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La fluorescenza Tutte le forme di emissione di luce da parte di materiali sono chiamate luminescenza. Affinché il fenomeno avvenga, è necessario che una sorgente esterna fornisca al sistema una quantità di energia sufficiente ad innescare l'emissione luminosa. Differenti tipi di sorgente energetica definiscono, pertanto, differenti tipi di luminescenza. Si può così parlare, ad esempio, di elettroluminescenza, radioluminescenza, chemiluminescenza e fotoluminescenza. In quest'ultima forma di luminescenza l'energia è fornita dall'assorbimento di radiazione elettromagnetica nello spettro compreso fra l'ultravioletto e l'infrarosso; la cosiddetta regione del visibile. Nella fotoluminescenza vengono, infine, distinti due diversi processi: fluorescenza e fosforescenza. La fluorescenza è il risultato di un processo fisico in tre stadi successivi, che avviene in certe molecole (generalmente idrocarburi policiclici o eterociclici), chiamati per questo motivo fluorofori o fluorocromi. Figura 1. Nel primo stadio del processo, un fotone di energia ex E = ex hc proveniente da una sorgente esterna, come una lampada a gas, un laser, ecc. viene assorbito dal fluoroforo in un tempo estremamente breve, dell'ordine di 15 10 secondi. La molecola viene così portata ad uno stato eccitato ' E , come risultato del trasferimento di un elettrone su di un'orbita di più alta energia. Questo processo distingue, ad esempio, la fotoluminescenza dalla chemiluminescenza, in cui lo stato eccitato della molecola chemiluminescente è raggiunto grazie all'energia fornita da una reazione chimica. Lo stato eccitato della molecola ha una vita media relativamente breve (tipicamente da 8 9 10 10 secondi). In questo tempo il fluoroforo è soggetto ad un certo numero di possibili interazioni con l'ambiente circostante, che danno origine al secondo stadio del processo di fluorescenza: una parte dell'energia E' dello stato eccitato viene dissipata a causa di queste interazioni, portando l'elettrone su di un'orbita corrispondente ad un secondo stato eccitato di energia leggermente più bassa E . L'eccesso di energia corrispondente a questo secondo stato viene infine dissipato (terzo stadio del processo) tramite rilascio di un fotone di energia em E = em hc che riporta il fluoroforo allo stato fondamentale 0 E . Questo fotone emesso costituisce la luce di fluorescenza. Proprio a causa della dissipazione di energia che avviene durante la permanenza del fluoroforo nello stato eccitato, l'energia del fotone emesso è più piccola di quella del fotone assorbito, e, di conseguenza, la lunghezza d'onda della luce di fluorescenza è più grande di quella della luce di eccitazione. La differenza fra l'energia del fotone di eccitazione e quella del fotone di emissione è una delle proprietà fondamentali che caratterizzano un fluoroforo, è detto shift di Stokes. shift di Stokes = ex E - em E e costituisce un parametro fondamentale soprattutto in relazione alla sensibilità della tecnica di fluorescenza, perché un grande valore di esso consente la rivelazione della luce emessa contro una luminosità di fondo molto più bassa, perché più facilmente isolabile, con opportuni filtri ottici, dalla luce di eccitazione.

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La fluorescenza

Tutte le forme di emissione di luce da parte di materiali sono chiamate luminescenza. Affinché il fenomeno avvenga, è necessario che una sorgente esterna fornisca al sistema una quantità di energia sufficiente ad innescare l'emissione luminosa. Differenti tipi di sorgente energetica definiscono, pertanto, differenti tipi di luminescenza. Si può così parlare, ad esempio, di elettroluminescenza, radioluminescenza, chemiluminescenza e fotoluminescenza. In quest'ultima forma di luminescenza l'energia è fornita dall'assorbimento di radiazione elettromagnetica nello spettro compreso fra l'ultravioletto e l'infrarosso; la cosiddetta regione del visibile. Nella fotoluminescenza vengono, infine, distinti due diversi processi: fluorescenza e fosforescenza. La fluorescenza è il risultato di un processo fisico in tre stadi successivi, che avviene in certe molecole (generalmente idrocarburi policiclici o eterociclici), chiamati per questo motivo fluorofori o fluorocromi.

Figura 1.

Nel primo stadio del processo, un fotone di energia exE = ex

hc

proveniente da una sorgente esterna, come

una lampada a gas, un laser, ecc. viene assorbito dal fluoroforo in un tempo estremamente breve, dell'ordine

di 1510 secondi. La molecola viene così portata ad uno stato eccitato 'E , come risultato del trasferimento di un elettrone su di un'orbita di più alta energia. Questo processo distingue, ad esempio, la fotoluminescenza dalla chemiluminescenza, in cui lo stato eccitato della molecola chemiluminescente è raggiunto grazie all'energia fornita da una reazione chimica.

Lo stato eccitato della molecola ha una vita media relativamente breve (tipicamente da 89 1010 secondi). In questo tempo il fluoroforo è soggetto ad un certo numero di possibili interazioni con l'ambiente circostante, che danno origine al secondo stadio del processo di fluorescenza: una parte dell'energia E' dello stato eccitato viene dissipata a causa di queste interazioni, portando l'elettrone su di un'orbita

corrispondente ad un secondo stato eccitato di energia leggermente più bassa E . L'eccesso di energia corrispondente a questo secondo stato viene infine dissipato (terzo stadio del processo) tramite rilascio di

un fotone di energia emE =em

hc

che riporta il fluoroforo allo stato fondamentale 0E . Questo fotone

emesso costituisce la luce di fluorescenza. Proprio a causa della dissipazione di energia che avviene durante la permanenza del fluoroforo nello stato eccitato, l'energia del fotone emesso è più piccola di quella del fotone assorbito, e, di conseguenza, la lunghezza d'onda della luce di fluorescenza è più grande di quella della luce di eccitazione. La differenza fra l'energia del fotone di eccitazione e quella del fotone di emissione è una delle proprietà fondamentali che caratterizzano un fluoroforo, è detto shift di Stokes.

shift di Stokes = exE - emE

e costituisce un parametro fondamentale soprattutto in relazione alla sensibilità della tecnica di fluorescenza, perché un grande valore di esso consente la rivelazione della luce emessa contro una luminosità di fondo molto più bassa, perché più facilmente isolabile, con opportuni filtri ottici, dalla luce di eccitazione.

Quantum Yield: Un'altra importante conseguenza di quei processi che fanno perdere energia al fluoroforo allo stato eccitato, è che alcuni degli elettroni che hanno assorbito un fotone ritornano direttamente allo stato fondamentale attraverso processi non radianti, senza cioè emettere luce di fluorescenza. Fenomeni di questo tipo, come ad esempio collisioni con altre molecole, portano quindi ad uno spopolamento dello stato eccitato. Una misura del peso relativo di questi processi è dato da un altro dei parametri fondamentali della fluorescenza che è il rapporto fra il numero dei fotoni di fluorescenza emessi ed il numero di fotoni assorbiti. Questo parametro, che è evidentemente un numero sempre minore di uno, si chiama guadagno quantico, o quantum yield, QY in inglese:

QY = N ( emE ) / N ( exE )

I fluorofori possono avere valori di QY compresi fra 0.1 e poco meno di 1. Dalla legge che descrive l'assorbimento delle sostanze in soluzione (Legge di Lambert-Beer), si ricava che l'efficienza del processo di assorbimento è generalmente misurata dal coefficiente di estinzione molare (a) del soluto. Ebbene, l'intensità di fluorescenza emessa da ogni molecola del fluoroforo è proporzionale al

prodotto delle due grandezze QY ed a. I valori tipici di queste grandezze variano fra 3105 e 5102 cm 1 M1 per a, e fra 0.05 e 1.0 per QY.

Forma spettrale: Uno schema estremamente semplice come il diagramma di fig.1 potrebbe, in realtà, essere valido solamente se riferito ad un singolo atomo. Uno schema più realistico tiene conto del fatto che i fluorofori sono generalmente molecole poliatomiche, i cui livelli energetici sono strutturati dalle vibrazioni molecolari (livelli

vibrazionali). In questo caso le transizioni elettroniche ( exE ed emE in Fig. 1) sono costituite rispettivamente

da uno spettro di eccitazione ed uno spettro di emissione della fluorescenza, secondo lo schema in fig.2.

Fig.2 Diagramma di Jablonski: Schema del passaggio da uno stato fondamentale (S0) ad uno stato eccitato (S2) e da

questo uno stato eccitato (S1) e quindi di nuovo allo stato fondamentale. Ogni stato è rappresentato da un gruppo di linee orizzontali, ognuna delle quali rappresenta un livello vibrazionale. T1 a destra è lo stato di tripletto. La distanza fra le linee orizzontali è proporzionale alla differenza di energia tra i livelli. I segmenti terminanti con una freccia rappresentano le transizioni (in verde l’assorbimento, in rosso la fluorescenza e la fosforescenza), quelli ondulati rappresentano le transizioni che non producono emissione di luce.

La larghezza dello spettro è una caratteristica di grande importanza soprattutto per le marcature multiple, cioè in quelle applicazioni in cui due o più fluorofori diversi sono utilizzati contemporaneamente. Una combinazione ideale di fluorofori per marcatura multipla dovrebbe comunque avere, oltre a spettri di emissione ben separati, anche un forte assorbimento alla stessa lunghezza d'onda di eccitazione. Altre importanti caratteristiche Photobleaching: Un altro aspetto fondamentale del processo di fluorescenza consiste nella sua ciclicità. A meno che il fluoroforo non sia irreversibilmente deteriorato quando si trova allo stato eccitato lo stesso fluoroforo può essere ripetutamente eccitato, e ogni volta riemettere fotoni di fluorescenza. In condizioni di forte intensità della luce di stimolazione, la distruzione irreversibile del fluoroforo eccitato diventa il fattore limitante per la rivelazione della fluorescenza. Il rimedio più efficace contro il photobleaching è quello di massimizzare la sensibilità del sistema di rivelazione, consentendo così la riduzione della potenza della sorgente della luce di eccitazione. Sensibilità della fluorescenza all'ambiente: interazioni fluoroforo-fluoroforo: Le interazioni tra fluorofori vicini o tra fluorofori e altre specie molecolari che li circondano rendono la fluorescenza sensibile all'ambiente. Si usa solitamente distinguere le interazioni delle molecole di fluoroforo fra loro dalle interazioni con gli altri componenti dell'ambiente, in particolare nel nostro caso dalle molecole del solvente. Self quenching: è uno dei fenomeni di interazione fra fluorofori legati alla concentrazione dei fluorofori stessi: è un processo bimolecolare che consiste nella riduzione del guadagno quantico, senza modificazioni dello spettro di emissione, per effetto d’interazioni transienti nello stato eccitato fra molecole dello stesso ionoforo (collisional quenching). Esso può anche portare alla formazione di specie non fluorescenti allo stato fondamentale. Un secondo fenomeno di questo tipo è costituito dalla formazione di eccimeri. Sono chiamati in questo modo dimeri del fluoroforo che si formano solamente allo stato eccitato, e che emettono con uno spettro diverso da quello del singolo fluoroforo. In genere compaiono ad elevate concentrazioni, ove si evidenzia la presenza di un secondo picco a maggior lunghezza d’onda. Un terzo fenomeno di interazione fra fluorofori è costituito dalla cosiddetta FRET, Fluorescence Resonance Energy Transfer, che consiste in un accoppiamento diretto fra l'emissione di un fluoroforo e l'eccitazione di un secondo fluoroforo. E un'interazione fra gli stati eccitati di due molecole di fluoroforo, in cui l'eccitazione di una molecola donatore è trasferita ad una molecola accettore, senza emissione di fotoni. La FRET dipende dall'inverso della sesta potenza della separazione intermolecolare, diventando molto evidente a distanze fra donatore e accettore dell'ordine di 10 ÷ 100 Å. Condizioni essenziali perché possa avvenire la FRET sono: a) lo spettro di assorbimento dell'accettore deve essere in buona parte sovrapponibile allo spettro di emissione del donatore. b) i dipoli di transizione del donatore e dell'accettore devono avere orientamento parallelo. Sensibilità della fluorescenza all'ambiente: interazioni fluoroforo-solvente: Per quanto riguarda le interazioni fluoroforo-solvente, sono due i fattori ambientali principali che influiscono fortemente sulle caratteristiche della luce di fluorescenza. 1) Polarità del solvente. Lo spettro di emissione di alcuni fluorofori, in particolare quelli che presentano un alto valore del momento di dipolo nello stato eccitato, può essere fortemente influenzato dalla polarità del solvente, spostandosi verso lunghezze d'onda sempre maggiori all'aumentare del grado di polarità del solvente.

2) PH del solvente. La sensibilità dei fluorofori al pH dipende da una alterazione della struttura dei livelli eccitati causata dalla protonazione della molecola.

Altri effetti di concentrazione, dovuti all’assorbimento (Lambert-Beer)

L’intensità di emissione di fluorescenza dipende dalla concentrazione, ma non sarà in genere ad essa proporzionale, a differenza dell’assorbanza, in quanto dipende anche dal QY che a sua volta è influenzato dal contorno chimico, in particolare dalla distanza di ogni molecola fluorescente dalle altre e quindi in ultima analisi dalla concentrazione. Infatti se all’aumentare della concentrazione aumenta la radiazione assorbita, è anche vero che aumentano contemporaneamente le interazioni mutue, così che molti fotoni di fluorescenza emessi, vengono riassorbiti all’interno della soluzione stessa. L’intensità di emissione di fluorescenza sarà dunque data da entrambi questi fattori.

intensità ridotta-concentrazione

intensità a 350 nm di ecc intensità a 466nm di ecc

Lo spettrofluorimetro Gli spettri di fluorescenza si ottengono con lo spettrofluorimetro. Il principio di funzionamento di uno spettrofluorimetro è mostrato in fig.3. La luce prodotta dalla lampada (L) -che emette uno spettro continuo nell’ultravioletto - viene focalizzata sull’ingresso di un monocromatore (M1) che seleziona la lunghezza d’onda desiderata. Il fascio monocromatico colpisce il campione (S) posto nel comparto celle. La composizione spettrale della luce emessa viene analizzata dal secondo monocromatore (M2) che invia il fascio al fotomoltiplicatore (PM). Il secondo monocromatore è posto a 90° rispetto al primo, per minimizzare l’entrata della luce diretta della

sorgente.

Figura 3, a sinistra schema dello spettrofluorimetro, a destra una foto del vano portacampioni, in cui è evidente la luce d’eccitazione (viola) e l’emissione di fluorescenza (giallo/verde)

Sorgente La sorgente è costituita da una lampada, la quale deve emettere una radiazione più possibile costante e riproducibile. Per lavorare nella regione UV si usano lampade al deuterio le quali emettono in modo continuo al di sotto dei 400 nm. Monocromatori Eccitazione (M1): la luce policromatica emessa dalla lampada entra da una fessura; tramite un sistema ottico viene inviata su di un reticolo di diffrazione o ad un prisma che scompone il fascio. Una seconda fenditura raccoglie poi il fascio di una determinata lunghezza d'onda ed invia la radiazione verso il campione. Emissione (M2): Un analogo monocromatore ci permetterà di selezionare, tra la luce emessa dal campione, l’intervallo di lunghezze d’onda da inviare all’acquisizione. Vano portacampione Qui metteremo il campione. Generalmente la luce di fluorescenza sarà raccolta a 90° rispetto all’eccitazione. Fotomoltiplicatore e sistema di elaborazione Trasforma il segnale luminoso in un segnale elettrico. Lo strumento elabora quindi i dati ottenuti. E’ possibile scegliere fra varie modalità di gestione dello spettrofluorimetro, quali: modalità in emissione ed in eccitazione. Nella prima, fissata la lunghezza d’onda di eccitazione, si analizza lo spettro di emissione. Nella seconda si fissa la lunghezza d’onda in cui si osserva l’emissione e si fa variare quella di eccitazione. In ogni modalità è possibile intervenire su diversi parametri, come: banda passante del monocromatore, la risoluzione, il tempo di risposta, l’amplificazione del segnale, la scala e l’intervallo di lunghezze d’onda da analizzare.

Alcune molecole fluorescenti: 1) Rodamina

La rodamina 6G, di formula molecolare C28H31N2O3Cl , ha peso molecolare 479.02 g/mol. La struttura è la seguente:

Figura 4: La molecola della Rodamina 6G

A temperatura e pressione ambiente si presenta allo stato solido e non presenta fluorescenza, è solubile in solventi come l’acqua ed etanolo. A concentrazione non troppo elevate si ha un picco di assorbimento in corrispondenza di λ=530 nm ed un picco di fluorescenza in un range compreso tra 555nm e 585nm, con valore massimo d’ intensità per 566nm, come si vede in figura 4.

Figura 5: spettro di fluorescenza della rodamina 6G in diversi solventi Notiamo che lo spettro di emissione della fluoresceina nei diversi solventi cambia, in termini di intensità, ma anche di larghezza e di posizione del massimo. Questo è dovuto alle diverse proprietà di solvatazione ed ai diversi indici di rifrazione dei solventi.

Figura 6: a sinistra, lo spettro di fluorescenza della rodamina 6G in acqua a diverse concentrazioni, a destra l’andamento dell’intensità e della posizione del picco Concentrandoci sul solvente più comune, l’acqua, possiamo anche studiare l’effetto della concentrazione: come si vede in figura 6, a concentrazioni inferiori a 10 -5 g /ml la lunghezza d'onda del picco è praticamente costante, 552 nm e l’intensità aumenta con la concentrazione. Ciò indica che in questo regime le molecole di rodamina sono isolate e solvatate. Al crescere della concentrazione poi la lunghezza d'onda di picco aumenta costantemente di circa 10 nm, e così l’intensità d’emissione, fino alla concentrazione di 4 10-4 g / ml. In questo regime le molecole sono ancora isolate ma iniziano ad interagire tra loro. Per concentrazioni ancora maggiori, attorno a circa 10-3 g/ml , si nota un salto nella lunghezza d'onda del picco, ed una riduzione dell’intensità. E‘ il regime di alta concentrazione, in cui si formano dei dimeri, caratterizzati da red shift del picco d’emissione. Per saperne di più: F.M. Zehentbauer et al. Spectrochimica Acta A 121 (2014) 147–151

2) Fluoresceina La fluoresceina è un composto organico molto fluorescente, caratterizzata da un coefficiente di estinzione molare a 490 nm pari a ε490 nm = 76900 cm-1M-1 da un pKa di 6.43.

Figura 5: La molecola di fluoresceina

Notare che la molecola presenta due siti di protonazione: il gruppo carbossilico (-COOH) e il gruppo ossidrilico (-OH), al variare del pH possono essere protonati entrambi, solo uno o nessuno, e questo influenza le proprietà spettrali.

Nello spettro d’assorbimento si notano le transizioni elettroniche: il picco principale a 490nm

rappresenta la transizione S0S1. Si noti la presenza della una spalla, spostata verso il blu (blu shift)

rispetto al picco principale, dovuta a transizioni vibrazionali non risolte.

Un'altra transizione elettronica risolta è S0S2 ed è appresentata dal basso picco a λ attorno a 325 nm.

Calibration plot showing the log of the measured fluorescein concentration [Log (Blank corrected fl uorescence intensity)] against the theoretical fl uorescein concentration (Log [Fluorescein]). Da [Agilent technical manual] Attenzione però che come detto sopra, la fluoresceina è fortemente sensibile al pH: