La legge della conservazione...

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1 La legge della conservazione dell'energia. Il lavoro. Quando si applica uno sforzo per mettere in moto un oggetto, si dice che si compie lavoro. Se indichiamo con F il vettore che rappresenta lo sforzo (chiamato forza) che agisce su un corpo e con s il vettore che rappresenta lo spostamento che il corpo ha subito (nella direzione dello sforzo) il lavoro è definito dal prodotto della forza per lo spostamento, cioè: L = F s L'unità di misura del lavoro nel Sistema Internazionale è il joule (J). La potenza. Una locomotiva capace di trasportare un treno in due ore da Roma a Napoli è più potente di un'altra locomotiva che impiega tre ore per trainare lo stesso treno sullo stesso percorso. Eppure il lavoro compiuto dalle due locomotive è lo stesso. Infatti le due locomotive stanno trainando lo stesso treno (e quindi agiscono con la stessa forza) e pure lo spostamento è lo stesso. Per esprimere quanto è potente un motore (come quello della locotiva) è necessario conoscere il tempo impiegato per compiere un dato lavoro. Si chiama potenza il rapporto tra il lavoro compiuto e il tempo impiegato a compierlo, cioè: P = t L Dove L è il lavoro sviluppato nell'intervallo di tempo t. Per quanto riguarda l'unità di misura essa si ottiene dalla precedente formula considerando che al numeratore abbiamo joule mentre al denominatore abbiamo secondi. Il risultato della divisione è il watt (W), cioè: 1 W = ondi joule sec 1

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La legge della conservazione dell'energia. Il lavoro. Quando si applica uno sforzo per mettere in moto un oggetto, si

dice che si compie lavoro. Se indichiamo con F il vettore che rappresenta lo sforzo

(chiamato forza) che agisce su un corpo e con s il vettore che rappresenta lo spostamento che il corpo ha subito (nella direzione dello sforzo) il lavoro è definito dal prodotto della forza per lo spostamento, cioè:

L = F • s

L'unità di misura del lavoro nel Sistema Internazionale è il joule

(J). La potenza. Una locomotiva capace di trasportare un treno in due ore da

Roma a Napoli è più potente di un'altra locomotiva che impiega tre ore per trainare lo stesso treno sullo stesso percorso. Eppure il lavoro compiuto dalle due locomotive è lo stesso. Infatti le due locomotive stanno trainando lo stesso treno (e quindi agiscono con la stessa forza) e pure lo spostamento è lo stesso.

Per esprimere quanto è potente un motore (come quello della locotiva) è necessario conoscere il tempo impiegato per compiere un dato lavoro.

Si chiama potenza il rapporto tra il lavoro compiuto e il tempo impiegato a compierlo, cioè:

P =tL

∆∆

Dove ∆L è il lavoro sviluppato nell'intervallo di tempo ∆t.

Per quanto riguarda l'unità di misura essa si ottiene dalla precedente formula considerando che al numeratore abbiamo joule mentre al denominatore abbiamo secondi. Il risultato della divisione è il watt (W), cioè:

1 W = ondi

joule

sec1

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L'energia. L'energia è qualcosa che non è materiale (non ha massa e non

occupa spazio), ma che gioca un ruolo importante in tutti i fenomeni. La combustione, ad esempio, libera energia luminosa ed energia termica.

L'energia può essere definita come la capacità di compiere un lavoro.

Sono note varie forme di energia (cinetica, luminosa, termica,

elettrica, ecc.) e si verificano continuamente trasformazioni da una forma di energia all'altra. Per esempio, in una lampadina accesa l'energia elettrica si trasforma in energia luminosa; strofinando forte le mani trasformiamo energia cinetica in energia termica; ecc.

Ogni fenomeno chimico è accompagnato da trasformazioni di energia.

Le reazioni chimiche più note sono quelle di combustione, che comportano la trasformazione di energia chimica in calore, luce, movimento. Tutti noi, in vari momenti della giornata, ricorriamo a reazioni di combustione per avere a disposizione energia: ad esempio utilizziamo la benzina per far muovere le nostre auto.

Le reazioni chimiche endotermiche sono quelle che comportano un assorbimento di energia dall'esterno.

Le reazioni chimiche come quelle della combustione, che liberano energia all'esterno sono dette esotermiche.

A partire dagli studi e dagli esperimenti di Meyer e di Joule vissuti nell''800, fu possibile enunciare la legge di conservazione dell'energia: nel corso dei fenomeni l'energia non si crea né si distrugge, ma solo si trasforma.

L'energia cinetica e l'energia potenziale Se diamo un colpo ad una palla da biliardo, la palla inizia a

muoversi. Questo avviene per via della forza con cui l'asta in movimento ha colpito la palla. Siccome abbiamo una forza e uno spostamento, abbiamo compiuto lavoro (L = F • s). Il movimento dell'asta ha avuto quindi la capacità di compiere lavoro.

Poiché la capacità a compiere lavoro è chiamata energia, l'asta in movimento deve essere dotata di energia. Questo tipo di energia è detta cinetica. In generale l'energia cinetica (o energia di movimento) è la capacità che ha un corpo a compiere lavoro in virtù del proprio movimento.

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Se indichiamo con m la massa del corpo e con v la sua velocità, l'energia cinetica è data da:

Ecin = ½ ⋅ m · v2

Consideriamo adesso una palla posta su un tavolo avente una

certa altezza. Immaginiamo di farla rotolare quanto basta per farla cadere. Cadendo, la palla acquista velocità, e quindi energia cinetica. Anche se non ce ne accorgevamo, il fatto che la palla stesse ferma sul tavolo a una certa altezza implicava che già c'era una capacità a compiere lavoro, perché a causa della caduta si è generata energia cinetica, cioè, appunto, capacità di compiere lavoro in virtù del movimento.

In altre parole, anche quando la palla era ancora ferma sul tavolo c'era già un'energia. Si trattava però di una energia dovuta solo alla posizione della palla (e precisamente alla sua altezza dal suolo). Questo tipo di energia è chiamata potenziale. L'energia potenziale è l'energia che un corpo può possedere semplicemente in virtù della sua posizione.

Nel caso di un corpo di massa m posto a una certa altezza h, si ha:

Epot = m · g · h

dove g = 9,8 m/s2 è l'accelerazione di gravità.

L'energia meccanica Quando la palla cade, l'energia potenziale si trasforma via via in

energia cinetica. Alla fine della caduta l'energia potenziale iniziale si è trasformata tutta in energia cinetica.

Però attenzione! Per il principio di conservazione dell'energia, l'energia si può solo trasformare: non si possono avere diminuzioni o aumenti dell'energia totale. Questo significa che la somma dell'energia cinetica e dell'energia potenziale deve rimanere costante durante un fenomeno come la caduta di una palla: se l'energia cinetica aumenta ci deve essere una diminuzione dell'energia potenziale affinché l'energia totale (cinetica + potenziale) non vari. La somma dell'energia cinetica più energia potenziale è chiamata energia meccanica:

Emecc = Ecin + Epot

Poiché l'energia rappresenta capacità a compiere lavoro, la sua unità di misura è la stessa del lavoro: il joule.

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Il primo principio della termodinamica Energia interna. Consideriamo i seguenti due modi, tra i tanti possibili, di

aumentare la temperatura di un gas: 1) mettiamo una certa quantità di gas in un recipiente ben chiuso.

A questo punto mettiamo il recipiente contenente il gas su una fiamma. Potremo verificare con un termometro che la temperatura del gas aumenta.

Inserire disegno del recipiente e della fiamma

2) Mettiamo del gas in un cilindro e comprimiamolo agendo su un pistone. Anche in questo caso un termometro mostrerà un aumento di temperatura. Per esempio, comprimendo l'aria di una pompa per bicicletta notiamo che la pompa si riscalda (perché l'aria all'interno si è riscaldata).

Inserire disegno del pistone

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Nel caso 1) si è ceduta energia al gas (energia termica) senza l'impiego di nessuna forza, cioè senza compiere lavoro.

Nel caso 2) si è ceduta energia al gas impiegando una forza che per comprimere il gas; quindi si è compiuto lavoro.

In entrambi i casi l'energia interna del gas è aumentata. L'energia interna di un gas perfetto è la capacità del gas a compiere lavoro in virtù della sua temperatura.

In prima approssimazione anche per un gas non perfetto o per un altro corpo, l'aumento di temperatura implica un aumento di energia interna.

Per esempio, nei vecchi treni a vapore l'elevata temperatura della caldaia permetteva il movimento del treno, cioè, appunto, la produzione di lavoro.

Agitazione termica e definizione microscopica di energia

interna Abbiamo detto che un gas più caldo ha più energia interna, cioè

più capacità a compiere lavoro (per esempio, solo quando la caldaia di un treno a vapore è sufficientemente calda il treno inizia a muoversi).

Più è alta la temperatura, maggiore è la velocità dei moti degli atomi e molecole (agitazione termica).

Inserire disegno sull'agitazione termica

Dal punto di vista microscopico l'energia interna è definita come

l'energia totale di tutti gli atomi e le molecole di un corpo. Più precisamente l'energia interna è la somma dell'energia cinetica degli atomi e delle molecole a cui va aggiunta l'energia potenziale dovuta alle loro interazioni.

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Il gas perfetto è un gas in cui si possono trascurare le interazioni tra atomi e molecole. Quindi l'energia interna di un gas perfetto è dovuta solo all'energia cinetica di atomi e molecole, cioè è dovuta solo all'agitazione termica. L'energia interna di un gas perfetto dipende quindi solamente dalla temperatura.

Il calore Ritornando ai due esempi precedenti in cui riscaldavamo il gas,

in entrambi i casi si è ceduta energia al gas (aumentando la sua energia interna). Nel caso 1) non si era compiuto lavoro, mentre nel caso 2) si era compiuto lavoro. Nel primo caso si dice che abbiamo ceduto calore al gas (utilizzando una fiamma calda). Nel secondo caso che abbiamo prodotto lavoro sul gas (comprimendolo con un pistone).

Il calore è l'energia trasferita semplicemente in virtù di una differenza di temperatura, tra un corpo più caldo e un corpo più freddo (infatti nel caso 1 si trasferisce energia dalla fiamma calda al gas freddo).

La caloria Quando aumentiamo la temperatura di un po' di acqua mediante

un fornello, stiamo cedendo calore. Si tratta infatti di un trasferimento di energia dalla fiamma (più calda) all'acqua (più fredda) senza l'impiego di nessuna forza.

La caloria è una delle unità di misura del calore. La caloria è la quantità di calore che è necessario cedere a 1 g di acqua per aumentare di un grado la sua temperatura.

Calore e lavoro sono solo due modi differenti di trasferire energia, ma sempre di energia si tratta. Il calore, quindi, deve poter essere misurato anche in joule. Per sapere a quanti joule corrisponde una caloria sono stati fatti molti esperimenti, per esempio compiendo lavoro su 1 kg di acqua e misurando l'aumento di temperatura. Gli esperimenti hanno permesso di trovare che:

1 caloria = 4,186 joule

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Lavoro compiuto sul sistema e lavoro compiuto dal sistema Abbiamo visto che comprimendo un gas si compie lavoro su di

esso (e infatti aumenta la sua energia interna). Si dice allora che si sta compiendo lavoro sul sistema. Il sistema è in questo caso il gas.

Viceversa, se il gas si espande, è esso che compie lavoro verso l'ambiente esterno, e quindi la sua energia interna diminuisce. In questo caso si tratta di lavoro compiuto dal sistema.

Primo principio della termodinamica Abbiamo visto che se si cede calore a un sistema (per esempio a

una certa quantità di gas) allora la sua energia interna aumenta. Se invece il sistema compie lavoro verso l'esterno la sua energia interna diminuisce. Siccome l'energia non si può creare né distruggere, la variazione di energia interna di un sistema è esattamente uguale all'energia scambiata con l'ambiente sotto forma di calore o lavoro (primo principio della termodinamica). Se indichiamo con U la variazione di energia interna durante un fenomeno, con Q il calore ceduto al sistema e con L il lavoro compiuto dal sistema, il primo principio della termodinamica si può scrivere come:

U = Q - L

Questo principio lo abbiamo ricavato considerando che l'energia non si crea né si distrugge. Esso è quindi una forma di esprimere il principio di conservazione dell'energia.

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Conduttori e isolanti Il calore si può trasferire in vari modi. Per esempio, nel caso

della fiamma è l'aria riscaldata dal fuoco che trasporta calore al corpo posto al di sopra della fiamma stessa.

La propagazione del calore da un'estremità all'altra di una barra di ferro è chiamata conduzione di calore.

Il calore si propaga molto velocemente attraverso i metalli e altri materiali. Invece si propaga molto lentamente attraverso il vetro, la porcellana, il legno, ecc. I materiali in cui si ha una veloce propagazione del calore si dicono conduttori. I materiali in cui la propagazione del calore avviene lentamente sono detti isolanti.

Per esempio, si preferisce cuocere gli alimenti in pentole di metallo anziché in recipienti di terracotta; infatti il calore della fiamma viene immediatamente trasferito dalla pentola metallica al cibo.

Però, una volta riscaldato, il cibo si mantiene più caldo se conservato in un recipiente di terracotta, perché questo materiale trasferisce più lentamente il calore dal cibo all'ambiente esterno.

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Il secondo principio della termodinamica Attrito Il primo principio della termodinamica e il principio di

conservazione dell'energia dicono, in sostanza, che l'energia non si crea né si distrugge ma solo si trasforma. Per esempio, se lasciamo cadere un oggetto da una certa altezza l'energia potenziale diminuisce trasformandosi via via in energia cinetica; comunque l'energia meccanica (en. cinetica + en. potenziale) si mantiene costante.

Questo fatto però è vero solo in assenza di attriti e, più in generale, in assenza di forze dissipative.

Per esempio, supponiamo di lasciar cadere un sasso in acqua, anziché nel vuoto. In tal caso la caduta del sasso sarà rallentata dalla presenza dell'acqua. Il risultato è che la diminuzione dell'energia potenziale durante la caduta non è ben bilanciata dall'aumento dell'energia cinetica, perché la velocità di caduta si mantiene piuttosto bassa. Ebbene, in questo caso l'energia meccanica non si conserva: alla fine della caduta l'energia meccanica sarà diversa da quella iniziale (per la precisione sarà minore di quella iniziale). Ciò è dovuto al fatto che una parte dell'energia potenziale del sasso è dissipata per aumentare l'agitazione termica delle molecole dell'acqua (e quindi si ha un impercettibile aumento di temperatura dell'acqua).

Inserire disegno del sasso che cade dentro l'acqua.

In quest'esempio l'en. meccanica non si conserva perché

a causa dell'attrito con l'acqua una parte dell'energia si trasforma in energia termica.

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Diciamo, in generale, che in presenza di attriti (come quello dovuto all'acqua nell'esempio precedente) non vale più il principio di conservazione dell'energia meccanica.

Invece il principio di conservazione dell'energia (totale) vale sempre: non si considera solo l'energia meccanica (cinetica + potenziale) ma anche le altre forme di energia, per esempio l'energia termica (come quella associata all'agitazione termica dell'acqua durante la caduta di un sasso).

Secondo principio della termodinamica Abbiamo detto che l'energia si può convertire da una forma

all'altra: l'importante è che la somma delle varie forme di energie si conservi durante il fenomeno.

Però, sfortunatamente, il calore contenuto in un corpo non si può trasformare tutto in lavoro. Per esempio, nei treni a vapore l'elevata temperatura dell'acqua produceva vapore (per effetto dell'ebollizione), che uscendo a forte pressione faceva girare le ruote. Però non tutto il calore dell'acqua (che a sua volta proveniva dalla combustione del carbone) si trasformava in lavoro. Un parte infatti era dissipata nel riscaldamento degli ingranaggi a causa degli attriti. Per quanto si lubrifichino tali ingranaggi con oli, l'attrito non può essere eliminato del tutto. Se fosse stato possibile trasformare tutto il calore in lavoro sarebbe stato necessario molto meno carbone per far muovere i treni a vapore.

Un altro esempio è costituito dalla combustione della benzina in un automobile. A causa dell'attrito dei pistoni e degli ingranaggi, una parte dell'energia termica della combustione è dissipata nel riscaldamento inevitabile del motore, e persino dei pneumatici

Questo fenomeno della dissipazione inevitabile è una legge della fisica (secondo principio della termodinamica): non è possibile costruire una macchina termica che trasformi integralmente il calore in lavoro.

Rendimento di una macchina Sebbene lucidando e lubrificando bene le parti di un motore si

possa aumentare il rendimento, questo si manterrà sempre minore di 1, cioè una parte del calore verrà dispersa (o dissipata).

Una riflessione Se ci si basasse solamente sul primo principio della

termodinamica (che in sostanza rappresenta una maniera di enunciare il principio di conservazione dell'energia) sarebbe possibile

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trasformare tutto il calore della combustione in lavoro, e quindi per esempio costruire una macchina con rendimento 1. Essa avrebbe il minimo consumo possibile (perché, per esempio, tutta la benzina verrebbe utilizzata solo per far muovere la macchina).

Però il secondo principio della termodinamica impedisce la realizzazione di macchine con attrito zero, e quindi con rendimento 1.

Se non esistesse il secondo principio della termodinamica sarebbe persino possibile trasformare l'energia termica dei mari in lavoro, e far muovere per esempio le navi senza impiegare nessun combustibile.

Molte cose che sarebbero permesse dal primo principio della termodinamica non si verificano nella realtà a causa dell'esistenza anche del secondo principio.

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Le leggi dei gas e il vapore Gli stati fisici della materia La materia si presenta in tre diversi stati fisici: aeriforme,

liquido , solido. Lo stato aeriforme si divide in due stati: stato gassoso e stato di vapore.

Una sostanza è allo stato gassoso se le particelle (atomi, ioni o molecole) non sono legate tra loro da alcun legame chimico e quindi ogni particella può muoversi indipendentemente dalle altre. Le particelle di un gas si muovono continuamente in ogni direzione, e nel loro moto raggiungono ogni angolo del recipiente che le contiene.

Volume e pressione di un gas Il volume di un gas è il volume messo a disposizione per il loro

movimento. E' facile far variare il volume di un gas: basta aumentare o diminuire il volume in cui le particelle sono libere di muoversi. I gas possono essere facilmente compressi o espansi. Il volume di un gas si esprime in metri cubi (m3), anche se spesso si utilizzano i litri (l). Un litro è uguale a 1 decimetro cubo (dm3), che a sua volta è uguale a un millesimo di metro cubo, cioè:

1 l = 1 dm3 = 0,001 m3

Riassumendo possiamo dire che un gas è caratterizzato

dall'avere la forma e il volume del recipiente che lo contiene. Le particelle di un gas sono sempre in movimento, continuo e

casuale. Nel corso dei loro spostamenti le particelle del gas, prima o poi, urtano contro le pareti del recipiente, rimbalzando. Ogni volta che urtano contro le pareti imprimono una spinta esercitando una forza. La forza esercitata sull'unità di superficie è la pressione. Chiamiamo allora pressione di un gas la pressione che le particelle del gas creano urtando contro le pareti del recipiente. Nel S.I. la pressione si misura in Pascal (Pa):

1 Pa = 1 N/m2

Un'altra unità di misura è l'atmosfera (atm), che rappresenta la

normale pressione dell'aria al livello del mare. Anche il bar (e il millibar) è un'unità di misura della pressione.

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Trasformazioni a temperatura costante: legge di Boyle Prendiamo un recipiente costituito da un cilindro cavo dotato di

un pistone, mobile ma che non lascia sfuggire il gas. Supponiamo che il volume V iniziale del recipiente sia di 4 litri e la pressione P del gas sia di un'atmosfera. Abbassiamo il pistone riducendo il volume a soli 2 litri. Poiché il numero di urti per unità di superficie del recipiente aumenta, la pressione aumenta a 2 atmosfere. Più riduciamo volume, più aumenta la pressione. Viceversa, se espandiamo il gas, aumentandone il volume sollevando il pistone, la pressione diminuisce.

Queste trasformazioni le abbiamo fatte senza far cambiare la temperatura, cioè a temperatura costante, trovando che la pressione e il volume di un gas sono inversamente proporzionali (legge di Boyle).. Quando due grandezze sono tra loro inversamente proporzionali il loro prodotto è costante. Possiamo perciò esprimere la legge di Boyle con la formula:

P ⋅ V = costante.

Trasformazioni a volume costante: legge di Charles Supponiamo che la temperatura T del gas dell'esempio

precedente sia 273 K (cioè 0°C). Fermiamo ora il pistone in modo che non possa muoversi, in maniera cioè che il volume sia sempre costante. Riscaldiamo il gas, portandolo a una temperatura maggiore. In questo modo l'energia interna del gas aumenta, e questo si manifesta in una maggiore energia cinetica delle molecole. Queste urtano contro le pareti con maggiore forza e frequenza. Il risultato è

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quindi un aumento di pressione. Se invece facciamo raffreddare il gas (sempre mantenendo costante il volume) la pressione diminuisce. Troviamo quindi: a volume costante, la pressione e la temperatura sono direttamente proporzionali (legge di Charles).

Quando due grandezze sono tra loro direttamente proporzionali il loro rapporto è costante. Quindi:

= costante.

Trasformazioni a pressione costante: legge di Gay-Lussac Liberiamo di nuovo il pistone, in maniera che possa spostarsi.

Se la spinta con cui agiamo dall'esterno sul pistone non cambia (per esempio ponendo un certo numero fissato di pesetti sopra di esso) la pressione del gas rimane costante. Riscaldiamo il gas: le molecole tenderanno a muoversi più velocemente e ciò determinerà l'espansione del gas, cioè l'aumento del volume.

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All'aumentare della temperatura il volume è aumentato. Se diminuiamo la temperatura il pistone ritorna a scendere, e quindi diminuisce il volume. Quindi: a pressione costante la temperatura e il volume sono direttamente proporzionali (legge di Gay-Lussac).

Questo si può esprimere con la formula:

= costante.

I gas perfetti e la loro equazione di stato. Le leggi di Boyle, di Charles e di Gay-Lussac sono tanto meglio

verificate quanto più è rarefatto un gas, cioè quando abbiamo poche molecole di gas in un certo volume, così da poterne trascurare gli urti.

Un gas perfetto è un gas che è talmente rarefatto da poter trascurare le interazioni tra le molecole e cui si verificano le leggi di Boyle, di Charles e di Gay-Lussac.

In normali condizioni di pressione, l'aria si può considerare un gas perfetto, e si verificano le tre leggi dei gas.

Per esempio, se comprimiamo dell'aria facendo in modo che la sua temperatura rimanga costante, la pressione segnata da un manometro aumenta. Un modo per tenere costante la temperatura dell'aria durante la compressione potrebbe essere quello di immergere il recipiente in un vaso pieno di ghiaccio: questo impedirà al gas di riscaldarsi durante la compressione. In questo modo si potrebbe fare una verifica della legge di Boyle.

Quando invece gonfiamo le ruote della bicicletta, stiamo aumentando il numero di molecole di gas contenute nel volume delle gomme, aumentando così la pressione. Questo fa riscaldare le gomme. Si tratta di un modo di una verifica della legge di Charles.

Mettendo insieme le tre leggi dei gas perfetti, si ottiene un'equazione che collega tra loro la pressione P, il volume V e la temperatura T. Si tratta della equazione di stato dei gas perfetti:

P ⋅V = n R T

In questa equazione, n è il numero di moli e R è un numero

costante (chiamato costante universale dei gas). Ricordiamo che una mole è quella quantità di materia che contiene 6,022⋅1023 particelle.

Alcune sostanze allo stato aeriforme A temperatura ambiente sono allo stato aeriforme l'ossigeno

(che si presenta come molecola O2), l'azoto (come molecola N2),

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l'idrogeno (come molecola H2) e altri elementi. Inoltre, a temperatura ambiente, sono allo stato aeriforme l'anidride carbonica o biossido di carbonio (CO2), l'ossido o monossido di carbonio (CO), l'ammoniaca (NH3), l'acido cloridrico (HCl), ecc.

Un gas viene definito soffocante se in esso non si può respirare

per mancanza di ossigeno. Se per esempio si è in un ambiente in cui si è eliminato l'ossigeno dall'aria, e questa contiene soltanto azoto e anidride carbonica, si soffoca per mancanza di ossigeno.

Un gas si dice tossico se si lega all'emoglobina del sangue rendendola incapace di trasportare l'ossigeno. L'ossido di carbonio (CO) prodotto nei gas di scarico di un automobile è tossico.

Un gas si dice irritante se brucia o irrita la pelle o i tessuti del tratto respiratorio. In genere ha un odore penetrante e un effetto irritante. Tra questi gas ricordiamo l'acido cloridrico, il cloro, l'ammoniaca.

L'ara che respiriamo è formata da - 80% di azoto - 20% di ossigeno - tracce di anidride carbonica e altri gas. Numero di Avogadro Una mole di una sostanza contiene

6,022 ⋅ 1023

particelle (atomi, ioni o molecole). Questo grandissimo numero è il cosiddetto numero di Avogadro.

Ipotesi di Avogadro L'ipotesi di Avogadro, dimostrata poi sperimentalmente,

afferma che volumi uguali di gas, nelle stesse condizioni di temperatura e pressione, contengono lo stesso numero di molecole.

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Gas e vapori La differenza fondamentale che esiste tra lo stato aeriforme e gli

stati liquido e solido, è che nello stato aeriforme le particelle non sono legate tra di loro, mentre negli altri due stati le particelle sono legate tra loro da legami chimici, più o meno forti. Quando le particelle di una sostanza allo stato aeriforme si legano tra di loro, abbiamo il passaggio allo stato liquido e allo stato solido.

Ma anche se sottoponiamo un gas a una pressione molto alta, non abbiamo il passaggio allo stato liquido. Questo perché l'energia cinetica delle particele del gas è più alta rispetto all'energia dei legami che potrebbero formare. Quindi un gas non liquefa, neanche mediante compressione.

Ma se riduciamo la temperatura del gas, l'energia cinetica delle sue particelle diminuisce. Abbassando la temperatura al di sotto di un certo valore sarà possibile la liquefazione comprimendo il gas, cioè aumentando la pressione. Questo valore di temperatura dipende dal gas considerato e viene chiamato temperatura critica. Un aeriforme che può essere liquefatto per compressione si chiama vapore.

Abbiamo allora che: a) un gas è un aeriforme che si trova al di sopra della sua

temperatura critica; un gas non può essere liquefatto per sola compressione;

b) un vapore è un aeriforme che si trova al di sotto della sua temperatura critica; un vapore può essere liquefatto per sola compressione;

c) un gas può essere trasformato in vapore raffreddandolo al di sotto della temperatura critica. Un vapore può essere trasformato in gas riscaldandolo al di sopra della sua temperatura critica.

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Elettricità

Le proprietà elettriche della materia determinano forze di attrazione e di

repulsione. Tali proprietà, raggruppate sotto il nome di elettricità , sono utilizzate nella vita di tutti i giorni, per esempio per far muovere apparecchiature (ventilatori, frullatori, rasoi elettrici, ecc.), per illuminare o riscaldare ambienti (lampadine, stufe, ecc.) e per molti altri scopi.

Quando mettiamo in moto elettricamente un attrezzo trasformiamo energia elettrica in lavoro; quando illuminiamo una stanza si trasforma energia elettrica in energia luminosa; quando riscaldiamo un ambiente l'energia elettrica è trasformata in calore, ecc.

Cerchiamo le origini di questa energia elettrica, cominciando a studiare le forze elettriche o elettrostatiche.

Elettrizzazione per strofinio Se strofiniamo una penna con un panno di lana si può notare che la penna

acquista la capacità di attrarre corpuscoli molto leggeri (per esempio dei pezzettini di carta). La stessa cosa avviene strofinando un pezzo di pellicola trasparente per alimenti, un oggetto di ambra o di ebanite, una bacchetta di gomma o di plastica. Si dice che tali corpi sono stati elettrizzati per strofinio.

Un modo molto efficace per notare se un oggetto è elettrizzato è quello di appendere un pezzettino di sughero o di legno molto leggero a un filo di seta e avvicinare a esso l'oggetto elettrizzato. In questo modo si può vedere che anche i materiali vetrosi (vetro, porcellana) strofinati con una pezza di seta, si elettrizzano (per il vetro l’effetto è difficile da osservare).

Attrazione tra una bacchetta di plastica elettrizzata e un pezzetto di legno appeso a un filo di seta

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Elettrizzazione positiva (o vetrosa) e elettrizzazione negativa (o resinosa) Adesso supponiamo di elettrizzare per strofinio una striscia di pellicola

trasparente per alimenti e poi una penna. Tenendo la striscia trasparente sospesa da un'estremità avviciniamogli la penna senza metterli in contatto: noteremo che la striscia sarà respinta dalla penna.

Strofiniamo nuovamente la striscia di pellicola. Stavolta avviciniamogli una bacchetta di vetro, elettrizzata strofinandola con della seta. Noteremo in questo caso una leggera attrazione tra la pellicola di plastica trasparente e la bacchetta di vetro.

Tutto ciò significa che esistono due tipi di elettrizzazione: quella resinosa (tipica della plastica, gomma, ambra, ebanite,…) e quella vetrosa (vetro, porcellana,...). Si può anche dire che questi corpi elettrizzati hanno acquistato carica elettrica. Nel caso dell'elettrizzazione resinosa si dice che si tratta di carica negativa, mentre nel caso di elettrizzazione vetrosa si parla di carica positiva.

Gli oggetti che sono elettrizzati con cariche dello stesso tipo (o segno) si respingono. Quelli elettrizzati con cariche di segno opposto si attraggono.

Oggi è noto che anche nelle parti più piccole di cui sono costituiti gli elementi, cioè negli atomi, vi sono sia cariche positive (i protoni dei nuclei atomici) che cariche negative (gli elettroni che si muovono negli orbitali intorno al nucleo). Mediamente la carica positiva eguaglia quella negativa, e quindi i corpi sono generalmente neutri, cioè con carica totale nulla. Però, con certi sistemi, come per esempio strofinando, si può creare un eccesso di cariche positive o negative negli oggetti, o in parti di essi. E' così che gli oggetti si elettrizzano. Per esempio, per strofinio si trasferiscono elettroni dalla lana alla plastica, e quindi la plastica si carica negativamente.

Elettrizzazione per contatto Tocchiamo con le dita il pezzetto di legno appeso al filo di seta, in modo da

scaricarlo, nell'eventualità in cui fosse elettrizzato. Avviciniamo al pezzetto di legno una penna elettrizzata per strofinio. Il pezzetto di legno, essendo un corpo leggero, viene attratto, come succedeva con i pezzetti di carta. Se però mettiamo in contatto il pezzetto di legno con la penna, dopo il contatto esso sarà respinto. Questo avviene perché una parte delle cariche (negative) della penna sono passate, per contatto, al legnetto. Adesso, essendo i due copri dotati di carica dello stesso segno essi si respingono. Questo tipo di elettrizzazione è detta per contatto.

L'elettroscopio a foglie e l'elettrizzazione per induzione L'elettroscopio a foglie è costituito da due lamine metalliche leggerissime (un

tempo si utilizzavano foglie di oro) sovrapposte e sospese verticalmente a una estremità di un'asta di metallo. L'altra estremità dell'asta è a forma di sfera e il tutto è sorretto da un supporto (di vetro) chiuso per evitare che le foglie siano mosse da correnti d'aria.

La presenza di un corpo elettrizzato in vicinanza della sfera dell'elettroscopio fa divaricare le foglie. Questo avviene perché le lamine acquistano entrambe cariche dello stesso segno. Ciò è dovuto al fatto che avvicinando, per esempio, un oggetto carico negativamente, gli elettroni (negativi) dell'elettroscopio sono respinti dall'oggetto e si concentrano nella zona in cui ci sono le foglie metalliche. Queste, avendo acquistato cariche dello stesso si segno si respingono tra loro. Nel caso in cui alla sfera dell'elettroscopio viene avvicinato un corpo carico positivamente gli elettroni dell'elettroscopio migrano verso l'estremità sferica e le foglie rimangono entrambe con un eccesso di carica positiva; anche in questo caso, avendo la stessa carica, le lamine si respingono e si divaricano.

Questo tipo di elettrizzazione è detta elettrizzazione per induzione.

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Disegno di un elettroscopio a foglie.

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Materiali conduttori di elettricità e materiali iso lanti L'elettrizzazione per induzione dell'elettroscopio avviene perché l'asta è fatta di

metallo, che permette la migrazione delle cariche. Un materiale in cui le cariche si possono muovere facilmente è chiamato conduttore di elettricità (o di corrente). In caso contrario, cioè quando le cariche non si possono muovere da una parte all'altra del corpo, si hanno materiali isolanti. I metalli sono buoni conduttori di elettricità. Infatti, ad esempio i fili elettrici sono fatti di rame che, insieme all'argento, è uno dei migliori conduttori di elettricità. Il legno, la gomma, la plastica, il vetro, la ceramica sono invece esempi di materiali che sono dei cattivi conduttori, cioè che sono isolanti elettrici. Una curiosità da notare è che, generalmente, i buoni conduttori di elettricità sono anche buoni conduttori di calore.

I fili della corrente vengono rivestiti di plastica o gomma per evitare che toccandoli si possa prendere la scossa. Questa corrisponderebbe al passaggio di una grande quantità di cariche elettriche (elettroni) dal filo al nostro corpo.

Per evitare che la corrente elettrica trasportata dai fili passi ai pali e si disperda a terra, i fili sono tenuti da oggetti di vetro o porcellana (spesso di colore bianco) che fungono da isolanti, oppure si utilizzano pali di legno.

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Differenza di potenziale elettrico Per capire il concetto di differenza di potenziale, consideriamo un corpo sospeso

a una certa altezza. Come sappiamo esso è dotato di una certa energia potenziale. Grazie a ciò, esso è capace di compiere lavoro, perché a causa della forza di gravità (o campo gravitazionale) il corpo può cadere fino al suolo, dove avrà energia potenziale nulla. Si può anche dire che è stato compiuto lavoro grazie a una differenza di potenziale (d.d.p.) tra il punto in cui l'oggetto si trovava sospeso (dove c'era una certa energia potenziale) e il suolo (dove l'energia potenziale è minore [zero, per la precisione]).

Nel caso precedente è la forza di gravità a determinare il movimento di caduta del corpo.

Nel caso delle cariche elettriche, è la forza elettrica (per esempio quella di attrazione tra cariche opposte) che causa il loro movimento, anziché la forza gravitazionale. La differenza di potenziale che permette il moto delle cariche elettriche (per esempio attraverso un filo di rame o attraverso l'asta dell'elettroscopio) è chiamata differenza di potenziale elettrico. Analogamente al caso della caduta di un corpo, anche durante il movimento delle cariche tra un punto a potenziale più alto e un punto a potenziale più basso è compiuto lavoro.

Dunque, affinché avvenga il movimento di cariche è necessario avere una d.d.p. elettrica. Per esempio, per far circolare delle cariche, cioè dell'elettricità, in un filo è necessario che tra gli estremi del filo ci sia un generatore di d.d.p.

Analogia tra la d.d.p. gravitazionale e la d.d.p elettrica. Una pila è un esempio di generatore di d.d.p. Essa permette il passaggio della

corrente elettrica. E' la corrente elettrica che ci permette di accendere una lampadina. La differenza di potenziale si misura in volt (V) . Maggiore è il numero di volt (o

voltaggio) maggiore è il lavoro che la corrente può compiere. Le normali pile cilindriche forniscono ciascuna una d.d.p. di 1,5 V. Le pile piatte

forniscono 4,5 V. La corrente delle nostre case è a 220 V. La corrente elettrica Così come l'acqua scorre attraverso un tubo dai punti più in alto ai punti più in

basso, analogamente la corrente elettrica è un flusso di cariche che passano attraverso un conduttore andando dal polo positivo del generatore (potenziale elettrico maggiore) al polo negativo (potenziale elettrico minore). Questo flusso, dal polo positivo al polo negativo, stabilisce il verso di circolazione della corrente elettrica, come se si trattasse di cariche positive in movimento, attratte dal polo negativo. Nella realtà, sono gli elettroni

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(negativi) le uniche cariche che possono muoversi in un filo conduttore, ed essi circolano in senso opposto, cioè dal polo negativo al polo positivo.

Maggiore è il numero di cariche che passano in un certo tempo, maggiore è l'intensità di corrente. L'intensità di corrente si misura in ampere (A).

Il passaggio di corrente.

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La resistenza elettrica Abbiamo detto che la corrente elettrica in un filo consiste in un flusso di elettroni.

Questo flusso avviene a causa della d.d.p. creata da un generatore (per esempio una pila). Il movimento di ogni elettrone è in realtà molto disordinato perché l'elettrone si

muove tra gli atomi del reticolo cristallino. Gli urti, la tendenza degli elettroni a rimanere intorno ai nuclei e l'agitazione termica, rallentano questo flusso di elettroni. La resistenza elettrica è la diminuzione del flusso di cariche elettriche.

Nei corpi che sono conduttori di elettricità, le cariche riescono a spostarsi da un punto all'altro piuttosto facilmente. Quindi la resistenza è piccola. Nei corpi che sono cattivi conduttori di elettricità (o isolanti) gli elettroni si spostano con molta difficoltà, e quindi solo con grandi d.d.p. si può ottenere un buon flusso di cariche, cioè una buona intensità di corrente elettrica.

La resistenza elettrica si misura in ohm (ΩΩΩΩ). Un tratto di circuito elettrico dotato di una certa resistenza si indica con il simbolo:

Leggi di Ohm Prima legge di Ohm Consideriamo un tratto di filo. Supponiamo che tra i suoi estremi vi sia una certa

d.d.p. (chiamata anche tensione) che indicheremo con V. Questa d.d.p. tende a far muovere le cariche elettriche attraverso il filo, cioè a far circolare una certa intensità di corrente i. Maggiore è la d.d.p. tra gli estremi del filo e maggiore sarà il numero di cariche elettriche che passano in un certo tempo (cioè maggiore risulterà l'intensità di corrente).

Un tratto di circuito. Abbiamo quindi che la d.d.p. V e l'intensità di corrente i in un tratto di circuito

sono tra loro direttamente proporzionali. Dobbiamo notare comunque che se la resistenza R del filo è elevata (per esempio

perché il materiale di cui il filo è fatto non è un buon conduttore di elettricità) le cariche passeranno con difficoltà, e quindi per avere una certa intensità di corrente sarà necessario applicare una d.d.p. grande.

Questi fatti sono riassunti nella prima legge di Ohm: la d.d.p. V agli estremi di un filo conduttore è direttamente proporzionale all'intensità di corrente i e alla resistenza R:

V = R · i

Seconda legge di Ohm

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La resistenza R dipende innanzitutto dal tipo di materiale, cioè dal fatto che si utilizzino buoni conduttori (resistenza molto piccola) o cattivi conduttori (resistenza molto grande).

Inoltre, la resistenza di un tratto di circuito è minore se il filo è più grosso, cioè se la l'area S della sezione è maggiore, perché così è più facile avere un buon flusso di elettroni. Al contrario, data una certa sezione S del filo, la resistenza aumenta se il filo è più lungo, perché saranno maggiori gli ostacoli al passaggio degli elettroni.

Sezione e lunghezza di un tratto di circuito. Indicando con S l'area della sezione del filo, e con l la sua lunghezza, quello che

abbiamo detto si riassume nella seconda legge di Ohm: la resistenza di un filo conduttore è direttamente proporzionale alla sua lunghezza e inversamente proporzionale alla sua sezione:

R = ρ

Dove ρ è la costante di proporzionalità, il cui valore dipende dal materiale di cui è fatto il conduttore. ρ è chiamata resistenza specifica (o resistività) del materiale. Il rame, che è un ottimo conduttore, ha una resistività molto più bassa di quella della grafite, che è un conduttore piuttosto cattivo.

L'effetto Joule. La lampadina Una lampadina altro non è che un contenitore di vetro, in cui c'è il vuoto, e un filo

di tungsteno (filamento), che è un materiale ad elevata resistività. Il filamento è molto sottile, e inoltre è attorcigliato in modo da essere molto lungo. In questo modo, per la seconda legge di Ohm il filamento avrà una resistenza molto alta. Ciò significa che il passaggio di cariche attraverso il filamento è reso molto difficoltoso. La conseguenza di ciò è che a causa degli urti e del moto disordinato delle cariche la temperatura del filo aumenta: le cariche, rallentando perdono energia cinetica che si trasforma in energia termica del filamento. Questo effetto, per cui l'elevata resistenza fa crescere la temperatura del tratto di circuito, è chiamato effetto Joule. Un corpo ad elevata temperatura diventa incandescente, cioè emette luce. In definitiva una parte dell'energia cinetica delle cariche elettriche è dissipata in calore e luce. E' su questo principio che funzionano le lampadine e le stufe elettriche.

L'energia dissipata per effetto Joule in luce e calore nell'unità di tempo (cioè la potenza) è data dalla formula:

P = V ⋅ i

oppure P = R ⋅ i 2

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Ricordiamo che la potenza si misura in watt. Quindi, i watt di una lampadina rappresentano la potenza dell'energia termica e luminosa della lampadina.

Collegamento di generatori in serie. Per ottenere una elevata d.d.p. si può:

- utilizzare un generatore di elevata d.d.p. - collegare in serie i vari generatori.

Nel secondo caso la d.d.p. totale è data dalla somma delle d.d.p. dei generatori utilizzati.

Per collegare in serie dei generatori basta collegare il polo positivo (+) del primo generatore al polo negativo (-) del secondo, quello positivo del secondo a quello negativo del terzo, e così via, come indicato nella seguente figura nel caso del collegamento di pile:

Pile collegate in serie. Resistenze in serie Mettendo dei pezzi di filo di diversa resistenza uno dopo l'altro la resistenza

totale R aumenta. Precisamente se indiciamo con R1, R2, … le resistenze collegate in serie, si ha:

R = R1 + R2 + …

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Energia, ambiente, società Energia e società Lo sviluppo della civiltà è sempre stato associato all’impiego dell’energia, cioè a

quella “cosa” immateriale che è la capacità a compiere lavoro: è necessaria energia per il trasporto, per costruire, per riscaldare, per illuminare, ecc.

In natura l’energia si trova sotto varie forme. Da una parte è necessario realizzare dei sistemi che permettano di estrarla (per esempio un mulino a vento permette di estrarre l’energia cinetica del vento). Dall’altra, è necessario trasformare l’energia nelle forme più utili (per esempio il calore della caldaia di un treno a vapore doveva essere trasformato in energia cinetica del treno).

Entrambi questi aspetti, estrazione e trasformazione, richiedono lo sviluppo di tecniche che possono essere anche molto elaborate e complesse.

Il primo principio della termodinamica, che è una forma del principio di conservazione dell’energia, ci assicura che l’energia non si può perdere, ma purtroppo nemmeno può essere creata dal nulla. L’energia può essere trasformata da una forma all’altra.

D’altra parte il secondo principio della termodinamica afferma che non è possibile realizzare una macchina termica in grado di trasformare tutto il calore di una caldaia in lavoro meccanico: una parte rimarrà calore, per esempio a causa degli attriti, o se ne andrà in altre forme di energia.

L’uomo ha il conforto del primo principio della termodinamica, ma nei processi di trasformazione dell’energia deve sempre lottare con il secondo principio per limitare al massimo le dissipazioni. L’attrito è solo un esempio di queste dissipazioni. La resistenza elettrica (che poi è sempre dovuta a una forma di attrito che si oppone al movimento delle cariche elettriche) è un altro esempio: se non esistesse resistenza elettrica nei fili, tutta l’energia prodotta in una centrale elettrica sarebbe utilizzata nelle nostre case, senza doverne perdere molta per strada per effetto Joule. Comunque, se non esistesse resistenza elettrica nessuna lampadina potrebbe mai accendersi e nessuna stufa elettrica riscaldare… E se non esistesse attrito non potremmo camminare: scivoleremmo come su una pista di ghiaccio!

I combustibili fossili [tratto dall’Amaldi] La nostra automobile, per funzionare, consuma benzina o gasolio. Qualcuno ha

modificato la propria auto in modo che funzioni con il metano. Gasolio e metano sono anche usati per il riscaldamento delle nostre abitazioni.

Il petrolio (dal quale derivano benzina e gasolio) e il metano, insieme con il carbone, hanno un’origine comune: sono combustibili fossili. Ciò significa che si sono formati, nel corso di milioni di anni, a partire dai resti di antichi organismi che sono rimasti sepolti in un ambiente privo di ossigeno. Non per niente, sia il carbone (che è un minerale solido), sia il petrolio (che è liquido), sia il metano (che è un gas) sono estratti dal sottosuolo.

Sebbene l’uso dei combustibili fossili è relativamente semplice, il loro utilizzo crea due problemi molto gravi: l’inquinamento ambientale e l’esaurimento delle riserve.

Si ritiene che le attuali riserve di petrolio possano durare ancora non più di 100-150 anni. Purtroppo quasi tutte le fonti energetiche che utilizziamo sono, come i combustibili fossili, non rinnovabili . Con questo termine si indicano tutte le fonti energetiche destinate a esaurirsi in un intervallo di tempo più o meno breve.

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Le fonti energetiche rinnovabili [estratto dall’Amaldi] L’ energia solare e l’energia eolica (cioè del vento) sono i due esempi più noti

di fonti energetiche rinnovabili. Con questo termine si indica una fonte di energia che sia disponibile praticamente per sempre.

L’energia solare Solo una minima parte dell’energia che giunge dal Sole è utilizzata direttamente

dall’uomo. Una buona parte viene utilizzata in modo indiretto: tutto ciò che cresce sulla Terra sfrutta l’energia del Sole, per cui quando mangiamo o ci riscaldiamo, bruciamo legna nel camino, non facciamo altro che avvantaggiarci dell’energia solare che mesi o anni prima era giunta sulla Terra.

I due dispositivi più comuni che permettono di utilizzare in modo diretto l’energia del Sole sono i pannelli solari e le celle fotovoltaiche.

I pannelli solari sono dispositivi che sfruttano il calore che proviene dal Sole per riscaldare acqua o altri liquidi che scorrono in apposite condutture. La luce del Sole, incide su una piastra scura, che quindi assorbe calore e che si trova al di sotto di una lastra di vetro. Il vetro ha la proprietà di intrappolare l’energia dei raggi solari riflessi dalla lastra scura posta all’interno del pannello, sotto il vetro. A contatto con la lastra scura si trovano le condutture a serpentina in cui scorre l’acqua, che viene così riscaldata, potendo raggiungere temperature tra 50 °C e 90 °C. Essa può quindi essere utilizzata per impieghi domestici.

Le celle fotovoltaiche sono dispositivi costituiti da materiali semiconduttori di elettricità (come il silicio) che hanno la proprietà di ricavare energia elettrica direttamente dalla luce solare. Le celle fotovoltaiche sono ancora troppo costose per essere utilizzate su ampia scala. Diventano convenienti quando servono per produrre energia elettrica in luoghi in cui non giungono le normali linee elettriche.

L’energia eolica A partire dal 1100 in Europa l’energia eolica è stata utilizzata per macinare il

grano o per sollevare l’acqua per mezzo di mulini a vento. Attualmente l’uso più diffuso dell’energia eolica consiste nella generazione di

energia elettrica per mezzo di opportuni generatori. Un generatore eolico contiene un alternatore, ed è simile alla “dinamo” della bicicletta: trasforma energia cinetica in energia elettrica.

Inconvenienti dell’energia eolica, oltre che la relativamente bassa efficienza, sono l’ inquinamento acustico e le interferenze elettromagnetiche con le trasmissioni radio e televisive, che possono essere evitate utilizzando pale in vetroresina.

L’energia geotermica L’energia geotermica è una fonte rinnovabile che sfrutta il calore che si trova

all’interno della Terra. Nelle regioni in cui il calore interno fuoriesce in superficie, come avviene nei

soffioni boraciferi, nelle sorgenti termali o nei geyser, le acque sotterranee riscaldate dalle rocce ad alta temperatura, possono essere estratte per il riscaldamento domestico (come accade, per esempio, in Islanda) o per produrre energia elettrica. In Italia dal 1904 opera un’importante centrale elettrica geotermica a Larderello (in provincia di Pisa).

I problemi tecnici che si incontrano sono la rarità dei siti geotermici e la presenza di sostanze disciolte nelle acque geotermiche (zolfo, mercurio, boro) che costituiscono un pericolo per l’ambiente e per la salute dell’uomo.

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L’energia nucleare

L’energia nucleare proviene da certi materiali che, pur essendo rari, come l’uranio, sono necessari in quantità talmente ridotta da non essere destinati a un esaurimento in tempi anche molto lunghi.

Le reazioni nucleari sono quei fenomeni, che possono produrre o assorbire energia attraverso processi di trasformazione dei nuclei atomici. Esse sono da distinguere dalle reazioni chimiche, che invece interessano solo la struttura elettronica esterna dell’atomo.

Le reazioni nucleari avvengono a energie molto grandi o in condizioni molto particolari.

Dei due possibili tipi di reazioni nucleari, a fissione e a fusione, solo la fissione nucleare è attualmente impiegata per la produzione di energia elettrica.

La fusione nucleare, su cui sono riversate molte speranze per un futuro ancora lontano, si verifica in natura nei centri delle stelle. Solo a livello sperimentale si è riusciti a produrre reazioni di fusione nucleare controllate (cioè non esplosive).

Fissione nucleare La fissione nucleare (o scissione nucleare) avviene quando, per esempio, un

nucleo atomico di uranio-235 è colpito da un neutrone e si divide in due nuclei atomici più leggeri. La somma delle masse dei nuclei prodotti è un po’ inferiore della massa del nucleo iniziale di uranio. Questo difetto di massa si è trasformato direttamente in energia secondo la relazione di Einstein:

E = m ⋅ c2

(c= 300.000 km/sec è la velocità della luce). La relazione di Einstein afferma che una massa m può “sparire” trasformandosi in energia E. 1

Schema della fissione nucleare dell’uranio.

1 Einstein scoprì quindi che il principio di conservazione della massa non è sempre rigorosamente valido. Invece è sempre valido il principio di conservazione dell’energia, tenendo presente l’equivalenza tra massa ed energia data dalla E = m ⋅ c2.

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Nella scissione nucleare, oltre ai nuclei atomici prodotti dal bombardamento di neutroni si liberano altri neutroni, che a loro volta possono contribuire a scindere altri nuclei di uranio. Il processo, chiamato reazione a catena, avviene in maniera incontrollata nelle bombe atomiche. Avviene invece in maniera controllata2 nelle centrali nucleari, dove il flusso dei neutroni viene limitato da barre di controllo costituite di grafite.

I problemi connessi con l’impiego dell’energia nucleare di fissione sono: - possibilità di incidenti nucleari, con la liberazione di sostanze radioattive; - smaltimento delle scorie radioattive prodotte nelle centrali. In Italia, un referendum ha bloccato la produzione di energia nucleare già dalla

fine degli anni ’80. Fusione nucleare A lunga scadenza, la fonte che molti esperti pensano sia la più promettente per le

centrali da migliaia di megawatt è la fusione nucleare. Sia ha fusione nucleare quando, sotto particolari condizioni di temperatura, due

nuclei atomici si uniscono per formarne uno più grande. Questo tipo di reazioni si verifica in natura soltanto nei centri delle stelle, dove la temperatura raggiunge valori di decine di milioni di gradi, per via dell’enorme pressione esercitata verso il centro dal peso di tutti gli strati stellari sovrastanti. Nel nucleo del Sole la temperatura è di 15 milioni di gradi. A questa temperatura gli atomi sono completamente ionizzati, cioè hanno perso i loro elettroni. La materia risulta quindi formata da nuclei atomici liberi e da elettroni anch’essi liberi, cioè non più orbitanti intorno ai nuclei.

Ricordando che i nuclei degli atomi sono formati da protoni, aventi carica elettrica positiva, e da neutroni, aventi carica elettrica nulla (neutri), risulta che la carica di ogni nucleo atomico è positiva, quindi i nuclei atomici tendono a respingersi e generalmente non si uniscono. Se però si hanno temperature estremamente elevate, l’agitazione termica nel materiale è talmente violenta che due nuclei, urtandosi violentemente, possono superare la repulsione e fondersi tra loro. Questo processo porta alla nascita di un nuovo nucleo formato da più protoni. Quindi, mediante le reazioni di fusione nucleare si ha la trasformazione di elementi leggeri in elementi più pesanti.

Nel Sole, come in tutte le stelle, l’elemento più abbondante è l’idrogeno (H). Esso ha numero atomico Z=1, cioè è formato da un solo protone (più, eventualmente, un neutrone: in tal caso si ha l’isotopo dell’idrogeno chiamato deuterio). Ebbene, nel centro del Sole si verificano reazioni nucleari che a partire da quattro protoni (cioè nuclei di idrogeno) producono nuclei di elio (He) (e in più delle particelle molto strane e quasi prive di massa chiamate neutrini) . Queste reazioni nucleari sono esoenergetiche, cioè sviluppano energia verso l’esterno. E’ così che il Sole emette la sua energia. Quest’energia è prodotta, come nelle reazioni di fissione nucleare, a spese di una piccola quantità di massa, secondo la relazione di Einstein E = m ⋅ c2.

Lo schema della cosiddetta reazione protone-protone (o reazione p-p), come viene chiamata quella sopra descritta, è il seguente:

2 La prima reazione controllata fu ottenuta a Chicago nel 1942 dall’equipe di scienziati guidati dall’italiano Enrico Fermi.

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Schema della reazione protone-protone.

p + p + p + p passi intermedi He + 2 neutrini + energia

cioè, 4 protoni, attraverso varie reazioni nucleari intermedie, si fondono alla fine in un unico nucleo di elio (formato da 2 protoni e 2 neutroni), con l’emissione di 2 neutrini e di energia (sotto forma di raggi gamma). Nel nucleo solare si verificano ogni secondo miliardi di reazioni protone-protone, e quindi si produce un’enorme quantità di energia.

Centrali a fusione nucleare e bombe H Questo tipo di reazioni, se si riuscisse a realizzare in maniera controllata sulla

Terra, garantirebbe la produzione di enormi quantità di energia a partire da elementi abbondanti e senza prodotti inquinanti. Purtroppo gli sforzi dei fisici non hanno ancora dato risultati utilizzabili, e soltanto in certi laboratori è stato possibile ottenere la fusione nucleare, ma solo di piccolissime quantità di materia. Il problema è quello di ottenere la temperatura di milioni di gradi necessaria per innescare le reazioni di fusione nucleare e di realizzare dei sistemi in grado di contenere del materiale a queste incredibili temperature.

In maniera incontrollata la reazione di fusione nucleare è realizzata nelle bombe H (o bombe all’idrogeno), ancora più potenti delle bombe atomiche basate sulla fissione nucleare dell’uranio.