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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI “LA SAPIENZA” DI ROMA FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA Cattedra di Organizzazione Internazionale La normativa tecnica dell’O.A.C.I. Relatore Laureando Prof. Sergio Marchisio Antonino Viola Anno Accademico 2000 / 2001

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI “LA SAPIENZA” DI ROMA FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA

Cattedra di Organizzazione Internazionale

La normativa tecnica dell’O.A.C.I.

Relatore Laureando Prof. Sergio Marchisio Antonino Viola

Anno Accademico 2000 / 2001

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INDICE

Introduzione pag. 5

Capitolo I

ANTECEDENTI STORICI DELLA CONVENZIONE DI CHICAGO DEL

1944

1. Gli strumenti giuridici e gli organi internazionali precedenti alla

Convenzione di Chicago » 16

2. La Commissione Internazionale per la Navigazione Aerea

(C.I.N.A.) » 19

3. Le Comité international technique d’expertes juridiques aériens

(C.I.T.E.J.A.) » 23 4. La Conferenza di Chicago del 1ˆ novembre, 7 dicembre 1944 » 25

5. La Convenzione O.A.C.I. del 7 dicembre 1944 » 40

Capitolo II

L’ORGANIZZAZIONE DELL’AVIAZIONE CIVILE INTERNAZIO-

NALE

1. Il quadro istituzionale, i fini, gli obiettivi e le funzioni dell’O.A.C.I.

» 51

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2. La natura degli atti dell’O.A.C.I. » 61

3. Le decisioni. » 63

4. Le raccomandazioni. » 66

5. La revisione della Convenzione di Chicago. » 73

6. Gli Organi principali, sussidiari e periferici dell’O.A.C.I. » 79

7. L’attività operativa dell’O.A.C.I. » 92

8. Le relazioni dell’O.A.C.I. con le Nazioni Unite e con le Organizzazioni

regionali operanti nel settore della navigazione e del trasporto aereo.

» 98

Capitolo III

CONTENUTO, NATURA ED EFFICACIA DEGLIALLEGATI TECNICI.

1. Gli Allegati alla Convenzione di Chicago » 110

2. Caratteri comuni degli Allegati » 133

3. Il sistema di elaborazione e di adozione degli Allegati » 136

4. La natura e l’efficacia degli Allegati tecnici » 144

5. Il problema delle differenze » 154

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6. Altri atti di carattere tecnico adottati dall’O.A.C.I. (DOC, PANS,

SUPPS) » 167

Capitolo IV

LA QUESTIONE DELL’ADEGUAMENTO DEGLI ORDINAMENTI

INTERNI AGLI ALLEGATI TECNICI.

1. L’adeguamento degli ordinamenti interni agli Allegati » 172

2. La legislazione italiana e l’attuazione della normativa O.A.C.I. » 183

3. Conclusioni » 195

Bibliografia » 198

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Introduzione

L’incompiuta opera di adattamento dell’ordinamento italiano agli

accordi internazionali in materia di navigazione aerea1, ha comportato la

disapplicazione di norme interne considerate superate perchè non

rispondenti alla moderna realtà aeronautica, inducendo gli «addetti ai

lavori» all’applicazione in via di fatto di norme tecniche internazionali

(contenute in particolare nei cosiddetti Annessi alla Convenzione O.A.C.I.),

data la loro oggettiva capacità di offrire una adeguata, se non anche

esclusiva, coerente ed attuale disciplina della materia oggetto di analisi nel

presente lavoro.

Numerose, ormai, sono le norme del codice della navigazione aerea

italiano, entrato in vigore il 21 aprile del 1942, da ritenersi superate

perchè in contrasto non solo con gli usi e gli accordi internazionali, ma con

1 A tut’oggi l’Italia ha provveduto al recepimento dei principi contenuti in tre dei diciotto Annessi alla

Convenzione di Chicago e, in particolare: Annesso n. 1, riguardante le licenze del personale (Personnel

Licensing), introdotto nell’ordinamento italiano con D.P.R. del 18 novembre 1988, n. 566 (pubblicato

nella Gazz. Uff. del 20 gennaio 1989, n. 16, S.O.); Annesso n. 16 relativo alla protezione ambientale

(Enviromental Protection), introdotto nel nostro ordinamento con D.M. del 3 dicembre 1983 concernente

la «certificazione acustica degli aeromobili» (pubblicato nella Gazz. Uff. del 9 gennaio 1984, n. 8, S.O.);

Annesso n. 13, inerente le inchieste sugli incidenti aerei (Aircraft Accident Investigation), introdotto

nell’ordinamento italiano con D.Lgs del 25 febbraio 1999, n. 66 (pubblicato nella Gazz. Uff. del 22 marzo

1999, n. 67, S.O.).

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tutta la successiva produzione normativa interna che, impostasi per

imprescindibili esigenze di funzionalità, si è venuta a sovrapporre, talvolta

in modo disorganico, alle previsioni del legislatore del tempo.

A questo si aggiunga che al codice non sono seguite, fatta eccezione

per alcune recenti e disomogenee iniziative legislative 2, le opportune

disposizioni di carattere regolamentare necessarie per la sua piena

esecuzione, obbligando spesso gli operatori aeronautici a ricorrere al

vecchio regolamento per la navigazione aerea del 1925 per quelle parti non

contrarie ed incompatibili con le norme del Codice stesso 3.

Conseguentemente, il ritardo nel recepimento della normativa interna-

zionale in argomento ha determinato l’instaurarsi di un diffuso stato di

2 Vedi, ad esempio, il recente D.Lgs. del 25 febbraio 1999, n.66, sopracitato, che ha istituito l’Agenzia

Nazionale per la Sicurezza del Volo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, dando attuazione alla

direttiva del Consiglio dell’U.E. 94/56/CE che stabilisce i principi fondamentali in materia di inchieste

sugli incidenti e inconvenienti dell’aviazione civile, in linea con la Convenzione di Chicago del

7.12.1944, istitutiva dell’O.A.C.I. e, in particolare, con l’allegato XIII (Aircraft Accident Investigation).

Questa inziativa legislativa, pur apprezzabile nei contenuti, desta alcune perplessità in quanto

l’introduzione nel nostro ordinamento delle normative tecniche contenute negli allegati alla Convenzione

di Chicago, tra cui appunto l’allegato XIII, è già stata fissata nel D.P.R. 4 luglio 1985, n.461 (in

particolare l’art.15) (pubblicato nella Gazz. Uff. del 5 settembre 1985, n. 209), che prevede l’emazione di

appositi decreti attuativi del Ministro dei trasporti per le materie elencate nell’art. 687 del codice della

navigazione, così come modificato dall’art.1 della legge 13 maggio 1983, n. 213 (pubblicata nella Gazz.

Uff. del 24 maggio 1983, n. 140).

3 Il regolamento della navigazione ancora in vigore, nelle parti non espressamente abrogate dal codice

della navigazione del 1942, è stato approvato con R.D. 11 gennaio 1925, n. 356.

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incertezza nell’azione della pubblica amministrazione sia in fase di

interpretazione che di applicazione della legislazione interna vigente, ma è

soprattutto nell’ambito delle più significative e pertinenti pronuncie degli

organi giurisdizionali italiani che sono state registrate la maggiori

incongrenze ermeneutiche, e a tal riguardo basta scorrere gli atti dei

procedimenti giudiziari che hanno seguito le sciagure aviatorie dell’Elba del

1960, di Palermo Punta Raisi del 1972, di Cagliari del 1979, e altre ancora

più recenti, nelle quali è dato osservare, stante la posizione dei giudici

italiani sostanzialmente contraria all’applicazione degli Allegati O.A.C.I.,

atteggiamenti contraddittori e, forse, in qualche caso del tutto errati 4.

Appare chiaro, infatti, come il giudice italiano sia orientato a ritenere

in vigore tutte quelle disposizioni aventi forza di legge che regolano la

materia e che non siano state espressamente e formalmente abrograte da

4 E’ stata negata l’applicabilità degli Allegati tecnici O.A.C.I. nella seguenti decisioni: Trib. Livorno, 27

febbraio 1965, e App. Firenze, 10 febbraio 1966 (relative al disastro aviatorio di M.te Capanne-Isola

d’Elba, del 14 ottobre 1960, di un velivolo DC.9 ITAVIA), in Il diritto aereo, 1966, p. 243 ss.; Cons.

St., 18 ottobre 1967, n. 485, in Cons. St., 1967, I, 1766; Cons. St., 18 ottobre 1967, n. 487, ivi, p. 1769;

Pret. Canelli, 11 marzo 1968, ivi, 1969, p. 288; Trib. Catania, 12 marzo 1982, App. Catania, 16 giugno

1983, e Cass., 4 aprile 1984, ivi, 1984, p. 152 (relative al disastro aviatorio di Montagnalonga-Palermo,

del 5 maggio 1972, di un velivolo DC.8 ALITALIA); Trib. Cagliari, 23 giugno 1982; App. Cagliari, 21

febbraio 1984, e Cass., 12 aprile 1985, ivi, 1985, p. 209 (relative al disastro aviatorio, del 14 settembre

1979, di M.te Nieddu agro Capoterra di un velivolo DC.9 ATI). E’ stata, invece, data applicazione agli

Allegati tecnici nella decisione del Pret. Salò, 16 giugno 1967, ivi, 1968, p. 410; Trib. Milano, 30 aprile

1970, ivi, 1972, p. 145 ss.; Pret. Milano, 12 ottobre 1974, ivi, 1975, p. 72 ss.

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successivi atti interni, mentre, fatta qualche rara eccezione5, ha sempre

ribadito la mancanza di obbligatorietà delle norme internazionali non

ancora oggetto di attuazione nell’ordinamento interno6 alle quali, invece, la

pubblica amministrazione da applicazione, quantomeno in via di fatto, per

assicurare quell’indispensabile funzionalità in un settore che, preminen-

temente sul piano internazionale, deve ispirarsi a criteri di uniformità

normativa oltre che tecnica.

A tal riguardo è interessante osservare come, dal 1960 ad oggi, la

giurisprudenza interna in materia di aviazione civile abbia costantemente

fatto riferimento al problema del recepimento o meno nell’ordinamento

interno della regolamentazione tecnica emanata dall’Organizzazione

dell’aviazione civile internazionale (O.A.C.I.), alla quale, seppure in forma

extragiuridica, tale giurisprudenza è stata comunque indotta a fare ricorso

5 Vedi nota supra, ultima parte.

6 Cfr., Trib. Livorno 27 febbraio 1965, in Il diritto aereo, 1966, p. 234. Il fatto che la pubblica

amministrazione spesso si conformi, nei propri atti, agli Allegai tecnici della Convenzione di Chicago ha

portato lo stesso Consiglio di Stato ad annullare gli atti della P.A. giudicati contrari a disposizioni di legge.

Nella prima sentenza, Cons. St. 18 ottobre 1967, citata supra, la Suprema Corte amministrativa ha ritenuto

illegittimo il D.M. del 28 giugno 1966 di approvazione della mappa 6060 delle zone circostanti

l’aeroporto dell’Urbe perché poneva vincoli diversi da quelli previsti dalla L. 4 febbraio 1963, n. 58

(modificativa dell’art. 715 cod. nav.) e conformi invece Allegato n. 14 «Aerodromes». Il Consiglio di

Stato affermava, quindi, che l’interprete «deve osservare ... esclusivamente le norme della legge citata, …

potendo avere il riferimento alla Convenzione di Chicago o all’atto aggiuntivo soltanto valore di un

sussidio ermeneutico» (p. 48).

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ogni qual volta si sia reso necessario formulare delle esatte definizioni di

carattere tecnico-normativo per nulla rintracciabili nella legislazione

vigente, al fine di dare un qualche fondamento ad effermazioni che

investono problemi di natura tecnica nel campo dell’aviazione civile,

riaffermando con ciò, indirettamente, la necessità e l’attualità del problema

del recepimento degli Allegati tecnici O.A.C.I. nell’ordinamento italiano7.

Magistrati, giuristi ed operatori del settore, posti di fronte a specifiche

problematiche aeronautiche, si vedono pertanto costretti ad applicare, ob

torto collo, la obsoleta normativa nazionale vigente facendo, di volta in

volta, immancabile e necessitato richiamo agli Allegati O.A.C.I.

quantomeno al fine di pervenire, come notato sopra, alla formulazione di

7 I requisiti per il rilascio della licenza di pilota di linea, l’agibilità aeroportuale in relazione alle assistenze

elettriche e radio elettriche disponibili con particolare riferimento all’inefficienza del faro di aerodromo,

eventuali compiti aggiuntivi riguardanti la responsabilità dei controllori del traffico aereo in ordine alla

prevenzione delle collisioni con il terreno (terrain clereance) da parte degli aeromobili anche quando gli

stessi non siano giudati dal radar, sono argomenti sui quali vi è stato e vi è ampio dibattito nelle aule

giudiziarie. Cfr., in particolare, App. Firenze, 10 febbraio 1966, citata supra, nella cui motivazione la

Corte, dovendo dimostrare che l’aeromobile sinistrato era idoneo al volo strumentale ovvero che il pilota

era in possesso dei requisiti professionali per il tipo di volo condotto, ciò al fine di confutare la tesi

contraria della parte civile, è ricorsa per necessità a quanto detto in materia rispettivamente dall’Allegato

n. 6, par. 6.6 e 6.7., e dall’Allegato n.1 ai par. 1.2.1.4. e 2.11.2 della Convenzione di Chicago. E’

evidente che tali richiami alla normativa tecnica dell’O.A.C.I., come pure riscontrabili in altre pronuncie

della giurisprudenza italiana, hanno probabilmente un puro scopo illustrativo o meglio, come ha in

proposito affermato la Corte di Appello di Firenze in occasione della suddetta pronuncia, in relazione ai

riflessi positivi che il ricordato contenuto delle norme O.A.C.I. poteva avere in favore del pilota, senza

peraltro voler mai considerare le stesse quali fonti normative di diritto positivo.

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esatte definizioni di carattere tecnico-normativo calzanti con la moderna

realtà dei trasporti aerei internazionali.

Come sarà evidenziato nella parte di questo lavoro dedicata ai

rapporti tra ordinamento italiano e regolamentazione O.A.C.I., va

preliminarmente osservato come il mancato recepimento nel nostro

ordinamento di questi atti abbia determinato una significativa frattura tra

ciò che nella prassi e nel concreto della realtà quotidiana delle operazioni di

volo connesse all’esercizio della navigazione aerea viene ad essere praticato

da tutti gli operatori del settore, piloti, controllori, tecnici, società di

navigazione aerea ecc, in quanto ritenuto professionalmente doveroso e

pertinente per l’osservanza dei canoni e principi di sicurezza del volo

internazionalmente definiti e codificati ed a cui, peraltro, tutta la normativa

tecnica O.A.C.I. è certamente ispirata, e ciò di cui, invece, si è tenuti a

render conto, in termini di responsabilità penale, civile e amministrativa,

nelle aule di giustizia italiane qualora, per sciagurata ipotesi, taluno di

costoro vi venga ad essere chiamato in giudizio in conseguenza di sinistri

aeronautici verificatisi anche al di là di ogni possibile e ragionevole

prevedibilità dell’evento8.

8 Vedi, in particolare, Cass. 12 aprile 1985, in Agenzia di Stampa Air Press, n. 34, 1985, p. 15 (relativa al

disastro aviatorio di Capoterra, citato supra), con cui la Suprema Corte respinse il ricorso presentato

contro la sentenza di appello (App. Cagliari , 21 febbraio 1984, citata supra,), confermando la condanna

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Tale stato di cose, a nostro giudizio, oltre che denotare un mancato

assolvimento di impegni internazionali, è sintomatico di una situazione di

crisi del diritto interno, verosimilmete imputabile alla sussistenza di norme

ormai non più aderenti alla concreta realta della fenomenologia dei rapporti

giuridici e delle situazioni fattuali riscontrabili nella moderna aviazione

civile.

E’ interesse reciproco degli Stati, e in generale dell’aviazione civile

internazionale, che la reale e integrale attuazione della normativa O.A.C.I.

sia riconosciuta obbligatoria a fronte dell’indifferibile esigenza, avvertita

sia sul piano delle relazioni internazionali che degli ordinamenti interni

del controllore del traffico aereo in servizio presso l’ente ATC (Air Traffic Controll). Tale decisione

appare esemplificativa dell’orientamento giurisprudenziale italiano, in quanto la Cassazione in tale

occasione, argomentando in merito agli Annessi O.A.C.I., ha avuto modo di precisare che essi «non sono

di immediata applicazione, pur trattandosi di atti emanati dalla Convenzione di Chicago del 7 dicembre

1944», rigettando con ciò i motivi del ricorso dell’imputato e dell’Avvocatura dello Stato (in difesa del

Ministero Difesa Aeronautica) che avevano cercato di mettere in luce come il controllore di volo, in

relazione alle procedure tecniche effettivamente in uso presso gli enti del controllo del traffico aereo

informate come sono alle norme contenute negli Allegati e nelle pubblicazioni tecniche pubblicate

dall’O.A.C.I. (Allegato n. 2 “Rules of the Air”, Allegato n. 11 “Air Traffic Services” e DOC.4444), non

avesse potere di intervento sull’autonoma decisione del comandante che abbandonava la rotta assegnata e

scendeva al di sotto delle quote minime di volo consentite per evitare delle formazioni nuvolose pericolose

(cumuli nembi). La Cassazione ritenne, al riguardo, che alcuni compiti d’istituto del controllore del traffico

aereo debbano considerarsi compatibili in linea di massima con le autonome decisioni del comandante

dell’aeromobile, penalmente rilevando il comportamento omissivo del controllore medesimo, nella sua

veste di garante della sicurezza del volo unitamente alla figura del comandante dell’aeromobile, ove una

qualsiasi inosservanza dei compiti istituzionali suddetti contribuisse causalmente alla produzione

dell’impatto del velivolo con il terreno. Per ulteriori osservazioni circa la sentenza in argomento, cfr.,

Air Press, n. 34, del 7 settembre 1985.

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degli Stati membri dell’O.A.C.I., di una gestione della materia su basi di

uniformità giuridica oltre che tecnica.

Peraltro, la natura internazionalistica della problematica era già stata

opportunamente sottolineata dal Monaco che in proposito così si

espresse:

«Il velivolo stesso che è costruito, posseduto, utilizzato da compagnie aeree che

hanno carattere internazionale, le attrezzature che servono per il volo, i negozi giuridici

che vengono compiuti nei riguardi dell’aereo, le assicurazioni aeronautiche,

rappresentano un campo nel quale l’addentellato, l’aspetto e il profilo

internazionalistico sono presenti e preponderanti di fronte all’aspetto nazionale. In

dipendenza di ciò emerge subito che l’aviazione civile, sia pure come fenomeno

specifico e limitato, è qualche cosa che dà un contributo rilevante alla cooperazione

internazionale» 9.

Questo brano delinea il ruolo eccezionale che, agli effetti della

cooperazione internazionale, può giocare l’espansione dell’aviazione civile

internazionale.

A nostro avviso, la congiuntura storica odierna impone l’adozione,

senza ulteriori ritardi o rinvii, di strumenti internazionali funzionali alle

esigenze politiche ed economiche degli Stati, che come nel campo

dell’aviazione civile sono, più che in altri settori, caratterizzate da un

9 MONACO, La disciplina giuridica internazionale dell’aviazione civile, in Riv. dir. nav., 1956, p. 100

(Corsivo mio).

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incessante espansione intimamente connessa allo sviluppo delle tecnologie

disponibili e alla conseguente ed innarrestabile crescita del mercato del

trasporto aereo internazionale, nella consapevolezza che l’internazionalismo

promanante dall’aviazione civile, come quello in genere legato al trasporto

internazionale, può costituire, e di fatto costituisce, un elemento

determinante al rafforzarsi dei vincoli di cooperazione nell’ambito della

comunità internazionale.

E’, a tal riguardo, auspicabile che la lenta ed incompiuta questione del

recepimento della normativa internazionale in materia di navigazione aerea,

mettendo a frutto le esperienze acquisite, trovi al più presto una soluzione

definitiva che consenta un adeguamento effettivo dell’ordinamento italiano

in conformità agli standards O.A.C.I..

A nostro avviso deve, pertanto, guardarsi con interesse alle più recenti

iniziative multilaterali registrate in ambito regionale10, ed in particolare nel

contesto dell’area europea, intese a dare, per altra e meglio percorribile via,

concretezza normativa uniforme ai principi e agli obblighi fissati nella

Convenzione O.A.C.I.. In questa prospettiva si pone, in particolare,

l’Arrangement sottroscritto a Cipro il 28 settembre 1990, dai rappresentanti

delle Autorità nazionali per l’aviazione civile di venticinque Stati, di una

10 Cfr., ZYLICZ, International Air Transport Law, Dordrecht, Martinus Nijhoff, 1992, p. 84.

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apposita “Joint Aviation Authorities” (J.A.A.)11 che, in qualità di organismo

associato della E.C.A.C. (European Civil Aviation Conference)12, si è

caratterizzato per l’esplicazione di innovative funzioni di “rule-making”

nelle materie di comune interesse aeronautico in ambito europeo al fine di:

«a) to ensure, through co-operation on regulation, common high levels of

aviation safety within the Member States; b) to achieve a cost effective

safety system so as to contribute to an efficient aviation industry; c) to

contribute, through the uniform applications of common standards, to fair

11 La JAA (Joint Aviation Authorities), istituita a seguito dell’Arrangement sottroscritto a Cipro il 28

settembre 1990 dai rappresentanti delle Autorità nazionali per l’aviazione civile di venticinque Stati, è un

organismo internazionale, a carattere tecnico, associato della E.C.A.C. (European Civil Aviation

Conference), che si è caratterizzato per l’esplicazione di innovative funzioni di “rule-making” nelle

materie di comune interesse aeronautico in ambito europeo. Esso ha iniziato i propri lavori nel 1970 quale

organo tecnico dell’E.C.A.C., quando era conosciuta come “Joint Airworthiness Authorities”.

Originariamente i suoi obiettivi erano solo quelli di produrre un codice di certificazione comune per

aeromobili da trasporto e le relative motorizzazioni. Ciò al fine di soddisfare le esigenze delle industrie

europee ed in particolare per i prodotti realizzati mediante consorzi (Airbus). A partire dal 1987 la sua

attività è stata estesa alla standardizzazione delle certificazioni relative alle operazioni, alla

manutenzione/progettazione, alle licenze di esercizio per tutte le classi di aeromobili. Attraverso apposite

procedure di certificazione della progettazione, produzione e organizzazione della manutenzione, si è

pervenuti all’adozione di un sistema unificato di Joint certifications emesse dagli Stati JAA

simultaneamente e su basi comuni. Cfr., ARRIGONI, Ioint Aviation Authorities: Development of an

International Standard for Safety Regulation. The First Steps Are Being Taken by the JAA, in Law and

Policy in International Business, 1992, pp. 130 -131; TAVERNA, JAA Tackles Operations, in Interavia

(48), 1993, p. 36.

12 Vedi , infra, cap. II, § 8, p. 101, nota n. 138.

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and equal competition within the Member States; d) to promote, through

international co-operation, the JAA standards and system to improve the

safety of aviation world-wide» 13.

Non vi è dubbio che, allo stato attuale, la JAA rappresenta il più

avanzato ed efficace strumento multilaterale regionale di cooperazione nel

campo dell’aviazione civile internazionale creato allo scopo di produrre

comuni, comprensive e dettagliate norme, nella specie denominate JARs

(Joint aviation requirements) 14, destinate, peraltro, ad avere diretta efficacia

negli ordinamenti interni degli Stati JAA che siano contestualmente membri

dell’Unione Europea15, stante il previsto recepimento della

regolamentazione in questione da parte del diritto comunitario16.

13 Vedi, preambolo dell’«Arrangements concerning the development, the acceptance and the

implementation of Joint Aviation Requirements (JARs)», firmato a Cipro il 28 settembre 1990, dai

rappresentanti delle Autorità nazionali per l’Aviazione civile di venticinque Stati, e precisamente: Austria,

Belgio, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Repubblica Federale di Germania, Grecia, Ungheria,

Islanda, Irlanda, Italia, Lussamburgo, Malta, Principato di Monaco, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia,

Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Regno Unito, Yugoslavia.

14 Vedi, «Appendix 1 to the Arrangements of Cyprus - Development and publication of requirements

JARs ».

15 Cfr., PILLING, More Power for Europe’s Safety Body, 1991, in 46 Interavia, p. 18.

16 Cfr., «Council Regulation (EEC) No. 3922/91 of 16 December 1991 on the harmonisation of technical

requirements and administrative procedures in the field of civil aviation». Tale Regolamento U.E.

realizza, attraverso il recepimento della normativa JAA (JARs 21, 22, 23, 25, 27, 29, 36, 145, 147,

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CAPITOLO PRIMO

ANTECEDENTI STORICI DELLA CONVENZIONE DI CHICAGO

DEL 1944.

1) Gli strumenti e gli organi internazionali precedenti alla Convenzione

di Chicago.

In questo capitolo intendiamo delineare il quadro generale entro il

quale si colloca il problema dell’applicazione degli Allegati tecnici alla

Convenzione di Chicago, impropriamente definiti annessi, per lo studio e la

comprensione del quale non può prescindersi da una anche se sommaria

disamina degli antecedenti storici prodromici dell’attuale assetto normativo

e istituzionale del settore.

JAR/OPS 1, 2, 3, e JAR/FCL 1, 2, 3 e 4 ecc..), l’adeguamento ai principi e ai contenuti degli Annessi 1,

6, 8, 13 e 16 alla Convenzione O.A.C.I., relativi rispettivamente alle licenze del personale aeronavigante

(personnel licensing), alle operazioni degli aeromobili (Operations of Aircraft), alla navigabilità degli

aeromobili (Airworthiness of Aircraft). Alle inchieste sugli incidenti aerei (Aircratf Accident

Investigations) e alla tutela ambientale (Enviromental Protection).

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I primi dibattiti in materia di diritto aereo svoltisi a livello

internazionale risalgono al primo Congrés international d’aéronautique,

riunitosi a Parigi in occasione dell’Esposizione universale del 1889 17.

Nel 1910, nel corso di una Conferenza diplomatica organizzata dal

Governo francese ed aperta agli Stati maggiormente interessati allo studio

delle tematiche giuridiche connesse allo sviluppo della navigazione aerea,

fu fondato a Parigi il Comité juridique international de l’aviation, col

compito di predisporre un Code de l’air. Il Comitato non giunse subito a

risultati apprezzabili, ma nei congressi organizzati negli anni

successivi predispose lo schema di un documento di considerevole

importanza e cioè di un progetto di codice internazionale dell’aria di diritto

pubblico e privato che, costituì un modello di riferimento per le successive

leggi nazionali e convenzioni internazionali adottate in materia.

Con il rapido diffondersi dell’aviazione civile, già alla fine della

prima guerra mondiale, fu avvertita l’esigenza di creare un organismo

internazionale nell’ambito del quale fosse possibile affrontare i complessi

17 Cfr., PEPIN, Le droit aérien, in Recueil des Cours de l’Académie de droit international de La Haye,

1947, II, p. 481 ss.

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problemi di collaborazione interstatuale connessi allo sviluppo della

navigazione aerea 18.

Al termine della prima guerra mondiale, il Consiglio supremo della

Conferenza di pace del 1919, nelle sedute del 12-15 marzo 1919, al fine di

uniformare i principi generali della legislazione aeronautica internazionale,

nominò una Commissione per l’aeronautica, con l’incarico specifico di

studiare i problemi tecnico-giuridici relativi al settore, in rapporto ai trattati

di pace che si venivano stipulando e di formulare uno schema di

convenzione per la navigazione aerea internazionale.

Dai lavori della Commissione scaturirono le norme relative alla

navigazione aerea inserite nei successivi trattati di pace di Vaersailles, Saint

Germain, Neuilly, Trianon e Sèvres.

In tale contesto, e grazie al crescente interesse che andava

instaurandosi nell’ambito delle relazioni internazionali riguardanti la

materia, la Commissione suddetta ebbe modo di elaborare il progetto

definitivo della Convenzione internazionale sulla navigazione aerea che, il

18 Cfr., LATTANZI, Organizzazione dell’aviazione civile internazionale (O.A.C.I.), in Enc. diritto,

1981, p. 228. ss.

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13 ottobre 1919, venne firmata a Parigi da trentatré Stati19, tra cui

l’Italia20.

2) La Commissione internazionale per la navigazione aerea (C.I.N.A.)

la Convenzione internazionale sulla navigazione aerea del 1919,

meglio nota come Convenzione di Parigi, rappresenta il primo strumento

giuridico in materia di cooperazione internazionale nel campo aeronautico.

Essa, sebbene criticata21 sotto il profilo della riaffermazione del principio

della piena ed esclusiva sovranità usque ad coelum degli Stati sugli spazi

aerei, può essere tuttavia considerata come il primo segnale concreto verso

19 Della Convenzione di Parigi, entrata in vigore l’11 luglio 1922, fecero parte: Argentina, Australia,

Belgio, Bolivia, Bulgaria, Canada, Cecoslovacchia, Cile, Danimarca, Finlandia, Francia, Giappone,

Grecia, India, Irak, Iran, Irlanda, Italia, Iugoslavia, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Panama,

Polonia, Portogallo, Regno Unito, Romania, Siam, Spagna, Svezia, Svizzera, Unione sud-africana,

Uruguay. Cfr., MATEESCO MATTE, Traité de droit aérien aéronautique, Paris, 1980.

20 l’Italia ha dato esecuzione alla Convenzione internazionale di Parigi del 1919 con R.D.Lg. del 20

agosto 1923, n. 2207 (pubblicato nella Gazz. Uff. del 5 settembre 1923, n. 208). 21 Cfr., MATEESCO MATTE, Traité, op. ult. cit. Questo autore analizza in chiave critica i contenuti

della Convenzione di Parigi in quanto fortemente informati al principio della piena sovranità usque ad

coelum degli Stati sullo spazio aereo, quale inevitabile conseguenza dello stato d’animo dei vincitori del

conflitto. Tuttavia essa risentiva sia delle esperienze di una cooperazione post-bellica (il Comitato

interalleato d’aviazione istituito nel 1918 e composto da Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, e Italia aveva

intrapreso una intensa attività di cooperazione) e sia della evidente esigenza di incrementare, nell’interesse

stesso dei vincitori del conflitto, gli scambi e i contatti commerciali con tutti gli altri Paesi.

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la definizione di norme uniformi per la disciplina della navigazione aerea

internazionale e della volontà della comunità internazionale per la

creazione di una apposita organizzazione istituzionalizzata di Stati, che

oggi trova appunto la sua massima e moderna espressione

nell’Organizzazione per l’aviazione civile internazionale (O.A.C.I.).

Tra gli elementi positivi della Convenzione di Parigi possono essere

senz’altro menzionati l’affermazione del diritto di sorvolo inoffensivo,

seppur accordato unicamente agli Stati contraenti e sottoposto ad importanti

limitazioni, il diritto di atterraggio in caso di distress ed il principio di non

discriminazione per le tasse di atterraggio, ma soprattutto l’adozione di

norme comuni contenute negli otto Allegati tecnici22 e la creazione della

Commissione internazione per la navigazione aerea (C.I.N.A.), che

costituiscono gli antecedenti storici più diretti della attuale struttura

normativo-organizzativa dell’O.A.C.I..

La Convenzione di Parigi, oltre a disciplinare gli aspetti più rilevanti

della navigazione aerea, come innanzi detto, prevedeva l’istituzione della

22 Gli otto Allegati tecnici alla Convenzione di Parigi del 1929 erano i seguenti: Annexe A “Classification

des aéronefs et definitions. Marques à porter sur les aéronefs. Immatriculation des aéronefs. Indicatifs

d’appel”; Annexe B “Certificats de navigabilité”; Annexe C “Livre de bord”; Annexe D “Règlement

sur les feux et signaux”; Annexe E “Personnel de conduite”; Annexe F “Cartes et repères

aéronautiques”; Annexe G “Centralisation et distribution des renseignements météorologiques”; Annexe

H “Douane” . Cfr., LATTANZI, Organizzazione, op. cit., p. 229.

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Commissione internazionale per la navigazione aerea (C.I.N.A.), che sotto il

controllo della Società delle Nazioni costituiva il principale centro di

raccolta e diffusione dei dati e delle informazioni concernenti il settore

aeronautico, nonché l’organo cui era affidato il delicato compito di

uniformare le norme nazionali in materia di navigazione aerea.

La C.I.N.A., istituita in applicazione dell’art. 34 della Convenzione

internazionale di Parigi, possedeva rilevanti competenze amministrative 23,

normative ed arbitrali per la soluzione delle controversie tra gli Stati

membri24.

Essa, infatti, su istanza degli Stati contraenti e di propria iniziativa

poteva ricevere proposte di emendamenti alla Convenzione e ai suoi otto

Allegati, sette dei quali (da A a G, escluso l’Allegato H sulle dogane)

assumevano carattere obbligatorio per tutti gli Stati contraenti mediante

semplice notifica, non necessitando di ratifica in caso di decisione adottata

a maggioranza dei tre quarti dei votanti e dei due terzi del totale degli Stati

23 La C.I.N.A., della quale facevano parte tutti gli Stati membri della Convenzione di Parigi (inizialmente

con rappresentanza ponderata e successivamente, a partire dal protocollo di Parigi dell’11 dicembre 1929,

con rappresentanza egualitaria) era coadiuvata, per l’attività strettamente amministrativa del Segretario

generale e per l’attività tecnico-normativa, da sottocommissioni di esperti da essa nominati.

24 Cfr., CACOPARDO – MELITA, L’unione internazionale aeronautica, Roma, 1929; BALDONI, Le

unioni internazionali di Stati, in Riv. Italiana per le scienze giuridiche, 1931, p. 512; TRICAUD,

l’Organisation Internazionale de la Navigation Aèrienne, Paris, 1938.

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membri della Commissione qualora tutti fossero stati presenti alla votazione

in cui venivano decisi gli emendamenti 25.

Le modifiche agli articoli della Convenzione e all’Allegato «H»

relativo alla materia doganale per divenire obbligatorie dovevano essere,

invece, approvate con decisione adottata a maggioranza due terzi del totale

degli Stati membri, nonché essere ratificate dai medesimi in conformità

delle rispettive norme costituzionali.

In relazione alle ampie funzioni normative previste dall’accordo

istitutivo e in considerazione anche delle condizioni alle quali era soggetta

l’entrata in vigore delle sue decisioni, la C.I.N.A. fu, fin dalla nascita,

caratterizzata da uno scarso successo dovuto anche alla mancata adesione

alla Convenzione di Parigi degli Stati Uniti d’America, né vi aderirono

l’URSS, la Cina e la Germania che, come Stato vinto, non era stata neppure

ammessa a partecipare alla conferenza istitutiva.

Parallelamente alla Convenzione di Parigi si sviluppò una vasta

cooperazione aerea su base regionale nell’ambito della quale furono adottati

accordi quali la Convenzione di Madrid (Ispano-americana), stipulata tra gli

25 Così disponeva l’art. 34 della Convenzione di Parigi che, tuttavia, per gli emendamenti all’Allegato H,

concernente le dogane, prevedeva la procedura classica della ratifica da parte di tutti gli Stati membri.

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Stati iberici e del Sud America il 1° gennaio 1926 26, la quale ben presto

venne dichiarata estinta dalla stessa Spagna che l’aveva promossa, e la

Convenzione dell’Avana (Panamericana) del 20 febbraio 1928 27, ratificata

da sedici Stati e anch’essa estinta, unitamente alla Convenzione di Parigi, in

seguito all’entrata in vigore della Convenzione di Chicago del 7 dicembre

1944.

3) Il Comité international tecnique d’experts juidiques aériens

(C.I.T.E.J.A.).

Risultati più significativi si ebbero, invece, sul piano della

collaborazione aeronautica non istituzionalizzata mediante Conferenze

aeronautiche internazionali che riunivano i delegati di dieci Stati europei e

26 La Convenzione di Madrid del 1° gennaio 1926, relativa soprattutto alla navigazione aerea, fu ratificata

soltanto da Spagna, Paraguay, Repubblica Dominicana, Costarica e Messico, nonostante alla Conferenza

avessero partecipato ventuno Stati. Cfr., LATTANZI, Organizzazione, op. cit., p. 229.

27 La Convenzione dell’Avana, firmata il 20 febbraio 1928, fu ratificata da sedici Stati: Bolivia, Brasile,

Cile, Costa Rica, Cuba, Repubblica Dominicana, Ecuador, Guatemala, Haiti, Honduras, Messico,

Nicaragua, Panama, Stati Uniti, Uruguay, Venezuela. Essa, sebbene contrariamente alla Convenzione di

Parigi non prevedesse alcuna struttura istituzionale (come la C.I.N.A.), contiene tuttavia elementi

estremamente positivi in quanto per la prima volta viene affermato il principio della “libertà del

commercio aereo internazionale”. Cfr., SCIOLLA LAGRANGE, Organizzazione dell’aviazione civile

internazionale (O.A.C.I.), in Enc. giur. Treccani, XXII, 1990, p. 1 ss.; GIANNINI, La Convenzione

panamericana sull’aviazione commerciale, Roma, 1930.

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le Conferenze aeronautiche regionali mediterranee, baltico-balcaniche e,

infine, le Conferenze internazionali per l’unificazione del diritto privato

aeronautico, di cui la prima, svoltasi a Parigi nell’ottobre 1925 su iniziativa

del Governo francese, istituì il Comité international tecnique d’experts

juridiques aériens (C.I.T.E.J.A.) 28.

Sotto gli auspici di questo Comitato, formato da una assemblea di

esperti in materie giuridiche aeronautiche e composto dai rappresentanti di

trentasette Stati riunitisi per la prima volta a Parigi nel maggio 1926, si

ebbero notevoli progressi nello studio e nella elaborazione di norme la cui

adozione era del tutto lasciata al sistema tradizionale dell’accordo fra Stati29.

Ad esso si devono importanti studi in materia di diritto aeronautico

privato e l’elaborazione di numerosi progetti di convenzioni internazionali,

di cui cinque entrati in vigore, e precisamente: la Convenzione di Varsavia

del 12 ottobre 1929, relativa all’unificazione di talune regole

riguardanti il trasporto aereo internazionale (resa esecutiva in Italia

con legge 19 maggio 1932, n. 841); la Convenzione di Roma del 29

maggio 1933, riguardante il sequestro conservativo degli aeromobili (alla

28 Cfr., GIANNINI, L’attività svolta dal «C.I.T.E.J.A.» e la sua eredità, in Riv. dir. nav:, 1943-48,

p. 160 ss.; SMIRNOFF, Le Comitè internatiomal d’esperts juridiques aèriens, Paris, 1936.

29 E’ per questo che ad esso parteciparono anche l’URSS e la Germania.

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quale l’Italia ha dato esecuzione interna con legge 28 maggio 1936, n. 993);

la Convenzione di Roma, anch’essa del 29 maggio 1933, relativa alla

responsabilità per danni causati dagli aeromobili ai terzi sulla superficie e

relative garanzie (resa esecutiva in Italia con legge 30 novembre 1939, n.

2122); la Convenzione di Bruxelles del 30 settembre 1938 circa l’assistenza,

il salvataggio e il recupero di aeromobili in mare; il Protocollo aggiuntivo

alla Convenzione di Roma per danni a terzi sulla superficie, concordato a

Bruxelles il 28 settembre 1938, relativo alle assicurazioni per detti danni.

Questi due ultimi atti, non sono stati ratificati dal Governo italiano,

ma essi risultano ormai superati dalle nuove norme contenute nella

Convenzione di Chicago.

4) La Conferenza di Chicago del 1° novembre - 7 dicembre 1944.

L’esigenza di una regolamentazione uniforme su scala universale,

appariva evidente già prima della fine della IIa guerra mondiale che, con le

necessità belliche, aveva accelerato lo sviluppo dell’aeroplano e dei mezzi

di supporto.

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L’uniformità della normativa internazionale sembrava ora

indispensabile per le caratteristiche del mezzo aero naturalmente votato alle

rotte internazionali.

Gli Stati Uniti, consapevoli della necessità di aprire spazi alla flotta

aera e alle industrie aeronautiche30, presero l’iniziativa di condurre colloqui

con gli alleati e di convocare a Chicago nel 1944 una Conferenza alla

quale presero parte 52 Stati su 55 invitati ( l’URSS fu uno dei tre assenti)31.

I lavori di preparazione della Conferenza di Chicago furono

verosimilmente facilitati, oltre che dalla congiuntura storica, dall’esistenza

di elementi di carattere giuridico-politico, riconducibili nello specifico

alla presenza di un vasto e consolidato corpo normativo-istituzionale

rappresentato in particolare dalla Convenzione internazionale della

navigazione aerea del 1919, dal Comitato internazionale tecnico di esperti

30 Nell’agosto del 1948 il Governo USA annullo ordini per oltre 42.000 velivoli.

31 Cfr., PINTO, L’organizzazione dell’avizione civile internazionale, in Comun. inter., 1947, p. 214 ss.;

ERLER, Rechtsfragen der I.C.A.O., Köln, 1967; BUERGENTHAL, Law – making in the Internatinal

civil aviation organization, New York, 1969; GIANNINI, Organizzazione e funzionamento dell’O.A.C.I.,

in Riv. dir. nav., 1952, p. 50; LATTANZI, Organizzazione, op. cit., p. 228 ss; MANIN, L’Organisation

de l’aviation civile internationale, Paris, 1970, p. 250 ss.; MONACO, Le funzioni dell’Organizzazione

dell’Aviazione Civile Internazionale, in Riv. dir. nav., 1953, p. 257; MULLER, Die Internationale

Zivilluftfahrtorganisation, Berlin, 1958, p.185; SCIOLLA LAGRANGE, Organizzazione, op. cit., p. 1

ss.

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giuridici aeronautici (C.I.T.E.J.A.) e dalla Convenzione di Varsavia del

1929 (disciplinante il contratto di trasporto aereo), nonché dal pressoché

contemporaneo sviluppo di molte Organizzazioni internazionali a carattere

universale32 volte a favorire la cooperazione degli Stati nei più diversi

settori ed in seguito coordinate con Nazioni Unite attraverso appositi

accordi di collegamento con i quali esse hanno acquistato lo status di

istituzioni specializzate dell’ONU 33, in conformità agli artt. 57 e 63 della

Carta delle Nazioni Unite.

Sotto tali premesse, tra il novembre e il dicembre del 1944, si riunì a

Chicago una Conferenza per l’Aviazione Civile Internazionale che diede

vita alla Convenzione istitutiva dell’O.A.C.I. (Organizzazione per

l’Aviazione Civile Internazionale, ovvero I.C.A.O. (International Civil

Aviation Organization, nell’espressione originale in lingua inglese ).

La Conferenza di Chicago fu caratterizzata da un serrato dibattito da

cui emerse il contrasto tra Stati portatori di istanze liberali, sia pure in un

ottica di supremazia, quali gli Stati Uniti che miravano sostanzialmente a

creare un regime che prevedesse, oltre alla regolamentazione giuridico-

32 Cfr., AGO, Considerazioni su alcuni sviluppi dell’organizzazione internazionale, in Comun. Int., 1952,

p. 532 ss.

33 Cfr., MARCHISIO, L’ O.N.U., ed. Il Mulino, 2000, p. 357 ss.

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tecnica, una piena liberalizzazione economica e, per contro, altri paesi

guidati dal Regno Unito che, temendo la supremazia economica degli

USA, erano orientati verso un atteggiamento di prudenza nell’ottica di

favorire le proprie imprese nazionali nascenti.

L’URSS, che pur aveva mandato i propri delegati a Chicago, si

rifiutò di partecipare alla Conferenza motivando la sua scelta con

l’inaccettabile presenza di paesi ritenuti fascisti, quali la Spagna, il

Portogallo e la Svizzera, celando così il reale motivo del rifiuto che

consisteva nell’impedire, condizionandolo all’autorizzazione, il sorvolo del

proprio territorio da parte di aerei di altri paesi.

La mancata presenza dell’Unione Sovietica, con gli altri Stati assenti

o non invitati, infirmò tuttavia il carattere di universalità della conferenza.

Questa, presieduta dal Adolf A. Berle, capo della delegazione

americana, composta da 43 delegati (quella inglese, capeggiata dal Lord

Swinton, ne contava 37) e salutata da un messaggio augurale del Presidente

Roosvelt inneggiante alla pace a all’amicizia tra i popoli, ebbe inizio il 1^

novembre 1944.

I lavori furono articolati in quattro Commissioni: la Ia col compito di

elaborare un progetto di convenzione quadro e di creare un organismo

internazionale dell’Aviazione Civile; la IIa di studiare norme tecniche e

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procedurali; la IIIa di studiare e fissare le rotte aeree provvisorie e di

stabilirne i tracciati; la IVa di creare una prima organizzazione temporanea

per l’aviazione civile internazionale, la P.I.C.A.O. (Provisional

international civil aviation organization) a carattere tecnico e consultivo,

incaricata di elaborare e coordinare le norme transitorie da adottare per

la durata di tre anni, trascorsi i quali le norme della Convenzione istitutiva

sarebbero entrate definitivamente in vigore 34.

La P.I.C.A.O. operò sino all’aprile del 1947, anno in cui l’O.A.C.I.

assunse la sua struttura definitiva .

Le quattro Commissioni si divisero a loro volta in sedici

sottocommissioni, ciascuna con compiti specifici. I lavori presero avvio da

quattro progetti presentati, rispettivamente, dagli Stati Uniti, dalla Gran

Bretagna, dalla Nuova Zelanda e dal Canada35. Tali progetti, superfluo

notarlo, rispecchiavano i particolari interessi politici ed economici degli

Stati che li avevano presentati.

34 La P.I.C.A.O ha esaurito la sua funzione in quanto destinata ad essere sostituita dall’O.A.C.I. con il

deposito della ventiseiesima ratifica della Convenzione di Chicago, avvenuta il 4 aprile 1947 (art. 91

Convenzione). Cfr., LATTANZI, Organizzazione, op. cit., p. 228 ss.; MORAND, Organisation provisoire

de l’Aviation civile internazionale (O.P.A.C.I.), in Rev. fr. dr. aèr., 1946-47, p. 131 ss.; PINTO,

L’organizzazione dell’aviazione civile internazionale, in Comun. intern., 1947, p. 221 ss.

35 Cfr., PETRARULO, Manuale di diritto della navigazione aerea, Roma, 1962, p. 35 ss.

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Il progetto statunitense, pur riconoscendo il principio della sovranità

dello spazio aereo usque ad coelum, sosteneva la tesi che gli aeromobili di

uno Stato contraente impiegati nei regolari servizi di linea avevano altresì il

diritto di sorvolare il territorio di un altro Stato contraente e di farvi scalo

non commerciale. Diritti questi corrispondenti alle prime due di quelle che

saranno poi definite, nel gergo aeronautico, le cinque libertà dell’aria 36, e

cioè la libertà di sorvolo del territorio di un altro Stato (1a libertà), e la

libertà di atterraggio sul territorio di un altro Stato per scopi non

commerciali (2a libertà).

Per quanto riguarda le libertà commerciali, il progetto americano

proponeva il riconoscimento di tre diritti consistenti nel consentire ad uno

Stato di trasportare passeggeri e merci dal proprio territorio a quello di un

altro Stato (3a libertà), nel diritto per uno Stato di trasportare passeggeri e

merci dal territorio di un altro Stato verso il proprio (4a liberta) e nel diritto

per uno Stato di trasportare passeggeri e merci da e verso altri stati (5a

libertà).

Il piano americano prevedeva che il riconoscimento di tali diritti e

libertà fosse subordinato alla stipulazione di accordi tra gli Stati interessati.

36 Il termine attribuito alle cinque possibilità operative o tecniche fu «libertà», richiamando il linguaggio

marittimo e la terminologia di Wilson, tentando così di favorire il concetto liberale dei cosiddetti diritti o

facoltà naturali. Tale sostantivo è, comunque, rimasto nell’uso aeronautico.

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Relativamente al regime giuridico degli aeromobili di proprietà di

vettori di un altro Stato contraente, comunque impiegati, si proponeva di

prevedere l’applicazione delle leggi dello Stato sorvolato che aveva il diritto

di esigere l’atterraggio e di ottenere il preavviso circa il luogo e l’ora di

arrivo di detti aeromobili sul proprio territorio.

Nel caso in cui un aeromobile fosse appartenuto a vettori di uno Stato

non contraente o, pur appartenendo a vettori di uno Stato contraente,

cittadini di un altro Stato non contraente ne avessero posseduto la maggior

parte delle quote, lo Stato sorvolato avrebbe avuto il diritto di revocare

l’autorizzazione di sorvolo precedentemente rilasciata e di esigere, ove

l’aeromobile non fosse stato adibito ai servizi regolari di linea, le tasse di

atterraggio.

Il piano americano, inoltre, riconosceva a ogni Stato contraente il

diritto di cabotaggio nel proprio territorio, nonché il diritto di controllare e

dirigere i propri traffici internazionali o, comunque, di avervi una

partecipazione e, ove mancasse di mezzi, di ottenere aiuti e assistenza

tecnica così da poter disporre di una propria aviazione commerciale. Inoltre,

esso prevedeva la costituzione di un organismo internazionale dotato

soltanto poteri consultivi su questioni tecniche organizzative, sull’assistenza

al volo e sulle norme di regolamentazione e procedura che, sotto forma di

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standards e di raccomandazioni, avrebbero dovuto disciplinare i servizi

della circolazione aerea tra gli Stati aderenti.

La proposta Britannica, esposta anche in un libro bianco pubblicato

poco prima dell’inizio dei lavori della Conferenza, sosteneva, invece, la

costituzione di un’Autorità internazionale con ampi poteri deliberativi, la

quale, tenendo conto del diritto di sovranità di ciascuno Stato contraente,

avrebbe dovuto stabilire un regime giuridico commerciale dell’aviazione

civile sulla base della collaborazione internazionale 37.

Il progetto britannico, in altre parole, voleva riaffermare il principio

della sovranità nazionale, determinare il grado di libertà dell’aria

accordando solo le prime quattro libertà. Per la quinta libertà, ossia il diritto

dello Stato contraente di trasportare passeggeri, merci o posta da e verso

altri Stati contraenti, doveva essere data facoltà allo Stato di concederla o

meno e nei limiti che riteneva confacenti ai propri interessi.

37 Più precisamente, il piano inglese aveva due finalità principali: stabilire servizi aerei adeguati, efficienti

ed economici, mantenendo un giusto equilibrio tra le capacità dei trasporti aerei e le necessità del traffico;

garantire un’equo utilizzo degli spazi aerei, delle rotte e dei traffici aerei internazionali da parte di tutti gli

Stati interessati con l’eliminazione di qualsiasi concorrenza sleale o di sovvenzioni governative.

Relativamente a questo aspetto la Gran Bretagna temeva che, con liberi accordi tra gli Stati e con

sovvenzioni alle proprie imprese di trasporto, l’America avrebbe potuto vincere ogni concorrenza e

monopolizzare tutti i servizi aerei o farli gestire a imprese o gruppi di imprese che meglio secondassero i

propri interessi politi ed economici. Cfr., PETRARULO, Manuale di diritto della Navigazione aerea, op.

cit., p. 37.

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Il progetto della Nuova Zelanda, al quale si associò anche l’Australia,

proponeva la internazionalizzazione di tutti i servizi aerei mondiali (il

progetto piacque ai Laburisti inglesi) alla maniera della società dei

Wagons-Lits38, in modo da consentire a ciascun Stato di partecipare con le

sue imprese ai servizi del trasporto aereo internazionale.

Il piano canadese metteva l’accento sulla sovranità completa ed

esclusiva dello spazio aereo e prevedeva la creazione di un organismo

internazionale del trasporto commerciale con organi regionali in tutto il

mondo. Le imprese di trasporto aereo che intendevano gestire un servizio

avrebbero dovuto presentare domanda, per il tramite del loro Governo, al

Consiglio regionale competente che avrebbe esaminato la richiesta. Ogni

Stato aveva diritto di possedere un’impresa di trasporto aereo nazionale ed

effettuare almeno un viaggio settimanale su ogni linea internazionale con

inizio sul proprio territorio. Se la quantità di traffico passeggeri realizzato

avesse superato il 65% del traffico passeggeri totale nazionale, lo Stato

avrebbe avuto diritto ad ingrandire l’impresa, aumentare la frequenza dei

viaggi o, infine, a costituire una seconda impresa. Questo sistema di

38 I servizi ferroviari internazionali nel continente europeo, tra le due grandi guerre, erano strutturati, in

base ad accordi bilaterali tra Stati, sul sistema denominato «Wagon Lits», consistente nel riservare i

trasporti ferroviari internazionali a lunga percorrenza a imprese nazionali che, in partecipazione tra loro

per quanto attiene ai costi di realizzazione e gestione, si riservavano i diritti relativi alle tratte di

pertinenza dei rispettivi territori nazionali.

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accrescere e ridurre automaticamente la capacita di traffico delle società di

trasporto aereo nazionale era chiamato clause d’escalier-roulant.

Il piano canadese accordava, infine, le prime quattro libertà previste

anche dal piano statunitense, mentre per la concessione della quinta libertà

subordinava il suo riconoscimento alla conclusione di accordi tra Stati

interessati. Il traffico interno, sarebbe stato oggetto di riserva dello stato

territoriale, con possibilità di allargamento a due paesi confinanti in

costanza di rapporti di buon vicinato.

Le quattro proposte descritte furono discusse in seno alla Conferenza

per dieci giorni senza che, tuttavia, si riuscisse a raggiungere un accordo.

Infatti, sebbene si fosse realizzata un’intesa di massima tra i delegati

sulle questioni tecniche e sulla necessità di unificare la relativa

regolamentazione e le procedure, per quanto riguardava le creazione di una

Autorità internazionale investita di pieni poteri deliberativi, diciannove Stati

dell’America Latina e gli USA si dichiararono contrari. Pertanto, il progetto

neo-zelandese venne rigettato e ritirato, mentre quello canadese non

incontrò il favore degli Americani per l’automaticità della citata clause

d’escalier-roulant.

Relativamente ai progetti statunitense ed inglese, dopo accese

discussioni senza essere pervenuti ad alcuna intesa, i lavori furono sospesi

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per concedere una pausa di riflessione. Dopo due giorni si riunirono i

delegati degli USA, del Canada e della Gran Bretagna, per trovare una

soluzione soddisfacente.

Nella sostanza, le divergenze più accese riguardarono le libertà

cosiddette economiche ed in particolare la 5a libertà 39.

Gli Americani sostenevano che la soppressione o la limitazione della

5a libertà avrebbe rallentato lo sviluppo delle grandi linee internazionali,

mentre gli Inglesi, al contrario, temendo la forte concorrenza americana,

intendevano restringere al massimo l’uso di tale libertà. Alla fine i due

Stati riuscirono a trovare un’intesa sui seguenti punti: a) ogni Stato avrebbe

potuto trasportare il 50% del traffico imbarcato sul suo territorio e destinato

ad un altro Stato (3a libertà ); b) ogni Stato avrebbe potuto trasportare il 50%

nel senso inverso (4a libertà); c) sulle lunghe rotte internazionali poteva

essere offerto il 60% del traffico in passeggeri e merci da calcolarsi con al

formula 1 +2/3 (diritto parziale di 5a libertà); d) le quote – parti, in base ai

calcoli di cui sopra, sarebbero state stabilite da una Autorità internazionale

39 L’atteggiamento diverso degli Stati, positivo riguardo alle prime due libertà cosiddette tecniche e

negativo rispetto alle altre tre cosiddette economiche, trova una spiegazione teorica nella filosofia

giuridica conosciuta come «dottrina Fereira», informata al concetto del valore patrimoniale dei diritti di

traffico, assunti come bene economico di proprietà dello Stato, con le caratteristiche di risorsa scarsa da

scambiare in condizioni di reciprocità formale e di equilibrio sostanziale.

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aeronautica indipendente dopo tre anni di esercizio di ogni linea e rivedute

ogni dodici mesi.

Facendosi reciproche concessioni ed accettando anche il principio

della clause d’escalier-ruolant, Stati Uniti e Gran Bretagna sembravano

giunti ad un compromesso, allorché nuove divergenze sorsero nel modo di

calcolare le quote-parti 40.

Per il diverso modo di calcolare le quote-parti un accordo generale

non poté essere raggiunto. Posta ai voti la questione, gli Stati si divisero in

due gruppi: quelli dell’America del Sud e qualche Stato europeo si

dichiararono per la tesi statunitense; la Francia, la Nuova Zelanda, il Sud

Africa e qualche altro Stato per la tesi inglese. I delegati del Belgio e del

Canada si dichiararono convinti che le due opposte tesi sul riconoscimento

della 5a libertà e il modo di calcolare la quote-parti avrebbero potuto trovare

composizione.

Fu, quindi, per superare queste divergenze che si decise di demandare

la questione all’esame del Consiglio dell’istituenda P.I.C.A.O. che avrebbe

40 Gli Americani volevano basare il calcolo indiscriminatamente su tutta la rotta; gli Inglesi sugli scali

iniziali di ogni linea. In altre parole, ammesso che vi fossero 60 passeggeri dallo stato A allo Stato B e

30 passeggeri dallo stato A allo stato C, passanti per B, gli americani volevano applicare la formula ( 60 +

30 ) 1 + 2/3 = 150 posti lungo tutto il percorso, gli Inglesi, invece, volevano applicare la formula per

tratte e cioè. (60).1 + 2/3 = 100 per la tratta A – B soltanto; ( 30 ). 1 + 2/3 = 50 posti per la tratta B – C

soltanto: che da un risultato ben diverso.

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dovuto elaborare un nuovo progetto di accordo, tale da poter essere

accettato da tutti gli Stati. Il progetto doveva precisare le quote-parti cui

ogni Stato aveva diritto, le caratteristiche di ogni tratta di rotta considerata,

il grado di sviluppo del traffico aereo locale e le condizioni economiche del

traffico aereo transitorio.

Per quanto riguardava la 5a libertà e l’adozione della clause

d’escalier-roulant, gli Inglesi proposero di sottomettere ogni decisione

all’Assemblea prevista dell’accordo provvisorio (P.I.C.A.O.) che,

successivamente, pronunciandosi sulla questione in seduta plenaria, deliberò

di rinviare il progetto all’esame di una commissione ad hoc.

Stralciata la soluzione dei problemi relativi al contenuto della 5°

libertà41 e delle quote parti, il 3 dicembre 1944, le Commissioni

predisposero diversi testi definitivi che, il 7 dicembre dello stesso anno, al

termine dei suoi lavori, la Conferenza sottopose alla firma dei delegati.

Gli strumenti adottati dalla Conferenza furono un Atto finale (in

sostanza una dichiarazione firmata dai rappresentati di tutti gli Stati

partecipanti, di cui venticinque già membri della C.I.N.A.), un Accordo

provvisorio, una Convenzione sull’aviazione civile internazionale, O.A.C.I.,

(firmato da trentanove Stati), un Accordo sul transito dei servizi aerei

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internazionali (firmato da trentuno Stati) e un Accordo sul trasporto aereo

internazionale (firmato da diciannove Stati), nonché i progetti di dodici

Allegati tecnici (ora sono diventati 18) preparati sulla scorta degli Allegati

tecnici alla Convenzione di Parigi 42.

L’Accordo Provvisorio sull’aviazione civile internazionale, che istituì

l’Organizzazione Provvisoria dell’Aviazione Civile Internazionale

(P.I.C.A.O.), si estinse con l’entrata in vigore della Convenzione istitutiva

dell’O.A.C.I., evento che si verificò il 4 aprile 1947 contestualmente al

deposito del ventiseiesimo atto di ratifica della Convenzione O.A.C.I. (art.

91).

I due Accordi sul Transito e sul Trasporto, pur trovando la loro

base nella Convenzione di Chicago, hanno vita autonoma e contenuto

giuridico indipendente, così che uno Stato che abbia aderito alla

Convenzione può non aver aderito né all’uno né all’altro dei due accordi.

41 Sulle cinque libertà, cfr., CACOPARDO et al., Quante sono le cinque libertà dell’aria?, in Studi in

onore di A. Ambrosini, Giuffrè editore, Milano, 1957, p. 181.

42 Gli Allegati tecnici alla Convenzione di Chicago sono sostanzialmente il frutto di una rielaborazione

degli Allegati tecnici alla Convenzione di Parigi del 1929, che erano i seguenti: Annexe A “Classification

des aèronefs et definitions. Marques à porter sur les aèronefs. Immatriculation des aèronefs. Indicatifs

d’appel”; Annexe B “Certificats de navigabilitè”; Annexe C “Livre de bord”; Annexe D

“Règlement sur les feux et signaux”; Annexe E “Personnel de conduite”; Annexe F “Cartes et repères

aèronautiques”; Annexe G “Centralisation et distribution des renseignements mètèorologiques”;

Annexe H “Douane”.

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L’Accordo sul Transito prevede la liberalizzazione, tra i paesi

aderenti, della possibilità di sorvolo del territorio degli altri Stati e di fare

scalo per ragioni tecniche non commerciali, cioè senza imbarcare e sbarcare

passeggeri o merci (es. rifornimento di carburante ).

I contenuti di tale Accordo, pur non privi di riflessi economici,

apparivano già allora di generale carattere tecnico e, pertanto, pacificamente

oggetto di disciplina multilaterale.

La maggior parte degli Stati accettò l’Accordo sul Transito, che entrò

rapidamente in vigore ed oggi oltre centottanta Paesi vi hanno aderito43.

Per contro, scarso successo ha avuto l’Accordo sul Trasporto che, oltre

a riconfermare le citate opportunità tecniche di cui all’Accordo sul

transito44, prevedeva la liberalizzazione del trasporto aereo da parte di una

compagnia tra due o più Stati secondo tre diverse modalità, di contenuto

sostanzialmente analogo a quello prospettato nella proposta statunitense, e

precisamente: trasporto dal territorio di nazionalità verso un secondo Paese;

trasporto dal territorio di un secondo Paese verso quello di nazionalità;

trasporto tra i territori di due Paesi diversi da quello di nazionalità.

43 L’Italia ha aderito all’Accordo sul transito con molto ritardo ratificandolo con legge 2 maggio 1983, n.

306 (pubblicata nella Gazz. Uff. del 27 giugno 1983, n. 174, S.O.) e divenendone membro il 27 giugno

1984).

44 In tal caso l’adesione all’Accordo sul trasporto avrebbe reso superfluo l’Accordo sul transito.

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Pur se l’Accordo consentiva numerose deroghe mediante l’apposizione

di riserve, esso venne firmato solo da diciannove Paesi 45.

L’insuccesso fu confermato dell’esito degli ulteriori dibattiti tenutisi

in seno all’Assemblea dell’O.A.C.I. nei mesi di maggio e novembre 194746,

rivolti ancora a tentare di definire un accordo multilaterale sui contenuti

economici del trasporto aereo internazionale.

5) La Convenzione O.A.C.I. del 7 dicembre 1944.

La Convenzione istitutiva dell’O.A.C.I.47 consta di un Preambolo e di

96 articoli e disciplina la materia in quattro parti: la Ia relativa alla

45 Gli stessi Stati Uniti, che lo avevano sollecitato, non lo ratificarono, sia pure in un’ottica contraria

agli altri Stati dissenzienti in quanto lo ritenevano una soluzione di compromesso in luogo di una totale

liberalizzazione.

46 Stante l’impossibilità di trovare un accordo sugli aspetti prettamente commerciali, come quello della

concorrenza, in occasione della stessa Conferenza di Chicago era stato preparato un accordo bilaterale

tipo, lo Standard Chicago Form for provision air routes (raccomandazione VIII dell’Atto finale) che,

tuttavia, toccava solo gli aspetti puramente tecnici e amministrativi dei servizi aerei. Il modello tipo

indicato da questo accordo fu presto sostituito da quello apprestato dall’Accordo delle Bermuda, stipulato

tra Stati Uniti e Regno Unito il 2 febbraio 1946, che abbracciava anche gli aspetti più propriamente

commerciali. Questo accordo è stato poi denunciato dalla Gran Bretagna e sostituito con un altro Bermuda

Agreement stipulato il 23 luglio 1977; per il testo, cfr., SHAWCROS and BEAUMONT, Air Law,

II, London, 1977, A 355.

47 Vedi, O.A.C.I. Doc. 7300/6 (1980), in International Organization and Integration,, pt. I.B.1.6.a

(KAPTEYN, KOOIJMANS, LAUWAARS & SCHERMERS eds., 2d rev. ed., 1981).

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navigazione aerea (da art.1 a art. 42); la IIa è dedicata all’Organizzazione

dell’aviazione civile internazionale ( da art 43 a art. 66); la IIIa contiene

norme che disciplinano i trasporti aerei internazionali (da art. 67 a art.

79); la IVa presenta disposizioni finali (da art. 80 a art. 96).

La Convenzione O.A.C.I. è formata da un complesso normativo più

ampio e articolato rispetto alle norme previste nelle Convenzioni di Parigi e

dell’Avana, che il trattato firmato a Chicago il 7 dicembre 1944 ha sostituto

garantendo una disciplina della navigazione aerea internazionale ispirata a

principi più liberali.

Nel Preambolo della Convenzione viene infatti solennemente

sancito che: «Whereas the future development of international civil aviation

can greatly help to create and preserve friendship and understanding

among the nations and peoples of the world, yet its abuse can become a

threat to the general security; and whereas it is desirable to avoid friction

and to promote that cooperation between nations and peoples upon which

the peace of the world depends; therefore, the undersigned governments

having agreed on certain principles and arrangements in order that

international civil aviation may be developed in a safe and orderly manner

and that international air transport services may be established on the basis

of equality of opportunity and operated soundly and economically.»

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L’art. 1 della Convenzione 48 riafferma, tuttavia, il principio classico

usque ad coelum 49 della piena ed esclusiva sovranità dello Stato sullo

spazio aereo sovrastante il proprio territorio già sancito nella Convenzione

di Parigi del 1919, ma rispetto a quest’ultima la Convenzione di Chicago

mostra una maggiore attenzione verso gli aspetti della collaborazione

interstatale permanente in tutti i campi della navigazione aerea, comprese

quelle materie che erano in passato rimaste tradizionalmente legate alla

sovranità territoriale degli Stati, quali le formalità di dogana e di

immigrazione, la determinazione delle rotte, il controllo del traffico aereo

ecc.. In tali settori la Convenzione O.A.C.I. prevede che sia demandata

all’Organizzazione l’adozione di una normativa uniforme designata come

standards e pratiche raccomandate 50.

48 L’art. 1 della Convezione O.A.C.I. così recita: «The contracting States recognize that every State has

complete and exclusive sovereignty over the airspace above its territory».

49 Cfr., SCIOLLA LAGRANGE, Organizzazione, op. cit., p. 2.

50 A tale riguardo, come sarà evidenziato nel prosieguo di questo lavoro, l’art. 90 della Convenzione

prevede una procedura che consente di imporre, sussistendo determinate condizioni, anche agli Stati

membri dissenzienti, i cosiddetti “standards” approvati da maggioranze qualificate (una procedura

peraltro equiparabile alle disposizioni adottate dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in caso di

epidemie, come previsto dall’art. 7 dell’Accordo istitutivo dell’O.M.S, Constituton de l’Organisation

mondiale de la Santé, 22 luglio 1946, 14 R.T.N.U.186; cfr., BOWETT, The Law of International

Institutions, II, London, 1970, pp. 135 e 348).

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Per quel che riguarda il contenuto della Convenzione, la prima parte

(da art.1 a art. 42) prevede principi di particolare importanza tra cui

assumono rilievo il principio d’eguaglianza e di non discriminazione tra

aerei e imprese di diversa nazionalità (art.15), la determinazione della legge

applicabile agli aeromobili (art. 19), i principi generali relativi al controllo

del traffico aereo (artt. 5, 8, 9 e 10), i limiti posti al carico (art. 35), al

controllo doganale (artt. 22, 23 e 24) e sanitario (artt. 14 e 22), alla

gestione tecnica degli aeroporti (art. 31), alla qualificazione del personale

(artt. 32 e 33) e all’utilizzazione degli aeroporti (art. 10).

E’ importante notare, tuttavia, che la Convenzione O.A.C.I. disciplina

esclusivamente la circolazione aerea dell’aviazione civile internazionale,

non trovando applicazione riguardo agli aeromobili di Stato, militari, di

dogana, di polizia, i quali non possono sorvolare il territorio di un altro

Stato o atterrarvi se non previo uno speciale accordo tra gli Stati interessati

(art. 3).

La Convenzione, tuttavia, pur costituendo l’atto principale tra quelli

adottati dalla Conferenza di Chicago51, disciplina soltanto i diritti di

51 La Convenzione prevede la costituzione del principale organismo internazionale dell’aviazione civile

internazionale, (l’O.A.C.I.) e stabilisce il quadro giuridico generale di tutta la navigazione internazionale

dell’aviazione civile e quindi anche dei servizi regolari , il cui limite di operatività è costituito dallo stesso

campo di applicazione tecnico-giuridico.

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sorvolo, scalo tecnico e scalo non commerciale relativi all’esercizio dei

servizi aerei internazionali non regolari (i cosiddetti trasporti su richiesta o

charter) (artt. 5 e 6)52, lasciando invece agli Stati membri ampia

discrezionalità per quanto riguarda l’organizzazione e la gestione dei

servizi aerei internazionali regolari53 che possono essere organizzati

esclusivamente dietro autorizzazione degli Stati interessati 54.

52 La distinzione tra voli aerei regolari e non regolari prevista dall’art 5 della Convenzione non è stata

precisata sul piano internazionale. Soltanto nel documento O.A.C.I. 7278-C/841 del 10 magio 1952, viene

riportata una distinzione, che peraltro non vincola gli Stati membri, secondo la quale un servizio aereo

internazionale si considera regolare qualora possieda tutte le seguenti caratteristiche: a) passa attraverso

lo spazio aereo sovrastante il territorio di più di uno Stati; b) è eseguito da un aeromobile per il trasporto a

titolo oneroso di passeggeri, merci e posta, in maniera tale che ciascun volo è aperto all’uso pubblico; c) è

esercitato in modo da servire il traffico tra due o più punti alternativamente, secondo un orario pubblicato o

attraverso voli talmente regolari e frequenti da costituire una riconoscibile serie sistematica.

53 La dottrina in verità considera la maggior parte dei voli charter come servizio aereo internazionale

regolare superando la citata definizione. Soprattutto in considerazione del fatto che i voli charter essendo

ammessi sotto forma di «serie sistematiche riconoscibili» (catene di voli) ed essendo accessibili al

pubblico anche per il solo passaggio aereo, presentano le medesime caratteristiche che la definizione del

Consiglio dell’O.A.C.I. assegna ai servizi di linea. Cfr., LASSANDRO, in Riv. trasporti, 1979, p. 82;

BULGARINI, in Riv. diritto e pratica dell’aviazione civile, 1977, p. 84.

54 L’art. 6 della Convenzione dispone che nessun servizio aereo internazionale registrato (regolare di

linea) potrà essere esercitato entro il territorio di uno Stato contraente se non con il permesso di detto

Stato; l’art. 7 ribadisce il principio che ogni Stato contraente ha il diritto di rifiutare agli aeromobili degli

altri Stati contraenti il permesso di imbarcare sul proprio territorio passeggeri, posta e merce, trasportati

dietro compenso o dietro noleggio e destinati ad un altro punto del proprio territorio (diritto di

cabotaggio). Ogni Stato contraente si impegna, anzi, a non concludere accordi che specificamente

concedono, su una base di esclusività, un simile privilegio ad un altro Stato o ad una aviolinea di un altro

Stato e di assicurarsi un tale privilegio esclusivo da un altro Stato.

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L’art. 5 della Convenzione dispone, infatti, che gli aeromobili civili

non impiegati nei servizi regolari di linea, hanno il diritto, osservando le

norme della Convenzione, di sorvolare il territorio degli Stati contraenti e di

farvi scalo per scopi non commerciali, senza permesso preventivo, fermo

restando il diritto dello Stato sorvolato di richiedere l’atterraggio. Se i

predetti aeromobili intendono sorvolare regioni inaccessibili scarsamente

dotate di installazioni di assistenza, lo Stato sorvolato si riserva il diritto, per

ragioni di sicurezza del volo, di stabilire le rotte da seguire o di condizionare

detto sorvolo ad un permesso speciale.

La stessa norma prevede che gli aeromobili civili, se impiegati nel

trasporto di passeggeri, merce e posta dietro compenso o dietro noleggio in

servizi non regolari o registrati, e cioè in voli cosiddetti charter e taxi,

possono, a condizione di osservare le disposizioni dell’art. 7 55, avere il

privilegio di imbarcare o sbarcare passeggeri, merce o posta, fermo restando

il diritto dello Stato in cui tale imbarco o sbarco abbia luogo di imporre

norme, condizioni o limitazioni.

55 Nello specifico, assume rilievo il secondo punto della norma citata che così recita: «Each contracting

States undertakes not to enter into any arrangements which specifically grants any such privilege on an

exclusive basis to any other State or an airline of any other State, and non to obtain any such exclusive

privilege from any other State.».

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Sotto l’aspetto della disciplina del trasporto aereo la Conferenza di

Chicago ha, pertanto, fallito alcuni obiettivi56 in quanto, pur trovando tale

materia disciplina nella terza parte della Convenzione, essa vi assume una

importanza marginale e, del resto, anche l’Accordo separato sul trasporto

aereo internazionale ha avuto scarso seguito essendo stato firmato da un

numero esiguo di Stati 57. Ciò trova spiegazione nell’ovvia constatazione

che i trasporti aerei internazionali investono tematiche e interessi di natura

prettamente commerciali per la cura dei quali gli Stati sono, nella generalità

dei casi, orientati ad affidarsi allo strumento del negoziato bilaterale

piuttosto che alla regolamentazione multilaterale.

56 L’attività aerea internazionale consiste, oltre che nel semplice fatto della circolazione aerea, nel fatto

commerciale basato sull’uso delle cosiddette cinque libertà dell’aria. Le prime due, e cioè il diritto di

sorvolo e di atterraggio per ragioni tecniche, come abbiamo visto, hanno formato oggetto della

Convenzione per quanto riguarda i servizi non regolari e, per quanto riguarda i servizi regolari, dello

specifico Accordo sul transito. Peraltro, è precipuamente sulle altre tre libertà che si fonda il contenuto

economico del trasporto aereo, e precisamente: quella di sbarcare passeggeri, merce e posta provenienti

dallo Stato nazionale dell’aeromobile, o di imbarcare passeggeri merce o posta diretti a quello Stato, o,

infine, di imbarcare o sbarcare passeggeri, merci o posta da qualsiasi Stato e diretti in qualsiasi Stato (vedi

anche nota n. 41 a pag. 38).

57 E’ proprio il caso dell’Italia che pur avendo aderito alla Convenzione, alla quale è stata data

esecuzione con D.Lg 6 marzo 1948, n. 616, poi ratificata con legge 17 aprile 1956, n. 561 (pubblicata

nella Gazz. Uff. del 25 luglio 1956, n. 156), e con molto ritardo all’Accordo sul transito che è stato

ratificato con legge 2 maggio 1983, n. 306 (pubblicata nella Gazz. Uff. del 27 giugno 1983, n. 174, S.O.)

divenendone membro il 27 giugno 1984), non ha, invece, ritenuto di aderire all’Accordo sul trasporto,

desiderando disciplinare i propri traffici aerei internazionali mediante convenzioni bilaterali con gli Stati

interessati.

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Nell’ultima parte dello Statuto dell’O.A.C.I. (da art. 91 a art. 95) vi

sono le norme relative all’adesione alla Convenzione, all’espulsione

dall’Organizzazione e alla riammissione.

La procedura ordinaria di ammissione alla Convenzione è disciplinata

dall’art. 92 ed essa è di massima analoga a quella adottata in tutti gli accordi

multilaterali aperti. Tale procedura è limitata agli Stati membri delle

Nazioni Unite, agli Stati a questi associati e agli Stati rimasti neutrali

durante la seconda guerra mondiale e si effettua mediante il deposito della

notifica dello strumento di adesione presso il governo degli Stati Uniti.

Per gli altri Stati, l’art. 93 stabilisce una procedura speciale di

ammissione che prevede nell’ordine: a) l’approvazione o la presentazione di

qualsiasi organizzazione internazionale generale creata per preservare la

pace; b) il voto dei quattro quinti dell’Assemblea O.A.C.I., che pone anche

le condizioni per l’ammissione; c) il consenso di qualsiasi altro Stato

attaccato o invaso nel corso del secondo conflitto mondiale. Questa è stata,

peraltro, la procedura adottata per l’ammissione dell’Italia nel 1947 58.

L’adesione alla Convenzione comporta, ovviamente, l’acquisto dello

status di membro dell’O.A.C.I.

58 Cfr., GIANNINI, L’ammissione dell’Italia alla Convenzione di Chicago (1944) sull’aviazione civile

internazionale, in Riv. dir. nav., 1949, p. 41 ss.

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Per quanto riguarda l’espulsione dall’Organizzazione, l’art. 94, lett. b,

prevede la cessazione dello status di membro dell’Organizzazione in caso di

mancata ratifica, entro un determinato periodo di tempo dalla sua entrata in

vigore, di emendamenti alla Convenzione la cui adozione venga

raccomandata con apposita risoluzione dall’Assemblea generale

dell’O.A.C.I. 59, nel caso essa ritenga che la natura dell’emendamento

giustifichi tale misura, mentre l’art. 95 fissa i termini e l’efficacia della

denuncia della Convenzione e la relativa procedura di notifica.

Con l’entrata in vigore, nel 1961, dell’art. 93-bis sono state stabilite

altre due particolari ipotesi di espulsione «automatica» dall’Organizzazione.

La prima è prevista dalla lett. a, sub. (1), dell’art. 93-bis e scatta in seguito

alla raccomandazione dell’Assemblea generale Nazioni Unite tendente a

privare uno Stato dello status di membro degli Istituti specializzati delle

Nazioni Unite.; la seconda ipotesi, disciplinata dalla lett. a, sub. (2), dell’art.

59 Tale previsione è, però, rimasta del tutto inattuata in quanto non è stato chiarito se gli emendamenti

alla Convenzione citatati nella norma in questione riguardino disposizioni di carattere normativo o, invece,

quelle relative alla costituzione dell’Organizzazione, ovvero l’essere membro dell’Organizzazione o

l’essere anche parte della Convenzione, con la conseguenza che, se si desse attuazione a tale disposizione,

gli Stati che non ratifichino un emendamento giudicato importante cesserebbero contemporaneamente di

essere membri dell’organizzazione e parti della Convenzione, venendo, così, a compromettere seriamente

il regolare svolgimento della navigazione aerea il cui presupposto fondamentale è appunto rappresentato

dalla partecipazione del maggior numero possibile di Stati alla Convenzione di Chicago. Cfr., MANIN,

L’Organisation, op. cit., p. 250 ss.

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93-bis, consegue all’espulsione dello Stato interessato dall’O.N.U., a meno

di raccomandazione contraria dell’Assemblea Generale delle Nazioni

Unite60.

L’art. 93-bis, lett. b, disciplina la riammissione dello Stato eventual-

mente assoggettato ad una delle due procedure di espulsione automatica

viste supra in quanto sussista l’accordo dell’Assemblea Generale delle

Nazioni Unite e con l’approvazione della maggioranza dei componenti del

Consiglio O.A.C.I.

Sempre l’art. 93-bis, lett. c, prevede la procedura per la sospensione

temporanea dall’esercizio dei diritti e privilegi inerenti allo status di

membro dell’O.A.C.I. conseguente alla sospensione dallo stesso esercizio

dei diritti e privilegi inerenti allo status di membro delle Nazioni Unite.

Per completare il quadro normativo dello statuto dell’O.A.C.I., le

disposizioni finali della Convenzione (in particolare artt. 80, 81 e 82),

impegnano ogni Stato contraente a notificare la denuncia della Convenzione

di Parigi del 1919 e dell’Avana, qualora abbia fatto parte di una di esse,

dopo l’entrata in vigore della Convenzione di Chicago, nonché di registrare

presso il Consiglio gli accordi aeronautici conclusi con altri Stati e di

60 Cfr., MANKIEWICZ, Organisation de l’aviation civile internationale, in Journal of Air Law and

Commerce, 1966, p. 637 ss.

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liberarsi da eventuali obbligazioni assunte con Stati non contraenti che siano

incompatibili con le disposizioni della Convenzione.

Seguono le norme relative alle controversie che possono sorgere fra

due o più Stati in caso di disaccordo circa l’interpretazione o l’applicazione

della Convenzione e dei suoi Allegati 61, la cui soluzione è demandata al

Consiglio (art. 84). Qualora uno Stato non accetti la soluzione proposta dal

Consiglio è prevista la possibilità di proporre appello ad un tribunale

arbitrale ad hoc o alla Corte Internazionale di Giustizia (art. 85) 62.

61 Cfr., MILDE, Dispute Settlement in the Framework of the International Civil Aviation Organization,

in Settlement of Space Law Disputes, 1980; KIRGIS, Aviation, in United Nation Legal Order, II, 1995,

p. 843 ss.

62 Vedi, FITZGERALD, The Judgment of the International Court of Justice in the Appeal Relating to the

Jurisdiction of the I.C.A.O. Council, in Can. Y.B. Int’L. 153, p. 168-69;

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CAPITOLO SECONDO

L’ORGANIZZAZIONE DELL’AVIAZIONE CIVILE INTERNAZIO-

NALE.

1) Quadro istituzionale, fini, obiettivi e funzioni dell’O.A.C.I.

L’art. 43 della Convenzione di Chicago prevede la costituzione di una

«Organizzazione per l’aviazione civile internazionale»63 che, al momento

attuale, conta la partecipazione di centottantasei Stati membri64.

63 Cfr., PINTO, L’Organizzazione, op. cit., p. 214 ss; ERLER, Rechtsfragen der ICAO, Köln, 1967;

BUERGENTHAL, Law-making in the Internatinal Civil Aviation Organization, New York, 1969;

GIANNINI, Organizzazione e funzionamento dell’O.A.C.I., in Riv. dir. nav., 1952, p. 50; MANIN,

L’Organisation de l’aviation civile internationale, Paris, 1970; LATTANZI, Organizzazione, op. cit., p.

228 ss; MULLER, Die internationale zivilluftfahrtorganisation, Berlino, p. 185; SCIOLLA

LAGRANGE, Organizzazione, op. cit. p. 1 ss.

64 Gli Stati membri dell’O.A.C.I. sono: Afghanistan, Albania, Algeria, Angola, Antille e Bermuda,

Arabia Saudita, Argentina, Armenia, Arzebaijan, Australia, Austria, Bahamas, Bahrain, Bangladesh,

Barbados, Belarus, Belgio, Belize, Benin, Buthan, Bolivia, Bosnia-Erzegovina, Botswana, Brasile, Brunei

Darussalam, Bulgaria, Burkina Faso, Burundi, Cambogia, Cameroon, Canada, Capo Verde, Ciad, Cile,

Cina, Cipro, Columbia, Comoros, Congo, Costa d’Avorio, Costa Rica, Croazia, Cuba, Danimarca,

Ecuador, Egitto, Emirati Arabi Uniti, El Salvador, Eritrea, Estonia, Etiopia, Figi, Filippine, Finlandia,

Francia, Gabon, Gambia, Gana, Georgia, Germania, Giamaica, Giappone, Gibuti, Giordania, Grecia,

Grenada, Guinea-Bissau, Guinea Equatoriale, Grenata, Guyana, Haity, Honduras, India, Indonesia, Iran,

Iraq, Irlanda, Islanda, Isole di Cook, Isole Marshall, Isole Salomone, Israele, Italia, Kazakistan, Kenia,

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Come si è detto, la seconda parte della Convenzione si occupa degli

scopi e dei fini che l’Organizzazione per l’aviazione civile internazionale

persegue (art. 44) 65, nonché delle competenze dei suoi organi principali,

l’Assemblea e il Consiglio permanente (da art. 48 a art. 55), e degli altri

organi sussidiari e tecnici quali il Segretariato ed il relativo personale 66 (da

art. 58 a art. 60), la Commissione per la navigazione aerea e il Comitato per

i trasporti aerei (artt. 54, lett. d, 56 e 57). In essa sono, inoltre, definite le

Kiribati, Kuwait, Kyrgyzstan, Lao People's Democratic Republic, Libano, Lesotho, Liberia, Libia,

Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Madagascar, Malati, Malesia, Maldive, Mali, Malta, Marocco,

Mauritania, Mauritius, Messico, Micronesia, Monaco, Mongolia, Mozambico, Myanmar, Namibia, Nauru,

Nepal, Nicaragua, Niger, Nigeria, Norvegia, Nuova Zelanda, Oman, Paesi Bassi, Pakistan, Panama, Palau,

Papua Nuova Guinea, Paraguay, Perù, Polonia, Portogallo, Qatar, Regno Unito, Repubblica Ceca,

Repubblica Centro Africana, Repubblica di Corea, Repubblica Democratica di Corea, Repubblica

Dominicana, Repubblica di Moldavia, Repubblica Federale della Yugoslavia (Serbia Montenegro),

Repubblica Yugoslava di Macedonia, Romania, Ruanda, Russia, Santa Lucia, San Vincenzo e Grenada,

Samoa, San Marino, Sao Tomé e Principe, Senegal, Seyshelles, Sierra Leone, Singapore, Siria, Slovacchia,

Slovenia, Somalia, Sud-Africa, Spagna, Sri Lanca, Stati Uniti, Sudan, Suriname, Svezia, Svizzera,

Swaziland, Tagikistan, Tanzania, Thailandia, Togo, Tonga, Trinidat e Tobago, Tunisia, Turchia,

Turkmenistan, Uganda, Ucraina, Uruguay, Uzbekistan, Vanuatù, Venezuela, Viet Nam, Yemen, Zaire,

Zambia, Zimbaue.

65 La sede permanente dell’O.A.C.I. era stata fissata a Montreal dall’Assemblea dell’Organizzazione

provvisoria (P.I.C.A.O.), conformemente all’art. 45 della Convenzione, articolo che è stato poi emendato

nel 1954 per quella parte che prevedeva la possibilità di trasferimento della sede dell’Organizzazione solo

a titolo provvisorio.

66 Pur non essendone fatta menzione nell’art. 43, è evidente che altro importante organo

dell’Organizzazione è il Segretariato di cui si occupa il capitolo XI. In particolare, l’art.58 assegna al

Consiglio, ed in misura primaria all’Assemblea, il compito di determinare i metodi di nomina e le

condizioni di servizio del Segretario Generale e del personale del Segretariato.

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procedure relative alla gestione finanziaria dell’Organizzazione (artt. 61, 62

e 63) e alla stipulazione degli accordi internazionali che l’O.A.C.I. può

eventualmente concludere (artt. 64 e 65).

Gli scopi dell’O.A.C.I. sono specificati dall’art. 44 della Convenzione

che identifica, in particolare, i seguenti obbiettivi dell’Organizzazione:

«sviluppare i principi e la tecnica della navigazione aerea internazionale e

favorire il pieno sviluppo dei trasporti aerei internazionali al fine di

assicurare il sano ed ordinato progresso dell’aviazione civile

internazionale». La stessa norma contiene, inoltre, una dettagliata

elencazione degli obiettivi finali ai quali deve tendere la realizzazione dei

predetti principi e, con varie ripetizioni, insiste soprattutto sulla sicurezza

della navigazione aerea e sull’equa ripartizione fra gli Stati delle possibilità

di sfruttamento economico dell’attività di trasporto aereo di cui necessitano

tutti i popoli del mondo.

Per quel che riguarda la natura dell’Organizzazione per l’aviazione

civile internazionale, essa rientra dal punto di vista giuridico nell’ambito

delle unioni di Stati istituzionali o organizzate, correntemente denominate

organizzazioni internazionali. Tuttavia, altra parte della dottrina considera

l’O.A.C.I. come organo di funzioni67 che pone in essere attività

67 Questa tesi, sulla natura delle organizzazioni internazionali che pongono in essere attività internazionali

in senso stretto, è stata elaborata da Arangio-Ruiz, il quale, nella fattispecie, le definisce come organi di

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internazionali in senso stretto, creata dagli Stati in adempimento di un

trattato internazionale per mezzo del quale essi agiscono in stretta

collaborazione nel perseguimento degli scopi fissati dal patto istituivo e

relativi, nel caso di specie, allo sviluppo in generale della navigazione aerea

internazionale 68.

Peraltro, l’esame delle origini dell’O.A.C.I. evidenzia la natura

giuridica di trattato internazionale proprio della Convenzione di Chicago.

Infatti, le norme in essa contenute sono state create da un atto che si è

formato nell’ordinamento internazionale ed ha prodotto i suoi effetti in base

alle norme generali che regolano l’accordo come fonte del diritto

internazionale. La Convenzione, pertanto, appartiene a quella speciale

funzioni. Cfr., ARANGIO-RUIZ, Rapporti contrattuali fra Stati ed organizzazione internazionale, in

Arch. giur., 1950, CXXXIX, fasc. I-2, in particolare, p. 123 ss. Tale nozione è, invece, limitata dal

Perassi e dal Morelli ai cosiddetti organi o istituti internazionali. Cfr., per le tesi degli autori citati

rispettivamente, PERASSI, Lezioni di diritto internazionale, Padova, 1961, p. 170 ss., e MORELLI,

Nozioni di diritto internazionale, VII, Padova, 1967, p. 243 ss. e 257 ss.

68 Tale dottrina afferma che, al pari di quella degli organi «isolati », anche l’attività di alcune

organizzazioni internazionali, ossia dei loro organi, non è attività soggettiva, giacché se l’organizzazione

è soggetto questo è tale soltanto a fini di diritto generale diversi da quelli perseguiti con l’attività ad essa

affidata dagli Stati partecipanti all’accordo istitutivo. Infatti, il “mero accordo” fra Stati, data la natura del

diritto internazionale, non è idoneo a creare né organizzazione fra Stati (ivi comprese le fonti di

produzione normativa) né soggettività. Cfr., ARANGIO-RUIZ, Rapporti contrattuali, op. ult. cit., p.

123 ss. Dello stesso avviso, anche se ponendo qualche eccezione, sembra essere AGO, Considerazioni

su alcuni sviluppi dell’organizzazione internazionale, op. cit., p. 543 ss. ; LATTANZI, Organizzazione,

op. cit., p. 238.

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categoria di trattati rappresentata dai trattati istitutivi di organizzazioni

internazionali, ai quali fa riferimento l’art. 5 della Convenzione di Vienna

del 1969 69.

Nell’ambito della suddetta cooperazione, finalizzata al perseguimento

degli obiettivi fissati dall’art. 44 della Convenzione, gli organi dell’O.A.C.I.

adempiono a funzioni diverse identificabili in primo luogo in compiti di

studio, documentazione e informazione, di carattere preparatorio e

preliminare rispetto alla funzione principale, che potremmo definire

69 La nozione di «organizzazione internazionale» denota, infatti, un’organizzazione tra governi, secondo

la sintetica ma chiara definizione contenuta nell’art.2, lett. I, della Convenzione di Vienna sul diritto dei

trattati del 23 maggio1969. Peraltro Tutte le organizzazioni internazionali presentano, sempre dal punto di

vista giuridico, alcuni elementi comuni che costituiscono un minimo comune denominatore ed identificano

altrettanti requisiti indispensabili. Cfr., MARCHISIO, L’ONU, op, cit., p. 21 ss. Tale orientamento trova

conferma nella giurisprudenza della Corte internazionale di giustizia la quale, anche se incidentalmente e

per questioni attinenti all’interpretazione della Carta dell’ONU, ha in vari pareri (su Certe spese delle

Nazioni Unite, del 20-7-1962, e quello relativo alla Liceità dell’uso delle armi nucleari da parte di uno

Stato in un conflitto armato) sottolineato che i trattati istitutivi di organizzazioni internazionali sono trattati

multilaterali, seppure trattati di un tipo particolare, che possiedono un carattere nello stesso tempo

convenzionale e istituzionale. Il carattere istituzionale, in particolare, deriva dal fatto che essi hanno ad

oggetto la creazione di nuovi soggetti di diritto, dotati di una certa autonomia, ai quali le parti affidano la

realizzazione di scopi comuni, poiché questi trattati non si limitano a porre situazioni giuridiche per gli

Stati membri, ma istituiscono, infatti, degli enti internazionali ed i loro organi, ripartendone le competenze

e determinandone le modalità di esercizio. Cfr., MONACO, Le caractére constitutionnel des actes

institutifs d’organisations internationales, in La Communauté internationale, Paris, 1974, p. 153- 154;

ROSENNE, Is the Constitution of an International Organization an International Treaty?, in

Comunicazioni e Studi, 1966, p. 21 ss.

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«formale»70, diretta alla adozione di «atti» (rule-making), attraverso un

processo di treaty-making 71, la cui efficacia obbligatoria è soggetta al

classico procedimento di adozione e ratifica da parte degli Stati membri.

Tale funzione si sostanzia, in particolare, nella produzione di atti72

tendenti a determinare o indirizzare, secondo i casi, da soli o in connessione

con atti successivi posti in essere dagli stessi organi dell’O.A.C.I. ovvero

dagli Stati membri, il comportamento di questi ultimi nei rapporti reciproci

ovvero nei confronti dei loro cittadini, nonché a consentire un’attività di

controllo sul comportamento degli Stati medesimi.

Non secondaria importanza riveste, inoltre, la funzione cosiddetta

«operativa», di cui ci occuperemo più avanti nel nostro lavoro parlando

delle funzioni del Consiglio, esercitata dall’O.A.C.I., sempre nel campo

della navigazione aerea, nella quale essa assume una veste, per così dire,

70 LATTANZI, Organizzazione, op. cit., p. 238.

71 Cfr., KIRGIS, Aviation, in United Nations Legal Order (Ed. by) Schachter, Jorner, Cambridge,

1995, p. 825 ss.

72 Gli atti in questione, lungi dall’essere degli atti nel significato attribuito a tale termine dalla dommatica

giuridica, possono essere considerati fatti giuridicamente rilevanti o tutt’al più dei fatti giuridici in senso

stretto, la cui rilevanza, però, non va mai al di là degli effetti meramente obbligatori dell’accordo. In

proposito, cfr., ARANGIO-RUIZ, Rapporti contrattuali, op. cit., p. 723.

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«attiva», in quanto i suoi stessi organi agiscono materialmente e

direttamente nella promozione della cooperazione aerea 73.

Tuttavia, parlando delle funzioni dell’O.A.C.I., osserviamo che la

Convenzione attribuisce ai suoi organi principali una notevole ingerenza

nei confronti degli Stati membri per quanto attiene alla regolamentazione e

standardizzazione della materia della navigazione e dei trasporti aerei

internazionali, ingerenza che si concretizza nell’esercizio di alcuni poteri

che secondo l’esemplificazione fattane dal Giannini74 appartengono a

quattro categorie: a) potere informativo (art. 67 ); b) potere di intervento e

sostituzione per gli aeroporti e le installazioni (da art. 68 a 76); c) potere

di cooperazione assistenziale per esercizi in comune ed i servizi in pool

(da art. 77 a 79); d) potere di decidere sulla conformità delle aviolinee

alla Convenzione (da art. 86 a 88) e di imporne la osservanza 75.

73 Sull’attività operativa delle Organizzazioni internazionali, cfr., AGO, Considerazioni, op. cit., p. 551;

NAPOLETANO, Funzioni operative di azione diretta delle organizzazioni internazionali, in Comun.

intern., 1979, p. 399 ss.

74 GIANNINI, Funzioni e funzionamento dell’O.A.C.I., in Riv. dir. nav., 1952, p. 55.

75 Delle funzioni suddette si occupa la parte terza della Convenzione di Chicago, relativa ai trasporti

aerei internazionali, stabilendo che «ogni Stato si impegna a che le proprie aviolinee internazionali,

conformemente alle prescrizioni del Consiglio, depositino presso il Consiglio stesso rapporti periodici sul

traffico, statistiche sui costi e rendiconti finanziari con l’ammontare e l’origine di tutte le entrate. Ogni

Stato si impegna a designare le rotte sul proprio territorio e gli aeroporti da utilizzare. Se il Consiglio

ritiene che gli aeroporti o le installazioni non sono sufficienti, procede a consultazioni con lo Stato

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Senza voler compiere un’analisi comparativa tra l’O.A.C.I. e gli

organismi analoghi che la hanno preceduta, possiamo affermare che la

costruzione normativa della Convenzione di Chicago istitutiva

dell’O.A.C.I. presenta caratteri profondamente innovativi. E’ sufficiente

ricordare che essa conferisce all’O.A.C.I., come sopra accennato,

particolari funzioni «operative», consentendogli, ad esempio, di agire per

conto ovvero in sostituzione (potere surrogatorio) degli Stati membri

qualora essi siano impossibilitati a realizzare certe installazioni a terra che si

rilevassero necessarie alla navigazione aerea (artt. 69, 70 e 71). Altra

manifestazione di novità è data dalla possibilità che l’O.A.C.I. ha di

esercitare il diritto di accertare i costi di esercizio e i sussidi di cui godono le

aviolinee e di impedire la concorrenza quando ritenuta sleale (dumping)

(artt. 15, 27 e 67).

Possiamo, quindi, formulare alcune considerazioni in merito

all’anzidetta significativa, sebbene prudente, ingerenza dell’O.A.C.I.

nell’operato degli Stati membri circa la concreta attuazione delle

normative internazionali in materia di navigazione e trasporto aereo,

interessato per porre rimedio alla situazione. Due o più Stati possono costituire organizzazioni per

l’esercizio in comune dei trasporti aerei o mettere in pool i propri servizi su qualsiasi rotta o regione,

purché siano rispettate le norme della Convenzione, comprese quelle relative alla registrazione degli

accordi presso il Consiglio.».

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osservando che l’O.A.C.I. potrà assolvere compiutamente ai propri fini

istituzionali di organo leader, moderatore e regolatore dei trasporti aerei

internazionali76 solo in presenza di relazioni internazionali improntate ad

una cooperazione pacifica, in cui gli Stati consentano l’ingerenza e l’azione

dell’Organizzazione nell’ambito delle sfere delle loro sovranità.

Ove, invece, questa cooperazione pacifica non si dovesse concretare,

l’esercizio delle funzioni e dei poteri che la Convenzione conferisce

all’O.A.C.I. verrebbe indubbiamente ad urtare contro la resistenza degli

Stati membri, in quanto in assenza dei necessari presupposti tali poteri si

manifesterebbero inevitabilmente come eccessivi ed invadenti.

Proprio per evitare l’urto contro la resistenza degli Stati membri ed

anche al fine di evitare la staticità e la rigidità tipica delle norme giuridiche,

76 Cfr., al riguardo, DUCREST, Une novelle dynamique des fonctions législative et quasi-législative de

l’organisation de l’aviation civile internationale ?, in Annals of Air Space Law, 1996, p. 29 ss.

(L’autore, con un’attenta analisi comparativa delle funzioni legislative e quasi-legislative svolte

dal’O.A.C.I. e da altre organizzazioni internazionali quali l’OIL, l’UNESCO, l’OMS, l’UIT, l’U.E., ecc,

conduce, in chiave internazionalistica, un approfondimento sugli aspetti giuridici degli strumenti statutari

della Convenzione di Chicago che maggiormente hanno inciso sulla mancata realizzazione

dell’applicazione universalistica delle normative O.A.C.I., giungendo alla conclusione che l’O.A.C.I.,

avendo nei suoi oltre cinquant’anni di attività manifestato i propri limiti al riguardo, allo scopo di

mantenere il proprio ruolo di leader nella regolamentazione dell’aviazione civile internazionale, dovrebbe

provvedere alla revisione delle proprie funzioni di produzione normativa, adottando il principio legislativo

per tutti i tipi di emendamenti procedendo, in particolare, alla sostanziale revisione della procedura di

emendamento disciplinata dall’art. 94 della Convenzione e alla semplificazione del sistema di

notificazione delle differenze ivi disciplinato, onde assicurare maggiore flessibilità all’azione

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avuto riguardo al campo di attività oggetto di intervento da parte

dell’O.A.C.I., caratterizzato da un eccezionale processo evolutivo, si è

voluto creare un organismo dotato di strumenti flessibili e dinamici

reputati idonei a consentire un continuo e rapido adeguamento delle norme

e dei metodi alle mutevoli esigenze dell’aviazione civile internazionale,

sensibile allo incessante sviluppo della tecnica e delle necessità dei mercati,

onde favorire un uniforme, ordinato, sicuro e possibilmente efficiente

esercizio del traffico aereo.

Coerentemente ai fini e agli obiettivi fissati dalla Convenzione, si è

dato vita a quel complesso di regole chiamate «standards internazionali» e

«sistemi pratici raccomandati» da disporsi, per comodità, come Allegati

alla Convenzione stessa, al fine precipuo di conseguire, su basi

internazionali, la necessaria ed irrinunciabile unificazione e

standardizzazione di tutto quanto attiene all’esercizio della navigazione

aerea nella sua prevalente specificazione fenomenologia tecnico-

operativa.

dell’organizzazione e per garantire gli indispensabili criteri di sicurezza dell’aviazione civile

internazionale).

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2) La natura degli atti dell’O.A.C.I.

La funzione normativa (formale), nel senso accennato prima,

rappresenta certamente uno dei compiti fondamentali dell’O.A.C.I.

essendosi essa posta, tra gli scopi essenziali, quello di uniformare e

standardizzare la disciplina della navigazione aerea internazionale.

Questa funzione si esplica, tra l’altro, anche mediante l’adozione da

parte del Consiglio di standards e sistemi pratici raccomandati che, dopo

essere stati materialmente predisposti da apposite Divisioni tecniche 77,

sono preparati dalla Commissione per la navigazione aerea e, infine, dopo

l’adozione da parte del Consiglio comunicati agli Stati contraenti.

Quest’ultima funzione ed il relativo procedimento di adozione degli

standard and recommended practices, ed in particolare dei c.d. «Allegati»

sarà oggetto di ulteriore approfondimento.

77 La Commissione per la navigazione aerea dell’O.A.C.I. opera mediante una articolata struttura

interna composta da undici divisioni specializzate, e precisamente: AGA - Aerodromes, Air Routes and

Ground Aids (aeroporti, aerovie e installazioni al suolo); AIG - Aircraft Accident Investigation

(inchieste sugli incidenti aerei); AIR - Airworthiness (aeronavigabilità); AIS - Aeronautical Information

Service (servizio informazioni aeronautiche); COM - Communications (comunicazioni aeronautiche);

MAP - Aeronautical Charts (carte aeronautiche); MET - Meterology (meteorologia) ; OPS - Aircraft

Operation (esercizio tecnico degli aeromobili); PEL - Personnel Licensing (licenze del personale);

RAC - Rules of the Air and Air Traffic Control (regole dell’aria e controllo del traffico aereo); SAR -

Search and Rescue (Ricerca e Soccorso).

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In tema di funzione «formale» dell’O.A.C.I., va osservato che tutti gli

atti che gli organi dell’O.A.C.I. pongono in essere in adempimento di questa

funzione, sia quindi le «decisioni» sia le «raccomandazioni», hanno al

massimo l’effetto di specificare o concretare i rapporti obbligatori fra gli

Stati membri scaturenti dalle statuizioni del patto istitutivo, ovvero di far

cessare determinati obblighi o, in altri casi, di realizzare le condizioni dal

cui verificarsi dipende il sorgere di alcuni obblighi, siano essi strumentali o

sostanziali, già previsti dal patto istitutivo.

In tale prospettiva78, gli accordi che istituiscono le organizzazioni

internazionali, oltre ad obblighi immediati e determinati79, possono porre

obblighi non concretamente determinati e, quindi, predisporre gli strumenti

organici idonei che a mezzo delle loro «decisioni» e «raccomandazioni»

possono, di volta in volta, far scattare in concreto, o anche far cessare, gli

obblighi astrattamente posti dall’Accordo, ovvero realizzare le condizioni

per l’emanazione di successivi atti ad opera degli organi dell’O.A.C.I. o ad

opera degli stessi Stati.

78 LATTANZI, Organizzazione, op. cit., p. 239.

79 Appartengono a questo tipo le norme contenute nell’art.1 della Convenzione di Chicago relative, per

esempio, al reciproco riconoscimento degli Stati contraenti del principio di «sovranità sullo spazio aero»

sovrastante i rispettivi territori nazionali. Al riguardo, cfr., AGO, Stati e altri enti (soggettività

internazionale), in Nuovissimo digesto italiano, XVIII, 1971, p. 194 ss.

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Ciò premesso, anche se in alcuni casi si parla di atti con efficacia

obbligatoria, detta efficacia va intesa non nel senso che tali atti creerebbero

nuovi rapporti di diritto-obbligo perché previsti come fatti di produzione

giuridica dai patti istitutivi80, ma nel senso invece che, pur operando essi

esclusivamente come fatti giuridici a cui l’accordo attribuisce determinati

effetti, nel caso degli atti vincolanti, l’effetto è quello di concretare,

attraverso il contenuto della decisione, il contenuto dell’obbligo

astrattamente previsto ovvero di chiarire la portata di un obbligo già

determinato nell’accordo o, ancora, di precisarne i termini di applicazione

e, quindi di stabilire, con la decisione, il comportamento che dovrà essere

tenuto dagli Stati membri.

3) Le decisioni.

Passando alla disamina delle disposizioni della Convenzione di

Chicago, nell’ambito della categoria delle decisioni il cui contenuto, come

abbiamo visto in precedenza, vale a determinare il contenuto dell’obbligo

statutario astrattamente previsto, possiamo distinguere due ipotesi: la prima

80 ARANGIO-RUIZ, Rapporti contrattuali, op. cit., p. 129; Ib., The normative Role, of the General

Assembly of the United Nations and the Declaration of Principles of Friendly Relation, in Recureil des

cours de l’Accadèmie de droit international de La Haye, 1972, III, p.137, 1974, p. 723.

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riguarda gli atti che prevedono un obbligo di risultato per gli Stati membri

senza alcun riferimento ai mezzi che essi devono adottare affinché

l’obbiettivo richiesto possa essere effettivamente realizzato; la seconda

ipotesi riguarda, invece, il caso in cui l’obbligo previsto dalla decisione

riguarda proprio il modo di essere o di atteggiarsi degli ordinamenti interni

degli Stati. Si tratta, in altri termini, di norme che obbligano o autorizzano

gli Stati a cui si indirizzano a conferire un dato modo di essere ai propri

ordinamenti interni mediante l’emanazione o meno di date norme, ovvero

ad esplicare o meno una data attività amministrativa o giudiziaria 81.

Considerato, inoltre, un altro aspetto delle decisioni che pongono

obblighi di risultato, questi possono avere, a seconda dei casi, carattere

strumentale ovvero carattere sostanziale rispetto agli obiettivi che la

cooperazione internazionale si prefigge mediante l’adesione degli Stati

all’Accordo istitutivo dell’Organizzazione82.

81 Cfr., MORELLI, Nozioni, op. cit., p. 60; Nel Sixiéme rapport sur la responsabilité des Etats,

Commisssion du droit international, doc. A/CN. 4/302 et Add. I à 3, in Annuarie de la Commission du

droit international, 1977, II, 4 ss., L’AGO ugualmente distingue, sotto l’aspetto indicato, «une

obbligation internationale requérant de l’Etat l’adption d’un comportement spécifiquement déterminé» e

«une obligatio internationale requérant de l’Etat l’obtention d’un résultat».

82 ARANGIO-RUIZ, Rapporti Contrattuali, op. cit., p. 124 ss.

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Al riguardo, concretizza un obbligo di risultato strumentale la

decisione con cui l’Assemblea dispone la ripartizione delle quote di spesa

fra gli Stati membri dell’O.A.C.I., ex art. 61 della Convenzione, o quando

l’Assemblea o il Consiglio dell’O.A.C.I. decidono la composizione

materiale di un certo organo o ne istituiscono uno nuovo (artt. 49 e 55).

Si è, invece, in presenza di un obbligo di risultato sostanziale nel caso

della decisione con cui il Consiglio fissa le modalità generali di

applicazione delle norme della Convenzione di Chicago relative alla

nazionalità e all’immatricolazione degli aeromobili impiegati da aziende di

esercizio internazionali costituite dagli Stati per una gestione in comune di

alcuni servizi aerei 83.

Un altro caso di obbligo di risultato sostanziale, che peraltro interessa

particolarmente l’oggetto del presente studio, è rappresentato dall’adozione

da parte del Consiglio (attraverso una procedura alquanto complessa nella

quale, come vedremo meglio più avanti, è richiesto anche l’intervento degli

Stati membri) degli standards relativi agli aspetti tecnici della navigazione

aerea internazionale, per i quali la Convenzione pone, entro certi limiti,

quella particolare specie di obbligo di conformità delle legislazioni

nazionali dei singoli Stati membri.

83 Vedi, le disposizioni del cap. III della Convenzione di Chicago relative alla nazionalità degli

aeromobili.

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4) Le Raccomandazioni.

Per quanto attiene invece agli atti non vincolanti adottati dagli

organi dell’O.A.C.I. e che, analogamente agli atti di altre organizzazioni

internazionali, vengono solitamente denominati col termine di

«raccomandazioni»84, va precisato che essi talvolta, allo stesso modo delle

decisioni, costituiscono semplicemente fatti giuridici in senso stretto a cui la

Convenzione attribuisce determinati effetti che non si concretizzano mai

nell’obbligo di attuare quanto in essi stabilito ma, piuttosto, nella

realizzazione di una condizione al cui verificarsi scatta un obbligo statutario

di contenuto diverso da quanto richiesto nella raccomandazione85.

84 MALINTOPPI, Le raccomandazioni internazionali, Milano, 1958, p. 10.

85 E’ possibile, pertanto estendere alle raccomandazioni dell’O.A.C.I. la distinzione applicata da una

parte della dottrina alle raccomandazioni delle organizzazioni internazionali e riferita, in particolare, alla

distinzione fra le raccomandazioni a cui singole disposizioni statutarie attribuiscono determinati effetti e

quelle alle quali si ritiene possibile ricollegare la violazione del generico obbligo di cooperazione

contenuto in ogni accordo istitutivo di una organizzazione internazionale, violazione che per il Malintoppi

si realizzerebbe, ad esempio, nel caso di un «sistematico rigetto da parte di uno Stato membro delle

raccomandazioni indirizzate ad esso, isolatamente o congiuntamente con altri Stati», rigetto che «pone in

essere indubbiamente una situazione incompatibile... con quell’obbligo di cooperazione». Al riguardo,

cfr., MALINTOPPI, Le Raccomandazioni, op. cit., p. 3 e 25.

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In altri casi le raccomandazioni sono contemplate da una norma della

Convenzione come uno degli elementi 86, fra i tanti, idonei e sufficienti a

determinare eventuali effetti indiretti implicitamente previsti da altre norme

delle Convenzione medesima 87 .

In tale contesto, è possibile ravvisare un eventuale effetto indiretto

nelle raccomandazioni di cui agli artt. 15 e 25 della Convenzione

dell’O.A.C.I..

Infatti, la prima norma, nel porre il principio di non discriminazione

nell’utilizzo degli aeroporti e delle relative installazioni e servizi di

navigazione aerea nonché negli oneri imposti o autorizzati per l’uso di tali

aeroporti, installazioni e servizi, dispone che gli Stati sono tenuti a

pubblicare e a comunicare all’Organizzazione gli oneri predetti che, a

richiesta di uno Stato interessato, possono essere sottoposti all’esame del

Consiglio che in proposito predisporrà un rapporto indirizzando

raccomandazioni agli Stati interessati

L’art. 25, relativo alle misure di assistenza e soccorso per gli

aeromobili in stato di distress (searce and resque operations), stabilisce

86 Cfr., MORELLI, Nozioni, op. cit., p. 269, per la nozione di fatto giuridicamente rilevante e

MALINTOPPI, Le Raccomandazioni, op. cit., p. 25 ss., con particolare riguardo al problema specifico

delle raccomandazioni prive di effetti diretti . 87 MALINTOPPI, Le Raccomandazioni, op. ult. cit., p. 223 ss., 45 ss. e 312 ss.

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che «ogni Stato contraente che abbia intrapreso ricerche di aeromobili

scomparsi collaborerà a quelle misure coordinate che possano essere

raccomandate di volta in volta in applicazione della presente Convenzione».

Dato che nelle due norme suddette nulla è detto in proposito agli atti

ivi previsti e, in particolare, ai loro effetti, è da ritenere che tali

raccomandazioni non hanno alcun effetto diretto o, tutt’al più, in

connessione con i comportamenti degli Stati che sistematicamente ne

rifiutino l’osservanza, quello indiretto della violazione del generico obbligo

di cooperazione posto dalla Convenzione di Chicago.

Altro caso in cui, se uno Stato membro non si attiene a quanto

previsto in una raccomandazione, è possibile riscontrare una violazione del

generico obbligo di cooperazione è riconducibile alle norme relative

all’adozione da parte del Consiglio del cosiddette «pratiche e procedure

raccomandate», tenuto conto del fatto che alcune delle disposizioni della

Convenzione che espressamente le prevedono, accomunando peraltro nella

formulazione le pratiche, le procedure e gli standards, impegnano gli Stati

membri a fare il possibile per conformare i propri ordinamenti interni al

contenuto di tutta la normativa tecnica stabilita dagli organi dell’O.A.C.I.,

prevedendo, altresì, il controllo dell’Organizzazione sulla «non applica-

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zione» di tali raccomandazioni, anche se nel caso di specie viene ad essere

escluso possa trattarsi di violazione della Convenzione (art. 54, lett.f).

Parte della dottrina88 ravvisa un ulteriore effetto diretto nelle

raccomandazioni contemplate nell’art. 94, comma 2, che attribuisce

all’Assemblea la competenza a raccomandare agli Stati la ratifica di

emendamenti da essa approvati nonché la competenza a mettere in

questione l’opportunità che lo Stato che non abbia ratificato, entro un

termine stabilito, un emendamento ritenuto importante, mantenga lo status

di membro dell’Organizzazione.

Le raccomandazioni in questione tuttavia non costituiscono la

condizione perché scatti un qualche obbligo a carico degli Stati, bensì esse

hanno il solo effetto di concretare il più volte citato generico obbligo di

cooperazione. Restando però lo Stato del tutto libero di ratificare o meno

l’emendamento in questione, l’atto che ne raccomandi la ratifica non pone

in capo ad esso alcun obbligo particolare, rappresentando l’atto suddetto

insieme al comportamento degli Stati che rifiutino la ratifica

dell’emendamento la condizione perché gli altri Stati membri ritirino in

consenso ad essere vincolati dalla Convenzione di Chicago nei confronti dei

primi.

88 LATTANZI, Organizzazione, op. cit., p. 242.

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Infine, sebbene si parli89 di un ulteriore competenza a indirizzare

raccomandazioni agli Stati da parte degli organi dell’O.A.C.I. con

riferimento alle ipotesi disciplinate dagli artt. 69 e 78, viene osservato90

che gli atti specificamente designati come raccomandazioni dall’art.69 non

sono vere è proprie raccomandazioni, ma tutt’al più proposte di

arrangement presentate dal Consiglio agli Stati interessati, una volta

accertata da parte del Consiglio, previe apposite consultazioni con gli Stati

medesimi, l’insufficienza delle cosiddette «facilitazioni» approntate da uno

Stato per il regolare svolgimento della navigazione aerea, finalizzate alla

ricerca di un soluzione adeguata alle circostanze che poi, a norma dell’art.

70 della Convenzione, potrà formare oggetto di un accordo ad hoc

concluso tra lo Stato e il Consiglio.

Che non si tratti di una raccomandazione, nel senso solitamente

attribuito a tale espressione dalla dottrina e dalla prassi delle organizzazioni

internazionali, ma di una proposta di arrangement lo si deduce dalla ratio

dello stesso art. 69 che, nella parte finale, prevede che «nessuno Stato

contraente sarà considerato colpevole di infrazione alla presente

Convenzione qualora manchi di eseguire tali raccomandazioni». Ciò non

89 MALINTOPPI, Le raccomandazioni, op. cit., p 327 ss. 90 LATTANZI, Organizzazione, op. cit., p. 242.

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può che avere l’unico significato che il non attenersi da parte degli Stati

membri a quanto stabilito negli atti contemplati in questa disposizione, oltre

ad essere privo di qualsiasi effetto diretto, non comporta neppure la

violazione del generico obbligo di cooperazione91.

In quanto poi all’art. 78, relativo alla costituzione e al funzionamento

di organismi di gestione in comune e di servizi in pool, è stabilita la

Competenza del Consiglio a «suggerire agli Stati contraenti interessati di

formare organizzazioni congiunte per l’esercizio di servizi aerei su qualsiasi

rotta od in qualsiasi regione». Da ciò si deduce che anche questi atti,

mancando dell’effetto indiretto che qualche autore, invece, ravvisa

sussistere 92, a nostro parere non possono qualificarsi come delle vere

raccomandazioni, dato che con l’uso del termine «suggerire» 93 si è voluto,

verosimilmente, attribuire ad essi una valenza minore rispetto a quella che

91 Il Malintoppi ritiene tale eccezione all’effetto che consegue alla inosservanza delle raccoman-dazioni

(violazione del generico obbligo di cooperazione) come una conferma della validità sua teoria

(MALINTOPPI, Le Raccomandazioni, op. cit., p. 328 nt. 25 e 294, nt.100).

92 Le ipotesi disciplinate dall’art. 78 della Convenzione di Chicago sono viste come raccomandazioni da

MANIN, L’Organisation de l’aviation civile internationale, Paris, 1970, p. 250 ss.

93 Il verso «recommend» era contemplato nel progetto di art. IX proposto da Stati Uniti, Canada, e Regno

Unito di Gran Bretagna e articolato in tre commi. Esso, nella stesura definitiva dell’art, 78, veniva

sostituito dal verbo «suggest» e i tre commi divenivano rispettivamnete gli artt. 77, 78 e 79.

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attiene al termine raccomandazione che, invece, era stato espressamente

utilizzato nella prima stesura dell’art. 78.

Possiamo concludere che, sebbene in pochissimi casi la Convenzione

di Chicago citi espressamente le raccomandazioni, non possiamo di certo

escludere l’esistenza di una competenza generica degli organi dell’O.A.C.I.

ed in particolare dell’Assemblea e del Consiglio ad emettere

raccomandazioni anche al di fuori dei casi espressamente specificati dalla

Convenzione, essendo tale competenza generica a raccomandare

implicitamente prevista nell’art. 44 della Convenzione.

Infatti, come sostenuto da alcuni autori ed in particolare dal

Malintoppi94, l’art. 44 della Convenzione di Chicago attribuisce

all’Organizzazione compiti estremamente vasti che rischierebbero di

rimanere inattuati qualora la competenza a raccomandare degli organi

dell’O.A.C.I. fosse limitata ai casi esplicitamente disciplinati dalla

Convenzione, ivi compresi quelli relativi all’adozione degli standards e

delle pratiche raccomandate, che pur toccando molti aspetti tecnici della

navigazione aerea, non possono certamente coprire tutti i campi contemplati

dall’art. 44.

94 MALINTOPPI, Le Raccomandazioni, op. cit., p. 295 ss.

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A tal riguardo è da condividere l’opinione che, in tema di competenza

ad emanare raccomandazioni generiche desumibile dai criteri generali della

Convenzione di Chicago fortemente ispirati ad una larga distinzione di

funzioni tra i due organi principali, ritiene che essa spetti tanto

all’Assemblea quanto al Consiglio.95

5) La revisione della Convenzione di Chicago

Un particolare accenno merita la procedura di emendamento della

Convenzione di Chicago. Essa è descritta dall’art. 94 che, peraltro, non

pone alcuna distinzione, ai fini della revisione, tra disposizioni di carattere

normativo e quelle, invece, concernenti l’istituzione dell’Organizzazione96.

Tale norma prevede che qualsiasi proposta di emendamento della

Convenzione deve essere approvata dall’Assemblea generale dell’O.A.C.I.

con una maggioranza di due terzi dei suoi componenti. L’Assemblea fissa

anche il numero minimo delle ratifiche necessario per l’entrata in vigore

dell’emendamento, numero che, comunque, non può essere inferiore ai due

95 MALINTOPPI, Le Raccomandazioni, op. cit., p. 297, nt. 107. 96 LATTANZI, Organizzazione, op. cit., p.245 ss.

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terzi degli Stati membri e che, una volta raggiunto, fa scattare l’entrata in

vigore dell’emendamento medesimo per gli Stati che lo hanno ratificato.

Come già precisato in tema di espulsione, l’Assemblea può stabilire,

nella risoluzione che approva l’emendamento, che uno Stato che ometta di

ratificarlo entro un termine appositamente fissato decade ipso facto dalla

qualità di membro dell’Organizzazione e parte della Convenzione 97.

Sempre in merito al tema della procedura di emendamento della

Convenzione, si segnala la delicata questione interpretativa legata

all’infelice redazione dell’art. 94, dalla cui lettera, e in particolare l’inciso

«nei confronti degli Stati che l’hanno ratificato», parrebbe derivare la

conseguenza che, una volta raggiunto il numero di ratifiche minimo stabilito

dall’Assemblea, l’emendamento svolgerebbe i suoi effetti esclusivamente

nei riguardi degli Stati membri che lo abbiano ratificato, mentre per quegli

97 Nei nove casi di emendamenti della Convenzione di Chicago finora approvati dall’Assemblea generale

dell’O.A.C.I. tale misura non è mai stata adottata. A tutt’oggi, sono stati adottati i seguenti emendamenti:

art. 49, punto e., che, conseguentemente, fa ora riferimento a bilanci annuali e non più a un bilancio

annuale; art. 50, punto a., più volte modificato per permettere l’adeguamento dei membri del Consiglio

all’aumento dei membri dell’Organizzazione; art. 61 che come l’art. 49, punto e., faceva riferimento al

bilancio annuale; art. 93-bis, che è stato aggiunto nel 1947, ma è entrato in vigore nel 1961, a seguito

dell’istituzione delle Nazioni Unite al fine di legare le sorti di membro dell’O.A.C.I. a quelle di membro

delle Nazioni Unite; l’art. 83-bis, introdotto nel 1980 e relativo al trasferimento di alcune funzioni e

obbligazioni dagli Stati di immatricolazione agli Stati di esercizio degli aeromobili (banalizzazione); art.

3-bis, introdotto nel 1984, che ha codificato la norma consuetudinaria dell’interdizione al ricorso dell’uso

della forza contro gli aeromobili civili. Crf., LATTANZI, Organizzazione, op. cit., p. 246; DUCREST,

Une nouvelle, op. cit., p. 34.

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Stati che non abbiano provveduto in tal senso permarrebbero in vigore le

vecchie disposizioni della Convenzione nella versione non emendata 98.

Al riguardo è da ritenere99 che, alla stregua dei criteri di

interpretazione sistematica, la norma in questione vada inserita nel quadro

normativo generale della Convenzione di Chicago operando, se del caso,

una distinzione fra disposizioni che si riferiscono direttamente ad obblighi e

diritti individuali degli Stati e disposizioni che concernono, invece, la

struttura istituzionale dell’Organizzazione, come quelle relative alla

composizione di certi organi100.

Appare, infatti, del tutto illogico ed inimmaginabile, per quest’ultimo

tipo di disposizioni, la coesistenza di due diversi regimi organizzativi che

facciano supporre in vigore la medesima disposizione sia nella versione

emendata, valida per gli Stati che hanno proceduto alla ratifica, e sia nella

98 Cfr., in particolare, MATEESCO MATTE, Traitè de droit aérien aèronautique, III, Paris, 1980.

Secondo questo autore, in tutti i casi di emendamento della Convenzione di Chicago, la versione non

emendata permane in vigore per quegli Stati che non hanno accettato l’emendamento stesso; contra:

LATTANZI, Organizzazione, op. cit., p. 245 e SCIOLLA LAGRANGE, Organizzazione, op. cit., p. 5.

99 Cfr., LATTANZI, Organizzazione, op. ult. cit., p. 245 ss.; SCIOLLA LAGRANGE, Organiz-

zazione, op.ult. cit., p. 5.

100 Cfr., DUCREST, Une nouvelle, op. cit., p. 37 ss.

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versione non emendata, valida per gli Stati che non hanno accettato la

modifica medesima 101.

L’Assemblea dell’O.A.C.I., sin dalle sue prime sessioni, si è occupata

della questione relativa all’interpretazione dell’art. 94 della Convenzione e

non essendo pervenuta ad alcuna soluzione soddisfacente decideva di

mantenere lo status quo richiedendo un apposito parere al Comitato

giuridico dell’O.A.C.I. relativamente ad alcune proposte di revisione della

procedura di emendamento della Convenzione, in attesa della cui

formulazione venne adottata una moratoria della durata di tre anni ( dal

1947 al 1950) 102.

Nel 1950, scaduta la moratoria, l’Assemblea generale dell’O.A.C.I.,

in occasione della sua quarta sessione, ha ritenuto che non fosse necessario

procedere all’emendamento dell’art. 94 pervenendo, quindi, all’adozione

101 La questione si è posta soprattutto con riferimento agli emendamenti dell’art. 50, comma 1, della

Convenzione che fissa la composizione del Consiglio, passata dagli iniziali ventuno membri agli attuali

trentatré membri, dovendosi così ritenere, stando alla lettera dell’art. 94, che solo per gli Stati ratificanti

gli emendamenti sia di volta in volta cambiata la maggioranza dalla quale dovevano essere adottate le

decisioni del Consiglio. Cfr., MANKIEWICZ, Augmentation du nombre des membres du Conseil de

l’O.A.C.I., in Annuarie francais de droit international, 1976, p. 445.

102 Cfr., PHILLIPS, Constitutional Revision in the Specialized Agencies, 1968, AJIL, p. 667.

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della risoluzione A 4-3 titolata «Policy and Program for Amending the

Convention»103.

In base ai contenuti di tale risoluzione l’art. 94 va ora letto nel senso

che la revisione della Convenzione è giustificata a condizione che

l’esperienza dimostri che l’emendamento sia possibile e auspicabile.

L’Assemblea, in tale circostanza, interpretando la norma in argomento e

colmando alcune lacune della Convenzione la quale, nel prevedere all’art.

49, lett. f, tra i compiti dell’Assemblea quello di esaminare le proposte di

revisione della Convenzione, non stabilisce da chi le proposte possano

venire, ha affidato l’iniziativa di tale proposta sia ad ogni Stato contraente

(che dovrà sottoporla per iscritto al Consiglio almeno sei mesi prima

dell’apertura della sessione dell’Assemblea alla quale sarà presentata) e sia

al Consiglio, nel caso in cui questo organo giudichi urgente l’emendamento.

La risoluzione, inoltre, privilegia il metodo di revisione a mezzo di

emendamenti specifici escludendo quello della revisione generale.

Ora, il fatto che l’Assemblea non ha mai dato attuazione alle

previsioni dell’art. 94, anche quando sono stati approvati emendamenti

importanti come quelli relativi alla composizione dei certi organi e che

103 Vedi, Risoluzione O.A.C.I., A 4-3, Doc. O.A.C.I. 9602 (1950); STACY, Excerpts from Report of

U.S. Delegation to the Fourth Session of the ICAO Assembly, 1950, in J. Air. L. & Comm., p. 318.

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formalmente avrebbero trovato applicazione solo per gli Stati ratificanti,

mantenendo in vigore, invece, le vecchie disposizioni non emendate per altri

Stati, porta a ritenere che l’atteggiamento di fatto tenuto in seno

all’Organizzazione dagli Stati che non hanno ratificato tali emendamenti, e

che peraltro non si sono opposti al nuovo funzionamento dei diversi organi,

vale come manifestazione tacita del consenso e l’O.A.C.I. svolge ormai le

sue funzioni, e non potrebbe essere altrimenti, conformemente alle

disposizioni emendate 104.

In merito alla natura della funzione svolta in questo campo

dall’Assemblea, è dottrina pacifica105 che quest’organo nell’espletamento di

tale compito non crei affatto norme internazionali vincolanti per gli Stati

membri, rappresentando al più essa un’attività prodromica di elaborazione

materiale e autenticazione di un emendamento che sarà poi oggetto delle

ratifiche degli Stati. In definitiva, possiamo affermare che l’approvazione

104 Nella prassi dell’O.A.C.I., pertanto, si verifica che la minoranza degli Stati, pur eventualmente non

concordando con l’emendamento, è per così dire costretta a manifestare questo tacito consenso avendo

essa interesse di continuare a far parte dell’Organizzazione. Sembrerebbe, quindi, in questo caso verificarsi

quel fenomeno di cui parla il BARILE a proposito della formazione di determinate norme di diritto

spontaneo che nascono per il manifestarsi di quelle che egli chiama le «volontà atipiche», e cioè «le

volontà politiche informali costituite da quelle degli Stati che impongono i loro interessi a quelle degli altri

Stati che si adeguano più o meno spontaneamente» (Lezioni di diritto internazionale, Padova, 1977, p.

47).

105 Cfr., LATTANZI, Organizzazione, op. cit., p. 246.

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dell’emendamento da parte dell’Assemblea costituisce esclusivamente il

presupposto delle successive manifestazioni di volontà degli Stati.

6) Gli Organi principali, sussidiari e periferici dell’O.A.C.I.

Conformemente alle finalità e all’oggetto della presente indagine, ci

limiteremo ad analizzare sommariamente i caratteri e le funzioni dei vari

organi dell’O.A.C.I., distinti in organi principali e sussidiari.

Organi principali dell’O.A.C.I. sono l’Assemblea generale ed il

Consiglio. Della prima, a cui spettano i massimi poteri decisionali e la

determinazione della politica generale dell’Organizzazione, fanno parte tutti

gli Stati membri dell’Organizzazione, che si riuniscono di norma ogni

triennio106, ed essa è validamente costituita qualora sia presente la

maggioranza dei rappresentanti degli Stati membri.

106 La Convenzione di Chicago prevedeva originariamente sessioni annuali, ma avendone la prassi

dimostrato l’inutilità, in seguito all’emendamento adottato nel 1954, essa si riunisce ogni tre anni, potendo

tuttavia essere convocata in sessione straordinaria in ogni momento dal Consiglio o su richiesta del

Segretario Generale approvata da un quinto degli Stati membri ( Assemblee straordinarie si sono riunite a

Montreal nel 1970, a New York nel 1971, a Roma nel 1973 e ancora a Montreal nel 1990 in occasione

del conflitto Iran – Iraq). La modifica intervenuta nella frequenza delle riunioni dell’Assemblea trova

giustificazione nell’incisivo lavoro svolto dal Consiglio, grazie al quale, dopo meno di un decennio di

esperienza, gli Stati membri ebbero modo di constatare come tale organo, oltre che a dimostrarsi

ampiamente rappresentativo dei diversi interessi degli Stati, assicurava comunque un costante impegno

nella attuazione delle finalità della Convenzione. Infatti, a seguito del consolidamento del ritmo triennale

per le riunioni dell’Assemblea, venne per quest’ultima ad accentuarsi il carattere di organo direttivo

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Oltre alle competenze riconosciute dalla Convenzione istitutiva (artt.

48 e 49), all’Assemblea competono, per esclusione, tutte quelle funzioni che

non siano specificatamente attribuite al Consiglio (da art. 50 a art 55) , al

quale, peraltro, l’Assemblea può, ex art. 49, lett. f, delegare tutte quelle

funzioni necessarie per il disimpegno dei compiti e il perseguimento delle

finalità dell’Organizzazione.

In dottrina 107 si è sostenuto che i due organi, pur avendo distinti e

autonomi campi di attribuzione, hanno uno stretto rapporto funzionale per

cui il Consiglio da propulsione all’attività dell’Assemblea la quale, a sua

volta, esercita funzioni di controllo e di alta direzione rispetto all’attività

del Consiglio in tutte quelle attribuzioni per le quali esso è competente a

proporre l’adozione di atti sui quali spetta poi all’Assemblea deliberare.

In base all’art. 49, l’Assemblea nomina il proprio presidente e approva

il regolamento interno con cui disciplina i suoi lavori. Le funzioni di

maggior rilievo assegnate all’Assemblea riguardano le norme disciplinanti

l’elezione dei membri del Consiglio, l’esame dei rapporti di quest’ultimo108,

responsabile delle linee generali della politica, mentre il Consiglio assunse sempre più la responsabilità del

perseguimento degli obiettivi dell’Organizzazione.

107 Cfr., GIANNINI, Funzioni, op. cit., p. 55.

108 L’art. 49, lett. c, della Convenzione stabilisce: «The Assembly examine and take appropriate action

on the reports of the Council and decide on any matter referred to it by the Council».

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l’approvazione del bilancio, la verifica e la ripartizione delle spese fra gli

Stati membri, l’adozione degli accordi internazionali previsti dal Capitolo

XIII della Convenzione109, l’esame delle proposte di emendamento alla

Convenzione istitutiva e la creazione di tutti gli organi sussidiari che essa

ritenga opportuno istituire.

E’ proprio sulla base di quest’ultima competenza che essa determina,

per ogni sessione, la creazione di apposite commissioni sussidiarie (il

Comitato esecutivo, la Commissione tecnica, la Commissione economica e

la Commissione amministrativa e, se necessario, la Commissione giuridica)

e, in particolare, l’istituzione della Conferenza di navigazione aerea e della

Riunione speciale che sono organi non permanenti, ma convocabili ad hoc,

che provvedono all’elaborazione degli standards e delle pratiche

raccomandate.

L’Assemblea può richiedere al Consiglio e agli atri organi

dell’O.A.C.I. di svolgere le attività che ritenga opportuno delegare loro e,

ovviamente, revocare o modificare tali deleghe.

109 L’art. 64 della Convenzione, in particolare, affida all’Assemblea il compito di concludere accordi

«with respect to air matters within its competence directly affecting world security, by vote of the Assembly

enter into appropriate arrangements with any general organization set up by the nations of the world to

preserve peace».

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Essa ha infine il potere di sospendere un Stato dal diritto di voto e ciò

nei due casi contemplati dagli artt. 62 e 88, diversi in quanto ai

presupposti del loro esercizio e alla natura degli effetti conseguenti110.

La continuità dell’attività dell’Organizzazione è assicurata dal

Consiglio che è un organo esecutivo permanente formato da trentatre Stati

eletti per un triennio dall’Assemblea111.

Le sue funzioni si dividono in obbligatorie e facoltative (mandatory

and permissive), disciplinate rispettivamente dagli artt. 54 e 55 della

Convenzione.

Rientrano tra le prime le funzioni organizzative112, amministrative113,

informative114, di sorveglianza dell’esecuzione della Convenzione e di

110 In base all’art. 62, l’Assemblea può sospendere (may suspend) dal diritto di voto uno Stato che non

faccia fronte, in un termine ragionevole, ai propri obblighi finanziari verso l’Organizzazione. In questo

caso di sospensione facoltativa del diritto di voto, l’Assemblea opera una valutazione discrezionale circa

l’opportunità di adottare o meno tale misura. Nel caso, invece, di sospensione del diritto di voto

disciplinato dall’art. 88, l’Assemblea deve provvedere alla sospensione (shall suspend) di quello Stato

che, esaurita la procedura contenziosa prevista dall’art. 84 relativa all’interpretazione a all’applicazione

della Convenzione, non si adegui alle decisioni adottate al riguardo dall’Assemblea stessa. In questo caso

si tratta appunto di una decisione obbligatoria conseguente all’accertamento della violazione di precedenti

obblighi a carico degli Stati membri fissati dal patto istitutivo.

111 I membri del Consiglio dell’O.A.C.I. sono stati portati a 33 sulla base della Risoluzione assembleare

A21-2 dell’ottobre 1974, modificativa dell’art. 50, lett. a, della Convenzione.

112 Il Consiglio dell’O.A.C.I., oltre che dare esecuzione alle direttive dell’Assemblea, adotta le regole di

procedura necessarie per lo svolgimento dei propri lavori, provvede alla nomina del Segretario generale,

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carattere normativo per quanto riguarda l’adozione degli Allegati tecnici.

Rispetto a quest’ultima funzione l’art. 54, lett. l, della Convenzione

stabilisce che il Consiglio deve: «adottare, in applicazione delle

disposizioni del Capitolo VI della Convenzione, gli standars

internazionali e i sistemi pratici raccomandati; disporli, per comodità,

come Allegati tecnici alla Convenzione; notificare a tutti gli Stati

contraenti le misure prese» .

Le funzioni facoltative svolte dal Consiglio dell’O.A.C.I., disciplinate

dall’art. 55, riguardano principalmente le materie di studio e di ricerca

preliminari di tutti gli aspetti dell’attività dell’Organizzazione115,

del Comitato del trasporto aereo e all’istituzione della Commissione di navigazione aerea di cui esamina

le eventuali raccomandazioni per l’introduzione di emendamenti agli annessi.

113 La gestione delle finanze dell’Organizzazione è appunto affidata alla responsabilità del Consiglio.

114 Nell’espletamento di tale funzione del Consiglio sottopone rapporti annuali all’Assemblea (sebbene

l’Assembla si riunisca ogni tre anni i rapporti vengono redatti annualmente ed inviati agli Stati membri),

raccoglie e pubblica informazioni sul progresso della navigazione aerea e sull’esercizio dei servizi aerei

internazionali, segnala agli Stati contraenti e all’Assemblea eventuali infrazioni alla Convenzione.

115 Le attività di studio, ricerca e documentazione, pur avendo una loro autonomia e realizzando uno

degli scopi istituzionali dell’O.A.C.I., sono strumentali rispetto alla maggior parte delle altre attività

dell’Organizzazione e, come in tutte le altre organizzazioni internazionali dello stesso tipo, esse assumono,

di anno in anno, un rilievo sempre crescente. L’acquisizione di dati tecnici e statistici è, infatti, una

conditio sine qua non per qualsiasi intervento, a qualsiasi livello, sia nel campo della navigazione che dei

trasporti aerei. Inoltre, è proprio sulla base dei contenuti di tale attività di studio, ricerca e documentazione

che il Consiglio formula le relative proposte che vanno a formare oggetto dei rapporti annuali presentati

poi all’Assemblea. Peraltro, la maggior parte delle Risoluzioni che l’Assemblea adotta dipende proprio dal

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l’istituzione di Commissioni subordinate di trasporto aereo a livello

regionale, la designazione di gruppi di Stati o di imprese per la gestione in

pool di servizi necessari alla sicurezza della navigazione aerea

internazionale, la eventuale delega di funzioni alla Commissione di

Navigazione aerea e, infine, l’espletamento, a domanda di uno Stato

membro, di inchieste su situazioni ritenute pregiudizievoli per lo sviluppo

della navigazione aerea, sul cui esito il Consiglio provvede, poi, alla stesura

e alla pubblicazione di appositi rapporti.

Inoltre, l’art. 65 della Convenzione116, prevede che il Consiglio può

concludere, a nome dell’O.A.C.I. e previa deliberazione dell’Assemblea,

accordi con altre organizzazioni internazionali per il mantenimento di

determinati servizi in comune o per regolare questioni attinenti al personale

e per tutte quelle materie che possano facilitare il lavoro

dell’Organizzazione.

contenuto di questi rapporti e dalle proposte che da essi potranno essere tratte. (Vedi, artt. 54, lett. i, e 55,

lett. d, della Convenzione). A proposito della funzione di studio, informazione e preparazione delle

organizzazioni internazionali in genere, cfr., AGO, Considerazioni, op. cit., p. 538 ss.

116 E’ in virtù di tale possibilità che il Consiglio ha concluso accordi di cooperazione e consulenza per

la realizzazione degli scopi istituzionali in ambiti regionali particolari, nel settore soprattutto

dell’organizzazione e del miglioramento del trasporto aereo, con organizzazioni internazionali quali la

C.E.A.C.(Commissione europea dell’aviazione civile), la C.AF.A.C (Commissione africana dell’aviazione

civile), il C.A.C.A.S. (Consiglio dell’aviazione civile araba) e la C.L.A.A.C. (Commissione latino-

amiricana dell’aviazione civile).

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Per la composizione del Consiglio dell’O.A.C.I., l’art. 50 della

Convenzione prevede che l’Assembla, nel procedere all’elezione dei relativi

membri, dia prevalenza a criteri di rappresentanza che assicurino la

partecipazione alle deliberazioni dell’organo degli Stati membri più

importanti in materia di trasporto aereo, di quelli che contribuiscono

maggiormente alle infrastrutture in materia di navigazione aerea

internazionale e, infine, degli Stati la cui designazione garantisca la

presenza in seno al Consiglio dei rappresentanti delle principali regioni

geografiche mondiali.

In ogni caso, l’affermazione contenuta nell’art. 50 della Convenzione,

secondo cui il Consiglio risponde all’Assemblea, nonché la natura delle

attribuzioni che gli sono conferite, dimostrano che questo organo, pur

essendo composto dai rappresentanti di determinati Stati membri, deve agire

non già nell’interesse degli stessi, bensì in quello di tutti gli Stati membri e

della Organizzazione in quanto tale.

La presidenza del Consiglio non è affidata ad un rappresentante degli

Stati membri, bensì ad una personalità indipendente che, ai sensi dell’art.

59, assume carattere internazionale e, come il Segretario generale, deve

astenersi dal sollecitare od accettare istruzioni da autorità esterne

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all’Organizzazione ovvero dal governo dello Stato d’origine. Egli, peraltro,

non ha diritto di voto nelle deliberazioni del Consiglio.

Passando all’esame degli organi sussidiari dell’O.A.C.I., va osservato

che l’Organizzazione per l’aviazione civile internazionale assume una

particolare caratterizzazione in virtù dell’attività svolta in seno alla

medesima da tali organi. La Commissione per la navigazione aerea, formata

da 14 membri eletti dal Consiglio ed aventi una particolare competenza ed

esperienza nella tecnica aeronautica, la quale si occupa, oltre che di

questioni prettamente tecniche relative a tutti gli aspetti della navigazione

aerea, dell’esame dei cosiddetti Allegati tecnici contenenti gli standards e le

procedure raccomandate, al fine di sottoporre al Consiglio l’approvazione di

eventuali modifiche e innovazioni117. Il Comitato per i trasporti aerei, che

può essere considerato un’emanazione diretta del Consiglio essendo

composto dai suoi membri e di cui la Convenzione non determina il

117 In particolare, per quanto riguarda l’adozione e la modifica degli allegati tecnici alla Convenzione, la

Commissione per la navigazione aerea, a norma dell’art. 57 della Convenzione, deve: « esaminare e

raccomandare al Consiglio, per la adozione, le modifiche da apportare agli allegati alla presente

Convenzione ». Essa opera mediante una articolata struttura interna composta da undici divisioni

specializzate: AGA - Aerodromes, Air Routes and Ground Aids; AIG - Aircraft Accident

Investigation; AIR - Airworthiness, AIS - Aeronautical Information Service; COM - Communications;

MAP - Aeronautical Charts; MET - Meterology; OPS - Aircraft Operation; PEL - Personnel

Licensing; RAC - Rules of the Air and Air Traffic Control; SAR - Search and Rescue. Cfr., LE GOFF,

Activité des devisions techniques au sein de l’O.A.C.I., in Rev. gén. air., 1951, p. 419 ss.

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numero118. Esso esplica essenzialmente funzioni economiche in materia di

organizzazione e sfruttamento dei servizi di trasporto aereo

internazionale119. Infine, il Comitato giuridico, non previsto dalla

Convenzione, è stato istituito su Risoluzione dell’Assemblea adottata nella

sua prima sessione del maggio 1947 in sostituzione del C.I.T.E.J.A.120. Ad

esso è stata riconosciuta notevole autonomia che ha avuto modo di

esplicarsi attraverso la sua attività di elaborazione di numerosi progetti di

convenzioni e protocolli internazionali di diritto privato aeronautico,

riguardanti il settore della navigazione e del trasporto aereo, di cui alcuni

118 L’art. 54 della Convenzione stabilisce che: «il Consiglio lo nomina determinando le funzioni e

scegliendone i membri nell’ambito dello stesso Consiglio verso cui i medesimi sono responsabili». La sua

organizzazione interna prevede la Divisione FAL (Facilitazioni) e la Divisione STA (Statistiche). 119 In questa veste il Comitato si occupa anche degli Allegati tecnici che, come il n. 9 relativo alle

facilitazioni del trasporto aereo, toccano questioni legate agli interessi economici degli Stati. Esso, inoltre,

si occupa di tutte le statistiche relative all’aviazione civile, considerata la loro essenziale funzione

informativo/conoscitiva ai fini dei compiti e dell’attività istituzionale dell’O.A.C.I.

120 Cfr., GIANNINI, L’attività svolta dal CITEJA e la sua eredità, in Riv. dir. nav., 1943-48, p. 160;

DE LA PRANDELLE, Le Comité juridique international de l’aviation, in Rev. gén. air., 1948, p. 115;

GULDIMANN, La méthode de travail du Comité juridique de l’O.A.C.I., in Rev. fr. dr. aér., 1960, p. 1

ss.; MANKIEWICZ, O.A.C.I.: The Legal Committee. Ist Organization and Working Method, in Journal

of Air Law and Commerce, 1966, p. 94 ss.

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già adottati dall’O.A.C.I. 121. Il Comitato, inoltre, su richiesta del Consiglio

o dell’Assemblea studia e fornisce pareri sulle questioni di diritto aereo

internazionale «pubblico», sull’interpretazione e sugli emendamenti della

Convenzione di Chicago.

Il Comitato giuridico, pur essendo istituzionalmente collegato

all’O.A.C.I., diversamente dal C.I.T.E.J.A., che come abbiamo visto era del

121 Tra essi meritano menzione: la Convenzione di Ginevra del 19 giugno 1948, sul riconoscimento

internazionale del diritto di proprietà e di altri diritti reali sull’aeromobile, a favore dei titolari di tali diritti

allorché l’aeromobile si trova all’estero (l’adozione dei principi consacrati da questa Convenzione

incentiva i creditori ad offrire la loro collaborazione finanziaria per l’acquisto dell’aeromobile); la

Convenzione di Roma del 7 ottobre 1952 (altra importante Convenzione elaborata dal Comitato giuridico

dell’O.A.C.I., i cui aspetti economici sono stati esaminati anche del Comitato del trasporto aereo e dal

Consiglio dell’O.A.C.I., prima che fosse adottata in seno alla Conferenza di diritto aeronautico tenutasi a

Roma nello stesso anno), concernente i danni causati a tersi sulla superficie dagli aeromobili stranieri (essa

sancisce il principio della responsabilità obbiettiva dell’esercente per i danni causati dai suoi aeromobili

ai terzi sulla superficie, fissando i limiti massimi del risarcimento da pagarsi a questo titolo), che

sostituisce la precedente del 1933; il Protocollo dell’Aja del 28 settembre 1955, aggiuntivo alla

Convenzione di Varsavia del 1929 (il Comitato Giuridico dell’O.A.C.I. ereditò dal C.I.T.E.J.A. il

compito di modificare la Convenzione di Varsavia per ciò che atteneva alla responsabilità del vettore

aereo verso i viaggiatori e gli speditori ed i limiti della sua responsabilità), firmato da una ventina di Stati,

tra cui l’Italia, che ha riaffermato il principio secondo il quale il terzo al suolo che viene danneggiato

dell’esercizio della navigazione aerea deve essere indennizzato, con diritto di azione diretta verso

l’assicuratore, così che egli è garantito anche nei riguardi dell’esercente che intendesse sottrarsi alle sue

responsabilità; la Convenzione di Gadalajara del 18 settembre 1961, relativa all’unificazione di talune

norme concernenti i trasporti internazionali effettuati da un soggetto diverso del vettore contrattuale; la

Convenzione di Tokio del 14 settembre 1963, relativa alle infrazioni e a taluni atti commessi a bordo degli

aeromobili; il Protocollo di Guatemala dell’8 marzo 1971, recante delle modificazioni alla Convenzione di

Varsavia del 1929 e al Protocollo aggiuntivo dell’Aja del 1955, per quanto concerne i passeggeri e i

bagagli; la Convenzione di Montreal del 23 settembre 1973, relativa alla repressione degli atti illeciti

rivolti contro la sicurezza dell’aviazione civile; il Protocollo di Montreal del 25 settembre 1975, recante

alcuni emendamenti alla Convenzione di Varsavia del 1929 e al Protocollo aggiuntivo dell’Aja del 1955.

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tutto autonomo rispetto alla C.I.N.A., è dotato di uno statuto speciale. Esso,

infatti, al contrario di organi sussidiari come la Commissione per la

navigazione aerea e il Comitato del trasporto aereo, non viene nominato dal

Consiglio ma risulta, invece, composto da esperti designati dagli stessi Stati

membri dell’O.A.C.I. e alle sue riunioni possono partecipare, in qualità di

osservatori, anche esperti di Stati non membri.

Tuttavia, il Comitato giuridico soggiace al controllo del Consiglio

dell’O.A.C.I. a cui è commessa la competenza del suo programma di lavoro,

la convocazione e la definizione dell’ordine del giorno delle sue riunioni.

Tra gli organi sussidiari con competenza esecutiva ricordiamo il

Segretario generale che la Convenzione designa come «agente esecutivo

principale». Esso, per l’espletamento della sua attività, si avvale di un

segretariato che risulta composto da un certo numero di funzionari

internazionali. Il Segretario, inoltre, coadiuva il Consiglio nella gestione

delle finanze e delle spese dell’Organizzazione e assicura l’esecuzione delle

decisioni del Consiglio dando le direttive necessarie al Segretariato. Va

notato, comunque, che la direzione dell’Organizzazione è, per così dire,

bicefala, risultando affidata oltre che al Segretario generale, per le funzioni

più propriamente amministrative, anche al Presidente del Consiglio che,

invece, svolge funzioni prevalentemente politiche in qualità di

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rappresentante del Consiglio stesso. Il Presidente del Consiglio è, infatti,

responsabile della condotta dei rapporti con gli Stati membri, con le

organizzazioni internazionali e delle relazioni esterne in genere

dell’Organizzazione.

Oltre agli organi sussidiari già menzionati la cui istituzione e prevista

nel trattato istitutivo, sia l’Assemblea che il Consiglio hanno la facoltà di

istituire Commissioni ed altri organi ad hoc che possano risultare necessari

per il perseguimento degli scopi dell’Organizzazione122.

In tale contesto sono stati istituiti il Comitato del finanziamento

collettivo e il Comitato per la sicurezza, istituiti il primo, nel 1946, onde

dare attuazione alle disposizioni del capo XV della Convezione (vedi infra,

cap. II, § 7) relativo all’assistenza collettiva, ai servizi e alle facilitazioni

della navigazione aerea, il secondo, nel 1970, con il compito di studiare e

proporre soluzioni per la prevenzione e repressione degli atti di terrorismo

contro l’aviazione civile123

122 E’ proprio sulla base dell’esercizio di queste facoltà che si è potuto regolare la questione

dell’avocazione all’O.A.C.I., ed in particolare al Comitato giuridico, della codificazione del diritto

aeronautico privato di cui si è fatto cenno, già di pertinenza della C.I.T.E.J.A..

123 Nel 1974, su iniziativa di questo Comitato, è stato adottato l’Allegato n. 17 sulla “Protezione

dell’aviazione civile internazionale contro gli atti di interferenza illecita” ed è stato pubblicato un

“Manuale di sicurezza per la prevenzione degli atti illeciti contro l’aviazione civile”. Cfr., BOGOLASKY,

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Per completare il quadro dell’apparato istituzionale dell’O.A.C.I.,

osserviamo che questa, per meglio adempiere alla realizzazione dei suoi

scopi istituzionali in ambito regionale e data, peraltro, l’esigenza di adottare

piani regionali che riflettano le diverse esigenze e tengano conto dei

caratteri distintivi dell’attività nel campo aeronautico nelle diverse parti del

mondo, si avvale di un apparato organico periferico e decentrato costituito

dagli Uffici regionali posti a capo delle nove regioni O.A.C.I. in cui è stato

suddiviso l’intero pianeta, e precisamente: NAM (Nord America e Canada);

NAT (Nord Atlantico); CAR (Carabi); SAM (Sud America); EUR (Europa

e Mediterraneo); AFI (Africa e Oceano Indiano); MID (Medio Oriente);

SEA (Sud-Est Asiatico); PAC (Pacifico). Per cui l’Italia rientra sotto la

competenza dell’Ufficio Regionale EUR di Parigi, che ha giurisdizione

sull’Europa.

Questi Uffici regionali svolgono la loro attività a mezzo di riunioni di

esperti124, occupandosi di tutte le problematiche connesse alla ottimiz-

El rol de la O.A.C.I. con respecto a la seguridad de la Aviazion Civil Internacional, in Il diritto aereo,

1978, p. 83 ss.

124 Nel quadro dell’attività svolta da questi uffici regionali, merita menzione l’istituzione, nel 1957, di

una «regione informazione di volo» dell’America centrale (regione di Tegucigalpa) a cui parteciparono

Costa Rica,, Nicaragua, Honduras, Salvador, Guatemala, Honduras britannico, e poi, attraverso la

Convenzione di Tegucigalpa del 25 febbraio 1960, la costituzione di una Conferenza di servizi di

navigazione aerea dell’America centrale con il compito della gestione esclusiva dei servizi di navigazione

aerea, dei servizi di telecomunicazione aeronautica e dell’assistenza alla navigazione aerea.

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zazione dei servizi di assistenza alla navigazione aerea e alla definizione

delle rotte aeree internazionali nelle regioni di loro competenza.

7) L’attività operativa dell’O.A.C.I.

Come abbiamo visto, la materia dei trasporti aerei internazionali,

toccando peculiari interessi economici degli Stati, non ha trovato

soddisfacente regolamentazione multilaterale (vedi, supra, cap. I, § 5),

tuttavia la Convenzione di Chicago, nei capitoli XIV, XV e XVI, contiene

disposizioni che prevedono l’espletamento di una delle funzioni di maggior

rilievo svolta al riguardo dal Consiglio, e cioè l’attività cosiddetta operativa.

Nell’espletamento di tale attività il Consiglio interviene nel campo

della navigazione aerea e, in particolare, del trasporto aereo internazionale,

sia attraverso lo strumento del finanziamento collettivo in aiuto di uno Stato,

sia sostituendosi agli Stati nell’esercizio di attività normalmente gestite da

autorità nazionali, in particolare nella fornitura e nella gestione tecnica,

amministrativa e finanziaria degli aeroporti, degli impianti e servizi della

navigazione aerea in genere, e, in generale, fornendo assistenza agli Stati

che ne facciano richiesta.

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Per meglio comprendere le funzioni svolte in tale materia dal Consiglio

dell’O.A.C.I. è necessario fare riferimento agli obblighi posti dalla

Convenzione a carico degli Stati membri dell’Organizzazione in materia di

“facilitazioni alla navigazione aerea” e, in particolare, a quanto previsto

dall’art. 28, lett. a125.

Poiché, in concreto, l’adempimento dell’obbligo previsto dalla norma

citata avrebbe posto a carico degli Stati membri oneri economici diversi in

dipendenza della collocazione geografica e della particolare posizione

strategica di alcuni di essi (con evidenti svantaggi rispetto ai notevoli ed a

volte difficilmente sostenibili costi di realizzazione delle facilitazioni

medesime), la Convenzione, attraverso il sistema del finanziamento

collettivo126, ha predisposto alcune soluzioni per porre rimedio a tali

diseguaglianze, anche al fine di sopperire a pregiudizievoli inadeguatezze

125 A norma dell’art. 28: «Each contracting State undertakes, so far as it may find practicable, to: a)

Provide, in ist territory, airport, radio services, meteorological services and other air navigation facilities

to facilitate international air navigation in accordance with the standards and practices recommended or

established from time on time, pursuant to this Convention.» 126 In base all’art.69 della Convenzione, nel caso in cui il Consiglio reputi inadeguate la facilitazioni alla

navigazione aera predisposte da uno Stato, sentiti tutti gli Stati interessati, lo stesso Consiglio può

formulare delle Raccomandazioni intese a ricercare un rimedio ragionevole alla situazione. Il rimedio

proposto nella raccomandazione, a norma del successivo art. 70, potrà formare oggetto di un

«arrangement» tra il Consiglio e lo Stato interessato, che potrà scegliere fra il provvedere direttamente alle

spese di adeguamento degli impianti e servizi, ovvero fare ricorso, per il tramite del Consiglio, allo

strumento del finanziamento collettivo totale o parziale.

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tecniche e garantire ovunque un minimo di efficienza degli aeroporti,

impianti e servizi di navigazione aerea.

Infatti, a norma dell’art. 69, nel caso in cui il Consiglio, sulla base

delle informazioni pervenute all’O.A.C.I., giudichi inadeguati «the airports

or other air navigation facilities, including radio and meteorogical services,

of a contracting State are not reasonably adequate for the safe, regular,

efficient, and economical operation of international air services, present or

contemplated, …», questo organo procede alla consultazione di tutti gli Stati

interessati formulando, quindi, delle raccomandazioni per rimediare alle

circostanze del caso. A norma del successivo art. 70, le soluzioni prospettate

in tali raccomandazioni possono formare oggetto di un apposito

«arrangement» tra il Consiglio e lo Stato chiamato in causa, che avrà

facoltà di scelta provvedendo esso stesso alle spese di miglioramento degli

impianti e servizi ovvero fare ricorso, a tal fine, sotto l’egida del Consiglio,

al finanziamento collettivo parziale o totale.

Qualora lo Stato interessato aderisca a tale ultima opzione, l’art. 71

prevede la sostituzione del Consiglio nella gestione tecnica, amministrativa

e finanziaria degli impianti e servizi.

Il Consiglio, inoltre, a richiesta dello Stato, può fornire assistenza

tecnica nella direzione e gestione degli impianti medesimi, nonché la

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copertura finanziaria dei costi di funzionamento mediante prelievo sulle

entrate d’esercizio degli stessi. Le somme necessarie alla realizzazione

dell’intervento finanziario, della sostituzione operativa o dell’assistenza

tecnica sono attinte dal Fondo generale dell’Organizzazione o dal Fondo

comune speciale istituito a tale scopo con il contributo e l’accordo degli

Stati interessati.

L’accordo, pertanto, rappresenta sempre l’unica base dell’azione

dell’Organizzazione nel quadro del cap. XV.

La Convenzione Chicago, occupandosi di tali forme di ingerenza

dell’Organizzazione nella materia de qua, è stata talmente prudente da

prevedere, all’art.75, che lo Stato può in ogni momento liberarsi da ogni

obbligo contratto in base alle disposizioni del cap. XV e riprendere in carico

gli aeroporti, gli impianti e i servizi realizzati e gestiti dal Consiglio sul suo

territorio, versando a tal fine all’Organizzazione una somma che tale organo

giudichi «ragionevole».

Il sistema del finanziamento collettivo non ebbe però lo sviluppo

sperato e, dopo i tre Accordi127 stipulati subito dopo la nascita

127 L’O.A.C.I., subito dopo la nascita dell’Organizzazione, ha fatto uso dello strumento del finanziamento

collettivo stipulando tre accordi nel quadro del cap. XV della Convenzione e precisamente: l’Accordo sul

finanziamento collettivo delle stazioni oceaniche dell’Atlantico del Nord (1946); l’Accordo sul

finanziamento collettivo di certi servizi di navigazione aerea dell’Islanda (1948); l’Accordo sul

finanziamento collettivo di certi servizi di navigazione aerea della Groenlandia e delle Isole Feroe (1949).

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dell’Organizzazione, il Consiglio ha provveduto solo al loro rinnovo senza

stipularne di nuovi, stante la riluttanza degli Stati verso qualsiasi forma di

ingerenza nella cura dei loro interessi economici, per la cui

regolamentazione essi preferirono affidarsi ad accordi bilaterali, finalizzati

alla creazione di pools o di appositi organismi preposti allo sfruttamento dei

servizi di trasporto aereo strettamente dipendenti dagli Stati e limitati a

regioni particolari e omogenee sia politicamente che, soprattutto,

economicamente.

Tale possibilità è stata, peraltro, prevista dagli estensori della

Convenzione di Chicago che, al cap. XVI, stabilisce che si possano istituire

sia organismi internazionali o consorzi di Stati o di Compagnie aeree per la

gestione in comune (pools) di servizi aerei, a condizione che tali organismi

e consorzi osservino le pertinenti disposizioni della Convenzione128.

La nascita di Organizzazioni internazionali quali l’ASECNA e

l’EUROCONTROL129, verso la fine degli anni 50 e all’inizio degli anni 60,

si deve, appunto, all’esigenza avvertita dagli Stati di provvedere ad

128 L’art.77 della Convenzione prevede l’attribuzione al Consiglio, nel caso in cui vengano istituiti gli

organismi o i pools di gestione in argomento, dell’importante compito di determinare: «in what manner

the provisions of this Convention relating to nationality of aircraft shall apply to aircraft operated by

international operating agencies».

129 Vedi, infra, cap. II, § 8, p. 102 e, in particolare, note n. 142 e 143.

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organizzare e gestire in comune alcuni servizi essenziali di assistenza alla

navigazione aerea come, in particolare, il servizio di circolazione e di

controllo dello spazio aereo, che per la loro intrinseca natura di polizia

amministrativa sono tradizionalmente soggetti alla gestione pubblica.

Negli anni 60 veniva, altresì, avvertita l’esigenza dell’istituzione di

organismi di gestione in comune di servizi di navigazione aerea più

prettamente commerciali e, per iniziativa della Lega Araba e poi

dell’Unione africana e malgascia di cooperazione economica, veniva posto,

in particolare, il problema della nazionalità degli aeromobili utilizzati da un

organismo di gestione comune che stava nascendo su iniziativa di ciascuno

dei due gruppi di Stati.

A tal riguardo il Consiglio, dopo un lungo dibattito svoltosi soprattutto

in seno al Comitato giuridico, è pervenuto all’adozione di una

Risoluzione130 con cui, dopo aver distinto tra “immatricolazione comune” e

“immatricolazione internazionale”, ha stabilito da un lato i criteri da

adottare in ciascun piano di immatricolazione e, dall’altro, le modalità di

applicazione delle disposizioni della Convenzione relative alla nazionalità

130 Decisione del 14 dicembre 1967. Vedi, in proposito, MANIN, L’Organizzazione, op. cit., p. 241 ss.

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degli aeromobili utilizzati degli organismi di gestione in argomento131.

8) Rapporti dell’O.A.C.I. con le Nazioni Unite e con organizzazioni

regionali operanti nel settore della navigazione e del trasporto aereo.

L’O.A.C.I., nata prima delle Nazioni Unite132 ma nello stesso clima

politico, è, com’è noto, un’istituzione specializzata a carattere permanente

che opera nell’ambito delle Nazioni Unite a cui è collegata dall’accordo del

13 maggio 1947, stipulato in applicazione dell’art. 57 dello Statuto

dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. 133

131 Per quanto riguarda le modalità di applicazione delle disposizioni relative alla nazionalità il Consiglio

ha stabilito che nelle ipotesi di immatricolazione comune o internazionale: 1) tutti gli aeromobili avrebbero

avuto un segno distintivo comune e non quello di uno Stato, trovando applicazione nella fattispecie,

mutatis mutandis, gli artt. 12 e 20 della Convenzione, nonché l’Annesso 7; 2) ai fini della Convenzione

ogni aeromobile sarebbe stato considerato come avente la nazionalità di ciascuno degli Stati facenti parte

dell’organismo di gestione comune; 3) ai fini dell’applicazione degli artt. 25 e 26 della Convenzione, lo

Stato che avesse avuto il registro comune o la parte corrispondente di questo registro relativa ad un

aeromobile determinato, sarebbe stato considerato come lo Stato di immatricolazione. Il Consiglio fissava,

pertanto, le condizioni che dovevano essere soddisfatte dagli organismi internazionali o di gestione in

comune e precisava che la risoluzione era applicabile soltanto quando tutti gli Stati fossero stati parti della

Convenzione di Chicago, non trovando essa applicazione nel caso in cui un aeromobile, anche se utilizzato

da un organismo internazionale, fosse stato invece immatricolato su base nazionale.

132 Cfr., MARCHISIO, L’O.N.U., op. cit., p. 27 ss.

133 La qualifica di istituzioni specializzate dell’ONU (art. 57 Carta delle N.U.) è attribuita alle

organizzazioni internazionali in quanto esiste un collegamento con le Nazioni Unite, nel cui sistema esse

vengono ad inserirsi. Cfr., MARCHISIO, L’O.N.U., op. ult. cit., p. 357 ss.

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L’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ex art. 17, par. 3 della

Carta) può prendere visione dei bilanci annuali dell’O.A.C.I. emettendo

delle raccomandazioni al riguardo. Inoltre, il Consiglio di sicurezza ed il

Consiglio economico e sociale possono farsi assistere dall’O.A.C.I. nel

campo di competenza di quest’ultima (artt. 58, 63, par. 2, e 64, par. 1 della

Carta delle Nazioni Unite)134.

Essa, infatti, partecipa alle attività delle Nazioni Unite in vario modo

connesse alla navigazione e ai trasporti aerei attingendo, per la realizzazione

dei suoi piani di assistenza tecnica agli Stati, ai fondi gestiti dalle Nazioni

Unite quali, tra gli altri, il Fondo speciale (UNSF) istituito dall’Assemblea

Generale nel 1958, o il Fondo del Programma allargato di assistenza

tecnica, o quello del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo

(UNDP).135

L’O.A.C.I. può richiedere, previa autorizzazione dell’Assemblea

Generale delle Nazioni Unite, pareri consultivi alla Corte internazionale di

giustizia su questioni giuridiche che sorgano nell’ambito della propria

134 Cfr., MARCHISIO, L’O.N.U., op. cit., p. 357 ss.

135 Cfr., LEON, L’assistenza tecnica e i suoi sviluppi, in Il secondo decennio delle Nazioni Unite per lo

sviluppo (Atti del Convegno della SIOI, Roma, I – 3 ottobre 1970), Padova, 1971, p. 81 ss.;

MARCHISIO, L’O.N.U., op. ult. cit., p. 359 ss.

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attività (art. 96 Carta delle Nazioni Unite). Essa, inoltre, analogamente alle

altre istituzioni specializzate delle Nazioni Unite, gode di una serie di

immunità, esenzioni e privilegi 136.

Nonostante sia collegata alle Nazioni Unite, rispetto ad esse,

l’O.A.C.I. ha una propria personalità giuridica internazionale e le sue

manifestazioni di volontà e i fatti ad essa riferibili non sono, pertanto, sul

piano del diritto internazionale, imputabili alle Nazioni Unite 137.

Per quanto attiene ai rapporti con le organizzazioni regionali

interessate al settore della navigazione e del trasporto aereo, diversamente a

quanto avvenuto per la C.I.N.A., la competenza generale dell’O.A.C.I. non

e stata affatto limitata dalla presenza di organizzazioni regionali create

successivamente alla sua istituzione.

136 In seguito all’Accordo del 13 maggio 1947, stipulato in applicazione dell’art. 57 della Carta delle

Nazioni Unite, l’O.A.C.I. è divenuta una delle istituzioni specializzate delle Nazioni Unite e ad essa si

applica pertanto la Convenzione del 1947 sui privilegi ed immunità delle istituzioni specializzate.

137 Va osservato, ed il tema sarà ulteriore oggetto di approfondimento, come l’O.A.C.I. può definirsi

una unione istituzionale di Stati, dotata di personalità giuridica non soltanto rispetto agli Stati membri, ma

anche nei riguardi degli Stati terzi e dei soggetti di diritto internazionale aventi struttura similare alla sua.

Cfr., MONACO, Le funzioni dell’Organizzazione dell’Aviazione Civile Internazionale, in Riv. dir. nav.,

1953, p. 268; contra, LATTANZI, Organizzazione, op. cit., p. 265.

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Tra queste vi sono la Commissione Europea dell’Aviazione Civile

(CEAC) 138, la Commissione africana dell’aviazione civile (CAFAC)139, la

Commissione latino-americana dell’aviazione civile (CLAAC),140 il

138 L’istituzione della Commissione europea della navigazione aerea fu decisa nel 1954, nel corso di una

Conferenza convocata a Straburgo su iniziativa dell’O.A.C.I. (che era stata sollecitata da alcuni Stati

europei), con lo scopo di facilitare il trasporto aereo e di liberalizzare il regime dei diritti di traffico tra gli

Stati membri. La Commissione si riunisce in sessione plenaria ogni tre anni e ogni anno si riunisce una

sezione intermedia (ad eccezione dell’anno in cui ha luogo la Sessione triennale). Nel proprio ambito sono

stati costituiti quattro Comitati permanenti: il Comitato economico per i trasporti aerei regolari (ECO-I); il

Comitato economico per i trasporti aerei non regolari (ECO-II); il Comitato tecnico; il Comitato

facilitazioni. Essa ha funzioni consultive e lavora in stretta collaborazione con l’O.A.C.I., dalla quale

dipende il suo Segretario, pertanto le sue Risoluzioni e Raccomandazioni sono adottate su riserva

dell’approvazione dei Governi degli Stati membri. Della C.E.A.C. fanno parte i membri del Consiglio

d’Europa. Vedi, sull’origine di questa Commissione e sui rapporti con l’O.A.C.I., MANKIEWICZ,

Relazions entre l’O.A.C.I. et la C.E.A.C., in Annuarire francais de droit international, 1957, p. 396 ss;

WEBER, The European Civil Aviation Conference (E.C.A.C.), Activities and Orientation, 1976-77, in II

Ann. Air & Sp.. L., p. 463; ib., Les elements dans le cadre de la Commission européenne de laviation

civile (C.E.A.C.), 1977, in 31 Rev. fran. D.A., p. 392, 397 e 400; NAVEAU, L’Europe et le transport

aérien, Bruxelles, Bruylant, 1983, p. 173-175.

139 Con un accordo firmato ad Addis Abeba il 17 gennaio 1969, fu istituita la Commission Africaine de

l’aviation civile (C.AF.A.C.). Essa è aperta alla partecipazione degli Stati africani membri della

Commissione economica delle Nazioni Unite per l’Africa o dell’Organizzazione per l’Unità africana.

140 Cfr., BOGOLASKY SACK, CL.A.A.C. (Commission latino-aéricaine de l’aviation civile), 1986, in

XI Ann. Air & Sp. L., p. 362; DONATO, News from International Organization – the New Proposals of

the Latinamerican Civil Aviation Commission (L.A.C.A.C.), 1989, in Rev. Air & Sp. L., p. 51-52;

DONATO, News from International Organization- Main and New Aspect of L.A.C.A.C., 1987, in Rev.

Air & Sp. L., p. 211.

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Consiglio dell’aviazione civile araba (CACAS)141, che hanno competenze in

materia soprattutto di trasporto aereo, e altri organismi regionali come

l’ASECNA142 e l’EUROCONTROL143, istituite rispettivamente nel 1959 e

1960.

141 Il Conseil de l’aviation civile des etats arabes (C.A.C.A.S.) fu istituito a il Cairo il 4 ottobre 1967.

Ne fanno parte Algeria, Bahrain, Egitto, Emirati Arabi, Giordania, Iraq, Kuwait, Libano, Libia, Marocco,

Qatar, Repubblica democratica dello Yemen, Siria, Yemen.

142 L’Agenzia per la sicurezza della navigazione aerea in Africa e a Madagascar fu istituita con l’accordo

firmato a Saint Luois il 12 dicembre 1959 tra gli Stati allora membri della Comunità economica africana

e malgascia. Tale Agenzia aveva lo scopo di «assurer les services destinés à garantir la régularité et la

sécurité des vols des aéronefs de la circulation aérienne générale» nei territori degli Stati contraenti ad

esclusione del territorio della Repubblica francese, perchè proprio nello stesso periodo si stava

organizzando l’istituzione di un organismo analogo tra gli Stati europei, al quale la Francia avrebbe

pertecipato. Vedi, in proposito, LAUVERSIN, l’Agence pour la sécurité de la navigation aérienne en

Afrique et au Madagascar, in Rev. gén. air., 1960, p. 207.

143 L’Organizzazione europea per la sicurezza della navigazione aerea (EUROCONTROL) , fu istituita a

Bruxelles il 23 dicembre 1960 tra Belgio, Germania, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Regno Unito,

con lo scopo principale di attuare una maggiore collaborazione nel settore del controllo del traffico aereo,

nello spazio aereo superiore degli Stati contraenti. Tra gli altri obiettivi che inizialmente si era prefissa

ricordiamo: la politica comune relativa ai sistemi di navigazione; la formazione del personale dei servizi e

della circolazione aerea; la realizzazione di studi, prove ed esperimenti; il coordinamento dei programmi

nazionali di ricerca e sviluppo relativi alle nuove tecniche di navigazione aerea; lo studio di emendamenti

al piano regionale di navigazione aerea dell’O.A.C.I.; il calcolo e la riscossione delle tasse di rotta;

l’analisi dei bisogni prevedibili in materia di circolazione aerea e nuove tecniche necessarie per soddisfarli;

il coordinamento dei diversi piani nazionali e la determinazione di un piano comune e medio termine

nell’ottica di obiettivi a lungo termine; lo studio di questioni di navigazione aerea già trattate da altri

organismi internazionali, aventi competenze in materia di aviazione civile; l’assistenza agli Stati membri

ed eventualmente anche ad altri Stati interessati, alla costituzione e alla messa in opera di un sistema

internazionale di gestione dei flussi di traffico aereo; la concertazione di qualsiasi misura, che gli Stati

membri ritengano necessaria ad assicurare la sicurezza e l’ordinato flusso del traffico aereo. Tuttavia è da

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Le prime quattro Organizzazioni citate, pur non essendo state istituite

in base alla previsione contenuta nell’art. 55 della Convenzione che

autorizza il Consiglio dell’O.A.C.I. a creare apposite commissioni regionali

di trasporto aereo per la realizzazione degli obiettivi della Convenzione,

cooperano con l’O.A.C.I. assolvendo compiti prevalentemente consultivi

per il perseguimento degli scopi istituzionali in ambito regionale soprattutto

nel settore dell’organizzazione e del miglioramento del trasporto aereo 144.

rilevare che parte di questi obiettivi non fu portata a termine (anche se di recente si è assistito ad un

rinnovato interesse per gli stessi) mentre è stata particolarmente avvertita la necessità di far svolgere

all’Ente funzioni di esattore delle tasse in rotta e di banca dati centralizzata. Per la riscossione delle tasse

suddette furono stipulati due accordi, uno del 1970 e l’altro – che rafforzava questa cooperazione

estendendola anche a Stati europei non membri effettivi – entrato in vigore il 1^ gennaio 1986. Un altro

obiettivo importante messo a punto dall’EUROCONTROL è rappresentato dalla costituzione, a partire dal

gennaio del 1995, dell’Unità europea centralizzata per la gestione dei flussi di traffico aereo (CFMU –

Central Flow Management Unit), attualmente le attività cosiddette tattiche dell’Ente sono gestite da cinque

unità AFTM (Air Traffic Flow Management) di Roma, Francoforte, Parigi, Londra e Madrid. E’ da tener

presente che, al momento, la strategia dell’EUROCONTROL è tesa precipuamente allo scopo di

raggiungere l’armonizzazione tra gli Stati europei delle loro attività esistenti e pianificate all’interno di un

sistema integrato paneuropeo. Cfr., MUOSSE’, La coopération européenne en matière de circulation

aérienne, 1990, in Rev. fran. D.A., p. 257; BOTHE, HOHMANN e SCHMIDT, Möglichkeiten einer

Reform der europäischen Flugsicherung, 1990, in 39 ZLW, p. 40; SCHWENK e SCHWENK,

Flugsicherung in Europa, 1993, in 42 ZLW, p. 121.

144 Del rapporto con gli organismi regionali operanti nel settore della navigazione aerea l’O.A.C.I. si è

occupata sin dalla prima sessione dell’Assemblea generale. Vedi al riguardo la Risoluzione A I-10

dell’Assemblea dell’O.A.C.I., secondo la quale: «d’autoriser le Conseil à celles de la aviation civile

internationale, particulièrement en ce qui concerne la collaboration technique, l’échange de

renseignements et de documents, la présence a des séances, et toutes autres questions susceptibles de

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A tal riguardo, è da notare che la grande varietà delle condizioni

economiche e politiche dei paesi membri dell’O.A.C.I. e l’evidente ed

inevitabile disparità nella possibilità di mantenimento degli obblighi fissati

dalla Convenzione a seconda della concreta disponibilità di risorse

economiche e tecniche, ha indotto alcuni gruppi di Stati ha ricercare delle

soluzioni regionali nella misura in cui alcuni di essi per affinità ed

importanza nel campo aeronautico sono spesso concentrati nella stessa area

geografica. In verità le Organizzazioni regionali, di norma, profittano della

collaborazione interstatale per meglio affrontare i problemi specifici

dell’aviazione civile internazionale anche, ovviamente, mediante l’adozione

e la implementazione degli standards O.A.C.I. nella loro regione.

A tal fine, alcune Organizzazioni adottano delle regolamentazioni

regionali per sopperire all’esigenza di assicurare margini ben superiori ai

requisiti minimi fissati dagli annessi alla Convenzione di Chicago, che

garantiscano il rispetto di un alto livello di sicurezza tra i loro membri. In tal

modo può accadere, però, che questi Stati facciano talvolta prevale i loro

interessi regionali sull’interesse generale dell’aviazione civile

internazionale.

conduire à une collaboration efficace, à condition que ces accords puissent être mis en application sans

augmentation du budget adopté pour l’année en question».

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E’ ovvio che un’evoluzione disorganica nello sviluppo di tali

organizzazioni regionali potrebbe condurre alla creazione di barriere allo

stesso interno degli Stati membri dell’O.A.C.I., compromettendo

seriamente l’obiettivo irrinunciabile dell’uniformità dell’aviazione civile

internazionale145.

Notevole interesse suscita, al riguardo, il caso della Join aviation

authorities (JAA) 146, che ha iniziato i propri lavori nel 1970, quale organo

tecnico della CEAC, quando era conosciuta come “Joint Airworthiness

Authorities”. Originariamente i suoi obiettivi erano solo quelli di produrre

un codice di certificazione comune per aeromobili da trasporto e le relative

145 Negli anni ottanta i paesi latino-americani, rappresentati dalla C.L.A.A.C., hanno denunciato

all’O.A.C.I. la possibilità di formazione di barriere al libero, ordinato ed armonico sviluppo del trasporto

aereo internazionale in conseguenza dell’applicazione extranazionale di particolari misure restrittive

unilaterali adottate degli Stati membri di organizzazioni regionali. Onde contrastare tale fenomenologia

l’Assemblea generale dell’O.A.C.I., nel 1983, ha adottato la Risoluzione A24-14, con la quale ha

raccomandato agli Stati membri dell’Organizzazione di astenersi dall’adottare misure unilaterali che

avrebbero potuto costituire impedimento per lo sviluppo ordinato e armonico del trasporto aereo

internazionale, esortando altresì gli Stati a non conferire carattere extranazionale alle disposizioni delle

loro legislazioni nazionali contenenti siffatte restrizioni ( vedi, O.A.C.I., Mesures unilatérales qui

affectent le trasport aérien international, Rés. A24-14, Doc. OACI 9414 /1983). Crf., DUCREST, Une

nouvelle dynamique, op. cit., p. 105 ; MONACO, Les principes régissant la structure et le

fonctionnement des organisations internationales, 1977, in Rec. des Course 94 ; VAN DAM, Lease,

Cherter and Interchange of Aircraft and the Chicago Convention – Some Observations, 1994, in Rev. Air

& Sp. L., p. 129.

146 Vedi, supra., introduzione, nota n. 11, p. 14.

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motorizzazioni. Ciò al fine di soddisfare le esigenze delle industrie europee

ed in particolare per i prodotti realizzati mediante consorzi (Airbus). A

partire dal 1987 la sua attività è stata estesa alla standardizzazione delle

certificazioni relative alle operazioni, alla manutenzione, alla progettazione

e alle licenze di esercizio per tutte le classi di aeromobili. Attraverso

apposite procedure di certificazione della progettazione, produzione e

organizzazione della manutenzione, si è pervenuti all’adozione di un

sistema unificato di Joint certifications emesse dagli Stati JAA

simultaneamente e su basi comuni.

Infatti, gli Stati membri della JAA, che praticamente raggruppa i

rappresentanti dei governi di tutti gli Stati d’Europa, considerano le norme

prodotte da questo organismo come le sole applicabili alla materia della

navigazione aerea in quanto considerate, almeno in ambito comunitario, di

livello superiore a quelle specificate negli annessi O.A.C.I.147.

147 Vedi, supra, nota n. 11, p. 15. La JAA ha così creato un gruppo regionale di Stati portatori degli

stessi interessi e obiettivi in materia di aviazione civile. Ciò, tuttavia, potrebbe far si che gli aeromobili di

alcuni Stati non membri possano non essere autorizzati a sorvolare i territori o a servirsi delle installazioni

degli Stati JAA qualora essi non siano conformi alle specifiche normative vigenti nei territori di questi

Stati. In tal caso, gli Stati membri della JAA potrebbero incorrere nella violazione dell’art. 33 della

Convenzione di Chicago che stabilisce che ogni Stato contraente è obbligato a riconoscere le licenze e i

certificati emessi dagli altri Stati contraenti, a condizione che siano rispettati gli standards minimi stabiliti

negli annessi O.A.C.I. Inoltre, gli Stati membri JAA potrebbero essere soggetti alle sanzioni previste

dall’art. 88 (sospensione del diritto di voto in Assemblea) della Convenzione di Chicago che vieta agli

Stati membri di assumere comportamenti incompatibili con le disposizioni della Convenzione medesima.

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Ciò nonostante, allo stato attuale, la JAA rappresenta il più avanzato

ed efficace strumento multilaterale regionale di cooperazione nel campo

dell’aviazione civile internazionale creato allo scopo di produrre comuni,

comprensive e dettagliate norme, nella specie denominate JARs (Joint

aviation requirements)148, destinate, peraltro, ad avere diretta efficacia negli

ordinameti interni degli Stati JAA che siano contestualmente membri

dell’Unione Europea, stante il costante recepimento di tutta la normativa de

qua nel quadro della regolamentazione dell’U.E.149

148 Vedi, «Appendix 1 to the Arrangements of Cyprus - Development and publication of requirements

JARs ».

149 Tra il 1979 e il 1992 il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato alcune direttive che non solo danno

attuazione gli standards contenuti nell’annesso 16 (enviromental protection) della Convenzione di

Chicago, ma presentano tutta una serie di obblighi che vanno ben al di la degli standards fissati dalla

normativa O.A.C.I.. Analogamente, la Direttiva del Consiglio U.E. del 16 dicembre 1980 in materia di

inchieste sugli incidenti prevede un grado di cooperazione più elevato di quello fissato dall’art. 26 della

Convenzione. Cfr., «Council Regulation (EEC) No. 3922/91 of 16 December 1991 on the harmonisation of

technical requirements and administrative procedures in the field of civil aviation». Tali Direttive UE

realizzano di fatto, attraverso il recepimento diretto della normativa JAA (JARs 21, 22, 23, 25, 27, 29, 36,

145, 147, JAR/OPS 1, 2, 3, e JAR/FCL 1, 2, 3 e 4 ecc..), l’adeguamento ai principi e ai contenuti degli

Annessi 1, 6, 8, 13 e 16 alla Convenzione O.A.C.I., relativi rispettivamente alle licenze del personale

aeronavigante (personnel licensing), alle operazioni degli aeromobili (Operations of Aircraft), alla

navigabilità degli aeromobili (Airworthiness of Aircraft), alle inchieste sugli incidenti aerei (Aircraft

Accident Investigation) e alla tutela ambientale (Enviromental Protection). Cfr., inoltre, la Direttiva del

Consiglio dell’U.E. 94/56/CE, che stabilisce i principi fondamentali in materia di inchieste sugli incidenti

e inconvenienti dell’aviazione civile, anch’essa in linea con gli standards previsti dalla Convenzione di

Chicago e, in particolare, con l’allegato XIII (aircraft accident investigation).

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Significativa appare, inoltre, la costante attività di coordinamento e

di consultazione attuata dalla JAA con l’omologo organismo governativo

statunitense, la FAA (Federal aviation admininistration)150, al fine di

realizzare compatibili livelli di armonizzazione delle rispettive normative

tecniche regionionali in special modo per quelle materie che, pur trovando

disciplina generale negli annessi O.A.C.I., rivestono particolare importanza

per la sicurezza della navigazione aerea internazionale.

A differenza delle Organizzazioni precedentemente menzionate, che

in quanto tali sono, pertanto, dotate di personalità giuridica internazionale,

L’EUROCONTROL e l’ASECNA sono delle agenzie a carattere

internazionale che si limitano a gestire direttamente un servizio in

sostituzione e per conto degli stessi Stati, nel rispetto delle norme stabilite

dalla Convenzione di Chicago o contenute negli Allegati tecnici151.

Relativamente all’Associazione del trasporto aereo (I.A.T.A.), invece,

non sussiste alcuna sovrapposizione di competenze con l’OACI. La

I.A.T.A., infatti, raggruppa le compagnie aeree e non gli Stati e rientra tra le

150 Cfr., BERMANN, Regulatory Cooperation with Counterpart Agencies Abroad: the FAA’s

Certification Experience, in Law and Policy in International Business, 1993, p. 692.

151 Sempre nel quadro della citata Risoluzione A I-10, vedi, supra, nota n. 144, p. 104. A questi

organismi è stato riconosciuto lo status di osservatore alle riunioni dell’O.A.C.I.

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organizzazioni internazionali non governative, con il compito di stabilire le

tariffe dei trasporti aerei, sotto riserva, ovviamente, della loro approvazione

da parte dei governi interessati 152.

152 In merito all’I.A.T.A., cfr., CHUANG, The International Air Transport Association, Leiden, 1972.

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CAPITOLO TERZO

CONTENUTO, NATURA ED EFFICACIA DEGLI ALLEGATI TECNICI

1) Gli Allegati alla Convenzione di Chicago.

In considerazione della loro riconosciuta valenza tecnica, gli Allegati

alla Convenzione di Chicago, che in origine erano tredici153, non

necessitano di formale adesione da parte degli Stati membri dell’O.A.C.I.,

divenendo esecutivi dopo tre mesi dalla loro notifica154. Tutte le disposizioni

153 In origine gli allegati tecnici alla Convenzione di Chicago erano tredici, e precisamente: Allegato n.

1 - Licenze del personale (personnel licensing ); Allegato n. 2 - Regole dell’aria (Rules of the Air);

Allegato n. 3 - Meteorologia (Meteorology); Allegato n. 4 - Carte aeronautiche (Aeronautical

Charts); Allegato n. 5 - Unità di misura (Units of Measurement to be used in Air and Ground

Operations); Allegato n. 6 - Operazioni degli aeromobili (Operations of Aircraft); Allegato n. 7 -

Marche di Nazionalità e immatricolazione (Aricraft Nationality and Registration Marks); Allegato n. 8

- Navigabilità degli aeromobili (Airwortiness of Aircraft); Allegato n. 9 - Facilitazioni (Facilitation);

Allegato n. 10 - Telecomunicazioni Aeronautiche (Aeronautical Telecomunications); Allegato n. 11 -

Servizio di Traffico Aereo (Air Traffic Service); Allegato n. 12 - Ricerca e Soccorso (Search and

Rescue); Allegato n. 13 - Inchieste sugli incidenti aerei (Aircraft Accident Investigation).

154 Ispirandosi a tale criterio, anche il D.Lg. 16 marzo 1948,, n. 616 (pubblicato nella Gazzetta

Ufficiale dell’8 giugno 1948, n.131 S.O.), col quale è stata data esecuzione in Italia alla Convenzione di

Chicago, ha considerato gli allegati alla Convenzione, per quanto riguarda il loro contenuto, di carattere

tecnico/regolamentare, per cui avrebbero potuto essere applicati (come avveniva per gli Allegati alla

Convenzione di Parigi, eccettuato l’allegato “H” disciplinante la materia doganale) con la semplice notifica

o con semplice atto amministrativo. Al contrario, per i vincoli posti dal Codice della Navigazione (art.

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contenute in questi Allegati hanno lo scopo di consentire un rapido

adeguamento della normativa tecnica applicabile al settore della

navigazione aerea internazionale al variare delle esigenze tecniche e quindi

essi non sono stati inseriti nell’accordo ma ad esso semplicemente annessi.

I diciotto Allegati attualmente in vigore155 possono essere considerati,

data la loro natura, la massima espressione di normativa tecnica

internazionale riguardante la materia della navigazione aerea, frutto di

consolidata e stratificata esperienza in campo aeronautico, tendente a

regolare in maniera uniforme, presso tutti gli Stati contraenti, tutto

quanto attiene all’organizzazione e alle procedure dei servizi dell’aviazione

civile, la cui continua evoluzione ha fatto sorgere il problema di creare,

1331), in Italia è prevalsa la tesi di introdurli nella nostra legislazione e regolamentazione aeronautica

mediante norme aventi forza di legge emanate dal Governo in virtù di una delegazione del Parlamento.

Infatti, con legge 29 gennaio 1957, n. 24 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 4 marzo 1957, n. 58),

è stata data delega al Presidente della Repubblica, per un triennio, per dare esecuzione agli Allegati

tecnici alla Convenzione di Chicago.

155 Successivamente all’entrata in vigore della Convenzione O.A.C.I., sono stati adottati altri cinque

Allegati, e precisamente: Allegato n. 14 - Aerodromi (Aerodromes); Allegato n. 15 - Servizi di

informazioni aeronautiche (Aeronautical Information Service); Allegato n. 16 - Protezione Ambientale

(Eviromental Protection) e Rumore degli aeromobili (Aircraf Noise); Allegato n. 17 - Misure di

sicurezza a tutela dell’Aviazione civile internazionale contro gli atti di interferenza (Security

Safeguarding International Civil Aviation Against Acts of Unlawful Interference); Allegato n. 18 - Misure

di sicurezza per il trasporto aereo di merci pericolose (The Safe Transport of Dangerous Goods by Air).

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mediante accordi o procedimenti, norme volte a disciplinare tutti quei

rapporti che sorgono dall’esercizio dei traffici aerei internazionali.

La Convenzione di Chicago ha dedicato al problema degli Allegati

l’intero capitolo VI e accenna ancora ad essi nell’art. 54, a proposito delle

funzioni del Consiglio, e nell’art. 90 che disciplina la complessa procedura

di adozione delle norme e delle pratiche raccomandate internazionali. E’

questa, infatti, la funzione di maggior rilievo che, in base dell’art. 54, il

Consiglio dell’O.A.C.I. è tenuto a svolgere.

Gli standard e le pratiche raccomandate contenuti negli Annessi, in

relazione a quanto previsto dall’art. 37, possono concernere le seguenti

materie: «a) Communications system and air navigation aids, including

ground marking; b) Characteristics of airports and landing areas; c) Rules

of the air and ari traffic control practices; d) Licensing of operative and

mechanical personnel; e) Airworthiness of aricraft; f) Registration and

identification of aircraft; g) Collection and exchange of meteorological

information; h) Log books; i) Aeronautical maps and charts; j) Customs

and immigration procedures; k) Aircraft in distress and investigation of

accidents»; e qualsiasi altra materia che interessi «the safety, regularity,

and efficiency of air navigation».156

156 Oltre alle norme (standards) e alle pratiche raccomandate, per la cui adozione è espressamente

attribuita la competenza al Consiglio, l’art. 37 e altre disposizioni della Convenzione menzionano, in modo

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113

In questa sede non è possibile procedere ad una dettagliata illustrazione

di tutta la regolamentazione tecnica contenuta negli Allegati tecnici, tuttavia

si ritiene utile dare un breve accenno circa il loro contenuto ed alcuni

pertinenti riferimenti storici.

In base all’art. 37 lett. d) della Convenzione, il 14 aprile 1948 si ebbe

la prima adozione, da parte del Consiglio O.A.C.I., dell’Allegato n. 1 -

licenze del personale (Personnel licensing), ora giunto alla sua ottava

edizione. L’entrata in vigore di questo Allegato fu fissata al 15 settembre

1948. L’allegato si basa sulle raccomandazioni della Divisione PEL

(Personnel Licensing), formulate nella sessione del gennaio 1947, in

materia di rilascio di licenze per i membri di equipaggio di volo e del

personale addetto ai servizi per la navigazione aerea. Le prescrizioni in esso

contenute si riferiscono ai programmi d’esame e ai requisiti psico-

poco chiaro, un altro tipo di regolamenti e, cioè, le cosiddette procedure internazionali, per la cui adozione,

tuttavia, non è prevista la competenza specifica di alcun organo. A tal riguardo è la prassi

dell’Organizzazione che ci può fornire delle chiare indicazioni circa le caratteristiche di questa

regolamentazione e la competenza per la sua emanazione, Di questi aspetti ci occuperemo brevemente in

seguito (vedi, infra, cap. III, § 6), dopo aver cercato di chiarire i problemi connessi con l’adozione delle

norme e pratiche raccomandate, che sono certamente i regolamenti più importanti tra quelli emanati nel

quadro dell’O.A.C.I. e che pongono i maggiori problemi interpretativi sia dal punto di vista della loro

efficacia sul piano del diritto internazionale e sia da quello della loro applicabilità sul piano degli

ordinamenti interni.

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fisiologici minimi per il rilascio delle licenze e per il loro rinnovo157. Altri

principi ispiratori e riferimenti pertinenti per questo allegato sono rinvenibili

negli artt. 29, lett. c, 30, lett. b, 32 e 33.

Per quanto concerne l’Allegato n. 2 - regole dell’aria (Rules of the

Air), nell’ottobre 1945, la Divisione RAC (Rules of the Air and Air

Traffic Control), alla sua prima sessione, formulò delle raccomandazioni

per questa materia che furono approvate dal Consiglio il 25 febbraio

1946. L’adozione come Allegato n.2 avvenne il 15 aprile 1948, con

entrata in vigore al 15 settembre 1948. I principi ispiratori dell’allegato

sono presenti negli artt. 37, lett. c, 9, 12 e 28 della Convenzione.

L’allegato prevede che le norme in esso contenute si applicano agli

aeromobili immatricolati presso uno Stato contraente ovunque essi si

trovino in base al presupposto che esse non entrino in conflitto con la

pertinente normativa in vigore nello Stato di giurisdizione sul territorio

sorvolato. L’Allegato n.2, insieme al n. 11 (Air Traffic Services), regola

157 L’Allegato n.1 è stato, peraltro, oggetto di recepimento nell’ordinamento italiano. Infatti, in forza

dell’art. 3, della legge 13 maggio 1983, n. 213 (pubblicata nella Gazz.Uff. 24 maggio 1983, n. 140), che

ha, fra l’altro, emendato l’art. 687 del codice della navigazione, è stato emanato il D.P.R. 18 novembre

1988, n. 566 (pubblicato nella Gazz.Uff. 20 gennaio 1989, n. 16, S.O.) che ha dettato la disciplina

regolamentare interna relativa al rilascio, rinnovo, integrazione, sospensione e revoca delle licenze, degli

attestati e delle abilitazioni del personale di volo, in conformità ai criteri stabiliti nel predetto Allegato.

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le procedure per i servizi della navigazione aerea ( Rules of the Air and

Air Traffic Services)158.

L’Allegato n. 3 - meteorologia (Meteorology) fu adottato dal

Consiglio il 16 aprile 1948, in forza dell’art. 37, lett. g, e la sua

entrata in vigore fu fissata al 15 settembre 1948. La normativa si basa

sulle raccomandazioni formulate nella sessione speciale del settembre

1947 della Divisione MET (Meteorology). La normativa contenuta in

questo Allegato159 è, salvo poche differenze, identica alla regolamen-

158 La interrelazione delle due normative ci porta ad associare i due Allegati, anche in considerazione

dell’adeguamento che in questa materia opera da tempo nel nostro ordinamento. Di ciò ne troviamo

conferma nell’A.I.P.- Italia (Airman Information Publication), che nella parte RAC-I precisa: «le norme e

le procedure del traffico aereo relative alle operazioni degli aeromobili nel territorio della Repubblica

Italiana sono quelle specificate nell’Annesso 2 (Regole dell’aria), nel DOC. 4444-RAC.501 e nel DOC.

7030 con le aggiunte e varianti appresso riportate». La pubblicazione e l’aggiornamento delle Regole

dell’aria e delle procedure per i nostri servizi del traffico aereo, per molti anni, sono stati curati

dall’Ispettorato telecomunicazioni ed assistenza al volo del Ministero della difesa (aeronautica) mediante

il RAC-RS/1 «Regolamento dei servizi del traffico aereo». A seguito del trasferimento di competenze in

materia di assistenza al volo dal predetto Ispettorato all’Azienda autonoma di assistenza al volo

(AAAVTAG) (vedi, legge 23 maggio 1980, n. 242, pubblicata nella Gazz.Uff. 16 giugno 1980, n. 163, e

DPR 24 maggio 1981, n. 145, pubblicato nella G.U. 22 aprile 1981, n. 110), il contenuto del citato

regolamento è stato ripubblicato, con lievi modifiche, sotto la forma di manuale, entrato in vigore il 1^

febbraio 1984, con il titolo di «Norme e procedure operative per i servizi del traffico aereo – Manuale

operativo ATS» (peraltro, nella sezione RAC-RS del manuale operativo ATS, alla seconda parte, viene

precisato che, per quanto riguarda la loro attinenza con i documenti O.A.C.I., essi sono in armonia con le

norme e le raccomandazioni degli Annessi 2 e 11 e con il contenuto dei DOC- O.A.C.I. 4444 e 7030.

159 Per quanto riguarda il recepimento delle norme contenute in questo Allegato nel nostro ordinamento,

la pubblicazione nazionale ufficiale di informazioni aeronautiche, AIP-Italia, nella parte MET. 0.9.1,

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tazione tecnica della Organizzazione meteorologia mondiale (WMO). Altri

riferimenti, nella Convenzione, si trovano all’art. 28, lett. a.

L’Allegato n. 4 - carte aeronautiche (Aeronautical Charts) fu

adottato dal Consiglio, in forza dell’art. 37, lett. i, il 16 aprile 1948.

L’entrata in vigore fu fissata al 1° marzo 1949. La materia è curata

dalla Divisione MAP (Aeronautical Charts) L’allegato impegna gli Stati

contraenti a rendere comunque disponibili queste carte con gli

adeguamenti e gli aggiornamenti necessari160. Altri riferimenti, nella

Convenzione, si trovano nell’art. 28, lett. c.

L’Allegato n. 5 - unità di misura (Units of Measurement to be

used in Air and Ground Operations) fu adottato dal Consiglio, sulla base

dell’art. 37, il 16 aprile 1948. L’entrata in vigore fu fissata al 15

settembre 1948 e l’applicabilità degli standards in esso previsti fu fissata

al 1° gennaio 1949. L’allegato riporta le specifiche per l’uso di un

sistema standardizzato di unità di misura relative alle operazioni, in aria

e a terra, dell’aviazione civile. Il sistema si basa sull’International

precisa che: «sono applicati gli standards, le pratiche raccomandate e le procedure contenute nell’Allegato

n.3 e nel DOC. 7030, parte IV».

160 L’AIP- Ialia, nella parte MAP.1.3.1, precisa che: «le norme adottate sia per la compilazione della

base geografica che per la rappresentazione degli elementi aeronautici, sono quelle contenute nei capitoli 2

e 10 dell’Allegato n. 4 alla Convenzione O.A.C.I., salvo le eccezioni indicate».

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System of Units (SI) , sviluppato e curato dalla Conferenza generale

dei pesi e misure (C.G.P.M.).

Per quanto attiene all’Allegato n. 6 - operazioni degli aeromobili

(Operations of Aircraft), occorre precisare che il documento consta di due

parti separate, la prima dedicata al trasporto aereo commerciale e la

seconda all’aviazione generale. Il Consiglio, il 10 dicembre 1948,

adottò, in forza dell’art. 37, lett. e, gli standards e le pratiche

raccomandate, relativamente agli aeromobili adibiti al trasporto aereo

commerciale internazionale, che entrarono in vigore il 15 luglio 1949.

A base della normativa furono poste le raccomandazioni formulate

dalla Divisione OPS (Operations) nella sessione dell’aprile 1946. Altro

riferimento normativo è rinvenibile nell’art. 39, lett. a., della Convenzione.

Come detto sopra, la prima parte dell’allegato riguarda gli aeromobili

impiegati nei servizi aerei internazionali di linea e non di linea a scopo

commerciale. Il 2 dicembre 1968, il Consiglio adottò la seconda parte

dell’Allegato e, cioè, le norme e le raccomandazioni in materia di

esercizio tecnico degli aeromobili impiegati dall’aviazione generale

internazionale, che entrarono in vigore il 2 aprile 1969.

L’Allegato n. 7 - marche di nazionalità e immatricolazione (Aricraft

Nationality and Registration Marks) fu adottato dal Consiglio l’8 febbraio

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1949, in forza dell’art. 37, lett. f, della Convenzione, ed entrò in vigore il

1° luglio 1949. Base della normativa furono le raccomandazioni

formulate dalla Divisione AIR (Airworthness). Altri riferimenti, nella

Convenzione, si trovano negli artt. 12, 17, 18, 19, 20 21 e 29, lett. a.

Gli standards e le pratiche raccomandate relative all’Allegato n. 8 -

navigabilità degli aeromobili (Airworthiness of Aircraft) vennero adottate

dal Consiglio, in forza dell’art. 37, lett. e, il 1° marzo 1949 ed entrarono

in vigore il 1° settembre 1949.

Esso si basa sulle raccomandazioni formulate, tra il 1946 e il 1947,

dalla Divisione AIR (Airworhtiness). Altri riferimenti, nella

Convenzione, si trovano negli artt. 29, lett. b., 31 e 33. Obiettivo di

questo allegato, in attuazione dell’art. 33, è la definizione, per

l’applicazione da parte degli Stati membri, degli standards minimi di

certificazione della navigabilità degli aeromobili, al fine di garantire la

sicurezza dei servizi di navigazione aerea, dei terzi e della proprietà.

L’Allegato n. 9 - Facilitazioni (Facilitations), le cui norme e pratiche

raccomandate furono elaborate dalla Divisione FAL, fu adottato dal

Consiglio O.A.C.I. il 25 marzo 1949, in forza dell’art. 37, lett. j, della

Convenzione ed entrò in vigore il 1° settembre 1949. Una serie

piuttosto numerosa di sessioni della Divisione FAL hanno prodotto una

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graduale rielaborazione dell’Allegato161. Il testo odierno risente, in

modo notevole, delle modifiche apportate dalla Divisione FAL nella

sua decima sessione ( Montreal - settembre 1988 ).

Norma fondamentale per la materia contenuta in questo Allegato è

l’art. 22 della Convenzione. Esso raccomanda l’adozione da parte degli

Stati membri di regolamenti atti a «facilitare ed accelerare la

navigazione di aeromobili tra i territori degli Stati contraenti ed evitare

di ritardare inutilmente gli aeromobili, gli equipaggi, i passeggeri e i

carichi particolarmente in applicazione delle leggi relative

all’immigrazione, alla sanità, alla dogana e al rilascio». Inoltre, l’art. 23

impegna gli Stati membri ad emanare regolamenti di dogana e di

immigrazione concernenti la navigazione aerea conformi alle pratiche e

agli standars stabiliti o raccomandati dalla Convenzione stessa.

161 L’incidenza delle prescrizioni di questo Allegato è molto rilevante sugli aspetti organizzativi,

economici e sull’immagine del trasporto aereo nazionale. Del resto, nell’ambito del Ministero dei

trasporti, a partire dai primi anni ottanta, opera un organismo interministeriale che si occupa del graduale

allineamento a questi standards. Questo organismo, denominato Comitato nazionale facilitazioni, opera in

un quadro di notevole frammentazione di competenze ed in presenza di normative autonome e di diversa

ispirazione che evidenziano momenti di frizione e difficoltà di realizzare progetti di armonizzazione per

rispondere alle esigenze degli standards internazionali (l’AIP-Italia, nella parte FAL.3.1., da informazione

che le facilitazioni per il trasporto aereo internazionale sono, per quanto possibile, in accordo con le

previsioni dell’Allegato n. 9 e che continui sforzi vengono fatti attraverso il Comitato nazionale FAL per

la eliminazione delle differenze tra la regolamentazione nazionale e quella O.A.C.I.).

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Altri principi ispiratori per questa materia si ricavano da numerosi

articoli della Convenzione (artt. 10, 11, 13, 14, 16, 24 e 29) da cui, in

sintesi, emerge che tutte le procedure doganali, sanitarie e di polizia relative

al movimento di aeromobili, equipaggi, persone e merci dovrebbero essere

allineate con quelle relative alle altre modalità di trasporto ed essere,

comunque, tali da non svilire la principale peculiarità del trasporto aereo, e

cioè la rapidità. Al fine di rendere effettivo l’impegno degli Stati in questo

campo, l’Allegato n. 9 raccomanda, altresì, ai medesimi di istituire appositi

Comitati nazionali ed aeroportuali per il coordinamento delle attività di

tutti i ministeri ed organismi preposti ai settori specifici delle facilitazioni

aeronautiche.

Passando al tema delle telecomunicazioni aeronautiche162, le prime

norme e raccomandazioni in materia furono adottate dal Consiglio il 30

maggio 1949, in forza dell’art. 37, lett. a, della Convenzione, sotto il

titolo di Allegato n. 10 (Aeronautical Telecomunications). Queste norme

e pratiche raccomandate si ispirano alle raccomandazioni formulate dalla

Divisione COM (Communications) nel gennaio 1949. L’allegato è

diviso in due parti, la prima comprende norme e raccomandazioni riferite

162 Per quanto attiene alla nostra regolamentazione interna in materia, alcuni riferimenti agli standards

O.A.C.I. figurano nella parte ottava del manuale dedicato alle norme e procedure per i nostri servizi del

traffico aereo (vedi , supra, nota n. 158, p. 115).

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ai materiali e sistemi di telecomunicazione, mentre la seconda parte

riguarda le procedure di telecomunicazione. Altro riferimento al riguardo è

rinvenibile nell’art. 28, lett. a e b.

L’Allegato n. 11 - Servizio di Traffico Aereo (Air Traffic Service)

fu adottato dal Consiglio, in conformità dell’art. 37, lett. c, il 25 febbraio

1946. Questo Allegato si ispira alle raccomandazioni formulate dalla

Divisione RAC (Rules of the Air and Air Traffic Control) ed è stato

oggetto di successiva rielaborazione ad opera della Commissione per la

navigazione aerea. Insieme al n. 2, l’Allegato n.11 regola l’applicazione

delle procedure per i servizi della navigazione aerea (Regole dell’Aria e

Servizi di Traffico Aero). Esso si occupa, in particolare, della definizione e

suddivisione dello spazio aereo, degli uffici operativi e dei servizi del

traffico aereo necessari a promuovere un sicuro, ordinato e spedito

svolgimento del traffico aereo. In esso è rinvenibile una netta distinzione

tra i vari servizi ATS (Air Traffic Services) e cioè “servizio di controllo del

traffico aereo” (ATC – Air Traffic Control), “servizio di informazioni per il

volo” (FIS – Flight Information Service) e “servizio di allarme” (AS –

Alerting Service). Questo Allegato, sempre unitamente al n. 2, si prefigge

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di garantire che la navigazione sulle rotte internazionali possa svolgersi in

condizioni di uniformità, sicurezza ed efficienza per le operazioni aeree 163.

Nel dicembre 1946 la Divisione SAR (Search and Rescue) definì

un progetto di Allegato alla Convenzione contenente norme e

raccomandazioni in materia di ricerca e soccorso. Le norme contenute in

questo progetto furono ulteriormente sviluppate dal Segretariato e dalla

Commissione per la Navigazione Aerea ed infine sottoposte

all’approvazione del Consiglio. Seguirono altre elaborazioni fino alla

adozione, come Allegato n. 12, che avvenne il 25 maggio 1950, in

conformità dell’art. 37 della Convenzione.

Altri pertinenti riferimenti per questo Allegato sono contenuti nell’art.

25, che pone a carico degli Stati contraenti precisi impegni di assistenza e

collaborazione per le situazioni di pericolo (distress) in cui possano essere

coinvolti gli aeromobili164. Questo Allegato prevede l’istituzione, il

163 Vedi, supra, nota n. 158, p. 115.

164 Il Chapter V dell’Annex 12, relativo alle operazioni cosiddette SAR (Search and Rescue) prevede

tre distinte fasi nella gestione di una situazione di emergenza e delle relative operazioni di ricerca e

salvataggio. La prima fase, denominata “uncertainty phase”, scatta in caso di perdita del contatto radio con

l’aeromobile in volo o, quando trascorso un certo lasso di tempo dall’orario previsto di arrivo

dell’aeromobile, risulti che questo non è giunto a destinazione. Durante questa fase gli enti e le

organizzazioni responsabili del coordinamento del servizio del soccorso aereo (Rescue Co-ordination

Center/RCC) provvedono all’attivazione dei loro protocolli di allertamento assumendo e valutando tutte le

informazioni pertinenti del caso. A seconda delle circostanze, la “uncertainty phase” può evolversi nella

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mantenimento e l’esercizio continuato di servizi di ricerca e salvataggio sui

territori degli Stati contraenti e sui mari vicini in cooperazione con i servizi

dei paesi limitrofi165.

L’Allegato n. 13 - inchieste sugli incidenti aerei (Aircraft Accident

Investigation) fu adottato dal Consiglio, in forza dell’art. 37, lett. k, in

data 11 aprile 1951166. Esso si basa sulle raccomandazioni formulate

successiva fase di “alert phase”, nella quale il Centro di coordinamento del soccorso provvede al allertare

immediatamente l’appropriato servizio di ricerca e soccorso (SAR), onde dare inizio alle azioni necessarie.

La successiva fase di “distress phase” viene dichiarata quando vi sia la ragionevole certezza che

l’aeromobile sia effettivamente in pericolo o quando si abbia la conoscenza diretta di una situazione di

pericolo. In questa fase, il Centro di coordinamento del soccorso (RCC) assume la responsabilità di

attuare tutte le azioni necessarie per prestare assistenza all’aeromobile in distress e nel determinare la sua

posizione il più rapidamente possibile.

165 Nella pubblicazione AIP-Italia, alla parte SAR (Search and rescue) sono contenute informazioni

generali e specifiche sul servizio nazionale di ricerca e soccorso e sulle procedure ad esso relative. La parte

introduttiva della citata sezione AIP-Italia si apre con la seguente asserzione: «Il servizio soccorso aereo in

Italia è organizzato in accordo agli standards internazionali ed alle pratiche raccomandate dell’O.A.C.I.».

Nella stessa sezione sono ancora citatati i seguenti documenti O.A.C.I. applicabili: Annesso 10

(telecomunicazioni aeronautiche); Annesso 12 (ricerca e soccorso); Annesso 13 (inchieste sugli incidenti

aerei); DOC. 8400 (codici ed abbreviazioni delle telecomunicazioni); DOC. 7030 (procedure

supplementari regionali per i servizi di allerta e di ricerca e soccorso applicabili nella Regione EUR);

DOC. 7333-AN/859/2 (manuale per la ricerca ed il soccorso).

166 Gli standard e le procedure raccomandate per le inchieste sugli incidenti aerei vennero approvati per

la prima volta dal Consiglio dell’O.A.C.I. l'11 aprile 1951, in accordo con quanto previsto nell'articolo 37

della Convenzione e vennero identificati come Allegato 13. Gli standards e le procedure raccomandate

erano basati sulle raccomandazioni emesse, nel febbraio 1946, dalla divisione per le indagini tecniche sugli

incidenti nel corso della sua prima sessione; tali raccomandazioni vennero successivamente ampliate nel

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dalla Divisione AIG (Aircraft Accident Investigation) nella sua prima

sessione del febbraio 1946.

febbraio 1947, nel corso della seconda sessione di attività della divisione. La quattordicesima sessione

dell'Assemblea (Roma, agosto-settembre 1962) prese in esame l'argomento delle indagini tecniche sugli

incidenti e adottò le Risoluzioni A14-22 e A14-27, appendice P. La prima di tali risoluzioni invitava il

Consiglio a: a) studiare la possibilità di introdurre una procedura unificata, da utilizzarsi da parte degli

Stati, per rendere sollecitamente disponibili le relazioni relative alle indagini tecniche e alle inchieste sugli

incidenti, in modo particolare quando dette indagini ed inchieste si riferiscono ai grandi velivoli da

trasporto di recente introduzione, così che la diffusione di tali relazioni fra tutti gli Stati aderenti possa

essere migliorata; b) studiare la fattibilità di elaborazione di procedure per mezzo delle quali lo Stato di

costruzione oppure lo Stato che ha provveduto per la prima volta alla certificazione del tipo di aeromobile

possa, in casi da stabilirsi e su invito dello Stato nel cui territorio si è verificato l'incidente, rendere

disponibili tecnici competenti per offrire consigli e suggerimenti o perché detti tecnici possano essere

consultati, in caso di necessità, nel corso delle indagini tecniche sugli incidenti; oltre a ciò, alla luce dei

risultati di tale studio: d) stabilire i mezzi più adatti per far sì che possa essere ricavato il massimo

vantaggio dalle conoscenze specialistiche di tali esperti e, dopo aver raggiunto tale risultato, informarne in

proposito tutti gli Stati aderenti e, inoltre, e) esortare tutti gli Stati aderenti ad avvalersi di tali esperti in

modo da contribuire alla sicurezza nell'esercizio del volo. La Risoluzione A14-22, inoltre, esortava tutti gli

Stati aderenti a provvedere, nei riguardi dello Stato di costruzione, oppure dello Stato che ha provveduto

per la prima volta alla certificazione del tipo di aeromobile, a notificare tempestivamente, ogni qualvolta si

ritenga che tale azione sia opportuna, il verificarsi degli incidenti aeronautici, con particolare riguardo agli

incidenti nei quali sono coinvolti i grandi velivoli da trasporto di recente introduzione. Oltre a ciò, con la

Risoluzione A14-27, appendice P, l’Assemblea decideva che riguardo alle indagini tecniche sugli

incidenti, riveste grande importanza, per il miglioramento generale della sicurezza nell'esercizio del volo, il

fatto che uno Stato aderente, nel cui territorio si sia verificato un incidente, comunichi allo Stato di

costruzione, nel più breve tempo possibile, ogni informazione pertinente che risulti dall'inchiesta e che

possa comportare implicazioni sulla aeronavigabilità riguardanti il tipo di aeromobile coinvolto o gli

equipaggiamenti compresi nello stesso aeromobile, oppure ogni informazione che possa essere utilizzata

per migliorare la sicurezza nell'esercizio del volo. In seguito, la Quindicesima Sessione dell'Assemblea

(Montreal, Giugno-Luglio 1965) adottò la Risoluzione A15-8, Appendice P, che rafforzò e sostituì le

Risoluzioni A14-22 e A14-27, Appendice P e, nel contempo, risolse la clausola 2 della Risoluzione

A14-22.

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Sebbene l'Allegato 13 sia stato adottato in coerenza con quanto

stabilito nell'articolo 37 della Convenzione, le inchieste sugli incidenti aerei

sono anche argomento dell'articolo 26. Quest'ultimo articolo stabilisce

l'obbligo, a carico dello Stato in cui l'incidente aereo si verifica, di disporre

un'inchiesta in certe circostanze e, compatibilmente con quanto stabilito

dalle proprie leggi, di condurre tale inchiesta in accordo con le procedure e

con gli standards O.A.C.I.

Lo stesso articolo 26, tuttavia, non preclude agli Stati la possibilità di

intraprendere ulteriori iniziative nel campo delle indagini tecniche sugli

incidenti e, d'altra parte, deve essere tenuto presente che le procedure

stabilite nell’Allegato in questione non si applicano unicamente ad

un'inchiesta disposta per ottemperare ai requisiti dell'articolo 26, ma, in

circostanze ben definite, dette procedure si applicano ad inchieste svolte per

ogni incidente aeronautico entro i termini della definizione di incidente

contenuta nell’Allegato medesimo 167.

167 Allo scopo di mantenere una corretta interrelazione fra quanto stabilito nell'articolo 26 e le

disposizioni dell’Allegato 13, nella redazione di quest’ultimo sono stati osservati i seguenti principi: a)

L'articolo 37 della Convenzione è l'articolo dominante ai fini della preparazione di un allegato avente per

oggetto le inchieste sugli incidenti aerei; tuttavia nello stesso Allegato, nulla deve essere in contraddizione

con il contenuto dell'articolo 26 o di qualsiasi altro articolo della Convenzione, né può esservi alcuna

disposizione che violi lo spirito e l'intento della Convenzione; b) Salvo quanto stabilito alla lettera a) che

precede, l'allegato può trattare ogni argomento pertinente alle indagini tecniche sugli incidenti,

indipendentemente dal fatto che detto argomento sia o non sia espressamente trattato dall'articolo 26 o da

qualsiasi altro articolo della Convenzione. Ad esempio non sarebbe da considerarsi in contraddizione con

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126

In ogni caso, le procedure e gli standards stabiliti in questo Allegato

sono precipuamente finalizzate alla prevenzione di altri incidenti e non alla

ricerca delle responsabilità. A questo fine è previsto che i rapporti di

inchiesta sugli incidenti ricevano tempestiva diffusione tra gli Stati membri,

specie nei casi di incidenti occorsi a grandi aerei da trasporto.

L’Unione Europea ha posto le basi per l’adozione della normativa

O.A.C.I. contenuta nell’Allegato n. 13 in area comunitaria con la Direttiva

94/56/CE 168 che stabilisce i criteri fondamentali in materia di inchieste sugli

incidenti e inconvenienti dell’aviazione civile, in linea con i principi fissati

dalla Convenzione di Chicago.

Gli standards e pratiche raccomandate sulle caratteristiche degli

aerodromi e delle piste di volo, in forza dell’art. 37, lett. b, della

Convenzione, furono adottati dal Consiglio, il 29 maggio 1951, come

Allegato n. 14 - aerodromi (Aerodromes). La normativa si basa sulle

raccomandazioni formulate dalla Divisione AGA (Aerodromes and

il contenuto della Convenzione se nell'allegato venissero trattati i diritti e gli obblighi degli Stati che non

siano lo Stato di immatricolazione e lo Stato nel quale l'incidente si è verificato; analogamente l'allegato

può stabilire quali privilegi debbano essere riconosciuti agli osservatori che l'articolo 26 prevede debbano

essere presenti all'inchiesta.

168 L’Italia ha dato attuazione alla Direttiva U.E. in argomento a mezzo del recente D.Lg. del 25

febbraio 1999, n. 66 (pubblicato nella Gazz. Uff. del 22 marzo 1999, n. 67, S.O.) che ha istituito

l’Agenzia nazionale per la sicurezza del volo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

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Ground Aids) nella sessione del novembre 1949. Altri riferimenti

pertinenti in materia sono contenuti nell’art. 28 della Convenzione.

L’Allegato n. 14 contiene prescrizioni circa le caratteristiche fisiche, le

superfici di rispetto e le limitazioni degli ostacoli che debbono essere

osservate per gli aerodromi, nonché l’elencazione di alcune facilitazioni che

debbono, normalmente, essere fornite su di essi. La maggior parte delle

raccomandazioni contenute nell’Allegato n. 14 hanno l’obiettivo di

migliorare la sicurezza delle operazioni di volo a terra e nelle delicate fasi di

avvicinamento e decollo, allorquando l’aeromobile si trova a manovrare in

prossimità degli ostacoli al suolo169.

L’Allegato n. 14 è suddiviso in due volumi, il primo trova applicazione

per tutti gli aerodromi aperti all’uso pubblico in aderenza con i requisiti

specificati dall’art. 15 della Convenzione ed esso, che nel corso degli anni

ha subito ben trentanove emendamenti, riflette quattro diversi aspetti degli

169 In materia di realizzazione, adeguamento e gestione di aerodromi e relativi impianti, sia direttamente

che indirettamente, l’autorità amministrativa nazionale competente segue le prescrizioni dell’Allegato

n. 14 considerato, appunto, una guida pressoché inderogabile. Le caratteristiche fisiche dei nostri aeroporti,

la rimozione e la segnalazione degli ostacoli alla navigazione aerea, la tipologia ed il funzionamento degli

aiuti visuali al suolo, nonché le attrezzature aeroportuali sono in pratica ricondotte agli standards

O.A.C.I.. Nella pubblicazione AIP-Italia, alla sezione AGA, si asserisce che in materia di ostacoli alla

navigazione vi è conformità tra la legislazione interna e la normativa O.A.C.I.. Ancora, si asserisce, per

quanto riguarda le restanti norme O.A.C.I. relative alle caratteristiche fisiche degli aeroporti, che esse

vengono, in pratica, applicate dall’amministrazione aeronautica italiana.

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aeroporti e delle relative installazioni e cioè la progettazione, il disegno, le

operazioni e gli equipaggiamenti aeroportuali. Di recente sono state emesse

le prescrizioni per gli eliporti, contenute nel secondo volume dell’Annesso

n. 14. Le specificazioni contenute nel secondo volume dell’Annesso n. 14

modificano ovvero sono complementari a quelle del primo volume che, in

qualche caso, sono applicabili anche agli eliporti.

L’Allegato n. 15, concernente i servizi di informazioni aeronautiche

(Aeronautical Informations Services), trae la sua origine da particolari

procedure internazionali stabilite dall’O.A.C.I. denominate PANS – AIS

(Procedures for Air Navigation Services), che nel 1952 furono rivisti dalla

Divisione AIS (Aeronautical Informations Services) e furono oggetto di

successiva rielaborazione da parte della Commissione per la navigazione

aerea. Il 15 maggio 1953, in forza dell’art. 37 della Convenzione, il

Consiglio adottò questi standards e pratiche raccomandate sotto forma di

Allegato n. 15, che entrò in vigore 1° aprile 1954.

Scopo dei servizi di informazioni aeronautiche è quello di assicurare il

flusso delle informazioni necessarie per la sicurezza, la regolarità e

l’efficienza della navigazione aerea internazionale 170. E’ questa una delle

170 L’Annesso n. 15 indica due fondamentali pre-requisiti nella fornitura dei servizi di informazioni

aeronautiche, la prima è che l’ente responsabile della emissione delle informazioni sia perfettamente a

conoscenza delle esigenze del destinatario/utente, la seconda è che l’utilizzatore delle informazioni deve

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funzioni preminenti dell’O.A.C.I. il cui compito è essenzialmente quello di

coordinare e controllare la funzionalità e l’efficienza dei servizi di

informazione aeronautica forniti dagli Stati membri171 i quali curano la

pubblicazione di appositi documenti e circolari denominati A.I.P.

assicurarsi di avere ricevuto tutte le informazioni disponibili e rilevanti in relazione alle sue esigenze (ciò

vale in particolare per il pilota e per tutto il personale interessato alle operazioni del volo). Punto

essenziale, ai fini della comprensione delle informazioni, è la metodologia utilizzata per rendere le stesse

disponibili in linguaggio semplice e intelligibile e, a tal riguardo, l’Allegato n. 15, specifica chiaramente

che queste informazioni dovrebbero essere concise e rese disponili in formato semplificato che copra «any

item which departs from the norm pertaining to the next segment of a route being flown ». La distribuzione

di queste informazioni avviene sotto il controllo e le responsabilità delle autorità nazionali degli Stati

membri dell’O.A.C.I., le quali curano la pubblicazione di apposite raccolte denominate AIP (Aeronautical

Information Publication), NOTAM (Notice to Airman) e delle c.d. AIC (Aeronautical Infomation

Circular).

171 L’AIP-Italia, come più volte accennato, è esso stesso un compendio di informazioni attinenti ai nostri

servizi aeronautici allineato con le normative e le raccomandazioni dell’Allegato n. 15. La stessa

suddivisione della pubblicazione suddetta ricalca, sia pure in parte, la sistematica seguita dalla normativa

O.A.C.I.. Nell’AIP-Italia Abbiamo infatti le seguenti sezioni: GEN (generale); AGA (aeroporti); COM

(comunicazioni); MET (meteorologia); RAC (regole dell’aria e servizi della circolazione aerea); FAL

(facilitazioni); SAR (ricerca e soccorso); MAP (carte aeronautiche). Ancora, nel manuale AIS-RS 1/2 ,

dal titolo «Norme per l’emanazione, diffusione, validità, distribuzione, composizione e richiesta dei

NOTAM», nella premessa appare la seguente affermazione: «Le presenti norme, conformi alle

pubblicazioni O.A.C.I.: Annesso 15, DOC. 7910, DOC. 8126 AN/872, DOC. 8400, DOC. 8585,

definiscono le modalità relative alla emanazione, diffusione, validità, distribuzione, composizione e

richiesta dei NOTAM».

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(Aeronautical Informations Publication), A.I.C. (Aeronautical Informations

Circular) e NOTAM (Notice to Airman) 172.

L’Allegato n. 16 - protezione ambientale (Eviromental protection) e

rumore degli aeromobili (Aircraft noise), nella sua ultima edizione del

1981 vol. 1 e 2, contiene norme e raccomandazioni in materia di rumore

degli aeromobili nelle aree limitrofe agli aerodromi e delle relative

certificazioni e misurazioni, nonché norme disciplinanti il divieto di

emissione o rilasciato nell’atmosfera di agenti inquinanti, quali combustibili

e monossido di carbonio. Esso fu adottato dal Consiglio il 2 aprile 1971,

in forza dell’art. 37. Antecedenti storici di elaborazione di questo allegato

furono la Conferenza di Londra del novembre 1966, la Va Conferenza di

navigazione aerea di Montreal del novembre 1967, l’Assemblea riunitasi a

172 L’acronimo NOTAM (notice to airmen) venne utilizzato per la prima volta nel 1949. Nel 1951 esso

venne applicato come Procedures for Air Navigation Services ed inserito negli standards dell’Allegato

n.15, che nel corso degli anni a subito ben ventisei emendamenti. Per una interessante ipotesi di

formazione di fattispecie di consuetudine «praeter legem» in ordine al comportamento dell’autorità

amministrativa in sede di applicazione, in via di fatto, dell’Allegato n. 15 (che prevede in generale, che

ogni Stato firmatario o aderente assicuri un servizio di informazioni aeronautiche riguardanti la

navigazione aerea sul territorio nazionale in modo da soddisfare le esigenze internazionali per un rapito

scambio dei dati necessari allo sviluppo della navigazione aerea), vedi, ROSSI, Brevi riflessioni in merito

ai «Notams», in Dir. aer., 1980, p. 427.

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Buenos Aires nel settembre 1968 e la Riunione di Montreal del novembre-

dicembre 1969 173.

La materia di cui all’Allegato n. 17 - misure di sicurezza a tutela

dell’aviazione civile internazionale contro gli atti di interferenza illecita

(Security Safeguarding International Civil Aviation Against Acts of

Unlawful Interference) fu, invece, elaborata dal Consiglio in virtù di alcune

risoluzioni adottate dall’ Assemblea generale dell’O.A.C.I. in conseguenza

del drammatico incremento di atti di pirateria aerea che avversarono e

afflissero la sicurezza dell’aviazione civile verso la fine degli anni sessanta.

Il 22 maggio 1974, in forza dell’art. 37, si ebbe l’adozione di questi

standards e pratiche raccomandate come Allegato n. 17 alla Convenzione.

Lo stesso entrò in vigore il 22 agosto 1974, con applicabilità dal 27

febbraio 1975. Secondo i principi enunciati in questo Allegato, la sicurezza

dell’aviazione civile internazionale impone ad ogni Stato di predisporre

piani e procedure che garantiscano un livello di sicurezza adeguato alle

normali condizioni di esercizio della navigazione aerea.

173 La C.E.E., con una Direttiva emanata il 20 dicembre 1979, ha posto le basi per l’applicazione in

ambito comunitario della normativa O.A.C.I. contenuta nell’Allegato n. 16. Vedi: Direttiva (C.E.E.) n.

80/51 del 20 dicembre 1979, concernente la limitazione delle emissioni sonore degli aeromobili subsonici,

così come modificata dalla successiva direttiva (C.E.E.) n. 83/206 in data 21 aprile 1983. L’Italia ha dato

attuazione alla Direttiva C.E.E. in argomento a mezzo del D.M. 3 dicembre 1983, concernente l’obbligo

di certificazione acustica dei velivoli (Pubblicato nella Gazz. Uff. 9 gennaio 1984, n. 8).

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L’Allegato n. 18 - misure di sicurezza per il trasporto aereo di merci

pericolose (The safe transport of dangerous goods by air) fu adottato dal

Consiglio il 26 giugno 1981 e l’applicabilità fu fissata al 1° gennaio

1984. Esso fu elaborato dalla Commissione per la navigazione aerea, su

sollecitazione degli stati membri, sulla base dei regolamenti per la sicurezza

del trasporto dei materiali radioattivi adottati dalla AEA. (Atomic energy

agency) e delle raccomandazioni formulate in materia dal Comitato di

esperti per il trasporto di merci pericolose in seno alle Nazioni Unite174.

174 Questo Comitato ha elaborato nove classi di prodotti e/o sostanze a rischio, valide, peraltro, per tutte

le modalità di trasporto, e precisamente: class 1 includes explosives of oll kinds, such as sporting

ammunition, fireworks and signal flares; class 2 compraises compressed or liquefied gases which may

also be toxic or flammable. Examples are cylinders of oxygen and refrigerated liquid nitrogen; class 3

substances are flammable liquids including gasoline, lacquers, paint thinners, etc..; class 4 covers

flammable solids, spontaneously combustible materials and materials witch, when in contact with water,

exit flammable gases (examples are some powered metals, cellulose type film and charcoal); class 5

covers oxidizing material, some being bromates, chlorates or nitrates; this class also cover organic

peroxides which are both oxygen carriers and very combustible; Poisonous or toxic substances, such as

pesticides, mercury compounds, etc.., comprise class 6, together with infectious substances which must

sometimes bi shipped for diagnostic or preventative purposes; Radioactive material are in class 7: these

are mainly radioactive isotopes needed for medical or research purposes but are sometimes contained in

manufactured articles like heart pacemakers or smoke detectors; Corrosive substances which may be

dangerous to human tissue or which pose a hazard to the structure of an aircraft are dealt with in class 8

(for example, caustic soda, battery fluid, paint remover); finally, class 9 is a miscellaneous category for

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2) Caratteri comuni degli Allegati.

Un Allegato consta in genere di diversi elementi, i quali però non sono

necessariamente tutti presenti nello stesso Allegato. In primo luogo vi è

l’Allegato propriamente detto, costituito, precisamente, dalle norme

(international standards) e dalle pratiche raccomandate (recommended

practices), intendendosi per norma qualunque prescrizione riguardante

caratteristiche fisiche, configurazione, materiali, prestazioni, personale o

procedura, la cui uniforme applicazione è riconosciuta necessaria per la

sicurezza o la regolarità della navigazione aerea internazionale ed alla quale

gli Stati contraenti si adegueranno in conformità con la Convenzione. Per

pratica raccomandata si suole considerare, invece, qualsiasi prescrizione

riguardante le caratteristiche fisiche, configurazione, materiali, prestazioni,

personale e procedura, la cui uniforme applicazione è riconosciuta

desiderabile per la sicurezza, la regolarità o l’efficienza della navigazione

aerea internazionale ed alla quale gli Stati contraenti si sforzeranno di

adeguarsi in armonia con la Convenzione. Vi sono quindi le appendici,

contenenti disposizioni che si è ritenuto conveniente raggruppare

separatamente e che comunque fanno parte delle norme e pratiche

other materials which are potentially hazardous in air transport, such as magnetized materials which

could affect the aircraft’s navigational systems.

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raccomandate adottate dal Consiglio. Altro elemento è costituito dalle

definizioni dei termini usati nelle norme e pratiche raccomandate, quando

il loro significato non è correntemente accettato, riportate in coda al testo

dell’allegato (una definizione non ha un valore giuridico indipendente, ma è

parte essenziale di ciascuno standard o procedura raccomandata nel quale è

utilizzata, poiché una diversa interpretazione del significato del termine

potrebbe avere effetti sull’applicazione di detti atti). Quindi vi sono i testi

dei quali il Consiglio ha approvato la pubblicazione nello stesso documento

delle norme e pratiche raccomandate. Tali testi comprendono: una

premessa, intesa a fornire la genesi delle norme e pratiche raccomandate ai

quali sono collegati i testi pubblicati, come pure le indicazioni esplicative

che precisano gli obblighi degli Stati contraenti per quanto concerne

l’applicazione delle norme e pratiche raccomandate, ai sensi delle

disposizioni della Convenzione e della risoluzione di adozione;

l’ntroduzione, comprendente notizie di carattere esplicativo inserite

all'inizio delle varie parti, capitoli, o sezioni dell'allegato, aventi lo scopo di

facilitare la comprensione del testo; le note, che sono inserite nel testo

quando sia necessario fornire indicazioni o informazioni concrete circa

determinate norme e pratiche raccomandate (tali note non fanno parte della

norma e della pratica raccomandata di cui trattasi) o per stabilire dei

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riferimenti con gli standard e procedure raccomandate in questione; infine, i

documenti a corredo (attachments), comprendenti materiale complementare

agli standard e alle procedure raccomandate, oppure materiale incluso per

essere utilizzato come guida applicativa agli stessi standard e procedure

raccomandate degli allegati, contenenti disposizioni complementari a quelle

norme e pratiche raccomandate.

Nella stesura degli Allegati i redattori osservano alcune regole di

redazione allo scopo di facilitare la comprensione del carattere e della

funzione di ciascuna disposizione175. Relativamente alla terminologia

utilizzata nel testo delle disposizioni contenute negli Allegati vengono

osservate le seguenti regole: per gli Standard sono utilizzati termini

perentori, quali: «deve», «è tenuto a», «ha l'obbligo di»; per le procedure

raccomandate sono utilizzati termini quali: «è invitato a», «è opportuno che

provveda a», ecc. Ogni riferimento ad una parte del documento identificata

da un numero di paragrafo, deve intendersi che includa tutti i sottoparagrafi

che discendono dallo stesso paragrafo al quale essa fa riferimento.

Le norme e pratiche raccomandate internazionali contenute nei vari

Allegati sono pubblicate nelle lingue inglese, francese, spagnola e russa e

175 precisamente: il testo relativo agli standards è presentato in caratteri normali; quello relativo alle

procedure raccomandate è, invece, presentato in corsivo ed il carattere e la funzione particolari di queste

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ogni Stato deve scegliere un testo in una delle lingue ufficiali, ai fini previsti

dalla Convenzione e in particolare per l’applicazione degli stessi

nell’ordinamento interno, notificando all’Organizzazione la scelta fatta.

3) Il sistema di elaborazione e di adozione degli Allegati.

Passiamo ora ad illustrare il procedimento di elaborazione e di

adozione degli Allegati alla Convenzione di Chicago o degli emendamenti

agli Allegati già in vigore.

La stesura di uno schema di Allegato o di emendamento di un

Allegato già in vigore è , in genere, predisposta a cura del Segretariato, che

vi provvede a seguito di una complessa attività di ricerca, studio e analisi di

dati statistici e di segnalazioni relative a specifiche questioni tecniche

attinenti ad aspetti particolari della navigazione aerea internazionale. Al

termine di detta attività di elaborazione, il progetto di massima dell’Allegato

o di un suo emendamento viene sottoposto all’esame della Commissione per

la navigazione aerea. Osserviamo subito che lo schema viene preparato da

esperti e fino a questo momento gli Stati, in quanto tali, non intervengo

ancora nel procedimento.

ultime sono evidenziate dall'indicazione "Raccomandazione" (in grassetto); le note appaiono in corsivo ed

il loro carattere e funzione sono evidenziati dall'indicazione "Nota" (anch'essa in corsivo).

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Lo schema di Allegato così preparato è, quindi, sottoposto all’esame di

una Conferenza specializzata ovvero di una Conferenza tecnica composta di

delegati governativi al fine di poter prendere nota, e quindi tener conto,

delle osservazioni dei singoli governi. Il progetto di Allegato e le relative

osservazioni fatte pervenire dagli Stati vengono, quindi, nuovamente portati

all’esame della Commissione per la navigazione aerea che provvede ad

inoltrarli al Consiglio congiuntamente ad un rapporto.

A questo punto il Consiglio, ex art. 90 della Convenzione, delibera a

maggioranza dei due terzi di adottare il testo dell’Allegato. Dopo la

votazione e l’adozione dell’Allegato da parte del Consiglio, l’atto è

notificato agli Stati i quali, per parte loro, dovranno procedere alla sua

applicazione, salvo che non manifestino, entro termini prefissati, la loro

disapprovazione. Nel caso di emendamenti ad un Allegato, spetterà al

Consiglio esaminare le Raccomandazioni della Commissione per la

Navigazione aerea e procedere, secondo quanto stabilito dall’art. 90 della

Convenzione, alla loro adozione che, dal punto di vista procedurale, non si

differenzia dalla procedura di adozione integrale di un Allegato.

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Dopo aver brevemente176 passato in rassegna la procedura con cui si

giunge alla elaborazione, prima, e all’entrata in vigore, poi, di un allegato o

di un emendamento, ci sembra opportuno svolgere alcune considerazioni

accennando alle tesi elaborate al riguardo dalla dottrina prevalente.

Come già accennato, la Convenzione ha previsto la possibilità che gli

Stati contraenti possano manifestare il loro dissenso in merito all’adozione

di un Allegato o di un emendamento ad esso relativo e, quindi, l’entrata in

vigore177 ovvero l’esistenza di un Allegato178 verrebbe ad essere legata ad

una sorta di condizione sospensiva, consistente nella verifica del dissenso

degli Stati membri entro termini prefissati di tempo (tre mesi dalla

comunicazione agli Stati o un periodo più lungo se così stabilito dal

Consiglio).179

176 Per una completa descrizione del procedimento di creazione e adozione degli Allegati alla

Convenzione di Chicago, vedi: BUERGENTHAL, Law-Making in the International Civil Aviation

Organization, New-York, 1969, p. 62-65; FITZGERALD, The International Civil Aviation Organization -

A Case Study in the Implementation of Decisions of Functional International Organization, in The

Effectiveness of International Decisions, p. 170-171 (SCHWEBEL ed., 1971).

177 Cfr., MANKIEWICZ, L’adoption des annexes par le Conseil de l’O.A.C.I., in Festschrift für Ales

Meyer, Düsseldorf, 1954, p. 91; contra, LATTANTI, Organizzazione, op. cit., p. 250.

178 Cfr., MALINTOPPI, Le Raccomandazioni, op. cit., p. 210, e Ib., Considerazioni sugli allegati tecnici

alle Convenzioni internazionali relative all’aviazione civile», in Riv. dir. nav., 1951, p. 20 ss.

179 Finora gli Stati non hanno mai fatto uso di tale facoltà.

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Circa la natura e gli effetti di questa particolare forma di mani-

festazione tacita del consenso degli Stati membri, in dottrina, sono state

formulate numerose ipotesi dal contenuto talvolta del tutto antitetico.

Mentre alcuni autori180 ravvisano nell’attività svolta a tal riguardo dal

Consiglio una vera e propria funzione normativa internazionale, nel senso di

creazione di norme internazionali la cui entrata in vigore, sul piano

internazionale, sarebbe sospensivamente condizionata dalla manifestazione

tacita del consenso della maggioranza degli Stati membri, altri autori,

invece, vedono nell’attività in questione l’espletamento di una mera

funzione di elaborazione di norme la cui creazione, sul piano internazionale,

sarebbe poi perfezionata dal mancato dissenso ovvero dalla manifestazione

tacita della volontà della maggioranza degli Stati necessaria, appunto, per

rendere effettivo l’Allegato 181.

180 Crf., MANKIEWICZ, L’adoption, op. cit., p. 91 ss.; di entrata in vigore sul piano internazionale

parla anche il MONACO, riferendosi, però, al momento finale successivo all’approvazione tacita degli

Stati (Gli Allegati tecnici alla Convenzione di Chicago del 7 dicembre 1944 e l’0rdinamento interno

italiano, in Riv. dir. nav. 1957, p. 39 ss.).

181 Si darebbe, quindi, una «fonction législative minus quam perfecta», un «pouvoir d’initiative en

matière de création de la norme internationale…, mais sans le pouvoir de perfectionner la règle

juridique.»; cfr., ROS, Le pouvoir législatif international de l’O.A.C.l. et ses modalités, in Rev. gén.

air., 1953, p. 29 ss.

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Altri ravvisano, invece, nel compito assegnato al Consiglio

l’espletamento di una vera e propria funzione normativa interna, nel senso,

cioè, di creazione di norme che direttamente raggiungono i soggetti dei

diritti statali 182.

A nostro avviso, a poco rileva che la determinazione della nascita

dell’obbligo si verifichi al momento dell’adozione della normativa da parte

del Consiglio ovvero al momento della verifica del mancato dissenso da

parte degli Stati, in quanto l’espletamento di tale procedura comporta la

formazione di precetti specifici la cui obbligatorietà era già prevista in

termini astratti dalle norme del trattato istitutivo dell’O.A.C.I.183.

L’adozione della normativa in argomento attraverso il procedimento

complesso che prevede l’intervento sia del Consiglio che degli Stati

rappresenta, infatti, la condizione perché scatti l’obbligo internazionale di

conformità alla Convenzione di Chicago per gli Stati membri dell’O.A.C.I.

182 Di applicazione immediata parlano sia LE GOFF, Les anness techniques à la convention de Chicago,

in Rev. gèn. air.. 1956, p. 153, sia ARANGIO-RUIZ, Stati e altri enti (soggettività internazionale), in

Nuov. dig. it., XVIII, 1971 p. 192, anche se quest’ultimo in un senso del tutto diverso del precedente

autore, ma ugualmente inaccettabile. Nel caso dell’O.A.C.I., infatti, non si può parlare di attività statale

interna ed esterna, di attività, cioè che si «rivolge alle persone fisiche e giuridiche nazionali anziché…

rivolgersi ai soli Stati per indirizzarne la condotta», (ivi). 183 Cfr., LATTANZI, Organizzazione, op. cit., p. 248 ss.. (Ciò non significa, però, che queste norme

non raggiungano gli organi degli Stati, che anzi gli Allegati tecnici proprio ad essi spesso si rivolgono ed

in particolare agli organi amministrativi.).

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Sulla base delle osservazioni svolte argomentando in merito

all’adozione degli standards e delle pratiche raccomandate da parte del

Consiglio, si è visto che tale procedura prevede una fase iniziale nella

quale interviene l’Organizzazione attraverso il Consiglio e i vari organi

sussidiari e che vede una partecipazione sostanziale degli Stati, fase che si

conclude con l’approvazione formale da parte del Consiglio, e una fase

finale che vede l’intervento formale degli Stati, anche se soltanto attraverso

la manifestazione tacita del consenso.

Ora, è da notare che l’obbligo internazionale di conformità che impone

agli Stati di uniformare, con i limiti che vedremo, gli ordinamenti interni

alla normativa adottata dall’O.A.C.I. è stato astrattamente previsto nella

Convenzione di Chicago, nella quale però non sono state anche direttamente

formulate le norme di diritto uniforme, essendosi a tale scopo istituito,

invece, un apposito organo, il Consiglio, il cui lavoro continuo meglio

poteva garantire le necessità sempre in evoluzione di una regolamentazione

tecnica.

Mentre, però, nel caso di una Convenzione di diritto uniforme sono gli

stessi Stati, attraverso i loro plenipotenziari, a predisporre il testo della

normativa uniforme e sono sempre gli Stati a manifestare il consenso

attraverso l’atto di ratifica e ad emanare nei propri ordinamenti la normativa

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già formulata in allegato alla Convenzione internazionale, nel caso degli

Allegati tecnici la partecipazione degli Stati si realizza in modo pieno

soltanto nella fase preliminare di elaborazione, mentre nella fase finale di

adozione tale partecipazione si realizza in modo parziale.184

La previsione di una partecipazione passiva e ridotta degli Stati alla

fase finale è, del resto, stata possibile anche perché quando il contenuto

della normativa non è prettamente tecnico, esso rappresenta sempre una

specificazione di principi generali già fissati attraverso obblighi

astrattamente previsti dalla Convenzione185.

Attraverso l’istituzione dell’O.A.C.I. gli Stati hanno stabilito una

procedura diversa da quella tradizionalmente seguita nell’adozione delle

Convenzioni di diritto uniforme, allontanandosi però dalla procedura

tradizionale soltanto nella formulazione concreta dell’oggetto dell’obbligo

posto nella Convenzione, e neppure per tale aspetto, tuttavia, gli Stati hanno

184 E’ per questo che i negoziatori di Chicago, per controbilanciare questa partecipazione passiva e

ridotta degli Stati alla fase finale di adozione degli Allegati, hanno da un lato posto, per quasi tutti i

regolamenti, soltanto un obbligo di conformità nella misura del possibile, e, dall’altro previsto la

possibilità della notifica delle differenze. Cfr., LATTANZI, Organizzazione, op. cit., p. 249 ss..

185 Nell’introduzione all’Allegato n. 9 si afferma infatti che esso «sviluppa un certo numero di principi

contenuti all’interno di diversi articoli della Convenzione (artt. 10, 11, 13, 14, 16, 22, 23, 24 e 29)»; cfr.,

O.A.C.I., Annesso n. 9, p. 3.

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potuto del tutto abdicare allo strumento classico della manifestazione del

loro consenso 186.

L’approvazione tacita della maggioranza degli Stati, trascorso

l’intervallo di tempo prescritto dal momento della notifica agli Stati della

decisione del Consiglio, non può a nostro giudizio rappresentare una

condizione sospensiva dell’entrata in vigore della normativa, né

dell’esistenza della normativa medesima sul piano del diritto internazionale.

Peraltro, il mancato dissenso della maggioranza non può che rappresentare

la conclusione della fase finale del procedimento di adozione degli Allegati

tecnici, e cioè la formazione del consenso generale sull’entrata in vigore

degli obblighi previsti dalla Convenzione di Chicago ed il cui contenuto è

reso esplicito dagli Annessi in questione187.

186 Tale consenso del resto è solo formalmente quello della maggioranza degli Stati. Di fatto non vi è stata

finora nessuna disapprovazione di alcun Allegato o emendamento, essi sono stati, quindi, sempre

tacitamente approvati da tutti gli Stati.

187 La plausibilità di tale opinione è, del resto suffragata dalla prassi del Consiglio, tenuto conto del fatto

che esso, di norma, una volta approvato un Allegato o un emendamento, notifica tale approvazione agli

Stati fissando un termine entro il quale debbono pervenire le disapprovazioni e a partire dal quale, nel

caso non sia disapprovato dalla maggioranza degli Stati, l’Allegato «prederà effetto», e un termine a

partire dal quale la normativa «sarà applicabile». Il Consiglio, naturalmente, informa gli Stati del fatto che

l’Allegato è venuto ad esistenza. Lo scarto tra i due termini è del resto reso necessario proprio dal fatto

che per questa normativa il problema dell’entrata in vigore non è un problema che rileva sul piano del

diritto internazionale, ma soltanto sul piano dei singoli ordinamenti statali e perciò viene lasciato agli Stati

un lasso di tempo per permettere loro l’adozione di quella normativa interna che si renda necessaria,

oppure per la notifica delle differenze; cfr., MANIN, L’Organisation, op. cit., p. 133.

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E’, quindi, con riferimento a tale momento finale e non a quello della

decisione del Consiglio che va affrontato il problema degli effetti giuridici

degli standards e delle pratiche raccomandate.

4) Natura ed efficacia degli allegati tecnici.

Dopo le considerazioni di cui sopra, circa il procedimento d’adozione

della normativa tecnica prodotta dall’O.A.C.I., vediamo quali effetti

possono produrre gli Allegati tecnici avuto riguardo della loro natura sul

piano del diritto internazionale188.

Come è noto, una delle tematiche più delicate circa la produzione

normativa internazionale è quella della natura e dell’efficacia degli atti

emanati da organi di enti istituzionali internazionali.

La produzione normativa internazionale si realizza mediante accordi

dei soggetti dell’ordinamento internazionale o attraverso la formazione di

norme consuetudinarie. Nell’ambito delle organizzazioni costituite mediante

accordi internazionali e che esplicano funzioni normative, oltre alle

consuete fonti di norme giuridiche internazionali, se ne riscontra un'altra

188 Cfr., MONACO, Gli allegati tecnici della Convenzione di Chicago del 7 dicembre 1944 e

l’ordinamento interno italiano, in Riv. dir. nav., 1957, p. 39 ss.

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che è data dagli atti prodotti dai detti enti e che sono destinati ad assumere

efficacia obbligatoria rispetto agli Stati membri degli enti medesimi (fonti

derivate da accordi).

Anche se in origine gli enti istituzionali internazionali si facevano

prevalentemente carico di stimolare gli Stati ad una produzione normativa,

predisponendo progetti di accordi internazionali o riunendo conferenze di

Stati al fine di predisporre gli strumenti necessari per al conclusione di

accordi internazionali, oggi, invece, molti di essi attuano una produzione di

norme che si pone, agli effetti pratici, su un piano similare a quello degli

accordi internazionali.

Gli organi di varie organizzazioni internazionali adottano Decisioni e

Raccomandazioni che, se così è stabilito negli accordi istitutivi, hanno

natura obbligatoria non solo entro l’ordinamento dell’ente ma impongono

anche agli stati membri di adattare ad essi i propri ordinamenti interni189.

Tornando al nostro particolare oggetto di studio, abbiamo visto che

anche la Convenzione di Parigi, come quella di Chicago, conteneva una

189 Sul problema dell’adeguamento degli ordinamenti interni al contenuto normativo degli accordi

internazionali, in genere, e degli Allegati tecnici, in particolare, desideriamo condurre un attento esame e,

pertanto, ad esso sarà informato il capitolo successivo.

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serie di Allegati tecnici190. Il raffronto delle due Convenzioni conduce

tuttavia ad alcune considerazioni.

Peraltro, la natura giuridica e l’efficacia degli Allegati tecnici

costituiscono i temi più dibattuti in merito all’O.A.C.I. e alla sua

produzione di normativa tecnica, data la mancanza di una comune posizione

da parte della dottrina.

Ora, se la dottrina191 prevalente considera gli Allegati tecnici come

parte integrante della Convenzione di Parigi, altrettanto non sembra potersi

affermare a proposito degli Allegati alla Convenzione di Chicago. Parte

della dottrina192, ed il particolare il Giannini, considera gli Allegati alla

Convenzione di Chicago come «allegati per comodità», nel senso che pur

essendo parte integrante della Convenzione, essi ne sono distinti. In sintesi,

si sostiene che se anche gli allegati alla Convenzione sono tali per comodità,

ciò non esclude che essi siano collegati ad essa in forza dell’art. 37 della

stessa Convenzione.

190 Vedi, supra, Cap. I, § 2, nota n. 22, p. 20.

191 Cfr., GIANNINI, Sulla natura giuridica degli allegati alla Convenzione di Chicago, in Quaderni di

studi aeronautici, n. 676, Associazione Culturale Aeronautica, 1952, p. 3.

192 Cfr., GIANNINI, La Convenzione di Chicago 1944 sull’aviazione civile internazionale, 1953, p. 74,

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Di diverso avviso, invece, il Malintoppi193, che rifacendosi alla

considerazione secondo la quale la Convenzione contempla solo l’adozione

di nuovi Allegati, sostiene che gli Allegati tecnici non possono considerarsi

parte integrante della Convenzione ed a questo proposito rileva che

l’O.A.C.I., adottando e, quando necessario, emendando gli schemi

internazionalmente uniformi denominati, secondo una particolare

distinzione «standards internazionali» e «sistemi pratici raccomandati»,

pone questi schemi come Allegati alla Convenzione esclusivamente per

«comodità» onde racchiudere, formalmente, in un quadro organico, le

norme della Convenzione e gli schemi tecnici, i quali ultimi,

sostanzialmente, presentano caratteri distinti dalle norme della Convenzione

anche agli effetti del loro valore.

193 Cfr., MALINTOPPI, Le Raccomandazioni, op. cit., p. 278 ss.; ib., Considerazioni, op. cit., p. 266.

Questo autore, peraltro, ha sottolineato come il compito di adottare gli Allegati è stato attribuito al

Consiglio dell’O.A.C.I. a cui è conferita una funzione avente carattere obbligatorio e non una mera

facoltà, come invece previsto per altre attività. Infatti, le funzioni del Consiglio sono dalla Convenzione

suddivise in «mandatory» e «permissive». Nel primo caso siamo di fronte ad una attività il cui esercizio

costituisce un obbligo e nel secondo esso esercita una mera facoltà discrezionale (vedi, artt. 54 e 55

Convenzione di Chicago). Osserva ancora l’autore che gli Allegati alla Convenzione di Chicago sono posti

in essere dall’Organizzazione stessa, non essendo riferibile la volontà che li determina ai singoli Stati

membri del Consiglio, né tanto meno agli Stati membri dell’Organizzazione, essendo tale volontà

imputabile all’Organizzazione internazionale in quanto tale che la manifesta attraverso il Consiglio, suo

organo sociale.

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Ancora, secondo questa parte della dottrina, si afferma che sebbene gli

Allegati tecnici alla Convenzione siano ad essa formalmente «annessi»,

essi non ne sono parte integrante e ciò si deduce dalla lettera dell’art. 54,

lett. l, e dalla decisione presa dal Consiglio provvisorio (P.I.C.A.O.) nella

seconda sessione, su proposta della Commissione per la navigazione aera,

decisione diretta «to discontinue the use of the world “annex”, owing its

undesiderable implication of phisical attachement to the Convention», e

furono adottati invece i termini «international standards» e «recommended

practices». Onde sembra inesatta l’opinione di coloro secondo i quali gli

allegati costituirebbero «parte integrante della Convenzione».

In verità, tutte le disposizioni contenute in questi Allegati tendono a

consentire un rapido adeguamento della normativa tecnica applicabile al

settore della navigazione aerea internazionale al variare delle esigenze

tecniche194 e quindi essi non sono stati inseriti nell’accordo ma ad esso

semplicemente annessi.

Peraltro, mentre alcuni autori 195 escludono l’obbligatorietà degli

Allegati, altri 196, distinguendo, attribuiscono valore obbligatorio agli

194 L’art. 37 della Convenzione pone a carico degli Stati membri dell’O.A.C.I. l’obbligo di collaborazione

diretta ad assicurare «il più alto grado possibile di uniformità nei sistemi tecnici…».

195 Cfr., WARNER, the Chiacago Air Conference in «foreing Affairs, 1945, p. 406.

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«standards internazionali», ma non ai «sistemi pratici raccomandati»197.

Questi ultimi avrebbero solo valore di raccomandazione e pertanto non

farebbero scaturire obblighi di osservanza 198.

Da un’altra parte ancora si sostiene che tutta la normativa contenuta

negli Allegati abbia soltanto valore di semplici raccomandazioni199. Altri

196 Cfr., MALINTOPPI, Considerazioni, op. cit., p. 21 ss e Ib., Le Raccomandazioni, op. cit., p. 198 ss.;

VIERIESCIAGHIN, Juridiüeskaja priroda i osobennosti techniceskich norm v meüdunarodnom vos

dušnom pravie, in Sovietskij ezegodnik meüdunarodnovo prava, 1971, p. 258 ss.

197 Sulla validità di questa distinzione il Giannini avanza delle riserve in quanto, a suo giudizio, la

Convenzione pone entrambe le categorie di atti su uno stesso piano; cfr., GIANNINI, sulla natura

giuridica, op. cit. p. 6.

198 MALINTOPPI, Considerazioni, op. ult. cit., p. 21 ss e Ib., Le Raccomandazioni, op. ult. cit., p. 204

ss,.. Nel primo lavoro egli ne affermava la natura di raccomandazioni semplici e cioè prive di effetti diretti,

mentre nel successivo lavoro egli sostiene l’esistenza di effetti diretti ricollegabili alla loro adozione e cioè

l’obbligo per gli Stati di «sottoporre i sistemi pratici ai rispettivi organi nazionali in vista di una loro

attuazione nell’ambito di ciascuna legislazione nazionale» (p. 207). Sulla validità di questa distinzione

Giannini avanza delle riserve in quanto, a suo giudizio, la Convenzione pone entrambe le categorie di atti

su uno stesso piano; cfr., GIANNINI, sulla natura giuridica, op. ult. cit. p. 6.

199 PEPIN, Le droit aérien, op. cit., p. 504 ; VIDELA, El derecho aéreo international, Santiago, 1947,

p. 112 e 122 ; RHYNE, International Law and Air Transportation, in Michigan Law Review, 1948-49, p.

46; SHAWCROSS and BEAUMONT, Air Law, London, 1951, p. 13; il valore di semplici raccoman-

dazioni di tutti I regolamenti O.A.C.I. è stato affermato anche in una riserva apposta dal Panama al

momento della firma della Convenzione: «La Repurlique de Panama estime que les annesses techniques

don’t il est fait mention dans la Convention constituent seulement des recommandations et non pas des

obligations ayant un caractère impératif», citata in MANIN, L’Organisation, op. cit., p. 130.

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autori, infine, attribuiscono uguale forza obbligatoria, senza distinzione, a

tutta la normativa200

Rifacendosi alla lettera della Convenzione, di cui si riporta il testo

originale in lingua inglese, il capito XX, sotto il titolo di «Annexes», all’art.

90 prevede: «the adoption by the Council of the annexes described in

article 54, subparagrafh (1) shall requier the vote of…» Il richiamato

sottoparagrafo (1) dell’art. 54 prevede: «Adopt, in accordance with the

provision of Charter VI of this Convention, international standards end

recommended practices; for convenience, designate them as anneses to this

Convention…».

Purtroppo, a nostro giudizio, la Convenzione non sembra essere molto

chiara sulla questione accennata. Secondo alcuni autori l’espressione di

Allegato sarebbe stata usata nel testo della Convenzione per brevità, non

volendo ripetere «standards internazionali» e «sistemi pratici raccoman-

dati» che poi riassumerebbe la terminologia base che si riscontra

nell’art.37.

200 JONES, Amending the Chicago Convention and its technical standards: can consent of all members

be eliminated ?, in Journal of Air Law and Commerce, 1945, p. 190 ss; GARNAULT, Les Convention et

resolutions de Chicago, in Rev. fr. dr. aér., 1947, p. 29; LEMOINE, Essai sur les perspectives d’avenir

du droit aérien international, ivi, 1948, p. 123.

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La Convenzione, peraltro, accomuna spesso gli standards

internazionali e le pratiche raccomandate201 nell’impegno che gli Stati

assumono di conformare, nella misura del possibile, la propria normativa a

uno standard che possa essere stabilito o a una pratica che possa essere

raccomandata in una certa materia, attribuendo talvolta alle due categorie di

atti un significato analogo202.

Una distinzione puntuale tra le due categorie la troviamo però nella

prassi degli organi dell’O.A.C.I. e dei singoli Stati. Infatti, sebbene la

Convenzione adopera spesso insieme e confusamente le espressioni

«standards internazionali» e «pratiche raccomandate», la prima sessione

201 Da questa confusione che la Convenzione fa tra i diversi termini il GIANNINI, La Convenzione di

Chicago 1944 sull’aviazione civile internazionale, 1953, p. 74, trae la conseguenza dell’«obbligatorietà» di

tutta la normativa per gli Stati non deroganti e della «non obbligatorietà» di tutta la normativa per gli Stati

che notifichino le differenze. Questo autore giunge a tale affrettata conclusione omettendo sia un esame

più accurato delle singole disposizioni della Convenzione che alla normativa si riferiscono, sia quello della

prassi della stessa Organizzazione che già alla I sessione dell’Assemblea aveva chiaramente posto la

distinzione tra le due categorie di regolamenti (cfr., LATTANZI, Organizzazione, op. cit., p. 250).

202 E’ quanto fanno, per esempio, l’art. 23 e l’art. 28. A norma della prima disposizione «Each

contracting State, so far as it may find practicable, to establish customs and immigration procedures

affecting international air navigation in accordance with the practices which may be established or

recommended from time to time, pursuant to this Convention». La stessa cosa afferma l’art.28 riguardo sia

agli aeroporti, ai servizi radioelettrici e meteorologici e ad altri impianti e servizi di navigazione

internazionale, sia alle procedure di comunicazione, ai codici, alla segnaletica, alle pratiche e alle regole di

esercizio, sia, infine, alla pubblicazione di carte e piani aeronautici.

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dell’Assemblea ha cercato di chiarire il punto in questione ponendo tra le

due categorie una netta distinzione.

Gli «standards» sono da essa definiti come «qualunque prescrizione…

la cui uniforme applicazione è riconosciuta necessaria per la sicurezza o la

regolarità della navigazione aerea internazionale ed alla quale gli Stati

contraenti si adegueranno in conformità con la Convenzione», e per essi

viene confermato l’obbligo della notifica delle differenze a norma dell’art.

39. Le «recommended practices» sono definite come «qualsiasi

prescrizione… la cui uniforme applicazione è riconosciuta desiderabile per

la sicurezza, la regolarità o l’efficienza della navigazione aerea

internazionale ed alle quali gli Stati contraenti si sforzeranno di adeguarsi in

armonia con la Convenzione»203.

A tal proposito, però, va considerato che il limitarsi a considerare in

modo schematico l’orientamento assunto al riguardo dagli organi

dell’O.A.C.I. condurrebbe a riproporre un’astratta distinzione tra standards

e pratiche raccomadate basata su una altrettanto astratta affermazione di

«obbligatorietà» in genere dei primi e della «non obbligatorietà» in genere

delle seconde.

203 Risoluzione A I-31.

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Pertanto, contrariamente a quanto di solito avviene in dottrina,

riteniamo che non è possibile affrontare in modo astratto il problema

dell’obbligatorietà o meno di tutta la normativa tecnica prodotta

dall’O.A.C.I.. Il fatto che tale problema sia stato affrontato, invece, in modo

complessivo ed astratto ha avuto come conseguenza che la dottrina si è

divisa in varie tendenze che a nostro giudizio non forniscono un quadro

esaustivo e soddisfacente del fenomeno giuridico de quo.

Risulta evidente, quindi, che quand’anche l’intento, pur se inizialmente

confuso, degli Stati contraenti e quello, molto più preciso, degli organi

dell’O.A.C.I., era quello di porre una distinzione tra le due categorie di

regolamenti (e ciò per la sentita necessità di distinguere tra standards

minimi al di sotto dei quali la navigazione aera non risulta più sicura e

standards più elevati il cui raggiungimento è auspicabile al fine di una

sempre maggiore sicurezza), è certo che, come abbiamo visto, gli Stati

partecipanti alla Conferenza di Chicago erano consapevoli delle difficoltà,

peraltro già ampiamente esperite con riguardo agli Allegati tecnici della

C.I.N.A.204, di porre un obbligo generalizzato di conformità che

abbracciasse anche materie di cui gli Stati sono in genere estremamente

gelosi. Proprio per questo motivo i rappresentanti dei governi erano

204 Vedi, supra, cap. I, § 2, p. 19.

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presumibilmente mossi soprattutto da un’altra esigenza, e cioè quella di

porre obblighi differenziati e graduati a carico degli Stati contraenti in

relazione all’atteggiarsi degli organi interni dei medesimi rispetto agli

standards internazionalmente adottati in connessione con il loro contenuto

specifico.

5) Il problema delle differenze.

In altra parte di questo studio abbiamo visto che gli Stati membri

possono manifestare la loro volontà di disapprovazione di un allegato

tecnico o di un suo emendamento, il che potrebbe portare al non

raggiungimento delle necessarie maggioranze richieste per l’adozione 205.

Ma gli Stati membri possono, altresì, manifestare la loro volontà nella

forma contemplata dall’art. 38 della Convenzione nel modo seguente:

«ogni Stato al quale riesca impossibile di conformarsi completamente con

tale standard o procedura internazionale, o di adattare pienamente i propri

regolamenti o sistemi pratici con le modificazioni dello standard o della

procedura internazionale, oppure che ritenga necessario di adottare

regolamenti o sistemi pratici differenti in qualche particolare da quelli

205 Vedi, supra, cap. III, § 3, p. 137.

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stabiliti da uno standard internazionale, notificherà immediatamente

all’Organizzazione per l’aviazione civile internazionale le differenze fra i

propri metodi e quelli dallo standard stabiliti. Nel caso di emendamenti agli

standards internazionali, ogni Stato che non apporti le necessarie modifiche

ai propri regolamenti o metodi ne darà notizia al Consiglio entro sessanta

giorni dall’adozione dell’emendamento allo standard internazionale, oppure

indicherà l’azione che si propone di intraprendere. In tali casi il Consiglio

notificherà immediatamente a tutti gli altri Stati membri le differenze

esistenti fra una o più caratteristiche di uno standard internazionale ed il

sistema corrispondente in uso in tale Stato».

Queste differenze, o come sono chiamate nel titolo dell’art. 38 del testo

originale della Convenzione «departures from international standards and

procedures», non restano prive di effetti nei riguardi degli Stati che le

adottano, infatti per essi sorge, come previsto nell’art. 39, un obbligo di

portare annotata su certe licenze o certificazioni una enumerazione completa

delle condizioni non conformi agli standards internazionali fissati

dall’O.A.C.I..

Ancora, l’art. 40 della Convenzione prevede che l’aeromobile o la

persona che hanno queste particolari licenze o certificazioni annotate non

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potranno partecipare alla navigazione internazionale senza il consenso dello

Stato nel cui spazio aereo tale navigazione debba svolgersi206.

Ora, per cogliere il senso esatto della volontà degli Stati che hanno

negoziato e stipulato a Chicago, non ci si può esimere da una attenta e

sistematica lettura delle numerose disposizioni della Convenzione che si

riferiscono alla normativa tecnica de qua. Ciò al fine di dedurre, appunto, il

contenuto dell’obbligo delle disposizioni convenzionali stesse (e non della

normativa tecnica la cui adozione altro non rappresenta che la condizione al

cui verificarsi quell’obbligo scatta).

E’ in tal modo possibile osservare come l’art. 12, che nella sua ultima

parte si occupa delle regole dell’aria sull’alto mare, pone a carico degli Stati

membri un obbligo categorico di conformità, senza cioè alcuna possibilità di

206 E’ stato osservato che in questo caso ci si trova in presenza di una sanzione pratica efficace quando lo

standard internazionale non sia osservato (Cfr., GIANNINI, Sulla natura giuridica, op. cit., p. 5 ss.). Per

lo sviluppo di un’ipotesi più articolata ai fini dell’idenficazione, all’interno della normativa tecnica

dell’O.A.C.I., di standars aventi una particolare connotazione per i loro riflessi su situazioni svolgentisi

all’esterno degli Stati, cfr., LATTANZI, Organizzazione, op. cit., p. 228 ss.. Al riguardo, è significativo

notare come tali specificazioni (obbligo di annotazione) non sono, invece, previste in altre disposizioni di

contenuto analogo ma a carattere transitorio della Convenzione (come ad esempio negli artt. 41 e 42,

relativi, rispettivamente, al riconoscimento degli standards di aeronavigabilità degli aeromobili e delle

certificazioni professionali del personale di volo rilasciati dagli Stati contraenti precedentemente ovvero

entro un dato periodo di tempo dall’entrata in vigore degli standars stabiliti dalla Convenzione medesima).

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notifica delle differenze207. Mentre, invece, nella prima parte, questa stessa

disposizione si limita a porre a carico degli Stati un generico obbligo di

conformare la propria normativa, nella misura del possibile (so far as it may

find practicable), ai regolamenti stabiliti dall’O.A.C.I. in materia di volo e

manovra degli aeromobili 208.

Lo stesso obbligo di cui all’art.12, prima parte, è posto dall’art. 23 in

materia di formalità di dogana e d’immigrazione. Questa disposizione, però,

diversamente da quella dell’art.12, estende l’obbligo suddetto anche alle

pratiche raccomandate209, e lo stesso avviene per l’art. 28, relativo agli

impianti e servizi di navigazione aerea, ai segnali, alle carte aeronautiche,

ecc.210.

207 Vedi, art. 12, ultima parte: «Over the high seas, the rules in force shall be those established under this

Convention. Each contracting State undertakes to insure the prosecution of all persons violating the

regulations applicable».

208 Vedi, art. 12, prima parte: «Each contracting States undertakes to keep its own regulations in these

respects uniform, to the greatest possible extent, with those established from time to time under this

Convention».

209 «Each contracting States undertakes, so far as it may find practicable, to establish customs and

immigration procedures affecting international air navigation in accordance with the practices which

may be established or recommended from time to time, pursuant to this Convention.».

210 «Each contracting States undertakes, so far as it may find practicable, in: (a) Provide, in its territory,

airports, radio services, meteorological services and other air navigation facilities to facilitate

international air navigation, in accordance with the standards and practices recommended or established

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Ciò nonostante, risulta evidente che la Convenzione di Chicago, in

quasi tutti i casi e fatta eccezione, come si è visto, per le regole dell’aria

sull’alto mare, si limita a porre semplicemente l’obbligo degli Stati a fare

tutto il possibile per conformare la propria legislazione alla normativa

O.A.C.I., onde consentire il perseguimento del più alto grado di uniformità

dei rispettivi ordinamenti interni nel campo della navigazione aerea, e ciò è

confermato anche dal tenore dello stesso art. 37 che contiene l’elenco delle

materie in cui il Consiglio può adottare gli standards, le pratiche

raccomandate ovvero le cosiddette procedure internazionali 211.

Al fine di chiarire la natura di questo obbligo di conformità e di

cogliere al meglio la differenza che, nonostante la confusa formulazione

degli artt. 23, 28, 35, 37 e lo stesso art. 38, la prassi dell’Organizzazione ha

delineato tra gli standards e le pratiche raccomandate, è necesario definire il

from time to time, pursuant to this Convention »; (b) Adopt and put into operation the appropriate

standard systems of communications procedure, codes, markings, signals, lighting and other operational

practices and rules which may be recommended or established from time to time, pursuant to this

Convention; (c) Collaborate in international measures to secure the publication of aeronautical maps and

charts in accordance with standards which may be recommended or established form time to time,

pursuant to this Convention.»

211 Nella prima parte, infatti, l’art. 37 così dispone: «Each contracting States undertakes to collaborate

in securing the highest practicable degree of uniformity in regulations, standards, procedures, and

organization in relation to aircraft, personnel, airways and auxiliary services in all matters in which such

uniformity will facilitate and improve air navigation.».

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contenuto dell’obbligo in questione in stretta connessione con la

disposizione dell’art. 38 che prevede la disapplicazione dei regolamenti

OACI da parte degli degli Stati che si trovino nell’impossibilità di

conformarvisi e pone, in questo caso, l’ulteriore obbligo della notifica delle

differenze fra la normativa interna e quella stabilita, invece, a livello

internazionale 212.

Il contenuto dell’obbligo in argomento rimane sempre e comunque lo

stesso e, cioè, «fare il possibile per conformarsi». Ma l’art. 38, stabilendo

una presunzione di conformità (fatta eccezione per lo Stato che notifichi

l’impossibilità di conformare la propria normativa interna ai regolamenti

internazionali ovvero notifichi le eventuali differenze tra le sue norme e i

regolamenti O.A.C.I. non appena si realizzi l’impossibilità di applicare i

medesimi), rende possibile l’esercizio da parte dell’Organizzazione di una

particolare funzione di controllo e, quindi, anche una certa forma di

212 L’art. 38 così dispone: «Any Statecwhich finds it impracticable to comply with any such international

standard or procedure, or to bring its own regulations or practices into full accord with any international

standard or precedure after amendment of the latter, or which deems it necessary to adopt regulations ro

practices differing in any particular respect from those established by an international standard, shall

give immediate notification to the International Civil Aviation Organization of the differences between ist

own practice and that established by the international standard. In the case of amendments to

international standards, any State which does not make the appropriate amendments to its own regulations

or practices shall give notice to the Council within sixty days of the adoption of the amendment to the

international standard, or indicate the action which it proposes to take. In any such case, the Council shall

make iummediate notification to all other States of the difference which exists between one or more

features of an international standard and the corresponding national practice of that State»

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pressione sugli Stati, su quanto effettivamente da questi ultimi compiuto in

materia, i quali, tuttavia, restano i soli giudici circa la valutazione della

susisstenza della eventuale situazione di impossibilità.

Come si è visto, l’art. 38 è, come varie altre disposizioni della

Convenzione, formulato in modo generico e, sebbene sembri ricomprendere

sia gli standards che le pratiche raccomandate e le procedure, la prassi

dell’Organizzazione e degli Stati membri ha contribuito a chiarirne le

portata.

Infatti, per la prassi dell’Organizzazione, l’obbligo della notifica delle

differenze sussiste soltanto rispetto agli standards. Per quel che riguarda,

invece, le pratiche raccomandate, l’OACI non ha un controllo sull’azione

degli Stati, i quali sono formalmente liberti di non conformarvisi anche nel

caso in cui non esista una concreta impossibilità. Si ritiene, comunque, che

sussista, anche con riguardo alle pratiche raccomandate, l’impegno

essenziale di collaborazione in materia aeronautica che si potrebbe

considerare violato nel caso di un rigetto sistematico di pratiche

raccomandate non giustificato da una situazione di impossibilità213. Il

Consiglio infatti, con la Decisione del 21 novembre 1950, ha invitato gli

213 Cfr., LATTANZI, Organizzazione, op. cit., p. 253.

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Stati a notificare le differenze anche rispetto alle pratiche e alle procedure

raccomandate.

Ora, però, è dato osservare che per alcune materie specifiche la

questione della determinazione del contenuto dell’obbligo di conformità

menzionato presenta degli aspetti particolari. L’art. 33, in effetti, pone

l’obbligo a carico degli Stati membri di riconoscere i certificati di

navigabilità e le licenze concesse dallo Stato nazionale dell’aeromobile

soltanto nell’ipotesi in cui questi siano stati rilasciati a condizioni

equivalenti o superiori agli standards minimi stabiliti dall’O.A.C.I. Qualora

queste condizioni siano diverse, gli Stati, come abbiamo visto, oltre a dover

notificare le differenze sono anche tenuti ad annotare le differenze sui

certificati di navigabilità dell’aeromobile e sulle licenze del personale

navigante 214. In questo caso l’aereo e il personale saranno ammessi sul

territorio di uno Stato contraente soltanto previa autorizzazione di

quest’ultimo 215.

L’art. 5 della Convenzione, inoltre, nel fissare il principio del

cosiddetto sorvolo inoffensivo, stabilisce che «Each contracting State

214 Vedi, art. 39 Convenzione di Chicago.

215 Vedi, art. 40 Convenzione di Chicago.

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agrees that all aircraft of the other contracting States, being aircraft non

engaged in scheduled international air services shall have the right, subject

to the observance of the terms of this convention, to make flights into or in

transit non-stop across ist territory and make stops for non-traffic puposes

without the necessity of obtaining prior permission, and subject to the right

of the State flown over to require landing.».

Dall’esame della normativa citata non emerge, tuttavia, alcun obbligo

inderogabile a carico degli Stati di applicare ipso facto le normativa

eventualmente emanata dall’O.A.C.I. nelle materie suddette e neppure

l’obbligo di conformare a questa la normativa nazionale, essendo ciascuno

Stato, in verità, giuridicamente libero di conformarsi o meno alla normativa

suddetta. L’eventuale conseguenza di una scelta negativa di conformarsi alla

normativa O.A.C.I. potrebbe al più essere, non già quella della violazione

della Convezione, bensì quella dell’inesistenza in capo agli Stati contraenti,

nei loro rapporti reciproci, dell’obbligo di ammettere sul proprio territorio

ovvero di riconoscere gli aeromobili e il personale muniti di certificati e di

licenze «annotati» che non rispondano ai requisiti minimi fissati dal quadro

tecnico normativo dell’O.A.C.I.. Da quanto detto emerge, tuttavia, un

rafforzamento del contenuto dell’obbligo di conformità in talune materie

rispetto ad altre.

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Infatti, pur escludendosi, con riguardo alle pratiche raccomandate,

qualunque sia la materia da esse toccate, l’esistenza di un obbligo di

conformità, e pur non sussistendo tale obbligo anche con riguardo agli

standards complessivamente considerati, da un’attenta analisi della

Convenzione emerge, oltre alla incontestata distinzione tra stradards e

pratiche raccomandate, una distinzione ulteriore fra standards relativi a

materie che incidono su situazioni svolgentisi anche al di fuori del territorio

dello Stato de quo, e materie che, invece, incidono esclusivamente su

situazioni destinate a restare circoscritte nell’ambito nazionale216. Tale

distinzione può, peraltro, riscontrarsi anche con riguardo alle pratiche

raccomandate, anche se soltanto nell’ambito della prassi concreta seguita

dall’Organizzazione e dagli Stati membri. Ciò rende ragione della

circostanza che la potenzialità dell’effettiva applicazione di tutta la

normativa O.A.C.I. è di fatto molto più intensa in certe materie rispetto a

certe altre.

A tal riguardo, risulta utile il riferimento alla prassi seguita dagli Stati

che, nel confermare la validità della distinzione risultante all’interno della

216 Dalla distinzione formulata supra restano ovviamente esclusi gli standards relativi alla navigazione

aerea sull’alto mare, la cui inderogabile «obbligatorietà» conferma, indirettamente, la validità della

distinzione fondata sull’incidenza della normativa su situazioni svolgentiti sul territorio di uno degli Stati

contraenti. Cfr., LATTANZI, Organizzazione, op. cit., p. 254.

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categoria degli standards (che peraltro è stata posta anche con riguardo alle

pratiche raccomandate), per quanto attiene, per esempio, alla normativa

contemplata nell’All. 2, relativo alle regole dell’aria, nell’All.9, relativo

alle facilitazioni, o ancora nell’All. 11, relativo al traffico aero, ha fatto

registrare una notevole e quantitativamente significativa notifica di

differenze da parte degli Stati, mentre le disposizioni contenute negli All. 1,

6 e 8, concernenti rispettivamente le licenze del personale, l’esercizio

tecnico degli aeromobili e il rilascio dei certificati di navigabilità, hanno

trovato quasi totale ed uniforme applicazione negli ordinamenti degli Stati

contraenti.

Pertanto, sulla base di quanto argomentato e dall’analisi della

sistematica seguita dai negoziatori di Chicago nonché dall’osservazione

della prassi consolidatasi in seno all’Organizzazione e fra gli Stati membri,

emerge la validità della tesi formulata da quella parte della dottrina217 che

ravvisa nella normativa fissata dal quadro O.A.C.I. la sussistenza: a) di un

obbligo inderogabile di conformità alle regole dell’aria relative allo spazio

aereo sovrastante l’alto mare, per le quali non è lasciata agli Stati alcuna

discrezionalità circa la valutazione dell’impossibilità di conformarsi che,

invece, è ammessa per il resto della normativa; b) di un obbligo di

217 Cfr., LATTANZI, Organizzazione, op. cit., p. 254.

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conformità, sul piano però più concreto che formale, per quella normativa

che incide su situazioni svolgentisi anche al di fuori del territorio dello

Stato de quo e per la cui osservanza i negoziatori di Chicago hanno previsto

particolari garanzie che restringono proprio il normale margine di libertà

lasciato agli Stati; c) la possibilità sia teorica che concreta di deroga per gli

altri Allegati e, cioè, quelli che riguardano situazioni svolgentisi nell’ambito

nazionale. Ciò porta a ritenere che i negoziatori di Chicago abbiano inteso

perseguire, anche in queste materie, lo scopo della uniformità di

regolamento, lasciando, però, agli Stati un margine maggiore di

discrezionalità nella valutazione della possibilità o meno di conformarsi a

tale normativa.

Se però per gli standards relativi a certe materie sono previste garanzie

specifiche, è certo che l’applicazione di tutti gli standards soggiace ad altre

garanzie sempre dalla Convenzione predisposte. Infatti, il Consiglio può

segnalare agli Stati contraenti qualsiasi caso di disapplicazione di

raccomandazioni o di decisioni del Consiglio, e denunciare all’Assemblea

qualsiasi violazione della Convenzione. Qualsiasi Stato contraente (cap.

XVIII) ha quindi la possibilità di rivolgersi al Consiglio perché si pronunci

in merito all’applicazione della Convenzione e degli Allegati tecnici e

l’Assemblea può sospendere dal voto, nella stessa Assemblea o nel

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Consiglio, qualsiasi Stato a carico del quale venga accertata la violazione

delle disposizioni del cap. XVIII che disciplina la soluzione delle

controversie.

Quanto si può desumere dalla Convenzione di Chicago a proposito

delle garanzie da essa specificamente o genericamente poste al fine

dell’attuazione degli obblighi inerenti in particolare alla normativa O.A.C.I.,

non pregiudica, naturalmente, la situazione di diritto internazionale

generale. Resta dunque ferma la possibilità che nasca, a carico di Stati

inadempienti, una forma di responsabilità sia per la violazione di

disposizioni specifiche della Convenzione che del generico obbligo di

cooperazione, responsabilità che può, tra l’altro, esprimersi anche

nell’attuazione del principio fondamentale del diritto internazionale

inadimplenti non est adimplendum.

Per concludere, tenuto conto delle osservazioni svolte supra, riteniamo

che gli Allegati abbiano valore di Raccomandazioni fino al momento

dell’adozione da parte degli Stati membri, poiché, come abbiamo visto, la

Convenzione stessa contempla la possibilità di un loro non accoglimento,

sia completo che parziale. Infatti, l’art. 38 ci sembra essere in proposito

sufficientemente chiaro.

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A questa considerazione riteniamo di dover aggiungere che il voler

attribuire un eventuale valore obbligatorio agli Allegati ai fini della loro

adozione sarebbe in contrasto con la flessibilità delle norme della

Convenzione, flessibilità che sembra, peraltro, essere stata riconosciuta

quale fattore determinante per prevenire defezioni da parte degli Stati

membri. Ci sembra, peraltro, evidente che agli Allegati debba essere

attribuito valore obbligatorio nell’ambito degli ordinamenti che si siano

adeguati al contenuto degli Allegati stessi.

6) Altri atti di carattere tecnico adottati dall’O.A.C.I. (DOC, PANS,

SUPPS).

L ’O.A.C.I. non esaurisce la propria funzione di rule-making con

l’adozione e la pubblicazione degli Allegati tecnici ma essa è assai più vasta

ed articolata, in quanto, come si è visto, oltre agli standards e alle pratiche

raccomandate, l’O.A.C.I. emana altri tipi di regolamenti, denominati

procedure internazionali, ai quali la Convezione accenna sommariamente e

che la prassi dell’Organizzazione ha invece delineato con maggiore

chiarezza. Peraltro, la Convenzione non fornisce una puntuale definizione di

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queste procedure e ad esse fanno confusamente cenno soltanto gli artt. 26,

37 e 38 218.

E’, pertanto, alla prassi dell’Organizzazione che bisogna riferirsi per

precisare la nozione delle procedure internazionali. Infatti, l’adozione delle

prime procedure fu determinata soprattutto dalla necessità, avvertita nel

corso delle prime conferenze di navigazione aerea, di elaborare metodi di

navigazione e circolazione aerea con sfera di applicazione regionale.

Inoltre, dato che alcune di queste procedure potevano trovare applicazione

anche a livello mondiale, in seguito, venne adottata la distinzione tra PANS

(Procedures for Air Naviagation Services), di applicazione mondiale e

SUPPS (Regional Supplementary Procedures), di applicazione regionale219.

In particolare, le PANS (procedure per i servizi di Navigazione Aerea),

sono procedure sviluppate attraverso Conferenze specializzate dell’O.A.C.I.

e approvate dal Consiglio per l’applicazione a livello mondiale. Esse

218 La prima disposizione presume che lo Stato nel quale ha avuto luogo un incidente aereo «will institute

an inquiry into the circumstances of the accident, in accordance, so far as its laws permit, with the

procedure which may be recommended by the International Civil Aviation Organization». L’art. 37, come

visto sopra, elenca le materie oggetto dei vari regolamenti ponendoli tutti sullo stesso piano, come del resto

fa anche ed in modo estremamente confuso l’art. 38 relativo alla notifica delle differenze. L’art. 90,

relativo alla procedura di adozione, fa riferimento, invece, esclusivamente agli standards e alle pratiche

raccomandate.

219 Questi regolamenti non vengono inseriti negli Allegati tecnici, ma sono pubblicati separatamente.

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comprendono procedure operative che non hanno ancora raggiunto un

sufficiente grado di maturazione per una loro adozione a livello di standards

o pratiche raccomandate o il cui inserimento in un allegato sarebbe

difficoltoso perché troppo dettagliato.

Le SUPPS (procedure regionali supplementari), invece, sono procedure

operative supplementari per gli Allegati tecnici e per le PANS, sviluppate in

gran parte nell’ambito delle Conferenze regionali di navigazione aerea

dell’O.A.C.I. per sopperire a esigenze di determinate regioni O.A.C.I. Esse

si riferiscono a problemi di sicurezza e regolarità della navigazione aerea

internazionale, pubblicate in un unico documento comprendente tutte le

regioni.

Entrambe le categorie di procedure internazionali presentato tuttavia il

carattere di mere specificazioni rispetto agli standards e alle pratiche

raccomandate e consistono soprattutto in metodi suggeriti e consigliati agli

Stati in materia di navigazione e circolazione aerea e in genere

nell’organizzazione dei vari servizi220.

220 Poiché il coordinamento con gli Allegati tecnici è stato spesso oggetto di confusione, l’Assemblea ha

ritenuto necessario raccomandare agli Stati membri «uno sforzo particolare per assicurare il più completo

coordinamento tra gli standards, le pratiche raccomandate e le PANS.». Cfr., Doc. A1 5.8, appendice E,

par. 2.e. Per quel che riguarda, invece, le SUPPS, l’O.A.C.I. ha precisato che esse «non possono

contenere alcuna disposizione incompatibile con le disposizioni contenute negli Allegati e nelle PANS. Il

loro ruolo è solo quello di precisare nel dettaglio l’applicazione regionale di detti regolamenti e di

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Nella prassi dell’Organizzazione, data la loro natura di specificazioni

degli Allegati, si è attribuita al Consiglio la competenza ad approvare queste

procedure in modo definitivo e senza la partecipazione degli Stati, al

termine della complessa procedura di preparazione pressoché identica a

quella seguita per gli Allegati. Il Consiglio, infatti, dopo l’approvazione, si

limita a far arrivare agli Stati, attraverso il segretariato, una semplice

comunicazione sull’adozione di una certa procedura e sulla data della sua

entrata in vigore.

Concludiamo l’argomento accennando alle pertinenti pubblicazioni

dell’O.A.C.I., di cui peraltro risulta in questa sede impossibile fornire tutte

le informazioni utili alla loro conoscenza, ma di cui è quanto meno

necessario citare quelle che maggiormente fungono, per così dire, da

supporto applicativo e da regolamentazione pratica agli standards ed alle

raccomandazioni contenute negli Allegati.

L’O.A.C.I. pubblica annualmente ed aggiorna mensilmente un nutrito

catalogo, di alcune decine di pagine, delle pubblicazioni offerte con le

informazioni ad esse riferite.

promulgare una procedura regionale che le completi» (è quanto si avverte nella premessa alla Raccolta

delle procedure, Doc. 7030).

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Tra le più importanti meritano menzione i DOC. (documents), una

sorta di manuali pratici per l’applicazione delle prescrizioni indicate negli

Allegati tecnici221.

221 A titolo esemplificativo citiamo alcuni di questi DOC. con riferimento all’Allegato di cui

costituiscono indispensabile integrazione: per l’Allegato n.1 «Licenze del Personale» - DOC. 9057

(Manual of Licensing Practices and Procedures); per l’Allegato n. 2 «Regole dell’Aria» - DOC. 4444

(Rules of the Air and Air Traffic Services); per l’Allegato n. 3 «Meteorologia» - DOC 7488 (Manual of the

ICAO Standard Atmosphere) e DOC. 9382 (Manual of Runway Visual Range Observing); per l’Allegato

n. 4 «Carte Aeronautiche» - DOC. 7101 (Aeronautical Chart Cataloghe) e DOC. 8669 (Aeronautical

Chart Manual); per l’Allegato n. 6 «Esercizio Tecnico degli Aeromobili» - DOC. 8168 (Aircraft

Operation); per l’Allegato n. 8 «Navigabilità degli Aeromobili» - DOC. 9051 (Airworthiness Technical

Manual); per l’Allegato n. 9 «Facilitazioni» - DOC. 7100 (Manual of Airport and Air Navigation Facility

Tariffs); per l’Allegato n. 10 «Telecomunicazioni Aeronautiche» - DOC. 8585 (Designators for Aircraft

Operating Agencies Aeronautical Authorities and Services) e DOC. 7910 (Location Indicators); per

l’Allegato n. 11 «Servizi di Traffico Aereo» - DOC. 4444 (Rules of the Air and Air Traffic Services); per

l’Allegato n. 12 «Ricerca e Salvataggio» - DOC. 7333 (Search and Rescue Manual); per l’allegato n. 13

«Inchieste sugli Incidenti Aerei» - DOC. 9156 (Accident/Incident Reporting Manual) e DOC. 6920

(Manual of Aircraft Accident Investigation); per l’Allegato n. 14 «Aerodromi» - DOC. 9157 (Aerodrome

Desing Manual), DOC. 9184 (Airport Planning Manual) e DOC. 9137 (Airport Services Manual); per

l’Allegato n. 15 «Servizi di Informazione Aeronautica» - DOC. 7383 (Aeronautical Information Services

Provided by States) e DOC. 8126 (Aeronautical Information Services Manual); per l’Allegato n. 18

«Misure di Sicurezza per il Trasporto Aereo di Merci Pericolose» - DOC. 9284 (Technical Instructions

for the Safe Transport of Dangerous Goods by Air).

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CAPITOLO QUARTO

LA QUESTIONE DELL’ADEGUAMENTO DEGLI ORDINAMENTI

INTERNI AGLI ALLEGATI TECNICI.

1) L’adeguamento degli ordinamenti interni agli Allegati.

Prima di esaminare questo particolare tipo di adeguamento riteniamo

opportuno esaminare il problema generale dell’adeguamento di un certo

ordinamento ad una norma convenzionale. Non sempre una norma

contenuta in una Convenzione può essere immessa ipso facto e senza

mutamenti in un ordinamento interno, in quanto spesso i caratteri della

norma, il modo in cui è stata redatta rendono necessario un suo previo

adattamento222.

A questo proposito, in dottrina223 si è osservato che nel caso di

adozione di una Convenzione di diritto uniforme si è in presenza di un testo

222 In generale, è evidente che una norma essendo qualificabile come previsione astratta può formularsi in

modi diversi, ma è altrettanto vero che l’adattamento e la formulazione non possono modificare il carattere

e la natura della norma stessa.

223 MALINTOPPI, La disciplina internazionale dell’aviazione civile, in Riv. dir. nav., 1956, p. 106.

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che è stato internazionalmente concordato come testo uniforme, pertanto, se

la recezione avviene senza modiche e senza riserve, si realizza un’autentica

uniformità di disciplina fra i vari Stati partecipanti alla Convenzione. In altri

casi possono esserci delle norme internazionali adattabili che pongono cioè

dei principi ai quali il legislatore interno deve attenersi in quanto dà

esecuzione alla Convenzione, ma non è detto che le norme interne debbano

avere contenuto coincidente con le norme pattizie.

In questi casi è possibile che il procedimento di adattamento integri

quanto richiesto nella norma internazionale. Comunque tra le norme

internazionali (sia consuetudinarie o convenzionali), che in qualche modo

vengono in contatto con l’ordinamento interno, una distinzione è, com’è

noto, comunemente operata, e precisamente tra le norme che indicano

semplicemente il risultato da raggiungere, lasciando perciò allo Stato la

libertà di trovare i modi ed i mezzi più appropriati per raggiungere tale

risultato, e quelle che, invece, specificano nel dettaglio il contenuto

precettivo dell’obbligo di origine internazionale 224. Norme di quest’ultimo

tipo hanno carattere self – executing, ciò significando che, nella misura in

224 La distinzione sopra riferita corrisponde alla distinzione spesso fatta dagli autori continentali in

materia di responsabilità dello Stato, tra gli obblighi di mera condotta ed obblighi che richiedono il

raggiungimento di un certo risultato. Vedi al riguardo gli artt. 20 e 21 del progetto di articoli della CDI

delle NU, sulla responsabilità dello Stato ed il commentario ivi annesso (Yearbook of the ILC, 1977, vol.

II, pt. 2, p. 11 e ss.).

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cui esse divengono parte del sistema giuridico interno, null’altro è

necessario per trarre da esse diritti ed obblighi per i soggetti (individui o

persone giuridiche) che possiedono personalità giuridica in conformità al

diritto interno.

Sovente un trattato o accordo internazionale contiene entrambe le

specie di norme. Esso può stabilire un nuovo regime applicabile ai soggetti

giuridici attraverso un insieme di norme self – executing, ma può altresì

contenere un altro insieme di norme che richiedono alcuni adattamenti alla

struttura effettiva dell’ordinamento interno, a volte soltanto per assicurare

una più omogenea ed effettiva applicazione delle cosiddette norme self –

executing. Può accadere, per esempio, che l’emanazione di alcune norme

interne sia necessaria al fine di identificare le autorità amministrative a cui è

affidato il potere di controllo legato all’esercizio di diritti ed obblighi

individuali.

Il problema, comunque, non è di facile soluzione e, anche in dottrina,

l’effettiva identificazione di una norma internazionale self – executing è di

sovente incerta. Quindi, il problema dell’esecuzione di un trattato o, in

generale, di una norma derivante da una fonte internazionale, è cosa che va

considerata con molta attenzione, essendo l’interpretazione della norma

internazionale il passo preliminare al fine di scoprire il suo reale carattere.

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Può darsi, inoltre, che il trattato preveda espressamente la diretta

applicabilità delle norme prodotte dagli organi internazionali istituiti da

accordi internazionali all’interno degli Stati parti; in tal caso, che però si

verifica almeno per quanto riguarda l’Italia solo in relazione ai regolamenti

dell’Unione Europea, l’immissione automatica delle norme prodotte dagli

organi istituzionali dell’Organizzazione internazionale non può essere

messa in dubbio. Quando invece, come di solito avviene, ed è questo il caso

degli Allegati tecnici alla Convenzione di Chicago, il trattato istitutivo

dell’Organizzazione nulla dispone in materia, il problema va risolto

interamente alla luce dell’ordinamento interno.

Parte della dottrina 225, del resto, con parere non condiviso dalla

maggior parte degli altri autori, critica coloro che cercano di risolvere il

problema alla luce del trattato e deducono, proprio dalla circostanza della

mancata previsione della diretta applicabilità o magari dal fatto che il

trattato parli di obbligatorietà delle decisioni per gli Stati membri e non

all’interno degli Stati membri oppure di obbligatorietà tout court, la

225 Cfr., CONFORTI, Diritto Internazionale, Napoli, 1997. p. 318 e ss.

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conclusione che gli atti dell’Organizzazione richiedano specifici atti interni

di adattamento226.

Si ritiene invece che tutto ciò che può ricavarsi dal contenuto del

trattato è la volontà e l’aspettativa che le decisioni vincolanti degli organi

siano rispettate ed eseguite. Come poi ogni singolo Stato provveda a dargli

esecuzione è problema che attiene all’ordinamento interno e, in particolare,

all’atteggiarsi dei rispettivi assetti costituzionali. Ciò posto, l’emanazione

dei singoli atti di adattamento nella forma ordinaria serve, oltre che a fini di

maggiore certezza, soprattutto ad integrare il contenuto non sempre

autosufficiente (self – executing) della decisione internazionale227.

226 Sulla scorta di tali considerazioni, lo stesso autore giunge ad ipotizzare che, sebbene la prassi italiana,

al pari della maggioranza degli altri Paesi, è orientata nel senso dell’adozione di singoli atti di esecuzione

per ciascuna decisione vincolante di organo internazionale (mediante riformulazione delle norme

internazionali consistente, nell’adattamento in forma ordinaria, talvolta in una legge ma più spesso,

quando si tratta di decisioni reiterate, in decreti legislativi o regolamenti amministrativi ), tale prassi non

appare decisiva per concludere che, prima dell’emanazione degli specifici atti di adattamento, le decisioni

degli organi internazionali non abbiano valore per l’ordinamento italiano e, come corollario della suddetta

teoria, egli trae la conclusione che «l’ordine di esecuzione del trattato istitutivo di una determinata

Organizzazione, in quanto copre anche la parte del trattato che prevede la competenza di quella

organizzazione ad emanare decisioni vincolanti, già attribuisca a queste ultime piena forza giuridica

interna»; cfr., CONFORTI, Diritto Internazionale, op cit., p. 319 e ss. (corsivo mio).

227 Il CONFORTI, inoltre, almeno per quanto riguarda la forza formale degli atti a carattere self-

executing emessi dagli organi internazionali, reputa detta emanazione di atti di adattamento superflua. Cfr.,

CONFORTI, Diritto Internazionale, op ult. cit., pag. 319 e ss.

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Per altra dottrina la tematica dell’adattamento degli ordinamenti interni

agli atti delle Organizzazioni internazionali assume altra e più condivisibile

portata. Il pensiero giuridico di tale prevalente dottrina228 si informa,

invece, al principio generale che gli obblighi giuridici internazionali hanno

per destinatari gli Stati, comportando la non conformità ad essi la

responsabilità dello Stato nel suo complesso, nulla rilevando se tale carenza

di conformità sia attribuibile al potere legislativo, amministrativo o

giudiziario dello Stato medesimo.

Dal punto di vista del diritto internazionale è lo Stato nella sua

interezza, e cioè lo Stato come persona internazionale, destinatario della

norma giuridica internazionale. Ciò implica che la divisione di poteri ed

obblighi all’interno dello Stato è priva di importanza per la norma

internazionale per quanto concerne appunto la responsabilità dello Stato.

Questo principio è confermato dalla teoria e dalla prassi e rimane una pietra

angolare nella teoria della responsabilità dello Stato, come rienunciata e

codificata dalla Commissione del Diritto Internazionale delle Nazioni

Unite229.

228 Cfr., FERRARI BRAVO, Lezioni di diritto internazionale», Napoli, 1998, pag. 119 e ss.

229 Vedi, ultimo rapporto della C.D.I. delle Nazioni Unite sul progetto di articoli sulla responsabilità dello

Stato, in particolare art. 6, in Yearbook of ILC, 1973, vol. I, p. 792 ss., e il commentario ivi annesso.

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Nell’ambito di una visione dualistica e volontaristica del diritto

internazionale, questa dottrina giunge ad affermare che l’accettazione da

parte dello Stato delle norme internazionali o il suo contributo alla nascita di

tali norme non implica che le norme internazionali sono di per se

obbligatorie a livello giuridico interno. Se questo accade, il risultato è

dovuto ad un atto di trasformazione della norma internazionale in norma

interna 230.

Tale trasformazione può essere realizzata in via generale con

l’inserimento in Costituzione di una clausola espressa o tacita attraverso la

quale le norme internazionali, divenute obbligatorie per lo Stato, sono

automaticamente trasformate in norme interne. In altri casi l’adattamento si

attua, caso per caso, con un procedimento che impone ai soggetti interni di

eseguire quanto richiesto dalle norme di origine internazionale, ed è questo

il caso dell’ordine di esecuzione utilizzato nell’ordinamento italiano per

dare applicazione ai trattati internazionali. Altre volte, può accadere che

l’atto di trasformazione delle norme convenzionali in norme interne

stabilisca, in alternativa, un meccanismo per la trasformazione automatica di

ulteriori norme internazionali emanate da organismi internazionali istituiti

230 La teoria della “trasformazione” di norme internazionali in norme interne è stata sviluppata per lo più

dagli studiosi italiani. Cfr., ANZILLOTTI, Il diritto internazionale nei giudizi interni, Bologna, 1905;

PERASSI, Lezioni di diritto internazionale, Tomo II, Padova, 1950, p. 15 ss.

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dal trattato stesso. Questo è, per l’appunto, l’approccio seguito a proposito

della normativa emanata dalle Comunità Europee 231.

Ora, l’O.A.C.I. esplica una attività normativa (rule-making) in

riferimento alla quale i singoli Stati si obbligano ad adattare il loro

ordinamenti interni e come questo adattamento debba avvenire ha

rappresentato, come sopra evidenziato, il maggiore problema di relazione

tra la disciplina internazionale e quella interna.

Nel caso specifico degli Allegati tecnici si pone un problema di

adattamento continuo, in quanto gli stessi sono soggetti a trasformazioni

continue sia in senso quantitativo che in senso qualitativo.

In molti casi le Organizzazioni internazionali offrono testi normativi

agli Stati membri i quali possono liberamente accettarli o meno, ciò è

231 E’ noto, infatti, come in conformità all’art. 189 del Trattato C.E.E. (ora dell’Unione Europea) i

Regolamenti comunitari «sono obbligatori in tutti gli aspetti e direttamente applicabili in ogni Stato

membro». Lo stesso può dirsi per alcuni aspetti di certe Direttive U.E. (cosiddette direttive dettagliate).

Attualmente, l’opinione dominante in Italia è che la legge che nel 1957 autorizzò la ratifica ed ordinò

l’applicazione del Trattato di Roma istitutivo della C.E.E., deve essere intesa come contenente

implicitamente un meccanismo continuo ed automatico di adattamento dell’ordinamento giuridico italiano

ai Regolamenti C.E.E. e, in casi appropriati, alle Direttive delle Comunità Europee. Queste norme,

pertanto, non necessitano di nessun atto speciale al fine di essere applicate dalle autorità giudiziarie e

amministrative italiane anche quando esse contrastano con norme legislative italiane. In questo modo il

classico approccio dualistico italiano è riconciliato con l’automatismo del sistema C.E.E.

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quanto avviene per l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (O.I.L.)232

le cui Raccomandazioni non sono obbligatorie, ma di esse ogni Stato deve

farne oggetto di comunicazione al proprio Parlamento; con ciò, quindi, esse

vengono ad assumere una rilevanza “politica”, possono cioè avere solo la

portata di ispirare la legislazione interna.

Trasferendo questa considerazione al nostro campo di indagine,

osserviamo che nel caso della normativa emanata dall’O.A.C.I., a nostro

giudizio, questi margini di discrezionalità si affievoliscono in quanto non si

conciliano con l’esigenza di garantire una forte ed irrinunciabile conformità

tecnica dell’aviazione civile internazionale.

Ma come si può garantire questa uniformità tecnica se non si realizza

prima una parallela uniformità normativa?

Abbiamo già osservato quanto sia problematico individuare il

procedimento più adeguato di adattamento di un dato ordinamento a dare

attuazione agli obblighi internazionali.

Mentre, per la Convenzione di Parigi si parlava solo di «pieno effetto»

riferibile al valore internazionale degli emendamenti e gli Stati erano tenuti

solo ad introdurre le modifiche nel proprio ordinamento con le procedure da

232 Vedi, art. 19, punto 5, della Costituzione dell’O.I.L. (Constitution de l’Organisation internazionale

du travail, 9 october 1946, 15 R.T.N.U.35); in generale sull’argomento, cfr., VALTICOS, Droit

international du travail, Paris, 1983, p. 538 – 548 e 557.

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essi liberamente scelte, nel caso degli Allegati tecnici alla Convenzione di

Chicago, come abbiamo visto, essi diventano obbligatori per gli Stati

membri con l’esaurirsi della complessa procedura fissata nel più volte

ricordato art. 90 della Convenzione.

Quindi, gli Allegati tecnici, esauritasi la fase procedurale di adozione

alla quale partecipano sia organi dell’O.A.C.I. e sia gli Stati, divengono

obbligatori in forza della loro idoneità a specificare il contenuto degli

obblighi astrattamente previsti dall’atto costitutivo dell’O.A.C.I. Pertanto,

gli Stati membri dell’O.A.C.I. dovranno conseguentemente mantenere fede

agli impegni assunti adattando il loro ordinamento interno al contenuto

degli Allegati medesimi.

Ciò premesso, com’è noto, il contenuto di una norma internazionale

che ponesse l’obbligo per gli Stati di provvedere all’adattamento automatico

dei propri ordinamenti interni deve essere chiaramente espresso

nell’accordo stesso a mezzo di una esplicita norma strumentale, di cui,

peraltro, non si rinviene traccia nella Convenzione di Chicago .

Tale interpretazione della volontà degli Stati contraenti, peraltro

implicitamente espressa nella stessa Convenzione di Chicago, è confermata

dall’atteggiamento e, successivamente, dalla prassi assunta al riguardo sia

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dagli organi principali dell’Organizzazione e sia dalla giurisprudenza degli

Stati membri.

Infatti, per quel che riguarda la giurisprudenza degli Stati membri è

dato osservare che, nonostante essa sia stata spesso contraddittoria, si è

delineata la tendenza ad escludere senz’altro l’applicazione degli Allegati

tecnici ogni qual volta sussistano elementi di incompatibilità o conflitto con

la legislazione nazionale vigente 233.

Riferendoci al nostro ordinamento interno, per ora osserviamo che non

esiste alcuna norma contemplante, sia in modo esplicito che implicito, un

233 La Corte di cassazione del Belgio negava l’applicazione degli Allegati tecnici che imponevano

determinate restrizioni alle proprietà adiacenti agli aeroporti, poiché «ces dispositione ne sont devenus de

plein droit applicables en Belgique», e riconosceva, in particolare, il diritto dei convenuti a ricostruire le

torri del loro castello (Cour de Cassation 3 ottobre 1957, in Rev. fr. dr. air., 1968, p. 94 ss.). Il tribunale di

Dakar, in una sentenza che fu revisionata in appello dalla Corte della stessa città, ma confermata in

Casssazione, citata in MANIN, L’Organisation, op. cit., p. 163 ss., rifiutava l’applicazione dell’All. 9, in

particolare del § 3 del cap. 5, conformemente alla quale i passeggeri in transito non debbono, salvo casi

eccezionali, essere sottoposti ad ispezione, cosa che, invece, l’amministrazione delle dogane aveva fatto

arrestando un passeggero in transito che trasportava diamanti. (La non applicazione della norma O.A.C.I.

veniva motivata con fatto che essa non era stata promulgata nell’Africa occidentale francese). In una

fattispecie analoga, una Corte di appello degli Stati Uniti ordinava il sequestro dei diamanti trasportati da

un passeggero proveniente da Francoforte e con destinazione Gander (Canada) e costretto, per il

maltempo, a fare scalo a Boston (ib., lc. ult. cit.). Cfr., infine, la sentenza del 5 luglio 1962, del

Bezirksgericht Bulach (Svizzera), secondo la quale «l’entrata in vigore di un annesso alla Convenzione (di

Chicago) non ha per effetto di vincolare immediatamente e obbligatoriamente gli Stati contraenti né di

provocare immediati effetti sul piano interno degli Stati», in Il diritto aereo, 1966, p. 77. Per la

giurisprudenza italiana, vedi, supra, note n. 4, 6, 7 e 8, p. 7, 8, 9 e 10.

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certo procedimento di adattamento automatico dello stesso ordinamento

alle norme emanate da Organizzazioni internazionali.

Gli organi interni competenti a emanare le relative norme (legislative o

semplicemente regolamentari) sono pertanto soltanto tenuti, sulla base

dell’ordinamento italiano e degli obblighi fissati nella Convenzione stessa,

ad emanare norme il più possibile conformi alla normativa O.A.C.I.; in

caso di impossibilità, l’esecutivo è tenuto a notificare le eventuali differenze

e, qualora gli organi competenti non provvedano ad emanare le relative

norme, gli organi amministrativi e giurisdizionali interni non sono tenuti ad

applicare la normativa internazionale, anche nel caso in cui non si sia

provveduto alla notifica delle eventuali differenze.

2) La legislazione italiana e l’attuazione della normativa tecnica O.A.C.I.

Esaurita così l’analisi, sul piano del diritto internazionale, degli aspetti

giuridici connessi alla natura e all’efficacia della normativa tecnica prodotta

dagli organi dell’O.A.C.I., esaminiamo ora quali conseguenze si sono avute

nell’ordinamento nazionale dopo che l’Italia, con il D.lg 6 marzo 1948, n.

616 234, ha dato esecuzione alla Convenzione di Chicago e in particolare

234 Pubblicato nella Gazz.Uff. 8 giugno 1948, n. 131, S.O.

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come gli Allegati siano stati oggetto, in alcuni casi, di produzione di atti a

contenuto normativo ovvero di esercizio di funzioni da parte dei tre poteri

del nostro ordinamento.

Com’è noto, la legge che ha dato esecuzione alla Convenzione di

Chicago portava in allegato esclusivamente il testo della Convenzione

suddetta e non anche quello degli Allegati tecnici che, del resto, erano

ancora in gran parte in fase di elaborazione 235.

Successivamente, il Parlamento italiano, con legge 29 gennaio 1957,

n. 24 236, delegava il Governo a dare esecuzione agli Allegati tecnici entro il

termine di tre anni dall’entrata in vigore delle legge delega, che peraltro non

è stata mai esercitata. Se, infatti, essa lo fosse stata, tutta la normativa

O.A.C.I., anche quella incidente su materie squisitamente tecniche, sarebbe

stata costretta in atti aventi forza e valore di legge il che avrebbe reso

difficili le successive modifiche alle quali gli Allegati sono soggetti 237.

235 La stessa cosa non è avvenuta per l’esecuzione data alla Convenzione di Parigi di cui, peraltro, gli

Allegati facevano parte integrante, poiché erano stati approvati insieme alla Convenzione e alla CINA era

stata attribuita soltanto la competenza a modificarli (vedi, supra, cap. I, § 1, p. 21).

236 Pubblicata nella Gazz. Uff. 4 marzo 1957, n. 58. Cfr., GIANNINI, La delega al governo per gli

allegati tecnici della Convenzione di Chicago 1944 per l’aviazione civile, in Riv. dir. nav., 1957, p. 263.

237 L’adattamento del nostro ordinamento al contenuto degli Allegati tecnici è risultato ostacolato anche

dal fatto che il codice della navigazione, approvato con R.D. 20 marzo 1942, n. 342, è stato redatto in un

momento di crisi generale del diritto soprattutto per la disciplina della navigazione aerea per la quale,

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Nell’ottobre 1979, su proposta del Ministro di Grazia e Giustizia, di

concerto con quello dei Trasporti, fu presentato in Senato un disegno di

legge di modifica di alcune disposizioni del codice della navigazione, parte

aerea. Il disegno di legge suddetto, destinato a modificare alcune importanti

norme del codice della navigazione, prevedeva una significativa aggiunta

all’art. 687 del codice mediante l’introduzione di una indicazione

permanente per il recepimento degli Allegati tecnici O.A.C.I.

Durante i lavori parlamentari veniva, peraltro, evidenziava la necessità

e l’urgenza di modifiche al codice del 1942, già ispirato alla Convenzione di

Parigi del 1929 ed a cui seguì la Convenzione Chicago.

Nella relazione al disegno di legge venivano illustrati i meccanismi di

produzione degli Allegati e gli scopi perseguiti dell’O.A.C.I. anche

mediante la produzione di norme, raccomandazioni e procedure, mettendo

peraltro in risalto l’inadempienza del nostro Paese 238

infatti, immediatamente dopo la fine del secondo conflitto mondiale fu avvertita la necessità di una

regolamentazione internazionale. La revisione del codice è, peraltro, nei programmi del nostro Governo

(dal 1974 lavora, infatti, presso il Ministero di grazia e giustizia, una commissione per la riforma del

codice della navigazione che non è ancora approdata a nulla di decisivo, nonostante i sostanziali

mutamenti intervenuti nel campo della navigazione aerea).

238 vedi, Atti Parlamentari, Senato della Repubblica VIIIa legislatura, N. 298 A.

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La legge menzionata è stata approvata dal Parlamento il 13 maggio

1983 e quindi pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.140 (appendice n.4), il

successivo 24 maggio 1983.

La legge 213/83 prevede due fasi per il recepimento della normativa

O.A.C.I. e, cioè, in primo luogo l’emanazione del decreto del Presidente

della Repubblica che costituisce il regolamento introduttivo dei principi

generali degli Allegati e, quindi, l’emanazione del decreti ministeriali

attuativi delle norme regolamentari.

L’art. 1 della legge 213/83 riformula, mediante aggiunte, l’art. 687 del

codice della navigazione che ora contiene, ai fini del loro recepimento

mediante successiva produzione normativa nella forma di decreti

presidenziali, l’elencazione completa di quasi tutte le materie239 oggetto

degli Allegati oggi in vigore. Solo per le materie di cui agli Allegati n. 9

(facilitazioni) e 18 (trasporto aereo di merci pericolose), non è dato

rintracciare nella suddetta disposizione alcun richiamo specifico, anche se

239 Le materie oggetto del recepimento riguardano: 1) telecomunicazioni aeronautiche, servizi

radioelettrici e di radionavigazione, servizi del traffico aereo e segnaletica a terra: 2) regole del’aria e

procedure di controllo del traffico aereo civile; 3) licenze del personale aeronautico civile; 4) navigabilità

degli aeromobili; 5) registrazione ed identificazione degli aeromobili civili; 6) raccolta e scambio di

informazioni meteorologiche; 7) libri e documenti di bordo; 8) mappe e carte aeronautiche; 9)

caratteristiche degli aeroporti e delle piste di atterraggio e decollo; 10) aeromobili in pericolo e inchieste

sugli incidenti; 11) unità di misura; 12) sicurezza del volo e degli aerodromi; 13) esercizio degli

aeromobili civili. Cfr., art. 687 codice della navigazione, come modificato dalla legge 13 maggio 1983, n.

213 (pubblicata nella Gazz. Uff. 24 maggio 1983, n. 140).

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alcuni riferimenti ad essi possono essere estensivamente rinvenuti nelle

altre materie elencate nello stesso articolo e, quindi, anche per tali materie

si potrà provvedere all’adeguamento del nostro ordinamento ai principi

generali contenuti negli Annessi O.A.C.I., mediante decreto del Presidente

della Repubblica240.

La previsione di cui all’art. 1 della legge 13 maggio 1983, n.213, ha

successivamente trovato attuazione mediante l’emanazione del D.P.R. 4

luglio 1985, n. 461 (pubblicato nella Gazz. Uff. 5 settembre 1985, n. 209)

intitolato «Recepimento nell’ordinamento interno dei principi generali

contenuti negli Allegati alla Convenzione relativa all’aviazione civile

internazionale (Chicago, 7 dicembre 1944), ai sensi dell’art. 687 del codice

della navigazione così come integrato dall’art. 1 della legge 13 maggio

1983, n. 213».

Il penultimo comma dell’art. 1 della legge citata contempla, altresì,

l’autorizzazione al Ministro dei trasporti per l’emanazione, successiva al

decreto del Presidente della Repubblica, delle «conseguenti disposizioni

240 Questa possibilità, in linea di principio, non è esclusa anche per l’adeguamento della legislazione

italiana al contenuto della normativa tecnica che potrebbe essere ulteriormente adottata dall’O.A.C.I.

sempre nella forma di Allegati alla Convenzione.

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tecniche» concernenti le materie elencate. Sulla espressione «conseguenti

disposizioni tecniche» occorre soffermare la nostra attenzione.

E’ chiaro che queste disposizioni tecniche, di competenza del Ministro

dei trasporti, oltre che tenere conto degli specifici principi generali contenuti

nella normativa tecnica dell’O.A.C.I., debbono essere ispirate al rispetto dei

principi generali dell’ordinamento italiano che regolano la produzione

normativa di tipo regolamentare. A tal riguardo, non si comprende la

necessita di aver previsto una espressa autorizzazione al Ministro dei

Trasporti quando rientra tra le sue normali attribuzioni quella di emanare

disposizioni regolamentari di natura tecnica nelle materie di sua

competenza. Peraltro, l’emanazione di norme regolamentari in materia era

già prevista dell’art. 1331 del codice della navigazione 241 che, mediante

l’emanazione di queste norme regolamentari, consente anch’esso un

adeguamento normativo da operarsi, ovviamente, sempre nel rispetto dei

principi generali che regolano la materia.

Nella fattispecie prevista è disciplinata dall’art. 1 della legge 213/83,

diversamente dalla legge delega del 1957, siamo senz’altro in presenza di

241 Art. 1331 Codice della navigazione: «Oltre alle speciali norme di cui è autorizzata l’emanazione da

disposizioni del presente codice, con decreto presidenziale (già reale), previa deliberazione del Consiglio

dei Ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanate le disposizioni necessarie per il completamento e

l’esecuzione del codice stesso.».

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una norma che prevede l’emanazione di regolamenti ed atti del Ministro dei

trasporti con valore di disposizioni tecniche.

Tuttavia, malgrado il recepimento formale, gli Allegati per la loro

pratica attuazione attendono ancora in gran parte l’emanazione dei decreti

ministeriali relativi alle «conseguenti disposizioni tecniche»242, tenuto

conto che, allo stato attuale, l’Italia ha adeguato la propria legislazione

interna ai principi contenuti in tre dei diciotto Allegati alla Convenzione di

Chicago243, e precisamente degli Allegati 1 (licenze del personale) 244, 13

(inchieste sugli incidenti aerei)245 e 16 (protezione ambientale) 246.

Ciò non sta a significare, tuttavia, che buona parte della normativa

O.A.C.I. non trovi applicazione immediata nel nostro ordinamento come in

quelli degli altri Stati membri, trovando questa realtà una spiegazione valida

in ragioni diverse da quelle addotte da coloro che vorrebbero fondarla su un

preteso ma inesistente obbligo convenzionale di applicazione immediata.

242 Cfr., art. 687 codice della navigazione, come integrato dalla legge 13 maggio 1983, n. 213

(pubblicata nella Gazz. Uff. 24 maggio 1983, n. 140).

243 Vedi, introduzione, nt. 1, p. 5.

244 Vedi, supra, cap. III, § 1, p. 114, nt. 157.

245 Vedi, supra, cap. III, § 1, p. 126, nt. 168.

246 Vedi, supra, cap. III, § 1, p. 131, nt. 173.

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L’Italia, infatti, aveva dato attuazione ad hoc agli Allegati tecnici alla

Convenzione di Parigi247, sia provvedendo a conformare ad essi il nostro

ordinamento mediante l’emanazione di provvedimenti legislativi quali, ad

esempio, lo stesso codice della navigazione, nonché regolamentari, come il

R.D. 20 agosto 1923, n. 2207 o il R.D. 23 novembre 1936, n. 2496.

Pertanto, nessun problema pone l’applicazione dei regolamenti O.A.C.I.,

non ancora oggetto di recepimento interno, conformi agli Annessi della

C.I.N.A. o, se non conformi, almeno largamente ispirati ai principi in essi

espressi soprattutto con riguardo agli aspetti più strettamente tecnici e

soggetti a frequenti e sostanziali mutamenti.

Altra possibilità di applicazione immediata della normativa in

questione e ravvisabile nell’ipotesi in cui le norme dell’ordinamento italiano

247 La Convenzione di Parigi è stata resa esecutiva, in Italia, con R.D. 24 dicembre 1922, n. 1878, e con

essa anche gli Allegati che, nella primitiva formulazione, ne costituivano parte integrante. Tali Allegati

subivano però, ad opera della C.I.N.A., frequenti modifiche. Nella nuova formulazione non potevano,

pertanto, più considerarsi parte integrante della Convenzione del 1919. Si rendeva perciò necessario un

continuo adattamento ad essi, ciò che l’Italia realizzava sia attraverso l’art. 50 della legge aeronautica

(R.D. 20 agosto 1923, n. 2207) disponendo che «in quanto non sia diversamente stabilito dal presente

decreto, hanno vigore nel territorio dello Stato le disposizioni contenute nella Convenzione internazionale

per la navigazione aerea in data 13 ottobre 1919, resa esecutiva nel Regno con R.D. 24 dicembre 1922, n.

1878. Tutte le disposizioni contenute in essa e nei suoi Allegati con le modificazioni apportate, ancorché

non siano riprodotte nel presente decreto, si intendono avere piena validità sul territorio del Regno», e sia

attraverso l’ordinario procedimento di adattamento emanando, di volta in volta, provvedimenti

modificativi della precedente normativa.

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si limitano a fare rinvio a quanto prescrivono i regolamenti o gli ordini delle

autorità competenti 248.

La pubblica amministrazione d'altronde, nel fissare certe norme di

comportamento per i concessionari dei servizi di trasporto aereo, non può

non tenere conto di quanto prescritto dagli Allegati tecnici che, come

abbiamo visto, vengono predisposti in sede O.A.C.I. anche grazie alla

preziosa opera dei più qualificati esperti in materia aeronautica a livello

mondiale.

Gli Allegati, infatti, contengono principalmente norme di natura

tecnica ed in particolare le più qualificate massime di esperienza esistenti in

materia di navigazione aerea che, in quanto tali, non hanno bisogno per la

loro applicazione di una di produzione normativa potendo essere utilizzate

per riempire di contenuto le norme giuridiche che l’ordinamento nazionale

248 Cosi afferma, infatti, una disposizione del regolamento di navigazione aera del 1925: «l’atterramento

con i mezzi radioelettrici deve essere effettuato conformemente ai regolamenti locali», né prescrive

alcunché quanto all’obbligo di effettuare l’avvicinamento strumentale piuttosto che quello a vista (cosa che

invece è stabilita da un Allegato O.A.C.I. in circostanze di scarsa visibilità). Nulla impedirebbe, quindi

alle autorità di conformarsi a quest’ultima normativa. Vedi, ancora, l’art. 1228 c. nav. Che punisce con

l’arresto fino a sei mesi ovvero con l’ammenda fino a lire due milioni «il comandante di un aeromobile che

sorvola centri abitati, assembramenti di persone o aeroporti, senza osservare le prescrizioni del

regolamento o gli ordini dell’autorità competente». Tale disposizione consente di applicare le norme

contenute nell'All. n. 2 (Rules of the Air) che, per i centri abitati ecc., prescrive in trecento metri il limite

minimo di quota dell’aereo, perché proprio a questo limite si richiamano di solito gli ordini delle autorità

competenti (crf., in questo senso Cass. Sez. un., 6 marzo 1963, in Il diritto aereo, 1964, p. 167; vedi

anche, art. 106-septies regolamento della navigazione aerea, R.D. 11 gennaio 1925, n. 356).

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già contiene ed aventi efficacia in base alla Convenzione di Chicago o in

attuazione delle disposizioni che essa direttamente pone. E’ in questo senso

che il limite di trecento metri di altezza del volo posto dall’All. n. 2 può

essere considerato una massima di esperienza utilizzabile nell’applicazione

dell’art. 125-ter del regolamento del 1925 249.

Queste massime di esperienza, pertanto, possono essere utilizzate

direttamente sia dai giudici nazionali per riempire di contenuto norme che

fanno riferimento a criteri di prudenza, diligenza, sicurezza e sia

dall’autorità amministrativa competente nei limiti in cui essa può

determinare, ad esempio, le condizioni del rapporto di concessione ovvero

può esplicare una potestà regolamentare o semplicemente dare ordini ad hoc

al fine di ridurre i rischi di incidenti aerei 250.

249 «Ogni aeromobile deve, volando sopra centri abitati o sopra località dove siano agglomerati di

persone, mantenersi a una quota che renda l’atterraggio sempre possibile, anche in caso di arresto del

motore, al di fuori del centro abitato o dell’agglomerato, ovvero su un aeroporto ».

250 Le massime di esperienza vengono in ausilio dell’interprete in quanto valutate come condizione per il

funzionamento di una norma giuridica, restando per l’ordinamento dello Stato un mero fatto (vedi, in

proposito, MORELLI, Diritto processuale civile internazionale, Padova, 1954, p. 70, e ARANGIO-

RUIZ, Il trattamento processuale del diritto straniero, nota a Cass., sez. I, 12 agosto 1946, n. 1194, in

Giur. compl. cass. civ., 1946, XXII, p. 619 ss.; CALAMANDREI, Massime di esperienza in Cassazione,

nota a Cass., sez. II, 9 novembre 1926, in Riv. dir. proc. civ., 1927, II, p. 126 ss.). Peraltro, vi è una

categoria di Allegati tecnici riguardanti più che norme giuridiche o tecniche, metodi e strumenti di

unificazione/standardizzazione del linguaggio e dei codici che debbono essere adottati da tutti gli addetti

all’organizzazione/pianificazione dei voli (cfr., in tal senso, l’All. 3, relativo ai «codici meteorologici» e

l’All. 5, riguardante le unità di misura nelle comunicazioni terra/bordo/terra). L’uso uniforme di tale

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Peraltro, la normativa O.A.C.I., anche laddove essa avrebbe bisogno di

essere inserita nel nostro ordinamento attraverso un provvedimento di

natura legislativa o regolamentare, trova indiscutibile applicazione in via di

fatto sia da parte della pubblica amministrazione sia da parte delle imprese

di navigazione aerea 251.

Ciò nonostante, è dato constatare che la problematica dell’applicazione

degli Allegati O.A.C.I. si acutizza sul versante della giurisprudenza italiana,

allorché viene richiesto ai nostri giudici, presso i quali si rinviene la

linguaggio facilita, del resto, l’organizzazione dei servizi aerei e non trova ostacoli di sorta in leggi o

regolamenti dello Stato. Sta, infatti, alle singole amministrazioni dell’aviazione civile, mediante lo

strumento delle circolari o di semplici istruzioni, fare in modo che questo linguaggio e questi codici

divengano d’uso uniforme (vedi, ad esempio, Circolare 41/23100/M3, ed. gennaio 1997, del Ministero dei

Trasporti – D.G.A.C., relativa alle norme operative per l’esercizio degli aeromobili in servizio di trasporto

pubblico).

251 Tale applicazione trova, del resto, una conferma esplicita nelle stesse affermazioni della pubblica

amministrazione che in una pubblicazione edita dall’Azienda Autonoma di Assistenza al Volo (Ente di

diritto pubblico), a proposito degli aeroporti aperti al traffico commerciale civile, così scrive: «le

regolamentazioni in vigore in Italia riguardano le servitù aeronautiche (artt. 714, 715, 716, 717 del codice

della navigazione) e sono conformi alle norme e Raccomandazioni O.A.C.I. relative alla disciplina degli

ostacoli. Per quanto riguarda le altre norme e Raccomandazioni O.A.C.I. relative alle caratteristiche

fisiche degli aeroporti (Allegato n. 14), pur non formando ancora oggetto di una legge dello Stato, esse

vengono in pratica applicate dall’amministrazione dell’aviazione civile italiana». Cfr., Aeronautical

Information Publication (AIP) – Italia, ed. 22 aprile 1999, vol. AGA 0-1. Nella stessa pubblicazione

relativa al 17 luglio 1997, RAC 1-1, si afferma che: «Ad eccezione di quanto riportato nella sezione

RAC.1, le regole e le procedure applicate nello spazio aereo italiano, così come definito dai confini di

FIR/UIR, sono conformi all’Annesso n. 2 (regole dell’aria) e 11 (servizi del traffico aereo), al DOC.

7030 ed alle parti applicabili del DOC. 4444 dell’O.A.C.I.».

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maggiore resistenza in tal senso, di valutare l’eventuale applicabilità ai casi

concreti della normativa de qua. A tal riguardo, il loro atteggiamento appare

piuttosto contraddittorio e in qualche caso persino del tutto errato 252. Infatti,

in talune circostanze, essi preoccupati soltanto ad affermare

formalisticamente soltanto quanto prescritto dal diritto positivo nazionale,

sono arrivati persino ad affermare che «escluso che le norme dell’O.A.C.I.

siano da qualificarsi come norme di prudenza, per le nozioni di prudenza e

di imprudenza bisognerà in ogni caso fare riferimento all’ordinamento

positivo interno» 253.

252 Vedi, supra, introduzione, nt. 4, 6, 7 e 8.

253 Cfr., App. Firenze, 10 febbraio 1966, in Il diritto aereo, 1966, p 243; Trib, Livorno 27 febbraio 1965

(citata supra, nota n. 4, p. 7). In questa sentenza il Tribunale di Livorno, dopo avere appreso dalla stessa

pubblica amministrazione che una disposizione dell’Allegato n.1, relativa al personale, era in via di fatto

applicata in luogo dell’art. 9 della legge sulla gente dell’aria (legge 8 febbraio 1934, n. 331), affernava che

a tale prassi «non può riconoscersi valore alcuno nel nostro ordinamento giuridico» e valutava quindi la

fattispecie sulla base della legge e non dell’Allegato. Il problema è, peraltro, analogo a quello che si pone

quando si chiede ai giudici l’applicazione di determinati accordi (più spesso in forma semplificata, cui la

pubblica amministrazione da un’applicazione di fatto non essendosi provveduto ad emanare alcun ordine

di esecuzione (vedi, in proposito, LATTANZI, Parlamento e accordi internazionali, in Quaderno n. 2 di

democrazia e diritto, 1978, p. 229 ss.).

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3) Conclusioni.

Da quanto argomentato appare evidente che la Convenzione di

Chicago ha dato corpo ad un sistema normativo per cui le parti contraenti

collaborano nell’assicurare il più alto grado di uniformità nella regolamen-

tazione di tutti i complessi aspetti dell’aviazione civile, in tutti i casi in cui

tale uniformità possa consentire facilitazioni e miglioramenti per la

navigazione aerea.

In sostanza, la Convenzione ha voluto creare un sistema flessibile che,

pur tendendo ad una standardizzazione degli ordinamenti interni dei singoli

Stati membri dell'O.A.C.I., non ha attribuito agli Allegati tecnici carattere

obbligatorio inderogabile, come invece altrimenti previsto nella Conven-

zione di Parigi, così assoluta da provocare il recesso di diversi Stati parti.

In altri termini, la Convenzione disciplina e coordina le norme

attinenti ai traffici aerei internazionali e, attraverso essa, gli Stati hanno

voluto tener presente le diversità del progresso e del livello di tecnologia

raggiunti dai singoli paesi in fatto di infrastrutture ed attrezzature in genere.

La Convenzione è, pertanto, il risultato della consapevolezza nella

comunità internazionale della difficoltà di giungere a definire norme

obbligatorie, derivate da accordi, specie con riguardo alle attrezzature

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tecniche e alle facilitazioni necessarie alla sicurezza della navigazione aerea

internazionale. Ciò ha condotto alla adozione di disposizioni che, pur

concedendo ai singoli Stati membri dell'O.A.C.I. di mantenere le proprie

specificità nel regime normativo nazionale della navigazione aerea,

assicurano comunque la sicurezza, l'efficienza e lo sviluppo dei traffici

aerei internazionali.

Si è pensato insomma che la Convenzione potesse conseguire il

miglior risultato possibile lasciando agli Stati membri margini di azione

piuttosto ampi per cui essi possano realizzare, anche mediante l’applica-

zione parziale della normativa tecnica prodotta dall’Organizzazione, livelli

di sicurezza e di efficienza della navigazione aerea il più possibile vicini ai

livelli minimi fissati nella normativa tecnica dell'OA.C.I.

Le pagine che precedono costituiscono un modesto tentativo di

disamina degli obiettivi e degli impegni fissati dalla Convenzione a carico

degli Stati e, correlativamente, delle complesse problematiche connesse ai

concreti atteggiamenti di questi riguardo a quelli.

Esprimendo un giudizio finale sul valore degli Allegati tecnici

riteniamo di aderire a quanto è stato detto in proposito da quella dottrina254

che, con riferimento al comportamento concreto degli Stati, ritiene che gli

254 Cfr., GIANNINI, Sulla natura giuridica, op. cit., p. 5 ss.

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Allegati hanno: a) per intero valore obbligatorio per quegli Stati membri che

si conformano ad essi e ai loro emendamenti, uniformando conseguente-

mente loro ordinamenti interni; b) valore di semplice raccomandazione per

quegli Stati membri che non si dichiarano ad essi vincolati, ma rispetto ai

quali esercitano ugualmente un valore obbligatorio residuale che gli deriva

dal loro collegamento alla Convenzione.

Concludiamo citando le parole del Giannini: «La Convenzione di

Chicago è di stampo anglosassone, permeata quindi della ratio utilitas vuole

essere insomma utile e prudente nel contempo». Sulla scorta di quanto detto

si comprende come da più parti si sia voluto raccomandare all’O.A.C.I. una

certa cautela nel modificare e nell’adottare norme nuove 255.

255 Cfr., al riguardo, la Risoluzione A.29-7, Exposé récapitulatif des aspects de la politique permanente

del l’OACI ed des régles pratiques spécifiquement du domaine de la navigation aérienne, Doc. OACI

9600 (1992). L’appendice A di questa Risoluzione precisa che le norme e le pratiche raccomandate

dovranno essere oggetto di modifica solo quando «cio sia reputato necessario per l’adeguamento

all’evoluzione delle necessità e della tecnica.»

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