La nuova mafia vi legislatura senato 02 rel 4

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Senato della Repubblica — 383 — Camera dei Deputati LEGISLATURA VI — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI CAPITOLO QUARTO LA NUOVA MAFIA

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Il Piano regionale per la qualità dell'aria presentato dalla regione Sicilia nel 2007 somiglia stranamente a quello del Veneto. Semplice coincidenza? E' da un pò che in Sicilia non si respira più la stessa aria. Da Palermo a Gela, da Catania a Caltanisetta ci sono segnali di cambiamento che vengono dalla società civile, dai commercianti, dagli industriali che si ribellano contro la mafia e il pizzo. Anche la burocrazia regionale se n'è accorta. Per questo nel "Piano Regionale di Coordinamento per la tutela della qualità dell'aria", pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana, sono state introdotte importanti novità. Ora siamo più europei e lo conferma il rigido clima dell'isola. In più abbiamo un "bacino aerologico padano" e "piste ciclabili lungo gli argini dei fiummi e dei canali" presenti nei centri storici dei comuni siciliani. A leggere il piano in questione si può fare a meno anche dell'autonomia, dato che anche il Parlamento , l'Assemblea Regionale, è diventato un normale Consiglio regionale come quello del Veneto. http://tutelaariaregionesicilia.blogspot.it/2013/11/blog-post_28.html

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CAPITOLO QUARTO

LA NUOVA MAFIA

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1. — Una delle costanti (tradizionali delpotere mafioso, all'interno delle singole « co-sche », è quella della appetibilàrtà della po-sizione di capo e della estrema conflittua-lità ohe de pretese contrastanti generano,prima di arrivare al definitivo « riconosci-mento » del nuovo capo. Non si tratta dì unsemplice processo idi personali ambizioni ocupidigie mal represse e neppure di contra-stanti caratteri tra capo ed aspirante, an-che se ognuno di' questi elementi confluiscepoi nella spinta all'azione. In genere l'esi-genza del ricambio .nasce da una obiettivainadeguatezza del « capo » e della sua « azio-ne », rispetto ad una realtà che è mutata oa nuove esigenze che sono maturate in rap-porto agli interessi economici che l'organiz-zazione persegue. E questo si verifica siache si tratti di una « famiglia » di New York,cioè un enorme potentato gangsteristico-eco-nomico, sia che si riferisca alila piccola « co-sca » paesana di Sicilia. L'eliminazione delvecchio boss Masseria, che pure sembravainvincibile ed imbattibile, segnò la fine diun metodo di azione della mafia americanae il sopravanzare 'di urna nuova penetrazioneche ebbe la sua punta di diamante in Lu-ciano, Genovese, Bonanno, che 'resse e siconsolidò perché moltiplicò il rapporto azio-ne-profitti, anche se rese razione semprepiù spieiata e crudele.

« La mafia » scrivono i Carabinieri dellaLegione di Palermo in un ottimo rapportoalla Commissione d'inchiesta, del 26 giugno1973 « non ama lasciarsi alle spalle spez-zoni 'di storia criminosa in contrasto l'unocon l'altro, ma si salda alla realtà socialenella sua graduale evoluzione, aneorandovi-sà, adeguandovisi se non precorrendola conl'ausilio di « centri » sapientemente compro-

messi da taluni dei suoi « personaggi », finoa garantire -il massimo dello sfruttamentodi quei settori venuti via via in superficie acaratterizzare il più vasto contesto econo-mico-sociale ».

La lotta interna ad una cosca per la con-quista del « potere », per quanto sanguino-sa sia, non interessa, né coinvolge le altrecosche o l'organizzazione in sé: le une e l'al-tra alla fine prendono atto della parte ri-masta vincente e questa, a sua volta, si as-soggetta alile « regole » e « discipline » comu-ni come la spartizione delle zone di influen-za, i settori di iniziative comuni, l'« obbe-dienza » al boss dei bosses.

Il passaggio, nell'immediato periodo post-bellico, della mafia dal feudo agli affari pin-gui che l'urbanesimo offriva, generò un san-guinoso ricambio generazionale e direziona-le quasi all'interno di tutte ile cosche sici-liane, salvo quelle deirinterno dell'Isola òhemeno risentivano delle tentazioni affaristi-che della città in espansione ed ancora resi-stevano sul feudo e sul suo sfruttamento.L'intuizione di Luciano agli dmizi degli annicinquanta, di non farsi coinvolgere dalle san-guinose evoluzioni della mafia nell'Isola e ditenerla lontana dal « giro » dei suoi affari,molto più sostanziosi di quelli che la nuo-va mafia dell'urbanesimo si accingeva asfruttare, ebbe conseguenze enormi nel fre-nare i nuovi riassetti intemi che avrebberocondotto più celermente di quanto poi nonsia avvenuto all'espandersi della « nuova ma-fia » degli anni sessanta, gangsteristica, in-saziabile, sanguinaria.

La « guerra » tra Liggòo e il dottor Navar-ra per il predominio della mafia del corleo-nese, non fu un fatto di « potere » in sé, maun problema di sbocchi, perché Liggio vole-

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va irrompere da pari, come poi avvenne, nelfestino di Palermo, e parteciparvi cori pienodiritto, mentre Navarca si accontentava delsuo notabilato politico e della gestione de-gli interessa agrari del corieonese, per i qua-li era sitato prescelto qualche anno primadai vecchi boss dell'Isola in concorrenza'conCollura Vincenzo, un italo-americano, rien-trato dagli USA e che aveva l'appoggio diFrank Coppola e Joe Profaci. Navarca, poi,10 eliminò facendolo assassinare nel febbraio1957 perché divenuto infido, malgrado il po-sto di prestigio che gli era stato riservato.

La cosca di Santa Ninfa (Trapani) capeg-giata fino al 1950 da Nicolo Pizzitola era ab-bastanza modesta sia negli interessi che ge-stiva in un piccolo territorio della Valle delBelice, sia per numero di componenti. Maaveva due « picciotti » che guardavano lon-tano, addirittura oltre Palermo, come Ziz-zo Salvatore, che già abbiamo incontratolungo questa storia, e Martino Giuseppe.

Pizzitola non amava i « sognatori », pre-feriva la realtà disperata ed amara dei con-tadini del Belice da sfruttare ed opprimerealle evasioni di oltre oceano. C'era pure unaggiornamento abbastanza lucroso nellosfruttamento del feudo che forniva sostan-ziosi vantaggi economici senza correre l'av-ventura della « città »: si acquistavano i feu-di che sarebbero stati « scorporati » in ap-plicazione del primo stralcio di riforma agra-ria e poi si rivendevano a prezzo maggiora-to all'ERAS (Ente riforma agraria siciliana);oppiine si costituivano finte cooperative dicontadini per simulare un acquisto con re-lativo spezzettamento del feudo da « scor-porare », che .in realtà veniva sottratto allariforma. Così Pizzitola nominò come suo luo-gotenente e quindi successore BaldassarreGemma, un mafioso vigoroso, autoritario,violento, quello che appunto si adattava al-la realtà del feudo, delle gabelle, dei pasco-li, nella quale il capo voleva si operasse. Ma11 Martino contava già su gregari fedeli cheavevano fiducia in lui e nelle sue promessedi espansione così non gli fu difficile orga-nizzare un attentato contro Pizzitola, cheandò a vuoto. Ma pochi giorni dopo (otto-bre 1951) il boss moriva a seguito di unoscuro incidente stradale e dopo otto gior-

ni veniva assassinato il suo luogotenente, ilGemma.

Il nuovo capomafia durò poco: il temponecessario perché Zizzo non solo promettes-se, ma dimostrasse che i confini che Mar-tino aveva segnato* alla cosca non si fer-mavano a Trapani', ma si potevano estende-re al di là dell'oceano e che le sue relazionierano un impegno per la realizzazione diquelle attività di contrabbandiere nelle qua-li del resto si era distinto.

Il 4 ottobre 1956 Martino Giuseppe veni-va assassinato e perché non sussistesserodubbi nella successione al comando dellacosca, pochi mesi dopo, il 17 marzo 1957,.anche il .suo luogotenente Cordio Pietro mo-riva per assassinio.

Fimo ai vertaci mafiosi del 1957, a partele lotte interne ad ogni singola cosca, nonsi erano verificati gli avvenimenti che piùsconvolgono l'organizzazione, cioè la « guer-ra » tra « famiglie » o cosche rivali per le cau-se tipiche di origine economica, come inva-sioni di zone di influenza o « sgarri », o mo-tivi di concorrenza su singoli settori in ge-nere. Questo risultato era stato raggiuntoda una parte per l'equilibrio e la fermezzadei due « grandi capi » dell'organizzazionesiciliana, don Calogero Vizzind, prima, e Giu-seppe Cencio Russo, dopo. Ma soprattuttoperché si era provveduto per tempo, quandoil « potere » mafioso era anche il « potere le-gale » conferito subito dopo l'occupazionedalle autorità militari dei Governi alleati, adistribuire ile competenze e le influenze nelfeudo che allora rappresentava l'unica fon-te di sfruttamento economico.

Il vertice palermitano del '57 costituì unsuccesso soprattutto per Genco Russo per-ché non solo vide riconfermata la sua in-discussa autorità di 6055 dei bosses in Sici-lia, ma perché furono imbrigliate le impa-zienze dei nuovi capi delle cosche che di-venivano sempre più difficilmente governa-bili dato l'enorme dilatarsi degli interessieconomici ai quali la mafia partecipava ointendeva partecipare. Aprire gli orizzontidi grandi profitti che derivavano dai traffi-ci internazionali clandestini — droga, tabac-chi, valuta, preziosi, prostituzione — placa-va le ansie di coloro che ancora erano ri-

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masti ai margini ed eliminava il grosso ri-schio di lotte interine all'intera organizzazio-ne, non esclude le « famiglie » di « CosaNostra ».

Naturalmente quando la nuova « macchi-na » dell'organizzazione mafiosa si mise inmoto, saltarono tutte le vecchie regale dicondotta, le abitudini, le cautele, il mimetiz-zairsi, ài « rispetto » che fino ad allora era-no stata elementi peculiari dell'attività ma-fiosa siciliana: non si trattava più di riscuo-tere il « piz/o » o la guardiania, di affron-tare lungo le trazzere del feudo con la dop-pietta a tracolla i visi arsi e muti dei con-tadini e dei braccianti. Ora bisognava viag-giare in aereo, possibilmente da un conti-nente all'altro, trattare con gente stranierain città straniere affari colossali di centinaiadi milioni senza correre il «rischio di farsiimbrogliare, incontrare corrieri, costituirebasi operative nelle città più importanti diItalia. Nasce, così, la nuova mafia ma conessa nascerà anche, forse per effetto indot-to, certo per condizioni ambientali deterio-rate ed in un tessuto .socio-economico inqui-nato, la nuova criminalità organizzata cheaggraverà la condizione di civile conviven-za del Paese.

Nel corso delle proprie indagini il Sotto-comitato della nostra Commissione ha avu-to modo di accertare l'intreccio, soprattut-to nelle grandi città, dei due fenomeni, purrimanendo distinti i moventi e gli obiettividelle azioni delittuose, ma provocando l'unosull'altro fenomeni di spieiata crudeltà, digratuita sanguinarietà, di sopraffazione ar-rogante di ogni regola di viver civile. Quelche l'organizzazione criminale mafiosa ottie-ne con ogni mezzo, nel campo suo proprio,quello cioè dai traffici illeciti, la crimina-lità comune vuole ottenerlo, anch'essa conogni mezzo, non ultimo quello di associar-si, anche a livelli internazionali, nei delitticomuni a più alta redditività (irapine, furticon scassi, sequestri, commercio di auto ru-bate).

Nel periodo in cui si delineava e si defi-niva questa strategia del crimine mafioso,cioè dal 1956 al 1960-61, mancò una contrap-posta strategia >di prevenzione e repressio-ne da parte delle forze della sicurezza pub-

blica. Mancò perché anzitutto non fu indi-viduato il passaggio dell'azione mafiosa daun modello ad un altro diverso e più peri-coloso; né fu avvertita, malgrado i nume-rosi e significativi indizi neppure nascostio mimetizzati, la confluenza di interessi e dioperatività tra « Cosa Nostra » e mafia sicilia-na. Qualcuno come Charles Siracusa e ilcapitano Oliva inseguiva ancora il mito diLuciano, un mito che doveva essere rivela-tore di tutti i « misteri » dell'organizzazio-ne mafiosa, mentre anche Luciano ormaiaveva finito di giocare il suo ruolo autono-mo e pionieristico. Mancò una strategia nelmomento in cui più facile e più proficua sa-rebbe stata l'azione di prevenzione, cioè lavera e più efficace azione di blocco o di con-trollo. La nuova struttura dell'organizzazio-ne richiedeva movimenti, rapidi spostamen-ti, consultazioni immediate con il telefono,l'aereo a portata di mano, come in effettiaccadde e come ci accadrà di riscontrarenel corso delle nostre indagini; se i diecipersonaggi più noti fossero stati bloccati inquel periodo ed isolati dalle loro basi ope-rative, probabilmente il Paese non avrebbesofferto gli effetti devastanti della crimina-lità mafiosa degli anni '70.

C'è da dire che non si trattò di una re-sponsabilità tecnica degli organi di polizia,ma vi fu impreparazione politica e cultura-le, una miope visione del fenomeno, del qua-le, per amore di partito o di parte, si pre-feriva ignorare l'esplosiva capacità a detìn-quere, anche quando la sua azione si sgan-ciò dai piccoli o grandi interessi locali chefatalmente coinvolgeva « il potere » ed i suoipersonaggi, per dirigersi verso le grandi ope-razioni internazionali e legarsi probabilmen-te ad un altro tipo di « potere », alle poten-ti « lobbies » dell'economia.

Fu -anche sbagliato il calcolo, che è comu-ne a tutte le polizie di ogni Paese, che lelotte intestine mafiose che portavano all'as-sassinio reciproco, fossero in fondo un « lo-ro » fatto interno che toglieva di mezzo qual-che bandito. A prescindere dalla considera-zione, che non è solo moralistica, che undelitto, qualunque esso sia, è sempre una fe-rita al corpo vivo della Nazione, al suo or-dinamento, alle sue istituzioni, nel campo

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mafioso l'eliminazione per assassinio nelle•lotte interine, non ha mai senso riduttivo, maha forza espansiva, perché la punizione conla morte è strumento e mezzo per raffor-zare id potere .mafioso e quindi per render-lo più oppressivo e più temuto.

2. — L'apporto più cospicuo che l'orga-nizzazione americana « Cosa Nostra » diedeagli incontri con i boss siciliani per la « spro-vincializzazione » della mafia, fu il senso del-la nuova dimensione che_essa poteva assu-mere, pur conservando le sue caratteristichetradizionali, se avesse accettato i due prin-cìpi rigidi della direzione unica dei grandiinteressi e della funzione del sindacatocome camera di compensazione dei contra-sti e di soluzione delle contese.

A questa ferrea logica, del resto, l'orga-nizzazione siciliana non poteva sottrarsi perla forza stessa dei fatti. Proprio sulla finedel 1957 si andava delincando l'esaurirsi diquel filone di grande speculazione e quindidi grandi profitti che agli inizi degli anni '50fu costituito dallo sviluppo edilizio e dainuovi insediamenti urbani nella parte occi-dentale di Palermo. Le rissose ed irrequietecosche palermitane — pare siano 22 — ave-vano trovato un « modus vivendi » ed uncompromesso che coagulava le « famiglie »dalla parte occidentale attorno agli interes-si della speculazione edilizia, mentre quelledella parte orientale (per esempio i Greco)« andavano accentrando il loro interesse nelsettore del contrabbando del tabacco ed inquello — .ancora più remunerativo — deltraffico .internazionale degli stupefacenti »(Rapporto CC del 26 giugno 1973 cit.).

L'esaurirsi delle disponibilità di' aree edi-ficabili e l'affievolirsi, quindi, della grandespeculazione e dei profitti indusse le « fa-miglile » della Palermo occidentale a cerca-re nuovi sbocchi che logicamente non po-tevamo essere che quelli del contrabbandoe dei traffici illeciti internazionali. Da quila necessità di (riesaminare e ridisciplinare icontrastanti interessi per impedire lotte in-testine che questa volta avrebbero avutocerta e dannosa ripercussione all'interno del-l'organizzazione americana.

Nel vasto e turbinoso mondo siciliano ilvertice dell '57 produsse certamente un ef-fetto equilibratore, grazie alla strategia e ail-l'abilità di Joe Bonanno che fece pesare tut-ta la potenza della sua « famiglia » arrivatain forze a Palermo, ed alla mano dura e pe-sante di Luciano. Dal 1958 al 1961, a partela faida feroce del corieonese tra Liggio eNavarra, si ebbe un solo episodio di « guer-ra .tara bande » che fu violenta e sanguino-sa, ma del tutto marginale nel quadro del-l'azione mafiosa di rilievo. Nel 1959 la coscamafiosa capeggiata da Maniscalco Vincenzoe formata da Pisciotta Giulio, Carollo Natalee Drago Filippo tentò di invadere il camposoggetto all'influenza del più agguerrito grup-po mafioso che faceva capo ai fratelli LaBarbera. Costoro, Angelo e Salvatore, era-no figure di recente acquisizione nelle altegeranchie mafiose e il loro inserimento eraavvenuto contro certe « regole » del vecchiomondo della mafia che consentiva ai « pic-ciotti » più qualificati e prestigiosi per in-telligenza, intrapnendeiiza e prudenza diascendere i vari gradini della « gerarchla ».I La Barbera, invece, sperimentando un nuo-vo metodo che farà lunga strada, come ve-dremo, fino a sconvolgere le antiche e pre-stigiose « autorità », si impongono con unaserie di azioni violente, astute e spregiudi-cate, tanto che dalle umili condizioni del1953 si ritrovano « capi mafia » verso il1957-58.

La. cosca di Maniscalco considera troppofragile e poco protetto il « potere » acqui-stato .dai La Barbera e tenta l'assalto persostituirlo sia nel « -giro » degli interessi, sianella gerairchia delle cosche. Fu un calcoloerrato che portò alla eliminazione degli aspi-ranti e ali conseguente rafforzamento dellaposizione dei La Barbera: il 17 settembre1959 fu assassinato Drago Filippo, il 9 mag-gio 1960 toccò a Maniscalco Vincenzo cheaveva subito un « avvertimento » pochi gior-ni prima l'assassinio del Drago (il 14 settem-bre 1959) rimanendo ferito e il 2 ottobre1960 scomparvero, dopo essere stati seque-strati allo scalo ferroviario Brancaccio-Pa-iermo, Pisciotta Giulio e Carollo Natale. Inquesto stesso periodo i fratelli La Barberasono « molestati » da una diffida che il Que-

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store di Palermo gli infligge e della qualevengono a conoscenza perché — dicono inuna istanza del 1° dicembre 1959 — « è sta-ta appesa presso il comune di Palermo »; nechiedono la revoca in quanto « pur lavoran-do onestamente e svolgendo un'attività con-trollabilissima, oi troviamo nelle condizionidi non poter lavorare con serenità » e poiché« c'è della gente che ci vuole del male, sia-mo costretti ad andare all'estero per pote-re lavorare con tranquillità, avendo da so-stenere le nostre famiglie ». Le vicende cheaccompagnano da concessione dei passapor-ti sono state illustrate nella « Relazione sul-l'indagine .riguardante casi di singoli ma-fiosi » che la nostra Commissione di inchie-sta ha trasmesso al Parlamento e pubblica-to nel corso della quinta legislatura.

Se si escludono gli assassinii e le spari-zioni attribuiti ai fratelli La Barbera e chenella logica della difesa delle loro posizio-ni non sono considerate « deviazioni » dellastrategia che l'organizzazione mafiosa haadottato col vertice del 1957, fino a tutto il1961 non si verifiicano né situazioni idi con-trasto clamoroso tra le « cosche », né discor-danze sostanziali sui vasti interessi' ai qualiormai tutti sono interessati e coinvolti.

E queste due circostanze sono rilevantiper valutare — anche sulla base dei gravifatti che accadranno nel 1962 e nel 1963 — ilpeso che hanno esercitato sull'organizzazionee sulla sua gestione ine! periodo di un quin-queniniio che ha visti coinvolti interessi co-lossali e capitali enormi, sia « Cosa Nostra »con i suoi punti di appoggio lasciati in Si-cilia (Bonventre, Garofalo, Viitaliti), siaLucky Luciano. Potrà essere un caso — mala dura e spieiata logica della mafia rara-mente attribuisce al caso avvenimenti chehanno una loro concatenazione — fatto èche con ila morte di Luciano (gennaio 1962)si (rompono i vecchi equilibri, le contese as-sumono una ferocia inaudita, si scatenanogli egoismi di gruppo, si scompagina il mon-do dalla vecchia mafia e dei suoi prestigiosicapi: nascerà così la nuova mafia ohe faràscorrere molto sangue prima di stabilizzarsi.

3. — Nel corso ,del quinquennio 1958-1962la nuova mafia assumerà un aspetto sem-

pre più preciso,' collauderà ila strategia deinuovi interessi economici legati a trafficiilleciti iiUeimaziomaM, definirà, con .gradua-lità, ma con decisione, la scala dei nuovivalori «nella gerarchla. 1 Greco, Badalamen-ti, Buscetta, Mancino avranno ancora il ruo-lo di esecutori di ondimi e direttive che pro-vengono dagli organi direzionali creati congli accordi del 1957, ma gradualmente acqui-steranno ima più marcata autonomia, tantoche Totò Greco (l'ingegnere) che è suben-trato nella direzione della cosca di uno deipiù forti contrabbandieri, quella di GasparePonente, assassinato a Palermo di 3 marzo1958, verso la fine del 1960 ha un proprionatante, battente bandiera ondurena e de-nominato « 8104 » con il quale intraprendeun vasto 'traffico, eliminando l'intermedia-zione del trasportatore, 'trattando diretta-nienite con i massimi fornitori come Moli-nelli, Forni, Paul Paoli e il tangerino Salo-mon Gozal, con i quali ,si (incontra agli inizidel 1961 a Giibiltenra ed a Tangeri, per or-ganizzare le « crociere dell' " 8104 " ».

Già nel 1959 — dice Serafina Battaglia,la coraggiosa vedova di Stefano Leale, unmafioso assassinato — Salvatore Greco è ilpiù importante esponente della mafia di Pa-lermo orientale, da tutti temuto e riverito,la cui' parola è legge, tanto da rassicurareStefano Leale che ha già subito un primoattentato il 4 gennaio 1959, con le parole« zu' Stefano, non abbia timore; per ammaz-rzare lei ci vuole il mio consenso ».

È una posizione ben diversa da quelladel 1955 quando per trattare con Molinelliarrivò dagli USA Frank Coppola che incon-trò il contrabbandiere francese all'albergoPakce di Palermo il 10 agosto, e Totò Gre-co scortava i carichi di contrabbando tantoche M 23 marzo .di quello stesso anno incap-pò, come abbiamo già rilevato, con GaetanoAccardi nel sequestro .della motonave « Su-resh » con dodici tonnellate di tabacchi enel febbraio 1957 veniva annestato per ilcontrabbando di circa otto quintali di si-garette nella zona di 'Napoli, ad Afragola.

Gaetano Badaiamenti nel gennaio 1956 fuìmpilicato insieme con Calcedonio Di Pisa eBernairdo Diana, assassinati nel 1962-63, indue 'tentativi di sbarco di tabacchi lungo le

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coste del trapanese, trasportati dalle naviIrazu e Thi-Fun e nel 1957 venne addirittu-ra iarrestato per il contrabbando di tre ton-nellate di sigarette scoperto il 10 marzo sul-la spiaggia di Pozzillo nel catanese (sarà ri-messo 'in libertà provvisoria il 20 luglio suc-cessivo), ma « per la sua violenza ed il suopassato — Sicrive la Guardia di finanza inun suo rapporto — assurge a figura di pre-minente importanza, .tanto che la gente delpaese lo teme al punto che preferisce accet-tare silenziosamente la sua prepotenza e lesue malefatte per paura idi vendette e rap-presaglie ». Nel 1961 il duplice omicidio diPalazzolo e di Mazzola a Cinisi porta l'im-pronta del nuovo astro in ascesa che nellostile del più spieiato killerisino, osa rompe-re la tregua .tra le cosche per « governare »l'importante centro mafioso 'di Cinisi. Lo ri-troveremo sul finire degli anni sessanta acapo della zona direzionale del Lazio neltraffico illecito 'di ogni genere.

Tommaso Buscetta sarà arrestato nel mar-zo 1958 im seguito al « servizio Molinelli »e nel gennaio 1959 per il contrabbando didue tonnellate di sigarette nelle acque diCarotane, ma nello stesso tempo si accertache è stato lui a spostare le zone di rifor-nimento dal Nord-Africa alle coste Iugosla-ve, perché le fonti tangerine di rifornimen-to si erano inaridite.

Furono i gruppi siciliani ad apportare con-crete varianti alle modalità operative deitraffici via mare adottando forme semprepiù raffinate e difficilmente contrastabili:siciliane furono le organizzazioni che impe-gnarono per prime i capaci natanti mercan-tili al posto delle piccole vedette veloci; si-ciliani furono i gruppi che imposero alle na-vi quel « silenzio radio » che all'inizio scon-certò le manovre operative di contrasto del-la Guardia di finanza che si basavano sulleintercettazioni delle comunicazioni in par-tenza dalle vedette in navigazione; siciliane,infine, sono state le organizzazioni che han-no disposto ed attuato, in tempi più recen-ti, uno spostamento delle zone di sbarcodalle coste sicule a quelle della Calabria edella Campania.

Fornite di rilevanti mezzi finanziari, le or-ganizzazioni siciliane hanno svolto un'atti-

vità intensa: capillarmente ed accuratamen-te organizzati, i « gruppi » isolani hanno ope-rato ed operano tuttora con estrema cura,scegliendo dopo 'attenti esami la zona disbarco, selezionando severamente la « mano-valanza » destinata alle operazioni lateralidi scarico dei tabacchi e di trasporto deglistessi nei depositi interni, evitando con cu-ra l'impiego in attività importanti (fiducia-ri a bordo delle navi, autisti di autocarri,custodi dei depositi) di persone non suffi-cientemente sperimentate; ove, per esigenzeparticolari od improvvise, si rendeva neces-sario utilizzare nel traffico individui non« sicuri », l'inserimento degli stessi era su-bordinato al versamento di « quote di par-tecipazione » spesso ingenti e comunque talida escludere che essi avessero potuto tro-vare economicamente conveniente la dela-zione. In effetti, tali « precauzioni » sono at-tuate tuttora dalla gran parte delle organiz-zazioni contrabbandiere operanti su tutto ilterritorio nazionale ma esse sono state por-tate dai gruppi siciiiani a livelli esasperantie severamente imposte ai gruppi « continen-tali » con i quali essi si sono ora alleati nelcompimento delle maggiori operazioni il-lecite.

La crescita economica ed organizzativa di« picciotti » più ardimentosi che operano nelcontrabbando di tabacchi (che rappresentail periodo di apprendistato) e in traffici il-leciti (internazionali, non è senza conseguen-ze aill'interno dell'organizzazione e soprat-tutto nei suoi vertici. Il più sospettoso e dif-fidente doveva essere certamente Luciano,che, per esempio, non ebbe mai in simpatiail « clan dei Greco », tanto che dagli attidella Commissione -risulta una sua accon-discendenza e protezione per i La Barbe-ra — e da qui il loro legame con Mancino —ed un costante atteggiamento di sufficienzaverso i Greco.

Ned brillante « servizio Molinelli » dellaGuardia di finanza del 1958 si accerta unepisodio curioso e strano ad un tempo, marivelatore di quanta agitazione serpeggi nelmondo organizzato della mafia, anche quan-do la linea dei vertici è rigorosamente fer-ma e decisa.

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Pascal Molinelli e Salomon Gozal sono imaggiori fornitori delle cosche siciliane nelcontrabbando di tabacchi e « probabilmente— dice un rapporto della Guardia di finan-za — anche di quantitativi di stupefacenti ».L'acquisto deMa mercé è monopolizzato inSicilia dalle due organizzazioni che rispetti-vamente fanno capo a Pietro Davi e Salva-tore Greco, succeduto a Gaspare Ponente edassociati al cognato Spadaro Vincenzo e aSalvatore Adelfio.

Ma mentre Davi opera in prima persona,il gruppo Greco è già nelle condizioni di ave-re propri « cuscinetti » che sono TommasoBuscetta, Antonio Camporeaile e FrancescoRizzuto, i quali trattano con l'emissario diMolinelli, Michel De Val. La differenza idi ran-go è sostanziale e dimostra che i Greco, puroperando nell'ambito e secondo le direttivedell'organizzazione, guadagnano se non pro-pria una progressiva autonomia, il diritto adessere « intisi », cioè ascoltati dal vertice.

Tra le due bande siciliane erano insorti fre-quenti contrasti e, curiosamente, essi eranostaiti composti non nell'ambito delle « fami-glie » ma con l'intervento di Molinelli cheaveva più volte inviato in Italia il proprioemissario, il De Val.

Nel corso delle indagini 'fu individuato aNapoli un apparato radio ricefcrasmittenteche era stato impiantato dai francesi e cheera azionato da Pierre Chiavenna cittadinofrancese. La potente apparecchiatura insiemecon la stazione radio fissa di Tangeri e Nizzaserviva par coordinare il movimento dellenavi contrabbandiere mediante frasari ci-frati o convenzionali.

Agli organi investigativi della Finanza nonsfuggì la singolarità di comportamento del-le cosche siciliane nel rapporto con i forni-tori stranieri e si formulò l'ipotesi che i fran-cesi avessero in programma di monopolizza-re l'intera base del contrabbando, estromet-tendo l'organizzazione mafiosa siciliana, macolpendo sostanzialmente il « clan dea Gre-co », con l'assenso di Luciano.

Attraverso l'analisi retrospettiva dei traf-fici scoperti nel periodo 1955-1958 fu pos-sibile attribuire ali'organizzazione Molinellie a quelle siciliane ad essa collegate il con-trabbando di 200 tonnellate circa di tabacchi.

L'ammontare dei profitti: fu calcolato dallaGuardia di finanza in oltre 200 miilioni di lireper l'organizzazione Molinelli ed in oltre mez-zo miliardo (di allora) per le bande siciliane.Per il pagamento della mercé l'organizza-zione mafiosa utilizzava un'agenzia di cambiodi San Remo, gestita da tale Francesco DeBonis.

Per dare un'idea dell'imponenza dei capi-tali occorrenti per finanziare l'acquisto ditabacchi presso i depositi esteri, la Guardiadi finanza ha calcolato (i valori si riferisconoal 1969-1970) i costi seguenti:

1000 casse di sigarette dal porto di par-tenza costano lire 42.000.000;

1.000 casse di sigarette in mare apertocostano lire 75.000.000;

1.000 casse di sigarette al posto .di sbarcoa terra costano lire 100.000.000;

1.000 casse di sigarette al deposito a ter-ra costano lire 120.000.000.

Per duemila casse i costi sono raddoppiati.Se si considera che il carico medio di una

nave contrabbandiera oscilla da 3000 a 6000casse, l'impiego di capitali per un carico puòoscillare da lire 130 milioni a lire 660 milionia seconda del luogo di acquisto e dell'entitàdel carico.

Per il triennio 1952-1954 la Guardia di fi-nanza ha calcolato in 300 tonnellate il con-trabbando di tabacchi introdotti in Italiacon profitti di circa 500 milioni su un rica-vo lordo di un miliardo e mezzo. Questo spie-ga come in quel periodo 'le cosche siciliane in-teressate al contrabbando si siano disinte-ressate di quella parte che era affidata alle co-sche della parte occidentale di Palermo lega-te 'all'accaparramento delle aree ed alla spe-culazione edilizia. E spiega 'anche perché trale due organizzazioni le più agguerrite nelcorso degli anni successivi siano divenute leprime che poi ebbero la prevalenza all'inter-no dell'organizzazione all'inizio degli annisettanta.

4. — L'organizzazione per il traffico deglistupefacenti è meno esposta di quella per ilcontrabbando dei tabacchi non nel senso chene è distinta perché unico è il nucleo centra-le, ma perché la spinta all'autonomia ed a

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« contare di più » delle cosche siciliane mag-giormente ardimentose è più attenuata, hameno occasioni per manifestarsi sia perchéil centro operativo è saldamente tenuto dagli« americani », sia perché ipiù ingenti sono icapitali occorrenti. Ohi sta al gioco come LaBarbera e Mancino può anche « avvicinarsi »al primo livello dell'organizzazione e intra-prende viaggi all'estero, come quello in Mes-sico del 1960, o come la cosca di Salemi, ca-peggiata da Zizzo che è un tramite obbedien-te e sicuro. Gli altri devono accontentarsidell'appoggio operativo, cioè di curare la fa-se intermedia per il passaggio da Marsigliaagli USA. Le vie restano in parte quelle im-piantate da Luciano con i corrieri, in partequelle nuove dell'America del Sud o del Ca-nada. Rinaldo Salvadore, per esempio, ungregario di infimo ordine quando venne ar-restato nel 1960, dichiarò ohe Firank Caruso(che abbiamo incontrato nel corso della no-stra esposizione come agente legato a Lu-ciano) gli disse che in Canada erano disponi-bili forti quantitativi di stupefacenti e ciògli era stato riferito da Joseph Cago (identi-ficato poi per Valachi). Indotto a lavorare peril Caruso incontra Vincent Mauro (altra pe-dina di Luciano) che con il primo faceva cop-pia e in più occasioni ritirò negli USA 'diver-se partite di eroina: 2 Kg. da Charles Di Pa-lermo, 9 Kg. da Matteo Palmeri ed un altroquantitativo imprecisato da Salvatore Ma-nieri.

iEd in questo periodo Caruso lo mette incontatto con i due fratelli Agueci, legati allacosca di Salemi, John ed Albert (quest'ulti-mo sarà assassinato nel 1962). Albert ricam-bierà la cortesia presentando al Mauro Mat-teo Palmeri, un altro corriere da utilizzare,che l'Agueci aveva contattato a Salemi findal 1947.

Tutta quest'attività era conseguente ai nuo-vi metodi realizzati dall'organizzazione ma-nosa dopo il vertice palermitano del 1947,ma non cessa l'attività diretta a mezzo cor-rieri, anche se l'operazione è divenuta piùcomplessa rispetto a quelle degli anni 1949-1952.

C'è un episodio rivelato dal processo Ca-neba che è significativo per avere uno spira-glio attraverso il quale si può intrawedere

l'interno dell'organizzazione. Renna Vincen-zo doveva costituire il Rinaldo come corrie-re. Due agenti del Narcotic Bureau, John Dol-ce e Michael Piccini, riescono ad agganciar-lo, sotto false sembianze, con la scusa chesono i proprietari di otto dei dodicimiladollari che Rinaldo aveva consegnato al Ren-na per investirli nel traffico: l'organizzazioneconsente ai gregari l'arrotondamento degliutili con qualche piccola compartecipazione.L'episodio del denaro consegnato era statonarrato dal Rinaldo ed i due simularono tan-to bene la parte di amici di BiiU (Rkialdo),che Renna, prima titubante, poi cade neMatrappola. Ma siccome non deve decidere lui,dice ai due che « persone di fuori » avevanodetto ohe prima di ogni altro discorso, biso-gnava accertare se effettivamente loro ave-vano diritto alla restituzione della somma.

I due si mostrarono seccati e risentiti edil Renna per placarli disse che lui stava sem-plicemente eseguendo degli ordini, era sol-tanto un « gregario » che portava la mercédall'Italia negli USA e che non poteva pren-dere alcuna decisione. Quando le ultime resi-stenze furono superate e il Renna si convin-se che aveva a che fare con persone « okay »si confidò: partiva per l'Italia e avrebbe per-suaso quelli « di fuori » a intraprendere af-fari con loro. La partenza era prevista per il15 febbraio e gli « amici » italiani volevanoche il soggiorno si protraesse per qualchesettimana al fine di non destare sospetti.

In una dichiarazione, poi non sottoscritta,resa da Vito Agueci all'agente americanoFrank Selvaggi c'è il racconto di un episodioche conferma il legame tra Mauro e la coscadi Salemi e, fatto più interessante, fornisceun'idea del rapporto tra i trafficanti, italo-americani ed i « francesi ». Nel giugno delI960 un noto trafficante Crimi Leonardo ac-quista dai « francesi' » Kg. 30 di eroina, maun corriere che doveva portare la valuta, taleScopelliti, arriva con 30 'mila dollari, appenasufficienti per pagare un terzo della mercé.Ebbene, i francesi consegnano l'imiterà par-tita, evidentemente non per fiducia verso ilCrimi, ma perché sanno bene ohe l'« organiz-zazione » e soprattutto il suo « vertice » ga-rantiscono l'integrale pagamento. Un ailtroepisodio che è indicativo del (rapporto tra

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« francesi » e « siciliani » è riferito da un al-tro contrabbandiere, tale Di Trapaini', cheaveva ospitato in casa sua a Salemi uno deipiù noti fornitori di eroina, Antoime Castol-liani, definito da Giuseppe Mancuso « unafonte sicura, anzi una delle migliori fontid'Europa ».

5. — Gli organi di sicurezza sulla fine de-gli anni cinquanta cominciano ad agire conpiù scioltezza e mezzi adeguati; soprattuttola Guardia di finanza opera con sagacia eprontezza come dimostrano il « servizio Ca-neba » ed il « servizio Molinelli ».

Ma la struttura dell'organizzazione mafio-sa ed il tipo di -azione repressiva adottata, in-dirizzata più al singolo fatto che all'indivi-duazione di una strategia criminosa da com-battere, producono i risultati che sono visi-bili dai fatti narrati; cioè la manovalanza edi livelli più bassi dell'« organizzazione » sonoindividuati e con prove precise perché sonoquelli che « maneggiano » la mercé scottante,ma al di là non si va. La stessa Guardia di fi-nanza rileva questi limiti ed in un suo rap-porto scrive: « sono questi (i 'membri minoridelle squadre contrabbandiere) che .più fre-quentemente vengono sorpresi e denunciatidagli organi di vigilanza. Raramente essi rie-scono a realizzare forti guadagni ed a mutairela loro condizione economica e sociale. Lefrequenti perdite cui vanno incontro a se-guito di sequestri, i periodi di detenzione chedevono sopportare, eccetera incidono note-volmente sui loro bilanci familiari sì da ren-dere la loro attività insicura ed i loro guada-gni incerti.

« Un gradino più in alto troviamo i capi-squadra, cioè i grossisti, che in città control-lano le varie zone di vendita di tabacchi. An-che costoro, sebbene con minori rischi rispet-to ai venditori al minuto ed ai '.trasportatori,vengono talvolta scoperti e denunziatì; neiloro confronti spesso si raccolgono soltantoprove indirette della illecita attività in quan-to essi per non lasciare traccia si servono diappositi elementi fiduciari prescelti e pagatiper tenere in deposito tabacchi e sper effet-tuarne le consegne ai 'rivenditori clandestini.

« Tale sistema di ripartizione dei rischi e leaccennate accortezze consentono a questa

più ristretta categoria di persone idi realiz-zare una discreta parte degli utili del trafficoche essi investono poi in altre attività leci-te, paralecite o addirittura illecite.

« I grossisti tuttavia raramente riescono adelevare la loro condizione al rango di orga-nizzatore e quindi di preminenza rispettoagli altri grossisti.

« L'organizzatore, invece, non esce mai dal-l'ombra e quasi mai compare sulla scena delcontrabbando. Egli si limita a dare con asso-luta pirudenza direttive verbali ai suoi fidu-ciari che ha prescelto con cura e legato a séda vincoli assai stretti. Raramente il veroorganizzatore si sposta dal centro della suaattività e, se è costretto a farlo, usa tutte leprecauzioni possibili riconrendo spesso afalsi documenti di identità personale o pren-dendo alloggio presso persone fidate, renden-do così difficile la sua scoperta e le indaginisul suo conto.

« Gli elementi raccolti, nella maggior par-te dei casi, restano allo stato di indizi e non,come sarebbe auspicabile, di prova certa del-l'illecita attività.

« L'organizzatore del traffico, quindi, correrisichi minimi in quanto, a differenza degli al-tri contrabbandieri, limita al massimo i suoicontatti criminosi, non si trova quasi mai làdov'è la mercé e ricava profitti favolosi ».

Eppure esistevano elementi concreti perrisalire più in alto nella ricerca delle respon-sabilità, e se non proprio per trovare provevalide per deferire ai giudizi dei tribunali,almeno per adottare una politica ed una stra-tegia di prevenzione e di controllo, che, inve-ce, stranamente mancò del tutto.

Nella sentenza istruttoria Vigneri è statocorreli amente rilevato che « dall'ottobre1957 al 1963 erano avvenuti numerosi sepa-rati incontri tra alcuni dei personaggi parte-cipanti al congresso dell'albergo delle Pal-me, e tra essi ed altri elementi della malavi-ta statunitense e siciliana, non altrimentigiustificabili se non in relazione alla pro-grammazione dei traffici illeciti dell'organiz-zazione Cosa Mostra-Mafia in Sicilia ».

Nel « servizio Caneba » c'è un meticolosoe paziente lavoro di pedinamenti, controlli,intercettazioni, coilegamentii che alla finedanno concreti risultati facendo cadere nella

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rete « pesci piccali » che sono stati seguiti neiloro movimenti. Perché un eguale lavoro nonsia stato fatto ai livelli internazionali, e aquelli più alti, rimane un quesito al quale laCommissione non riesce a dare una precisarisposta e giustificazione.

Eppure i capi ed i vice capi si muovevanocon una sfrontatezza che apparirebbe irre-sponsabile se si esclude che avevano purequalche ragione per comportarsi in quel mo-do. Frequentano i più lussuosi alberghi e pre-sentano i propri documenti di identità, passa-no intere giornate in incontri e convegni, sispostano da una parte all'altra d'Italia convoli aerei ove figurano regolarmente registra-ti e nessuno mai pensò di seguirli, individuar-li, possibilmente ascoltarli! Il 1961 è già unperiodo in cui c'è una maggiore sensibiliz-zazione al fenomeno mafioso sia nell'opinio-ne pubblica che presso le « autorità » sia po-litiche che amministrative: è il periodo nelquale si sviluppa con vigore la battaglia par-lamentare, a Roma ed a Palermo, per istitui-re una Commissione d'inchiesta sulla mafia:è il periodo dell'inchiesta « Caneba », eppurequando il 4 ottobre giunse in Italia JosephCerrito, noto alle autorità federali come asso-ciato a « Cosa Nostra » ed incaricato per icollegamenti con Frank Garofalo, da tempostabilitosi in Sicilia, nessuno pensa di adotta-re qualche misura elementare di controllo.Successivamente nell'indagine del 1964 si sco-prì che Cerrito aveva avuto ripetuti incontricon Garofalo e che era un anello importantedi collegamento della struttura dell'organiz-zazione. Capiterà di peggio con il Garofaloche solo nel 1964 viene sottoposto « a più in-tensa vigilanza » da parte della polizia con unservizio di intercettazioni telefoniche esegui-to dall'ottobre 1964 al giugno 1965. Pur essen-do quest'ultimo un periodo di quasi com-pleta dissoluzione, come vedremo, della vec-chia struttura organizzativa creata a Paler-mo nel 1957 viene alla luce una rete di com-plicità, connivenze, rapporti che sorprendo-no la stessa polizia, e il giudice Vignerà scri-verà nella sua sentenza: « il linguaggio con-venzionale adoperato dalle suddette persone(Carotalo, Joe Imperiale, Cerrito, Martinez)nel corso delle conversazioni telefoniche ave-

va dimostrato che tra le stesse ed i loro affi-liati esistevano legami -diretti a neutirailizzarele indagini di polizia ed erano, altresì, in cor-so loschi affari relativi a movimenti idi per-sone o di cose dall'Italia agli Stati Uniti fa-centi capo al Garofalo ed a elementi residen-ti in America a lui collegati »

Bonventre Giovanni è conosciuto da tuttele polizie come vice capo della « famiglia »Bonanno, la più potente, in quegli anni, diNew York; la nostra polizia io ha individua-to come uno dei partecipanti al vertice pa-lermitano del 1957. Ebbene, nel 1960 si trasfe-risce in Sicilia in circostanze « misteriose »,scrive il giudice Vignerò, e purtroppo tali ri-masero perché nessuno pensò mai di chia-rirle

Vitaliti Rosario l'abbiamo individuato nelcorso della nostra esposizione come « cusci-netto » di Luciano, quindi soggetto da teneresotto costante controllo, perché poteva co-stituire l'unico veicolo per arrivare a Lucia-no, se non per trovare prove giudiziarie, percomprenderne meglio il ruolo e la funzione,oltre che i metodi. Solo con le investigazionidel 1965 (Luciano è morto da tre anni) si sco-pre che il 10 giugno 1960 avrebbe consegna-to al suo capo una grossa somma in dollariproveniente dagli Stati Uniti e che neglianni 1959 e 1960 si era recato- sovente a Na-poli prendendo alloggio all'albergo Mediter-raneo e due volte a S. Marinella prendendoalloggio insieme a Luciano nell'albergo LeNaiadi. I] 26 dicembre 1961 (un mese primadella morte) aveva ospitato a Taormina al-l'albergo Mediterraneo Luciano, e con lui erarimasto fino al 3 gennaio 1962. La Guardia difinanza che inizia una approfondita indaginesu Luciano nell'ottobre 1961 approda a risul-tati su fatti sorprendenti più ravvicinati neltempo.

Il 21 dicembre 1960 giunge in Italia Tho-mas Eboli, il cui figlio, caporale dei marines,presta servizio — guarda caso — a Napoli.Sarebbe bastato il solo nome per fare sussul-tare e mettere in allarme un qualunque poli-ziotto, appena appena informato di cose ma-liose. Ma per gli organi di polizia italiani lacosa passa nel più assoluto anonimato. Eboli,detto anche Tommj Ryan, così è descritto

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nel rapporto McClellan: « mentre Genoveseera in carcere la sua " famiglia " fu capeg-giata da Thomas Eboli che per lungo tempofu socio di Genovese. Il cosiddetto " sotto-capo " è Gerardo Catena ed il " consigliere ",ossia colui che decide la politica del gruppo, èMichele Miranda, entrambi con lunghe e di-sgustose carriere di criminali ».

Bboli soggiorna in Italia fino al 6 febbraio1961 ed è ospite di Luciano dal 7 al 9 gennaioa S. Marinella presso l'albergo Le Naiadi; dal17 al 20 gennaio è all'albergo delle Palme diPalermo insieme a Luciano, che incontra an-cora in un altro viaggio dagli USA a S. Ma-rinella dal 20 al 24 luglio.

Nell'aprile 1962 scomparirà nel modo ma-fioso che è noto Anthony Storcilo, detto an-che Thony Bender, che ha esercitato le fun-zioni di capo della « famiglia » Genovese, eda lui subentra Thomas Eboli, ma Luciano,che probabilmente è stato lo stratega dell'o-perazione, è già morto.

6. — II 26 gennaio 1962 moriva all'aero-porto di Napoli per crisi cardiaca Lucky Lu-ciano: finisce un'epoca nella storia dell'orga-nizzazione mafiosa, l'epoca manageriale deigrandi disegni strategici, dei collegamenti in-ternazionaili. Con la monte di Luciano si di-sintegra quel minimo di intesa e di coordi-namento che si era riusciti ad imporre allerissose cosche siciliane, si riaccendono lottesanguinose per il dominio nel settore deitraffici internazionali e nel contrabbando, ilsolo ormai per operazioni che diano grandiprofitti. Scrive il Questore di Trapana nellasua relazione del 1973 alla nostra .Commissio-ne: « il contrabbando, nelle sue varie spe-cie, è entrato in tempo relativamente recen-te .nella sfera dell'influenza della mafia sici-liana e l'oggetto di esso va individuato, divolta in volta, nei tabacchi, nella valuta, nel-le monete false, nelle pietre preziose, nellearmi, ed infine nella droga, cioè in quelle« cose » che una società in rapido sviluppo eprogresso richiede nei suoi risvolti nega-tivi1 ».

Ma anche cause esterne concorrono a se-gnare la fine del vecchio modello di organiz-zazione mafiosa.

In Italia i corpi della sicurezza pubblica siriorganizzano e si qualificano meglio, 'in uo-mini ed in mezzi iper la lotta alla mafia; ciò èconseguenza non solo 'di una migliore e piùefficiente organizzazione ma soprattutto diun mutamento di .indirizzo politico che ha ilsuo momento di maggiore 'rilievo nell'istitu-zione della nostra Commissione di inchiestae nella spinta che essa ha dato ad una lottapiù a fondo, più organica contro ila crimi-nalità mafiosa.

Molti luoghi comuni ed una fumosità, ve-nata di scandalismo, hanno spesso offuscatoi! 'buon lavoro che la Commissione andavasviluppando, hanno svilito l'incoraggiamento,la sollecitazione, anche la protezione che es-sa sviluppava verso le forze preposte a que-sta lotta difficile ed ardua, incontrando —come è accaduto al Sottooomitato che ha rac-colto gli elementi per questa relazione — uo-mini coraggiosi, ufficiali ed agenti o cara-binieri ricchi di iniziativa, decisi ad affron-tare a viso aperto, senza paura di niente e dinessuno, senza neppure le tentazioni di fa-cili clamori pubblieitari, il triste fenomenodel delitto di mafia.

Negli USA iniziano nell'autunno del 1963le grandi inchieste del Senato contro la cri-minalità: « Cosa Nostra » con i suoi crimini,i suoi bosses « inviolati » ma ormai senzaprotezioni o « cuscinetti », viene travolta dal-l'inchiesta pubblica, davanti a .milioni di te-lespettatori, nuovi strumenti legislativi e or-ganizzativi si approntano e sono subito ap-plicati per scompaginare la ragnatela di pro-liferazione mafiosa, di collusioni e di conni-venze creata negli USA.

L'occasione, in Italia, che determina la rot-tura del vecchio equilibrio è data dall'assas-sinio di Calcedonio Di Pisa, avvenuto il 26 di-cembre 1962. L'episodio è noto e la Commis-sione ha fornito tutti i -retroscena ed i par-ticolari nel Rapporto sui singoli mafiosi pub-blicato nel corso della V Legislatura.

I La Barbera commettono certamente unerrore tattico quando, violando la decisionedel tribunale mafioso, alla quale loro stessihanno partecipato, uccidono il Di Pisa; maper le cause lontane che stanno a monte del-l'episodio in sé e che noi abbiamo illustrato,essi non avevano altra scelta, perché se vo-

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levano rimanere « uomini di rispetto » nel-l'organizzazione mafiosa in condizione parita-ria con i Greco, dovevano dimostrare chetutta 'la loro potenza non era solo « fumo »dovuto alla protezione di Luciano, ma c'eraanche l'« arrosto » del vaiare e della forzapropria. Essi erano inoltre uomini « amma-aiigliati » cioè in relazione con il « potere »,tanto che l'anno prima, nel settembre 1961il Questore di Palermo, Jacovacci, nell'espri-mere il parere al tribunale per la richiestariabilitazione a favore di Salvatore La Bar-bera scriveva: « ha mantenuto regolare con-dotta in genere, dando prova costante diobiettivo ravvedimento ». Il Tribunale di Pa-lermo con sentenza del 16 settembre 1961,quando 'già tutti sapevano chi ara il La Bar-bera e veniva portato a simbolo per La spie-tata azione con la quale aveva raggiunto ivertici mafiosi, concedeva la riabilitazione.Questi rapporti non potevano essere disper-si, per cui la partita andava giocata fino infondo. Ed i Greco, infatti, sapevano bene nonsolo che i La Barbera non avevano scelta,ma ohe sull'esito influiva la morte di Lucianoed ormai era determinante l'atteggiamentodi « Cosa Nostra ». Le circostanze, oltre chel'abilità e la spieiata ferocia, favorirono lavittoria dei Greco perché con l'apertura dal-l'inchiesta del Senato USA del 1963 « CosaNostra » non fu più in condizione di interve-nire.

Nel complesso gioco delle alleanze manosenon fu difficile individuare iil cavallo vincen-te; grossi nomi di rispetto, che erano statialleati o in rapporti amichevoli e di affari coni La Barbera, passano al campo opposto, e traessi Cesare Manzella, Raffaele Spina, GiustoPicone ed ultimo, ma decisivo, Luciano Leg-gio.

La reazione dei La Barbera fu rabbiosa, co-me era nel loro stile, e sanguinosa, quelladei Greco più pacata, ma esemplare, tantoche il 17 gennaio 1963 spariva e scomparivanel nulla Salvatore La Barbera, il capo. AdAngelo che gli succedette al comando nonrestava che una carta da giocare per so-pravvivere: Joe Adonis.

La preoccupazione di « Cosa Nostra » in ca-sa propria e la morte di Luciano influironosulla sopravvivenza dell'organizzazione, ma

non mancarono i rapporti con i singoli cheanzi!, come vedremo, si intensificarono, crean-do altri sbocchi di traffico illecito, anche se•mancava ormai il vertice direzionale, la po-tenza di una mente direttiva, la capacità dicontrollare e reprimere: nasceva così la« nuova mafia ».

Il travaglio fu lungo e sanguinoso, la lottaspieiata e crudele: in questa fase le opera-zioni delle forze della sicurezza pubblica fu-rono encomiabili per sagacia, ardimento,coordinazione.

« Durante l'arco di tempo » scrive il colon-nello dalla Chiesa, comandante la Legione CCdi Palermo in un rapporto alla nostra Com-missione « compreso tra la fine di luglio1963 e la fine del 1968, gli aggregati 'mafio-si non rimasero cristallizzati sulle preceden-ti posizioni e ripartizioni, ma subiscono unaprofonda crisi di trasformazione: crisi cheavrebbe potuto portare ad un graduale inde-bolimento, e forse al 'disfacimento, se le filadell'organizzazione criminosa non fosserostate riprese in pugno dai più qualificatiesponenti mafiosi ritornati in libertà ».

7. — Alle 11,30 del 30 giugno 1963 in con-trada Ciaculli di Palermo una potentissimaesplosione squarcia un'auto Giulietta imbot-tita di tritolo ed uccide sette militari delleforze di polizia e dell'esercito, tra cui il te-nente dei Carabinieri Mario Malausa, un va-loroso e coraggioso ufficiale che aveva com-battuto l'organizzazione mafiosa con grandeperseveranza.

È l'ultimo atto della tremenda e sanguino-sa lotta tra i Greco e i La Barbera che hasconvolto negli anni di fuoco 1962-63 tutta lastruttura della vecchia organizzazione /mafio-sa, che ha detronizzato i vecchi « patriarchii »come Genco Russo e Cesare Manzella, che hadisintegrato i quadri, i ruoli e le funzioni cheerano stati concertati con gli accordi del ver-tice palermitano del 1957. Il passaggio dallavecchia alla nuova mafia, oltre che terrifican-te per la caotica di violenza e di ferocia èenormemente importante per .potere identi-ficare la nuova strategia che l'organizzazionemafiosa adotterà nel corso degli anni chevanno dal 1964 al 1970-71. Cambieranno gliuomini, ma si modificheranno profondamen-

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te il giro degli interessi economici, i metodied i mezzi di azione, l'orizzonte operativo siallargherà su piani internazionali che supera-no i vecchi rapporti mafia siciliana-» CosaNostra ».

La nuova mafia — dice il colonnello dallaChiesa nel suo rapporto alla Commissionedel 1973 — subisce un'evoluzione nel mododi pensare e di agire « e tiene sempre menoconto di quei valori spirituali e .morali (no-ta: intesi ovviamente come espressione di unsuo " codice di onore "), nonché di quel ri-spetto che un tempo esisteva verso lo Statoe verso gli organi che ne erano la più direttaespressione.

« La smodata ed immediata sete di guada-gno è tale, poi, da determinare un sistemati-co ricorso all'illecito, nello stesso tempo chel'uso di sistemi sempre più audaci e spregiu-dicati tendono ad imporre alla collettività ilsopruso e la sopraffazione di una minoranzaassociale.

« II traffico internazionale di stupefacenti,il contrabbando di tabacchi, lo sfruttamentodelle aree edifioabili con relative attività con-nesse, lo sfruttamento di ogni altra risorsaeconomica e produttiva, la sete di potere ri-flesso o mediato sono tali che coinvolgonogruppi solo apparentemente eterogenei, main realtà strettamente uniti nei fini che per-seguono ».

La nuova strategia mafiosa con i suoi grup-pi dominanti riuscirà a consolidarsi e porte-rà fino in fondo il proprio disegno crimino-so, senza una reazione tempestiva delle forzedella sicurezza pubblica. I due anni di fuo-co di Palermo si sono quasi svolti1 all'ombradi una « neutralità » degli organi di vigilan-za, i protagonisti di questa sanguinosa evolu-zione mafiosa vivevano ed agivano a Palermo,si muovevano con sfrontata arroganza, atten-tati e delitti seguivano una linea programma-tica che — conoscendo le parti in giuoco —non era difficile individuare e colpire. Ilgiuoco era talmente aperto che Angelo LaBarbera e Rosario Mancino riilasciairono a Ro-ma (primi mesi 1963) un'intervista all'agen-zia Italia per smentire la voce che li dava« scomparsi » nel senso 'mafioso, come la« scomparsa » senza più ritorno avvenuta il

17 gennaio 1963 del capo famiglia SalvatoreLa Barbera.

La Sottocommissione si è posta l'interroga-tivo perché le autorità responsabili politiche,giudiziarie, di polizia non intervennero kitempo utile quando potevano ancora fer-mare il piano strategico delle nuove e più ag-guerrite leve mafiose perché non si fermaro-no i protagonisti di agguati ed assassinii, per-ché non si controllarono i movimenti di kil-lers e gregali, ma non è riuscita a dare unarisposta; nessuno era più al posto di re-sponsabilità che copriva un decennio prima,ed a livello politico gli atti parlamentari edi fatti stessi dimostrano una inconcepibilesottovalutazione del fenomeno, che probabil-mente traeva origine da motivazioni politi-che. Certo si è che il processo di disaggrega-zione dei vari organismi responsabili dalladifesa della convivenza civile arrivò a punteaberranti. Nel giugno 1961, appena un annoprima dell'inizio delle « ostilità », ed appenadiciassette mesi prima della sua « scompar-sa » senza ritorno, Salvatore La Barbera ot-tiene due importanti « benservito » delle au-torità in occasione della sua domanda di ria-bilitazione per precedenti condanne: il Que-store di Palermo, dottor Jacovacci, espri-mendo il suo parere scrive che il richiedente« ha mantenuto regolare condotta in genere,dando prova costante di effettivo ravvedi-mento » e la Corte di Appello di Palermo il16 settembre 1961 pronuncia sentenza diriabilitazione.

L'ipotesi di assistere ailla vicendevole ecruenta eliminazione di delinquenti spieiatiè inf antile per quello che riguarda la mafia,perché tutti sanno che all'interno di essa c'èsempre il germoglio pronto a 'rinverdire l'o-riginario tronco, ed a qualunque (poliziotto diPalermo non sfuggiva che la lotta tra i Grecoe i La Barbera non avrebbe mai portato al-l'eliminazione di entrambi, ma 'alla vittoriadel più forte e del più abile, ohe perciò stessosarebbe stato ancora più pericoloso per la ci-vile convivenza e per l'ordine pubblico.

Quando verso la metà del 1964 la reazioneoffensiva delle forze di polizia si dispieghe-rà in tutto il suo vasto raggio sarà coraggio-sa, abile, decisa, ina non raggiungerà piùl'effetto strategico che avrebbe potuto avere

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se avesse spezzato quello che la « muova ma-fia » delineava e perseguiva dopo la morte diLuciano. Anzi in un certo senso e in modo deltutto incolpevole, concorrerà a rafforzare ilpiano strategico della « nuova mafia », per-ché 'eliminerà i vecchi « mamma santissi-mi » siciliani, tipo Genoo Russo, ed i prolun-gamenti dell'organizzazione americana (Ga-rofailo, Bonventre, Vitaliti eccetera) che tiral'altro non sono più in condizioni di operareall'interno di quella che eira stata la potenteorganizzazione di Luciano, Bonanno e Sor-ge, perché l'inchiesta del Senato americanoha avuto la sua influenza ed ha molto affie-volito i nessi internazionali.

Verso l'epilogo della cruenta contesa iGreco dimostrarono lungimiranza dileguan-dosi dalla scena palermitana prima che fi-nisse la lotta ed avesse inizio l'azione delleforze di polizia: prima dell'attentato allapescheria Impero (19 aprile 1963) dove — se-condo la ricostruzione della sentenza istrut-toria del giudice Terranova del 23 .giugno1964 —si trovava Angelo La Barbera, i Gre-

co erano irreperibili pur non essendo colpitida alcuna misura giudiziaria di carcerazio-ne. Un fatto che avrà conseguenze enorminell'evoluzione successiva del fenomeno ma-fioso perché i Greco saranno i soli ad uscireindenni, con la hmga latitanza che ancora siprotrae, dalle operazioni a vasto raggio chele forze della sicurezza pubblica iniziarono•nel 1964 con energia e decisione e che trova-rono il loro migliore momento nelle senten-ze istruttorie del giudice Vigneri e del (giudi-ce Terranova, i primi atti di vera analisi e disagace valutazione del fenomeno mafioso.

La conclusione giudiziaria sarà purtroppouna delusione amara: il Tribunale di Paler-mo assolverà tutti gli imputati del processoVigneri e la Conte di appello, informando inparte la sentenza, ne condannerà alcuni, laConte d'Assise di Catanzaro assolverà la mag-gior parte degli impxitati del processo Terra-nova e condannerà alcuni a pene lievi.

Così si arriva al « dopo Catanzaro » chevedrà la « nuova mafia » proliferare in molteregioni d'Italia con un'organizzazione e ra-mificazione che avrebbero molto inorgoglitoLucky Luciano.

Il La Barbera con il suo « clan » soccom-berà: l'ultimo .rifugio a Mitene alla ricercadi protezioni, probabilmente quella di JoeAdonis, si concluderà con l'attentato del 24maggio 1963 nel quale Angelo La Barberaresterà gravemente ferito. Scrive il giudiceTerranova nella sua sentenza: « le modalitàdell'agguato fanno a ragione ritenere che imovimenti di La Barbera erano stati seguitie spiati dai suoi avversari in attesa di un'oc-casione propizia, dopo il fallimento della spa-ratoria dal 19 aprile ».

Sfortunatamente la stessa idea non ebberole forze di polizia non sodo per prevenire rim-boscata, ma per spezzare la catena dell'of-fensiva mafiosa e ricavare elementi di giudi-zio e di responsabilità.

8. — La vigorosa offensiva delle forze dipolizia dopo la strage di Ciaculli portò ad unperiodo di apparente quiete nell'infuocataarea palermitana. Capimafia e gregari eranostati arrestati o allontanati con il soggiornoobbligato in località lontane dalla Sicilia,le propaggini dell'organizzazione americanadi « Cosa Nostra » erano neutralizzate con iprovvedimenti giaidiziairi e qualunque fossestata la loro sorte successiva non erano piùutilizzabili, perché ormai « bruciate ».

Chi invece restò attivo, malgrado il logo-ramento della lunga lotta con i La Barbera,fu il clan Greco. Nel febbraio 1962 (unmese dopo la morte di Luciano) Totò Greco,l'« ingegnere », subì la disavventura di per-dere la sua imbarcazione, l'« 8104 », seque-strata dalla Guardia di finanza alla sua deci-ma crociera nel Mediterraneo e con un cari-co di tre tonnellate di sigarette: Luciano sefosse stato in vita sarebbe stato contento per-ché quella imbarcazione l'aveva molto im-pensierito.

Nel 1963 la conclusione della « guerra »palermitana e l'inizio delle vigorose azioni dipolizia portano una stasi nei traffici illeciticon un dato statistico assai significativo: lepersone denunciate in tutto il Paese per con-Lrabbando di tabacchi sono 17.965 mentrenel 1962 era state 13.060 e, nel 1961, 11.998che è la media annuale dal 1957; ma a questoammontare di persone denunciaite farà ri-contro una diminuzione di penalità pecu-

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marie minime che (in milioni di lire) è per il1963 36.141; il 1962 51.837; il 1961 46.903; il1960 105.691; il 1959 107.925.

L'anno successivo, 1964, le denunzie sa-ranno inferiori al 'precedente anno, cioè 16mila e 909, ma le penalità pecuniare balzeran-no (sempre in milioni di lire) alla cifra recorddi 180.639.

L'interpretazione di questi dati porta allaconclusione che nel 1963, proprio in conse-guenza della rottura dell'accordo risalente al1957 ed alla conseguente lotta tra le cosche,si è allentata ila «presa » in esclusiva sul mer-cato, che ha visito fiorire molti piccoli con-trabbandieri al minuto (da qui le denunciepiù numerose), ma nel contempo ha portatoalla contrazione dei carichi di mercé, dondel'attenuarsi di valori delle penalità.

Ma, come dicevamo, il clan Greco è rimastoattivo ed incomincia a tessere, proprio daquell'anno, la fittissima ragnatela del con-trabbando internazionale che si consolideràintorno al 1969-70 in quello che sarà il « re-gno » della nuova mafia, ormai capillarizzatoin tutto il paese e con il cervello di direzioneall'estero.

Il 2 maggio 1963 la Guardia di finanza in-crociava al largo di Capri l'imbarcazione« Zephirit » battente bandiera panamense edurante la rincorsa per catturarla, il natan-te si incendiò ed andò a picco. L'equipaggio,salvo un contrabbandiere napoletano che pe-rì, fu tratto in salvo e 'fu possibile accentareche il carico era stato contrabbandato 'dalgruppo Greco in collegamento con il (traffi-cante Elio Forni e con il contrabbandiere ge-novese di alto livello, Pietro Paterlini. Il ci-frario radio in dotazione allo « Zephiriit »consentì di scoprire che i collegamenti tra lanave e l'ufficio centrale o le basi a terra av-venivano attraverso la trasmissione 'di moti-vi musicali: « Malaguena » significava che illavoro di sbarco era previsto per la notte se-guente, la « Cumparsita » era un segnale 'di al-larme con l'invito ad allontanarsi, eccetera.

L'indagine si allargò, probabilmente per laacquisizione di qualche elemento « confiden-ziale », fino a comprendere la ricerca di TotòGreco e di Elio Forni.

Nel maggio 1963 fu individuata ila normaleresidenza di Forni: sulla base di una telefo-

nala 'internazionale effettuata dal noto con-trabbandiere Luigi Vozza detto « Gigetto »,si seppe che il Forni aveva un'abitazione inSpagna, a Marbella, denominata villa San Se-bastiano.

Quanto a Salvatore Greco si ebbero preci-se notizie nell'agosto 1963 allorché furonoaccertate le sue permanenze a Gibilteira, aTangeri ed in Spagna, in compagnia del-l'amante Rosa Fiore, e che era munito di unfalso passaporto intestato ad Aldo Coldini.

La polizia spagnola era riuscita successi-vamente, il 4 settembre 1963, ad .intercettaread Algesiras, proveniente da Gibilterra, ilnoto manoso Vincenzo Spadaro, uomo di fi-ducia di Salvatore Greco e suo agente di col-legamento con la Sicilia, e tale Jacques ReneEgret, falso nome, come poi accertato, diElio Forni, appurando nel contempo che duegiorni prima i due avevano attraversato ilconfine con Gibilterra a bordo della vettura« Opel Kadett » targata G-20142 di proprietàdi Aldo Coldini, alias Salvatore Greco.

Interrogato, Elio Forni aveva dapprimadichiarato di non conoscere Vincenzo Spa-daro, confessando poi 'di avere mentito pernon essere coinvolto in affari di « mafia »avendo temuto che lo Spadaro, dedito al con-trabbando tra Gibilterra e l'Italia potesse es-serne un esponente; aveva ammesso di averepiù volte ospitato nella propria casa di Mar-bella sia lo Spadaro sia Salvatore Greco conla sua amante, e di essersi a loro accompa-gnato in viaggi a Gibilterra.

L'8 settembre 1963 Elio Forni aldas Egret,scomparve dal proprio do'micilio di MarbeMaprendendo alloggio in alberghi delia cittàsotto falso nominativo, come da passaportodi Antonio Foroni; l'Interpol aveva frattan-to accertato che egli si era servito di un ter-zo passaporto falso intestato a certo Toque.

L'approfondimento delle indagini da partedella polizia spagnola consentì l'acquisizio-ne A importanti elementi probatori — an-che documentali — sulla comune attivitàcontrabbandiera di Forni e di Greco ai dannidell'Italia.

Tra l'altro, venne rinvenuto un appuntorecante il « conto economico » della crocieraeffettuata da un'imbarcazione contrabban-

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diera verso l'Italia con un carico di quattrotonnellate di sigarette pari a 400 casse.

Dal controllo degli spostamenti idi Sal-vatore Greco la Guardia di finanza appurò al-tresì alcuni suoi viaggi a Nizza ed a Londra;i primi furono riconinessi ai collegamenti dalui tenuti con gli organizzatori francesi delcontrabbando quali Pascal Molinelli e PaulPaoli, i secondi all'acquisto di imbarcazionicontrabbandiere, come la ricordata « 8104 »,poiché il mercato londinese offriva, ed offretuttora, favorevoli possibilità di acquistodi vedette, residuati di guerra.

Sia Greco che Forni spesso effettuaronoviaggi in Italia servendosi di falsi documen-ti di identità, quanto a Greco egli era solitousane nella corrispondenza telegrafica il 'giàindicato nomignolo, con il quale era peraltroconosciuto anche mll'ambienite contrabban-diere, di Stevo o, in lingua spagnola, Estebu.

Dal complesso delle indagini, lunghe e dif-ficoltose, ed 'in particolare dai rilevamentitelefonici si ricavarono sicuri indizi di estesee ramificate relazioni del gruppo FornMìre-co con i più qualificati capi del contrabban-do organizzato in tutto il territorio naziona-le, inclusi coloro che attingevano le fornitoredalla Jugoslavia.

L'azione antimaEa condotta dalla Com-missione, dalle forze di Polizia e dalla Magi-stratura e sfociata in numerosi arresti dimafiosi scompaginò nel 1963 anche le orga-nizzazioni contrabbandiere palermitane, maper breve durata.

Scomparsi i vecchi capi, le bande si rior-ganizzarono agli ordini di noti pregiudicatiin contrabbando usciti dalla bonifica degliambienti mafiosi.

Nel quinquennio in esame riapparirono no-mi ben conosciuti; i fratelli Buccafusca, i fra-telli Spadaro, i fratelli Savoca, ed altri, i cui•legami con la mafia palermitana si erano pro-tratti ininterrottamente per anni.

A reggere ile fila dei rifornimenti di tabac-chi dall'estero rimasero Salvatore Greco(« Totò il lungo »), ancora oggi latitante, eRosario Mancino tratto in arresto il 20 otto-bre 1967, nel frattempo affluito nel clanGreco.

La meccanica dei trasporti marittimi re-gistrò l'abbandono del sistema ìtradizionaile

di impiego di vedette piccole e veloci e l'u-tilizzazione di grosse navi mercantili, dallequali i tabacchi venivano trasbordati clande-stinamente presso le coste italiane su im-barcazioni locali.

Metodo nuovo ohe implicava rischi mino-ri, essendo i tabacchi « iscritti al manifesto »con destinazione in porti esteri e che impo-neva alla Guardia di finanza il maggiore one-

i re di dover sorprendere le navi in fase ditrasbordo; inoltre esso limitava grandemen-te le spese di trasporto, consentendo quindiimbarchi di quantitativi .di sigarette di granlunga superiori, sino a 2.000-3.000 « casse »o « cartoni » da dieci Kg ciascuno equiva-lenti a 20-30 tonnellate di tabacchi.

Ciò produsse notevole incremento del flus-so di contrabbando verso l'Italia, come dimo-strano gli stessi sequestri operati nel pe-riodo.

Fu calcolato che i contrabbandieri sicilia-ni « trattenessero » mediamente ogni mesedalle 20 alle 30 tonnellate di tabacchi; glisbarchi interessarono anche le coste orien-tali dell'Isola (provincia di Catania e Siracu-sa) e talvolta le coste calabre, a causa dei piùrigorosi controlli di polizia effettuati nellaparte occidentale.

Il 15 marzo 1964 furono sequestrate a So-lanto, nel comune palermitano di Santa Fila-via, oltre 11 tonnellate 'di sigarette; tra i de-nunziati risultò Antonio Buccafuisca, fratellodel più noto Vincenzo, ed altre persone di mi-nor rilievo; secondo notizie attinte dagliinvestigatori, non potute però confermarecon elementi di prova, l'operazione di con-trabbando era stata organizzata da SalvatoreGreco, dai fratelli Vincenzo, Tommaso eGiuseppe Spadaro, da Vincenzo Bucoafusca,dai fratelli Savoca, vale a dire dal c.d. gruppoBuccafusca-Greco, e da elementi del gruppoGreco - Adelfio-Spadaro.

Al gruppo Greco-Buccafusca fu fatta ri-salire in via indiziaria un'operazione di con-trabbando di inusitata dimensione repressanel marzo del 1965; nella notte tra i giorni15 e 16 fu catturata la motonave Brunsbuttel-koog, battente bandiera greca al largo di Iso-la delle Femmine (Palermo) e furono seque-strate otto tonnellate circa di sigarette sbar-cate sulla spiaggia; furono denunciati, ad ter-

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mine del servizio, ol'tre all'armatore ed ai 15membri dell'equipaggio, tutti stranieri, .set-te palermitani figure minori dell'« organizza-zione » incaricati della materiale attività disbarco e trasporto.

Situazione simile si produsse nel giugno1965 con la cattura in acque palermitane del•panfi'lo Maya battente bandiera statunitense,con il carico di oltre otto tonnellate di si-garette; fu possibile denunciare in stato di ar-resto le uniche due persone sorprese a bor-do: il capitano-ed il proprietario, entrambistranieri; in effetti, all'operazione era 'inte-ressato il gruppo Salvatore. Greco-SalvatoreAdelfio-fratelli Spadaro (fatta eccezione diVincenzo Spadaro, detenuto dai 14 aprile1964) e fratelli Savoca.

Alcuni membri del groppo Greco-Buccafu-sca poterono essere denunciati nell'ottobre1965: Francesco La Malfa, Antonino Bucca-fusca e Gaspare Ciliari (già incordato paravere ferito a colpi di pistola cento MarioCointicello nel 1955, :per irivailità nel trafficodi sigarette) furono 'ritenuti responsabili, in-sieme ad altri, del contrabbando di 447 chi-logrammi di sigarette trovati a bordo di unautofurgone.

Nel 1966 l'entità dei sequestri di tabacchiraggiunse singolarmente punte eccezionali:vennero sequestrate in Sicilia 30, 34 tonnella-te di sigarette, con punte di:

tonnellate 3,4 nel catanese;tonnellate 24,2 nel palermitano;

• tonnellate 1,7 nel siracusano.

Esaminando l'elenco dei numerosi respon-sabili deferiti all'autorità giudiziaria, unasola volita è dato di individuare nomi di notimafiosi: i fratelli Vincenzo e Giuseppe Savo-ca -affiliati al gruppo Greco-Adalfio-S.padaroi quali furono denunciati per contrabbandodi tonnellate 1,2 sequestrate il 27 settembrein territorio di Siracusa.

Ned 1967 l'entità dei .tabacchi sequestratiin Sicilia pari a tonnellate 39,75, segna pun-te di:

tonnellate 3,15 nell'agrigentino;tonnellate 1,47 nel catanese;

- tonnellate 34,55 nel palermitano.

In detto anno un sequestro di considerevo-le importanza vide implicato un altro dei fra-telli Savoca, Carmelo, esponente dall'orga-nizzazione avanti indicata, tratto in airrestol'8 febbraio mentre partecipava ad un'opera-zione di sbarco di tabacchi sulla spiaggia diSan Cataldo nel comune di Trappeto (Paler-

| mo); le sigarette complessivamente seque-strate a conclusione delle indagini ammonta-rono a ben dodici tonnellate.

Il .gruppo Greco-Buccafusca fu a sua vol-ta responsabile, quantunque non provato daaccertamenti palesi, di un'altra operazionecontrabbandiera di portata ragguardevolestroncata il 5 ottobre 1967 da unità navalidella Guardia di finanza al largo di Torre So-lanto (Palermo), con la cattura della moto-vedetta « Westerend » battente bandiera pa-namense, la quale recava a bordo oltre tretonnellate di tabacchi: 'altre otto tonnellatecirca già sbarcate furono sequestrate in va-rie iloca'lità.

Anche in questo caso, come era avvenutoin occasione della cattura deEa motonave« Brunsbuttelkoog » nel 1965 furono arre-stati e denunziati i membri dall'equipaggio efigure minori dell'associazione contrabban-diera, sorpresi sul posto al momento dell'in-tervento repressivo.

Uguale considerazione è valida per altridue episodi accaduti nel 1967:

il 9 novembre fu catturata in acque pa-lermitane la nave panamense « 'Pantagiotis »con il carico di circa 9 tonnellate di sigarette;le indagini appurarono l'avvenuto contrab-bando di altre 41 tonnellate; il tutto fu adde-bitato nelle denuncie penali ai 13 membri del-l'equipaggio, di nazionalità greca, ai propirie-tari ed armatori della nave residenti in Gre-cia ed allo spedizioniere di Lisbona;

un'altra nave battente bandiera pana-mense, la « Natasa », carica di ben 26,5 ton-nellate di tabacchi, fu catturata nella nottefra il 23 e il 24 dicembre in prossimità di Ca-po Spartivento (Reggio Calabria); lo sviluppodelle indagini fece risultare ohe il natanteera sitato impiegato in precedenza nel tra-sporto sulle coste italiane di altre tonnellate35,5 di sigarette; alla fine furono denunziati19 individui di nazionalità greca e tre soli

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palermitani: Gamlo Lonairdo', Gaspare Tinei-reilo e Giuseppe Marino, d primi due pescato-ri, l'altro portuale.

Fuori delle risultanze ufficiali degli accer-tamenti furono acquisite informazioni1 su co-loro che avevano organizzato e 'diretto ile dueeccezionali imprese di contrabbando: nel ca-so della nave « Panagiotis » si seppe che l'o-perazione promanava dal gruppo Adelfio-Spa-dairo; •} 'operazione Natasa era stata invece in-trapresa da più organizzazioni: una paleirmi-tana, una catanese ed una napoletana; quel-la palermitana composta da elementi affilia-li al gruppo anzidetto e capeggiata da unodei tre palermitani denunciati, Carlo Lo-nairdo.

A pochi mesi dall'operazione Natasa, unepisodio criminoso riconnesso rivelò gli in-timi legami tra bande contrabbandiere e co-sche mafiose palermitane.

La notte dell'I 1 aprile 1968 furono incen-diate a Palermo, nel rione Sant'Erasmo Ro-magnolo, quattro autovetture appartenenti anoti contrabbandieri: Antonino Cardella,Pietro Tagliavia ed Emanuele Arcoleo, il pri-mo membro dell'organizzazione Greco-Adel-fio-Spadaro, ed il secondo importante espo-nente del gruppo GreccKBuccafusca.

Attraverso le indagini di polizia si potè de-durre che l'incendio era stato opera di ele-menti mafiosi palermitani i quali avevanovoluto vendicarsi dell'organizzazione con-trabbandiera comprendente oltre gli indivi-dui indicati anche Carlo Lonardo, Giusep-pe Marino e Gaspare Tinnirello a causa delmancato pagamento di due milioni di lirein precedenza concordati per la protezione el'asilo offerti a questi ultimi tre, durante laloro latitanza connessa al seguito giudiziariodell'operazione Natasa.

Il 10 aprile la polizia palermitana, al termi-ne delle indagini, trasse in arresto 19 indivi-dui ritenuti mafiosi: Rosario Riccobono, sor-vegliato speciale, Vincenzo Riccobono, Filip-po Macchiarella, Felice Guglielmo, AntoninoCaronia, Pietro Chiaramitaro, Vincenzo DeCaro, sorvegliato speciale con obbligo disoggiorno a Taurisano (Lecce), Rosolino De

Simone, Angelo Di Cesare, Giuseppe Di Li-berto, Gaetano Grisafi, Angelo Guglielmo,Ignazio La Barbera, Rosolino Lo Cicero,Francesco Marino, i fratelli Gaspare e Gio-vanni Mutolo, Stefano Sansone e GaetanoGiacalone.

Pur non risultando pregiudicati per con-trabbando, essi tuttavia ne vivevano ai mar-gini applicando i tradizionali metodi di ma-fia; va notato inoltre che la gran parte di es-si aveva un'età compresa tra i venti e i qua-ranta anni (Giovanni Mutolo aveva soltantovent'anni) e sotto tale profilo non pare fuordi luogo parlare di nuove leve di mafiosi.

Va citata inoltre, per l'anno 1968, una im-portante operazione di sbarco diretta daifratelli Vincenzo e Giuseppe Savoca (gruppoGreco-Adelfio-Spadaro) in provincia di Ca-tanzaro ove la notte del 13 aprile vennerointercettati sulla strada provinciale Tropea-Nicotera tre autocarri carichi di sigarette dicontrabbando, mentre altro notevole quanti-tativo fu rinvenuto sulla spiaggia; comples-sivamente furono sequestrate otto tonnella-te di tabacchi. Dieci responsabili, tra i qualii fratelli Savoca poterono essere arrestati do-po un drammatico inseguimento su di untreno viaggiante da Nicotera a Paola.

Oltre ai tabacchi ed agli automezzi, venne-ro sequestrati 5.000 dollari, tre radio rice-trasmittenti, un canotto pneumatico e duemotori fuori-bordo.

In pratica l'intervento repressivo era sta-to intrapreso poco dopo lo sbarco oel mo-mento in cui le sigarette venivano trasporta-te a ripresa dalla spiaggia verso depositi in-terni più sicuri.

Dai documenti acquisiti agli atti dellaCommissione emerge chiaramente che il con-trabbando di tabacchi lavorati esteri via ma-re è necessariamente un fenomeno associati-vo che presuppone a monte l'esistenza di unaminuziosa organizzazione a carattere impren-ditoriale avente, perciò, supporti direziona-li finanziari ed operativi.

L'attività direttiva, stante la complessitàdelle operazioni intese alla perpetrazione delcontrabbando, implica la necessità di scom-

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porle in fasi ben distinte che possono deli-nearsi come segue:

a) Raccolta degli ingenti capitali necessa-ri per l'acquisto di cospicue partite pressoi depositi esteri, operazione che comporta ladisponibilità di centinaia .di milioni. Infatti,

per acquistare un intero carico di una naveoccorrono capitali rilevanti come può age-volmente rilevarsi dalla tabella che segue,nella quale sono indicati i costi all'origineper l'acquisto di partite di sigarette in cassecontenenti ciascuna dieci chilogrammi con-venzionali di prodotto:

Importo accorrente per l'acquisto di.Luugo <-u cunscgiia uerie Mgaicne

Porto di partenza . .

A bordo in marte aperto

Posto di sbarco a terra . . . . . . .

Deposito a terra

1.000 casse

42.000.000

75.000.000

100.000.000

120.000.000

2.000 casse

84.000.000

150.000.000

200.000.000

240.000.000

3.000 casse

126.000.000

225.000.000

300.000.000

360.000.000

I prezzi suddetti hanno, ovviamente, valo-re approssimativo in quanto essi subisconooscillazioni, spesso sensibili, in conseguenzadi sequestri, entità dei carichi trasportati,condizioni particolari del mercato, eccetera.

Ne consegue che una squadra contrabban-diera, qualora non disponga della capacitàfinanziaria sufficiente per acquistare da solal'intero carico di una nave, oppure intendafrazionare il rischio, deve necessariamenteassociarsi con una o più squadre: di qui glistretti collegamenti emersi attraverso i ser-vizi repressivi tra squadre siciliane, genove-si, napoletane e calabresi.

&) Ricerca e noleggio delle navi da adi-bire a trasporto di tabacchi dai porti di ca-rico oppure al largo delle coste italiane.Spesso le navi debbono effettuare crocieredi lunga durata al limite della zona dogana-le di vigilanza marittima 'in attesa che altrinatanti, generalmente di minore stazza emaggiore velocità, si rechino a prelevare fra-zioni del carico della nave madre per sbar-carli nei punti predisposti del litorale. Que-sti natanti minori che procedono al trasbor-do in mare ed ai successivi sbarchi sono ge-neralmente approntati dalle organizzazioninazionali che devono così assumersi l'oneredi provvedersene o di prenderli a nolo.

e) Adozione di tutte le predisposizionia terra necessarie ad attuare:

la scelta e l'organizzazione di sicurez-za nei punti di sbarco;

l'approntamento di autocarri per l'in-ternamento dei carichi ed il reperimentoeventuale di locali per il primo ricovero nelcaso che non risulti conveniente e sicuro smi-starli subito;

il trasferimento di elementi dell'orga-nizzazione sui punti di sbarco;

il reclutamento di manovalanza localedi sicuro affidamento per la costituzione del-le squadre di sbarco;

la tenuta dei collegamenti radio con inatanti in mare;

la dislocazione di una fitta rete di os-servatori e « pali » per garantirsi da sorpresecostituite dall'intervento degli organi di vi-gilanza.

Occorre, infine, ottenere l'approvazione al-lo sbarco dei mafiosi che « regnano » nellezone prescelte; questi, una volta concesso ilproprio consenso, si prodigano mettendo inmoto la fitta rete di amicizie e di aderenzedi cui dispongono nonché segnalando le zo-ne più adatte, i depositi più sicuri, le persone

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più fidate, affinchè le operazioni siano por-tate a pieno successo. La mancanza di tale« protezione » esporrebbe i contrabbandieria rappresaglie di impronta tipicamente ma-fiosa come il furto, l'incendio, l'estorsione,il rapimento e l'omicidio.

È quindi la mafia che, disciplinando capil-larmente l'attività delinquenziale nelle pro-prie zone esige che ogni 'azionie icni'mknale ivisvolta venga realizzata sotto il suo controlloanche per evitare di rimanere esposta, a suainsaputa, alla repressione o quanto meno al-le sempre pericolose indagini delle forze del-l'ordine, nella convinzione che l'attività degliorgani di polizia possa incidere negativamen-te sulla sua posizione, basata, soprattutto,sul prestigio di cui gode e sul rispetto cheincute.

Ben conoscendo tali regole, gli organizza-tori contrabbandieri le osservano fedelmen-te nell'assoluta sicurezza di non essere tra-diti e di non venire esposti, di conseguenza,per la ferrea omertà che caratterizza l'am-biente, a violente reazioni di gruppi rivali.

Come può facilmente desumersi da quantoaccennato, in una operazione di sbarco dit.l.e. convergono tre centri di interessi, e cioèil finanziatore, l'organizzazione venditriceestera e quella acquirente nazionale, soventericonducibili a due nel caso, non infrequen-te, che l'onere del finanziamento, separata-mente retribuito, venga assunto da una del-le due organizzazioni o da entrambe.

Numerose sono pertanto le persone chepartecipano al contrabbando traendone oc-cupazione e guadagno: pochi, invece, i veriorganizzatori, coloro che cioè dirigono l'il-lecita attività, ponendo in contatto le .squa-dre acquirenti delle varie città italiane conle basi di rifornimento.

Attraverso l'esame dei vari rapporti inpossesso della Commissione si è potuto os-servare come rischi e profitti siano inver-samente proporzionali man mano che si sa-le nella gerarchla.

I principali organizzatori vivono all'este-ro e se anche saltuariamente effettuano viag-gi in Italia si avvalgono per lo più di inter-mediari di fiducia.

Le principali organizzazioni straniere chesi dedicano al contrabbando in grande stile,delle quali si è a conoscenza, sono prevalen-temente costituite:

— da cittadini stranieri e genovesi resi-denti a Panama;

— da elementi di origine francese inse-diati in Nord Africa, negli ex possedimentifrancesi;

— da francesi residenti tra Nizza e Mar-siglia.

Le organizzazioni italiane, composte gene-ralmente da più squadre siciliane, napoleta-ne e calabresi, si appoggiano a organizzazio-ni all'estero soprattutto al noto contrabban-diere Cicchellero Ettore che vive a Lugano,riunendo i capitali necessari per acquistareil carico completo di una nave dell'ordinedi due-tre mila casse.

A titolo di esempio si può fare il caso ditre squadre: una di Catania, una di Palermoe una di Napoli che intendono ricevere unmigliaio di casse ciascuna.

La squadra più importante o quella che go-de la fiducia degli organizzatori stranieri odegli armatori prende contatti in Svizzerao in Jugoslavia al fine di predisporre l'inviodella mercé e stabilire le modalità di 'paga-mento.

Mentre l'organizzatore straniero, se cono-sce e stima i propri clienti gli fa pagare il50 per cento, l'armatore in genere si fa pa-gare anticipatamente l'intero importo.

Stabilite le modalità di pagamento, uno opiù corrieri delle organizzazioni italiane sirecano in Svizzera per pagare il 50 per centodella mercé e il noleggio della nave.

Il pagamento viene effettuato presso unabanca svizzera di fiducia dell'organizzato-re, dove questi ha un ìpropnio conto, oppurepresso una banca, sempre in Svizzera, dove ildirettore mantiene i contatti con contrabban-dieri italiani, con i greci e con gli organiz-zatori stranieri.

Il pagamento viene effettuato o in valutaitaliana o in valuta estera esportata clande-stinamente.

Successivamente allo sbarco delle primepartite di tabacco, il rappresentante dell'or-

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ganizzatore nella zona incassa dalle variesquadre il saldo delle partite di tabacchi etrasmette la somma sul conto corrente del-l'organizzatore che vive all'estero, in generepresso banche di Milano, Como, Varese, dacui avviene il trasferimento all'estero, siatramite banca sia col sistema delle compen-sazioni, oppure con esportazioni clandestine.

Nel frattempo, tutta l'operazione ha pre-so l'avvio con il carico della nave in portojugoslavo, ove si recano membri dell'orga-nizzazione o delle organizzazioni italiane perprendere accordi di dettaglio o addiritturaper imbarcarsi sulla nave come « sovracca-rico » con il compito cioè di scortare la mer-cé, indicare i punti al largo delle coste ita-liane dove effettuare il trasbordo, procedereal riconoscimento dei membri della propriaorganizzazione che con motopescherecci ocon motoscafi si recano a rilevare le variepartite di cui si effettua via via lo sbarco.

Naturalmente il « sovraccarico » sbarca altermine della operazione lungo le coste dellapropria competenza e cioè il « sovraccarico »siciliano lungo le coste siciliane o calabresi,il « sovraccarico » napoletano lungo le costenapoletane. A volte il « .sovraccarico » prefe-risce sbarcare a Malta per rientrare in Ita-lia in aereo.

Dietro gli organizzatori veri e propri, in-fine, vi sono finanziatori più o meno occul-ti che vanno dai grossi costruttori edili chesi sono arricchiti con le speculazioni immo-biliari, a proprietari di grosse imprese di tra-sporti, sicché vi è una molteplicità di inte-ressi ohe, sia pure di origine diversa, appaio-no l'un con l'altro legati attraverso innume-revoli fili più o meno visibili, più o meno le-gittimi, ma che comunque servono da cin-ghie di trasmissione alle più diverse attivitàdella mafia.

Concludendo, esistono interdipendenze re-ciproche tra mafia e contrabbando. La primatrova nel contrabbando una allettante fontedi lucro e la disponibilità cospicua di mezzi,collaudate strutture di comando, sperimen-tate possibilità di protezione e di mimetismo.

Il contrabbando a sua volta trova nellamafia la possibilità di procurarsi finanzia-

menti e protezioni e, in definitiva, la sicu-rezza.

9. — I metodi ed i mezzi per fronteggia-re questo nucleo centrale dell'attività mafio-sa che si riorganizzava su nuove basi e constrategie diverse peccarono ancora una vol-ta per mancanza di coordinazione e per ec-cesso di settorialità, rivelando lacune chenon solo facilitavano obiettivamente l'impre-sa contrabbandiera, ma affievolivano lo sfor-zo lodevole che in fase di repressione veni-va compiuto soprattutto dalla Guardia di fi-nanza.

La mancanza, per esempio, di rigore neldissequestro dei natanti utilizzati per il con-trabbando, rimetteva in moto il circolo or-ganizzatori-spacciatori perché si attenuavail rischio e le perdite venivano largamentecompensate dai profitti, dato che si elimi-nava in partenza la perdita più grossa cheera rappresentata dal natante.

La relazione fatta alla Commissione dalcapitano della Guardia di finanza PietroSoggiu, relazione che sarà successivamentepubblicata alla stregua dei criteri fissati dal-la Commissione, illustra questa particolare egrave carenza nella strategia di repressionedell'attività contrabbandiera. La irrisoriacauzione per i dissequestri, l'esiguità delle pe-ne pecuniarie erano elementi poco efficaciper battere l'organizzazione che era alla ba-se del contrabbando. Si avevano casi abnor-mi come quello di navi sequestrate e disse-questrate più volte dopo che ogni volta ave-va cambiato nome.

Il quinquennio 1963-1968 è, secondo quan-to risulta agli atti della Commissione, di pre-parazione alla più vasta offensiva mafiosache avrà inizio con il « dopo Catanzaro ».

Lo stesso « clan » Greco non ha raggiuntolivelli di prima grandezza e certamente nonera in condizioni di approntare gli enormicapitali necessari a finanziare le operazionidi contrabbando che abbiamo sommariamen-te esaminato. I Greco sono più esposti, manello stesso tempo sono i più coperti perchéla sicurezza di movimenti che hanno all'este-ro e la facilità di legami e di finanziamentidimostrano che devono necessariamente ave-

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re coperture ben più solide. In sostanza coni Greco siamo alla punta emergente dell'ice-berg mafioso, mentre 'ancora la parte piùimportante rimane sommersa e nascosta.

Nel 1969, dopo la sentenza di Catanzaro,« i mafiosi liberati » — scrive il colonnellodalla Chiesa nel citato rapporto del 1973— « per avere scontata la pena cui erano sta-ti condannati o perché assolti, o perché bene-ficiari delle nuove disposizioni di legge inmateria di carcerazione preventiva, riallac-ciarono immediatamente i rapporti con igruppi manosi di appartenenza ».

« II ritorno in libertà di esponenti e killersqualificati significò, cioè, non solo una ripre-sa delle attività delittuose secondo i vecchicanoni e sulla scia già bruscamente interrot-ta dalla massiccia azione repressiva, ma an-che il sorgere di nuovi motivi di contrasti edi lotte per la prevalenza su una zona, su ungruppo, su un'attività, su un ambiente ».

« Da tale situazione di fondo il prevalere ela decisa affermazione del « gruppo Greco »,che aveva avuto modo, con la latitanza (tut-tora protratta) di alcuni fra i suoi esponen-ti più prestigiosi, di continuare nelle lucrose,illecite attività (principalmente il traffico distupefacenti ed il contrabbando di tabacco)senza subire « concorrenza » dei gruppi av-versari, acquisendo una sempre maggioredisponibilità e prestigio economico, predi-sponendo quel tessuto connettivo e quelle« relazioni o intese » che dovevano da unaparte garantire l'assorbimento di aderentidi gruppi avversi e, dall'altra, l'eliminazionedecisa e spieiata dei più ostinati avversar!e dei loro diretti seguaci; i quali, privi diguida avrebbero finito col fare atto di sot-tomissione e con l'estraniarsi dalla lotta, chenon poteva non essere condizionata ed ali-mentata da propositi di vendetta e dalle« sentenze » da tempo pronunziate e decìse ».

Come e perché si radicarono le varie cel-lule mafiose nelle città più importanti delPaese?

Il fenomeno alla sua origine ebbe l'intensamobilità che i clan mafiosi avevano adottataper adeguarsi alle nuove esigenze dei trafficiilleciti, ed alla conseguente necessità di col-legarsi con le cosche locali paramafiose o

•con parte della malavita dedita al contrab-bando.

All'inizio il rapporto poteva essere « allapari » (salvo quello con la semplice manova-lanza per l'aiuto alle operazioni di sbarcoe di trasporto) con gli uomini di « rispetto »della « 'ndrangheta » calabrese o con la ca-morra napoletana o con i potenti contrab-bandieri genovesi o milanesi. Essi assicura-vano il retroterra operativo per l'avvio deicarichi. Ma — osserva giustamente il citatorapporto dei Carabinieri di Palermo — « nonappena la mafia ha considerato il contrab-bando di tabacchi quale fonte molto remu-nerativa e, quindi, da sottoporre a controlloe sfruttamento diretto, la stessa ha impostodecisamente le sue « regole »; regole tradot-tesi in spietate soppressioni (omicidi variconsumati nell'Isola e, più recente, nel napo-letano) ovvero in sistematiche rapine di ca-richi o di depositi di tabacco in danno dicontrabbandieri non mafiosi ».

Nel corso delle indagini del nostro Sot-tocomitato le autorità di Polizia di Genovariferivano che il più noto ed il più forte con-trabbandiere ligure, Dapueto Luigi, era let-teralmente terrorizzato dalle incursioni cheGerlando Alberti compiva contro i suoi cari-chi e contro la sua stessa persona, tanto daessere indotto ad implorare protezione allapolizia, senza osare, però, di formulare un'ac-cusa o presentare una denunzia.

Con l'inserimento mafioso l'ambiente cri-minogeno del contrabbando modifica radi-calmente i suoi connotati tradizionali, per-ché prevalevano « la costante osservazionedelle ferree leggi dell'omertà, lo spieiato po-tenziale sempre pronto a prevenire e repri-mere ogni « sgarro », ogni fuga di notizie,ogni « delazione »; il che non è, invece, neigruppi contrabbandieri tradizionali, tutti piùpermeabili alla penetrazione di servizi infor-mativi e più esposti alle indiscrezioni ed al-le delazioni » (rapporto dei Carabinieri ci-tato).

Come è facile intendere queste nuove esi-genze dell'organizzazione modificano radi-calmente la vecchia struttura sorta dal verti-ce palermitano del 1957, che aveva localiz-zato in Sicilia la concentrazione operativa

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— che fungeva da « cuscinetto » per Lucia-no — e aveva adottato una vasta mobilità dicorrieri e gregari. Con la nuova organizza-zione Palermo perde la sua funzione di cen-tro propulsore che è ormai all'estero ed alquale si è avvicinato Totò Greco, « l'ingegne-re », e le singole cellule di Milano, Napoli,Roma e Genova funzionano con divisione dicompiti territoriali guidati da capo-regimiastuti e spieiati : le leve, appunto, della « nuo-va mafia ».

Il colonnello dalla Chiesa nel rapporto al-la Commissione così scrive: « Un accorto,paziente lavoro informativo e conoscitivo,fatto svolgere per lunghi periodi da perso-nale qualificato in più parti d'Italia, avevacondotto, fin dall'autunno 1970 ad intuirecome l'organizzazione mafiosa, uscita dalprocesso di Catanzaro e trovatasi quasi im-provvisamente di fronte — dopo anni di de-tenzione — a notevoli progressi delle vie dicomunicazione e dei .telefoni in particolare,ne avesse immediatamente colto l'essenza ela portata. Aveva, cioè, dato alla propriastruttura una " dimensione " che, lungi dalfermarsi a Palermo od alla Sicilia occiden-tale, poteva contare su tutto il territorio na-zionale, sulle grandi metropoli, sui voli aerei,sulla vicina Francia, sulla vicina Svizzera,anche sul Continente americano.

« Gli stessi provvedimenti del " soggiornoobbligato ", che fino alla metà del 1969 po-tevano essere considerati validi ed efficaci,si andavano rivelando, invece, quali basi diattività ottimamente mimetizzate, anche difronte alla impreparazione psicologica di tut-ti coloro che erano preposti al controllo ».

Con tali premesse, non fu, così, difficilepercepire non solo la sussistenza di nuoveed importanti basi operative distribuite inItalia continentale, oltre che nella Siciliaorientale, ma anche l'immanenza di un pesospecifico e di un potenziale criminogeno digran lunga più imponente che non in passa-to e, infine, l'innesto di nuove leve massima-mente pericolose e spregiudicate, quali im-ponevano gli ingentissimi utili programmati.

Accanto a questa dimensione nazionale ed

« attuale » della nuova mafia degli anni '70si apprese così:

— dell'avvenuto aggancio con elementiqualificati della delinquenza organizzata nonsiciliani e cointeressati alle attività delittuo-se in genere ed ai traffici (anche se non inposizione di parità o di preminenza);

— di insediamenti nella Sicilia orientale(Vittoria, Ragusa, Siracusa, Catania) persfuggire alla maggiore efficienza dei servizirepressivi della Sicilia occidentale;

— della comparsa nei quadri mafiosi di«• camorristi » napoletani, di affiliati alla« 'ndrangheta » calabrese, di pregiudicati (so-spettati, indiziati o con specifici precedentiin contrabbando in genere) romani, liguri,lombardi;

— di una multiforme attività criminosache, comunque, comportasse lucro e specula-zione (rapine, anche in danno di corrieridi valuta e di gruppi contrabbandieri noncollegati; incetta ed esitazione 'di stocks direfurtiva di rilevante valore, pellicce, pre-ziosi, elettrodomestici; importazione, riela-boirazione e vendita di surplus di burro pro-dotto da Paesi del MEC; furto, incetta, espor-tazione clandestina di quadri e reperti ar-cheologici, facenti parte del patrimonio arti-stico nazionale);

— di una più accentuata prevalenza didetta attività, nel settore del contrabbandodi t.l.e. e del traffico nazionale ed interna-zionale di stupefacenti.

Nella relazione alla nostra Commissionedel Comando di Legione della Guardia di fi-nanza datata 13 aprile 1973, relazione chesarà pubblicata alla stregua dei criteri defi-niti dalla Commissione, sono esaminati concoerente visione organica gli aspetti comples-si che nel contrabbando di tabacchi assu-me l'ingerenza mafiosa. Essa serve ad illu-strare un aspetto che è essenziale per capireil modo di attuazione della strategia mafio-sa, che non è sempre univoca, come una fa-cile pubblicistica qualche volta lascia inten-dere accreditando l'ipotesi fantasiosa di unmondo ferreo, centralizzato ed unidireziona-le, ma serpeggia tra vari interessi, sguscia

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tra molti contrasti, devia in lotte intestineche comunque non arrivano mai all'« ester-no », cerca collegamenti occasionali con al-tra criminalità purché non sia attenuato ilproprio modo di direzione. L'unico filo con-duttore di movimenti così complessi è quel-lo di indirizzo strategico, nell'ambito delquale sono ammesse tutte le varianti possi-bili sui modi, sui tempi, sulle scelte dellesingole operazioni. E nell'ambito di questoindirizzo strategico ha primaria importan-za la gestione dei conti economici, un pro-blema che esamineremo nel successivo ca-pitolo.

10. — II mutato quadro operativo conse-guente alla morte di Luciano, alle « guerre »palermitane del 1962-1963, e alle inchiestedel Senato USA sulla criminalità e su « CosaNostra » del 1963-1964, sconvolsero l'assettomafioso che ormai da circa un ventenniooperava — con qualche variante come quel-la del vertice del 1957 — nel settore deglistupefacenti. Sparito il grande regista (Lu-ciano), rientrata sulla difensiva l'organizza-zione di « Cosa Nostra », il traffico dei narco-nitici non poteva essere improvvisato su nuo-ve basi dagli scampati, come i Greco, allagrande azione di risanamento compiuta dalleforze dell'ordine dal 1963 al 1969, perché nondisponevano delle grandi risorse economi-che, né della complessa organizzazione inter-nazionale, elementi entrambi indispensabiliper operazioni di questa grandezza.

Secondo gli atti della Commissione e leindagini svolte dal nostro Sottocomitato laevoluzione organizzativa, legata sempre abande internazionali agguerrite, nel traffi-co dei narcotici ebbe due momenti impor-tanti:

1) l'Italia — secondo il parere espressoalla nostra Commissione nel 1970 e 1971 dalsignor John Cusak, addetto all'ufficio nar-cotici dell'Ambasciata americana di Parigi— è sempre utilizzata come base di transitoper le materie prime e semilavorate (oppio,morfina base) provenienti dalla Turchia edal Libano e diretti a Marsiglia. I porti diarrivo sono Napoli, Genova, Trieste e Raven-na. Milano, invece, viene utilizzata come « zo-

na di deposito », di decantazione e di sostain attesa che il materiale possa essere avvia-to verso il sud della Francia. Dopo la raffi-nazione l'eroina parte direttamente dallaFrancia verso gli USA, salvo piccole e spora-diche partite.

2) II centro per la ricezione dei narcoti-ci e la preparazione della fase di distribuzio-ne si sposta dagli USA in Canada e rimanesotto controllo della mafia americana.

A questi due fattori si deve aggiungere unnuovo elemento costituito dall'« interesse »del mercato, sia statunitense che europeo,compresa l'Italia ove il consumo di drogadall'inizio degli anni settanta comincia adassumere aspetti preoccupanti, per la co-caina, uno stupefacente « pesante », diversodall'eroina che ha le sue fonti di approvvi-gionamento nell'America del Sud.

L'introduzione clandestina di eroina negliUSA valutata fino al 1970 in chilogrammi4/5000 all'anno, diminuisce progressivamen-te ed aumenta l'immissione in proporzionisempre maggiori di cocaina. Se si considerache il prezzo all'ingrosso, pagato cioè dal-l'organizzazione acquirente al raffinatorefrancese è sui 5000 dollari al chilogrammo,si ha un « giro » annuale di oltre venti mi-lioni di dollari all'anno, mentre la venditaal grossista sul luogo dello spaccio rendeoltre 100 milioni di dollari.

In questo mutato quadro internazionale,ia collocazione delle cosche siciliane ritrova,con estrema adattabilità, un suo alveo cheancora una volta non è casuale, né gratuito,ma il frutto di scelte precise e coordinate.

« Attualmente — scrive il Questore di Pa-lermo in un rapporto alla nostra Commissio-ne del 5 aprile 1971 — anche lo spostamentodi grossi mafiosi in altre località d'Italia(per soggiorno obbligato interessi economi-ci eccetera), la Sicilia non è più la " sedebase " del traffico per gli USA, ma si è crea-to un nuovo asse che tocca Napoli, Roma,Milano, Torino e Genova. In proposito si ci-ta il sequestro, effettuato a Palermo il 26marzo 1971, di chilogrammi 1,400 di cocai-na, nei confronti di due individui (CaramolaSalvatore e Brente Francesco) che avevano

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trattato a Milano con un falso acquirente lavendita del prodotto ».

La Guardia di finanza che, per i suoi com-piti istituzionali, ha l'apparato più attrezza-to, con equlpés di specialisti e modernissimimezzi di indagine e di contrasto, confermale analisi alle quali è pervenuta la Commis-sione. In un rapporto del colonnello Rella,comandante del Nucleo tributario di Paler-mo, inviato alla nostra Commissione il 16maggio 1973 così è scritto:

« Due distinti fenomeni hanno determi-nato un profondo mutamento nella direttri-ce dei traffici ed in seno alle organizzazio-ni responsabili,

I predetti fenomeni sono:1) un orientamento sempre maggiore

della domanda del mercato clandestino nord-americano su droghe derivanti dalla lavora-zione della foglia della coca (cocaina) a sca-pito degli oppiacei il cui approvvigionamen-to è reso sempre più difficile dalla severaazione di controllo posta in essere dai pro-duttori, sulla base di accordi internazionali;

2) il monopolio quasi esclusivo da par-te di organizzazioni composte da elementicorsi e marsigliesi del traffico della cocainache dall'America latina è diretta dagli StatiUniti al Canada ».

L'affievolirsi dell'influenza mafiosa nelgrande mercato clandestino degli stupefa-centi, sia per quello diretto nel .Nord-Ameri-ca, .sia per quello proveniente dal Sud-Ame-rica, ed il prevalere delle bande « marsiglie-si »; non sarà un dato permanente per glianni settanta.

Episodi recenti, come quello dell'assassi-nio di Vito Adamo, e recentissimi, ma ancoramolto oscuri, come gli assassini in Toscananel 1974-1975, fanno ritenere che il frontemafioso è tutt'altro che definito e che l'or-ganizzazione siculo-americana, operante inCanada svolge un ruolo attivo e probabilmen-te tenterà di riprendere la vecchia posizioneegemonica. Alcune operazioni scoperte trala fine del 1971 ed il 1973 sono indicative delpersistente interesse dell'organizzazione ma-fiosa verso il traffico degli stupefacenti emostrano come lo spostamento delle zone di

operazione per il transito verso gli USA dallaSicilia in altre zone rientri nella strategia diutilizzare il nuovo assetto territoriale che lecellule della mafia hanno adottato dopo Ca-tanzaro.

Nel novembre 1971 la Guardia di finanzaaveva seguito in collaborazione con l'ufficionarcotici USA una grossa partita di eroinache dalla Francia era stata portata a Napolie da qui imbarcata per il Canada. L'opera-zione si era conclusa a Tarante con l'arrestodi Adamo Vito, quello stesso che sarà assas-sinato nel gennaio 1973 a Napoli insieme conuna mondana.

La base operativa dell'organizzazione inItalia venne localizzata nelle provincie di La-tina e Prosinone. L'assassinio dell'Adamo ela « scomparsa » di un noto contrabbandierenapoletano, Emilio Palamara, sono da attri-buirsi quasi certamente a « regolamenti » trale bande marsigliesi e quelle siciliane.

Nel febbraio 1961 la Squadra mobile diRoma in collaborazione con quella di Paler-mo seguiva le tracce dell'organizzazione ro-mana che, come vedremo, era capeggiata daGaetano Badalamenti, per una grossa parti-ta di eroina. La conclusione non fu positiva,salvo il sequestro di 495 grammi di lattosiodi eroina in casa di Elisabetta Indelicato,perché l'organizzazione fu informata pertempo; ma le indagini riuscirono egualmen-te ad approdare a notevoli risultati sul pia-no dell'informazione perché fu accertato chela cosca mafiosa era in grado di fornire 100chilogrammi al mese di eroina, possedeva unproprio aereo, intestato ad un prestanomecompiacente, ed aveva pronta una primaconsegna di 10 chilogrammi di eroina che do-veva essere pagata in dollari al prezzo di4600 dollari al chilogrammo.

11. — La ricostituzione di cellule mafiosein più punti strategici dell'Italia corrispose,come abbiamo visto, ad esigenze operativeobiettive, giustificate dal modo diverso concui l'organizzazione si veniva sviluppandocon le leve della « nuova mafia » e con le esi-genze dei rapporti internazionali. Non ha,quindi, fondamento, l'ipotesi ricorrente piùvolte nella stampa, che l'adozione delle misu-re di prevenzione e soprattutto il soggiorno

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obbligato siano stati la causa di questa pro-liferazione. Divennero, dopo, elementi con-correnti di rafforzamento dell'impianto giàprogrammato, ma solo per la irrazionalità,la disorganicità e l'insipienza con cui venne-ro applicate, a parte qualche caso inspiegabi-le se non con l'ipotesi di compiacenze o con-nivenze pubbliche.

La misura di prevenzione in sé era ed èancora il mezzo più efficace per battere l'or-ganizzazione mafiosa e la criminalità orga-nizzata, se si tiene conto che esse vivonoe prosperano, all'interno dei grandi agglo-merati urbani attraverso una sottile rete dicoperture, spesso dietro « paraventi » legit-timi, lontane da ogni contatto con la mala-vita comune.

Si deve inoltre considerare che le regoleferree della organizzazione mafiosa, la pro-tezione prestata dai « cuscinetti » ai livellioperativi più alti rendono sempre molto dif-ficile l'acquisizione di prove valide ai fini diuna condanna giudiziaria. Da qui la necessi-tà per la difesa della pace sociale e dellaconvivenza civile, di adottare misure che re-cidano il cordone ombelicale attraverso cuiil mafioso si lega all'ambiente operativo edai mezzi moderni di comunicazione e di se-gnalazioni che può utilizzare. Il mafioso iso-lato ed opportunamente controllato è sicu-ramente in condizioni di inferiorità, perchél'impossibilità di mimetizzarsi, come accadenelle grandi città o anche in zone non inqui-nate da mentalità omertosa, lo privano de-gli strumenti essenziali per dispiegare la suaattività, purché si tratti di isolamento effet-tivo e costantemente controllato: in casocontrario, come insegna l'esperienza passata,al mafioso si rende un servizio perché glisi crea un alibi in più.

Le indagini svolte dal Sottocomitato dellanostra Commissione e l'attento, accurato,penetrante lavoro istruttorio compiuto dalgiudice istruttore di Palermo dottor FilippoNeri, nel procedimento detto dei « 114 » conla fattiva partecipazione e collaborazionedelle tre forze di Polizia ha permesso 'di ri-costruire un quadro preciso delle cellule ma-fiose proliferate in varie parti d'Italia e lacui individuazione porta al loro annienta-

mento ed alla fine della « nuova mafia ». Madal ceppo antico germoglierà, come vedre-mo, un nuovo virgulto, nefasto e violento:la « quarta mafia ».

a) Milano e la Lombardia: fu tra il 1969ed il 1972 il centro operativo più importantedell'organizzazione mafiosa. Luciano, abbia-mo visto, già dagli anni cinquanta aveva in-trecciato relazioni particolarmente attive conambienti economici ed industriali milanesi edè pensabile che la sua opera non sia andatadel tutto perduta, anche se non veniva certoereditata da Gerlando Alberti che fu il capooperativo della cellula, ma non la mente stra-tegica.

Joe Adonis, che nel corso della nostra espo-sizione abbiamo lasciato a Saint Vincentospite dell'albergo Billia ed amico del suoproprietario, si trasferisce a Milano nel feb-braio 1958 abitando in un appartamento alsettimo piano di via Albricci. Vive da gran si-gnore, frequenta i locali alla moda ed i nightclubs ha maniere raffiniate, veste con ele-ganza e soprattutto non è disturbato dallaPolizia. Viene convocato in questura di 1°giugno 1963 per essere sentito in merito allaimboscata tesa ad Angelo La Barbera cheAdonis conosce e col quale ha avuto qualchecontatto. Poi fino al 1968 nulla, né interessa-mento, né controllo, né indagini. Quando que-ste hanno inizio su richiesta del Capo dellapolizia, la questura « scopre » Adonis: è inaffari e nel 1965 ha costituito la società« Milbeton » per svolgere attività di compra-vendita di immobili e di costruzioni ed hanominato procuratore generale l'ingegnerGerii Giovanni. Viene indicato come proprie-tario della catena di supermercati « Stella »con filiali a Milano, Bergamo e Brescia for-malmente di proprietà americana, e risultòin contatto con pericolosi pregiudicati tra cuii fratelli Bono Giuseppe ed Alfredo ed altridi origine siciliana. Il questore in data 21ottobre 1968 lo diffidò ai sensi della leggedel 1956 n. 1423 (già era in vigore la leggeantimafia del 1965) ma « ciò nonostante » èdetto in un successivo rapporto della Poli-zia « il Doto non modificò affatto condotta

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e continuò ad avere rapporti con pericolosipregiudicati italiani e stranieri ».

Però era anche un « padrino » in contattocon ambienti rispettabili e qualificati, comequello dello spettacolo, tanto che un certoNino Maimone si rivolse a lui perché il mae-stro Augusto Martelli accettasse di assume-re la direzione di un festival musicale por-tando la cantante Mina, e il cantante TonyRenis chiede ad Adonis di intercedere pressoil registra Frank Coppola per avere una partenel film « II padrino ». La sua influenza arri-va lontano e vale la pena trascrivere la tele-fonata tra il boss ed una donna che possie-de un club nel Meridione e chiede pro-tezione:

DONNA: Ascoltami, ti voglio dire questacosa, proprio in questo momento, io sonostata lì, io sono qui nel Sud ora.

ADONIS: Proprio giù?

DONNA: Proprio giù! E l'altra notte... Die-go è.su a Roma... perché Diego mai nullami disse. L'altra notte andai al club e io pen-so che qualche cosa sta succedendo, sto peravere soci non invitati. Tu mi capisci!

ADONIS: Sì.

DONNA: Così, puoi fare qualche cosa?

ADONIS: Non lo so.

DONNA: Allunga un braccio, ohi conosci aLecce.

ADONIS: Non conosco nessuno.

DONNA: No?

ADONIS: Ma posso vedere...

DONNA: OK, mi vorrai 'sto piacere.

ADONIS: Sì certamente!

DONNA: Perché sembra che le cose stannoandando male.

ADONIS: Sì, io guarderò intorno e ti chia-merò.

I contatti personali di Adonis, sempre lon-tano da indiscrezioni, avvengono nella pe-nembra di un accogliente bar-, o in un nighl

club o per telefono e 'rivedano alla Poliziaprobabilmente sorpresa, lo strano mondo diAdonis: Sollazzo Nicola è esperto nel traffi-co di preziosi tanto che proprio in USA ven-ne condannato, nel 1958, a due anni di re-clusione per il tentativo di trafficare in oro;Caprano Nicola è un noto contrabbandieredi tabacchi su scala internazionale.

« II tenore delle pluriquotidiane telefona-te — dice la Polizia — intercorrenti tra ilDoto e le due citate persone confermano ilsospetto che essi tenessero le fila di un gros-so illecito traffico internazionale tra gli Sta-ti Uniti, la Francia e l'Italia ».

L'impressione non era sbagliata, anche setardiva: in occasione di una partita di pre-ziosi da collocare all'estero, Adonis assicurache il « suo uomo » a Parigi sa fare le cosemolto bene; per dimostrare come il sensomafioso degli affari è sempre presente ba-sta lo squarcio di una telefonata, questa traAdonis e un uomo non identificato:

UOMO: Li conosci quelle cose (incompren-sibile). Esse sono, sono... è legale qui, lo sai.

ADONIS: Sì!

UOMO: In ogni posto esse fanno una ton-nellata di soldi (incomprensibile). Esse lepiazzano sulla base del 50 per cento... tu ciinetti un soldo e in un colpo puoi guadagna-re sette volte.

Probabilmente si trattava di un affare dimacchine « mangiasoldi » da impiantare inun paese in cui erano legalmente ammesse.

Tra gli incontri di Adonis due suscitaronomolti sospetti: quello con Samuel Lewin neimesi di novembre-dicembre 1970 e febbraio1971 e quello con Harold Ambrose, entrambicittadini americani.

Il Lewin, uomo conosciuto all'FBI, alle-vatore di cavalli, allibratore, falsificatore dicorse, pare fungesse da corriere di ThomasEboli per tenere contati con Adonis: montoLuciano, « Cosa Nostra » sapeva che il solocapace a curare certe relazioni e riordinarele fila era Adonis.

L'Ambrose, aveva ricoperto una carica po-litica in USA tra il 1930-1940 ed era stato incontatto con Adonis; giunto in Italia, dal-

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l'hotel Sonestar di Milano chiama Adonis,non lo trova e attraverso la cameriera fissaun appuntamento « perché si trattava di co-sa molto importante ». La Polizìa italiana loperde di vista, ma quella americana sa giàche nella settimana dall'll gennaio 1971l'Ambrose era stato tire giorni insieme conAdonis e che doveva nuovamente incontrarloil 3 marzo dello stesso anno.

Le indagini serrate ed attente condotte trail 1970 e il 1971 rivelano come Adonis sia an-cora un « capo » e che la scelta di Milanocome sua residenza è stata determinata daprecise esigenze strategiche: la direzione deltraffico internazionale di preziosi, soprattut-to brillanti, con ramificazioni in Francia edin Svizzera ed il coordinamento del contrab-bando di stupefacenti verso il 'Nord^Euiropa.Questa seconda parte dell'attività dell'orga-nizzazione mafiosa rivela anche quella svoltanella titolarità del traffico che dura ancoraoggi, cioè la prevalenza « marsigliese » e lacollaborazione « siciliana ».

L'uomo di Parigi di Adonis è Scotti Salva-tore (« don Salvatore ») dedito al traffico distupefacenti, ma notoriamente in contattocon i capi delle bande corse e marsigliesi.

Nel marzo 1971 un certo commendatoreMelando chiedeva, attraverso il Maimone, diessere messo in contatto con un sacerdotedella Calabria, don Riso, che era « un pezzogrosso della onorata società di laggiù ». Ado-nis, come di solito, disse che non lo cono-sceva, ma avrebbe « provato ». Nel maggio1971 Adonis fu arrestato e proposto per ilsoggiorno: dopo quindici anni di residenza aMilano! Fu mandato in soggiorno obbligatoa Serra dei Conti, un piccolo comune in pro-vincia di Ancona: la sorveglianza sul postofu oculata e rigorosa e ciò malgrado l'Adonisnon rinuncia a ricevere um suo uomo di fidu-cia, il Caprano, che probabilmente gli riferi-va degli affari in corso, o ad intrattenere rap-porti con il sindaco ed il parroco del luogo,ostentando signorilità e generosità.

L'8 ottobre 1971 la Corte d'Appello di Mi-lano ridusse la misura di soggiorno da quat-tro a tre anni ed autorizzava Adonis ad uti-lizzare il telefono purché da posto pubblicoe sotto il controllo dell'autorità di polizia.

Ma il « boss » non potè avvalersi della cle-menza della Corte perché decedeva per at-tacco cardiaco il 26 novembre 1971.

Con Adonis si estingue il « governo » ma-fioso dei grandi boss in Italia e la funzionestrategica che esso aveva nei disegni crimi-nosi dei traffici illeciti internazionali. I li-velli operativi si abbassano all'esecuzione dipiani che poco ormai differiscono da quellidella comune criminalità organizzata, anchese rimane la differenza di fondo tra i duesettori criminogeni: la mafia ha sempre unpiano strategico generale che fa parte delruolo delle « grandi famiglie », mentre la cri-minalità comune organizzata ha come obiet-tivo la singola operazione, limitata, per quan-to audace e grande sia, nello spazio e neltempo.

Il simbolo di questa « degradazione » è da-to dal « dominio » di Gerlando Alberti a Mi-lano e in Lombardia; un « picciotto » audacee spregiudicato esecutore e killer, che riescea coagulare attorno a sé ed ai vasti interessidi cui è l'epicentro esecutivo la più vastacellula mafiosa che mai sia attecchita fuoridel suo naturale alveo siciliano.

In appendice riportiamo i cenni biografi-ci di questo mafioso e il curriculum del-lesue imprese quale si evince dagli atti giudi-ziari che lo hanno colpito (v. ali. 2).

Alberti in fondo come tutti gli esecutoridura poco sulla scena operativa del grandetraffico internazionale e sarebbe durato me-no se un maggiore coordinamento tra gli or-gani preposti alla sicurezza pubblica, com-presa la Magistratura, avesse 'funzionato conmaggiore organicità. Il lavoro di demolizio-ne, metodico ed accurato, che Polizia, Cara-binieri e Guardia di finanza iniziarono versola fine del 1970, forse fu in ritardo di unanno, ma, a parte questo, avrebbe portatoalla disintegrazione della cellula già nel 1970se esso fosse stato coordinato con quello del-la Magistratura. Dalle note biografiche si puòdesumere come l'Alberti, arrestato nel di-cembre 1970, solo per il contrabbando di al-cune casse di sigarette, mentre appena unmese prima era stato denunciato per impu-tazioni gravi e pesanti (rapina, traffico stu-pefacenti, associazione a delinquere), venne

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scarcerato il 1° aprile 1971, appena in tempoper evitare il mandato di cattura che controdi lui il 7 aprile emetteva il giudice istnitto-rc di Palermo nel corso delle indagini delcosiddetto processo .dei «114» che furonoquelle che debellarono i nuclei operativi del-la « nuova mafia ».

Potremmo ancora una volta chiederci ilperché di questa disorganicità che non ri-sparmia Milano, attiva e produttiva, ina larisposta, al di là delle ipotesi fantasiose, sa-rebbe la stessa; salvo precisare che questavolta ed in questi periodi in genere non c'èné lassismo, né indifferenza, ma c'è la strut-tura sbagliata degli organi della sicurezzapubblica, la scarsezza di mezzi moderni edefficienti, i comparti stagni tra « autorità »diverse.

b) Roma e il Lazio. La cellula mafiosa ro-mana ha caratteristiche e, probabilmente,compiti diversi da quella milanese: questaha livelli esecutivi ed operativi, agisce condeterminazione gangsteristica, deve battererivali forti ed economicamente potenti. Lacellula romana, invece, è più insinuante emeno esposta tanto che usa delle coperturedi « facciata » che non servono a quella mi-lanese, opera a livello più alto ed, infatti, èdiretta da Gaetano Badalamenti, ohe la riu-nione delle « famiglie » ha nominato capodella « nuova mafia », ed attende certamentenon a compiti esecutivi, ma a quelli direzio-nali non di primissimo livello, cioè a livellodi Luciano, ma certamente a ridosso del li-vello più alto.

Gli stessi uomini che confluiscono nel-l'organizzazione romana hamno una posizio-ne più prestigiosa dei « soldati » di Alberti,perché sono Rimi Natale, uomo' che approdaa Roma con la solida copertura -di una assun-zione alla Regione Lazio attraverso appoggied « ammanigliameniti » politici, D'Anna Ge-rolaimo e Calogero, Mangiapane Giuseppe,tutti uomini « di rispetto ».

Nella nota biografica di Gaetano Badaila-menti, riportata in appendice, è delineato ilcurriculwn di un mafioso delila « nuova 'ma-fia » che con audacia spieiata comune a tuttii « giovani leoni » mafiosi soppianta i vecchi i

boss per pervenire a posizioni di prestigioe di comando (v. ali. 3).

Assolto a Catanzairo, ricompare dopo lalunga latitanza e « da vita » dice la sentenzadal giudice istruttore nel processo dei « 114 »« alla nuova associazione mafiosa creandoa Roma centrali, operative presso il negoziodi Brusca Giovambattista e la lavanderia diSciarrabba.

« Tali basi erano comode ed insospettabilipuniti di appoggio per il Badalamenti ed isuoi affiliati per dedicarsi al contrabbando ditabacchi in grande stile ed al traffico delladroga ».

Una delle più importanti' operazioni anti-droga condotte dalla Guardia di finanza incollaborazione con il Mar colie Bureau haaccertato la presenza direzionale di Badala-menti, che attraverso il fratello Emaniteleresidente a Detroit, è in diretto contatto conl'organizzazione di « Cosa Nostra ». ,11 22 set-tembre 1971 viene arrestato a New YorkD'Aloisio Lorenzo con un carico di Kg. 83 dieroina, celata su un'auto imbarcata a Geno-va. L'operazione è partita da Roma, arriva aTorino dove il D'Aloisio si incontra con D'An-na Gerolamo e si conclude con l'imbarco aGenova. Sono le vie tortuose dedib organiz-zazione mafiosa che con lunghi percorsi, col-legati attraverso gli impenetrabili canalisparsi in tutta Italia, 'riescono a sfuggire aisospetti ed alle segnalazioni.

Abbiamo riferito le « coperture » .di perso-ne rispettabili ed autorevoli che intrattene-vano rapporti con Badalamenti, e probabil-mente questo intreccio di protezioni e di« rispettabilità » è alla base del fenomenopiù sconcertante che riguarda il boss della« nuova mafia ».

Il Tribunale di Palermo nel dicembre 1969lo assegna, su segnalazione sollecita e cir-costanziata della Questura di Palermo, al sog-giorno obbligato in provincia 'di Cuneo. LaCorte d'Appello nel febbraio successivo mo-difica la destinazione ed invtia Badalamentia Velletri: è la scelta più sospetta che mai siaavvenuta e che dimostra a quale distorsionepuò pervenire una misura di prevenzione,utile ed insostituibile, quando è linrazional-mente applicata. A Velletri 'Badalamenti go-verna magnificamente la sua posizione di« capo » della cosca romana, ha molti amici

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e ,tra l'altro il cugino Francesco ed il notissi-mo Zizza Salvatore sono anche loro a Velletriin un lussuoso appartamento, mentre a Ro-ma è stato inviato in soggiorno obbligato,sempre dalla Corte d'Appello di Palermo amodifica di precedente decisione, il « brac-cio destro » di Badatamene, D'Anna Gerola-mo, quello stesso che sarà nello stesso alber-go 'di Torino con D'Aloisio nell'operazionedei Kg. 83 di eroina che abbiamo testé ricor-dato.

Il Cornando CC di Palermo insorge controquesta irrazionale decisione e con rapportodel 21 febbraio 1970 chiede una diversa asse-gnazione: BadaJamenti vdene inviato primaa Maeherio poi a Calciano.

In questo stesso periodo (1970-71) gli or-gani palermitani di Polizia e Carabinieri sonoimpegnati fino allo spasimo per por-re ripa-ro agli effetti negativi della sentenza di Ca-tanzaro, impedendo il rifluire dei mafiosi as-solti verso Pailenmo, ma il loro intenso e co-raggioso lavoro si dissolve appena il mafiosoha abbandonato d'Isola. La pericolosità diBadalamenti, documentata con un lavoro diricerca paziente e tenace, ricostruita a (mo-saico con le tessere di mille indizi, si disper-de appena il boss raggiunge il domicilio a luiassegnato. A Roma addirittura si ha di feno-meno curioso ed inquietante ad un tempo cheè assurto recentemente agli onori della cro-naca, quello del questore Mangano che attra-verso Coppola crede di inseguire Liggio, men-tre Badalamenti opera tranquillamente at-traverso le sue basi romane. Certamente, aldi là dei sospetti che si possono f ormuilare, lapista Coppola-Liggio è stata deviante rispet-to all'obiettivo di identificare e combatterela cellula mafiosa romana. Può darsi che siastato Coppola ad assorbire su di sé il caricomaggiore di queste indagini per distoglierledal vero obiettivo, ingannando ed allettandoil questore Mangano, o può darsi che l'orga-nizzazione avesse disposto in modo da fareconfluire le indagini verso ama certa dire-zione, quella del Coppola, del tutto innòcuoin quel periodo, per lasciare libertà di azio-ne a Badalamenti; fatto è che fimo al 1972,quando il giudice istruttore di iPalenmo mi-se in moto la (poderosa indagine sui « 114 »,la cellula romana ebbe il rilievo dirigenziale

che abbiamo rilevato proprio perché fu lapiù tranquilla e da essa partirono ile più 'gros-se operazioni dei traffici illeciti internazio-nali.

e) Napoli e la Campania. Dopo la mortedi Luciano, Napoli assume un muoio nuovonella strategia dell'« organizzazione » mafio-sa. Luciano aveva tenuto costantemente lon-tana da Napoli ogni operazione collegata aitraffici illeciti internazionali, secondo la rego-la del « cuscinetto » per la protezione del ca-po; aveva difeso con energia la sua sede daogni infiltrazione marsigliese, e non avevamai stabilito rapporti con la malavita orga-nizzata, cioè la « camorra ».

Dal 1962 l'« organizzazione » fa di Napoliil nodo di smistamento 'di quasi tutte le ope-razioni legate ai traffici internazionali, assu-mendo un ruolo che è diverso da quello di Mi-lano e di Roma, e che ha una sua specificafunzione, quella cioè di raccordo, di ricercadi « zone franche », cioè 'sicure e protette,per le operazioni via 'mare, sia di carico chedi imbarco, ed infine quella di rifugio e diprotezione per i casi di necessità.

Contrariamente a quello che accadeva aMilaino, a Genova o a Roma, per Napoli laricerca di alleanze e collegamenti con la ma-lavita locale fu, più che naturale, necessaria:la protezione par i punti di sbarco, l'utilizza-zione delle tortuose vie dell'angiporto pergarantire gli imbarchi, la difesa comune dai« marsigliesi » furono tutti elementi che re-sero quasi naturale la convergenza di inte-ressi, e quindi l'alleanza, tra gruppi mafiosi ecamorra. Naturalmente l'operazione non fusemplice e non passò neppure così liscia: ilproblema del ruolo dominante dell'elementodirezionale all'inizio sembrò non porsi, maera una finta, mentre divenne acuto via viache si sviluppava e si arricchiva, anche eco-nomicamente, l'azione operativa. Lo sbocco,come era fatale, fu quello del .predominiodell'organizzazione mafiosa e del ruolo subal-terno della camorra, non a livello di mano-valanza, come da qualche parte si è detto,anche se ila manovalanza era fornita 'dalla ca-morra, ma ad un livello dS. collaborazione in-termedia nella quale la camorra giocava unabuona fetta dei suoi 'interessi economici e si

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accontentava di lauti profitti, mentre la ma-fia organizzava, dirigeva e decideva.

Il relatore, che si è giovato, in particola-re, nel corso del sopralluogo conoscitivo ef-fettuato a Napoli, del prezioso contributo delprocuratore della Repubblica dottor De San-ctis, del questore Zamparelli, del colonnellodei Carabinieri Fiorletta e del colonnello del-la Guardia di Finanza Oliva, ha potuto ac-certare, tra l'altro, come l'innesto dell'attivi-tà mafiosa sulla delinquenza locale, un tem-po organizzata quale camorra, sia sitato fa-vorito dalla preesistenza, di solidi aggancicon l'ambiente palermitano e della provincia,per l'esistenza di rapporti commerciali colle-gato 'allo smercio di prodotti ortofrutticolipresso i mercati di Napoli e idei centri più im-portanti della provincia, per l'affluire a Napo-li di nuovi manosi ricercati e per rinvio dimolti esponenti della mafia in soggiorno ob-bligato in molti comuni della provincia. Dopoil 1961, sono stati aperti numerosi depositidi tabacchi esteri lungo le coste jugo-slavee sempre più frequentemente sono state im-piegate navi greche per il trasporto. Ciò hacomportato una diversa organizzazione ed unrafforzamento dai collegamenti tra te asso-ciazioni siciliane, calabresi e campane, inquanto nessuna organizzazione locale ave-va ila capacità economica di pagare antici-patamente il 40-50 per cento del carico diuna nave, che varia da 1.500 a 4.000 cassedi sigarette.

Esiste, quindi, interdipendenza tra ma-fia e contrabbando in quanto quella ritrovain questo fonte di lucro, ma conferisce asua volta disponibilità 'finanziarie, struttureorganizzative, possibilità di protezione.

Per quanto riguarda il traffico di stupe-facenti Napoli è diventata uno dei punti piùimportanti di transito e di smercio — alivello di grossisti — di droga, ed è il pun-to di partenza per gli USA ed il Canada.Serve anche come punto di arrivo e di suc-cessivo smistamento per la cocaina che vie-ne introdotta, con provenienza dal Perù, epoi dirottata nel Nord-Italia e nell'Europacentrale. Il tramite ddila 'droga diretta inUSA e Canada è « amministrato » da orga-nizzazioni di trafficanti sicuilo-americani.

Almeno dal 1970, ha potuto accertare ilrelatore, si è concretizzato in Napoli e pro-

vincia, con ramificazioni anche in Salerno,l'innesto del costume e dell'attività mafiosasul tessuto camorristico.

Tale « associazione » itra elementi mafiosisiciliani e napoletani, contemporaneamenteall'attività di organizzazioni contrabbandie-re francesi, ha dato luogo ad una serie difatti criminosi culminati in diversi omicidi.

Un dato tipico dell'organizzazione mafio-sa che opera a Napoli, che la distingue daquelle operanti a Milano e Roma, è la mol-teplicità di cosche siciliane anche con inte-ressi distinti e con collegamenti non identicicon la malavita locale, e tuttavia legati in-sieme da un filo comune di direzione, tantoche a Napoli non si ripetono i confilitti san-guinosi tra cosche che sono, staiti elementilaceranti nell'organizzazione siciliana e inquella palermitana in particolare.

Gli intrecci ed i collegamenti sono staticosì individuati dal colonnello Oliva:

Spadaro Tommaso con i napoletani Do-ria Antonio, Sciorio Luigi e Bontade Stefano;

Sciorio Luigi con i siciliani Maisto Giu-seppe, Spadaro Giuseppe, Spadasro Vincenzo;

Camporeale Antonino con i napoletaniDi Carluccio Eduardo e Palamara Emilio;

Matranga Giovanni con i napoletaniAmoroso Gennaro e Mallo Gaetano;

Tortora Gennaro con il napoletano DiCarluccio Eduardo e il calabrese PaiamaraPietro;

Alberti Gerlando con Todaro Cimiamo,Jenna Onofrio, Jenna Antonino, Alberti Ger-lando junior, fratelli Palamara, Di Carluc-cio Eduardo, Ammirato Giuseppe e Napole-tano Gennaro;

Di Carluccio Eduardo e Palamara Emi-lio con i cugini Savoca e altro gruppo dicontrabbandieri siciliani, tra i quali Lonar-do Cario, i cugini Vernengo e Arena Onofrio;

Grieco Luigi ed il fratello Vincenzo coni fratelli Tagliavia di Palermo;

Bontade Stefano, Bontade FrancescoPaolo, Spadaro Vincenzo, Spadaro Tomma-so e Messina Andrea con i napoletani Scio-

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>rio Luigi, Bucco Francesco e Ferrara Raf-faele.

Le organizzazioni contrabbandiere stra-niere operanti in Campania, ohe si dedicanoal contrabbando in grande stile, sono al-meno tre:

quella facente capo ail Console generaledi Panama a Casablanca, composta di- citta-dini stranieri e di genovesi;

quella cosiddetta dei « piedi] neri » inquanto controllata da elementi di originefrancese ma insediati in Nord-Africa, ineipossedimenti ex-francesi (Zurita, ConvLLliez,eccetera);

queilla composta dai « marsigliesi », co-me i fratelli Canovaggio.

•Ohi tiene le fila dell'organizzazione sono ifrateldi Filipipone, Salvatore e Gaetano, chedopo la strage di viale Lazio .abbandonaronoPalermo e si stabilirono a Napoli. Il Gae-•tano che era un elemento importante peril « riciclaggio » del denaro « sporco » -si pro-pone — dice il giudice i&tnuttore Neri nellasentenza dei « 114 » — di continuare l'attivitàedilizia che aveva proficuamente esercitatoa Palermo con l'impresa Itail-Sud e cerca diacquistare un vasto comprensorio 'di terre-no edificabilc lungo la Domiziana. « Apparelogico — dice il giudice — ritenere ohe iFilippone riversavano nell'edilizia — altrocampo di sfruttamento parassitario preferi-to dai mafiosi — gli illeciti utili ricavati dalcontrabbando ».

Ai Filippone è legato Giacomo Camporea-le che è il tramite per il contrabbando, del-la droga verso il Nord e CentronBuropa. -Nelcorso della sua 'residenza in Olanda quelleautorità lo segnalarono come trafficante distupefacenti e quando si rese latitante lasua meta per sottrarsi, alla cattura fu il ri-fugio in Canada sotto il manto protettivodella potente organizzazione di « Cosa No-stra » che vi si era trasferita. E GerlandoAlberti, quando la macchina dalle indagininei suoi confronti si mette in moto, trovarifugio a Napoli, dove poi viene arrestato aconclusione di una brillante indagine dellaQuestura.

In così vasto campo di attività e con laconfluenza di interessi non sempre coinci-

denti, la regolamentazione delle controver-sie, la ricerca di « pacificazioni » diviene ar-dua e difficile. Funziona, un vertice comunetra mafiosi e « camorristi » — e nel corsodi uno di essi all'albergo Commodore i Ca-rabinieri arrestavano Savoca Giuseppe, Grie-co, Di Carluccio, Di Stefano, Candedlo — manon sempre riesce a riappianare le conteseed a fugare i sospetti, soprattutto quelloterribile della « spia ». Nel corso del 1972-73l'eliminazione di Sciorio, di Palamara, di Cac-ciapuoti, di Grieco avviene per l'una o l'al-tra causa ed è il segno della ferrea leggemafiosa che prevale e s'impone; Palamarafu certamente sospettato di essere un « con-fidente » della polizia e scomparve nel tipicostile mafioso, mentre Sciorio venne assassi-nalo probabilmente perché (rivendicava .trop-pa libertà di azione, come quella di staccarsidalla soggezione alla « cosca », Bontade peravere iniziative proprie con i « marsigliesi ».

d) In altre città della Penisola e nella (par-te della Sicilia orientale che per antica tradi-zione è estranea al gioco mafioso si verifi-cano infiltrazioni non di cosche o oel'lule,ma di basisti governati dalla organizzazioneper utilizzare punti operativi scarsamentecontrollati o necessari alle operazioni colle-

j gate ai traffici internazionali.j Genova ha dei fiduciari di Alberti come

Bartolo Calogero e Maimone Giovanni e dal-le intercettazioni telefoniche realizzate nel-l'ambito dell'istruttoria dei « 114 » si evince— pur con linguaggio convenzionale, il co-siddetto « baccagghiu » — che nella città li-gure vi è un grosso giro di interessi1 mafiosi.

Questo spiega anche i frequenti! viaggi aGenova, dal 1969 fino al 1971, di Alberti edi suoi « picciotti », quali Seidita Gioacchino,D'Amico Cesare, Vaccaro Antonio e l'Albertijunior.

Vittoria, una cittadina in provincia di Ra-gusa, lontana dai clamori delle cosche ma-fiose e dalle indagini di polizia, vide unastrana confluenza di personaggi ed interessimafiosi all'inizio del 1970. I fratelli Teresi,di cui parleremo nel prossimo capitolo, co-struttori edili di Palermo, si trasferisconoa Vittoria per la costruzione di un condo-minio, mentre i fratelli Gambino Gaspare eSalvatore, personaggi di alta qiualificazione

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•mafiosa, acquistavano dei terreni nella zonadi Vittoria. Il giudice distruttóre Neri cosiscrive nella sua sentenza: « non ritiene ilgiudice istnittorc che l'attività edilizia a Vit-toria sia servita per giustificare la presenzanel -ragusano. È logico, invece, ritenere chein concomitanza con altri affari — contrab-bando di tabacchi lungo -le coste della Sici-lia orientale — -i Teresa, d'Albanese ed il Ci-tarda abbiano colto l'occasione per riversareparte degli illeciti nell'edilizia locale e pun-tare, -nello stesso tempo, su due lucrose at-tività ».

Nel ragusano, infine, sii trova una delletracce del giornalista De Mauro alila ricercadi notizie e di indagini sulle cosche, 'tantoda chiedere consiglio per poterle fotografa-re di notte. Tarino e Catania sono gli ailtridue punti su cui convengono operazioni ma-fiose e riunioni di mafiosi.

12. — II quadro di questa ampia ristruttu-razione dell'organizzazione mafiosa va com-pletato con qualche cenno sul clan Greco delquale è stata (pubblicata la nota biograficanel corso della V legislatura. 11 .ruolo pre-minente assunto dai due cugini Greco nelnuovo assetto dell'organizzazione, la toro ca-pacità direzionale e l'avallo di « Cosa No-stra » al loro accesso al i« vertice » trovanoriscontri obiettivi nei collegamenti che essihanno con tutte le cosche e nei summitda loro indetti ai quali (partecipano i capi-regime operanti in Italia. Latitanti dal 1963,•i due Greco viaggiano frequentemente perl'Italia pur avendo la loro centrale opera-tiva a Casablanca e in Svizzera.

Greco « ciaschiteddu » si incontra a Cata-nia con l'emissario del posto Calderone Giu-seppe, sconosciuto alla Polizia locale ancoranel 1973 in occasione dell'indagine sul po-sto svolta dal nostro Sottocomitato e dopoche quella di Palermo ne aveva individuatoil ruolo non secondario nell'organizzazione,per preparare il « vertice » idi Milano del 16luglio 1970 e quello successivo di Zurigo. Cal-derone era stato insieme al senatore Verzot-to, già Presidente dell'Ente minerario sici-liano, testimone alle nozze del noto' Di Cri-stina Giuseppe, impiegato in un ente dellaRegione siciliana.

« Queste riunioni — scrive il giudice Nerinella sentenza — -dovevano avere scopi benprecisi e riguardare questioni -di mafia dialtissimo livello ».

L'azione direzionale dei Greco è -comple-tamente diversa da quatta dei capi-iregimeoperanti in Italia come Alberti, Liggio e, an-che se ad un 'livello -superiore, Badalamenti.Quasi certamente i Greco dirigono la parteeconomico-finanziaria e la rete -sottile -di col-legamenti li tiene in contatto sia con « CosaNostra », sia con le cosche -siciliane.

Il cognato di Totò « d'ingegnere », Salva-tore Salonione, latitante come i Greco dal1963, è sicuramente in Italia negli anni 1968-1969, e il 6 luglio 1969 viene casualmente ac-certata la sua presenza in Milano, nel corsodi min controllo nei locali pubblici. Pranzavain un ristorante insieme a Bono -Giuseppee Brusca Armando.

Il giudice istruttore Neri accerta nel cor-so delle indagini che Saliamone è collegatocon l'organizzazione americana, attraverso•la quale ha acquistato a ,New York una piz-zeria (la stessa cosa avverrà per Buscetta).Dai documenti sequesitrati oùsiultò -che ave-va soggiornato in Canada, ottenendo la pa-tente di guida a Quebec, in Brasile ed inaltri paesi sud-americani.

Il Bono Giuseppe, in compagnia del qualepranza il Salomone, è uomo di fiducia diJoe Adonis ed è l'anello che collega il vec-chio boss alla cosca di Alberti, come è ri-sultato -da una serie di intercettazioni telefo-niche nell'ambito delle indagini sui « 114 ».

La « nuova mafia » ha avuto .un periodobreve, ma intenso, di attività criminosa chesi può collocare nel triennio' 1969-71. L'azio-ne coraggiosa paziente, tenace della Polizia,Carabinieri e Guardia di finanza, sotto la di-rezione del giudice istruttore Neri, ne stron-cò i rami più frondosi anche se non riuscìa colpire le radici ed il tronco.

Le cosche operanti in Italia furono indi-viduate e debellate, ma il cervello operativoè rimasto intatto, così come intatti sonorimasti i canali economici attraverso i qualisi convogliano i grandi profitti delle attivi-tà illecite collegate ai traffici intemazionali.

Vedremo nel capitolo conclusivo come daquesto tronco germogli-era 'la « quarta 'ma-fia » più spieiata e feroce della precedente.

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