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I. M. D’jakonov LA LINGUA SUMERICA (traduzione di A. Luca de Martini) 1

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I. M. D’jakonov

LA LINGUA SUMERICA

(traduzione di A. Luca de Martini)

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§ 1. Informazioni generali su luogo e tempo di diffusione

1. Fra tutte le lingue non semitiche dell’Asia Minore il sumerico è rappresentato dal maggiornumero di monumenti ed è stato studiato di piú: su di esso è necessario fermarsi in modoun poco piú particolareggiato, cosí come, nonostante l’eccezionale originalità del sumerico,in esso si osservano e sono stati riscontrati molti fenomeni, i quali s’incontrano anche nellamaggioranza delle altre lingue dell’Asia Minore meno studiate. Nella grammatica delsumerico, tuttavia, vi è ancora molto che non è chiaro, e non esiste nemmeno un lessicosufficientemente completo.

2. La lingua sumerica era diffusa in Mesopotamia, la regione fra i fiumi Eufrate e Tigri, dallalinea che passa presso l’attuale Bağdād fino al Golfo Persico verso mezzogiorno. Per quantotempo e quando fu usata, come lingua viva, a settentrione di questo spazio, è difficile dire.

3. Il periodo della comparsa del sumerico in Mesopotamia rimane indeterminato. I bassi trattialluvionali e paludosi di Tigri ed Eufrate per lungo tempo furono disabitati. Oggi si hannodati abbastanza convincenti a sostegno della tesi, secondo cui le denominazioni dei puntiabitati di Sumer non sempre erano di origine sumerica; nella stessa lingua sumerica si trovauna certa quantità di parole che, forse, hanno provenienza non sumerica ma neanchesemitica. È probabile, perciò, che la popolazione sumerica nei bassi corsi di Tigri ed Eufratesia stata preceduta da una qualche etnia differente.

4. Esiste una teoria, per la quale i Sumeri sarebbero giunti dall’oriente, dai monti dell’Iran edall’Asia Centrale. Gli argomenti a favore di quest’opinione, però, non sono ancorasufficientemente persuasivi: gli stessi Sumeri collegavano piuttosto la loro origine a luoghidi sud-est, alle isole ed alle coste del Golfo Persico. Le prime colonie sumeriche (ovverosiacolonie alle cui denominazioni è stata attribuita un’etimologia sulla base della linguasumerica) appaiono all’inizio del IV millennio a.C. nell’estremo mezzogiorno del territorio.Monumenti scritti sono conosciuti a Sumer dall’ultimo quarto del IV millennio; nel 3000a.C. circa è attestato un impiego di segni di scrittura come “rebus” (si veda § 2, n. 3), da cuirisulta evidente che la lingua è sumerica. In realtà si possono esaminare le stessecaratteristiche della scrittura, e non ci sono motivi per supporre che essa inizialmente fossestata inventata per qualche altra lingua, e solo presa in prestito dal sumerico. E’ dunqueprobabile che nella Mesopotamia meridionale si parlasse in sumerico dal periodo dellaprotoscrittura, e anzi, a giudicare dalla continuità della cultura, anche considerevolmenteprima, almeno da metà o dall’inizio del IV millennio a.C. Nel III millennio a.C. sussistevauna diversa situazione nel mezzogiorno del territorio (sotto Nippur-Šuruppak) e asettentrione di tale centro. A mezzogiorno di Nippur e Šuruppak non si incontrano nomiproprî semitici sino al XXIV-XXIII secolo mentre a settentrione essi erano diffusi giàprima, ed in seguito il loro numero aumenta sempre piú. Questa parte settentrionale delpaese in sumerico si chiamava Ki-Uri, in accadico dapprima Varúm, piú tardi Akkad, dalnome della capitale dello stato fondato nel XXIV sec. a.C. da Sargon il Grande. La partecentrale, e successivamente anche quella meridionale, cominciò allora a chiamarsi Šumer1 ;in precedenza la denominazione comune di tutto il territorio sumeròfono era semplicementeKalam, “paese”. Il popolo sumerico non aveva dato un nome nemmeno a sé stesso: gliabitanti si chiamavano, ognuno secondo la sua comunità, “uomo di Ur”, “uomo di Uruk”,“uomo di Lagaš”; tutti gli abitanti della Mesopotamia, indipendentemente dalla loro lingua,erano denominati “teste nere” (sagg-ggiga in sumerico): cosí chiamavano sé stessi anche ipopoli di lingua semitica (in accadico salmāt kakkadim).

1 In sumerico si scrive KI.EN.GI. E’ diffusa l’opinione che questa parola sia da leggere foneticamente *keggi(r), cherisulta anche prototipo di una forma dialettale (?) Šumer. Tuttavia non vi sono testimonianze abbastanza attendibili sulpassaggio dialettale k > š, per cui la scrittura KI.EN.GI è da vedere meglio come ideogramma composto (§ 2, par. 3) conlettura Šumer.

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5. Gradualmente, movendosi da settentrione verso mezzogiorno, l’accadico, lingua semitica,rimpiazza gli arcaici dialetti delle comunità sumeriche, i quali nella lingua vivaevidentemente si differenziavano in modo considerevole. Ancora nel XXI sec., al tempodell’“Impero di Sumer e Accad” (la cosiddetta III dinastia di Ur), il sumerico era linguaufficiale delle cancellerie di tutto lo stato. Già a quest’epoca, però, nell’uso quotidianol’accadico s’era diffuso sino al mezzogiorno del paese. Il sumerico presumibilmente siconserva nelle zone paludose dei bassi tratti di Tigri ed Eufrate sino a metà del II millennioa.C., ma dal secolo XVI-XV circa anche qui si cessa di dare ai bambini nomi sumerici.Tuttavia il sumerico continua a mantenersi in vigore come lingua della religione e,parzialmente, della scienza durante tutto il periodo di esistenza della lingua accadica e dellascrittura cuneiforme: in tale veste si studiava anche fuori dei confini della Mesopotamia, neipaesi dove s’era diffuso il suddetto tipo di scrittura. Il sumerico fu definitivamenteabbandonato solo nel II-I sec. a.C.

6. Anche se il sumerico fu sostituito dall’accadico, lingua semitica, non avvenne lasostituzione fisica di un popolo con l’altro: non mutò il tipo antropologico (variante dellarazza mediterranea, coesistente con l’armenoide, o assiroide, variante della razza balcano-caucasica), non si produsse quasi nessun cambiamento essenziale nella cultura, eccetto lecondizioni sociali, subordinate allo sviluppo. In sostanza i Babilonesi dell’epoca piú tardasono lo stesso popolo dei Sumeri (con un certo afflusso eterogeneo delle popolazionisemitiche dei dintorni), ma la lingua cambiò.

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§ 2. Scrittura sumerica

1. Nel periodo neolitico diverse tribú del mondo compiono tentativi di fissazione grafica dicomunicazioni sotto forma di p i t t o g r a f i a. L’incisione pittografica consiste in unacomposizione figurativa, che segnala le tappe fondamentali di un messaggio, o in alcunidisegni separati, che devono rammentare i momenti piú importanti dell’informazionetrasmessa. Per esempio si può disegnare una barca con uomini sotto il segno totemico di“tartaruga”, tre cerchî solari e animali capovolti a gambe in alto, e questo deve significareche un gruppo di uomini della tribú della “tartaruga” è partito in barca per la caccia ed haucciso degli animali. E’ possibile legare tutte queste raffigurazioni per mezzo di una linea, alfine di mostrare la relazione delle rappresentazioni fra loro, come se costituissero un’unicacomunicazione. La pittografia non è ancora scrittura, in quanto non trasmette il contenutoletterale del discorso, ma è solo rammemorazione per chi trasmette o percepisce lacomunicazione; quest’ultima si può esprimere con tutte le parole adatte, con qualsiasi ordinedi parole e persino in ogni lingua2. Il pittogramma ha un significato soltanto preso tuttointero, i segni considerati separatamente non corrispondono a niente di specifico nella linguané costituiscono un sistema di segni grafici di qualsiasi elemento concreto del linguaggio.

2. La piú antica iscrizione sumerica attestata è la tavoletta □ 15000 dell’ ”Ermitage” statale,che può essere datata approssimativamente al 3200-3100 a.C. Essa contiene quattro segnipittografici, ma questi segni ancora non compongono un complesso; ciascuno di essipossiede un significato autonomo, indicando un determinato concetto (si tratta di i d e o g r am m i). A partire dal 3000 a.C. circa (strato archeologico “Uruk IV” al limite dell’inizio delperiodo archeologico di “Jemdet-Nas r”) è arrivato a noi un archivio di documentidall’antica Uruk (attuale Warkah). Questo è un archivio di documenti economici: elenchi divarie consegne e introiti, consistenti in cifre e segni, ciascuno dei quali rappresenta un certoconcetto concreto o oggetto. D’altra parte neanche qui si trova ancora il tentativo ditrasmettere un discorso coerente in quanto tale, e qui i segni portano carattererammemorativo e mnemonico. Ciò è evidente, ad esempio, dal fatto che l’ordine dei segni èindifferente. Per scrivere, poniamo, “quattro capre nere”, si può scrivere “IIII CAPRA

BUIO” o “IIIIBUIO

CAPRA” o “IIII

CAPRA

BUIO” o “IIII BUIO CAPRA”. Il fatto che le cifre siano

poste sempre nella medesima posizione del complesso (all’inizio) si spiega non con latrasmissione dell’ordine delle parole del discorso, ma con la comodità del computo dellecifre. Né l’ordine delle parole né la lingua sono stati trasmessi, sebbene lo scriba,ovviamente, nella sua mente collegasse ciascun concetto con una determinata parola.

Tuttavia una tale modalità di trasmissione grafica delle comunicazioni era comodo solo perelenchi e cose simili, giacché non riproduceva un discorso connesso. Una qualchecomunicazione complessa non si può trasmettere, in quanto non tutti i concetti si prestanocerto ad una riproduzione grafica, e non è assolutamente possibile comunicare con disegniparti del discorso, particelle, pronomi, indicatori grammaticali, nomi proprî nonetimologizzati dalla lingua nativa.

3. Per l’uscita da una tale situazione i Sumeri cominciarono ad adottare diversi procedimentiausiliarî: o inserivano segni convenzionali, contrassegnanti un concetto con modalitàsimbolica ma non figurativa (pittografica), per esempio disegnavano un segno totemico dellacomunità o il simbolo di una sua dea al posto della sua denominazione; oppure con undisegno comunicavano un concetto al posto di un altro per associazione, come, ad esempio,nel caso suddetto, “nero” con l’aiuto del segno BUIO – disegno del firmamento con trattinisopra di esso , o le idee “andare” e “portare” con l’aiuto del disegno GAMBA ; oancora trasmettevano un concetto grazie a due o piú segni [ideogrammi composti, per

2 I mezzi rammemorativi (mnemonici) possono essere anche non grafici (ad esempio piccoli nodi in una corda, intagli ecosí via).

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esempio: ORGANO GENITALE FEMMINILE + MONTE (che significa “DONNA +PAESE STRANIERO”) = “schiava”].

Specialmente proficuo, tuttavia, risultò un quarto metodo – il rebus. Benché tale scritturanon trasmettesse ancora nessuna lingua, ed ogni segno non esprimesse una parola, masoltanto ricordasse un’i d e a (era un i d e o g r a m m a), tuttavia in pratica, poiché ciascunsegno rappresentava nel contesto un certo u n i c o concetto o oggetto oppure un insieme diidee, codesto segno nella lettura veniva ripetuto sempre con le medesime parole sumeriche.Esisteva perciò la possibilità di trasmettere, con l’aiuto di un segno, non solo il concettostesso, ma anche il s u o n o legato a questo concetto: l’ideogramma, in tal modo, diviene l og o g r a m m a, un segno per una p a r o l a insieme col suo suono concreto; ma codestosegno si poteva impiegare già per l’espressione fonetica persino di quelle parole o indicatori,i quali non si prestavano ad una riproduzione diretta sotto forma di disegno. Cosí, già negliarchivî dello strato “Uruk IV” (3000 circa a.C.) compaiono segni che trasmettono parolesecondo un principio fonetico e di rebus insieme, per esempio varianti di un segnosignificante CANNA (gi, gi4 ) per gi4 “ritornare”. Un poco piú tardi, negli archivî dellostrato “Uruk III/II” e nei contemporanei strati dell’antica città di Jemdet-Nas r nelsettentrione del paese (2900 circa a.C.), segni-rebus (logogrammi) cominciano qua e là adessere adottati anche come segni fonetici (s i l l a b o g r a m m i) per la trasmissione di f o rm a n t i grammaticali; ad esempio non solo il segno FRECCIA, sum. ti, è impiegato perla parola ti(l) “vivere”, ma anche il simbolo LINGUA (raffigurante, evidentemente, unalinguetta di pelle ed inizialmente corrispondente alla parola sumerica emex “lingua”) vieneadottato per l’espressione di un elemento grammaticale, la copula -me “(essi) sono”.

Questo procedimento era agevolato dal fatto che in sumerico vi erano moltissime parolemonosillabiche.

4. Già allo stadio d’ideografia quasi ogni segno possiede piú di un significato, cosí come essonon solo esprime un c o n c e t t o, non determinando con quale p a r o l a precisamente essodebba essere espresso, ma in queste condizioni di solito può trasmettere n o n u n s o l oconcetto, ma persino un intero f a s c i o di concetti, collegati per associazione d’idee; peresempio il disegno di un firmamento scuro può significare “notte”, “buio”, “nero”,“disgrazia”, “malattia” e cosí via, mentre il disegno di una gamba può voler dire “andare”,“stare”, “portare”. Per questo, e per lo sviluppo della logografia, ogni segno acquista unintero gruppo di significati orali concettualmente legati: il disegno di una gamba , peresempio, trasmette le radici du, ará, gin “camminare”, “andare”, gub “stare”, túm “portare”,mentre il segno di un paletto cuneiforme rappresenta gag “punta”, rù “conficcare”,“piantare”, dá “cuneo”, dù “costruire”3 . Per lo stesso motivo i segni che successivamenteotterranno un significato fonetico (sillabogrammi), spesso acquistano non uno, ma diversivalori fonetici (fenomeno della p o l i f o n i a).

5. D’altro canto, come è evidente dagli esempî precedenti, lo stesso significato può esseretrasmesso con segni differenti, a seconda di quale concetto si leghi ad esso (fenomeno dell’o m o f o n i a). Cosí du “andare” si scrive col segno GAMBA, ma dù “costruire” si scrivecol segno PALETTO. In tal modo il principio di trasmissione delle parole (logografia) nonsoppiantò il principio ideografico.

Ciò era straordinariamente importante, in quanto nella lingua sumerica v’era un’enorme quantitàdi parole d’eguale suono (forse distinte per toni musicali). Nella scrittura esse potevanodistinguersi solo venendo espresse con s e g n i d i f f e r e n t i, in dipendenza dall’idea chesignificavano. Nella traslitterazione, in modo assolutamente convenzionale, noicontrassegniamo tali o m ò f o n i con diversi indici in ordine alla frequenza approssimativadi ricorrenza, ad esempio du, dú, dù, du4 , du5 , du6 , du7 , du 8...du23 e cosí via4

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3 Piú tardi alcuni segni esteriormente vicini tra loro venivano distinti per via di trattini diacritici, ad esempio“andare”, “portare”, “suola”, “base”. In effetti, per origine sono segni diversi (piede scalzo e piede calzato !).

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6. Di conseguenza una lettura concreta di segni della scrittura sumerica allo stadio di puraideografia e logografia non sempre poteva essere determinata univocamente. Codestofenomeno s’incontra dappertutto nelle fasi iniziali delle scritture e suscita negli osservatoriestranei un’impressione d’inattendibilità della decifrazione (donde, ad esempio, nel nostrotempo la critica accanita alla decifrazione della scrittura lineare “B” crittomicenea compiutada Ventris). Ma occorre tenere in considerazione che una scrittura primordiale si adottavaper un ambito di comunicazioni ristretto, assolutamente limitato, innanzitutto perannotazioni economiche, il cui contenuto approssimativo poteva essere stato suppostoanticipatamente. Per esempio, benché la scrittura BUIO CAPRA potesse significare inprincipio sia “colore nero di una capra”, sia “capra di notte”, sia “disgrazia di una capra”eccètera, tuttavia di certo nessuno dubitava che in un elenco economico ciò significasse“capra nera”. Proprio cosí lo studioso sovietico A.A. Weimann riuscí a scoprire il contenutodi molti testi di genere analogo.

7. Una lettura corretta si semplifica ancora di piú se nella scrittura si esprimono indicatorigrammaticali che consentano di determinare una giusta costruzione grammaticale dellaproposizione. Nondimeno non si giunse presto a ciò; nell’archivio di Jemdet-Nas rs’incontra tutt’al piú una scrittura sillabografica su un migliaio di quelle ideografiche ologografiche e di rebus; ancora a lungo non si cercò di conformare la disposizione dei segnicon l’ordine delle parole e degli indicatori grammaticali nel discorso. Di solito il disegno deltipo di MONTONE = sum. UDU significa “montone”, “montoni”, “del montone”, “al montone”,“dei montoni” e cosí via senza la riproduzione di indicatori grammaticali. Molto piúraramente s’incontrano scritture logografiche e di rebus relative a parole quali, ad esempio, inomi proprî: cosí ALA (?)-CANCELLO (?) significa il nome [Enlil] “(Dio) Enlil”. ALA (?)rappresenta qui la parola en “alto”, “sacerdote”, “signore”; CANCELLO (?) significa líl“aria”; precisamente in questo modo il segno FRECCIA significava ti “freccia” e ti(l) “vita”.Molto presto si hanno già, tuttavia, anche scritture miste ideografico-fonetiche, ad esempioper il nome non etimologizzato della comunità di Lagaš: esso si scrive con i segni ŠIR eBUR, dove ŠIR è forse il segno sacro della divinità della luce, e BUR evidentemente è laraffigurazione del recipiente di pietra bur; ŠIR.BUR era allo stesso tempo un ideogrammacomposto, con lettura buru4, per il corvo, uccello sacro (?) di Lagaš; a questa combinazionedi segni s’aggiunge il segno con valore sillabico LA5 . Oppure si poteva scrivere “sono (questi) i piú anziani” per mezzo dei segni CASA-MUCCHIO CHICCHI (?)-LINGUA, ed il disegno di un edificio in altura significava éš“casa”, ma anche ab “finestra” e “apertura”, il disegno di un mucchio di grano (?) volevadire ba “consegna” e “dare”, mentre il segno di una lingua , come abbiamo visto, sileggeva emex “lingua”; tutto insieme si poteva leggere [aba-me] “i padri (i piú anzianiquesti) sono”. Gli scribi, però, nient’affatto confondendosi, potevano disporre codesti segnianche in un altro ordine, e al posto di AB.BA.ME, per esempio, potevano scrivereBA.AB.ME. E per lungo tempo ancora, inoltre, lasciarono la maggioranza degli indicatorigrammaticali senza indicazione. Per distinguere un determinato gruppo di segni, collegati traloro, da altri, lo circondavano con una cornice: .

8. Gradualmente il numero dei segni fonetici per la trasmissione dei formanti grammaticaliaumenta in modo costante, e approssimativamente dal 2500 (epoca di governo di Eanatum aLagaš) essi contrassegnano quasi tutti6 gli indicatori grammaticali e le parole ausiliarie,rispettando di norma l’ordine delle parole e degli indicatori, in corrispondenza del

4 In tal modo i segni degli accenti e gli indici cifrati non indicano una qualche differenza nella pronunzia onell’accentazione. Qualsivoglia lettura sonora del segno, solo di recente fissata per la prima volta, ancora non registratanelle tabelle di tanto in tanto pubblicate, assume nella traslitterazione il segnetto x. 5 Il complesso ŠIR.BUR+LA = Lagaša, tuttavia, si spiega anche diversamente: ŠIR.BUR è ritenuto un segno composto per la parola gaša (?) “corvo” (?), adoperata qui anche con valore fonetico (logografico).

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linguaggio vivo. Soltanto ora la trasmissione grafica delle comunicazioni diviene scritturanel senso proprio della parola, cioè sistema rigorosamente definito di segni grafici chetrasmettono il discorso ed i suoi elementi – parole, sillabe, suoni isolati.Codesto sistema di scrittura possiede un carattere logografico- (o ideografico-) sillabico,altrimenti orale-sillabico: i temi di tutte le parole si scrivono quasi esclusivamente permezzo di segni nel loro significato ideografico (o logografico), e solo i formanti, ed anche leparole ausiliarie e simili, si scrivono con l’aiuto di segni nel loro significato fonetico(sillabico). Cosí come un segno orale per sé stesso non dà indicazione sulla pronunzia di unaparola e, essendo legato direttamente ad un fascio di concetti pienamente associativo, èpolisemantico, nella trasmissione di formanti vocalici si esprime contemporaneamentemediante segni sillabici anche l’ultima consonante del tema: ad esempio [gub-a]7 “stante” siscrive GAMBA-ba, per distinguerlo da [gin-a] “andante”, che si scrive GAMBA-na (nellatraslitterazione abituale gub-ba, gin-na7, in cui le sillabe -ba e -na risultano c o m p l e m e nt i f o n e t i c i dell’ideogramma che trasmette il tema, e ad un tempo esprimono il formantedi participio –a). Dapprincipio il segno GAMBA (gub, gin) poteva trasmettere qualsiasiforma del verbo corrispondente, per esempio gina “che va”, gineda “affinché vada”,munegin “arrivò là” e simili. Dalla metà del III millennio, però, il segno comincia atrasmettere solo il tema della parola, e [gina] si scrive gin-na, [gineda] si scrive gin-né-da(oppure, piú spesso, gi-ne-da), [mu-ne-gin] si scrive mu-né-gin. In tal modo qualsiasi parolasumerica in forma di puro tema è espressa da un ideogramma-logogramma, mentre quelleche possiedono formanti sono espresse dalla combinazione di un segno con significatoideografico (logografico) per il t e m a e di segni con significato sillabico per i f o r m a n t i,e nello stesso tempo il segno del suffisso vocalico mantiene anche l’indicazione dell’ultimaconsonante del tema. Con questo procedimento non si trasmette un qualsivogliaraddoppiamento di questa consonante: mu-na-né-túm-mu si deve leggere [munanetumu],gin-na si deve leggere [gina], il nome Lugal-zag-gi-si si deve leggere [Lugal-zage-si].

9. Tale metodo di scrittura forniva una lettura abbastanza sicura e faceva possibile la stesura diun testo di qualsiasi contenuto. L’ambiguità degli ideogrammi, in verità, si conservava, inquanto tutt’altro che in tutti i casi si avevano suffissi vocalici, nella scrittura dei qualipotessero sorgere complementi fonetici; ma nella maggioranza dei casi era sempre possibilescegliere una lettura corretta in base al contesto – a condizione, certamente, di un’ampiapadronanza della lingua8.

10. Nondimeno noi tuttora non conosceremmo la pronunzia di un’enorme numero di parolesumeriche se non fossero giunti sino a noi sillabarî sumero-accadici – elenchi dilogogrammi, la cui lettura è decifrata con l’aiuto di segni in lettura fonetica – ed anche deivocabolarî sumero-accadici. Questi sillabarî e vocabolarî nacquero da manuali ortograficisumerici, composti ancora dalla fine del IV millennio a.C.; essi sorgevano nel periodo del

6 Importante eccezione costituisce una serie di formanti che mantengono –n o –m in fine di parola; come in precedenza,nel periodo considerato codeste consonanti nella scrittura non venivano espresse, e ciò spesso complica, per il lettoremoderno, la determinazione della forma grammaticale della parola.7 Le trascrizioni, che spiegano la struttura di una parola o in genere non seguono la scrittura originale, sono date inparentesi quadre. Senza parentesi quadre è data la traslitterazione corrispondente ad una scrittura ortografica originale ocoincidente con essa. La traslitterazione di ogni segno dell’originale è distinta da quella del segno attiguo per mezzo diun trattino. A scopo d’unificazione tutti gli esempî linguistici, come in sumerico, cosí anche nelle altre lingue, sono datiin corsivo, benché nella letteratura specialistica si assuma di solito, per la lingua sumerica, la trascrizione con caratterinormali in spazieggiatura. 8 Fornivano un certo aiuto i d e t e r m i n a t i v i, comparsi alla fine della prima metà del III millennio, segni nonpronunziati che indicavano una categoria concettuale. In sumerico si hanno determinativi per oggetti di legno, canna,metallo e pietra, per animali da soma, per cibo e specialmente carne, aromi, uccelli, pesci, ortaggi, divinità, territorî,fiumi e canali, professioni maschili e femminili. Alcuni determinativi si scrivono prima della parola, altri dopo. Nellatraslitterazione il determinativo si contrassegna con la trascrizione del segno nella sua lettura logografica, scritta soprala riga. Ad esempio dingilEn-líl, o, abbreviato, dEn-líl (si legge [Enlil]) significa “(dio) Enlil”, ma EN.LÍLki o Niburuki (silegge [Niburu]) significa “(città di) Nippur”.

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bilinguismo sumerico-accadico e nell’epoca dell’estinzione della lingua sumerica comesussidio per gli scribi del II-I mill. a.C.

Tuttavia è opportuno osservare che codesti sillabarî e vocabolarî innanzitutto noncomprendono tutto il bagaglio lessicale della lingua sumerica e spesso non possono risolverei nostri dubbî relativamente alla lettura delle parole sumeriche nelle situazioni complesse;per i logogrammi polisemantici nel caso migliore danno le loro diverse letture e significati,ma non sempre aiutano a decidere quali tra questi si debba scegliere in ciascun datocontesto; in secondo luogo riflettono solo uno stadio tardo dello sviluppo della linguasumerica; in terzo luogo rispecchiano unicamente la norma linguistica accolta nelle scuoleufficiali degli scribi e nelle cancellerie di quel periodo, in cui essi venivano compilati, nelmentre che nei vivi dialetti e nelle vecchie scuole locali di scribi ci si scostava da quellanorma; inoltre, non di rado essi danno informazioni contraddittorie, riflettendo differentitradizioni di scrittura di luoghi e tempi diversi.

Perciò, nello stato attuale delle nostre conoscenze, sono possibili incertezza e oscillazioninella lettura e nell’interpretazione dei singoli contesti sumerici. La trascrizione di un testosumerico quasi sempre riflette, ad un certo livello, l’opinione soggettiva del ricercatore aproposito della lettura e della valutazione di una serie di segni. In quei casi, in cui lapronunzia precisa della lingua sumerica nella data circostanza è sconosciuta o, per qualchemotivo, è indifferente, nella traslitterazione si adotta il significato piú abituale, ma esso siscrive con lettere maiuscole (per esempio DU può leggersi du, ará, gub, gin o túm)9.

9 In questo caso, per i logogrammi composti, nella traslitterazione si trascrive con lettere maiuscole il significatoabituale di ogni elemento del logogramma, e a codesti elementi si uniscono tra loro con puntini (ad esempio EN.LÍLki =Niburuki, KI.SU.LU.ÚB.GAR = uggnim); se poi il logogramma composto rappresenta una legatura o contiene segnidisposti in un ordine inverso all’ordine di lettura, allora i suoi elementi si uniscono tra loro col segno +, quando stannoaccanto (ad esempio GAL + LÚ = lugal), o col simbolo ×, se un elemento del segno è stato inserito in un altro (adesempio KA × ŠU + ŠA = buzùr, GÁ × ME + EN = men4.

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§ 3. Periodizzazione della lingua sumerica

1. La lingua sumerica dei monumenti degli anni 2800-2500 a.C. appartiene al periodo a r c a ic o (i testi sono giunti in prevalenza da Ur, attuale Tall al-Muqayyar, e Šuruppak, attualeFara). Valutare la lingua di quest’epoca è difficile, giacché non tutti i formanti grammaticalierano stati ancora espressi, ma il suono dei temi era sempre occultato dietro scrittureideografiche. L’ordine dei segni è lungi dal corrispondere sempre all’ordine delle parole edei formanti. Nondimeno una qualche idea della lingua di codesto periodo noi l’abbiamo,specialmente per le sue fasi piú tarde (archivio di Šuruppak). Sino a noi sono pervenuti quasiesclusivamente testi economici e scolastici; dalla fase conclusiva di tale epoca sono giunteiscrizioni edilizie dei governanti, poco numerose e molto brevi, ed anche rari documentigiuridici.

2. I monumenti dal 2500 al 2300 fanno capo al periodo p a l e o s u m e r i c o. si trattaprevalentemente di documenti economici, ma vi sono pure iscrizioni edilizie, principalmenteda Lagaš, piú raramente da Ur, Uruk, Adab, Nippur e altri centri; si hanno iscrizioni dicontenuto storico e documenti giuridici.

I compendî grammaticali esistenti della lingua paleosumerica, basati esclusivamente sulmateriale di opere del nostro tempo (A. Deimel, E. Sollebergé), sono poco esaustivi, inquanto i testi sono monotoni, poveri di forme, e molti formanti importanti in essi non sonoancora affatto espressi per cause ortografiche e fonetiche (§ 2, n. 8, nota 6). Nello studiodella lingua di codesto periodo sono di scarso aiuto i seriori sillabarî babilonesi.

3. La quantità di monumenti del periodo t r a n s i t o r i o (2300-2200 a.C.) è molto esigua;questa è l’epoca del dominio della dinastia accadica, quando nelle cancellerie si adoperavala lingua accadica.

4. Il periodo n e o s u m e r i c o nell’evoluzione della lingua sumerica (2200-2000 a.C.) èrappresentato da numerose iscrizioni edilizie dei governanti di Lagaš e dei sovrani della IIIdinastia di Ur (“Impero di Sumer e Accad”); si trovano anche lunghe iscrizioni di contenutoreligioso in forma poetica; è giunto inoltre un modesto numero di altri testi poetico-religiosi.Ma la massa fondamentale dei monumenti, che sono calcolati in decine se non centinaia dimigliaia, è costituita dai documenti degli archivî delle aziende imperiali (da Lagaš – attualeTallu o Tallūh , da Umma – attuale Jūh a, da Cilluš-Dagan – attuale Drā hm o Durayhim, daUr e altri). La lingua di questo tempo è stata studiata relativamente bene (grammatica di A.Falkenstein per i testi di Gudea, signore di Lagaš).

5. Il periodo t a r d o s u m e r i c o abbraccia i monumenti dal 2000 a.C. sino alla finedell’esistenza della lingua sumerica viva. A questo periodo, oltre a numerosi documentieconomici e giuridici, appartengono e sono giunte sino a noi annotazioni di svariati testiletterarî – canzoni epiche, inni, scongiuri, sermoni, favole, proverbî e simili (innanzitutto dalmagazzino del tempio a Nippur). La lingua di codesto tempo possiede tracce già evidenti delbilinguismo dei suoi portatori: l’influsso della lingua accadica si osserva spesso nel lessico enella grammatica; non sono rari errori schiettamente grammaticali di scribi accadofoni10. Laprima grammatica della lingua sumerica rigorosamente scientifica, appartenente ad A.Pöbel, benché cercasse di abbracciare tutti i periodi della lingua sumerica, era basatasoprattutto sui materiali del periodo tardo, esattamente come anche l’ultimo compendio dellagrammatica sumerica di A. Falkenstein; specialmente la lingua del periodo tardo quasi nonera stata studiata.

6. I monumenti sumerici che si redigono dopo il 1600 – iscrizioni imperiali, testi religiosi escientifici – sono relativi al cosiddetto periodo “p o s t s u m e r i c o”. Gli scribi di questo

10 Fra i monumenti tardosumerici è opportuno distinguere, da un lato, testi scritti nel periodo 2000-1800 ma anche testi(principalmente letterarî) che, quantunque ricopiati persino nell’epoca piú tarda, sono tuttavia copie di opereneosumeriche o di monumenti dell’inizio del periodo tardosumerico, e, dall’altro lato, testi composti dopo il 1800; gliultimi portano tracce di tarde particolarità dialettali locali e di un avanzato deterioramento della lingua.

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tempo in gran parte ricalcavano il testo dell’accadico e non capivano molte categorie dellagrammatica sumerica (per esempio confondevano le classi del nome, le coniugazionitransitiva e intransitiva, i casi assoluto ed ergativo; la doppia marca dei casi genitivo piúergativo -(a)ke era da loro percepita come marca di genitivo). Non di rado i testi venivanocompilati secondo materiali di sillabarî e vocabolarî, e le loro indicazioni laconiche eranointese erroneamente. Da codesto periodo perciò sono pervenuti testi bilingui, chedapprincipio hanno aiutato molto la decifrazione della lingua sumerica. Ma nel tempopresente i testi “postsumerici” per lo studio della lingua propriamente sumerica danno poco.

7. La migliore rassegna grammaticale della lingua sumerica risulta, nell’insieme, il brevecompendio di A. Falkenstein, da cui noi, tra l’altro, abbiamo tratto molti esempî. Esiste unaserie di speciali monografie grammaticali, in particolare per il verbo sumerico. Vi sonoricerche sulla grammatica sumerica anche in lingua russa (A.P. Riftin, V.V. Struve, I.T.Kaneva).

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§ 4. Notizie fondamentali su fonologia e fonetica

1. Il suono delle parole della lingua sumerica ci è noto sulla base delle trasmissioni fonetichedei logogrammi per mezzo di segni sillabici nei sillabarî babilonesi. Essi riproducono lafonetica neo- e tardosumerica, ma in modo inadeguato, sia a causa dell’insufficienza deimezzi di trasmissione dei suoni con segni cuneiformi in genere (per esempio in fine disillaba la scrittura cuneiforme non distingue le consonanti sorde dalle sonore)11, sia anche acausa dell’assenza di una serie di suoni della lingua sumerica in accadico.

2. Nel corso dell’evoluzione della lingua sumerica la sua fonetica si modificò. Ciò è evidente,ad esempio, dal fatto che, nella scrittura accadica, nel periodo piú antico (corrispondentecronologicamente al livello paleosumerico di sviluppo della lingua sumerica) s’impieganoindifferentemente due segni diversi per le sillabe ga, k a e ka, ma nel piú tardo periodopaleobabilonese uno di essi si adopera soltanto per ga e k a , un altro per ka; tre differentisegni si usano nel periodo paleoaccadico per la sillaba ta, per la sillaba ša e per le sillabe sa,s a e za, ma nel periodo paleobabilonese il p r i m o di questi s’impiega per ša, il s e c o n do per sa, il terzo per s a e za (ma anche per la geminata ssa e piú raramente per la semplicesa). Questo si spiega perché il suono paleosumerico k cominciò a pronunziarsi come g nelperiodo neosumerico, mentre il suono k’ (che non esisteva in accadico, ragion per cui i segniper le sillabe contenenti questo suono nel periodo paleoaccadico risultavano superflui)cominciò a pronunziarsi come k, ed il paleosumerico s’ (vicino a t) cominciò a pronunziarsiš, mentre š cominciò a pronunziarsi s e cosí via. Ciò è comprovato anche dal diverso aspettofonetico delle parole date in prestito dal sumerico all’accadico, da un lato nel periodopaleosumerico [in prevalenza parole generalmente diffuse, spesso attinenti alla vitaquotidiana, ad esempio sum. GIŠgu-za, p.sum. *kusa “sedia” > acc. *kussa’um > kussûm;sum. gazi, p.sum. *kasi “pianta della senape” > acc. *kasi’um > kasūm; sum. kungal, p.sum.*k’unkal “montone con grasso nella coda” > acc. gukkallum; sum. ensi(-ake), p.sum.*enši(--ak’e) “governante” > acc. *inšiākum > iššakkum], dall’altro lato nel periodoneosumerico [prevalentemente parole di carattere tecnico e libresco-religioso, ad esempiosum. gab-díba, p.sum. *kap-tipa > acc. gabdibbum “parapetto”; sum. kisal, p.sum. *k’išal“cortile del tempio” > acc. kisallum; sum. gi-na “esatto, regolare”, p.sum. *kina4, kena,kenum (dal verbo ge(n) < *ke(n), forse dal p.acc. kīnum “vero, esatto”(?) > acc. *gina’um >ginûm “donazione sacrificale regolare; tassa a vantaggio del tempio” e simili12. Dalla comparazione delle forme dei prestiti, secondo i cambiamenti fonetici combinatorî esimili, è possibile tuttavia ricostruire un inventario abbastanza affidabili dei suoniconsonantici sumerici, benché non vi sia sicurezza assoluta che tale inventario siaesauriente. Per ciò che concerne le vocali, si può ammettere che esse, come in accadico,fossero quattro: a, e13 , i e u, sebbene alcuni ricercatori presumano la presenza in sumerico diun maggior numero di vocali14. In paleosumerico probabilmente vi erano anche vocalinasalizzate (nasali).

3. Presso i Sumeri si distingueva inoltre un particolare linguaggio “femminile” (eme-sal, acc.ummisallu, o lišān s ilīti “lingua della discordia”15), che s’incontra in inni alle dee ed in testiepici nei discorsi di dee, donne ed attendenti di dee (piú tardi anche in altri casi). Esso sidifferenzia dalla lingua sumerica fondamentale (eme-KU)16 nell’aspetto fonetico e, soltantopoco significativamente, in quello lessicale. Evidentemente presso i Sumeri la pronunzia

11 E’ possibile che ciò sia il riflesso di un fenomeno fonetico realmente esistito in sumerico. 12 In certi casi la pronunzia antica si riflesse in letture variabili dei sillabarî ed in sporadiche scritture fonetiche al postodi logogrammi negli stessi testi sumerici: guru8║ku-ru “grande ricettacolo”, dugud║dukud “pesante” e altri.13 I segni sillabici con la vocale i di solito servono anche per sillabe con vocale e.14 Cosí, nel dialetto paleosumerico di Lagaš, A. Pöbel conta le sei vocali i, ę, u, e, a, o oltre alle nasalizzate. Le tardeiscrizioni greche (dal sillabario sumero-greco del III-II sec. a.C.) rendono il sum. u come ο/ω, ma questo è il riflessodella pronunzia non sumerica, ma tardobabilonese.15 Come si spieghi tale denominazione non è chiaro. Convenzionalmente si rappresenta con ES.

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“maschile” era tabuistica per le donne, il che è stato testimoniato dall’etnografia di moltipopoli, per esempio fra i Čukči, dove tra i linguaggi “maschile” e “femminile” si osservaprecisamente lo stesso rapporto che esisteva presso i Sumeri17. Molte parole sumeriche,specialmente attinenti alla vita quotidiana, passarono come prestiti in accadico per l’appuntodalla lingua “femminile”, ad esempio šamallûm “mercante-venditore”, sum. EK šag an-lá“che porta un carico con una brocca”, sum. ES *šama(n)-lá.

Per trasmettere la pronunzia “femminile”, i testi si scrivono quasi senza logogrammi, cioè itemi delle parole sono trascritti con segni fonetici, sillabici. Ciò complica moltol’interpretazione dei testi eme-sal, cosí come diventa vaga la differenza tra omonimi aventidiverso significato (in eme-KU essi si scrivono con logogrammi differenti).

Gli antichi Sumeri distinguevano anche una serie di linguaggi gergali e professionali(“corretto”, “elevato”, “scelto”, “alterato”, “dei marinai”, “dei pastori” e simili).

4. Le consonanti della lingua sumerica erano probabilmente le seguenti (per il paleosumericola ricostruzione è ipotetica):

Paleosumerico (EK) Neosumerico (EK) Linguaggio femminile (ES) 18

*w (si è perso) m *p b b *p’ p p; b ? *t d d; z (davanti ad e); la sillaba du talvolta si scrive con il particolare segno du5 = acc. tu *s z z (raramente š) 20

*t’ t t *s’ š š (in fine di parola spesso cade) *š 19 s 19 s, š, z 20

*k g d, b 21 (ad inizio di parola g)

*k’ k k (la sillaba ka talvolta si scrive con il particolare segno ka4 = acc. k a )

16 Convenzionalmente si rappresenta con EK. Probabilmente anziché eme-KU bisogna leggere eme-girx col significatodi “lingua corretta o nativa” (?).17 Come ci indicò Vjač. Vs. Ivanov, presso i Čukči e gli Indiani della tribú Yana in California la pronunzia maschile perle donne è possibile nel caso di trasmissione letterale di un discorso di uomini (per esempio nelle favole); nel contempogli uomini della tribú Yana possono parlare nella maniera femminile allorché si rivolgono alle donne; presso questatribú il linguaggio maschile è adottato solo in presenza di conversazioni di uomini con uomini (e perciò ha un caratterepiú solenne, poiché il numero di situazioni in cui si usa il linguaggio maschile è inferiore a quello in cui si usa illinguaggio femminile). In tal modo il carattere piú colloquiale del linguaggio femminile (a paragone con quellomaschile) è confermato da paralleli etnografici. 18 Le vocali EK corrispondono in ES, presumibilmente, nel modo seguente: a > a; e > a, i (forse in dipendenzadall’accento); i > e (EK kiri6 “giardino” > ES ke-re, EK g ìri “gamba” > ES me-re, EK inim “parola” > ES e-ne-èm,EK sig4 “mattone” > ES še-eb, EK dig ir “dio” > ES dèm-me-er); u > e. Cambiamenti rimarchevoli di vocale sonoprovocati dalla vicinanza di suoni labiali: *ewen “signore, sacerdote” > ES (u)mun, sipa “pastore” > ES su8-ba, g iš“albero” > ES mu. 19 E’ probabile l’esistenza di un’altra sibilante ancora: *s4.20 E’ possibile che la presenza di diversi riflessi del suono in ES testimonî che la grafica cela anche in EK due fonemidifferenti (o piú). Cosí EK zi(d) “destro; giusto” > ES zi; EK zi “vita; anima” > ES ši. Cfr le oscillazioni nellatrasmissione di parole EK nei sillabarî, ed anche le oscillazioni nell’uso di alcuni logogrammi: dNidaba, dNisaba (nomedi dea); tuš, suš “sedere”, šub║sub4 “giacere; cadere”, šah║sah “maiale”, ešer║eser “asfalto”. 21 EK g > ES g, di norma, solo ad inizio di parola; il caso di EK g > ES g in posizione mediana di parola si deveimputare ad una pronunzia “femminile” incoerentemente mantenuta nei testi: cosí EK ša(g) “cuore; metà” regolarmente> ES šab, ma EK a-ša(g)-ga “sul campo” > ES a-ša(g)-ga, benché anche qui etimologicamente “metà” (a-ša(g) “diacqua metà” → “campo irrigato”). Come si spieghi la differente trasmissione di EK g nelle altre posizioni (ES d, b) nonè chiaro, ma è possibile la presenza di due fonemi anche in EK.

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*g g (g, m) 22 m *h h = si legge γ ? 23 h = γ ? 24 *h (si è perso) (si è perso) *l l l *ł 25 l 25 l 25 *r r r *m m 26 g (ad inizio di parola m) *n n 26 š 27 Nella traslitterazione per segni e nella trascrizione delle parole sumeriche si è adottata

sempre solo la pronunzia neosumerica.5. Nella lingua sumerica non c’erano suoni lunghi (comprese le consonanti raddoppiate), ad

eccezione di quelli sorti in condizioni combinatorie (fenomeno dell’assimilazione).6. E’ straordinariamente importante una legge fonetica: ai limiti di un tema bisillabo è

possibile soltanto una vocale qualsiasi: gaba “seno”, ama “madre”, amar “piccolod’animale; vitello”, uru “comunità; città”, numun “seme”, eger “schiena, tergo”, erè“schiavo”, erén “milite; lavoratore”28, šembe “aroma”, iti(d) “mese”, g ìri “gamba”, libiš“collera”. Ciò, probabilmente, è un fatto molto antico, ma, nondimeno, costituisce unfenomeno secondario, che cela il carattere del vocalismo originario del tema.

La combinazione di diverse vocali in un unico tema indica o addizione tematica, o prestito[Niburu “(città di) Nippur”; Buranun “Eufrate” è l’addizione tematica bur-a + nun,probabilmente “baratro (lett. “scavato”) grande”; Eredu “(città di) Eredu” < *ere4║uru“città” + dù(g) “buono”; ug ken “riunione popolare” < ug “tribú” + ken “cerchio”; ni-is-kum “asino purosangue” < acc. nisk um “selezionato” e cosí via].

E’ assolutamente degno di nota l’uso parallelo di temi con diverso vocalismo ma con unicosignificato: sír, sar e sur “tessere” (verbo), dab e díb “tenere, afferrare” e altri. Forse quis’osservano le tracce di differenze dialettali29.

La vocale -e e (meno coerentemente) -a nei formanti, in vicinanza di una consonante labialeb, p o m, o di una sillaba che contiene la vocale u, danno -u.

22 I sillabarî babilonesi rendono questo suono tramite g, m o n (in differenti parole), mentre le trascrizioni elamitiche lorendono come h. Nei prestiti questo suono si riflette come n, g, (n)g.23 La pronunzia sonora di h in sumerico è probabile, in particolare per i singoli casi di alternanza h║l (dove forse l = łdura) e h║r (hum║lum “essere abbondante”, *nitah-dam > nitalam “coniuge”, huš║ruš “crudele” e altri). I prestitiaccadici (persino molto antichi), tuttavia, trasmettono h come h sorda. Ciò verosimilmente si spiega col fatto che nelpaleosumerico la sonora γ ancora non c’era, mentre in accadico essa, se esisteva, scomparve prima del 2300 a.C. Cfr ilprefisso di modo: EK hé- [γe-(?)], ga- > ES dè-, da-. 24 Le scritture con g che s’incontrano forse indicano una pronunzia sonora h = γ. 25 E’ probabile l’esistenza di due l = l dolce e l dura. Cosí [Enlila] < [*En-líl-ak] si scrive dEn-líl-lá, ma [Enlila] < [*En-líl-ra] si scrive con l’aiuto di un altro segno: dEn-líl-la. ł dura, appunto, s’alterna probabilmente con h = γ, e, forse, conr: rib║lib “preminente” e altri.

In una serie di casi il neosumerico l sorse da n sotto l’influenza di un suono labiale o di un’altra l: nu-bànda “custode” > *labanda, šudun “giogo” > šu4-dul4, udun║udul “focolare” (acc. atūnum), nagal║lagal e lagar “ categoriadi sacerdote”, *Kanam > Kalam “paese; Sumer”, ES Kanag. 26 -m e -n finali davano, verosimilmente, una vocale nasalizzata, donde le oscillazioni nella trascrizione dei sillabarî:GIM = gim, gin7, gi18, idim║idin “pesante”; alam║alan “statua”; gašan║gašam “signora” si legge *gĩ, *idĩ, *alã,*gašã. -m finale altre volte s’avvicenda con -b: lilim < *limlim║li-li-ib “brigante”. L’avvicendamento -b- > -m-s’incontra nel verbo. 27 I casi di EK n > ES n forse si spiegano con la pronunzia “femminile” incoerentemente mantenuta nei testi.28 Di solito si trascrive imprecisamente egir, erì, erín; ciò si spiega con l’assenza di una distinzione fra le vocali e ed inella maggioranza dei segni sillabici babilonesi, da cui viene trasmessa la pronunzia nei sillabarî.29 Alcune oscillazioni di tal genere si spiegano altrimenti. Cosí il sum. ara(d), uru(d) e èr, erè “schiavo” è un prestito didue diverse varianti d’una parola accadica: wardum, warad-, urad- (radice wrd) e *yardum, *yarad-, irad- (radicevariabile yrd) “calato, disceso (dai monti)”. Altro caso: la corrispondenza EK en (< p.sum. *ewen) = ES aman- (nelnome di divinità Amanki, EK Enki) rappresenta il mantenimento d’una forma arcaica regolare, mentre l’abitualecorrispondenza EK en = ES umun è il risultato d’una tardissima labializzazione sotto l’influsso di m.

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7. Le esplosive d, g e talvolta altre consonanti (b, r, h, molto raramente g, in ES anche š) infine di sillaba abitualmente non si pronunziano; in paleosumerico -n, -m in fine di sillabadanno verosimilmente, insieme con la vocale precedente, una vocale nasalizzata.

I temi bisillabi uscenti in vocale hanno la tendenza alla perdita di questa.8. E’ interessante il fatto che lo schema ricostruito del consonantismo della lingua

paleosumerica della prima metà del III mill. a.C. è molto vicino, come abbiamo visto, alconsonantismo della lingua urritica del II millennio, che probabilmente non è primario, macostituisce il risultato d’un’evoluzione. E’ possibile che questo sia la conseguenzadell’esistenza d’un sostrato antichissimo, comune per le lingue sumerica e urritica.D’altronde bisogna osservare che il fenomeno dell’assenza di distinzione di sorde e sonorequali fonemi separati e della distinzione, nel caso migliore, solo di aspirate e non aspirateera diffuso in tutta l’Asia Minore dei millennî III-II, occupando l’intero corso dell’esistenzadi lingue non imparentate quali l’ittito-nesitico all’estremo nord-ovest e l’elamiticoall’estremo sud-est. Codesto fenomeno, con ogni probabilità, scomparve principalmentesotto l’influenza delle lingue semitiche.

La verosimiglianza d’un’origine da sostrato del materiale fonetico sumerico, la caduta diconsonanti finali e l’assimilazione di vocali nel tema, assai frequenti in sumerico, mostranoche la fonetica della lingua sumerica è il risultato del mutamento significativo d’unastruttura fonologica piú antica. Ciò rende ancor meno probabili le speranze di determinare laparentela del sumerico con qualcuna delle lingue moderne.

§ 5. Nome

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1. Sotto l’aspetto morfologico per il nome sumerico sono caratteristici i morfemi lessicali deiseguenti tipi:

a) CVCVC o VCVC (C = consonante, V = vocale), ad esempio: gašan “signora”, libiš“collera; cuore”, dugud “pesante”, eden “steppa”, amar “vitello”;

b) CVCV o VCV, ad esempio: gaba “petto”, g ìri “gamba”, udu “montone”, uzu “oca”,*ada “padre”, di solito con una variante del tipo (C)VC: gab, g ìr , uz, ad;c) CVC o VC, ad esempio: mar “pala, zappa”, ša(g) e šà “cuore”, u(d) e u4 “giorno”, an“cielo”. Molti di questi temi risalgono al tipo (C)VCV, cosí ùg “tribú” possiede la varianteukù e, probabilmente, *ug ù ; uz “oca” risale persino a uzu(g);d) CV o V, ad esempio: ti “freccia”, má “barca”, lú “uomo”, ki “terra”, é “casa”, a “acqua;seme”, a “padre”. Perlomeno alcuni di questi risalgono al tipo (C)VC e persino (C)VCV, adesempio a “padre” < ad < *ada, ki < *kin (?)30, é < *hai; tuttavia nella maggioranza dei casila consonante finale, se esisteva, cadde nell’antichità profonda, e non si riesce a rilevarne letracce;e) piú di rado temi del tipo CVCCV(C) e simili;f) spesso s’incontrano temi raddoppiati, di solito con sincope: *bár-bár > babbar, dili-dili >didli (ved. sotto, n. 2).La cosa piú probabile è che i tipi iniziali di tema nominale (uguale alla radice) siano i tipiCVC e VC; i tipi VCVC e (C)VCV (con la ripetizione della stessa vocale in base alla suaqualità) sono loro sviluppi [in una serie di casi con semplificazione secondaria in VCV,(C)VC > (C)V]; il tipo CVCVC, probabilmente, è il risultato d’un’antica addizione tematica,dove già fece in tempo ad avvenire un’assimilazione di vocali (cosí noi possiamo osservareil medesimo fenomeno anche in piú tarde addizioni tematiche: gi-lam “frutto” > gilim). Lostesso vale per i temi CVCCV e quelli piú complessi (g idri “bastone” < *g iš-dar-a ).

2. Per il carattere della formazione delle parole sumeriche, il carattere dell’accento aveva,evidentemente, grande significato.

Oltre all’accento melodico (toni musicali), che probabilmente nella lingua sumerica esisteva,c’era anche un accento intensivo31. Nei nomi esso stava sulla sillaba iniziale del complesso(C)VC, perciò in formazioni secondarie del tipo (C)VCV si trovava sulla prima sillaba,mentre in formazioni secondarie del tipo VCVC e VCV, dove la prima vocale avevacarattere di prostesi, l’accento stava sulla seconda sillaba: ′g ìri “gamba”, ′libiš “collera”,′kalag-a “forte”, ma *i′zid > zi(d) “farina”, e′den “steppa”, U′tu “dio Sole”, *e′wen > ES u′mun “alto, supremo sacerdote; signore”, a′mar “vitello” (cfr ES Mullil < *U′mun-líl, acc.′Marduk “dio Marduk” < sum. a′mar-u′tu(-k) “vitello del sole”).

Il tipo di temi maggiormente diffuso era quello con l’accento sulla prima sillaba, quindianche i temi raddoppiati, i temi che sono esiti d’addizione tematica e le intere combinazionidi parole lessicalizzate prendono l’accento sulla prima sillaba: ′dili-dili “uno a testa” > ′didli,′ki-sikil “luogo pulito” → “ragazza”, ′gi-lam > ′gilim “frutto”, ′nam-a-zu “arte medica”.

30 In alcuni temi, terminanti in vocale, si può presupporre la caduta di una consonante finale nell’antichità remota. Cosíla parola ki finisce per vocale, e nei testi non si rilevano tracce di una terminazione in consonante. La lingua accadica,però, presumibilmente conservò la denominazione popolare sumerica della dea, moglie del dio Enki – [Enki(-ak)]“signore della terra” – nella forma Damkina , che è possibile etimologizzare come [dam-ki(n)-a(k)] “moglie della terra”;nei testi sumerici testimoniati in forma scritta ella si chiama dDam-gal-nun-na [= dam-gal-nun-a(k)] “moglie del grande,dell’eccelso”. 31 Fu scoperto e discusso da A. Falkenstein (ved. A. Falkenstein, Das Sumerische, S. 31). Il tentativo di spiegarestoricamente la differenza nel luogo dell’accento appartiene a noi. Come ci consentí di postulare Vjač. Vs. Ivanov, sipuò ritenere che in sumerico (come nel cinese moderno) l’accento monotonico (intensivo) caratterizzasse il complessopolisillabo, composto da due o piú morfemi (= sillabe), ciascuno dei quali, nello stadio precedente della storia dellalingua (e parzialmente anche in quello stadio in cui, nei complessi polisillabi, era già apparso l’accenti intensivo) eracaratterizzato dal suo tono. In tal modo coesistevano un accento politonico di sillaba ed uno monotonico di parola.

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Ciò porta alla contrazione di combinazioni di parole lessicalizzate ed al successivolivellamento del vocalismo: ′gi-lam > ′gilim, ′g iš-dar-a “albero sradicato” > ′g idri“bastone; scettro”, *a′na-m-g u “che cos’è mio ?” > ′nam-g u “che cos’è ?”32.

3. L’addizione tematica, in tal modo, è largamente adoperata nella formazione delle parolesumeriche. Al contrario, l’assortimento degli affissi di derivazione è estremamente povero33,e forse l’unico suffisso derivativo è -a per la formazione di alcuni aggettivi: kalag-a (siscrive KAL.GA) “forte” (propriamente -a è indicatore di participio, ved. sotto, § 15, nn 1-3).Alcuni nomi, che partecipano stabilmente all’addizione tematica, si sono trasformati inprefissi derivativi, per esempio nam “destino”34 per la formazione di nomi astratti, cheesprimono la proprietà di nomi animati: lugal “padrone, capo militare” poi “imperatore”(addizione tematica [lú + gal] “uomo grande”), [nam-lugal-a(k)] “potere o dignità di capomilitare”; ní(g) “cosa” per la formazione degli altri nomi astratti: en “sacerdote”, [níg-en-a(k)] (si scrive níg-en-na) “(terra) assegnata per il mantenimento del sacerdozio”, [mí-ús-a]“genero” [lett. “donna”-“(vicino) stante”], [ní(g)-mí-us(-a)-a(k)] (si scrive ní(g)-mí-ús-sa)“dote”; šu “mano”, ní(g)-šu “proprietà”. Cfr ancora ki “luogo”: sikil “pulito”, ki-sikil“ragazza” e, forse, ama “madre”: [ama-siki-(ak)] “vecchia” (lett. “madre della lana”).

Alcune di queste addizioni tematiche risalgono al gruppo “determinato-attributo”, espressoda un nome al caso genitivo: [níg-en-(a)k], altre al gruppo “determinato-apposizione” o“determinato-aggettivo”.

Le piú vecchie addizioni tematiche possiedono l’ordine “attributo-determinato”, e l’attributodavanti a sé non ha la marca del caso genitivo (dumu-sag “bambino-testa” → “figlioprimogenito”; [*ug -ken ] > ug ken “tribú-cerchio” → “riunione popolare”). Nuoveaddizioni tematiche secondo questo tipo non si formano; per esse è caratteristico l’ordine“determinato-apposizione” o “determinato-attributo”, espresso da un nome al caso genitivocolla corrispondente marca.

4. Il numero delle parole prese in prestito in sumerico non è consistente. A parere di A.Falkenstein sono caratteristici i prestiti da una sconosciuta lingua di sostrato: zabar, p.sum.*sipar “rame”, piú tardi “bronzo”, (t)ibira “ramaio”. Un maggior numero di prestiti vienedal semitico-accadico. Anch’essi sono caratteristici. Essi, in primo luogo, sono prestitipaleosumerici, relativi alla vita della steppa e parzialmente ad oggetti estranei alla natura diSumer: na-kád < sem. nākidum “il pastore piú anziano”, ga-ba-ra < sem. kaparrum “aiutopastore”, maš-ga-na < sem. maškānum “sosta, accampamento, cittadina”, dam-hara“battaglia aperta, combattimento in campo aperto” < sem. tamhārum “scontro”, rá-gaba“messaggero” < sem. rākibum “cavalcatore”, dam-gára “agente di commercio” < sem.tamkārum “venditore (ambulante)”, ara(d)/ uru(d)/ erè “schiavo” < sem. wardum, *yardum“schiavo” propriamente “disceso (dai monti)”, ma-da “paese” < sem. mātum “paese, pianura(fertile)”, sa-tu < sem. ša(d)-du’um “montagna (nuda), altopiano”, ga-ra-an (p.sum. *karā)“vite” < sem. occ. *karmum “vigna”, šum < sem. tūmum “aglio”.

In secondo luogo vi sono parole accadiche, prese in prestito piú tardi, già nel periodo delbilinguismo. Per esse è caratteristico che furono prese in prestito non nella forma del purotema, ma in quella del caso nominativo accadico, e non di rado costituiscono doppioni diparole già presenti in sumerico: pu-úh-ru-um “riunione (popolare)” < acc. puhrum║sum.ug ken ; mi-ik-tum “umiliato, prostrato” < acc. mik tum ║sum. šub[-lugala(k)] / ukú; ni-is-kum “asino maschio di razza” < acc. nisk um “selezionato”║sum. dùr; a questa categoriafanno capo i termini per i concetti nuovi: ha-za-núm < acc. haz(i)ānum “sorvegliante dellacomunità, capogruppo”.

32 Gli indicatori dei pronomi (e, probabilmente, anche dei casi) spostano l’accento sulla penultima sillaba: [ ′nam-mah]“grandezza”, [nam-mah-′ane] “sua grandezza”; gašan “signora”, ga′šan-bé “loro signora”.

Le forme verbali portano l’accento sul tema.33 Forse questo è una traccia della derivazione del sumerico da una lingua di tipo isolante.34 L’etimologia di A. Falkenstein, nam < [ana-àm] “che cos’è [questo] ?”, ci pare poco convincente, specialmente seteniamo conto che nam di solito regge il caso genitivo.

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Quasi tutti i prestiti, tranne i piú antichi (zabar, tibira, šum, erè35), non possiedonologogrammi, ma sono scritti foneticamente (con sillabogrammi).

5. Non vi sono generi in sumerico, ma si hanno classi: la classe dei nomi animati, o, piúprecisamente, socialmente attivi (uomini liberi, dèi, schiavi in quanto individui, animali ecose e pensieri personificati), e la classe dei nomi inanimati, o, piú precisamente,socialmente passivi (animali, cose, pensieri). A questa classe dei nomi socialmente passiviappartengono i nomi significanti uomini e dèi, se essi esprimono un’unità di gruppo (pluralecollettivo).

Codeste classi non possiedono formanti particolari, ma si manifestano per via dellaconcordanza con pronomi e verbi.

La distinzione di sesso s’ottiene o con l’uso di diverse parole: gu(d) “toro”, áb “mucca”; ocon l’aggiunta d’una parola che caratterizza il sesso: dumu “bambino”, dumu-nita(h)“bambino-uomo” → “figlio”, dumu-mí “bambino-donna” → “figlia”; dig ir-ama “dio-madre” → “dea”; dam “consorte uomo o donna”, *nitah-dam > nitalam “marito”.

6. Le relazioni di caso s’esprimono con particolari indicatori separabili, che rappresentanoqualcosa d’intermedio fra i formanti dei casi e le posposizioni36; non esiste l’accordo nelsenso d’impostazione delle parole concordanti in unico caso, con la ripetizione delle marchedei casi in ciascuna di esse: le marche dei casi s’accumulano alla fine del sintagma-gruppo(attributo-determinato) ed appartengono a tutto il complesso, ad esempio: dig ir-gal-ra“dio”-“grande”-dat. = “al grande dio”; lugal-kalam-ma-ka [= lugal-kalam-ak-a(k)]“sovrano”-“paese”-gen.-gen. = “del sovrano del paese”; lugal-kalam-ma-ra [= lugal-kalam-a(k)-ra] “sovrano”-“paese”-gen.-dat. = “al sovrano del paese”; g eštu(g)-dag al(a)-né-ta “saggezza” (lett. “orecchio”)-“largo”-“suo”-ablativo = “con la sua ampia saggezza”. Aquesto proposito ved. anche sotto, n. 7.

Sono espresse le seguenti relazioni di caso:

C a s i I n d i c a t o r i

(1) assoluto37 nessuno (2) ergativo38 -e (3) genitivo39 -a(k) (4) di luogo (locativo)40 -a (5) dativo41 -ra (6) collettivo-strumentale (comitativo)42 -da

35 erè “schiavo” possiede un logogramma composto, il che indica anche l’accoglimento relativamente piú tardo diquesta parola da parte della lingua sumerica (periodo di Jemdet-Nas r, 3000-2800 circa a.C.). 36 Almeno alcuni di essi (l’indicatore di comitativo -da, l’indicatore d’allativo -šè) inizialmente erano sostantiviindipendenti, uniti ad un nome al quale erano subordinati, secondo il tipo antico “attributo-determinato”: lugal-dadapprima “capo-lato (mano, fianco)” > “in presenza del capo, col capo”.37 Caso del soggetto di stato, ma anche del nome che non si trova in nessun rapporto grammaticale con gli altri nomi, adesempio in un’enumerazione o in un’invocazione; con la copula –m(e) sta nel ruolo di predicato.38 Caso del soggetto d’azione. Dopo vocale il piú delle volte s’assimila a questa, trasformandola in lunga (il chegraficamente non sempre è espresso).39 Oltre all’appartenenza esprime anche altri nessi logici del nome, per esempio la materia: alan-zabar-ra [= alan-zabar-a(k)] “statua di bronzo” = “statua bronzea”; -a- può essere assorbita dalla vocale precedente, -k- si manifesta solonell’eventualità d’un’unione con successive marche vocaliche.40 Esprime lo stato in qualcosa, la presenza nel numero di qualcosa o il movimento verso qualcosa (in senso spaziale etemporale): é-a “in casa, verso casa”, u4(d)-da [= ud-a] “nel giorno, in tempo”; il materiale: [eren-a] “di cedro”; taloral’azione o la condizione che nasce da qualcosa”: sahar-(r)a “dalla polvere”. D’altra parte in questa circostanza A.Falkenstein vede un’assimilazione: [saharra] < *sahar-ta.41 S’adopera soltanto in presenza di nomi della classe socialmente attiva, mentre per la classe dei nomi socialmentepassivi è sostituito da uno dei casi spaziali. In paleo- e neosumerico, dopo una vocale, di solito cade, e piú tardi dà -r. 42 Indica che l’azione si svolge o lo stato ha luogo insieme con qualcuno (qualcosa) o con l’aiuto di qualcuno (qualcosa):lugal-da “col capo, con l’aiuto del capo, in presenza del capo, presso il capo”. Con il pronome dimostrativo -bé (-bé-

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(7) di partenza-iniziale (ablativo)43 -ta (8) direzionale (allativo)44 -(e)šè, dopo vocale spesso -eš (9) di luogo-direzionale (locativo-terminativo)45 -e (10) comparativo (equativo)46 -gĩ (11) di motivo (causale)47 -akeš

7. Gli indicatori di caso, cosí come già s’indicava, si collocano alla fine del complessosintattico che noi convenzionalmente definiremo sintagma nome, composto di determinato,apposizione, attributo espresso da aggettivo e attributo espresso da caso genitivo.

Tutti i membri di codesto sintagma si dispongono nell’ordine indicato, nella forma di purotema; anche una proposizione subordinata determinativa può essere membro del sintagma.Proprio alla fine si collocano l’indicatore pronominale (dimostrativo o possessivo),l’indicatore di numero plurale -ene (cfr sotto, n. 9) e tutti gli indicatori di caso.

Un singolo membro del sintagma può a sua volta rappresentare un gruppo “determinato-attributo”. In quest’eventualità anche il corrispondente indicatore di caso genitivo si spostaalla fine di tutto il complesso.

Gli indicatori di pronomi e casi, e l’indicatore di numero plurale si dispongono, in talesituazione, in ordine inverso all’ordine delle parole alle quali essi si riferiscono. Esempî:

lugal-kalam-ma-ke4 [=lugal-kalam-ak-e] “il sovrano del paese” (persona attiva);

lugal-kalam-ma-ra [=lugal-kalam-a(k)-ra] “al sovrano del paese”;

ama-dig ir-ré-ne-ra [=ama-dig ir-ene(-ak) 48-ra] “alla madre degli dèi” (caso dat.);

é-G ir-su ki-ka-né [=é-Girsu-(a)k-ane] “il suo tempio (della città) di Girsu” (=“il suotempio

nella città di Girsu”) [=“casa”-“Girsu”-gen.-“suo”];

é-lugala-na [=é-lugala-(a)n(e)-a(k)] “la casa del suo padrone” [=“casa”-“padrone”-“suo”-gen.];

da) rimpiazza la congiunzione “e” (in generale non vi sono propriamente congiunzioni in sumerico; a partire dalperiodo neosumerico si prendono in prestito le congiunzioni coordinative accadiche u e -ma).Talvolta s’alterna collocativo-terminativo.43 Indica che l’azione deriva da qualcosa (anche in senso temporale:”dopo, dal momento di qualcosa”), o avviene acausa di qualcosa, con l’aiuto di qualcosa, saltuariamente anche in qualcosa: kur-bé-ta “dai suoi monti, a partire dai suoimonti” e simili. In paleo- e neosumerico talvolta rimane inespresso (difficilmente per motivi fonetici, come ritiene A.Falkenstein, piuttosto come sopravvivenza d’uno stato della lingua piú antico: cfr § 12, n. 7 e § 17). Piú tardi s’alternatalvolta con l’indicatore del comitativo.44 Segnala che l’azione è diretta (in senso spaziale o temporale) verso qualcosa o avviene presso qualcosa, oppuregiunge sino a qualcosa, o è destinata per qualcosa, o si compie in qualità di qualcosa: kur-šè “verso i monti, sino aimonti, per i monti, in qualità di monti”; [lú-še i-nši-n-sám] “acquistò presso un uomo”. Talvolta può avere anche unsignificato strumentale. Non sempre è espresso in paleo- e neosumerico.45 Segnala che l’azione o lo stato ha luogo presso qualcosa, vicino a qualcosa o è diretto nei dintorni di qualcosa: ká-e“presso la porta, verso la porta”. Etimologicamente è legato alla marca del caso ergativo, ma grammaticalmente sidistingue da essa per il carattere di concordanza con gli indicatori verbali. I mutamenti fonetici sono come quellidell’indicatore d’ergativo.46 Indica similitudine o paragone: [a-gĩ] “come l’acqua”. Solitamente si scrive per mezzo del segno –GIM con lettura

-gin7, -gi18, -gim, -gimi, ma piú tardi anche -gi-in, -gi-im (forse la forma iniziale paleosumerica è [*-giwin] >[*-gimĩ] e [-gĩ]). 47 L’unione degli indicatori dei casi genitivo e allativo -ak e -šè col significato di “per, a causa di”. E’ un caso moltoraro. Nell’evenienza dell’aggiunta della marca di comitativo, quest’ultima s’inserisce tra -ak e -šè.48 L’indicatore di caso genitivo -ak non è espresso per ragioni fonetiche, ved. sopra, n. 6, es. 39.

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é-dNin-g ír-su-ka-ka [=é-nin-G irsu-(a)k-ak-a ] “nel tempio (del dio) Ningirsu”[=“tempio”-

“signore”-“Girsu”-gen.-gen.-“in”];

sipa(d)-udu-siki-ka-ke4-ne [=sipa(d)-udu-siki-(a)k-ak-ene] “i pastori dei montoni villosi”

[=“pastore”-“montone”-“vello”-gen.-gen.-plur.49];

ur-sag -ug 5-ga – ì-me-ša-ke4-eš [=ursag -ug 5-a – imeš-(a-)akeš] “per motivo del fatto chegli

eroi sono morti” [=“eroi”-“morti”-“sostanza”-indicatore della nominalizzazione della formaconiugata del verbo-indicatore di caso causale];

alam-Gù-dé-a-ensí-Lagašaki-lú-é-ninnu-in-dù-a-ke4 [=alam-Gudea-ensí-Lagaša-lú-é-ninnu-indù(-a)-ak-e]

“per la statua di Gudea, re di Lagaš, il quale costruí il Tempio dei Cinquanta”[=“statua”-“Gudea”-“re”-“Lagaš”-“uomo”-“tempio”-“cinquanta”-“costruí”-indicatore dellanominalizzazione della forma coniugata del verbo-gen.-loc.term.].

Qui nella catena sono stati omessi tre indicatori di genitivo a causa dell’accumulazione d’unnumero troppo grande di marche in posizione finale: ensí(-ak) “re” etimologicamente [*en-si-(ak)] “sacerdote della posa (d’un tempio)”, ensí Lagaša(-ak) “re di Lagaš”, e é-ninnu(-ak)“tempio dei cinquanta”.

Come è evidente da codesti esempî, le marche dei casi s’attaccano sempre coerentementecon il principio dell’agglutinazione. Tutto il sintagma costituisce qualcosa di simile ad unaparola-complesso incorporata.

8. Per la precisazione delle relazioni di caso s’impiegano sostantivi nel ruolo di preposizioni, incombinazione con gli indicatori di caso. Il nome-preposizione è determinato in questo o quelcaso, mentre la parola retta è un attributo in caso genitivo. Gli indicatori di caso relativi alnome-preposizione, ovviamente, sono collocati alla fine di tutto il complesso: ša(g)-...-ak-a“dentro” [ša(g) “cuore”], ki-...-a(k)-ta “da” [ki “luogo, terra”], igi-...-ak-a “davanti” [igi“occhio, faccia”], eger-...-a(k)-šè “dietro” [eger “schiena, deretano”], ugu-...-a(k)-šè “sopra”[ugu “sincipite”], diri(g)-...-a(k)-šè “oltre” [diri(g) “maggiore”] e cosí via. Il numero dicombinazioni simili è molto grande.

Al posto del nome retto secondo tale criterio, può essere retto anche un verbo nominalizzato(ved. § 15, n. 6): u(d)-u(d)-...-a(-a) “quando, nel mentre che”, u(d)-...-a-ta “dopoché” [u(d)“giorno, tempo”], nam-...-a(-a) “a causa di” [nam “destino”] e cosí via.

9. In modo assolutamente originale si forma in sumerico il plurale. Contrapposizione direttadel plurale al singolare non sussiste; viene espressa non la pluralità in genere, ma la pluralitàcollettiva (unità di gruppo), la pluralità determinata, la pluralità generalizzante (inclusiva), lapluralità distributiva (di singole unità), la pluralità qualitativa. Alcune categorie di pluralitàesistono per entrambe le classi, altre per una qualsiasi delle due (tab. 1).

Il luogo sintattico dei diversi indicatori di pluralità è variabile. L’indicatore -ene sottostà alleregole delle marche dei casi e dei pronomi, ed entra in un’unica serie con esse: ama-dig ir-ene(-ak)-ra “alla madre degli dèi” [=“madre”-“dio”-indic. di plur.-gen.-dat.]; sipa(d)-udu-

49 Un’ulteriore accumulazione d’indicatori non è possibile, perfino se quest’espressione fosse non al caso assoluto, maal dativo. La marca -ra in essa non potrebbe comunque essere espressa (cfr sopra, n. 6, es. 41); oltre a questo, nellasequenza di solito non vi sono contemporaneamente piú di tre indicatori di relazioni grammaticali.

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siki-(a)k-ak-ene “i pastori dei montoni villosi” [=”pastore”-“montone”-“vello”-gen.-gen.-indic. di plur.].

L’indicatore dili-dili > didli è un sostantivo-apposizione, mentre -há è un aggettivo;entrambi stanno sempre immediatamente dopo la parola alla quale appartengono: ša(g)-dub-dili-dili(-ak)50 “una (singola) tavoletta a testa” [=“cuore”-“tavoletta”-“uno”-“uno”-gen.].

Originariamente ene era forse un pronome dimostrativo, che, con ogni probabilità,inizialmente sostituí il nome ripetuto: dili significa “uno”, há forse è legatoetimologicamente con (h)u║ (h)à “dieci” e significava “molto” (A.P. Riftin).

10. L’aggettivo o non si distingue formalmente in nessun modo dal sostantivo (gal e nun“grande”, dù(g)║du14 “buono”, kal(ag) “forte”), o possiede l’indicatore –a (il quale, inrealtà, è proprio dei participî, ved. sotto, § 15); tu(r)-ra [=tur-a] “malato”, propriamente“colui nel quale è entrato (lo spirito)”; gu-la [=gul-a] “principale”e cosí via, kalag-ga[=kalag-a] “forte”. Da un sostantivo non è possibile formare l’aggettivo, ed esso èrimpiazzato dal sostantivo al caso genitivo: é-sig4-ga [=é-sig4-a(k)] “casa di mattone”→”casa in muratura”. In sumerico non vi sono, in generale, aggettivi di relazione.

11. Il sistema dei numerali presenta la mescolanza dei metodi quinario, decimale, vigesimale,senario e sessagesimale. Il numero “uno” s’esprime con parole diverse: dili, deš, aš e gè,forse in dipendenza dall’oggetto computato. Siccome i numerali sono sempre celati dietrosegni cifrati, stabilire la lettura in ciascuna singola circostanza è difficile. I restanti numeralisino a dieci, ed anche le decine fino a “sessanta”51 sono i seguenti:

(forma breve) (forma lunga) 2 – min min-a 3 – peš, eš5, *uš52 *eš5-a, *uš-a > ušu 4 – *lim *lim-a > limu 5 – i i-a 6 – i-aš 7 – i-min > u-mun 8 – ? usu 9 – *i-lim *i-lim-a > i-limu 10 – u (hù, hà, a6) 20 – *ni-aš > niš 30 – *uš-u > ušu 40 – *ni-min > ni(mi)n 50 – *ni-min-u > nin-u 60 – geš Com’è evidente, se non si considera l’etimologicamente non chiaro usu53 “otto”, tutti i

numerali da “cinque” a “nove” sono basati sul computo quinario, mentre i numerali “venti”,“quaranta” e “cinquanta” sul vigesimale. L’accostamento di due numerali può equivalerealla loro addizione (*ni-min-u = 40+10=50), cosí come alla loro moltiplicazione (uš-u =3×10=30, geš-u = 60×10=600).

I numerali da 11 in poi non sono noti. Particolari significati hanno i numeri 60, 600 (60×10),3600 (60×60): geš, *ner (e geš-u) e sar o šar. L’ultima parola vuol dire “cerchio”. Per 100 e1000 non c’erano, evidentemente, segni particolari (essi si profilavano, presumibilmente,come 60+(40×10) e 600+(6×60)+(4×10)). Vi sono cifre speciali almeno per 60, 600 e 3600,ma non vi sono cifre per 100 e 1000 (se non si considerano le cifre per la capienza di corpiaridi in testi arcaici).

50 Ved. sopra, n. 6, es. 39.51 In ES i numerali da 1 a 3 sono diversi da EK: did, ima, amuš (variante fonetica per peš ║ uš ?).52 Come variante di eš5 si ricostruisce una forma con labializzazione di vocale sotto influsso di p (< *w ?): *weš, peš >*uš, *puš. 53 Da *i-wuš-a ?

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I numerali ordinali si formavano per mezzo del numerale cardinale con la particella -àm, ocon l’indicatore del caso genitivo -ak e la particella -àm o -àm-a: mina-kam [= min-ak-am]“secondo”, mina-kam-ma [= min-ak-am-a], pleonasticamente mina-kam-ma-ka [= min-ak-am-ak-a]54.

§ 6. Pronome

54 Cfr a-rá-min “due volte (vie)”, a-rá-mina-kam “seconda volta” (lett. “cammino”), mina-kam-ma-šè “alla secondavolta”, II gú-un-ta “due talenti a testa (unità ponderale)”, II gú-un-ku(g)-ta “due talenti d’argento a testa”, igi-VIII-gál“un ottavo”. Alcune frazioni s’esprimono con parole speciali: šu-ri-a “metà”, bán “30/60”, šanabe “40/60”, kig usila“50/60”. I segni per le frazioni 10/60 e 20/60 furono presi in prestito dall’accadico: šuš < acc. šuššum “sesto”, šušana < acc.šuššān “due sesti”.

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1. I pronomi personali indipendenti si usano raramente: solo se è necessario sottolineare lapersona con un accento logico; nelle altre circostanze la persona s’esprime soltanto nelverbo.

Sing. Plur. I p. [gae]55, ES me [mẽdẽ]56

II p. [zae]55, ES zé [mẽzẽ]56

III p. [ane]57, tardo e ES [ene]57 [anene], tardo e ES [enene]58

Questi pronomi si declinano secondo il modello del nome sostantivo (tema g a- , za-,a/ene-: g a-ra “a me”; g a-kam [g a-(a)k-am ] “mio (ciò) è”, cfr fr. le mien; e-ne-ra “alui”).

Per una piú enfatica messa in rilievo ed evidenza i pronomi personali indipendenti possonounirsi con la copula (cfr § 8, nn 3-4)

2. I pronomi possessivi s’esprimono coi suffissi seguenti: I p. -g u > mu; II p. -zu; III p. [-(a)ne] (soc. att.)59, -bé (soc. pass.). Per l’espressione del pronome possessivo di III persona plurale (eccetto il plurale

determinato)60 serve il pronome possessivo di III persona singolare dei nomi soc. pass. –bé.3. I pronomi dimostrativi esistono e come indipendenti, ovverosia [(e)ne] e [hur, ur5], e come

suffissali, piú spesso di tutti -bé, che significa non solo “suo” ma anche “questo”, piúraramente -e, [-(e)ne].

4. Pronomi interrogativi: [a′ba] “chi ?”, [a′na] (ES te o ta) “che cosa ?” (accento sulla secondasillaba, con incorporazione, da parte del pronome, della prima vocale della forma verbaleseguente).

I rimanenti pronomi interrogativi si formano da [aba] e [ana] con l’aggiunta delcorrispondente indicatore di caso.

5. Riguardo ai pronomi relativi ved. sotto, § 15, n. 6.

§ 7. Tema verbale

55 Queste, probabilmente, erano in origine forme d’ergativo, tuttavia esse si usano anche al caso assoluto. Le formeneosumeriche g ā , zā devono essere viste non come forme primarie del caso assoluto, ma come sviluppo fonetico delleforme g āe , zae; esse si usano anche sia al caso ergativo, sia all’assoluto.56 Inizialmente erano forme pronominali con copula verbale (ved. sotto, § 8, n. 3).57 S’adopera solo con la classe dei nomi soc. attivi o in caso di personificazione. Si scrive a-ne, e-ne.Per i nomi di classesoc. passiva s’assumono i pronomi dimostrativi (h)ur5 (ES ur) e ne (< *nen ? secondo A.Falkenstein). 58E’ formato secondo il tipo del plurale determinato nel nome (§ 5, n. 9).59 Si scrive (-a)-NI, da leggere (-a)-né [= -(a)ne].60 Le forme del plurale non sono pienamente chiare ; la I p.p. “nostro” è -me, da leggere, forse, [*-g e ] (?); la II p.p. ètestimoniata solo nella lingua tarda: [-zu(e)nene]; la III p.p. di classe socialmente attiva per la pluralità determinata è

[-(a)nene], nelle altre situazioni la III p.p. coincide con la III p.s. di classe socialmente passiva -bé. I pronomipossessivi di numero plurale di II e III persona si formano, evidentemente, per via dell’accostamento della marca dipluralità determinata [-ene] alla forma del singolare.

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1. Il tema verbale nella lingua sumerica strutturalmente non si distingue dal tema nominale. Damolti nomi si formano facilmente anche i verbi, per esempio sikil “pulito” e “essere pulito,fare pulito”; g í(g) “nero” e “essere nero, fare nero”. Similmente al tema nominale il temaverbale di solito coincide con la radice ed è invariabile, a prescindere da fenomeni foneticicombinatorî.

2. Il tema verbale non solo è neutrale rispetto alla diatesi, ma in esso non sono espressi né latransitività, né l’intransitività; la medesima singola radice può esprimere un verbointransitivo ed uno transitivo; l’ultimo avrà valore causativo (di motivo, di costrizione) inrelazione in relazione al primo, oppure il primo avrà significato passivo in relazione alsecondo, per esempio gub “stare” ma anche “porre” e “essere posto”. I verbi transitivi eintransitivi, tuttavia, si differenziano per il carattere della coniugazione (ved. sotto, § 13).

3. Il raddoppiamento (duplicazione) del tema del verbo ha valore grammaticale (ved. sotto, §13, n. 9).

4. Per l’ampliamento del bagaglio lessicale verbale la lingua sumerica non possiede alcunmezzo di derivazione: s’adottano largamente, perciò, costanti combinazioni lessicalizzate diparole, consistenti in un oggetto abitualmente unito ad un verbo (ved. sotto, § 14).

§ 8. Copula verbale

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1. Il tipo piú antico di costruzione della forma coniugata del verbo, almeno intransitivo, eral’aggiunta degli indicatori personali di I e II persona ad un nome di stato; la III personacoincideva col tema nominale.

Nei monumenti paleosumerici e neosumerici giunti fino a noi si coniuga cosí soltanto ilverbo me “essere”, ma in poesia si conservò questo tipo di coniugazione anche per gli altriverbi intransitivi61.

2. Il verbo me in tale impiego acquista carattere enclitico, unendosi al soggetto-nome osoggetto-pronome, o al loro sintagma. Alla III persona prende la forma contratta -m con lavocale epentetica -a- dopo la consonante precedente; a tale scopo questa -a- compare anchedopo vocale, ma sono piú caratteristici i casi in cui, dopo vocale, la copula suona come -m(in tale posizione -m può scomparire, dando verosimilmente la nasalizzazione della vocaleprecedente, graficamente non segnata).

Per aspetti e tempi la copula me “essere” non muta.3. La copula enclitica di “essere” si coniuga nella maniera seguente: Sing. Plur. p.sum. t.sum.62 p.sum. t.sum. I p. [-mẽ] [-men] [-mẽdẽ] [-menden] II p. [-mẽ] [-men] [-mẽzẽ] [-menzen] III p. -àm, [-a]63 [-àm] [-me] [-meš] (d o p o c o n s o n a n t e) - -m, -àm ( d o p o v o c a l e ) 4. La copula verbale con significato predicativo indebolito conferisce alla parola, alla quale è

riferita, carattere d’esplicazione, oppure la sottolinea. Cosí, spesso in presenza diun’apposizione nominale: ensí lú g eštú-dag ala-kam [= ensí lú-g eštú-dag al-ak-àm ]“governante, uomo di vasto intelletto”; dumu-dBa-Ú-imin-nam “le figlie di (dea) Baba, eprecisamente sette (figlie)”64; dNin-g ír-su dUtu-àm mu-gub “(dio) Ningirsu, (ed egli era) ilsole, s’alzò”; É-ninnu me-bé gal-gal-la-àm [= É-ninnu(-ak) me-bé (cfr § 16, n. 3) gal-gal-(a-)àm] “(proprio) ai grandi riti del «Tempio dei Cinquanta»” [= “tempio”-“cinquanta”-gen.-“riti”-“loro”-“grandi”-“in”-copula]. Non di rado tale copula è posta dopo una formanominalizzata del verbo (cfr § 15, n. 6).

5. Oltre alla copula enclitica s’incontra anche la normale coniugazione del verbo me “essere”(ved. § 9 – 13).

§ 9. Struttura generale del verbo normale64a

61 Piú rare e discutibili le forme di carattere analogico dei verbi transitivi, sia perché i testi poetici popolari sono arrivatia noi solo dal periodo tardosumerico, sia perché nei monumenti paleo- e neosumerici codesto tipo di coniugazione nons’incontra. Anche se tali forme si costruiscono in modo assolutamente identico allo stativo accadico, è però pocoprobabile che siano apparse per la prima volta nella lingua tarda sotto influsso accadico, tenendo presente che il verbome “essere” si coniuga secondo questo stesso tipo già nei piú antichi monumenti della lingua sumerica (attorno al 2900a.C.). 62 In neosumerico s’incontrano sia le forme iniziali, sia quelle tarde.63 Si scrive -AN, da leggere -am5 o [-ã].64 La copula me s’accorda con un’unità di gruppo, perciò sta al singolare. 64a La coerente, ma, dal nostro punto di vista, troppo complicata ed astratta concezione del verbo sumerico di T.Jakobsen(1965) qui non s’è potuta prendere in considerazione.

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1. In rapporto con lo sviluppo degli speciali indicatori delle relazioni di caso, si costituisce lapiú complessa struttura della forma coniugata del verbo (in principio, probabilmente,transitivo, ma poi anche intransitivo), nella quale si riflettono le diverse caratteristichespaziali e soggettivo-oggettive dell’azione, ed anche le caratteristiche del verbo dal punto divista della realtà o dell’irrealtà dell’azione (modo).

Sotto tale aspetto la lingua sumerica distingue rigorosamente la coniugazione dei verbitransitivi ed intransitivi (ved. sotto, § 13).

I verbi di movimento spesso si coniugano secondo il modello dei verbi transitivi, e ciòavviene senza eccezioni in tardosumerico.

2. La forma coniugata del verbo sumerico consiste in un tema invariabile, una serieagglutinante di prefissi ed una piú breve serie di suffissi. E’ assai diffusa una terminologia,secondo la quale soltanto uno dei prefissi della serie (il secondo per posizione), senza lapresenza del quale, come s’è già stabilito da molto tempo, non può esistere (tranne i casi di §8, n. 1) la forma coniugata del verbo, si delinea propriamente come prefisso; tutti gliindicatori compresi fra il suddetto ed il tema verbale assumono allora il profilo d’infissi65. Lastessa formazione del verbo sumerico è vista come un fatto d’incorporazione. Taleterminologia non può essere ritenuta corretta, giacché si definiscono “infissi” dei formantiche sono inseriti dentro il tema66. Perciò nel verbo sumerico tutti gli indicatori, che sidispongono prima del tema, devono essere chiamati “prefissi”.

3. I prefissi del verbo sumerico possono occupare sei posizioni nella serie agglutinante, mentrei suffissi ne possono occupare due (ved. tab. 2).

Non esistono forme verbali tali, che siano occupate tutte e sei le posizioni prefissali, e,d’altronde, tanti indicatori nel verbo non si potrebbero avere: essi si dispongono semprel’uno in rapporto coll’altro nell’ordine di codeste posizioni.

§ 10. Modi67

65 Altri ricercatori (A.Falkenstein) distinguono “preformativi”, “prefissi di coniugazione e prefissi”, “infissi spaziali” e“infissi verbali”, che corrispondono a prefissi di 1ª, 2ª, 3-5ª e 6ª posizione. T.Jakobsen in luogo della 1ª e della 2ª vedequattro posizioni. 66 I n c o r p o r a z i o n e è chiamato il procedimento linguistico di combinazione di temi verbali-nominali, non ancoraelaborati, in un’unica parola-sintagma, dentro la quale le relazioni grammaticali sono espresse prevalentementedall’ordine di collocazione dei temi; tale parola-sintagma è vista nella proposizione come una sola parola, e, se possiedeformanti, essi allora sono comuni per tutta la parola-sintagma. Il verbo sumerico, eccetto quello composto, presenta unasola parola, che non consiste nell’unione di qualche tema verbale o nominale, a differenza del sintagma-nome.67 Intendiamo il termine “modo” come caratteristica dell’azione dal punto di vista della realtà o dell’irrealtà nel sensopiú ampio.

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1. Modi espressi col prefisso in 1ª posizione: nessun indicatore: modo indicativo; na- e ša-68: modo asseverativo o della messa in rilievo; hé-69 e ga- (con la I persona)70: modo desiderativo o della volontà (ha anche significato

asseverativo71: in questo senso hé è usato anche con la I persona); ù-: modo suppositivo o della richiesta72; nu-: modo negativo73; [nã-]74: modo proibitivo; [bara-]: modo dell’affermazione o desiderio categoricamente negativo75. Alcuni modi s’usano o soltanto coll’aspetto perfettivo, o soltanto coll’aspetto imperfettivo.2. L’imperativo non rientra nel corpo dei modi, ma rappresenta una particolare forma

coniugata, nella quale tutta la serie dei prefissi si trasforma in una serie di suffissi, dispostinello stesso ordine:

forma narrativa: 1 – 2 – 3 – 4 – 5 – 6 – R (– 1 – 2); forma imperativa: R – 2 – 3 – 4 – 5 – 6. Esempio: [mu-n+a-b-du(g)4] “egli gli disse ciò”, [du(g)4-mu-n+a-b] “digli ciò”.

§ 11. Indicatori della tendenza generale dell’azione

68 Entrambi gli indicatori esprimono il medesimo modo; la forma ša-, sebbene s’incontri anche in testi letterarî EK,probabilmente risale a ES. Il suo vocalismo cambia in dipendenza dal vocalismo della sillaba seguente: ša-ba-, ša-mu-(šu-mu-), ša-(i-e-)-ra, ma ši(-i)-, š(i)-inga-, ši-bé > ši-im-mi-. Codesto prefisso nella forma šu-/ ši- facilmente siconfonde con gli elementi dei verbi composti šu e igi (si scrive ŠI), ved. sotto, § 14. Forse s’incontra il prefisso abbinatoša-na-, se soltanto -na- qui non è prefisso di 3ª posizione. 69 ES dè-. Il vocalismo del prefisso hé- muta in dipendenza dal vocalismo della sillaba seguente. Ad eccezione dei testitardi, si usa (alla II e III p.) solo all’aspetto imperfettivo (per il verbo transitivo).70 ES da-. Al numero singolare con quest’indicatore la persona del soggetto non è espressa da un singolo formante,perciò non è possibile riferire questa forma all’uno o all’altro aspetto.71 Forse è un fenomeno relativamente tardo. Altri ricercatori, al contrario, ritengono antico questo significato delprefisso hé-.72 S’adopera nella forma dell’aspetto perfettivo. Esempî d’uso: ù-na-tu(d) [= ù(-i)-n+a-tu(d), ved. sotto] “se gli fossenato”, “supponiamo che (prima di quello) gli fosse nato”, “in quanto gli nacque” (l’azione successiva a quella, legatalogicamente col verbo nel modo ù-, è espressa coll’aspetto imperfettivo e, non di rado, col modo desiderativo); ù-na-du(g)4 [= ù(-i)-n+a-e-du(g)4] “tu gli diresti (affinché avvenga l’azione contrassegnata dal verbo seguente)”=“digli, perfavore”. 73 L’indicatore di negazione nu- s’impiega anche con i nomi. Dal periodo neosumerico nu-ba-, nu-bé- > la-ba-, le-bé-.74 La nasalizzazione è presumibile; graficamente essa non s’esprime, fatta eccezione per le combinazionitardosumeriche na-ba- > nam-ba-, na-bé- > nam-bé-, na-mu- > nam-nu. Simili scritture, tuttavia, verosimilmente sipossono incontrare anche in presenza del prefisso na-, e in pratica avviene che i due prefissi si distinguono nel testo solosecondo il senso.75 Oltre agli indicatori enumerati, se ne hanno anche altri, compreso l’elemento mobile -nga- (davanti alla 1ª,2ª e 3ªposizione). Esso esprime il fatto che l’azione o lo stato ha luogo contemporaneamente con un’altra azione: nig g a-e i-zu-a-g u ù za-e in-ga-e-zu “ciò che io so, anche tu lo sai” (cfr sotto, § 15, n. 7; la congiunzione u è un prestitodall’accadico); mina-kam-ma-šè in-ga-nam-mu-na-ab-bé [= inga-na-mu-n+a-b-e(-e)] “la seconda volta di nuovo inverità gli dice questo (egli)”; hé-in-ga-è(d) “che si presenti insieme”, “uscirà insieme con lui”.

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1. In 2ª posizione possono trovarsi i seguenti indicatori della tendenza generale dell’azione delverbo: i- (o ĩ- ?)76, mu-, al-.

Sul preciso significato di questi prefissi esistono pareri discordi77.2. La tendenza generale dell’azione non deve essere obbligatoriamente trasmessa dai prefissi

succitati, ma può essere espressa anche dal solo prefisso corrispondente, locativo o locativo-terminativo (ved. § 12). In tale evenienza, però, quest’ultimo si sposta dalla sua 3ª,4ª o 5ªposizione caratteristica alla 2ª (ved. sotto, § 12, nn 5 – 6).

Ad ogni modo la presenza del prefisso in 2ª posizione è obbligatoria in qualsiasi formaconiugata del verbo (ved. l’eccezione § 8, n. 1). In relazione a ciò i prefissi di 2ª posizioneportano anche il nome di “prefissi della forma coniugata del verbo”.

§ 12. Indicatori di spazio e caso

76 Nei testi paleosumerici si scrive: nel dialetto di Lagaš e- prima di sillaba con vocale aperta, NI- [= ì-] prima di sillabacon vocale chiusa; nel dialetto di Adaba-Šuruppak piú spesso di tutti a-; piú tardi si scrive NI- [= ì-] in qualunquesillaba aperta, íb- e in- e simili in sillaba chiusa (in dipendenza dal carattere del prefisso seguente). 77 Secondo A.Falkenstein il prefisso di 2ª posizione mu- non può essere usato se la 3ª posizione è occupata da unindicatore spaziale alla III persona di classe socialmente passiva (escluso il locativo-terminativo), mentre i- non puòessere usato se la 3ª posizione è occupata da un indicatore spaziale alla I persona. Negli altri casi, a suo parere, ilprefisso mu- è usato nel linguaggio piú solenne e quando al centro dell’attenzione del parlante è una persona di classesocialmente attiva. Ci sono anche altre spiegazioni, per cui, ad esempio, mu- indica movimento verso il parlante, i-situazione neutra o movimento d’allontanamento dal parlante. Secondo V.V.Struve, mu- indica azione a propriovantaggio, e- /i- azione a vantaggio di un altro o situazione neutra.

Il prefisso i- è assorbito dalla vocale del prefisso di 1ª posizione.Il prefisso al- esprime lo stato (o, piú raramente, l’azione) nel suo aspetto generale, non rapportato a

qualsivoglia relazione spaziale od oggettiva. In presenza di esso nemmeno una sola altra posizione prefissale può essereoccupata. Nei testi antichi codesto prefisso non s’incontra.

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1. Questi indicatori ancora una volta esprimono relazioni spaziali e obliquo-oggettive, esistentinella proposizione e solitamente già riflesse dai corrispondenti indicatori di caso nel nome.

2. Ognuno di tali indicatori consta di due parti, rispettivamente la marca di caso e la marcapersonale-pronominale, la quale indica la classe o la persona di quel nome che, nellaproposizione, sta nel dato caso. In tal modo il verbo sumerico racchiude indicatori personalinon solo soggettivo-oggettivi (ved. sotto, § 13, nn 3 – 8), ma anche obliquo-oggettivi ecomplementari personali. In altri termini si può dire che esso si coniuga non solo secondo lapersona del soggetto d’azione del soggetto di stato (oggetto diretto), ma anche secondo lepersone di tutti gli oggetti obliqui e dei complementi espressi dai nomi nei casi spazialidentro la proposizione.

3. L’ordine dei prefissi spaziali, l’uno in rapporto all’altro, deve essere il seguente: 1) locativoo dativo78, 2) comitativo, 3) ablativo, 4) allativo, 5) locativo-terminativo. Fra tutti gli oggettiobliqui e le espressioni complementari presenti all’interno della proposizione, tuttavia, gliindicatori che li riflettono possono occupare non piú di tre posizioni (dalla 3ª alla 5ª).

I casi genitivo ed equativo nel verbo non sono riflessi, ma in esso è riflesso il nesso del rarocaso elativo (di partenza) -re (col significato di “via da”, “fuori di”, “all’esterno di”),solitamente non evidenziato da una marca nel nome. Il posto di questo raro prefisso èdavanti al prefisso d’ablativo o dopo di esso, ed in tale circostanza esso può stare ancheacanto alle tre marche spaziali di caso già presenti. Esempio: é-egar-ta ba-ra-è-dé “dallacasa e dai muri egli deve andare fuori”; ba-ra-an-ta-zi(g)-ge-en-na-aš [= b+a-(n+)ra-n+ta-zig-en-a-š(è)] “affinché tu salga all’esterno”; ma-ra-da-ra-ta-è(d) [= m(u)-a+ra-(b+)da-(b+)-ra-ta-èd] “egli per te insieme con quello uscí via” (cfr sotto, n. 8).

4. Le forme di codesti prefissi sono fornite nella tab. 379. Nella lingua viva erano possibili diverse sincopi: [mu-n+e-n-g ar ] > mung ar , [mu-

me+da-n-g ar ] > meda(n)g ar e simili. Cfr sotto, n. 9.5. Come è già stato indicato (§ 11, n. 2), le marche locativa e locativo-terminativa80 possono

spostarsi anche in 2ª posizione, esprimendo la tendenza generale dell’azione al posto deiprefissi i-, mu- e al-; ba-e bé- in 2ª posizione sono identici per significato alla combinazionedei prefissi di 2ª e 3ª posizione i-m+a-, i-m+e-81. Se il prefisso locativo-terminativo sta in 2ªposizione, allora tutte le posizioni dalla 3ª alla 5ª rimangono sgombre, perché il prefissolocativo-terminativo è sempre l’ultimo nella serie dei prefissi di spazio e caso.

6. Il prefisso ba- in 2ª posizione può anche esprimere la forma impersonale del verbo: ba-g ar “è stato messo” (ted. man hat gelegt).

7. Nella lingua viva avvenivano diversi spostamenti di significato dei prefissi di spazio e caso.Cosí i prefissi dativi sono sostituiti dai locativi, i locativi dai locativo-terminativi e cosí via;sporadicamente s’incontrano anche altre situazioni di discordanza fra l’indicatore di caso,realmente usato nel nome, ed il suo riflesso nel verbo. Fenomeno arcaico bisogna ritenere lasituazione, nella quale la relazione di caso è espressa, all’interno della proposizione, solo nelverbo, e non nel nome.

8. In alcuni verbi esistono prefissi di caso fossilizzati, presenti a prescindere dal fatto che vi siaun dato rapporto di casi nella proposizione; per esempio il verbo è(d) “uscire” è usato

78 Le forme dei prefissi locativo e dativo sono fuse: per alcune persone s’adopera la forma del prefisso del caso locativo,per le altre quella del dativo; in entrambe le situazioni i prefissi nella proposizione di solito fanno capo al caso dativo,piú raramente al locativo, per la rappresentazione del quale nel verbo piú spesso s’adottano i prefissi del locativo-terminativo.79 Tralasciamo qui e piú in basso le forme, rare e non attendibilmente testimoniate, dei prefissi di I e II persona plurale.80 Per la III persona della classe socialmente passiva. Se i prefissi della classe socialmente attiva possano spostarsi in 2ªposizione non è chiaro, giacché na- in 2ª posizione non è distinguibile da na- affermativo in 1ª posizione +i- in 2ªposizione (na-i- > nā-, ved. § 11, es. 77), mentre ne- in 2ª posizione non è distinguibile da i- (l’uno e l’altro si scrivonoNI-, che si può leggere sia ì-, sia né-). Comunque sia na- ≠ i-n+a, sebbene ba- = ì-m+a-.81 Forse anche gli altri prefissi di spazio e caso possono spostarsi in 2ª posizione (se le scritture ba-da-, ba-ta-, ba-ra-,ba-ši- siano la trasmissione grafica dei prefissi b+da-, b+ta-, b+ra-, b+ši, che stanno assolutamente all’inizio dellaforma verbale, com’è incline a ritenere A.Falkenstein, tuttavia è incerto).

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sempre col prefisso -ta-; il verbo kar “rubare, fuggire (con la refurtiva)” quasi sempre colprefisso -da-; il verbo sám “comperare” col prefisso -šè-. Cfr p.sum. lú-šè e-šè-sám e n.sum.lú-ta in-ši-in-sám “presso un uomo comperò”.

9. L’indicatore -n- in paleosumerico, e talora anche piú tardi, di fronte a vocale graficamentenon è espresso, verosimilmente perché come consonante non si pronunziava, e dava solo lanasalizzazione della vocale precedente. Spesso non s’esprime davanti a consonantenemmeno -b- > -m-.

§ 13. Transitività ed intransitività. Aspetto. Coniugazione.

1. Gli indicatori che stanno nella 6ª posizione prefissale e nella 2ª suffissale sono legati fraloro, perciò è consigliabile esaminarli insieme. Essi trasmettono la persona del soggetto

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d’azione e del soggetto di stato (l’oggetto diretto in un verbo transitivo), ma questi indicatorisoggettivi sono disposti diversamente in dipendenza dalla transitività od intransitività delverbo e dal suo aspetto.

2. I verbi intransitivi evidentemente sono neutrali in rapporto all’aspetto; nei verbi transitivi sidistinguono l’aspetto compiuto ( p e r f e t t i v o , nome tradizionale “Praeteritum”) el’aspetto incompiuto ( i m p e r f e t t i v o , nome tradizionale “Praesens-Futurum”).L’aspetto perfettivo segnala che l’azione è considerata come conclusa (indifferentemente nelpassato, nel presente o nel futuro); nell’aspetto imperfettivo l’azione, pureindipendentemente dal tempo, è valutata come inconclusa perché essa ancora continua ocontinuava nel momento a cui è riferita la narrazione, o, in generale, ancora non eracominciata.

Gli aspetti si distinguono secondo il carattere e la sistemazione degli indicatori soggettivi(soggettivo-oggettivi).

3. Nei verbi intransitivi la 6ª posizione prefissale non è occupata82. Gli indicatori soggettivisono gli stessi della copula di “essere” (ved. sopra, § 8, n. 3)83; essi si collocano in 2ªposizione suffissale:

Sing. Plur. p.sum. t.sum. p.sum. t.sum. I p. [-ẽ] -en [-ẽdẽ] [-enden] II p. [-ẽ] -en [-ẽzẽ] [-enzen] III p. (nessuna marca) -e84 -eš84

4. Questi indicatori esprimono il soggetto di stato (cioè l’oggetto diretto) anche nell’aspettoperfettivo d’un verbo transitivo85, ma per la III persona, al posto dell’indicatore di gradozero, è possibile che sia impiegato l’indicatore -n/b- nella 6ª posizione prefissale, mentre perla III persona della pluralità determinata della classe socialmente attiva -n-, e, oltre a questo,l’indicatore suffissale -eš (ved. tab. 4).

5. Il soggetto dell’azione d’aspetto perfettivo d’un verbo transitivo è riflesso da indicatori nella6ª posizione prefissale (per la III persona della pluralità determinata di classe socialmenteattiva, nella 2ª posizione suffissale è posto ancora il suffisso -eš). Siccome però in codesta 6ªposizione prefissale nell’aspetto perfettivo del verbo transitivo si riflette anche l’oggettodiretto di III persona86, conviene tenere presente quanto segue.

Il soggetto di un’azione di I persona ha un indicatore di grado zero, e perciò, in presenza diun oggetto diretto di III persona in 6ª posizione, ovviamente è riflesso solo quest’ultimo.

Se soggetto dell’azione è una II persona, allora in presenza d’un oggetto diretto di IIIpersona l’indicatore del soggetto dell’azione -e- si sposta nella posizione complementare 6ª.

Per quanto riguarda il soggetto di un’azione di III persona, in presenza d’un oggetto direttodi III persona è espresso unicamente o il soggetto dell’azione, o l’oggetto diretto(solitamente, almeno nella lingua tarda, il soggetto)87: ved. tab. 5.

In paleosumerico le forme di II persona del soggetto d’azione con un oggetto diretto di IIIpersona non sono testimoniate affidabilmente; tutte le restanti forme degli indicatori di 6ª

82 Essa può essere evidentemente occupata dall’indicatore di causativo -n- (meno affidabilmente è testimoniatol’identico indicatore -b-), che trasforma il verbo intransitivo in causativo transitivo: [mu-g í(g) ] “è nero”, [nã-(i)-g íg-e] “che non faccia nero” (si coniuga secondo il tipo dei transitivi). Non tutti i ricercatori, d’altronde, riconosconol’esistenza del causativo, e la forma data è spiegata anche altrimenti.83 Cosí si coniuga il verbo “essere”, quando esso non ha carattere enclitico: ì-me-en, ì-me-en, ì-me; ì-me-en-de-en, ì-me-en-zé-en, ì-me-eš. 84 Solo per il plurale determinato della classe socialmente attiva.85 Nella coniugazione bisoggettiva (soggettivo-oggettiva). Esiste tuttavia anche la coniugazione unisoggettiva, in cuil’oggetto diretto resta inespresso nel verbo. Cosí, ad esempio, si coniuga sempre il verbo dù “costruire”.86 Gli indicatori dell’oggetto diretto (soggetto di stato) di I e II persona nell’aspetto perfettivo del verbo intransitivo sonoriflessi, come è stato detto sopra, nella 2ª posizione suffissale.87 Ciò può essere ritenuto una coniugazione unisoggettiva.

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posizione prefissale, di norma, graficamente danno marca zero, in quanto -e- vieneincorporata dalla vocale precedente, mentre -n- e -b- > -m- danno nasalizzazione dellavocale precedente e, comunque, non sono espresse graficamente.

6. Se, in tal modo, nell’aspetto perfettivo del verbo transitivo il soggetto d’azione è espresso daun indicatore in 6ª posizione prefissale, mentre il soggetto di stato (oggetto direttodell’azione) è espresso da un indicatore in 2ª posizione suffissale (fatta eccezione per la IIIpersona), nell’aspetto imperfettivo, al contrario, il soggetto d’azione è espresso da unsuffisso in 2ª posizione suffissale. Per l’oggetto diretto, perciò, rimane la 6ª posizioneprefissale, dove gli indicatori oggettivi dell’aspetto imperfettivo devono coincidere conl’indicatore del soggetto d’azione dell’aspetto perfettivo. Nell’aspetto imperfettivo, tuttavia,di solito s’esprime soltanto il soggetto d’azione, non l’oggetto diretto88.

Gli indicatori del soggetto d’azione per l’aspetto imperfettivo del verbo transitivo sono iseguenti:

Sing. Plur. p.sum. t.sum. p.sum. t.sum. I p. [-ẽ] -en [-ẽde] [-enden] II p. [-ẽ] -en [-ẽze] [-enzen] III p. -e -e -(e)ne89 [-ene]89

7. In via riassuntiva gli indicatori soggettivi ed oggettivi in 6ª posizione prefissale ed in 2ªsuffissale possono essere rappresentati nel quadro della tabella 6 (per il periodotardosumerico). Per il periodo paleosumerico ved. tabella 7.

Dalle tabelle 6 e 7 risulta che la coniugazione personale nel verbo sumerico è effettivamentebisoggettiva: Gli indicatori del soggetto di stato (altrimenti parlando, indicatori del soggettodel verbo intransitivo e dell’oggetto diretto del verbo transitivo) sono gli stessi a prescindereda diversità marginali, e la questione riguarda soltanto la loro disposizione.

Oltre alla coniugazione bisoggettiva, s’incontra anche quella unisoggettiva, non solo per ilverbo intransitivo, dove essa va da sé, ma in una serie di situazioni anche per il verbotransitivo (s’esprime solamente il soggetto d’azione).

8. Nell’insieme la coniugazione personale soggettivo-oggettiva del verbo sumerico può essererappresentata nel quadro dei paradigmi dei verbi g ar “mettere, porre” e nà(d) “stare” (per

88 Se il principio della coniugazione bisoggettiva si rispetta coerentemente, la serie delle forme d’aspetto perfettivo edimperfettivo non può essere discernibile. Effettivamente, se grado zero, -e-, -n-, -b- esprimono, nell’aspetto perfettivo,rispettivamente le persone I, II, III soc. att. e III soc. pass. del soggetto d’azione, e, nell’aspetto imperfettivo,esprimessero la stessa persona dell’oggetto diretto, e se -en, [-enden], [-enzen] esprimono, nell’aspetto perfettivo,rispettivamente la I e la II pers. sing., la I plur. e la II plur. dell’oggetto diretto, e, nell’aspetto imperfettivo,esprimessero la stessa persona del soggetto d’azione, allora risulterebbero indiscernibili le seguenti forme:

[*mu-g ar-en ] “io ti posi” e “tu mi ponesti”,[*mu(-e)-g ar-en ] “tu mi ponesti” e “io ti pongo”,[*mu-n-g ar-en ] “egli (soc. att.) mi (ti) pose” e *“io (tu) lo (soc. att.) pongo”,[*mu-b-g ar-en ] “egli (soc. pass.) mi (ti) pose“ e *“io (tu) lo (soc. pass.) pongo”,e precisamente lo stesso avverrebbe coi suffissi [-enden] e [-enzen]. Tali duplici forme, nondimeno, paiono

testimoniate.Di norma, tuttavia, le forme d’aspetto imperfettivo si costituiscono per mezzo della coniugazione

unisoggettiva, esprimendo solamente la persona del soggetto d’azione. Relativamente spesso il soggetto di stato(oggetto diretto) può essere espresso nell’aspetto imperfettivo del verbo transitivo, se soggetto d’azione è una IIIpersona, in quanto, in questa circostanza, non ha luogo mescolanza di forme, poiché l’indicatore di III persona delsoggetto d’azione d’aspetto imperfettivo (-e in 2ª posizione suffissale) non coincide con la III persona dell’oggettodiretto d’aspetto perfettivo (-n-e -b- in 6 posizione prefissale). Perciò le forme mu-n-g ar-e “egli pone lui (soc. att.)” emu-b-g ar-e “egli pone lui (soc. pass.) non possono essere confuse con le forme d’aspetto perfettivo, privedell’indicatore -e in ogni caso. Se s’esprimesse, nell’aspetto imperfettivo, l’indicatore di I e II persona dell’oggettodiretto in presenza della III persona del soggetto d’azione è difficile dire, giacché per la I persona dell’oggetto direttol’indicatore dell’oggetto diretto è di grado zero, mentre per la II persona l’indicatore -e- può essere assorbito dallavocale precedente. 89 Solo per il plurale determinato della classe socialmente attiva.

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semplicità prendiamo forme verbali nelle quali i prefissi, eccetto quelli soggettivi, sonorappresentati solo in 2ª posizione prefissale, dove essi sono obbligatorî per le formeconiugate del verbo): ved. tab. 8.

Il paradigma riportato possiede carattere convenzionale ed è ricostruito in modo alquantoincerto, poiché la grafica non sempre permette di distinguere molte forme, e, inoltre, hannoluogo diversi cambiamenti fonetici, che cancellano la specificità delle singole forme.

9. Come abbiamo visto, la categoria dell’aspetto nella lingua sumerica è espressa (solo per ilverbo transitivo) per via della differente collocazione degli indicatori soggettivi (soggettivo-oggettivi).

Anche il r a d d o p p i a m e n t o d e l t e m a possiede significato grammaticale vicino aquello aspettuale. Esso esprime la pluralità degli oggetti dell’azione: g iš-a mu-(b-)túm-túm“dal numero degli alberi (molti e diversi) portò”; la pluralità di soggetti di stato o laripetitività della stessa azione: mu-gin-gin “andava” (non una volta sola oppure avanti eindietro). Per i verbi, il cui tema finisce in vocale, il raddoppiamento del tema può esprimerel’aspetto imperfettivo. Ciò si spiega col fatto che la vocale suffissale -e, caratteristica perl’aspetto imperfettivo, in questi verbi è assorbita dalla vocale del tema, e la forma verbaleperde la propria caratteristica aspettuale. Per codesti verbi, perciò, la forma d’aspettoimperfettivo non di rado è sostituita da una forma vicina per significato, la quale esprime laripetitività dell’azione, una forma, cioè, con tema raddoppiato: mu-ra-ab-mú-mú [= mu-e+ra-b-mú-mú] “te lo allevano”, mu-né ba-g á-g á “il nome di lei sarà stabilito”. Laforma d’aspetto imperfettivo (e le forme con tema raddoppiato) può esprimere anche lapossibilità o la necessità.

In caso di raddoppiamento il tema è sottoposto frequentemente a diverse riduzioni: g ar“porre”, forma raddoppiata g á-g ár o g á-g á .

10. Nella nostra rassegna dei formanti del verbo sumerico abbiamo trascurato il formante -e(d)-,collocato in prima posizione suffissale. Di solito esso indica, evidentemente, che l’azione olo stato non si sono compiuti o non si compiono, ma hanno da essere compiuti. Nella formad’aspetto perfettivo, dunque, codesto indicatore è raro.

La categoria del tempo è propriamente estranea alla lingua sumerica. L’azione compiuta nelpassato può essere espressa non solo con l’aspetto perfettivo, ma anche con quelloimperfettivo, se ancora durava nel momento al quale si riferisce la narrazione. L’azione nonportata a termine nel presente di solito è espressa con l’aspetto imperfettivo. L’azione che sicompirà nel futuro di solito è espressa con l’aspetto imperfettivo, ma può essere anche conquello perfettivo, se è indispensabile sottolineare il carattere precisamente conclusivo diquest’azione futura, oppure se sarà portata a termine in quel momento del futuro, al quale siriferisce la narrazione. Essa può essere aggiuntivamente espressa dall’indicatore -e(d)-,evidentemente nella circostanza in cui si deve sottolineare che non si tratta di un’azioneconclusa (o non conclusa) in generale, ma è precisamente un’azione concreta, che ha daessere compiuta e deve necessariamente avvenire.

Con ispeciale gradimento l’indicatore -e(d)- è usato coi verbi intransitivi, per i quali non c’èaltra maniera per esprimere che lo stato non è concluso.

§ 14. Verbi composti

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1. Fenomeno caratteristico della lingua sumerica sono i verbi composti, nei quali il concettoverbale è espresso non dal tema verbale in sé stesso, ma dal tema verbale insieme con unoggetto costante (diretto o indiretto)90.

Cosí il verbo composto šu- ... -ti significa “prendere”, šu qui vuol dire “mano”, ma tiseparatamente da šu in epoca testimoniata da monumenti non è usato e non possiedesignificato distinto91.

In altri casi il tema verbale possiede anche un significato indipendente, ma insieme conl’oggetto costante ne acquista un altro completamente differente, per esempio du8 < duhsignifica “tenere; aprire”, ma igi- ... –du8 significa non “aprire gli occhî”, ma “guardare”.

2. Un tale verbo composto può avere anche due oggetti costanti, per esempio sag -g iš- ...-ra “uccidere” (sag “testa”, g iš “albero”, ra < rah “colpire”), gaba-šu- ... -g ar “essererivale, competere, resistere” (gaba “petto”, šu “mano”, g ar “porre”).

3. Se il concetto, che è espresso dal verbo composto, è transitivo, esso allora può avere, oltre aquello costante, sia un reale oggetto diretto (soggetto di stato), sia, inoltre, un oggettoindiretto, in relazione al quale l’oggetto costante si delinea come “interno”. Cosí il verbocomposto ig- ... -kíd (lett. “porta-spalancare”) significa semplicemente “aprire” e può averepresso di sé qualsiasi oggetto reale, per esempio “via” e simili.

4. L’oggetto “interno”, o costante, grammaticalmente viene visto come oggetto diretto(soggetto di stato) in caso assoluto; in presenza di esso il verbo può essere coniugato cometransitivo persino nella situazione in cui il concetto, che è espresso dal verbo compostonell’insieme, sia intransitivo: per esempio il verbo g ìri ì-tag-tag-e “corre” (lett. “gamba-muovere”, aspetto imperfettivo).

5. L’oggetto “interno” o costante può essere logicamente anche oggetto indiretto; inquest’evenienza esso si differenzia dal reale oggetto indiretto per il fatto che in esso non èposto nessun indicatore di caso, cioè anch’esso sta al caso assoluto. Per esempio ki- ... -túm“seppellire”, lett. “terra-portare”, non “portare in terra”, che sonerebbe *ki-a túm; sag-

g iš- ... -ra “uccidere”, lett. “testa-albero-colpire”, non “colpire la testa con un albero”,che sonerebbe *sag g iš-ta (o g iš-šè ) ra(h); mí- ... -du(g)4 “parlare dolcemente,amichevolmente”, lett. “donna-parlare”, non “parlare similmente a una donna”, chesonerebbe *mí-gi18 du(g)4; šu- ... –tag “sfiorare; ornare”, lett. “mano-toccare”, non “toccarecon la mano” e simili.

Probabilmente questa è una sopravvivenza d’epoca antichissima, che precedette la nascitadel sistema delle marche di caso92.

L’oggetto “interno” o costante è posto immediatamente davanti alla catena dei prefissi delverbo; dopo di esso e prima della catena dei prefissi può essere collocato un oggetto ad essoriferito, che in tal caso si traduce come un avverbio, facente capo al verbo nel suo insieme:ad esempio dal verbo igi- ... -bar “guardare” (igi “occhio”, bar non ha significatoindipendente) si può costruire la forma [igi-zi(d)mu-n+ši-n-bar] (dove zid è l’aggettivo“buono, pio, retto”), la quale significa “egli lo guardò benevolmente”. Precisamente nellostesso modo gù- ... -dé “chiamare, esortare, proclamare, gridare”, gù-nun-di (di qui èvariante di dé) “proclamare ad alta voce” (gù “voce”, nun “grande”); mí-zi(d)-du(g)4

“parlare benevolmente” e simili.

§ 15. Nomi verbali. Nominalizzazione della forma coniugata del verbo

90 Quest’oggetto “interno” può essere espresso da un sostantivo (igi- ... -du8 “guardare” – igi “occhio”, šu- ... -ti“portare” – šu “mano”) o da un aggettivo sostantivato (gal- ... -zu “essere savio” – gal “grande”, zu “sapere”). 91 Il verbo ti < til “vivere, essere vivi” qui non è attinente. A.Falkenstein fa discendere ti di šu- ... -ti da *tig, variantedel verbo te(n) “avvicinar(si)”. Questa etimologia, però, non è pienamente affidabile, e comunque l’uso separato di ti inquest’accezione non era diffuso. 92 Tuttavia anche il “reale” oggetto obliquo coll’indicatore di caso può comporre, col tema verbale, un’unità lessicale,vicina, per carattere, al verbo propriamente composto con l’oggetto indiretto “costante” (cosiddetto virtuale) nondeclinato.

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1. Nella lingua sumerica si hanno due modalità di formazione dei nomi verbali: 1) puro tema(o tema + -ed); 2) tema (o tema + -ed) col suffisso -a.

2. Il puro tema esprime il participio d’azione. L’aggiunta del suffisso -e(d), probabilmente,esprime l’incompiutezza dell’azione (?) o il suo carattere inevitabilmente imminente: g ar“che pone, che ha posto”, túm “che porta, che ha portato”, dù “che costruisce, che hacostruito”, dNam-tar “che decide (lett. “che taglia” ?) il destino” (nome di divinità); dù(-ud)“che costruisce, che ha da costruire”; nam-tar-re [= nam-tar-e(d)] “che decide il destino,quello al quale è stato destinato di decidere le sorti”.

3. Il suffisso -a ha carattere relativo: túm-a propriamente “ciò che si riferisce a chi porta o alportare”, dù-a “ciò che si riferisce a chi costruisce o alla costruzione”, gin-a “ciò che siriferisce al camminare”. Da qua si sviluppò il duplice significato di questa forma:

1) nome d’azione o di stato: túm-(m)a / túm-a “(atto di) portare”, dù-a “costruzione”, gin-(n)a / gin-a “circolazione”. L’aggiunta del suffisso -ed- conferisce al nome d’azione uncarattere di fine o di necessità (supino, infinito di scopo): túm-mu-da (< *túm-ed-a) “ciò chedeve essere portato” o “(al fine di) portare”, dù-da [= dù-(e)d-a] “che ha da essere costruito”o “(al fine di) costruire”, gin-né-da “(al fine di) andare”;

2) participio di stato: túm-(m)a / túm-a “portato”, dù-a “costruito”, gin-(n)a / gin-a“andante”. Col suffisso -ed: èd-(d)è-dam [= èd-ed-a-àm] “che esce, che ha l’abitudine diuscire”93.

4. Precisamente nello stesso modo si formano i nomi verbali anche dai verbi composti,compresi quelli con un aggettivo accanto all’oggetto “interno” (costante): gaba-šu-g ar“rivale”, gù-nun-di “che parla ad alta voce”, igi-nu-du8 “non vedente”, ki-ág (a) “che ama”(e “che è amato”), gù-dé-a “chiamato” e simili.

5. I nomi verbali in paleosumerico (e parzialmente anche piú tardi) spesso osservano laconcordanza come i verbi. Cosí il soggetto logico dell’azione, espressa da un nome verbale,può stare in ergativo (o forse qui ancora non c’è distinzione tra ergativo e locativo-terminativo; talvolta il soggetto logico del nome verbale sta al comitativo). Analogamenteanche l’oggetto diretto logico può essere espresso dal caso assoluto. Successivamente ladistinzione sintattica tra nomi verbali e altri nomi scompare.

6. L’indicatore relativo -a, che incontriamo nel nome e nel participio di stato, è usato anchenella forma coniugata del verbo della proposizione subordinata, sostituendo esso il pronomerelativo “che”94.

La forma coniugata del verbo coll’indicatore -a è vista come nominale, e le si possono uniremarche di caso, che giuocano il ruolo di congiunzioni subordinative, conformemente alcarattere di proposizione secondaria, per esempio: [mu-n+a-n+e-n-g ar ] “egli glielo miselà”; [mu-n+a-n+e-n-g ar-a ] “il quale glielo mise là” (lett. “appartenente a «egli-a lui-là-mise»”); [mu-n+a-n+e-n-g ar-a-šè ] “affinché egli glielo metta là” (lett. “per «egli-a lui-là-mise»”); [mu-n+a-n+e-n-g ar-a-ta ] “dopo che egli glielo ebbe messo là” (lett. “da «egli-alui-là-mise»”) e simili.

In tal modo, la forma coniugata del verbo è interpretata come nome verbale e si declina(costruzione con ogni probabilità appartenente a quello stato vicino al preverbale, di cui si èparlato nel § 8, n. 1). La proposizione secondaria nel suo insieme è vista come singolomembro della proposizione principale (perciò, in particolare, gli indicatori di caso -šè, -ta e

93 A partire dal periodo neosumerico la -a finale può passare ad -e. In relazione con questo avviene la mescolanza diforme del tipo [gar-e(d)] e [gar-a]. La forma [-ed-a] ancora prima passa a [-ede]. 94 Il contenuto del nostro pronome relativo può, inoltre, essere pleonasticamente espresso da un sostantivo significativo(piú spesso di tutti lú “uomo” per i nomi di classe socialmente attiva, ní(g) “cosa” per i nomi di classe socialmentepassiva): ensí lú é-in-dù-a “il governante che costruí il tempio”, lett. “governante, uomo «tempio-costruí» (+ indicatorerelativo); ní(g) – máš-g i 6-(a)k-e – m(u)-a-b-tum-a-g (u)-a(k) ] “di ciò che mi portò la visione notturna”, lett. “dellacosa «visione-della notte (gen. + erg.)-a me-esso-portò» (+ indicatore relativo)-mia”.

34

simili, che stanno nel verbo della proposizione secondaria, possono trovarsi riflesso nellacatena dei prefissi del verbo della proposizione principale).

7. La persona, alla quale è riferito il verbo della proposizione secondaria95, può essere inoltreespressa da un pronome possessivo, unito alla forma nominalizzata del verbo (la cosiddettaconiugazione possessivo-pronominale): [mu-n+a-n+e-n-g ar-a-(a)ne ] “(quello) che glielomise là” o “(quello) che egli mise là a lui”96.

8. Il medesimo costrutto col pronome possessivo può essere impiegato anche in presenza d’unnome verbale, il che è pure, ovviamente, la situazione iniziale, dalla quale si è sviluppata laconiugazione possessivo-pronominale della forma nominalizzata del verbo: díb-(b)a-(a)né“suo atto di afferrare” > “egli (che) afferrò”, ri-ba-né [= rib-ane] “la sua eccellenza” > “egliè eccellente”. La “coniugazione possessivo-pronominale” del nome verbale predicativo puòsostituire anche il verbo della proposizione principale.

§ 16. Notizie generali sulla sintassi

95 Piú spesso s’esprime cosí il soggetto d’azione o stato, ma può essere espresso anche l’oggetto diretto: m(u)-a-b-túm-a-g u “ciò che (egli) mi portò”, non “ciò che io portai” (lett. “«a me-ciò-portò»-mio”).96 Con particolare frequenza questo costrutto è usato quando è necessario porre la forma coniugata del verbonominalizzata in locativo, perché la marca di locativo -a non può essere aggiunta direttamente all’indicatore dinominalizzazione -a: [mu-n+a-n+e-n-g ar-a-(a)ne ] “quello che glielo mise là” (lett. “esso «egli-a lui-là-mise»”); [mu-n+a-n+e-n-g ar-a-(a)n(e)-a ] “in presenza di quello che glielo mise là” (lett. “in esso «egli-a lui-là-mise»”).

35

1. La proposizione si divide in due parti fondamentali: nominale all’inizio e predicativa allafine.

2. L’ordine delle parole nei limiti della proposizione in misura significativa dipendedall’accento logico, tuttavia l’ordine consueto dei membri della parte nominale dellaproposizione è il seguente: soggetto d’azione del verbo transitivo o soggetto di stato delverbo intransitivo (e suoi attributi, che formano una parola-complesso o sintagma, con gliindicatori di caso alla fine), oggetti obliqui ed espressioni complementari97 (ogni nomed’altronde può avere degli attributi, coi quali esso costituisce una parola-complesso),soggetto di stato del verbo transitivo (oggetto diretto)98.

3. Oltre alla situazione abituale, in cui l’attributo è posto dopo il determinato (con l’indicatoredi caso genitivo -ak), in combinazioni di parole arcaiche fossilizzate s’incontra l’ordine diparole inverso (attributo-determinato, senza l’espressione del caso genitivo per mezzo di unindicatore speciale: ug ken “riunione popolare”, propriamente [ug +ken ] “popolo +cerchio” in luogo di “cerchio del popolo”); l’apposizione può spostarsi avanti anche in altresituazioni: ama dNazi “madre-Nazi” (“Nazi” è nome di dea).

Allorché l’attributo è segnalato dall’accento logico, anch’esso si sposta avanti insieme conl’indicatore di caso genitivo, ma al determinato s’aggiunge il pronome possessivo, cheindica l’attributo: é-a(k) g iš- hur-bé “della casa, disegno suo” = “il disegno della casa”.

4. La proposizione secondaria occupa un posto dentro la principale conformemente al propriocarattere. La proposizione secondaria determinativa occupa il posto d’attributo e s’inseriscenella parola-complesso che essa determina. La proposizioni secondarie, caratterizzate daindicatori di caso, occupano il posto dei corrispondenti oggetti indiretti e complementi.

§ 17. Problema della classificazione genealogica della lingua sumerica

97

9897 Gli avverbî si costituiscono da forme fossilizzate di un nome in un caso obliquo (specialmente in -èše: húl-šè“felicemente”), o di un nome con un pronome dimostrativo (gibil-bé “parola”), o con l’uno e l’altro: u(d)-b(é)-a “allora”da u(d) “giorno”, gibil-bé-šè “parola”; piú raramente si distinguono lessicalmente, non avendo speciale criterio diformazione. Il discorso diretto è segnalato dalla particella enclitica [-eše].

98 Dopo può stare una comparazione, espressa dal caso equativo.

36

Non c’è forse famiglia linguistica nel globo terrestre, con la quale non si sia tentato di legaregeneticamente la lingua sumerica99. Effettivamente, nonostante la grande originalità dellasua grammatica, la lingua sumerica mostra tratti di vicinanza strutturale con molte lingue.

Il minor significato per le comparazioni genealogiche ha la costruzione ergativa, poiché essaè diffusa nelle lingue di tutte le parti del mondo, e lo stesso vale per la ripartizione dei nominelle classi animata e inanimata. Ma anche una serie di particolarità strutturali del sumericoha analogie in altre lingue: cosí la coniugazione polipersonale s’incontra nelle linguecaucasiche, ciucoto-coriache, ienisseiano, ungherese, in molte lingue degli indianinordamericani e in altre; le catene di prefissi, includenti indicatori obliquo-oggettivi espaziali, si hanno nelle lingue cartveliche, abcaso-adigetiche, protoittitico e altre, e similicatene suffissali in urritico, urartico ed altre; le parole-complesso di carattere incorporativosono ben note nelle lingue paleoasiatiche ed in una serie di lingue nordamericane, i tonimusicali sono diffusi nelle lingue sino-tibetane, sudanesi, nelle piú antiche indeuropee emolte altre.

Non si può, in particolare, negare la grande vicinanza strutturale della lingua sumerica conl’insieme delle lingue caucasiche. Per quanto essa sia considerevole, non testimonia unaparentela, finché non è possibile svelare anche una vicinanza materiale.

Oltre a ciò, è opportuno considerare che una serie di particolarità grammaticali della linguasumerica, soprattutto i caratteristici sistemi di verbo e caso, manifestamente si formò già sulterreno dello stesso sumerico, e non fu ereditata da una qualche lingua-base, perché in unamoltitudine di circostanze si riscontrano le tracce di una struttura piú semplice (verbointransitivo come nome-predicato, con gli unici indicatori personali di solo di I e II persona;l’attributo indeclinato, che precede il determinato; l’espressione senza casi delle relazionispaziali). Di conseguenza, la somiglianza strutturale con le lingue caucasiche, per l’appunto,in codesti tratti della grammatica non può essere genetica.

Sotto l’aspetto materiale vi sono stati parecchî tentativi di avvicinare il sumerico ad altrelingue: cosí F.Hommel trovò una serie di parole dal suono simile in sumerico e nelle lingueuralo-altaiche; parte delle sue comparazioni, però, era fondata su una lettura ointerpretazione erronee di parole sumeriche, e un’altra parte su una somiglianza esteriore deisuoni, non componenti un sistema; inoltre egli confrontava fatti di singole lingue uralo-altaiche, non tentando di individuare forme originarie comuni100. La maggior parte deglistessi difetti hanno anche le comparazioni del sumerico col georgiano di M.C ereteli.

Allo stato attuale delle nostre conoscenze né il materiale dei formanti grammaticali dellalingua sumerica, né il materiale delle parole del fondo lessicale basilare tali, quali numerali,termini di parentela101, denominazioni di parti del corpo e simili, rivela alcuna correlazionesistematica con l’analogo materiale di altre lingue, comprese le caucasiche. Forse ciò èlegato al fatto che l’iniziale sistema fonetico della lingua sumerica risulta fortementedissestato e appiattito sotto l’influsso dell’assimilazione di vocali e della perdita di suonifinali, parzialmente, con ogni probabilità, a causa dell’effetto d’un qualche sostrato.

Al tempo presente dunque conviene considerare la lingua sumerica come isolata, e la suaparentela con qualsivoglia altra lingua come non accertata.

Tabella 1: formazione del numero plurale

Tipo di pluralità Classe soc. att. Classe soc. pass.99 Con le turco-mongole, ugro-finniche, sudanesi, caucasiche, tibeto-birmane, cinese, semitocamitiche, indeuropee,bantu, dravidiche, mon-khmer, maleo-polinesiane, etrusco e altre. Cfr V.Christian, Die sprachliche Stellung desSumerischen, «Babylonicae», XII, 3 – 4, Paris, 1932.100 Forse in alcuni casi si tratta di migrazioni di antichi termini culturali.101 Ad esclusione delle parole “infantili” universalmente diffuse per “padre” (a < ad < ada) e “madre” (ama).

37

Collettiva (unità di gruppo)

Determinata

Inclusiva 1

Inclusiva-determinata

Distributiva

Qualitativa

lú “uomini”

lú-(e)ne “uomini determinati,concreti, noti o menzionati inprecedenza”

lú-lú “uomini (includendo tuttiquelli che si hanno in mente)”

lú-lú-(e)ne “uomini (includen-do tutti gli uomini determinati,concreti, noti o menzionati inprecedenza, che si hanno inmente)”

lú-dili2-dili / lú-didli “uomini,ognuno individualmente”

(non c’è)

udu “montoni”

(non c’è)

udu-udu “montoni (includen-do tutti quelli che si hanno inmente)”

(non c’è)

udu-dili-dili / udu-didli“montoni, ognunoindividualmente”

udu-há “montoni di diversogenere”

N o t e . 1. La pluralità inclusiva si usa solo in quei casi, nei quali ogni singola unità concreta,compresa nella pluralità, conserva, per il parlante, la sua individualità. Perciò, ad esempio,bára(g)-bará(g)-Šumer-ra [= bára-bará(g)-Šumer-a(k)] significa: “(tutti) i santuarî diSumer (ognuno nella sua specificità)”. «I santuarî» in genere, al contrario, sarannocontrassegnati in qualità d’unità di gruppo per mezzo del numero singolare: bará(g); nelcaso dato, distinguere se s’intende singolare o plurale sarà possibile solo secondo il contesto.Ma nello stesso tempo in cui lú “uomo” concorda secondo la classe dei nomi socialmenteattivi, lú “uomini” (in generale, non le singole individualità) concorda secondo la classe deinomi socialmente passivi.

Nel caso di presenza di un aggettivo, si raddoppia non il sostantivo, ma il suo aggettivo:dig ir-gal-gal-ene “(tutti) i potenti dèi”. Il raddoppiamento del tema dell’aggettivo p e r sé s t e s s o può significare il possesso rafforzato d’una data qualità: babbar“(candidamente) bianco” < *bár-bár.

2. dili significa “uno”.

Tabella 2: struttura generale del verbo normale

1 2 3 4 5 6 T 1 2

38

indi

cato

ri d

ei m

odi

Indicatoridella

tendenzagenerale

dell’azione

Indicatori (cheriflettono le relazioni dicaso nella proposizione)

spaziali (indiretto-oggettivi, avverbiali)

Indicatorisoggettivo-oggettivi

tem

a

Indicatore dinecessità

-e(d)-, usatosecondariamente

perl’espressione del

tempo futuro

Indicatorisoggettivo-oggettivi

Tabella 3: prefissi verbali delle posizioni 3 – 5

Persona Locativo Dativo Comitativo Ablativo Elativo Allativo1 Locativo-terminativo

I p.s.

II p.s.

III p.s.(soc.att.)III p.s.

(soc.pass.e plur.)

I p.p.

III p. (s.a. pl.det.)

-a-2

-n-a-

-b-a- >-m(m)-a-5

*-me-a-2

-(e)ne(-a)-

-(e-)ra--(e-)re-3

-da-2

-(e-)da-

-n-da-4

-b-da- >-m-da-6

-me-da-2

-PI-8 (?)

-ta-2

-(e-)ta-

-n-ta-4

-b-ta- >-m-ta-6

-b-ra- >-ba-ra-

-ši-2

-(e-)ši-

-n-ši-4

-b-ši- >-m-ši-6

-(e-)

-3

-n-e- (siscriv. -NI-)

*-b-e- >-m-e >

-(m)m-i-5 >-n-e/i (?)7

(scr. -NE-)

-(e)ne(-e)-

N o t e . 1. In paleosumerico l’indicatore di caso allativo è -šè-, piú tardi -ši-. 2. I prefissi di 3ª posizione di I persona richiedono il prefisso mu- in 2ª posizione; * mu-a- >

ma, * mu-me-da- > me-da-. 3. La forma -(e)re- ha la tendenza a differenziarsi come marca di II persona di locativo-

terminativo (azione d’analogia: indicatori locativo-dativi -a-, -(e-)ra, -n-a- e cosí via,locativo-terminativi -(e-), -(e-)re-, -n-e-.

4. Il suono -n- in fine di parola evidentemente dà in paleosumerico, e parzialmente anche inneosumerico, la nasalizzazione della vocale precedente, graficamente non espressa (p.sum.[*ĩda-, *ĩta-, *ĩše-] > e-da-, e-ta-, e-šé-).

5. Cosí dopo il prefisso i- in 2ª posizione. 6. In paleosumerico dà la nasalizzazione (?) della vocale precedente, graficamente non

espressa. In neosumerico sono possibili tre forme: 1) -b-da-, -b-ta-, -b-ši-; 2) -m-da-, -m-ta-,-m-ši-; 3) -mma-da-, -mma-ta-, -mma-ši-. Codeste ultime tre forme, però, possono ancheessere viste come -(m)m-a- (loc.-dat.) + -(m-)da- e simili. La scelta delle forme dipende dacondizioni in parte foneticamente determinate, in parte ancora non chiare.

7. Dopo mu- e ba- in 2ª posizione (per A.Falkenstein fenomeno di dissimilazione di labiali). 8. In paleosumerico si scrive col segno PI, la cui lettura non è chiara.

Tabella 4: indicatori dell’oggetto diretto d’aspetto perfettivo del verbo transitivo

Singolare Plurale

39

Persona p.sum. t.sum. p.sum. t.sum.posizioni

6ª pref. 2ª suff. 6ª pref. 2ª suff. 6ª pref. 2ª suff. 6ª pref. 2ª suff.

I p.

II p.

III p. (soc.att.)

III p.(soc.pass.)

-

-

~ -

grafic.zero2

-ẽ

-ẽ

-

-

-

-

-n- (?)

-b- >-m- (?)

-en

-en

-

-

-

-

~ -

grafic.zero2

-ẽdẽ

-ẽzẽ

-e1

- 3

-

-

-n- (?)

-b- >-m-

-enden

-enzen

-eš1

- 3

N o t e . 1. Forma di pluralità determinata di classe socialmente attiva. 2. Il carattere dell’evoluzione qui doveva distinguersi dal carattere di nasalizzazione nella III

persona di classe socialmente attiva: qui s’attende *-b-, nel primo caso ~ - < *-n-; in seguito-m-║-b- e -n- vengono ripristinati, ciascun indicatore al suo posto. A parere di A.Falkensteinnella lingua tarda anche -b- > -m- può dare -n- (nell’ordine di dissimilazione) dopo labiale inposizione precedente.

3. Forma di qualsiasi plurale di III persona, eccetto la pluralità determinata di classesocialmente attiva.

Tabella 5: indicatori del soggetto d’azione

PersonaIndicatori del

soggetto d’azioned’aspetto perfettivo

Con oggetto diretto di III persona

soc. att. soc. pass.

I p.

II p.

III p. soc. att.

III p. soc. pass.

(zero)

-e-

-n-*

-b-

-n-

-n-e-

-n-

-n- (o -b-, -m-)

-b-, -m-

-b-e-

-b-, -m- (o -n-)

-b-, -m-

* Nel plurale determinato -n- ... -eš (forma unisoggettiva senza espressione dell’oggetto diretto).

Tabella 6: formanti soggettivo-oggettivi tardosumerici

Soggetto di stato

40

Num. Persona

Soggettod’azione del

verbotransitivod’aspettoperfettivo

Soggettod’azione del

verbotransitivod’aspetto

imperfettivo

oggetto direttodel verbotransitivod’aspettoperfettivo

oggetto direttodel verbotransitivod’aspetto

imperfettivo(forme dubbie)

sogg.del

verbointran-sitivo

6ªpref. 2ªsuff. 6ªpref. 2ªsuff. 6ªpref. 2ªsuff. 6ªpref. 2ªsuff. 2ªsuff.

Sing.

I p.

II p.

III p.(soc.att.)

III p.(soc.pass.)

(zero)

-(e-)

-n-

-b- >-m-

-

-

-

-

-

-

-

-

-en

-en

-e

-e

-

-

-n- (?)

-b- (?)

-en

-en

-

-

?

-(e-)

-n-

-b-

-

-

-

-

-en

-en

(zero)

(zero)

Plur.

I p.

II p.

III p.(s.att.det.)

III p.(restanti)

-me

?

-n-

-b-

-

?

-eš

-

-

-

-

-

-enden

-enzen

-ene

-e

-

-

-(n- ?)

-b- (?)

-enden

-enzen

-eš

-

?

?

?

-b-

-

?

?

-

-enden

-enzen

-eš

(zero)

N o t e . 1. Negli indicatori suffissali di tutti i paradigmi la vocale -e- può essere assorbita dallavocale precedente; dopo suono labiale b, p, m o sillaba che racchiuda la vocale u, il suffissovocalico è -e- > -u-.

Tabella 7: formanti soggettivo-oggettivi paleosumerici

Soggetto di stato

41

Num. Persona

Soggettod’azione del

verbotransitivod’aspettoperfettivo

Soggettod’azione del

verbotransitivod’aspetto

imperfettivo

oggetto direttodel verbotransitivod’aspettoperfettivo

oggetto direttodel verbotransitivod’aspetto

imperfettivo(forme dubbie)

sogg.del

verbointran-sitivo

6ªpref. 2ªsuff. 6ªpref. 2ªsuff. 6ªpref. 2ªsuff. 6ªpref. 2ªsuff. 2ªsuff.

Sing.

I p.

II p.

III p.(soc.att.)

III p.(soc.pass.)

(zero)

-(e-)

~ -

grafic.zero

-

-

-

-

-

-

-

-

-ẽ

-ẽ

-e

-e

-

-

~ -

grafic.zero

-ẽ

-ẽ

-

-

?

?

~ -

grafic.zero

-

-

-

-

-ẽ

-ẽ

(zero)

(zero)

Plur.

I p.

II p.

III p.(s.a. det.)

III p.(restanti)

?

?

~ -

grafic.zero

-

-

-

-

-

-

-

-

-ẽdẽ

-ẽzẽ

-ene

-e

-

-

~ -

grafic.zero

-ẽdẽ

-ẽzẽ

-e

-

?

?

?

grafic.zero

-

?

?

-

-ẽdẽ

-ẽzẽ

-e

(zero)

N o t e . 1. La nasalizzazione graficamente non si esprime. I mutamenti della vocale e sonocome in tardosumerico.

Tabella 8: paradigma di coniugazione verbale

Verbo transitivo g ar “porre”

42

Aspetto perfettivopersona senza

oggetto“me” “te” “lui”

s.att.“lui,loro”

s.pass.“noi” “voi” “loro”

s.a.p.det.

I p.s.

II p.s.

III p.s.s.att.

III p.s.s.p. e pl.

mu-g ar

mu(-e)-g ar

mu-n-g ar

mu-b-g ar

-

mu(-e)-g ar-en

mu-n-g ar-en

mu-b-g ar-en

mu-g ar-en

-

mu-n-g ar-en

mu-b-g ar-en

mu-n-g ar

mu-n-e-g ar ?

mu-n-g ar

mu-n-g ar(mu-b-g ar)

mu-b-g ar

mu-b-e-g ar ?

mu-b-g ar(mu-n-g ar)

mu-b-g ar

-

mu(-e)-g ar-enden

mu-n-g ar-enden

mu-b-g ar-enden

mu-g ar-enzen

-

mu-n-g ar-enzen

mu-b-g ar-enzen

mu-g ar-eš

mu(-e)-g ar-eš

mu-n-g ar-eš

mu-b-g ar-eš

I p.p.

II p.p.

III p.pl.det.

mu-me-g ar

?

mu-n-g ar-eš

-

?

-

*mu-me-g ar-en

-

-

?

?

-

?

?

-

-

?

-

?

?

-

*mu-me-g ar-eš

?

-

forme paleosumeriche

I-II p.s.

I-II p.p.

III p.s.s.att.

III p.s.s.pass.III p.

s.a.det.

mu-g ar

mu(-e)-g ar

mũ-g ar

mu-g ar

mũ-gar-e

-

mu(-e)-g ar-e

mũ-g ar-ẽ

mu-gar-ẽ

-

mu-g ar-ẽ

-

mũ-g ar-ẽ

mu-gar-ẽ

-

mũ-g ar

*mu-n-e-g ar ?

mũ-g ar

mu-g ar

-

mu-g ar

*mu-b-e-g ar ?

mũ-g ar

mu-g ar

-

-

mu(-e)-gar-ẽdẽ

mũ-g ar-ẽdẽ

mu-g ar-ẽdẽ

-

mu-g ar-ẽzẽ

-

mũ-g ar-ẽzẽ

mu-g ar-ẽzẽ

-

mu-g ar-e

mu(-e)-g ar-e

mũ-g ar-e

mu-g ar-e

-

* E’ possibile anche la forma “egli ti pone” = mu-e-g ar-e , “eglino ti pongono” = mu-e-g ar-ene e simili.

43

Verbo transitivo g ar “porre” Verbointransitivo

nà(d)“stare”

Aspetto imperfettivopersona senza

oggetto“lui”

soc.att. *“lui”

soc.pass.“noi” “voi” “loro”

s.a.p.det.

I p.s.

II p.s.

III p.s.s.att.

III p.s.s.p. e pl.

mu-gar-en

mu-g ar-en

mu-g ar-e

mu-g ar-e

-

-

mu-n-g ar-e ?

mu-n-g ar-e ?

-

-

mu-b-g ar-e

?mu-b-

g ar-e?

-

?

*mu-me-g ar-e ?*mu-me-g ar-e ?

? -

? -

? -

? -

mu-nàd-en

mu-nàd-en

mu-nà(d)

mu-nà(d)

I p.p.

II p.p.

III p.pl. det.

mu-gar-enden

mu-g ar-enzen

mu-g ar-ene

?

?

mu-n-g ar-ene ?

mu-b-g ar-enden

?

mu-b-g ar-ene ?

-

?

*mu-me-g ar-ene ?

? -

? -

? -

mu-nàd-enden

mu-nàd-enzen

mu-nàd-eš

forme paleosumeriche

I-II p.s.

I-II p.p.

III p.s.s.att.

III p.s.s.pass.III p.

s.a. det.

mu-g ar-ẽ

mu-g ar-ẽ

mu-g ar-e

mu-g ar-e

mu-g ar-ene

-

-

mũ-gar-e?

mũ-g ar-e?

mũ-gar-ene ?

-

-

?

?

?

-

-

?

?

?

? -

? -

? - ? -

? -

mu-nàd-ẽ

mu-nàd-ẽ

mu-nà(d)

mu-nà(d)

mu-nàd-e

* E’ possibile anche la forma “egli ti pone” = mu-e-g ar-e , “eglino ti pongono” = mu-e-g ar-ene e simili.

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