresco del XVI secolo sito nel Castello

degli Estensi a Ferrara

- In Francia nel seicento si erano diffuse varie forme del “giuoco del ballon”. Tra i no-bili alla corte del Re Sole e tra la borghesia ne veniva praticata una probabilmente più vicina al “follicolus” dei Romani: il gioco, il cui scopo era quello di non fare cadere la

palla a terra, era caratterizzato da movimenti rapidi, coordinati e armoniosi, come quelli dei gatti, per cui era stato chiamato “mi-nonette” (minon = micio). E’ a questo gioco che si ispirerà William Morgan nell’ideazione della pallavolo.

STORIA DELLA PALLAVOLO (dalle origini alla costituzione della F.I.V.B.)

La pallavolo nasce ufficialmente il 6 febbraio 1896 con il nome di “minonette” ad opera di William Morgan, “direttore” di educazione fisica nel college dell'YMCA (Young Men's Christian Associa- tion; vedi sotto la scheda di approfondimento) di Holyoke, nel Massachusetts.

Fu in quella data infatti che Morgan presentò per la prima volta il gio-co: l’occasione fu un convegno di tutti i Direttori YMCA di Educazione Fi-sica che si tenne presso il college (allora si chiamava Training School) YMCA di Springfield (a 12 km da Holyoke. Puoi vedere le due località attuali con Google Earth).

Fu il dott. Luther Hasley Gulick, direttore all’YMCA di Springfield del corso di formazione in educazione fisica (e anche direttore esecutivo del Comitato Internazionale della YMCA per l’educazione fisica) ad invitare Morgan a presentare la sua “creatura”. Si tratta dello stesso dott. Gulick che qualche anno pri-ma aveva incaricato il professor James Naismith di ideare un nuovo gio co per gli studenti del college di Springfield da svolgere al chiuso in in-verno. E Naismith aveva inventato, nel 1891, il basket. Morgan aveva conosciuto Naismith – nel 1892 - da studente proprio in quel College.

Diverse fonti (testi e anche articoli/schede reperibili nel web) indicano date diverse per la nascita della pallavolo: per alcuni l’anno è il 1894, per altri la data è il 6 (o anche il 9) febbraio 1895 o 1896; c’é anche una versione 7 luglio 1896. In ogni caso la realtà documentata è che:

a- dopo la laurea a Springfield e un periodo di lavoro in un istituto Ymca del Maine, Morgan si trasferì al YMCA di Holyoke (Massachusetts) durante l'estate del 1895. b- La “famosa” prima dimostrazione pubblica avvenne durante il Convegno dei Direttori YMCA di Educazione Fisica a Spring field il 6 febbraio 1896; nel corso di quel convegno Morgan distribuì ai colleghi alcune copie di un manoscritto con la descrizione del gioco e delle regole. c- A seguito di quella dimostrazione fu costituita una commissione per lo studio delle regole e per

diffusione del questa commisscò un primo sin"Phisical Educatcisa definizione della Lega Atletdei Giovani del documento vienmomento di ide1895 e il 1896 (v

La confusion

lavolo è dovutastava lavoraprogetto di uporre agli stue diversificaco, sia per mrazione fisicne invernaleNew England

Come giàstesse neceanni prima (ning School prof James Nto il basket.

YMCA (Young Men's Christian Association)

La YMCA fu fondata a Londra nel 1844, come associazio-ne di tutela e di carattere educativo da George Williams e

altri undici giovani, ispirati dai valori della religiosità e molto preoccupati per la mancanza in città di attività e di occasioni salutari (sia dal punto di vista fisicoche spirituale) per i tanti giovani che arrivavano dalle campagne in seguito alle tra-sformazioni indotte dalla Rivoluzione Industriale; quei giovani infatti venivano sfruttatisul lavoro e poi finivano per passare il tempo libero prevalentemente nei bordelli o nelle bettole dei sobborghi. La YMCA si adoperò per fornire loro supporto morale, istru-zione ai valori spirituali e tante occasioni di attività fisica più o meno organizzata.

L’attività dell’associazione si espanse e pochi anni dopo furono fondate nuove sedi YMCA in Australia (1850), in America del Nord (1851) e in Italia (1851 in Piemonte); alla fine del secolo la YMCA aveva sedi in America Centrale e Meridio-nale, e in seguito anche in Asia (soprattutto Filippine e Giappone).

Nel corso del tempo l’YMCA articolò ulteriormente la propria attività passando, da ente genericamente educativo e caritatevole, a organizzazione impegnata anche nell’istruzione e nella formazione professionale (pur sempre ispirato ad una edu-cazione cristiana), costituendo le basi di alcune attuali blasonate università private.

Le varie sedi sparse per il mondo operavano secondo modalità e strategie con-divise, concordate attraverso i frequenti convegni tra direttori, docenti e istruttori del-le divesre sedi. Nei centri YMCA l’educazione fisica e lo sport avevano un ruolo im-portantissimo per incanalare le energie dei giovani e per educare ai valori importanti nella vita. La diffusione nel mondo della pallavolo e della pallacanestro (ideati da docenti YMCA) è avvenuta inizialmente grazie alla diffusione, e alla stretta rete di rapporti, di questa organizzazione educativa.

Nel 1946 L’YMCA è stata insignita del premio Nobel per la Pace per i programmidi assistenza ai prigionieri e ai rifugiati attuati durante le due Guerre Mondiati.

Oggi in molti casi le sedi YMCA sono quasi solo una comunità di centri sportivi,senza più evidenti legami con l’ispirazione religiosa delle origini.

Nato nel 1870 a Lockport (Stato di New York) e morto

a Lockport nel 1942. Una scuola elementare a

Holyoke, la “William Morgan School”, porta il suo nome (puoi trovarla con Google

Earth e vederla con la funzione “Street View”).

lo sviluppo di un progetto di gioco negli istituti dell’ YMCA; ione (sempre nel 1896) pubbli-

tetico regolamento nella rivista ion" e poi, nel 1897, una più pre del gioco nel "Manuale Ufficiale ica delle Associazioni Cristiane Nord America". In quest’ultimo e chiaramente indicato come azione del gioco l’inverno tra il edi allegato 1)

e sulle date di nascita della pal- anche al fatto che Morgan ndo da circa due anni al n nuovo gioco da pro-denti, sia per arricchire

re il programma didatti- antenere la loro prepa

a al chiuso nella stagio , lunga e rigida in tutto il . detto, partendo dalle ssità di Morgan, pochi 1891) proprio nella Trai YMCA di Springfield, il aismith aveva inventa-

E lo stesso Morgan - do

po aver scartato il tennis, per l’eccesso di attrezzatura/spazi richiesti rispetto al ridotto numero di giovani che poteva impegnare contemporaneamente – aveva provato ad utilizzare per i propri scopi il neonato basket.

Naismith con una palla ed un primo rudimentale

canestro

L’esperimento però non aveva soddisfatto né lui né i suoi allievi: secondo la loro opinione c’erano troppe regole e troppo diverse erano le interpretazio

ni nella loro applicazione. Ma soprattut to agli occhi di Morgan il basket appari va un gioco troppo duro e rude per i suoi studenti, che erano più avanti de-gli altri con gli anni e da trattare con un certo riguardo in quanto avviati alla car riera di uomini d’affari: per loro era op-portuno ideare un’attività fisica certa-mente dinamica, ma comunque con basso contatto fisico.

Così si arrivò a quel 6 febbraio 1896 in cui Morgan presentò ai colleghi la sua “minonette”, definendola “un gioco progetta to per palestre o sale da esercizio fisico, ma che potrebbe an-

1895, Holyoke YMCA William Morgan - primo a sinistra, nella

seconda fila – con una squadra di suoi studenti

che essere giocato all'aperto. Un numero illimitato di giocatori

possono partecipare, l'obiettivo del gioco è quello di tenere la palla in movimento su una rete alta, da una parte all'altra”.

Morgan raccontava ai colleghi: "Alla ricerca di un gioco che facesse al caso mio, mi venne in mente il tennis, ma questo richiede racchette, palline, l’impianto per la rete ecc, quindi è stato eliminato; ma l'idea di una rete sembrava un buon compromesso. Noi l’abbiamo portata ad un'altezza di circa 6 piedi e 6 pollici (1,98 metri) da terra, appena sopra la testa di un uomo medio. Avevamo bisogno di una palla e tra quelle che abbiamo provato c’è stata la vescica (camera d’aria) del pallone da basket, ma questa era troppo leggera e troppo lenta. Abbiamo quindi provato con il pallone da basket, che si dimostrò troppo grande e troppo pesante ". Cosicché Morgan si era rivolto alla ditta AG Spalding & Bros che realizzò la palla richiesta nella propria fabbrica vicino a Springfield. Il risultato fu soddisfacente: la palla era rivestitita in pelle, con una camera d’aria interna, con una circonferenza intorno ai 65-67 cm

e un peso intorno ai 280 g. La Spalding cominciò a produrre una palla ufficiale da pallavolo un po’ più tardi, nel 1900, ma già quella prima palla era sostanzialmente simile a quelle attuali.

La “Minonette” (da “minon”, micio) era un gioco con la palla, spinta con le mani, praticato da nobili e dame due secoli prima in Francia, a cui Morgan si ispi rò ma che ora egli presentava con alcune innovazioni (vedi la descrizione completa del gioco nell’allegato 1) sia rispetto al gioco d’origine (prima fra tutte il fatto che la palla doveva essere respinta “al volo”, senza alcun rimbalzo al suolo), sia rispetto a quelli più praticati all’epoca nei college (prevalente-mente il baseball, il rugby e il football): soprattutto non prevedeva il contatto fisico tra i partecipanti e privile- giava la destrezza, la capacità di concentrazione, la prontezza dei riflessi e l'agilità, piuttosto che la forza.

La “minonette” perciò apparve da subito adatta ad atleti agili, con una buona elevazione e una buona coordinazione, piuttosto che a quelli massicci e pe-santi maggiormente presenti tra gli studenti sportivi dei college statunitensi.

La presentazione suscitò poco entusiasmo negli astanti e anche qualche perplessità, sia per le mode-

La ditta AG Spalding & Bros a cui si rivolse Morgan è la stessa Spalding che esiste oggi e che ai tempi di Morgan sperimentatore del volley era già azienda leader nella pro-duzione di attrezzature e abbigliamento per il baseball, e aveva già dei propri “Shop Spalding” nelle città più impor-tanti del Nord America. Ma lo spirito imprenditoriale di Albert Goodwill Spalding, fondatore della ditta ma anche atleta di vertice del baseball statunitense, si era diretto a ricercare l’eccellenza tecnica e l’innovazione anche nell’equipaggiamento di altri sport: tra il 1880 e il 1898 la Spalding Company crea negli Stati Uniti la prima palla da tennis, da football e da golf, e firma la pri-ma palla da basket in assoluto nel mondo. Con la richiesta di Morgan - era il turno della prima palla da pallavolo.

Immagini dall’archivio storico della AG Spalding & Bros: si riferiscono a prodotti di inizio XX secolo

ste capacità comunicative di Morgan, sia per la scarsa rispondenza alle caratteristiche del gioco da parte dei giocatori utilizzati nella dimostrazione (rugbisti e lottatori).

Non ultimo, il nome fu ritenuto poco accattivante, troppo femminile: un collega di Morgan, il prof Alfred Halstead, osservando che il gioco era basato sulla respinta della palla al volo, senza rimbalzo - analogamente all’azione di “volée” del tennis - gli propose, e ottenne il consenso, di modificare il nome in “volley-ball” (=palla colpita al volo). Comunque – come già detto poco più su - venne formata una commissione con il compito di studiare meglio la formula del gioco e le regole (Morgan aveva consegnato varie copie di un apposito manoscritto) e di redigere un progetto per la diffusione del gioco negli altri istituti Ymca. La commissione arrivò nello stesso 1896 a redigere una precisa definizione del regolamento e a pubblicarla nel 1897 nel "Manuale Ufficiale della Lega Atletica delle Associazioni Cristiane dei Giovani del Nord America" (vedi l’allegato 1).

Questo documento sancì l’inizio dello sviluppo della pallavolo distintamente dalla figura del suo ideatore, che non si dimostrò mai geloso della sua creatura e lavorò ancora (insieme ad altri) all’affinamento del gioco e alle regole. Ma con il suo diffondersi nei vari Paesi – e con le varianti localmente adottate – la pallavolo divenne sempre più un cantiere di lavoro collettivo e “sparpagliato”.

Morgan, dopo alcuni anni di insegnamento presso vari college dell’ YMCA in Nord America, nel 1910 tornò a Lockport, dove lavorò nel ramo commerciale per grosse imprese di tecnologie e servizi come la General Electric.

Da questo momento iniziò per la pallavolo un lungo percorso di graduale diffusione che l’ha portata ad essere – oggi – uno degli sport più praticati al mondo. Un percorso che però in prin-cipio fu difficoltoso per la scarsa accoglienza ricevuta nel Paese d’origine, e anche per l’evoluzione non sempre lineare nella tecnica e nei regolamenti di gioco. Circostanza – quest’ultima – che però alla lunga ha giovato alla pallavolo. Infatti – soprattutto nel periodo pionieristico – la pallavolo fu pro posta all’interno della rete di istituti YMCA distribuiti nel mondo intero e promossa da diverse figure di docenti e “direttori” di educazione fisica: queste figure da un lato hanno dovuto/voluto adattare il gioco (regole, strategie) in base alle caratteristiche dei contesti in cui operavano, dall’altro hanno saputo recepire e valorizzare le differenti soluzioni/innovazioni prodottesi più o meno spontanea mente nei campi di gioco sparsi nel mondo, arricchendo sempre più il gioco stesso; soluzioni/inno-vazioni che - confluendo nel tempo in un sistema di regole e strategie sempre più condiviso (fino alla costituzione della FIVB) - hanno contribuito a rendere il gioco sempre più tecnico e spettacolare.

Dicevo degli esordi “accidentati”. Negli

Stati Uniti, dove era nata, la pallavolo stenta va a diffondersi (sia dentro che fuori dai cen-tri YMCA) perché prevaleva interesse e la passione per gli sport di contatto fisico (virili e combattivi) e per il baseball; il volley attecchi- va più facilmente a livello femminile nei meno numerosi centri YWCA riservati alle ragazze.

L’azione promotrice di Alfred Halstead, e del suo college di Springfield, riuscì a diffon-dere gradualmente la pallavolo nel Massa-chussets, poi in tutto il New England e di lì in Canada (siamo nel 1900). Ma nel resto degli Stati Uniti il gioco non “prendeva”.

Paradossalmente la pallavolo si diffuse più N.B. La palla è stata evidenziata rispetto allo sfondo scuro

facilmente in altre parti del mondo, sempre a partire dagli YMCA che di norma seguivano l’e-spansione politica, commerciale e militare degli Stati Uniti:

a- Il nuovo gioco arrivò presto in America Centrale e Meridionale (prima a Cuba – protettorato americano dopo la guerra ispano-americana del 1898 - e PortoRico, poi in Messico, Perù, Brasile, Uruguay, Argentina) dove trovò un terreno fertilissimo, uscì dagli istituti Ymca per diffondersi anche nelle città circostanti: si ebbe un fiorire di iniziative con la costituzione di squadre, con l’allestimento di campi da gioco e con l’organizzazione di piccoli campionati locali.

b- Allo stesso modo il gioco si diffuse in Estremo Oriente: approdò in Cina nel 1906 grazie all’ope ra degli insegnanti di ed. fisica Ymca, Exner e Crockner; in Giappone arrivò nel 1908 grazie a Fran-klin Brown, mentre nelle Filippine fu introdotta nel 1910 da Elwood Brown all'Ymca di Manila.

Elwood Brown fu una figura cardine per lo sviluppo del gioco in Oriente, favorendo modi e regole “locali” che poi influenzarono fortemente il corso successivo di tutta la pallavolo.

In quell’area geografica il successo fu da subito notevole perché le caratteristiche fisiche degli asiatici (rapidi e agili) erano particolarmente adatte alle qualità tecnico-atletiche esaltate dal volley (coordinazione, destrezza, rapidità esecutiva ed “esplosività”). Prese forma così in Estremo Oriente una pallavolo veloce ed acrobatica, nella quale apparve per la prima volta il gesto della “schiacciata” (ideata appunto nelle Filippine) e giocata “secondo le regole di Brown” (o “all’orientale”), diverse talvol- ta da quelle codificate nel documento YMCA del 1897 e praticate in America (ad esempio, Brown aveva stabilito in 3 il numero massimo tocchi concessi ad una squadra per respingere la palla oltre la rete, mentre in America inizialmente il nu mero di tocchi concessi era illimitato, e in seguito variò da 4 a 6, a seconda delle località: in America l’adeguamento ai 3 tocchi avver-rà solo nel 1922. Brown inoltre fissò a 16 il numero di giocatori per squadra per favorire la più ampia partecipazione e ovviamente adeguando proporzionalmente le misure del campo.

Nelle Filippine Elwood Brown utilizzò la pallavo

lo anche come strumento di integrazione tra la gio- ventù locale e i soldati statunitensi di stanza nelle basi militari, incoraggiando la sostituzione delle abituali sfide di football americano con partite di vol-ley, nelle quali finalmente gli asiatici poterono ottenere la rivincita sui robusti soldati americani. La “consacrazione” della pallavolo fu la sua inclusione nel programma dei “Giochi dell’Estremo-Oriente” organizzati a Manila nel 1913.

Soldati americani in una base nelle Filippine

La presenza militare americana nell’arcipelago filippino iniziò nel 1898 subentrando alla dominazione spagnola.

La Spagna infatti – a partire dal primo sbarco di Ferdinando Magellano sull’isola di Cebu nel 1521 – aveva gradualmente annesso ai pro-pri domini quasi tutto l’arcipelago, al quale attribui il nome di “Filippine” in onore di Filippo II, re di Spagna.

Verso la fine del XIX secolo il dominio spagnolo sulle Filippine era compromesso già da tempo e ora le forti rivenicazioni di indipendenza di parte della popolazione locale erano sfociate nella rivoluzione (1896). Ma soprattutto, la Spagna entrò in guerra nel 1898 contro gli Stati Uniti che avevano forti interessi su Cuba (anche questa colonia spagnola) e che sostenevano apertamente le richieste di indipendenza dei dissidenti cubani. La guerra - durata pochi mesi - vide la sconfitta della Spagna che dovette concedere l’indipendenza a Cuba con la presen-za di un protettorato americano e – questo interessa a noi - anche l’occupazione americana di Manila, capitale e cuore commerciale delle Filippine. Non solo: alla fine del 1898 – con il trattato di Parigi – gli americani ottennero addirittura il controllo su tutto l’arcipelago.

I Filippini, che intanto ( giugno 1898 ) avevano proclamato l’indipendenza e costituito la Repubblica, non riconobbero quel trattato e con-siderando gli americani invasori dichiararono loro guerra.

La guerra si concluse ufficialmente nel 1902, con l’ammissione della sconfitta da parte dei principali leader filippini, ma gli scontri conti-nuarono fino al 1913. La dominazione americana pose forti limiti al governo locale: solo intorno al 1935 concesse la promulgazione di una prima costituzione e l’elezione di un primo presidente della repubblica. L’indipendenza reale arrivò però solo il 4 luglio 1946 con la rinuncia formale degli Stati Uniti alla sovranità sulle Filippine.

Maryland 1911: Dipendenti YMCA prendono

confidenza con il nuovo gioco.

Tornando agli Stati Uniti, la lenta crescita della pallavolo ebbe una svolta decisiva nel 1916: l’YMCA raggiunse un’intesa con il potente organismo sportivo universitario NCAA (National Collegiate Athletic Association) per propagandare la conoscenza del gioco tra gli studenti di tutte le università. Così sul n° 364 dello “Spalding's Athletic Library” vennero pubblicati alcuni articoli sulla pallavolo e le nuove regole di gioco, a cura del Dr. George J.Fisher, segretario della YMCA War Work (responsabile militare per gli YMCA).

In uno degli articoli di questa pubblicazione, (a firma di Ro-bert Cubbon) l’autore scriveva che il numero di praticanti aveva raggiunto un totale di 200.000 persone, delle quali: 70.000 ragazzi, giovani e adulti conteggiati negli istituti YMCA, 50.000 ragazze e donne negli istituti femminili YWCA, 35.000 ragazzi, ragazze e giovani nelle altre scuole.

Oltre alle scuole la diffusione cominciava anche tra le forze armate: infatti lo stesso George J.Fisher propose e ottenne l’inseri mento della pallavolo nei programmi di addestramento fisico e ri-creativi dell'armata statunitense in partenza per l’Europa (Prima Guerra Mondiale); inoltre l’YMCA invio al seguito dei soldati in Europa 300 preparatori fisici e ottenne dalla Spalding & Brothers la fornitura di ben 16.000 palloni da volley.

Le regole di Fisher

- il campo di gioco prende le misure di m 18,30x10,57* (prima era di m 15,24 x 7,62 e comunque con la possibilità di essere modificate in funzione degli spazi disponibili e del numero di giocato- ri); *la presenza dei decimali dipende dall’equivalenza con le unità di misura americane (piedi) - la rete è posta ad un'altezza di mt. 2,40 dal suolo (inizialmente Morgan l’aveva posta a m 1,98, nel 1900 era posta a 2,13 m, nel 1912 era salita a 2,28 m) - le squadre sono composte da 6 giocatori con possibilità di sostituzioni; - è introdotto il termine "ordine di servizio"; poi denominato "rotazione" dei giocatori in campo; - ogni set si svolge al limite dei 15 punti (nei primissimi anni la durata di ogni set dipendeva dal nume giocatori; dal 1900 la fine del set era stata fissata al 21° punto); - le gare si giocano al meglio dei 2 set su 3; - sorteggio iniziale per la scelta del servizio o del campo; - il primo servizio nei set successivi al primo, è eseguito dalla squadra perdente il set precedente; - l'unico arbitro svolge anche le funzioni di segnapunti; - due giudici di linea, oltre a segnalare la palla fuori o dentro, controllano l'ordine di rotazione N.B. Non si parla del numero massimo di tocchi per squadra che verrà portato a 3 (come nel gioco ”apossibilità di conquistare il punto solo quando si è in turno di battuta 8regola che rimarrà in vigore fino

Il nuovo regolamento del 1916 consisteva in una rivisitazione e scedenti (lavoro al quale aveva contribuito anche Morgan): in alcuni casi si trattavin altri si ufficializzavano come valide per tutti alcune modalità sperim

Le nuove regole, di fatto, erano valide per gli americani, visto che nevano differenze, e tuttavia rappresentavano già un notevole pasuniformità nel gioco. E infatti si giunse nel 1922 (a Brooklyn – New Ycampionato nazionale YMCA con la presenza di 27 squadre in raUnione. Ma soprattutto si giunse nel 1928 alla costituzione di un or(United States Volleyball Association, ora “USA Volleyball”) che finalmente andavadella pallavolo statunitense, indipendentemente dall’organizzazionmadre, culla e svezzatrice del gioco. E in quello stesso anno infatticon la partecipazione di squadre YMCA insieme a squadre non-YMC

Comunque, in tutto il periodo tra le due guerre mondiali (e ancheveniva ancora considerata uno sport adatto più alle donne che ai mae per la mancanza del contatto fisico. Come ai giorni nostri – oltresport come il football americano, la boxe e il basket per il senso di co

Si pensi che nel 1933 negli USA venne pubblicato il primo libro interamente dedicato agame” – che evidenzia una certa vis polemica – fa intuire quale doveva essere la cdell’opinione pubblica e del mondo sportivo in generale.

Gli americani infatti non ameranno mai fino in fondo il volley fino a la nazionale “a stelle striscie” giunse finalmente a grandi vittorie in cadi Los Angeles 84 e Seoul 88 e i campionati Mondiali dell’86); tutto ci

1916- n° 364 dello “Spalding's Athletic Library” dedicato al volley a cura dell’YMCA d’intesa con la NCAA (nuovo regolamento unificato).

ro dei servizi corrispondenti al numero dei

ll’orientale”) nel 1922 e persiste invece la al 1998).

emplificazione delle regole pre a di vere e proprie innovazioni, entate da tempo localmente. in altre parti del mondo perma-so avanti verso una maggiore ork) a poter disputare il primo ppresentanza di 11 stati dell’ ganismo nazionale, la USVBA a rappresentare tutte le realtà e YMCA che finora era stata si svolse il primo “U.S. Open” A. dopo), negli USA la pallavolo schi, per il minore dinamismo

al baseball - primeggiavano mbattimento e di virilità. lla pallavolo: il titolo “Volleyball: a man’s onsiderazione sulla pallavolo da parte

quando, durante gli anni ’80, mpo internazionale (Olimpiadi ò grazie al contributo determi

nante di alcuni grandi giocatori (Stark, Timmons e soprattutto Kark Kiraly) divenuti veri e propri miti, non solo per la pallavolo ma anche per tutto lo sport americano.

Per quanto riguarda l’Europa, la pallavolo compare per la prima volta nel 1914 in Inghilterra

(notizia fornita da Benito Montesi - importante tecnico e dirigente della FIPAV – senza peraltro aggiungere nessun dettaglio; è comunque plausibile che i frequenti contatti e scambi tra USA e Inghilterra abbiano riguardato, nell’ambito dello sport, anche la pallavolo). Ciò che è sicuro è che nel Vecchio Continente il volley arriva durante la Prima Guerra Mon diale, portata dai soldati americani.

Va ricordato che le attività sportive e agonistiche facevano parte della preparazione militare americana, tanto in patria che in misssione esterna, e che durante la Prima Guerra Mondiale l’annuale incontro di football tra la squadra della Marina e quella dell’Esercito superò di interesse quello classico tra le università di Hale e Harvard. Per quanto riguarda la pallavolo, si deve anche ricordare per l’Esercito impegnato in Europa la fornitura da parte della Spalding di 16.000 palloni.

Le prime reti da gioco furono quindi appese lungo le coste della Bretagna e della Normandia dopo lo sbarco in Francia, e l’avanzata degli americani in altre aree europee - con le conseguenti dimostrazioni del gioco nelle partite svolte nei momenti di pausa – gettò i semi per una vasta diffusione.

Anche l’inclusione nelle Olimpiadi del 1924 di Parigi – seppure solamente a titolo dimostrativo, insieme agli altri sport americani – contribuì allo scopo.

Così nel periodo tra le due guerre mondiali, in un contesto sportivo domi-nato per popolarità dal calcio e dal ciclismo, la pallavolo cominciò a mettere radici in ogni nazione, ma in particolar modo nei paesi dell’Europa Orientale, anche a causa del clima rigido che favoriva la pratica degli sport al chiuso.

E però, mentre in gran parte dell’Europa Occidentale il modo di giocare era definibile puramente “ricreativo” o “oratoriale”, in Cecoslovacchia, Bulgaria, Po lonia, Romania e soprattutto in Russia, l’approccio fu di tipo “tecnico-scientifico”, cosa che avrebbe portato alcune di queste nazioni ai massimi livelli internazionali nell'arco di pochi anni. Sono infatti

queste nazioni a svolgere per prime I campionati nazionali (1922 in Cecoslovacchia, 1929 in Polonia, 1932 in Unione Sovieti-ca) e so- prattutto nasceranno qui le cosidette “scuole”, che raggiun- sero i massimi risultati negli anni del 2° dopoguerra:

a- La “scuola cecoslovacca”, basata sulla forza dei suoi schiacciatori e su uno studio biomeccanico del movimento applicato alla pallavolo, porterà notevoli innovazioni tec- niche: a Praga e dintorni infatti nasceranno il “muro” nel 1938 e poi il “bagher” (lett. “scavatrice”) nel 1958, che è tuttora considerato forse la più grande innovazione tecnica nella storia di questo sport, in quanto cambiò completamente i metodi di ricezione e difesa.

b- La scuola russa si sviluppò e si affermò basandosi in-vece sull’elevata preparazione tecnica in tutti i gesti fonda-mentali, cosa che consentiva di sfruttare al meglio le varie e grandi qualità fisiche presenti nelle diverse razze presenti sul territorio sovietico.

Questo approccio tecnico-metodologico permise a Rus- sia e Cecoslovacchia di primeggiare per molti anni a livello internazionale, a partire dalle primissime edizioni dei campionati mondiali (1949 per i maschi, 1952 per le femmine), trainando nelle posizioni immediatamente succes sive anche le altre nazionali dell’Est Europa (Polonia, Roma nia, Bulgaria).

1938 La Cecoslovacchia adotta il fondamentale del "muro" per contrastare le azioni d'attacco

avversarie. Resta, comunque, il divieto di toccare la palla che si trova nello spazio opposto.

Da ricordare che contemporaneamente a queste due scuole esisteva, dall’altra parte del mondo, la “scuola giapponese”, che in Asia perpetuava – sviluppandola - la tradizione della pallavolo velo-ce, acrobatica e spettacolare inaugurata ai tempi di Elwood Brown.

Quando – nel secondo dopoguerra - si giunse agli eventi pallavolistici di carattere mondiale (come già detto, a partire dagli anni ’50 del secolo scorso), il pubblico di tutto il mondo conobbe e apprezzò molto queste caratteristiche di gioco, che permisero alle nazionali maschile e femminile del Giappone di posizionarsi tra le migliori al mondo negli anni compresi tra il 1960 e il 1980 (Durante le Olimpiadi del 1972 di Monaco – poi vinte – il pubblico tributò 12 min. di applausi agli strepitori giocatori giapponesi vincitori della semifinale con la Bulgaria)

In Italia, i primi contatti con la pallavolo – come per il resto dell’Europa – sono legati ai tragici

eventi della 1a Guerra Mondiale e all’arrivo dei soldati americani. In particolare, la prima apparizio-

Ancora sulle regole di gioco

Va ricordato che tra le due guerre mondiali: - nonostante il crescere di attività pallavolistica nelle varie nazioni e la nascita di molte Federazioni Nazionali; - nonostante i sempre più frequenti incontri internazionali (seppure tra nazioni limitrofe per la geografia e le regole di gioco); - nonostante i progressivi passi verso una maggiore uniformità nelle modalità e nelle regole, permangono ancora importanti differenze di gioco nel mondo. Delle specificità dell’Estremo Oriente si è già detto e qui basta ricordare che, se gli USA avevano accolto e fatta propria nel 1922 la regola “orientale” dei 3 tocchi, il Giappone (motore della pallavolo orientale) non si uniformò alla regola americana del numero di giocatori in campo fino al 1955 (dai 16 giocatori dei tempi di Brown, era passato ai 12 nel 1921 e poi ai 9 – ma senza rotazione delle posizioni – nel 1924). Anche l’Europa - che aveva ricevuto la pallavolo dagli USA e quindi con il corpus di regole americane – dal momento in cui cominciò a svi-luppare un gioco tecnicamente più evoluto, con nuovi gesti e nuove strategie, creò nuovi scenari regolamentari differenti da quelli americani. Solo con la costituzione della Fédération Internationale de Volley Ball (FIVB) nel 1947 e l’adesione ad essa da parte si quasi tutte le federazioni nazionali si ebbe un avanzamento decisivo verso una definizione condivisa e universale del gioco della pallavolo e del suo corpus di regole: in quella sede infatti vennero unificate le regole europee e americane. L’ulteriore passo definitivo si ebbe nel 1951 con l’adesione alla FIVB da parte del Giappone e delle Filippine (seppure queste nazioni mantennero in patria fino 1955 le proprie vecchie regole sul numero di giocatori in campo). Successivamente la pallavolo e le sue regole cambiarono ancora, ma - da quel momento – cambiarono per tutti i contesti e per tutte le nazioni, manifestando un’identità unica e condivisa.

ne sulla scena italiana è dovuta ai piloti di stanza nella base di idrovolanti del porto-canale (Porto Corsini) di Ra venna; piloti, i quali, nei momenti di pausa si impegnano in partite tra di loro, dando così dimostrazione del gioco.

Altri soldati italiani incontrano la pallavolo nei contatti con i militari americani, che in Francia e su altri fronti sono comunque impegnati nei programmi di attività fisi-co-sportive e ricreative della propria armata.

Un’opera divulgativa iniziale - in ambito militare e non, e però del tutto generica - va poi attribuita a Guido Graziani (vedi scheda dedicata nella pagina seguente), un nostro conna zionale laureatosi in educazione fisica all’YMCA di Spring- field nel 1922.

Graziani durante la guerra – da studente – tornò in Italia prodigandosi per la diffusione degli sport americani da lui conosciuti e praticati (con una documentata maggiore in-tensità d’azione a favore del baseball e del basket). Per quanto riguarda l’ambito militare, durante il conflitto fu inca- ricato di insegnare “sport” nelle Forze Armate, dove profu-se la sua conoscenza di quegli sport (pallavolo compresa), mentre per quanto riguarda l’ambito civile – agendo all’in-terno del centro YMCA di Roma (che contribuì a fondare

nel 1919) operò da divulgatore, allenatore e organizzatore di eventi che portassero alla ribalta le novità sportive americane. Ripartito per gli Stati Uniti e conseguita la laurea a Springfield, tornò definitiva-mente in Italia nel 1923 continuando - come uomo YMCA - la sua missione al servizio dello sport americano e dei giovani dell’associazione lasciando tracce nel basket e soprattutto nel baseball.

Guido Graziani

Sono diverse le fonti autorevoli che parlano di Guido Graziani a proposito del suo impegno diffuso per farconoscere in italia gli sport americani, dei quali egli aveva un’esperienza diretta (vedi qui sotto il manifesto dellaGiornata di Giochi Ameridcani organizzata con l’YMCA di Roma il 13 giugno 1919).; i suoi sforzi particolari sono tuttavia ricordati ovunque a favore della diffusione del baseball-softball e del basket, dei quali è considerato uno dei pionieri in Italia. Infatti dalla FIBS è riconosciuto co-fondatore (con Mario Ottini ri battezzato Max Ott) del baseball italiano ed è inserito nella “Hall of Fame” di questo sport. Invece, stranamente, non è citato in nessun documento ufficiale della FIP pur essendo documentati i suoi sforzi a favore del basket: riscrisse (per le attività di addestramento fisico delle forze armate italiane) i regolamenti già tradotti da Ida Nomi Pesciolini - maestra di sport presso la “Mens sana in corpore sano” di Siena - la quale però non aveva mai visto giocare lo sport ideato da Naismith; poi ha contribuito a realizzare la prima partita italiana di basket (Milano 8 giugno 1919); inoltre ha organizzato nel 1923 i primi corsi per arbitri e allenatori e fu egli stesso allenatore di basket. Fu dirigente accompagnatore alle Olimpiadi dimostrative di Parigi 1924 della squadra di basket YMCA di Torino, classificatasi al 2° po

sto a pari merito con la squadra YMCA di Londra; rivestì anche il ruolo di allenatore della nazio- nale italiana alle Olimpiadi di Berlino nel 1936 e nel 1944 (durante il 2° conflitto mondiale fu no-

nato dal CONI “reggente” della FIP. mi

Allo stesso modo della FIP, Graziani non è nominato in alcun documento storico della FIPAV, sebbene sia noto il suo impegno almeno “generico” per la diffusione iniziale della pallavolo e il suo ruolo di organizzatore (con il collega YMCA Louis Schroeder) del torneo dimostrativo di pallavolo alle Olimpiadi di Parigi del 1924.

Appare perciò corretto riconoscere a Graziani un certo contributo iniziale alla diffusione del volley in Italia senza però eccedere, come fa il sito web della “Poli sportiva Consolini – Volley maschile” (di S.Giovanni in Marignano – Rimini) sito che - citando il testo "La Pallavolo" di Andrea Giani e Oscar Eleni (ediz. "Sperling & Kupfer", 1996) - assegna “ufficialmente” alla figura di Guido Graziani il ruolo di “primo entusiasta divulgatore della pallavolo in Italia”.

A destra: 1919 – Squadra di basebaIl organizzata dall’YMCA di Roma. Il futuro prof Graziani è al centro con la corazza da ricevitore (foto tratta dal

Museo Virtuale della Federazione Italiana Baseball e Softball)

Dopo questi contatti iniziali avvenuti nel contesto bellico e

successivo - compreso tra le due guerre - vide la “palla a voponeva l’italianizzazione di tutti i termini esteri) diffondersi in Italia seppl’apporto di diversi fattori, anche a sviluppo locale, e di varieche si descrivono di seguito.

a- L’apporto del mondo militare. Furono i nostri soldatispontanei divulgatori della pallavolo nella società civile. Mvolley trovò ampia cittadinanza attraverso la modifica dei soldati in servizio, sulla scorta della negativa valutazpreparazione dei nostri soldati in guerra (valutazione espressa fmentre brillante ed efficace appariva la preparazione dell’ar

Il prof. Guido Graziani (Roma 1896- Roma 1986)

in una foto del 1945 (foto tratta dal Museo Virtuale della FIBS)

nell’immlo” (così riure in mo circosta

, tornati a fu negprogramione dain dalla dismata am

ediato dopoguerra, il periodo battezzata dall’autarchia fascista che im-do non uniforme attraverso

nze (anche intrecciate tra loro),

dal fronte, i primi occasionali e li ambienti militari attivi che il mi di addestramento fisico dei ta dai Comandi militari alla fatta di Caporetto nell’ottobre del 1917), ericana. Così la precedente “ri-

gida e meccanica” ginnastica di stampo ottocentesco venne gradatamente sostituita dal dinamismo degli sport atletici e dei giochi di squadra americani. Nel 1922 venne pubblicato dalle tipografie statali un volumetto titolato “I grandi giuochi collettivi (calcio, pallacanestro, pallavolo)” – curato da due mi- litari della Scuola Centrale Militare di Ed. Fisica - che descriveva e spiegava regole e strategie di questi giochi e che dette un forte impulso alla pratica del volley negli ambienti militari e anche scolastici.

In pieno periodo fascista, all’interno dei program- mi sportivi militari, salirono agli onori della cronaca (“opportunamente” amplificate dal regime) le gesta pallavolistiche della squadra militare G.S. “Regia Ma rina”, fondata negli anni Trenta dal vercellese Nino Piacco (allora marinaio in servizio a Roma), da lui stesso capitanata e condotta a costruirsi la fama di squadra imbattibile.

Un’immagine della squadra militare “Regia Marina” capitanata da Nino Piacco

b- L’apporto del mondo cattolico (attraverso gli oratòri). Individuando in questo nuovo gioco un elemento di stimolo e di aggregazione per i giovani, nel 1925 il sacerdote Don Zolati iniziò a pro- muovere la pallavolo nel ravennate dove operava: i risultati furono sorprendenti, tanto che in una decina di anni – intorno a Ravenna - il volley giunse a essere stabilmente praticato in tredici centri cattolici (oratori parrocchiali, ricreatòri arcivescovili) e sette centri “dopolavoristici” (laici). Tutto ciò in una città, tutto sommato, di modeste dimensioni se paragonata alle già "metropoli" Roma e Torino (dove operavano gli YMCA). Questo fatto – unitamente alla prima apparizione del gioco in quel di Porto Corsini - spiega per- ché Ravenna è considerata la “culla della pallavolo italiana”.

c- L’apporto dell’organizzazione statale-fascista. Il fascismo - con la propria organizzazione - si sovrappose (generalmente soffocandole o inglobandole) a tutte le forme organizzative espresse dallo stato liberale (associazionismo sportivo, organizzazioni cattoliche educative e del tempo libe-ro, scout, scuola ed educazione fisica) e orientò il tutto agli scopi del controllo sociale, della propa-ganda e del consenso (interno ed esterno).

L'Opera Nazionale Dopolavoro, l'ente di gestione del tempo libero della popolazione adulta, si proponeva il fine di nazionalizza re e standardizzare la vita associativa. Le attività sportive o simili promosse dall'Ond erano quelle popolari, tipo il tiro alla fune o il tamburello, o anche la pallavolo. Preferibilmente doveva trattarsi di giochi a squadre o, se individuali, di rassegne in cui, più che la competizione diretta tra i partecipanti, si doveva stimolare la volontà di eseguire bene la propria prova, alla quale sarebbero seguite quelle degli altri. Al termine di ogni gara venivano assegnati dei brevetti che, inizialmente, rispondevano a un criterio di selezione, sia pure generoso, e successivamente obbedirono all'imperativo di tenere alto l'entusiasmo facendo in modo che nessuno avesse la sensazione di tornare a casa a mani vuote.

L'Opera Nazionale Balilla si rivolgeva ai ragazzi dagli otto ai diciotto anni e doveva curare l'educazione fisica finalizzata all'ad-destramento militare. L'Onb aveva il compito istituzionale di curare l'educazione fisica e morale degli italiani e di infondere nei giova-ni il sentimento della disciplina e dell'educazione militare. Rispetto alla scuola aveva una funzione di complementarità e sostegno ma anche di alternativa: se da un lato, infatti, all'Onb competeva la formazione del programma scolastico di educazione fisica, dall'al tro l'ente gestiva in prima persona il tempo libero dell'infanzia e dell'adolescenza. E soprattutto, dal punto di vista pedagogico, si po- neva come superamento della scuola liberale, alla quale opponeva un nuovo imperativo: “non è importante istruire bensì educare”. La metodologia di insegnamento dell'esercizio fisico che l'Onb imponeva alle scuole costituiva un arretramento rispetto alle idee che, sia pure molto faticosamente, cominciavano a circolare sull’attività fisica, e per lo più si manifestava con un mediocre addestra mento agli aspetti più formalistici della preparazione militare (schieramenti, parate, coreografie che esaltavano l’organizzazione).

Il Coni (infine) esisteva già prima del fascismo ma limitava la sua funzione alla preparazione delle Olimpiadi, così come negli al tri Paesi. Il regime ne fece, nel 1927, la federazione delle federazioni, assegnandogli il ruolo di organo direttivo di tutte le attività ago nistiche. La politica del Coni fu quindi decisamente di vertice, volta a curare e “gestire” i campioni delle specialità, ai quali si richiede va di mantenere alto il prestigio della nazione nelle grandi competizioni internazionali: si voleva che quegli atleti inorgoglissero la gente comune e che per questa fungessero anche da modelli di comportamento fascista. Inoltre con i successi degli atleti nei Mon- diali e nelle Olimpiadi, debitamente trionfalizzati dalla stampa che ne sottolineava la valenza fascista oltre che nazionale, si fomenta va un nazionalismo non disgiungibile dall'appartenenza fascista. (da: R. Bassetti, Storia e storie dello sport in Italia, Marsilio, 1999).

Senza volersi addentrare troppo, in questa sede, nelle caratteristiche ideologiche, politiche e or-ganizzative del regime fascista, come pure nella valutazione morale delle stesse, si può riconosce-re che gli interventi di omogeneizzazione e di standardizzazione della preparazione fisica dei giova ni e della popolazione lavorativa diedero impulso alla diffusione della pratica motoria, nelle scuole come negli ambienti ricreativi del dopolavoro. E anche la pallavolo (anzi, la “Palla a Volo”) si avvan-taggiò da questa situazione, ottenendo una diffusione più capillare, soprattutto al Centro e al Nord.

Bisogna anche dire che nella scuola veniva giocata in modo assolutamente ricreativo, con movi-menti piuttosto limitati e con regole molto approssimative, creando così un concetto errato circa il

valore motorio e agonistico del gioco.

Altra immagine di una squadra militare

Invece negli ambienti militari e nelle associazioni spor-tive del dopolavoro l’aspetto agonistico era più sviluppato. Alcune di queste associazioni il 1 dicembre 1929 si riuni-rono per costituire la Federazione Italiana Palla a Volo, or ganismo che rappresentava solo poche realtà regionali e di fatto veniva supplito nelle proprie funzioni dall’OND.

Negli anni Trenta l’OND si adoperò per organizzare mo menti divulgativi, gare e tornei (anche femminili), favoren- do la diffusione della pallavolo anche al Sud (Salerno, Pa lermo), sostenendo l’istituzione dei primi campionati regio nali, fino all’organizzazione di quello che chiamò “primo campionato nazionale di palla al volo” all’interno dei Gio-

chi Dopolavoristici (Bolzano , 8-9 agosto 1936) e che però vero campionato nazionale non dovette essere se poi nel 1943 di nuovo indisse il Primo Campionato Italiano (a Genova per i maschi e a Desenzano sul Garda per le donne).

In ogni caso, nel 1935 erano circa 10.000 i dopolavoristi che praticavano il volley. A cavallo degli anni Quaranta le squadre che emergevano erano – nel settore maschile – la Bor-

salino Alessandria e la Lanerossi Schio, e – nel settore femminile – Vicenza e la Corridoni Genova. Non si devono comunque dimenticare le realtà già citate di Ravenna e di Vercelli (in quest’ultima città era tornato da Roma Nino Piacco, rifondando nel 1943 la “Pro Vercelli” in “Lega Navale” che nel dopoguerra mutò il nome in “Olimpia Vercelli” per affermarsi – insieme a Ravenna – come una delle più forti realtà pallavolistiche italiane).

L’OND (come già anticipato) indisse nel 1943 il Primo Campionato Italiano (a Genova per i ma-schi e a Desenzano sul Garda per le donne). A causa però degli sviluppi politico-militari lo svolgi- mento fu difficoltoso (probabilmente incompleto; si sa solo che l’edizione femminile fu vinta dalla squadra della ditta “Corozi- te” di Bergamo) e così si rinviò il progetto complessivo alla fine del conflitto.

Finito il conflitto e scomparsa l’OND, in uno scenario di distruzione ma anche di speranza – men

tre ancora una volta le parrocchie e gli oratori offrivano ai giovani anche attraverso il volley un’occa sione di svago, di aggragazione e di educazione - la pallavolo agonistica fu presa in mano dai gio-catori e dai dirigenti che si erano formati nell’epoca precedente: ventisette rappresentanti delle as-sociazioni del Nord Italia (più Firenze) si riunirono il 31 marzo 1946 a Bologna e ri-fondarono la F.I.P.A.V. (Federazione Italiana Pallavolo, anche se l’acronimo mantiene la separazione delle parole utilizzata nel ventennio) che sostituiva l’organismo precedente dell’epoca fascista e stabiliva una nuova partenza del volley nell’Italia libera.

Tra questi rappresentanti figuravano nomi in parte già citati in questo testo (Nino Piacco, Angelo Costa, Orfeo Montanari) considera- ti i padri fondatori del movimento pallavolistico italiano; il primo presidente eletto fu Arnaldo Eynard (imprenditore proprietario della ditta Corozite Bergamo e grande appassionato di pallavolo)

Vennero indetti e si disputarono a Genova nell’agosto dello stesso anno i Primi Campionati Italiani (maschile e femminile): vinsero nel maschile la “Robur Ravenna” (fondata e condotta da Costa e Montanari ed espressione agonistica del movimento pallavolistico oratoriale iniziato con don Zolati) e nel femminile la “Amatori Bergamo” (nella quale era confluita la ex “Corozite” del presidente Eynard).

Nel gennaio 1947 la FIPAV ottenne il riconoscimento di federazione aderente al CONI, mentre ne divenne membro effettivo solo nel 1955. Sempre nel 1947 (18 –20 aprile) la FIPAV partecipò a Parigi al congresso costituente della FIVB (Fédération Internationale de Vol leyball) insieme con altre 13 federazioni nazionali di tutti i continen- ti (Belgio, Brasile, Cecoslovacchia, Egitto, Francia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Ro-mania, Ungheria, Uruguay, Usa e Jugoslavia). Come già detto in precedenza, con questo evento si ebbe un avan zamento decisivo verso una definizione condivisa e universale del gioco della pallavolo e del suo corpus di regole: in quella sede infat ti vennero unificate le regole europee e americane. Rapidamente aderirono alla FIVB altre federazioni nazionali. L’ulteriore passo definitivo si ebbe nel 1951 con l’adesione alla FIVB da parte del Giappone e delle Filippine (seppure queste na-zioni mantennero in patria fino 1955 le proprie vecchie regole sul numero di giocatori in campo).

Un momento del Congresso di Parigi costitutivo della F.I.V.B.

Nell’anno successivo alla fondazione della FIVB (1948), l’Italia ebbe l’onore di organizzare a Roma la prima edizio ne dei Campionati Europei maschili. Parteciparono sei squadre nazionali e si im-pose la Cecoslovacchia, con la conquista del terzo posto da parte dell’Italia.

Nel successivo 1949 si ebbe invece il Primo Campiona to Mondiale maschile nell’attuale Cechia (il primo campionato femminile si disputò a Mosca nel 1952): sui campi di terra rossa di Praga si fronteggiarono – in realtà – dieci squadre solo eu ropee. Questa fu l’occasione per la prima uscita internazio nale dell’Unione Sovietica, che sbaragliò il campo, seguita poi nelle posizioni di classifica da altre cinque nazionali dell’Est Europa. Come già anticipato l’evoluzione tecnica a cui era giunto il gioco in Europa orientale avrebbe assi-curato a quelle nazionali un dominio incontrastato per pa- recchi anni, ma – attraverso il confronto - anche una gra-duale crescita del livello di gioco in tutte le altre realtà mon diali.

Si era così imboccata la strada della pallavolo moder-na, caratterizzata da cambiamenti tecnico-strategici e di conseguenza regolamentari, ma da allora condivisi a livel- lo globale e perciò validi per tutti.

Seguono:

- la bibliografia - l’allegato 1

Praga 1949 – muro a 3 dei cecoslovacchi

Fonti consultate:

1- Raffaele Bernabeo “L’educazione fisica – evoluzione di una disciplina”, Patron Editore 1979. 2- “Il mondo dei media (capitolo: Il Baseball, gli sport americani e l’Italia”” nella collana “ItaliAmerica” a cura di Emanuela Scarpellini e Jeffrey T. Shnapp – Il Saggiatore, 2012 3- R. Bassetti, Storia e storie dello sport in Italia, Venezia, Marsilio, 1999 4- Scheda sulla storia dell’YMCA nel sito ufficiale della Federazione Italiana YMCA 5- “Storia della pallavolo”: scheda redatta da FIVB (Federation Internationale de Volleyball) nel proprio sito web ufficiale. 6- “Dalla palla alla pallavolo” schede a cura della del “PGS Bellaria – Bologna, Pallavolo” nel proprio sito web ufficiale 7- Giovanni Volpicella “Il manuale della pallavolo” - ed. Idealibri, 1994. 8- Benito Montesi “Storia della Pallavolo nel Mondo” nel sito “www.pallavolotech.altervista.org” 9- Scheda “La Pallavolo: storia, curiosità, notizie sullo sport più bello del mondo” di Nazzareno Mi

dei – CSI Roma - 10- Scheda “Storia della pallavolo” in www.sportmedicina.it 11- Sandro Milli “L'evoluzione del Giuoco della Minonette” edito dall’autore (15-7-2010) nella col- lana www.ilmiolibro.it 12- Scheda “Piccolo Volley antico”: tratta da Federvolley.IT-flash (n.65 del 03 maggio 2000) realiz zato dalla Federazione Italiana Pallavolo 13- Scheda del Museo Calcio Antico – Firenze “Trattato del giuoco della palla” di Messer Antonio Scaino, a cura di A.C. Galluzzo, M. Vichi, L. Cungi, D. Bini (2 Ottobre 2010) 14- Intervento di Benito Montesi “Regole per il volley spettacolo – la filosofia del tocco di palla” su Hi-tech Volleyball