La macellazione tradizionale extra moenia
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TESI DI DIPLOMA
LA MACELLAZIONE TRADIZIONALE EXTRA MOENIA, PROPOSTA DI PROCEDURA ISPETTIVA
Relatore: Ch.mo Prof. Valerio GIACCONE
Specializzando: dott. Fabrizio DE STEFANI
Anno Accademico 2002-2003
LA MACELLAZIONE TRADIZIONALE EXTRAMOENIA, PROPOSTA DI PROCEDURA ISPETTIVA
1. INTRODUZIONE
2. LE MACELLAZIONI – DEFINIZIONI
• LA MACELLAZIONE CONVENZIONALE • LA MACELLAZIONE D’URGENZA • LA MACELLAZIONIE CLANDESTINA • LE MACELLAZIONI RITUALI • LA MACELLAZIONI EXTRA – MOENIA
3. LE MACELLAZIONI RITUALI
• SHECHITÀ - METODO KASHER • ZABIHA - METODO HALLAL • JHAKTA –METODO SIKH • MACELLAZIONE TRADIZIONALE AFRICANA • LA QUESTIONE DELLO STORDIMENTO
4. LE MACELLAZIONI TRADIZIONALI EXTRA MOENIA
• LA MACELLAZIONE TRADIZIONALE DEL MAIALE • LA MACELLAZIONE TRADIZIONALE DELL’AGNELLO E DEL CAPRETTO
5. ASPETTI NORMATIVI
• CIRCOSTANZE AUTORIZZATIVE • REQUISITI DEL SOGGETTO RICHIEDENTE • NUMERO DI CAPI E SPECIE MACELLABILI • VISITA ANTE E POST MORTEM • EDUCAZIONE SANITARIA DEGLI OPERATORI • DESTINO DEGLI SCARTI DI MACELLAZIONE • APPARATO SANZIONATORIO
6. CONCLUSIONI 7. BIBLIOGRAFIA
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 1
INTRODUZIONE
Tutte le religioni, dalle primitive e più elementari alle più complesse e strutturate,
istituiscono un legame profondo tra il divino e il cibo, tra il trascendente e le fonti di
sussistenza dalle quali dipendono i gruppi umani, le valenze ideologiche e religiose che
il cibo e l'alimentazione assumono nelle diverse società condizionano in modo evidente
la vita degli individui.
Giorgione - I tre filosofi (Vienna, Kunsthistorisches Museum, 1508-1509)
Nell'antichità greca, a Roma, nel mondo biblico e nelle culture vicine, tra le
offerte agli dèi si comprendevano anche sacrifici cruenti che comportavano il consumo
della carne della stessa vittima da parte di chi offriva o celebrava il sacrificio, in
particolare, si distinguevano sacrifici cruenti in cui tutta la vittima era offerta alla sfera
extraumana (olocausti) o distrutta (sacrifici espiatori) e sacrifici cruenti che sfociavano
nella consumazione da parte dei fedeli del relativo banchetto attraverso ordinati processi
di distribuzione e di consumazione delle parti.
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 2
In linea di principio le società antiche mangiavano carne solo in queste
particolari occasioni sacrificali, il sacrificio cruento di questo genere diveniva
un'occasione di commensalità d’enorme valore simbolico all'interno del gruppo dei
sacrificanti, ma questa dieta sacrificale era altamente condizionata da tabù alimentari: i
Greci non sacrificavano e non mangiavano il bue aratore; agli Ebrei della Bibbia erano
vietati un copioso numero di animali oltre al maiale; gli egizi non uccidevano vacche e,
tranne in casi festivi eccezionali, non si cibavano di suini.
Con l’avvento di Cristo questi divieti furono destinati a cadere come l’ennesimo
servilismo dell’uomo nei confronti della legge dell’Antico Testamento. Il cristianesimo
operò una netta rottura nei confronti della tradizione ebraica e di quella pagana negando
qualsiasi distinzione tra cibi 'puri' e 'impuri' e trasferendo dall'oggetto al soggetto (vale a
dire dal cibo consumato all'uomo che lo consuma) i valori etico - comportamentali
legati all'alimentazione. La carne, in particolare, perse ogni sacralità nel duplice senso
positivo e negativo di sacer e sacrum e venne banalizzata a semplice strumento di
sopravvivenza al pari di ogni altro alimento:
- “Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e
intendete bene: non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui,
possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall’uomo a
contaminarlo». Quando entrò in una casa lontano dalla folla, i
discepoli lo interrogarono sul significato di quella parabola. E
disse loro: «Siete anche voi così privi di intelletto? Non capite che
tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può contaminarlo,
perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va a finire nella
fogna?» Dichiarava così mondi tutti gli alimenti (Vangelo di
Marco 7, 14-19).
E Dio stesso, ribadisce a Pietro quest’abolizione:
- “Il giorno dopo, mentre essi erano per via e si avvicinavano alla
città, Pietro salì verso mezzogiorno sulla terrazza a pregare. Gli
venne fame e voleva prendere cibo. Ma mentre glielo preparavano,
fu rapito in estasi. Vide il cielo aperto e un oggetto che discendeva
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 3
come una tovaglia grande, calata a terra per i quattro capi. In essa
c’era ogni sorta di quadrupedi e rettili della terra e uccelli del
cielo. Allora risuonò una voce che gli diceva: «Alzati, Pietro,
uccidi e mangia!» ma Pietro rispose: «No davvero, Signore, poiché
io non ho mai mangiato nulla di profano e di immondo». E la voce
di nuovo a lui: «Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più
profano»” (Atti degli Apostoli 10, 9-15).
L'identità religiosa cristiana quindi, a differenza di quella ebraica e di quella
islamica, non viene costruita attraverso l’obbedienza ad una legge alimentare che
definisce i cibi consentiti e quelli proibiti perché impuri. Questa caratteristica ha una
profonda influenza sia sul piano della struttura della cultura cristiana, dei suoi referenti
simbolici e delle sue regole alimentari, sia su quello della costruzione dell'identità
cristiana, che sta all'origine della specificità della cultura occidentale.
La rivoluzione cristiana tuttavia, non estinse del tutto il valore simbolico di
sacralità dell’alimento cosicché, anche nella secolarizzata società occidentale,
sopravvivono eventi, se non veri e propri riti, consacrati dalla tradizione le cui radici
affondano nella memoria remota delle genti e che s’esprime nell’usanza delle
macellazioni familiari (a domicilio), che si consumano proprio in concomitanza delle
maggiori ricorrenze della cristianità.
Di recente, correlato ad un’immigrazione sempre più rilevante, permanente e
strutturale, s’è imposto all’attualità, anche nella realtà italiana, il nuovo fenomeno della
macellazione rituale in forma clandestina, apportando un’ulteriore elemento di criticità
nella ancor difficile processo d’integrazione delle nuove culture.
S’impone quindi anche nell’ambito delle competenze veterinarie il problema del
rapporto tra il rispetto delle prescrizioni e il principio d’espressione della libertà di
religione. Con il presente lavoro, s’intende indagare l’ambito delle macellazioni per
autoconsumo che, per tradizione, consuetudine o necessità, sono effettuate al di fuori
dei locali di macellazione, extra moenia, analizzando comparativamente le diverse
pratiche al fine di definire il campo di praticabilità delle macellazioni tradizionali.
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 4
LE MACELLAZIONI - DEFINIZIONI
LA MACELLAZIONE CONVENZIONALE
È l’atto di natura medico legale di trasformazione degli animali da macello in
alimento mediante l'uccisione dell'animale per dissanguamento, è autorizzato
dall’autorità competente sotto controllo veterinario e deve avvenire in luoghi
istituzionalmente deputati, i mattatoi.
E’ finalizzato al conseguimento d’un risultato economico, generalmente di tipo
commerciale, la cui etica si limita a garantire, tra l’altro, la riduzione della sofferenza
animale evitabile mediante lo stordimento preventivo imposto dalla specifica normativa.
Tale attività è disciplinata da un complesso normativo che ha come fondamento il
decreto legislativo 18/4/94, n. 286 e sue integrazioni e modificazioni.
LA MACELLAZIONE D’URGENZA
Si deve intendere come una macellazione diversa da quella ordinaria, trattandosi
di un evento eccezionale, che può essere effettuata anche in deroga per quanto attiene ad
esempio il luogo e l’orario della macellazione nonché all’obbligo dello stordimento
preventivo. In pratica, la macellazione d’urgenza è quella fatta ad un animale quando, se
non macellato, verrebbe a morte spontanea in breve tempo.
In caso di ricorso a questa pratica, va osservato quanto previsto dall’art. 7 del
decreto legislativo 18/4/94, n. 286 e sue integrazioni e modificazioni.
LA MACELLAZIONE CLANDESTINA
È un atto di macellazione realizzato in difetto di riconoscimento medico legale, che può
avvenire ovunque giacché si realizza in assenza d’autorizzazione e controllo veterinario
e, di conseguenza, legalmente perseguibile.
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 5
LE MACELLAZIONI RITUALI
Si differenziano dalle pratiche convenzionali sostanzialmente per la necessità,
del mantenimento d’alcune specie animali da macello in stato cosciente durante tutta la
fase del dissanguamento. Questa regola è imposta da precetti religiosi pressoché assoluti
per i metodi Kasher (Ebraico), Halal (Islamico) e Jhakta (Sikh). Le macellazioni rituali
che rispondono a precetti religiosi codificati sono la shechità per l’Ebraismo, la zabiha
per l’Islamismo e la jhakta per il Sikhismo, a queste si associa il metodo tradizionale
africano.
Di questi metodi sono riconosciuti e dal nostro ordinamento solo quelle di rito
ebraico ed islamico dal D.M. 11 giugno 1980 relativo alla Autorizzazione alla
macellazione degli animali secondo i riti religiosi ebraico ed islamico, riconfermata
dall’articolo 5 dell’Intesa fra lo Stato e l’Unione delle Comunità ebraiche italiana,
precisando che la macellazione rituale eseguita secondo il rito ebraico "continua ad
essere regolata dal decreto ministeriale 11 giugno 1980, in conformità alla legge e alla
tradizione ebraiche", norma che costituisce precedente valido anche per la confessione
islamica, successivamente le macellazioni rituali sono state confermate dal decreto
legislativo n. 333 del 1998.
LA MACELLAZIONI EXTRA – MOENIA
È la macellazione delle specie da macello finalizzata all’autoconsumo familiare,
che come prevede l’art. 1 del Regolamento di vigilanza sanitaria delle carni approvato
con Regio Decreto 20/12/1928, n. 3298, è autorizzata dal Sindaco, in via eccezionale e
quando fondati motivi giustificano il provvedimento, sotto controllo veterinario, al di
fuori dei luoghi istituzionalmente deputati specificamente presso il domicilio del
richiedente.
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 6
LE MACELLAZIONI RITUALI
Le macellazioni rituali riconosciute secondo la F.A.O. sono la Shechità di rito
Ebraico, l’Hallal o Zabiha Islamica, la Jhakta dei Sikh ed il metodo Tradizionale
Africano.
Caravaggio - Il sacrificio di Isacco (Firenze, Uffizi, 1597).
SHECHITÀ - METODO KASHER
Le regole alimentari prescritte dalla Torah costituiscono un aspetto fondamentale
della pratica religiosa ebraica. Per gli ebrei osservanti queste regole non si pongono in
discussione. La posizione comune di chi le osserva e' che le regole fanno parte d’una
tradizione sacra, che ha origine in un comando divino e che il dovere d’un ebreo sia
essenzialmente quello di rispettare questa volonta' -“Il motivo razionale di ogni Mizwà
che D-o ci ha comandato è noto solo a Lui, a noi l’obbligo di eseguirle in quanto da Lui
promulgate”-.
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 7
La normativa ebraica sul cibo è detta kasheruth, letteralmente idoneità.
L'aggettivo kasher o kosher, significa adatto, conforme, opportuno ed indica quali cibi si
possono consumare perché conformi alle regole. Uno dei caratteri identitari
fondamentali per gli Ebrei, infatti, è l’alimentazione Kasher. Il contrario di kasher è
taref. In origine questa parola indicava la carne degli animali uccisi da bestie predatrici;
in seguito è passata ad indicare tutti quegli animali che, non macellati secondo le regole
alimentari ebraiche, restano proibiti. Per estensione, nel linguaggio comune è definito
taref qualsiasi cibo che non sia kasher.
La kasherut è sostanzialmente fondata sulla Torah e sull'interpretazione che di
essa i rabbini hanno fornito. Quando D-o creò l'uomo, pur se sovrano di tutti gli animali,
lo concepì originariamente essere vegetariano come la Genesi suggerisce: "Ecco, vi do
ogni erba produttrice di semenza come cibo". In effetti, la normativa ebraica sul cibo è
centrata sulla questione dell'alimentazione di carne che entra a far parte dei cibi concessi
all'uomo solo dopo il Diluvio (presumibilmente per ragioni di sopravvivenza siccome il
cibo normale era insufficiente) con precise regole, le più significative delle quali sono:
• Distinzione tra animali permessi e proibiti - Nella Torah (Levitico - Capitolo 11)
sono elencate le caratteristiche dei mammiferi e dei pesci consentiti ed indica i
volatili proibiti. Gli unici mammiferi consentiti sono i quadrupedi con l'unghia
bipartita e che ruminano, tra i ruminanti, però, vi sono delle esclusioni, per cammelli,
dromedari e lama che, secondo la Torà, non hanno lo zoccolo diviso e hanno un
apparato ruminante incompleto, sono invece assolutamente vietati i non ruminanti,
come suini, maiali e cinghiali, gli ippopotami e anche tutti gli altri quadrupedi, come
equini, conigli e lepri. I volatili sono quasi tutti leciti, salvo i rapaci, proibiti
probabilmente per il loro contatto con il sangue delle prede, secondo il codice di
legge ebrea “Shulchan Aruch” si possono mangiare soltanto quegli uccelli per i
quali c’è una tradizione kasher stabilita. Sono illeciti tutti quegli animali che
strisciano o hanno contatto stretto con il suolo, come il topo, il serpente, le lucertole
e gli insetti, tranne alcuni tipi di cavallette permessi in particolari zone. Per quanto
riguarda gli animali acquatici, si possono mangiare tutti quelli che hanno pinne e
squame cicloidi o ctenoidi (osteitti), sono quindi proibiti i molluschi, i crostacei, i
frutti di mare e i pesci di dubbia conformazione, come la coda di rospo, che non
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presenta squame, l'anguilla, il pesce gatto, le lamprede, ma anche i condroitti (che
hanno squame placoidi) e gli actinopterigi (che hanno placche ossee al posto delle
squame), i mammiferi marini.
Antica rappresentazione della schechità.
• Shechità - La macellazione rituale degli animali permessi. La Torah, in Devarim
12,21, riporta: "Voi macellerete come Io vi ho comandato" - il comandamento
divino è ripreso nella Torah Orale con una regolamentazione estremamente
precisa. La macellazione d’un animale a scopo alimentare segna il passaggio
della sua carne dal mondo animale a quello umano in quanto il corpo
dell’animale diventerà cibo per l’uomo e dopo la digestione si trasformerà in
muscolo o nervo o altro dell’uomo. La Torà prevede che questo passaggio sia un
atto intenzionale e consapevole eseguito da un membro del Patto d’Israele, non
deve essere meccanicistico o accadere per caso. L’animale deve essere
presentato alla macellazione integro, non può pertanto essere sottoposto
preventivamente a stordimento meccanico, elettrico o farmacologico in quanto
subirebbe nel primo caso una ferita, rischierebbe di morire prima dello
sgozzamento con conseguente pregiudizio del completo dissanguamento nel
secondo caso e sarebbe considerato impuro nel terzo caso. L’apparato digestivo
e respiratorio rappresentano l’essenza della vita dell’animale, pertanto la
recisione dell’esofago e della trachea simboleggiano la cessazione della vita
dell’animale e il suo passaggio sotto il dominio di chi ha eseguito quest’atto.
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Quest’azione deve dimostrare la sua natura umana e perciò deve eseguirsi
mediante un taglio netto e non uno strappo o un stritolamento, che sono atti di
cui anche i predatori sono capaci. Simboleggiando un atto di possesso deve
essere eseguito senza esitazione e senza il concorso d’altre forze. Ogni animale
non macellato secondo le regole è automaticamente considerato impuro, illecito.
• Schochet – Colui che esercita il mestiere di macellaio rituale. Deve avere
competenza specifiche ovvero conoscere approfonditamente le regole ed essere
dotato di licenza rabbinica, deve possedere comprovate capacità nell’uccisione
degli animali mediante l’utilizzo di un coltello perfettamente affilato (40.6
centimetri) denominato “chalaf” che recide l’esofago, la trachea oltre che le
arterie carotidi e le vene giugulari. Il taglio netto risulterebbe indolore, la
repentina cessazione del flusso ematico al cervello provoca la perdita di
coscienza dell’animale nel giro d’alcuni secondi. Quest’operazione richiede
notevole perizia e necessita di particolari accorgimenti ed attrezzature per
immobilizzare l’animale in una posizione adeguata allo scopo di minimizzarne
le sofferenze.
• Bedikà - Controllo post mortem della salute dell’animale da parte di un ispettore
addestrato - bodek -. E’ giustificato dalla Torah in quanto il popolo d’Israele è
definito popolo santo -“e voi sarete per me persone sante e carne treyfa nel
campo non mangerete, al cane la getterete" (Torah in Shemot 22,30) -, in
ragione di ciò gli ebrei possono cibarsi di un animale solo se il suo prelievo dal
mondo animale avviene con un atto umano intenzionale, un animale “treifa”,
ovvero malato, è già destinato ad essere cibo per la terra o per gli altri animali (il
campo e il cane del versetto) è quindi inadatto al consumo umano, in pratica
questo comandamento fa divieto di cibarsi di qualsiasi animale portatore di una
lesione in un organo vitale che ne causerebbe il decesso entro un anno. Il
Talmud nel trattato di Hulin elenca una settantina circa di patologie che
impongono di scartare le carni degli animali che ne sono affetti, perché
considerate “treifa”, anche se poi superano il controllo veterinario convenzionale.
• Kasherizzazione - La spurgatura del sangue dalla carne. Oltre che testimone del
patto tra D-o e il popolo d'Israele, il sangue contiene il segreto della vita ed è
quindi patrimonio esclusivo del Creatore. L’eliminazione del sangue dalla carne
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è ordinata nel versetto 7 della Vayikrà (Il libro del Pentateuco dal contenuto
prettamente legislativo). L’Halakhà (la parte normativa della Torà scritta e orale)
prescrive per la rimozione del sangue residuo, la messa in ammollo dalla carne
nell’acqua per almeno mezz’ora, poi la sgocciolatura su una superficie perforata
e la salatura con sale grosso (melihà) per non meno di venti minuti e non più
d’un'ora, quindi il risciacquo ed è pronta all’uso. Allo stesso fine il fegato deve
essere lavato superficialmente, salato ed infine grigliato, così pure il cuore
richiede particolare attenzione alla totale rimozione del sangue. La carne passate
72 ore dalla kasherizzazione diviene “treifa” salvo, non venga nel frattempo ri-
kasherizzata.
• Nikkùr - L’eliminazione dei grassi, dei nervi e dei vasi sanguigni. Il grasso, il
chelev, simboleggia il capitale di riserva della bestia in quanto è l’accumulo
determinato dall’eccesso delle entrate rispetto a quanto consumato dal
metabolismo dell’animale. Questa riserva rappresenta, in un certo senso, lo
scopo della sua vita: l’ egoistico accumulo di risorse. Questa caratteristica è in
netto contrasto con l’operare altruistico che deve caratterizzare l’agire
dell’Ebreo. L’assorbimento dei grassi "egoistici"che il metabolismo
trasformerebbe in parte dell’uomo corromperebbero la natura altruistica
dell’Ebreo e perciò devono essere eliminati dalla sua dieta. La Torah, Vaikra
7,23 parla ai figli d’Israele dicendo – “non mangerete nessun grasso del bove,
della pecora, della capra". Nella Torah Orale è precisato qual è il grasso da
eliminare. Quest’operazione è svolta normalmente dagli Shochetim. E’ vietato
mangiare il nervo sciatico, si vuole in questo modo ricordare l'episodio biblico di
Giacobbe che uscì azzoppato dalla lotta con l'angelo. (dopo questo evento
Giacobbe fu chiamato Israele, ovvero "colui che lotta con D-o"), vene ed arterie
devono essere rimosse per allontanare ogni altro possibile residuo ematico.
Quest’operazione diviene complessa per i quarti posteriori nei quali i vasi
sanguigni, di dimensioni ridotte, sono meno visibili che nei quarti anteriori, per
cui vengono dirottati al mercato convenzionale.
• E’ fatto divieto inoltre, di macellare nello stesso giorno la madre e il figlio
nonché mescolare carne e latticini nello stesso pasto: la Torah in ben tre passi
raccomanda di non cuocere "il capretto nel latte di sua madre". Partendo da
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questa norma, la tradizione rabbinica ha proibito la commistione nello stesso
pasto di latte (o dei suoi derivati) e carne di qualunque animale; per questo gli
ebrei osservanti hanno due servizi di piatti e stoviglie diversi, scomparti distinti
in frigorifero, addirittura lavelli, spugne e lavastoviglie separati, non possono
consumare formaggi caseificati con caglio animale né assumere farmaci
contenenti lattosio se non sono trascorse almeno due ore da un pasto carneo.
ZABIHA – METODO HALLAL
Il metodo Halal o islamico è la più diffusa forma di macellazione rituale, Zabiha
è una parola araba che significa “macellato”. Secondo la concezione islamica il mondo è
costituito da tre diverse categorie di elementi: minerali, vegetali, animali. I divieti che
riguardano le prime due categorie sono rarissimi e tutto sommato privi di originalità: è il
caso, ad esempio, delle prescrizioni relative ai veleni, che non meritano particolari
approfondimenti. Alla terza categoria appartiene naturalmente anche l’uomo che, in
quanto unico animale dotato di parola, viene collocato in cima alla scala degli esseri che
popolano il mondo sublunare, un gradino soltanto al di sotto degli angeli. Ovviamente,
il primo dei divieti legati al consumo di carne è riferito all’uomo stesso e si esprime in
occasione dell’aïd el kebir, la festa che per i musulmani rievoca il sacrificio incompiuto
di Abramo. Per questa festa viene sacrificato un montone, o un agnello, in ricordo
dell’intervento dell’angelo che fermò la mano di Abramo nel momento in cui questi si
accingeva a tagliare la gola al proprio figlio. Il divieto dell’antropofagia sembra dunque
essere una contropartita al permesso di mangiare carne.
La carne è in effetti il solo alimento ad essere oggetto d’una vasta e complessa
regolamentazione. Si può infatti affermare, senza timore di smentita, che nell’Islam i
soli divieti alimentari sono in pratica quelli che si riferiscono alla carne, e in particolare
soltanto ad alcuni tipi di carne dei quali è vietato il consumo come la carne di animali
non macellati islamicamente. L'interdizione non e' categorica, ne' assoluta, essendo ai
musulmani che non vivono in un paese musulmano lecite anche le carni macellate dalla
"Gente del Libro" (ebrei e cristiani, ma non d’altra religione o atei) anche se è
fortemente raccomandato il consumo di carne "halal". Riguardo gli alimenti e quindi
anche le carni, per l'Islam in generale si suddividono in:
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 12
• halâl: (permessi, leciti);
• harâm: (proibiti, illeciti);
• mushbûb: (dubbi, sospetti; il loro consumo è quindi affidato alla coscienza del
musulmano);
• makrûh: (abominevoli).
Marocco, macelleria.
Il rituale islamico prevede che s'invochi il nome di Dio prima di sacrificare
l'animale, intendendo in questo modo testimoniare davanti al Creatore che si uccide
l'animale non di propria iniziativa, senza ragione, ma con l'intenzione di nutrirsi. Per
l'Islam e’infatti proibito uccidere un animale per un motivo diverso dal nutrimento o per
difesa personale ed e’ vietato farlo soffrire. Allo stesso modo non può essere consumata
carne di animali morti naturalmente ed il loro sangue, la carne di maiale, la carne di
carogna (mayta) o di un animale trovato morto per soffocamento, per caduta o cornata,
quella di un animale ferito dalle fiere se non prima purificato. La selvaggina è lecita
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 13
solo se il cacciatore è musulmano e se sparando pronuncia la formula tasmiya
(Bismillâhi, Âllâhu âkbar: Nel Nome di Dio, Dio è il più grande), o se, catturata la
preda viva, la dissangua ritualmente.
Eccezioni sono previste nei casi di necessità assoluta (Corano: V, 3). Dietro il
versamento di un'elemosina a un povero sono leciti anche l'onagro e la iena.Tuttavia, la
carne degli animali leciti è commestibile solo a condizione che vengano macellati
secondo le prescrizioni sciaraitiche (termine derivato dal vocabolo arabo Sharî`a: la
Legge religiosa islamica), ossia:
1. il macellatore deve essere musulmano o per necessità, in “paesi stranieri”, da
“Gente del Libro”;
2. l'animale deve essere adagiato sul suo fianco sinistro, con la testa volta alla
Mecca (Ka'ba);
3. l'animale deve essere trattato con rispetto; e posto in un luogo in cui non vi
siano tracce di sangue o di bestie macellate, onde evitare che l'odore del
sangue lo terrorizzi, va accarezzato e tranquillizzato;
4. le gambe dell'animale vanno legate, tranne la destra posteriore, affinché
l'animale possa muoverla e scalciare, sentendosi così più tranquillo;
5. il taglio della gola deve essere eseguito: 1) con una lama affilatissima, senza
assolutamente intaccare la spina dorsale, 2) recidendo con un unico, veloce
colpo le vene carotidi, le arterie giugulari, la trachea e l'esofago; 3) il taglio
va fatto alla base del collo se il collo è lungo (cammello, giraffa, struzzo,
oca), o nella parte più alta del collo se è corto (bovini, ovini, caprini); 4) va
fatto con la mano destra, mentre la sinistra tiene ferma la testa dell'animale;
6. il taglio non va preceduto da stordimento dell'animale;
7. il taglio va preceduto dalla formula tasmiyah “Bismillâhi, Âllâhu âkbar”.
8. Se anche uno di questi precetti non viene osservato, la carne dell'animale non
è considerata halâl.
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JHAKTA – METODO SIKH
La “Jhakta” è la minore tra le forme di macellazione rituale conosciute e ne
rappresenta la forma certamente estrema. Jhatka è una parola punjabi ed il termine
"carne jhatka" significa ottenuta umanamente, con un unico taglio rapido. Il metodo
viene praticato dal Sikhismo, una dottrina religiosa derivata dall’induismo concentrato
nella regione indiana de Punjab. In tutto, gli aderenti Jhakta nel mondo intero non
eccedono i 10 milioni. Storicamente, l’avvento dell’Islam in India e la successiva
egemonia politica musulmana, elevò il rituale Jhatka a simbolo d’opposizione Sikh al
dilagare dei costumi islamici e, nel 1699, venne introdotto dal 10°guru Gobind Singh JI
(1675-1708) l’obbligo del consumo di carne jhatka per quei Sikh che l’ammettevano
nella propria dieta. Secondo la concezione Sikh mangiare carne è una libera scelta
individuale. Il Sikh Reht Maryada (il codice di comportamento ufficiale) prevede che
mangiare carne non sia contrario alla regola se la carne è jhatka mentre è proibito per un
sikh, pena la scomunica, il consumo di carne Kuttha (Halal) perché ottenuta con un
rituale ritenuto crudele.
Il Kirpan.
La caratteristica principale della macellazione Jhakta consiste nel processo
istantaneo di decapitazione di pecore e capre (i bovini sono considerati sacri dai Sikh e
dagli Indù e quindi non vengono mangiati, anche lo Stato ha integrato nel proprio
ordinamento i princìpi della religione induista: l’articolo 48 della Costituzione indiana
proibisce di macellare mucche, vitelli e altri animali da latte e da tiro), la procedura
consiste nel contenere saldamente la testa dell'animale, manualmente o fissandola ad un
palo, nel tirare all’indietro le zampe posteriori e nello spiccare la testa con un singolo
fendente mediante una spada tagliente (kirpan). Nel caso la decapitazione non riuscisse
al primo colpo la carcassa dovrà essere scartata. La macellazione secondo il rituale
Jhakta non è riconosciuta dal nostro ordinamento.
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 15
MACELLAZIONE TRADIZIONALE AFRICANA
Ogni popolazione africana ha sviluppato una sua specifica religione, che è
divenuta parte integrante del suo patrimonio culturale. Si può dire quindi che esistono
tante religioni tradizionali quante sono le popolazioni africane. Non è quindi possibile
rintracciare nelle varie religioni tradizionali africane una origine storica comune, né una
unica diffusione geografica che ci permetta di seguirne l’espansione nel continente. Si
usa generalmente il termine tradizionale per distinguere quelle che hanno un’origine
africana, dalle grandi religioni importate, come l’Islam o il Cristianesimo, che hanno
negli anni attratto una larghissima fetta della popolazione. Parlare della religione in
Africa significa parlare dell’organizzazione sociale, e quindi parlare del rapporto tra
giovani e anziani, del rapporto con la natura, delle relazioni tra i sessi opposti, della
percezione della malattia, della accettazione della morte, e così via. Per l'Africa, il ruolo
della religione tradizionale nella determinazione del modus vivendi è vitale nelle varie
culture, si dice che la religione pervade l'Africano ideale dalla culla alla tomba.
Macellazione tradizionale africana.
La macellazione tradizionale, pur non essendoci un esplicito divieto allo
stordimento, viene annoverata tra le macellazioni rituali perché rappresentativa
dell’ethos africano. La caratteristica saliente è la primordialità, l’animale (in genere
pecore o capre ma anche grossi ruminanti o suini) viene tenuto saldamente a terra da più
persone mentre la testa, afferrata saldamente, viene retratta per esporre il collo. Il
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 16
macellatore quindi taglia trasversalmente la gola con una serie di colpi profondi a metà
del collo senza alcuno stordimento preventivo. Il completo dissanguamento avviene con
l'animale ancora tenuto strettamente, la testa viene poi staccata e si procede alla
spellatura ed all’eviscerazione non dissimilmente dai metodi convenzionali salvo che in
genere il tutto avviene a terra con una certa casualità. In alcuni casi non viene asportata
la pelle che viene solamente bruciacchiata, raschiata e lavata per rimuovere le parti
carbonizzate ed i peli residui. In questo modo vengono evocati sapori altamente graditi
ai cultori di questa pratica. La macellazione con il metodo tradizionale Africano non è
riconosciuta dal nostro ordinamento.
LA QUESTIONE DELLO STORDIMENTO
Le cresciute e crescenti sensibilità collettive nei riguardi del benessere animale,
attribuiscono allo stordimento l’elemento qualificante d’una macellazione eticamente
accettabile, alla cui finalità “compassionevole”, si associa anche la migliore gestione del
lavoro, prevenzione degli infortuni e qualità delle carni.
Uno stordimento nella “macellazione classica”.
Tuttavia il momento dello stordimento dell’animale precede di poco quello della
morte per dissanguamento, in alcuni casi, infatti, anche le macellazioni con lo
stordimento non sembrano risolvere tutte le questioni legate ad una possibile sofferenza
degli animali in questa fase.
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 17
Parte della letteratura scientifica si è da qualche tempo cimentata nel confronto
tra dissanguamento con o senza stordimento, la domanda centrale è: quanto tempo dopo
che il taglio della gola gli animali diventano insensibili a dolore?
Nel provare a rispondere a questo problema sono stati usati due metodi. Alcuni
studi hanno identificato la morte cerebrale in corrispondenza dell'inizio d’una lettura
isoelettrica o piatta dell'elettroencefalogramma. Più recentemente, s’è provato a
determinare il tempo necessario per esaurire la capacità di risposta a stimoli esterni,
misurando l'intervallo di tempo trascorso dal taglio alla perdita di risposta evocata da
stimoli visive e/o somatosensoriali. L'assenza di tali risposte riflette una depressione
profonda dell’attività cerebrale che indica il momento in cui si ritiene sicuro supporre
che l’animale sia insensibile al dolore.
Indicativamente, i tempi medi entro cui si è registrata la perdita d’attività
cerebrale senza stordimento nel bovino vanno da un minimo di 10 secondi ad un
massimo di 2 minuti. Chiaramente l’argomento è molto complesso e soggetto a
molteplici variabili (per es. specie, razza ed età dell’animale, abilità degli operatori,
posizione dell’animale, velocità del dissanguamento dovuta a lunghezza del collo e
quindi delle vene giugulari e delle arterie carotidi, presenza o meno di tachicardia ecc.).
Da questi studi sono emerse in ogni modo due posizioni distinte che, a
prescindere dalle disquisizioni accademiche dei secondi registrati e anche supponendo
gli stessi tempi, si possono così riassumere:
a) a parità di tempi è inutile sottoporre l’animale ad un’ulteriore manipolazione,
eventualmente fonte di errori umani e comunque di stress;
b) errori umani o situazioni biomediche (per es. ostruzioni al dissanguamento)
possono allungare significativamente i tempi di sofferenza dell’animale per cui
lo stordimento è una pratica eticamente sempre utile.
Le esigenze religiose ebraiche e islamiche, di non effettuare lo stordimento
preventivo sono state contemplate dal D.M. 11 giugno 1980 relativo all’Autorizzazione
alla macellazione degli animali secondo i riti religiosi ebraico ed islamico, nel quale
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 18
venivano soddisfatte le richieste delle due comunità, successivamente veniva superato
dal decreto legislativo n. 333 del 1998, in base al quale le macellazioni rituali sono
ammesse, esclusivamente in macello, da una fonte normativa primaria, il decreto
legislativo, emanato senza alcuna previa intesa con le stesse comunità religiose.
Ben altri 41 Stati nel mondo consentono alla deroga dello stordimento
preventivo, mentre in Europa vi si oppongono l’Austria, la Norvegia, la Svezia, la
Svizzera e alcuni Land tedeschi.
Uno sforzo rilevante nella ricerca di metodi di macellazione “umanitaria” che
conciliassero le esigenze dei mercati musulmani con le forti istanze protezionistiche
degli animali, è stato prodotto dall'inizio degli anni 80 dalla Nuova Zelanda, primo
paese produttore ed esportatore di carne Hallal, giungendo all'elaborazione d’un metodo
di stordimento elettronarcotico “leggero” che rende gli animali solo temporaneamente
incoscienti. Se non macellati, gli animali recuperano rapidamente il sensorio e nel giro
d’alcuni minuti sono in grado d’alimentarsi.
Diverse autorità musulmane, in particolare d’area asiatica, hanno avvallato
questo metodo considerandolo conforme al requisito che gli animali siano vivi prima
della macellazione, altre invece lo rifiutano non considerando difforme alle regole della
macellazione sciaraitiche.
Diversamente, la comunità ebraica non ha finora consentito alcuna applicazione
dello stordimento preventivo limitandosi solamente ad accettare in alcuni paesi
(Commonwelt e alcuni stati USA) lo stordimento elettronarcotico dopo almeno 10
secondi dalla giugulazione.
Il DECRETO LEGISLATIVO 1 settembre 1998, n. 333, in Attuazione della
direttiva 93/119/CE relativa alla protezione degli animali durante la macellazione o
l'abbattimento, consente di non applicare lo stordimento preventivo ai soli avicunicoli
ed agli animali che devono essere abbattuti immediatamente per motivi d'emergenza,
escludendo espressamente tale possibilità per i suini, gli ovini e i caprini macellati a
domicilio.
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 19
LE MACELLAZIONI TRADIZIONALI EXTRA MOENIA
Nella secolarizzata società occidentale il valore simbolico di sacralità
dell’alimento si rinviene nell’usanza della “macellazione familiare a domicilio”, evento
che avviene tradizionalmente in concomitanza delle maggiori ricorrenze della cristianità
e riguarda essenzialmente la macellazione del maiale e dell’agnello o capretto.
LA MACELLAZIONE TRADIZIONALE DEL MAIALE
In prossimità del Natale, il maiale diviene protagonista e vittima d’una festa
antica che nel recente passato coinvolgeva tutta la famiglia e coincideva con un periodo
di relativa abbondanza. Oggi la forte esigenza di recuperare i caratteri identitari d’una
cultura contadina forse definitivamente dispersa, rinvigorisce il valore simbolico di
questo vero e proprio rito rasentando tal’ora il mero folclore.
L’uccisione del maiale.
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 20
Così Mauro Corona descrive nel suo “Il volo della martora” la macellazione del
maiale:
- Una volta, i giorni che precedevano il Natale erano animati da un
insolita eccitazione. Negli occhi dei ragazzi brillava muta la
domanda: “Quando sarà?”
Quel periodo di feste infatti, veniva scelto per consumare un rito di
sangue e morte e nello stesso tempo anche di vita: l’uccisione del
maiale.
La macellazione tradizionale del maiale è tuttora diffusamente praticata nelle
zone rurali di ogni regione italiana con tecnica pressoché comune. In Veneto inizia di
solito con il lasciare a digiuno il maiale sin dalla sera prima della sua macellazione. La
mattina di buon ora viene messa a bollire il calderone pieno d’acqua (la caldiéra) che
servirà dopo l’uccisione dell’animale alla pulitura dei peli, pulitura che si effettua
adagiando il maiale morto sopra una cassa di legno (la panéra), dove viene
accuratamente raschiato e pulito con coltelli affilati. La fase successiva è quella di
appendere il maiale dagli arti posteriori innalzandolo mediante un sistema di funi e due
legni d’acacia, per poter essere eviscerato ed eventualmente sezionato in mezzene.
Viene poi, adagiato su di un tavolaccio di legno di faggio (el tavoəáz) ed inizia il
sezionamento cui seguiranno le classiche fasi di preparazione degli insaccati e dei tagli
da consumare freschi.
LA MACELLAZIONE TRADIZIONALE DELL’AGNELLO E DEL CAPRETTO
L’agnello, che nella Pasqua tradizionale ebraica ricorda la salvezza dei
primogeniti risparmiati dall'ultima piaga in Egitto e che nella Pasqua cristiana diviene
simbolo della passione e del sacrificio di Cristo, viene tradizionalmente sacrificato in
ambito rurale – pastorizio per la mensa pasquale e non infrequentemente questa
macellazione avviene in modo affatto dissimile dalle pratiche rituali classiche ed in
totale clandestinità, analogamente, in occasione di ricorrenze religiose islamiche queste
macellazioni si riproducono nella versione hallal.
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 21
Macellazione domestica – bassorilievo ellenico del 3° sec. a.c. (museo di Smirne)
Ne “Il ritorno dell’islam”, gli autori Allievi e Dassetto, descrivono
esemplarmente tale situazione:
- “l’ ‘aid al-kebīr”, per esempio, che vede nei quartieri musulmani
tra comportamenti furtivi condurre in casa il montone che sarà
ucciso dal capofamiglia. Condotte che rinviano alle società agrarie
e pastorali e che incrinano la vita quotidiana. Il puzzo delle viscere
versate nelle spazzature, le fognature che si occludono, pelli di
montone da conciare; i vicini non musulmani che si inquietano; le
società protettrici di animali che gridano, qua o là, alla barbarie.
Un modus vivendi dovrà essere trovato un pò alla volta.
ASPETTI NORMATIVI
CIRCOSTANZE AUTORIZZATIVE
La macellazione per autoconsumo a domicilio degli animali da macello (bovini, bufalini,
suini, ovini, caprini ed equini) destinati all'alimentazione è prevista da quanto
sopravvive del Regolamento per la vigilanza sanitaria delle carni, approvato con R.D.
20 dicembre 1928, n. 3298, successivamente sostituito dall'articolo unico del D.P.R. 23
giugno 1972, n. 1066, secondo il quale:
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 22
• Solo in via eccezionale, e quando fondati motivi giustificano il provvedimento,
può essere consentita dall'autorità comunale, previa approvazione del
veterinario provinciale, la macellazione per uso privato od a scopo industriale
anche fuori del pubblico macello con l'osservanza delle disposizioni di cui agli
articoli 9 (abrogato dall'art. 19 del D.Lgs. 18 aprile 1994, n. 286), 10 (abrogato dall'art. 19 del D.Lgs. 18 aprile
1994, n. 286), 11 (abrogato dall'art. 19 del D.Lgs. 18 aprile 1994, n. 286), 12 (abrogato dall'art. 19 del D.Lgs. 18
aprile 1994, n. 286), 13 e 16 (abrogato dall'art. 19 del D.Lgs. 18 aprile 1994, n. 286) del presente
regolamento.
Il richiamato articolo 13 dispone poi:
• I privati, che in seguito a domanda abbiano ottenuto dall'autorità comunale
l'autorizzazione di macellare a domicilio, debbono darne avviso il giorno
innanzi al veterinario comunale, o a chi, a norma dell'art. 6, lo sostituisce. Il
detto sanitario fisserà l'ora della visita e della macellazione, allo scopo di poter
compiere una completa ed accurata ispezione delle carni.
Il profondo cambiamento della situazione socioeconomica del Paese dall’epoca
d’emanazione della norma, ha limitato le contingenze che giustificano il ricorso alla
macellazione extra moenia per il solo sostentamento, mentre s’è generalmente ritenuto
giustificato da fondato motivo, anche per la progressiva chiusura delle strutture di
macellazione pubblica, il ricorso per il consumo familiare alla macellazione tradizionale
del maiale e, talora, della macellazione tradizionale dell’agnello e del capretto, in
ossequio ad una tradizione consacrata dalla storia della gente. Allinearmente, richieste
di macellazione rituale a domicilio in occasione di “diverse” ricorrenze religiose
dovrebbero ritenersi fondate e quindi autorizzabili, s’oppone in tal caso il disposto del
decreto legislativo 1 settembre 1998, n. 333, Attuazione della direttiva 93/119/CE
relativa alla protezione degli animali durante la macellazione o l'abbattimento,
modificato dalla Legge Comunitaria 99,n. 526, che all’articolo 9, escludendo deroghe
all’obbligo dello stordimento preventivo nella macellazione a domicilio delle specie
ovina e caprina, nonché della specie suina, le priva del requisito fondamentale
inibendole di fatto.
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 23
REQUISITI DEL SOGGETTO RICHIEDENTE
La Direttiva 88/409 CEE concernente le disposizioni relative alle carni riservate
al mercato nazionale, aveva limitato la pertinenza della macellazione per fabbisogno
personale all’allevatore prevedendo garanzie per controllare che le carni così ottenute
non fossero immesse sul mercato, ma nel recepimento italiano, il Decreto legislativo
51/92, tale menzione limitativa scomparve. Con successive circolari del Ministero della
Sanità, è stato definitivamente chiarito che chiunque intenda macellare a domicilio con
finalità di natura esclusivamente personale o per autoconsumo familiare, ha titolo per
esserne autorizzato come da sempre previsto all’articolo 13 del Regolamento per la
vigilanza sanitaria delle carni che riferisce di “privati, che in seguito a domanda
abbiano ottenuto dall'autorità comunale l'autorizzazione di macellare a domicilio”.
NUMERO DI CAPI E SPECIE MACELLABILI
Le fonti normative non forniscono indicazioni precise al riguardo,
convenzionalmente sono stati indicati un numero variabile di capi delle diverse specie,
ad esempio due suini per annata e per nucleo familiare. In altri casi, si quantificano i
capi ricorrendo ad una stima che consideri il consumo pro-capite medio annuo di carne
della specie del caso, rilevato dall’I.S.T.A.T., per il numero familiari interessati, ove per
familiare si intende il coniuge, i parenti entro il 3° grado, gli affini entro il 2° grado.
Le specie macellabili, a domicilio sono, teoricamente senza alcun’esclusione,
quelle “da macello” definite dal Regolamento per la vigilanza sanitaria delle carni,
ovvero i bovini e i bufalini, i suini, gli ovini, i caprini e gli equini.
Le circolari ACIS n. 95 del 14.09.1950 e n. 43 del 5. 6.1951 indicano i suini
quali oggetto della macellazione a domicilio per tradizione culturale.
In pratica sono generalmente ammesse le macellazioni tradizionali extra moenia
riconosciute essere d’usanza locale. Comprendono classicamente la specie suina, in
determinati territori sono d’invalsa consuetudine le macellazioni tradizionali pasquali
degli ovini e dei caprini, meno frequentemente è ammessa la macellazione bovina, quasi
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 24
esclusivamente limitata al vitello, mentre non si ha notizia di macellazione a domicilio
di equidi o bufalini correlate a tradizioni locali.
VISITA ANTE E POST MORTEM
Un corretto procedimento sanitario deve prevedere sempre una visita ispettiva
minuziosa, accurata e metodica. Le procedure ispettive devono essere conformi alle
disposizioni del D. lvo 286/94, all'allegato I, cap. VIII.
La visita ante mortem, anche nella circostanza delle macellazioni da eseguirsi al
di fuori del macello, è elemento indispensabile per la formulazione del giudizio
ispettivo sulle carni. La visita ante mortem consente di escludere la macellazione di
animali agonizzanti o ammalati, o l'utilizzo per uso alimentare di soggetti addirittura già
deceduti nonché di valutare il rispetto del benessere animale anche per quanto riguarda
il metodo di stordimento da impiegare. Non è prevista alcuna deroga per le
macellazioni da cui si ottengono carni non destinate al commercio.
Giurisprudenza:
I privati che intendono macellare a domicilio debbono ottenere la preventiva
autorizzazione comunale e procedere alla macellazione dopo la visita del Veterinario
Comunale, cui spetta pure l’ispezione delle carni post-mortem. E’ obbligato alla
denuncia chi effettua la macellazione presso il proprio domicilio anche se non è il
proprietario degli animali. – Corte di cassazione, Sez. VI, penale 4 aprile 1973, n. 620
EDUCAZIONE SANITARIA DEGLI OPERATORI
Il personale che effettua la macellazione a domicilio, il norcino, deve possedere
una preparazione teorica e pratica per svolgere le attività di trasferimento,
immobilizzazione, stordimento e macellazione degli animali in modo umanitario ed
efficace come previsto dall’articolo 7 del Decreto Legislativo 1° settembre 1998, n. 333.
L’autorità competente, per il tramite del servizio veterinario, deve accertarne l'idoneità',
la capacità e le conoscenze professionali nonché essere in possesso del libretto sanitario
di cui all'art. 14 della legge 30 aprile 1962, n. 283.
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 25
DESTINO DEGLI SCARTI DI MACELLAZIONE
Secondo il noto luogo comune per il quale “del maiale non si butta via niente”
non dovrebbero sussistere problemi riguardo il destino degli scarti o rifiuti della sua
macellazione. In effetti tale affermazione aveva certamente senso in un epoca in cui un
ecologismo ante litteram legato ad un economia di risulta, vedeva aggirarsi con
misteriosa puntualità nelle aie in cui si era macellato, dei personaggi caratteristici che
raccoglievano il poco che residuava dalla macellazione. Oggi tale affermazione è
divenuta irrealistica, in particolare nel caso di macellazione dei ruminanti per i quali è
inevitabile la produzione del materiale specifico a rischio, ed è ragionevole prevedere
un ciclo di smaltimento anche degli scarti o rifiuti della macellazione tradizionale extra
moenia, seppure, secondo Pezza, non si rileva in nessun atto avente forza di legge
l’obbligo di doversi disfare dei suddetti prodotti, salvo per la profilassi della BSE.
I sottoprodotti o scarti di macellazione possono essere inclusi nella definizione
di rifiuto, quindi nel campo di applicazione della direttiva n. 75/442/CEE, modificata
dalla direttiva 91/156/CEE, e attuata in Italia con decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.
22, il c.d. decreto Ronchi. In base alla definizione di cui all'art. 1 della direttiva n.
75/442/CEE e' definito rifiuto "qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o
abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi", ivi compresi i sottoprodotti e gli scarti della
macellazione che vengono quindi assoggettati alla disciplina specifica sui rifiuti quando
esiste l'obbligo (come nel caso della profilassi della B.S.E.) o la manifesta volonta' da
parte del produttore/detentore di disfarsene.
Solo nel caso esista la volonta’e la possibilità del produttore d’un riutilizzo, ed in
presenza dei requisiti igienico-sanitari i suddetti materiali non sono assoggettati alla
normativa sui rifiuti, bensi' alle disposizioni concernenti la produzione e
commercializzazione degli alimenti per animali e, nel caso di prodotti d’origine animale
o contenenti costituenti d’origine animale, anche alle norme sanitarie vigenti in materia,
ex decreto legislativo n. 508/1992, ora Regolamento CE 1774/92. In tal caso, l'effettiva
destinazione dev’essere comprovata da un accordo di tipo formale (contratto) o, per
forniture occasionali, dalla documentazione fiscale.
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 26
Nella macellazione tradizionale, escludendo per ovvie ragioni parti ottenute da
soggetti affetti o sospetti di TSE o trattati farmacologicamente, si possono ottenere
sottoprodotti così classificabili secondo il Regolamento CE 1774/92:
materiali di categoria 1:
a) materiali specifici a rischio nel caso di macellazione di ruminanti;
b) le miscele: comprendenti i materiali di categoria 1 con quelli di categoria 2 e 3,
compresi i materiali destinati alla trasformazione in un impianto di
trasformazione di categoria 1.
materiali di categoria 2:
a) lo stallatico e il contenuto del tubo digerente;
b) le miscele di materiali di categoria 2 con materiali di categoria 3;
c) i sottoprodotti di origine animale che non rientrano nella categoria 1 o 3.
materiali di categoria 3:
a) sangue, pelli zoccoli, lana, corna, peli ottenuti da animali che non presentano
segni clinici di malattie trasmissibili all’uomo o agli animali;
b) parti di animali macellati che sono inidonee al consumo umano, ma che non
presentano segni di malattie trasmissibili all’uomo o agli animali e provenienti
da carcasse ritenute idonee al consumo umano;
Lo smaltimento del materiale di categoria 1 e di categoria 2, come indicato nelle
Linee guida operative della Regione Veneto per l’applicazione del Regolamento n.
1774/2002, può avvenire:
1. in impianti di incenerimento autorizzati ai sensi della normativa ambientale per
i sottoprodotti di origine animale non trasformati (allo stato fresco), in tal caso
vengono classificati come “rifiuto” con il codice CER 18 02 02*;
2. in impianti di incenerimento riconosciuti ai sensi del Regolamento
1774/2002/CE, quando i rifiuti trattati comprendono unicamente sottoprodotti
di origine animale e quindi ad essi non si applica la normativa ambientale.
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 27
3. in impianti di incenerimento e coincenerimento autorizzati ai sensi della
normativa ambientale nel caso di prodotti trasformati derivati dal materiale di
categoria 1 e di categoria 2, classificati come “rifiuto” con il codice CER 02 02
03.
Non è ammesso lo smaltimento in discarica.
Quanto al “contenuto del tubo digerente” ed in particolare al contenuto dei
prestomaci dei ruminanti, si noti che questo è equiparato allo stallatico dal Regolamento
1774/2002 ma non è contemplato quale fertilizzante dalla legislazione nazionale. Ne
consegue che l’applicazione sul terreno avvenga come per lo stallatico e che il materiale
in questione sia da sottoporre preventivamente a maturazione in concimaia, a completa
garanzia della sua sicurezza sanitaria.
Lo smaltimento del materiale di categoria 3, come indicato nelle Linee guida
operative della Regione Veneto per l’applicazione del Regolamento n. 1774/2002, può
avvenire:
1. in impianti di incenerimento autorizzati ai sensi della normativa ambientale per
i sottoprodotti di origine animale non trasformati (allo stato fresco), in tal caso
vengono classificati come “rifiuto” con il codice CER 18 02 03;
2. in impianti di incenerimento riconosciuti ai sensi del Regolamento
1774/2002/CE, quando i rifiuti trattati comprendono unicamente sottoprodotti
di origine animale e ad essi non si applica la normativa ambientale.
3. in impianti di incenerimento e coincenerimento autorizzati ai sensi della
normativa ambientale nel caso di prodotti trasformati derivati dal materiale di
categoria 3, classificati come “rifiuto” con il codice CER 02 02 03;
4. In discarica per rifiuti non pericolosi, ai sensi del recepimento della direttiva
1999/31/CE. Lo smaltimento in discarica del materiale di categoria 3,
sottoposto a trasformazione in un impianto riconosciuto a norma dell'articolo
13 del Regolamento n 1774/2002, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 6
comma 2 lettera b) è ammesso in una discarica per non pericolosi, con il codice
CER 02 02 03. Dal 1 gennaio 2007 non sono ammessi in discarica i rifiuti con
PCI (potere calorifico) superiore a 13.000 kJ/kg, da tale termine, se le farine
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 28
derivate da tali materiali risultano avere un PCI superiore a 13.000 kJ/kg, lo
smaltimento deve essere effettuato in impianti di incenerimento o di
coincenerimento.
La natura giuridica del Regolamento CE1774/2002 non prevede sanzioni per
l’inosservanza delle disposizioni in esso contenuto né contempla l’ipotesi di
abbandono, mentre il D.lgt. 22/97 sancisce il divieto assoluto d’abbandono e il
deposito incontrollato di rifiuti sul suolo o nel suolo, tale divieto vale anche per i
rifiuti liquidi e solidi che possono essere immessi nelle acque superficiali o
sotterranee. L’articolo 14 stabilisce un divieto assoluto di abbandono , di deposito
incontrollato e di immissione nelle acque dei rifiuti, sanzionato penalmente e pone
l’onere dello smaltimento a carico del produttore o detentore dei rifiuti stessi
(articolo 10). Per abbandono s’intende lo scarico o deposito occasionale di rifiuti,
l'abbandono di rifiuti costituisce:
1. illecito amministrativo se commesso da un privato (art. 50/1° D.L. 22/97);
2. illecito penale se commesso da titolare di impresa o ente;
3. in ogni caso il responsabile è obbligato a rimuovere, per l'avvio al recupero o
allo smaltimento, i rifiuti abbandonati assicurando il ripristino dei luoghi.
APPARATO SANZIONATORIO
• chiunque macelli senza preavviso e senza controllo veterinario, a norma
dell’art. 13 del R.D. 3298/98, è punito ai sensi dell'art. 17 della L. 283/62
con sanzione fino a € 774 (pari a £ 1.500.000) e sequestro delle carni;
• chi vende carni di animali macellati a domicilio è soggetto alla sanzione da €
2582 a € 15493 (da £ 5.000.000 a £ 30.000.000) ai sensi dell'art. 20, comma
5, del D.L. 286/94;
• chi non sottopone gli animali a stordimento preventivo è punito con
l'ammenda da € 258 a € 1549 (da £ 500.000 a £ 3.000.000) ai sensi del D.Lgs.
333/98, salvo che il fatto non costituisca reato.
• chiunque, in violazione dei divieti di cui agli articoli 14, commi 1 e 2, 43,
comma 2, e 44, comma 1 del Decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 29
abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o
sotterranee è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da € 103 a €
619 (da lire £ 200.000 a £ 1.200.000)
• chiunque non ottempera all'ordinanza del Sindaco, di cui all'articolo 14,
comma 3, o non adempie all'obbligo di cui agli articoli 9, comma 3 e 17,
comma 2, è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno. Con la sentenza
di condanna per tali contravvenzioni, o con la decisione emessa ai sensi
dell'articolo 444 del Codice di procedura penale, il beneficio della
sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione
di quanto stabilito nella ordinanza o nell'obbligo non eseguiti.
CONCLUSIONI
La pratica della macellazione a domicilio, è una vecchia tradizione rurale,
ovunque praticata nel nostro paese la cui espressione attiene alla sovranità alimentare
del nostro paese.
Oggi che la convivenza tra diversi gruppi culturali si è fatta più stretta il rito
della macellazione domestica ha assunto significati imprevisti, che pongono la
questione della conciliabilità tra esigenze che, tradizionalmente, la cultura occidentale
ritiene meritevoli di tutela e più generali garanzie fondamentali da assicurare ad ognuno.
Secondo il nostro ordinamento la macellazione rituale islamica, consentita in
macello analogamente al metodo ebraico, non può essere praticata in sede extra moenia,
perlomeno nella sua versione integrale, senza preventivo stordimento dell’ animale.
Solo un’ eventuale ricorso a tecniche di stordimento riconosciute, compatibili
con i precetti religiosi, renderebbero queste macellazioni celebrative assimilabili, anche
sotto il profilo autorizzativo, alle macellazioni tradizionali classiche.
Al fine di non disperdere il patrimonio delle tradizioni popolari e garantire
ugualmente il rispetto delle diverse espressioni culturali e religiose, è necessario
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 30
prevedere un percorso autorizzativo che consenta un servizio rispettoso delle
prescrizioni normative e delle sensibilità culturali condivise.
Proprio perché sono antiche, le tradizioni hanno un'ossatura delicata e una
volta bastonate difficilmente trovano la forza di riprendersi.
Mauro Corona
La macellazione tradizionale extra moenia, proposta di procedura ispettiva 31
BIBLIOGRAFIA
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