La mia bici va a potassio

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Albano Marcarini La mia bici va a potassio edicicloeditore Le foto delle pagine 86 e 91 sono di Franco Chimenti, quelle delle pagine 147 e 215 di Alessandro Trovati redazione: luca albani grafica: vanessa collavino prima edizione marzo 212 © ediciclo editore s.r.l. via cesare beccaria, 17 - 26 portogruaro (ve) tel. 421.74475 - fax 421.2865 www.ediciclo.it posta @ ediciclo.it è vietata la riproduzione totale o parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia. ISBN: 978-88-6549-45-7 La mia bici va a potassio è anche su Facebook

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Milano - Roma a due banane l'ora

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Albano Marcarini

La mia bici va a potassio

edicicloeditore

Le foto delle pagine 86 e 91 sono di Franco Chimenti, quelle delle pagine 147 e 215 di Alessandro Trovati

redazione: luca albani

grafica: vanessa collavino

prima edizione marzo 212

© ediciclo editore s.r.l.via cesare beccaria, 17 - 26 portogruaro (ve)tel. 421.74475 - fax 421.2865

[email protected]

è vietata la riproduzione totale o parziale,effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia.

isbn: 978-88-6549-45-7

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Prefazione

«Il ciclismo non è uno sport, è un be-neficio sociale». (Sottotitolo del giornale francese “Le Vélo”, fine xix secolo).

L’ho scritto di getto, fin troppo, come quando dal pennino della stilo scende una goccia troppo grossa d’inchiostro e macchia la parola. Non ci avrei mai creduto. Io che spesso misuro le parole e non ne consumo tante. Non misuro inve-ce i miei chilometri in bicicletta e consumo troppe energie. Forse troppe per la mia età… ma chi se ne frega! Per cui, questo è un libretto scritto sulla strada, chilometro dopo chilometro, salita dopo salita. A casa l’ho messo in bella.

La voglia mi è venuta mentre pedalavo con altri ven-titré compagni “di strada” per complessivi 766,1 chilo-metri da Milano a Roma. Sono rimasto in sella per 32 ore e 10 minuti a una media di 23,85 km/h e ho avuto tutto il tempo per guardarmi attorno, meditare e trarre delle conclusioni “scritte” sul paesaggio, sul modo di andare in bici, sulle strade, sul movimento che poi, alla fine, è quel grande gesto che ci spinge alla conoscenza del mon-do esteriore. Guai a non poterlo esercitare.

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di una carta sufficientemente dettagliata (almeno a scala 1:200.000), anzi potrebbe essere divertente farlo perché gli darò un’infinità di indizi utili.

P.S. Rettifico! A giorni tre dalla data del rientro ho per-so 1,9 chili. Scrivo questo qualora possa avere in futuro un valore scientifico. Mi ricorda un po’ Robert Scott, lo sfortunato esploratore polare, che fino all’ultimo scrisse cose sul suo diario.

P.S.S. Essendo un viaggio verso una meta e non un viaggio a zonzo, i capitoli sono numerati al contrario, a scendere, fino all’arrivo. Sono 90 (o forse 91, adesso non so dire). Se il lettore crede può fermarsi in media ogni 8,510 km e leggerne uno. Ma forse è più comodo leggerli tutti assieme a casa, in poltrona.

Preciso. Non ho fatto niente di straordinario. C’è gen-te che in bici fa il giro del mondo, da solo, in tandem con la fidanzata, con Emilio Rigatti, senza una gamba, senza mani, a occhi chiusi ecc. Io sono solo andato da Milano a Roma e per di più in allegra compagnia. Quindi, per carità.

Durante il mio viaggio – per farla subito finita con le doverose note tecniche – ho bruciato 31.202 calorie, ma non ho perduto un etto di peso. Ho mangiato banane e prodotti integratori specializzati, ho bevuto acqua mista a magnesio, potassio e creatina, anche tè. Di sera pasta, un paio di volte anche a pranzo. Mi sono permesso un solo gelato, ad Acquapendente (un Cucciolone della Al-gida). Non ho mai forato e la mia bicicletta Simplon Na-nolight - Shimano XT si è sempre comportata bene. Non ho mai dovuto gonfiare le gomme, solo regolare qualche volta il tubo reggisella (che stupidamente avevo ingrassa-to prima di partire). Ho lavato la mia maglietta tre volte e i calzoncini quattro. Ho preso la pioggia durante la di-scesa dalla Futa, poi soltanto sole, sulle braccia, il viso e le gambe. La mia massima velocità in discesa è stata di 71,2 km/h, ma non so esattamente dove; quella minima in salita credo sia stato su una rampa al 20% dalle parti di Asciano dove ho toccato i 7 km/h. Il dislivello com-plessivo in salita, registrato dal mio Garmin, è stato di 7742 metri (pari all’altezza della trentunesima montagna più alta del mondo, il Saltoro Kangri nel massiccio del Karakorum), ma è una balla grossa come una casa, come spiegherò più avanti.

Non dirò la strada che ho seguito da Milano a Roma. Il ciclista però la può ricostruire facilmente con l’aiuto

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90. Avvertenza prima di uscire da casa

Ogni giorno che usate la bicicletta, prima di uscire di casa, oltre a gonfiare bene le gomme, tenete a mente un dato: in quarant’anni la densità dei veicoli a motore sulle strade italiane è aumentata del 178%. Nel 1970 c’erano 81 veicoli per ogni chilometro di strada, oggi ce ne sono 225. Nel medesimo periodo la rete stradale è aumentata appena del 34%. Se vi può confortare, non sarete mai soli sulla strada. Magari un po’ indifesi. Come un topoli-no accanto a un pitone.

89. La strada

Una volta tanto non saranno le città, pure belle, o i monu-menti, pure importanti, ma sarà la strada. Lei sarà la pro-tagonista di questo viaggio da Milano a Roma. Sì, perché la strada, soprattutto alcune di esse, non sono un nastro d’asfalto, ma sono storia, cultura, incontri, personaggi, cibi, paesaggi. La strada è la vita di un Paese lungo e stret-to come il nostro. Penso, ed è un paradosso, che l’auto ci abbia a lungo rubato le strade. Le percorre ma non le ama.

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Molte strade hanno un nome, le più povere hanno al-meno un numero. Mi riprometto di ricordare nomi e nu-meri per poterle distinguere l’una dall’altra. Infatti non esistono due strade uguali. Ognuna ha pregi e difetti, bel-lezze e lati da nascondere esattamente come gli umani. La strada è figlia dell’uomo fin da quando alcuni cacciatori nomadi presero a seguire le tracce delle loro prede, facen-do una pista, poi un sentiero, infine una strada.

Soundtrack: The Highwayman, The Devil’s Right Hand.

88. Il percorso

Non è vero che tutte le strade portano a Roma. Da Mila-no a Roma ce ne vanno tredici, più un’autostrada e una strada ferrata. Ma posso anche uscire dalla solita via e indugiare su stradine fatte apposta per la bicicletta. Oc-corre trovarle. Purtroppo non è come in Francia, dove strade di questo genere ce ne sono a iosa e non è neces-sario proteggerle. Da noi la stradina è vista con antipatia dall’automobilista frettoloso. Che impiccio accostare, a volte fermarsi, quando si incontra un veicolo in senso opposto, col rischio di fracassare lo specchietto, sbalzare dalla banchina e perdere il copriruo-te, con quello che costa.

Ad esempio, per il copriruote da 14 pollici Pro Silverstone argento ci vuole la bellezza di 29,95 euro. Ca-dauno, s’intende! Per cui, per rispar-miare 29 euro e spiccioli si è deciso

La bicicletta ci restituisce questo patrimonio. Bisogna con-servarlo.

Il pedale riconsegna il senso e la dimensione reale dello spostamento da un luogo all’altro, con i tempi, le pause, gli allunghi e le impennate. Questa è una velocità vera e non fittizia, non alta e neppure bassa, ma dolce. Dà il tempo e il piacere di (ri)leggere i nomi dei luoghi e delle vie per cercare di risalire al loro significato profondo, permette di contare i cipressi uno a uno, le vigne una dietro l’altra, gli ulivi nei campi o le nuvole che scorrono nel cielo. Capire perché, lungo la strada che ci arriva, un paese sta sopra un colle oppure si nasconde in basso, fra le ombre della valle.

Così facendo, o meglio, così andando anche la fatica ha un senso e si giustifica perché i nostri avi, che costruirono quelle strade, non erano spreconi ma sapevano esattamen-te dosare i tracciati a seconda del bisogno. Alcune strade, le “vecchie” strade, si sposano al paesaggio e all’orografia senza offese e ingiurie. Dicono che il territorio non è vuo-to, ma è lo spazio del vento e del sole, dei profumi e anche dei meno nobili odori, del verde dei boschi e del giallo dei campi, degli orizzonti crestati o confusi nel caos nerastro di una tempesta in arrivo. «La strada viaggia già da sé», dice il giornalista Marco Pastonesi, a noi l’infinito piacere di conoscerla.

Fortunatamente il ciclista ha ancora un tesoretto di strade che le auto trascurano perché strette o tortuose. Di fronte all’incedere del brutto, pedalare lontano da una strada trafficata significa ritrovarsi. In questo caso l’azione del pedalare opera come una specie di dinamo rigeneran-te. Più si pedala, più il mondo si abbellisce. È una consta-tazione che vi prego di fare e vi accorgerete quanto è vera.